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[A fine file, vedi commento di SERGIO SABLICH]

BUSONI ARLECCHINO

[A SIPARIO CHIUSO] ARLECCHINO [parlato] N per Dei n fanciulli e quest'azione, sol si rivolge al cuore che l'intende; non ha bisogno d'una spiegazione per che il meglio vi si sottintende. I personaggi della tradizione rivedrete con lor virt e lor mende in un vivace progredir di scene all'antica tagliate e spesso amene. Un uom tradito di sua sorte ignaro, rivali in lotta per un bel visino, un duello cruento ed un somaro che salva poi baracca e burattino, parole argute e qualche detto amaro, l'astuzia e la baldanza d'Arlecchino: del picciol mondo e qui dipinto il volto. Voi mi direte se l'ho bene colto. [Al direttore d'orchestra ] Maestro? ...

PRIMO TEMPO

1. INTRODUZIONE, SCENA E CANZONETTA


A Bergamo: Una strada tortuosa e montuosa nella parte alta della citt. Pi in fondo la strada si biforca a guisa di un Y. Al punto di biforcazione una piazzuola. A sinistra sul davanti la casa di Ser Matteo, un poco pi in s, a destra, una porta con l'insegna d'un'osteria. Il tramonto illumina pittorescamente le finestre degli ultimi piani e i tetti. Davanti alla sua casa Matteo si accomodato un tavolo trasportabile da lavoro. Sta cocendo un mantello; ha davanti a s aperta la Divina Commedia, che legge ad alta voce per bene assaporarne i versi. Da una finestra, proprio sopra il suo capo, guardano furtivamente Arlecchino e la giovine e bella moglie di Ser Matteo. Questi legge gravemente, ma a poco a poco si rasserena, si entusiasma, prorompe in esclamazioni. Il suo modo di esprimersi contrasta col suo manifesto entusiasmo per un che di stanco e di querulo. MATTEO O versi divini che al cor scendete: Questo che mai da me non fa diviso la bocca mi baci tutto tremante. Galeotto fu il libro e chi lo scrisse.

[s'interrompe] V'intendo, v'intendo: simboli siete! Lussuria, lussuria, tu sei il vero Galeotto! T'attende dannazione qui! [picchia col dito sul libro. Alla finestra Arlecchino e la moglie di Matteo si baciano e ridono] Leggendo questi versi mi par d'udir la melodia di un'opera... Oh mio Mozart! La bocca mi baci tutto tremante Dovrebber qui trillare i flauti, sospirar le viole. [ in estasi. Il lavoro gli cade di mano.] ARLECCHINO [alla finestra] Or come far? La porta chiusa e il sarto tien la chiave. Annodare dolce cosa, liberarsi cosa grave. Mio Dio! MATTEO [declama con entusiasmo] Questo che mai da me non fia diviso la bocca mi baci tutto tremante. ARLECCHINO [deciso] Le donne giocano d'astuzia, ma l'uomo ha la sua spada. Addio! MATTEO Incalzan ora i bassi. Galeotto fu il libro... [Arlecchino saltato gi dalla finestra in modo da trovarsi proprio davanti al sarto, al quale chiude il libro esclamando con sfrontatezza] ARLECCHINO Quel giorno pi non vi legemmo avante. Basta per oggi, Ser Matteo. MATTEO Che c'? Donde venite? Cosa cercate? Chi siete? ARLECCHINO Sappiate, Ser Matteo, mentre state mettendo n musica la Divina Commedia, il barbaro s'avvicina alle porte. Fra poco qui e si prende le nostre donne. In un baleno un di quei barbari v'infilza sulla sua lancia. MATTEO [impaurito]: Mio Dio! Voi siete un barbaro?

ARLECCHINO [estraendo la spada di legno] Io sono l'arcangelo Gabriele e uccido il drago. [afferra il sarto] MATTEO Cielo! ARLECCHINO Attento, ors! Io mi fingo il nemico. Viva la Bibbia! Abbasso la genia dei guelfi! Or consegna il bel pugnale. [Inforca le forbici del sarto alla propria cintura]. Attento, Ser Matteo. Barbariche corna taurine gi vedo spuntarvi sul capo. [Infila il mantello sulla spada di legno.] In alto l'insegna della fede! [il sarto cade a terra; la chiave di casa gli esce di tasca]. Vittoria, le chiavi della citt! E caddi come corpo morto cade Cos finisce il canto. Ed ora presto in casa. Attento! I barbari... Non udite? Tap, tap, bum, bum, sangue, peste e stupri. C' poco da scherzare. MATTEO Siete il diavolo? ARLECCHINO Via, io chiudo l'uscio. Pel vostro bene non fate chiasso, entrate, ors! [Ha spinto in casa Matteo che trema di paura. Chiude dietro di lui la porta e intasca la chiave. Ora si avvolge nel mantello conquistato]. Vittoria! Bottino! Un prigioniero! [Baldanzoso, passa a poco a poco con grazia dalla recitazione al canto.] Capricciosa sei, fortuna, secondo il vento che spira. Ma il soldato ti rincorre e aggioga. [Si guarda intorno, e getta un bacio.]

Gi due occhi innamorati stan spiando. Ritorno, cara, tosto a te. La, la, la, la. [Dietro la scena, allontanandosi. Matteo chiude le imposte. Per qualche attimo la scena resta vuota.]

2. DUETTO
[L'Abbate e il dottore entrano conversando.] ABBATE Debbo ancora ringraziarvi... DOTTORE Ma vi pare, di che? ABBATE Che per vostra maestria m'inviate tanta gente anzi tempo al Creatore. DOTTORE Che intendete con ci? ABBATE Sol che usate troppa fretta, non date il tempo per prepararsi al viaggio! DOTTORE [maligno] Gi, gi. Se del vostro mestiere esperto foste quant'io lo sono del mio, ora sareste cardinale a Roma. Invece la porpora vi brilla soltanto in faccia: tendenza a congestione. ABBATE Male assai sono i beni partiti quaggi. Conobbi cardinali degni invero d'esser curati da Voi. DOTTORE Vi trovo un po' sanguigno, per giunta un po' collerico: gravate assai lo stomaco! ABBATE Non vi ho chiesto un consulto. Le vostre tinture, le fiale, le goccie, buon dottore,

certamente non valgono un solo fiasco di Chianti gustato sotto il cielo di Toscana. Toscana! Qual virt, qual vigore infoncle quel vino portentoso. Ride la terra, canta un inno la natura. Mi par di rinascer pi degno, pi felice. Credete a me: in questo vino io sento la presenza del Signore! DOTTORE Vo insegnate che clovunque Iddio. ABBATE No, lo dicono i irati e le clonnette che Dio s'asconde anche in ogni rospo. Che ci sarebbe in voi di divino? DOTTORE Frati e donne son la vostra pi nobile clientela. ABBATE [sottovoce] Obliate i dottori... Le donne poi... DOTTORE [brontolando]: Le donne, le donne... ABBATE Le donne abbelliscono la vita. DOTTORE Chi dice donna dice danno e malanno. ABBATE Son esse la nostra consolazione. DOTTORE Oib! ABBATE [con serena bonariet]: Proprio qui sta la bella moglie di Ser Matteo. Un giovin virgulto cresciuto all'ombra, ma che stende desioso le sue rame al sol di primavera. DOTTORE

Gi, gi! ABBATE [con voce mutata] Guardate! DOTTORE Che cosa c'? ABBATE Son chiuse tutte le imposte. Qui c'e un mistero. [chiama] Ehi, Ser Matteo! ABBATE e DOTTORE Sr Matteo! [Silenzio]. Siete morto? Non ancor notte. Ser Matteo, ol, in nome di Dio! MATTEO [apre cautamente mezza finestra] Chi ? Monsignore? ABBATE S. MATTEO E voi, dottore? DOTTORE S MATTEO Imprudenti, girate per la strada? ABBATE E che ci trovate di strano? DOTTORE Vorrei saperlo anch'io. MATTEO Non sapete che...

3. TERZETTO

SERGIO SABLICH ANALISI DI ARLECCHINO PROLOGO PRIMO


TEMPO

Quanto alla struttura musicale, Busoni si serv di un certo numero di pezzi chiusi raggruppati in varie parti a se stanti per caratterizzare i personaggi e le situazioni sceniche, senza rinunciare a stabilire una sottile e teatrale continuit all'azione. L'atto unico suddiviso in quattro parti o tempi (Busoni usa il termine Satz, proprio della musica strumentale e sinfonica), intitolati rispettivamente. Arlecchino come maschera Arlecchino come guerriero Arlecchino come marito Arlecchino come vincitore. Esso incorniciato da due monologhi, recitati, del protagonista, il quale, nel corso di tutta l'opera, si esprime o parlando o nella forma dello Sprechgesang: nel primo, recitato davanti al sipario e introdotto dalla stessa fanfara che apre il Rond arlecchinesco, Arlecchino espone quasi rapsodicamente il tenue argomento della vicenda, anticipandone dunque all'ascoltatore l'intreccio, e passa poi la mano al direttore d'orchestra per l'attacco della vivace, coloratissima Introduzione (qui si presentano in rapida successione i principali spunti musicali dell'opera); nel secondo, che precede la danza inale con gli sberleffi del vittorioso eroe, Arlecchino riassume invece la morale della favola: se una morale pu darsi, essa dimostra che sa farsi valere solo colui che con le proprie forze seguendo i suggerimenti del cuore e con vigile mente sceglie la via diritta; chi si accontenta, se gli riesce, di restare fedele a se stesso; chi anche in vesti rattoppate serba la sua interezza e non si inchina a nessuno, come ho provato su di me io stesso; non mancando di lanciare, prima di augurare a tutti buona notte, una frecciata ironica ai signori critici d'arte e di giornale, miei giudici benevoli. Fra questi due estremi, dove a parlare l'autore stesso travestito da Arlecchino, la vicenda si svolge in una successione ininterrotta di numeri chiusi, attraverso i quali Busoni sembra quasi voler riassumere tutte le principali forme operistiche, da quelle tradizionali a quelle, a lui particolarmente care, della marcia, della danza, della pantomima cantata. Ad ognuna di esse sono associati non soltanto un determinato tipo di situazione scenica o di personaggio, ma anche una nota specifica, ora caricaturale, ora profondamente seria, ora di semplice immediatezza, ora piena di riferimenti e di ammiccamenti. In altre parole, la forma scelta nasce dal momento in cui si trova l'azione e dallo stato d'animo dei personaggi che vi intervengono, come se di questi fosse una naturale emanazione (di qui la continuit del rivestimento musicale); ma anche oggetto di critica in quanto convenzione, schema preesistente dal quale la musica, sia attraverso la parodia, sia attraverso l'elaborazione dei dati compositivi, tende sempre a distaccarsi e a oggettivarsi. A ci concorrono anzitutto le abbondanti citazioni, dirette o indirette, di cui il lavoro costellato. Ne troviamo alcuni esempi gi nella Scena e Canzonetta che, con l'Introduzione, costituisce il primo numero dell'opera. Allorch Ser Matteo del Sarto (baritono), tutto preso dalla lettura della sua prediletta Divina Commedia mentre intento a cucire davanti alla sua casa (e si tratta nientemeno che del Canto di Paolo e Francesca), si estasia a tal punto da sentir nascere in s un irrefrenabile impulso musicale ed evoca perci il nome del divino Mozart, dall'orchestra zampilla gaiamente un frammento dell'Aria Fin ch'han dal vino del Don Giovanni, sul quale il canto di Ser Matteo, giunto alle parole fatali La bocca mi baci tutto tremante, si distende prima in liriche effusioni e poi in moralistiche chiose letterarie: la musica sottolinea efficacemente questi diversi piani della situazione e dell'indole del personaggio, con un effetto reso ancor pi eloquente, da un punto di

vista teatrale, dalla controazione di Arlecchino impegnato nella conquista della bella Annunziata (personaggio muto), di lui moglie. Un altro caso, questa volta di distacco dall'azione e di commento in termini puramente musicali, si ha poi nella melodia vocalizzata fuori scena su la la la, eco chiarissima della chiusa del Rond arlecchinesco, attraverso cui Arlecchino, dopo aver annunciato a Matteo in un serrato dialogo l'arrivo dei barbari e averlo rinchiuso mezzo morto di spavento in casa sua, si allontana soddisfatto dei progressi della sua impresa. 2. DUETTO Entrano a questo punto due nuovi personaggi, l'Abate Cospicuo (baritono; di passaggio notiamo che per tutta l'opera e nel libretto Busoni scrive sempre Abbate) e il Dottor Bombasto (basso), accompagnati da una marcetta caricaturale alla cui testa risuona il tema del Dies irae. Il Duetto a cui danno vita serve anzitutto a caratterizzarne i tipi, presi di peso da quella tradizione melodrammatica cos carica di preti miscredenti e di dottori ciarlatani; esso si apre in ampie frasi cantabili, distesamente liricheggianti, allorch l'Abate celebra le bellezze della Toscana e del suo vino, che ai suoi occhi appaiono prova certa della esistenza del Signore. Anche qui l'aspetto parodistico ambiguamente fuso nella musica con una commozione vera, calda e insieme nostalgica, di potente suggestione espressiva. La prima parte dell'opera culmina in un Terzetto di stile quasi rossiniano, brillante e spigliato: Ser Matteo comunica ai due compari la gran nuova dell'arrivo dei barbari (e sulla parola barbari si intreccia tutto un gioco di incalzanti ripetizioni, stilema tipico dell'opete buffa italiana), con effetti esilaranti (la sfilza di nomi femminili, ancora non a caso desunti dal repertorio dell'opera buffa italiana, Rosina in testa, che l'Abate snocciola prevedendo terribili violenze da parte dei barbari), a cui fanno da sfondo melodrammatici proponimenti, fitizi s'intende. 3. TERZETTO La prima parte dell'opera culmina in un Terzetto di stile quasi rossiniano, brillante e spigliato: Ser Matteo comunica ai due compari la gran nuova dell'arrivo dei barbari (e sulla parola barbari si intreccia tutto un gioco di incalzanti ripetizioni, stilema tipico dell'opete buffa italiana), con effetti esilaranti (la sfilza di nomi femminili, ancora non a caso desunti dal repertorio dell'opera buffa italiana, Rosina in testa, che l'Abate snocciola prevedendo terribili violenze da parte dei barbari), a cui fanno da sfondo melodrammatici proponimenti, fitizi s'intende.

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