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La rivolta del corpo.

Come superare i danni di un'educazione violenta di Olivier Maurel 1 settembre 2004 Le scoperte di Alice Miller sono probabilmente tra le pi importanti dellultimo secolo e di quello che comincia. Lo si riconoscer pi avanti. Speriamo che non sia troppo tardi. Ci che lautrice ha messo in luce il fatto che il metodo educativo pi diffuso nel mondo la causa principale di una gran parte delle violenze che in seguito commettono gli adulti, nella vita familiare o in quella collettiva. Si tratta del ricorso alle punizioni corporali utilizzate da millenni in tutti i continenti, da circa il 90% dei genitori e dei maestri, molto spesso con una violenza di cui non abbiamo nemmeno idea nei paesi in cui c stata unevoluzione. Se ci fa male pensare che la violenza educativa possa essere allorigine di una buona parte dei nostri problemi, ci avviene a causa di un meccanismo molto semplice messo in luce sempre da Alice Miller: il bambino che subisce la violenza educativa dai genitori e dai maestri viene persuaso che i suoi educatori hanno ragione e che lui colpevole. Questa convinzione si fissa nel suo sistema nervoso durante gli anni in cui questo in formazione e mentre i suoi neuroni sinterconnettono. Il suo cervello viene scolpito da questa educazione. E gli diventa quasi impossibile, se non incontra qualcuno che laiuti a comprendere di essere stato maltrattato, ritornare su questa convinzione che giustifica ai suoi occhi la violenza educativa e lo porta a riprodurla. Questa la ragione per cui questo metodo universare di educazione cos ben ancorato negli animi. Esso vi installa infatti un gran numero di meccanismi e di riflessi che hanno per effetto di giustificarlo e difenderlo. Questi riflessi, di cui alcuni molto antichi, altri pi recenti, sono molto vari, ed bene conoscerli per poterli identificare. Labitudine di picchiare i bambini per farli obbedire non era innata, visto che certe societ senza scrittura non vi ricorrono. Ma quando gli uomini, per una ragione ignota, hanno cominciato a ricorrervi in tutte le pi antiche civilt, queste hanno teorizzato e giustificato tale comportamento sotto forma di proverbi. Nelle societ in cui nata la Bibbia, questi proverbi sono stati attribuiti ad unispirazione divina, e sacralizzati. E grazie ad essi che ancora oggi i membri di alcune chiese protestanti e dei testimoni di Jehovah giustificano la violenza educativa e si oppongono certe volte allo Stato quando questo tenta di vietare ci che loro chiamano il castigo biblico. Nei paesi musulmani labitudine di picchiare i bambini riposta su una tradizione solidamente stabilita e quasi sacra. In tal modo, la saggezza delle nazioni ha raccomandato ovunque durante i millenni di picchiare i bambini. Il corollario di questa forma di dovere educativo laffermazione del rispetto dovuto ai genitori, quel quarto comandamento sul quale Alice Miller insiste in questo libro, e che non si accompagna, nelle tavole della legge, come lei ha ben sottolineato, ad alcuna menzione del rispetto dovuto al bambino. Al contrario, lidea che il bambino porti la follia dentro al cuore, o debba essere ammaestrato come un animale altrettanto inseparabile da questa forma di educazione. Allepoca cristiana, soprattutto a partire da SantAgostino, lui stesso vittima di punizioni corporali, la
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nozione fondamentale del peccato originale diventa una ragione in pi per diffidare del bambino e di cercare di correggerlo. Una volta sacralizzata la violenza educativa, i genitori idealizzati e i bambini demonizzati, la sofferenza dei bambini picchiati con le migliori intenzioni del mondo dai loro genitori e dai loro maestri sinstalla per dei millenni in un angolo morto della visione degli uomini. Essa corrisponde a un punto cieco della retina del loro spirito. E stupefacente vedere che gli scrittori e i filosofi, i pi grandi spiriti del loro tempo, capaci di descrivere cos bene i tormenti e le passioni degli adulti e di commuoversi sulla loro sorte, non abbiano in generale speso una parola durante i secoli, tranne rarissime eccezioni, della sofferenza dei bambini nonostante lavessero tutti i giorni sotto agli occhi. Davano della violenza degli uomini ogni sorta di spiegazione, ma mai sarebbe loro venuto in mente lidea di vederne almeno una di queste cause nel fatto che i primi iniziatori di tutti i bambini alla violenza sono i loro stessi genitori. Si spiega spesso questa indifferenza allinfanzia e alle sue sofferenze dal tasso di mortalit che avrebbe anestetizzato la compassione. Ma certamente pi corretto ragionare come Elisabeth Badinter che scrive, a proposito delle madri del XVIII secolo: Non perch i bambini morivano come mosche che le madri sinteressavano poco a loro. Ma in gran parte perch esse non si interessavano ai bambini che questi morivano in cos gran numero. La cecit degli scrittori e dei filosofi alle sofferenze dei bambini probabilmente ha come causa la cecit davanti alle loro stesse sofferenze, che gli faceva considerare come normali le brutalit che essi stessi avevano subito nei loro primi anni di vita. Esattamente come oggi gli schiaffi e le sculacciate date ai bambini ci sembrano normali, come altrove la bastonata dov ancora correntemente praticata. Esattamente cos come sembra perfettamente normale, agli uomini e alle donne, linfibulazione e la violenza coniugale l dove queste sono una tradizione millenaria. Si dovuto attendere il XVI secolo con Erasmo e Montaige, e in seguito il XVIII e XIX secolo con la moltiplicazione dei romanzi e dei racconti autobiografici ispirati alle Confessioni di Rousseau, perch gli scrittori cominciassero a parlare della durezza della loro educazione, prima nella scuola, e in seguito, con Jules Valls, nella loro stessa famiglia. Ma questo era ancora solo una fragile conquista poich la violenza educativa conserva e rinnova continuamente le sue difese, ogni generazione di bambini picchiati diventa una coorte di difensori delle punizioni corporali. Ognuno si appoggia sulla propria esperienza per affermare: I calci al sedere che mi ha dato mio padre mi hanno fatto molto bene. Pertanto, queste affermazioni e la giustificazione della violenza che esse sottendono testimoniano che i loro autori subiscono ancora un effetto della violenza educativa, la stessa che li porta a calpestare a spese dei bambini il principio pi universale della morale: Non fare agli altri ci che non vorresti fosse fatto a te. Cos come un altro principio che si senza dubbio cercato di inculcare loro: Non ci si attacca ad un essere pi piccolo di s, principio di cui non vedono il rapporto con il fatto che un genitore picchi suo figlio. Lamnesia inoltre uno dei grandi mezzi di auto-difesa della violenza educativa. Una gran parte di questa violenza viene esercitata prima dellet di tre anni, periodo che sfugge alla
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memoria cosciente. E questa, forse per proteggerci, ci evita in generale di riportare alla memoria dei ricordi troppo spiacevoli che segnano gli anni seguenti. Molte persone di cui si pu provare che siano state picchiate non ne serbano alcun ricordo. Lumiliazione provocata dal fatto di essere picchiato (e dunque colpevole, come si sente sempre colpevole la vittima pi del carnefice) genera la vergogna e la derisione, il leggero sorridere imbarazzato con cui vengono evocate le punizioni subite. E questa derisione contribuisce anche a far s che non si prendano sul serio le botte che si sono ricevute. Paradossalmente, a partire dal momento in cui si cominciato a denunciare il maltrattamento, cio la parte della violenza educativa che la societ che cos la chiama non la tollera pi, questa denuncia nasconde la violenza educativa ordinaria, quella che non passa per la soglia generale di tolleranza. Si additano i seviziatori di bambini, ma coloro che li denunciano ricorrono spesso senza il minimo scrupolo a dei mezzi appena meno violenti. Si creano, e questa una cosa eccellente, delle associazioni contro i maltrattamenti, ma queste associazioni spesso non prestano nessuna attenzione alla violenza educativa ordinaria. Freud era partito molto bene quando scopr gli abusi sessuali subiti dalle isteriche, inventando la nozione di trauma. Ma ha virato di bordo per non dover accusare suo padre. E, mettendo soprattutto laccento sulle pulsioni del bambino, metamorfosi della nozione di peccato originale, ha contribuito a nascondere gli effetti della violenza educativa. Oggi nella corporazione degli psicanalisti che si recluta la maggior parte degli specialisti dellinfanzia, sostenitori della sberla o della sculacciata. E la messa in avanti della nozione recente di resilienza contribuisce spesso a far credere che i traumi subiti nellinfanzia abbiano poca influenza sul seguito della vita. Si dice che la riproduzione un mito, quando la violenza educativa ordinaria si riproduce praticamente al cento per cento e il numero dei genitori che la praticano resta stabile in una societ finch non si produce unevoluzione importante o finch non vengono vietate le punizioni corporali. E bene conoscere tutti questi processi inconsci di difesa della violenza educativa che prendono lavvio nella nostra pi tenera et. Coloro che li utilizzano non lo fanno per cattiveria, ma perch loro stessi hanno subito la loro dose di botte. E un meccanismo impersonale di cui siamo o siamo stati praticamente tutti vittime. E la conoscenza di questi ostacoli diventa anchessa utile se ci si impegna in unazione per uneducazione senza violenza. Questa azione indispensabile ed portatrice di grande speranza. Infatti la riduzione della pratica e del livello di violenza educativa su tutto il pianeta probabilmente il mezzo pi efficace di ridurre il livello della violenza degli adulti nei conflitti interpersonali e collettivi. E significativo vedere che nella maggior parte dei paesi europei, dove il livello della violenza educativa si sensibilmente abbassato negli ultimi cinquantanni, ci si orienti sempre pi verso la ricerca di soluzioni non violente ai conflitti. Quando in quegli stessi paesi, un secolo o un secolo e mezzo fa, la minima manifestazione poteva trasformarsi in un massacro, come si vede ancora in quei paesi in cui la violenza educativa rimasta intensa. Solo le zone dellEuropa dove leducazione rimasta tradizionale e patriarcale, cio violenta, rimangono
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ancora dei crogioli di violenza e di terrorismo. La maggioranza delle istituzioni internazionali spingono ormai i paesi a interdire la violenza educativa. Lart. 19 della Convenzione sui diritti dei bambini chiede a tutti gli stati di proteggere i bambini contro ogni forma di violenza, ivi comprese, precisa il Comitato dei diritti dei bambini della Nazioni Unite, le punizioni corporali in famiglia. Questo stesso comitato chiede agli stati di vietare la violenza educativa come hanno gi fatto dodici paesi. LOrganizzazione Mondiale della Sanit, nel suo rapporto di novembre 2002 sulla violenza, presenta la violenza educativa come una delle fonti importanti della violenza degli adolescenti e degli adulti. Anche il Consiglio dEuropa ha invitato gli stati europei a votare delle leggi che vietino la violenza educativa. Le Chiese, che pure hanno praticato la violenza educativa nei loro sistemi scolastici, cominciano a reagire. Il Consiglio Ecumenico delle Chiese Protestanti la denuncia sul suo sito africano come una delle fonti della violenza e invita i genitori a rinunciarci. La Chiesa Metodista Unita degli Stati Uniti ha vivamente incitato i suoi fedeli a rinunciarci. Ma la Chiesa Cattolica per il momento resta muta. I risultati di una vasta inchiesta su 2004 bambini, 1002 genitori e 105 insegnanti hanno mostrato che il 90% dei bambini vengono picchiati a casa e il 97,6% degli allievi vengono picchiati in classe. Lassociazione analizza cos le conseguenze di questo trattamento: il bambino diventa sottomesso, passivo, senza fiducia in s; si sente colpevole, ha poca iniziativa, diventa bugiardo. Sviluppa poco il senso di responsabilit, difficilmente pensa agli altri poich la violenza lo rende pi egoista. Costituita totalmente di individui formati da questa educazione, la societ manca di dinamismo, poco creativa. La sottomissione, la passivit e la violenza favoriscono largamente le guerre tribali. Lirresponsabilit e legoismo portano alla corruzione a tutti i livelli. La sottomissione e lirresponsabilit non permettono la vera democrazia.

Tradotto da Chiara Pagliarini link al testo originale: http://www.alice-miller.com/articles_fr.php?lang=fr&nid=86&grp=17

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