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LEDUCAZIONE DELLA RAGAZZA

Gi agli inizi della Repubblica, le figlie apprendevano a cucinare, a filare e a tessere. La figlia di una famiglia agiata era affidata alle cure di una nutrice greca che le raccontava le prime favole in lingua greca. La ragazza doveva imparare a dipingere, a cantare, a danzare e a suonare alcuni strumenti. Se la famiglia non aveva precettore, a 6 anni la fanciulla veniva mandata a scuola per imparare a leggere e a scrivere. Verso i 10 anni il padre o il tutore le sceglievano il futuro sposo, a volte anche con laiuto di un sensale di matrimoni. Il futuro sposo regalava alla fidanzata un anello di fidanzamento doro o di ferro su cui aveva fatto incidere due mani che si stringevano. Il matrimonio avveniva alcuni anni dopo. Quando questo veniva celebrato religiosamente, la futura sposa portava sul capo un velo arancione sormontato da una corona di fiori darancio. Dopo aver firmato il contratto di matrimonio, una matrona la conduceva dal suo sposo. Anche presso i Romani, come presso i Greci, la sposa superava la soglia della casa fra le braccia del marito. Alla fine della Repubblica il divorzio divenne un fatto assai comune; non era difficile vedere uomini o donne che si sposavano quattro o cinque volte. Cesare si spos quattro volte; Cicerone divorzi da sua moglie per sposare unereditiera pi giovane della figlia Tullia. Sua moglie per non si disper a lungo e si rispos per ben due volte.

VESTI E ORNAMENTI FEMMINILI


Anche le donne usavano la tunica, pi lunga di quella maschile; su di essa indossano la "stola" che la veste caratteristica della matrona romana, cos come la toga il costume nazionale degli uomini. La differenza consisteva nei tessuti impiegati e nella variet dei colori. La stola era una sopravveste molto ampia che scendeva sino ai piedi, stretta in vita da una cintura, chiusa sul petto da una fibbia, oppure sulle spalle da bottoni ornati di pietre preziose; nella parte inferiore la stola era ornata da una striscia di porpora o da una balza ricamata in oro. Per uscire in pubblico, nei primi secoli dellet repubblicana le matrone usavano gettare sulla stola un grande mantello quadrato: la "palla" che copre entrambe le spalle. In pubblico la donna talvolta si copre la testa con un lembo della palla. Le donne amano soprattutto le stoffe fini e leggere, come la seta che rappresenta il massimo delleleganza e della raffinatezza. Alla lana ed al lino vanno sostituendosi nellet imperiale i tessuti misti: lana e cotone; cotone e lino, cotone e seta. Nei primi secoli della Repubblica, il lusso eccessivo delle vesti e degli ornamenti era severamente vietato dai Censori, ma con le grandi conquiste si oper una profonda trasformazione materiale e morale nella vita e nei costumi dei cittadini; la ricchezza ed il lusso ebbero un enorme incremento, e nessuno rispettava pi le leggi che ogni tanto venivano emanate dal Senato per limitare le spese del vestiario, dei banchetti e degli ornamenti. Patrizi e grossi borghesi facevano a gara nel coprire di ornamenti preziosi le mogli e le figlie ed ostentare davanti a tutta la citt la loro ricchezza ed il loro sfarzo. La variet degli ornamenti femminili enorme: vi sono diademi di metallo prezioso, nastri ornati di gemme che si inseriscono tra i capelli; spille e fibbie in oro e argento; anelli con pietre preziose che si portano non solo alle dita delle mani, ma anche a quelle dei piedi o intorno alla caviglia; braccialetti in oro massiccio; collane di perle e pendenti in smeraldo che adornano il collo ed il petto. Fra gli orecchini sono di gran moda i "crotalia" e cio dei pendenti doppi che hanno allestremit una perla e, quando la donna cammina, producono un piacevole tintinnio. Le romane erano talmente indaffarate nella cura della loro bellezza da sottoporsi a terribili, torture estetiche. Le raffinate matrone conoscevano la pratica della depilazione; cos nulla di superfluo doveva trovarsi sotto le ascelle o sulle gambe di una donna. Per togliere lantiestetica peluria si adoperava il psilothrum e il dropax, un composto di pece greca, resina, cere e sostanze caustiche, disciolto nellolio. Ma cerano pure le pinzette, chiamate volsellae, per lo pi di metallo, a

volte anche doro e dargento, di misure e fogge diverse. Per la pulizia dei denti si usava un dentifricium a base di soda e bicarbonato di sodio. Prima del trucco, bisognava ricorrere a delle efficaci maschere di bellezza. Era credenza diffusa che le migliori fossero quelle ottenute con composti organici: corna dei cervi, escrementi del pennuto alcione, la placenta, lo sterco e lurina degli animali, sapientemente mescolati ad olio, grasso doca, succo di basilico, semi di origano, biancospino, zolfo, miele ed aceto. Unalternativa pi profumata era a base vegetale: si trattava di un preparato composto da miele, incenso, acanto, legno di cipresso e leccio, melone ed unalga rossa. Una volta purificata la pelle, si poteva procedere al maquillage. Per avere una candida carnagione si stendeva della biacca mista a miele ed altre sostanze grasse, mentre per un roseo colorito si mescolava un po di terra rossa. Si creavano anche degli straordinari effetti iridescenti, stendendo sul viso dei minuti brillantini, ottenuti dalla triturazione di un cristallo. Dalla malachite e dalla azzurrite si ricavavano sgargianti ombretti verdi e color indaco. Ma il vero tocco di classe era un piccolo neo nero, disegnato sulla guancia.

LEDUCAZIONE DEL RAGAZZO


Nove giorni dopo la nascita, il padre dava al figlio un nome, poi gli poneva al collo un piccolo amuleto doro o di bronzo o di cuoio, chiamato bulla e destinato a scacciare il " malocchio"; il ragazzi lo conservava fino alla maggior et. I passatempi pi comuni erano: il gioco a mosca cieca, la trottola, il cavallo di legno, i trampoli. Un padre ricco poteva servirsi di un liberto o comperare uno schiavo colto perch facesse da precettore al figlio; altrimenti a sette anni il ragazzo veniva mandato a scuola. Le lezioni cominciavano piuttosto presto. Il povero portava da se stesso il sacco con le tavolette incerate; il ricco invece, si faceva accompagnare da uno schiavo che gli portava i libri. Le lezioni duravano sei ore, con una pausa per la colazione a mezzogiorno. Per cinque anni lallievo imparava a leggere a fare di conto con laiuto di un abbaco. Labbaco pi semplice era costituito da una scatola di sabbia con dischi metallici mobili. Gli abbachi pi complicati, o pallottolieri, erano composti o di asticelle sulle quali si facevano scorrere alcune palline di legno colorate. Linsegnante stava seduto su una sedia, mentre gli allievi sedevano su panche e tenevano sulle ginocchia le tavolette per scrivere, che pi tardi furono chiamate codicilli da codex, che era il libro dei conti. Incidevano le lettere sulla cera mediante una cannuccia appuntita di ferro chiamata stylum (da cui e derivata la parola "stilografica"). A dodici anni il ragazzo iniziava lo studio, a casa o a scuola, della letteratura sotto la guida di un grammatico, generalmente greco, dellAsia o di Egitto. Gli allievi dovevano imparare a parlare, leggere e scrivere il greco correttamente come il latino. Nei primi tempi della Repubblica, il ragazzo diventava ufficialmente uomo a 17 anni. Deponeva allora la "bulla" e la toga praetexta con un fregio rosso, per indossare la toga tutta bianca o toga virilis. Ormai era un cittadino che doveva prestare servizio nellesercito. Verso la fine della Repubblica e sotto lImpero, il ragazzo poteva a volte indossare la toga virilis gia a 14 anni senza per questo dover servire nellesercito. Dopo aver rivestito la toga virile, il giovane studiava la filosofia e loratoria e si recava anche allestero: ad Atene, Alessandria e Rodi. Pi tardi, il giovane pot ricevere questa formazione "universitaria" anche nel suo paese, poich gli imperatori favorirono listruzione superiore fondando nuove scuole e distribuendo borse di studio agli studenti poveri.

LABBIGLIAMENTO MASCHILE
Su di una specie di camicia di lino, il romano infila la "tunica" tenuta stretta intorno al corpo da una cintura piuttosto bassa sui fianchi. Ornamento pi comune della tunica una striscia di porpora che serve a determinare lordine o la classe sociale cui si appartiene: quella dei senatori molto larga,

pi ridotta quella dei cavalieri. Vi poi la tunica "palmata" adorna di splendidi ricami che indossano i generali vincitori durante il trionfo. 'La toga' costituisce il costume nazionale e distintivo dei romani: un manto di lana bianca pesante. Alle origini doveva essere una specie di coperta di forma quadrata che si gettava semplicemente sulle spalle; poi, con il passare del tempo, fu tagliato in modo da permettere un drappeggio meno rudimentale. Nellet di Augusto di moda una toga molto ampia tagliata a forma di ellisse, lasciando libero il braccio destro. Poich la toga poco pratica, i Romani cercarono di limitarne luso alle situazioni in cui era strettamente indispensabile e, con il passare del tempo, soprattutto nellet imperiale, il cittadini romani cominciano ad usare il "pallium", pi corto, meno ampio e che non impaccia i movimenti. Quando il romano indossa la toga o esce in pubblico, porta i "calcei", stivaletti alti fin quasi al polpaccio che coprono interamente il piede; neri sono i calcei dei senatori, rossi quelli dei patrizi. Lunico ornamento che gli uomini usano sono gli anelli, persino parecchi allo stesso dito.

BARBA E CAPELLI
Nei tempi antichissimi, i Romani si lasciavano crescere liberamente barba e capelli, ma sotto linfluenza del mondo greco, si diffuse tra i Romani la consuetudine di tagliarsi i capelli e radersi le guance. Soltanto in segno di lutto o in occasioni di sventure che colpivano la citt, i cittadini tralasciavano per qualche tempo di tagliarsi capelli e barba. Quello del barbiere era un mestiere assai redditizio; la bottega di un barbiere, dallalba fino alle prime ore del pomeriggio, era un continuo via vai di gente: chi si sedeva sulle panche che circondavano la bottega, chi si rimirava negli specchi appesi al muro, chi si fermava ad oziare, a pettegolare, a raccontare le ultime novit. Allinterno avvolto in un accappatoio di mussola o di lino, oppure protetto da un asciugamano intorno al collo, sta il cliente di turno seduto su di uno sgabello. Chi non aveva il tempo di far lunghe sedute dal barbiere poteva ricorrere ad un altro sistema: si faceva strofinare la faccia con uno dei tanti unguenti depilatori a base di resina e di pece, oppure di grasso dasino o fiele di capra, o sangue di pipistrello, bava di rana, polvere di vipera si faceva ricorso alle pinzette per strappare i peli ribelli. I giovani che si accingevano a tagliare la barba per la prima volta, aspettavano che la barba diventasse bella folta, e, quando si sottoponevano allopera del barbiere, lavvenimento veniva festeggiato in modo solenne, assumendo il carattere di una cerimonia sacra: la barba deposta in una pisside doro, di vetro, o in un semplice vaso, veniva offerta agli dei; in casa del giovane si faceva gran festa e si invitavano gli amici. Il barbiere aveva anche il compito di tagliare o arricciare i capelli; la grande maggioranza dei romani usava portarli n troppo lunghi, n troppo corti; la gente di campagna e gli schiavi di fatica si facevano rasare; gli schiavi di lusso ed i giovinetti liberi portavano lunghi capelli ondulati sulle spalle.

CIBI E BEVANDE
Due erano i pasti principali dei romani antichi: il prandium e la cena. Anche dopo poco il risveglio si mangiava qualcosa, generalmente pane, frutta secca e formaggio, ma questa prima colazione non era di tutti. Cera chi beveva soltanto una ciotola di latte. I cibi fondamentali erano ottenuti dai cereali e dai vegetali, per quanto riguarda la popolazione in generale, che faceva poco uso di carne se non in particolari occasioni. La base della nutrizione era una pappa di cereali bolliti , farro o miglio o semola. Frequente era anche luso di pane bollito insieme ai vegetali. Chi poteva permetterselo, aggiungeva a questa pappa uova, formaggio o miele, ottenendo, cosi, la cosiddetta puls punica. Col nome di polenta si indicava lorzo bollito. Se tale orzo bollito veniva allungato con miele e un po dacqua si otteneva la tisana, una bevanda rinfrescante.

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