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Dove Riposano Le Anime?
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Dove Riposano Le Anime?

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UN NUOVO CASO PER ETHAN BUSH
UNA SAGA DI ROMANZI THRILLER CHE CONTA PIÙ DI 700.000 LETTORI
Il detective Jim Worth è stato promosso e ora lavora nel Dipartimento di Polizia di Topeka. Disperato, dopo cinque mesi di indagini inconcludenti, richiede l’intervento del suo amico Ethan Bush, agente speciale dell’Unità di Analisi Comportamentale dell’FBI; l’omicidio selvaggio di una giovane è diventato una questione personale.
Ethan ritorna in Kansas per collaborare con Worth, ma anche per affrontare i fantasmi del passato. Per quanto sia maturato, il giovane agente dell’FBI continua a non seguire le norme convenzionali.
UN CASO DI OMICIDIO CHE METTERÀ A DURA PROVA LE ABILITÀ DI BUSH
Una sostanza paralizzante, Leonardo Da Vinci, gelosie, invidie, segreti e l’impossibilità di ottenere prove solide ostacoleranno il lavoro della squadra investigativa.
QUINTO CAPITOLO DI UNA SAGA POLIZIESCA CHE È DIVENTATA UN CLASSICO E UN SUCCESSO IN TUTTO IL MONDO
Enrique Laso è un autore di romanzi thriller, dell’orrore e di suspense, che ha venduto più di 1.250.000 copie dei suoi libri, tradotti in 14 lingue. Una delle sue opere è stata adattata per il cinema in Spagna e di altre due sono stati venduti i diritti a Hollywood.
La saga che vede come protagonista l’agente speciale Ethan Bush è stata un vero e proprio fenomeno letterario, riscuotendo un grande successo tanto nelle vendite quanto nella critica in spagnolo, inglese, francese e italiano. Decine di migliaia di fan di tutto il mondo aspettano i capitoli successivi.
UN THRILLER AVVINCENTE CHE CATTURA DALLA PRIMA ALL’ULTIMA PAGINA

LanguageItaliano
PublisherEnrique Laso
Release dateOct 9, 2017
ISBN9781370212705
Dove Riposano Le Anime?

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    Book preview

    Dove Riposano Le Anime? - Enrique Laso

    Capitolo I

    Forse avrei potuto dire di no a qualsiasi altra persona al mondo, ma mai a Jim Worth. Il detective del Kansas era, insieme a Tom, ciò che a quel tempo si avvicinava maggiormente a quello che qualunque persona chiama amico. E non si possono deludere gli amici quando hanno bisogno di te.

    La verità è che la mia testa era in subbuglio, e ai miei dubbi sul continuare il mio lavoro all’FBI si aggiungeva il fatto che presto sarei diventato padre, evento per cui non ero preparato. Ero ancora un immaturo, attanagliato dalle emozioni causate da un trauma, l’orribile perdita di mio padre, e avevo difficoltà a stabilire relazioni sociali normali. Ma con Jim ero riuscito a creare un legame solido, inoltre Worth possedeva molte delle virtù che a me mancavano, come l’onestà e la lealtà senza confini. Erano doti che collegavo lontanamente a mio padre, poiché dalla sua perdita andavo alla ricerca disperata di un sostituto, una persona con la quale potessi raggiungere un livello di compenetrazione almeno simile. La mia prima opzione si era risolta in una profonda e terribile delusione, ma sapevo che Jim non nascondeva oscuri segreti in qualche cassetto, e che il suo sguardo limpido era quello di chi dorme in pace con sé stesso ogni notte.

    Il problema maggiore fu, come era prevedibile, convincere il mio capo, Peter Wharton, che in alcuni giorni non desiderava altro che silurarmi dall’Unità di Analisi Comportamentale e liberarsi per sempre di uno degli agenti più testardi e conflittuali con cui avesse mai avuto a che fare, mentre in altri mi viziava come una pietra preziosa che avrebbe potuto rompersi da un momento all’altro, provocando un danno irreparabile per l’FBI. Ci misi quasi due settimane a persuaderlo, ma ai miei ragionamenti si aggiunsero numerose richieste che arrivavano dal Kansas, quasi tutte formulate o spinte da Jim Worth.

    - Ethan, ti stai trasformando in un agente sul campo, e questo non è molto comune nella nostra Unità – spiegò il mio capo, un attimo dopo avermi comunicato che potevo trasferirmi a Topeka, la nuova sede di lavoro di Jim.

    - È un caso intricato. Ci hanno richiesto formalmente aiuto.

    - È l’ennesimo omicidio, come se ne commettono a migliaia ogni anno in questo Paese. Non sembra si tratti di un assassino seriale, non ci sono bambini coinvolti o altri reati federali. In fondo, dovrebbero cavarsela da soli – rispose duramente Wharton.

    - Ci sono delle eccezioni.

    - Sì, ce ne sono. Ma è già la seconda volta che ti permetto di andare in Kansas per un motivo eccezionale.

    - L’altra era una faccenda quasi personale, Peter, e lo sai bene.

    - E lo è anche questa. Se non fosse coinvolto quel detective, non avresti mosso un dito. Ti saresti limitato a dare un’occhiata al fascicolo e a mandare una valutazione preliminare, in attesa di maggiori informazioni.

    Sebbene avessi già raggiunto il mio obiettivo, non volevo uscirne come un bambino capriccioso al quale bisogna concedere tutto ciò che chiede, senza alcun motivo.

    - Peter, hai visto le foto della scena del crimine? – domandai, come se stessi sferrando un dritto alla mascella del mio superiore.

    Wharton inclinò leggermente la testa e la scosse con pessimismo.

    - Certo che le ho viste.

    - Allora non c’è bisogno che ti spieghi che non si tratta di un omicidio come gli altri e che quelle persone hanno bisogno del nostro aiuto.

    Il mio capo annuì e con la mano mi indicò che potevo lasciare il suo ufficio. Non voleva aggiungere altro, e la cosa migliore che potessi fare era scappare da quel posto prima che se ne pentisse.

    Camminai lentamente per i lunghi corridoi dell’edificio dell’FBI che ospitava l’Unità di Analisi Comportamentale. Pensavo a Jim, ovviamente: avere la possibilità di lavorare di nuovo con lui e dargli una mano mi rendeva felice, ma soprattutto, avevo impressa nella mente una di quelle foto crude e fredde di Abigail Mitchell, una giovane di appena 24 anni che era stata torturata e assassinata selvaggiamente. Nessuno merita di morire in un modo così crudele, ma forse lei lo meritava meno di chiunque altro.

    Fare giustizia ad Abigail era un motivo importante per tornare, ancora una volta, in Kansas.

    Capitolo II

    Dopo essere stato costretto a cavarmela da solo in Arizona, Wharton mi concesse un piccolo regalo: Tom si sarebbe aggiunto alla squadra appena l’avessi chiesto. Questa volta non avrei potuto contare su un ufficio dello sceriffo straordinario e ben equipaggiato come quello della contea di Maricopa, a Phoenix. Per non apparire meschino come al mio solito, decisi che avrei atteso qualche giorno o poco più. Bramavo la collaborazione del mio collega e ritenevo avrebbe giocato un ruolo chiave nell’indagine, considerate le circostanze e il contesto. Lui sapeva muoversi come nessun altro in quelle contee dell’America profonda, e si guadagnava la fiducia della gente come se facesse parte delle loro famiglie da quando era piccolo. Era questa la principale virtù di Tom, oltre al suo buonsenso. Io invece mi trovavo dall’altra parte della bilancia. Conosceva già bene Worth, perciò si sarebbero capiti dall’inizio e non ci sarebbero stati diverbi o asperità da smussare. Un importante vantaggio quando si atterra da Washington e non si è sempre il benvenuto.

    Arrivare di nuovo all’Aeroporto Internazionale di Kansas City mi provocò un leggero stordimento. Era impossibile evitare che centinaia di ricordi si ammassassero nella mia testa, ed era ugualmente normale che pensassi, con un filo di avvilimento, che Patrick Nichols si trovava a scontare la sua condanna ad appena qualche miglia da quel luogo, nel penitenziario di media sicurezza di Leavenworth. Siamo agenti speciali dell’FBI, ma non per questo smettiamo di essere persone, di avere sentimenti, di commettere errori e di essere incapaci, in alcune occasioni, di controllare le nostre emozioni, sebbene siamo stati addestrati per l’esatto contrario.

    Fu l’ampio sorriso del detective Jim a salvarmi dagli abissi e a confortarmi.

    - Di nuovo a casa, Ethan.

    - Se posso considerare il Kansas casa mia è solo perché tu vivi qui – dissi, stringendo tra le braccia quel bonaccione di Worth.

    - Grazie per essere venuto in mio aiuto. Ti assicuro che se non fossi stato disperato non mi sarei azzardato a disturbarti.

    - Tu non mi disturbi mai. Inoltre, stavo già iniziando a fare la muffa, passando troppi giorni nella mia poltrona di Quantico. Non sono uscito da Washington dal caso in Arizona. Non son fatto per passare troppo tempo tra i burocrati, mi conosci.

    Jim scoppiò a ridere, perché dal suo punto di vista io ero proprio quello, un maledetto burocrate, per quanto di tanto in tanto mi concedessi una boccata d’aria e mi recassi in qualche luogo remoto per dare una mano. Lui sì che era un uomo d’azione, che si immergeva nel fango finché non gli arrivava al collo. A me il fango, invece, aveva giusto schizzato qualche volta l’orlo dei pantaloni. Eravamo in due galassie molto distinte.

    Il detective mi condusse fino a Topeka in un fantastico SUV nuovo di zecca. Ero felice della sua promozione dopo tutti quegli anni nel minuscolo ufficio dello sceriffo della contea di Jefferson.

    - Vedo che ti trattano bene – dissi, accarezzando il cruscotto dell’auto.

    - Abbiamo più risorse, ma non pensare che qui sia come a Phoenix. Lì hanno soldi da buttare. Quegli edifici sembrano usciti da un film di fantascienza.

    - Li hai visitati?

    - No, figurati. Quando ho saputo che ti trovavi da quelle parti, ho curiosato un po’ su internet. Mi manchi, Ethan. Mi manchi quasi tutti i giorni.

    Le parole di Jim mi commossero. Voltai la testa e scoprii, per mia sfortuna, che attraversando l’Interstatale 70 eravamo già arrivati all’altezza di Lawrence, che restava alla nostra sinistra. Pensai a Sharon Nichols, e a tutto ciò che aveva significato per la mia vita professionale e personale.

    - Anche tu mi manchi, Jim. Ci sono poche persone come te, dove sto io. Si possono contare sulle dita di una mano.

    Il detective prestò a malapena attenzione a ciò che avevo detto. Era astuto, e si era accorto della mia reazione appena ci eravamo lasciati alle spalle il fiume Kansas e avevamo incrociato l’indicazione dell’uscita verso Lawrence. - Non rimuginare sul passato, Ethan. Pensa al figlio che stai per avere, a Liz, a questo caso... Concentrati sul futuro. Il passato non serve a niente.

    - Bel tentativo, amico. Ma dimentichi che sono uno psicologo, anche se a volte io stesso lo dimentico. Ciò che sei tu, ciò che sono io, è il risultato di tonnellate di passato che costituiscono le nostre fondamenta. È così per tutti gli esseri umani, che lo vogliamo o meno.

    - Ma qualcuno si ferma a guardare la base mentre altri costruiscono livelli più alti. Voglio che tu appartenga al secondo gruppo, d’accordo?

    Annuii e lasciai che il getto dell’aria condizionata mi arrivasse dritto in viso, come se potesse trasportare le macerie della mia mente lontano da lì.

    - Stiamo arrivando. Spero che l’hotel che ti ho prenotato ti piaccia. Non pensare che qui in giro ci sia molto di meglio – mormorò Worth, cambiando argomento.

    - Sarò vicino al tuo ufficio?

    - Sì, più o meno. So che è la cosa che ti interessa maggiormente. Almeno ti sentirai a tuo agio.

    - Ne avrò bisogno. È un caso difficile.

    L’aspetto del mio collega cambiò improvvisamente. I sorrisi e l’espressione gentile sfumarono. Sembrava fosse invecchiato di dieci anni di colpo.

    - Abbiamo varie questioni tra le mani, Ethan, ma quella di Abby, il caso di quella ragazza, mi sta ossessionando. Oggi non voglio avvelenarti, voglio che riposi. So bene che avrai a malapena dato uno sguardo al fascicolo e che ti sarai limitato ad analizzare le fotografie, non c’è bisogno che mi dia spiegazioni. Domani ti voglio in forma. Ho bisogno del tuo meglio, perché senza il tuo aiuto non riusciremo a risolvere questo caso. E se non riesco a risolvere questo caso non riuscirò a riposare per il resto della mia vita.

    Capitolo III

    Abigail Mitchell fu vista in vita per l’ultima volta alle prime ore della sera di una serena giornata di metà febbraio. Era uscita da casa dei suoi genitori, situata nella periferia di Salina, presumibilmente diretta con la sua auto a Wichita per svagarsi un po’ con degli amici. Il suo cadavere fu ritrovato da un gruppo di volontari capeggiati da un agente di polizia dell’ufficio dello sceriffo di Saline dieci giorni dopo, in una zona boscosa vicino al lago Kanopolis, a poche miglia da casa sua.

    Un paio di volontari dovettero essere assistiti per crisi d’ansia, in quanto la scena appariva raccapricciante. Per fortuna, in appena mezz’ora l’area era stata recintata e limitata all’ingresso di medici legali in cerca di prove e indizi.

    Il cadavere di Abby, nome col quale era conosciuta dalle persone a lei vicine, si trovava al centro di un cerchio formato da pietre di varie misure. La giovane era stesa a pancia in su, in una posizione che ricordava vagamente l’Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci, cosa che scatenò immediatamente centinaia di speculazioni tra gli investigatori. Il corpo presentava dei tagli poco profondi tanto nelle estremità, quanto nell’addome. Aveva solo un’enorme apertura vicino al seno destro, attraverso la quale, dopo averle rotto e dislocato alcune costole, le era stato estratto il cuore. Il viso non solo non presentava alcuna lacerazione, ma era perfino stato truccato con cura. I lunghi capelli lisci della vittima ricadevano sulle sue guance e le giacevano sulle spalle. Le era stata posta una corona di fiori selvatici sulla fronte. Se si osservava solo la foto del viso, sembrava una bella ragazza hippie che dormiva nel bel mezzo di un festival musicale.

    Fortunatamente, l’ufficio dello sceriffo di Saline richiese prontamente la collaborazione del Dipartimento di Polizia di Topeka e il caso fu assegnato immediatamente a Jim Worth. Ciò evitò gli errori con cui dovetti scontrarmi durante la mia prima permanenza in Kansas, nel caso che passò alla cronaca come Il Mistero di Perry Lake.

    Stando a quanto dicevano i suoi amici, Abigail non arrivò mai a Wichita. Secondo la verifica dei ripetitori del suo cellulare, aveva percorso solo poche miglia dell’Interstatale 135 in direzione sud, finché aveva svoltato per l’uscita 78, verso Lindsborg, vale a dire, qualcosa o qualcuno le aveva fatto cambiare idea, o era sorto qualche imprevisto. Successivamente, il suo cellulare aveva smesso di emettere un segnale, cosa che indicava che era rimasto senza batteria o che il suo presunto assassino se ne era disfatto distruggendolo. Il telefono non era comparso da nessuna parte. Fu invece ritrovata l’auto della giovane, molto prima del suo corpo, facendo presagire un finale tragico. Appena 48 ore dopo la sua scomparsa, un agricoltore la trovò parcheggiata vicino a Winchester Road, in mezzo a un campo di cereali secco, nascosta appena da un mucchietto di alberi scheletrici e di cespugli.

    I medici legali stabilirono che la vittima aveva subito quasi sicuramente una paralisi neuromuscolare totale, in quanto presentava significativi livelli di rocuronio nel fegato. Quel tipo di paralisi lascia la vittima indifesa, con i muscoli privi di forza, permettendo al suo aggressore di agire in tutta calma e libertà. Il solo immaginare la situazione era orrendo, poiché non si perde conoscenza in alcun momento. Quel farmaco viene usato per agevolare le operazioni mediche, specialmente quando queste richiedono l’intubazione del paziente, ma è accompagnato da analgesici e sedativi per evitare sofferenza. Era chiaro che l’assassino le avesse somministrato una dose di rocuronio molto precisa – se è poca fa a malapena effetto, e se è troppa può provocare la morte – per poter disporre di lei a suo piacimento. Ciò non solo indicava un grado di preparazione molto significativo, in quanto in ogni momento i nervi che trasmettono il dolore restano attivi, ma anche delle conoscenze di medicina avanzate. Un anestesista era l’ipotesi più plausibile.

    La causa della morte era stata un arresto cardiaco: la ragazza era rimasta in vita fino al momento in cui le era stato sezionato il cuore. Quell’informazione, cinque mesi dopo, continuava a restare sconosciuta all’opinione pubblica e non era mai stata comunicata ai genitori per evitargli un’ulteriore sofferenza, inutile, per giunta.

    Secondo l’autopsia, Abigail aveva perso la vita approssimativamente nove giorni prima che il suo corpo venisse ritrovato, anche se era difficile stabilire una fascia oraria ristretta. A febbraio in quella zona il clima era stato freddo e secco, ed erano pochi i dati attraverso i quali i medici legali potevano fornire una maggiore approssimazione. Il cadavere presentava pochi segni di decomposizione, o di qualche altra attività causata dagli insetti, cosa che sarebbe stata evidente solo un paio di mesi dopo. Perciò, tutti erano giunti alla conclusione che era stata uccisa lo stesso giorno della sua scomparsa o, al massimo, la mattina del giorno dopo.

    Sfortunatamente, tanto la contea di Saline, dove era situata la casa dei Mitchell, quanto quella di Ellsworth, che confinava con la precedente, e nella quale si trovava il lago Kanopolis, avevano pochissime telecamere di sorveglianza nelle scarsamente trafficate strade locali, perciò non avevano potuto seguire quella pista.

    Non erano noti nemici di Abby, in teoria era una giovane come le altre che non era ancora diventata indipendente, ma che aveva un lavoro part-time in un asilo della vicina Junction City, in cui si occupava di alcuni bambini. Aveva terminato il corso di laurea in Educazione e Psicologia Scolastica a 22 anni presso l’Università Statale di Wichita e solo qualche mese dopo aveva già un lavoro che, anche se non le permetteva di lasciare la casa dei suoi genitori, almeno bastava per soddisfare i suoi capricci e farle risparmiare qualcosa per il futuro. Era felice della sua situazione.

    Io e Jim parlavamo di tutti questi aspetti, ripassando i rapporti, mentre prendevo appunti su una nuova agenda Moleskine, come esigeva la mia abitudine quasi patologica. Il mio buon amico mi parlava lentamente, aveva organizzato le informazioni in modo esemplare. Provavo un orgoglio infantile nel vedere come si era evoluto in appena due anni, e come era diventato un detective competente della omicidi. In qualche modo consideravo, arrogantemente, che io avessi a che fare con quel notevole progresso.

    - Avete già stilato una lista di sospetti? – domandai, intuendo che cinque mesi fossero sufficienti per avanzare molto in quel senso e che, anche se alla

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