1917 (in the memory of John Reed) One hundred years is not so long ago
By A.e Sukharev
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1917 (in the memory of John Reed) One hundred years is not so long ago - A.e Sukharev
Sukharev
Introduzione
Le prospettive degli storici russi sulla rivoluzione del 1917 sono mutate radicalmente negli ultimi decenni. Un riflesso di questa nuova prospettiva rispetto al passato si può vedere anche nella politica del governo russo. Ad esempio il 16 febbraio 2001 è stato introdotto un programma governativo (successivamente riproposto nel maggio 2005) chiamato patriottismo nell’educazione dei cittadini della Federazione Russa
. All’ultima conferenza degli storici russi, nel 2005?, ha partecipato anche l’allora presidente della Federazione Vladimir Putin, dicendo che non si può rinnegare una parte del passato, in quanto, nonostante sia stato duro
, ha comunque cambiato l’odierna situazione geo-politica mondiale. Ma dai volumi degli storici più recenti viene interpretata la storia della rivoluzione in una chiave di lettura che forse non è imparziale, come non lo è stata in passato, da parte sia di russi emigrati che di storici stranieri.
Oggi non viene del tutto rinnegato il passato comunista, ma mentre gli storici precedenti si chiedevano se ci fosse stata effettivamente la necessità di scatenare gli eventi dell’Ottobre 1917, e avevano pareri opposti sulla visione della politica di Lenin, ora, grazie all’accesso ai nuovi archivi, gli storici hanno una visione univoca sulla questione.
Ci sono due fatti che hanno contribuito a modificare la prospettiva ideologica con cui viene vista la rivoluzione e il passato comunista della Russia: uno è l’affermazione dell’importanza del clero e la maggiore clericalizzazione della società, l’altro è la volontà degli storici di accrescere il valore e il sentimento nazionalista. Ad esempio lo storico contemporaneo A.B.Zubova ha scritto il volume Storia della Russia del XX secolo: 1894-1939 (Zubova, 2009), definito dal New York Times: la prova di sopraffazione dell’ ideologia sulla memoria della Russia e lo scontro di ideologie nella Russia contemporanea
.[1] Il suo libro prova a superare le vecchie contrapposizioni ideologiche sulla memoria storica russa, criticando sia il passato zarista che quello comunista, ed incorporando una visione degli emigrati russi e della Chiesa ortodossa.
A partire dal trionfo della rivoluzione bolscevica fino ai giorni nostri, gli storici liberali e gli ideologi conservatori pro-capitalismo hanno utilizzato risorse innumerevoli per diffondere le idee sul partito rivoluzionario come minaccia per la legge, per l’ordine, la società, e per la dignità umana. Una di queste tesi è stata offerta dall'ex direttore dell'FBI J.Edgar Hoover[2], fornendo a milioni di lettori la spiegazione che per Lenin il partito era il mezzo per giungere alla rivoluzione:
il partito deve essere un gruppo piccolo, rigorosamente controllato e profondamente leale. Fanatici e non semplici membri: questo è il segreto. Bisogna vivere, mangiare, respirare e sognare la rivoluzione. Se il partito lo esige bisogna mentire, ingannare e anche uccidere. La disciplina deve essere rigida senza possibilità di deviazioni. Ogni sbaglio è pagato con la espulsione. Le rivoluzioni non si vincono in camicia bianca ma solo con sangue, sudore e torce ardenti […] Non bisogna però sopravvalutare l'abilita di Lenin, responsabile di avere determinato un periodo storico di perversione morale e di perfidia non inferiore a quelli di Gengis Khan e di Attila. Il suo concetto della supremazia del partito, basata su una disciplina ferrea e senza scrupoli, ridusse il comunismo a un sistema fanatico e immorale che sbalordì la civiltà occidentale
J. Edgar Hoover, 1962
Dagli anni ’20 fino a qualche decennio fa la visione generale sulla rivoluzione era ben incarnata dal film di Eisentstein Ottobre
(1928), dove le masse si ribellano all’oppressione. Questo era esattamente in linea con la politica di Lenin,