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Gi agli inizi della Repubblica, le figlie apprendevano a cucinare, a filare e a tessere. La figlia di una famiglia agiata era affidata alle cure di una nutrice greca che le raccontava le prime favole in lingua greca. La ragazza doveva imparare a dipingere, a cantare, a danzare e a suonare alcuni strumenti. Se la famiglia non aveva precettore, a 6 anni la fanciulla veniva mandata a scuola per imparare a leggere e a scrivere. Verso i 10 anni il padre o il tutore le sceglievano il futuro sposo, a volte anche con laiuto di un sensale di matrimoni. Il futuro sposo regalava alla fidanzata un anello di fidanzamento doro o di ferro su cui aveva fatto incidere due mani che si stringevano. Il matrimonio avveniva alcuni anni dopo. Quando questo veniva celebrato religiosamente, la futura sposa portava sul capo un velo arancione sormontato da una corona di fiori darancio. Dopo aver firmato il contratto di matrimonio, una matrona la conduceva dal suo sposo. Anche presso i Romani, come presso i Greci, la sposa superava la soglia della casa fra le braccia del marito. Alla fine della Repubblica il divorzio divenne un fatto assai comune; non era difficile vedere uomini o donne che si sposavano quattro o cinque volte. Cesare si spos quattro volte; Cicerone divorzi da sua moglie per sposare unereditiera pi giovane della figlia Tullia. Sua moglie per non si disper a lungo e si rispos per ben due volte.
volte anche doro e dargento, di misure e fogge diverse. Per la pulizia dei denti si usava un dentifricium a base di soda e bicarbonato di sodio. Prima del trucco, bisognava ricorrere a delle efficaci maschere di bellezza. Era credenza diffusa che le migliori fossero quelle ottenute con composti organici: corna dei cervi, escrementi del pennuto alcione, la placenta, lo sterco e lurina degli animali, sapientemente mescolati ad olio, grasso doca, succo di basilico, semi di origano, biancospino, zolfo, miele ed aceto. Unalternativa pi profumata era a base vegetale: si trattava di un preparato composto da miele, incenso, acanto, legno di cipresso e leccio, melone ed unalga rossa. Una volta purificata la pelle, si poteva procedere al maquillage. Per avere una candida carnagione si stendeva della biacca mista a miele ed altre sostanze grasse, mentre per un roseo colorito si mescolava un po di terra rossa. Si creavano anche degli straordinari effetti iridescenti, stendendo sul viso dei minuti brillantini, ottenuti dalla triturazione di un cristallo. Dalla malachite e dalla azzurrite si ricavavano sgargianti ombretti verdi e color indaco. Ma il vero tocco di classe era un piccolo neo nero, disegnato sulla guancia.
LABBIGLIAMENTO MASCHILE
Su di una specie di camicia di lino, il romano infila la "tunica" tenuta stretta intorno al corpo da una cintura piuttosto bassa sui fianchi. Ornamento pi comune della tunica una striscia di porpora che serve a determinare lordine o la classe sociale cui si appartiene: quella dei senatori molto larga,
pi ridotta quella dei cavalieri. Vi poi la tunica "palmata" adorna di splendidi ricami che indossano i generali vincitori durante il trionfo. 'La toga' costituisce il costume nazionale e distintivo dei romani: un manto di lana bianca pesante. Alle origini doveva essere una specie di coperta di forma quadrata che si gettava semplicemente sulle spalle; poi, con il passare del tempo, fu tagliato in modo da permettere un drappeggio meno rudimentale. Nellet di Augusto di moda una toga molto ampia tagliata a forma di ellisse, lasciando libero il braccio destro. Poich la toga poco pratica, i Romani cercarono di limitarne luso alle situazioni in cui era strettamente indispensabile e, con il passare del tempo, soprattutto nellet imperiale, il cittadini romani cominciano ad usare il "pallium", pi corto, meno ampio e che non impaccia i movimenti. Quando il romano indossa la toga o esce in pubblico, porta i "calcei", stivaletti alti fin quasi al polpaccio che coprono interamente il piede; neri sono i calcei dei senatori, rossi quelli dei patrizi. Lunico ornamento che gli uomini usano sono gli anelli, persino parecchi allo stesso dito.
BARBA E CAPELLI
Nei tempi antichissimi, i Romani si lasciavano crescere liberamente barba e capelli, ma sotto linfluenza del mondo greco, si diffuse tra i Romani la consuetudine di tagliarsi i capelli e radersi le guance. Soltanto in segno di lutto o in occasioni di sventure che colpivano la citt, i cittadini tralasciavano per qualche tempo di tagliarsi capelli e barba. Quello del barbiere era un mestiere assai redditizio; la bottega di un barbiere, dallalba fino alle prime ore del pomeriggio, era un continuo via vai di gente: chi si sedeva sulle panche che circondavano la bottega, chi si rimirava negli specchi appesi al muro, chi si fermava ad oziare, a pettegolare, a raccontare le ultime novit. Allinterno avvolto in un accappatoio di mussola o di lino, oppure protetto da un asciugamano intorno al collo, sta il cliente di turno seduto su di uno sgabello. Chi non aveva il tempo di far lunghe sedute dal barbiere poteva ricorrere ad un altro sistema: si faceva strofinare la faccia con uno dei tanti unguenti depilatori a base di resina e di pece, oppure di grasso dasino o fiele di capra, o sangue di pipistrello, bava di rana, polvere di vipera si faceva ricorso alle pinzette per strappare i peli ribelli. I giovani che si accingevano a tagliare la barba per la prima volta, aspettavano che la barba diventasse bella folta, e, quando si sottoponevano allopera del barbiere, lavvenimento veniva festeggiato in modo solenne, assumendo il carattere di una cerimonia sacra: la barba deposta in una pisside doro, di vetro, o in un semplice vaso, veniva offerta agli dei; in casa del giovane si faceva gran festa e si invitavano gli amici. Il barbiere aveva anche il compito di tagliare o arricciare i capelli; la grande maggioranza dei romani usava portarli n troppo lunghi, n troppo corti; la gente di campagna e gli schiavi di fatica si facevano rasare; gli schiavi di lusso ed i giovinetti liberi portavano lunghi capelli ondulati sulle spalle.
CIBI E BEVANDE
Due erano i pasti principali dei romani antichi: il prandium e la cena. Anche dopo poco il risveglio si mangiava qualcosa, generalmente pane, frutta secca e formaggio, ma questa prima colazione non era di tutti. Cera chi beveva soltanto una ciotola di latte. I cibi fondamentali erano ottenuti dai cereali e dai vegetali, per quanto riguarda la popolazione in generale, che faceva poco uso di carne se non in particolari occasioni. La base della nutrizione era una pappa di cereali bolliti , farro o miglio o semola. Frequente era anche luso di pane bollito insieme ai vegetali. Chi poteva permetterselo, aggiungeva a questa pappa uova, formaggio o miele, ottenendo, cosi, la cosiddetta puls punica. Col nome di polenta si indicava lorzo bollito. Se tale orzo bollito veniva allungato con miele e un po dacqua si otteneva la tisana, una bevanda rinfrescante.