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Rivista semestrale di Scienza Costituzionale e Teoria del Diritto diretta da AGostino Carrino e AlJs ViGnudelli

L O STAT O

Mucchi Editore

DIREZIONE SCIENTIFICA BOLOGNA


(Universit di Modena e Reggio Emilia)

ALJS VIGNUDELLI

DIREZIONE SCIENTIFICA ROMA


(Universit di Napoli Federico II)

AGOSTINO CaRRINO

Comitato di redazione Modena


(Universit di Modena e Reggio Emilia, Capo redattore)

LUca VESPIGNaNI

(Universit di Modena e Reggio Emilia) (Universit di Modena e Reggio Emilia) (Alma Mater - Universit di Bologna) (Universit di Sassari)

VaLERIa BORTOLOTTI SIMONE FRaNZONI FEDERIcO PEDRINI

ANTONIO RIvIEZZO

Comitato di redazione Roma


(Universit di Roma Foro Italico, Capo redattore)

CaRMINE DE ANGELIS

(Universit di Roma La Sapienza) (Universit di Perugia)

FEDERIcO LIJOI

DaNIELE PORENa

COMITATO SCIENTIFICO
RObERT ALEXY (Christian-Albrechts-Universitt zu Kiel Germania) ANTONIO BaLDaSSaRRE (Luiss Guido Carli di Roma, Pres. Emerito Corte Cost. Italia) MaURO BaRbERIS (Universit di Trieste Italia) SERGIO BaRTOLE (Universit di Trieste, Presidente emerito AIC Italia) ScOTT BREWER, (Harvard University, Cambridge, MA USA) JRGEN BRHMER (Murdoch University, Perth Australia) PIERRE BRUNET (Universit Paris Ouest Francia) AGOSTINO CaRRINO (Universit di Napoli Federico II Italia) ANTONIO DATENa (Universit di Roma Tor Vergata, Presidente AIC Italia) BIaGIO DE GIOvaNNI (Universit degli Studi di Napoli LOrientale Italia) MaRIO DOGLIaNI (Universit di Torino Italia) HORST DREIER (Julius-Maximilians-Universitt Wrzburg, gi Presidente VDStRL Germania) GIUSEPPE DUSO (Universit di Padova Italia) TIMOTHY ENDIcOTT (Dean of the Faculty of Law, University of Oxford Regno Unito) RObERTO GaRGaRELLa (Universidad de Buenos Aires Argentina) LEcH GaRLIcKI (Uniwersytet Warszawski, gi giudice costituzionale Polonia) MORRIS L. GHEZZI (Universit Statale di Milano Italia) JUaN CaRLOS HENaO (Universidad Externado de Colombia, Pres. Emer. Corte Cost. Colombia) HaSSO HOfMaNN (Humboldt-Universitt zu Berlin Germania) PHIILIP KUNIG (Freie Universitt Berlin Germania) CHaRLES LEbEN (Universit Panthon-Assas Francia) MIcHELa MaNETTI (Universit di Siena Italia) FabIO MERUSI (Universit di Pisa Italia) ERIc MILLaRD (Universit Paris Ouest Francia) GIUSEPPE MORbIDELLI (Sapienza Universit di Roma Italia) PTER PacZOLaY (Szegedi Tudomnyegyetem, Pres. Corte Cost. Ungheria) ENRIcO PaTTaRO (Alma Mater-Universit di Bologna Italia) STaNLEY L. PaULSON (Washington University, St. Louis, MO USA) GERaLD J. POSTEMa (University of North Carolina at Chapel Hill, NC USA) GIUSEPPE UGO REScIGNO (Sapienza Universit di Roma Italia) PIETRO REScIGNO (Sapienza Universit di Roma, Accademia Nazionale dei Lincei Italia) GEORG RESS (Universitt des Saarlandes, gi giudice della CEDU Germania) ALbERTO ROMaNO (Sapienza Universit di Roma Italia) ALEJaNDRO SaIZ ARNaIZ (Dir. Dep. de Dret, Universitat Pompeu Fabra, Barcelona Spagna) ANTONINO ScaLONE (Universit di Padova Italia) MIcHELE ScUDIERO (Universit di Napoli Federico II, gi Presidente del CUN Italia) EMaNUELE SEvERINO (Universit Ca Foscari di Venezia Accademia Naz. dei Lincei Italia) FEDERIcO SORRENTINO (Sapienza Universit Roma, Presidente emerito AIC Italia) SaNDRO STaIaNO (Universit di Napoli Federico II Italia) FRaNcO GaETaNO ScOca (Sapienza Universit di Roma Italia) KURT SEELMaNN (Universitt Basel Svizzera) GIULIaNa STELLa (Universit di Napoli Federico II Italia) GIUSEPPE TESaURO (Universit di Napoli Federico II, Giudice Costituzionale Italia) MIcHEL TROPER (Universit Paris Ouest Francia) STEPHEN TURNER (University of South Florida, FL USA) RODOLfO VZQUEZ (Instituto Tecnolgico Autnomo de Mxico Messico) ALJS VIGNUDELLI (Universit di Modena e Reggio Emilia Italia) MaURO VOLPI (Universit di Perugia, gi componente CSM Italia) GNTHER WINKLER (Universitt Wien, gi Presidente VDStRL Austria)

INdICE

Saggi
BIaGIO DE GIOvaNNI, Sovranit: il labirinto europeo................................................................ 11 CHaRLES LEbEN, Diritto, etica e religione nel Giudaismo.......................................................... 39 GIULIaNa STELLa, Hugo Krabbe e la sovranit del diritto......................................................... 55 ALJS VIGNUDELLI, Valori fuori controllo? Per unanalisi costi/benefici dun topos della letteratura costituzionalistica contemporanea......................................................... 71

Materiali
AGOSTINO CaRRINO, Erich Kaufmann critico di Weimar........................................................ 119 ERIcH KaUfMaNN, Luguaglianza dinanzi alla legge ai sensi dellart. 109 della Costituzione del Reich........................................................... 127 HaNS KELSEN, Diritto e potere................................................................................................. 147 FEDERIcO PEDRINI, Colloquio su Filosofia e (Scienza del) Diritto. Intervista al Prof. Emanuele Severino (8 giugno 2013)................................................. 151 FRaNcEScO DI DONaTO, La trasparenza contro lostacolo....................................................... 179 JEaN RaY, La Rivoluzione francese e il pensiero giuridico...................................................... 213

Note e Discussioni
ANTONINO ScaLONE, Kelsen lettore di Platone........................................................................ 243 LUca VESPIGNaNI, Il mutaforma criterio della ragionevolezza................................................ 257

Biblioteca
AGOSTINO CaRRINO, Hugo Preu dalla Costituzione bismarckiana alla Weimarer Reichsverfassung................................................................................ 271 ANTONIO RIvIEZZO, Scommettere sulle libert contro la reductio ad Hitlerum: lo Stato costituzionale moderno...................................................................................... 281 Riferimenti bibliografici....................................................................................................... 291

Saggi

Sovranit: il labirinto europeo di Biagio de Giovanni Diritto, etica e religione nel Giudaismo di Charles Leben Hugo Krabbe e la sovranit del diritto di Giuliana Stella Valori fuori controllo? Per unanalisi costi/beneci dun topos della letteratura costituzionalistica contemporanea di Aljs Vignudelli

Sovranit: il labirinto europeo


di Biagio de Giovanni*

Sommario: 1. Ombre di crisi. 2. Due legittimazioni intrecciate. 3. Lordoliberalismo originario. 4 Destino degli atti sovrani e post-sovranit. 5. Due sovrani ambedue legittimi. 6. La democrazia europea: una nuova dimensione del problema. 7. Lo scorporo dellUnione monetaria e gli effetti sulla democrazia. 8. Le due legittimazioni originarie entrano in contrasto. 9. La dimenticanza del demos e il dibattito fra Jrgen Habermas e Dieter Grimm. 10. La posizione di J. Weiler. 11. Effetti di scissione. 12. Ritorna il rapporto fra sovranit e democrazia. 13. LEuropa come mera comunit giuridica. 14. Legittimazione attraverso i diritti e suo limite. 15. Varie comunit irrelate fra loro. 16. Il ritorno dei demoi.

1. Ombre di crisi
Laffascinate e complicato tema della sovranit torna attuale nella discussione sullUnione europea. Si affollano contributi importanti sparsi lungo lultimo decennio con particolare insistenza dopo il 20101. Ho provato a chiedermi la ragione di questo ritorno, e la prima risposta che ho provato a darmi sta nelle ombre di crisi che attraversano lEuropa che gi si potevano intravedere durante la discussione che sfoci nel Trattato di Nizza (2000), nel fallimento del Trattato costituzionale nel 2005 e nellintenso e contrastato dibattito che ha portato al Trattato di Lisbona, un grande compromesso disseminato di nuovi squilibri. Gli avvenimenti successivi sono tutti in corso. Il carattere di questa crisi particolare: si presentata, soprattutto a partire dal 2007, come crisi finanziaria nata in America e approdata nellEuropa delleuro, e giustamente laccento degli analisti stato posto in modo prepotente su questo aspetto che ne coinvolge altri, di natura macroeconomica. Ma a un occhio attento non poteva sfuggire che dentro e intorno a quella crisi, che ha avuto momenti drammatici, e potrebbe ancora averne in futuro, si disegnava un quadro complessivo che andava a in* Universit degli Studi di Napoli LOrientale. 1 Un testo significativo quello curato da KALMO-SkINNER, Sovereignty in fragment, The Past, Present and Future of a contested concept, Cambridge University Press, 2011.
Lo Stato, n. 1 (2013), pp. 11-37

Biagio de Giovanni

taccare la medesima sostanza del progetto comunitario. E non poteva che essere cos. Talmente centrale, per questo progetto, lUnione monetaria, che la crisi del suo funzionamento ha gettato e getta le sue ombre su tutto ci che le stava intorno e anche su ci che si disegnava pi sullo sfondo. Su quali aspetti, in modo particolare? Proprio sul problematico rapporto fra sovranit degli Stati-membri e sistema europeo, dal momento che mai come nei momenti pi drammatici della crisi si compreso come fra questi due livelli si andasse interrompendo la relativa armonia (o almeno la buona ed efficace coesistenza) dei decenni trascorsi, la capacit di ritrovare di volta in volta i compromessi opportuni, e che si aprisse un nuovo capitolo che andava a intaccare lo stesso tema delle rispettive legittimazioni. Le regole imposte dalle istituzioni europee agli Stati in difficolt, con la durezza che la crisi imponeva, andavano a intaccare un livello che chiamerei di legittimazione sociale dei medesimi Stati mettendo in discussione, con tensioni in certi paesi drammatici, la stessa coesione sociale. Il tentativo che vorrei inizialmente svolgere di tradurre la veloce rappresentazione di questa situazione politica in categorie di analisi: labbozzo di una ermeneutica della crisi.

2. Due legittimazioni intrecciate


Sviluppo un passaggio che ho messo brevemente a fuoco in un saggio pubblicato in Italiani-Europei2 e che delinea il problema nel modo seguente: alle origini della costruzione europea, in quei decisivi anni cinquanta in cui furono compiute le grandi scelte, vennero a coincidere, o quasi, nelle date, la costruzione degli Stati sociali e linvenzione comunitaria. La prima disegnava una iperlegittimazione democratica di quegli Stati, per la prima volta nella loro storia, collocandola proprio in una nuova socialit; la seconda, cominciava a trasferire qualcosa dellesercizio proprio della sovranit pi verso lalto, nella dimensione sovranazionale e comunitaria. Si incominciarono a disegnare due tragitti della legittimazione, il primo incardinato nello Stato, che sembrava uscire da una crisi dichiarata lungo un secolo3 nello stesso momento in cui prendeva coscienza della propria insufficienza; il secondo, che avviava, appunto, un percorso individuante un altro livello della legittimazione, e le due cose incominciarono il loro tragitto parallelo e intrec2

3 Sul tema, nella sterminata bibliografia, un punto di riferimento per me stato G. MARRAMAO, Dopo il Leviatano. Individuo e comunit nella filosofia politica, Torino, Giappichelli, 1995.

107.

B. DE GIOVANNI, Europa. Due legittimazioni in contrasto, in Italiani-Europei, 2013, 2, 103-

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Sovranit: il labirinto europeo

le o allorganizzazione del mondo, proviamo ad abolirlo un concetto imperialistico come scrisse Hans Kelsen45 e vediamo subito che c qualcosa che non torna. Il mondo si distenderebbe in una veduta tutta orizzontale dove bisognerebbe dare intera fiducia a un normativismo astratto, privato di ogni volont in grado di mettere in moto la vita storica. Ecco che cosa pu significare il ritorno del demos indotto dalla crisi che ha tolto lEuropa dalla sua routine. LEuropa vive se riesce a dar vita alle nazioni che ne fanno parte e le nazioni vivono se riescono a dar vita allEuropa di cui fanno parte e in questo quadro la sovranit un complesso processo di identificazione. L la storia, delle nazioni e dei rapporti reciproci. Tante democrazie, insomma, per quanti sono gli Stati nazionali. Il rischio che la costruzione europea ha sempre attraversato sta nel suo prodursi soprattutto dentro il tecnicismo delle istituzioni che spesso ha ricadute tarde e discutibili sullinsieme della vita del continente. La crisi sta esaltando questo problema e acuisce la necessit di pensare, e forse questa la sua virt nascosta.

Abstract
After reviewing the current contrast between two authorities, that of the welfare State and that of supranational Europe, the paper moves on to argue the need for a full resumption of the theme of sovereignty which is strictly linked to that contrast. The Author is critical of the demise of this political category, of post-sovereignty theories and of the dissolution of the State, and argues in favour of the revival of that principal both in order to reformulate the theme of European democracy, beyond the worn-out idea of the democracy deficit, and to break free from the restrictions of full legalization of the integration process. In this framework, he argues in favour of the return of the demoi (the peoples of Europe) as a concept that does away with the image of an abstract citizenship and imposes new paths to solve the systematic crisis of the whole European project.

45 H. KELsEN, Il problema della sovranit e la teoria del diritto internazionale, a cura di Agostino Carrino, Milano, Giuffr, 1989, 465 ss.

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Diritto, etica e religione nel Giudaismo*


di Charles Leben**
Sommario: Premessa I. DIRITTO E RELIGIONE. A. La distinzione tra i doveri nei confronti del prossimo (beynadam le havero) e i doveri nei confronti di Dio (beynadam la maqom). 1. - Nei dieci comandamenti. 2. Le regole che reggono le questioni finanziarie e quelle che appartengono al campo dellissur, ossia del religioso proibito. 3. Le disposizioni dellissur. B. La distinzione diritto privato/ diritto penale. II. DIRITTO Ed ETICA. A. Un diritto interamente specifico o un diritto in parte universale? B. Il diritto giudaico include in s medesimo la possibilit di una distinzione tra diritto ed etica? C. Che cosa accade se la regola della halakha sembra andare contro la legge morale? Conclusione.

Premessa
Cominciamo ovviamente col ricordare che queste categorie non esistono come tali nel giudaismo tradizionale, cio quello derivante dal Talmud. Certo, i vocaboli utilizzati nellebraico moderno per esprimere la morale (mussar) e la religione (dat) esistono gi nella Bibbia (per mussar, v. Prov. I, 8 e per dat, Ezra VII, 2), ma con dei significati diversi rispetto a quello di insiemi normativi distinti e autonomi dal diritto e, in particolare, dal diritto giudaico. Nel merito di questultimo, a far data dallepoca talmudica il vocabolo che lo designa halakha, che un equivalente accettabile, anche se occorre aggiungere che questo diritto (la halakha) comprende in s, non soltanto ci che chiamato diritto in una facolt che in Europa porti tal nome, ma anche tutto ci che rientri nel campo della morale e della religione quali noi le concepiamo oggi in Occidente. A questo punto, dalla nostra presentazione si potrebbe sbrigativamente concludere dicendo che nel giudaismo non si fa alcuna distinzione tra il diritto, la morale (utilizzer indifferentemente morale o etica) e la religione e che in realt tutto religioso perch tutto proviene da una legge rivelata da Dio. Il religioso sarebbe cos listanza inglobante che assorbirebbe il tutto e impedirebbe di pensare la distinzione
* Traduzione dal francese di Giuliana Stella. ** Universit Panthon-Assas.
Lo Stato, n. 1 (2013), pp. 39-53

Charles Leben

tra le categorie del diritto, delletica e della religione, quandanche questa distinzione fosse una delle condizioni per accedere alla modernit. Ma questa conclusione non sarebbe giusta; bene, come sempre quando ci si dedica a un lavoro comparativo, non accontentarsi di ricercare i vocaboli e il loro senso, ma vedere anche se le nozioni su cui si indaga non si ritrovino presentate in maniera differente e entro altri contesti: ci permette di andare pi lontano nel lavoro di comparazione, cosicch esso diventa pi profondo e pi fruttuoso. Proprio questo cercher di fare ora, dedicandomi alle due coppie di diritto e religione, da una parte, e diritto ed etica, dallaltra.

I. DIRITTO E RELIGIONE
chiaro ed evidente che la tradizione giudaica, nella misura in cui la religione la cui esperienza fondatrice la rivelazione del Sinai in cui Dio si rivelato al popolo di Israele dandogli la sua Legge (la Torah), che questa tradizione giudaica, dunque, una tradizione nella quale il diritto segnato dalla religione e la religione segnata dal diritto. Ci non impedisce, se si esamina questo diritto religioso o questa religione della Legge, di percepire che in realt le cose sono pi complesse. Ci accingiamo a farle vedere presentando una serie di distinzioni che la stessa halakha ha prodotto.

A. La distinzione tra i doveri nei confronti del prossimo (beyn adam le havero) e i doveri nei confronti di Dio (beyn adam la maqom)
La prima distinzione verte sulle regole che si applicano ai rapporti tra gli uomini rispetto alle regole che si applicano nei rapporti tra luomo e Dio:

1. Nei Dieci comandamenti


Questa distinzione trova la sua prima grande illustrazione nei Dieci comandamenti (Dieci parole, in ebraico): i primi cinque comandamenti (con riserva lo vedremo del 5) vertono sui rapporti tra luomo e Dio; 1) Io sono lEterno; 2) Tu non avrai altri dei; 3) Non evocherai il Nome di Dio a sostegno di una menzogna; 4) Pensa al giorno del chabbat; 5) Onora tuo padre e tua madre1.
1 Cito qui soltanto linizio dei cinque primi comandamenti perch il testo completo troppo lungo.

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Diritto, etica e religione nel Giudaismo

Abstract
The distinction between law, ethics and religion as three separate normative spheres seems to be one of the characteristics of the Western world and hence of modernity. A recent colloquium in France examined different legal cultures around the world to understand how they envisaged the relationship among these three spheres. For Judaism, it appears that, contrary to what would seem to be an absorption of law and ethics in the religious sphere alone, there is indeed within it a distinction between the three normative spheres.

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Hugo Krabbe e la sovranit del diritto


di Giuliana Stella*
Sommario: 1. Due approcci diversi. 2. La Staatslehre. 3. Lidea moderna di Stato. 4. Il potere al diritto.

1. Due approcci diversi


La dottrina ha abituato a misurarsi con il concetto di Stato di diritto entro lo specifico presupposto argomentativo che esistano due differenti modelli di questa forma di Stato, ai quali possiamo, in prima istanza, dare i nomi di Rule-of-Law State e Rechtsstaat. Essi corrispondono alle diversificate concezioni politiche e storiche sedimentate nel corso dei secoli, viventi, da un lato, nella cultura del case law, connotativa della costituzione inglese, e, dallaltro, nella visione, tendenzialmente organicistica, caratterizzante molta parte della concezione giuridico-politica tedesca. Su questi temi sono state scritte pagine dense e problematiche, che forse hanno il difetto di estremizzare una questione quella riguardante lesistenza o meno della duplicit stessa del modello , laddove invece si sarebbe portati a pensare che il cosiddetto Stato di diritto solo superficialmente potrebbe essere immaginato identico entro contestualizzazioni cos eterogenee. Si pensi soltanto, in proposito, alla recezione sui generis che la Francia della Rivoluzione francese fece delle idee lockiane e montesquieuviane, pensate sul modello della Glorious Revolution inglese! Pur potendosi convenzionalmente accettare lasserto secondo cui la questione relativa ai due fondamentali modelli di Stato di diritto consisterebbe nella mera presenza o assenza di una comune condivisione da parte delle due culture giuridiche dei valori in senso lato
* Universit di Napoli Federico II.
Lo Stato, n. 1 (2013), pp. 55-69

Giuliana Stella

liberali1, neppure va sottovalutata lutilit di mettere a confronto alcuni classici del diritto pubblico tedesco con la vulgata dello Stato di diritto stesso, secondo la quale esso andrebbe inteso come quel modello in cui separazione dei poteri, principio di legalit e sanzione dei diritti universali costituiscono i noti capisaldi. Questo confronto specialmente opportuno, se, tenendo presente la sequenza dei giuristi che accompagnarono il sorgere stesso della disciplina giuspubblicistica, non solo nellarea germanica, ma specificamente proprio anche in Italia com naturale, il pensiero deve andare alla triade Gerber, Laband, Jellinek e al nostro Orlando , si finisce inevitabilmente per approdare sulla sponda del sistema di Kelsen e della sua specifica, e molto particolare, forma di Stato di diritto. proprio a partire da Kelsen che devono venire segnalati due fondamentali snodi argomentativi, riguardanti, il primo, limpossibilit di concepire lesistenza dei diritti al di fuori di una previsione legislativa; il secondo, poi, una concezione dello Stato di diritto inteso come calco di qualsiasi tipo di ordinamento, anche il pi illiberale. Orbene, se riguardo al primo punto la posizione kelseniana mostra di non discostarsi dallo Jellinek del System der subjektiven ffentlichen Rechte, in cui lo Stato si perpetua come soggetto accanto agli altri soggetti e si autolimita2 conformemente al dettato delle norme, per ci che attiene al secondo, non va dimenticato che la questione del Rechtsstaat va ricondotta in quella pi ampia della sovranit. Kelsen, a quel proposito, nel 1920 nellopera Das Problem der Souvernitt, nonostante tutto e, in specie, nonostante lapparente rovesciamento da lui allestito della posizione originaria dello Stato, che viene privato, in favore dellordinamento giuridico, del suo attributo pi appariscente, ossia del suo essere sovrano, aveva finito per attestarsi, di fatto, su una posizione non dissimile da quella dei suoi immediati predecessori, Jellinek in primis. La motivazione di questa interpretazione, sia pure a fronte di una scarsa evidenza di riscontri teorici espliciti, oltremodo concreta: vediamo perch. Il fatto che Kelsen attribuisse la qualifica di Rechtsstaat, di Stato di diritto, a qualsiasi forma di Stato, mirava e centrava due obiettivi. Il primo, e pi evidente, consisteva nel sostenere una dottrina, quale la sua, che faceva perno sul protagonismo dellordinamento formalmente concepito e, dunque, potenzialmente interscambiabile; il secondo obiettivo, inconfessato, consisteva nel mantenere in vita quello Stato stesso che sembrava volersi indicare in via di estinzione e che,
1 Il riferimento a H. HOFMANN, Geschichtlichkeit und Universalittsanspruch des Rechtsstaats, Archiv fr Rechts- und Sozialphilosophie, 65 (1996), 9-32. 2 G. JELLINEK, System der subjektiven ffentlichen Rechte (1892), Tbingen, Mohr, 1905, 95 (trad. it. a cura di G. Vitagliano, prefaz. di V.E. Orlando: Sistema dei diritti pubblici subbiettivi, Milano, Societ Editrice Libraria, 1912, 106).

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Hugo Krabbe e la sovranit del diritto

diritto. Potremmo dire, quindi, che limpersonalit propria solo del giuridico, perch, se il potere autoritativo, sempre personale. Muoversi allinterno dei meccanismi di un potere che sia giunto allemancipazione dalla connessione obbligata con un soggetto che lo rappresenti individuale o plurale che questo sia significher, per Kelsen, ma prima ancora per Krabbe, il radicamento di ogni sovranit ad un livello estremamente alto. Se sovrano non pi necessariamente soltanto lo Stato, che cede il passo al diritto, e se il diritto, secondo uno schema a cerchi concentrici, ingloba gli Stati stessi e i loro rapporti reciproci, ma, insieme, le regole di questi stessi rapporti, il monismo che ne consegue, risolutivo per i rapporti tra diritto e Stato, pu essere adottato anche per sciogliere la contraddizione insita nelle concezioni che non escludono lattribuzione del principio di sovranit per definizione, assoluto ed esclusivo a una molteplicit di enti politici. La dottrina monista, la cui paternit viene, di regola, ricondotta a Kelsen36, e che, invece, a ragione, valsa la definizione di Krabbe come fondatore di essa37, postula che il diritto statale confluisca in quello internazionale. La conclusione dellitinerario di Krabbe e, per quanto di esso ritroviamo nel progetto di Kelsen, anche di questultimo, consiste nellidea che possa darsi una sovranit anche senza che questa figura sia legata a una soggettivit concreta, una persona o un collegio. Daltro canto, ad abundantiam, la dottrina della sovranit del diritto sinscrive in un progetto di ordinamento che posto, non solo oltre ogni diritto nazionale, ma anche ogni diritto inter-nazionale, un ordinamento la cui idea viveva gi a far data dalla wolffiana civitas maxima che dovr essere sovranazionale.

Abstract
The research is devoted to the modern idea of the State, a concept which denotes the nodal point with reference to a transformed notion of sovereignty such as this evolved following the nineteenth-century socio-political changes. The analysis relates to Hugo Krabbe, a Dutch jurist who was active in Leiden and Groningen in the decades between the Nineteenth and the Twentieth Century, as well as a leading figure of the Staatslehre, a very cultivated discipline at that time. Krabbe is also well-known as forerunner of the Kelsenian theory of laws sovereignty.
36 Anche Krabbe, come Kelsen, intravede nellevoluzione del diritto internazionale i contorni di uno Stato universale. Scrive Nubaum che [] Krabbe si dichiara, non soltanto a favore della teoria monistica, ma addirittura per la supremazia del diritto internazionale, che chiama diritto sovranazionale e presenta un tratto in qualche modo messianico (A. NUBAUM, Geschichte des Vlkerrechts in gedrngter Darstellung, dt. bersetzung v. H. Thiele-Fredersdorf, Mnchen und Berlin, C.H. Becksche Verlagsbuchhandlung, 1960, 309). 37 Ibidem, 308.

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Valori fuori controllo?


di Aljs Vignudelli*

Per unanalisi costi/benefici dun topos della letteratura costituzionalistica contemporanea

Sommario: 1. Premessa. 2. Il pedigree dellaxiofono. 3. Quali valori? 3.1 Obscurum per obscurius, ignotum per ignotius? 4. Princip/valori: una breve parabola (neo-cos?). 5. Alcune Matters of Principle. 5.1 Valori logici? 5.2 Valori documentabili? 5.3 Valori gerarchici? 5.4 Valori accettati? 6. (Value) Empire strikes back. 6.1 Hartmanns Legacy. 6.2 Avanguardia dei valori e garanzie di funzionamento: Im Westen nichts Neues? 6.3 Value Sunrise? (il prezzo dei valori).

1. Premessa
Tanto nella letteratura tout court quanto in quella giuridica, capita talvolta dimbattersi in Gestalten che proprio non si rassegnano a uscir di scena e le quali, viceversa, ogni volta che vengono date per morte1, finiscono beffardamente per dimostrare un rapporto con le proprie ceneri da far arrossire la proverbiale Araba Fenice. Limitando il campo della nostra indagine alle riflessioni giuridiche, non v dubbio che a questi caparb costrutti (linguistici e concettuali) idealmente fregiati dal post fata resurgo possa esser ascritto anche quello di valore, parola che assai spesso oggid ricorre nel vocabolario dei giuristi (e in particolare dei costituzionalisti): basti qui ricordare i frequenti discorsi intorno alle teorie dei valori2 o al pluralismo dei valori (costituzionali)3, o quegli itinerar apparentemente ancor pi astratti circa linterpretare4 o addirittura il pensare per valori5.
* Universit degli Studi di Modena e Reggio Emilia. 1 Sulla problematicit di tale passaggio concettuale cfr., ora, F. PEDRINI, Colloquio su filosofia e (scienza del) diritto. Intervista al Prof. Emanuele Severino, in questa Rivista 153, 165 ss. 2 Dobbligo il riferimento qui al contributo pionieristico sul tema nella letteratura italiana di A. BALDASSARRE, Costituzione e teoria dei valori, in Pol. dir., 1991, 639 ss. 3 Il tema centrale in G. ZAGREbELSKY, Il diritto mite, Torino, Einaudi, 1992. Ma cfr. anche F. RIMOLI, Pluralismo e valori costituzionali. I paradossi dellintegrazione democratica, Torino, Giappichelli, 1999. 4 F. MODUGNO, Interpretazione per valori e interpretazione costituzionale, in AA. Vv., Interpretazione costituzionale, a cura di G. Azzariti, Torino, 2007; G. AzzARITI, Interpretazione e teoria dei valori: tornare alla Costituzione, in AA. Vv., Linterpretazione della legge alle soglie del XXI secolo, a cura di A. Palazzo, Napoli, Esi, 2001. 5 Cfr. da ultimo A. BALDASSARRE, Filosofie dei valori ed ermeneutica dei valori (a proposito del pensare per valori), in Lo Stato. Rassegna di diritto costituzionale, dottrina dello Stato e filosofia del diritto, a cura di A. Carrino, I, 2012, 3 ss.
Lo Stato, n. 1 (2013), pp. 71-116

Aljs Vignudelli

Alla crescente epifania statistica di questo vocabolo nella produzione letteraria (per non parlare poi della variegata cultura orale) degli studiosi del diritto, tuttavia, non sempre (e a dire il vero quasi mai) s accompagnata una reale consapevolezza teorica in merito al relativo concetto. A tuttoggi sostanzialmente orfano di serie analisi tecniche da parte della scienza giuridica, infatti, questultimo per lo pi aleggia in unatmosfera eidetica ampiamente indistinta, sovente al confine della mistica. Tanto per intendersi, mentre il giurista medio (per lo meno fino a una certa generazione), quando si riferisce alla norma (giuridica), ne potrebbe indicare senza eccessivi patemi e con buona esattezza struttura (fattispecie e conseguenza giuridica), funzione (direttiva del comportamento umano), elemento empirico di riferimento (disposizione normativa), modalit daccertamento del suo contenuto (interpretazione dellenunciato normativo) e procedura per la sua applicazione (sussunzione del caso concreto nella fattispecie astratta), difficilmente lo stesso giurista, se per avventura si riferisce ai valori (giuridici), saprebbe articolare ragionamenti intorno a questultima creatura che vadano al di l di qualche vago abbozzo. E pur si muove!, verrebbe da dire, giacch anche in mancanza duna puntuale teoria dei valori che saffianchi a (o addirittura sostituisca) quella della norma, laxiolalia s diffusa fra i giuristi, magari anche solo in termini di stream of consciousness, senzavvertire poi lesigenza di riorganizzare logicamente i relativi pensieri in frasi dal senso davvero compiuto. Sono passati pi di quarantanni, insomma, ma parrebbe non aver perso smalto il rilievo di Franco Cordero quando annotava dei valori lessere parola ambigua come poche e prediletta da un certo tipo di parlatori con i quali difficile intendersi, alieni come sono dalla logica e inclini ai discorsi in penombra6. Pur nella sincera ammirazione dellestetica (generosamente ipnotica) dun orizzonte assiologico dove la prosa di Joyce parrebbe in grado di fondersi senza fatica con le visioni di HieronymusBosch, tuttavia, a chi ancra intenda praticare della scienza giuridica non nuocerebbe forse di provare a ricomporre almeno alcune tessere del mosaico in una pi ordinata e comprensibile sintassi e qui il pensiero corre affettuoso soprattutto a coloro che, giuristi, anelerebbero a utilizzare appunto i valori come strumenti efficacemente operativi (e forsanche chirurgici) nella propria quotidiana opera di (concettualizzazione e/o) interpretazione del diritto positivo
6 F. CORDERO, Gli osservanti. Fenomenologia delle norme, Milano, Giuffr, 1967, 124 (ma cfr. anche ivi, 125: questo misticismo di un genere loquace: i suoi invasati parlano a torrenti, e valori una delle parole che usano senza risparmio).

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Aljs Vignudelli

Abstract
The essay investigates on the use of the concept of value within the constitutionalist literature, by proposing an analysis in cost-and-benefit terms. Firstly, the Author highlights the cultural neo-costituzionalist background of legal axiological analysis, marked by a close attention to the legal-sociological features, a tendency to the methodological syncretism and a prescriptive approach to the study of Constitutional Law. The analysis points out also the polysemic nature of the term value as the primary cause of the difficulty in an authentically technician use of the related concept. The contribution finally lays stress on some knotty problems of the value approach, such as the uncertain benefits of its philosophical assumptions, the difficult relationship with the Constitution, as well as the undemocratic judicial decision-making procedures which are based on it.

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Materiali

Erich Kaufmann critico di Weimar di Agostino Carrino Luguaglianza dinanzi alla legge ai sensi dellart. 109 della Costituzione del Reich di Erich Kaufmann Diritto e potere di Hans Kelsen Colloquio su Filosoa e (Scienza del) Diritto. Intervista al Prof. Emanuele Severino (8 giugno 2013) di Federico Pedrini La trasparenza contro lostacolo di Francesco Di Donato La Rivoluzione francese e il pensiero giuridico di Jean Ray

Erich Kaufmann critico di Weimar


di Agostino Carrino*
Sommario: 1. Erich Kaufmann e la critica del neokantismo. 2. Politica e diritto. 3. Kelsen e Kaufmann.

1. Erich Kaufmann e la critica del neokantismo


Erich Kaufmann (1880-1972) certamente pi noto, al pubblico dei giuristi, per la sua Kritik der neukantischen Rechtsphilosophie, il libro di uno dei pi lucidi conservatori di Weimar, antagonista di Kelsen. Ricordo qui laspetto politico del pensiero di Kaufmann non per sminuirne il significato dottrinale, quanto in una prospettiva che afferma dichiaratamente il nesso tra diritto moderno e politica e, quindi, tra concezioni del diritto e concezioni del mondo. Una teoria del diritto non indifferente ai valori, ma ne anzi permeata anche quando essa si presenta, come nel caso di Kelsen, come una teoria avalutativa, neutrale, puramente scientifica. Il positivismo, anche il positivismo logicistico di Kelsen, una dottrina politica, costituisce una scelta politica su basi etiche a favore di qualcosa e contro qualche altra, esattamente come la teoria di un autore come Kaufmann, che si oppone nettamente al positivismo in ogni sua forma. In questa prospettiva, sia il giusnaturalismo sia il positivismo giuridico costituiscono concezioni del mondo, scelte di valore e politiche. A fondamento della separazione tra diritto e morale, a fondamento, quindi, del positivismo giuridico, vi una precisa scelta morale. la morale che, in qualche modo, determina il positivismo giuridico. Se, per, al problema della separazione tra morale e diritto sostituiamo il problema della separazione tra politica e diritto, perveniamo alla stessa conclu* Universit di Napoli Federico II.
Lo Stato, n. 1 (2013), pp. 119-125

Agostino Carrino

sione: la separazione tra politica e diritto fondata su una scelta politica. Naturalmente, non la morale in astratto che postula la separazione tra morale e diritto, cos come non la politica in generale che vuole che il diritto sia separato dalla politica; si tratta di una particolare morale e di una particolare politica. Cos come la distinzione tra diritto ed economia voluta da una certa economia, non dalleconomia tout-court.

2. Politica e diritto
Kaufmann stato un internazionalista e un filosofo del diritto. Il suo punto di partenza giusfilosofico era stato il neokantismo nellindirizzo della scuola sud-occidentale (Windelband, Rickert, Lask), quindi una corrente che al tempo stesso era attenta al problema dei valori e che delle scienze speciali cercava di dare la metodologia e linquadramento epistemologico. La Kritik del 1921 costituisce labbandono ufficiale da parte di Kaufmann della metodologia neokantiana e la svolta in una direzione neo-hegeliana ed ontologica. Ma le radici di questa svolta sono, senza dubbio, storiche: la nuova situazione della Germania che porta Kaufmann a un ripudio delle sue vecchie concezioni e allaccettazione di una visione metafisica del mondo. Ci che spinge Kaufmann il tentativo di dare una spiegazione interna del crollo dellImpero tedesco e del passaggio alla democrazia. Il neokantismo specialmente quello di Marburgo non gli pare pi essere il contro-polo della sociologia marxista e del materialismo, ma, in qualche modo, una figura che si muove su un terreno comune ad ogni empirismo disgregatore dellintero. Perci la sua metafisica non una semplice metafisica giusnaturalistica, ma vuole essere una nuova metafisica attenta allessenza delle cose in una prospettiva neohegeliana (e, per altri versi, istituzionalistica). Non , quindi, una metafisica della natura, ma una metafisica della essenza, dellessenza storica, in primo luogo, del popolo tedesco. Ci appare molto chiaramente, pi ancora che dalla Kritik del 1921, dal suo saggio sul principio di uguaglianza ai sensi dellart. 109 della nuova Costituzione della Repubblica di Weimar. Il principio di uguaglianza di cui si discuteva se dovesse essere direttiva e limite anche per il legislatore nella sua attivit non viene interpretato normativamente, ma, appunto, essenzialmente, come un principio proprio del popolo tedesco: Il principio della uguaglianza dinanzi alla legge un diritto fondamentale dei Tedeschi, cio un diritto che compete ad ogni tedesco come tale nei confronti dello Stato, cio nei confronti del Reich e dei Lnder1.
1 E. KAUFMANN, Die Gleichheit vor dem Gesetz, in Verffentlichungen der Vereinigung der Deutschen Staatsrechtslehrer, Heft 3, Berlin, de Gruyter, 1927, 7.

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Erich Kaufmann critico di Weimar

Eugen Ehrlich, in quanto entrambi sottolineano la priorit del diritto non scritto rispetto alle proposizioni giuridiche codificate e formulate legislativamente.

Abstract
The work retraces the principal lines of thought on the philosophy of law of Erich Kaufmann, an important figure in German legal science between the Kaiserreich and the Weimar Republic. Kaufmann figures among the exponents of the conservative revolution in jurisprudence which represented an antithesis (especially in the 1920s) to neo-Kantian legal formalism, epitomised in particular by Hans Kelsens reine Rechtslehre.

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Luguaglianza dinanzi alla legge ai sensi dellart. 109 della Costituzione del Reich
di Erich Kaufmann
Quello che segue il testo della relazione che Kaufmann tenne per lassemblea annuale dei costituzionalisti tedeschi nel 1926, nel periodo pi caldo della discussione sui pregi e i difetti della Costituzione di Weimar. Kaufmann si occupa del principio di uguaglianza di cui allart. 109 e ci fa con riferimento ad uno dei problemi pi delicati del moderno Stato di diritto, quello dei rapporti tra legge e potere del giudice. Kaufmann, nel riconoscere il diritto/dovere del giudice di vagliare lapplicazione del principio di uguaglianza anche alla luce di principi generali sovraordinati, sottolinea comunque la necessit che mai il giudice travalichi i limiti posti alla sua attivit di giudice e non di legislatore.

La mia conferenza odierna deve la sua genesi alla richiesta, che assai mi onora, della nostra Presidenza e non ad una mia propria iniziativa. Se ho avuto a che fare anche con le questioni che si trovano in relazione con il problema della uguaglianza dinanzi alla legge, se ne ho trattato, se su di esse ho a lungo pensato e anche avuto a che fare sotto molti aspetti nella prassi della vita internazionale, ci che oggi mi permetto di presentare Loro non , tuttavia, nulla di pronto e finito, non nulla di determinato, in s, per la pubblicazione. Se tuttavia ho dato volentieri sguito alla vostra richiesta, lho fatto nella convinzione che in definitiva ogni produzione in mbito scientifico rappresenta un certo atto di forza, o, per lo meno, un compromesso tra la infinitezza dei problemi scientifici e la brevit della vita, un compromesso tra la coscienziosit scientifica e il bisogno di confidarsi. Infine, per, ho creduto che in una conferenza nella nostra Associazione non deve sempre necessariamente trattarsi di portare risultati pronti e in s conchiusi. La nostra Associazione deve in primo luogo servire alla reciproca comunicazione sul punto di vista del momento che i singoli membri hanno raggiunto sui grandi problemi della nostra scienza. Qui noi vogliamo esprimerci, comunicare e stimolare. In ultimo, non potrei trascurare di sottolineare che specialmente quando si tratta di un tema cos grande e principiale come quello della uguaglianza dinanzi alla legge, un tema che non solo sta nel rapporto pi intimo con le questioni ultime del diritto, ma anche con le questioni di concezione del mondo, con ci
Lo Stato, n. 1 (2013), pp. 127-146

Erich Kaufmann

che stella polare per tutto il nostro lavoro e gli d forza in una tale conferenza risiede al tempo stesso una confessione di fede; e come tale prego di voler amichevolmente accogliere le mie tesi seguenti. Gi nella scelta del tema c qualcosa di particolare. Io non credo che, se la nostra Associazione fosse esistita gi prima della guerra, sarebbe stato scelto, quale oggetto di unanalisi nella cerchia dei giuspubblicisti, il principio della uguaglianza dinanzi alla legge. Saluto con favore dal pi profondo del cuore il fatto che i tempi sono cambiati. Saluto con favore il fatto che il positivismo nella scienza giuridica pu essere oggi considerato tanto lontano quanto finito, che la nostra Associazione per lo meno sente il problema come problema e che ci si pu accostare seriamente allo studio di questioni che conducono dentro il ncciolo stesso del problema del diritto e in ci che sta al di l della legge positiva dello Stato. Le esperienze vissute che il nostro popolo, e noi con lui, nella guerra, nel crollo, nella rivoluzione e sotto il Trattato di Versailles abbiamo avuto dal punto di vista interno e da quello esterno alla politica, ci hanno potentemente scosso e portati ad una grande autoriflessione. Queste esperienze ci hanno imposto lobbligo di sottoporre ad un nuovo esame le nostre idee sul diritto e sullo Stato. Il positivismo, secondo la sua natura, cresce sul terreno di rapporti stabili o ritenuti stabili e dello stato danimo, a ci legato, della soddisfazione. Attraverso la guerra, la rivoluzione, il crollo e il Trattato di pace abbiamo smesso di essere un popolo soddisfatto; a ci potrebbe essere legato il fatto che anche i problemi posti col principio della uguaglianza dinanzi alla legge sono tornati ad essere per noi dei problemi. Di fatto, per quanto riguarda lanalisi della nostra questione si tratta di riflettere su qualcosa che sta dietro ogni accadimento giuridico, dietro ogni accadimento in generale. Come che sia, nel nostro principio espressa indipendentemente dalla presa di posizione verso di esso la fede in princip giuridici che stanno al di l del diritto legale e ai quali anche il legislatore vincolato, la fede in un ordine sovrapositivo che noi siamo tenuti a realizzare, nel quale deve radicarsi ogni ordinamento positivo, un ordine che questultimo non pu violare. In ultima analisi, addirittura, in ci risiede la convinzione che ci che sta dietro laccadere e dietro il diritto vigente non meno reale dellordinamento positivo vigente, anzi che esso ci che veramente reale e in cui noi ci radichiamo con il meglio di noi, se vogliamo stare in piedi moralmente e intellettualmente, se vogliamo avere a che fare col diritto e se vogliamo valutare laccadere giuridico. In questo senso lidea del diritto naturale come consapevolezza di un ordine superiore qualcosa di eterno e di inevitabile. A dire il vero, il principio della uguaglianza dinanzi alla legge riposa su un diritto naturale del tutto specifico. Esso non ha nulla a che
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Diritto e potere*
di Hans Kelsen
Queste brevi note di un giovane Hans Kelsen costituiscono la recensione da lui dedicata allopera di Friedrich Freiherr von Wieser, Recht und Macht. Sechs Vortrge, Leipsig, Duncker & Humblot, 1910, IX-154 pagine, pubblicata nello Archiv fr Sozialwissenschaften und Sozialpolitik, 31 (1910), 260-262. Linteresse di questo scritto, coevo alla prima edizione dei Hauptprobleme der Staatsrechtslehre, risiede sostanzialmente nellattenzione dichiarata di Kelsen per il liberalismo politico, pi specificamente per una forma rinnovata di liberalismo. Solo successivamente, infatti, Kelsen forse sotto linflusso di Karl Renner si orienter, pur senza nessun impegno dichiarato, verso la socialdemocrazia. [A. Carrino]

La vecchia idea liberale, in vesti pi aggiornate e purificata dalle esperienze dei pi recenti sviluppi della scienza, sembra riformularsi come neoliberalismo in una opposizione del futuro. Un sintomo soddisfacente di questa evoluzione il libro di Wieser su Recht und Macht (Diritto e potere). Nella prefazione, una nobile confessione politica, si esprime il desiderio contro i mille nemici della vecchia dottrina liberale della libert, la cui intenzione di distruggere la libert di servire a questa libert. Essa si chiude con le parole: Lasciamo quindi fiduciosamente che gli altri gridino che il liberalismo morto. Noi rispondiamo di tutto cuore: viva la libert!. Wieser formula un concetto purificato di libert, liberando il concetto di libert della scuola classica, pensato nella lotta contro il potere esistente e quindi in opposizione al potere, dai suoi errori. Uno dei quali consiste nel fatto di presupporre come egualmente forti gli individui in concorrenza tra loro, mentre in verit sul mercato deboli e forti si contrappongono, donde risulta la limitazione per la verit riconosciuta dal pi tardo liberalismo che la protezione del debole contro il forte richiesta anche quando dovesse essere violata la libert. Il secondo, pi grave errore della teoria paleo-liberale, consiste secondo Wieser nel fatto che essa ha trattato gli uomini come liberi, cosa che in realt essi non sono per nulla. Infatti, anche luomo economicamente attivo legato dappertutto dal potere dei costumi. Solo in quanto c un tale
* Traduzione di Agostino Carrino.
Lo Stato, n. 1 (2013), pp. 147-149

Hans Kelsen

potere dice Wieser lo Stato potrebbe lasciare alla libert la sua via, mentre dove un tale potere non vive la libert non un bene, ma un male, e dovrebbe sperimentare le limitazioni imposte dal riferimento al benessere generale. Wieser fonda questo concetto purificato di libert, nel quale si dissolve il contrasto tra individuo e comunit che sussiste per la pi vecchia concezione liberale, su una approfondita ricerca sociologica, al cui centro stanno i concetti di diritto e potere. Partendo dal discorso di Lassalle sullessenza della costituzione, Wieser arrivato a riconoscere che la concezione di questo che fu il pi acuto tra i socialisti tedeschi, secondo il quale sono prevalentemente poteri esterni a formare la costituzione (certo non in un senso giuridico-formale, ma sociologicobiologico), una concezione unilaterale e che sono piuttosto anche sia i poteri interni della societ sia quelli esterni enumerati da Lassalle che rientrano nelle realt pi rilevanti dello Stato e della societ. Tali poteri interni sono il genio, la scienza, la stampa, i costumi e molti altri. Il significato di questi poteri interni da soli spiega il fatto che dovunque i pochi dominano sui molti, unosservazione che Wieser designa con il motto la legge del minor numero. Limportanza dei fattori interni per la spiegazione degli eventi e processi sociali certamente indubbia. Forse non sarebbe stato difficile, addirittura, portare la prova del fatto che, dal punto di vista sociologico, sono in generale solo poteri interni ad essere presi in considerazione quali cause dei mutamenti dei corpi sociali. Ogni effetto sociale solo un effetto mediato dagli uomini, cio dalla psiche umana, giammai un effetto meccanico. La sociologia ha sempre a che fare solo con motivazioni psichiche, mai con una causalit meccanica. Anche i cannoni menzionati da Lassalle come elementi della costituzione sono un fattore sociale di potere non per la loro efficacia esterna, cio meccanica, ma per la loro efficacia interna, cio psichica. Da questo punto di vista deriverebbe forse anche un preciso criterio di distinzione tra fattori interni e fattori esterni, criterio di cui per Lassalle, ed anche Wieser, fanno sentire la mancanza. Il potere cos continua Wieser sorge dallassociazione dei molti, che si organizzano sotto una guida al fine di conservare i valori sociali. Wieser riconosce guida e sguito come forma fondamentale di ogni agire sociale. Lutilit che la guida garantisce, utilit in virt della quale i molti si assoggettano ai pochi, definita da Wieser come lutilit del minor numero. per nellinteresse di ogni societ acquisire quel potere supremo che ha lo stesso significato del massimo dispiegamento dei suoi valori. Al di sopra dei fattori esterni stanno quelli interni, cos come i valori interni stanno al di sopra di quelli esterni. La sua forza interna anche quella attraverso la quale il diritto domina. Wieser definisce il diritto come lordine che si d una collettivit per dispie148

Colloquio su Filosofia e (Scienza del) Diritto. Intervista al Prof. Emanuele Severino (8 giugno 2013)
di Federico Pedrini*
Emanuele Severino, Accademico Nazionale dei Lincei, professore emerito di Filosofia Teoretica allUniversit Ca Foscari di Venezia e attualmente titolare della Cattedra di Ontologia fondamentale presso lUniversit Vita-Salute San Raffaele di Milano. Si annovera tra le figure pi eminenti del panorama filosofico europeo del Novecento e del Secolo corrente, e ha rivolto gran parte della sua produzione scientifica a tematiche metafisiche decisive quali il rapporto con lessere e col divenire, senza tuttavia trascurare problematiche filosofiche della contemporaneit tra cui quelle relative allet della tecnica, giungendo qui a dialogare anche con illustri personalit del mondo giuridico come Natalino Irti.

Introduzione. Filosofia e (scienza del) diritto: quale dialogo?**


Tu mhai di servo tratto a libertate per tutte quelle vie, per tutti modi che di ci fare avei la potestate
(Par., XXXI, 85-87)

Che filosofia e (scienza del) diritto abbiano intessuto fin dai tempi pi antichi molteplici forme dinterscambio non costituisce certamente una novit. Senzalcuna pretesa di completezza, bastino qui due considerazioni speculari. Da un canto, nessun modello filosofico generale ha mai mancato di dedicare parte delle sue attenzioni anche al fenomeno giuridico ed esiste, daltronde, unintera branca della filosofia la filosofia del diritto, appunto che a questultimo s dedicata in modo addirittura esclusivo. Dallaltro canto, le concezioni filosofiche da sempre hanno influenzato ogni legislatore storico circa le grandi opzioni di fondo del proprio sistema giuridico (e poi a cascata anche rispetto ai contenuti delle singole norme di esso), mentre in parallelo, se si guarda alla scienza del diritto, difficile (per non dire impossibile) ricordarne
* Alma Mater Studiorum Universit degli Studi di Bologna. Alexander von Humboldt Research Fellow presso la Freie Universitt Berlin. ** Di Federico Pedrini.
Lo Stato, n. 1 (2013), pp. 151-177

Federico Pedrini

pagine significative sprovviste duna spiccata competenza filosofica in capo ai rispettivi autori. A dispetto di ci tuttavia , almeno da parte della maggioranza dei giuristi, non sempre il rapporto fra filosofia e (scienza del) diritto parrebbe esser stato indagato e compreso in tutta la sua necessaria problematicit. Alla ricorrente (talora spasmodica) volont di confronto e di dialogo coi filosofi e con la filosofia, infatti, soltanto di rado presso i cultori della scienza giuridica sono corrisposte unaltrettanto puntuale autocoscienza filosofica e unaltrettanto lucida consapevolezza del ruolo effettivamente giocato (e giocabile) dalla filosofia in questorizzonte. Se vero allora che per il giurista il contatto con la dimensione filosofica risulta semplicemente inevitabile non fossaltro poich anche colui che non sinteressi direttamente e consapevolmente di filosofia, inconsapevolmente comunque immerso in categorie filosofiche , addentrarsi nel sottosuolo filosofico senza opportune coordinate e adeguati strumenti concettuali pu rivelarsi unazzardata catabasi. La sempre incombente insidia del fraintendimento non di rado alimentata dalla seduzione di spendere la filosofia (pi spesso, la filosofia di Tizio o di Caio) come scorciatoia dialettica parrebbe infatti raggiungere qui uno dei suoi massimi vertici. Lidea stessa di una filosofia utile al diritto e alla sua scienza rischia cos a sua volta di trasformarsi in un mito, rassicurante forse ma ingannevole. Il pensiero rispecchiantesi nelle parole di Emanuele Severino, riportate nellintervista che qui si propone, invita a sfatare questo genere di luogo comune, indicando (e argomentando) nel contempo le condizioni necessarie alle quali il dialogo tra filosofo e giurista pu divenir fecondo. Il primo passo, al tempo stesso semplice e decisivo, quello di non dar nulla per scontato, ivi comprese (e anzi, proprio a partire da) quelle che sono considerate le evidenze supreme del nostro perimetro culturale. Che sussista davvero la possibilit dun dialogo intersoggettivo, o che le cose nascano e muoiano, e persino la validit del principio logico di non contraddizione solo per citare alcuni tra i tanti esemp possibili , quantomeno per una filosofia intesa in senso forte non costituiscono postulati sottratti alla discussione, bens problemi di cui render conto. Non capacitarsene, pertanto, pu talora indurre a scambiare le proverbiali lucciole per lanterne. Se del resto la filosofia nasce storicamente come superamento della dimensione consolatoria propria del mito, e quale rimedio contro langoscia del dolore e della morte viceversa (ricerca e) si propone doffrire una verit che sia incontrovertibile (epistme), attendersi poi da essa, cos nella vita pratica come nel ragionamento giuridico, rispo152

Colloquio su Filosofia e (Scienza del) Diritto

neppure pi il caso di chiamare filosofia (anche la philia della filo-sofia essendo una forma della volont di potenza). Abstract
The interview broaches the subject of the relationship between (science of) Law and philosophy, in order to highlight the paths for a dialogue which should be mutually fruitful for both disciplines. Given the framework provided by the western philosophical tradition, Severino claims the absolute need of philosophy always on condition that this does not become a philosophical faith for the jurist who wants to be aware of his/her own conceptual categories and at the same time he illustrates the conditions according to which, in the reference context, any approach in accordance with jusnaturalism is necessarily destined to wane.

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La trasparenza contro lostacolo

Il mutamento del concetto di legge nella Rivoluzione francese*


di Francesco Di Donato**
Sommario: 1. Metodo giuridico e scienze storico-sociali. 2. Ideologia giuridica e Rivoluzione. 3. Chiesa dei giuristi e liturgie sapienziali. 4. Il diritto tra due corpi e due spiriti. 5. Obbligo del segreto e conversione della giurisdizione in potere politico. 6. Dalla barbarie del diritto alla civilt statuale. 7. Il nuovo tramonto della sovranit politica pura. 8. Il valore della legge in un ordinamento moderno. 9. I sacerdoti del diritto da santi a diavoli. 10. Lossessione anti-giurisdizionale. 11. Porte chiuse al Palais. 12. Dal diritto eterno al diritto utile.

1. Metodo giuridico e scienze storico-sociali


Per quanto possa apparire paradossale, gli studi sui rapporti tra la Rivoluzione francese e il mondo giuridico sono ancora agli albori. Questaffermazione potrebbe essere facilmente confutata se si attribuisse alla parola diritto (come invero la maggior parte dei giuristi an* Il titolo di questo saggio parafrasa il celebre volume di J. STAROBINsKI, Jean-Jacques Rousseau: la transparence et lobstacle, Paris, Plon, 1957, trad. it. (sulled. Paris, Gallimard, 1971) a cura di R. ALBERTINI, Jean-Jacques Rousseau. La trasparenza e lostacolo, Bologna, il Mulino, 1982. In effetti, Rousseau stato la mente chiave nella soluzione del conflitto tra potere giurisdizionale e potere politico sovrano. stato lui il primo a comprendere fino in fondo che criticare la monarchia assoluta in quanto tale non avrebbe prodotto alcun risultato concreto sul piano politico-istituzionale e che, se si voleva realizzare una svolta davvero rivoluzionaria, erano gli arcana juris e la mediazione patriarcale dei giuristi che bisognava frontalmente attaccare. Jean Ray stato tra i primi a comprendere il valore politico straordinario di questa svolta culturale e perfino psicologica causata dal geniale e riottoso ginevrino. Il potere giuspolitico della toga era il potere occulto per eccellenza, femmineo e raggirante. Il potere occulto fonda la sua potenza sulla sua invisibilit e perci si pu battere in un solo modo: illuminandolo, rendendolo trasparente. Ma troppa luce e improvvisa pu accecare occhi avvezzi a lungo a dimorare nel buio. Rendere trasparente lopaco unoperazione rischiosa, richiede una prudenza imprudente o, pi ancora, unimprudenza prudente. In ogni caso, ci vuole coraggio, grande e intrepido coraggio, che non poi cos lontano dalla lucida follia. Illuminare il potere, tanto pi in un contesto come la monarchia di Antico regime, legittimata dalla sacralit di un diritto natural-divino che favoriva enormemente la gi naturale propensione alla dissimulazione ombrosa dei poteri politici, significava porsi fuori dalla legge e incontrare ostacoli quasi insormontabili. Quasi. Un mutato contesto pu rendere attuabile ci che in altri momenti, meno propizi, sembrava impossibile. Rousseau seppe cogliere lattimo. Il suo pensiero militante, volto (comegli stesso disse) non pi solo a capire, ma a cambiare il mondo, pose le premesse perch lostacolo (della giurisdizione politica) fosse superato. in questo la sua maggior grandezza. E sta in questa intuizione il nucleo innovativo e immortale della Rivoluzione francese. ** Universit degli Studi di Napoli Parthenope.

Lo Stato, n. 1 (2013), pp. 179-211

Francesco Di Donato

cora fanno) il significato di ordinamento normativo ovvero, allopposto (ma non tanto quanto si creda a prima e superficiale vista) di ordine giuridico (ordo juris dicevano i giureconsulti di Antico Regime). Non mancano, infatti, studi talvolta anche eccellenti su singoli aspetti del diritto positivo rivoluzionario e del suo mutamento rispetto al diritto precedente1. Il problema per della comprensione di che cosa sia stato davvero il fenomeno rivoluzionario per il diritto non si risolve con pi o meno accurate e precise descrizioni di come questultimo sia mutato da un regime allaltro. Senza ovviamente nulla sottrarre allutilit di questo tipo di studi, che possono anzi essere risolutivi nella comprensione di un fenomeno socio-politico, essendo spesso (non per in ogni caso) il diritto il punto di coagulo delle principali istanze e forze concretissime che brulicano e turbinano nel tessuto sociale e che cercano di organizzarsi e di strutturarsi in un nuovo ordine/ordinamento2, va per detto con chiarezza che senza unapertura a 360 gradi che inserisca il diritto a pieno titolo allinterno dei metodi e degli statuti epistemici delle altre scienze sociali, mostrandone contaminazioni, flussi, implicazioni e interazioni reciproche, gli studi giuridici e in particolare quelli di teoria e di storia del diritto sono destinati a rinsecchirsi e a isterilirsi (come in molti casi gi accaduto) e quindi a cadere nel pi totale disinteresse, in un mondo che sempre pi volta insensatamente le spalle alle discipline storiche e teoriche nellicaresca illusione di realizzare la citt del sole attraverso il solo uso della tecnica3.
1 Solo a titolo esemplificativo, ricordo il bel lavoro di R. MARTUCCI, La Costituente e il problema penale in Francia (1789-1791). I. Alle origini del processo accusatorio: i decreti Beaumetz, Milano, Giuffr, 1984. Cfr. anche R. BADINTER (a cura di), Une autre justice. Contributions lhistoire de la justice sous la Rvolution franaise, Paris, Fayard, 1989; nonch i classici e per pi aspetti ancor validi studi di M.F. LAFERRIRE, Histoire des principes, des institutions et des lois de la Rvolution franaise, depuis 1789 jusqu' 1800,Paris, Cotillon, 1850-1851; diP. SAGNAC, La Lgislation civile de la Rvolution franaise (1789-1804). Essai dhistoire sociale, Paris, Hachette, 1898 (rist. anast. Genve, Slatkine, 1979); e di E. SELIGmAN, La Justice en France pendant la Rvolution (1789-1792), Paris, Plon-Nourrit, 1901. 2 E ci si pu ancora lamentare sullassenza in molti scritti politici e/o politologici e pi lato sensu attinenti alle scienze storico-sociali, di una dovuta attenzione al fenomeno giuridico, che invece aiuterebbe molto a comprendere meglio i fenomeni descritti e fornirebbe pi di una spiegazione e di una risposta a domande troppo spesso lasciate oscillare come canne al vento o peggio ancora spacciate per elementi essenziali di opere aperte, aperte semplicemente perch non si stati in grado di fornire motivazioni adeguate alla complessit dei fenomeni affrontati. Il problema, per, che se le discipline giuridiche si chiudono a riccio in un formalismo tecnicistico, non invogliano, anzi respingono, il dialogo con gli altri ambiti disciplinari e, nella pretesa di difendere lo specifico giuridico, in realt si isolano dal mondo evolutivo tanto dei fatti quanto delle idee. 3 Su questi temi, mi sembra sia di grande interesse il dibattito sviluppatosi in questi ultimi anni tra giuristi, storici e filosofi, il cui esempio pi conosciuto in Italia (anche se non per questo necessariamente il pi denso di significato) : E. SEVERINO N. IRTI, Dialogo su diritto e tecnica, Roma-Bari, Laterza, 2001. A mio avviso spunti di grande interesse metodologico si possono trarre dal dibattito tra Michel Troper e Franois Furet, in Italia noto solo (anche perch non tradotto) a un pubblico elitario e ristrettissimo di studiosi specialisti, a proposito delluso dei concetti giuridici nelle discipline storico-sociali: cfr. M. TROPER, Sur lusa-

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Francesco Di Donato

orientato a raggiungere uno scopo ben preciso, che solo la distorsione ideologica e la lettura messianica della storia hanno potuto occultare98. Nessuna ricostruzione del fenomeno rivoluzionario ha cos posto in luce il fondamentale ruolo dei giuristi e le basilari distinzioni che vanno fatte allinterno del ceto giuridico (ad esempio tra esponenti della vecchia magistratura e nuovi avvocati-politici desiderosi di abbattere lo strapotere dei primi). Il compito di una storiografia pi sobria e disincantata, attenta tanto ai fatti istituzionali quanto alle mentalit sociali e agli obiettivi ideali che la cultura designa dinanzi ai protagonisti di una determinata stagione, prima di tutto quello di descrivere distinguendone i piani glintenti programmatici e le relazioni e realizzazioni effettive di quei protagonisti stessi99. Seguendo questo intento metodologico e cercando le risposte documentarie sulla base di queste questions pralables, i risultati arrivano copiosi e confermano appieno la diagnosi di Ray, approfondendone e precisandone aspetti essenziali. Nel porre laccento sullatto legislativo, perno del nuovo assetto politico e istituzionale, la Rivoluzione realizzava il suo principale intento: farla finita con lingerenza politica della magistratura. Dalla durata di questo sentimento politico, che accompagn tutta la parabola rivoluzionaria alimentando anche la stagione del consolato e dellimpero, si pu dedurre facilmente che fu questo il Leit-motiv che anim lenergia radicalmente riformatrice dei protagonisti di quella straordinaria stagione che come ha scritto Franois Furet continua a essere ancor oggi il nostro orizzonte di senso, mobilitando una durevole capacit didentificazione politica e religiosa100.

Abstract
To understand how the French Revolution has changed the concept of written law, understood as the key event in the history of Western law, we must start by the legal and institutional order. In the so-called absolute monarchy, which was absolute only in the doctrines devised by the heralds of the
98 Cfr. F. FURET, Le pass dune illusion. Essai sur lide communiste au XXe sicle, Paris, Laffont/Calmann-Lvy, 1995, trad. it. a cura di M. VALENsIsE, Il passato di unillusione. Lidea comunista nel XX secolo, Milano, Mondadori, 1995. 99 Sul concetto, di chiara derivazione machiavelliano-weberiana, di relazioni effettive, cfr. R. MOUsNIER, La costituzione nello Stato assoluto, supra cit. in nt. 46, 5, 7 e 153. 100 F. FURET, Critica della Rivoluzione francese, supra cit., nt. 35, 5. Si pu ripetere quasi alla lettera per la storiografia del diritto quanto questo insigne Maestro degli studi storici scrisse riguardo alla fedelt al vissuto rivoluzionario degli storici marxisti: fin quando mancher una storia giuridica della Rivoluzione che sappia prendere coscienza critica del problema fondamentale che abit le menti degli attori e dei protagonisti di quella straordinaria stagione della vicenda umana (ivi, 18-9), non potr emergere il vero valore di quel fondamentale evento decisivo per il destino della democrazia e della statualit. Ritengo sia ormai giunto il tempo in cui questa nuova storia pu finalmente essere scritta.

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La trasparenza contro lostacolo

thse royaliste, whereas in fact it was in many ways a regime in which power was widely negotiated, the judiciary had a considerable political and often decisive weight, both in the moment of creation of the law as in its application. The magistrates of parlements, courts that called themselves sovereign, did not give reasons for their decisions thus transforming their verdicts into political decisions. Rousseaus thought was the cultural and theoretical turning point that changed this situation. He was the first to understand that criticizing the absolute monarchy as such could not produce any significant change in political institutions, and that to achieve a truly revolutionary breakthrough, it was necessary to attack the arcana juris and the patriarchal mediation of the magistrates sitting in the parlements. His thought, bolder than the other Enlightenment philosophes and aiming (as he himself said) not only to understand but also to change the world, laid the foundations to overcome the obstacle represented by the political jurisdiction by affirming the value of transparency of all powers. The innovative core of the French Revolution lays in this intuition. The primary intention of the Revolution was to throw off the yoke of the old parlement and to prevent the political use of justice. To achieve this goal it was necessary a profound change of the concept of written law which became the legal instrument to assert a political sovereignty finally purified from the interference of the judiciary.

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La Rivoluzione francese e il pensiero giuridico


Lidea del regno della legge*
di Jean Ray
Sommario: 1. Premessa. 2. La dottrina di Rousseau e la definizione della legge nelle costituzioni rivoluzionarie. 3. La creazione di un corpo legislativo; come essa influisce sui caratteri della legge. 4. La legge e i giudici. Listituzione del Tribunale di Cassazione. 5. La legislazione e il governo: leggi e regolamenti. 6. Semplicit e pubblicit delle leggi; la legge e la coscienza. 7. Conclusione: ci che dello spirito rivoluzionario deve restare nel nostro diritto.

1. Premessa
Nellopera pi importante concernente il nostro argomento, Maxime Leroy ricorda lespressione di Michelet: la Rivoluzione la salita al trono della legge1. Egli ritiene, tuttavia, che il cambiamento fu meno profondo di quello che si credette, perch la legge avrebbe semplicemente preso il posto del re, in una concezione persistente di un ordine imposto con la forza. Lanalogia qui rilevata importa meno, secondo noi, della differenza che appare; e se nessuno pu negare una continuit che si manifest in tante forme, noi vorremmo dimostrare tuttavia che allepoca della Rivoluzione lidea di legge si impregnata di un significato e di una forza nuovi, che si sono ripercossi sulle principali istituzioni del nostro tempo. Non ci soffermeremo sullimportanza che i membri della Costituente hanno attribuito alla legge, concepita come la base del nuovo regime. Ricordiamo solo che tra i 17 articoli della prima Dichiarazione dei diritti ve ne sono sette che contengono una proposizione che si ri* Edizione a cura di Francesco Di Donato. Il testo originale di questo saggio di Jean Ray dal titolo La Rvolution Franaise et la pense juridique: lide du rgne de la loi, fu pubblicato per la prima volta nella Revue philosophique de la France et de ltranger, 64e anne, t. 128, n. 9/12, septembre-octobre et novembre-dcembre 1939, 364-393. La prima traduzione italiana fu realizzata da M.- C. CATTANEO MIlNER e usc nel vol. La Rivoluzione francese e il pensiero giuridico. Lidea del regno della legge, Roma, Edizioni Lavoro, 1989, 25-69. Quella che qui si presenta una versione rivista che, sulla base di quel testo, realizza anche una pi accurata e aggiornata stesura delle note e delle citazioni. 1 M. LEROY, La Loi. Essai sur la thorie de lautorit dans la democratie, Paris, V. Giard et E. Brire, 1908, 79. Si veda anche limportante tesi, sostenuta alla Sorbona [e pubblicata in edizione definitiva] nel momento stesso in cui terminavamo questo saggio, di J. BElIN, La Logique dune ide-force. Lide dutilit sociale pendant la Rvolution franaise (1789-1792), Paris, Hermann, 1939 [la rispettiva thse era stata pubblicata nel 1930], spec. 83 ss. (capitolo su la supremazia della legge).

Lo Stato, n. 1 (2013), pp. 213-240

Jean Ray

ferisce a una funzione importante della legge. Nella Costituzione del 1791 il giuramento civico cos concepito: Giuro di essere fedele alla Nazione, alla Legge e al Re; mentre il re, da parte sua, giura di essere fedele alla Nazione e alla Legge2. Citiamo infine da Aulard la frase di Isnard in un discorso del 14 novembre 1791: Il mio Dio la legge; io non ne conosco altri3.

2. La dottrina di Rousseau e la definizione della legge nelle costituzioni rivoluzionarie


Che cos dunque la legge? Il termine era molto usato negli ultimi secoli della monarchia. Era diffuso soprattutto nellambito di quella disciplina che noi oggi chiameremmo la filosofia del diritto; lo si ritrova nel titolo stesso delle opere principali di Domat, Montesquieu e Mably, che preparavano il prestigio al quale la parola era destinata, nel giorno in cui ci si sarebbe abituati a scriverla al singolare e con la lettera maiuscola. Ma lidea di legge non aveva ancora quel significato tecnico preciso che ora il suo. Nulla esprime meglio questo importante fatto del modo in cui Rondonneau4 presenta le eccellenti tavole ordinate da lui nel 1828 per le due grandi opere di Merlin che coprono, come si sa, lultimo periodo del diritto antico, il diritto intermedio e i primi anni del diritto nuovo; mentre una terza tavola concerne le leggi francesi dopo il 1789, la tavola II ha per titolo: Leggi francesi prima del 1789. La simmetria sembra perfetta; ma questa tavola II si suddivide in due sezioni che si intitolano, la prima Ordinanze, editti, dichiarazioni, lettere patenti..., e la seconda: Leggi francesi prima del 1789: consuetudini. Ci dimostra bene che, se il giurista del XIX secolo poteva trovare nel diritto antico certe categorie di testi assimilabili alle leggi del diritto nuovo, nessuna di queste categorie ai suoi tempi aveva la qualifica propria di legge. La speculazione era forse pi libera. Fu Rousseau a orientarla in maniera decisiva. Riassumendo nellEmilio il Contratto sociale5 egli dichiara a proposito dei veri caratteri della legge: Il soggetto era com2 Citiamo i testi costituzionali francesi da: L. DUGUIT, H. MONNIER, R. BONNARd (a cura di), Les constitutions et les principales lois politiques de la France, depuis 1789, Paris, LGDJ, 19325; e le altre leggi francesi dalla raccolta di J.B. DUVERGIER, Collection complte des lois, dcrets... du Conseil dEtat, Paris, C. Noblet, 1868-1869. 3 A. AUlARd, Histoire politique de la Rvolution franaise. Origine et dveloppement de la dmocratie et de la Rpublique (1789-1804), Paris, A. Colin, 1901, 395. 4 L. RONdONNEAU, Tables gnrales de matires contenues dans le Rpertoire de jurisprudence et dans le Recueil alphabtique des questions de droit de M. Merlin, Paris, J.-P. Roret, 1828. 5 Cit. da G. BEAUlAVON nella sua edizione del Contrat social (= Du Contrat social, publi, avec une introduction et des notes explicatives), Paris, F. Rieder, 19142, 176, nota 1.

214

La Rivoluzione francese e il pensiero giuridico

7. Conclusione: ci che dello spirito rivoluzionario deve restare nel nostro diritto
Noi riteniamo che solo se si trattano in modo differente i princpi e le norme di dettaglio si possono conciliare le due tendenze essenziali che animarono il diritto rivoluzionario: il diritto devessere in strettissima relazione con la volont generale, cio con la coscienza della nazione; ma nello stesso tempo devessere esplicito e ben formulato. Ora, lidea di un diritto fissato nei codici o nelle leggi si quasi sempre opposta alla concezione di un diritto pi o meno implicitamente contenuto nelle coscienze, negli usi, nelle tradizioni: questo era, ad esempio, il pensiero di Savigny, nella sua celebre controversia con Thibaut; questo anche il pensiero di molti giuristi anglosassoni; e questo , infine, il pensiero che riappare oggi nella Germania nazionalsocialista75. Ma il rischio evidente: se si sostituisce la legge con la coscienza, pi o meno diffusa, ci si priva di garanzie contro larbitrio e il disordine. Anche il diritto non sfugge mai a questo fascino della sicurezza delle formule: vi sono dei diritti consuetudinari, ma essi evolvono verso la redazione delle consuetudini e degli usi; vi sono dei diritti formati lentamente dalla giurisprudenza, ma anche le sentenze vengono raccolte e i loro contenuti sostanziali sono elaborati in dottrine dai giuristi. La Rivoluzione francese ha dunque mostrato, ne siamo certi, il senso pi giusto delle necessit permanenti del diritto, quando ha preteso di fissarne i princpi in leggi comprensibili per tutti, solennemente pubblicate e sovrane. Questa lezione deve permanere.

Abstract
The French Revolution, according to a concise expression of Jules Michelet, is the ascending to the throne by the law. But what does the Revolution mean by law? A few years before the symbolic date of the capture of the Bastille, Rousseau said that the definition of the law is yet to be done. During the ancien rgime, the law was a difficult and precarious balance which spanned across the accumulation of legal materials. Now it became the expression of the General Will. Rousseau, therefore, gave the Constituents the theory of
75 Sulle trasformazioni recenti del diritto penale tedesco, e sullidea di un diritto nato dalla coscienza popolare e corrispondente alla sana concezione del popolo tedesco, cfr., per esempio, H. DONNEdIEU dE VAbRES, La Politique criminelle des tats autoritaires [= La Crise moderne du droit pnal. La Politique criminelle des tats autoritaires. Confrences faites lUniversit syrienne de Damas au mois de novembre 1937], Paris, Librairie du Recueil Sirey, 1938, 113 ss. [La legge nazionalsocialista del 1935 aveva modificato il 2 del Codice penale tedesco, aggiungendo il principio della punibilit di unazione che meritava la pena in base al sano sentimento popolare (nach dem gesunden Volksempfinden), anche se non era prevista come reato dalla legge. (N.d.C.)].

239

Jean Ray

law that they transfused in revolutionaries legislative and constitutional texts. This new concept of law is inextricably linked to two essential aspects of the revolutionary ideal, connected each other: freedom and equality. Freedom is ensured by the fact that the law comes from the same subjects that it governs and it is inseparable from equality because one can not be unfair to the other without being the same to him or herself. Because of the same bonds that link it to freedom and equality, the law is like the symbol of all the revolutionary work. The idea of sovereignty of the law inspired an impressive complex of institutions (including the Supreme Court of Cassation) intended to form the backbone of the new law up to the present. However, the translation of the principle in practice was more problematic than expected. Soon it emerged the difficulty of law enforcement without the mediation of regulatory tools for implementation, which, however, coming from an alternative power to the legislature, the government, often diverge from (if not contradict) the law. Then a further phase began in which the principle of sovereignty of the law became more and more attenuated until fading out again in the fetters of legal technique. We thus understand that the idea of the Revolution/Enlightenment simplification of law clashes with resistances that often relate to the nature of things. A certain complexity of the law, and therefore its character more or less mysterious to the citizens, is inevitable. Yet a tension toward overcoming this complexity and this opacity is absolutely necessary. This is the lesson of the Revolution, which should remain.

240

Note e Discussioni

Kelsen lettore di Platone di Antonino Scalone Il mutaforma criterio della ragionevolezza di Luca Vespignani

Kelsen lettore di Platone

di Antonino Scalone*
Sommario: 1. Normativit e giustizia. 2. Aspetti del dualismo platonico. 3. Lidea di giustizia fra misticismo e giusnaturalismo. 4. Conclusioni: la giustizia come problema..

1. Normativit e giustizia
Non probabilmente un caso se la vastissima e fertilissima parabola scientifica di Kelsen abbia come punto di arrivo due opere in cui il grande giurista si interroga rispettivamente sul significato generale della norma al di l, almeno nelle intenzioni, della mera dimensione giuridica (si tratta della Allgemeine Theorie der Normen)1 e riproponga per lultima volta il problema della giustizia (Die Illusion der Gerechtigkeit). Normativit e giustizia sembrano infatti essere i due termini per non dire i due estremi allinterno dei quali si sviluppa la sua riflessione. E non si tratta di due termini opposti, ma piuttosto fra loro (problematicamente e fruttuosamente) incrociati. Non sembra insomma costituire un caso, per voler essere pi precisi, che allallargarsi e al generalizzarsi della riflessione sulla norma si accompagni, al modo di un approfondimento, di una complicazione, di unesigenza spirituale impossibile da soddisfare con lapproccio (solo) normativo, la riflessione sul tema della giustizia. Poco conta, sotto questo profilo, che la giustizia sia classificata, nella riflessione estrema di Kelsen, come illusione. Perch proprio questo, la radicale illusoriet della possibilit di giungere ad una definizione scientificamente soddisfacente di giu Universit degli Studi di Padova. H. KELSEN, Teoria generale delle norme (1979), trad. it. Torino, Einaudi, 1985. Cfr. sul punto il saggio introduttivo alla trad. italiana di M.G. LOSANO, La dottrina pura del diritto dal logicismo allirrazionalismo, XLIX: Lopera di Kelsen si presenta da un lato come una teoria generale di tutti i possibili tipi di norma, per daltro lato essa costituisce lultima propaggine di una dottrina estremamente formalistica del diritto.
* 1

Lo Stato, n. 1 (2013), pp. 243-255

Antonino Scalone

stizia, sembra essere il rovello che spinge Kelsen nellultimo tratto della sua vita a riprendere, per alcuni versi riproponendo e riassemblando materiali editi, per altri producendo riflessioni e analisi originali, il tema in Platone2. La giustizia per Kelsen operiamo qui una prima approssimazione al tema qualcosa che non pu essere ricompreso nellambito del normativo, pena limmediata perdita della dimensione scientifica della riflessione giuridica, ma che, proprio per questa sua eccedenza e ulteriorit, non pu essere (del tutto) estraneo a chi, come il giurista, di norme si occupa, almeno nei termini dellindicazione di ci che appunto eccede, o eccederebbe, lo specifico della forma giuridica medesima: insomma, anche la regolazione/definizione dei confini della scienza giuridica, uno dei compiti che Kelsen attribuisce alla Reine Rechtslehre3, non pu esser tale senza porsi il problema di ci che sembra (ma forse sembra soltanto) porsi al di l di tali confini: la sociologia, la storia, la politica, la morale, la giustizia; ed infatti Kelsen a pi riprese, anche nelle sue opere pi tecniche, di tutti questi ambiti si occupa4.

2. Aspetti del dualismo platonico


Veniamo dunque ad un esame sommario di alcuni temi affrontati nel volume. A giudizio di Kelsen, il pensiero di Platone caratterizzato da un radicale dualismo, tanto che il mondo di Platone non affatto unitario5. Tale dualismo si configura in vari modi, ma uno dei pi ri2 Ci distanziamo qui dalla posizione di quegli studiosi che interpretano la riflessione kelseniana su Platone nei termini di una resa dei conti (sostanzialmente tardiva) con luso della filosofia platonica a sostegno di opzioni antidemocratiche e autoritarie. Se anche questa intenzione presente in Kelsen, non ci sembra n la pi importante, n la pi significativa: tanto la difesa kelseniana delle ragioni della democrazia, quanto il suo interesse per il problema della giustizia vanno ben oltre questa prospettiva. Per questo tipo di analisi cfr. A. PERChRIggL, Wie undogmatisch ist Kelsens Platon? Drei Annherungen an Die Illusion der Gerechtigkeit, in R. WALTER, C. JABLONER, K. ZELENY (hrsg.), Griechische Philosophie im Spiegel Hans Kelsens. Ergebnisse einer Internationalen Veranstaltung in Wien (2. Dezember 2005), Wien, Manzsche Verlags- und Universittsbuchhandlung, 31-37. N ci sembra possibile ridurre, per le ragioni che cercheremo di esporre nel presente scritto, lindagine kelseniana su Platone ad un elemento utile sostanzialmente solo a fini ricostruttivi della biografia intellettuale di Kelsen, come sembra credere R. FERBER, nella sua recensione al volume kelseniano, in Zeitschrift fr philosophische Forschung, vol. 43, 1989, 557-561. 3 Di actio finium regundorum della scienza giuridica nei confronti delle altre scienze, Kelsen parla esplicitamente nella Prefazione alla prima edizione della sua prima grande opera, Problemi fondamentali della dottrina del diritto pubblico, (1911), trad. it. Napoli, Esi, 1997, 7. 4 Sulla compresenza allinterno dellopera kelseniana di elementi eterogenei, tali da complicare la purezza della Reine Rechtslehre, ci permettiamo di rimandare al nostro Una battaglia contro gli spettri. Diritto e politica nella Reine Rechtslehre di Hans Kelsen (1905-1934), Torino, Giappichelli, 2008. 5 H. KELSEN, Die Illusion der Gerechtigkeit. Eine kritische Untersuchung der Sozialphilosophie Platons, Wien, Manz Verlags- und Universittsbuchhandlung, 1985, 2.

244

Kelsen lettore di Platone

(si noti, fra laltro, che il primo viene pubblicato in appendice alla seconda edizione, 1960, della Reine Rechtslehre; la ragione dellinclusione che, scrive Kelsen, questo problema dimportanza capitale nella politica del diritto69) possiamo forse dire che lillusione della giustizia lillusione che la giustizia possa essere affrontata e posta altrimenti che come problema. Egli stesso sembra manifestare la consapevolezza di questa circostanza, ovvero dellimpossibilit logica di ogni definizione esaustiva della giustizia, nelle ultime pagine di Das Problem der Souveranitt, ove intende ledificazione della civitas maxima, vale a dire di un ordine internazionale fondato su principi condivisi di giustizia (quindi in una dimensione che procede oltre la mera dimensione della scelta individuale relativa allobbedienza), come una prospettiva ideale, come il compito infinito che deve essere posto ad ogni sforzo politico70. La riapertura della questione della giustizia nella sua opera estrema, al di l dellesito o dei limiti che caratterizzano la sua lettura di Platone, testimonia la fedelt del giurista viennese a questo impegno e la fecondit della sua prospettiva di ricerca, oltre ad una inavvertita, ma sostanziale fedelt al procedimento di indagine platonico.

Abstract
The topic of justice is a permanent feature in the thought of Kelsen. Despite believing that a thorough definition of this concept is not possible, he keeps on searching for it, especially through a continual dialogue with the Platonic philosophy. The goal of this contribution is to analyze the thoughts of Kelsen on this topic, as they emerge in his unpublished work Die Illusion der Gerechtigkeit. Our main hypotesis is that, despite being critic at some points, the ideas of Plato and Kelsen present some important common features.

69 70

H. KELSEN, La dottrina pura del diritto (1960), trad. it. Torino, Einaudi, 1966, 8. H. KELSEN Il problema della sovranit, cit., 469.

255

Il mutaforma criterio della ragionevolezza

di Luca Vespignani*
Sommario: 1. Premessa. 2. Le origini della problematica. 3. La dottrina degli anni Settanta. 4. La posizione di Livio Paladin. 5. Il definitivo abbandono del tradizionale ancoraggio al principio di eguaglianza. 6. Gli sviluppi pi recenti. 7. Alcuni spunti di riflessione.

1. Premessa
Lintento del presente contributo quello di passare in rassegna alcuni dei moltissimi studi sul tema della ragionevolezza pubblicati nellultimo mezzo secolo sotto il profilo della posizione da essi assunta circa il ruolo del principio di eguaglianza formale ex art. 3, comma 1, Cost., tracciando un percorso da cui ricavare indicazioni anche in ordine allo sviluppo cui andato incontro il concetto de quo in concomitanza con la centralit che gli stata progressivamente riconosciuta sia dalla giurisprudenza, sia nella riflessione della dottrina. In tal senso, essendo la produzione scientifica sullargomento ormai sconfinata, non si ha, ovviamente, alcuna pretesa di completezza e si cercato piuttosto di selezionare alcune delle opere pi emblematiche nellottica presa in esame, concentrando lattenzione, soprattutto per quanto concerne gli ultimi decenni, su quelle aventi carattere monografico oppure oggetto di larga consultazione come le voci enciclopediche. Il che non implica in alcun modo un giudizio di valore rispetto a quelle che non sono state citate, non essendo, tra laltro, possibile dar conto adeguatamente dellimprecisato numero di articoli e note a sentenza apparsi sulle principali riviste.

Universit degli Studi di Modena e Reggio Emilia

Lo Stato, n. 1 (2013), pp. 257-268

Luca Vespignani

2. Le origini della problematica


La problematica della ragionevolezza sorge fin dai primi anni di attivit della Corte Costituzionale con riferimento al principio di eguaglianza ricavato dallart. 3 Cost. e su di esso si concentra pure la riflessione della dottrina, a cominciare dagli interventi sul tema da parte di Carlo Esposito, il quale, gi a met degli anni Cinquanta, si chiedeva in chiave critica a cosa si sarebbe ridotta la disposizione in oggetto qualora la si fosse intesa nel senso che, a parit di situazioni, i cittadini debbano essere trattati in modo eguale se non ad una statuizione che le leggi debbono essere giuste () istituendo un presunto regno o una presunta repubblica della giustizia in terra1. Discorso, questo, ribadito nel commentare la sentenza 26 gennaio 1957, n. 28 della Corte Costituzionale, con laffermazione secondo la quale la disposizione dellart. 3 della Cost. che statuisce la eguaglianza dei cittadini davanti alla legge non vincola il legislatore nel fine perch la parificazione di tutte le situazioni di fatto nel trattamento giuridico non fine proposto o imposto dalla Costituzione al legislatore ordinario. La differenziazione di tali situazioni appartiene perci al potere libero del legislatore, sottratto per definizione al controllo di legittimit della Corte2. E sulla medesima direttrice si collocano la nota alla sentenza 14 luglio 1958, n. 533, quella alla sentenza 11 marzo 1961, n. 14 e quella alla sentenza 27 febbraio 1962, n. 7, nella quale si lamenta che la Corte, affermando in astratto il proprio potere a sindacare larbitrio o la inconsequenzialit del legislatore, e negando in pratica assai spesso la inconsequenzialit l dove essa esisteva, o sostenendo che essa rientrava nel potere discrezionale del legislatore, abbia aperto a se stessa la via a giudicare liberamente o a proprio piacimento della costituzionalit di molte leggi5. Fin dallinizio, per, si delinea un orientamento diverso, che peraltro seguendo un approccio pi coerente con la linea di sviluppo intrapresa dalla giurisprudenza costituzionale dopo uniniziale adesione
1 C. ESPOSITO, Eguaglianza e giustizia nellart. 3 della Costituzione, in IDeM, La Costituzione italiana. Saggi, Padova, 1954, 28-29. 2 IDeM, in Giur. Cost., 1957, 399. 3 IDeM, in Giur. Cost., 1958, 604 ss. 4 IDeM, Della prudenza nelle dichiarazioni di illegittimit costituzionale, in Giur. Cost., 1961, 6 ss. 5 IDeM, La Corte Costituzionale come giudice della non arbitrariet delle leggi, in Giur. Cost., 1962, 82. Sulla medesima sentenza si veda pure il commento di M. GIORgIANNI, Le norme sullaffitto con canone in cereali. Controllo di costituzionalit o di ragionevolezza delle norme speciali?, in Giur. Cost., 1962, 89, il quale, pur non aderendo integralmente alla posizione di Esposito, ritiene che lapplicazione dellart. 3 posta in essere dalla decisione annotata comporti un controllo eccessivamente penetrante delle ragioni che abbiano indotto il legislatore a diversificare le situazioni. () lo stesso Mortati limita il controllo della Corte Costituzionale alla irragionevolezza prima facie della distinzione, facendo lesempio limite della legge che subordinasse laccesso a un pubblico ufficio al colore biondo dei capelli dellaspirante.

258

Luca Vespignani

con tutta evidenza, di profili che esulano dallapproccio meramente ricognitivo qui adottato.

Abstract
The paper contains a reasoned review on some of the main opinions in Italian jurisprudence about the role played by the principle of formal equality in the context of the judgment of reasonableness by the Constitutional Court. In this sense, it is developed in a diachronic way, starting from the early studies of the Fifties up to the most recent ones.

526, per il quale alla logica del conflitto e della contrapposizione dialettica, deve preferirsi quella della leale collaborazione tra Corte e legislatore, proprio al fine di superare le opposte e eguali pretese che spingono sia il potere politico sia il giudice delle leggi a porsi come la vera istanza sovrana.

268

Hugo Preu dalla Costituzione bismarckiana alla Weimarer Reichsverfassung


di Agostino Carrino*
Sommario: 1. Preu e la scienza costituzionalistica tedesca tra Otto e Novecento. 2. Lorganicismo di Preuss e la critica del dogma della sovranit. 3. Lautoamministrazione comunale. 4. La Costituzione di Weimar e lart. 48. 5. Attualit di Preu.

Hugo Preu (1866-1925)

HUGO PREUSS, Gesammelte Schriften, Erster Band: Politik und Gesellschaft im Kaiserreich, hrsg. und eingeleitet von Lothar Albertin im Zusammenarbeit mit Christoph Mller, Tbingen, Mohr Siebeck, 2007, 811. HUGO PREUSS, Gesammelte Schriften, Zweiter Band: ffentliches Recht und Rechtspgilosophie im Kaiserreich, hrsg. und eingeleitet von Dian Schefold im Zusammenarbeit mit Christoph Mller, Tbingen, Mohr Siebeck, 2009, 886. HUGO PREUSS, Gesammelte Schriften, Vierter Band: Politik und Verfassung in der Weimarer Republik, hrsg. und eingeleitet von Detlef Lehnert, Tbingen, Mohr Siebeck, 2008, 738. HUGO PREUSS, Gesammelte Schriften, Fnfter Band: Kommunalwissenschaft und Kommunalpolitik, hrsg. und eingeleitet von Christoph Mller, 2012, 884.

1. Preu e la scienza costituzionalistica tedesca tra Otto e Novecento


Hugo Preu forse tra i giuristi pi emblematici delle complesse vicende intellettuali della Germania nella sua fase guglielmina e in quella di trapasso alla Repubblica di Weimar, della cui Costituzione Preuss, com noto, fu tra i principali artefici ed anzi liniziatore, su designazione del socialdemocratico Ebert allindomani della sconfitta, nel novembre 1918. Ci nonostante Preu non pu essere annoverato tra i giuristi formalmente pi in vista della Germania tra Otto e Novecento, in quanto,

Universit di Napoli Federico II.

Lo Stato, n. 1 (2013), pp. 271-280

Agostino Carrino

essendo ebreo e politicamente schierato con i liberali di sinistra, non pot aspirare a cattedre importanti e dovette accontentarsi di insegnare nella Handelshochschule di Berlino, della cui citt la famiglia era pure tra le pi in vista dal punto di vista del prestigio finanziario. Significativo tuttavia il fatto che su questo giurista, per molto tempo ai margini della vita intellettuale, sia stato Carl Schmitt a scrivere, qualche anno dopo la morte (1925), un saggio ancora oggi importante e meritevole di lettura, nel quale il futuro Kronjurist del Terzo Reich dichiarava siamo nel 1930 che si dovr partire da Preuss se ci si sottopone ad un compito che la scienza del diritto pubblico tedesco non pu eludere pi a lungo, vale a dire al tentativo di raggiungere una concreta coscienza storica della propria situazione spirituale1. Da un altro punto di vista, poi, si deve concordare con i curatori di queste Gesammelte Schriften che Preuss va considerato come un anticipatore della democrazia e del parlamentarismo tedeschi, sia pure su un cammino complesso ed articolato, dove Preuss risulta elaborare una via tutta sua alla democratizzazione della Germania. Che il passaggio dallepoca monarchica di Bismarck a quella repubblicana fosse un passaggio gi in s sofferto e ambiguo pu dimostrarlo al meglio un brano di G. Anschtz nel suo Kommentar alla Costituzione di Weimar, l dove scrive: La costituzione cambiata, lo Stato rimasto2. Lo Stato, per molti, non mutava n poteva mutare, anche nel momento in cui si dava una nuova, differente costituzione. Lo Stato, in effetti, viene prima del diritto e prima anche della Costituzione. Questa posizione non era propria solo di ambienti e figure conservatori o reazionari, che guardavano con sospetto alla occidentalizzazione della Germania (si ricordino gli scritti prebellici e bellici di Thomas Mann ancora infatuato della Kultur contro la Zivilisation) e alla sua democratizzazione; lo stesso Preu, in effetti, non pu non porsi il problema della continuit nel trapasso da una forma di governo ad unaltra, come appare evidente in uno dei punti pi controversi e successivamente criticati della Weimarer Reichsverfassung, quel famoso/famigerato art. 48 che attribuiva pieni poteri al Presidente in casi di necessit, e che rappresentava in effetti un momento di continuit dalla Costituzione bismarckiana a quella weimariana. Proprio in forza dellart. 48, in effetti, a Preu stata contestata una dipendenza da un giurista ancora dentro la mentalit dello Stato autoritario, come Redslob. La stessa ascendenza di Preu dalla teoria della consociazione (Genossenschaftstheorie) del suo maestro Otto von Gierke rendeva
1 C. SCHMITT, Democrazia e liberalismo. Referendum e iniziativa popolare Hugo Preuss e la dottrina tedesca dello Stato, Milano, Giuffr, 2001, 89. 2 G. ANsCHTZ, Die Verfassung des Deutschen Reiches, Berlin, Stilkes, 1926, 1.

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Agostino Carrino

mera auto-amministrazione, un senso nuovo, pi profondo. Dalla democrazia locale, il socio politico della citt pu svilupparsi anche nel ruolo di socio politico dello Stato. Lopera di Hugo Preu svela le vie sulle quali pu nascere ci che viene oggi chiamata civil society24.

Abstract
The author in this review-article discusses the main guide-lines of Hugo Preu thought from his beginnings as a follower of Gierkes theory of associations (Genossenschaften) to his job on the new German Constitution of Weimar. The essay draws on Preu collected works recently published by the Mohr Verlag of Tbingen.

24

C. MLLER, Einleitung a H. Preu, Gesammelte Schriften, Bd. V, 78.

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Scommettere sulle libert contro la reductio ad Hitlerum: lo Stato costituzionale moderno


di Antonio Riviezzo*

Sommario: 1. Premessa. 2. Il quesito di partenza ed un caveat preliminare. 3. Autodelegazione e autolimitazione del potere. 4. Libert e identit. 5. Lingua comune e tolleranza reciproca: lo Stato costituzionale moderno. 6. Sintesi conclusiva.

1. Premessa
Le riflessioni sul c.d. Stato costituzionale si sono moltiplicate, soprattutto negli ultimi anni, con progressione geometrica, allargandosi, da un lato, verso la manualistica (in particolare in funzione integrativa della tradizionale modellistica delle forme di stato1) e, dallaltro, verso ragionamenti di respiro pi ampio, dalla cifra prettamente teoricogenerale. Una buona testimonianza di questultimo trend costituita dal recente volumetto di Horst Dreier intitolato Lo Stato costituzionale delle libert come ordinamento azzardato (80 pp., Modena, Mucchi, febbraio 20132). Tale dissertazione infatti, per un verso, ha seguto, non di molto, un intervento sullo stesso tema e nellambito della medesima collana3 di Mauro Barberis (titolo: Stato costituzionale, 80 pp., marzo
Universit degli Studi di Sassari. Cfr. ad es. C. PINELLI, Forme di stato e forme di governo2, Napoli, Jovene, 2009, spec. 121 ss., e M. VOLPI, Libert e autorit4, Torino, Giappichelli, 2010, spec. 40 ss. Nel concetto di manualistica va qui ricompresa anche la voce enciclopedica, in quanto egualmente sintomatica di unacquisizione scientifica data a torto od a ragione per pacifica: ex multis, v. S. BARTOLE, Stato (forme di), voce in Enc. dir., Annali II, II, Milano, Giuffr, 2008, 1116 ss., spec. 1121 ss. e L. ELIA, Forme di stato e forme di governo, voce in S. CAssEsE (diretto da), Dizionario di diritto pubblico, III, Milano, Giuffr, 2006, 2593 ss., spec. 2599 ss. 2 Il volume stato tradotto in italiano da Federico Pedrini. 3 Collana Piccole conferenze, diretta da Aljs Vignudelli.
* 1

Lo Stato, n. 1 (2013), pp. 281-290

Antonio Riviezzo

2012), e, per laltro, sembra continuare idealmente il discorso gi avviato in Italia dal giurista tedesco nel 2011 col saggio Lo Stato costituzionale moderno (98 pp.), pubblicato a Napoli dalleditore Guida4. Orbene, se si volesse leggere in tale circoscritta vicenda il paradigma di una tendenza pi generale, sia sotto il profilo dottrinale, sia sotto quello editoriale5, non si sbaglierebbe di molto; le ragioni di tutto ci sono forse intuibili, ma conviene rinviarne leunciazione in chiusura, in modo da poterle meglio contestualizzare (anche) alla luce delle tesi dellAutore in commento.

2. Il quesito di partenza ed un caveat preliminare


Venendo allo scritto (che dora in avanti, per brevit, citer con lacronimo SCL, seguto dal numero della pagina di riferimento), Dreier avvia la sua riflessione con una domanda: uno stato pu fondare la sua autorit esclusivamente sul principio di libert dei suoi cittadini (SCL 7)? Pu, in altri termini, fare a meno di porre alla sua base un qualsivoglia valore sostanziale quale, ad esempio, la comune religione o il sentimento patriottico? La risposta positiva, oggi, sembra ovvia, eppure Dreier evidenzia che essa controintuitiva (SCL 11), e che per secoli i pensatori di ogni orientamento politico hanno sempre dato per scontato che una tale ipotesi fosse semplicemente irrealistica (SCL 8); solo col movimento di pensiero illuminista che comincia ad affacciarsi pur tra oscillazioni ed incertezze lidea che uno stato totalmente (radicalmente?) agnostico sia non solo pensabile, ma possibile, e, tutto sommato, desiderabile (SCL 9). Nelle pagine che seguono (SCL 15-67), Dreier prova a dimostrare tale assunto, e ad individuare la combinazione strutturale che consenta a tale ordinamento (definito azzardato a p. 12) di sopravvivere senza implodere a cagione dellazione abrasiva derivante dallesercizio di quelle stesse libert che ha la vocazione di proteggere (SCL 13). Prima di proseguire nellesposizione, per, debbo puntualizzare che una porzione significativa dello scritto (pp. 27-46) dedicata allanalisi della Costituzione tedesca; di conseguenza, si potrebbe essere tentati di esaminarla pi speditamente delle altre, poich in ultima analisi meno funzionale agli ambiti di interesse di un giurista non te4 Nella collana Leviathan diretta da Agostino Carrino, che, oltre alla traduzione, ha curato pure la postfazione al volumetto in parola (91 ss.). 5 Pare significativo, infatti, tanto che un piccolo editore come quello modenese dedichi ben due uscite al tema in pochi mesi, quanto che un autorevole costituzionalista senta il bisogno di tornare sullo stesso argomento due volte in un lasso di tempo relativamente ristretto.

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Antonio Riviezzo

(nel tempo), sia orizzontale (nello spazio)21, quanto un pi generale approccio ermeneutico allo studio ed allapplicazione del diritto (costituzionale)22. Si noti come, in tale ragionamento, la seconda questione che si sta esaminando si saldi qui con la terza enucleata in apertura del paragrafo. Ebbene, a prescindere dalla constatazione che un simile approccio alla figura nettamente rigettato dallAutore dello scritto in commento (ma questo non sarebbe un argomento n valido n sensato), pu per segnalarsi che la logica interna di tale impianto implica che esso in generale ridondi anche sulla prima delle questioni prospettate, ossia sul nesso tra positivismo giuridico e degenerazione (in senso autoritario) del sistema politico. Nondimeno, in termini strettamente epistemologici e ad integrazione di quanto gi riportato poco sopra, va detto che, in un discorso giuristico che si pretenda rigoroso, non pu essere proposta come conclusione quella che anche la premessa (indimostrata) del ragionamento: non solo infatti difetta come gi detto la dimostrazione del nesso necessario tra positivismo e degenerazione del sistema (nesso da cui, eventualmente, non andrebbe esente nemmeno il neocostituzionalismo in quanto tale), ma, addirittura, sussistono prove ben pi salde della compatibilit tra giuspositivismo (metodologico) e Stato costituzionale23. La ricostruzione dello Stato costituzionale nei termini esclusivamente formali prospettati da Horst Dreier mi sembra quindi continui a farsi preferire, se non altro per insufficienza di prove quanto alla sua falsificazione.

Abstract
The essay proposes a plain reconstruction of the concept of the constitutional State, according to his true vocation: fundamental freedoms warranty. Following this vocation, Horst Dreier identifies minimal and necessary (and sufficient) structural elements of the constitutional State only on the dissent acceptance as a constructive point for the unity of the legal system and, consequently, on the presence of a common language for the functional exchange of opinions. Conclusively some personal considerations by the extensor are proposed with regard to tightness of the concept of constitutional State, in the formal and substantial acception.
21 P. HbERLE, Stato costituzionale, II) sviluppo storico, voce cit., 5 ss. Lo studioso tedesco parla addirittura della comparazione come quinto metodo di interpretazione [del diritto, scil.] (ibidem, 5). Conforme: C. PINELLI, Forme di stato e forme di governo2, cit., 146 ss. 22 P. HbERLE, Stato costituzionale, III) la costituzione dello Stato costituzionale, voce cit., 2 ss. 23 In argomento, cfr. G. PINO, Il positivismo giuridico di fronte allo Stato costituzionale, in Analisi e diritto 1998, Torino, Giappichelli, 1999, 203 ss.

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Riferimenti bibliografici
AMSELEK, PaUL, Cheminements philosophiques dans le monde du droit et des rgles en gnral, Paris, Armand Colin, 2012, pp. 647. Il lavoro presentato opera di Paul Amselek, professore emerito allUniversit Panthon-Assas di Parigi e a lungo direttore del Centre de Philosophie du droit presso quellUniversit. Il libro, a dispetto del titolo, che parla di percorsi filosofici e sembra, dunque, alludere a una scelta di ricerca intenzionalmente disarticolata, si presenta, invece, come un lavoro compatto e armonico, oltre che come una sorta di compendio di una ricerca lunga e difficile, imperniata sui temi della giuridicit e delle regole. Ciascuno dei tre itinerari, in cui suddivisa lopera, presenta argomenti di interesse assolutamente prioritario ai fini di un loro utilizzo specifico per lo studio del diritto, anche se va detto che lambizione realizzata dellautore consistita nellapprontare uno strumento, che, come dice il titolo, non si limiti allo studio del diritto, ma possa essere applicato allanalisi delle regole in generale. I temi presentati sono certo di grande portata, trattandosi, nella prima parte, dellindagine fenomenologica su che cosa sia il diritto, nella seconda, di che cosa significhi emanare norme giuridiche il che, specificamente, comporta, nella teoria di Amselek, misurarsi con gli atti linguistici e, nella terza, infine, del ruolo particolare svolto, allinterno del diritto, dallinterpretazione. Va subito detto che la peculiarit del lavoro consiste nellaver saputo compiere uninteressante contaminazione, non solo, com pi comune conformemente a ci cui ci ha abituato la filosofia del diritto del Novecento , tra la linguistica e la filosofia giuridica, ma anche, e con grande perizia e passione, tra analisi giuridica ed ermeneutica, nonch tra diritto e letteratura. Come si diceva, infatti, questo libro mira a presentare una teoria, che non sia limitata allanalisi delle regole giuridiche, ma delle regole tout court, per il semplice motivo che, aristotelicamente, non ci si pu sottrarre allindividuazione scientifica della differenza specifica. Anzi, a questo proposito, il riferimento esplicito a un autore, con cui Amselek intrattiene uno speciale rapporto, e fin dalle sue prime opere, ossia Edmund Husserl. Non un caso, allora, che la prima parte del libro consista in una ricerca fenomenologica, dove il riferimento a questautore, ormai classico, della filosofia, si limita, tuttavia, allutilizzo del suo specifico metodo consistente in vari livelli di analisi e di generalit di specificazione, appunto , rinunciando a una pi coinvolgente accettazione della globale visione ontologica husserliana e, in particolare, a quella corrente dottrinaria, che, entro il diritto, tent di applicarla. Il risultato di questo percorso la delineazione delloggetto, che, com noto, la conditio sine qua non di ogni scienza. Amselek, infatti, ci rende edotti che, attraverso linsegnamento husserliano, finisce per essere evidente il fatto che, per capire le norme giuridiche, inevitabile prendere in considerazione e analizzare gli oggetti pi generali che le precedono e, dunque, avvicinarsi per gradi allobiettivo ultimo. Il percorso, cos, mostra unarticolazione secondo
Lo Stato, n. 1 (2013), pp. 291-309

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una sequenza che vede lindagine muoversi intorno al diritto, innanzitutto, in quanto costituito di regole, poi, in quanto costituito di regole di condotta e, infine, in quanto costituito di regole di condotta di un tipo particolare. per questo motivo, in ultima analisi, che, come Amselek afferma, per cogliere in pieno e in maniera corretta quanto pertiene al concetto del diritto, il teorico giurista si trova costretto a estendere le sue indagini e i suoi approfondimenti e a procedere egli stesso allo svelamento dellinsieme degli elementi che formano il contenuto di questo concetto, anche di quelli che fuoriescono dal suo stretto mbito di competenza (48). Questa pervasivit dellindagine portata avanti dal teorico del diritto nella quale Amselek fa un atto di fede trova pieno riscontro nelle parti seconda e terza dellopera, che affrontano questioni di grande rilevanza per la comprensione del diritto. Pi precisamente, entro il secondo itinerario, alla domanda che cosa viene chiamato emanare delle regole giuridiche? lautore risponde con la teoria degli atti linguistici, nella misura in cui convinto che, per individuare la specificit delle regole del diritto, necessario mettere a confronto i vari tipi di regole, ma allinterno delle categorie del linguaggio. Si tratta della questione sottile riguardante la distinzione tra atti (linguistici) deontici e atti prescrittivi e del fatto che, senza mantenere questa, spesso trascurata, separazione tra due insiemi, certo intersecantisi, ma non coincidenti, impossibile venire a capo di una chiarificazione del senso delle molteplici categorie di regole. Il terzo itinerario, invece, indaga il campo affascinante dellinterpretazione del diritto ed , forse, la parte pi vivace e sentita del libro. Lo , in primis, perch, com ricordato specificamente dallautore, linterpretazione chiama direttamente in causa il protagonista indiscusso delle scienze umane, ossia la libert umana che interferisce a differenza di quanto accade nelle leggi naturali con le leggi in cui quelle sono organizzate. Inoltre, nel cammino percorso da Amselek, la libert dellinterprete giuridico si confronta con gli attori di altri tipi di interpretazione, portando al culmine la ricchezza dottrinaria e culturale del libro. Assistiamo, cos, ad una ricca disamina, tanto di discipline e contesti di discorso, che lautore considera preziosi per meglio comprendere nella loro analogia con il diritto lopera di interpretazione che ne palesa il senso pi riposto ecco allora i confronti con lesegesi dei testi letterari, delle opere teatrali e dei testi sacri , tanto di autori ritenuti centrali per le loro teorie sul tema. Ed proprio il confronto con le diverse posizioni che, inducendo Amselek a prendere le distanze, sia dalle teorie oggettiviste, sia da quelle realiste, in nome del fatto che il giusto equilibrio sia in una posizione intermedia, lo conduce ad affermare che sono sempre i testi del legislatore che servono da supporto e da inquadramento allattribuzione di senso dellinterprete (591), ma nel significato specifico e sbalorditivo! che, di l dallintenzione dellautore del testo, suscettibile di rispetto da parte dellinterprete e, tuttavia, non sempre facilmente rinvenibile, vi , sovrana lintenzione del testo stesso. Anche la legge, come lopera letteraria, vive una vita indipendente dal suo autore e il rispetto di questa vitalit il cmpito preciso dellinterprete, che si manifesta in entrambi i modi, quello della creazione di senso e quello del suo svelamento. Giuliana Stella 292

Riferimenti bibliografici

COSTa, PaOLO, Gli istituti di difesa della Costituzione, Milano, Giuffr, 2012, pp. 153. Il volume di Paolo Costa si segnala innanzitutto per una precisa delimitazione storico-concettuale delloggetto dindagine: esso si colloca allinterno della statualit moderna, caratterizzata dalla centralit del concetto di sovranit. In questo orizzonte, inoltre, possibile enucleare un concetto specificamente liberal-democratico di difesa della costituzione, compendiato nellespressione democrazia protetta. Una delle ragioni dellinteresse di tale istituto risiede, a giudizio dellAutore, nel suo carattere contraddittorio, tale per cui una libert, per poter sopravvivere, pu trovarsi nelle condizioni di negare se stessa. Una consapevolezza maturata drammaticamente nel secolo ventesimo, quando un nuovo capitolo della storia politica, quella dei totalitarismi, ha mostrato chiaramente i pericoli che inevitabilmente lidea di unuguale libert politica assicurata a tutti porta con s (9). Se il concetto di difesa della costituzione in ambito tedesco presente e tematizzato come Verfassungsschutz, lo stesso non pu dirsi per lordinamento italiano, ove esso appare piuttosto distribuito allinterno di singoli istituti. Il compito che si propone lAutore dunque quello di verificare la possibilit di ricostruirne un profilo unitario attraverso lassunzione del Grundgesetz come modello positivo di riferimento. Nellordinamento tedesco la democrazia viene protetta innanzitutto in due modi, regolati rispettivamente dagli artt. 18 e 21. Il primo prevede la perdita del godimento di taluni diritti fondamentali per chi ne abusi a fini eversivi. Il secondo prevede la possibilit di dichiarare anticostituzionali i partiti antisistema. Il problema pi importante relativo a questultimo articolo, che in questo modo viene istituito un vero e proprio giudice delle dottrine che, sulla base di un giudizio prognostico, ne valuti il pericolo potenziale per lordinamento vigente (36) a prescindere dallesistenza di comportamenti contrari alle norme del codice penale. Si tratta, rileva lAutore, di un punto di sostanziale consonanza con Hobbes, secondo il quale il sovrano giudice delle opinioni politiche e della loro liceit non in base ad un criterio di verit, quanto piuttosto sulla base della loro idoneit a garantire o meno la pace e lordine sociale (34). Lart. 79, inoltre, prescrive che il Grundgesetz possa essere mutato solo da una legge che [ne] modifichi o integri espressamente il testo. Oltre a ci, pone limiti espliciti al potere di revisione, elencando in modo analitico limmodificabilit dellordinamento federale, della partecipazione dei Lnder alla legislazione e dei principi statuiti agli artt. 1 e 20. Anche nella Costituzione italiana sono rinvenibili limiti espliciti al potere di revisione, a partire dallart. 139 che fissa, com noto, lintangibilit dellordinamento repubblicano. Per la Costituzione italiana, invece, non si pu parlare di una protezione in senso stretto dai partiti antisistema analoga a quella tedesca, anche se possibile interpretare la XII disposizione transitoria come rivolta non solo contro il fascismo quale si realizzato storicamente, ma anche contro il manifestarsi sotto qualsiasi forma di nuovi fascismi, di nuove finalit dittatoriali e totalitarie tout court (70). Inoltre lAutore, interpretando lespressione con 293

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metodo democratico dellart. 49 in senso non meramente proceduralistico e formale, ma sostanzialistico, avanza lipotesi che sarebbe costituzionalmente legittimo istituire per via legislativa ordinaria (o costituzionale, in funzione integrativa dellart. 49) anche nellordinamento italiano un istituto simile al Parteiverbot tedesco o comunque con finalit di controllo preventivo e repressivo nei confronti dei partiti anti-sistema (75). Anche il problema dello stato deccezione appare rilevante al fine di determinare gli istituti di difesa della Costituzione. Infatti pu verificarsi, a giudizio dellAutore, una situazione nella quale ad un organo sia attribuito il potere temporaneo di adottare in situazioni eccezionali misure demergenza idonee a preservare lo status quo costituzionale (88) nel suo complesso. Alla fattispecie dello stato deccezione sembra riconducibile larticolo 78 Cost. relativo alla deliberazione dello stato di guerra da parte delle Camere e allattribuzione al governo dei poteri necessari. Infatti, a giudizio dellAutore, la previsione dellart., 78 sembra procedere al di l del semplice caso di una tradizionale guerra fra Stati per comprendere anche la guerra civile e lo stato dassedio; oltre a ci occorre chiedersi se le Camere, essendo competenti a decidere sul caso deccezione per eccellenza, la guerra, non siano a fortiori, anche e soprattutto in quanto espressione del potere sovrano, competenti a decidere tout court in ordine alla conservazione dello Stato e della Costituzione (95). A giudizio dellAutore si pu dunque complessivamente affermare che nella nostra Costituzione vi sono istituti idonei a fare della democrazia italiana una democrazia protetta, sia pure nella diversit rispetto al modello tedesco. Per ci che riguarda la Germania federale, la necessit di difendere lordinamento costituzionale dato riposa sullautoevidenza del fine di garantire la pace e la concordia, ma anche sul suo ancoramento ad un principio trascendente di ordine morale, quello di cui parola nel preambolo del Grundgesetz, ove si fa esplicito riferimento alla responsabilit del popolo tedesco, nella decisione di adottare questa legge fondamentale, nei confronti di Dio e degli uomini (139). Nellordinamento italiano, invece, gli istituti di democrazia protetta appaiono (ancora) troppo vincolati alla prospettiva storicamente determinata dellantifascismo e dellopposizione alla monarchia, lasciando aperta la questione di unefficace lotta ai nemici della democrazia in senso ampio. A giudizio dellAutore un ordinamento non in grado di difendersi con efficacia se non assume un determinato contenuto di valore, da cui deriva il proprio assetto di potere, come vero e come immutabile. necessario dunque, secondo limpegnativa conclusione di Costa, cui non sembrano estranee suggestioni giusnaturalistiche, portare lordinamento costituzionale al di fuori della storia per consentirne una difesa che non si arresti ai suoi nemici storici; necessario cogliere, anche innanzi al divenire della storia, le ragioni oggettive della democrazia e della libert che stanno nondimeno al suo fondamento (140). Ci si pu chiedere se, assumendo questa prospettiva, non risulti troppo sacrificata la possibilit di mutamento costituzionale che lo stesso Costa considera ineludibilmente connessa alle trasformazioni storiche. La clausola deternit propria dellart. 79 comma 3 del Grundgesetz ha autorevolmente 294

Riferimenti bibliografici

sostenuto Horst Dreier se trova la sua giustificazione (storica, non trascendente) nelle tragiche vicende costituzionali weimariane, reca con s precisamente il pericolo di promuovere quei fattori che in verit si vogliono combattere. Infatti, se non vi alcuna possibilit evolutiva di modificazione dei rapporti forse, anzi per forza, si spiana la strada alle forze rivoluzionarie (H. DREIER, Lo Stato costituzionale moderno [2009], trad. it. Napoli, Guida, 2011, 61). Antonino Scalone

FOLJaNTY, LENa, Recht oder Gesetz. Juristische Identitt und Autoritt in den Naturrechtsdebatten der Nachkriegszeit, Tbingen, Mohr Siebeck, 2013, pp. 412. La fine della seconda guerra mondiale e del dominio nazionalsocialista consegnarono alla giurisprudenza tedesca un arduo problema da risolvere: come fornire di nuovo legittimit ad un diritto che era stato ingiusto e oppressivo, che aveva conculcato le libert fondamentali e, in tal modo, compromesso gravemente la figura del giurista? La tesi argomentata in questo volume da Lena Foljanty individua nel dibattito sulla dottrina del diritto naturale, sviluppatosi a partire dal 1945, lo strumento con cui i giuristi tedeschi tentarono di ricostruire la propria identit professionale, procurando un nuovo fondamento alla loro materia. La riflessione sul Naturrecht costitu per la giurisprudenza tedesca postbellica la cornice allinterno della quale i giuristi poterono produrre un rinnovato processo di consolidamento narrativo del proprio ruolo e una ricostruzione della funzione del diritto nella societ. Al positivismo giuridico, e dunque alla professata separazione tra diritto e giustizia, infatti, venne attribuita la colpa di aver pervertito lordine del diritto, mentre proprio in una rinascita del diritto naturale fu intravista la concreta possibilit di lasciarsi la funesta ombra del passato alle spalle. Lapproccio della ricerca storico e sociologico insieme. La parte centrale del volume, ovvero i capitoli dal terzo al quinto, si occupa di illustrare la molteplicit delle concezioni del diritto naturale e, quindi, le varie correnti in cui queste visioni si sono diramate. Lanalisi concerne i dibattiti che videro nelle norme sovra-legislative la possibilit di un rinnovamento morale della societ e del diritto; in particolare, il terzo capitolo dedicato alla rinascita del diritto naturale cattolico, il quarto allesame delle dispute svoltesi tra giuristi e teologi nellambito della chiesa evangelica, il quinto alla discussione, accesasi soprattutto tra i giuristi, sulla possibilit di una fondazione secolare del diritto naturale o, perlomeno, di un nucleo oggettivo del diritto. Gli autori presi in considerazione in modo analitico dallAutrice quali rappresentanti di un approccio particolarmente significativo al diritto naturale sono quattro: Hermann Weinkauff, primo presidente della Corte di Giustizia Federale, che ancora fino alla fine degli anni Sessanta fu lo strenuo difensore di una fondazione giusnaturalistica della giustizia; Adolf Ssterhenn, politico cattolico della CDU che, dopo il 1945, tent di far penetrare elementi di diritto naturale nella nascente costituzione della Repubblica Federale; Erik Wolf, attivo nel dibattito evangelico e sostenitore di una concezione del dirit295

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to naturale che sfoci nella formulazione di una teologia giuridica; e, infine, Helmut Coing, la cui posizione rileva nel dibattito sulla secolarizzazione del diritto naturale e al quale si deve lunica concezione organica del Naturrecht. Unultima annotazione. Ci si sar chiesti quale posizione occupi in questa trattazione la figura di Gustav Radbruch, il giurista penalista e filosofo del diritto, autore della celebre Formel con cui tent di risolvere lantinomia tra il valore della certezza del diritto e il valore della giustizia nel caso della produzione e applicazione di leggi (quelle naziste) valide ma aberranti. LAutrice non lo annovera tra i protagonisti della nuova fondazione del diritto naturale, considerandolo una figura marginale, intervenuta in modo efficace unicamente a proposito della discussione sulla retroattivit delle pene. Non per questo, naturalmente, pu essere ignorato; non trovando posto per nelle correnti sopra illustrate, Foljanty ne esamina gli scritti sul bergesetzliches Recht (1945-1947) nel capitolo secondo, dedicato ad una interessante disamina del ruolo che tale apporto teorico ha svolto nellattivit giusdicente dei tribunali tedeschi dopo il 1945, non tanto dunque come oggetto di riflessione giusfilosofica, quanto piuttosto come espediente per risolvere i problemi giuridici posti in seguito alla catastrofe nazionalsocialista. Federico Lijoi

GRIMM, DIETER, Das ffentliche Recht vor der Frage nach seiner Identitt, Tbingen, Mohr Siebeck, 2012, pp. 104. Chi ricorda il dibattito italiano su attualit e utilit della distinzione tra diritto pubblico e diritto privato, svoltosi a partire dagli anni Sessanta e passato per le pagine di alcuni raffinati civilisti, come Michele Giorgianni, Rosario Nicol, Salvatore Pugliatti, nonch oggetto delle acute osservazioni proposte da Costantino Mortati nelle sue Istituzioni di diritto pubblico, trover altrettanto interessante questo agile volumetto di Dieter Grimm, dedicato allanalisi della nascita e dello sviluppo del diritto pubblico, nonch delle condizioni che sussistono alla base della sua identit scientifica e disciplinare. Per il giurista tedesco, innanzitutto, la distinzione tra diritto pubblico e diritto privato non radicata a priori nel concetto stesso di diritto. Nata con Ulpiano come separazione tra interesse della comunit e interesse dei singoli, essa essenzialmente scolastica e non produce conseguenze giuridiche; va perduta nel Medioevo, durante il quale viene invece in primo piano quella tra ius canonicum e ius civile, e non gioca alcun ruolo nei paesi di Common Law. Se tale distinzione contingente, essa non per casuale e lintento di Grimm consiste ora nellillustrare quali siano state le condizioni che nel continente europeo lhanno prodotta e le hanno consentito di giungere fino ai giorni nostri. Lassunto fondamentale dellAutore risiede nel collegamento sussistente tra la nascita dello Stato moderno e lo sviluppo del diritto pubblico. I conflitti religiosi che hanno dilaniato lordine giuridico medievale trovarono una soluzione di continuit nellaccentramento dellautorit in un unico sovrano (Bodin) e nella possibilit di porre il diritto in modo indipendente rispetto alle 296

Riferimenti bibliografici

professioni di fede (Hobbes). Tanto si svilupp lo Stato, altrettanto fu privatizzata la societ; nello stesso modo in cui i sovrani pretesero sovranit sulla societ, il diritto pubblico rivendic una primazia su quello privato. Con la fine dellantico regime e laffermarsi del modello sociale liberale, lopposizione tra diritto pubblico e diritto privato si rovesci. Il liberalismo, che mirava allemancipazione della societ dallinfluenza del sovrano, pose lo Stato su un nuovo fondamento di legittimit, la sovranit popolare, e procedette ad una ridefinizione delle sue funzioni. Se la societ dispone di meccanismi di autocontrollo, il cui presupposto sono la libert e luguaglianza degli individui, lo Stato non diviene per superfluo, venendo in soccorso alla societ l dove questa non pu contare solo sulle sue proprie forze, ovvero nella salvaguardia dellordine, interno ed esterno, da criminali e aggressori. Contestualmente, poi, dal momento che il monopolio della forza statale volto a tal fine rappresentava anche un pericolo per la libert civile, la Costituzione venne eretta a baluardo dei diritti fondamentali dei cittadini, e ci mediante listituzione di rappresentanti del popolo in Parlamento (cerniera tra societ e Stato) e la forma della legge, vincolo efficace allazione di governo. In questo modo, si modific il rapporto tra Stato e societ, essendo questultima ora a possedere una primazia sullo Stato. Di seguito si trasformarono anche la posizione e la funzione del diritto pubblico: al centro dellordinamento giuridico si dispone il diritto privato, mentre in posizione servente e periferica si colloca il diritto pubblico. Persino la Costituzione, la cui funzione individuata nella limitazione del potere statale, fin per divenire un accessorio del diritto privato. Cosa cambia col XX secolo? La separazione tra Stato e societ era espressione della fiducia liberale nella capacit di autocontrollo della societ. Su questo presupposto il liberalismo aveva buon gioco nel rimettere al mercato il problema della giustizia e limitare lo Stato, e dunque il diritto pubblico, ad un ruolo di garanzia di tali meccanismi di autocontrollo. Ma il liberalismo era una ideologia preindustriale. Con lindustrializzazione, il problema della giustizia, che esso aveva sperato di risolvere mediante uguaglianza e libert formali, si materializza nuovamente. Lo Stato abbandona il ruolo di garante di un ordine indipendente da lui per riprendere il compito di formatore di ordine. Tutto ci si riverber ancora una volta sulla fisionomia del diritto pubblico. Con il comunismo, in seguito alla sostituzione dellidea di libert soggettiva con postulati di verit oggettiva, la distinzione tra pubblico e privato viene meno. Nel mondo occidentale, la questione sociale sortisce leffetto di accrescere senza precedenti i compiti dello Stato. Nella seconda met del Novecento, infine, lattivit giurisprudenziale della Corte costituzionale rende oggetto di regolazione pubblicistica numerosi settori che prima non vi erano compresi, come nel caso della protezione dei diritti fondamentali. Persino i mezzi di comando e di coercizione, che hanno da sempre caratterizzato la Herrschaft statale, non sono pi sufficienti e lo Stato costretto a ripensarli, operando con mezzi indiretti di motivazione oppure sviluppando nuove forme di cooperazione con il settore privato. Secondo Grimm, tuttavia, la metamorfosi pi vistosa della statualit tradizionale ha luogo con limporsi di un potere pubblico al di l dei confini statali. Con listituzione dellOrganizzazione delle Nazioni Unite (1945), potere 297

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pubblico e potere statale smettono di essere sinonimi. Nel caso dellUnione Europea, per esempio, il diritto nazionale, e in grande misura, proprio lo stesso diritto pubblico, subiscono notevoli deformazioni esogene. Ci innanzitutto perch il diritto vigente dello Stato non ha pi le sue radici unicamente nelle fonti giuridiche nazionali; esso subisce linflusso non solo di nuove norme, ma anche di nuovi tipi di istituzione, come per esempio le autorit di regolazione. Cosa significa tutto questo dinanzi alla presunta identit del diritto pubblico? Ci dipende, avverte Grimm, innanzitutto dal tipo di unit che ci si aspetta dal diritto. Di certo, il diritto dellUnione Europea ha scalzato lultimativit della giurisprudenza costituzionale. Esso per, ancora per ora, non nelle condizioni di poter produrre una nuova unit di pi elevato livello. Lo stesso diritto europeo non costituisce un tutto conchiuso e a ci si aggiunga che non tutte le legislazioni nazionali gli hanno accordato un primato senza eccezioni, rendendo cos attuale la possibilit di conflitti tra ordinamenti che dispongono decisioni contraddittorie. Il pluralismo giuridico, che costituiva una caratteristica delle societ premoderne diviene ora un dato di fatto della costellazione postnazionale. Addio al diritto pubblico, quindi? Il problema della identit del diritto pubblico diviene ora una questione di decisione: ci si deve continuare ad attenere alla partizione del diritto in diritto pubblico e diritto privato? Grimm richiama di nuovo il cambiamento della fisionomia dello Stato: se esso, infatti, continua a sussistere, il suo dominio per non si esaurisce pi nel diritto pubblico. I suoi confini divengono meno netti, confondendosi, da un lato, con la societ, dallaltro, con i titolari sopranazionali di poteri pubblici. Il punto importante che Grimm sottolinea che forse questa perdita di identit del diritto pubblico rileva solo in riferimento alla concezione tradizionale di tale unit. Oggi lunit del diritto pubblico deve essere cercata e fondata diversamente. Limmagine tradizionale dello Stato, in effetti, cambiata persino quanto alla sua definizione, finora condivisa e indiscussa, come Herrschaft (imperio). Che oggi il diritto pubblico possa essere contenuto tutto nella regolamentazione dellautorit ben poco vero, visto che, da un lato, lattivit non imperativa della pubblica amministrazione sensibilmente aumentata e, dallaltro, vi sono titolari di poteri pubblici anche al di l degli Stati. Il potere pubblico, insomma, non si fa pi catturare in un unico sistema. Pluralismo giuridico e sistema non vanno daccordo. Ma lallontanamento dal sistema, conclude Grimm, non equivale allabdicazione dellargomentazione sistematica allinterno delle materie pubblicistiche, per lo meno fino a dove loggetto lo consenta. In appendice al volume vengono riportati due commenti alle argomentazioni di Grimm, quello di Otto Depenheuer e quello di Ewald Wiederin. Le osservazioni pi pregnanti ci sembrano essere quelle proposte da Depenheuer, per cui il diritto pubblico innanzitutto promozione del bene pubblico. Ci che per Grimm costituisce un segno dellincrinatura identitaria del diritto pubblico, per Depenheuer diviene una sfida di fronte alla quale esso non deve capitolare. Il diritto pubblico, infatti, non una mera decalcomania della realt attuale, bens veicola pretese normative e rappresenta valori. Esso non solamente un concetto descrittivo, caratterizzato da una ricca tradizione di storia costituzionale e la cui nascita e tramonto possono essere passivamente portati 298

Riferimenti bibliografici

a conoscenza, bens rimane una obbligazione normativa proprio in riferimento agli avvenuti processi di modificazione. La sua funzione quella di assicurare lautodeterminazione democratica del popolo, garantendo che i suoi rappresentanti svolgano il loro ufficio in modo imparziale e rivolto al bene comune. Federico Lijoi

KaUfMaNN, MaTTHIaS, RENZIKOWSKI, JOacHIM (hrsg.), Zurechnung und Verantwortung, Stuttgart, Franz Steiner Verlag, 2012, pp. 184. Questo quaderno 134 dellARSP (Archiv fr Rechts- und Sozialphilosophie) contiene gli atti del convegno su Imputazione e responsabilit, tenutosi tra il 22 e il 24 settembre ad Halle (Saale), sotto la direzione della sezione tedesca dellAssociazione internazionale per la filosofia del diritto e la filosofia sociale. I concetti di imputazione e responsabilit, avvertono in apertura del volume i curatori, sono tanto sfaccettati quanto privi di un contorno definito. Nel diritto, com noto, la responsabilit implica un obbligo di prevenzione del rischio e, come conseguenza di una violazione di tale obbligo, la pena o il risarcimento del danno. In caso di pena, il termine utilizzato per definire il collegamento tra il soggetto e la responsabilit quello di imputazione. Il punto di partenza degli undici saggi che compongono il volume costituito dallassunto per cui il concetto di responsabilit nasce da quello morale e giuridico di imputazione, sviluppandosi in particolare tra il secolo XVIII e XIX. Una riflessione sullinterazione tra lambito morale, politico e giuridico costituisce quindi il punto di vista privilegiato per un chiarimento di tali concetti, della loro origine e della loro trasformazione. S. Gosepath, autore del primo saggio, si occupa di illustrare la storia del concetto di responsabilit politica, mentre G. Lohmann, nel saggio successivo, indaga la connessione tra conoscenza e percezione della responsabilit: non conoscere la propria responsabilit libera dallobbligazione? Lignoranza pu considerarsi una ragione per non sentire la responsabilit e quindi agire in modo non conforme? La risposta a queste questioni alligna, secondo lAutore, nella elaborazione di una connessione tra responsabilit (individuale e collettiva) e virt. Dal punto di vista femminista sono invece proposte le osservazioni di A. Schmidt, E. Holzleithner e F. Wapler. Nei rispettivi contributi ci si domanda in quale misura la concezione della responsabilit sia influenzata da questioni culturali o fattori di genere; il liberalismo, in particolare, viene stigmatizzato come quella teoria politica che ha modellato la responsabilit (autonomia e libert) su una concezione maschile dellesistenza, perdendo in tal modo la sua portata universale. Lintervento di H. Steiners si occupa invece di proporre un esempio di correlazione, su scala globale, tra la responsabilit individuale e la giustizia distributiva; il tentativo quello di collocarsi al di l delle ideologie (tanto egalitarie quanto neoliberali) per elaborare una concezione della responsabilit individuale coerente con i principi di giustizia. Molto interessante e attuale appare, di seguito, il contributo di A. Grunwald, dedicato al rapporto tra 299

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scienza e responsabilit, ovvero ad un tipo di Rechenschaft non legittimata democraticamente: chi dovrebbe essere additato come responsabile per lintroduzione di alimenti modificati geneticamente, laddove questi si dimostrassero causa di gravi malattie? LAutore, in questo caso, considera limputazione della responsabilit un compito che grava sulla societ e che non pu essere delegato ad un circolo di tecnocrati. Il problema della responsabilit per le conseguenze future pu essere chiarito unicamente nellambito di un discorso impostato democraticamente. Gli ultimi quattro contributi raccolti in questo volume sono firmati da V. Haas, F. von Benda-Beckmann, J. Eckert e Ch. Thompson. Il primo si occupa di un problema giuridico che tornato gi da molti anni allordine del giorno, quello della responsabilit delle persone giuridiche e degli enti collettivi. Un tema che si ulteriormente complicato di recente sia nel campo del diritto internazionale sia in conseguenza di fenomeni come la devolution, la globalizzazione dei mercati e la diffusione di organizzazioni, private o parastatali, che operano a livello transnazionale. Tali fenomeni hanno preso il nome di pluralismo giuridico globale e hanno assunto la forma, in taluni casi, di una rivitalizzazione, al di l del diritto statale e spesso in coesistenza con esso, di rappresentazioni giuridiche etniche e religiose a carattere locale. Questultima trasformazione oggetto della disamina delletnologo Benda-Beckmann, che analizza il modo in cui i concetti di responsabilit, colpa e causalit sono stati elaborati in Malawi, Sumatra e in Molukken (Indonesia). Ad un esempio di pluralismo giuridico conflittuale invece dedicato il saggio di J. Eckert, che focalizza la propria attenzione sul modo in cui concezioni diverse della responsabilit, come per esempio quella ind e quella musulmana nellIndia del Nord, possano generare ostilit con gravi conseguenze sociali. Lultimo saggio del volume una riflessione che si muove nellambito della pedagogia. LAutrice si serve delle analisi condotte da Foucault e da Kant per ricavare un profilo dei concetti di imputazione e responsabilit che possa essere utilizzato nella prassi scolastica attuale. Federico Lijoi

PIN, ANdREa, La sovranit in America. Il federalismo di fronte alla Corte suprema dalle origini alla crisi economica contemporanea, Padova, Cedam, 2012, pp. 160. Il punto di partenza della ricerca di Andrea Pin la constatazione delle difficolt e dei rallentamenti che il processo di decentramento dei poteri sta incontrando nel nostro paese, in conseguenza soprattutto della crisi economica. dunque interessante, per comprendere quanto pu riservarci il futuro, riflettere su una vicenda plurisecolare e articolata come quella del federalismo statunitense e, in particolare, sul senso e la portata del concetto di sovranit allinterno dellordinamento federale degli Usa. Lindagine viene condotta privilegiando il punto di vista delle sentenze della Corte Suprema, nella convinzione che i diversi orientamenti giurisprudenziali via via manifestatisi al suo interno rappresentino un luogo cruciale di osservazione e di analisi dellintera vicenda costituzionale statunitense. 300

Riferimenti bibliografici

Gli Stati Uniti hanno adottato una concezione duale della sovranit: essa, cio, risulta divisa fra gli Stati che hanno dato origine alla Federazione e la Federazione medesima. Il problema di stabilire i confini reciproci fra i poteri locali e quelli federali ed eventualmente di fissare un ordine gerarchico. Sul tema la dottrina e la giurisprudenza della Corte suprema hanno manifestato diversi orientamenti e la prevalenza delluno o dellaltro permette di individuare alcuni periodi allinterno della storia costituzionale statunitense: il primo, che corrisponde ai primi decenni di storia costituzionale americana; il secondo, successivo alla Guerra civile; il terzo che ha preso lavvio con la Grande Depressione e il New Deal e che ha conosciuto alcune importanti oscillazioni, che si possono individuare nellaffermazione dei diritti civili e nel revival delle prerogative degli Stati, verificatosi alla fine del Novecento (13). Nel pensiero di Jay, Hamilton e Madison, lUnione non instaurava un legame tra i governi, ma tra le popolazioni () La sovranit, secondo Publius, doveva ritenersi appartenere al popolo della Federazione, non alla Federazione in s (21). Attribuendo la sovranit al popolo, diventava possibile distribuirla a pi soggetti, tutti promananti dallunico vero sovrano, il popolo (22). In questo modo, sostiene lAutore, gli USA andavano dunque oltre il costituzionalismo europeo continentale e anglosassone, per dare vita ad un ordinamento nel quale tutti i poteri erano limitati e pertanto nessun livello istituzionale poteva dirsi davvero la voce esclusiva del popolo sovrano (22-3). Esigenze di tipo organizzativo e politico relative alla necessit di governare una struttura di crescente complessit, imposero nei fatti una progressiva accentuazione degli elementi centralistici, sbilanciando lequilibrio costituzionale a favore della Federazione. Ma fu la guerra civile a spezzare il difficile equilibrio fra sovranit degli Stati e sovranit federale. Conseguenza di tale rottura, secondo B. Ackermann, fu lassunzione del carattere complessivamente recessivo della sovranit statale. Dalla Guerra Civile scrive Pin sorgeva una nuova interpretazione del testo costituzionale che accentuava il carattere nazionale su quello federale degli Stati Uniti (42). Se negli anni successivi alla Guerra Civile la Corte suprema sembr allinearsi ai nuovi equilibri costituzionali, riconoscendo nella sua giurisprudenza una sorta di primato dellUnione nei confronti degli Stati, nel periodo della Grande Depressione si apr un conflitto fra la Federazione, orientata a intervenire nellambito economico e dei diritti, e la Corte, orientata invece a difendere in questi settori i principi del liberismo e le prerogative dei singoli Stati. Altrettanto carica di conseguenze fu laffermazione dei diritti civili su scala nazionale che contribu, forse ancora pi del New Deal sotto il profilo teorico, a demolire la credibilit della sovranit statale (58). Il filone avverso al centralismo federalista si riattiv tuttavia nella Corte suprema a partire dagli anni settanta, per poi trovare la sua consacrazione durante la presidenza Reagan, mentre successivamente si cre una sorta di sistema polifonico, secondo la definizione di Shapiro, nel quale centri di potere diversi, caratterizzati da fonti indipendenti della rispettiva autorit politica, devono necessariamente rapportarsi luno allaltro. In anni recentissimi, accanto ad un recupero, dovuto soprattutto al giudice Antonin Scalia, dellidea della permanenza di una originaria sovranit dello Stato, si affermata anche una nuova tendenza centralista, specialmente in campo assistenziale, volta a ovviare alle conse301

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guenze della crisi economica. Lesito di questa inesausta navette fra centro e periferia sembra essere al momento quello di porre nuovamente la Federazione a capo delle politiche a tutela dei diritti fondamentali, senza tuttavia esautorare gli Stati nella loro capacit dintervenire in materia economica (129). Sulla base dellampia ricostruzione di Pin, ci si pu chiedere in che misura lordinamento americano costituisca una forma politica del tutto originale, caratterizzata da una nozione di sovranit irriducibile alle modalit europee. Forse la navette di cui parla lAutore, pi che una sovranit autenticamente duale, potrebbe mostrare, a seconda del mutare delle circostanze storiche e dei rapporti di forza, loscillazione dellesercizio dellunica sovranit fra i due poli della Federazione e dei singoli Stati. Di volta in volta listanza decisiva viene individuata nei singoli Stati o nelle istituzioni della Federazione, senza che il campo di tensione possa essere risolto una volta per tutte. Si tratta di un quadro che ricorda da vicino il concetto di federazione illustrato da Schmitt nella Verfassungslehre: a suo avviso, infatti, nella federazione i singoli Stati e il potere centrale costituiscono due forme politiche fra loro esistenzialmente irriducibili. Di conseguenza, lordinamento federale risulta intrinsecamente instabile, consistendo dellequilibrio precario fra i suoi due elementi costitutivi. Esso affida la sua sopravvivenza al piano pratico-politico, ovvero alla circostanza concreta di essere comunque il risultato di una decisione fondamentale del popolo e dunque di una determinata omogeneit sostanziale. tale omogeneit sostanziale a fa[r] s che il caso estremo di conflitto non abbia luogo allinterno della federazione (C. SchMITT, Dottrina della Costituzione [1929], trad. it. Milano, Giuffr 1986, 490), senza escludere peraltro, al verificarsi del caso demergenza, come mostra la stessa storia degli Usa, propositi di secessione e conflitti armati interni. Maggiormente caratterizzato nel senso di una radicale ulteriorit rispetto al concetto classico di sovranit (in tutte le sue declinazioni: europea e statunitense) potrebbe risultare invece il modello tripartito proposto da Hans Kelsen; qui, infatti, allinterno di un ragionamento che intende consapevolmente fare a meno del linguaggio del potere e della sovranit (ivi compresa la nozione di popolo inteso in senso sostanzialistico), la dicotomia fra centro e periferia trova la sua composizione nel riconoscimento delle due istanze come parte di un unico e sovraordinato ordinamento federale fissato nella carta costituzionale, rispetto alla quale i singoli Stati e le istituzioni federali risultano egualmente subordinati: Sulla base della Costituzione complessiva e da essa delegate scrive Kelsen vi sono due ulteriori cerchie normative (Normenkreise) che di fronte alla Costituzione complessiva delegante risultano ordinamenti parziali delegati: un ordinamento con validit spaziale per lambito complessivo e pi ordinamenti con validit spaziale per ambiti parziali (H. KELsEN, Allgemeine Staatslehre, Berlin, Springer, 1925, 199). In una situazione compiutamente normativizzata e desostanzializzata, nella quale nessun soggetto pu pi rivendicare a s la titolarit o lesercizio del potere sovrano, il governo delleventuale conflitto fra centro e periferia risulta allora affidato non al mutare dei concreti rapporti di forza e alla necessit di impedire il verificarsi del caso demergenza, ma al giudizio, assunto sulla base del testo costituzionale, di unistanza giudicante terza. Antonino Scalone 302

Riferimenti bibliografici

STaRcK, CHRISTIaN (Hrsg.), Recht und Willkr, Tbingen, Siebeck, 2012, pp. 168. Diritto e arbitrio costituisce il tema di un convegno tenuto ad Hannover nel 2012 sotto il patrocinio dellAccademia delle scienze di Gottinga. Il volume pubblicato da Mohr Siebeck e a cura di Christian Starck riunisce i cinque interventi tenuti in quelloccasione, in ordine di lettura, da Horst Dreier, Dieter Langewiesche, Michael Stolleis, Rolf Strner, Anne Peters. La tematica condensata nella diade del titolo rappresenta una opposizione il cui svolgimento viene condotto dagli autori a partire da alcuni ambiti della scienza giuridica e con lausilio esemplificativo di alcuni eventi storici. La prospettiva adottata , insomma, tanto giuridica quanto storica. Nel primo saggio, Diritto e arbitrio, Horst Dreier esplora il senso pi evidente della dicotomia, ovvero quello della opposizione, per cui quasi nulla sembra essere cos chiaro e indiscusso quanto la circostanza per cui diritto e arbitrio si trovano in una opposizione inconciliabile. Ma le cose non sono cos semplici. Tra diritto e arbitrio, argomenta Dreier, non vi una piena identificazione: tra i due concetti corre una conversio per accidens (e non simplex). Se vero, infatti, che il diritto non tollera arbitrio e che tutto ci che arbitrario ovvero sprovvisto di ragioni oggettive e determinanti non diritto (Unrecht), non altrettanto corretto che tutto ci che Unrecht compaia nella veste dellarbitrio. Si pensi alle discriminazioni sistematiche, in tal senso conformi alla legge, messe in atto dal nazionalsocialismo. Anche dal punto di vista terminologico, il concetto di Willkr non si lascia ridurre tout court a quello di illecito, anzi: fino al XIX secolo esso possedeva una connotazione positiva, nel senso di una certa forma di diritto, per esempio quella posta in essere dal membro di una gilda medievale e fondata sulla volont comune del creatore del diritto ( il cosiddetto Satzungsrecht, o diritto statutario). La testimonianza pi pregnante la si trova per secondo Dreier nella Metafisica dei Costumi di Kant. Nella parte dedicata alla Rechtslehre troviamo la seguente definizione di diritto: Il diritto il complesso delle condizioni sotto le quali larbitrio di ciascuno pu coesistere con larbitrio di ogni altro secondo una legge universale della libert. Qui, chiosa Dreier, arbitrio significa libera volont, autonomia e autodeterminazione del singolo. Proprio in questultimo senso larbitrio diviene parte del diritto, oggetto della sua tutela nei diritti fondamentali (Grundrechte) e nel principio democratico di libert. Larbitrio, allora, quando non sia unattribuzione del diritto (il diritto non deve essere arbitrario), diviene contenuto del diritto, quella libert che il diritto deve proteggere (die Freiheit zur Beliebigkeit) dalleteronomia e dalla costrizione. Nel secondo saggio, Diritto e rivoluzione, Dieter Langewiesche si occupa di analizzare il fenomeno della rivoluzione, ovvero il rapporto tra questa e il diritto. Allinquadramento teorico segue lanalisi dellesempio storico, che costituisce la parte pi corposa del saggio. Alla norma, osserva lAutore, appartiene la sua violazione. La societ si caratterizza precisamente per questo meccanismo di obbedienza e disobbedienza alle norme: Senza violazione di norme, la societ non progredirebbe, senza obbedienza alle norme non sarebbero possibili uno Stato e una societ funzionanti. Le rivoluzioni hanno luogo contro un ordinamento giuridico che non viene pi percepito come 303

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legittimo; esse si volgono contro lesercizio arbitrario del potere statale, in particolare quando ci avviene sistematicamente. Il punto centrale che Langewiesche mette in evidenza che anche i sovvertimenti rivoluzionari sono inizialmente caratterizzati dallarbitrio e che appartiene alla storia il giudizio sulla possibilit o meno che la rivoluzione conduca alla eliminazione dellabuso di potere tramite un nuovo ordinamento giuridico o se dal caos rivoluzionario nasca solamente un nuovo abuso di potere. Questo tema sviluppato a partire dallesempio degli eventi storici avvenuti in Germania nel 1848, 1918 e 1989-1990. Il saggio di Michael Stolleis, Stato di diritto e Stato di non diritto nel XX secolo, si occupa di definire il concetto di Stato di diritto come quella realt istituzionale in cui assente larbitrio e dominano invece le decisioni prese in base alla legge: Nicht government of men, sondern government of law. Le dittature del XX secolo rappresentano lannientamento di questo tipo di Stato e la sua trasformazione in uno Stato di non diritto, in cui domina larbitrio. Lesempio storico portato a partire dalla dittatura nazional-socialista e da quella comunista. Il contributo termina con una esortazione a considerare il Rechtsstaat come un imperativo normativo, una condizione che deve essere sempre ricercata e mantenuta con impegno. La storia, infatti, insegna che lo Stato di diritto sempre a rischio. Un elemento essenziale del libero mercato la libert dei movimenti di capitale. Rolf Strner, nel quarto saggio Diritto e mercato, illustra le minacce allordinamento patrimoniale che vengono indotte dagli speculatori privati e dallindebitamento statale. Quando importanti decisioni per la comunit vengono affidate allarbitrio dei privati, lo Stato viene meno. Un mercato lasciato alla forza dirompente del capitale in movimento e orientato solamente al profitto pu assoggettare al controllo dei privati la distribuzione dei prodotti sociali realizzati nello Stato e in questo modo dominare tutto ci che la societ ha prodotto nellassetto democratico della sua cultura economica, sociale e politica. Mercati finanziari aperti e caratterizzati da ampia volatilit (arbitrio) sortiscono leffetto di condurre anche gli Stati ad un indebitamento abnorme attraverso il ricorso a prestiti e garanzie. Anche la protezione internazionale dei diritti umani , in ultima analisi, uno strumento utile per combattere il potere dello Stato l dove esso venga esercitato in modo arbitrario e sistematicamente contrario al diritto. Nella misura in cui fra gli strumenti internazionali per la protezione dei diritti umani non previsto alcun mezzo di tutela giuridica, esistono per obblighi di rapporto in capo agli Stati, sulla base dei quali possono avere luogo azioni diplomatiche. Anne Peters, nel contributo su La protezione internazionale dei diritti umani, indaga le tendenze allallargamento e allespansione dei contenuti, dei destinatari e dei meccanismi di protezione dei diritti umani. Rimane unimportante questione da affrontare, ovvero se contro gli Stati che violano i diritti umani dei propri cittadini, soprattutto la vita, si possa procedere per minaccia o violazione della pace con gli strumenti previsti dagli articoli 39 ss. della Carta delle Nazioni Unite. Nel colloquio tra Christian Tomuschat e Josef Isensee, posto in appendice al volume, si discute circa lammissibilit di tali misure e, in generale, degli interventi umanitari. Viene spie304

Riferimenti bibliografici

gato il concetto di intervento umanitario, ne vengono illustrati i presupposti fattuali, e le misure sanzionatorie, sia economiche che militari, vengono analizzate dal punto di vista del principio di proporzionalit. Federico Lijoi

WEaVER, RIcHaRd M., Ideas have consequences, Chicago and London, University of Chicago Press, 1998, pp. 196. Ideas have Consequences un titolo che, per i conservatori americani, diventato un motto e che segnala una delle opere filosofiche di Richard M. Weaver il filosofo del Sud, come lo hanno ribattezzato in molti che maggiormente ne esprime il pensiero. Si tratta di un libro scritto nel periodo immediatamente successivo alla Seconda guerra mondiale e che, in qualche modo, rappresenta una reazione alla guerra e alle sue conseguenze. Sono passati oltre cinquantanni dalla sua pubblicazione, ma esso appare ancora come una delle opere pi rilevanti del pensiero conservatore novecentesco. Nato nel 1910 ad Ashville, nel North Carolina, Weaver insegn in alcune universit statunitensi e pubblic pochi scritti, tutti divenuti, tuttavia, delle pietre miliari, assumendo presto, aldil di ogni possibile previsione, il ruolo del pi eloquente esponente del conservatorismo tradizionalista, in un contesto gli Stati Uniti tra gli anni 40 e 50 , in cui lo stesso termine conservatore veniva considerato quasi disonorevole. Nel libro in questione, Weaver sostiene che il nominalismo, il razionalismo e il materialismo hanno inesorabilmente condotto a quella che egli considera la dissoluzione morale dellOccidente: luomo si discostato eccessivamente dai princpi primi e dalla vera sapienza, per abbracciare, entusiasticamente, legualitarismo sfrenato e il culto della massa. Poco meraviglia, pertanto, che, originariamente, Weaver volesse intitolare la propria opera The Fearful Descent (Lo spaventoso declino), in riferimento ad un lavoro che egli stesso definiva another book about the dissolution of the West. Fu il suo editore a preferire Ideas have Consequences. Lobiettivo del testo rivelato sin dalle prime battute, in cui lautore chiarisce che il suo intento dimostrare, partendo da unanalisi del declino basata non sullanalogia, bens sulla deduzione, che il mondo intelligibile e che luomo un essere libero in grado di compiere scelte pi o meno intelligenti e di condizionare, attraverso le sue scelte, il corso degli eventi e della storia. Le devastazioni che hanno colpito il mondo lolocausto e il declino dellEuropa non sono, pertanto, da considerarsi come il frutto di semplici razionalizzazioni di ci che stato il portato di forze inesplicabili o il prodotto di una necessit biologica o di altro, bens come il frutto di scelte poco intelligenti. Queste valutazioni poco intelligenti, secondo quanto Weaver sostiene ripetutamente nel libro, sono strettamente collegate allincapacit delluomo contemporaneo di distinguere tra il bene e il male e discendono dallassenza di una scala sufficientemente razionale dei valori. 305

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Luomo moderno, afferma Weaver, has become a moral idiot ed proprio a ci che va addebitato il fallimento dello Stato moderno. E, tuttavia, sono davvero pochi gli uomini che si preoccupano di esaminare la propria vita o di accettare il rimprovero che la nostra attuale sia una condizione di decadimento. Siffatta inadeguatezza strettamente correlata al fallimento delleducazione moderna. Ci si spostati dallideale medievale di preparare luomo per limmortalit al traguardo materialista-utilitario odierno di preparare luomo a vivere con successo in societ ed nel progresso materiale della societ che va individuato laffermarsi della nuova tipologia di uomo luomo economico , per il quale profitto e guadagno diventano la meta principale da perseguire e il destino stesso viene considerato una mera attivit. La moderna ed eccessiva specializzazione del lavoro e della ricerca hanno portato ad una visione del mondo assai impoverita e limitata, in cui predominano il male dello scientismo, la frammentazione e il relativismo della filosofia moderna. Non va dimenticato, del resto, che Weaver stato uno fra i primissimi educatori conservatori a scagliarsi contro la scuola regolativa della sinistra americana, che egli considerava banale e superficiale. In quellapproccio educativo egli non vedeva alcuna profondit di comprensione. Esso si caratterizzava, anzi, per la carenza di intellettualit e per la scarsa o assente preoccupazione riguardo alla trasmissione di idee ben collaudate e delle tradizioni. Eppure, la conservazione della societ direttamente legata al recupero della vera conoscenza. Un ruolo negativo, in tale contesto, stato svolto principalmente anche dallindustria dei media, definiti dallautore osceni, in quanto mostrano alle masse, affamate di sensazioni, scene di intenso dolore al solo scopo di ottenere un guadagno materiale. Un altro tema importante consiste nella critica alla convinzione occidentale delleguaglianza. La posizione di Weaver scaturisce dallidea che la societ, entro la struttura che le propria, debba avere necessariamente una gerarchia, altrimenti diviene inevitabile che, a fronte del generale stato delle cose, luguaglianza finisca per essere un concetto disorganizzante, un ordine senza un progetto. Anche limitandosi ad analizzare luguaglianza formale, va preso atto che essa non in grado di produrre alcun effetto sulle disuguaglianze di capacit e profitto e, anzi, prelude allavvento di governi dispotici. A monte del suo proprio pensiero, Weaver colloca il costante riemergere del relativismo, fin dalle sue origini nellopera di Guglielmo da Occam, ergendosi a difensore degli universali in un deciso jaccuse. A questo proposito, R. Kimball, direttore del New Criterion, ha giustamente sottolineato (in newcriterion.com, 2006) come il pensiero di Weaver ruotasse intorno al riconoscimento che luomo in questo mondo non pu fare la sua volont, la sua legge, senza alcun riguardo ai limiti e al carattere stabile delle cose. Lunica possibile via duscita dalla decadenza sembra poggiare sul riconoscimento che le idee come azioni hanno conseguenze. Alcune delle azioni correttive, anche se non risolutive, ruotano intorno alla sacralit della propriet privata, allutilizzo del linguaggio espressivo e della retorica, al rafforzamento del senso di piet e di vera giustizia. 306

Riferimenti bibliografici

Il diritto di propriet, afferma Weaver, un diritto metafisico, cosicch la propriet diventa un santuario contro lo statalismo pagano, un rifugio il cui perimetro deve restare inviolabile allo stato onnipotente. In secondo luogo, fondamentale la salvaguardia del linguaggio espressivo e della retorica. Questo tema molto caro a Weaver ed ripreso e approfondito dallautore anche in altre sue celebri opere (The Ethics of Rethoric, del 1953, e Visions of Order: The Cultural Crisis of Our Times, del 1964). Il linguaggio inteso come veicolo di verit e di orientamento. In tale ambito Weaver propone un recupero dei classici e in particolare dei grandi poeti e letterati che possono educare con le loro emozioni. Infine, Weaver asserisce la necessit del ritorno ai valori morali della piet e della giustizia. La piet una disciplina della volont che si concretizza attraverso il rispetto. Essa riconosce il diritto di esistere di cose pi grandi dellego, diverse da esso. E, prima che si possa riportare armonia in un mondo dove ormai tutto sembra incontrare opposizione, dovremmo considerare con lo spirito di piet tre cose: la natura, i nostri vicini con ci Weaver intende tutte le altre persone e il passato. Patrizia De Rosa

WEBER, MaX, Die Wirtschaftsethik der Weltreligionen. Das antike Judentum. Schriften und Reden 1911-1920, hrsg. von Eckart Otto unter Mitwirkung von Julia Offermann, Gesamtausgabe, Band 21, 1. Halbband, Tbingen, J.C.B. Mohr (Paul Siebeck), 2005, pp. 606. Il volume, il ventunesimo della prima serie delle opere complete di Max Weber, contiene gli studi del sociologo tedesco sul giudaismo antico degli anni dal 1911 al 1920. Essi vengono fatti precedere dal manoscritto, conservato negli archivi della Staatsbibliothek di Monaco, su Etica e mitologia, risalenti agli anni 1911-1913. Segue lo studio sulletica economica delle religioni universali e quello sul giudaismo antico, apparso tra il 1917 e il 1920 sulle colonne dello Archiv fr Sozialwissenschaft und Sozialpolitik, curati successivamente per il trattato di sociologia delle religioni da Marianne Weber, che raccolse anche uno studio sul fariseismo e il giudaismo rabbinico, tutti argomenti ai quali Weber dedic sempre unattenzione particolare e che non sono privi di una intrinseca complessit, che richiede infatti uno studio specifico anche sulle motivazioni profonde dellinteresse del sociologo tedesco per la religione ebraica, da lui studiata, tra laltro, spesso in riferimento con il protestantesimo, specialmente quello inglese. La comprensione dei testi non facile, anche se evidente la profondit dellimpegno di Weber per la comprensione non solo del significato del giudaismo antico, ma anche delle sue testimonianze nella religione cristiana. Importante, in questa prospettiva, quindi lintroduzione di uno specialista come Eckart Otto (1-157), che sottolinea tra laltro limportanza, secondo Weber, di alcuni aspetti della religione ebraica per la nascita del moderno spiri307

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to capitalista ma anche, pi in generale, il senso della monolatria ebraica. La struttura dellinterpretazione weberiana tuttavia solo in parte di natura etico-sociale, muovendosi tra le interpretazioni di Sombart e quelle di Nietzsche, perch di fatto linteresse al giudaismo antico si lega, specificamente, con lo studio di rapporti economici, specificamente agrari, di quello che Weber in una interpretazione che deve essergli ascritta definisce popolo-paria, perch popolo-ospite separato, sotto il profilo rituale o formale o di fatto, dallambiente sociale circostante (241). Il saggio sul giudaismo antico leggibile in traduzione italiana in M. WEBER, Sociologia della religione, Milano, Edizioni di Comunit, 1982, vol. II, 363 ss. Ledizione originale tedesca comunque un riferimento indispensabile trattandosi di unedizione critica molto accurata, con numerosissimi ed utilissimi riferimenti del curatore in nota. Angelo Di Giovanni

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Saggi
BIAGIO DE GIOVANNI, Sovranit: il labirinto europeo CHARLES LEbEN, Diritto, etica e religione nel Giudaismo GIULIANA STELLA, Hugo Krabbe e la sovranit del diritto ALJS VIGNUDELLI, Valori fuori controllo? Per unanalisi costi/benefici dun topos della letteratura costituzionalistica contemporanea

Materiali
AGOSTINO CARRINO, Erich Kaufmann critico di Weimar ERIcH KAUFMANN, Luguaglianza dinanzi alla legge ai sensi dellart. 109 della Costituzione del Reich HANS KELSEN, Diritto e potere FEDERIcO PEDRINI, Colloquio su Filosofia e (Scienza del) Diritto. Intervista al Prof. Emanuele Severino (8 giugno 2013) FRANcEScO DI DONATO, La trasparenza contro lostacolo JEAN RAY, La Rivoluzione francese e il pensiero giuridico

Note e Discussioni
ANTONINO ScALONE, Kelsen lettore di Platone LUcA VESpIGNANI, Il mutaforma criterio della ragionevolezza

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AGOSTINO CARRINO, Hugo Preu dalla Costituzione bismarckiana alla Weimarer Reichsverfassung ANTONIO RIVIEZZO, Scommettere sulle libert contro la reductio ad Hitlerum: lo Stato costituzionale moderno Riferimenti bibliografici

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