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Tutte le notti
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Tutte le notti

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Seductive Nights Series

Dall’autrice bestseller di New York Times, USA Today e Wall Street Journal

Clay Nichols ha una mente perversa e una bocca ipnotica, ed è tutto ciò che Julia vuole, ed esattamente ciò che non può avere. È entrato nella sua vita una notte e le ha fatto conoscere un piacere che non credeva possibile. Impadronendosi del suo corpo e catturando ogni suo pensiero. È troppo pericoloso perché Julia rischi il suo cuore con lui, dato che ha una taglia sulla testa. Julia fugge dopo una sola sconvolgente settimana, ma ora è tornato, e determinato a farla sua. Non importa quanto gli costerà. Lei è una droga. Fiera, indimenticabile, Julia è un enigma, e Clay non ha intenzione di lasciarla andare senza lottare. Ma gli oscuri segreti di Julia minacciano di distruggere ogni possibilità di felicità. Due persone scottate dall’amore possono ancora fidarsi quando desiderio e passione si intrecciano con il pericolo? 

«Clay è l’uomo che tutte noi vorremmo: dolce, amorevole, ma al tempo stesso dominante e sicuro di sé, sa cosa vuole e come ottenerlo.»
Lauren Blakely
è autrice bestseller di «New York Times», «USA Today» e «Wall Street Journal» e con i suoi libri ha venduto più di un milione di copie. Tutte le notti è il primo romanzo della Seductive Nights Series.
LanguageItaliano
Release dateAug 4, 2016
ISBN9788854196940
Tutte le notti
Author

Lauren Blakely

A #1 New York Times Bestselling author, and #1 Wall Street Journal Bestselling author, Lauren Blakely is known for her contemporary romance style that's hot, sweet and sexy. She lives in California with her family and has plotted entire novels while walking her dogs. With fourteen New York Times bestsellers, her titles have appeared on the New York Times, USA Today, and Wall Street Journal Bestseller Lists more than 100 times, and she's sold more than 2.5 million books. To receive an email when Lauren releases a new book, sign up for her newsletter! laurenblakely.com/newsletter

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    Tutte le notti - Lauren Blakely

    en

    1316

    Titolo originale: Night After Night

    Copyright © 2014 by Lauren Blakel

    All rights reserved.

    Traduzione dall’inglese di Emanuele Boccianti

    Prima edizione ebook: settembre 2016

    © 2016 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-541-9694-0

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Corpotre, Roma

    Lauren Blakely

    Tutte le notti

    Seductive Nights

    omino

    Newton Compton editori

    Prequel - La prima notte

    Doveva essere solo una notte…

    Quando quell’uomo scandalosamente bello entra nel suo bar di San Francisco, Julia Bell ha solo voglia di una tregua da tutti i guai che la rincorrono. Quella tregua ha il volto sexy, sicuro di sé e dominante di Clay Nichols, che soggioga la sua mente e la sconvolge di piacere. L’attrazione che corre tra di loro è elettrica. Passano insieme una sola, ardente notte, ma scoprono che c’è ben altro oltre la semplice chimica, pur stratosferica; li lega una connessione profonda. Mai Clay avrebbe pensato di tornare a New York con quella donna ancora in mente. Invece non riesce a dimenticarla, la vuole ancora… vuole ben più della prima notte…

    Capitolo Uno

    Venti centimetri.

    Quello voleva Julia: venti centimetri.

    O meglio, venti centimetri e un cervello.

    Era chiedere troppo, per una donna?

    Certi giorni pareva di sì. Julia doveva ancora incontrare un uomo che se la cavasse con tutti e due i requisiti, e a giudicare dalla sfilza di quelli che pensavano che portarsi a letto una barista fosse facile come ordinare da bere, non era certa che la sua fortuna sarebbe cambiata presto.

    Quel tipo, per esempio. Quello con la lingua praticamente penzoloni, che la occhieggiava mentre lei mescolava il suo terzo Purple snow globe.

    «A te», disse facendo scivolare il bicchiere da Martini bordato di zucchero fino al giovane hipster, che sfoggiava pantaloni troppo attillati, camicia a quadri e un pizzetto che aveva bisogno di una tagliata.

    Quello fece su e giù con le sopracciglia e si mosse sulla sedia. «E che ne diresti di darmi anche il tuo numero di telefono?».

    Gli rivolse il suo miglior sorriso stile neanche morta, sfigato. «Ho il numero di una compagnia di taxi e sarei felice di darti quello quanto prima».

    Ma davvero pensava che un approccio simile potesse funzionare? Si diresse all’altra estremità del bancone per servire un paio di bionde nei loro top sbracciati, sperando che almeno quelle non ci provassero con lei. Ma era San Francisco, non si poteva mai dire. In fondo ci aveva fatto il callo. Ricevere avances era semplicemente un effetto collaterale del lavoro di barista, e Julia Bell si lasciava scivolare addosso tutte le battute da rimorchio che sentiva ogni sera come un’anatra fa con l’acqua. La maggior parte delle volte nemmeno le sentiva – diventavano una specie di rumore bianco, insieme al suono delle birre versate, dei bicchieri che venivano lavati, della musica di sottofondo del locale di cui era comproprietaria.

    Certi giorni però le sarebbe piaciuto ricevere avances da un uomo dotato di cervello, di una bocca che sapesse cosa dire e di un corpo per cui farsi legare per tutta la notte.

    O magari da poter legare. Era abbastanza certa che con l’uomo giusto avrebbe potuto provare un po’ di bondage reciproco. Ma doveva essere qualcuno che aveva i suoi venti centimetri. Al di sotto di quelli non ci sarebbe stata storia. Anche se, a dire il vero, al momento c’era poco spazio nella sua vita sia per i venti centimetri sia per una storia d’amore. Con tutti i problemi che il suo ex le aveva lasciato da risolvere… Una caterva di problemi, a essere precisi.

    Fece un salto nel retro del bar a rifornirsi di cannucce a spirale e in quel momento il suo telefono squillò. Per poco non spiccò un salto quando vide sul display il nome di McKenna. Aspettava grandi novità da sua sorella quella sera. Dopo tutto, aveva aiutato il ragazzo di McKenna a scegliere l’anello.

    Incrociò le dita, ma in fondo era sicurissima che McKenna non avrebbe detto altro che sì.

    «Dimmi tutto», disse rispondendo.

    «È stato incredibile! Me lo ha chiesto appena prima che cominciasse la commedia in cui recita sua sorella».

    Julia si lasciò scappare un gridolino e in quel momento desiderò poter stringere la sorella tra le braccia in un grande, gioioso abbraccio. «E tu hai detto sì, voglio sperare».

    McKenna si mise a ridere. «Certo che ho detto sì! L’ho ripetuto tipo venti volte».

    «E come te l’ha chiesto?»

    «Proprio su quel cavolo di palcoscenico, Julia. In un teatro di Broadway! Mi ha chiesto di sposarlo su un palcoscenico!».

    «Davanti a duemila persone?»

    «No, scema. Prima che cominciasse lo spettacolo. Oddio, sono così felice».

    Nel ripostiglio, Julia era al settimo cielo. Sua sorella aveva passato l’inferno, sentimentalmente parlando, ma da quando era comparso Chris nella sua vita ogni cosa era cambiata per il meglio. Ora era tutto rosa e fiori.

    McKenna le fornì altri dettagli e Julia commentò ogni volta con una serie di ooh e di ahh. «Vedi di farmi fare la damigella d’onore», disse poi.

    «Come se potessi scegliere qualcun’altra».

    «Bene. Stabilito questo, hai intenzione di sposarti su una spiaggia come ogni ragazza californiana che si rispetti?»

    «Non lo so. A questo ancora non ho pensato. Ma basta parlare di me. La sorella di Chris sta con il regista, un amico del quale, Clay, arriva a San Francisco domani sera per lavoro. Gli ho detto di andare al Cubic Z per un saluto. Gli ho anche detto che sei uno schianto».

    Alzò gli occhi al cielo. Sua sorella non riusciva proprio a evitare di fare la combina-coppie.

    «Ottimo. Ma niente drink gratis solo perché è l’amico di un amico o quel che sia».

    «Assolutamente. Ma Jules», fece McKenna abbassando la voce. «Quel tipo, Clay, è un figo incredibile».

    Sentì un formicolio alle orecchie. «Davvero? È così figo?»

    «Da-non-credere».

    Il volo notturno di Clay Nichols sarebbe partito tra due ore, ma gli affari erano affari, e quell’accordo doveva essere in cassaforte. Se doveva rimandare il volo lo avrebbe fatto. Non c’era nulla che gli piacesse più di discutere e chiudere un accordo di lavoro. Okay, qualcosa c’era. Una donna focosa, di quelle pronte a darla tanto quanto sono pronte a prenderlo. Ma non aveva conosciuto nessuna nell’ultimo anno che gli eccitasse la mente quanto gli eccitava il corpo. Quindi per il momento si concentrava sugli affari. Era la sera della prima di una nuova commedia di Broadway che il suo amico e cliente, Davis Milo, aveva diretto, e che il pubblico aveva amato. Che soddisfazione era stata come legale, dato che era stato lui a procurare a Davis l’ingaggio come regista, e anche per quell’altra cosa su cui l’amico aveva messo gli occhi, una produzione londinese.

    I due se ne stavano comodi tra i sedili vuoti del St. James Theatre a chiacchierare con i produttori britannici.

    Davis strinse la mano ai produttori e diede una pacca sulla spalla di Clay. «Si occuperà lui del resto. Io devo andare».

    L’amico si congedò e Clay definì gli ultimi dettagli del contratto, poi lasciò il teatro deserto e si infilò dentro un taxi. Appena chiusa la portiera si allentò la cravatta color porpora; era la sua cravatta portafortuna, e la metteva sempre per serate come quella. Slacciò un paio di bottoni della sua frusciante camicia bianca, sciolse ben bene i muscoli del collo e mise mano al telefono. Era da un po’ che non metteva piede a San Francisco, ma si ritrovò a cercare su Google un certo bar mentre andava all’aeroporto. Non era sicuro che sarebbe riuscito a fare un salto al Cubic Z, ma la donna che aveva ricevuto la proposta di matrimonio prima dello spettacolo gli aveva detto che sua sorella lavorava là, aggiungendo poi: «È uno schianto, e anche la migliore barista di tutto il mondo».

    Si strinse nelle spalle, mentre il taxi correva verso il LaGuardia. Non sapeva se aveva abbastanza tempo da fermarsi in un bar di San Francisco durante quel viaggio. Ma era curioso di vedere quello schianto di barista, e scoprire se era il tipo tutta pepe che cercava lui.

    Il giorno successivo era stato impegnato in un accordo sfiancante. Troppo tempo speso a discutere di dettagli insignificanti con un cliente – un famoso presentatore di talk show della Bay Area. Lo aveva snervato. Clay non era stato al gioco e aveva fatto capire al network che il suo studio si sarebbe tirato fuori. Fu allora che il dirigente cedette e cominciò a giocare sul serio. Era quello il segreto nel negoziare. Bisognava sempre essere quello dei due che non aveva niente da perdere a tirarsi fuori. Alla fine Clay era riuscito a ottenere praticamente ognuno dei punti che voleva per il suo cliente. Ma si era sentito stravolto ad avere a che fare con i loro meschini trucchetti, così scovò la palestra di boxe più vicina e scaricò la sua frustrazione con una lunga, sfiancante sessione al sacco, colpendolo come a volerlo punire finché i muscoli non urlarono, e poi ancora un altro po’. Dopo ritornò in albergo per una doccia calda.

    L’acqua quasi bollente gli scrosciava addosso con forza, e lui si abbandonò al getto d’acqua che lavò via i residui di quella giornata.

    Una volta uscito dalla doccia e asciugato, si sentì tutt’altro che pronto a infilarsi sotto le coperte e concluderla lì. Una trattativa come quella meritava una bevuta, e non appena il pensiero di un drink affiorò alla sua mente, si ricordò il nome del bar e quello della presunta deliziosa bartender.

    Julia.

    Hmmm…

    Aveva energia da bruciare, e il bar non era distante dall’albergo, lì nel distretto di SoMa. Si infilò i jeans e una camicia button-down, si pettinò, si lavò i denti e si immerse nella sera di San Francisco. Si rammaricò solo di non aver pensato di portare un paio di manette, il suo accessorio preferito. Facevano una gran figura con la lingerie nera, le calze autoreggenti e i tacchi alti, se la donna era quella giusta.

    Ma forse stava mettendo il carro davanti ai buoi, pensò.

    Capitolo Due

    Non un’altra volta.

    Davvero, quante volte voleva ancora provarci con lei quell’hipster imbranato? Adesso le stava sbirciando il seno. Da una parte non se la sentiva di biasimarlo. In quel settore la natura era stata decisamente generosa con lei, che riempiva una terza piuttosto bene, cosa di cui era molto grata. Ciononostante, un uomo educato è molto più sexy di un guardone.

    «E se offrissi da bere a tutti quelli nel bar? Che ne dici? Me lo daresti allora il tuo numero?»

    «No. Perché i miei occhi sono quassù», disse indicandosi il viso.

    Quello alzò di scatto lo sguardo, colto in fallo. Ma non si diede per vinto. «Visto? Posso imparare. Sono bravo».

    «Mi fa piacere servirti. Ma il mio numero è privato e tale resterà», gli disse.

    Il tipo era praticamente sdraiato sul bancone, con il petto poggiato sul metallo lucido. «Allora come lo vedi un altro Appletini?»

    «Nessun problema», disse ghignando tra sé. Julia amava mixare drink – c’era una specie di scienziato pazzo dentro di lei che si eccitava alla scoperta di nuove combinazioni di sapori. Ma mentre come barista provava piacere nel comporre un cocktail, la sua parte femminile si augurò che una volta tanto, almeno una, un uomo facesse l’uomo e ordinasse una benedetta birra. Forse questo la rendeva una donna superficiale, ma non le importava. Non sarebbe mai uscita con un uomo che beveva molti dei drink per fighette che preparava. A lei piacevano gli uomini che facevano gli uomini. Niente perditempo né depilati.

    Non appena fu pronto il cocktail dell’hipster – un po’ di vodka, succo di mela e una spruzzata di calvados – un nuovo avventore si sedette al bancone.

    «Che ti porto?», disse prima ancora di voltarsi.

    «Qualsiasi cosa esca da una spina».

    Si bloccò sul posto, per il semplice fatto che la provocante mascolinità di quella voce, roca e aspra, le aveva fatto provare una scossa dentro. Ma chi possedeva quella voce profonda e rauca probabilmente doveva essere uno sfigato, si disse. La sua solita fortuna. Sbatté sul banco l’Appletini davanti al più imbranato dei suoi clienti, poi si voltò verso l’uomo che voleva una birra, e fu subito una festa per gli occhi.

    Era alto. Era robusto. Aveva proprio la giusta quantità di barba incolta a coprirgli il profilo della mandibola, in più aveva degli occhi belli da morire – di un castano profondo e intenso. E poi c’erano i suoi capelli, folti, castani, perfetti per infilarci le dita in mezzo. Non avrebbe voluto togliergli gli occhi di dosso, ma sapeva fare di meglio che restare a fissare come una scema. Raddrizzò in fretta la schiena, richiuse la bocca che penzolava aperta e gli rivolse un cenno sicuro di sé. «Stasera abbiamo una India Pale Ale. Che ne dici?»

    «Dico che va benissimo», rispose appoggiando gli avambracci muscolosi sul bancone. Aveva le maniche arrotolate e Julia non poté fare a meno di notare quanto fossero forti le sue braccia. Scommise con se stessa che faceva palestra. Un tipo di palestra da uomo vero. Qualcosa di pesante e faticoso che lo faceva sudare e grugnire, per scolpirsi un fisico del genere. Spillò la birra nel boccale e glielo posò di fronte. Lui mise mano al portafogli, tirò fuori qualche banconota e gliele porse.

    «Suppongo che tu sia Julia».

    Oh-oh. Come sapeva il suo nome? Era un poliziotto sotto copertura? Per sbaglio aveva servito alcolici a qualche minorenne? Era scrupolosa e metodica nel controllo dei documenti e non faceva mai entrare nessuno sotto i ventuno anni. Aspetta. La sua colonna vertebrale si irrigidì. L’aveva scoperta? Sapeva forse quello che faceva ogni martedì sera in un appartamento fiocamente illuminato, sopra un sudicio ristorante di China Town che puzzava di maiale fritto? Quella storia sarebbe finita presto, a ogni modo. Lei aveva fatto il suo lavoro ed era pronta a passare alla cassa. E lo avrebbe fatto presto, come continuava a ripetersi.

    «Già», rispose cauta, i sensi in allerta. Non che facesse qualcosa di propriamente sbagliato quelle sere, dopo tutto. No, si occupava dei suoi affari come sapeva fare lei.

    «Ho sentito dire che sei la migliore bartender di San Francisco».

    La tensione nelle sue spalle si allentò. Quantomeno non era un piedipiatti venuto ad arrestarla. Ma malgrado un aspetto che la faceva ribollire, era come tutti gli altri, uno dalla battuta da quattro soldi che ci provava con la donna dall’altra parte del bancone. «Certo, dove l’hai sentito dire? Su Facebook?».

    Lui sorrise brevemente e scosse la testa. Diamine, quello era un sorriso da favola. Diretto, denti bianchi e ghigno di chi la sa lunga. Lei però non era tipo da capitolare per uno sconosciuto sexy solo per il suo bell’aspetto. Le era già successo e ne era uscita con le ossa rotte. Per questo in quel periodo era diventata una donna senza legami. Non che negli ultimi tempi ne avesse avuti, di alcun tipo – aveva troppi guai da cui districarsi prima di anche solo pensare di farsi coinvolgere in una storia di sesso, figuriamoci d’amore.

    «No. Me lo ha detto tua sorella, credo. McKenna».

    Oh.

    Oh, sì.

    Adesso tutto aveva senso. E non era da Julia dubitare di sua sorella maggiore, giammai. Perché il giudizio di McKenna era corretto al centocinquanta per cento. Era un figo incredibile. Letteralmente. E non era più un estraneo. Era approvato da sua sorella, non era un poliziotto e neppure un tipo noioso, per cui cestinò ogni preoccupazione.

    «Clay Nichols», disse lui tendendole la mano. Una stretta bella forte. Prima ancora di rendersene conto stava immaginando altri utilizzi per quelle mani possenti.

    «Julia Bell».

    «E allora, come sta andando la tua giornata, Julia Bell?».

    Le scappò una risata. Non perché ci fosse qualcosa di divertente, ma perché era una domanda così semplice e diretta. Non era una frase scontata. «Non malaccio», rispose. «E la tua, Clay Nichols?».

    Scosse la testa e fece un sospiro. «Lunga, irritante, ma alla fine vittoriosa».

    «Cos’è, sei un guerriero?»

    «Macché, solo un avvocato», ammise, poi bevve un sorso di birra. Indicò il boccale con un cenno di approvazione. «Inserire ora battuta sugli avvocati».

    «Un avvocato entra in un bar», disse lei, ma si fermò e gli lanciò un’occhiata sbarazzina. «In realtà non è una battuta. Sto solo facendo la telecronaca».

    Lui si mise a ridere. «Finora te la cavi perfettamente come commentatrice sportiva».

    «Oh, grazie. Posso continuare per tutta la sera», disse.

    «Tutta la sera? Davvero?». Alzò un sopracciglio e le sue labbra si curvarono verso l’alto in un sorriso sexy.

    «Perché no. Insomma, hai ottenuto la vittoria. Vuol dire che hai vinto una causa?»

    «No, ho vinto le condizioni più favorevoli in una trattativa. Il mio cliente è felice. Questo è quello che conta».

    «Di che diritto ti occupi?», domandò Julia, pregando che non fosse nulla di squallido o losco, tipo lesioni personali.

    «Diritto dello spettacolo», rispose lui con quella voce bassa e risonante di cui già era pazza.

    «Sono una grande appassionata di spettacolo. Il cinema e io, noi due siamo così», disse incrociando indice e

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