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Non chiamarmi amore
Non chiamarmi amore
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Non chiamarmi amore

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About this ebook

Beatrice cresce la figlia da sola. Marco torna dopo sette anni con la pretesa di riprendere i contatti con Lorena e l’ex convivente. Beatrice però si è rifatta da poco una vita con Lorenzo, un vedovo dal passato oscuro. Un terzo uomo è innamorato di Beatrice. Madre e figlia sono vittime di un nemico segreto. Un giorno Lorena viene rapita. La madre farà tutto ciò che è in suo potere per scoprire chi tiene prigioniera la figlia adolescente.
LanguageItaliano
Release dateFeb 20, 2019
ISBN9788869631986
Non chiamarmi amore

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    Non chiamarmi amore - Patrizia Benetti

    Patrizia Benetti

    NON CHIAMARMI AMORE

    Elison Publishing

    Proprietà letteraria riservata

    © 2019 Elison Publishing

    www.elisonpublishing.com

    elisonpublishing@hotmail.com

    Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno o didattico.

    Le richieste per l’utilizzo della presente opera o di parte di essa in un contesto che non sia la lettura privata devono essere inviate a:

    Elison Publishing

    ISBN 9788869631986

    Era luglio nella campagna di Ostellato. Il sole alto nel cielo scottava la pelle.

    Marco inseguiva Beatrice con una lucertola tra le mani.

    Vattene! Mi fa senso, urlò la ragazzina con le guance arrossate dalla paura.

    Dai, non fare così. Guarda quanto è graziosa. Se vuoi ti regalo la coda, replicò lui staccandola di netto e mostrandola all’amica.

    Ilario digli di andare via, piagnucolò Bea.

    Guarda come si muove ‘sta codina. Sembra impazzita, rise lui stringendo l’occhio a Marco.

    Siete uguali voi due, commentò Bea stizzita e corse verso casa. Si era stancata della brutalità dei giochi maschili.

    I monelli scoppiarono a ridere e si misero a lanciare sassi nel canale.

    Che ore sono?

    Le due e venti, rispose Ilario. Gocce di sudore gli imperlavano la fronte. Tirò fuori un fazzoletto a scacchi dalla tasca dei pantaloncini e si asciugò.

    A causa dell’umidità la temperatura era diventata insopportabile.

    Il vecchio Beppe starà schiacciando un pisolino…, insinuò Marco.

    Già. E il pollaio è incustodito, continuò Ilario.

    Andiamo?

    Ok.

    Facciamo piano.

    La cucina di Beppe dava sull’orto. Il vecchio pranzava a mezzogiorno e mezza, quindi si appisolava con la testa appoggiata sul tavolo.

    Aveva il sonno leggero e nel caso di rumori sospetti sarebbe corso fuori in un lampo.

    I ragazzini erano arrivati nel suo cortile. Camminavano in punta di piedi. L’orto era colmo di pomodori, rucola, radicchi e rapanelli.

    Marco s’intrufolò nel pollaio. Ilario fece per raggiungerlo ma il cancello cigolò e un cane cominciò ad abbaiare furiosamente.

    Beppe si svegliò e corse fuori col fucile in mano.

    Chi siete? Ladri! Vi concio per le feste, urlò l’uomo col volto rosso di rabbia.

    I ragazzini fuggirono e lui li rincorse per un bel tratto con il forcone in mano. Poi, sfinito, si fermò. Gli doleva la milza. Aveva il fiato grosso. Attese di riprendersi, e tornò sui suoi passi.

    Tosto il vecchio! esclamò Ilario.

    Già. L’ha presa proprio male, commentò Marco scoppiando a ridere.

    Vado a farmi una doccia. Ci vediamo a casa mia alle diciassette. Porta anche Bea.

    L’amico annuì.

    Lei non doveva mancare. Marco e Beatrice erano irrimediabilmente attratti l’uno dall’altra.

    I genitori del ragazzo desideravano un futuro radioso per il loro unico figlio. Prometteva bene. Dopo la scuola dell’obbligo voleva fare il liceo e laurearsi in ingegneria.

    Bea era una ragazzina sveglia e assennata, figlia di Ennio e Rita Bellentani, padre ragioniere e madre casalinga. Anche lei aveva grandi progetti per il futuro.

    A Marco pensava nonna Mariolina. Aveva occhi solo per lui. Lo amava più dei figli e lo stava crescendo indolente e viziato.

    La donna aveva sentito i passi del nipote sulla ghiaia ed era corsa ad aprirgli la porta.

    Cosa ci facevi fuori con questo caldo? Volevi prendere un’insolazione?

    Lui le scoccò un bacio sulla guancia e corse a farsi una doccia fredda. Quindi si abbandonò sul divano, in attesa degli amici.

    Beatrice amava il giallo del sole, del grano, l’abbaglio della sua campagna dorata, solitaria, alienata.

    Prediligeva i colori sgargianti, i girasoli, gli iris, i papaveri. Contemplando il cielo, una notte sussurrò: Vorrei che quella fosse la nostra stella.

    Sì. È la più brillante, la più bella, rispose Marco sorridendo.

    Erano soli, stesi sull’erba a fissare la notte, con la dolcezza del primo bacio sulle labbra.

    §§§

    Pioveva a dirotto. Beatrice Bellentani guardò fuori dalla finestra sbuffando. Rabbrividì accostando il volto al vetro appannato. Non aveva nessuna voglia di uscire. Sarebbe rimasta volentieri seduta sul divano in tuta da ginnastica col libro tra le mani e un bicchiere di tè caldo. Scrollò di dosso il torpore che l’avvolgeva e andò a cambiarsi. Indossò un maglione pesante, pantaloni di fustagno marrone, giacca a vento verde col cappuccio. Prese con sé l’ombrello anche se odiava quell’arnese, le era d’impiccio. Ma per il bene di Lorena avrebbe fatto qualsiasi cosa. Era la sua unica figlia, le assomigliava tanto. Strano, di solito le femmine sono identiche al padre. Lory no. Pensò Beatrice.

    Undici anni, uno scricciolo, ma l’appetito non le mancava. Era un concentrato d’energia e vivacità. La mattina alle sei e trenta si alzava dal letto cantando, consumava una colazione sostanziosa e si recava a scuola. Era curiosa, metodica, apprendeva in fretta.

    Stava crescendo bene: intelligente, loquace, non temeva nulla, anzi era fin troppo spericolata per i gusti della madre. D’ estate le piaceva nuotare fino al largo, e Beatrice l’attendeva a riva con l’accappatoio in mano.

    Il padre della bambina era sparito da tanto tempo. Lorena non ricordava più il suo volto.

    Si chiamava Marco. Attraente, simpatico. Marco Mazzoni e Beatrice Bellentani, la coppia più bella dell’ateneo ferrarese. Lei studiava lingue straniere, lui matematica. Erano stati compagni di giochi. Erano cresciuti insieme e si erano innamorati. Nonostante l’iniziale rifiuto della famiglia Mazzoni, i due giovani si frequentarono alla luce del sole. I genitori di Marco ritenevano che Beatrice, di umili origini, non fosse all’altezza del figlio.

    Nonna Mariolina aprì loro gli occhi.

    Quella ragazza è fantastica. La adoro. Mio nipote ha fatto un’ottima scelta.

    Il tempo le diede ragione e svelò purtroppo, molte altre cose, non certo gradevoli sul conto del rampollo Mazzoni.

    Bea e Marco parteciparono alle feste, agli eventi mondani, visitarono mezzo mondo: la gelida Berlino divisa dal muro, la miseria di Bombai, i fasti di Pietroburgo, lo splendore di Vienna.

    Beatrice non aveva mai perso il senso della realtà.

    Scrupolosa, metodica, aveva conseguito la laurea e lavorava da tempo.

    Marco invece, ormai trentenne, non voleva crescere. Viveva ancora in un mondo ovattato. Non avrebbe mai terminato gli studi.

    L’eterno fanciullo faceva le ore piccole. Giocava a biliardo, fumava e beveva birra fino a stare male. Bea non lo sopportava più. Erano finiti i tempi della giovinezza. Bisognava essere concreti. Convivevano da ormai sette anni.

    Metti la testa a posto oppure ti mollo.

    Certo. Mi mancano solo tre esami e la tesi, ripeteva come un disco rotto. Lei scuoteva la testa.

    Beatrice rimase incinta. Marco si dimostrò entusiasta.

    Cominciò a lavorare e attese galvanizzato il lieto evento.

    Il tempo trascorse sereno, finché, una notte Bea cominciò a lamentarsi.

    Svegliati! esclamò in preda al panico.

    Lui si destò di soprassalto e consultò l’orologio. Erano le tre del mattino.

    Che succede? chiese allarmato.

    Sono cominciate le doglie.

    Che cosa? Il parto è programmato per domani. Devi fare il cesareo.

    Ma io sto male adesso, replicò lei lanciando un urlo.

    Davvero?

    Vorrei tanto che fossi nei miei panni. Mi si sono rotte le acque.

    Ok. Che cosa devo fare? chiese Marco finalmente consapevole della gravità della situazione.

    Tira fuori l’auto dal garage. Presto!

    Il giovane si vestì in fretta e corse giù per le scale con le scarpe da tennis in mano.

    Beatrice era scesa piano e ora gli era accanto.

    Resisti. Si parte, disse Marco mettendo in moto.

    Giunti a destinazione lasciò la moglie a un’energica infermiera. Quindi si trasferì in sala d’attesa dove trascorse una quindicina d’ore.

    Contò le piastrelle, le piccole scalfitture nel giallo delle pareti, misurò la stanza in lunghezza e in larghezza, bevve tre caffè e iniziò un libro di fantascienza dalle pagine ingiallite che giaceva tra le riviste.

    Bea non l’aveva voluto in sala parto. Lui non glielo avrebbe mai detto, ma le era profondamente grato. Non sopportava la vista del sangue e sarebbe stato solo d’impiccio là dentro, dove si svolgevano le grandi manovre.

    Stava per recarsi al bar, per il quarto caffè, quando una grassa infermiera di mezza età gli sorrise dicendo: E nata Lorena.

    Tutto bene? aveva chiesto lui stralunato.

    Madre e figlia stanno bene. La piccolina pesa due chili e ottocento grammi.

    Posso vederle?

    Sì. Venga con me. Dieci minuti, mi raccomando e poi vada a casa a riposare.

    Quando Marco vide Beatrice con un fagottino tra le braccia, gli si aprì il cuore. Baciò la compagna e cominciò a fissare la neonata, a toccarle le manine.

    È bellissima, sussurrò e calde lacrime di commozione gli rigarono il viso.

    Prendila, lo incoraggiò Bea.

    Marco ubbidì emozionato. Si innamorò a prima vista di quella creatura che teneva tra le braccia. La nascita di Lorena pareva essere riuscita a scuotere Marco. Quella dolce creatura lo aveva indotto a cercare un’occupazione. Nel giro di un anno però cambiò lavoro per ben tre volte. Nulla faceva al caso suo. Accampò scuse, si arrampicò sugli specchi, ma la sua compagna, profondamente delusa, era stanca di lui.

    Come si può essere così insensibili? ripeteva Beatrice. La loro bimba era la luce dei suoi occhi, l’amore più grande. Per lei

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