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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI MILANO BICOCCA Facolt di Giurisprudenza Corso di laurea in Scienze giuridiche

LA CRISI DELLA RAPPRESENTANZA POLITICA. IL CONTRIBUTO DI LUIGI FERRAJOLI

Relatore: prof.ssa Patrizia BORSELLINO Correlatore: dott.ssa Silvia SALARDI

Tesi di Laurea di: Stefano CESANA Matr. N. 065168

Anno Accademico 2011-2012

Ai miei genitori. E a tutti coloro che, con il proprio affetto, hanno reso pi lievi le pene di questo percorso. Infine, a mia nonna, Rina.

If I were a swan, Id be gone (Roger Waters)

INDICE

Premessa 1. Sullo stato di diritto costituzionale moderno e la rappresentanza politica. 1.1 Lo Stato di diritto, cenni storici. 1.2 Hans Kelsen e lo Stato di diritto oltre il Rechtsstaat. 1.3 Lo Stato costituzionale di diritto. 2. Luigi Ferrajoli e diritti fondamentali, tra concezione formale e sostanziale della democrazia. 2.1 Democrazia formale e sostanziale. 2.2 Costituzionalismo e ruolo dei diritti fondamentali. 2.3 Ruolo delle garanzie costituzionali 3. Condizioni della rappresentanza politica in Italia. 3.1 Aporie della concezione ideale di democrazia: la crisi della rappresentanza politica. 3.2 Il Decostituzionalismo. 3.3 Conclusioni. Bibliografia

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Premessa

Questa tesi si pone lo scopo di realizzare unanalisi critica dellattuale sistema politico-rappresentativo italiano, attraverso gli strumenti, teorici e pragmatici, offerti da Luigi Ferrajoli. Il primo capitolo consiste in una panoramica prevalentemente storica, riguardante lo sviluppo dello Stato di diritto, nel contesto europeo. Si ripercorre, a tal proposito, la sua evoluzione fino al raggiungimento della forma costituzionale, che caratterizza le attuali democrazie. Il secondo capitolo dedicato alla breve ricostruzione della teoria del diritto costituzionale elaborata da Ferrajoli. Partendo dai presupposti analitici, di eminenti normativisti, quali Kelsen e Bobbio, Ferrajoli si occupa di costruire la propria teoria, incentrandola sul ruolo dei diritti fondamentali. In tale sede si mostra come tali diritti, unitamente alle relative garanzie, rappresentano la sostanza della democrazia costituzionale. Il terzo ed ultimo capitolo , quasi esclusivamente, incentrato sulla rappresentanza politica, strumento e momento focale della vita democratica. Si cerca di mostrare come le patologie che la affliggono, siano in grado di aumentare la distanza, di per s fisiologica, tra lessere e il dover essere della democrazia. Le analisi conclusive sono dedicate alla situazione italiana, che, per quanto riguarda i vizi della rappresentanza, offre, purtroppo, unesperienza esemplare. Dopo aver messo in luce i vari fattori di crisi, evidenziandone le ricadute sul piano del diritto e sul piano culturale, si suggeriscono dei rimedi volti ad arginare questa deriva e a ristabilire la dimensione sostanziale della democrazia. 2

1. Sullo stato di diritto costituzionale moderno e la rappresentanza politica.

Lo Stato il pi freddo di tutti i mostri. Esso mente freddamente; dalla sua bocca esce questa menzogna: Io, lo Stato, sono il popolo1.

1.1 Lo Stato di diritto, cenni storici.


La locuzione stato di diritto , da ben pi di cento anni, patrimonio della nostra cultura giuridica, politica e filosofica. Tale locuzione identifica un modello di Stato che si contrappone allautoritarismo degli antichi regimi, i quali consumarono il proprio declino allo scadere del XVIII secolo attraverso le rivoluzioni che, in Europa e non solo, condussero a sistemi di governo liberali. Lidea che sta alla base di questo concetto ha, tuttavia, un passato pi remoto e affonda le proprie radici nella Grecia Antica, dove il dibattito sulla miglior forma di governo condusse a riflettere sulla contrapposizione tra governo degli uomini e governo delle leggi. Questa disputa, come acutamente fa notare Bobbio, non si svolge su di un piano tecnico al fine di identificare la forma migliore di governo, bens il modo migliore di governare:

F. Nietzsche, Cos parl Zarathustra, parte I.

Buon governo quello in cui i governanti sono buoni perch governano rispettando le leggi oppure quello in cui vi sono buone leggi perch i governanti sono saggi?2 Platone e Aristotele furono i pi celebri attori in questa diatriba. Il primo si espresse nella sua opera Ateniese Le leggi a favore del governo degli uomini, nella seconda direzione ipotizzata da Bobbio: Platone ritiene insufficienti le leggi generali e astratte, in quanto tali inadatte a realizzare la giustizia in ogni caso concreto. Si rileva una sorta di aprioristica sfiducia nello strumento legale ove non sia corredato dallequit in fase di applicazione e ci avverrebbe solo grazie al contributo di un sovrano-filosofo. Qualora la saggezza del sovrano non bastasse ad assicurare il raggiungimento di tale obiettivo, vi si aggiunge il correttivo del consiglio notturno, un consesso di sapienti in grado di vegliare sul prodotto legislativo al fine di modificarlo, di renderlo coerente alle necessit e per evitare che somigli ad un uomo autoritario ed ignorante, che non permette per nulla, a nessuno, di agire in modo diverso dai suoi ordini, e non ammette che nessuno linterroghi neppure se in relazione a qualche oggetto ci sia, per caso, un qualche cosa di nuovo e migliore che vada al di l di quanto egli stesso prescrisse3. Aristotele pare muoversi, invece, verso una soluzione pi simile alla prima delle due citate da Bobbio. Egli afferma limportanza imprescindibile della legge al fine di indirizzare il comportamento dei consociati verso la virt e il bene da realizzarsi nella polis. Tale legge prodotto della ragione e alla ragione stessa strumentale, affinch risulti rafforzata in ogni cittadino. Anche per Aristotele in sostanza lalternativa governo degli uomini vs governo delle leggi una questione mal posta, che si risolve in una sintesi per cui la sovranit appartiene alla ragione, che si manifesta nelle leggi, ma la cui realizzazione pu essere garantita solo con il contributo delle passioni che invece necessariamente si riscontrano in ogni anima umana4. Limpressione, confermata peraltro dallo stesso Bobbio, quella di una contraddizione solo apparente tra le opposte soluzioni. Entrambe, infatti, postulano le condizioni di un buon governo. Ci che realmente opposto nelle due concezioni semmai il punto di vista adoperato nel valutarne la bont. Un buon governante utile,

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N. Bobbio, Il futuro della democrazia, Einaudi, Torino, 1995, pag.170. Platone, Politico, 294ab. 4 Aristotele, Politica, 1286a.

quindi, a mitigare, secondo equit, lastrattezza del dettame legale, mentre una buona legge fondamentale al fine di porre limiti allarbitrio di un governante dispotico. Risultano essere altri i parametri di riferimento di un buon governo: che la sua azione sia rivolta al bene comune e non ad interessi precipui, e, che i poteri caratterizzanti questa azione, rispondano a regole in qualche modo stabilite. Ciononostante, lidea che debba essere la legge a rivestire un ruolo preminente, ebbe nei secoli maggior fortuna, fino a costituire un modello di riferimento universale. Ci dovuto principalmente alla forza con cui questa idea stata affermata, nel nostro continente e non solo, fino ai tempi moderni. Si soliti, infatti, far coincidere laffermazione del concetto Stato di diritto con la nascita degli stati nazionali. Fu proprio in quel periodo storico che al governo delle leggi cominci a correlarsi una nuova idea di sovranit. I nuovi stati affermarono la propria supremazia secondo un nuovo e duplice livello: per un verso, nei confronti dei propri cittadini, arrogandosi il monopolio di determinate funzioni pubbliche, in primis luso della forza e il potere legislativo [sovranit interna]; per altro verso, disconoscendo una qualsiasi legittimazione derivata. Sul piano della sovranit esterna i poteri dello Stato sovrano cessarono di fondarsi su ideologie o spiritualit che avevano caratterizzato le monarchie di diritto divino. Ricordiamo, ad esempio, le teorie con cui Francisco de Vitoria legittim la conquista Spagnola del Nuovo Mondo: sulla base di un asserito diritto naturale, proprio della communitas orbis, vengono derivati diritti solo astrattamente universali. Non esistendo un organo superiore alla communitas orbis, vale a dire un tribunale in grado di garantire tali diritti, lo strumento ultimo, lextrema ratio sostenuta da questa teoria, non pu essere che la guerra. Tornando agli aspetti di politica interna, il fenomeno si caratterizz per unassolutizzazione del potere. Risalendo al significato etimologico del termine assoluto [ab solutus: slegato da, da cui il concetto di sovrano legibus solutus], la sovranit si espresse, concordemente a quanto avvenne per la sovranit esterna, in completa autonomia rispetto a vincoli legali. Questa tendenza fu contrastata attraverso il richiamo al governo delle leggi e al tentativo, messo in atto, attraverso le rivoluzioni del periodo illuminista, di sottoporre questo potere assoluto al

controllo della legge. La Rivoluzione Francese, in particolare, ebbe un ruolo centrale per la nostra cultura giuridica continentale. Essa rappresent il momento in cui, con maggior vigore, furono affermati i capisaldi del moderno Stato di diritto. Non solo, da 6

questo momento, si opera una distinzione tra sovranit interna ed esterna: Luna si limita tanto quanto laltra si libera, in corrispondenza con la doppia faccia dello Stato, fattore di pace allinterno e di guerra allesterno5. Una modalit quanto mai attuale per le potenze democratiche di oggi. Documento di fondamentale importanza per approfondire i principi affermati attraverso la Rivoluzione Francese fu la Dichiarazione dei diritti delluomo e del cittadino del 1789.

Questa dichiarazione fu un prodotto del pensiero illuminista che elabor le esperienze rivoluzionarie occorse in Europa [Inghilterra] e in America settentrionale [sono chiari i riferimenti alla Dichiarazione dIndipendenza siglata a Filadelfia il 4 Luglio 1776]. Composta di un preambolo e da diciassette articoli, la Dichiarazione elenca una serie di diritti naturali ed imprescrittibili che, messi a sistema, fondano il modello teorico e rivoluzionario dello Stato di diritto. Procedendo ad unanalisi pi accurata dei principi ivi contenuti, il primo fondamentale elemento consiste nella divisione dei poteri. Quando nella stessa persona o nello stesso corpo di magistratura il potere legislativo unito al potere esecutivo, non vi libert, poich si pu temere che lo stesso monarca, o lo stesso senato, facciano leggi tiranniche per eseguirle tirannicamente. Non vi nemmeno libert se il potere giudiziario non separato dal potere legislativo e dall'esecutivo. Se fosse unito al potere legislativo, il potere sulla vita e la libert dei cittadini sarebbe arbitrario: infatti il giudice sarebbe legislatore. Se fosse unito al potere esecutivo, il giudice potrebbe avere la forza di un oppressore. Tutto sarebbe perduto se lo stesso uomo, o lo stesso corpo di maggiorenti, o di nobili, o di popolo, esercitasse questi tre poteri: quello di fare le leggi, quello di eseguire le decisioni pubbliche, e quello di giudicare i delitti o le controversie dei privati6. Circa trentanni prima della suindicata Declaration, veniva pubblicata a Ginevra la monumentale opera di Charles L. de Montesquieu, Lo spirito delle leggi. Nel passo sopra citato espresso, con mirabile sintesi, quel principio che gi apparteneva alla Costituzione del Regno dInghilterra. La separazione dei poteri risponde a esigenze di equilibrio del sistema Stato ed strettamente connessa con il concetto di Stato
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L. Ferrajoli, La sovranit nel mondo moderno, nascita e crisi dello stato nazionale. Ed. Laterza 1997. Charles L. de Montesquieu, Lesprit des lois, 1748.

legislativo, infatti, ogni suo potere soggetto ad una legge che ne tipicizza le modalit di esercizio, i presupposti, ne legittima i soggetti, scongiurando il rischio che i vari poteri, concentrandosi, risultino corruttori delle libert e delle finalit che lo Stato intende perseguire. Secondo pilastro dello Stato di diritto appunto il principio di legalit, un principio rivoluzionario giacch, sottoponendo tutti i soggetti alla legge, ottiene il risultato di attribuire ad essi una medesima dignit almeno dal punto di vista formale. La legge [] deve essere uguale per tutti, sia che protegga, sia che punisca7 ed questa lottica attraverso cui apprezzare la stretta relazione tra i princpi di legalit e uguaglianza. Anche rispetto al tema della rappresentanza, il principio di legalit riveste un ruolo decisivo: posto a garanzia della collettivit, rappresentata dalle istituzioni legislative, consente di rendere certo e prevedibile lutilizzo dello strumento legale. La legge frutto di volont politica, ma non pura volont politica: tra la volont politica e la legge si interpone un procedimento che garantisce il dibattito pubblico attorno alla legge, la discussione tra chi la propone e chi vi si oppone..8. Come afferma il secondo articolo della Dichiarazione dei diritti delluomo e del cittadino, compito dello Stato : la conservazione dei diritti naturali ed imprescrittibili delluomo; ed solo attraverso la legge, che lo Stato pu legittimamente porre limiti a queste libert. E cos ogni funzione statale incontra i propri limiti e ruoli: il Parlamento rappresentativo della societ emana leggi generali ed astratte, mentre gli organi giudiziari hanno il compito di verificare lesatta applicazione di queste ultime da parte del potere esecutivo. I princpi cui ho fatto riferimento, costituiscono un modello solo ideale e teorico di Stato. Come questi principi siano stati attuati nelle realt politiche, una questione che dipende da molteplici fattori storici e non solo. Spostando lattenzione su altre esperienze continentali, come, ad esempio, quella tedesca, si avr modo di cogliere meglio questi aspetti.

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Art. 6 della Dichiarazione dei diritti delluomo e del cittadino, 1789. Roberto Bin, Lo stato di diritto, Come imporre regole al potere. Il Mulino, 2004.

1.2 Hans Kelsen e lo Stato di diritto oltre il Rechtsstaat.


Nella Germania del XIX secolo, ebbe luogo una proficua produzione di teorie, che contribuirono ad elaborare compiutamente il concetto di Stato di diritto. possibile distinguere due periodi dellesperienza tedesca. Nella prima met circa

dellOttocento, le dottrine in gioco si caratterizzarono per unimpronta liberale, in cui linfluenza giusnaturalistica era ancora ben evidente nel considerare certi diritti di libert, come prerogativa delluomo in quanto tale. La svolta di questa tendenza si ebbe nella seconda parte del secolo, confermata dalla fondazione del Secondo Reich, che avvenne nel 1871. La dottrina che prevalse, portando a compimento il concetto di Stato-Persona, teorizz questo soggetto sovrano e sovraordinato rispetto a tutti gli altri, con limmediata conseguenza di subordinare il diritto allo Stato. Solamente il prodotto legislativo del potere statale pot essere considerato diritto efficace, ogni retaggio di diritto naturale fu cos superato. La situazione tedesca dinizio Ottocento si caratterizz per la tensione tra la realt delle allora vigenti Costituzioni9, rappresentanti una concezione positivizzata dei diritti fondamentali, e le teorie di stampo liberale. In seno a questa corrente possibile rinvenire, come avr modo di illustrare, posizioni oscillanti tra giusnaturalismo e positivismo giuridico. In una delle primigenie definizioni di Stato di diritto, Julius Stahl, fervente conservatore, afferm che lo Stato di diritto: deve determinare precisamente e con certezza le linee e i limiti della sua attivit, cos come la libera sfera dei suoi cittadini, secondo le modalit del diritto10. Stahl, nella sua formulazione, attribuiva al monarca il ruolo di determinare la politica dello Stato e di porne limiti allazione. Ecco, quindi, che i diritti dei cittadini non sono configurabili diversamente che come mere concessioni. La teoria di Carl von Rotteck prese le mosse, sotto levidente influenza della dottrina giuridica di Kant, da presupposti giusnaturalistici. Rotteck riconobbe una serie di diritti delluomo prescindendo dallesistenza o meno di leggi che li contemplino. Ed

Mi riferisco in particolare alle Costituzioni vigenti nella Germania del Sud: Baviera (1818), Baden (1818), Wrttemberg (1819) e Assia-Darmstadt (1820). 10 F.J. Stahl, Die Philosophie des Rechts (1833-37), Zweiter Band, Rechts-und Staatslehre auf der Grundlage christlicher Weltanschauung, Mohr, Tbingen 1878, pag. 137.

solo attraverso lo Stato che lindividuo pu esercitare in libert e vedersi riconosciuti tali diritti. Verso una simile idea di Stato, pur nel rifiuto di una fondazione naturale dei diritti, si mosse la riflessione di Robert von Mohl. Fu proprio nella sua celebre opera del 1830, Die Polizeiwissenschaft nach den Grundstzen des Rechtsstaates, che apparve per la prima volta lespressione Rechtsstaat. Egli assunse lo Stato come condizione necessaria ed ineludibile dellesperienza umana, fu nello Stato [dalla cui appartenenza deriva lo status di cittadino] chegli fond i diritti soggettivi. In un siffatto sistema, riveste un ruolo centrale la Costituzione11 che fissa in modo preciso tali diritti: luguaglianza davanti alla legge, la tutela della libert personale, la libert di pensiero, la libert di coscienza, la tutela della propriet di fronte allo Stato, la libert di migrazione, la libert dimpresa12. Mohl port a compimento la definizione del suo modello costituzionale contemplando una serie di diritti che potremmo definire politici, o meglio, di partecipazione politica, riconoscendo, ad esempio, la libert di associazione che ne direttamente funzionale. Lo Stato di cui parla Mohl , formalmente, una monarchia costituzionale, in cui la Costituzione ha il preciso ruolo di identificare una sfera di libert sottratte allarbitrio che continuava a caratterizzare il potere sovrano. possibile affermare, quale principio cardine di questa concezione liberale dello Stato di diritto, la superiorit della Costituzione rispetto alla legge dello Stato. A tal proposito, considerando la seguente come condicio sine qua il Rechtsstaat sarebbe un mero Stato-di-potere [Gewalts-Staat]13, Carl von Rotteck scrisse: Lessenza della Costituzione consiste nella rappresentanza nazionale [National-Reprsentation] che deve esprimere contro il governo gli interessi e i diritti del popolo.14 Le affermazioni della dottrina liberale sopra esposta, rimasero solo teoriche. Il tentativo operato nella Paulskirche15 di porre in essere una Costituzione della

Mohl elabor la propria teoria sulla base di una profonda analisi della costituzione del Wttemberg (1819). 12 R. v. Mohl, Das Staatsrecht des Knigreiches Wttemberg (1829), Erster Band, Verlag der H. Lauppschen Buchhandlung, Tbinghen 1840, pag. 314. 13 C. v. Rotteck, Constitution, in Das Staats-Lexicon (1834-43), a cura di C. v. Rotteck e C. Welcker, Dritter Band, Verlag con Johann Friedrich Hammerich, Altona 1846, pag. 527. 14 Ibidem, pag. 527. 15 Prima assemblea nazionale del popolo tedesco, tenutasi il 18 Maggio 1848 a Francoforte, allindomani delle elezioni generali svoltesi negli Stati della Confederazione.

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Germania, che contemplasse in tal modo i diritti fondamentali, venne frustrato dalle vicende storiche successive, riguardanti i rapporti con Austria e Prussia. Ebbero, cos, buon gioco i fautori dellopposta teoria del Recthsstaat, su tutti Carl Friederich von Gerber, Paul Laband e Georg Jellinek, che ne videro la conferma di l a poco nella fondazione del Secondo Impero. Gerber apre, in un certo senso, la strada a questa dottrina scindendo i diritti del popolo da intendersi non come diritti soggettivi, bens solo come i limiti dei diritti del monarca dal punto di vista dei sudditi16. Ventanni dopo, Laband, a proposito di diritti fondamentali, afferma: Essi formano limiti per le competenze dei funzionari, assicurano al singolo la sua libert naturale di comportamento in ambiti determinati, ma non fondano diritti soggettivi dei cittadini. Essi non sono diritti, perch non hanno alcun oggetto.17 Si consuma cos la scissione definitiva tra la libert individuale, consacrata dalle dottrine liberali nel ruolo della Costituzione, e lordinamento giuridico. Laband parla espressamente di Staatsrecht, [diritto dello Stato] operando una sorta di Rivoluzione Copernicana rispetto al modello del Rechtsstaat affermato in precedenza. Jellinek elabora una dettagliata sistematizzazione del modello, differenziandosi dai suoi celebri precursori: in particolar modo, rispetto a Gerber18. Jellinek non stenta a riconoscere la soggettivit di tali diritti, ma si limita a giustificarli storicamente. Secondo lautore le prescrizioni costituzionali hanno effetto solo in quanto vengano recepite e positivizzate dal legislatore, rifiutando cos un riconoscimento di diritti fondamentali astorici o soprattutto astatali, il cui fondamento possibile, invece, solo tramite un atto legislativo. allinizio del XX secolo che, Hans Kelsen rielabora il concetto di Rechtsstaat emerso dalla dottrina tedesca. Egli ne opera una profonda critica, e lesito di queste sue operazioni possibile riassumerlo nella Costituzione austriaca del 1920. Il maggiore elemento di novit introdotto da Kelsen attraverso la Costituzione, il sindacato di costituzionalit sulle leggi da parte di una Corte [costituzionale appunto] ad hoc istituita.

C.F.W. von Gerber, Sui diritti pubblici (1852), in Id., Diritto pubblico, Giuffr, Milano, 1971, pag.67. 17 P. Laband, Das Staatsrecht des deutschen Reiches (1876-82), Erster Band, Verlag der H. Lauppschen Buchhandlung, Tbinghen 1876; Scientia Verlag, Aalen 1964, pag. 151. 18 Il quale fond i diritti come riflessi del diritto oggettivo, consistente nei limiti autoimposti dallautorit sovrana.

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La critica di Kelsen muove anzi tutto dal rifiuto di quellidea, che si era ampiamente realizzata nellImpero Tedesco, di uno Stato-persona, un soggetto originario, operante in modo sovraordinato, da cui deriva ogni norma. Corollario di questa costruzione la supposta esistenza di una volont unitaria dello Stato19, unit teleologica che, attraverso i poteri statali si esprime nella realt giuridica. Nella dogmatica di Jellinek, questa volont unitaria si fonda sullidentit tra comunit e Stato che permette di identificare un interesse comune che lo Stato pretende rappresentare. Questa costruzione parrebbe soffrire di una sorta di pregiudizio monarchico20, tale per cui al fine di assicurare margini di discrezionalit al sovrano e nondimeno alla pubblica amministrazione, si evita di riconoscere una vera e propria superiorit al diritto. Tanto vero, che lunico impatto rilevante della legge, nel condizionare il potere pubblico si risolve nei rimedi giurisdizionali contro la pubblica amministrazione. A tal proposito, Giorgio Bongiovanni ha affermato che: La libert dal diritto di alcuni aspetti dellattivit amministrativa corrisponde, infatti, alla sua dipendenza dallesecutivo monocratico e dal monarca e si traduce, sul piano dei rapporti tra gli organi costituzionali, nellaffermazione del ruolo superiore del monarca rispetto alla legge e, cos, nella centralit del principio monarchico.21 Kelsen si richiama ad un ben pi rigido principio di legalit che, combinato a un modello giurisdizionale di pubblica amministrazione, realizza un modello di Stato che sottoposto allordinamento giuridico nella totalit delle sue espressioni. Questo principio politico dellesclusivo potere della legge22, conduce al rifiuto di qualsiasi potere che non sia fondato su di una norma formale, attributiva della competenza per il suo esercizio. E cos, lattivit della pubblica amministrazione diviene passibile di sindacato da parte di organi giurisdizionali preposti; diversamente accade nel Rechtsstaat ove la discrezionalit utilizzata nel provvedimento amministrativo risulta inattaccabile.

H. Kelsen, ber Grenzen zwischen juristicher und soziologischer Methode, Mohr, Tbinghen 1911 (tr. It Tra metodo giuridico e sociologico, Guida, Napoli 1974, cui si riferiscono le citazioni), pag. 52. 20 A. Merkl, Die monarchische Befangenheit der deutschen Staatsrechtslehre, in Schweizerische Juristenzeitung, 16, 1919-20. 21 G. Bongiovanni, Stato di diritto e giustizia costituzionale, Hans Kelsen e la Costituzione austriaca del 1920 in Lo Stato di diritto, AA.VV. a cura di P. Costa e D. Zolo. 22 H. Kelsen, Zur Lehre vom ffentlichen Rechtsgeschfte, op. cit., pag. 75.

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Altro aspetto fondamentale dellanalisi Kelseniana riguarda la volont unitaria dello Stato a cui ho fatto riferimento sopra. Lidentificazione tra Stato-sovrano e popolo, operata dalla dottrina classica tedesca, conduce a negare il pluralismo. Kelsen lo ritiene, invece, un mero dato di realt che compito dello Stato governare. Egli considera lordinamento giuridico come ordinamento normativo di conflitti [], come somma organizzata di pretese e obblighi e, dunque, come organizzazione legale del pluralismo sociale.23 La ricostruzione di Kelsen si completa, negli anni successivi al secondo decennio del Novecento, verso una dimensione sostanziale del Rechtsstaat. Questo avviene principalmente sui due seguenti livelli. Per un verso, come anticipato, viene concepito un sistema giuridico gerarchico a gradi [Stufenbau] al cui vertice domina la Costituzione, la quale diviene la fondazione dellunit dello Stato. lo strumento attraverso il quale ogni potere dello Stato trova la propria legittimazione e la sua legale modalit di esercizio. Per altro verso, la Costituzione ha il ruolo di determinare, fissando i principi e gli scopi che conducono lattivit statale, quali debbano essere i contenuti dei diritti fondamentali o libert degli individui.24 Lidea di porre la Costituzione al centro della riflessione sullo Stato democratico, ritenendola, per di pi, quale condizione di possibilit e di esistenza dello Stato stesso, la strada percorsa da diversi autori moderni e contemporanei.

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M. Fioravanti, Stato, in M. Fioravanti, Stato e Costituzione, Giappichelli, Torino 1993, pag.65. H. Kelsen, La garantie jurisdictionelle de la Constitution (La justice constitutionelle), op. cit., pagg. 153-154.

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1.3 Lo Stato costituzionale di diritto.


Con lespressione Stato costituzionale di diritto, sintende quella forma di Stato che, dal secolo XX a oggi, ha prevalso, caratterizzando i sistemi di diritto democratici. Lesigenza di dotare gli stati di Costituzioni, si manifesta gi poco dopo la fondazione degli stessi stati nazionali. Subordinare gli organi dello Stato alla legge, non fu sufficiente. Si ritiene, quindi, utile subordinare la legge stessa a una super-norma in grado di definire i limiti entro cui il legislatore possa esercitare il proprio potere. Si tratta, per utilizzare unespressione che fu cara a Bobbio, di determinare con pi precisione, a un livello altro e superiore le regole del gioco democratico. Se si afferma la supremazia della Costituzione rispetto a qualsiasi espressione dello Stato, si rende necessario valutare, ad esempio, la regolarit delle leggi [ovvero la principale fonte di diritto di uno Stato] in conformit al dettato costituzionale. Kelsen, prevedendo un effettivo controllo di costituzionalit sulle leggi, precursore di una compiuta sistematizzazione dello Stato costituzionale di diritto. Egli fa notare che, una Costituzione cui manchi la garanzia dellannullamento degli atti incostituzionali non , in senso tecnico, completamente obbligatoria25. Questo tipo di controllo giurisdizionale, introdotto nella Costituzione Austriaca del 1920, rappresenta lo strumento giuridico attraverso il quale assicurare lesercizio regolare delle funzioni dello Stato26. Con lesperimento della Costituzione Austriaca si anticipa in un certo qual modo, la rigidit di questo tipo di norma. Le Costituzioni stipulate in Europa divennero rigide, infatti, solo allindomani della seconda Guerra Mondiale, attraverso la previsione di procedure aggravate per la loro modifica. Fino ad allora, eccettuando il caso austriaco, la Costituzione una legge tra le leggi27. Analizzando pi in dettaglio il concetto di Costituzione delineato da Kelsen, possibile rinvenire due dimensioni complementari: una relativa al rapporto organizzativo tra i poteri dello Stato [giuspubblicistica], laltra ai diritti fondamentali oggetto di tutela.
H. Kelsen, La garantie jurisdictionelle de la Constitution (La justice constitutionelle), cit., pag. 199. Ibidem. 27 Oppure addirittura come un documento eminentemente politico, il cui ruolo minimo era quello di influenzare idealmente la produzione di diritto, fissando principi che erano tuttaltro che vincolanti per il legislatore. In questo senso si veda Jeremy Bentham in Anarchical Fallacies del 1796 (ed. fr. del 1816, a cura di . Dumont, Sophismes anarchiques, in Oeuvres de Jermie Bentham, Socit Belge de Librairie, Bruxelles, 1840, vol. I, pp. 505-526) a proposito della Dichiarazione francese del 1789.
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La prima una dimensione prevalentemente formale, avente per effetto quello di rendere equilibrato il sistema Stato. La Costituzione fornisce a tutti i poteri una base giuridica unitaria che consente di ottenere il principio della separazione dei poteri. Essi non cessano di essere esercitati in modo indipendente tra loro ma, rispetto a essi, costituito un contropotere in grado di verificare la bont dellazione dei singoli organi. Il parlamento, che nellambito dellordinamento in analisi il principale rappresentante della volont popolare, si deve piegare alla sovranit della norma fondamentale. Questa, sempre dal punto di vista organizzativo, disciplina le forme e il procedimento attraverso cui, il legislatore, rende concreto il proprio potere di rappresentanza. Questaspetto in stretta connessione con la seconda dimensione cui ho fatto riferimento. Nello specifico, i limiti che simpongono al legislatore [ma non solo, sono limiti che riguardano tutte le espressioni dello Stato], sono limiti al contenuto, non solo alla forma delle leggi. Costituzionalizzare una serie di diritti e libert fondamentali, quei diritti che si erano sedimentati nella cultura giuridica europea nellalveo della tradizione liberale, significa imporre una serie di vincoli per la produzione legislativa successiva. Ci che contribuisce a connotare sostanzialmente il modello democratico di Kelsen, la nuova prospettiva adoperata nellinquadrare il concetto di libert. Kelsen definisce questo mutamento di paradigma metamorfosi del pensiero della libert28. Libert da intendersi principalmente come positiva, in contrapposizione alla concezione affermatasi in precedenza. Vale a dire, limitatamente in una declinazione negativa [libert da], identificando una sfera minima di diritti che la sovranit dello Stato non pu legittimamente intaccare. La Costituzione modifica il rapporto Stato-cittadino. Ci avviene grazie allaffermazione della libert sociale o politica, che garantisce la possibilit di partecipazione dellindividuo al potere dello Stato29. Le libert classicamente intese come libert da, costituiscono il presupposto della libert politica. La partecipazione alla creazione dellordinamento giuridico implica appunto, che i
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H. Kelsen, Vom Wesen und Wert der Demokratie, II, Mohr, Tbingen 1929, [Tr. It. Essenza e valore della democrazia, in H. Kelsen, La democrazia, il Mulino, Bologna 1981, cui si riferiscono le citazioni], pagg. 39 e ss. 29 H. Kelsen, op.cit. , pag. 46.

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cittadini siano posti nelle medesime condizioni. A tal fine, compito dello Stato quello di rimuovere le differenze di carattere sostanziale che possono vincolare, riducendola, la libert di partecipazione dellindividuo alla vita pubblica. E cos, come fa notare Antonio Baldassarre in un suo scritto, la libert negativa non pi un bene in s, ma un bene in quanto parte o aspetto del pi comprensivo concetto di libert positiva30. Sia Hans Kelsen, sia Norberto Bobbio, si dimostrano concordi, in particolar modo, nellaffermare la dimensione sociale del sistema democratico. Fermi i caratteri formali, le famose regole del gioco, la cui regola decisiva quella della maggioranza, il ragionamento di Bobbio conduce allanalisi della sostanza di un buon ordinamento democratico. Ebbene, il momento centrale di questa macchina, nonch momento di contatto delle due dimensioni, consiste nella rappresentanza politica. Un concetto antico, almeno quanto lidea di democrazia, che attraverso la Costituzione assume forme inedite. Al fine di comprenderne a pieno i connotati, bene specificarne le caratteristiche rilevando le differenze con altri tipi di rappresentanza, quelli che, ad esempio, si rinvengono nel diritto privato. Il rappresentante politico di cui tratta Bobbio, fonda il proprio rapporto con lelettorato sulla fiducia. Sintende, pertanto, rapporto fiduciario quello in cui il rappresentante agisce senza vincolo di mandato. Egli, una volta eletto, esercita il proprio potere discrezionalmente, al fine di meglio rappresentare, non linteresse particolare dei suoi elettori, ma linteresse generale. Diversamente avviene nel diritto privato ove loggetto della rappresentanza, oltre che essere un interesse prettamente privato, ha dei contorni ben definiti oltre i quali al rappresentante non dato potere di spingersi. in ogni caso disponibile, in capo al rappresentato, il diritto di revocare il rappresentante per eccesso di mandato. Questa, a onor del vero, non una modalit inedita per le istituzioni politiche. La celebre Comune di Parigi del 1871, ad esempio, prevedeva un Consiglio eletto a suffragio universale e revocabile in qualsiasi momento. Un siffatto sistema rappresentativo era caratteristico anche del pensiero socialista [Marx su tutti rivendic lesperienza della Comune] e il metodo divenne principio praticato in diverse Costituzioni sovietiche. La possibilit di sollevare il rappresentante dal suo compito , inoltre, un modo per rendere pi diretta
A. Baldassarre, Diritti sociali, in Enciclopedia giuridica, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma 1989, pag.6.
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la rappresentanza, sottoponendo chi la esercita, ad una sorta di spada di Damocle. Nel dibattito teorico, questo modello anfibio spesso suggerito come alternativa nella critica al parlamentarismo. Come accennato, lo stretto legame tra democrazia e rappresentanza storia di antica origine. Jean-Jeacques Rousseau sostiene, nellopera Contratto sociale, che la sovranit non pu essere rappresentata31. In effetti, la storia e levoluzione dello Stato di diritto presentano varie risposte alla sfida di rappresentare la volont di un popolo. Una sfida, la cui difficolt, direttamente proporzionale alla complessit della societ da rappresentare. Si pensi alla Democrazia Ateniese del V secolo, un ordinamento fondato su istituti di democrazia diretta, attraverso i quali i cittadini avevano un accesso non mediato alle decisioni della polis. Ritengo che un tale livello di partecipazione, in cui ogni cittadino abbia lonere e lonore di votare ogni legge, sia, nei moderni Stati, irrealizzabile oltre che indesiderabile. Nellevoluzione dello Stato di diritto, infatti, si reso necessario il ricorso a metodi indiretti di rappresentanza. Un riconoscimento sempre pi diffuso del diritto di voto, attraverso cui, con procedure stabilite, il popolo designa i propri rappresentanti, ha consentito il processo di democratizzazione dello Stato. Bobbio si pone in continuit rispetto a Kelsen, fornendo una soluzione simile rispetto alla sfida della rappresentanza. Per entrambi, il dato di realt da cui partire, quello di una societ complessa, dalla quale sia impossibile ricavare una volont unitaria32. Kelsen riconosce una societ composta da molteplicit di gruppi distinti, divisi da contrasti nazionali, religiosi ed economici33. Il pluralismo , quindi, la nuova frontiera politica che comporta lesigenza di rivedere la dinamica pubblicistica, in quanto la volont dello Stato non pu essere altro che la risultante della volont dei partiti.34 Per entrambi la dimensione costituzionale ad essere decisiva nel determinare la democraticit dellordinamento. Mentre Kelsen sottolinea, in particolare, il ruolo di garanzia della norma sovrana, disposta principalmente a tutela della minoranza
Del contratto sociale, lib. III, cap. XV. Come,invece, pretese di fare, ad esempio, Jellinek. 33 H. Kelsen, Vom Wesen und Wert der Demokratie, II, Mohr, Tbingen 1929, [Tr. It. Essenza e valore della democrazia, in H. Kelsen, La democrazia, il Mulino, Bologna 1981, cui si riferiscono le citazioni], pagg. 50 e ss. 34 H. Kelsen, op. cit. pag. 56.
32 31

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rispetto agli eventuali abusi della maggioranza, Bobbio fa notare che, pu darsi una societ pluralistica non democratica e una societ democratica non pluralista35. Soccorrono gli esempi della societ feudale [pluralistica per via dei numerosi ed eterogenei centri di potere, ma certo non democratica] e della Democrazia Ateniese [certamente democratica ma non plurale, siccome dotata di un unico e diretto centro di potere, lecclesia], a rendere questo paradosso soltanto apparente. Come anticipato, la condizione delle moderne societ impedisce un esercizio prevalentemente diretto della democrazia. La tesi di Bobbio nel senso che, negli Stati moderni, non pu aversi una democrazia che non sia anche pluralista. La democrazia dei moderni quello Stato in cui la lotta contro labuso del potere viene condotta parallelamente su due fronti, contro il potere dallalto in nome del potere dal basso, contro il potere concentrato in nome del potere distribuito36. In questottica, il controllo dal basso un controllo per forza di cose indiretto; in posizione complementare a questo, si pone il controllo reciproco tra i gruppi dinteressi che concorrono alla formazione della volont politica dello Stato.

35 36

N. Bobbio, Il futuro della democrazia, Einaudi, Torino, 1995, pag. 57. Ibidem. pag. 57.

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19

2. Luigi

Ferrajoli

diritti

fondamentali,

tra

concezione formale e sostanziale della democrazia.

Sono diritti fondamentali tutti quei diritti soggettivi che spettano universalmente a tutti gli esseri umani in quanto dotati dello status di persone...37

2.1 Democrazia formale e sostanziale.


Luigi Ferrajoli, nella prospettiva giuspositivista della teoria generale del diritto, ha elaborato un modello di democrazia incentrato, in special modo, sullaffermazione e sul ruolo dei diritti fondamentali. Raccogliendo leredit di studiosi quali Kelsen e Bobbio, rende fertile questo lascito offrendo unidea di democrazia dai connotati universali e innovativi. Il punto di partenza il fatto giuridico rappresentato dalla legge. In particolare, egli si concentra sullo Stato di diritto costituzionale. In tale ordinamento, il potere legislativo si esprime a pi livelli. Al livello massimo, si trova la Costituzione, che risulta in rapporto di dover essere con il livello legislativo inferiore e cos via fino al livello minimo. Sulla base di questo modello, le aporie e le
37

Luigi Ferrajoli, Diritti fondamentali, Un dibattito teorico, a cura di Ermanno Vitale, Laterza, Bari, 2008.

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incoerenze che si possono dare nel diritto, sono causate dal non adeguamento tra livelli normativi. Questa costruzione, che ha le sue radici nello Stufenbau38 di Kelsen, si configura come un ordinamento dinamico, fondato su livelli legislativi multipli, ordinati gerarchicamente. Tuttavia, la teoria di Ferrajoli attribuisce un riconoscimento e uneffettivit diversa ai diritti fondamentali. Avr modo di approfondire in seguito39 i caratteri del modello costituzionale di Ferrajoli. Egli, nel delineare la propria teoria, bada ai mutamenti di paradigma che hanno interessato lo Stato di diritto, e a come questi mutamenti abbiano generato le condizioni in cui la democrazia abbia la possibilit di compiersi in modo sostanziale. Data questa relazione, mi soffermer in questo paragrafo sullevoluzione che ha interessato il modo di concepire il diritto positivo e di conseguenza le forme assunte dallo Stato di diritto. possibile intendere lespressione Stato di diritto in almeno due modi distinti, vale a dire in senso debole o formale, oppure in senso forte o sostanziale. La definizione debole corrisponde al requisito minimo in grado di caratterizzare lo Stato di diritto, ovvero la fondazione legale dei poteri pubblici. Qualsiasi Stato, i cui poteri siano esercitati secondo regole stabilite, , quindi, in senso debole uno Stato di diritto. Ci che caratterizza in senso sostanziale lo Stato di diritto , invece, oltre allimprescindibile condizione formale, la soggezione di questi diversi poteri a una serie di vincoli legali, che limitano il contenuto del loro esercizio. La dimensione formale corrisponde alle regole minime, condiciones sine qua non possibile parlare di Stato di diritto. Quella sostanziale rappresenta levoluzione del modello prettamente formale, attraverso limposizione di princpi, appunto, sostanziali, vincolanti tutta la produzione del diritto. Questa distinzione circoscrive due differenti modelli di Stato, che Ferrajoli riconduce ad altrettanti sistemi normativi prodottisi nel nostro continente. In particolar modo, fa coincidere la costruzione formale con il Rechtsstaat40, quella forma

paleogiuspositivista dello Stato legislativo di diritto, prodottosi con la nascita dello Stato moderno e con laffermazione del principio di legalit quale norma di

38 39

Cfr. cap. 1, par. 2. Nel prossimo paragrafo. 40 Su cui mi sono soffermato nel precedente capitolo [1.2].

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riconoscimento del diritto esistente41. In contrapposizione a questo, Ferrajoli, riferisce il modello sostanziale alle esperienze neogiuspositiviste degli Stati costituzionali di diritto. I quali vedono la luce in seguito allintroduzione delle costituzioni rigide quali norme di riconoscimento del diritto valido e del controllo giurisdizionale di costituzionalit sulle leggi ordinarie42. Per Ferrajoli, la sintesi del mutamento di paradigma in direzione sostanziale, avviene, come si vedr, attraverso la differente concezione della meta-norma di riconoscimento del diritto valido, che fonda lordinamento. Tale mutamento di paradigma43 esprime i propri effetti su tre distinti piani che, come tali, tratter distintamente, vale a dire la natura del diritto, della scienza giuridica e della giurisdizione. La situazione, che precede la fondazione legale dellordinamento, configurabile come una moltitudine di istituzioni concorrenti. Enti territoriali, corporazioni e Chiesa si trovano in competizione al fine di determinare la produzione del diritto. In questo periodo, il ruolo unificante, per quanto attiene le fonti del diritto vigente, rivestito da dottrina e giurisprudenza. In tali condizioni, domina il Giusnaturalismo, inteso quale corrente di pensiero secondo la quale una legge, per essere legge, deve essere conforme a giustizia44. Il vigore della norma, lautorevolezza della decisione giurisprudenziale, sono tali, solo in quanto, norma e decisione incarnano principi riconoscibili dalla collettivit come giusti. Il Giusnaturalismo cede il passo al Positivismo giuridico, allaffermarsi di quel mutamento di paradigma, che si realizza attraverso lintroduzione del principio di legalit quale fonte esclusiva del diritto valido e ancor prima esistente45. Alla veritas che, mutuando da Hobbes46, facit legem, si sostituisce il dominio della forma. Solo ci che prodotto da unautorit competente, secondo le forme stabilite, in grado di acquisire validit normativa.
41

L. Ferrajoli, Lo Stato di diritto fra passato e futuro, pag. 349, in Lo Stato di diritto, AA.VV. a cura di P. Costa e D. Zolo, Feltrinelli, Milano, 2003. 42 Ibidem, pag. 350. 43 In realt possibile rinvenire due mutazioni del sistema Stato: la prima intervenuta alla fondazione dello Stato legislativo di diritto, laltra con la pratica del costituzionalismo. Mi occuper di questultima nel prossimo paragrafo. 44 N. Bobbio, Teoria della norma giuridica, Giappichelli, Torino 1958, pagg. 49-54. 45 L. Ferrajoli, op. cit., pag. 352. 46 Mi riferisco alla formula authoritas, non veritas facit legem contenuta nella traduzione latina del 1670 del Leviatano (1651), T.Hobbes, Leviathan, sive de materia, forma et potestate civitatis ecclesiasticae et civilis, in Opera philosophica quae latine scripsit omnia, a cura di W. Molesworth (1839-1845), rist, Scientia Verlag, Alen 1965, vol. III, cap. XXIV, pag. 202.

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Altro aspetto, rinnovato da questa nuova dinamica normativa, la natura della scienza giuridica. Essa cessa di essere una scienza immediatamente normativa per divenire una disciplina tendenzialmente cognitiva, cio esplicativa di un oggetto il diritto positivo da essa autonomo e separato47. Al principio di legalit consegue una netta scissione tra dottrina, ora chiamata ad illustrare il diritto positivo, ed il diritto positivo stesso. Il terzo mutamento riguarda la giurisdizione e la sua relativa legittimazione. Analogamente a quanto detto a proposito del potere normativo, la jurisdictio, trae legittimazione esclusiva dal principio di legalit. Al vincolo del precedente giudiziale, si sostituisce la legge che determina i casi e le procedure secondo le quali, lapparato giurisdizionale chiamato a intervenire nellesercizio della propria funzione. Il giudizio, legalmente configurato, diviene il mezzo attraverso il quale realizzare una verit giudiziale, alla quale conseguir la reazione dellordinamento prestabilita. In questo sistema, il processo giurisdizionale si caratterizza per una serie di garanzie procedurali e sostanziali48 che sono, in qualche modo, presenti negli attuali ordinamenti. Parallelamente, riguardo al concetto di democrazia, possibile identificare due dimensioni: luna formale e laltra sostanziale. La democrazia comunemente intesa, coerentemente al suo significato etimologico [dal greco , comp. di popolo e - -crazia]49, come quella forma di governo in cui il popolo, attraverso istituti politici, assume, pi o meno direttamente, le decisioni pubbliche. Ebbene, questa, una definizione di democrazia formale o procedurale, in quanto determina le forme e le procedure necessarie a rappresentare in modo legittimo la volont popolare. In altre parole, la dimensione formale identifica la democrazia in base a chi prende legittimamente le decisioni e attraverso quali procedure. Questa concezione largamente condivisa da molti teorici del diritto, tra i quali, ad esempio, Kelsen50 e Bobbio. Secondo Bobbio, ad esempio, ci che contraddistingue un sistema democratico rispetto ai sistemi non democratici un insieme di regole del
L. Ferrajoli, op. cit., pag. 353. In particolare: la riserva di legge in tema di giurisdizione, la presunzione dinnocenza, il diritto di difendersi nel processo, la terziet e limparzialit dellorgano giudicante sono alcuni dei principi caratteristici del processo. 49 Dal sito www.treccani.it/vocabolario/democrazia. 50 Cfr. H. Kelsen, Essenza e valore della democrazia (1929), trad. it., in Id., La democrazia, Il Mulino, Bologna, 1981.
48 47

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gioco.51 Si noti come questo tipo di definizione non contempla assolutamente il contenuto delle decisioni. Da ci, ne deriva linsufficienza teorica e lincapacit esplicativa rispetto a un ordinamento effettivamente democratico. Le decisioni potrebbero, infatti, essere tali da sovvertire i caratteri democratici dellordinamento stesso. Esempi, purtroppo illustri, sono forniti dalla storia moderna: il fascismo in Italia ed il nazismo in Germania, si impadronirono democraticamente del potere in forme legali, istaurando poi delle dittature che soppressero, di fatto, la democrazia tout court. Da quanto sopra esposto emerso che, per definire compiutamente una democrazia, non possibile prescindere dalla sua dimensione sostanziale, la quale si riferisce proprio alloggetto delle decisioni e al relativo contenuto. Per Ferrajoli, le condizioni per connotare in maniera sostanziale uno Stato democratico, si possono dare esclusivamente nello Stato di diritto costituzionale. Ci avviene attraverso i vincoli costituzionali, che oltre a plasmare le forme dei poteri statali, agiscono sul contenuto sostanziale del loro esercizio.

51

N. Bobbio, Il futuro della democrazia, Einaudi 1995, pag.170.

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2.2 Costituzionalismo e ruolo dei diritti fondamentali.


Allindomani della seconda Guerra Mondiale, il costituzionalismo comporta un ulteriore mutamento di paradigma per il diritto. Sul piano del diritto positivo, compaiono le costituzioni rigide, norme poste al vertice dellordinamento, cui sottomettere gerarchicamente le leggi ordinarie. Scompare lidea di onnipotenza del legislatore, il quale risulta vincolato, anche attraverso unapposita giurisdizione di legittimit, al dettato costituzionale. Questo fenomeno si realizza in particolar modo nel quinquennio 1945-1949, periodo durante il quale vengono emanate la Carta dellOnu [1945], la Costituzione Giapponese [1946], la Costituzione Italiana [48], la Dichiarazione universale dei diritti umani [48] e la Grundgesetz52 [49]. Gli atti normativi sopra citati sono di particolare rilevanza, giacch realizzati in un momento in cui, gli orrori e le tragedie provocati dai totalitarismi sono ferite vive nelle coscienze civili dellepoca. Essi rappresentano il tentativo di dare una ferma risposta allimbarbarimento generato in modo esemplare dalle Leggi Razziali, ristabilendo la centralit dei diritti fondamentali delluomo. Non solo, i vari legislatori costituzionali, operano il tentativo di assicurare una certa permanenza allordine sociale che vanno costituendo. Il che avviene attraverso lintroduzione di procedure aggravate, con cui modificare la Costituzione, al fine di porre questa, al riparo da facili stravolgimenti. Come precedentemente osservato, Ferrajoli ricollega questo nuovo mutamento di paradigma al piano della natura del diritto, della scienza giuridica e della giurisdizione. Il criterio di validit delle norme va oltre il mero principio di legalit. Come accennato, lattivit del legislatore subordinata a vincoli formali e sostanziali. Oltre alle procedure stabilite per generare una norma valida, la Costituzione, affermando diritti e princpi, impone vincoli al contenuto delle leggi. Alla luce di questi requisiti, vi sono ricadute sulla legge che, seppur vigente, non sia valida. In questottica, lo stesso diritto positivo assume una struttura pi complessa. Al principio di legalit si

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Grundgesetz fr die Bundesrepublik Deutschland, ovvero la legge fondamentale tedesca.

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aggiunge il principio di stretta legalit, in base al quale, gli atti di esercizio del potere devono essere conformi alla legge quanto al loro contenuto. , tuttavia, opportuno contemplare la possibilit che nella realt normativa possano darsi leggi, o parti di esse, il cui significato sia, in qualche modo, in contrasto con la suprema volont costituzionale. Ferrajoli tende a ricondurre queste ipotesi a lacune dellordinamento, dovute a dislivelli normativi. Rispetto a queste, si gioca un ruolo fondamentale della giurisdizione. Anche il giudice, infatti, esercita il proprio potere in condizione di gerarchica inferiorit rispetto alla Costituzione. Questo implica che linterpretazione e lapplicazione della legge sono anche, sempre, un giudizio sulla legge medesima che il giudice ha il dovere, ove non sia possibile interpretarla in senso costituzionale, di censurare come invalida tramite la sua denuncia di incostituzionalit53. Muta, quindi, il rapporto tra legge e giudice. Egli risulta totalmente subordinato alla Costituzione ma, rispetto alla legge ordinaria, posto nelle condizioni di metterne in discussione la validit. Il potere giurisdizionale pu cos contribuire ad unulteriore fondamentale funzione, quella nomofilattica, ovvero di rendere coerente ed uniforme nel significato, il diritto positivo. La legge, in assenza di Costituzione, pu essere oggetto di libere e discordanti interpretazioni, in ogni caso discrezionali. La Costituzione, vincolando la completa espressione dei poteri statali, vincola anche la discrezionalit concessa a tali poteri nei rispettivi ambiti di esercizio. Il terzo mutamento rilevato da Ferrajoli riguarda la scienza giuridica. Laggiunta di un livello normativo superiore impone di confrontare il diritto positivo con il suo dover essere, cos com stabilito nella Costituzione. Il ruolo della dottrina si complica inevitabilmente, in funzione della maggiore complessit che riguarda il suo oggetto. Mentre in una realt costituita da un solo livello normativo, la dottrina ha una funzione, perlopi, esplicativa o descrittiva del diritto, nella realt del costituzionalismo, si determina il dover essere del diritto positivo e, di conseguenza, il ruolo prescrittivo della dottrina. In funzione di questo ruolo, si aprono alla dottrina orizzonti nuovi circa la possibilit di far emergere, ad esempio, le antinomie generate dallincoerenza tra livelli normativi. Antinomie che lo stesso Ferrajoli riconosce essere inevitabili, quasi fossero fisiologiche di un siffatto ordinamento. Ed proprio
L. Ferrajoli, Lo Stato di diritto fra passato e futuro, pag. 355, in Lo Stato di diritto, AA.VV. a cura di P. Costa e D. Zolo, Feltrinelli, Milano, 2003.
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nella critica costruttiva e progettuale, compiuta attraverso la proposizione di soluzioni normative da parte della dottrina, che si compie il ruolo pi alto di questa. Un ruolo politico, date le sue conseguenze, che contribuisce, orientando le interpretazioni in senso costituzionale, a quella funzione nomofilattica a cui ho fatto cenno, in relazione al ruolo della giurisdizione. La cultura giuridica assume, cos, una responsabilit civile e politica nei confronti del proprio oggetto in funzione del proprio compito di perseguirne, tramite operazioni interpretative o giurisdizionali o legislative, linterna coerenza e completezza ossia leffettivit dei principi costituzionali.54 Analizzando pi in dettaglio, da un punto di vista teorico, il concetto di Costituzione elaborato da Ferrajoli, possibile fornire una definizione strutturale, relativa alla posizione apicale che la Costituzione riveste tra le fonti del diritto di un ordinamento, e una definizione assiologica, relativa a ci che concretamente la Costituzione esprime. Dal primo punto di vista, la Costituzione lo statuto di unistituzione politica che ha come atto istitutivo latto costituente, [] e che consiste nellinsieme delle norme sulla produzione, sia formali che sostanziali, da questo medesimo atto stabilito55. Tale definizione non concerne i contenuti normativi dellordinamento, limitandosi, bens, a determinare in astratto, le famose regole del gioco che possono essere pi o meno democratiche, ovvero possono non esserlo affatto. In questo senso, una definizione utile unicamente a determinare quali siano, in un dato ordinamento, le norme minime di riconoscimento dellordinamento stesso. , quindi, attraverso la definizione assiologica di Costituzione, nella quale vengono stipulati i contenuti delle norme di riconoscimento56, che se ne determina il carattere democratico. Per Ferrajoli, le norme di riconoscimento che consentono di predicare la democraticit di una Costituzione sono: la rappresentanza politica, la divisione e la separazione dei poteri istituiti dalle sue norme formali, nonch lautodeterminazione delle situazioni disponibili della sfera privata. Egli individua, inoltre, una ragione sociale della Costituzione democratica, che identifica nella garanzia dei diritti di libert e dei diritti sociali stipulati come vitali dalle sue norme sostanziali57. Solo cos, il mutamento di paradigma comportato dal costituzionalismo, si riflette nella
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L. Ferrajoli, op. cit. pag. 356. L. Ferrajoli, Principia Iuris, Teoria del diritto e della democrazia, Vol. I, Laterza, Bari, 2007, pag. 891. 56 Ibidem, pag. 892 57 L. Ferrajoli, op. cit. pag. 894.

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dimensione sostanziale, oltre che formale, della democrazia, attraverso la costituzionalizzazione dei diritti fondamentali. Con lespressione, diritti fondamentali, sintendono tutti quei diritti soggettivi che spettano universalmente a tutti gli esseri umani in quanto dotati dello status di persone, o di cittadini, o di persone capaci dagire58. Ferrajoli intende, con diritto soggettivo, qualunque aspettativa positiva (a prestazioni) o negativa (a non lesioni) ascritta ad un soggetto da una norma giuridica, e per status la condizione di un soggetto prevista anchessa da una norma giuridica positiva quale presupposto della sua idoneit ad essere titolare di situazioni giuridiche e/o autore degli atti che ne sono esercizio59. Questa definizione identifica i diritti fondamentali da un punto di vista eminentemente teorico, cio contrario a pragmatico, in quanto non fa alcun riferimento a norme di ordinamenti concreti e storicamente contingenti. Tra i diritti fondamentali, possibile operare delle distinzioni in base a differenti criteri. Il primo, individuabile nella stessa definizione formale di diritti fondamentali, risiede nel presupposto della titolarit di tali diritti. Lo status, che sia di persona o di cittadino o altro, di per s, per la funzione che svolge [ovvero di separare in classi dei soggetti in base allappartenenza o meno a tale status], un criterio discriminatorio. , tuttavia, il criterio utile a distinguere diritti della personalit, riconosciuti a tutti in quanto appartenenti al genere umano, e diritti di cittadinanza, attribuibili unicamente ai cittadini. Sulla base del criterio della capacit di agire, possibile generare un altro tipo di distinzione: quella tra diritti primari [o sostanziali] e diritti secondari [o strumentali]. I primi rientrano tra i diritti della personalit, poich sono anchessi attribuiti a tutti, i secondi spettano unicamente ai capaci di agire. Mettendo a sistema queste due distinzioni, Ferrajoli identifica quattro classi di diritti fondamentali: i diritti umani, ovvero quei diritti che le costituzioni tendono a riconoscere universalmente agli uomini, come, ad esempio, il diritto alla vita e allintegrit della persona, vale a dire diritti e libert che si sono affermati nella tradizione liberale; i diritti pubblici, anchessi di tipo primario spettanti, per, ai soli cittadini, che nella nostra Costituzione sono, ad esempio, il diritto di residenza e circolazione nel territorio nazionale, il diritto di riunione e di associazione; i diritti civili, che sono diritti secondari attribuibili unicamente ai capaci di agire [cittadini e
58 59

L. Ferrajoli, Diritti Fondamentali, Un dibattito teorico, a cura di E. Vitale, Laterza, Bari, 2008. Ibidem, pag. 5.

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non], tra i quali si possono citare, ad esempio, la potest negoziale, la libert contrattuale, [] il diritto di agire in giudizio e, in generale tutti i diritti potestativi nei quali si manifesta lautonomia privata60; per concludere, i diritti politici, che dal punto di vista dellattribuzione, sono i pi esclusivi, in quanto appartengono soltanto ai cittadini capaci di agire. Tra questi ultimi, si possono citare: il diritto di elettorato, sia attivo sia passivo, il diritto di accedere ai pubblici uffici, o, pi in generale, tutti i diritti potestativi nei quali si manifesta lautonomia politica e sui quali si fonda la rappresentanza e la democrazia politica61. Sulla base della definizione stipulativa di diritti fondamentali, Ferrajoli elabora quattro tesi rilevanti per la teoria della democrazia sostanziale. Mi limiter, qui, a descrivere brevemente le prime tre, mentre mi occuper, nel prossimo paragrafo, di unanalisi pi dettagliata della quarta tesi, riguardante il rapporto tra diritti fondamentali e rispettive garanzie. Ferrajoli sostiene, nella sua prima tesi, lesistenza di una radicale differenza di struttura tra i diritti fondamentali e i diritti patrimoniali62. Effettivamente, la nostra cultura giuridica ha sempre confuso le due tipologie di diritti, nella nozione di diritto soggettivo63. La causa di questa confusione ricondotta allequivoco generatosi, nellambito del pensiero liberale, attorno al diritto di propriet. Autori, come Locke e Marshall, intesero questo diritto in modo ambivalente, sia come diritto di divenire proprietario e di disporre dei propri diritti di propriet, sia come concreto diritto di propriet su questo o quel bene64. Ferrajoli riconduce la potest di disporre del diritto di propriet, alla classe dei diritti civili, in quanto dipendenti dalla capacit giuridica e dalla capacit di agire del soggetto proprietario. Ci che differenzia questo genere di diritti, da quelli patrimoniali sono una serie di differenze strutturali. Tali differenze attengono, ad esempio, al conferimento ex lege, solitamente costituzionale, oppure allindisponibilit di questi da parte del soggetto titolare ma, soprattutto, da parte dellautorit statale, in quanto diritti, che integrano quella sfera

L. Ferrajoli, op. cit. pag. 8. Ibidem, pag. 8. 62 .Ibidem, pag. 10. 63 Sul concetto di diritto soggettivo, oggetto di annose dispute, cfr. M. Jori A. Pintore, Manuale di teoria generale del diritto, Giappichelli, Torino, 1995; A. Ross, T-T, Harvard Law Review, 70 (1957); H. Kelsen, Lineamenti di dottrina pura del diritto, Einaudi, Torino, 2000. 64 Ibidem, pag. 13.
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dellindecidibile65 sottratta, appunto, ai poteri dello Stato. La distinzione che Ferrajoli opera tra diritti fondamentali e diritti patrimoniali, assume particolare valore in relazione alla critica che egli muove a Kelsen e alla sua teoria relativa alle garanzie66. La seconda la tesi che ho, in parte, esposto in questo paragrafo, vale a dire che i diritti fondamentali [] formano il fondamento e il parametro delluguaglianza giuridica e perci sono fondamento anche della dimensione sostanziale della democrazia, pregiudiziale rispetto alla sua stessa dimensione politica o formale fondata invece sui poteri della maggioranza67. Ritengo utile, ai fini del presente percorso, soffermarmi ulteriormente sul ruolo dei diritti fondamentali, sia per rilevarne le ascendenze teoriche, che Ferrajoli ascrive alla filosofia contrattualistica, sia per insistere sul condizionamento che questi diritti operano, nei confronti della rappresentanza politica. Le Carte costituzionali possono essere intese come contratti sociali in forma scritta e positiva68. I caratteri dei diritti fondamentali, affermati nella tesi precedente [universalit, indisponibilit, inviolabilit ecc..], derivano storicamente dallimposizione di una volont generata dal basso che, attraverso i movimenti rivoluzionari, limita i poteri della parte contraente. Ci avviene sia in senso politico, dacch il consenso della maggioranza diviene necessario a legittimare il potere, sia in senso sostanziale, poich la violazione dei diritti, pattuiti come fondamentali, da parte dei pubblici poteri, determina una violazione delle condizioni contrattuali oggetto di stipulazione, fino a rendere legittimo un diritto di resistenza al potere illegittimo69. Lultima tesi, a cui intendo qui accennare, riguarda lodierna natura sovranazionale di gran parte dei diritti fondamentali.70 Tra le promesse non mantenute del costituzionalismo71, questa , forse, in assoluto, la pi disattesa. Come stabilito nella definizione
65 66

di

Ferrajoli,

alcuni

diritti

sono

sanciti

dalle

costituzioni

Espressione spesso utilizzata da Ferrajoli. Cfr. prossimo paragrafo. 67 Ibidem, pag. 10. 68 Ibidem, pag.21 69 Formulazioni del diritto di resistenza sono rinvenibili nelle opere di Locke [Secondo trattato] e di Rousseau [Il contratto sociale], nonch in molte costituzioni settecentesche: nellart. 3 della Dichiarazione dei diritti della Virginia del 1786, nellart. 2 della Dichiarazione francese del 1789 e nellart. 3 della Costituzione francese del 24/6/1793. 70 Ibidem, pag.10 71 Cfr. L. Ferrajoli, Diritti fondamentali e democrazia costituzionale, in Analisi e diritto 2002-2003, a cura di P. Comanducci e R. Guastini, G. Giappichelli Editore, Torino, 2004.

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indipendentemente dallo status di cittadino. Inoltre, la loro affermazione da parte di convenzioni e trattati internazionali genera, come se fosse un aggiornamento dei termini contrattuali, una sovrapposizione di limiti esterni ai poteri statali. Il quasi totale fallimento, rispetto allambizione di uneffettiva democrazia internazionale72, addebitabile alla scarsa efficacia con cui questo genere di diritti sono promossi e protetti. Il che conduce a riflettere sul necessario ruolo delle garanzie giurisdizionali nel contesto di un ordinamento democratico.

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L. Ferrajoli, Diritti fondamentali e democrazia costituzionale, in op. cit., pag. 335.

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2.3 Ruolo delle garanzie costituzionali


La quarta tesi di Ferrajoli, in materia di diritti fondamentali, riguarda il rapporto tra questi e le relative garanzie. opinione comune, presso larga parte della dottrina, quella secondo cui, un diritto, per essere tale, deve anche essere garantito. Hans Kelsen, a proposito, afferma: avere un diritto significa avere la capacit giuridica di partecipare alla creazione di una norma individuale, di quella norma individuale ad opera della quale viene ordinata una sanzione contro un individuo che secondo la pronuncia di un tribunale ha commesso lillecito, ha violato il suo dovere73 . Attraverso anche questa tesi, secondo cui il diritto soggettivo necessariamente sidentifica con le garanzie per esso previste, si giustifica il rilievo critico di coloro che ritengono addirittura inesistenti, ad esempio, tutti quei diritti di carta74 che i trattati internazionali consacrano, pur nellassenza di tribunali che infliggano sanzioni in conseguenza delle loro violazioni75. Ferrajoli distingue il diritto soggettivo, nella duplice declinazione, positiva [aspettativa di prestazioni] e negativa [aspettativa di non lesione]. Riguardo alle garanzie, invertendo i termini classificatori di Kelsen76, queste vengono, a loro volta, suddivise in primarie e secondarie. Le prime rappresentano gli obblighi e i divieti derivanti dallo stesso diritto soggettivo; esse corrispondono, appunto, alle aspettative positive e negative di cui titolare lavente diritto. Le seconde, sono gli strumenti giurisdizionali, che possono essere attivati per sanzionare o riparare il danno causato dalla violazione della garanzia primaria. Come anticipato, Kelsen tende a ridurre il diritto soggettivo allobbligo giuridico. Pi esattamente, la riduzione compiuta verso due ordini di obblighi, che corrispondono alle due classi di garanzie stipulate da Ferrajoli. Per Kelsen non vi nessun diritto per qualcuno, senza un dovere giuridico per qualcun altro77, in altre parole, si
H. Kelsen, Teoria generale del diritto e dello Stato, Cambridge, 1945, trad. it. a cura di S. Cotta e G. Treves, Milano, 2000, pagg. 86-87. 74 Espressione di R. Guastini per definire i diritti non garantiti. Cfr. Diritti, in Analisi e diritto 1994. Ricerche di giurisprudenza analitica, Giappichelli, Torino 1994, pagg. 168 e 170. 75 la tesi sostenuta da R. Guastini, Tre problemi di definizione, in Diritti Fondamentali cit., pagg. 4348, e da D. Zolo, Libert, propriet ed uguaglianza nella teoria dei diritti fondamentali, ivi, pagg. 49-55. Si veda la replica di Ferrajoli ivi, pagg. 156-171. 76 Kelsen definisce garanzie primarie le norme sanzionatorie e secondarie le norme che prevedono lillecito, in parte coincidenti con quegli obblighi o divieti che Ferrajoli classifica tra le garanzie primarie. 77 H. Kelsen, op. cit., pag. 76.
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riduce il diritto a quei doveri che Ferrajoli include tra le garanzie primarie. ancora Kelsen ad affermare che il diritto soggettivo [] deve consistere non gi nellinteresse presunto, ma nella protezione giuridica78, identificando cos, il diritto con le garanzie secondarie classificate da Ferrajoli. Questultimo, nel rifiutare un simile appiattimento, si rif allinsegnamento dello stesso Kelsen, e, in particolare, alla teoria nomodinamica degli ordinamenti di diritto positivo. Infatti, in un sistema di tipo nomodinamico, qual , ad esempio, un ordinamento costituzionale di diritto positivo, il rapporto tra le norme non di tipo deduttivo. In questo genere di ordinamenti, domina il principio secondo cui auctoritas non veritas facit legem. In relazione alle garanzie, questo principio nega la possibilit che queste siano meramente deducibili da altre norme e, daltro canto, impone la necessit di distinguere diritti e garanzie. I diritti fondamentali sono stabiliti da regole teticodeontiche, aventi limmediato effetto di generare unaspettativa. In questo caso sostiene Ferrajoli - lesistenza delle relative garanzie [] non affatto scontata, dipendendo dalla loro espressa stipulazione ad opera di norme di diritto positivo ben distinte da quelle che ascrivono i diritti79. solamente la legge, la cui autorit deriva dal livello legislativo costituzionale, a determinare quali diritti debbano essere garantiti, e in che modo. Pu cos accadere, come ammette Ferrajoli, che di fatto non esista lobbligo o il divieto correlativo a un diritto soggettivo e, pi ancora, che non esista lobbligo di applicare la sanzione in caso di violazione degli uni o dellaltro80. In sostanza, si ammette la possibilit che i livelli normativi di un ordinamento complesso, a causa di antinomie e lacune, non siano reciprocamente adeguati al fine di soddisfarne gli scopi concreti. Credo che il contributo maggiormente innovativo, attribuibile a Ferrajoli, contributo che peraltro costituisce la divaricazione pi evidente rispetto al pensiero di Kelsen, stia nellelaborazione di una teoria non solo descrittiva dellordinamento giuridico, ma anche prescrittiva. Se si attribuisce alla dottrina quel ruolo insieme critico e programmatico nei confronti del diritto esistente, si pone lopportunit di andare oltre una mera descrizione del dato reale. Questa teoria, oltre ad evidenziarsi per completezza, si pone lo scopo di diminuire il divario tra lessere, antinomico e
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H. Kelsen, op. cit., pag. 81. L. Ferrajoli, op. cit., pag. 30. 80 L. Ferrajoli, Diritti fondamentali, op. cit., pag. 29.

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lacunoso, e il dover essere del diritto positivo, com stabilito dalle carte costituzionali. Lorizzonte programmatico non pu che essere rappresentato dal dettato costituzionale, la cui rigidit il connotato strutturale che contribuisce a caratterizzarne il ruolo normativo nei confronti di tutte le altre leggi. Le costituzioni, stabilendo quelle aspettative universali, che sono, appunto, i diritti fondamentali, generano due ordini di garanzie: sia in senso negativo, statuendo linviolabilit e linderogabilit di tali aspettative [garanzie negative], sia positivamente nel senso della loro attuazione [garanzie positive]. Concretamente, le garanzie negative si sostanziano in divieti nei confronti del legislatore e possono essere distinte, a loro volta, in primarie e secondarie. Con garanzia negativa primaria, Ferrajoli intende il divieto della produzione di norme di legge che violino o deroghino a norme costituzionali81. Questo genere di garanzie costituisce limiti alla potest legislativa, limiti che possono essere pi o meno rigorosi e pi o meno espliciti. Il rigore di questi limiti dipende dal livello di rigidit previsto per la norma costituzionale. La Costituzione italiana sancisce, ad esempio, che La forma repubblicana non pu essere oggetto di revisione costituzionale.82. Orbene, questo limite , innanzi tutto, un limite esplicito, che precisa ci che sottratto alla decisione del legislatore, ed inoltre esempio di assoluta staticit, in quanto, nemmeno il procedimento aggravato di revisione costituzionale pu essere utilizzato per sovvertire la forma repubblicana prevista dalla norma. Lo stesso livello di rigidit previsto, nella nostra Costituzione, rispetto ai diritti fondamentali che essa dichiara; si tratta di limiti impliciti, in quanto non espressamente dichiarati immodificabili. Tuttavia, a conferma di questo loro carattere, si pu portare, ad esempio, la sentenza costituzionale n. 1146/1988, che prescrive limpossibilit di sottoporre a revisione costituzionale i principi supremi dellordinamento ed i "diritti inalienabili della persona umana". Completano la classe delle garanzie costituzionali negative, le garanzie negative secondarie, che consistono nel controllo giurisdizionale di costituzionalit. Nei diversi ordinamenti costituzionali, sono state previste diverse modalit di controllo:

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L.Ferrajoli, Le garanzie costituzionali dei diritti fondamntali, in Teoria politica, Franco Angeli Edizioni, fascicolo I, 2007. 82 Articolo 139, Costituzione della Repubblica Italiana.

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quello diffuso, affermatosi, ad esempio, negli Stati Uniti, consiste nella disapplicazione da parte del giudice, della norma supposta incostituzionale. Per effetto della disapplicazione, la norma resta in vigore, pur nella sua illegittimit. Ma leffetto vincolante, che la pronuncia giurisdizionale esprime sulle decisioni future, impedisce che tale norma venga efficacemente applicata nei successivi casi concreti. Il modello di controllo accentrato, che riguarda lItalia e molti altri paesi europei, fu introdotto da Kelsen nella Costituzione austriaca del 1920. Esso consiste nel controllo ad opera di una Corte Costituzionale, la quale viene investita della questione di legittimit dal giudice che, nel corso di un giudizio, ritenga rilevante e non manifestamente infondata la questione sulla costituzionalit di una norma che sia chiamato ad applicare al caso concreto. Per quanto riguarda le garanzie positive, queste consistono nellobbligo, in capo al legislatore, di varare una legislazione che renda effettivi i diritti fondamentali, ovvero, di introdurre nel campo del diritto positivo le garanzie primarie e secondarie relative a tali diritti. Si tratta, in sostanza, di ridurre quel divario che intercorre tra i differenti livelli legislativi, colmando, attraverso garanzie primarie e secondarie, le lacune che non consentono la piena effettivit dei princpi stabiliti dalle costituzioni. Queste garanzie, allinterno del sistema democratico configurato da Ferrajoli, rivestono un ruolo fondamentale a servizio della democraticit del sistema stesso.

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3. Condizioni della rappresentanza politica in Italia.

Se si considera il quadro complessivo che un regime politico, considerato come democrazia, presenta in realt e se si considera questa realt con lideologia democratica della libert, sorprender, dapprima, come siffatta tensione fra ideologia e realt possa, a lungo andare, mantenersi.83

3.1 Aporie della concezione ideale di democrazia: la crisi della rappresentanza politica.
Come per Ferrajoli esistono delle aporie, che generano una discrepanza tra la concezione formale di democrazia e la sua attuazione pratica, cos per Kelsen, esiste un ideale di democrazia, che ben lungi dal potersi realizzare. La democrazia scrive Kelsen - implica lassenza di capi84. Questa massima, che presuppone un rapporto didentit tra governanti e governati, si riferisce a un modello solamente ideale di democrazia. Tale modello, fondato sulla totale autonomia delle decisioni, non ha mai avuto luogo se non in modo approssimativo. Si ricordi, a tal proposito, la rassegnazione che Jean-Jaques Rousseau esprime nel suo Contratto Sociale, rispetto alla possibilit che la sovranit popolare e, dunque, la volont generale possano essere rappresentate.

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H. Kelsen, Essenza e valore della democrazia (1929), trad. it. di Giorgio Melloni, La democrazia, Il Mulino, Bologna, 2010, pag. 127. 84 H. Kelsen, op. cit., pag. 128.

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Kelsen, presupponendo limpossibilit realizzativa di una vera democrazia, tende a porre laccento sulla portata, prettamente ideologica, che i princpi della democrazia politica assumono; su tutti, il principio della sovranit popolare. Egli, con un certo disincanto, ammette il divario, incolmabile, che separa lideale democratico di una libera collettivit senza capi, dalla democrazia reale, composta, invece, da un gran numero di essi. La rappresentanza politica85 consiste in quella classe di strumenti, utilizzata al fine di approssimare le scelte, espressione del potere politico, alla sovrana volont popolare. Essa costituisce, inoltre, uno dei concetti cardine, attorno al quale riflettere, per valutare le reali possibilit che la democrazia ha di compiersi. A tal proposito, viene evidenziato da Kelsen il carattere puramente convenzionale che questo tipo di rappresentanza assume. Lo strumento dellelezione, contrapposto alla nomina, propria degli ordinamenti autarchici, si basa sullidentificazione fittizia degli elettori con gli eletti86. Lelezione ha lo scopo di creare un organo, soggetto di potere, posto in condizione di superiorit nei confronti degli elettori. Il risultato , per forza di cose, una scissione tra la volont dellelettore e quella dellorgano eletto87, in quanto questultima in grado di imporsi, sottomettendo lelettorato che lha generata. La funzione di questa ideologia di nascondere la situazione reale, di mantenere l'illusione che il legislatore sia il popolo nonostante il fatto che, in realt, la funzione del popolo o, formulata pi esattamente del corpo elettorale sia limitata alla creazione dell'organo legislativo88. Supporre lidentit, tra la volont degli elettori e quella degli eletti, ha quindi lo scopo di mantenere la finzione della libert89, vale a dire che la volont statale si sia liberamente generata sulla base della volont popolare. Tuttavia, su questa finzione, si regge la regola che, meglio di ogni altra, considerata in grado di fondare, in senso democratico, il potere di governo. O, come sostiene Ferrajoli, questa la sola regola

Cfr. cap. 1, par. 3, pag. 14. H.Kelsen, op. cit., pag. 133. 87 Concordemente a quanto afferma Rousseau, lidentificazione che si vorrebbe supporre tra le due volont risulta essere unimpossibilit logica. Jean-Jacques Rousseau, Du contrat social, 1762, trad. it., Del contratto sociale, lib. III, cap. XV, in Id., Opere, a cura di R. Mondolfo, Sansoni, Firenze, 1972, pag. 322: La sovranit non pu essere rappresentata, per la stessa ragione che non pu essere alienata; essa consiste essenzialmente nella volont generale, e la volont non si rappresenta: o essa stessa, ovvero unaltra; non c via di mezzo. 88 H. Kelsen, Teoria generale del diritto e dello Stato, Milano, 1980, pag. 295. 89 H. Kelsen, op. cit., pag. 133.
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che rende possibile il funzionamento, secondo il principio di maggioranza, degli organi rappresentativi.90 Anche Ferrajoli contribuisce a smascherare il carattere ideologico di cui si connotano gli istituti rappresentativi. Oltre allideologia politica denunciata da Kelsen che conduce allidentificazione fittizia tra popolo e legislatore, Ferrajoli evidenzia la fallacia ideologica secondo cui il carattere democratico di un governo di per s sufficiente a garantire il bene comune. Questa credenza, risalente a Rousseau91, si fonda sullerronea convinzione che, essendo lo Stato democratico espressione della volont popolare, sia, per ci, sufficiente a realizzare il bene comune. Per scardinare questa illusione, pu essere utile soffermarsi sulla critica, che Ferrajoli compie, riguardo allidea di volont popolare che, assieme a quella di bene comune, formano uno dei luoghi comuni pi radicati e resistenti della filosofia politica e dellopinione corrente92. Avendo riguardo al carattere pluralistico dei moderni Stati democratici, si pu affermare che una volont unitaria, non solo non , come dice Rousseau, rappresentabile, ma nemmeno esiste. Esistono, piuttosto, vari gruppi dinteressi, spesso confliggenti, che, al fine di emergere e condizionare le scelte di carattere pubblico, impiegano gli strumenti di cui la democrazia dispone. Ferrajoli, con buona dose di pragmatismo, respinge luso ideologico della rappresentanza, servente a una concezione populista della politica. Coerentemente allinsegnamento di Kelsen, la rappresentanza risulta, quindi, essere una convenzione, attraverso cui lelettorato delega, non tanto la propria volont, bens una funzione, precisamente, la funzione di assumere decisioni per il governo dello Stato. La rappresentanza politica, cos concepita, presenta, dunque, limiti e criticit che sono, in qualche modo, intrinsechi o strutturali. Essi corrispondono, in sostanza, a quel divario tra ideale democratico e realt, che abbiamo convenuto, essere incolmabile. Osservando la realt attuale degli Stati democratici, possibile rinvenire, inoltre, dei fenomeni degenerativi, in grado di minare alla base la democraticit degli ordinamenti, comportandone una regressione in senso autoritario. Si tratta, in
L. Ferrajoli, Principia iuris, Teoria del diritto e della democrazia, vol. II, Laterza, Bari, 2007, pag. 167. 91 Jean-Jaques Rousseau, Del contratto sociale cit., lib. II, cap. III, pag. 290: la volont generale sempre retta e tende sempre allutilit pubblica. 92 L. Ferrajoli, op. cit., vol. 2, pag. 168.
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particolar modo, della personalizzazione della rappresentanza nel capo di governo e del rapporto anomalo che lega gli interessi privati a quelli pubblici. Il primo fenomeno tende a riassumere, aggravandole, tutte quelle fallacie che la critica di Kelsen e, successivamente, di Ferrajoli hanno messo in luce. Lidea che un capo, per il tramite della maggioranza che rappresenta, possa incarnare una volont unitaria, che si convenuto essere una finzione politica, costituisce il coronamento di una visione populista della rappresentanza politica. Questo fenomeno, comune a molte democrazie occidentali, quali, ad esempio, Stati Uniti, Francia, Spagna, Italia, Gran Bretagna, favorito dalla diffusione del modello presidenzialista che, accompagnato allimpiego di sistemi elettorali di tipo maggioritario, ha lo scopo di assicurare una maggiore stabilit agli esecutivi di governo. Daltro canto, ci ha leffetto di sminuire il ruolo dei parlamenti, e non di meno, di generare nellelettorato una visione mistificata della democrazia politica, con tutte le gravi conseguenze che ci comporta. La sacralit attribuita al capo, attraverso il consenso popolare, conduce allidea che la maggioranza sia, in qualche modo, onnipotente. Ci comporta la svalutazione, se non il netto rifiuto di quel sistema di vincoli e controlli di cui la democrazia dotata al fine di prevenire svolte in senso autoritario. Come sostiene Ferrajoli: Questa idea chiaramente la negazione del paradigma della democrazia costituzionale93, o, se si vuole, una riabilitazione del governo degli uomini migliori, contrapposto al governo delle leggi94, dei diritti fondamentali e delle relative garanzie. Questa assolutizzazione della rappresentanza nei confronti del capo pericolosamente connessa alla crescente confusione che interessa potere pubblico e privato. Il potere economico, in particolare, allinterno di una concezione estremamente liberista del mercato, tende anchesso a una sorta di assolutizzazione, con la conseguente avversione nei confronti dei limiti al potere imprenditoriale. La convergenza di questi fenomeni ed il loro condizionamento reciproco, che sfocia in episodi di corruzione, come avr modo di illustrare circa la situazione italiana, costituiscono una gravissima minaccia per i princpi fondamentali della democrazia e dello Stato di diritto. Sullo sfondo dellinvoluzione del senso democratico, causata anche da questi fenomeni, si colloca la crisi in cui versa il sistema dei partiti politici. Organismi che,
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L. Ferrajoli, op. cit., vol. 2, pag. 175. Cfr. cap. 1, par. 1, riguardo la disputa tra Aristotele e Platone.

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storicamente, avevano il ruolo di organizzare e mediare la rappresentanza politica, offrendosi come luoghi di partecipazione alla vita politica. Ad oggi, il dato reale consiste nella perdita della dimensione popolare di questi, nel loro sempre pi scarso radicamento sul territorio, o, riassumendo, nella crescente separazione dei partiti dalle loro basi sociali95. Sebbene tutti i fenomeni citati siano rinvenibili in gran parte delle democrazie occidentali, ritengo che la situazione italiana si possa distinguere, in negativo, per le proporzioni patologiche che questi hanno assunto, in particolare, negli ultimi ventanni.

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L. Ferrajoli, op. cit., vol. 2, pag. 172.

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3.2 Il Decostituzionalismo.
Sul tema della discrepanza tra essere e dover essere della democrazia, ho sin qui mostrato come questo sia, in qualche misura, fisiologico. Avendo riguardo dellattuale realt politica italiana, possibile compiere unanalisi di tale divario che, in particolar modo negli ultimi ventanni, ha assunto proporzioni, che riterrei lecito definire patologiche. Il termine decostituzionalizzazione, utilizzato a tal proposito da Ferrajoli, fa riferimento alla deriva che ha caratterizzato, in questo periodo, il sistema politico italiano. Trattasi di un fenomeno complesso, le cui cause e i cui effetti si riflettono su diversi livelli. Anzitutto sul piano politico e istituzionale, ove un eccessivo populismo ha condotto a una chiara e decisa svalutazione di quei sistemi di controllo e garanzia, che caratterizzano lo Stato costituzionale di diritto. Da questo punto di vista, le fallacie ideologiche, riguardanti la rappresentanza, hanno assunto forme tanto estreme e violente, da distorcere i princpi fondamentali della democrazia politica. Questi fattori di crisi, generatisi dallalto delle istituzioni politiche, si accompagnano, nel processo decostituente, ad una crisi dal basso, sul piano socioculturale. Come si vedr, le mistificazioni reiterate da parte della classe politica si sono riverberate sulle coscienze di larga parte della popolazione, dando luogo a una svalutazione, nel senso comune, dei valori democratici e costituzionali. Ferrajoli attribuisce la crisi dallalto della democrazia italiana a quattro fattori che mi appresto ad analizzare. Il primo di questi la verticalizzazione della rappresentanza nella figura del capo di governo, fenomeno analizzato nel precedente paragrafo96, e favorito, in Italia, dallattuale legge elettorale n.270 del 2005. Questa legge, oggetto, attualmente, di un fumoso dibattito politico per la sua sostituzione, fu introdotta dal penultimo governo di centro-destra, e presenta tre caratteristiche tali da alterare loggetto stesso della rappresentanza. Essa, infatti, prevede un ingente premio di maggioranza97 per la coalizione che raggiunge la semplice maggioranza relativa. Ci avverrebbe al fine di consentire una maggiore stabilit alla forza di governo. Ma, nella realt, oltre ad alimentare lidea di onnipotenza della maggioranza, favorisce alleanze sancite, non tanto da affinit ideali o programmatiche, quanto dalla convenienza o dal puro tornaconto politico. Il secondo elemento di questa legge, in
Cfr. cap. 3, par. 1. Che consiste in un minimo di trecentoquaranta seggi sui seicento trenta disponibili alla Camera dei deputati.
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grado di distorcere il paradigma rappresentativo, consiste in unelevata soglia di sbarramento, tale per cui, i partiti di minoranza, seppur di una certa consistenza, non sono minimamente rappresentati in Parlamento, con buona pace del pluralismo politico. La terza caratteristica, che, per le ragioni che seguono, sancisce la riduzione dei partiti a comitati elettorali dei leader98, consiste nelladozione dello strumento delle liste bloccate. Attraverso questo sistema, allelettore negata la possibilit di esprimere una qualsivoglia preferenza per un candidato, dovendo, egli, limitarsi a preferire una delle liste prestabilite dai partiti. Ci comporta che i rappresentanti rappresentano oggi, ben pi che gli elettori, coloro che li hanno nominati e dai quali dipendono99. Questa legge espressione evidente di quellideologia populista denunciata da Kelsen, che conduce a negare la separazione tra rappresentati e rappresentanti, ovvero, tra Stato e societ. Il secondo fattore di crisi dallalto riguarda la negazione della separazione tra sfera pubblica e sfera privata. Il fenomeno, che nel nostro Paese ha raggiunto proporzioni straordinarie, consiste nel rapporto, sempre pi stretto, che lega potere politico ed economico, generando, dunque, pericolosi conflitti dinteresse. Sono conflitti in grado di condizionare i pubblici poteri a favore dinteressi privati, che, spesso, si traducono in fenomeni di corruzione100. In questa commistione, in qualche modo endemica in tutte le attuali democrazie, linformazione mediatica riveste un ruolo fondamentale nella costruzione del consenso politico. A rendere, purtroppo, eccezionale lesperienza italiana il superamento del semplice conflitto dinteressi che, in un caso particolare, quello dellex Presidente del Consiglio, si configura come una sovrapposizione non mediata di interessi101. Tale fenomeno si tradotto in una diretta gestione politica dei propri interessi personali102, avvenuta, anche, attraverso lapprovazione di leggi ad personam. In tutti questi casi, si assistito alla prevaricazione degli interessi particolari sugli interessi generali, che pure Bobbio

L. Ferrajoli, Poteri selvaggi, La crisi della democrazia italiana, Laterza, Bari, 2011, pag. 23. Ibidem, pag. 22. 100 LItalia, nel rapporto pubblicato pubblicato l1 dicembre 2011 a cura di Trasparency International [http://www.transparency.it], occupa il 69 posto, subito dietro al Ghana, per livello di percezione del fenomeno corruttivo. 101 Cfr. L. Ferrajoli, Il berlusconismo e lappropriazione della sfera pubblica. Un nuovo caso italiano, in Democrazia e diritto, 2003, n. 1, pagg. 21-34. 102 L. Ferrajoli, Poteri selvaggi cit., pag. 30.
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denunciava [sebbene non avessero raggiunto proporzioni paragonabili a quelle odierne], come una delle promesse non mantenute della democrazia103. Il terzo fattore di crisi, indicato da Ferrajoli e strettamente connesso al precedente, riguarda la pressoch totale assenza di strumenti, volti a garantire una sostanziale indipendenza dellinformazione. Sebbene larticolo 21 della Costituzione consacri linformazione ad interesse generale, questo fondamentale elemento della vita pubblica e democratica risulta, nella realt, subordinato a dinamiche politiche ed economiche. Ci accade poich larga parte degli strumenti mediatici di propriet e, dunque, assoggettata al controllo ed alle direttive di soggetti politici. Anche in questo caso, si assiste ad un insidioso conflitto dinteressi, data la convergenza e la sovrapposizione di potere politico e imprenditoriale. Ferrajoli fa notare il legame biunivoco e degenerativo di questi poteri, funzionale al vicendevole rafforzamento degli stessi: da un lato i conflitti di interessi, e in particolare il controllo dei media, valgono a conquistare e a rafforzare il consenso elettorale; dallaltro il consenso maggioritario viene a sua volta invocato per legittimare i conflitti di interessi [] e per delegittimare qualunque vincolo o critica proveniente da soggetti non elettivi104. Del resto, , proprio attraverso questa logica perversa, che si cercato di mettere in discussione la separazione e lindipendenza dei poteri che fonda la democrazia. Lultimo fattore di crisi e dissoluzione della rappresentanza, evidenziato da Ferrajoli, dato dalla confusione tra forze politiche e istituzioni pubbliche. Questa espressione tende a riassumere la crisi che ha interessato e, tuttora interessa, il sistema italiano dei partiti politici. Le libere associazioni, cui tutti i cittadini hanno il diritto di aderire per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale105, hanno finito per identificarsi con le istituzioni, negando la fondamentale distinzione tra rappresentanti e rappresentati. Ci si , poco a poco, verificato attraverso fenomeni corruttivi della pubblica amministrazione, in combinazione ad una vera e propria lottizzazione degli apparati statali. Questo sistema emerse con chiarezza durante la stagione di Mani Pulite, ma, di fatto, non fu mai debellato. Anzi, isolandosi dalle proprie basi sociali, i partiti si sono tramutati in organismi autoreferenziali di gestione del potere, senza alcuna garanzia di democraticit. A tal proposito, il meccanismo
Sulla rivincita della rappresentanza degli interessi, cfr. N. Bobbio, Il futuro della democrazia. Una difesa delle regole del gioco, Einaudi, Torino, 1995, pagg. 11-13. 104 L. Ferrajoli, Poteri selvaggi cit., pag. 32. 105 Art. 49 Cost.
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delle liste bloccate, previsto dallattuale legge elettorale, ha favorito quel rapporto clientelare e anti-rappresentativo che lega il capo di partito ai propri funzionari. Si genera, pertanto, un ulteriore conflitto di interessi in capo ai rappresentanti, le cui nomine ed i relativi privilegi, finiscono per dipendere dalla fedelt che sono in grado di mostrare verso i diktat del partito. A completamento del concetto di decostituzionalizzazione, Ferrajoli indica altri quattro fattori di crisi della rappresentanza, in qualche misura correlati e dipendenti da quelli appena esposti, ma osservabili dal lato dei rappresentati. Come insegna la storia recente dei totalitarismi, la societ pu essere largamente modellata dalla politica, qualora difettino le garanzie dei diritti fondamentali e, in particolare, il pluralismo e lindipendenza dellinformazione106. Questo esattamente ci che accaduto alla societ italiana e che Ferrajoli sintetizza nei seguenti quattro fattori. Il primo fattore, oggetto di analisi, si compone di due fenomeni convergenti. Per un verso si tratta dellomologazione del consenso, fenomeno correlato alla

verticalizzazione della rappresentanza nella figura del capo. Per altro verso si assiste alla denigrazione del diverso, lato sensu. La combinazione di questi fenomeni un dato preoccupante, la cui logica ricorda, spaventosamente, il motto o con noi o contro di noi, utilizzato da Benito Mussolini ai tempi del Fascismo. Per quanto lesempio possa apparire estremo, lideologia populista, che caratterizza lattualit, si regge sulla volont di generare, al costo della diffamazione e della menzogna, dei nemici del popolo107. Questa logica equivale, per via di metafora, ad uno stampo calato sulla societ, che da luogo a due possibili posizioni: di amicizia o dinimicizia108 verso il potere. I nemici, alloccorrenza, vengono inventati ad arte, cavalcando i timori pi comuni, al fine di attribuir loro le colpe degli insuccessi politici. Questo atteggiamento funzionale a distogliere lopinione pubblica dalle reali responsabilit della classe dirigente. Paradigmatica, in tal senso, lesperienza offerta dalla Lega Nord. Questo partito ha, storicamente, costruito il proprio consenso sulla contrapposizione, spesso violenta, tra nord e sud del Paese, oppure, attribuendo alla presenza di stranieri la mancanza di lavoro, piuttosto che laumento della

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L. Ferrajoli, op. cit., pag. 41. Espressione risalente a Stalin, utilizzata per squalificare chiunque fosse in disaccordo con lui. 108 Cfr. G. Azzariti, Critica della democrazia identitaria. Lo stato costituzionale schmittiano e la crisi del parlamentarismo, Laterza, Roma-Bari, 2008.

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criminalit109. Questa cultura, divenuta dominante, grazie al contributo decisivo dellinformazione mediatica, ha prodotto delle vere e proprie aberrazioni normative. Ferrajoli, a questo proposito cita quella che forse la legge pi indegna della storia della Repubblica110, la legge n. 94 del 2009, che sancisce il cosiddetto reato di clandestinit. La fattispecie che lo concreta consiste in un semplice status, oggetto di punizione la condizione di un soggetto. Di aberrazione si tratta, dal momento che questa norma vola il basilare principio di diritto penale, secondo il quale un reato pu consistere unicamente in un azione od omissione111. Queste politiche, fondate sullinduzione di paure irrazionali, ottengono, paradossalmente, obiettivi contrari a quelli oggetto di propaganda; pi che incrementare le condizioni di sicurezza, si alimenta la criminalit, attraverso la marginalizzazione dei soggetti pi deboli. Gli effetti sullopinione pubblica sono devastanti, in quanto viene minato il rapporto di solidariet tradizionale che dovrebbe accomunare le fasce pi deboli della popolazione, generando, quindi, una sorta di guerra tra poveri. Nel secondo fattore di crisi dal basso della rappresentanza politica, si riflette, in modo abbastanza limpido, il conflitto dinteressi rinvenibile ai vertici dello Stato. Com stato osservato sopra, linteresse pubblico costantemente sacrificato a beneficio dellinteresse particolare. Cos accade che, anche nellopinione pubblica, il parametro per valutare una proposta politica consiste, sempre pi spesso, nellinteresse personale e privato. Questo fenomeno, che , in parte, conseguenza del fattore critico, analizzato poco sopra, si traduce in una sempre pi ampia indifferenza verso la sfera pubblica o, detto altrimenti, in un crollo del senso civico. Mediante questanalisi, possibile dare una spiegazione, seppur parziale, della spoliticizzazione che caratterizza gran parte dellelettorato e si manifesta nellastensionismo,

nellantipolitica e nel qualunquismo. Anche rispetto a questo fattore degenerativo, linformazione o, per meglio dire, la disinformazione gioca un ruolo chiave nel promuovere il disinteresse per il bene pubblico, stimolando, al contrario, tutti i possibili egoismi antisociali.

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Per questo preciso fenomeno, il magistrato francese Denis Salas, ha coniato la definizione populismo penale, indicandolo come una malattia della democrazia. Cfr. D. Salas, La volont de punir, Essai sur le populisme pnal, Hachette, Paris 2005. 110 L. Ferrajoli, op. cit., pag. 44. 111 Cfr. art. 40 cp.

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Il dispotismo vede nellisolamento degli uomini la garanzia pi certa della propria durata, e in generale mette ogni cura nel tenerli separati. Non c vizio del cuore umano che gli sia gradito quanto legoismo Definisce spiriti turbolenti ed inquieti coloro che pretendono di unire i loro sforzi per creare la prosperit comune e, mutando il senso naturale delle parole, chiama buoni cittadini coloro che si chiudono strettamente in s stessi 112. Anche nella crisi della partecipazione dei cittadini alla politica, terzo fattore di crisi dal basso, possibile rilevare la convergenza con uno dei fattori di dissoluzione della rappresentanza, proveniente dallalto, ovvero, con la crescente scissione dei partiti politici dalle proprie basi sociali. Laccesso dei giovani alla politica, riflette la logica, illustrata poco fa, dellinteresse particolare. Sempre pi spesso, infatti, il mestiere del politico di professione genera unattrattiva che dipende pi dallo status di privilegiato che dallimportanza del ruolo sociale che assume. Questo fatto tende ad innescare un degradante circolo vizioso, per il cui tramite, si verifica un abbassamento della qualit non solo professionale, ma anche morale e intellettuale dellintera classe politica113. La credibilit dei cittadini nei confronti dei partiti , attualmente, ai minimi storici. Il rapporto tra essi totalmente snaturato, data la riduzione degli uni a spettatori o, al massimo, a tifosi degli altri, ridotti, a loro volta, ad amministratori di cariche e privilegi. Un siffatto contesto ha offerto terreno fertile per la recente ascesa di un movimento politico che, rifiutando logiche e strutture partitiche, si propone di catalizzare quel malcontento qualunquista che riguarda, appunto, i partiti. Si tratta del tentativo di combattere il populismo radicato di cui ho trattato, con un populismo differente, ma non meno foriero dinsidie per le sorti della democrazia. Esiste una quarta anomalia italiana, che risulta fatale nellopera di ottundimento della coscienza civile, nonch, dunque, nel modellare la societ in senso illiberale e antidemocratico. Come ho gi accennato, linformazione oggetto passivo di controllo da parte del potere politico ed , a questultimo, funzionale a fabbricarne il consenso. La manipolazione dellinformazione giunge, in modo estremamente grave, a manomettere alcuni diritti e libert fondamentali della vita democratica. Ritengo che il voto politico possa essere considerato tale solo se costituisce lespressione di una
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A. de Toqueville, De la Dmocratie en Amrique [1840], trad. it., La democrazia in America, in Id. Scritti politici, vol. II, Lib. II, parte II, cap. IV, a cura di N. Matteucci, Utet, Torino 1969, pag. 593. 113 L. Ferrajoli, op. cit., pag. 53.

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volont informata sulla cosa pubblica. Dal momento che, la disinformazione ottiene leffetto di alterare la realt attorno alle questioni pubbliche, lo stesso diritto di voto, base della rappresentanza democratica, risulta svilito o, addirittura, privato del proprio senso profondo. Lultimo articolo della Costituzione francese dellanno III, affidava la stessa, alla vigilanza dei padri di famiglia, alle spose e alle madri, allaffetto dei giovani cittadini, al coraggio di tutti i Francesi. Lutilizzo strumentale dellinformazione, messo in atto dal potere proprietario e dal potere politico tende, dunque, a neutralizzare le possibilit di critica e controllo dei cittadini. Nel paragrafo conclusivo, discuter alcuni dei rimedi, proposti da Ferrajoli, che consentirebbero di contrastare, se non di invertire, il processo decostituente.

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3.3 Conclusioni.
Le analisi compiute sulle condizioni della rappresentanza politica, in Italia, restituiscono la triste immagine di una democrazia svuotata della propria sostanza, un contenitore quasi vuoto. Tutti i fattori di crisi illustrati operano in sinergia, allo scopo di occultare pressoch tutti quei valori e princpi che, progressivamente, hanno dato forma e sostanza allo Stato di diritto costituzionale. Coerentemente allimpianto teorico, elaborato a questo riguardo da Luigi Ferrajoli, i rimedi auspicabili vanno nella direzione di una maggiore garanzia di diritti e libert fondamentali. lui stesso a suggerire una serie di rimedi che, sul piano giuridico, avrebbero leffetto di contrastare la deriva della politica italiana, riaffermando il ruolo centrale della Costituzione. Nellottica di un riequilibrio del rapporto tra rappresentati e rappresentanti, pare, anzi tutto, necessario provvedere alla sostituzione dellattuale legge elettorale. Questa legge, come si osservato, produce delle considerevoli storture sugli esiti delle elezioni politiche. Ad esempio, in base a un intricato meccanismo, la fiducia espressa per una coalizione, dal 20% degli elettori, potrebbe, virtualmente, consentire ad essa di ottenere addirittura il 55% dei seggi alla Camera dei deputati. Si ricordi, inoltre, lelevata soglia di sbarramento che, attualmente, esclude dal Parlamento forze politiche, anche considerevoli. Ferrajoli fa notare unulteriore caratteristica di questa legge, tale da favorire uninvoluzione sul piano della cultura democratica. Nelle schede elettorali, per sua espressa disposizione, quasi ogni lista contrassegnata dal nome del capo della coalizione. In tal modo, si alimenta quelluso demagogico della rappresentanza tendente allidentificazione del capo con una supposta volont generale. Sarebbe auspicabile, inoltre, che la nuova legge elettorale reintroducesse il metodo proporzionale, ritenuto, rispetto al maggioritario, meglio in grado di rappresentare leterogeneit dideali e dinteressi che compongono la societ. A supporto di questopinione, Kelsen afferma: il sistema proporzionale la maggiore approssimazione possibile allideale dellautodeterminazione in una democrazia rappresentativa e, quindi, il tipo pi democratico di sistema elettorale114. Attualmente, il bipolarismo che domina il contesto politico tende a negare la realt di
114

H. Kelsen, Essenza e valore della democrazia (1929), trad. it. di Giorgio Melloni, La democrazia, Il

Mulino, Bologna, 2010, pag. 371.

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una societ complessa, operando un totale ribaltamento della logica rappresentativa democratica. possibile cogliere il senso di questa critica, riflettendo sul concetto di autodeterminazione, contenuto nel passo di Kelsen. I partiti dovrebbero, in questo senso, essere la diretta espressione dinteressi che si determinano in modo autonomo in una libera societ. Il ribaltamento di questa logica, perfettamente visibile allinterno dellattuale sistema, consiste in una vera e propria eterodeterminazione della volont, calata dallalto, che conduce allomologazione del consenso, sulla base dellantitesi amico/nemico, cui ho fatto cenno in precedenza. Ritengo, dunque, che il modello proporzionale sia preferibile, anche in funzione di stimolo alle forze politiche, per una riscoperta del proprio ruolo di mediazione. La democrazia pu quindi esistere soltanto se gli individui si raggruppano secondo le loro affinit politiche, allo scopo di indirizzare la volont generale verso i loro fini politici, cosicch fra lindividuo e lo Stato, si inseriscono quelle formazioni collettive che, come partiti politici, riassumono le uguali volont dei singoli individui115. Queste parole di Kelsen, oltre a riaffermare il ruolo centrale e necessario dei partiti, nei sistemi rappresentativi, insistono su quel ruolo associativo e di mediazione che, in Italia, andrebbe ristabilito. Allo stato attuale, si assiste a una clamorosa sfiducia verso lo strumento dei partiti, da parte di un elettorato sempre pi spoliticizzato. Del resto, gli esorbitanti e, spesso, ingiustificati costi della politica, combinati al susseguirsi di scandali che hanno per oggetto lutilizzo a fini deplorevoli delle risorse pubbliche, non hanno altro effetto che alimentare lavversione dei cittadini verso la politica, latamente intesa. In questo contesto, opportuno tener conto di unulteriore anomalia: lastringente crisi, che interessa leconomia europea, ha costretto lItalia, data linadeguatezza del precedente governo, a dotarsi di un governo cosiddetto tecnico. Un governo non eletto che, tuttavia, ha ricevuto dal Parlamento una fiducia abbastanza trasversale. Questa anomalia, a dire il vero, ne contiene altre che meriterebbero analisi pi approfondite di quelle che ritengo di potermi permettere in questa sede. Ad esempio, mi pare, quanto meno, unipocrisia ridurre a mera tecnica le misure fatte approvare da questo governo. Misure che sono politiche ad ogni effetto, in quanto esprimono una precisa linea politica ma, soprattutto, in quanto incidono direttamente sulla vita pubblica. Ad una sorta di cessione di sovranit da parte del

115

H. Kelsen, op. cit., pag. 63.

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nostro Parlamento, dettata dagli standard economico-finanziari imposti dallUE, si accompagna una cessione di responsabilit116 da parte dei partiti nei confronti dei tecnici, rispetto alle misure assunte. Lunica via che pare percorribile, al fine di ristabilire quel rapporto di mediazione tra societ e partiti, una sostanziale riforma in senso democratico di questi ultimi. Ferrajoli, a questo proposito, suggerisce di subordinare laccesso al finanziamento pubblico, ad una serie di garanzie di democraticit interna ai partiti. Questo accorgimento, di per s insufficiente, andrebbe combinato alla predisposizione di un articolato sistema di incompatibilit. Al fine di scardinare lidentit tra politica e istituzioni che, come detto, d luogo ad insidiosi conflitti dinteresse, viene suggerito di imporre lincompatibilit tra cariche di partito e cariche pubbliche elettive, onde impedire linteresse personale dei titolari delle prime ad autoeleggersi quali titolari nelle seconde117. Il ruolo di mediazione dovrebbe, appunto, consistere

nellinterposizione di soggetti collettivi tra Stato e societ. Dalla suddetta regola sarebbe possibile trarre notevoli benefici, in termini di indipendenza, sia per gli stessi partiti, sia per i titolari di cariche elettive. I primi avrebbero la possibilit di riscoprire il proprio ruolo sociale di aggregazione, di sintesi di interessi. Daltra parte, i rappresentanti, sottoposti ad un controllo diretto dal basso, avrebbero tutto linteresse ad operare scelte, il pi possibile coerenti alle linee politiche, generatesi in seno alla propria base. Sempre al fine di assicurare lindipendenza di sfere in conflitto, non solo potenziale mi riferisco alla confusione che occorre tra poteri pubblici e privati pare necessario un intervento normativo in grado di rafforzare e rendere, quindi, effettivi i sistemi di incompatibilit, gi previsti nel nostro ordinamento. Larticolo 10 della legge elettorale numero 361 del 1957, tuttora vigente, dispone lineleggibilit di coloro che in proprio o in qualit di rappresentanti legali di societ o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entit economica. Esiste, dunque, una garanzia primaria, la cui ineffettivit dipende dallassenza di garanzie di tipo secondario118. Uninterpretazione scrupolosa della norma citata, infatti, non consentirebbe a molti degli attuali rappresentanti di
116 117

Si legga pure irresponsabilit.ineleggibilit di L. Ferrajoli, op. cit., pag. 68. 118 Cfr. cap. 2, par. 3.

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accedere al Parlamento. Lanomalia va attribuita al fatto che i deputati del controllo sulla legittimit degli eletti sono gli stessi parlamentari. Questi, organizzati in apposite Commissioni parlamentari, vengono investiti da un ulteriore conflitto dinteressi. Sarebbe, dunque, opportuno garantire lindipendenza degli stessi controllori, attraverso listituzione di autorit indipendenti, in grado di operare un controllo esterno, sul modello, ad esempio, del Tribunal Electoral del Poder Judicial dellInstituto Federal Electoral, istituiti in Messico nel 1996. Le prime elezioni successive, tenutesi nel 2000, hanno messo fine allera politica del Partito rivoluzionario istituzionale in carica dal 1929, e dato via a una fase di transizione verso un sistema interamente democratico. La questione della separazione e dellindipendenza, tra interesse pubblico e privato, assume una particolare rilevanza, relativamente al settore dellinformazione. Oltre a riaffermare la necessit che il potere dinformare sia nettamente separato dal potere politico, a favore della sua indipendenza e pluralit, si ritiene utile un intervento finalizzato a impedirne la concentrazione in oligopoli. Il divieto di sfruttamento abusivo di posizione dominante119, previsto nei confronti delle comuni attivit imprenditoriali, andrebbe esteso e reso effettivo, a maggior ragione, dato il ruolo pubblico che riveste, allindustria dellinformazione. La libert dinformazione, nel duplice senso attivo e passivo, ovvero, di fornire informazioni e di essere correttamente informati, un diritto fondamentale protetto dalla Costituzione120. , dunque, inaccettabile, per uno Stato democratico, che questa sia subordinata al potere proprietario, espressione di un diritto patrimoniale. Il potere imprenditoriale dei media, al fine di garantire un prodotto libero e indipendente, necessita, anzi tutto, di essere sottoposto a vincoli e limiti di natura legale, com, del resto, opportuno per tutti i poteri che si esprimono in una democrazia. Concretamente, si auspica listituzione di autorit di garanzia [dunque, garanzie di tipo secondario] elette dagli stessi addetti ai lavori ed estranee al potere politico. Oltre ad impedire concentrazioni pi o meno occulte, tali autorit avrebbero il ruolo di vigilare sullautonomia delle redazioni, impedendo indebite ingerenze da parte della propriet, sulle scelte informative dettate dalla deontologia professionale.

119 120

Cfr. art. 82 del Trattato della Comunit Europea. Cfr. art. 21 Cost.

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In conclusione, possibile affermare che una rappresentanza politica distorta, com quella che risulta dalle analisi approntate, rappresenta una costante minaccia per la tenuta democratica di uno Stato. Valutando questa teoria alla luce della realt italiana, possibile rinvenire nella Costituzione, largine fondamentale che, nonostante i numerosi attacchi subiti, ha impedito ulteriori degenerazioni in senso autoritario. Ci avvenuto grazie al complesso sistema di vincoli, limiti e garanzie che dipendono dai diritti fondamentali ivi affermati. Tali diritti, come detto, integrano la sostanza dello Stato democratico, ed , dunque, di vitale importanza assicurarne unadeguata protezione dalle manomissioni delle maggioranze. A questo proposito, Ferrajoli suggerisce unazione di tipo conservativo, volta a rafforzare la rigidit costituzionale. Egli propone di riformare in tre direzioni lattuale articolo 138: in primo luogo, elevando la maggioranza qualificata necessaria a qualunque revisione; sottraendo tutti i princpi supremi dellordinamento al medesimo potere, consentendone modifiche unicamente in senso estensivo; limitando il potere di revisione relativo a parti rilevanti e complesse della Costituzione, rispetto alle quali, sarebbe possibile unicamente la modifica di singole norme. Per ristabilire equilibri effettivamente democratici, in una societ cos gravemente plasmata dalla deriva populista, una strenua difesa della Costituzione non pare sufficiente. Occorre promuovere in tutte le sedi pubbliche, una cultura costituzionale, tale da consentire la riscoperta, nel senso comune, di quei valori e princpi tramandati dai Padri Costituenti. Ci deve realizzarsi mediante interventi volti a colmare quel vuoto patologico che si generato tra essere e dover essere della democrazia Costituzionale. Interventi da attuare non solo sul piano giuridico, apprestando garanzie, ove queste siano manchevoli, ma anche e soprattutto sul piano culturale. In un duplice senso: nel senso che il nesso tra democrazia e Costituzione un fatto culturale, e nel senso, pi generale, che lo sviluppo della cultura un fattore essenziale della costruzione della democrazia121.

121

L. Ferrajoli, op. cit., pag. 85.

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