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New York, 7 aprile 2002

Stamattina mi sono alzata e scivolando mi sono slogata un piede. E' stato doloroso ritrovarsi
col viso nella polvere, con la guancia a contatto del pavimento gelato, con le labbra tumide e
sanguinolente, ma dopo anni mi sono sentita di nuovo viva, viva, viva come quella volta che
un maledetto charlie con la faccia piena di vomitevoli, ignobili, purulenti brufoli mi diede un
fendente sulla bocca dello stomaco facendomi crollare a terra e vomitare sangue, rabbia,
furore, fiele, veleno per giorni e giorni. Ma sono un soldato. Lo sono fin da ragazzina, quando
nella mia famiglia di antifascisti diventai anche io un partigiano. Un soldato. Nella guerra ci
sono nata, nella guerra ci sono cresciuta, di guerra me ne intendo più di voi. E di coglioni ne ho
più di voi che per trovare il coraggio di morire dovete ammazzare migliaia di creature. Guerra
avete voluto, guerra volete? Per quel che mi riguarda, che guerra sia.

Ho urlato queste parole fino all'ultimo fiato, finchè è accorsa nella stanza Whoopi, la mia
cameriera negra con quel marito che quando mi guarda si capisce lontano un miglio che
vorrebbe appoggiare le sue mani viscide, lascive, fetide, sporche sulla mia pelle bianca, pulita,
candida.

"E' solo una slogatura, signora" mi ha sussurrato Whoopi, "la devo portare al pronto soccorso".

C'è voluto un po' di tempo. Tra i cento, mille fogli sparsi per il mio studio, segmenti di una vita,
resoconti di guerre, sconfitte, morti, speranze, delusioni e, naturalmente, rabbie e orgoglio,
non si trovavano le mie carte di credito.

Soffrivo come un cane, ma non un lamento è uscito dalla mia bocca. La guerra è la sfida delle
sfide. Perché è una continua sfida che fai con te stesso. Quando ti muovi per partecipare a un
combattimento o quando sei in un combattimento, ad esempio, nessuno si cura di te. Nessuno
ti guarda. Sei completamente solo con te stesso, giudice di te stesso. Così è a te stesso che
rivolgi la sfida di andare avanti, vincere la paura, restare vivo, vivo, vivo.

Poi Whoopi ha trovato l'American Express, ha dato l'ok all'ospedale, e l'ambulanza è partita per
venirmi a prendere.

Mi sono trovata sbattuta sul lettino di un nuovo, imponente, modernissimo, ipertecnologico


ospedale americano. Lì, sola, con le mie paure, le mie angosce, il mio dolore, la mia rabbia, il
mio....

Una voce ha risuonato nella stanza.

Un'infermiera negra mi ha urlato nell'orecchio come un fottutissimo sergente dei marines : "Un
attimo solo signora, l'ortopedico, il Dott. Mohammed XXXX sarà qui a momenti".

Mi sono sentita mancare, perduta, aggredita, finita. Ho vomitato una, due, tre volte.

Mi sono immaginata il volto sadico di quel medico, il suo alito fetente di Baklawa - un
disgustoso dessert di pasta a strati farcita di noci e immersa in uno sciroppo di miele e limone
-, il suo sguardo voglioso, le sue mani sudaticce, la sua bocca sdentata.

Quando è entrato sembrava alto circa uno e ottantacinque, biondo e con un taglio di capelli da
marine.

E' stato un attimo, un fulmine, un tuono roboante e sono rientrata in me stessa. Del resto io
non mi sono mai sentita così viva come quando, vinta la sfida con me stessa, viva sono uscita
da un combattimento anzi da una guerra.
E allora, dietro quegli occhi ho visto la verità : il suo sguardo voglioso, le sue mani sudaticce,
la sua bocca sdentata....

Ha tentato di visitarmi.

Io, non avendo disponibile sotto mano un chador gli ho scagliato in faccia le mutande sporche,
sporche di 10 giorni di battaglie con la mia rabbia, il mio orgoglio, il mio furore, la paura che ti
fa pisciare addosso mentre tutto intorno ti sfiorano pallottole, bombe, granate, napalm, missili.

Alla fine mi hanno medicata.

Ma ci sono voluti 4 di quei bastardi per riuscirci.

Ora sono di nuovo a casa, ho faticosamente, pesantemente, dolorosamente preso la mia


Lettera 22 e, come promesso, sto per scrivervi il diario di questa giornata di merda.
New York, 8 aprile 2002

Stamattina mi sono alzata molto prima dell'alba. Mi sono fatta un caffé caldo e fumante alto
quattro dita con una montagna di zucchero dentro. Caffé americano, non quella roba
astringente che si beve da voi. Ho corretto alcuni appunti, innaffiato i fiori in salotto, ascoltato
le prime news alla radio, fatto mezz'ora di cyclette.

Poi ho aperto la finestra sull'alba livida per assaporare l'odore della mia città quando ancora
dorme.

Ho scrutato a lungo lo skyline stringendo i pugni.

Infine ho pianto. Pianto di rabbia, di vergogna, di furore, di sdegno, di collera.

Poi ho urlato. Urlato la mia rabbia, la mia ira, la mia vergogna perchè in Italia, oltre
quell'immenso oceano che mi sta davanti, si fa un corteo di individui che vestiti da kamikaze
berciano infami ingiurie a Israele, si alzano fotografie di capi israeliani sulla cui fronte hanno
disegnato una svastica, incitano il popolo a odiare gli ebrei. Io mi vergogno...

Poi ha squillato il telefono.

Era l'inquilino del piano di sopra per dirmi che la mia vergogna stava svegliando tutto il
palazzo.

L'ho insultato, ho bestemmiato, ho imprecato, ho preso la mia lettera 22 e l'ho scagliata contro
il Muro dove ho Pianto, sofferto, penato, per chi a Gerusalemme non può recarsi a mangiar la
pizza o a comprar le uova senza saltare in aria. Io mi vergogno che l'osservatore Romano, cioè
il giornale del Papa, un
Papa che non molto tempo fa lasciò nel Muro del Pianto una lettera di scuse -per gli ebrei,
accusi di sterminio un popolo sterminato a milioni dai cristiani.

Poi ho cominciato a pisciar sangue. Una, due, cento, mille gocce. Ho chiamato la cameriera
negra Whoopi, ma lei ancora non era arrivata per rimanere più a lungo a scaldarsi fra le
braccia lascive, laide, sporche di quel suo marito che quando mi guarda si capisce lontano un
miglio che vorrebbe appoggiare le sue mani luride, sudate, fetide, lercie sulla mia pelle bianca,
pulita, candida.

Volevo lavarmi. Pulire, pulire, pulire. Cancellare ogni macchia. Ma non c'era il tempo. Il tempo
non c'è mai in guerra. Tempo per te stesso, per i tuoi desideri, per le tue pene, per la tua
passione. Non si può vivere senza passione. Non si può neanche combattere, difendersi senza
passione. Io non so vivere senza passione. Non so combattere, non so difendermi, senza
passione. Tutto ciò che faccio, lo faccio per passione e con passione. Per passione scrivo, per
passione mi arrabbio, per passione inveisco, con passione mi batto.

Allora mi sono infilata la prima mimetica che ho trovato e sono scesa giù, giù, giù, nella trincea
della strada per affrontare ancora una volta la mia battaglia quotidiana. Battaglia fatta di
passione, rabbia, orgoglio, vergogna, ira, collera, sdegno.

Per le scale mi sono fermata davanti alla porta lercia, fetente, lurida di una famiglia araba
immigrata da poco. L'odore di couscous, arayess, bamia, basboosa, falafel, fattush, harira,
hummus, kabsa impregnava tutto il pianerottolo.

Schifata da quel fetore ho vomitato una, due, tre volte.

"Maledetto, maledetto, maledetto" ho urlato "ma io non mi arrendo !".


Mi sono lanciata giù, giù, giù per l'ultima rampa di scale, per uscire a respirare, ansimare,
rantolare.

Giù in strada, un fottutissimo netturbino negro con la faccia da Black Panther stava cercando di
portare via la mia spazzatura, le mie cose, la mia vita, il mio passato, le mie esperienze, le mie
passioni.

Ho urlato, gli ho sputato in faccia, ho imprecato, l'ho insultato, ho gridato tutta la mia rabbia.

Lui, traditore, levantino, inumano, bestiale, mi ha colpito al petto facendomi svenire.

Ora sono qui, sul mio letto, tra le mie cose.

Anche questa volta è andata bene.

La granata che dai tempi di Beirut mi porto nel petto a due centimetri dal cuore è rimasta,
ancora una volta, inesplosa....
New York, 10 aprile 2002

Oggi pensavo di non uscire, di non immergermi nella feccia della terra, di non buttare ancora
una volta queste membra nel sangue e nella polvere del resto del mondo che poi tanto non mi
ascolta nessuno. Questi coglioni mezzetacche ancora non hanno capito che siamo in guerra.

E poi non mi hanno dato nemmeno il Nobel.... Ma che vada all'Inferno il Nobel, l'ha preso quel
pagliaccio (ma veramente pagliaccio) di Fo (fo? ma cosa fai?) e quel cinese che se potesse
venderebbe sua madre a un harem...

Anzi no, i cinesi non ce li hanno gli harem, sempre figli di troia però. Bastardi musi gialli fottuta
guerra, fottuta guerra. Perdio. Ma io continuo a dire e non cambio idea manco se mi piscia in
faccia Ciampi.

Alla fine mi sono decisa e sono uscita, perché se stavo ancora a pensare se aprire la porta o no
avrei fatto impazzire i mobili di casa mia, perché io sono una che non è mai contenta di nulla e
di nessuno incominciando da se stessa.

Ho vomitato sulle scale e ho alzato il dito medio a quella che pulisce le scale che da quando
tengo il mio diario su Trascendentale e GranBaol mi guarda male, mi pare sia araba o siciliana,
una figlia di Allah insomma. Lei m'ha detto qualcosa nella sua lingua e io le ho lanciato la mia
Lettera 22 in testa insistendo col dito medio e poi le ho detto: "Fuck you".

Tanto Whoopi, la mia cameriera negra col marito porco e lascivo che brama la mia carne, sarà
certo uscita a medicarla. Quella è sempre premurosa con quelle che parlano la sua lingua, ma
di me se ne fotte, quella bastarda.

Poi sono andata allo zoo e ho ucciso a morsi un orso.

Gli ho tolto la pelle e mi sono fatta una pelliccia, perdio, e poi sono andata dagli animalisti
sfoggiando la mia pelliccia per provocare quei froci, quegli ipocriti che quando io mi facevo
sbattere dai bracconieri in Africa per poi ucciderli e liberare i leoni loro stavano ancora
succhiando il latte dalle mammelle delle loro grasse madri, e quando io mi facevo sbattere dai
guerriglieri arabi e intervistavo i cammelli loro stavano giocando con jeeg robot d'acciaio,
perdio.

Io in queste cose ci sono nata.

Ho vomitato in faccia ai maledetti ambientalisti, una, due, tre volte. Gli ho chiesto se
conoscevano il fetore dello sterco.

Poi sono andata al parco a pensare alla follia dell'uomo e allo sterco e ho visto un cane che
cagava merda. L'ho preso a calci, figlio di Allah, si l'ho preso a calci e l'ho spellato e mi sono
fatta una pelliccia di cane, poi ho portato la merda agli ambientalisti per fargliela conoscere,
poveri ingenui, ho vomitato a un pellerossa che vendeva sigarette, ho fumato e ho sputato a
uno specchio di lacrime di sangue che rifletteva l'atroce morte apparente della cristianità
mortificante.

Ma perdio, alle volte perdo anch'io il senso di quello che dico. E' la fottuta guerra.

Mi sono messa a piangere in un maledetto bagno pubblico e nella polvere sentivo le bombe, il
sangue e la polvere. E' entrato un cane che probabilmente sentiva l'odore della carogna che mi
portavo appresso, l'ho affogato nel cesso, nel sangue e nella polvere.

Poi ho vomitato una, due, tre volte. Vomito di rabbia, che voi borghesucci annacquati non
potete capire. La rabbia di sentire le ferite e non poter rendere giustizia alla vostra ignoranza
di ex antifascisti, perché siete fascisti, voi che sfilate con i terroristi, voi che uccidete le stesse
persone che uccideva Hitler, e quindi ho vomitato in faccia a uno che aveva le sembianze
tedesche. Era biondo, un biondo. Porco Allah, mi sono detta, Porco Maometto!, ho urlato.

Perdio com'è ridotta la città.

Ecco: ho scritto un'altra volta "perdio". Con tutto il mio laicismo, tutto il mio ateismo, son così
intrisa di cultura cattolica che essa fa addirittura parte del mio modo d'esprimermi. Non
capisco di cos'altro sono intrisa, a parte il fetore di questo cane maledetto.

Meglio tornare a casa, per oggi, cari amici di Trascendentale e Granbaol, vi saluto. Quello che
avevo da dire l'ho detto. La rabbia e l'orgoglio me l'hanno ordinato. La coscienza pulita e l'età
me l'hanno consentito. Ma ora devo rimettermi a lavorare, non voglio essere disturbata.

Punto e basta e vaffanculo.


New York, 11 aprile 2002

Stanotte mi sono svegliata nel cuore delle tenebre. Tremando, sudando freddo, stringendo i
denti, mi sono seduta e ho bevuto un bicchier d'acqua. Poi mi sono lasciata cadere sul mio
giaciglio occasionale.

L'orrore. L'orrore.

Per liberarmene ho subito pisciato sangue e vomitato una, due, tre volte fino a ripiombare in
un sonno profondo e senza sogni.

All'alba mi sono svegliata di nuovo. Avevo due, tre, quattro linee di febbre.

Pensavo fosse orrore, invece era un malessere.

Probabilmente quella fottuta febbre gialla che ho contratto durante l'offensiva del Tet quando
mi sono nascosta in un cratere di fango e viscere, merda e sangue, topi e tibie, mentre ero
inseguita dalle fucilate dei viet. Eppure, in quella situazione di merda, mi sono sentita bene. E
sapete perchè ? Per un fatto di passione. Rabbia, orgoglio e passione.

Noi non li abbiamo più personaggi fatti di passione, nati dalla passione. Per trovarli bisogna
tornare al nostro passato. A San Francesco, a Santa Teresa, allo stesso Torquemada. A
Danton, a Marat, a Robespierre. A Napoleone, a Nelson, a Mazzini, a Garibaldi, a Cavour. A
Lenin, a Stalin, a Churchill che per combattere Hitler promette agli Inglesi «lacrime e sangue».
A Mao Tze Tung, a Ho Chi Min. E qui mi fermo perché da mezzo secolo, nel campo dei leader,
l'Occidente non ha dato che mezze-tacche. Coglioni o mediocri che di leader hanno soltanto il
titolo.

Whoopi, la mia cameriera negra con quel marito fetido che l'altro giorno, guardandomi, ho
visto inturgidirsi, ergersi, indurirsi smanioso di strofinarsi sulla mia pelle bianca, pulita,
candida, ha interrotto il filo dei miei pensieri dicendomi che aveva chiamato da Los Angeles
Sofia Loren, la mia amica Sofia, facendo il segreto squillo d'intesa. Con la sua voce
gorgogliante, carica di vita, ha detto: «Quanto è bello, Oriana mia, il tuo diario su GranBaol e
Trascendentale, quanto è bello! Sembra scritto con la saggezza d'una centocinquantenne e con
la passione d'una diciottenne».

Ho pianto.

Pianto lacrime di rabbia, orgoglio, furore, passione.....

Poi mi sono scossa. E' la guerra. E' la mia guerra e la voglio combattere a modo mio.

Ho infilato il mio elmetto da passeggio e mi sono precipitata alla più vicina fermata della
metro.

Dopo circa un quarto d'ora d'attesa, finalmente, ecco il primo convoglio. Mi sono subito rivolta
a quello che mi sembrava il comandante chiedendogli di potermi aggregare a quel gruppo di
ragazzi, uomini, donne, bambini, bianchi, neri, gialli, marroni, viola in partenza per il fronte
sventolando bandierine americane, alzando il pugno chiuso, ruggendo: "Iuessè! Iuessè!
Iuessè! Usa! Usa! Usa!". Gli ho mostrato la tessera di giornalista. Ma quel porco, quel
burocrate, quel coglione, quella nullità, quella merda mi ha risposto che avrei dovuto
acquistare il ticket.

Subito non mi sono incazzata, in fondo è uno dei nostri ho pensato. Gli ho spiegato che
l'America è un paese speciale. Un paese da invidiare, di cui esser gelosi, per cose che non
hanno nulla a che fare con la ricchezza eccetera. Lo è perché è nato da un bisogno dell'anima,
il bisogno d'avere una patria, e dall'idea più sublime che l'Uomo abbia mai concepito: l'idea
della Libertà, anzi della libertà sposata all'idea di uguaglianza.

Ma quello niente. Non voleva sentir ragioni, insisteva chiedendomi quell'assurdo ticket.

Allora ho cominciato ad inveire, a insultare, a sputare, a vomitare una, due, tre volte, a pisciar
sangue come al solito, ma quello niente, duro, inflessibile. Un veterano probabilmente.

Ma anch'io sono una reduce.

E' stato in quel momento che ho alzato il mio bastone da passeggio Uzi cercando di colpirlo con
un fendente al volto, alle gambe, al petto, alla tibia, al perone, al calcagno.

C'è voluta un'intera squadra di agenti in divisa antisommossa per portarmi via mentre urlavo :
"Iuessè! Iuessè! Iuessè! Usa! Usa! Usa!".

Adesso sono qui, nel mio letto, con il cranio fasciato, la tibia spappolata, il ginocchio
infiammato, tre dita della mano sinistra rotte, la mandibola spaccata.

Ma è la guerra. E' la mia guerra e la voglio combattere a modo mio.


New York, 12 aprile 2002

Stanotte mi sono svegliata di soprassalto e ho avuto una di quelle intuizioni geniali che
caratterizzano tutta la mia opera, anche se quei bastardi di svedesi hanno preferito dare il
Nobel a quella scimmia ammaestrata di Jacopo Fo.

Nonostante il coprifuoco, mi sono addormentata serena come non mi accadeva da giorni, mesi,
anni.

Penso ciò sia dovuto alla botta di vita di ieri sera. La Nbc ha trasmesso un documentario sulla
guerra del Vietnam.

Saigon, 1968.

Io c'ero. Non come quei frocetti succhiacazzi, mezzetacche, coglioni di Berkeley che si
bevevano il cervello fumando quella merda, bruciando le cartoline di chiamata alla leva,
facendo l'amore libero nei cessi dell'Università.

Al pensiero stavo per vomitare una, due, ma alla terza mi sono fermata perchè sono finiti gli
spot ed è cominciato il documentario.

Saigon, 1968.

Merda, che tempi fottutamente fantastici.

Io stesa su letto di quella fetida camera d'albergo, sul comodino una bottiglia di whiskey che
mi aveva allungato uno della Reuters, il mio mangianastri Philips gracchiava una canzone dei
Doors che per errore avevo registrato sopra la mia intervista al generale Giap (cazzo ! merda !
culo ! urlai...), caldo soffocante, la ventola appesa al soffitto girava ad una velocità
inversamente proporzionale alle pale degli elicotteri fuori dalla finestra. Sudavo.

Ho ancora tutto qui, tatuato nella mente : io che ingollo uno, due, tre bicchieri di doppio
whiskey, io che mi masturbo una, due, tre volte (questo il documentario non lo mostra, ma io
lo ricordo benissimo). Mi alzo dal letto e roteo su me stessa una, due, tre volte fino a crollare
ubriaca sul pavimento in mezzo alla polvere agli appunti alle cassette dei Rolling Stones alla
piscia agli scarafaggi grossi come granate al dolore.

Poi mi sono svegliata ed ho avuto la brillante intuizione.

Erano le tre di notte. Con una di quelle decisioni improvvise che caratterizzano tutta la mia vita
nonostante quelle checche di Hollywood non abbiano mai pensato di darmi un Oscar almeno
alla carriera, mi sono infilata gli anfibi.

"God! Oh, God! Oh, God, God, God! Gooooooood! Dio! Oddio! Oddio! Dio, Dio, Dioooooooo!"
ho ruggito. Whoopi, la mia cameriera negra con quel marito che ogni volta che mi vede
vorrebbe infilarmi la faccia laida e lasciva in mezzo alle gambe allungando la lingua da
formichiere su, su, su fino ai miei capezzoli, si era dimenticata di lucidarli. Io la divisa la voglio
sempre scintillante.

Merda se mi sono arrabbiata. Arrabbiata d'una rabbia fredda, lucida, razionale. Una rabbia che
elimina ogni distacco, ogni indulgenza. Che mi ordina anzitutto di sputargli addosso. Io le
sputo addosso. Solo allora mi sono accorta che lei non c'era. "Non importa" ho pensato "quella
schifosa invece che prenderseli in faccia gli sputi li laverà dal pavimento perdio".

Poi, lentamente, strisciando palmo a palmo giù per le scale, giù giù per 37 piani, mi sono
avvicinata alla portineria. Grazie ad un messaggio decrittato conosco a memoria tutte le vostre
posizioni, fottuti bastardi. Il cecchino, probabilmente sentendosi sicuro in quel nido antiaereo,
dormiva. Bastardo.

Silenziosa come una gatta, nonostante quelle merde del WWF non abbiano ancora pensato di
intitolarmi una spedizione di Greenpeace, mi sono avvicinata al bersaglio. L'ho aggirato, e una
volta alle sue spalle l'ho colpito ripetutamente al cranio con la mia borsetta sfollagente per poi
cercare di staccargli i coglioni a morsi.

Ma in questa fottuta guerra non ci sono nemmeno i coglioni di una volta e quello ha reagito
nonostante io abbia cominciato ad alitargli in faccia tutta la mia rabbia, il mio orgoglio, la mia
passione, il mio tormento.

E' stato un corpo a corpo furioso finchè all'ingresso non hanno fatto irruzione delle truppe
vestite con delle tute bianche, corpi speciali addestrati alla guerra chimica.

Mi sono divincolata dal cecchino cercando di estrarre dalla borsetta la bandiera a stelle e
strisce. Ho urlato : "Iuessè! Iuessè! Iuessè! Usa! Usa! Usa! datemi una mano ragazzi a
sistemare per sempre questa merda".

Ma non ho fatto tempo a chiedere "Siete del 7° ?" che quelli mi erano già addosso.

"God! Oh, God! Oh, God, God, God! Gooooooood! Dio! Oddio! Oddio! Dio, Dio, Dioooooooo!"
ho ruggito "Sovietici !!!!!!!!!!! fottuti, merdosi, bastardi rossi !"

Ho tentato di reagire ma quelli mi hanno piantato un ago nel braccio. Roba chimica, forse
pentothal..."Porci, porci, porci, non parlerò maiiiiiii !" ho ruggito ancora.

Mentre stavo perdendo i sensi ho cercato di ricordare la mia brillante intuizione, ma la mia
mente era offuscata da quella merda che mi avevano messo in corpo.

Allora ho tentato di pisciar sangue.

Troppo tardi, quei fottuti mi avevano già infilato un catetere....


New York, 14 aprile 2002

Stamattina all'alba ho sentito qualcuno che armeggiava davanti alla mia porta. Dai tempi di
Beirut dormo sempre con un occhio solo, l'elmetto da notte ed un bazooka con il colpo in
canna sotto il cuscino.

Senza esitare un attimo ho caricato sulla spalla quell'arma micidiale e ho fatto fuoco.

Poi così com'ero, senza nemmeno infilarmi quell'aggeggio da reclute e vigliacchi che è il
giubbotto antiproiettile, mi sono precipitata fuori. Sul pianerottolo, una scena orribile, oscena,
raccapricciante. Pezzi di terrorista travestito da lattaio erano sparsi fino al soffitto in mezzo a
vetri, sangue e una quantità impressionante di liquido bianco che credo fosse sperma. Mi sono
ripresa subito. Perdio è la guerra ho pensato.

Proprio in quell'istante si è aperta l'ascensore e ho visto il volto terrorizzato di un fottuto


talebano travestito da boy che mi porta il New York Times ogni mattina. Ho fatto fuoco
immediatamente.

Merda, non avevo ricaricato !

Mi sono girata su messa stessa al ralenty compiendo una rotazione di 180° e con un tuffo mi
sono gettata nella polvere e nel piscio sul pavimento dell'ingresso.

Proprio in quell'istante ha chiamato da Los Angeles Sofia Loren, la mia amica Sofia, facendo il
segreto squillo d'intesa.

Ho alzato la cornetta ruggendo : "Non rompere i coglioni Sofia, non è il momento !" e ho
riattaccato.

Poi ho cercato disperatamente un proiettile per il bazooka, ma chissà dove cazzo li nasconde
sempre Whoopi, la mia cameriera negra con quel marito lascivo e laido che l'altro giorno ha
cercato di spogliarmi con gli occhi e scoparmi con le sopracciglia.

Merda, merda, merda. Perdio, fottuta, fottuta, fottuta guerra, ho urlato.

Finalmente ne ho trovato uno nascosto nello scatolone dei nastri di ricambio della mia Lettera
22.

Con tutta la velocità di cui sono capace mi sono riportata verso l'ascensore, ma il maledetto
terrorista aveva ormai tagliato la corda. Ho sparato lo stesso un colpo d'avvertimento
beccando l'appartamento di fronte. Poco male. Secondo informazioni riservate tutta quell'area
è infestata da truppe sbandate di Al Qeida.

E' successo tutto in un attimo, perdio. E tutto è avvenuto, o m'è parso, in un silenzio di tomba.

Possibile? C'era davvero, quel silenzio, o era dentro di me? E che ci facevano tutti quei pezzi
per terra ? Alle guerre io ho sempre visto un numero limitato di morti. Ogni combattimento,
duecento o trecento morti. Al massimo, quattrocento. Come a Dak To, in Vietnam.

Peccato Arafat non possa vedere tutto questo. Peccato. Perché se lo incontrassi di nuovo, o
meglio se gli concedessi udienza, glielo urlerei sul muso chi sono i martiri e gli eroi. Eccolo
l'eroe, gli urlerei, lo hai qui davanti, fottuto bastardo bavoso. Sono io, io, io che da ottant'anni
combatto per la libertà, la verità, la giustizia, l'orgoglio e la rabbia. Me lo consentono la
coscienza pulita e l'età.
Poi, presa da un impulso morale, ho suonato il campanello dell'appartamento a fianco urlando
con tutto il fiato che avevo in gola : "Io mi vergogno che quasi tutta la sinistra, quella sinistra
che venti anni fa permise a un suo corteo sindacale di deporre una bara (quale mafioso
avvertimento) dinanzi alla sinagoga di Roma, dimentichi il contributo dato dagli ebrei alla lotta
antifascista. Io trovo vergognoso....."

Poi qualcuno mi ha toccato leggermente la spalla. Mi sono girata di scatto tentando di estrarre
il machete dalla cintura ma Whoopi mi ha bloccata in tempo. Perdio l'avrei fatta a pezzi se non
fossi rientrata così prontamente in me stessa.

"Sono io Miss Oriana, sono io, su, è tutto finito adesso" ha sussurrato la fottuta negra grassa
come un barile di polvere.

Allora ho spalancato la finestra del salotto e scrutando oltre l'orizzonte in quell'alba livida di un
giorno di guerra ho guardato la mia terra e ho ruggito con calma e determinazione : "Hai
ragione Whoopi, perchè vomitare e pisciar sangue ? In fondo, domani è un altro giorno".
New York, 15 aprile 2002

Piove. E quando piove io divento malinconica.

In questi momenti va a farsi fottere anche la disciplina. La mia disciplina, anzi autodisciplina, è
di stampo militare: lo riconosco. Non a caso in Vietnam ero accettata volentieri dai militari
americani perché non mi permettevo mai di recar danno al plotone o alla compagnia con
disubbidienze o iniziative personali. Mi comportavo proprio come un soldato tra i soldati.

Ma non oggi. Non quando piove e malinconia e ricordi diventano crampi atroci che mi prendono
allo stomaco e mi impediscono anche l'ordinario pattugliamento del terrazzo.

Sono già le 5,45 e sono ancora in branda. I ragazzi giù al check point saranno preoccupati. Per
fortuna ieri sera avevo lasciato gli ordini sulla segreteria telefonica. Schwarzkopf non si
muoverebbe senza mie precise indicazioni.

Uomini. Che cazzo. Quasi tutti senza coglioni, buoni solo ad apparire in tv per i briefing con la
stampa. Quella checca di Peter Arnett non buttava giù un rigo senza prima il mio consenso.
Che coglione.

Merda.

Non voglio sentirmi così. Voglio crepare in combattimento e avere funerali militari. Sapete,
quelli con la bandiera che sventola al sole, il plotone che spara in aria e la trombetta che suona
paparapàpaparapà...

Pioggia bastarda, mi fa annegare nei ricordi.

Non so perchè mi faccia questo effetto, forse perchè rivivo le ore tremende appiattita nel fango
e nell'acqua delle trincee a Verdun. Ma non ne sono sicura. La pioggia mi confonde le idee
mischiando i ricordi tutti insieme. La pioggia mi toglie l'abituale lucidità.

Merde.

Guardo fuori dalla finestra e rivedo l'immensa distesa bagnata. Tutum tutum tutum tutum.
Come allora, su quel treno. Tutum tutum tutum tutum. Correva nella prateria. Tutum tutum
tutum tutum. Anzi, no, se non ricordo male era la steppa. Ma non ne sono così sicura. Massì,
chi se ne frega. Al Nobel ormai ci ho rinunciato. Tutum tutum tutum tutum.

Pietrogrado, 7 novembre 1917.

Sto con un tizio della stampa alternativa che si chiama John Reed, un americano che mi fa da
interprete. Più o meno. Comunque mi pare conosca bene la Russia e di certo è ben inserito
negli ambienti rivoluzionari. Senza di lui non so se ce l'avrei fatta ad arrivare fin qui dalla
Finlandia. I tedeschi bloccano ogni altro accesso. Pietrogrado ribolle, sta per accadere
qualcosa. Nonostante la polizia zarista cerchi di frenare l'emorragia, è tutto un fiorire di
manifesti, volantini, fogli che invitano all'insurrezione.

Stamattina siamo scesi lungo la Nevsky. Reed è riuscito a procurarsi da un soldato un numero
di Dien, il giornale bolscevico, che titola a caratteri cubitali : Tutto il potere ai soviet degli
operai, soldati e contadini ! La pace e la terra ! L'articolo di fondo è firmato da Zinoviev, un
pezzo grosso del partito, mi spiega Reed. Sorrido tra me e me. "La verità ha un volto terribile.
Il popolo ha bisogno di miti, di illusioni, ha bisogno di essere ingannato. La verità è
spaventosa, intollerabile, mortale". Questa non l'ho detta io, ma il filosofo spagnolo Miguel de
Unamuno. Il mio compagno non pare aver apprezzato ed è partito con una lunga filippica sulla
necessità storica della rivoluzione proletaria. Tutti uguali questi americani, ho pensato. I soliti
ingenui cowboys.

All'angolo di un palazzo ho visto un'autoblinda ferma sulla quale sventolava una bandiera
rossa. Sul fianco portava una scritta in lettere rosse ancora fresche di vernice : SRSD Soviet
Rabocik i Soldatskik Deputatov.

- Ci si sta per battere ? - ho domandato a Reed.

- Non si aspetterà molto - mi ha risposto lui nervosamente.

Da nord vediamo arrivare un gruppo di donne, uomini, soldati in divisa che corrono verso la
fortezza di Pietro e Paolo. Uno di loro, correndo, si volta verso di noi e urla :

- La guerra civile comincia, compagni -.

Compagni ? Una compagna ? Io ? Io ? Ioooooooo ? Non ci ho più visto : bastardo, schifoso,


pedofilo, comunista, idiota, pervertito, cullattone, vieni qui che ti vomito in bocca e ti piscio
sull'autoblindo che te lo sciolgo nell'acido che neanche quelle merde naziste riuscirebbero a far
meglio. Io mi vergogno...

Una mano mi ha accarezzato dolcemente i capelli. E' quella negra di Whoopi con quel marito
che forse.... massì, quel negro si è di certo innamorato di me.

Perdio, oggi mi sento così fragile.

- Sono stata una grande giornalista, vero Whoopi ? -

- Oh sì, Miss Oriana, lei è stata davvero una gran giornalista - mi ha risposto lei continuando
ad accarezzarmi la fronte e i capelli.

Maledetta pioggia.
New York, 16 aprile 2002

Caro Ferruccio, oggi uscirò in missione. E come ben sai, quando ciò accade, devo dar fondo a
tutte le mie energie. A proposito caro Ferruccio, ho letto sul giornale che mi hai mandato, di
quella negra, quella Safya, che doveva essere uccisa perché accusata di adulterio ma lei
affermava d'essere stata violentata e grazie all'intervento di orde di pacifisti et simili (che sono
sempre gli stessi) è stata salvata e ha poi confessato di non essere stata violentata ma di
essersi accoppiata con un negro suo simile per puro godimento personale.

Perdio.

Non sarebbe successa una cosa così in questo Paese, il Paese più forte del mondo, il più ricco,
il più potente, il più moderno. Non avrebbero permesso ai pacifisti di intervenire.

Ognuno ha ciò che si merita. Ma su ragazza! Vorrei tornare ai tempi d'oro quando dovevo stare
attenta a non essere violentata e lapidata. E non ero certo una cagasotto come te, che hai
smosso tutto il mondo per salvarti, fottute nuove generazioni.

Ognuno ha ciò che si merita, e i pacifisti, quegli ipocriti borghesi che quando io mi facevo
sbattere da Gandhi e intervistavo le colombe, loro stavano ancora giocando al dottore (e
ricorda, Ferruccio, che io mi sono fatta sbattere senza limiti dai medici senza frontiere e ho
intervistato più volte i loro bisturi), i pacifisti dovrebbero prendere a esempio l'America. Che
paese straordinario, perdio.

Ognuno ha ciò che si merita. La vita è una guerra. Chi va con lo zoppo impara a zoppicare.
Il fatto è che l'America è un paese speciale, caro mio. Un paese da invidiare, di cui esser
gelosi, per cose che non hanno nulla a che fare con la ricchezza eccetera. Lo è perché è nato
da un bisogno dell'anima cazzo! E' nato dal bisogno d'avere una patria, e dall'idea più sublime
che l'Uomo abbia mai concepito: l'idea della Libertà! Anzi della libertà sposata all'idea di
uguaglianza! Pensa che qui ai figli di Allah gli facciamo il culo a stelle e striscie per farli sentire
americani.

Ma ciò che mi ha interessato di tutta questa sporca, lurida, sudicia, putrida vicenda, caro
Ferruccio, è la violenza carnale. L'animalesco inchiappettamento brutale, per così dire.

Così, dopo aver riflettuto mentre facevo le mie centocinquanta flessioni quotidiane di
addestramento, mi sono riempita di quello schifoso profumo Chanel numero cinque che Whoopi
usa per tenere a bada il marito lascivo e ripugnante (che l'altro giorno voleva possedermi sulla
branda della sua camerata), mi sono messa la divisa della domenica, l'elmetto da passeggio, e
all'alba mi sono buttata di testa su New York.

New York è la mia città. L'adoro e la detesto, amo quel suo fetore, i suoi ratti grandi quanto
grattacieli, il suo essere così americana, i barboni pakistani schifosi che si masturbano ai lati
delle strade cantando canzoni natalizie (io li ho visti e anni fa ne intervistai uno) e soprattutto i
violentatori, stupratori, molestatori.

Cercavo proprio quelli, sono uscita alla ricerca della violenza carnale, mi sono buttata nella
strada più fetida di New York, mi sono rotolata nella polvere di un buio vicolo cieco e lì ho
vomitato, una, due tre volte alla ricerca dell'infernale inchiappettamento.

Poi è arrivato uno di quei borghesucci annacquati che ora vanno di moda in Italia, credo che
siano proprio così quelli che giocano a fare i pacifisti e i girotondi. Sicuramente giocano ancora
al dottore.
E' sceso dalla sua lunga macchina con la sua pelliccia e le sue scarpe così lucide che avrei
potuto spaccarmi il naso sopra e guardare il sangue che cola come la lava dell'Etna quando è
incazzato.
Sicura del significato filosofico di un gesto simile mi sono lanciata sulle scarpe dell'uomo dei
girotondi per disossarmi sopra le sue scarpe e scatenargli la furia violentatrice, ma lui, ipocrita,
mi ha respinto.

Non è più la New York di un tempo. Non c'è più quella guerra.

Non parlo di quella terrificante, terribile, tremenda, agghiacciante, spaventosa, orripilante


guerra contro noi stessi che da anni conduciamo, oh Ferruccio, tu sai di cosa parlo. Tu c'eri a
Saigon quando sentivamo le pistole ruttare, quando vomitavamo tutti insieme una, due, tre
volte, in tutto sei volte (due volte a testa, a parte quel giorno che tu stavi bene e io ho dovuto
fare il turno doppio). Pensando a Safya, all'America, al girotondista e a questi bei ricordi di
Saigon, ho deciso di organizzare a New York un Israele Day pure io, come avete fatto voi in
Italia alla manifestazione organizzata da quel corpulento di Giuliano Ferrara e alla quale ha
aderito pure Gianfranco Fini e Romano Prodi che erano dei fascisti ma va bene comunque
l'importante è metterci sangue e impegno.

Si, ho fatto pure io l'Israele Day. A modo mio naturalmente.

Ho preso il borghese con le scarpe lucide dei girotondi, l'ho schiantato sulla strada e usandolo
come tappeto ho marciato per tutta la 5th Avenue intonando l'inno americano.
Sono andata nel quartiere ebraico e ho portato non un sassolino, ma un masso da 450 chili, 4
metri d'altezza. L'ho lanciato sulla moschea e ho vomitato di rabbia, una, due, tre volte. Sono
salita sopra la moschea e mi sono messa a guardare il cielo, sicura di trovare un tramonto. E
invece, perdio, erano solo le 11 del mattino, e quel fottuto sole anti-americano non ne voleva
sapere di tramontare.

Ma come si permette questo figlio di Allah? che si crede di essere in Oriente? Tu, ora, caro
Sole, tramonti e parte anche la canzone del finale di Full Metal Jacket (pessimo film)! No
stronzo, non "topolin", ma quella dei Rolling Stones (gruppo da me intervistato anni fa). Ti
faccio vedere io, cazzo.
Sai Ferruccio, tra me e il sole non corre buon sangue, non mi ha mai perdonato né le roventi
differenze di opinione che avemmo durante quell'incontro né il giudizio che su di lui espressi
nel mio libro «Intervista con il Sole».

Ma io, io che ho intervistato i marziani e mi facevo sbattere dai pirati spaziali, io che ho vissuto
per una settimana senza acqua e cibo sulla luna e che ho combattuto tutte le guerre di
Saturno. Io, io che ho visto cose che voi umani del cazzo potreste solo inventarvi e
sicuramente lo fareste male, sicuramente peggio di come riesco straordinariamente a farlo io,
io ho preso il fottuto sassolino da 450 chili e l'ho lanciato contro il sole che non voleva
tramontare. Ha pianto luce e sangue clorofilliano, il bastardo. Ed è partita la musica.

P.S. Ferruccio, perdonami ma alla mia età certi dubbi possono venirmi: ti chiami Ferruccio? Sei
il direttore di Granbaol o di Trascendentale? C'eri a Saigon? E io c'ero? Il sole può avere degli
avvocati? Cazzo, il sole, forse l'ho mancato… fottuta, fottuta guerra…
New York, 17 aprile 2002

Non permetto mai, mai, mai a Whoopi di aprire la porta quando qualcuno suona il campanello.
Non mi piace che i miei uomini si espongano inutilmente al pericolo. Se vuoi che diano il
meglio di loro stessi devi essere il primo a dare l'esempio.

E poi quella maledetta negra è pure imbecille. Nonostante le abbia spiegato ormai un milione
di volte le procedure in caso di avvicinamento di un soggetto non identificato, si ostina a
ripetere in tutta tranquillità la stessa fottuta cazzata : "Miss Orianaaaa, suonano il
campanello".

Stronza. I pivelli come lei sono sempre i primi a lasciarci la pelle. Per fortuna che ci sono io a
proteggerla. Ma mai che mi aiuti ad infilare la tuta e la maschera antigas o che schiacci la
cazzo di sirena d'allarme per allertare il resto della truppa. Quelle merde dei miei vicini hanno
tentato più volte di farmela staccare, ma da quando mi sono procurata un generatore ci hanno
rinunciato.

La prima cosa da fare è tuffarsi dietro i sacchi di sabbia che ho posto all'ingresso e
naturalmente chiedere la parola d'ordine. Se il soggetto non identificato non risponde alla terza
richiesta, far fuoco senza pensarci due, tre, quattro volte.

Cazzo. Ieri ce la siamo cavata per un pelo. Qualcuno aveva suonato. Stavo immobile col
mitragliatore puntato verso la porta in attesa che il soggetto si facesse riconoscere quando
Whoopi mi si è avvicinata chiedendomi se volevo una spremuta. "Giùùùùùù, porco cazzo, stai
giùùùùù" le ho urlato. Poi, visto che ormai la frittata era fatta, ho sparato un paio di
sventagliate di copertura, ho superato d'un balzo i sacchi, ho aperto la porta e prima che il
nemico potesse reagire l'ho scaraventato faccia a terra puntandogli il mitra sul cranio.

"Chi cazzo sei ? Identificati soldato ! Nome, grado e battaglione di provenienza !".

Per sua fortuna il tizio era un cagasotto ed ha cantato d'un fiato : "Jeb XXXX, soldato semplice,
battaglione post-telegrafonici della città di New York. Porto un dispaccio urgente per il
comandate F.".

"Calma, calma, calmaaaaa. Non muoverti o ti faccio seccoooo !!" ho urlato. Ho estratto dallo
zaino i guanti per la guerra batteriologica e, con cura, ho preso il messaggio che il soldato
teneva stretto in mano.

"Whoopi, occupati di lui" ho ordinato seccamente "io vado nella stanza di decontaminazione".

Non si scherza con l'antrace. Ne ricevo continuamente di lettere contaminate. Non solo da
Osama. Ultimamente si sono messi anche i sovietici, probabilmente non hanno gradito i miei
reportage da Pietrogrado. Quelle merde dei miei compatrioti poi.... l’Italia delle cicale che dopo
aver letto questi appunti per GranBaol e Trascendentale mi odierà per aver scritto la verità. Tra
una spaghettata e l’altra mi malediranno, mi augureranno d’essere uccisa dai loro protetti cioè
da Osama Bin Laden....

Fottuti bastardi. Sola contro tutti. Ecco la mia verità. Non appartengo a nessun partito. Non
faccio parte di nessun gruppo, di nessuna mafia letteraria. Non parlo mai male di
nessuno....ecco perchè tutti mi odiano. Siete delle merde schifose. Tutti. Tutti voi.

Massì, ma vaffunculo.

Con tutte le precauzioni del caso ho aperto la lettera. Un sospiro di sollievo. Per questa volta
sembra andata, nessuna traccia di antrace. Sempre la solita roba cifrata, ma niente merda
chimica.
Ho subito chiamato via radio il quartier generale : "Sierra Mike, Sierra Mike, qui Charlie Bravo,
rispondete. Ho urgente bisogno di un esperto di codici segreti. Sierra Mike, rispondete...."

E' entrata nel laboratorio Whoopi e le ho consegnato la lettera da mandare giù al comando.

Lei l'ha guardata e mi ha detto : Sì, Miss Oriana, non si preoccupi, la pago io, come al solito".

"Fanculo soldato" ho urlato con tutto il fiato che avevo in gola "Non rivolgerti così al tuo diretto
superiore se non vuoi che ti sbatta agli arresti ! Da dove cazzo vieni comunque soldato?
Dall'Alabama ? Strano: io ho sempre saputo che nell'Alabama ci nascono solo tori e checche,
soldato. Tu l'aria del toro non ce l'hai neanche un po' e quindi il cerchio si restringe. Tu succhi i
cazzi ? Sei talmente brutto soldato che sembri un capolavoro d'arte moderna. Non mi piace il
nome Whoopi : solo finocchi e marinai si chiamano Whoopi. D'ora in poi tu sarai "Palladilardo"
Hai capito soldato ? Ehy, soldato ! Dove cazzo vai soldato ?....".

Fottuta negra grassa come un barile di polvere, se ne è andata a pagare il messaggio cifrato !

Ho fatto un po' la voce grossa perchè con la truppa bisogna sempre tenere saldamente le
briglie in mano, ma perdio, devo ammettere che, quando vuole, Whoopi è un ottimo soldato.
New York, 19 aprile 2002

Strisciavo da più di due miglia sotto il sole cocente del deserto del Sonora. Madida di sudore,
sentivo che le forze stavano ormai per abbandonarmi. Inzuppata di piscio, puzzolente di urina,
io che sono un modello di pulizia, strisciavo in quella infinita, enorme, interminabile,
inaccessibile distesa di sabbia sperando di trovare prima o poi un'anima viva che potesse
aiutarmi. Strisciavo come un anaconda, un lemure, un lanzichenecco, un koala, un
ippopotamo, anche come un verme alla bisogna, perdio, non so come cazzo strisciavo, ma
strisciavo !

Come diavolo ero finita in quella fottuta situazione ? Non ne avevo idea. Io so solo che
strisciavo da oltre trentasette miglia. "E' fatta" pensai. Morirò qui, così, in pasto agli avvoltoi,
agli insetti, alla mia merda, al mio piscio, al mio vomito che i coyote ci faranno un
festino....fottute bestie.

Anni e anni e anni e anni di speranze, di rabbia, di orgoglio, di furore, di ira, di rancore.....Tutti
quei momenti andranno persi nel tempo come granelli di sabbia nel deserto. E' tempo di
mor....

Poi, d'improvviso, una speranza !!!!!!!!! Lo squillo del telefono !!!!!!!!!! E' Alberto, il mio amico
Alberto Angela, il segreto squillo d'intesa è il suo !!!!!!!!!!

"Oh, God! Oh, God, God, God! Gooooooood! Dio! Oddio! Oddio! Dio, Dio, Dioooooooo!
Albertoooooo, grazie a Diooooooooo, Oh Goooooooood !!!!!!!"

"Oriana, sei tu ? Che succede ? Dove sei ?"

"Alberto sono nella merda, mi sono persa nel deserto del Sonora !!!!!!! Fa qualcosa !!!!!!!
Presto !!!!!!! Sto morendo di sete !!!!!!!!!"

"Mmmm. Il Sonora ? Ecco Oriana, devi sapere che esiste un luogo, sulla terra, brullo e
assolato, dove le condizioni di vita sono così estreme da permettere la sopravvivenza solo a
quelle creature che hanno saputo sviluppare grandi capacità di adattamento: è il deserto del
Sonora, in cui cibo e acqua sono così scarsi da dover essere sempre conquistati a prezzo di
cruente battaglie...."

"Alberto, cazzo..."

"Il Sonora si estende per circa 20 milioni di ettari fra California meridionale, Arizona e lo Stato
messicano da cui prende il nome. Vero signore e padrone di questo territorio è il saguaro, una
specie enorme di cactus, che può pesare oltre 8 tonnellate e vivere fino a 200 anni. Ma il
Sonora...."

"Alberto porco cazzo...."

"Ti dicevo Oriana..... il Sonora non è solo il regno dei cactus ma anche di una delle creature più
straordinarie del pianeta: l’eloderma sospetto, noto anche come mostro di Gila, che trascorre il
95 per cento della sua esistenza riposando, si difende dai nemici col temibile morso velenoso e
può accumulare, nella coda, riserve energetiche che gli consentono di vivere un anno o
più......"

"Culo, cazzoooooooooooo, merda, cazzo, culooooo. Ma vaffanculo Albertooooooo !!!!!!!!!" urlai


disperata con tutto il fiato che avevo in gola. Mi montò una rabbia fredda, lucida, razionale,
metafisica e feci fuoco via satellite con la mia Browning High Power colpendolo direttamente al
volto. Vidi Alberto cadere a terra come un sacco vuoto in una enorme pozza di sangue e piscio
che non aveva niente da invidiare a un qualsiasi suo documentario sul Lago Victoria. Poi vidi
Piero che lo prendeva tra le braccia piangendo come un salame, una ricotta, uno zampone, un
provolone, un cotechino (uomini senza coglioni !)......e urlava, urlava, urlava.....con tutto il
fiato che aveva in.....

Poi mi sono svegliata nella mia branda. Madida di sudore (ma allora ????). Porco cazzo è stato
solo un fottutissimo incubo !

Poi ho avuto un moto di pietà : "Peccato che Piero stia provando tanto dolore, ma dovevo
farlo...".

Eh sì, caro Ferruccio, se io sparo in faccia lo faccio a ragion veduta. Anzi, a ragion fredda,
lucida, razionale, metafisica. Lo faccio in maniera intelligente, Ferruccio. Non godo di questo,
Ferruccio. Non moltissimo almeno. Ma voi, voi, voi cicale, abituati come siete al doppio gioco,
accecati come siete dalla miopia, non capite o non volete capire che qui è in atto una guerra.
Una guerra che non mira alla conquista del nostro territorio, forse, ma che certamente mira
alla conquista delle nostre anime. Alla scomparsa della nostra libertà e della nostra civiltà,
Ferruccio. All'annientamento del nostro modo di vivere e di morire, del nostro modo di pregare
o non pregare, del nostro modo di mangiare e bere e vestirci e divertirci e informarci… Non
capite o non volete capire che se non ci si oppone, se non ci si difende, se non si combatte, il
nemico vincerà.

Lo capisci Ferruccio ? Almeno tu, lo capisci ? Dimmi Ferruccio, che senso ha rispettare chi non
rispetta noi ? Ci sei Ferruccio ? Mi segui ? Che senso ha, Ferruccio, difendere la loro cultura o
presunta cultura quando loro disprezzano la nostra ? Io voglio difendere la nostra, Ferruccio, e
v'informo, porco cazzo, che Dante Alighieri mi piace più di Alberto Angela. Apriti cielo. Mi
crocifiggeranno. Già li vedo, Ferruccio, berciare a quei loro girotondi : "Razzista, razzista!". Eh,
che poi sai Ferruccio, sono gli stessi progressisti (a quel tempo si chiamavano comunisti) che
mi crocifissero quando i sovietici invasero l'Afghanistan.

Ferruccio ? Ferruccio ???? Ferruccio...... mi senti ???????? Porca troia, ma allora quello non era
Alberto.......
New York, 22 aprile 2002

L'ironia è un'escrescenza enorme; come il fegato mostruosamente gonfiato dell'oca di


Strasburgo, finisce per uccidere l'individuo. Sarà per questo che io odio, aborro, rifiuto, l'ironia,
feccia della terra, bubbone dell'universo, nemica del sentimento, della passione e ovviamente -
e soprattutto - della rabbia e dell'orgoglio. Riuscite ad immaginare due eserciti, l'uno di fronte
all'altro, che invece di attaccarsi si mettono a sghignazzare ? Tornerebbero tutti a casa
lasciando il mondo in preda al virus del riso. Non c'è nessuna ironia in uno scontro a fuoco.
Una, una sola risata basta ad uccidere un uomo: senza bisogno di sparare a raffica: Perché lei
viaggia ad una velocità molto vicina alla velocità del suono, e mentre viaggia è sempre al limite
dell’equilibrio, e quando arriva non si ferma dentro la carne come una qualsiasi pallottola, no, e
neanche attraverso un braccio o una gamba, no, lei si gira e si ritorce, e strappa e taglia e ti
vuota in pochi minuti di tutto, del tuo sangue, della tua passione, della tua rabbia… L'ironia è
l'arma della vigliaccheria, un vero soldato non sorride : spara perdio ! Semmai sorride
misuratamente (la morte non è mai del tutto bella), di soddisfazione, ad obiettivo raggiunto. Io
comunque, per fortuna, sono del tutto priva d'ironia. Per questo scrivo bene e sparo meglio.

Stavo mettendo giù questi appunti per un articolo che mi ha commissionato la rivista mensile
del Pentagono, quando ho sentito qualcuno che batteva alla mia finestra. Nemmeno il tempo di
girarmi al relenty che ho sentito un tuffo al cuore, uno spasmo allo stomaco, una fitta al petto
come quando mi passo l'eyeliner con quel mio stile inimitabile che quello stronzo di Marylin
Manson ha imitato.

Lui, lui, lui. Di nuovo. Lui, lui, lui. Dopo tanto tempo.

Ha cominciato a girarmi la testa, ribollirmi il sangue, tremarmi i polsi come quando mi guardo
allo specchio prima di lavarmi i denti.

Lui, lui, lui. L'uomo che da giorni, mesi, anni aspettavo bussasse alla mia porta. Di nuovo. E
questa volta per sempre.

Lui, lui, lui...

- Oriana cazzo, apri questa fottuta finestra che qui fuori si gela ! - mi ha sussurrato lui, lui, lui
con quel accento whasp che ancora mi blocca le viscere, mi inturgidisce i capezzoli, mi torce le
budella come quando mi pettino davanti all'armadio a specchio. Ho aperto con un gesto
morbido, vezzoso, studiato, sensuale, misurato e lui, lui, lui con un balzo è entrato in salotto.
La solita agilità di sempre, il suo corpo muscoloso non è cambiato in nulla, il suo sguardo
guerriero è sempre lo stesso, la sua presenza maschia inalterata, il suo enorme.....

Come un tempo, prima ancora di un qualsiasi altro gesto, ho cominciato a recitargli i versi che
ama tanto e che mille e mille volte gli ho intonato prima di ogni nostro amplesso amoroso.

- Oh Capitano, mio Capitano...-

Lui, lui, lui ha alzato gli occhi al cielo, il nostro segreto segnale d'intesa. Lui, lui, lui, di nuovo
qui, tra le mie braccia. Lui, lui, lui : Capitan America !!!!

Ho urlato. Di piacere, di eccitazione, di rabbia, di orgoglio e lui si è portato le mani alle


orecchie in quel suo classico gesto di apprezzamento per il mio furore sensuale.

- Capitan, sarai stanco per il lungo viaggio. Vieni, mi metto qualcosa di carino e poi ti preparo
un Gin & Tonic. Tu intanto metti un bel sottofondo musicale.... I dischi sono lì, tesoro, dietro la
cassa delle granate -.
Le note di Only you dei Platters hanno cominciato a diffondersi per l'appartamento. Merda, per
quello che avevo in testa avrei preferito "Bonded by blood" degli Exodus, "Killing is my
business... my business is good" dei Megadeth o, che so, "Fistful of metal" degli Anthrax o
l’estremismo hardcore di "Show no mercy" degli Slayer, ma va bene lo stesso...

Mi sono infilata un completino che tenevo in serbo dal '32 e mi sono presentata davanti a lui,
lui, lui tremante di piacere e lussuria. Si è messo le mani sugli occhi, il suo solito gesto di
eccitazione erotica. Mi sono abbandonata morbida come una gatta sedendomi al suo fianco e
lui, lui, lui, come al solito, si è spostato un po' più in là per contenere la sua veemenza fisica.

- Capitan ! - ho urlato nell'estasi della prossimità dell'amplesso - Capitan, non sei affatto
cambiato...-

- Neanche tu.. - ha fatto in tempo a dire con un filo di voce prima che mi avventassi su di lui
per strappargli la maschera a stelleestrisce, il costume a stelleestrisce, la canottiera a
stelleestrisce, i calzini a stelleestrisce, la panciera a stelleestrisce.

Gli uomini sono come gli animali, ho pensato in quell'attimo, come animali, belle bestioline
affondate fino alla punta dei capelli nel fango di un piacere immediato, assoluto,
autosufficiente. Poi gli ho infilato le unghie nel torace e il ditone del piede nel culo.

Only you
Can make, all this world seem bright
Only you
Can make, the darkness bright

Lui, lui, lui si è divincolato come al solito per tentare di contenere l'eiaculatio precox che lo
affligge dalla seconda guerra mondiale.

Io gli ho sputato su un occhio, accecandolo, e gli ho staccato un orecchio a morsi. Ho tentato


di spappolargli la milza tirandogli la Lettera 22.

Only you
Can make, all this change in me
For it's true
You are my destiny

Poi, finalmente, mi ha colpito con quel suo scudo con la stellona da cui non si separa mai. Una,
due, tre volte. Al volto, al fianco, alle ginocchia, al cranio.

Io, di converso, ho ribattuto con un possente getto di piscia al sangue, ma quello si è fatto
scudo con lo scudo. Gli serve apposta. Allora ho tentato di vomitargli a distanza una, due, tre
volte, ma lui, lui, lui mi ha assestato un colpo di karaté direttamente allo sterno facendomi
mancare il fiato.

When you hold my hand


I understand, the magic that you do
You're my dream come true
My one and only you

- Sììììì, Capitan, così ti vogliooooo.. - ho urlato in preda all'eccitazione selvaggia, bestiale,


inumana, feroce, rabbiosa, orgogliosa...

Ma lui, lui, lui mi ha bloccato urlando : - Non ce la farai nemmeno questa volta, maledetto
Dottor Destino ! Salverò ancora l'America ! - e mi ha colpito alla giugulare con un fendente
micidiale facendomi crollare a terra svenuta. Poi sono venuta.
Al risveglio, lui, lui, lui era scomparso. Come sempre. Come al solito, senza lasciar traccia.

Così mi piacciono gli uomini : maschi e senza nessuna ironia.


Lettere ad Oriana F.
Subject : Sei un mito !

Cara Oriana, mi chiamo Francesco e seguo con molta rabbia la tua rubbrica da New York. Sto
anch'io incazzato come una jena co sti arabbi demmerda e sono molto orgoglioso di avere
trovato finalmente qualcuno che mi spiega, come fai tu, perché sto ncazzato come una jena co
sti arabbi demmerda. Se passi dalle mie parti fa n fischio, se famo una raid insieme in qualche
campo nomadi che pure quelli in fonno in fonno so arabbi pure loro e je spaccamo r bucio de r
culo. Ti saluto co r massimo rispetto.

Francy

Subject : White Rage

Cara Oriana, sono un tuo accanito lettore da sempre. Apprezzo molto i tuoi ultimi lavori ed in
particolare il diario che tieni su quelle due riviste internet che francamente non capisco cosa
c'entrino con quello che proponi tu, ma naturalmente, non mi permetto di criticare certe tue
decisioni. Ti scrivo, come tuo accanito fan, per invitarti alla inaugurazione della sede della
nostra associazione cultural-militare che nel suo statuto si ispira alle tue idee e al tuo lavoro.
L'associazione ha già oltre 100 soci, tutti tuoi adepti. Abbiamo scelto di denominarci White
Rage perchè volevamo emergesse chiara tutta la nostra rabbia per il lassismo di certi politici
che non sanno affrontare con la durezza adeguata l'invasione culturale che stiamo subendo da
anni. E' uno scontro di civiltà dal quale non dobbiamo assolutamente uscire sconfitti. Heil.

Otto.

Subject : Oriana minchia sei forte

Oriana sei troppo mitica, grazie a te ora mi piacce la letterattura, prima pensavo fosse na
minchiata per tipi da brufoli, minchia mi sbagliavo, i libri sono troppo belli, spero prima o poi di
leggierne anche altri oltre ai tuoi che sono bellissimi e spero anche di fare la guera come hai
fatto te, ma anche a te piacciono i film horror? scommetto di si, al mio ragazzo piacciono
anche quelli splatter ma quello lo so che guarda i film porno, perchè io mica gliela do, io ho
imparato da te Oriana. Smack

Samantha85

Subject : Edizione Straordinaria

Gentile Sig.ra F., come direttore apprezzo inestimabilmente il giornalismo di frontiera di cui ci
sta dando sommo esempio nel suo diario che tiene su Internet (per quanto, qualche
perplessità sulla scelta delle testate, ci sarebbe, ma tant'è..). Sarò breve, come direttore ho un
problema con un nostro conduttore protetto dall'internazionale comunista che io vorrei
sbattere fuori a calci nei denti e nei coglioni (mi consenta questo orianismo...), ma non posso
farlo per non creare un caso diplomatico con Cuba. Insomma, me lo devo tenere quel
comunista di merda. Tuttavia, volevo sondare la sua disponibilità ad un eventuale
affiancamento al suddetto (sedicente) giornalista nella doppia conduzione del programma che
quel tale tiene ogni venerdì su una delle nostre reti più importanti. Da parte mia posso
assicurarle che lei potrà utilizzare in trasmissione tutti gli strumenti che riterrà opportuni per
ridurre al silenzio quella fetenzia trinariciuta. Se poi ci scappasse anche il morto, beh, come
dice il nostro Presidente, la guerra è guerra, e, come dicono i giudici del riesame di Napoli,
l'occasione fa l'uomo killer (ma senza una vera inclinazione alla serialità). Resto in attesa di un
suo gentile riscontro.

Agostino Saccà

Subject : God bless you

Signora F., ho letto con piacere il suo diario, con grandissimo piacere, e sono fiero che lei sia
americana. Anche io sono americano e sono fiero di esserlo. E così anche mia moglie e i miei
figli, e la maggior parte delle persone che conosco. Il mio cane ululava l'inno ogni mattina.
Purtroppo ora non c'è più.
Voglio raccontarle una cosa che mi succede da quando ho iniziato a leggere Fiele.
Dopo la strepitosa lettura della prima meravigliosa puntata, ho iniziato a fare un sogno molto
strano. Arrivo sotto le Twin Towers, ancora in piedi, e sento un forte fischio nelle orecchie.
Allora mi arrampico su una delle due torri, si, proprio come king kong. Arrivo a metà circa e
vedo arrivare un aereo verso di me, mi preparo a fermarlo con cannone di cinque metri di
diametro, ma i sogni spesso sono realistici: l'aereo si schianta sulle torri, uccidendo me e altre
migliaia di persone.
Secondo il mio analista questo rappresenta l'impossibilità di noi americani di fermare un
pericolo più grande di noi. Il mio analista, nonostante sia ebreo, non ci capisce un cazzo. Noi
americani, Dio ci benedica, siamo più grandi di qualsiasi cosa, e questo lei lo sa bene. Ma
allora questo sogno che io faccio da quando leggo le cose che lei scrive, cosa significa? Spero
di ricevere presto una sua risposta. Qui i dottori non vogliono lasciarmi uscire, quindi mi mandi
una lettera, aggiungo l'indirizzo che chiedo non venga pubblicato perché ho paura degli uomini
con la barba
Dio benedica l'America.

Subject : Solidarietà con Oriana F.

Cara Sig.ra Oriana, le scrivo per esprimerle tutta la mia solidarietà. Viviamo in un mondo
difficile, ma lei lo sta prendendo per le palle. Il suo modesto ammiratore :

Ariel S.
Fiorentini, ma dove cazzo eravate nel momento del bisogno ?
Firenze, 10 novembre 2002

Un gettone. Un solo fottutissimo gettone. Uno, uno solo.

La guerra è così. Tutto ciò che diamo per scontato, che è normale, diventa terribilmente
complicato. Cos'è un gettone ? Nulla. Eppure in certe situazioni può essere più prezioso
dell'oro. Firenze o Saigon è lo stesso. Tutte le città si assomigliano in tempo di guerra. Vorrei
sentire la tua voce un'ultima volta Ferruccio. Potrei non farcela. Per mezzo di quei personaggi
che non conosco, i direttori di di Trascendentale e GranBaol, mi hai chiesto di scrivere questa
corrispondenza dal fronte fiorentino. E io rispondo come sempre Ferruccio : "Obbedisco". Ma
sento che questa potrebbe essere l'ultima.

Perché è impossibile che quei gentiluomini e quelle gentildonne usi a imbrogliare con la parola
più sputtanata del mondo, la parola Pace, non ci devastino Firenze. Sì, è impossibile. Lo
faranno quei porci. Lo so. Me lo sento. E io sarò lì, sola, a fronteggiarli. Forse non oseranno
spaccare i genitali del David e del Biancone. Non oseranno romperle le braccia del Perseo di
Cellini. Forse non oseranno nemmeno assaltare le banche e i consolati e le caserme. Ma non
esiste solo la violenza fisica. La violenza che nutrendosi di cinismo va in cerca del morto da
santificare, che per trovarlo scaglia pietre o estintori contro il carabiniere terrorizzato. La
violenza che nutrendosi di cretineria imbratta le facciate degli antichi palazzi, frantuma le
vetrine, saccheggia i Mac Donald, brucia le automobili...

E io sarò lì, sola, a fronteggiarli. Sarà la mia apoteosi : sola contro centinaia di migliaia. Forse
morirò, ma lo farò cantando l'inno della Libertà e sventolando la bandiera a stelle e strisce
mentre quella banda di bufali imbizzarriti mi schiaccerà. Sarà bello morire così. Ma vorrei
sentirti Ferruccio. Per via della copertura fotografica.

Con circospezione sono entrata in una bar. Ho allungato cinque dollari all'uomo dietro al
bancone e gli ho sussurrato con quanto fiato avevo in gola di procurarmi un gettone stando
bene attenta che nessuno intorno mi sentisse. Spie charlie si nascondono dappertutto.
Dappertutto. Maledetti. E maledetta guerra. L'uomo mi ha guardato interrogativamente. Forse
non è occidentale ho pensato e ho ripescato dalla mia memoria quelle quattro parole arabe che
conosco. Ho ripetuto la richiesta.

Quel maledetto stronzo è rimasto a bocca aperta. "Fai il gioco duro, eh" ho bofonchiato tra me
e me e in faccia a lui. Ho cercato nella valigia che mi ha preparato Whoopi - la mia cameriera
negra con quel marito lascivo che brama fetish e bondage ogni volta che mi appoggia gli occhi
porcini addosso - un chador da sbattere sul grugno di quel levantino schifoso, ma quella
ignobile negra non me l'ha messo. "Signora Oriana, a che le serve ?" mi ha detto "Va in Italia,
mica a Teheran". Fottuti subalterni. Un militare non deve pensare. Deve eseguire gli ordini,
cazzo.

Allora ho estratto dalla borsetta una bomba a mano e ho infilato tra i denti la levetta di
innesco. Con un balzo sono saltata dietro il bancone prendendo per il collo il viscido seguace di
Maometto e gli sputato nelle orecchie con quanto fiato avevo in gola di indicarmi dove
nascondeva i gettoni o avrei fatto una strage. Cazzo, ha ritrovato la parola il porco e con il dito
tremante mi ha indicato un cassetto. L'ho aperto. "Oh God, Dio, God, Gooooooooooooood" ho
urlato. Solo piccole inutili schede, oggetti sconosciuti, probabilmente roba buona per il mercato
nero. Forse schede annonarie. Certo inutilizzabili per fare la mia telefonata a te, Ferruccio.

Allora sono corsa fuori non prima di togliere la sicura alla bomba a mano. E' stata una strage.
Ma qualcuno deve pur liberare il mondo da questi arabi di merda. E di certo non lo faranno
quei vigliacchi del sindaco, del presidente della Regione, del deputato, del senatore, del
ministro, del segretario generale. Uomini senza palle che non hanno mai visto una guerra vera.
Stronzi fottuti.
Poi ho abbassato la saracinesca e ho messo il cartello che i coraggiosi misero nel 1922 cioè
quando i fascisti di Mussolini fecero la marcia su Roma. «Chiuso per lutto» e me ne sono
andata.

Ad un certo punto, camminando, l'orrore. L'orrore. Eccoli, eccoli. Sono loro. Loro. Maledetti.
Due black bloc erano lì, tranquilli e al tempo pronti a sfasciare tutto, ai bordi della strada. Con
le loro divise identiche a quelle viste a Seattle, a Washington, a Praga, a Montreal, a Nizza, a
Davos, a Göteborg, a Genova, a Barcellona... Sono anche armati cazzo. Hanno un mitra in
mano. E bloccano le automobili con una specie di paletta rossa. Rossa come Pol Pot, Stalin,
Che Guevara. Comunisti !!!! Feccia dell'umanità. Si sono anche organizzati i bastardi. Adesso
hanno anche le macchinone col lampeggiante e una strana scritta sulla fiancata. Probabilmente
è cirillico. Maledetti, maledetti comunisti. Siate maledetti per sempre.

Presa da un impeto di rabbia e orgoglio ho cominciato ad insultarli con quanto fiato avevo in
gola : "Falsi rivoluzionari, !! figli di papà !!, che vivendo alle spalle dei genitori o di chi vi
finanzia osate cianciare di povertà. Di ingiustizia. Presunti pacifisti !!, false colombe, che la
pace la invocate facendo la guerra e la esigete da una parte sola. Cioè dalla parte degli
americani e basta. Mai che la chiediate a Saddam Hussein o a Bin Laden, eh ?!!?!!. Mai che
improvvisiate un corteuccio per le creature assassinate o gassate dal primo e le creature
massacrate dal secondo. Infatti Saddam Hussein lo rispettate, Bin Laden lo amate.
Bastardiiiiiiiiii !!! Fottuti maledetti !!!!". Poi ho preso in mano dei sampietrini e ho cominciato a
bombardarli. Uno, cento, mille. Non mi arrendo io. Non mi sottraggo allo scontro.

Quelli mi hanno guardato rabbiosi, furenti, trasfigurati dalla loro rabbia e violenza e hanno
cercato di prendermi bestemmiando in una lingua sconosciuta. Sovietico probabilmente. Viste
le forze nemiche soverchianti, mi sono data (temporaneamente) alla fuga. Non ho più la forza
di un tempo, Ferruccio, e dopo un po' che i due black bloc mi inseguivano ho cercato rifugio in
un ristorante, un bar, un mercato, un negozio, una scuola. Ma niente. Erano tutti chiusi, cazzo.

Ho corso corso, corso, corso e urlato, urlato, urlato con quanto fiato avevo in gola finchè l'ho
vista. Lei. Santa Maria Novella. La mia Santa Maria Novella, Ferruccio. Quel monumento
simbolo della civiltà, la bellezza, l'armonia, la superiorità della nostra cultura contro
l'oscurantismo dei fottuti islamici. Con le ultime forze che mi restavano sono arrivata sul
sagrato e lì, per lo sforzo immane, ho vomitato una, due, tre volte. Poi anche la vescica ha
ceduto e ho pisciato per la tensione e lo sforzo, la rabbia e l'orgoglio.

Poi mi sono girata, ho allargato le braccia e ho lasciato che i due black bloc facessero di me
quello che volevano.
New York, 14 marzo 2003

Caro Ferruccio, mi dico spesso: come sarebbe bello se gli iracheni si liberassero da soli di
Saddam. Come sarebbe bello se lo uccidessero e appendessero il suo corpo per i piedi come
noi italiani abbiamo fatto con Mussolini nel 1945. Ma questo non aiuta. O aiuta in un solo
modo. Stavo ancora cercando di capire quale, quando, per fortuna, ha interrotto i miei pensieri
una telefonata da Los Angeles di Sofia Loren, la mia amica Sofia, con il solito segreto squillo
d'intesa. Con la sua voce gorgogliante, carica di vita, ha detto: «Quanto è bello, Oriana mia, il
tuo editoriale sul Wall Street Journal, quanto è bello! Sembra scritto con la saggezza d'una
centocinquantenne e con la passione d'una diciottenne». «Puttana troia Sofia» le ho risposto
«possibile che da centocinquant'anni ripeti sempre le stesse cazzate ?» e le ho sbattuto il
telefono in faccia. Sono centocinquant'anni che la nostra segreta intesa funziona così, e mai ho
pensato di dargli una spolverata. E' per via della mia fottuta allergia agli acari. Maledetta
guerra e maledetta polvere !

Comunque sia, caro Ferruccio, tu non puoi immaginare quanto mi preoccupi il cosiddetto
pacifismo che ho visto nelle piazze di tutto il mondo. Tu non puoi immaginarlo, perché non
puoi e basta, quindi non rompere le palle, Ferruccio, non puoi immaginarlo. Io sì, tu no. Io
posso immaginarlo, tu non puoi. Spero sia chiaro. Dicevo che mi preoccupano questi figli di
papà cosiddetti pacifisti che odiano l'America solo perché l’Europa non è più l’Europa. È
diventata una provincia dell’Islam come la Spagna e il Portogallo al tempo dei Mori. Ospita
sedici milioni di immigrati musulmani, cioè il triplo di quelli che stanno in America. Rigurgita di
mullah, di ayatollah, di imam, di moschee, di turbanti, di barbe, di burqa, di chador, e guai a
protestare. Prendi i francesi. I francesi, Ferruccio, sono delle merde incredibili. Tu credi che i
nemici stiano a Baghdad ? Coglione. Coglioni tutti, tutti voi, anche il papa, cazzo. I nemici
stanno anche in Europa. Stanno a Parigi dove il mellifluo Chirac se ne frega della pace ma
sogna di soddisfare la sua vanità col Prix Nobel de la Paix. Io conosco francesi e papisti,
Ferruccio, e soprattutto conosco la guerra, io sì. Io, io so bene che cosa significa vivere nel
terrore, correre sotto le cannonate o le bombe da mille chili, veder morire la gente ed
esplodere le case, crepare di fame, non aver nemmeno l'acqua da bere, sentire le persone
implorare "No! La prego signora Oriana F.! Non mi uccida! Non mi uccida! Farò tutto quello che
vuole!" e poi quegli stupidi gorgheggi caratteristici dei Mori arabi islamici maledetti che
pisciano sulle nostre chiese blasfemi arretrati che sono migliaia di anni indietro rispetto alla
nostra civiltà maledetti maledetti maledetti.

Comunque, Ferruccio, pensavo a tutto questo l'altra sera quando ho deciso di andare a fare
una passeggiata. Ero stanca perché la mattina l'avevo passata a strappare bandiere della pace
dai balconi e a mutilare gatti persiani. Ma mi sento ancora una giovane, così mi sono messa il
mio elmetto da passeggio, ho caricato la borsetta di uova e sono partita in avanscoperta verso
l'ambasciata francese. Volevo sbatter loro sul grugno un po' di quei loro fottuti prodotti che sto
boicottando ormai da un mese. Volevo bombardarli di coq. Così, uno dopo l'altro. Maledette
uova, maledetta merde francese. Dovremo mangiare solo pomodori che sono americani. Da
occidentale fiera della sua civiltà e quindi decisa a difenderla fino all’ultimo fiato, senza riserve,
ho deciso di unirmi a Bush e a Blair asserragliati dentro una nuova Fort Alamo circondata da
mori e francesi. Senza riluttanze ho deciso di combattere e morire con loro. Il che è l’unica
cosa sulla quale non ho il minimo dubbio. Maledetti francesi. Maledetto Pétain e maledetto il
suo amico Saladino.

Con questa intima convinzione mi ero preparata un discorso, sicura di essere ascoltata. Ma per
una questione preventiva - conoscendo l'ottusità dei francesi - ho portato con me un megafono
e una negra originaria della Guyana da offrire in sacrificio. Una volta davanti all'ambasciata ho
ruttato come una leonessa di fronte alle guardie - due negri francesi altissimi, sessualmente
ben dotati e con sguardi incredibilmente lascivi - scagliando loro in faccia il chador di tante
battaglie, e ho chiesto di entrare. Ma quelli non capivano un cazzo, Ferruccio. Allora ho acceso
il megafono urlando con quanto fiato avevo in gola : "Iuessè! Iuessè! Iuessè! Usa! Usa! Usa!".
E quelli niente, impassibili. Infine, ho iniziato a sputare saliva, parole e sangue bestemmiando
e vomitando che se l'11 settembre 2001 gli aerei si fossero schiantati su quella loro cazzo di
torre di ferro piena di ruggine, ora i francesi sarebbero dalla nostra parte, dalla mia e di
George e Tony. Ma poi, Ferruccio, secondo te è un caso che questo codardo francese che a
quanto pare è il premier si chiami Chiraq? Iraq, perdio! Iraq! Non cogli Ferruccio, anche la
terribile, violenta, araba, barbarica assonanza con coq ? Come vorrei avere in mano io la Cia e
suoi 007, Ferruccio. Già mi ci vedo in cinemascope : my name is F., Oriana F.

Stavo per compiere il gesto estremo del sacrificio della negra, quando questa mi ha implorato
di risparmiarla giurando di aver passato 6 mesi in Ruanda con Diane Fossey : con quei due
gorilla ci avrebbe parlato lei. Chissà come, quella scimmia mi ha convinta Ferruccio. In fretta e
furia l'ho nominata sottotenente sul campo e l'ho mandata in missione intimandole di vincere o
morire. Ma quella una volta superata la garitta delle due guardie si lanciata come un giocatore
di football oltre il cancello invocando immediatamente il diritto d'asilo. Ho sentito una rabbia
fredda, lucida, orgogliosa, montarmi dentro e ho cominciato a vomitare lì, davanti
all'ambasciata, una, due tre volte finché è intervenuta la solita squadra di specialisti di guerra
batteriologica e ha cominciato a spruzzarmi addosso con un idrante degli strani prodotti. Ho
tirato un gran sospiro di sollievo solo dopo aver notato, sotto il cubitale DANGER dei bidoni, la
scritta salvifica, illuminante, rigenerante "made in Usa". Sentivo di poter mollare finalmente la
presa dopo tanti anni. Questa volta è fatta Ferruccio, mi son detta. Ho imprecato due ultimi
desideri all'ufficiale che mi pareva avesse il comando.

1) Voglio chiedere scusa al signor Blair in quanto nel mio libro «La rabbia e l’orgoglio» sono
stata ingiusta con lui. Sviata dal suo eccesso di cortesia nei riguardi della cultura islamica ho
scritto che era una cicala tra le cicale, che il Suo coraggio non sarebbe durato a lungo, che
appena non fosse più servito alla Sua carriera politica lo avrebbe messo da parte. Invece
quella carriera politica la sta sacrificando alle proprie convinzioni. Davvero mi scuso e ritiro
anche la brutta frase che aggravava l’ingiustizia: «Se la nostra cultura ha lo stesso valore
d’una cultura che costringe a portare il burqa, perché passa le vacanze nella mia Toscana e
non in Arabia Saudita o in Afghanistan?». E Le dico: «Ci venga quando vuole. La mia Toscana
è la Sua Toscana, e la mia casa è la Sua casa. My home is your home».

2) Vorrei che le mie ceneri fossero conservate nella fiaccola della Statua della Libertà..... Come
? Che dice ?? Porco cazzo Ferruccio, dovevi avvertirmi che era francese anche quella.
Che dolore mi dai, caro Ferruccio.

La lettera che Oriana F. scrisse a De Bortoli una volta saputo delle dimissioni del
"caro Ferruccio" dalla direzione del Corsera.

Caro Ferruccio, ti scrivo con il cuore in gola, con le budella che mi si torcono, con il sangue che
mi monta alla testa. Come hai potuto? Come hai potuto essere così senzapalle, senza un
minimo di rabbia, un qualche rigurgito di orgoglio? Come hai potuto abbandonare la nave
proprio ora che il paese ha più bisogno di te? Forse non lo sai Ferruccio, ma c'è la Guerra.
Sporca, laida, infame, lercia come tutte le guerre, ma vivaddio, pur sempre Guerra, Ferruccio!

Ho saputo la notizia stamattina mentre mi stavo preparando, e per il furore, invece di passarmi
l'eyelainer - il mio famoso eyelainer - sotto gli occhi, ho lasciato che la mano si sfogasse in un
ampio gesto michelangiolesco disegnandomi un crop circle sulla faccia. Fottuti alieni! Maledetti,
maledetti, maledetti! Anche qui, anche fino a me siete arrivati adesso.

Scuotiti Ferruccio, scuotiti! Porco cazzo, vedi bene che il nemico è qui tra noi. La tua penna
serve ancora. Quella spada fiammeggiante che rende la tua prosa così violenta e maschia, la
devi usare ancora perdio. Diobono Ferruccio, ma metti il naso fuori da Via Solferino ogni tanto.
Siamo circondati. Sono dappertutto. Vogliono imporci i loro chador, costringere la bella Letizia,
la mia amica Letizia, ad introdurre lo studio del Corano nelle nostre scuole, far crescere la
barba perfino a te e Mario Giordano, importi il turbante nelle riunioni di redazione.

Sono arabi Ferruccio, ormai dovresti aver imparato a conoscerli. Fino a che non avremo
transennato a suon di bombe e marines anche l'ultima moschea della Mecca, Santa Maria
Novella e con lei tutte le nostre belle chiese cristiane, non saranno sicure. Capisci Ferruccio? Mi
conosci da tanto tempo, io non ho peli sulla lingua e nemmanco riusciranno mai a farmeli
crescere quelle merde levantine. E' un momento in cui c'è bisogno di ognuno di noi Ferruccio.
Siamo tutti arruolati. Siamo soldati, pronti a tutto, addestrati ad ogni evenienza, pronti a
morire se necessario.

Con quanto dolore ho appreso della tua contrarietà all'intervento di liberazione in Iraq. Che
dolore mi hai dato Ferruccio. Per la rabbia, in un soprassalto d'orgoglio, ho preso la tua foto e
ci ho vomitato sopra una, due, tre volte. E avrei continuato se non fosse intervenuta Whoopi -
la mia cameriera negra con quel marito che ogni volta che mi guarda, per la lussuria che gli
accendo, sbianca come un Michael Jackson qualsiasi -somministrandomi un potente sedativo
abilmente nascosto in un panino di quelli che mi cucina lei personalmente a forma di Bin
Laden, Saddam e il mullah Omar. Me l'ha messo davanti al naso e l'ho abbrancato, morsicato,
fatto a brandelli mentre il sangue mi colava dagli occhi, la bava dalla narici, l'urina dalle
orecchie. Immagini raccapriccianti, lo ammetto. Ma è il mio particolare metabolismo della
rabbia e dell'orgoglio. Non ho mai digerito le mezze misure.

E infine Ferruccio, a chi indirizzerò i miei prossimi articoli? "Caro Stefano Folli"? E chi cazzo è
Stefano Folli ? Il direttore di GranBaol o Trascendentale? Che esperienze di guerra può
vantare? Quante tacche ha sul suo fucile? Quanti viet ha spedito al creatore? Leggo sulla sua
biografia che ha lavorato alla Voce repubblicana. Mi viene da piangere Ferruccio. La Voce
repubblicana? Cos'è? il bollettino di paese che adesso dirige quel ciccione riformato alla leva di
Giuliano Ferrara? Lo odio quell'elefante. Uno che straparla di guerra, anzi di Guerra, col culone
appoggiato su una poltrona a due piazze. Diobono, mai un minuto di prima linea nella sua
carriera. Coglione. Mezzo uomo. Mezzo elefante. Porco cazzo, è un problema perfino
descriverlo quell'essere.

Concludo Ferruccio, sperando di averti fornito un contributo pacato per quella riflessione
maschia che mi aspetto da te. Ogni soldato ha un momento di debolezza Ferruccio. Non
credere che io sia così insensibile da non comprenderlo. Ma poi passa! Perdio, siamo uomini!

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