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n TEAGENE DI GABICEIA
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T R A D O T T I

DA

LEONARDO

GHINI

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D UN ACGADE MICO DELLA CftUSCA

I BBVKVOLI

LETTORI

Eliodoro, Autore del Greco Bomanso egli Amori di Teagene e Cariclea o Carich'a come scrive sempre il thini ) fiori verso la fine del secolo V. quando regnavano il gran Teodo o e i suoi figli Arcadia ed Onorio. a sua patria fu Emisa , citta della 'enicia, situata presso alfiume Oron , citta fra quelle che furono domi ite dai Seleucidi successori di Ales indro , e rinomata per il Tempio con icrato ad Alagabalo, o Elogabalo, oe al Sole, che vi si adorava. Di ii venne, che anche Antonino che 'rivava da Emisa, quando salt sul ono di Roma, proclamundosi Sacer> te del Sole , denominossi Elioga do. Fazio ci dice solo che Elidoro fu Ve 'ovo, e Socrate e Niceforo ci aggiun vio che lo f u di Trica , citta della 'essaglia, e che aveva scritto la Nar\iione degli Amori di Teagene e Ca dea da giovine. Quindi prosegue Niforo (cosa dalla piii parte dei critici tpugnata ) che creato Vescovo in ap esso, il Concilio o Sinodo di Tessa ia gC imponesse o di ardere il suo omanzo, o di rinunziare al Vescova; e che Eliodoro si prestasse piutto alia seconda che alCantecedents do**da . Bayle osserva che cio sembra voloso j molto piu che e riportato dal lo Niceforo, uomo credulo, e come chioma Huet, scriptor . . . . sapien* et fidei non satis specials . Altri

critici hannofatto del Vescovo di Tri ca, e dell* Autore del Romanzo due persone different!, lo che non e orobabile , secondo V opinione dei piu. Ag~ giunge il dottissimo Coray (di cui parlerassi in seguito) che se Eliodoro fosse stato giudicato indegno del Vescovato , per aver composta questo opera nella sua gioventuy non gli sarebbe state conferito quel grado emmente, piuttostochi forzarlo ae arderla, dopo che n* era in possesso: oltre chi il domandare ad uno Scrittore di sopprimere uri opera gia nota , e un dimandar P impossibile Coll* ardere Cesemplare del? Autore , non si ardono gia gli altri esemplari divulgati j e la divulgazione doveva gia esserne avvenuta, tostochk f opera era nota. Sefosse permesso di emettere un*opi nione , dopo quelle di tanti dottissimi uomini, ardirei di proporre la seguen te j ed e t che divenuto Vescovo Eliodoro per i suoi meriti , dottrtna e virtii ( come avremo occasione di riflettere in appresso ) gli fossero fatte delle rimo stranze, accto dichiarar volesse di non esser egli V autore di un opera, che per quanto casta era sempre amorosa ( dichiarazione ch* ei forse far non voi le ) j nel modo stesso, che non si ere derebbe convenientefra noi che un Ve scovo Cristiano citato venisse e mo st/xtto a dito come V Autore et una com media o tf un dramma , ove la passione d amore, con tutti i suoi effetti ne

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A Y V E B T I M E N T O
facesse il fondo principale j quantunque daltronde castigate ne fossero tespressioni, e casti gli avvenimenti. Chi f it piii castigato scrittore del Metastasio? ma s i sarebbe forse veduto convenientemente elevare a lt Arcivescovato di Vienna f Questo vaglia per coloro che aggiungono, e fr a questi il dottissimo Coray stesso , che in quei tempi la Chiesa era ricca di molti savj l escovi, i quali non poteano scandalizzarsi dalla narrazione dei modesti amori di Teagene e di Cariclea . P e r quanto mo desti , erano amori j e lontani quindi dalla immacolata purita , che si ricerca nel Sacerdozio . M a , come ho d i sopra notato, questa non b che una congettura ed un ipotesij e son molto lontano dal volerla convertire in tesi. OgnAno ne pensera come credera meglio Socrate prosegue e racconta ch'E lio doro f u il primo a stabilir la leggedi deporre quegli Ecclesiastici che non abbandonassero le loro spose legiliime dopo essere entrati nel clericato : lo che e eontrario alia storia di quei tem pi, nei qyali g li Ecclesiastici tutti, sensa venuia eccezione , poteano convivere con esse, di manierache s i citano dei V escovi, che ebbero fig li nati nel tempo in cui sedevano sulla cattedra episco pate . D e l resto, come osserva Bayle, questa tradizione, e questofacconto di Socrate t e una prova almeno indirelta della castita e saviezza del dotto P rela to Tricense. Lasciando poi a parte la questione se due siano stati gli Eliodori j non pud certo negarsi la stravaganza delC opinione di coloro , che vorrebbero fa r creder non esser pur cristiano autore di tal Romanzo. Ove mancassero le testimonianze di Fozio e di Liceforo, basta leggere con attenzione il Roman zo stesso per convincersi che la religione d elt Autore non poteva esser che la Cristiana, tante sono le fr a s i, le parole, e le allusioni, Volte dai sacri libri dei CristiAni. Oltre auesto Romanzo , scrisse E lio doro delle Opere di chimica, o per dir meglio d* alchimia, still 3arte di trovare ofabbricar I* oro e V argento . E possib ile, che in tempo della sua gioventu fo sse in cio ingannato, come lo furono altri su queUa pretesa sciensa o arte divina i ma certo non e nh probabile nt credibile: al dir dello stesso Coray, che ad Eliodoro appartenga quell*ope retta, che su tale argomento trwwsi nella Biblioteca del Fabricio : la male anche da chi supeijicialmente la ugge dovra giudicarsi per essere stata scritto n el X I I o X I I l secolo . Scendendo a parlor del merito di questa Favola , i l dottissimo Huit giudica ch* Eliodoro h stato rispetto Romanzieri quello che Omero fu ri spetto ai P o eti. T a l quale egli e,egti dice , ha servito di modello a totti i compositori di Romanmi, cbe son ve* nuti dopo di lu i: e puo dirsi con u* curesza che tutti hanno attinto alia ta sorgeate, come dicesi che tutti i Poeti atlinsero a quella di Omero. E in fa tti quando f u pubblicato, nulla erasi veduto ne di meglio ittie, ne di piii finito fr a g li Scrittori & Romanzi. Casti sono gli amori di Teegene e di Cariclea, e vi regna per entro una tal aria per dir cosi di o*fs$a e di v irtii, che innamora chiunqte legge questa narrazione . Gli avmimenti vi son frequenti, nuovi, vtn sim ili, ben condotti, e ben intrecckti. L o scioglimento e ammirabile, e nalurale: nulla e piu tenero, ne pm patetico j ed e stato imitato dal Guarini nel Pastor f i d o , e dal Signor d* U r fi , in una delle sue Pastorali. M a quello che f a molto onore od Eliodoro e V aver dato prigine, cof I* avventura della nascita di Caricka, al piu tenero j al piu delicato, t ol put conveniente Episodio della Gem salemme Liberata, a quello cioe di Clorinda . Un savio scritttore f a nel modo te guente un confronto f r a le due narrzio n i . Cariclea e Clorinda sono dai loro ri spettivi autori rappresentate come eccel* lenti arciere, amendue Etiopiche a prio* cipesse. Ma cio che ancor piu dee no tarsi , si e egual candore de loro v olti, sebben nate in an paese di N e* g ri, e l eguale circostania di loro con* cczione e natali.

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A V V E R T I M E B T O
Eliodoro racconta d ie Cariclea era glia di ld a sp e %e di Persian Sovrai delTEtiopia, e d ie l aspetto d nna ellissima pitlura d Andromeda, su coi i Regina fissato avea gli occhi e imtaginasione negli amorosi trattenimenli > 1 suo ip oso, fu causa che Cariclea ncesse bianca, come che negri fosro i suoi genitori. L a Regina per li irare se stessa da ogni sospetto di aillerio finse che la figlia pocansi nata ise sgrasiatamente perita j ma in rela la fece esporre, giusta il costume il paese, con segni e doni di gran etsimo valore. Sisimitre raccolse 1 osta ed abbandonata bambina, la die ' ad allevare a certi pastori, ed arrata all* eta di sette anni seco la con use n ell1 E g itto, dove l'affido a Ca:le Sacerdote di A pollo, dond essa be il nome di Cariclea. F in qui i le racconli sono pressoche eguali. Gio ra ora l aggiungere un riflesso del g. R ow in una sua lettera sulla Gesalemme tradotta in Inglese dal Sig. oole. Cariclea era divenuta un* eccellente ciera per alcune forluite combinasioni altosto che per professione ch* ella cesse dell* arm i. Avendo dedicata se essa a Diana pel continuo esercisio 11a caccia si rese cosi valente nel ma ggio dell* arco, che pote in certe ocsioni usarne contro de* pirati. II suo rattere nondimeno si conservava ama le , d o lce , pietoso, quale appunto nviensi ad una femmina . 11 Tasso contrario diede a Clorinda un in le ardita, feroce e guerriera; e per ader verisimile questa marsiale in aa iio n e , o tempra ddla sua eroina, ise cbe avend* ella succhiato il latte una Tigre , ricevuto ne avesse quasi un tempo co primi nutriment! a mosita e la ferocia. Sensa di que' incidente il violentissimo ardorc di lorinda per le armi e per la guerra rebbe del tutto fuori di natura, sicme lo sembra essere in G ildipp e, ic fu spinta a prendere le armi da un* altra cagione fuor cbe dalla te>rezza pel suo speso, la quale puo :nsi eccitare una donna a qualcbe ande irapresa , ma non mai farle del BR0T1CI

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tutto obliare il vero e primo suo carattere. Oltre di che, Ta^entura della Tigre e per se stessa assai interessante, e d scopre 1* incomparabile artificio d d Poeta n d trovare una causa suf ficiente per rendere probabili le prodesse e 1 *indole di Clorinda. In quanto alio stile, pare che i migliori critici lo riguardino come un po co affiliate : ma nulT ostante questo difetto , ed altri notati da essij la piii parte si accorda a concedere alia Favola d' Eliodoro la palma sopra tutti gli altri Greci Romanzi. Rispetto alia versione di Leonardo Ghini, che offriamo di nuovo al Pubbli co essa bj come ognun sa, unica in tera, che noi abbiamo nella lingua no stra . F u il Ghini di Cortona, profes sore in Siena, uomo di buone lettere, e che gode qualche favore e reputaxione anco prima di aver publicato questo suo Volgarizzamento, essendo stato eletlo per recitare a Paolo I I I in Perugia un orazione, ancorche fo sse allora in eta giovenile, come deducesi da una sua Lettera dedicatoria a Monsignor della Torre colla quale accompagna la prima edizione ( i 566 ) di questo Libro , che a lui s intitola . E la versione del Ghinifatta assai liberamente, di modochb quando si b cominciato a confrontarla col Greco, e r iconosciute quante e quante variazioni aveva egli fa tte al Testo, le quati non variano per lo piii il racconto, ma si bene le minute circostanze di esso ( 1 ) y si e dovuto tralasciare un lavoro ajfatto improbo, e che avrebbe dato al Pubbli co non la Versione del Ghini promessa, ma itn lavoro anfibio, che non sareb be stato ne una nova Versione , ne an tica. S i e dunque stimaio meglio di darla senxa variazionij avendo avuto pero sontma cura e diligenza nel correggere gli (l) Anche il Caro si prese un* ugual liberta nella Versione di Longo. Dando ne conto (V o l. H I. Lett. Fam . L . l 3 ) espressamenle ci d ice : p e perche non uscendo dal G reco, mi tornava cosa secca, Tho ingrassata con un po*di ciarpa , e rimesso e scommesso in molti luoghi cr.

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I T T B H I I M E B T O
scherlich coll*edizione di Francfort i i 1 63 1 in 8. presso Gugtielmo Fitser, data da Guglielmo Perm, che acaut di mancare affatto di critica, e rigaank quest* edizione come una semphce ri stampa presso a poco del Testo C am meliniano. Unfaltra quindi del solo Testo greet f u eseguita nel 1771 da Pietro Sm ith in Lipsia , ristampando il Testo t It annotazioni del Bourdelot senza cangiarvi, od aggkutgervi. Con moltofavore si prodnsse k tat, data nell* anno F I della Repubblk* Francese in Argentina da Cristiano G aglielmo Mitscherlich, Professore altOniversita di Gottinga. Segtd egfi il Tt sto del Commelino, eccetto che w & cune Farianti estratte da urn Codkx che conservasi nella pubblica BAt* teca di Torino, e che erano state& cennate e sparse nelle annotazioni te da Dorville agli Efesiaci di Ceri tone. F u lodata in Europa la diligetst e la cura del Professore di Gottii&? e la sua edizione venne riguardata o me la piii compiuta, sinchl nonvu* nel 1804. ad oscurare tutte le altrt i dottissimo Coray con la sua, che numero h la settima. Cosi egli *& so ne parla, scrivendone altamico Alep sandro di Basilio . Settima dunque efr zione h la m ia. cbe con ragione po trei chiamar tua , non solo percbe * muni sono fra loro le cose degli amid ma perche non avrei certo immagiaaU di darla, se Alessandro di B a s ilio boo avesse desiderato una novella edieoof d ' Eliodoro. Quando me la dimandasti, nhn> preparazione aveva io fatta, ed era0 anzi scorsi molti anni da che non ***** pur tolto in mano Eliodoro. Mi ran* mentava solamente, cbe piene di erron trovavansi le antiche ediaioni, iqnU se tutti non si fossero potuti corttgg*** col confronto di diversi M SS. da dii accingevasi a procurare una nuova e&zione, dovevansi esaminare almcno col giudizio, e coll'ajuto delle differed edizioni . Non avendo per altro io ne pore tempo di esamioare e confroolare diversi Codici di questo libro, poo*

infinid err^ i delle antiche edizioni che guastano il sensoj leggendovisi per basso invece di per passo, pessimo fat to, per fiito, qual giovine per quanto al giovin e, somigliava per mostrava, avvi ordinato per banno ordinato, non paremo per noi potremmo, conducendo si,per misurandosi, attendendosi per attentandosi, se repose per se le oppose, levato per inebriato, ultimo corso per soccorso, luogb alto per colto (coltivat o ) , restare ogni gran percossa, per resUtere a ogni gran percossa, ed altri ed altri luoghi infiniti} senza che per altro si creda di avere a tutti supplito. Basta di potere assicurare di non aver tralasciato cura, diligenza e fatica .
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d iz io n i d i

l io d o r o

Nl terminerd questo scritto, senza tnserirvi i l Catalogo delle migliori edi zioni del Romanzo d* Eliodoro. F u esso per la prima volta pubblicato in Ba silea , nel 1534 in 4 - ***** torchi della Tipografia Ervagiana con una pre/azione dell* Obsopeo, che ne aveva redento il M S . stato sottratto da un soldato dalla biblioteca di MatUa Corvino B e d* Ungheria. Essa contiene il solo Testo Greco. A questa prima edizione tenne dietro la seconda, eseguita da Girolamo Commelino nel l 5a 6 in 8. col riscontro di varj Codici fa tta dal Commelino medesimo , e coll*aggiunta di molte varie lezioni, assai delle quali rendono alia sua purita i l Testo corrotto g ia , e mutUato in varj luoghi deWedizione Basileense. F I f i t aggiunta la traduzione Latina di Stanislao pFarschewiczki, sta ta gia pubblicata nel x55 l ugualmente in Basilea, in foglio. Scorsi quindi altri ventitre anni, Gio. Bourdelot emenda, suppH, ed illustro di nuovo il Testo di Eliodoro, con una edizione, che pubblico in Parigi presso Lodovico Feburier, nel 1619 in 8. la voro improbato dal Mitscherlich , che lo taccia di verboso, pieno di cose volgori, ed inutile affatto per I* intelligenza del T esto , rettificato fo rse in uno o due luoghi. N e meno rigoroso e il suddetto M it

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A V V E R T I M E N T O
dalh Biblioteca di Parigi*, bo racle tutie le anticbe edizioni, eccetto :lia di Peveo. L e annotazioni, che apposle alia m ia, mostraranno come neoe giovato . Cinque editioni sono in grande ajuto, dir polrebbe cbi i le ba esaminate j ma se ben si Ua, non sono esse in sostansa cbe , quella del Commelino cioe, stiiile per le -fane fezioni aggiunfe in , e ultima mnhnzi la mia , per ttarianti del ACS. Torinese, raccolte e note di DorVille . Ma non avenquell Editore raccolte tu tte, mi irovflto astretto ad esaaainare Dor da me stesso, e molte ne rinvenni isciate dal suddetto Editore, per causa di tempo come pare. > Jtre queste Varianti , raccolsi qua varie cerreaioni di diversi Critici, se e scordate in altri lib r i, alcune quali accenna anco lo stesso dotio ore, nella sua prefaaione . 0 esaminato ancora, per maggiore , antica Traduaione Francese cW He Amyot. L a Yersione antica Itada te inviatami non giunse in j ma bensi , qua ado io mi occudi questa edizione, Stefano Cla, mio am ico, e gi'a mio discepolo ora celebre fra i Letterati per la >nda erudizione, e criterio cbe stra nella Yersione d Apollodoro) irocuro dalla Biblioteca di S. Vituna copia dell' edizione di Basilea, quale Amyot di proprio pugno a notate le diverse lezioni, estratte 3 Codiced*Eliodoro della Biblioteca cana. queste pure m* ajutarono nel mio o : ma con tutto cio il Testo mo 1 sempre d* aver bisogno di molte correzioni. i sai, di piu , cbe i dotli Filologi Europa, convinti dell* estrema difa ( nello stato presente dei Codici) ocurare un* edizione d*antico autenza menda, passano molti e molti prima di far parte al pubblico lor dotte faticbe ( parlo gia di F ilo lo gi-C ritici, i quali ebbero rte dal lor nascere il buon gusto, i dell' innumerabile moltitudine dei detti G b b cist i , a molti dei quali
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ogoi pertodo dun Autor Greeo tanbbe un insolubile enimma senza la traduzione L a tin a ) j ed io ne posso van tarmi Filologo secondo la significazione cbe dassi a questo termine; n h ebbi tempo sufficiente per maturare colla riflessione e lo studio, questa nova edi zione d* Eliodoro, non avendovi potuto impiegare cbe tie o qttatlro m esi, in nanzi di cominciarne la stampa . Cio ti dico , acciocche tu non ti lam enti, se contraria la trovi alle lue speranae , e se non sara per riportare il iavorevole giudizio dei d o tti. Sa ad essi questa mia nuova edizione non piace , non debbo aver io solo questa vergogna, speltandone una |>arle ancbe a t e ; come pure una parte della loda debb* esser tua , se pur meritera lode questo mio novo lavoro. V bbsiomi
di

E liodoio

Molte sono state le versioni di E lio doro nelle lingue volgari di Europa , ( sensa parlare della Latina non ine legante di Stanislao Warschewicski , nobil Pollacco , pitbblicata nel i 55 l in Basilea in foglio ) j e tien fr a esse il primo luogo quella di Am yot in F ra n cese, quello stesso che con tanta grazia in quel siio linguaggio semplice ed antiquato tradusse anche gli Amori di Dafni e Cloe di Longo Sofista (x). F u impressa nel l 5^9 in foglio , riprodotta pure in foglio nel l 55g e quindi nel \ 55 , 1583 , e i 588 in 12. Un* altra Versione francese vien mentovata dal Padre Paciaudi, ornata di figure in ramt, pubblicata a Parigi dal Thiboust nel l 6 a3 in 8 . Una terxa Versionefrancese dell1 jib . di jr * j i i edita in Amsterdam dal Vytwerck nel 1 7 37, e ristampata quindi nel 1743. con fa lsa data di Londra , in Parigi j e quindi dal Cousterlier nel n el 1757, parimente in Parigit e in 8. Una quarta finalmente, pubblicata in Parigi nel lo o 3 in 3 vol. in 12. e del Sig . Quenneville. (l) Dicesi cbe questa Yersione d iE lio doro procurasse all* Autore un* Abba aia.

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A W E R T !

E N TO
F ia mm ingo, pubblicata nel 1669 in 12 e una in Pollacco pubblicatasi a Vika nel 1606m 8. In italiono, oltre la Versione di Leonardo 0 hini , ch 3 e la presented, pubblicatasi per la prima volta in Venezia da Gabriel Giolito de Fem ri nel i 556 in 8. ( e ristampata quindi dallo stesso nel l 55g , e l 56S j in Ge nova nel x582 e di nuovo in Venezia dal Giolito nel l 58 6 e ivi dal Balm nel 1611 tutte edizioni in 8. come puo meglio vedersi nell* Argelati ) si ha il solo primo Libro tradotto d a l Conte Gaspero Gozzi, e trovasi nel tomo VI. delle Opere di detto Scrittore pubbli catesi in Venezia nel 1758 j i primi Cinque Libri ridotti in canti in ottava rima di M . Ieronimo B o ssi , MiUno \ 55 in 4. j e in fin e , tutto il Ro manzo di Teagene, ridotto in Poona dal Cavalier Gio. Battista B a sile Aapoletano, e in Roma 1637 in 4 Questo e quanto ho creduto di dover premettere alia Versione di Eliodoro, assai contento se queste notizie potranno almeno servire a risparmiarfa tica e imbarazzo ai Lettori ; giacchh vera fama acquistar non si pud ( checche diansi a credere taluni ) col compilare e porre i in luce, con diverso ordine, quello ch3 e stato gia scritto e norato da a lt r i .

In Spagnttolo f u tradotto, e pubblicato da Ferdinando de Mena in Parigi nel 1616 in 12. Una piu antica edi zione ne cita il Paciaudi del x6i2j* e un3altra Versione per anco inedita vien ricordata nella Biblioteca Spagnuola di N ic. Antonio, composta da G . Vergera. T r e sow le Versioni note in Tedesco j la prima pubblicata senza nome d3 Autore ne di anno a Norimberga , ed e fo rse la stessa edita di nuovo a Francfort nel l 58o in 8 j la seconda si pubblico a Jena nel 5, senza nome d*Autore, che si nascose sotto le iniziali TV. C. W . A . e I*ultima finalmente in Lipsia nel 1767 , parimente in 8 , per opera del Meinhard. Quattro Versioni ne diede Vlnghilterra: la prima k di Tommaso Under downe pubblicatasi a Londra nel 1587 in 4. L*altra ugualmente di Londra e di Guglielmo L isle pubblicata n el 1622 in 4 . L a terza h del Tate , pubblica tasi nel 1686 in 8. e quindi edita di nuovo nel 1^53 in 8. L*ultim a, elegantissima, di anonimo autore, e del 1791 in due volumi 12. ugualmente come tutte le antecedently impressa in Londra. Una Versione in esametri inglesi di Abramo Frounce f u pubblicata nel 1 591 in 8. edita pure in Londra. Una traduzione in fin e se ne trova in

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o o g le

LIBRO

PRIMO

Lvea poco innanzi la ridente A uro* recato i l giorno, ed il Sole illtutra alte cime de m onli, quando alculadroni salirono sopra il m onte, il le si etende lungo la foce del Nilo mata Eracleotica. E fermatisi quivi la n io , diedero con gli occbi una sa a l m are, cfae gli soggiaceva: e igata primieramente la vista nell'alne scorgendovi preda a) mestier locon ren evole, volsero il guardo al i vicin o li t o , dove videro cose di sta sorte. E ravi una nave con funi porto le g a ta , vota di naviganti, ripiena di robe. Il chc ancora quelrhe Ion tan i erano , potevano agevolite con oscere; perciocche il peso fa i gonfiar l*acqua insino al ten o bio. II p orto era pieno di corpi more non solamente degli interameote ti, m a ancora de* mezzi raorti, e >ezzi de* corpi cbe ancora palpita>j m anifesto argomento che la hat* a era poco avanti fornita. Non era ta battaglia (siccome i segni mostra>) stata fatta secondo il vero uso ? b a tta g lie ; anzi v'era mescolato infelice co n v ito , il cui fine fu una de occislon e . L e tavole, alcune o ancora piene di vivande, miseli avanzi 5 e parte erano in terra, che ! mani d* a lc u n i, che morli giace*, aveano servito per iscudi; per:he la battaglia fu sprovveduta . E (com e s i parea) aveano nascosti ni che v* erano sotto entrati. L e erano rovesciate, e parte erano

cadute di mano a q u elli, cbe bevcano, c parte aveano ad alcuni servito per armi da lauciare; peroccbe lo sprovveduto male ritrovo nuovi u si, e inse gno ad usar le tazze invece d artni. I morti giacevano , questi percosso duna accetta, quelli ferito d un sasso, rbe q u iv i, dal monte sdrucciolando , s era fermato ; uno infranto d* un legno , altro arso d* un tizzone j e altri in altro raodo. Ma i piu furono dalle sactte uccisi per opera di arrieri. In pic ciolo luogo dunque la forluna distese un grande apparato j avendo macchiato il vino col sangue, e preposta la guerra a' conviti ; occisioni e le men se , I amicizie e gli scannamenti aven do mescolati. E tale fu lo spettacolo, ch ella mostro ai ladroni di Egitto. I quali essendo nella montagna , come cbe di queste cose fossero spettatori, non potevano pero intendere tale ap parato j perciocche avevano davanti i v in ti, ma non gia i vin citori, vedevano la vittoria manifesta, le spoglie che non erano tocche j la nave sola, duomini vota , ma daltre robe ripiena, co me se da molti fosse stata guardita, e non altramente cbe nella pace ondeggiante. Non sapendo dunque eglino co me il fatto stesse, avendo risguardo al guadagno e alia preda , disegnarono di far se stessi vincitori. Ma essendosi gia aw icinati alia nave e a* m orti, laspetto de'primi apparve loro piu orribile. Videro una giovane dincomparabil bellessa | anzi che mostrava di essere una

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T E A G E N E

C A R I C H I A

D ea, sedersi sopra on sasso. Ella nel chiome sotto la corona a guisa di he vero era mesta per le cose , che da- cante scarm igliate, il per le spalle vanti si vedea ; gpndimeno spirava an si sparsero. Costoro dunque furono cora un generoso ardire. Era coronato da tali cose spaventati, e massiani l capo d alloro j e avea sospesa la fa- mcnte perchfe vedendo quello, cbe relra alle spallej e col sini&tro braccio faceva , non aveano cognizione di qaddal omito in su sostencva arcoj ma 10 cbe vedevano. Alcuni dunque di il rimanente lasciava senca alcuna cu- loro dicevano colei essere una Dea, e ra spcntolalo. Il gomito dell'altro brac- essere D iana, o veramente la paesioa cio avea sopra la destra coscia posato; Iside ; alcuni dicevano che elbreia on* e stando chinata in giu , sosteneva la sacerdotessa spinta dal furore dellb Dio, testa , sopra le dita appoggiando la e cbe ella avea fatta quella grande ocguanciaj e risguardava un ccrto gio- cisione, che quivi sjf vedea . Cotton) v a n e , che quivi giaceva. Egli era slato dunque discorrevano sopra queste cose; percosso di molte fe rile j e ritornato ma non poleva Ho risolversi della venalquanto in se, quasi desto dua pro- t a . Ma la fanciulla, poiche si fn confondo son no, mostrava essere poco dal- dotta al ferito giovane, abbracdatolo la morte lontano. Nondimeno con tut- tutto, lagrim ava, lo baciava, lo stria* lo cio fioriva in lui la v in l bellczza geva , , si doleva ; e avendolo non at e la guancia , cbe per lo sparso san deva d* av erlo . L e quali co'se veggrague rosseggiava, con maggior forza quasi do , gli Egiziani, fecero risolutione in all' incontro della bi&nchezza , risplen- tutto dall altre diverse , dicendo: com e deva. G li occhi suoi erano per la de puo egli essere che queste sianooptre # bolezza divcuuti languidi; ma l aspet- di D io? E come potrebbe uno Dio to della fanciulla gli traeva' a se , e a mare cosi affettuosamente un corpo gli costringeva a stare copeHi solamen- m orto? Destato dunque in se stessi te percbe vedevano lei. Ma avendo egli ard ire, deliberarono di farsi pin vi raccolto alquanto il fiato, con profon- cino , a cio che conoscessero qual delle do anelito , e con debole mormorio dis- .loro opinioni fosse stata *la veraj onde s e : O dolce anima m ia , sei tu sana , rincoratisi, si misero a co rre re; e tro* o pure oltre il dovere hai patito nel varono la giovane starsi ancor sopn' la battaglia ancor tu ? ma come put) e- le piaghe del fe rito . Sicche fermaliiett gli essere altrimcnti ? quando ne ancor dietro , stavano sopra di lo ro , ne sa(Jopo morte poleva essere T un dallal- pevano risolversi di q u ello , cbe dotro diviso j anzi lo spirito e ombra tua vessero fare , o d i r e . Ma perciocche, seguitano sempre le hiie fortune. In te, e eglino fecero strep ito , e ombra disse la giovane , e riposta ogni mia loro corse insino agli occbi della gio salute. E mostratogli un coltello che vane, ella si volse verso: lo ro ; e ve sopra le ginocchia teneva, disse: vedi dutigli si rivo lto ; e quantunque, oltn tu questo? Egli e stato insino ad ora 11 non consueto colore, se le offerisse sospeso , e rilenuto dal tuo respirare . davanti una m oltitudiae d i ladrooi. E cosi dicendo, con grande impelo non si fu pero pun to spaventata, ansi sal to giu dalla pietra. Quelli ch'erano tutta si diede alia cura del giovane, su nel monte, per la maraviglia e per che le giaceva dinanzi. E veramente lo stupore quasi da un folgore dal suo grande la forza d' uno ardente desideaspetto percossi, chi qua e cbi la per r i o , e d* un siucero am ore, perdoccbe lo bosco entrarono, perciocche nel driz- costringendo la mente a quello sola zarsi parve loro chella mostrasse un non vo lta rsi, e quel solo vedere ch ella so che maggiore e piu che divino, con- am a, fa che ella disprezzi ogni pro ciosiacosache le saette, che le pende- spero o avverso caso, che fuor di quello vano dalle spalle , per l'impetuoso suo le accade. Nondimeno essendolesi avmovimento lecero non picciolo strepi- vicinati i ladroni, e fermatilesi davanti t o : e la veste d oro intessuta quasi a pur pensando quello che dovessero fare; gara lampoggiando contro il Sole , e le ella di nuovo si rivolse lo ro ; e vedu-

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di color neri, d aspetto foschi, ladroni. Ma veggendo la fanciulla io e: Se voi siete I ombra di costo- nobile e istrano abito tutta intenta alle che roorti giacciono, sensa esr- ferite d e l giovane ; M ie miserie di lui e ci siete molesti, perciocche qua- non altrimenti che d i sue proprie otutii siete uno per le mani del lente j e i formidabili accidenti come Uo morti: se pore alcuno h se non fossero dispresiante, la giudi> danneggiato da n o i, akkiamo carono bella e saggia parimente. Ne a giusta cagione di farlo; si per meno si maravigliavaftp del ferito gio adere, come ancora per vend icarci vane) tale e tuota era la bellezza e i ingiuria, che contro ogni dovere grandczza suaj e essendo .in brieve in ircte fatta. Ma se voi siete v i v i , se stesso maravigliosamenfa ritornato, ido la vita vostra ( siccome io credo) ora al solito suo aspetto restituito. asaadieri, venite veramente a tean- Laonde mostratosi loro il capitano, icioglieteci di queslf miserie, che ri chino la mano verso la fancitflla, co* 10 d*intorno, e con la morte no- mandandole che si drizzasse, e lo seponete fine alia nostra favola. Parlo guitasse . Ella kencbe non avesse inteso arditamente in cotal guisa: ma cosa, ch* egli avesse detto ; tuttavia compreso per congetture il suo coo , non potendo intendere cio , 11a diceva, quivi gli lasciarono j mandamento, si traeva dietro il giovane, 'uandone per sufficiefcte guardia la ne Io abbandonava j e accostatosi il Jezza loro ; e entrati nella nave , coltello al petto, jninacciava di votersi aligiarono, e avvcnga ch' ella fosse scannare, se amendue non ne menava. tolte e diverse robe carica; essi, E g li adunque inteso il voler di lei tra ;iala ogn altra cosa, solamente per le sue parole, e maggiormente >, argento, le gemme di gran peJ cenni j e appresso spcrando cbe e , e le vesti di seta, quanto cia- giovane dovesse esscrgli compagno a per se poteva, rubarono; e poiche gran fatti se sano divenisse; preso il : loro av^rne tolte abbastanza ( e suo cavallo , fattosene dare un altro in 3 tante , che sasiarono ingordigia ajuto, vi pose sopra i prigionij e egli obatori) , posatele nel lid o , ne fe- a piedi (comandato agli altri cbe rac le parli convenevoli secondo il colta la preda lo se'guissero ) accostatosi, , facendo la divisione, non secondo andava loro a lato , accio non alcun di into di chiunque avea rubl>alo, loro in qualche strano passo cadesse :condo egual gravezza j lasciando rovescio . E nel vero era opra da comarte qu ello , che restava a fare mendare. 11 padroqe dunque mostrava -no alia fanciulla , e al giovane. d*esser servo: e il vincitore eleggeva i questo aftare soprastava un'altra di servire a vinti ;. tanto apparenza itudine di ladroni, guidata da due della nobilta, e aspetto della bellezza ieri. Il cbe come que primi vi- sa e puo domare e vincere i costumi * fuggendo quanto piu correr po- anche degli assassini j i quali, essendosi io , per non essere seguiti, non dilungati dal lito , quanto sarebbe lo costarono pure le m an i, non cbe spazio d un quarto di miglio, elasciato alcuna di quelle spoglie prendes- il mare a destra mano; uscitidi strada perciocche essendo essi dieci in se n andarono dintta mente verso i , aveano veduto venirne tre volte luoghi piii difficili della montagna, e . Onde tanta fu la lor paura, che avendone valicata la sommita , s afftet* essendo ancor presi, pareva loro tavano di pervenire ad un certo stagno, * due volte presi. Quegli altri la- che giace a pie dell altro lato del mon , che s' erano affrettati di perve- te ; ed e fatto di questa maniera. E gli a questa preda, non avendo poi e un luogo, che generalmente dagli a delle cose, cbe vedevano, tutti Egiziani e cbiamato Bucolia ; ed e una iti volgevano gia le spalle : per- valle di quel paese, la quale ricevendo be stimavano quella grande ucci- le inondazioni del Milo, e divenuta ej>sere s{ata fatta da que primi stagno. L a sua profondilk ne] meQ

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T E A G E N E

C A R I C H I A loro compagni essere stata spogliata qualche chiesa, e ricchissimo tempio * , e insieme essere stata rapita la sacer dotessa. O veramente pensavano, non conoscendo la giovane, cbe ella fosse una statua, che partecipasse di spirito. Onde commendato molto di strenuita il lor Capitano , 1* accompagnarono in sino alia sua abitazione. Questa era una piccola isoletta alquanto dall*altre lontana, la quale egli avea presa per suo abitare, insieme con alcuni pochv che stavano alia sua guardia. Egli poiche fu quivi giunto, comando s quella brigata, che tornassero tutti agli alloggiamenti loro; imponendone che seguente giorno ritornassero a lui. Es sendo dunque rimaso con que*pochi che soleva, datane la parte loro dell cena, e presane ancora per s e , died i giovani in cura ad un giovanetti greco, cbe non molto innanzi era slat falto prigione , accio potessero insiem ragionare; e diede loro in sorte labi tazione vicina alia sua; e comandog che prendesse cura di tutto quello, db buognasse alia giovane; e guardass ch' ella non ricevesse oltraggio alcun< Ed egli stanco per la fatica del lung viaggio, confidatosi nella diligensa < coloro , che erano seco, si pose a doi m ire. Ma essendo gia la palude d silenzio occupata ; e essendo la prin ora della notte passata, la fanciulla quegli, cb*era seco, non ci aven< chi potesse loro esser m olesto, prese commodita di lamentarsi, destand< siccome io credo , in essi maggiormen queste passioni la notte, la quale ra coglie a s e , e ravviva i pensieri , p< ciocche essi non hanno m estiero d 'e sere uditi ne veduti; e concede alti agio di potere a quello solam ente pe sare, che piu 1 * accora. L a g io v a dunque molto seco stessa d o lu tasi (g ceva ella per comandamento fa t to le un vil letticciuolo dagli altri separat e avendo lungamente pianto: O A p line, disse, per prendere grave e a c e i vendetta de* nostri errori, so n o ti c appena bastevoli le passate m ise rie ? < siamo stati privi delle proprie ca: cbe siamo stati preda di co rsa ri ; siamo stati in pericolo grande d e l i

e infiaita, ma nell* estremita termina in palude, perciocche quello , che al mare e lito , agli stagni e palude . In questo luogo dunque abilano tutti i ladroni d* Egitto . Ed alcuni in poca terra banno fatte le abitazioni il me glio che hanno potuto, e cosi abitano sopra l'a cq u a ; e alcuni vivono nelle navi usandole e per abitare, e per ponti. L e donne servono a costoro parte nei servigj famigliari, e parte in partorire. I figliuoli tosto, che sono nati, primieramente gli nutricano del latte della madre, e dipoi de' pesci del lago cotti al S o le. E tosto che cominciano a brancolare, mettono loro un laccio a* piedi cosi lun go, ch non lascia andargli piu avanti che ultima parte dell*abitazione, o della nave: e a questo laccio gli danno in cura, nuova aorte di guida. Nacque ( come si crede) in questo lago qualche gran bifolco, e in questo fu nodrito, e questo giudico dover essergli patria , ed essere a la droni un gagliardo e accomodato ricorso j e questa e la cagione che fl|uivi concorrano uomini di tal v ita . a costoro acqua in vece di m uro; e sono cinti d* ogni intorno, come da uno steccato, dalle folte canne della palude; in fra le quali hanno tagliate eerte slradette ritorte, e ingannevoli per molti ravvolgimenti, e bannovi fatti passi, che ad essi per la notizia che n* hanno sono agevolissimi, ma agli altri sono difficilissimi a ritrovare, aven do giudicato questo. essere un ottimo riparo, acciocche non sia loro all* in contro fatto alcuno insulto. Questo & quanto appartiene alio stagno, e a*biio lcbi abitatori d1 esso . A questo luogo dunque, inchinando gia il Sole verso Occidenle, pervenne il Capitano con gli altri suoi masnadieri j i quali, posti i giovani giu decavalli, misero la preda sopra le navi. Era da un altro lato della palude uscita un* altra gran compagnia di ladroni quivi abitanti; i quali, essendo quivi comparsi, ristretti insieme si fecero incontro al lor Capitano, e come Re loro lo accolsero costoro, veggendo la grandezza della preda : e la bellezza della giovane come cosa divina risguardando, stimarono da quest!

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L I B R O
e che in terra di siamo i rapina di rubatorit benche i mali si aspettano sono vie piu gravi di lli , che si patono . Ma dim m i, le sara il fine di questi afianni ? se morte non vituperosa, o soave morte. se alcuno vorra disonestamente di godere, quel che non ha mai fatto Teagene, io con uno laccio mi o davanti a tal vituperio, accio servi la mia verginita, la quale iterro insino alia morte , e quella a ne rapportero in premio quasi revole sepoltura; benche non vi alcuno piu di te severo giudice. uitando ella dipiu oltre dolersi, Tea; interroppe, dicendo: Deh ta ci, e vita mia Garichia; perciocche ene tu con ragione ti duoli, accendi dimeno odio molto piu che non are. Non accusarlo, ma pregarlo ;na: meglio co prieghi, che con le *azioni si placa. E e lla : tu dici il j ma dimmi, come ti senti? Assai osto, diss* eg li; e meglio da jersera ua, per la cura che mi ha fatta to giovane, che mi ha mitigato lore delle ferite. Molto meglio , : il giovane che gli avea in guarti sentirai domani; e io ti tro vero ;rba tale, cbe in tre giorni ti ri ?ra le piaghe: ed io lo so, perche > fatta la prova; perciocche da indi oa che costoro mi condussero qua ione, se alcuno de' soggetti a queCapitano tornava dalle fatte battaferito, usando questa erba ch io >co, non avea di piu tempo me0 a ricovrare la perduta sanila. Ne te maravigliarvi che io abbia cura 1 sanita vostra, perciocche mi pare voi siate meco partecipi d una me fortuna: e poscia essendo io ) mi muovo a compassione di voi, greci siete . Gridarono allora i gioper allegrezsa ; o D i i , greco e ! in verita, disse e g li, e di na2 e di lin gu a. Sarai forse, disse iene> qualche alleggiamento delle e miserie; ma come debbo io chiaCnemone, digs* egli. D i quale J? disse Teagene. Ed egli: Ate' Quale fortuna e stata la tua? iunse Teagene. Deh taci, rispose ER0T1 CI

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Cnemone, non mi ricercar di t a l c o m ch' ella e opra da tragici. E poi non sarebbe opportune raccontare a voi i miei m ali, che sarebbe un ridurvi a mente i vostri; nfe a raccontargli sa rebbe il rimanente della notte abbastanza, e voi per le molte faticbe a v e t e e di dormire e di riposarvi bisogno . Non pero si acchetavano essi, ansi tuttavia lo stringevano con prieghi a dover d ire, recandosi a non picciola consolasione udire avvenimenti ai loro somiglianti. Laonde Cnemone cosi com incio: Aristippo Ateniese di autoritk tra' p rim i, ma de' beni della fortuna tra' m essani, fu mio padre . Questi , poiche avvenne che m u madre moriss e , rivolse 1' animo alle seconde nos s e , sdegnando dover faticare per un solo figliuolo. Menossi dunque in casa una femmiua, il cui nome era Detneneta, bella nel vero, ma cagione e capo d* ogni mio m ale. Costei, come prima fu in casa entrata, divenne ella il tutto, inducendo il vecchio a fare cio che ella volea, con la bellessa soggiogandolosi, e in ogni akra cosa mostrandosegli grata. Veramente (se donna alcuna e) ella era sulficiente a fare impassire altrui di se; e oltremodo bene intendeva 1 ' arte di farsi altrui soggetto. Se mio padre si dilungava alquanto, ella profondamente sospirando si condolea; e alia sua tornata gli correa incontro dolendosi della sua dimora: e s'egli alquanto trop po tarda to fosse, non altramenti che s'e'fosse morto , in ogni parola lo ravvolgea, e lagrimando lo baciava. E gli trat to da tali amore volesse non spirava, ne vedeva piu oltre di le i. Finse costei da principio favorirmi come figliuolo; an cora con questo soggiogandosi Aristippo: e talora accostatamisi m ' avrebbe baciato ; e questo suo modo di sollassarsi meco continuamente crebbe . A me nel vero non dispiacevano tali caresse; percioccbe, sebbene mi maravigliava ch' el la verso di me aflesione materna di mostrasse, non percio sospettava di cosa alcuna . Ma poiche ella comincio con piu temerita a procedere avan ti, e i baci erano piu pronti che 1* onesUi non pativa, e lo sguardo era in tutto dalla modestia lontano, m indusse non poco

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a sospettare, e piu fiate la fuggii, e accoslandomisi ella, la discacciai. Ma che bisogna ch 'io vi sia moleslo traeodo in luogo ogni particolarilk? a quai prove ella venisse; quai promesse ella mi facesse; ora figliuolo chiamandomi; ora dolcissimo; lalora eredej quando dicendomi ch' io era anima sua, e la bellezza de'nom i con prieghi atti a per suadere scioccamente mescolando, e a lulte quelle cose, di che io piu mi diletto, pensandoj e in tutto quello che nelle cose piu oneste madre si fingeva, nelle piu disoneste arnica dimostrandosi. L a fine in somma fu tale. Celebrandosi i grandi Panatenaici, quando gli Ate niesi mandano la nave per mezzo della cilia al tempio di Pallade, io era giova ne senza barba; e avendo cantata la canzone che si costuma in onore della Dea, e avendo guidata la pompa, cosi come io era veslito di stola, con la medesima clamide, e con istessa coro na me ne venni a casa m ia. Ella come prima mi vide, uscita di se, non dissimulando piu amore, anzi spinta dall'aperto appetito, abbracciatomi disse: Questi e in nuovo Ippolito; questi e il mio Teseo. Per Dio, quale pensate voi che allora io divenissi, quando ora narrandolo mi arrossiscot Ora, essendosi gia fatto sera, mio padre rimase a cena nel Pritaneo; e come in tale celebrita, e publico convito si costuma, gli convenne restarvi la notte* Laonde costei se ne venne la notte a me, sforzandosi a tutto sno potere di pervenire a qual che scellerato atto. Ma avendola io del tutto ributtata j e essendo contro ogni priego e proinessa, e minaccia restate vincitore, ella grave e profondamente sospirando, si parti; ne piu oltre di quella notte indugio la malvagia ad ordire gl* inganni contro di me. E pri mieramente non si levo del lettoj ma tornando mio padre, e domandandole quel lo che cio volesse d ire, finse sentirsi indisposta, ne. rispose alia prim a: ma oiche e g li, postolese a giacere a lato; ebbe piu volte domandata quello ch'eUa avesse, rispose alia fine: L*egregio e contro di me audace comunc nostro figTiuolo, il quale io bene spesso bo molto piu di accarezzato, e gli D ii me

ne sono testimonj, avendo per alcni segni conosciuto me essere gravida (i che io ti celava insino a tantu che cer la ne (bssi) avendo aspetlato che I non vi s ii, mentre io lo ammooisco secondo il mio costume, esortandolo a lasciare ubbriachezze, e altie seek raggini ( perciocche non mi e aascot quale sia la vita su a ; ma a te not lo diceva, per non incorrere in sospetto di matrigna ) , ammonendolo , dioo, io di tali cose da solo a solo , accio cbe egli ne avesse vergogna , quello che egli in vituperio di te e di me d ic e s , m i vergogno a d irti; e alia fine salitom sopra il corpo co' p ied i, cosi mi coaeii come In v e d i. Egli udile tai cose, nulla le rispose; d i nulla le domiado, nulla in mia difesa propose; ma ere dendo le i, che cosi fieramente era coatro di me inanimata , in nessuna parte di quanto avea detto avere menlito, quanto pole piuttosto in certa parte della casa trovatomi, senza arveierai 10 di nulla , con le pugna comincio a percuotermi jechiam ati a cio fare ancon i servi, me,chenonsapevaperqaalctgio ne fossi cosi stranamente ricevuto, sril* laneggiandomi, con una sferza agnniente batte. Avendo egli gia saxiala l ira , ora padre mio se non prima, dissi i o , sarebbe onesto ch io inten* dessi la cagione di questa battitnra. E gli allora vieppiu sdegnato, guanla disse, che dissimulazione 1 vuole inteo dere da me le sue scelleratezze, e le sue pazsie, e rivoltosi a dietro se naa* do a Demeneta. Ma ella, percioecb^ non era ancor ben sazia, ordi tali per 11 secondi inganni contro di me. Are* va costei una serva chiamata Tube, cbe molto bene cantava alia cetera, e non era deforme d'aspetto: mandata dunque costei a m e, le comando ch eUa fingesse essere di me innamorata. Ub bidilla Tisbe senza indugio alcuno: e come che piu volte* avendola io no lestata, ribultato m* avesse, allora coo lascivi sguardi, con cenni, con comincio in tutti i modi ad alktlar m i, Io slolto mi credetli essere in ua punlo divenuto bello, e alia fine esses domi ella di nolle venuta al letto, amorosamcntc la ricevcllii e ella di

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LI BR O
IV O una e altra volta vi ritorno, e innanzi molto pin spesso frequen 1 venirri. Ma aramonendola io assovente che talrolta mi si attraver , accio non la padrona si accore di questa nostra am icizia; una a tra altre mi disse: O Cnemotu mi pari il bello seiocco. Dimon poco, se ti pare cosi grave er, che si sappia, che io , che sono 1 ansi schiava, abbia amieisia tedi qual supplisio giudicherai tu esdegna le i, la quale facendo pro)ne di donna libera, e avendo le mamente marito, e sapendo la fine trasgressore delle leggi essere la le, coramette nondimeno adulteTaci, dissi io , perciocche non lo iglio credere. E ella: certamente 1 vorrai in sul fatto , ti daro l'adulnelle mani. A me piaeera, diss* io, 1 cosi farai, anzi sogginnse ella , ara sommo piacere, e per cagione che sei stato tanto ingiuriato da e per cagione mia non meno, cbe cose insopportabili, essendo ella pii afiare di me vanamente gelona pensa di dovere essere un uoPromettendole io che cos) sareb:11a si parti j ne passarono piu di lotli, che ella destandomi, che lira, mi fa sapere 1* adultero esin casa ; dicendomi che mio padre ilcune subite bisogne era andato 11a: e che co lu i, che insieme con godeva di D em eneta, era poco i entrato da le i; aggiugnendo escosa convenevole che io mi appa* iassi alia vendetta, e armato li asi, accio lo adultero non fuggisse. *1 feeij e preso un coltello in ma mdandomi Tisbe col lume innanervenni alia camera , e q uivi giunrapassando lo splendore d un luche era d en tro, per gli s p ir a g li , isa la porta d i quella m aniera ia grande ira ricbiede , a p e r si, o dentro grid ai: Dove sei, o scee manifesto adultero della in ogni ouesta femmina ? E cosi dicendo irsi sopra per uccidergli amendue. 0 Dii 1 ) mio padre gettatosi del mi cadde avanti inginocchioni, do: 0 figliuolo, raffrcnati alquanto,

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abbi misericordia di colui,clie t* ha gene rato ; perdona a queste canute chiomc, che t* hanno nutrito j t* abbiamo offeso, ma non e da vendacarsi insino nella m orte; non ti dar tutto in preda al ira j non macchiare le tue mani col sangue di tuo padre. Questi e molti altri prieghi pieni di misericord ia egli mi porgea ; ma io tutto stordito, e non altra mente che una secca fronde com battuta da tempestoso vento, stava guardando di T isb e, la quale non vi saprei d ire, come era tornata a dietro. Io volgeva gli occhi d ogni intorno e al letto e alia camera; nfe sapendo che d ire, nfe potendo cosa alcuna fare, il coltello mi cadde di m ano, il quale Demeneta accorsavi con fretta raccolse. Mio padre, fatto sicuro, mi prese le m ani;e comandolle che le mie legasse. Ella gridando molto contro di me 1 accendeva: non sono, diceva, queste le cose ch* io ti prediceva ? che bisognava guardarsi da costui; che egli presa l occasione ci avrebbe poste insidie. Io vedeva il suo aspetto , intendeva i suoi pensieri, ma tu interrompendomi non mi lasciavi dire: ma non pero io mi fidava; allora sarebbe stato bisogno legarlo. Yolendo io raccontare a mio padre come il fatto stava, non lo mi concesse: anzi all* apparire del giorno presom i, cosi come io era legato, mi condusse al cospetto del popolo e spar gendomi la polvere in capo, comincio in tal modo a ragionare: Non con spe ranza di dovere a questo venire nu triva costui, o Ateniesi; ma sperando che egli dovesse essere il sostegno della mia debole vecchiezza. Condosiacosa che come prima ei fu nato, provedutolo d'onesta nutrice, e datolo nella prima elk ad apparare lettere, e rap port a tone il nome a* miei popolani e a quelli del mio sangue, e descrktolo tra gli altri gio v a n i, e fattolo secondo le leggi vostro ciltadino, ho per ca gione di lui tribolato tutta la mia vita. Ma egli dimenticato di tutti questi lieneficj, me primieramente ha con vituperose parole ingiuriato, e costei, cbe mi h per legge congiunta, acerbamente ha battuta: e finalmente col coltello in mano di notte assalitici, tanto e

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mancato ch* e* non sia parricida divtn u lo , quanto la fortuna, ordinando che per lo sproveduto timore gli cadesse il coltello di mano, gli e stata contraria . A voi dunque ricorro, e costui appresso di voi accuso. Percioc ch e , quantunque di mia mano ucciderlo mi fosse dalle leggi conceduto, non per& ho voluto farlo: am i il tutto nelle mani voslre rimetto j piu convenevole giudicando fare secondo gli ordini deUe leggi punire il mio figliuolo, che ucciderlo di mia mano; e cosi delto comincio a piangere. Piangeva Demeneta altresi, quasi per cagione di me mostrando dolersi, e inielice chiam andom i, afiermava che io ragione volmente ma troppo giovane moriva j e che io da pessimi Demon j era stato in citato contro i miei genitori. Non fa ceva ella cio tanto per dolersi, quanto ir approvare con questi suoi pianti e menti l accusa come vera . Ma parendo gia convenevole di dare anche a me luogo di d ire, accostatomisi uno pubblico Gancelliere, brevemente mi domando s'egli era vero che ioandalo fossi a trovare mio padre con arme. E rispondendo io, vi sono andato,ma udite in che modo j non vollono udir m i, anzi insieme tutti alzarono le voci giudicando , che io non dovessi avere luogo di difendermi; e alcuni sentenziavano ch io dovessi essere lapidato j e alcuni c h 'io fossi dato al manigol do , e precipitato nel karatro. Mentre che duri> questa confusione, e in tutto il tempo nel quale della mia pena si disputo, io non feci altro che gridando d ire: o matrigna ; per colpa della mia matrigna sono condannato a morte; la mia matrigna e cagione ch io muoia senza poter dire le mie ragioni. Ebbe questa mia yoce luogo in m o lti, ed entro in essi il sospetto di quello che era; ma non pero potei essere udito; perciocche il popolo era occupato delio infinite tumulto. Quelli che con le aentenze loro mi condannarono alia morte , furono da mille e settecento, de* quali alcuni giudicarono ch'io fossi lapidato., e alcuni ch( io fossi gettato nel baratro; e intomo a mille furono

sospetto, che aveano contro la mia m a trigna, mi condannarono a perpetuo esilio. L a costoro sentenza rimase vincitrice ; perciocche sebhene costoro degb altri tutti erano minore numero: boo* dimeno avendo coloro diversamnile sentenziato, di ciascuna parte dispena questi mille erano i piu . In tal manien dunque io fui discacciato dalle paterae case , e dalla patria. Ma non pero hou se impunita la nimicadegliDiiDemeneta; il che come avvenisse,ludirele unaltra volta; perciocche ora bisogoa dare . alquanto luogo al sonno, non solameule per che gia e gran parte della notte paasata, ma ancora perche voi avete di molto riposo bisogno . A nzi, disse Tea* gene, piu ci aflliggeresti, se in questo ragionamento tu lasciassi impunita la pessima Demeneta . Udite dunque, di*se Cnemone, poiche cosi vi piace. lo dunque, dopo che fu spedito il giud izio, subito me n andai nelPireoje ahbattutomi ad una nave che da lem sciogliea , navigai in Egina , intend* do quivi essere alcuni miei cugini dal lato di mia m adre. Essendo quivi per venuto, e trovativi coloro ch io cava, vissi da principio allegrameDle. 11 ventesimo giorno dopo ch io fm giunto, secondo il mio costume, allegro me n* andai al porto; e in quello ti scoperse un picciolo legnetto ; onde k > alquanto soprastetti per sapere e docde venisse, e chi conducesse. Non era ancora ben gettato il ponte, quaodo un giovane saltato in terra, e conotni incontro, m* abbraccio. Era questo Caria , un de giovani della mia eta.Al bracciatomi dunque, buone nuove n reco, disse. O Cnem one; sei fatto rco per cagione della tua nemica DeBDeo^ ta che e morta. Certamente, o Caria diss io , se cio fosse, tu mi daresti la vita . Ma dimmi perche cosi leggierroeo* te scorri questa buona nuova, quasi cbr tu debba qualche vitnperevole iatto raccontarmi ? Dimmi dunque anche il nodo della sua m orte; perciocche tnoo non poco ch ella sia di non comuaale morte finita, da cui meritevolmeate io sono scampato. Non ci ba del tutto la giustisia abhandonali, disse Caria, h coloro, che concedendo un non so che al quale ( secondo che scrive Esiodo ) ael

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L I B R O
e tardando alcun giorno alia T e n la, mostra non prender di cio cunondimeno questi cosi fatti torti acuto occhio risguarda, come ora vvenuto aUa pestifera Demeneta. E pi che di tutto quello, che si e fat> detto, non mi e nulla nascoso, :iocche il tulto mi ha raccontato be per la pratica, ch* ella ( come sai ) tien m eco. Essendo gia tu an) nello ingiusto esilio, 1* infelice tuo re tardi pentito delle cose fatte, se ndo in una villa assai lontana dalitta; e qu ivi, consumando quella i, si vivea j e questo e quello, chio bo dirti di l u i . Demeneta fu intamente cominciata a tormentare e Furie, ed essendo per assenta divenuto in lei il desiderio mage, come se per le sue miserie piane, non poteva astenersi dal pianma ella nel vero per cagion di se sa piangeva , ne mai faceva altro giorno e notte gridare, dicendo pre: o Cnemone, o dolcissimo fiolo, o anima m ia. Laonde andando e spesso a lei le donne sue conoiti, si maravigliavano, e lodavano la matrigna xnostrasse sffetti mai, e sforzavansi di racconsolarla, e hetarla: ma ella rispondeva loro il mai suo era sensa consolazione; be elJe non sapevano Lene di che e slimolo le pungesse il cuore. E lora ella si ritrovava sola, gravemeniccusava T isb e, come quella, cbe cosa non convenevole le avea pred il suo aju to . Diceva e lla : costei too alle caltive opere e assai sollei costei non m i ba ajutata punto odere del mio am ore, ma a privardi colui cbe io sopra tutte le cose > , e stata vie piu presta cbe io non o stata a d irlo , ne mi ha dato agio |> oter mutar pensiero . In somnia ra caduto nell animo di dover farle Iche strano scherzo. Ma Tishe, cocendola fiera mente irata, e oltre do dolente, e pronta ad ordire inoi, e d'ira e amore costantissima, >ose, procurando la stessa sua saludi levarsi innanzi, e prevenirla ordo qualche inganno contro di lei; perentrata dentro a lei le disse; Queste

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cose che vogltono d ire, o padrona? per* cbe acccusi tu la tua serva sensa cagione? lo sempre ad ogni tuo volere sono stata presta, e ora sono piu cbe m ai; e se cosa alcuna c accaduta fuor della tua opinione, deve ragionevolmente imputarsi alia Fortuna . l o , qualora tu lo coman derai, sono pronta a cercare qualche rimedio a questi m ali. E c h i , rispose Demeneta, si potrebbe trovare, che rimediasse a* miei m ali, essendo lontano colui, che solo il puo fare? e massimamente essendo io stata presa da una certa umanita non sperata dagli accusatori; e rendili certa cbe se egli era lapidato, s* egli era precipitate, la passione avrebbe ancor me intieramente m orta. Perciocche 1 * esser privo di quel lo , di che si e talora avuta buona speranza, uccide altrui; ma il perdnr quello, che non si e gik mai sperato, accomoda coloro che patono moderatamente dolersi. Io m immagino ora di vederlo, mi pare di udirlo presen te ; temo di formarlomi nella fantasia, che mi rimprovera le ingiuste accuse ; e talora fo proponimento, o veramente tornalo cbe ei sara di dovermelo godere; o veramente di dovere andare a trovarlo dovunque egli si s ia . Questi pensieri m* infiammano ; questi pensie ri mi ianno impazzire. Ma nel vero, o D i i , pato giusta pena. Perciocche quali inganni non ho io orditogli con tro? anzi quali insidie non gli ho poste? cbe non ho io pregando, anzi sforzando, tentato ? Rituso forse egli la prima ingiuria? anzi stette pazientihsmio . Forse che la scconda ? anzi ebbe lerrore del letto puterno . E sa rebbe anche forse avvenuto, che egli, niosso dalle mie persuasioni, avrebbe col tempo niulato pensiero in piu uroile. Ma io sciocca e besliale, come se mai alcuno altro amato non avessi, ma pure allora ad amare incominciassi, non potei soffrire che egli non avesse a'm iei comandamenti ubbidito. Benche ragionevolmente egli mi spregiava^ percioccbe di gran lunga in beltade mi trapassava. Ma dimmi, o dolce Tisbe, che agevole modo dicevi tu ora da potermi liberare da questi aflanni? Ed ella: sappi, padrona, che Cnemone e

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T E A G E N E

K C A R I C I A
se n* ando in villa ad Arislippe, e gli disse : Padrone t io vengo a te ad accusare il mio fallo , e ia di me quello cbe piu ti piace: sappi che per open mia tu hai perduto il tuo figHnolo,e sebbene cio e avvenuto contro il m io volere, nondimeno io ne sono stata ca gionej perciocche, accorgendomi io che la padrona non vivea dirittamente, anzi faceva non picciola ingiuria al (no letto, non ti osservando la dovuta fed e , non poco temetti intomo a'falli m iei, se questa cosa si fosse altronde risaputa, di non riceverne qualche scorno 3 prendevane ancora non picciolo affanno per cagione di t e , consideran do che t u , in vece del tanto amorec fede che alia tua moglie portavi, una cosi fatta ingiuria ricevessi ; nondimeno dubitai di farlo sapere a te j ma andata di notte, perche nessuno se n*aTredesse, al padron giovane, glielo pale s a i, dicendogli come uno adultcro si giacea con la padrona. E g li, percioc che come tu sai, era stato poco aranli da lei ingiuriato, pensando che io dicessi allora lo adultero essere con esso lei, ripieno d* una irreflfrenabile in , preso il coltello in mano , benche io piu volte mi sforzassi ritenerlo, dicendogli come in quel punto non v en alcuno, senza molto pensarvi, o aspettare di mutare consiglio, tutto furioso corse alia tua camera. Quello che di poi segui tu lo sai. Ora e in pottr tuo di scusarti appresso il tuo figHao lo , sebbene egli e in esilio; e prendere la meritata pena d ambedoe co loro, cbe v* hanno ingiuriati; percioc che io ti faro oggi vedere Demeneta insieme con lo adultero, e d i piu per maggiore indegnila giacere in casa al trui fuor della citta. Se tu cosi mi mostrerai essere, come tu d ie t, disse Aristippo, a te ne verra in premio la liberta; e io , cosi gli D ii mi prestino vita , forse contro la mia nemica mi j vendichero, come gia buon tempo bo meco stesso ardentemente desiderate; benche, quantunque il sospetto fieramente mi molestasse, non avendooe ccrte p rove, mi acchetava. Ma dimm i, che bisogna fare? Ed ella: tn sai beoe quello orto , dove b il sepokro

nscito della citta per cedere al popolaccio; e per ubbidire al giudizio si partira ancora dall*Attica. Io , percioc che per tua cagione staya in ogni sno affare intesa, so il luogo appunto dore egli davanti alia citta sia nascoso. Co nosci t u , padrona , quella Arsinoe, che suona cosi bene di piffero 7 di costei avea Cnemone dimestichezza, e dopo infelice suo accidente questa fanciulla lo ricetette, e promettendogli andarsene seco, lo riliene appresso di se na scoso insino a tanlo, ch ella si sara messa in punlo. O veramente beata Arsinoe! disse allora Demeneta, non solamente per I amicizia che per addietro bai con Cnemone avuta, ma eziandio per la partita che ora ti appresti di fare con esso lu i. Ma questo che monta a noi? Assai, rispose T isbe: perciocche io , fingendo essere innamorata di Cnemone, preghero Ar sinoe , la quale io gia buon tempo per cagione dell* arte sna conosco, che in vece sua di notte mi condnca a lu i: sc cio ne vien fatto, ti converra operare in guisa che tu hai a fingerti A r sinoe: e andare a lui come se tu fos si dessa j e io avro la cura d'ordinare , che egli ben inebriato se n'entri in letto. Venendo tu a questo tuo inten to ( pare assai convene vole che tu debba essere tutta intenta negli amorosi piaceri) forse che nella prima pro ve per molto sollazzare si potrebbe spegnere questo tuo disordinato appetito, perciocche la sola sazieta e la fine d Amore. Ma se pur durasse, il che non avvenga, e*ci sari ( come si dice in proverbio ) la seconda navigazione, e qualche altro consiglio: attendiamo intrattanto alia cura della infermiUi presente. Lodo Demeneta quanto ella avea delto, e pregolla che con prestezza desse ordine a quanto avea pensato. Tisbe le chiese un giorno intiero di tempo a condurre il tutto ad effetto: e andatasene incontanente ad Arsinoe, le disse: conosci tu Teledemo? Rispondendo ella di si, deh per Dio, soggiunse Tisbe, accettaci oggi in casa tua ; che gli ho promesso di giacermi seco: egli verra prim a, e io quando avro messa a dormire la padrona . E quindi correndo

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L I B R O
li Epicurei; cola verso il tardi te inderai, e quivi m attenderai . E i deUo, correndo sc ne torno a die, e giunta a Demeneta , le disse : o quello ch io ti promisi e gia aptelo; sicche adornati, che l>ene ita coaviea venire. Demeneta l abcio, e cosi fece, come ella le im!. Fattasi dunque gih sera , Tisbe ala seco la conduceva cola, dove tra loro ordinato. Poiche si furo ivvicinate, le disse ch ella si ferse quivi alquanto; ed ella andata mi prego Arsinoe, che se n* an e in qualche alira casa, e le consse agio di poler fare gli acconci , diceadole che il giovane si verlava, come quegli, che era novello : cose di Venere. Avendola Arsinbbidila, ella ritorno addietro, e ; Demeneta per m ano, e la con ; in casa, e coricatala levo il lume, ) che non fosse ella conosciuta da :he allora fermamente eri in Egiquindi comandatole , che senza far o adempisse il suo disio , disse , ido a trovare il giovane, e senza gio lo condurro qui a te . Egli s a bere in un luogo qui vicino ; cita nascosamente fuori, trovo dove gli avea ordinato, e molto llecito d andare a prendere ladul che giacea con Demeneta. E gli le vio dietro, e giunli che furono togo, corse dentro in casa, e ad >icciolo lume di Luna trovato ma 'ulmente il letto , gridando disse : ho pur giunta, nemica degli D ii. tre egli cosi d icea, Tisbe fece la poita uno strepilo grandissimo, > n alia voce g rid o : o vituperio de, lo adultero ci e fuggito, e abira, padrone, che non ti fugga anla seconda . Mon dubilare , diss* eche io ho la malvagia, e quella che ^iormente considerava; e avendola > * la menava verso la citta. E lla , > m e pare ragionevole, ravvolgeneco stessa tutte le miserie che la mdavano ; 1* infelice avvenimento cose aspettate; il vituperio, che noi errori acquistava; la pena che : leggi 1 era ordinala} da una parte ntc d* essere in tal modo stata presa,

P RI MO

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dall altra sdegnou d essere in tal guisa stata inganaata , poi che ella fu giunta al pozzo, il quale e nella Accademia (tu sai bene dove i Capitani della mili zia sogliono secondo il costume della patria sacrificare agli Eroi) quivi scappata delle mani del vecchio subitamen te si getto col capo all* iogiu; e in tal maniera, essendo mai vivuta mai mori. Disse allora Aristippo: tu m i hai pagata la pena innanzi al giudizio delle leggi. E quindi racconto per ordine tutto il fatto al popolo, ne si tosto ebbe rice vuto perdono, che si diede a cercare per tutti gli amici e conoscenti, vcncndo in pensiero, se per via alcuna potesse impetrarti il ritorno nella patria. Ma quello che di cio sia avvenuto non ti so io d irej perciocche ( come lu ved i ) me ne sono venuto qua navigando per alcuni miei bisogni parlicolari. E ti conviene dunque aspettar qui tanto, che il popolo acconsenta al tuo ritorno, e che tuo padre venga a cercarti, che cosi ha detto di fare. Questo e quello, che mi rapporto C aria, Q uello, che di poi segui, e come io qui venissi, e quali siano stati gli miei accident!, bisogna piu lungo tem po, e piu lunga orazione a raccontare j e cosi dicendo piangeva . Piangevano i giovani allrest, non solamente per cagione d i Cnemon e , ma per ricordarsi ancora ogn* un di loro delle proprie miserie; ne avrebbero mai restato di piangere, se un piacevole son no, volando nascosamenle sotto la dolcezza de loro lam enli, non poneva alle loro lagrime fin e. Costoro dunque in tal guisa s addormentarpno. Ma Tiamo ( tale era il nome del Ga pilano de ladroni) avendo il piu della notte dorraito, spaventato per alcuni ingannevoli sogni, tanlosto fu dal sonno discioltoj e dubbioso pensando della inlerpetrazione, vegliava in que pen sieri. Perciocche intorno a quella ora che cantano i galli ( ovvero, come ti crede, mossi dalla forza del nalurale sentimento, allora che Sole si volge verso n o i, a salutare Iddio; ovvero destando col loro canto all opere gli abitatori di casa per la naturale loro calidita, e per lo desiderio chc hanno di muoversi e d essere piuttosto ciba

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1X2

T E A G E N E

C A I C I A
Lliche radunanze, e imposto a Cnemone ( perciocche egli molto bene intendea il parlare degli Egiziani, ma non gia Tiamo quel de* Greci ) che dichiarasse a* prigionieri, quanto ei direbbe, cosi comincio: Voi sapete, o soldati e com pagni miei, quai sia sempre stato l animo mio verso di tutti voi. Percioc che essendo io ( come vi k manifesto ) fi gliuolo d*un Profeta Menfitano, e es sendo rimuso fuor di speranaa della dignila sacerdotale, avendomene dopo la partita di mio padre il mio fratello minore con inganno privato, a voi m e ne fuggii, accio col favor vostro io n e facessi vendetta , e ricovrassi la perduta dignita; ed essendo stato da voi giudicato degno desser vostro Capitano, hovvi insino ad oggi giudicati, senza conceder mai cosa alcuna di piu a m e , ch e al minimo di v o i. A n z i, se sono stato dell* egual parte contento j se si sono venduti prigioni, ogni cosa h o messa in comune; giudicando ad q q bnono Capitano convenirsi delJe faticbe prendere la maggior parte, e de* gn ad agn i 1* eguale. Io de* prigioni g li u o m in i, che rispetto alia corporate gagliard ia , potevano esserci di qualche gio v am en t o , tutti ho fatti di nostra b rigata ; e i piu deboli ho tutti vend u ti; n o n ho mai tentato di fare ingiuria a d o n n a alcuna ; e quelle ch* erano d 'a l t o legnaggio, o per danari, o moeso d a lla sola compassione dcUa fortu n a l o r o , tutte le ho liberate; e quelle d i piu bassa condizione, le quali n on p iu d al1* esser prigioniere, che dal la n a tu ra le consuetudine erano costrette a s e r v ir c le ho partite per serve tra lu t t i . O r a di tutte queste spoglie vi do m an d o nn= sola cosa, che e questa giovan e f o r e stiera, la quale come che io p o t e s s i d i me medesimo prendermi, stim o n o n d i meno piu convepevole riceverla d a v o i Perciocche mi parrebbe sciocchemaa p r e n dendo a forza quepta prigioniera , m a strare di volere far cosa alcuna c o a V r il volere di voi araici. A nzi v i d i e g go io questa graaia non senaa p r e m u ma sin da ora vi prometto d i n o n v c lere parte alcuna del lim anente d e l] preda . Conciosiacosache avendo l a n ; zion profetica a schivo la v o l g a p p

t i ) intorno a quell* ora dico gli appar>e uu divioo sogno, e fu tale. Andando egli con una lampada accesa a M en fi, che era sua patria, e al Tem pio d* Iside, gli parea vedere che tutto risplendesse , e che gli altari e* luoghi de* sacrificj fossero tutti ripicni d ogni sorte di animali, e tutti disangue bagnati: e l entrate e il circuito erano occupati da uomini, che di strepito e di tumulto ogni cosa empievano. Ma entrando egli nel T em pio, gli parea che la Dea facendoglisi incontro, e porgendogli Caricbia per mano, gli dicesse: o Tiarao , io ti do questa vergin ej ma tu avendola non 1' a v ra i; anzi ingiustamente ucciderai la forestiera j ma costei non morra. E gli avuta tal visione stava tutto stupefatto , e seco ravvolgea ora in un modo ora in un al tro quello, che tal sogno volesse inferire; ma essendo gik di pensare stanco ne trasse la risoluzione conforme al suo volere, tenendo per fermo che di re : 1* avrai, e non a v ra i, volesse dinotare ch* ei avrebbe donna , e non piu vergine , immaginandosi cbe il dire: 1* ucciderai, venisse ad inferire le ferite vefginali, per le quali Carickia non morrebbe . Tale fu dunque la sua dichiarazione di questo so gno, deLtandogli cosi appetito suo. All* apparire dell Aurora fe* poi veni re a se tutti i principal! de* suoi soggetti, e comando che al cospetto di tutti recassero la preda, dandole per piu grandezza il nomedi spoglieje fattosi venire davanti Cnemone, gl* impo se ch ei dovesse menar quivi i prigioni ch'egli avea in cura, i quali mentre era no via condotti, quai fortuna, diceano, sara la nostra? molto pregavano Cne mone, che operasse, se cosa alcuna poteva in favor loro. Ed egli con larghe promesse gli confortava a stare di buono animo, aftermando il Capitano loro non essere del tutto barbaro di costumi, anzi avere in se non poco di umanita, e esser nato di nobil lignaggio, e da ne cessity costretto avere tal vita eletta.Ma poiche furono al diputato luogo condot ti, ed essendosi anche gli altri tutti radunati, Tiamo salito sopra un certo al to, avendo iatla 1* isola luogo di pub-

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L I B R O
: Venere, ho giudicato che coi debba servire noa a puce vole la ad acquisto di successor!. Vo iche recarvi avanti le cagion i, cio mi muovono . Primieramenei mi pare giovane di nobile afconosco per le molte ricchez? abbiamo trovate con esso l e i , i non semplicemente ha corso forlane , ansi e dalla intelligenta a qael fine , che sin da*primi t fu dato in sorte . D i p o i, io plo in lei una certa integrita e nza di anim o: conciosiacosachfe 10 ella ogni altra con 1eccelleni bellezza, nondimeno con l'onejo gn a, che nello aspetto dimoichiama a piu casti pensieri gli 11 coloro, che la mirano. Non nque costei meritevolmente ciaid aver d i se ottima opinione? illo , che molto maggiore e deld ette, io stimo ch ella sia sassa d* alcuno degli D ii il quale icnte disdicevole, e inlecito giue i , deposta la stola e le corone, cosi infelice vita. Quai nozze dunim ici, potrebbe farsi piu di queste e v o li, prendendo uno di nazione a per moglie una sacerdotessa? arono tulti il suo detto conolo a celebrare queste cosi din o zze. Onde egli riprese il pardisse loro : Amici m iei, io renoi infinite grazie , ma onesta cosa :e , che noi prima intendiamo o della giovane, come ella a e sia disposta . Perciocche se isse usare il costume della maga , la volonta mi trasporterebbe: p are cosa superflua a coloro di l a r e , a* quali e lecito usar forza. vendosi celebrare queste nozze, tsario che vi concorra il volere n d u e le p a rti. Quindi rivolto ire alia giovane, le domando, ;lla fosse inchinata a doversi seco g n e re . E insiememente le coch* ella dicesse q u ali, e di quali isero . E l la , avendo per alquanto :io tenute le luci fisse in terra, scotendo il capo, mostrava di e i suoi pensieri, e il suo parE alia fine rivolto lo sguardo
EROTIC!

P R I M O
verso Tiam o, vie piu che di prima con lo splendore della sna bellezza lo trafisse, perciocche per gli raccolti pen sieri, e la guancia piu dell* usato roesa , e la vista piu orribile era divenntaj e dichiarando Cnemone il suo par lare, cosi disse: Questa risposta molto piu si converrebbe a questo Teagene mio fratello ; perciocche, per quello ch*io ne sappia, stimo che alle donne stia bene il tacere , e agli nomini il r i spondere, e massimamente ad uomini. M a , poiche avete voluto dar luogo di dire anche a m e , e mostrare queste primo segno di um anita, cioe di cercare di conseguire I* intento vostro giustamente; e con amorevoli persuasion pinttosto, che con forza; e conciosiacosache la somma delle cose dette torni sopra di m e, sono costretta di trapassare le leggi della modestia, che e a m e , e all* altre vergini si convengo n o , e di rispondere alia domanda del nostro Signore intorno al fatto delle nozze , e all altre sue richieste, e que sto alia presenza di cotanti u om ini. Noi dnnque ( quanto appartiene alia nostra nazione ) siamo Jon ici ; e sia mo , siccome i maggiori nostri j E fesii. Ed essendo noi giovani, perciocche tali sono dalla legge chiamati al sacerdozio, io di D iana, e questo mio fra tello di Apolline , fummo per sorte eletti sacerdoti; e perche questa dignita duro lo spazio d un anno intiero, noi per tutto detto tempo attendemmo ad investigare le risposte degli D ii in D e lo , dove convenendoci j secondo il costume della patria, rappresentare i giuochi e di musica e di lo tta, e deporre il sacerdozio, empimmo una nave grossa d* oro , d argento, di vesti, e d* ogni altra cosa all uso de* giuochi e del pubblico convito necessaria, e rimanendo a casa i padri nostri, per lo timore della navigazione e del m are, sciogliemmo dal porto accompagnati da molti altri cittadini ; parte de* quali monto sopra la nostra n av e , e parte sali sopra le navi proprie. Avevamo gia navigato buon spazio di mare, quan do si levo una subita tempesta, e un fiero vento con procelle e folgori me scolato nel mare tanto impetuosamente i5

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Ii4

TEAt J ENE

C A R I C H I A
te prendendo tu per moglie una per sona sacra solo ( come tu dici ) per ca gione di avere figliuoli, e avendo gli D ii in quella riverenza che si convie ne. Ella cosi detto si tacque, e comiucio a piangere. G li altri tutti che quivi erano present la lodarono, appro vando che dovesse quello iarsi, ch ella avea detto, e offerendosi ad ogni cosa presti. Lodolla anche T ia m o , benche parte fu di cio lieto , e parte dolente; perciocche il desiderio ch egli avea di godere Carichia, e la belta ch* e g li si vedea davanti, gli faceano parere ogni minimo indugio una infinita lunghezza di tempo. Dall*altra parte fu dalla soavita del suo parlare , quasi ch e da una Sirena, tutto commosso, e ad ubbid ire costretto, avendo ancora in qua) che parte risguardo al sogno, si dava a credere che queste nozze si dovesse ro celebrare in Menfi. Divisa dunque la preda, e prese di volonta d i quel popolo alcane piu scelle robe , diedc a tutti licenza comando loro ch e *1 de ciino giorno fossero in punto p e r par tire verso Menfi. Consegno a* giovan i grcci il primiero alloggiamento , e voile che di nuovo Cnemone si stesse con esso loro , non gia piu come gu ard ia, ma come datogli per compagno , e diedegli il piu delicato cibo che v i avesse, e voile che vi fosse Teagene p e r r i muovere il sospetto della vergogna d e l la sorella. E gli fece ferma ris o lu s io u e di non pur vedere C arich ia, a c c io c che non la vista fosse incitam ento d e l l interno desiderio , onde e g li fosse costrelto a tentare cosa alcuna o lt r e al dovere, e oltre a quello che e g li av ea prima dimostrato. Tiam o d u n q u e p e i queste cagioni fuggi di veder C a r i c h i a stimando impossibile veder le i , e c o o tenersi in tra i termini della m o d e s tia Cnemone, essendosi tutti gli a ltri p a r i i l i e essendo chi qua e chi la per la p alu d < en trati, a ado a cercare dell' e rb a ch< la notte davanti avea a T eagen e p r o messa , sicche si dilungo alquan to d a l l palude. Teagene prendendo tale o c c a s a a ne , comincio a piangere e la tn e za ta ri senza dire nulla a C arichia, e s p e s s invocava gli D ii testimonj. E lla d u e que gli domando se egli si r a i n m a r

percosse, che tolse la nave dal dirillo cammino; perciocchfe il padrone per duto l animo a questa soverchia for* tuna, abbandono il timone, commettendone il governo alia Fortuna. Fummo dunque combattuli dal continuo soffiar de venti sette giorni, e altret tante notti, e alia fine fummo sospinti in quella spiaggia, dove da voi fummo presi, e dove voi vedeste quel la grande uccisione. Conciosiacosache mentre che noi celebramtno il convito per la ricevuta salute, i marinai, congiurato contro di noi, deliberarono ucciderci per rubare i den ari, e procedette la cosa si oltre, che con gran male e morte di tutti i famigliari no s tr i, e de marinari allrest, che uccidevano ed erano uccisi, noi soli di lutto il numero restammo salvi j e voles se Dio che restati non fossi m o , infelici reliquie. Una sola cosa in queste nostre sventure ci e felicemente a w e nuta , che fermamente alcuno degli D ii che ci ha condotti nelle vostre mani; dove stando noi in timore di morte, ci e stato dato arbitrio di risolverci delle nozze, le quali in modo alcuno, 10 non intendo di rifiutare, e cio per piii cagioni, e massimamente, che a me pare, che trapassi ogni sorte di felic ila , che una prigioniera sia stimata degna d* essere moglie del suo Signo re , e p o i, perche non pare da divina disposizione lontano, che una amministratrice delle cose degli D ii, si mariti ad un figliuolo d un Profeta, e ( quando che a Dio piaccia ) Profeta. Una sola cosa ti domando, e concede latni, Tiamo j con ten tati ch io prima vada in qualche citta o altro luogo , dove sia o altare o tempio consacrato ad Apolline, e quivi deponga la dignita e le inscgne sacerdotali; ne sarebbe forse fuor di proposito d andare in Menfi) perciocche tu ti richiamerai dell* onore toltoti della profezia, e cosi le nozze congiunte con la vittoria si faranno piu allegre, e avranno piu or revole fine. E se pure ti piacesse farle prima, a te ne lasciero il pensiero; pur che a me sia conceduto osservare 11 costume della mia patria, il che son certa che tu consentiiai, massimamen-

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L I B RO
Je'passati loro comuni afianni, ture gli era avvenuto allro di , e io somma quello, ch* egli A cui egli rispose, cose piu nuosono, ami piu scellerate; i gio li rotti, amicisia viola ta, poi irichia si e dimenticata di m e , maritata ad altrui. D eb t non biasimare, disse la giovane, e olere recarmi piu n o ja, che mi le presenti miserie; ed avenper addietro fatto prova della sa mia con fatyi, non prendesospetto delle parole, dette per >dam al tem po, e per trarne e utile, e se to cio non farai, erra Jutto il contrario, e mo piu tosto tu d* esserti mutato, amroai ritrovi me aver mutato oj perciocche sebbene io mi trovo misera vita, non sari pero mai >lenza alcuna quantunque gran slringa a mutar volere in tanto, mia verginili non conservi. In a cosa conosco non potermi tem e questa e il desiderio e amore che prima in te p o si; benche e desiderio onesto. Perciocche, come persuasa da amanle, ma ftnvenutami con un mio marito, i prima mi diedi, ed ho insino perseverato, conservandomi in e da ogni amicizia lontana ; ed mi tu talora tentata, ho sempre i tuoi abkracciamenti j avendo riguardo alle paltuite nosse, e con giuramento fermate, se in Icuno potessero mai, come pubnte si costuma, celebrarsi. O non tu scioeco, credendo che io ad :o anteponessi un barharo, ad ante un ladrone? Che dunque, eagene, volevano inferire le cose i quella bella oraiione? Perciocfiogere che io ti sia fratello ia astusia eccellente, la quale e Tiamo lunge da ogni gelosia, noi aver potesse, e fa che noi o esser insieme sensa sospetto. va ancora, dove riuscisse quel tu dicevi di Jonia, e della for te ci assali vicino a Deloj consachb queste sono coperte delle e agevolmente ingannano gli

PRIMO

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uditori. Ma il cos) faciknente eonsenlire alle nosae, e pubblicamente pat luirle, e prefinire il tempo d ' esse, que sto non potei, nfe volli intendere ; ansi vorrei piuttosto essermi sommerso, che raccorre tal frutto delle mie fatiche e del le speranse che io ho poste in t e . C ari chia abhracciatolo, e ben mille volte ba ciatolo, e fattolo di pianto molle, gli disse: O Teagene, quanto mi fe grato questo limore che tu hai ora per cagion di me; per ciocche anche per questo mi si mani fests piu Ianimo tuo, poichfe per tante infelicitk, amor tuo verso di me non punto divenuto minore. Ma sappi, T ea gene, che se io non avessi in tal guisa promesso, noi non potremmo ora ragionare insieme. Perciocche, come tu sai, il pertinace contrasto accresce impeto d un gran desiderio; ma il cortese par lare concordante con 1* altrui volere raffiredda i primi movtmenti, quantun que ardenti, e con la soavitli della pro messa placa aspreasa dell* appetito. Conciosiacosachfe quelli, che sono poco pralichi nelle cose d* Amore , stimano che *1 primo e maggiore sforao sia ri cevere la promessa, e pensando per quel la avere v in to , sollevandosi nella spe ransa piu moderatamente se la passano. Io dunque antivedendo tai cose, me gli diedi con le parole, lasciando la cura del rimanente agli D ii e al Demonio, a cui prima tocco in sorte aver cura del no stro am ore. Molte cose ne rechei& un giorno, e due ne recheranno molte piu ulili alia salvessa nostra, e porgerannoci occasions cosi fatle, che gli uomini con mille consigli non potrebbero ritrovarle, e per tal cagione ho io all un gate le cose presenti, turbando il certo con 1 incerto. Bisogna dunque, o dolcissimo Teagene, portarsi in questa finsione cautamente, proprio come in unu abliattimento: e conviene tacere non solamente con gli allri, ma ancora con Cnemone stesso. Perciocchb, sebbene egli h verso di noi umano e amorevole, ed fe Greco, h nondimeno prigione, ed e per far cosa che piaccia al Signor suo piuttosto, che servire a questa nostra cosi infelice fortuna, e massimamente, che ne lunghessa di amicis ia } ne legge di parentela, ci da si-

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T E A G E N E

C A R I C H I A tanto, siccome gli era stato imposlo* cunduceva alia spelonca Carichia , la quale dirottamente piangendo si volgea verso Teagene, e condottalavi, v e la mise dentro. Non era questa una grotta fatta dalla natura, siccome assai in terra , e sotterra ne veggiamo aprire; ma era pura opera dell arte de* ladro ni , che avea imitato la natura , ed era nna fossa con gran diligenza csvata per le mani degli E giziani, per guardia delle spoglie; ed era fatta in cotal maniera. L enti?ta sua era slrelta e oscura, sottoposta all entrata d* uno occulto edificio in guisa, che la soglia della prima entrata iaceva un* altra por ta ad uso di scendere nella g ro tta ; ed era acconcia in modo ta le, ch e agevolmente s*a!zava, e vi ricadeva sopra > e da indi in la era grossamente laglia ta in strette e ritorte stradette; per ciocche i passi e i viottoli ch e guidavano nel fondo della spelonca , alcuni in se medesimi raggirandosi p e r se slessi ingannavanoj e alcuni d* n n o in al tro riuscendo, dopo molti e malagevoli ravvolgimenti aprivano 1* uscita, raffrontandosi tutti in nno am p io , e spazioso piano, posto in un ce rto bas so , dove entrava un p icciolo la m e per un fesso, che era nelle n lticn e parti della palude. Cnemone d u n q u e avenda quivi messa Carichia, e per la pratica che n avea condoltala nella p iu riposta parte della caverna, d o p o aver Is molto confortata, ed averle promessc verso la sera tornare a lei in sie m e cob Teagene ( perciocche non s i com m et terebbe a lui che andasse a com batte re co nem ici, ma che anzi fu g g isse 1 battaglia, la quale non 1* a v e a p u n t allettato , anzi 1 avea quasi m isera mente condotto a morte , ed e ra ii tutto dall ingegno suo lontan a ) , U cita e senza spirito lasciatala , n s c i de la spelonca, e serrb la s o g lia , d o lei dosi alquanto e della fortuna d i lei e della necessita di se s te s s o , pi che quasi viva era stato c o s lr e lt o sotterrarla . Avendo dunque dona all* oscura notte Carichia , co sa tr a utnane chiarissima, correndo s e n e i torno a Tiamo , e lo r it r o v o fie r mcntc acceso alia battaglia, c h e in si

cur& sufficente, cb* ei debba esserci fedele. Laonde s* ei mostrasse talora itct qualche sospetto, non le cose nostre stessero di questa maniera, bisogna innanzi ad ogni altra cosa negare. Per ciocche alle volte e onesta anche la bo gia, quando giovando a chi la dice, non nuoce a cbi ascolta. Mentre Ca richia di queste e simili cose lo ammoniva, eccoti tornar correndo Cne mone molto afiaticato ; e mostrandosi nell* aspetto pieno di travaglio, disse: Teagene, io ti reco l*erba , to glij med icati, che ci conviene ad altre ferite e a pari fatiche essere apparecchiati. Pregandolo Teagene che e* gli facesse piu chiaro quello che cio volesse dire, non e , soggiunse egli, tempo di poterlo ora udire; perciocche bisogna che i fatti prevengano le parole. Ma seguitami or o ra, e seguitimi anche Ca richia j e presigli ambedue per mano g li condusse a Tiamo , e trovalolo, che nettava una celata, ed aguzzava un dardo, a tempo disse, sei intorno dl l armi; ma fa che vengano a te anco ra gli altri tu tti; perciocche io ho veduta una moltiludine di nemici cosi grande , che tanta non e ancor mai venuta piu contro di n o i, ed e tanio lontana , quanto si stende 1 altczza del vicino colie. Yengo correndo a recarti la nuova di questo impeluoso assalto, senza lasciare a dietro punto di sollecitudine; anzi con quanta maggior prestezza ho potuto navigando in fin qui, son venuto ad avvisarti, che tu ti metta in punto. Tiamo rivolto a queste pa role, domando dove fosse Carichia, co me quegli che piu di lei che di se stes so temea. Cnemone gliela mostro, che tutta timida si stava sopra la vicina soglia. Ed egli trattolo da parte gli disse: T u prendi costei, e menala nel la spelonca, dove noi abbiamo i nostri tesori in salvo ; e messalavi dentro, e ricoperchiata l entrata secondo l usanz a , tornatene subito a noi, caro amic o . Della guerra lasciane a noi il pensiero, e rivoltosi ad un suo scudiero, gli comando che gli menasse un* ani mate per far sacrificio; acciocche sacri fice to agli D ii del luogo, potessero dar principio alia battaglia. Cnemone in

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L I B R O
:on Teagene di Incide armi arma:on bella oraiione csorlava ad onofatti coloro, che gia se gli erano nali d intorno: ed egli stando nel 0 ragionava loro in tal guisa. Vegsoldali miei, per piu cagion i che ion fa bisogno con parole spro, e prima, perche mi ricordo che ion solele mai temere di cosa al, ansi giudicate la battaglia esser t a ; e dipoi, perche la lungbezza ragionare ci sarebbe un tiatteni0 di non poter poscia pruibire il al non aspcltalo assalto dei neCertamente quelli, nei cui camno gia i nemici e a gara con ogni :zza non vi soccorrono , sono al piii negligent! e tardi di quello 1 conviene. V oi vedete che ora li mogli si par l a , ne di figliuoli; il cosa anche sola e stala alle volte le di muovere altrui la guerra he cio importa a noi cosi poco, ion bisogna farne parola j per* ie tante ne possiamo godere, quanvengono in poter nostro) ma maggioranca e della vita nostra ella; perciocche non in quelL che tra rubatori si costuma for{uesta battaglia, ne avia eziandio egua fine; ma o ri manor vinci0 morir prigioni saremo da ne costretti. Combattianio dunque emici nostri di maniera, che o no vincitori, o con esso loro, la0 la vita, cadiamo . Cosi detto, i>intorno del suo scudiero, e piu 10 cbiamo per nom e, che T e rsi facea cbiamare ; ma non lo vegin luogo alcuno, molto minac> , si mise a correre verso il porto; tcbe la battaglia era gia appiccata, evansi ancor da lunge vedere gli 1abitatori dell* entrata del lago estatti morire; conciosiacosache gli ori ardevano le navi e le abitazio11 coloro ch'essi uccidevano, e di eziandio che si fuggivano; e da passando la fiamma nella vicina N e appiccandosi alle canne, che erano in gran co p ia, si parava ti agli occhi con uno incredibile lore, una miserabil forma di sa e all o re c c h ie p e r v e n i v a u n c e r-

PRIMO

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to suono di plauso ripieoo; sicche l aspetto della battaglia era tutto ed udito e veduto. Sostcnevano gli abitatori con ogni forza e ardire il fiero assalto; ma i nemici, e per numero di genie, e per avcrgli trovati sprovveduli, era no di gran lunga superior! ; onde quelli che erano in terra gli uccidevano, e quelli ch erano nel lago, insieme con le loro navi gli sommergevano. Sentivasi per tal cagione uno strepito di co loro, cbe in acqua, e di coloro che in terra combattevano, e de feriti e deferitori insieme mescolato ; vedevasi il la go essere di sangue divcnulo rosso; combatlevasi in uno stesso tempo e con acqua e col fuoco. Tiamo vedendo ed udendo tai cose, incontanente gli torno a mente il sogno, nel quale gli parve di vedere Iside e il tempio di lampade accese e di sacrificati animali d ogni intorno ripieno ; c giudicando che le cose vedute in sogno fossero quelle stesse ch egli vedea, comincio a dichiara re il sogno tutto contrario a quello, che prima avea fatto ; cioe, che avendo Carichia non 1* avrebbe, perciocche gli sasebbe a forza tolta da* nemici, e che 1 uccidera, ne la ferita di coltello, ma ne anche secondo il costume di Vene re. Avendo dunque molto biasimata la Dea come ingannalrice, e ravvolgendo seco quanto gli sarebbe molesto se alcun altro divenissedi Carichia possessore; comando a coloro , ch erano seco , che soprastessero alquanto, e che in quel men tre si disponessero per tutti i luoghi opportuni, dicendo loro che bisognava rombattere scorrendo intorno all isoletla , e stando nascosti nella palude, che gli cingea d intorno, fare occulti assalli; percioccbe in tal guisa si potrebhe agevolmente resistere alia moltitudine de* ne mici; ed egli quasi andasse a cercare di Termute e a porger prieghi agli D ii do mestic!, non consentendo che alcuno lo seguisse , frettoloso al suo alloggiamento si rivolto. E veramente difficile a rimuovere il costume e volere de* barbari da quello, ch ei si mette in cuore di dover fare, ancorcbe vi conosca la sua manifesta rovina . Comune natura e di tutti gli amanti, o di non abbandonarsi mai nl* ancora nella morte, o dalle ne-

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T E A G E N E

C A R I C H I A
Ma egli aiutandosi il piu che potea, t con un* asta in mano or questi ferendo or quelli uccidendo, facea quivi maravi gliose p rove5 perciocche nessuno vi avea, che ne da lunge nfe d*appresso lo ferisse j anzi tutti cercavano con ogni lor polere di prenderlo v iv o . Ma egli gagliardamente buona pezza si difese, insino a tanto che piu insieme messegli in un tempo le mani addosso, lo privarono dell* asta j e gli tolsero eziandio l aiuto del suo scudiero, il quale, valorosamente nel vero comhattendo, oiche gli parve essere ferito a morte, atosi alia disperazione, si getto per se stesso nel lago, e per la pratica del notare, fuggendo cOn gran fatica, alia palude si condusse ; e cio gli succedette, perciocche nessuno prese cura di perscguitarlo j conciossiache avendo gia preso T iam o, stimavano che l*intiera vittoria loro fosse la sola presura di lu i. E quanlunque privati fossero di tanti am ici, piu si rallegravano di aver vivo colui, che gli avea di sua mano uccisi,che non siatlristavano della mor te di loro, non tenendone piu conto alcuno. Ecco dunque cheappo i ladroni si fa maggiorestima de*danari che della stessa vita, e il nome d ell'a m icizia, e della parentela si difinisce nel solo guadagno, come si vede in costoro essere avvenuto , i quali avendo nelle mani i com pagni di Tiamo , che poscia s* erano rifugiati alle foci Eracleotiche, presero non picciolo sdegno d*esserne priv i, e si rammaricavano della perdita di tali spoglie, come di cosa lo r pro pria ; e radunate quelle che erano rimase nelle coloro abitazioni, chiam arono somigliantemente le circon vicin e ville a divider tra loro quelle robe c h e essi erano per lasciare; e dopo questo elessero i capitani di questo loro ap p arecchio. La cagione ch* eglino p re n dessero Tiamo v ivo , fu ta le . E ra in Menfi un suo fratello detto P etosirid e, Costui essendo minore, avea ad ing^n no tolto a Tiamo 1 * onore del sacerdo zio della profezia, contro gli ordini della patria ; ed avendo udito queste suo maggiore fratello essere capo d* al cuni masnadieri, venne in sospetto n o i offerendosigli qualche occasione to rn a v

miche mani e ingiurie liberarsi. Tiamo dunque dimenticatosi degli altri suoi tutti, damore, di gelosia e di sdegno ripieno corrcndq quanto piu poteva se n* ando alia spelonca , molte cose in lingua Egiziana con altre v o c i, dicen do; e incontratosi quasi in sull* entrata in una che parlava in lingua Greca, e a lei dal suono della voce quasi che per mano guidato, la prese nella testa con la sinistra mano, e con laltra per mezzo del petto vicino alia sinistra poppa le mise la spada ; laonde con miserabili e profondi gemiti miseramente giacque. Ma egli tornato a dietro, e rimandata giu la soglia, e sparsavi sopra alquanto di polvere, lagrimando disse: questi sono i maritali doni, che tu ricevi da noi: e quindi ritornato alle navi, trovo gli altri suoi, che veduti avvicinare i nem ici, s'appressavano di correre loro incontro, e Termute che tornava con una bestia a mano per sacrificare, e dopo averlo molto villaneggiato, disse: come egli avea ottimamente fatti i sacrificj ; e poscia sali sopra una nave egli e Termute e uno remigante, percioc che le navi del lago, essendo un solo ramo di grosso albero rusticamente cav ato , non potevano capirne p iu . Andavano Teagene e Cnemone insieme in un* altra nave, ed altri in altre navi e barchette, e cosi lu lli s erano messi iu punto. E poiche piuttosto girando, che direttamente navigando si furono alquanto dall* isola dilungati, fermarono i remi, e misero gli schifi in ordine nella fronte della battaglia, acciocche sostenessero 1*affronto de*nemici: ma essendosi fatti vicin i, ne potendo pur sostenere il primo impeto, gli altri tutti, alia prima vista degli altri avversarj, si misero in fuga, e ebbevi alcuni che non poterono pur sofferire il grido che si costuma fare nelle battaglie. Teage ne ancora e Cnemone si ritraevano, non fuggendo pero per timore. Ma T ia mo , o che si recasse a vergogna il fuggire, o pure che non volesse vivere dopo Carichia, si gitto solo nel mezzo dei nem ici; ed essendo g ii venuti alle mani, uno grido: Questi e quel Tiamo, ognuno gli sia addosso. Laonde volgendo le navi in giro se lo tolscro in m e u o .

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L I BRO
i patria, o che almeno il tempo iscopriue il suo inganno. Aveva i cio parimenti conosciuto, che 010 area quasi ferma opinione, i avesse ucciso T iam o, poiche i ii vedea mai. Egli dunque per ;ione avea mandato ia tutti i ri1 1 masnadieri, ed avea pubblicapromesso buona somma di dadi bestiami a chiuuque vivo lo nasse ; dalle quali promesse presi ni non si tolsero mai per lo ferlella battaglia il guadagno di ; ansi dopo ch*ei iu da uno di nosciuto, con la morte di molti ) vivo lo presero , e legato alia e lo mandarono, e fatte della ;nia loro due parti, una fu ta alia guardia di lu i, il quale

PRIMO

di questa da essi mostrataglt umanita graveraente si lagnava, e d* essere in U l guisa legato piu si sdegnaya, che della morte non avrebbe la tto . G li al tri si diedero a vagare per ris o le tta , acciocche cercando ritrovassero i suoi nascosti tesori: ma poichfe ebbero scorsa tutta, sensa aver lasciata parte alcuna che cercata non avessero, nes suno vi ebbe che ritrovasse quello, ch* aveva sperato, se cosa alcuna fosse rimasa nella spelonca sotterra nascosa. Laonde per la sopravvenente notte, che recava non picciolo timore a r imanere nell* isola, appiccarono il fuoco in quelle frascate; e temendo non essere insidiati da coloro, che se n* era no il giorno fuggiti, alle case loro se ne ritornarono.

LIBRO

SECONDO

ola adunque fu di questa ma bruciata; ma Teagene e Cne non s avvidero di tal danno , che * 1 Sole stette sopra la terra: che il giorno , illustrate da* raggi le, offuscava lo splendor delle del fuoco. Ma dopo che egli si, rimeno la n otte, la fiamma insaperabile splendore, poteva lontano esser veduta. Essi dunti per la notte ard iti, cavato il U a palude , e risguardando aper conobbero 1* isola tutta essere er delle rapaci Gamine. Onde e percotendosi il capo , e straoi i capelli, sia, disse, in querno strasiata la vita m ia; oggi tito e dimesso ogni timore, ogni ' ogni pensiero, ogni speransa, > o amore: Carichia e morta I e e morto I Infelice m e, che mi sono dimostrato v ile , in to sostenuto di disonoratamente * cercando conservarmi solo per d* te, dolce anima m ia: non piu, essendo morta t u , che eri

da me sopra ogni cosa amata. E que], che piu mi duole, hai fornito il corso. tu o , non secondo la natural necessity, ne in quelle breccia, che tu piu desideravi j a n si, o me infelice I sei stata preda del fu o co . Queste sono le faci, che 1 * empio Genio nostro in vece delle maritali ba accese. Queste banno con sumata umana bellexsa in guisa, cbe non v*e riinaso piu alcuno vero ornam ento. Che dunque mi resta altro , che uccidere questo misero corpo ? O crudele, abominanda, e invidiosa F or tuna, che novellamente m hai to lto , di poterla nella fine abbracciare, e m*hai privato degli ultimibaci, edeH*ultimo suo spiritol Mentre che egli cosi dicendo risguardava la spada, Cnemone sprowedutamente gliela tolse di mano dicendo : che vuoi dir questo, Teagene ? Perche piagni tu colei, ch e viva? Vive Ca richia, ed e sana; ma egli rispose: rendi, o Cnemone, 1 * animo agli sciocc h i, e a fanciulli con queste finxioni. Carichia e morta ; e tu mi hai priva to d*una giocondissima m orte. Allora

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T E A G E N E

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il tizzo in terra lo spense, e messesi amendue le mani agli occhi, e postosi inginocchioni si lamentava. Ma T e a g e ne non altrimenti che da alcuno a for za spinto, a lato al corpo della morta giovane caduto, molto strettamente l*abbraccio;e tuttora per tutto abbraccian dola piu strettamente le s* accostava . Onde Cnemone conosciutolo tutto es sere in poter del dolore, cd esser n e l 1' affmno sommerso; e temendo nou egli uccidesse se stesso, toltogli nascosamente della guaina la sapada , ch e gli pendea dal fianco, e lasciatolo solo, cor rendo se ne torno a raccendere i tizzo ni . Teagene frattanto con m iserabili e acerbe strida lamentandosi d ic e v a : O insopportabil dolore, o calamita fatale 1 Ma, per Dio, quale insaziabil fu ria e cosi ebra de nostri danni d iven u ta, ch e ci ha dalla propria patria sbanditi; c h e ci ha ne pericoli del m are, e de* C o rsari trattenuti; che ci ha in poter de* la droni tante volte dati; che c i h a in somma di tutte le fortune n o stre privati ? ed ora quel bene, che solo in vece degli altri tutti ci era rimaso , c i e an ch esso stato tjlto . Carichia e m o r ta ; quella che sopra ogni cosa e r a a me cara, e stata per le nemiche m a n i u ccisa. Ben mi e manifesto, q u a n to ella fosse ardente in ritenere la in tie ra sua castita , come quella che a m e so lo si riserbava, e nondimeno morta la in felice, ne trae frutto alcuno d e lla sua tanta bellezza, come ne anche a m e fu mai di ulile alcuno. Deh! dolce v ita m ia , fa che io senta da te gli u ltim i so liti saluti; comandami, se ti re sta a n c o r punto di spirito, quello che io d e b b o p el te ultimamente fare. Ohime t u ta c i; quella bocca, che solea re n d e re , e di< chiarare le risposte degli D ii , e d a p e r petuo silenzio occupata; e le la m p a d e e le faci sono da una continua o s c u r il; oppresse, ed una impenetrabil c a v e r n : ora t accoglie in vece del te m p io , dov< soleano rendersi le risposte; e g l i o c c h tu o i, che di vaghezza e d i s p le n d o r tutti gli altri vincevano, sono d iv e n u i oscuri; li quali io , ne son c e r t o n o sono da colui stati ved u ti, c h e t i h uccisa. Ma dim m i, per D io , c o m e d e l bo io chiamarti? Sposa? ma tu n o n ci

Cnemone con giuramento affermando gli scoperse il tutto. II comandamento di T iam o; la spelonca; che egli la ci avea messa dentro j che la natura della grotta era tale, che non era da temere che *1 fuoco, impedito dalle molte ritorte, potesse nel profondo d essa penetrare. Tutto riavenne Teagene a questo pari are j e molto d andar verso l isola s* aifrettava, conteinplando con la mente lei assente; e fingendosi la spelonca dovergli essere in luogo di ca mera ; ne sapea l infelice quali in essa dovevano essere i suoi p ian li. Sciolsero dunque, fatti volontarj remiganti, e con gran prestezza navigando scorsero nell alto, perciocche nel primo sforzo con le v o c i, come delle masse si costuma , fu da essi la nave spinta, quasi un sasso da una fromba lanciato; ma subitamente furono ora in qua, ora in la trasportati, come quelli, che per la poca pratica non s accordavauo a remare; ed ancora perciocche il vento soffiava loro all* incontro. Nondimeno la prontezza dell* animo loro viuse ignoranza dell arte; e alia fine con gran difiicolla, e con non poco sudore saccostarono all isola; e quanto piu pre sto polerono, corsero alle frascate, le quali trovarono gia tutte arse, che alle sole vestigie si riconoscevano, e hi pietra, cioe le soglia ch era coperchio della spe lonca, che poteva chiaramente vedersi; perciocche il vento impetuosamente in quelle abitazioni soffiando, (e come quelle ch erano di sottili canne della palude conteste ) con 1 impeto quasi a prima giunta accesele, ugualmente manifestava tutto quello, che gli soggiaceva. Ma la fiamma rimasa tosto spenta, e in ce* nere risoluta; e della quale gran parte fu dall impetuoso spirito qua e la sparsa, e quelia poca che vi rimase fu tulta dal soffiar del vento consumata , e di sulla strada gettata; essi dunque ritrovati alcuni tizzoni mezzi arsi, e con quelli racceso il rimanente delle canne, e aperta la porta, scesero nella grotta, andando innanzi Cnemone; ne essendo ancor molto innanzi passati, subito Cne mone ad alta voce gridando, disse: O Giove, che sara questo? noi siamo del tutto disfatti, Carichia e morta. Gettato

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sposata. Moglie? ma (u non arevi ripreso spirito, e cominciando a sperar provatoglimaritali abbracciumenli. m eglio, richiamo lo smarrito Cnemo dunque ti chiamerofqual altro no- n e , pregandolo che quanto piuttosto resla a salutarti, che quello, che a- potea, lo conducesse a Carichia. E g li tutti gli altri di dolcessa, cioe, Can dunque, dopo alquanto di spasio ria3 Carichia, abbi pur ferma fede d*a- vutosi, di nuovo ritorno a vedere la l fedele amante; ne fia molto che tu morta giovane, la quale era veramen braccierai. E d ecco che per te sa te Tisbe j riconobbe ancora alia raaniiero me stesso agli D ii infernali; ca la spada, che era caduta quivi non gero il mio a te si caro sangue; lontana, perciocche Tiamo uccisa che sia roxsa spelonca sara sepoltura ebbe la giovane, tr* per il travaglio e indue n o i; e se la invidiosa Por per la fretta gliel'avea nella ferila lation lo ci ha in vita conceduto, sciata. Toltale ancora una certa lette i almen lecito dopo morte essere ra di seno, che d i eotto il braccio le senza sospetto alcuno. E cosi sporgeasi alquanto in fuori, comincio lo, mise la mano per trar afuor la raccontare quello che v* era voler ; ma non rilrovandola, grido: O dentro scritto: ma Teagene non aven one, tu m* hai disfatto , e hai non do ancor bene acquetata la mente, an a iogiuria fatta a Carichia, aven- ti iamo disse, prima a ritrovar la mia ;ia due volte tolta la sua dolcissi- carissima Carichia , se pero qualche Dempagnia. Mentre che egli cosi se- raonio non ci ordina di nuovo qualche nuo ionava, fu dagli ultimi luoghi della va l>efia: dipoi potremo vedere quello, che ca udita una v o ce, che chiama- sia costi dentro scritto. Cnemone cosi fece, agene. Ed egli uditala, sensa pun- e portata seco la lettera, e presasi la iventarsi disse: io verro, dolce spada, con fretta s* avviarono verso mia, assai ben da te conosciu- dove era Carichia; ma ella a quello ; ancora vai sopra terra errando. splendore, con le mani e co* piedi vit o , non solo accio il tuo corpo rilmente ajutandosi corse loro incon ia dal mio lontano, da cui e sta- tro, e buona pcssa dal collo di T e a rorza divelto ; ma ancora accio, gene pendendo, dicea : io pure ti ablo noi forse insepolti, sia insie- braccio, Teagene. E d egli bene spesso > n teco priva d* entrare tra le in- le replicava: tu pur v iv i, Carichia . i ombre. Ed essendo iu questa E alia fine senxa avvedersene caddero ;giunto Cnemone con le faci ac- in terra, stringendosi insieme, taciti n mano , fu di nuovo udita l istes- in vero, ma non altrimenti che siparce che chiamava Teagene. 11 che lassero; e poco vi manco che non mo0 udito Cnem one, gridando dis- rissero afiatto. Cosi dunque bene spesso D ii, non e quella la voce di addiviene che la soverchia allegrexbia ? a me pare ch* ella sia viva , sa si iivolge in tristessa, e lo smisucche dallo stremo della spelonca, rato piacere si trae dietro di gravi afquella parte, dove io so che la fanni. D i che costoro, oltre la lor spei, questa voce viene a ferirmi g li ransa ritrovatisi vivi e sabi, fecero espe . Non ti rimani ancora, disse riensa , ne si risentirono m ai, insino :ne, di cosi spesso ingannarmi? a tanto che Cnemone, stussicata una soggiunse Cnem one, se noi tro picciola venarella, e raccolta nel conio questa che qui giace morta es- cavo delle mani 1* acqua, cbe a poco aricbia, io confessero ingannarti, a poco gocciolava, riconforto loro il sere insieme ingannato ; e cosi di- viso, e stropicciando loro continua1rivolto la morta giovane col viso mente il naso, ravvivo in essi gli i e vedutala grido: o mostruosi smarriti spiriti: ma essi, ritrovandosi >nj, costei all* aspetto mi par T i- inavvedutamente cosi insieme abbrace ritrattosi alquanto in dietro , ciati, e distesi in terra, non poco per ppreso da timore , res to come in cagion di Cnemone s* arrossirono; e to. Teagene per queste cagioni massimamente Carichia , veggendo che l6 XROTICI

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egli era ad ogni cosa stato presente; e Jo prego che volesse dargli perdono: ma e g li, sorridendo, e confortandogli a star piu allegrl, disse loro: Queste sono cose non solaraente appresso di me lodevoli, ma appresso qualunque altro giudice, il quale abbia con Amor conlrastato; e essendo facilmente nella battaglia stato vinto , ba molto ben conosciuto gli amorosi accidenti essere inevitabili. Ma nen posso io gia in modo alcuno lodarti, T eagen e, di quello, di che ti giuro, che veggendolo, mi vergognai; quando tu caduto a lato a quella donna morta, con cui non avevi a far nulla, vilmente piangevi. E que sto facevi affermandoti io costei nou esser morta , anzi vivere quella , die da te e sopra tutte le cose amata . D e h , rimanti per D io , Cnemone, dis se, egli di accusarmi dinanzi a Carichia, la quale io nel corpo altrui piangeva , stimando che quella morta fosse costei. Ma poiche quai si sia degli D ii ci ha i'atto palese questo errore, fa che ancor tu ti ricordi della istessa v ita , per cui prima di me de* miei danni piangevi , c da colei, che tu iuor di tuo credere morta conosccsti, non altrimenti che da Demonj fuggivi; ed essendo armato e con la spada in mano, d una donna, e quella morta, ti spaventavi, o valoroso ed Ateuiese soldato. A questo ragionare mandarono quasi a forza iuori un breve riso , il quale non fu pero senza qualche lagrima . Ma dopo che in tanta calamita ebbero assai pianto, Carichia avendolo alquanto intermesso, e slropicciatasi la guancia sotlo 1 oreccbia; io, disse, mi stimo beata, essen do stata pianta da Teagene, ed essendo amata, per quel che dice Cnemone, quanto alcun* altra mai fosse: ma se non volete che io d amore ferita prenda sospetto alcuno, fate che ad ogni modo io sappia cbi fu quella felice, fat ta degna delle lagrime di Teagene, e ancora che cosa t ingannasse facendoti abbracciare in cambio di me una che tu non conoscevi. Ben ti maraviglierai, disse Teagene; perciocche Cnemone afferma costei esser Tisbe quel la Atcnicsc, che cosi ben cantava del la cetra, che ordi <fuegli inganni con

tro di lui e di Demeneta . C a ric h ia a questo piena di maraviglia, ris p o s e : co me puo egli essere, C n e m o n e , che coslei del mezzo della G r e c ia , s i a co me a forza stata condotta neU u ltim e parti d E gitto; e come si n a sco se da n o i, quando scendemmo qua g i u ? di questo non ti saprei io d ir n u lla , risp o se Cnemone ; ma quello ch e in to rn o a* fatti di costei io posso d ir v i , e que sto . Essendosi (come io vi d i s s i ) D e meneta dopo T error suo gel ta la i n quel pozso; ed a vend one mio p a d re ra p p o rtato il tutto al p o p o lo , ed a v e n d o n e subito conscguito il p e rd o n o , d e lib e ro come meglio e potesse im p c tra rm i il ritorno nella p a lria , e m e lte r s i n a v igando a cercar di m e. T isb e d u n q u e , lattosi ozio dell* occupazion d i l u i , sen za timore alcuno nel co n v iti f a c e v a alirui per preazo copia di se e d e l l ' arte sua. E avvenga che A rsin o e, s o n a n d o di pifero, all altrui g iudizio 1* av esse viola e fallone divenire i l s u o nom e oscuro, ella s adopro s i , c h e i n breve sonando con l e i , e di le i p i u so avemente alia cetra cantando, s e n z a a w e dersene la si fe* em u la, a n z i l a mosse a non picciola invidia c o n tro d i s e . E maggiormente, quando un n a e rc a la n U padrone d una nave assai r i c c o 1 a c colse, e oltre a cio discaccio A r s i n o e con cui per 1* addielro av ea a v u l a di mestichezza. Questo fece e g li p e r c i o c che sonando ella di pifero , v i d e g o n fiarlese le guance, e per la v i o l e n z a p ii sconciamente intorno al naso a lz a r s i , i gli occbi divenir ro ssi, e q u a s i a for za essere spinli fuor del lu o g o l o r o Ella dunque di sdegno rip ie n a , e t u t ta d invidia struggendosi, a n d a ta s e n a* parenti di Demeneta fe* lo r o p a le s tutti gl inganni usati da T is b e c o n t r di lei; de quali parte ella a v e a p e r s stessa congetturali, e parte le a v e a T i sbe rivelati, per la dim estichezza c h e sc co avuta avea. Raunatisi d u n q u e c o s t o r insieme contro mio padre, ed a v e n d o c o molti danari tratti ad accusarlo p i u cl< quenti Oratori, con alle voci g r i d a v a n c Demeneta esser morla senza g i u d i z i o , s e t za essere stata convinta; e a f fe r m a v a Q o nome deU adulterio essere s ta to f i n * i per coperta dell oceisione; e d i o e v a n

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L I B R O

S E C O N D O
ta essere scndiero del loro Capitano ; costui mi tiene racchiusa, nfe lascia ch io cavi pure il capo fuor della por ta j e tiemmi, secondo ch* ei dice, in questa pena per l amor che mi porta; ma per quanto io posso comprendere, ei teme ch' io non gli sia rubata da al cuno: ma voile alcuno degli D ii, o padrone, che avvicinatoti tu al luogo dove io sto, io ti vedessi, e conoscess i ; e cosi nascosamente ti mando quesla lettera per questa vecchia, che abita meco, a cui ho detto, cbe la dia in mano d*un bel giovane greco, amico del Capitano. Trammi dunque, pa drone, delle costui m ani, e ricevimi per tua serva; e s'egli b di tuo piace re fa* ch* io viva, sapendo che se io mai ti offesi., fui costretta a farlo; ma a punir la tua nemica mi sono di mia voIontli mossa: e se pur sei d'immutabile ira acceso, sfogala contro di me come piu ti p iace. Voglino gli D ii ch* io divenga tu a , sebben poi me ne convenga morire: ch 'io amo meglio vnorire per le tue m ani, ed esser seppellita da un G reco , che sostenere vita piu che la morte grave, e volger l*animo ad amor barbarico, assai piu molesto dell* odio Ateniese. * > Questo b tutto quello che Tisbe avea scritto in quella lettera, la quale letta che ebbe Cnemone, disse: O Tisl>e quanto hai fatto bene a m orire, e rapportarne tu medesima la nuova delle tue miserie, porgendone la lettera dalle stesse tue piaghe. Cosi dunque perseguendoti la vendicatrice Furia (come e verisimile) >er tutto il mondo, non prima ritenne a giusta sferza, ch* ella ritrovasse in Egitto me, cbe fui da te ingiuriato, accioccbe mi facesse vedere la pena cbe gia contro di te avea apparecchiata. Ma dimmi, che era quello che ora di nuovo la giustizia ti ha tolto di mano, men tre che tu l*ordinavi contro di me, cer cando con tue lettere ingannarmi ? di maniera ch e, se ben tu sei morta, io bo di te non poco sospetto, e temo forte, non la morte di Demeneta sia una finzione. Certa mente quelli, che me lo scrissero, m* ingannarono. E tu ora errando per mare eri venuta qua per rappresentare contro di me in Egitto

convenevole palesar 1' adultero o ) morto ch ei fo s s e j e comandache almeao se ne pubblicasse m e ; e alia, fine chiedevano che ne dovesse venire alia prova; avendo loro mio padre promesn ve la potette condurre; perciocla avendo cio preveduto, non esancora spedito il giudizio, se ;gi al mercatante, di cni era di i domestica. Il popolo, benchfe gli questo assai grave, non lo connondimeno alia morte, come nel io si vedea ; ma compensate 1* in isate contro Demeneta con T inmio esilio , lo sbandeggiarono patria, e gli vendettero tutti i eni. Tale dunque fu il frutto cavo delle seconde nozze. Questa e fu la cagione, onde la pessima , che ora dinanzi agli occbi miei ;ata la pena def suoi fa lli, si parti ne; e questo e quanto io so di che mi fu scritto in Egina da to Anticheo. E quinci avvenne di nuovo navigai in Egitto, per se a sorte in navigando ritrowtessi, accioccbe riconducendola ne, liberassi mio padre da* soavuti di lu i, e dalle accuse fat )ntro, e domandassi la pena deinni usati contro tutti noi, i quali eme con voi vengo ora esami . Ma perche, com e, e che io in mezzo abbia sostenuto ,l*udirete 'a volta. Come Tisbe sia stata in questa grotta e da c h i, bisobe (siccome io credo) cbe qualche lo dichiarasse: m a , se vi p are, 00 la lettera, che le trovammo o ; verisimil cosa e che quinci ne iamo qualche cosa di piu. Piacque 1 questo; onde egli apertala la le cose scrittevi dentro erano tai Cnemone suo padrone la nei vendicatrice T isbe. Primieratu devi sapere questa buona nuova, morte di Demeneta j d i cui io nor tuo sono stata cagione. 11 se tu vorrai accettarml teco, raccontero a bocca. Dipoi ti di me oggi sono dieci giorni ch io trovo in questa isola prigioniera di questi ladroni, il quale si van

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allora che ei fu mandato da Tiwf acciocche conducesse un animale p er sacrificare , trattala fuor del suo allojgiamento , e volendolasi consemre, dentro nella spelonca la nascose; na per la fretta che il grave tumulto ri chiedeva , quivi all entrata vicim la lascio j dove come fu da prima m essa, fra per il preso timore, e per lo net aver notisia delle vie che conduceaso nel fondo della grotta, tutta m esta a rimase; e quivi ritrovatala Tiamo, co me se ella Carichia stata fosse, Toe cise. Termute dunque, scampato d ei pericoli della guerra , andando a ritrovar costei, come prima si fu all' iiola accostato, a pien corso alle firascaleft ne venn e, le quali non erano gia al tro che cenere . E ritrovata 1 eutnta, benche malagevolmente, non essen d o sopra il sasso , e raunate le canoe, alcune ve n erano accese restate, 3 piultosto che p ole, scese nella grotta, e chiamb Tisbe per nome , ne sapen egli altro dire che il nome di lei is lingua Greca j ma vedutala morta pi* cere , stette per buona pezaa tulto stordito. Pure avendo alia fine senlito as certo mormorio , e rimbombo, cbe < b i piu bassi luogbi della spelonca veoia, perciocche Teagene e Cnemone r* gionavano ancora insieme, stimo quelli dover essere gli uccisori di Tisl*: e da sdegno e ira a barbaro masoadioo convenevole, e allora per la infebet morte dell amata donna accrescinta, spin to d accostarsi a quei primi p sieri che prima gli vennero in m eele non pote rattenersi che non corra* verso lo ro . Ma veggendosi poi seon arm e, e sensa spada , benche mai io* lentieri, pur si raffreno alquanto; eU> mb essere miglior partito non aadai loro contro a prima giunta come * mico. Ma se poi gli fossero venote ar mi alle m an i, allora come nemici saltargli. E in questi pensieri si pin innanzi a Teagene ecompagni con fier e acerbo sguardo, facendo con la sp eti< manifesto il fiero volere che tenea oeS mente nascoso. Essendo dunque sopra| giunto quivi oltre ogni lor credere q it ' uomo ignudo e ferito , che mio* ciava loro con gli occhi la morte; C j

qualche tragedia con atlico apparato . Non ti rimani ancora , valente uomo, disse Teagene, di temere l immagini e 1* ombre 7 ne potrai ora dire che con incanli ella abbia befieggiato m e, e la -vista mia, perciocche io non veggio ora parte alcuna di finzione j anti costei giace in -terra, ed e veramente morta j prendi dunque, Cnem one, di qua ar dire. Io solamente res to di questo dub bioso e stupefalto, in pensare cbi sia stato quello di cosi fatto beueficio autore, che ha costei uccisa5 e com e, e quandolabbia qua condotta. Dellaltre cose non ti so io dfr nulla, disse Cne mone j ma uccisore, s' egli e lecito far congettura dalla spada , che trovammo vicina all uccisa, senza dubbio alcuno e stato Tiam o ; perciocche io conosco ch ella e sua a questo segno della manica, dove e stato scolpito uno Elefante e un Aquila . Sapresti tu di re , soggiunse Teagene, come, quan do , e per quai cagione abbia uccisa? Ed e g li: come potrei io saper queste cose , sebbene mi fosse di bisogno saperle ? perciocche questa spelonca, non essendo luogo d ' indovini, non me 1ha dimostrato, come e il tempio d* Apolline P itio ; e come nel tempio di Trofonio si dice divinamente rispondere a coloro , che vi vanno . Cominciarono a queste parole a sospirare e Teagene, e Carichia: e o Apolline P itio , o Apol line Delfico, piaogendo dicevano . D i che Cnemone riniase tutto stordito, ne sapea immaginarsi in che offesi gli aves se il nome di P itio : stavansi dunque costoro in questa guisa. Termute intanto scudiero di Tiamo , dopo che essendo nella battaglia stato ferito, notando si condusse a terra; essendo gik venuta la notte, trovata una navicella, che di quelle che non erano afibndate, fu vicino alia palude trasportata, e salitovi sopra , molto sollecitava di pervenire all isola, e a Tisbe. Costei, essendone menata pochi giorni innanzi da un mercatante chiamato Nausicle , fu da Termute rubata, il quale s'era posto in aguato in un certo difficil passo della costa d un m onte. Essen do dunque nato il tumulto della guerr a , e avendogli gik i nemici assaliti,

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ia spaventata, veggendosi apparito nti io cosi torbido aspelto uno ignuando a nascondersi ne* piu bassi hi della spelonca. Cnemone conodo Term ute, e veggendolo quivi d ogni suo sperare, e slimando i fosse per venire a qualche atlo convenevole , a poco a poco &i ri e anch* egli indietro. Ma Teagene solamente non fu per lo costui tto spaventato, ansi ne divenne piu 0, e incontanente a 1*0 la spada per lo , se egli cercato avesse cosa fuor dovere, dicendo: ferm ali, se non io ti feriro, e m i sono insino ad ritenuto di ferirti, conoscendo in ! cbe t u , non vieni con risoluto 0 contro di n o i. A questo Ter; g li si fe umilraente incontro, da isita spin to piuttosto , che di suo e divenuto um ile; e chiamo Cne! in ajuto , dicendogli, cbe ei non lava d' essere ucciso, non facendo ingiuria alcuna , ed essendo il io passato stato degli am ici, affer10 venirsene a loro come ad amici. imo Cnemone udendo questo; e tosene cola , lo fe* drissare, che r si stava abbracciato aginocchi di ;ene j e domandogli dove fosse T ia Ed egli gli scoperse il tutto j cogli si era affrontato co' nem ici, e ! non avendo cura alcuna ne di ne di se stesso , s' era combattendo to nel mexso d* essi: come egli nente sempre combattendo era ve in poter loro. Ed io , disse, senxa alcu n a, gli bo portata l asta, coJandomi egli cbe io da ogni fa m* astenessi j ma qual sia stata la de'fatti su o i, non vi saprei io dire, iocche essendo ferito, notando per1 a terra, e ora veniva alia spei a ceicare di Tisbe. Eglino allo11 domandarono, perche egli cercostei con cui egli non avea a far 1, e donde questa Tisbe fosse. G li isfece ancora in questo Term ute: xon to loro come 1 * avea rubata ad nercatante; e come egli n'era fiente innamorato j e cbe per ad o l avea tenuta nascostaj ma dopo ssi furono da* nemici assaliti, essa nella spelonca, e cbe ora

trovava cb ella era stata uccisa da al cuni , ma cbe e non sapea chi fossero, ma che volentieri intenderebbe chi l*avesse uccisa, e per qnal cagione. Cne mone allora con piacer grande di lui gli disse: sappi che Tiamo e stato quello che 1 * ba uccisa j e per levarsi da dosso ogni sospetto, gli mostro ia testimonio la spada ch' egli avea trovata eh era caduta della feritajla quale co me ei vide che ancor gocciolava di san gue , e cbe il ferro ancora caldo mostrava occisione essere poco innansi stata fatta j e conosciuto la spada essere di T iam o, di profondo cuore sospirando e dubbioso come il fatto stesse, fatto quasi dal duolo cieco, e mutolo, torno indietro per la spelonca: e pervenuto al corpo della morla, postole il capo in seno chiamo piu volte T is b e , ne mai disse altro , insino a tanto che non polendo piu il suo nome pienamente proferire, e a poco a poco mancando, senxa avvedersene s addormento. A Teagene, a Carichia, e a Cnemone parimcnte, avendo veduto tutlQ quello cbe cosi subitamente era quivi loro accaduto, pa reva di dover deliberare qualche cosa intorno a falti loro; ma la mollitudine delle passate m iserie, la disperaxione delle presenti, e il dtibbio dellavvenire, avea otfuscato loro il discorso e intelletto . D i maniera, cbe guardandosi Tun altro in v iso , ognuno aspettava che compagno dicesse qualche cosa ; e dopo alquanto senxa frntto alcuno chinarono tutti gli occhi a terra, e stati cosi un poco scotendosi il capo si riebhero, co'sospiri alleggiando alquanto la lor passione: a alia fine Cnemone si distese in terra, e Teagene si appoggio ad una pietra, e Carichia si pose a giacere sopra di lu i: e desiderosi di trovare ai presenti afianni qualcbe consiglio, scacciavano da loro il sonno cbe gravemente gli assaliva j pur vin li dall'afflixione del animo , e dalle fatiche del corpo, benche mai volentieri ubbidirono alia natura, e per la soverchia lassexxa fu rono vinli da un piacevole sonno. Co si dunque alle volte avviene, che le aiBixioni del corpo, e le potense del anima sono costrette a consentire inlieme; ma dopo cbe ebbero dormito

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ctato l autore della tua generazionej perciocche la congiunzione, ed amicU zia degli occhi ( siccome & verisimile) ne rappresenta il padre e la madre. D eh l come bene i sogni ne porgono un chiaro sentimento , che ne reca in nanzi le cose in guisa che le possiamo apertamente vedere. M i sarebbe grave ancora questo, disse Carichia; nondi meno riesca vero piuttosto questo, che quello; e voglia Dio che vinca il parer tuo , ed io sia stata falsa dichiaratrice. Il fatto sta pur cosi, disse C n e mone , e bisogna crederlo. Ma e mi pare che noi veramente sogniamo, discorrendo sopra i sogni, e le visioni a pericoli che abbiam avanti non diamo pure un picciol pensiero; e massimamente, mentre c i e lecito, per questo Egiziano ( accennando Termute ) il quale dolendosi , e rinnovando i gia morti am ori, e venuto m eno. Preso dunque il parlare T eagene, o Cnemo n e, disse, poiche qualche u no degli D ii ti ha congiunto con esso n o i, e ti ha fatto nostro compagno nelle infelicila, comincia prima a dire il parer tu o , perciocche tu hai di questi luog h i, e di questa lingua gia per uso notizia; le quai cose convenevole e che noi sommcrsi in un terapestoso m are d infinili mali non sappiam o. C n e mone dunqne stato alquanto sopra di se, cosi comincio: E non si puo ben discernere, o Teagene, quai dt noi sia piu d alfanni rip ien o ; p e r ciocche la fortuna ancora a me assat abondevol copia di miserie ha sopra il capo versata; nondimeno com andandomi voi, che io, come di raaggiore e ta , debba sopra i casi nostri discorrere, v i ubbidiro . Voi dovete sapere che q u e sta isola, e questa solitudine, d ove c altri che noi, e d oro, d* argen to , e di ricche vesti abbondevolissima. S o n o vi tutte quelle che noi rubammo a v o i , e quelle che Tiamo e gli altri su o i a d altri hanno involate e qui riposte; d e l1 c biade e dell altre cose all* uso n e cessarie, non v e neppure il n o m e . Ondc rimanendo, da una parte e p e ricolo di non morir di fame, e dall* a l tra di non essere assaliti, ovvero d a i nemici) se di nuovo torncranno, o w e -

alquanto t e tanto, quanto avessero un poco sgravate le ciglia, apparve a Ca richia che quivi con lor giaceva, que sts visione. Parevale dunque che un uomo di rabbuffate chiome, di torto sguardo, con le mani insanguinate, ircotendola con una spada le cavasse occhio destro; ed ella con alte strida dicendo esserle stato cavato un* occhio, chiamo Teagene . Ed egli subitamente rivoltossi a quella voce, e come se in sogno avesse il tutto conosciuto, di questo suo mai si doleva . Ma ella messasi la mano al v iso , e trovando esservi intiera quella parte, che in sogno perdula aver le parea, e conosciuto esser sogno, disse: non ti doler, T ea gene , che egli e stato sogno, e oc chio mio e intiero e sano. Udendo questo Teagene, tutto rinvenne, e d , o quanto ben fa i, disse, conservando sani codesli tuoi occhi, anzi raggi di Sole. Ma dimmi che di male senlivi tu? da che timore eri tu soprappresa? e mi pareva, disse ella, che standomi 10 a giacere sopra le tue ginocchia, un superbo ed ingiurioso uomo con la spa da in mano e con ingiuriose parole assalendomi m avesse cavato 1 occhio destro ; e volesse D io , o Teagene, che questa visione avesse avulo effetto, e non fosse stato sogno. Augurati meglio disse allora Teagene. Ed ella : certamente che molto meglio sarebbe chio fossi priva d un occhio, che dover star dubbiosa intorno a fatti tuoi ; percioc che temo non poco non questo in so gno si rovesci sopra di t e , il quale io ho sempre slimato il mio occhio, la mia aniraa, anzi me stessa. Allora Cne mone ( perciocche, destatosi alia prima voce di Carichia, avea tutti questi lor ragionamenli uditi ) ta ci, disse, che a me pare che questo sogno debba allramente intendersi: e domandolle s ella avea il padre e la madre, ed affermando ella di s i , se gia non erano dopo la sua partita morti. Sii dunque certa, diss egli, ch egli e morto tuo padre. 11 che io conosco per queste cagioni: perciocche essendoti egli venuto davan ti in questa vita, che qui cosi miseramente meni; ed avendo presa parte della luce tu a , ci fa sapere ch egli e

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smarrito, e perchfe mentre pH riferiva quello che avea detto lo Egisiano, mo strava manifesti segni di timore; tu, disse, nel consigliare sei saggio, ma in dargli cffetto sei troppo timido: io ti conosco, e per altre volte, ed ora maggiormen te . Ma agutsa, per D io , 1 * ingegno | indrissa animo alia viril fortessa. Non vedi tu che questo tempo richiede, che dobbiamo accordarci con costui, per andar seco, accio che egli non prenda sospetto alcuno della nostra lu ga j ne devi tu temer di cosa alcuna essen do armato; perciocche uno armato non ba da temere d* accompagnarsi con uno sensa arme; e potrai molto bene prendere occasione di nasconderti, e lasciarlo ; venirtene a noi cola, dove sara tra noi ordinato; e ( se ti pare ) diamo ordine di ritrovarci oggi in qualcbe vi cina villa , se alcuna ne sai . Parve a Cnemone ch* egli avesse ben detto e risposegli: egli e una villa ricca e ben popolata, chiamata Chem m i, posta in un colle sopra le scoscese ripe del N ilo, presso a*ripari di questi bifulcbi, ed elontana da quest*isola poco meno di cento stadii. Ma bisogna awertire d*andarvi su bito innansi messo di. Parve a Teage ne questa cosa molto malagevole, so lamente per cagion di Carichia, che non era avvessa andar cosi lontano a piedi. Nondimeno disse: anderemo dun q u e , e ci fingeremo poveri, e mostreremo d* andar mendicando per vivere. Cosi mi piace, per D io , disse Cnemo n e , e tanto p iu , quanto voi siete d*aspetto molto spiacevole e strano; e mag giormente Carichia a cui diansi fu cavato un occhio, ed a me pare cbe, es sendo voi tali, dimanderete non del pa n e , ma chiederete piuttosto donne e vasi. Risero a questo parlare, ma fu il riso brieve, e sforsato, e venne sola mente infino alle labbra. Raffermato dunque il tutto con giuramenti, e chiamati volontariamente gli D ii in testimonio di non dover mancare giammai, fecero come avevano determinato. Cne mone dunque e Termute all* apparir del Sole u&citi dall isola pervennero nel fondo d una certa selva, dove erano due strade. Andava innansi T erinutc, perche cosi gli diceva e volcva

a quegK, che sono stati io nostro ; li quali essendo consapevoli de'teche sono qui dentro nascosi, se n o ad uno insieme raunatisi qua ubargli se ne verranno, non poiD alcun modo fuggire, che non mueramente uccisi; o il meglio wenirne possa, che non siamo ni loro ingiuria sottoposti . Perie questi bifolchi sono gente ined ora maggiormente, essendo ?osa il lor Signore , il quale (con soler loro) gli faceva vivere piu atamente. A noi dunque convie sciar questi tesori , e fuggir da i isola come da Jacci e prigione; endo pero prima da noi Termute pretesto di mandarlo a spiare, e gni diligenza investigare, s*ei poiotendere alcuna cosa di T iam u . ccbe e piu agevolmenle potremo ii noi discorrere e fare tutto quello ara di bisogno; ed oltre a cio uo essere se non buono levarsi ii un uomo di natura instabile, le, e di perversi costumi, sensa 'li ha per cagion di Tisbe qualspetlo di n o i, ne lascerebbe qual ; gli venisse occasione, di tenderci Piacque questo parlare, e fu rato che cosi dovesse farsi: e coido esser gia apparito il giorno , inti alia bocca della spelonca, e > Term ute, il quale era tutto in del sonno, e deltogli il tutto seche dettava loro il desiderio, faile, come quello, che picciola leavea , lo trassero nel parer loro, dunque il corpo di Tisbe in una e copertala in vece di terra con ere delle frascate; e come pote 1 meglio fatte , secondo che si riva, le solite ceriraonie; ed in luo)gni funeral pompa sparsi in ouor assai pianti e lam enli, mandarono ale a quello fare, che gia avevano linato. Ma egli non molto dilunga; ce ritorno dicendo, chei non vo indarvi solo, ne esporsi ad un ilto pericolo di spiar di Tiam o, Cnemone non volesse anchertecipar di questo afiare. Tcageiq u e , risguardando verso Cnemoic a questo parlare s'era tulto

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mo contro di lu i, ne si potea toglier mente il sospetto che avea preso di Ini, ch* egli avesse uccisa Tisbe, e peusan come potesse a qualche tempo ammasur lo; e si consuraava di rabbia in ranolger seco , come dopo costui potesse poire insidie ancora a T iam o. Ma dopo cb e Cnemone non appariva in luogo akuno, sopravvenuta la notte piuttoto ckei non avrebbe. voluto, addormenUtoa, dormi un crudele ed ultimo sonno; perciocche morsicato da un aspide, for se per voler del ato, ebbe il fine alia sua vita convenevole. Cnemone, la sciato che ebbe Term ute, non prim ritenne la fuga che le tenebre < M la notte sopravvenute raffirenassero Tie petuososuo corso. Yolendosi dunque n* scondere da colui, chegli f u g g e n d o area addietro lasciato radunate dove ei to lea fermarsi quantepiu foglie pole, w tie quelle si pose a giacere: dove il piu delb i notte senza dormire con suo gran d sagio trapasso: tutto quel ch* ei sentin, ogni picciol mormorio, ogni m ovim eolo di vento, ogni dibattimento di frow b, stimando che fosse Termute. E se re egli era talora da brieve sonno v in to gli parea di fuggire, e spesso vollaa indietro, e veder colui che in o d e alcuno non lo seguiva: onde so p ra giungendolo il sonno, si aslenera dormire, benche molto dormire k * derasse, per non sognare cosi m otet1 sogni che gli rappresentavano la p ** sata verita. E gli pareva ancora ek e non poco affanno gli recasse la notte* la quale egli stimava che fosse dell *1 * tre piu lu n ga. Ma poi chegli *< * * veduto apparire il giorno, tutlo al* gro primieramente si tonde il *yer^f dei capelli, e quanto avea da bifol chi apparato piu alia forma deJadw oi convenirsi, acciocche non fosse for ; dabile, e sospetto a coloro, cbe in fa si fossero incontrati: perciocche i M ot chi per esser piu formidabili si i capelli insino sopra le ciglia, * 8 " altri che aggiungano nelle spalle, tatn scarmigliavano: perciocche molle k** conoscevano, che i capelli m ortra tutti lieti coloro che attendono all'a* r e : e fanno piu orribili coloro, cbe1

Cnemone j e sotto pretesto che egli per isperienza aveSsc de luoghi piu difficili del paese nolixia, avea lasciata a lui la cura di guidare. Ma essendo gik per lraono spazio andatogli dietro,aspettando tuttavia con pronto animo il tem po di dover fuggire, andando sempre piu innanzi, s* abbatterono in alcune greggie di pecore. 1 pastori ratti se ne fug girono, e si nascosero nel piu folto della selva, ondessi ucciso un montone, chera una delle guide delle greg gie, e cottolo al fuoco, ch* era quivi da pastori stato acceso, si saziarono di quella carne; e furono dalla fame sollecitati di maniera, che non polerono aspettare che fosse a sufficienza arrostito, ma non allramente che rapaci lupi, anzi cervieri, benche poco avesse del fuoco sentito : continuamente straziandolo, lo divorarono; onde mezzo cotto in mangiandolo distillava loro il sangue su per le guancie. Ma avendo alia fine abbaslanza mangiato e bevuto molto ben del latte, al gia cominciato cam mino se ne ritornarono. Era gia venuta la sera, quando, essendo pervenuti so pra d* un colle, a* pie di questo, disse Term ute, e una villa , dove io stimo che Tiamo essendo stato preso, o sia ritenuto prigione, o sia stato ucciso. Finse allora Cnemone che per lo troppo mangiare, il ventre se gli fosse tut to commosso, dicendo che per aver bevuto quel lalte polea difficilmente rattenersi; onde comando a Termute che s avviasse innanzi, che egli tosto lo raggiugnerebbe; e cosi facendo una ed altra volta, la terza volta, come avea promesso, tornando disse, che con gran iatica P avea raggiunto. Ma avendolo gik avvezzo a questo suo uso, essendo rimaso addietro, finalmente si nascose: e traversando pe luoghi piu malagevol i , fo lti, e scoscesi, quanto pote piu tosto se ne fuggi. Termute essendo gia gtunto nella cima del eolle, si fermo sopra d un sasso, aspettando la sera , e la notte ; perche siccome erano convenuti, di nolle doveano an. dare alia villa , e diligentemente investigare quel che fosse di Tiamo ; etava ancor risguardando d* intorno se vedesse apparir Cnemone in luogo al cuno . Bench* egli a v ea u q pessimo ani

ladroneggi esercitano. Tagliit** D fl*

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Inemone i capelli tanto , qoanto convenevole ad uno che essen ladroni piu delicato, non pero studio sopra \i ponesse, con osi passi se ando verso isola emmi, come s era con Teagene auto. Ma essendosi gia egli avto al Milo, e volendo passar di andar verso C bem m i, vide un uomo vecchio che slandosi in iva spesso andava in giu ed in ir un certo spazio passeggiando, Itramente che s ei ragionasse col d alcuni suoi pensieri: la chioa era lunga, qoale a persone sa conviene, ed era tutta bianca ; ba eziandio folia e lun ga, accrela sua venerabil presenza; la stola re sue vestt s accosta vano mol usanxa de Greci. Cnemone dunrmatosi alquanto, e perciocche chio, passeggiando- in giu ed in on mostrava di avvedersi se fosse lcuno, ed essendo tutto io que'suoi ri occupato, con la mente a quel Uendeva che la fantasia li poneva ; aodatogli incontro, e paratolinnanzi amichevolmente lo saliceodogli ch' ei fosse felice. Ed uon e possibile , disse , poiche una non me lo concede. E Cnemaravigliato, dimmi disse, o foa, sei tu G reco, o donde? Ed 3 non sono Greco, ne forestiero, questa v illa , e sono Egiziano. mone : come dunque porti la id usanza de Greci? L a mia svendiss e g li, m'ha sforzato a pren testo abito. Maravigliandosi Cneche alcuno possa nelle calamita ere a pu lirsi, e pregandolo che e dicesse la cagione: T u mi relisse il vecchio, a raccontare gli i di Troia; e cerchi udire un o nomero di m ali, ed un altisimbombo, che da quesli nasce. Ma i, o giovane, dove vai? donde vieni? e essendo in Egitto usi la lin rreca? Ella e da ridere, disse one, poiche, avendoti io domantrima decasi tuoi ne avendomene ta parte alcuna, cerchi aver no le fatti miei . Ed egli, ei non e li proposito, poiche (siccome io
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stim o) tu sei Greco, e qualche arversa fortuna (come e verisimile) ti fa mu tare abito : e poi tu desideri di sapere i fatti m iei, ne a me rincresce di raccontargli cosi a te come a ognuno. E forse ( come e nelle favole) gli averei detti a queste canne, se non mi fossi in te abbattuto. Scostiamoci dunque dal N ilo , e da queste sue rive ; per ciocche dovendo il ragionamenlo no stro essere assai lu n g o , questQ luogo non sarebbe troppo piacevole da starvr ad ascoltare ; e massimamente ardendo gia il Sole nel mezzo giorno; e andiamo a quella villa , che tu vedi che ci giace al dirimpetto, se gia qualche piu importante afiare non te lo vieta; percioccbe io solamente quando ti torni bene, ti ricevero meco, e non per alcun mio utile, accettando tu , come io te ne priego, i prieghi m iei; e da me vo lendo intenderai le mie disavventure, e tu all incontro le tue mi racconterai. Andiamo, disse Cnemone , perciocche 10 sommamente desidero di far la via di codesta v illa , essendomi convenuto con alcuni miei amici di dovergK qui aspettare. Saliti dunque sopra una nave (che molte quivi stavano legate ed andavano intorno alia riva ondeggiando , apparecchiate ad uso di portar per pre** zo da una riva allaltra) pervennero alia v illa, e quindi alia stanza, dove abitava il vecchio; ma non v i ritro^arono 11 padrone. Furonvi nondimeno allegramente ricevuti, e dalla figliuola del padrone , che gik era da marito, e da quante altre fanciulle erano in quella casa, perciocche faceano stima d elloste loro come di padre; il che faceano (siccome io credo) tratte dalla cupidita del guadagno, e una di loro gli lavava i piedi, netlandoli dalla polvere ; un altra gli aveva cura del letto, studiando ch egli delfcatamente giacesse. Quella portava la caldaja con 1 acqua, cd accendeva il fuoco ; e altra apprestava la tavola, apparecchiandola di pane ed altri c ib i, e d ogni sorte di frutti se condo la stagione: di che maraviglia tosi Cnem one, o padre, disse, la inemendabile servitu^ e 1 *animo tanto be nevolo cbe ci si mostra, mi fa credere che noi siamo capita ti nel regale par

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in onor di loro quelle lagrime, qua un altro sacrificio. Maravigliossi Cn mone udendo que' nomi j e risguardai il vecchio dal capo a' piedi, cbe di tu? disse, sono dunque tuoi figliuc T eagen e, e Carichia ? Son o, disse g li, nati d i me sensa madre; percio che gli D ii me gli diedero in sort) e il desiderio c h 'io aveva in men d'aver figliuoli mi gli produsse j e l'a fezione grande, ch' io gli portava, o cupo il luogo della natural creaiion Onde essi, mossi da queste cagion rat riputavano e chiamavano padre. 1 t u , dim m i, donde hai avuta notii di costoro ? non solamente gliconoK diss' e gli, ma ti so dar questa buo nuova, che son vivi e san i. O A p< lin e , disse allora il vecchio, e o Di Ma di graxia mostrami dove costor i n o , c h 'io sempre ti terro per cone vatore della mia v ita , e in quello oi r e , in cni sono gli D ii. E egli: C premio ne ricevero io? altro per < non posso, rispose il vecchio, che startene eternamente obbligatoj la qi cosa, secondo ch 'io stimo, da un i mo saggio deve essere stimata so] ogni gran dono. Ma se mai avvci ch 'io torni nella patria, il cbe do* tosto essere gli D ii mi pronosticao avrai da me tante ricchesae, che ti ranno piu che a sufficiensa. E G mone: tu mi dai cose che hanno essere, e sono incerte, potendo p raiarmi di quelle, che a l presente trovi. Mostrami, rispose il vecch se tu vedi ora cosa alcun a, cbe io i pronto: e sebben bisognasse spende parte del mio corpo, non mi pa levarne nullaj ansi stimero averlo tiero . Dimmi , soggiunse Cnemoi d onde essi sono, di cui figliuoli, me son qua venu ti, e quali siano s i loro accidents. T u avrai un prei lien grande, rispose il vecchio, e simile agli a ltri, sebben tu chiede e conseguissi i denari di tu tti gli m ini. Ma ora atlendiamo a preo alquanto di cibo; perciocche piu lu tempo bisogna, a te per u d ire , e a per radcontare : mangiando dunque le noci, de' fichi, dei datteri al colti, e d altri simili fru tti, de q

lazao di Giove ospitale. Nob di Giove, disse e gli, ma d 'u n uom o, che coa ogni diligensa prende la cura de forestieri, e de'bisognosi. Perciocche, figliuol m io , ancor egli la falsa vita mercantesca, e molte citta , i costumi ed animi di molti uomini ha per esperiensa conosciuti. O nde, come tu v ed i, non sono molti giorni che insieme con al cuni altri me povero e vagakondo, ha costrettci ad akitar coa esso seco. Ed egli: dimmi padre<, perche andavi tu cosi vagando, come tu diei? Avendom i, dise egli, certi ladroni rukati i miei figliuoli, e conoscendo io coloro, che mi hanno fatta questa ingiuria, ne potendo valermene, me ne vado per que sti luoghi errando, e eerco colamenti sfogare il mio dolore } e son simile fatto a quegli uccelH, a cui qualche serpe akkia guasto il n id o, e gli divori i figliuoli davanti agli o cch i, che temono d aecostarvisi, ne gli sosliene il cuore di doversi quindi p artirt; combattendo in essi parimente la pietk e timore. Onde tutti turkati volano d* intorno al nido; e eon materni lam enti, spargendo vani prieghi, assediauo le crudeli orecch ie, e cercano dindurre a pieta co lo ro , cbe naturalmente non la conoscono. Deh i v o g li, disse Cnemone, raccontarmi come , e quando sostenesti cosi grave battaglia . Un* altra volta, diss' eg li, cbe ora e tempo d'attendere a curare il ventre, e bisogna aver risguardo al detto d' Om ero, il quai di ce , che il lar cosa alcuna fuor del suo tempo- , e sensa alcun dubkio la rovina di quella. Ma noi primieramente, se condo il costume de'savj di E g itto , facciumo i sacrificj, ch agli D ii convengonoj perciocche non mi persuadera mai il dolore, ch* io tralasci questo co stume ; ne putra mai tanto in me la passione, cbe mi tolga di mente il rendere agli D ii li debiti onori. E cosi dicendo, si fece mettere dellacqua pura in un certo suo vaso , e d isse: Io sa crifice agli D ii penati; agli D ii di Gre cia , e particolarmente ad Apolline P i tio j e oltre a questi, ancora a Teagene e Carichia, i belli, e buoni; perciocchfe ancor questi pongo nel numero de gli DU. E cosi detto lagrimo spargendo

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dovesse teuere compagnia a tavola, e dovesse continuameate ragionar on la moglie d i lui delle cose de' Greci. V e dendosi dunque privo de'm olti dena r i, ch* egli aspettava avere per cagion di costei, v i mette ogni suo ingegno, e potere j e ha voluto esservi anchegli iu persona, pensando se per via alcuna potesse liberarmi i miei figliuoli. Ma Cnemone , ripreso il parlare, sia detto assai, disse, ae'B ifo lcb i, de*Governato ri, e de* Re. Perchfe a dirti il vero, io non m i sono aw ed uto, quando tu sei a lb fine 4ol parlare altrove trascorso. Nfe questo tuo principio accomodava cosa al proposito di B acco. T o r na dunque a parlare di quello che m*hai promesso; perciocche tu sai ben eh*io ti trovai vicino a Proteo d i F a re , e non quando e*si volge in fuggitivo , e ingannevole aspetto, ansi che cercavi ch 'io dovessi prima aprirti i casi m iei., Attendi dunque, disse ii vec chio, ch*io prima ti raccontero brevemente i miei accidenti: nfe adorn ero questo mio parlare, come tu credi; ma sibbene ti apparecchieri prima ad udire uu continuo, ed ordinario ragionam ento. T u devi dunque sapero, che la mia patria b Menfi. M io padre, e mio nome b Calasiride. L a mia vita ora fe errante e vaga 5 ma gik non b gran tempo io fui profeta. Ebbi mo glie , siccome le leggi della patria concedono; la perdei, siccome b costume della natura, ed essendo eUa ritornata all' altra v ita , mi vissi un tempo sen sa alcuna noja sentire, vivendo alle gro per due figliuoli, d ie di lei mi trovava. Ma e* non furono molti anni passati, che il celeste giro delle fatali stelle si volse contro di n o i, e oppresse nella mia famiglia 1* occhio priraier o . O pessima mutarione della mia felidtk: benche la nou si potea fug gire. E in questo mio affenno fummi alquanto giovevele quello , che in cost fatti casi suoi giovar nou poco, dok I averlo antiveduto; H che nou poco di refrigerio porse all* ardente mio dolorej perdocchfe, sappi, figliuolo, che sono insopportabili i mali nou aspettati; ma gK antivedttti sono piii agevoli a sotterire. Pereiocchfe siccome la

io costumava maugiarc j per a piu di une il variar de* cibi cagione di m orte, uuO beve ua, e altro ddl* acqua e del questi fa Cnemone; il quale se stato dquanlo, tu sai be adre, disse, che Bacco si rallle favole , e ama le oomme*ndo egli dunque venuto ora r meco, mi ba fatto pronto ad enca d ie sarebbe gia tempo d i irli il promesso prem io. E orconvenevole che tu accomodi alto nel tuo ragionameuto in he paia che si rappresenti iu E il veccbio: sta" dunque ad ai. Ma facesse almeno la forle il buon Nausicle fosse con , avveoga che , aveudomi egli icercato ch* io lor gli raceonti, Ita sensa cagione alcuna glielo li che egli assai sovente si turtnone, udito il nome di Nau>ve, disse, potrebbe egli essere egli : b andato a predare. D e3 egli di n u o ro , qual dovea jesta preda. D i ferocissime begginnse, le quali sono chiam ini, e bifblchi. Costoro sono ed fe molto malagevole il prenterciocche abitano in certe grotoghi dirupati dentro d una pauolsi egli di costoro allegando, banno rubata una sua innamoniese, la quale egli chiama T idisse Cnemone: e subito si quasi riprendendo se stesso. tndandogti vecchio quel chee , rivolse altronde il suo parIsse: M i maraviglio discorrendo :ome, e sotto il di cui favore a pensato assalir costoro. Oroon* Dggiunse il vecchio, governs per il grande R e . E per lo omandamento b stato eletto M i ipitano della guardia di questa quale Nausicle con mold da* iduce a questa impresa con camti in grande numero. Ne g li solamente che costei gli sia >ata, perchfe fosse sua arnica, e ente sapesse di musica; ma ancoae dovea menarla al Re degli accifc ( come egli afiermavft )

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mente del timor prevenuta, rimane volontario esilioj e cosi infelice abban- , tutta atienebrata, cosi avendo gia fatto donai la patria, e mi fei ubbidiente abito, si risolve , secondo il ragio- alle fatali necessita, concedendo loro nevole discorso. Trovand'/ini io dun che disponessero de*fatti miei, come iu loro piacesse j e insieme fuggii dal que in questi afianni, mi diede nelle odiosa Rodope. Perciocche io avea mani una giovanetta di T ra cia, d* eta convenevole, e di bcllczza non ad al tem uto, o oste m io, di non esser da trui che a Carichia inferiore, il cui colei , che allora nella citta era poten* ' nome era Rodopc j ne ti saprei io dire, tissima, vinto e astretto a far cosa, la d* onde o come con si avverso fato fug piu disonorata che per me si potesse. gisse lo sdegno di coloro, che aveano Ma quello , che fu la prima, ed ultima conosciuta, e venisse in E gitto, e in cagione di levarmi quindi, furono i miei Menfi con tanti servi e con lanli, che figliuoli, i quali la crudel sapienxa de in sua guardia con molto prezzo tene* gli D ii m* avea piu volte preidelto, che v a , cosi lascivamente vivesse . Percioc doveano con 1 arme in mano uccidersi che io , per non restarvi prigione, non 1 *un 1 *altro Avendo dunque prescnUo le ne domandai; conciosiacosache ne- agli occhi miei un cosi orribile aspetgli occhi suoi era un amoroso laccio, t o , che siccome io stim o, vincerebbe che allacciava in guisa, che non era il Sole, allora ch*egli ha piu da possibile schermirsene non che vincer- voli ricoperti i raggi j c volendo gra* lo . Veniva dunque costei assai sovente tificare agli occhi paterni, che non venel tempio d Iside, di cui io era P ro dessero la da non vedere morte de fi* feta , e facea conlinuamente onore alia gliuoli, scacciai roe stesso di casa mia. Dea , con sacrificj, e doni di gran va- fingendo di voler passare a Tebe la lore. Essendo dunque, (a h i che mi grande, per vedere il mio figliuol mag vergogno a d irlo , ma il pur diro) es giore, che quivi col padre di sua ma sendo dico ella da me spesso, e me dre si vivea . Chiamavasi questo mio glio che per addietro veduta, vinse figliuolo Tiam o. Trassesi alquanto ad quella continenza che io usava, alia dietro Cnem one, quasi dal nome di mia vita convenevole j avvenga che Tiamo percosso; il che gli fu poi ca avendo io per buona pezza opposto'gli gione di tacere quello , che dovea dopo occhi della mente a quelli del corpo, il vecchio raccontare; il quale quivi alia fine vinto, c dalle passioni amo pose al suo ragionamento fine, dicendo: roso aggravate rimasi. Contuttocio, ve- Io non ti raccontero gli errori, che in dendo io apertamente questa donna es questo mezzo ho Lrapassatij perciocche ser principio de miei futuri afianni, non appartengono nulla a quello, di gia dallo Dio predettimi; e sapendo che tu m* hai domandato. lntendeodo che le cose predette da Fati sono ve- io dunque essere una citta in Grecia late e dubbie; e conoscendo che lo chiamata D elfo, sacra la ad Apolline, e D io , che m avea allora oscura mente devola non meno agli altri Dii, scuola risposto, m* avea ad arte posto costei da d* uomini s a v j, e in tutto lontana dai vanti quasi unombra delle cose avveni- rumori del volgo , quivi me n andai, re, non volli disonorare la sacerdotal di- giudicando che ella dovesse essere abi gnita, in cui mera sin da fanciullo alle- tazione a Profeta convenevole, e alta vatoj ne mi parve di dover macchiare i a* sacrificj, e all altre cerimonie. Pas santi sacrificj e gli sacri tempi degli D ii; sato dunque per il Criseo seno, mi sicche allamorose passioni valorosaraente condussi entro il circuito del porto, e ristetti: ne mi fu per cagion de* Fati disceso della nave, me n andiai nella malagevole il contrastare j ma per il so citta. Dove poi ch* io fui giunto, giudilo mio desiderio, il quale era gia tutto cai veramente che il divino voler deFa* intcnto ai danni, che mi si apparec- ti mi vi avesse mandato; perciocche chiavano contro, e mi assegnava per oltre all*altre cose, mi parve questa giudice il sentimento comune. Volli citta essere una via di vivere delle mi* corvaggere questo mio sfrenato disio con g lio ri, ch*io vedute avessi, tanto e

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/ratio abondevole; e non meno irda per la natura del luogo, il monte Parnasso, quasi un rituralmente nato, e una rocca lente e sensa arte edificata , le i, ravvolgendolasi davanti apieintorao a* fianchi. T u dici cose e , disse Cnem one, e non altri che se per Apollinea inspiratese avessi; e sappi che mio ti disse anch egli d ie tale era ito, allora che gli Ateniesi ve larono proposto alia cura dei . O figliuol m io, disse il vecl sei dunque Ateniese? sono, li. E il vecchio: quale i egli: Cnemone, rispose. Quale la tua fortuna ? disse il vecchio. : lo intenderai d ip o i; scgui ora ntare quello, che vi resta. Seisse il vecchio. Io dunque era, d issi, salito alia citta ; ed es so mma mente piaciute le selve, , e le fonti d* essa, per la me via, la quale io per lo continue t, aveva quasi delTacqua delle rime riem pita, me n* andai al perciocche il romor della mol mi diede Luona speranza, di sser gia ora, nella quale 1 lovea rispondere. Essendo io entrato nel tempio, e postomi alio D io , e portogli con la dovuti preghi, la sacerdotessa >se in cotal modo: dafricchi campi, u*il N ilo inon (da o, fttg g i i l gran voler de F a ti, zh io ti daro del nero Egitto i terras Orjsii mio famigliare. i* ei m* ebbe cosi risposto, io li con la faccia a terra dinanzi e , lo pregai che tutto dovesse econdo i miei desiderj. L e i erano quivi in gran numero , rendevano lodi ad Apolline m ia prima domanda cosi sute risposto avesse; e mi chiab e a to ; e per questa cagione maniera monoravano, dicendo, o nn certo Licurgo Spartano, era venuto amico, e famigliare >lline : e m i concessero ch e,

rolendo io , potessi abitare in un m parato luogo del tempio: e ordinarono che mi fosse dato di quel del pubblico U nto, che io potessi orrevolmente vivere; e per dirlo in una parola, non mi manco mai cosa alcuna. Perciocche spendeva il tempo, o discorrendo sopra i doni e sacrificj, che ogni giorno e d ogni sorte i popoli cosi forestieri, come paesani, alio D io porgevano, o disputando con que'savj, avvenga che non pochi uomini di questa vita concorrono all'O racolo dJApolline P itio . E questa citta veramente un M useo, perciocche tutti sotto il reggimento del e D il io tuo , che regge le Muse , sono indovini. In que'prim i giorni dunque, in diverso tempo di cose diverse mi domandavano. E uno mi doraandava come gli Egixiani costumano onorare li loro D ii. E altri domandavano per che diversa e, secondo la diversita delle genti, la cagione che gli fa credere D ii, quali siano le particolari cagioni d ognun o . Alcuni quale fosse edificio delle Piram idi. E alcuni altri errore di Siringa. E in somma non lasciarono addietro alcuna delle maraviglie di Egit to , che non me ne domandassero : perciocche udire, e raccontare le co se degli Egiziani, e vie piu piacevole, che udir le cose de* G rec i. Vennero alia fine a richiedermi delle cose del Nilo j domandandomi quali siano le sue fonti; quale, oltre a quella degli altri fiumi sia la sua propria natura; onde sia, che egli oltre a tutti gli altri fiu mi cresca ne* tempi della state; domandavanmi ancora alcuni di giuochi e cose facele. lo rispondeva loro tutto quello ch* io sapeva, e quanto io di questo fiume aveva ne* sacri libri trovato scritt o , il che non e lecito sapere o rivelare ad altrui cbe a*Profeti. E raccontava come e*prende l origine negli u l timi confini di Etiopia e di L ib ia ; dove lasciando la parte Orientale, di rizsa il corso a mezzo giorno. E ch* ei cresce nel tempo della state, non come alcuni credono, perche l*Etesie, soffiandogli all*incontro, impediscano il suo corso; ma perche questi stessi venli, nel tempo che *1 Sole ne reca i giorni m aggiori, spingono, e scacciano i nu

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line , mi fu predetto come io avrei at fanciulla, della quale io non dove molto godere, secondo che mi predis 10 D io . Venne dunque costei in eta < marito, ed io le diedi, avendone m ol alle mani , quello, che io giudicai m glior di tutti. Ma quella stessa not ch* ella con esso giacque, in qoel stessa 1* infelice raori, cadendogli sop 11 letto un fulm ine, ovvero altro foo artificialmente fatto. Onde alia cam ne cantata alio Dio Imeneo succedettc pianti; e dal maritale letto fia alia I poltura accompagnata. E quelli ste torchi che s* erano per le nozze acce accesero poi il fuoco funerale. Aggitu la fortuna a questa tragica rappresc tazione un altro non leggier danno. tolsemi la madre della fanciulla, ( non sapea rimanersi di piangere, e men tarsi; ma non ne porto gik seco affcnni ch*i Fati ne minacciavano. non uccisi me stesso, persuaso dai cc templatori delle cose divine, essere a nefando e scelerato; ma fuggendo solitudine di casa m ia, mi partii i scosamente dalla patria; perciocche non poco momento e a volere sc darsi delle miserie, il torsi dinnanzi occhi quelle cose, che possono ogn rinnovellarsi nella mente ; percioo cosi viene a mancare in tutto la i moria. Essendo io dunque aadato molti luoghi errando, pervenni alia i nel tuo E gitto, e a*luoghi dall*ac< dirupati, ed ebbi contezza delle cs ratte del N ilo . Insino ad ora, o am tu hai la cagione della mia venuta ci ed una aggiunta, an zi, per dir 1 g lio , la stessa somma del ragioname che tu dei da me intendere. Stand< dunque io quivi tutto languido e messo, e dispensando il mio oeic meglio ch* io sapeva, avendo cempe alcune cose di quelle che sono tra*G piu rare, ed essendosi gik dopo lu tempo il fiero mio afianno m itigato, cadde nell* animo di tornarmene patria; quando un certo uomo m ' di orrevole aspetto, e che mostrav vista d* esser saggio e prudente , vine ancora d i prima barba, m a di lor nerissimo , venne a m e , ed a b b ciandomi mi saluto; e benchfc n o n

voli dalle parti settentrionali a quelle di mezzo giorno, conducendogli insi no all*ardente Z o n a, dove e loro interdetto di piu avanti spingerii, per il soverchio caldo di quelle ardenti parti; e quivi restano privi di tutto quello um ore, onde erano gonfi e pregni, avendolo innanzi a poco a poco raccolto. Laonde, cadendo cosi rovinose piogge , il Milo si gonfia , ne eostiene piu di esser fium e: ma si gonfia sopra le rip e, e vagando per Egitto in guisa di m are, rende fertilissimi quei lu o gb i, pei quali passa. Laonde egli e a bere dolcissimo , come quello che e dalle celesti pioggie accresciulo; e a toe care e molle e delicato. Perciocche non e caldo come cola, dove e* nasce, anzi tepido, come se quivi nasccsse, e per questa cagione solo di tutti i fiumi non produce venti. Ma ricevendo questo fiume accrescimento quando si disfanno le n e vi; allora produce venti, come par verisimile , e (per quello ch* io intendo) come vogliono alcuni uomini appo Greci approvati. Mentre io discor reva in questi, e cosi fatti ragionamenti, il sacerdote d*Apolline, il cui nome era Caricle, che era gia divenuto mio grandissimo famigliare; tu racconti, disse, cose maravigliose: benche ancora io sono di cotesta stessa opinione; e cotesto stesso ho gia inteso da* sacerdoti, che stanno alle Gataratte del Ni lo . Ed io , o C aricle, venisti tu cola? Ed e g li: io v i venni, o saggio Calasiride. E io di nnovo gli domandai, quale necessity vi ti condusse? Ed eg li: la infelicitk di casa m ia; la quale mi fu poi di somma felicita cagione . Maravigliandomi io di cosi maravigliosa risposta ; non ti maraviglieresti, disseg li, se tu udissi come la cosa sta; e Tudirai , qualora piu ti piacera . Egli e dunque tempo di d ire, diss* io, per ciocche ora mi piacerebbe. Ed egli: sta* dunque ad ascoltarmi, ma separate alquanto da questo popolo, perciocchk sono gik molti giorni ch* io per qualche utile desidero raccontarti i miei acci dent! . Io nella mia giovanezza, benchfe moglie avessi, non aveva figliuoli; pure alia fine nella eth mia piu matura, avendoneio porti molti prieghi ad Apol-

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iteadero b lingua Greca, mi lere vagionar meco di alcune che io volentieti gli compiatoads menatomi in un tempio, um dal lato, coil mi disse: Io to ch tu hai coaaprate alcune ndici Indiane, Etiopiche, ed , di qnali e siinUi com , quando comperarle sincere e senaa alcuno, io le ne servirei volonorrei comperarle, dissio; fa veggia. Ed egli cavaiosi di braccio una horsetta * cbe v amostro un inaumerabile copietze di gran valore; perciocano dentro margarite di gran una piccola noce , ridotte diente in tondo j eranvi sine iadati. Qnelli non altrimenti pi neUa primavera verdeggianina morbideaaa vie piu che tesse risplendente 5 e questi di mili a que* kii del mare, che qaakhe profondo e dirupato Iivenuti quasi silveslri, hanno 0 prodotto il seto: eravi in ina certa mescolanxa di tutte > se cose, ed una varieth di coto alia vista dilettevole. Le e come io ebbi vedute, ami>vedi pur di trovare altri cotndi coteste robe; perciocche io 1 il mio avere a fatiea sarem ti quanto una di coteste pie0 E d egli: se tu non iperarle, puoi almeno ricever no. A riceverle in dono, disei assai accomodato; ma io gio, che t n , non volendo do , mi befleggi. Ed egli: io non 510, anzi dico da buon senno, per lo Dio di questo tern ! not siamo, che io ti donero *, se oltre a questi vorrai ao in altro dono di molto aaaggior Iorisi a questo parkure j e dolomi egli della cagione, gli ri* > e mi parea cosa da ridere, endomi egli cosi presiosi doni, ettesse poi oltre a quelli, altro ' pin di quelli pregiato. Creuegli, ma vogUo che ancor iari, essendo il dono di quella ie> chio tho detto, di fame

tutto quello che da me ti fia imposto. Io stava tutto stupefatto e dubbiosoj pur sperando he i doni dovessero es ser tali quali egli diceva, giu ra i. A vea do io dunque giurato come a lui par ve , mi meno seco, e mostrommi una fanciulla di incrediUile e divina belleaaa, la quale, secondo ch ei disse, era di sette ann i, ma a me parea ch ella fosse vicina all eta da prender marito ; tanto di aumento arreca 1 ecceUenxa della bellesaa alia rappresentaaione della grandeasa. Io dunque era divenuto tutto stoxdito, non sapendo dove que slo fatto dovesse riuscire , ne potendo saaiarmi di rieairare quelli cosi ricchi d o n i: ma egli cominck a parlare in qnesta guisa. Sappi, am ico, che la giovane, che tu v e d i, fu da sua ma* a re , per le cagioni che appresso in tenderai, nelle fascie abbendonata e gettata v ia ; e conamessane pienamente la cura all' arbitxio dell* instabile for tuna. Ma io abbattutomivi la raccolsi, parendomi empia cosa lasciavla in tal perieolo, conciosiacosache ella fosse pur viva creatura; perciocche questo e uno dei preeetti de nostri gimnosofisti, de* quali non molto tempo innanci io fui giudicato degno d* essere uditore. E d oltre a cio , la fanciulla sin dalle fascie mostrava negli occhi una certa grandesaa e d ivin ita. E mentre io cosi la risguardava, mi parve di conoacere in lei un non so che di altiero, e di piacevole. Avea costei al collo il colla re delle p ietre, ch io t ho m ostrate, ed era involta in una fascia di fila di seta tessuta, ed eranvi intessute lettere che usano in quel paese, cbe raccontavano come stesse il fatto della lanciulla. Erano questi ( siccome io credo ) segni ed in d isj, co* quali la madre avea voluto provedere a* pericoli della figliuol a . Lette ch io ebbi queste lettere, e conosciuto d*onde, e di cui figliuola costei fosse, la portai in nna villa molto dalla citta lontana, e la diedi ad aUevare a'pastori di quel luogo, m inacciando loro che non ne parlassero con persona; e con ogni diligensa ritenni meco le gioie, che nou altramente che seco nate fossero, aveva con essolei trovate, acci6 cbe non facesse-

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tomene al palagio del Governatore. domandai se alcuno avea veduto l'Am basciatore degli E tio p i, e uno m i ri* spose come ei s era partito, ansi pint tosto era stato cacciato; avendogli il Governator minacciato di farlo m orire, se avanti al tramontar del Sole ei n on fosse uscito dei suoi confini. E dom a* dandolo io della cagione, mi rispose: perche egli gli avea interdetto che ti non toccasse certi smeraldi, che si ap partenevano agli Etiopi. Io, udito ijue sto, me ne tornai in dietro, mob mai disposto, e come uno di coloro che combattendo ricevono qualche graft ferita; perciocche non potei intends* dei casi della fanciulla, chi ella fo sse, di che luogo, e di cui figliuola. E dm e meraviglia, disse Cnemone: p ercioe* che anche a me dispiace il non averlv inteso, benche forse l intendero. L1 tenderai, soggiunse Calasiride. M a on li diro quello, cbe di p ot mi raccort* Caricle. Essendo io, seguito egli,Wnato nella mia caeetta, la fanciulla ffli si fe* incoatro senza dirm i cosa alcana; conciossiacosache ancora non intendea la favella Greca; ma m i prese per no e risguardatomi con piu lieta si p arti. Io mi m aravigliava, che & me i buoni e generosi cani accamu* e fanno festa a coloro, che conoteooo benche poco innanzi gli abbino co sciuli; cosi ella, avendo conosciuta k mia benevolenza verso di se, mi 0 0 rasse e ricevesse, come padre. Dole tando dunque che non 1* invidia ddh fortuna mi privasse ancor d i questa * conda figliuola, deliberai di non morare piu alle cataratte del Nilo, < cosi giu per lo Nilo navigando pervead al mare; e quivi presa una nave, ft vela alia volta di casa. L a fandulh ora qui con esso m eco; ed e senu i cun dubbio mia figliuola; e chiaadi del mio nome, e tutto qu ello, che I faccio in questa vita, facciolo solame per cagione di le i; ne ti potrei io n* contare quali siano le sue d o ti. Ha 4 e tosto ed ottimamente apparata la M gua G reca; ed e no n altrimenli ch fertile e verde pianta tosto perveo* alia sua piu fiorita e ta ; e ha coo I sua bellezza trapassate tutte altri

ro qualche indizio, onde la fanciulla fosse conosciuta. Stette ella dunque ne'primi anni in questo modo nasco sa. Ma poi che in processo di tempo ella divenne maggiore, che alia sua eta non si richiedeva, e la sua belta non pativa piu di stare sotterra celata, anzi parendomi, che ancora piu di quei luo ghi agresti risplendesse; temendo non in qualche modo se ne risapesse cosa alcuna, si ch* ella mi fosse involata, cautaraente cercai di valermi dellopera di un certo, cbe diceva esser mandato Ambasciatore al Governator d' Eg itto , e cosi me ne venni seco, menando insieme costei; avendo in ani mo di dover ben disporre de* fatti suoi; e non e molto ch io raccontai a costui per qua! cagione io sia qua venuto j ed egli m' ha promesso d essere oggi meco sopra questa bisogna . Nondi meno io la do ora a te, che tale e il voler degli D ii, sotto condizioni pero tra noi con giuramento confermate, che tu debba prender da noi costei come libera, e darla per moglie ad uomo libero, e tale, qnale ora da noi la ricevi; anzi piuttosto quale ella esposta fu da sua madre. Ma io ho ferma fede che tu con fatti compiutaraente farai quello, che tra noi con parole estato conchiuso, confidandomi c ne tuoi giuramenti, ed ancora avendo conosciuto in molti giorni che tu sei qui stato, per gli tuoi costumi te essere fermamente Greco . Questo e quanto io ho voluto ora brevemente dirti, ri ch iedendolo il bisogno di quello, di che io t' ho ricerco. Q u ello , che appartiene alia intera e manifesta notizia della fanciulla, lo intenderai domani, che mi ritroverai vicino al tempio dlside. Io cosi f e i , e presa la fanciulla, con prieghi la condussi meco, e per lutto quel giorno la tenni con molto onore, e le fei gran festa, rendendone agli D ii infinite grazie j e da quel gior no in qua sempre Tho riputata e chiamata figliuola. Il seguente giorno alI apparire dell aurora, al tempio d*Iside, dove col pellegrino m era convenuto, frettoloso me ne venni: e quivi buona pezza raggiratomi , dopoch egli non appariva in luogo alcuno, aoda-

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he tutti non meno i forestieri Dico dentro a queste m ura, e nel cireci lei sola risguardano ; di ma- cuito di questo tempio. D e h ! ti prie e dovunque ella fia, o ne'tempj, g o , per D io , non voler disprezzare i trade, o nelle piazze, come cosa miei prieghi, e non fblere che io seure e singolare esempio, trae a za figliuoli, sconsolato, e senza eredi, cchi e i pensieri di ciascuno . meni questa mia grave vecchiezza. Deh ntunque ella sia tale, quale io concedelomi per lo Dio Apolline, e per tto , mi afHigge di una intol- gli tuoi penati D ii. D icoti, Cnemone, afftizione; perciocche ostinata- che io udendo queste cose, cominciat iega dover mai prendere ma a lagrimare; e dopo che anch egli non aft'erma di volersi conserve re senza lagrime m* ebbe pregato; io gli tutta la vita sua ; e dalasi per promisi di ajutarlo in tutto quello che Diana , il piu del tempo con- io potessi. Ma mentre noi diacorrevalle caccie, ed esercitasiin tirar mo ancora sopra di questo, uno en:o. D i maniera che la vita mi tro a noi correndo, e ci fe* sapere e molesta; perciocche io spe- che Principe degli Eniani era gik doverla dare per moglie al fi- in su le porte, e che buona pezza era li mio fratello, giovanetto nel ch ei si turbava, e pregava il sacerrazioso nel parlare, e molto dote che fosse in punto , accio desse da b e n e .' Ma ne per molto principio a* sacrificj. Domandando io r le , ne per largamente offe- Caricle, chi fossero questi E n ian i, e per ragioni allegarle, ho mai che sorte di contemplazione, e di sa rarla nel mio volere. A n t i, crificj, questa fosse; mi rispose: Q ue te m i e piu molesto , usa con- sti Eniani sono popoli nobilissimi fra e l istesse mie ragioni, e mi tutti i popoli di Tessaglia, e verajn quelle armi , che ha per mente G reet, dal tempo del Greco ^eriensa de miei ragionamenti Deucalione in q u a, nel seno di Malea ; le quali io di varie sorti le durati. E sono di nna magnified citta , per ammaestrarla a doversi delta Ipata; chiamata cosi, secondo una ottima sorte di v ita . M i ch* essi dicono, perche quivi risedevaverginila esser cosa religio- no i Magistrati, ed era capo dell* al pone quasi tra g li D ii iromor- tre citta; o w e ro , come dicono alcunt k chiam a sincere % incorrotta, altri, per esser posta sotto il monte tale. E cosi d* altra parte bia- Eta. D i queste contemplazioni, e di a m o r i, Venere, i conviti, e questi sacrificj, questo e il quarto an i p o m p a, che nelle nozze si no, siccome ancora de giuochi in onolo ti priego dunque che tu re d*Apolline P itio , e ora fe il tempo, questa cosa ajutarmi; che so- come tu vedi. Fanno questa pompa gK per qu esto, essendomisene pa- Eniani in onore di Neoptoleino figliuolo nzi coraunque si sia l'occa- di Achille, perciocche in tale tempo fu a eso il tem po, sono stato sfor- tradimento ucciso da Oreste figliuolo d teco cosi lungo ragienamento. Priam o, dinanzi all altare di Apolline li g ra zia , ottirao Calasiride, Pitio. E sappi che la pompa di questa r v ig io ; ritrova qualche savio contemplazione , avanza di gran lunga od allettamento ; persuadila e tutte 1 altre; perciocche il Principe l e , e con opre a dovere co- d* essa si oma e onora, come se fosse [ual sia la sua natura; e a figliuolo di A ch ille; e convierfsi in vecom e ella e donna. Non ri- ro col giovanetto , quando egli era nel di mescolarsi tie* ragionamen- la tenera eta ; e a me fermamenle pare tomini ; a n zi, quantunque sia ch*ei sia di ornamenlo a* discendenti iv u ta , essi nondimeno assai di A ch ille; che tale e la sua bellezitrovata con gli uomini in co- za, e tanta e la sua grandezza, cbe igion am en ti; e abita ora in lo aspetto pare che approvi essere di edesima casa, dove abiti tu . quel sangue disceso. Io mi maravigliai
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amorevolmente renduti i saluti, egli e gia tempo, disse, di porgere i sacrificj ad Apolline; acciocche di poi cotnodamente si possa condurre a fine il sa crificio, e la pompa in onore di Neoptolemo . Cosi si faccia, disse Caricle. E drizzandosi, disse a m e, tu vedrai oggi appresso a me anche Carichia, quando non 1 *abbi veduta prima ; per ciocche, secondo il costume della pa tria , deve a questa pom pa, e a quesli sacrificj di Neoptolemo ritrovarsi anco ra colei, che ha cura del tempio. Ma sappi, Cnemone, che io , avea gia piu voile vedula la fanciulla; e mi aveva ne* sacrificj ajutalo; e alle volte mi aveva alcuna cosa delle divine supplicazioni domandato. Nondimeno io mi tacqui, aspettando quello , che si dovea fare. Entrammo dunque tu tti in sieme allegramente nel lem pio, percioc che quei di Tessaglia aveano gia messo in punto tutto quello, che a* sacrificj si richiedeva. Dopo che noi c i fummo apprcssati all* altare, e il giovane ebbe dato principio a* sacrificj, la sacerdotessa d Apolline, avendo prima il sacerdote porti i dovuti p riegh i, rispose in questa guisa: Degli * Oracoli il padre, o D e l j i, udite, Che vi predice * servitu, che p o i S i trarra dietro un* infinita * g lo r ia . Tutti quei, che lasciando i l m io b e l tern( p*> E solcandq del mar le rapide onde Andar del sole all* arsa e nera terra , Quivi orneranj premio all* onesta v ita , D i bianca betula le lor nere ternp ie . Avendo lo Dio cosi risposto, n acq u e ne* circostanli una infinita sto rd ig io n e di m ente; ne sapeano risolvere q u e llo che 1 * Oracolo volesse significare $ p e r ciocche ognuno intendeva a su o m o d o ; e secondo .che la volonta g li d e t t a v a , cosi ognuno lo dichiarava; m a n e s s u n o vi ebbe che s* accostasse al v e ro : p e r ciocche gli O racoli, e i s o g n i, p e r lo
$ y s v rrrjv .* . * .

fo rte, e gli domandai come gli Eniani dicessero te essere discesi d*Achilla; conciosiacosache opera dello Egiziano Omero dimostri Achille essere di Flia. E d egli mi rispose, che il giovane in sieme con gli Eniani pone in questione Achille, attermando che Tetide del se no di Malea s'era congiunta con Peleo, e che nel circuito di quel seno , gia una citta si chiamava F tia , e che gli altri falsamente dicono lui esser dei suoi, tratti dalla chiara fama di cosi grande uomo. Annoverarsi egli ancora tra i discendenti di E aco, attermando essere stato suo progenitore Mnesteo fi gliuolo di Sperchio, e di Polidora fi gliuola di Peleo ; il quale in que'primi tempi combalte a Troja con A chille; e per congiunzione di sangue fu capo di que* primi popoli de M irm idoni. In somma oltre molte altre ragioni, le qua li egli allega, fa congettura, se essere intieramente da Achille disceso, e vuole al tutto che Achille sia della fami glia degli Enian i, da questi solenni satrificj che si celebrano in onore di Neoptolemo, ne* quali, come essi dicono, gli altri popoli di Tessaglia tutti cedono lo ro , testimoniando, che essi gli sono piu per sangue congiunti. O Ca ricle , diss* io , io non niego lor nulla; diansi pure a credere che queste cose cosi siano; o pure conoschinle vera mente per se stessi: ma fa di grazia chiamar dentro il Principe di quesli contemplatori, perciocche io sono fieramente dal disio spinto a doverlo ve dere . Accenno Caricle ch* ei dovesse entrare. E cosi il giovanetto venne dentro, spirando in vero una certa Achillea grandezza j e quasi lo rappresentava nello aspetto, e nella allezza. E gli andava con la tesU alta* e avea i capelli tagliati alto sopra la fronte; il naso dinotava fierezza d* animo; le nari mandavano fuori fiato in grande copia. L* occbio suo era di colore non in tutto cileslre, nondimeno piu a quello si ritraeva che al negro. L a guardatura sua era superba: ma non pero spiacevol e , come quella del mare, quando dalla tempesta e poco innanzi ritornato tranquillo. Avendoci dunque e g li, secondo il costume, salutati, e avcqdogli noi

Sotto queste parole ne* vers compt'ende i l nome di Teagene c d i Ca~ richia j il che nella lingua n o stra , non si pub comodamentc esprimere, v o le n d c scrvarc I* osqurita dell O ra co lo .

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c giudicali dopo gli avYenimen- ficamente ornata, non curarono di at 1 1 a fine i D elfi, tutti intesi in tendere ad invesligare la vcra aentenaa re, che la pompa (owe magni- dell* Oracolo.

LIBAO

TERZO

ie e la pompa, e tutti i sacrificj forniti, e* non sono ancor i'orniti, leraone, interrompendogli il par rciocche tu non m* hai ancora to nulla; anzi ora , ch* io some desidero d*ascoltare, e, quasi coloro, che vengono nel fine lennita, mi afirelto per vedere inxa delle brigate, tu trascorie la passi leggiermente , e in sso punto apri, e chiudi il tea non voleva , o Cnemone, sogCalasiride, fastidirti con simili he non appartengono nulla al ragionamento ; e ti voleva con quello ch* io debbo principal , e che tu prima mi sti. Tuttavia volendo tu , qua per passo, essere di questa fe tatore , b en che, essendo tu Ateion debbono esserti queste co)se, io nondimeno brevemente itero questo apparato, che non molti conosciuto. E cio faro io, imente per cagione della sua enza; ma ancora per cagione 1 accidenti, che quindi nacquelicramente celebrossi il sacrificento b u o i, da uomini a cio , li quali ne* costumi e nel vepresentavano uomini rozxi j acheduno di costoro sopra la camicia cinta una giubba: ma insieme con la spalla e pop era ign u d a, e andavano scher:on una scure da due tagli in 1 buoi erano tutti n e r i, e 5to c o llo , il quale porta vano , che faceva un moderato arr corni erano acuti, semplici 1 * uno de* quali era dorato, e li corone d i fiori era diversa-

mente cinto. Aveano le gambo strette^ e il pallio pendeva loro fin sopra le ginocchia; ed empivano veramente il numero di cento b u o i, di maniera, che gli effetti non erano dal nome differenti. Seguiva dopo questi un altra di verse mollitudine di sacrificj; dove ognuno per maggiore ornamento conduceva di ogni sorte di anim ali, a cui andavano innanzi i piferi e le zampogne, quasi cominciatrici e annunciatrici del sacrificio. Dopo questi animali e bifolchi, seguitavano le giovani di Tessaglia, tulle riccamente ornate, con la veste di sopra discinta, e coi ca pelli sciolti; ed erano divise in due p artij e quelle, che andavano innan zi , portavano panieri pieni e di fiori , e di frutti ; e 1 *altre portando pur pa nieri pieni e d* incenso , e d* odorate spezierie, tutto il luogo riempivano di soave odore ; ne opravano pero in que sto le m ani; anzi portando i panieri in cap o, andavano ordinatamente in g iro , prese insieme per mano. D i ma niera , che caminando carolavano} e udilo il segno, cbe quelle prima facevano, cominciarono a can tare; percioc che a loro era data la cura di dovere con soavita cantare tutta la canzone; nella quale primieramente si lodavano Tetide e Peleo, e dopo loro il lor fi gliuolo , e di poi il nepote. Dopo que st* , o Cnemone. . . . ma che Cnemo ne? disse Cnemone; tu di nuovo mi la s c i, padre m io , appunto in sul m igliore; e non mi dicendo la canzone, par che tu vogli ch*io sia solamente spettatore delle cerimonie di questa pom pa, e non uditore ancora. T u 1 * ud ira i, disse Calasiride, poiche cosi ti piace. L a canaone dunque era questa

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T E A G E N E

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Figlia al marino Nerco , immortal ( TeU , Venere nostra, onore D el mar, cui Peleo giunse il gran mo( tore: D i te rtacque i l gran folgore di guerra Marte de* Greci* A ch ille , L a cuifam a giammai nonfia sotterra. D i lui ch a mille a mille U scir di Troja fe o fiamme efa ville , P ir r o , di Troja orrore , Vera de* Greci scorta e difensore. S ii, P irro, a noi propizio, e i P iiii ( giuochi A ccogli, e questa pompa E di questi Imenei gli ardenti fuochi. Cantiam, T e t i, U tuo arflore , Porgine, o bionda T e t i, i l tuoja vore . Fa* che timor non rompa L a gioia nostra , e i diletti interrompa. Questa, Cnemone, e la canzone, ed era in questa maniera composta> quan to io posso ricordarmi; ed era tanto soave il concento del canto e di quan lo Taccompagnava; e larraonico plauso, che dall altare veniva, s accordava col canto in guisa, che la soavila dell udire vinceva di gran lunga il piacer del vedere j ne parea che poco di ornamento recassero alle vergini, che tut tavia venivano, coloro che quivi sta vano , quasi tratti dalla dolce risonanza della canzone. Ma venendo dopo una compagnia di giovanetti, il lor Signore a cavallo con una grande squa dra di cavalieri, mostro che 1 * aspetto delle cose belle e migliore e piu dilettevole, cbe udire. I giovani erano ia tutto cinquanta, e divisi in venti cinque per parte, s* aveano cou la lan cia in mano tolto in mezzo colui, ch'era principale nelle divine cerimonie. Essi aveano le scaipe con le porporine cinturette legate, e allacciate sopra i tallon i; indosso aveano una bianca sopravvesta, cinta al petto con una cintola d' oro , e negli estremi lembi fregiata intorno di nera baoda. I cavalli erano tutti di Tessaglia, i quali avendo risguardo alia liberta di coloro, che quivi erano a p ie d i, mordendo man davano fuori spuma in gran copia, qua si ricusando di avere il freno , come quello che e lor Signore; nondimeno

1 ubbidivano, come quello che insegnava loro la mente de'cavalieri. L e barde, la testiera e gli altri loro orna menti erano tutti d argento, e d oro; il che era fatto a somiglianza de* gio van i, che erano in simil maniera an ch* essi vestiti. Ma ti d ic o , Cnemone, che se ben costoro erano cosi riccamente orn ali, nondimeno la vista dei circostanti, ri volta verso il lor Signo re ( era questi Teagene, di cu i sono tutti i miei pensieri ) gli scorse, e tra passo in guisa, che parve che il lam0 di lui offuscasse tutto lo splendors 1 prim a, tanta fu la chiarezza, cbe egli a prima vista ne porse. Era egli a cavallo, e bene armato, e vibrava un'asta di frassino con acuto ferro. Non aveva egli l*elraetto in testa, ahai a capo ignudo se n* andava tutto altiero; la sua sopravvesta era di color porporin o , dove era ad oro ritratta la batta glia de Lapiti contro i C e n ta u ri. E nella cintola era .Pallade di le ttr o , che si avea fatto scudo al p etto del capo di Medusa. Aggiugneva non poco di grazia a queste cose un p iccio lo mo vimento di vento, il quale , soavem ente spirando, leggiermente m ovea il c ii ne in sul collo, alzando alquanto i capelli di su la fronte; e gettando i letnbi della sopravvesta or sulle spalle^ or sulla groppa del cavallo, il q u ale crol lando la testa, con 1 * orecchie d ritte , e con gli occhi quasi nascosi sotto ribil ciglio , andava ed era fatto andare in cosi superba vista, che avresti detto ch* ei conosceva la bellezza d el su o p a drone , ch* ei sentiva, che essendo e g li buono, portava un miglior cavaliero E gli essendo al freno ubbidiente, e ora stdi* un piede ora sull* altro ferm an d o si, rcotendo leggiermente la te rra co n estrema parte dell*unghie, s i m o v e a in guisa, che 1 *andar suo e ra s o a v is simo . Riempivano le cose vedute o g n u no di maraviglia; nondimeno il p a re r d* ognuno era , che la presenza d e l g io vane , e di grandezza, e d i b e lle x z a tutte 1 *altre vin cesse .L e v o lg ari f e m inine , quante quivi n* av e a , n o n p o tendo piu sotto il velo della c o n t in e n s a tener coperto lo sfrenato ap p etito d e l1* anime lo ro , gli gettavano s o p r a r

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e fiori, di maniera, che parea alia vista di lu i avessero conce rn subito amore; conciossiacosatte fostero di questo fermo pache tra gli uomini non si porovar cosa cosi Leila, che avani bellezza di Teagene. Perciocche ssomigliava, come dice Omero, vaga Aurora j quando eca il giorno, il crin cinta di rose . i che la bella e saggia Carichia :1 tempio di D iana, allora co10 che la bellezza di Teagene pur esser v in la; ma poteva esimente vinta in quanto la delidella bella delle donne e apdegli uomini piu piacevole ed va, che non e la nostra. Ella era 1 un seggio da ogni parte sco11 quale da una bianca carre Ila, le buoi traevano, era portato. i vesle era di porpora, che si a insino a piedi, tutta fregiata d* o ro . L a cintola chella cinta , era tale, che artefice ' avea gni suo ingegno ed arte; Tavea si bella, che come ella avansava altre ch 'eg li avea per addietro cosi per ianante non potea in altra sim ile. Avea costui fatti penti, le cui code avvinchiate si ponevano dietro nelle rene, ste venivano fin setto lepoppe, 0 legate insieme con un laccio , g li cui capi egli avea lasciati in guisa , che quello, che della 1 avanzava, pendeva da amenati. T u mi potresti dire, che inti non doveano mostrar di si. A nzi ben lo mostravano, non ne spaventevoli con orribile e oso aspetto; ma andavano conacchiosi. Essi erano fatti d'oa il colore era d* un cilestro ; perciocche artefice avea cooro con questo oscuro colore, oscuro posto sopra il giallo ina tesla, mostrasse 1 ' asprezza e izione della scaglia de serpenti. ola dunque della giovane era ta sorte. L e treccie sue erano )lle tu tte, ne tutte sciolte; perla maggior parte, e quella, ide dielro nella colloltola, giva

T E R Z O

sopra l'orecchio e sopra le spalle er> rando, e quella, che pende verso 1 fronte, era cinta di teneri ramoscellt d ' alloro, i quali coronavano q uell treccie, alle rose ed al Sole somiglianti, ne permettevano che ') vento le spargesse piu che si conveniva. Ella nella man sinistra portava un* arco da rato, e sopra la destra spalla avea so spesa la faretra; e nella destra mano portava una lampada accesa. Essendo ella dunque in tal guisa ornata, lo splendore, che dagli occbi suoi veniva, vinceva di gran lunga quello dell' ac cesa face. Questi ( disse allora Cnemo ne) son questi Carichia e Teagene? E Calasiride, credendo che ei li vedesse , dove sono eglino T disse ; deh mostramigli per Dio. E Cnemone: o padre. Questo tuo ragionare gli ha co si efficacemente espressi che io gli contemplava ancorcbe assenti; e non v dendogli mi pareva vedergli. Io non s o , soggianse Calasiride, se tu gli vedevi ora tali, quali in quel giorno gl> vide le Grecia ed Apolline, dove que sti e quella per la voce degli uomini e delle donne erano tanto felici giudid icati, e con tanta maraviglia risguard a ti, che il congragnersi con chiunque di loro stimavano essere alia iramortalita ugttale. Nondimeno i paesani molto piu si maravigliavano del gio vane: e quelli di Tessaglia maggiore stupore della giovane prendevano j e cost gli u n i, e gli altri maggior ma raviglia aveano di quello che novellamente vedevano j perciocche, molto piu atta a commoverci e la vista delle cose nuove, che di quelle, che tutto il giorno vedemmo . Ma o piacevole inganno, o falsa opinione di dolcezia, quanto buona speranaa mi desti, Cne mone , promettendomi che vedresti, mi fares ti vedere coloro, che io amo sopra tutte le cose? Ma e mi par fer maraente che tu m* inganni j percioc che tu da prima con parole mi promettesli che essi tosto verrebbono , e che me gli mostreresli, ed in premio mi chiedesli ch' io ti raccontassi quanto io sapeva intorno a*lor fatti: nondimeno essendo g& sera, anzi notte, non veggjo pero che tu gli abbi in luogo al-

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T E A G E N E

C A R I C H I A
e mettesse il fuoco nell* altare, Caricle allora a me tocca, disse, a dar cominciamento alia sacra bevanda; ma il principale di questa solenne pompa deve esser quello, che presa la face dalla ministra del tempio, metta il fuoco nelP altare ; perciocche tale e il costume della patria, e cosi comandano le leggi. E cosi detto, ofierse ad Apolline la be vanda, e Teagene prese la face. A llo ra, amico Cnemone, per prova imparai che 1 * animo nostro fe divino, e che la congiunzion nostra e dal cielo ordina t a : perciocche in un stesso punto si videro insieme, non altrimenti che se animo di ciascun di loro, quasi per dime&tichezza avuta prima, riconosciuto il suo sim ile, si facesse incontro a quello, cbe era veramente di se degno; conciossiacosache essendo da prim a stati sopra di loro, quasi da subito stupore soprapresi, stendendo poi il corpo e la mano, uno in verso altro , ella gli porse la face, ed egli la p rese; e per buona pezza tennero gli occhi u n o nel Taltro fissi, come se pensassero seco stessi se in luogo alcuno si fossero co n o sciu ti, o veduti: e sorrisero brieve e nascosam ente, di maniera che solam ente al lieto porger d* occhi si conobbe. Q uindi quasi vergognandosi di questo fatto si arrossirooo, e poscia per la passione (siccome io credo) che gli assali il cuo re , divennero pallidi. Videsi in som ma nel volto di amendue gire in brieve tempo errandoun misericordevole aspet to , ed una intiera mutazione d i colorc e di vista , la quale apertam ente manifestava 1 * interno travaglio d e lla ment e . II popolo (siccome io stim o) non si avvide di questo; massimamente essen do in altre bisogne ed in a ltri pensieri occupalo. Caricle ancora, il q u ale attendeva a pubblicare le solite o ra z io n i, ed invocazioni non si avvide d i questa cosa. I o , mosso da* nomi d e ' g io v a n i, stava solamente inteso in p e n s a re , s*io poteva degli avvenimenli d e ' g io v a n i fare alcuna congettura da q u e llo , che 1* Oracolo avea del sospetto d e lle cose avvenire risposto a co lu i, che n e l tem pio gli domandava consiglio in to rn o a*fatti di Teagene: ma non p o te i far mai alcun perfetto giudiiio d i q u e l lo ,

cuno da potermigli mostrare. B Cne m one, non dubitare, disse, ed abbi ferma fidanza, cbe eglino senza alcun dubkio verranno . M a , e* potrebbe agevolmente esser loro avvenuto qualche impedimenta, cbe gli costringesse a ve nire piu lardi, che non s erano meco convenuti; e dipoi voglio che tu sappi ch' io non te gli mostrero prima, ch'io abbia da te ricevuto tutto il premio: sicche avendo tu fretta di vedergli, da' compimento alia promessa , e con duct il tuo ragionamento al dovuto fi n e. I o , disse Calasiride, mai volentieri seguiro il mio parlare, perciocche ei mi reca a memoria i miei gia passati affanni, e poi io pensai che tu fossi divenuto mesto, e sazio del mio tanto nojoso cianciare. Ma poiche tu volontieri ascolti, ne sei sazio di udir cose be lle, ricominciamo il ragionamento nostro, dove lo lasciammo. Ma accendiamo prima il lum e, ed apprestiamo il letto in onore degli D ii notturni, accio che fornite le solite cerimonie, possiamo poi sicuramente vegghiare nei nostri ragionamenti. Cosi disse egli; ed intanto una serva reco dentro un lume acceso, avendogliele il vecchio comandato, ed in fine la sacra bevanda ; ed e g li, invocati gli altri D ii, e particolarmente Mercurio, cbiese loro che in quella notte gli concedessero soave e dolcc sonno prcgandogli cbe in sogno almeno gli mostrassero quelli, che piii dogni altra cosa gli erano carij e posto che egli ebbe fine a queste sue cerimonie, cosi ricomincio: Poiche, o Cnemone, la fune ral pompa ebbe circondato il monumento di Neoptolemo, e ch* i giovani eb bero la terza volta rimossi i cavalli, le donne cominciarono un mesto pian to , e gli uomini alzarono un grido pieno d* allegrezza; ed ora, come s era ordinato, i b u o i, le agnelle, e le caprette furono uccise, non altramente che se da una stessa mano fossero state ad un tratto percosse. Avendo dunque un grandissimo altare carico di gran copia di legna, e mossovi sopra, secon do il costume, tutte le estreme parti de gli uccisi animali, giudicando esser cosa convenevole, che il sacerdote d* Apolline desse principio alia sacra bevanda,

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)i ordinatamente dovesse loro av. Ora essendosi alia fine Teagene a forsa dalla giovane divelto, ed 1 ricevuta la lampada, e messo :o altare, fu licentiate la ; perciocche quelli di Tessaglia ero tutti al pukklico convito, e i se ne ritornarooo tutti alle case Carichia si rivolse verso una stan*era nel cortile del tempio; per! ella non abitava con colui, che mato suo padre; ansi per il so ch* ella avea, voile del tutto senente abitare. Io divenuto piu per le cose udite, e vedute, oso d intendere il tutto, me ne i Caricle. E d e g li, hai tu veduto ia, ornamento non solamente mio, tutti gli Delfi ? E d io: holla vema non e questa la prima volta: ho io tante volte veduta prima, il popolo si e ragunato nel j e cio e stato non come per perciocche bene spesso abbiamo ; sacrifice to , ed bammi alcuna omandato di alcuni dubbj, chella > si intorno alle divine cose, coumane, ed io ne l bo risolula. > er Dio dim mi il vero, disse g li; ne e oggi paruto ? come ha ella questa pompa? Ed io a lui: si mi domandi Caricle, se la splende intra altre stelle. E fulcuni, diss* egli che diedero il > luogo nella lode al giovane di lia. A vrebb on gli, diss' io , dato j se avessero ben partito, co10 la tua figliuola essere la per, e occhio di tntta la pompa. i che veramente il discorso mio 1 verila accresciuto. Voleva io 11 in ogni modo mi prestasse fede. E g li tutto si rallegro a mio p e ria re , e sorridendo mi 10 me ne vado ora a trovarla : e di piacere , di grasia ia* an 11 medesimo, ed acciocche non llraversi cosa che ci turbi, viena a visitarla co'h esso meco. lo eri nel vero seco m*accordai; ldogli nondimeno , ch* io era in egozj occupato , ma cbe io voser piu Itosto seco, cbe attendere . PcrvcDuli noi dunque cola,

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dove ella abitava, ed entrati dentro, la ritrovammo che tutta mesta stava in snl letto appoggiata, con gli occbi umidi e d*amore ubriachi. Ora iette le dovute eccoglienee a suo padre, essendo da Ini domandata che cosa ella avesse , rispose che il dolore della testa le dava non picciol travaglio, e che, potendo, volentieri si sarebbe riposata. Caricle tutto travagliato per tal cagione se n*u sci di camera, ed io con esso lu i, ed impose alle fantesche che stessero con silenxio e la lasciassero riposare. Poscia essendo di casa usciti, rivolto a m e, disse, che ti pare di tal cosa, oltimo Calasiride? quai nuova malattia puo avere assalita la mia dolce figliuola ? Mon aver maraviglia, diss* io; percioc che essendo ella andata in questa pom pa fra tauto popolo, potra agevolmente essersi abbattuta in qualche cattivo occhio , che 1 avra aduggiata . Ed egli con acerbo riso , credi, disse, dunque ancor t u , che cosi gran travaglio sia avvenuto, perche ella sia stata adug giata ? Certamente s i , diss* io , o altro somigliante m ale; perciocche aere cbe ci sta d* intorno e di tal natura , che trapassando egli per gli o cch i, o per il naso, o per la bocca, o per altri raeati alle parti interne , prendendo la natura delle qualita esterne, semina in quelli che lo ricevono passioni, convenevoli alia qualita ch* egli avea presa quando in essi trapasso. Onde avviene che qualora alcuna risguarda con in vidia le cose belle; riempie 1 * aere che sta loro d* intorno di qualche malvagia qualita, e quindi spinge come una saetta lo spirito ripieno della sua melv agita, alle parti piu vicine; ed esso , essendo materia sottile , penetra insino nell* ossa , e nelle m idolle, e cosi que sto rabbioso sdegno per lo piu diviene malattia , ed hassi preso il proprio no me d* invidia. Ma risguarda un poco, o Caricle, quanto siano quelli che ebbiano male negli occh i , e quanti sia no quelli, a cui questo mai sia venuto per essergli stato da altrui appiccato , non per aver tocchi gli inferm i, non per aver avuto con esso loro commune il letto o la mensa, ma solamente per essere stati partccipi del Qiedesimo aere?

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T E A G E N E

G A R I C I A

E se pore ci& non ii piace, considera potere aiutata. Noi stavamo ancora di* questa stessa ragione in qualche altra scorrendo sopra questo fatto, quando uno cosa. Esamina uo poco lorigine dAmo- paratocisi davanti, disse: o amici voi anre, tu vedrai che la sola vista h ca date cosi lentamente, che pare che siagione d amare: e che gli amorosi af- te stati chiamati alia battaglia o alia i'etti sono come cosa ventosa per gli guerra , e non al solenne convito, il occhi nella mente avventati; il che non quale appresta il bellissimo Teagene e e punto dalla ragione lontano; percioc di cui e spettatore il maggiore di tut che essendo la vista piu mobile, e piu ti gli oroi Neoptolemo. Venite, e non alda degli allri nostri meati e sensi, vogliate essere cagione, non vi mancane al bisogno piu atta a ricevere, e dar do altri che voi soli di far dilungare passo agli innammati spiriti d amore. il convito insino a sera. Caricle chiMa , s' egli e tcco dicevolc, ti diro per natosi alquanto, mi disse nellorecchia: modo di esempio una ragione piu na- costui vien da tavola a chiamar noi, e turale , tratta da' sacri lib ri. Egli e un raostra che il vino, essendosi troppo aluccello detto Caradrio, che sana coloro zato, abbia bagnato ancora quella. Ma che hanno sparto il fele; e qualora andiamo, acciocche coslui dopo il farci avviene, che il contaminate di tale male paura, alia fine non ci ferisca ; ma tu te lo risguarda, egli fugge, si volge indie la prendi in giuoco. Perche non andiam tro , e serra gli occhi non gia ( come noi? diss'io. Essendo dunque noi g iu n ti alcuni credooo) perche cio gli sia aju- quivi, Teagene si fece sedere a lato C a 4o contro 1' invidia ; ma perche co ricle, e per sua cagione fe'anche a me lu i risguardandolo gli genera affelto non poco onore. Io non spendero il tem d i ricevere e trarre a se stesso quasi po in raccontarti ogni particolarita del un certo flusso . Laonde, egli fugge convito: solo ti d iro , ch 'egli avea orla vista di c o lu i, come d* uno che lo dinata un'armonia, dove in uno stesso ferisca. T u devi aver forse inteso d'un punto si sentiva cantar le vergin i, sonaserpente chiamato Basilisco, il quale con re i pifieri, e cantare i giovani, allegralo spirito e con lo sguardo uccide e xnente carolando: dall' altro lato sedeva contatnina tutto quello, che gli si pa Teagene, dove era apprestato il sontuora davanti. Non bisogna dunque ma sissimo convito, di delicati c ib i, e soaravigliarsi, se alcuni aduggiano i loro vissimi vini abbondantissimo: ma q u e l amicissirai, e coloro, di cui essi sono a- lo che a te massimamente co n v ie n e u d ire , morevoli; perciocche essendo eglino di ed a me e soavissimo a raccontare, e q u e natura invidiosi, fanno non quello, che sto. Teagene dimostrava essere m o lto vorrebbono; ma quello, a che la natura allegro, sforsandosi di fare a ciascu n o gli spinge. Caricle a questo mio ragiona- gralissime accogliense. lo ap ertam en te re stato alquanto sopra di se , tu mi hai conobbi, dove egli col pensiero in te n disse, saggiamente, e fedelmente risolu- deva; perciocche ora con spesso v o l g e r to il mio dubbio: e volesse Dio che ella a d*occhi, ora con profondi e non f in t i vesse sentito lamoroso desiderio; ed al gemiti, lo dimostrava: talora stava t u t lora crederei, chella fosse sana e non to mesto, e pensoso, quindi su b ita m e n ammalata; e sappi ch'io ti menai meco te allegro diveniva, come quello , e ls e solamente a questo effetto. Ma ora non pensava il suo male, e poi r in fra n c a v a mi pare da temere, che questo sia il suo se stesso; e leggiermente ora in q u e s t a male; essendo ella nimica de' letti ma ora in qnella parte si fermava; p e r c i o c trimoniali, ed in nessuna guisa dispo- che essendo egli innamorato, e p e r a v ta ad amare: anzi, come io credo, sen ventura mezzo ubiriaco, il suo p e n s i e sa dubbio alcuno e stata aduggiata: e ro si volgeva or qua or la, sensa l u o m i rendo certo, che tu la curerai, es go fermo tenere; e la mente sua q u a sendo tu nostro famigliare, ed essendo si in uno sdrucciolo tra am endue l e in ogni cosa prudentissimo. lo gli pro- passioni si dibatteva , di maniera c h e raisi, ch e, s' io avessi conosciuto qual | 1 ' amoroso impeto all'ubriacch easa% e fosse il suo male, l averei con ogni mio ubriacchezza ad amare lo s p i n g e v a .

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LI B R T E R Z
fine (anto fa 1 * infinite e me sbadigliare, che gli altri ancoche quivi era d o , si accorsero ?ra indisposto. Laonde Caricle, ben risguarda to, rivolto a me uanto e mai difficil cosa il ta cora costui e stato da qualche occhio aduggiato; e mi pare > to sia lo stesso male, che ha Per la Dea Iside, dissio, cheledesimo male; ed e ben dritto, >e disdicevole. E nel vero dopo era il piu bello di tutta la pomdunque stavamo in questi raoti. Ma essendo gia venuto il :he portandosi intorno il calice r ino, si dava a tutti bere, Teate innanxi agli altri, ed invito a fare il somigliante. Essendo uto a me, io ne lo ringraxiai. 1egli ch io non lo prendeva, ch io lo schernissi, mi fer'sso un ardente ed acuto sguarie avvedutosi C aricle, gli disse non beveva vino , ne mangiava nati. Domandandolo egli della Egli e , soggiunse Caricle, della citta di M enfi, ed e della Dea Isid e. Quando egli b io era Egiziano e Profeta, mente d una grande allegrezxa e come chi ha ritrovato a caso lesoro, cosi egli tutto lieto lei piedi fe* recar dell acqua, e i bevi, o soavissimo uomo. Ma ne con questo convito concedi lesto modo d invitare a bere, ora io t* ho invitalo in segno e di benevolenza . Egli e buon diss io , o ottimo Teagene, ppi appo voi essere tale costucosi detto, preso il bicchiero ua, bevea. 11 convito ebbe in tamenti fin ej onde tutti ci partornandosi ciascuno alia sua Io era volto col pensiero a molto piu caldamente, che non la novella conosrensta si richieFornato ch io fui alia mia abiroe n entrai nel letto, dove a senza punto dormire mi stetti ndo meco stesso mille pensieri al fatto de due giovani, riceruttavia quai fosse il fine , e l in
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tendimento dell oracolo. M j essendo gia d intorno a mezxa notte, vidi A pol line e D iana, ovvero, mi parve di ve d ergli, e non li vidi veramente; l uno de quali conduceva per mano Teagene, e 1 altra Carichia ; e chiamatomi per nome, mi dissero: sappt ch egli e gia tempo di tornare alia patria j percioc che tale h il voler de Fati . Partiti dunque , e mena teco in compagnia co storo, che da noi hai ricevuti ; e trattali non ahramente., che se ti fossero figliuoli; dipoi mandali lungi dalla terra di E gitto, dove, e come piu agli D ii piacera. E cosi dotto disparvero, mo strandomi che quel ch io vedeva, non era in sogno, ma era la stessa verita. Io delle cose vedute ogn altra parte intendeva: ma non sapcva in quai po poli , ed in quai paese volessero gli D ii ch io mandassi costoro. Disse allora Cnemone: o padre, ci racconlerai di poi queste cose, che tu hai di poi conosciute. Ma dimmi ora, come dicevi tu che gli D ii ti aveano dimostralo, che non ti erano venuli in sogno, ma ti erano veramente apparitil E d egli: in quel modo, o figliuolo, che oscu ramenle ne arcenna il saggio Omero . Benche molti leggiermente quello oscu ro luogo trapassano. Mostraronmi dun que d esser veramente D ii, perciocche, siccome egli quivi dice, Che de* pie le vestigie, e delle gambe Conobbe sdrucciolar partendo il Dio, forse ti pajo ancli io uno di que mol ti, disse allora Cnemone; e per darlomi a vedere, hai fatto di quei versi memoria , de' quali io ritengo il semplice sentimeoto, da poi in qua che essendo scolare ne inlesi le parole, ma non ho mai potuto intendere la divina intelligcnza , ch e in essi seminata. Ca lasiride , stato alqnanto sopra di se, ed alzata la mente alle cose piu secrete e divine disse, o Cnem one, gli D ii e Genj nostri qualora vengono a noi, o da noi si parlono, rade volte prendono forma d altro animale, ma per lo piu in uomini si trasformano, acciocche con la somigliauza nostra , piu agevolmente ne traggano ad imaginare cbe siano D ii, e quantunque dagli scelcrali ed impuri non siano conosciuti, non e

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T E A G E N E

C A R I C H I A

pero che i saggi e buoni non gli co noscano. Possono anche conoscersi agli occhi perciocche assai fisso risguardano, ne baltono mai le palpebre. L andar loro e , non per separazione o muta zione de piedi, ma piuttosto per un certo impeto e non impedito movimento aereo, di maniera, cbe fendono laere, e non camminano . Laonde gli Egiziani fanno le statue degli D ii co pie giunli, ma in guisa, che pare cbe si niuovano . L a quale cosa intendendo beaiscimo Om ero, come Egiziano , e ben istrutto della scienza delle cose sacre, lasciolla ne suoi versi sotto oscurila descritla, volendo cbe coloro 1 ' inlendesaero, cbe erano a cio sufficient!: onde disse, Quinci a lui fiero gli occhi di Minerva, Quindi apparvero quei del Dio del Mare j Che de* pie le vestigie, e delle gambe Conobbe scrucciolar partendo *1 Dio. Cioe sdrucciolando andare. Perciocche questo vuoi dire (pstv ) sdrucciolar partendo; e non come alcuui ingannati intendono, volendo ch ei dicaj facilmente conobbe. O c.ivinissimo uomo, disse Cnemone, molto bene mi hai instrutto di queste sacre cose. Ma avendo tu spesse volte chiamato Omero Egiziano ( il che insino a queslo giorno nessuno ha forse udito) io non posso non prestartene fede; ma ben ti priego stieltamente, che tu vogli rendermene una certa ragione. Ed egli: o Cnemone, sebben ora e fuor di tempo disputare di questa cosa, non dimeno 1 * intenderai, ma brevemente . T u devi sapere am ico, che Omero e da diversi diversamenle chiamalo (e sia ogni citta patria a cosi savio uomo), ma in vero egli era de* nostri d Egit to ; e la patria sua, siccome egli stesso vuole, fu Tebe la grande, cbe ha cento porte: il padre suo fu per quello, che si pensava , un pro feta ; ma il vero suo padre fu Mercurio. L a cagione, che juel Profeta fu credulo padre dOmero, u questa, che facendo la moglie di costui alcuni sacrificj secondo il costu me della patria , e dormendo nel tem pio, lo Dio si giacque con esso le i, e genero Om ero, il quale nel suo nascimenlo porto seco alcun segno di quello

dissimile congiungimento; perciocche nell una, e nell altra anguinag\u ta bito nello stesso par to gli nacquerc spessi e lunghi peli; onde , raendicaudc egli appresso altre gen ti, e m assim a mente appresso i G re c i, ne acquisti il nome d* Omero. Conciosiacosacbe non dicendo egli il suo nome, anzi nop palesando pure la patria o l sangue fu da coloro, che lo conobbero, il ie g n o , che egli avea intorno al corpo preso per nom e. Qual fu la cagiow disse Cnemone; ch egli celo il noun della patria , e voile andar pellegrinan do? Ed egli: perche fu scacciato di suo padre, quando uscito della fan ciullezza fu eletto nel numero de sa cerdoti; perciocche al segno cbe eg] avea nel corpo, fu conosciulo ewe has tard o . Laonde egli studiosaraent voile per tal cagione celar sempre 1 sua patria , e voile andarla cercand per ogni citta . E mi pare, soggiun* Cnemone, che tu mi abbi dichiarat queste cose bene e secondo la veritii perciocche io vado congielturando, prendo gagliarda e piacevole risoluzioo dalle sue poesie, che egli sia Egizianc cbe egli abbia avuto l eccellenza de 1 ingegno , e che egli non avrebbe co di gran lunga trapassati gli altri, sen; aver qualche sostentamento di qualcl divioa liberalila, e parcntela. Ma p( ch e, o Calasiride, tu mi hai dimostra la divinita d Om ero, tornami on dire quello, che poscia av venne de cj tuoi. Ed egli: cose alle prime somiglian erano miei compagni il vegghiare; < verse deliberazioui, i pensieri della noi amici. Mi rallegrava di aver ricovra alquanto delle gia perdute sperans sperando di dover tornare nella patr i Mi aiHiggeva considerando che Cari dovesse res tar privo della figliuola. N sapeva risolvermi come io dovessi cc dur meco i giovani, e come io dov si ordinare e accomodare questa p tita. L a fuga non mi parea sicui perciocche non sapea come potessii nasconderci, ne dove potessimo a a vamento ridurci; e stava dubbioso, meglio era andar per terra, o per ma e in somma io mi trovava in una fi tempesta di pensieri, di m aniera, <

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lanente della notte stetti tutto iato, senza punto dormire. E non or bene apparito il giorno, quanpolli fecero strepito , e 10 seqtii ciullo chiamare. 11 mio famiglio nando: dimmi chi sei tu , che a porta, e che eerchi ? ed egli , come era Teagene di TessaI mio famiglio me lo fe sapere; tutto lieto gli comandai, che lo sse dentro , parendomi che per so gia mi si parasse davanti il io de* pensieri ch io aveva alle perciocche io faceva argomento , avendo nel convito inteso ch'io iziano e profeta venisse a me, > gli fossi nel suo amor favoressendo , siccome io credo, nel di molti, i quali stimavano che enza degli Egiziani fosse una *on la m ia; ma 1 ' intendevano erciocche quella fe una popolar 1 , e diro quasi terrena, serva i o l i ; che solamente intende in corpi de'morti: macchiata der* ogni suo potere ha negl* inposto: e in somraa, ne essa fe >cr cosa alcuna, ne reca ad al oe i suoi seguaci. Ella assai so inganna per se stessa, mette a industria in cose vili e abcome fe immaginazione delle e non sono, quasi che siano, seria delle azioni che sono in aspettazione. E ritrovatrice di fande , e ministra di lascivi piaia questa, figliuol m io , fe la ^ienza; da eui cotesta degenera , ne d i lei altro ch e 'l nome: in Sacerdoti e Profeti da giovaesercitiamo. Questa risguarda alle cose celesti: ragiona con ; ed essendo partecipe dell* inde m ig lio ri, esamina il corso leti, onde ne acquis ta la cognielle cose avvenire. Ella in tutto >nando queste cattive cose terette ogni sua cura in cose one3egli uom ini veramente degne. ce di lei , io sono stato buon fuor di casa m ia, acciocchfe , da prima ti dissi, mi levassi alle miserie* da lei predettemi, battaglia che i miei figliuoli

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dovevano insieme avere: ma questo sia rimesso nfl voler de* F a ti, e degli altrt D ii , nel cui potere fe riposto che d o abbia, o non abbia effetto; e i quali non tanto per questa cagione hanno ]>ermesso c h 'io mi parta della patria; quanta essendo intesi nel ritrovare di Carichia; il che come avvenisse, otdinatamente intenderai. Poichfe T ea gene fu entrato dentro, ed ebbemi salutato, io umanamente gli rendei il saluto, e faltolomi sedere a lato vici no al letto , gli domandai, quai ne cessity lo conducesse qu iti cosi innan zi giorno. Ed egli, tenutasi per buona pezza la mano al volto, disse alia fine: tutto trem o; m i vergogno di aprirti il mio secreto. E mi parve allora tem po di d are, e credere a costui miracoli, e mostrar d indovinare quello, ch'io sapeva. Laonde, risguardatolo con piu allegrezza nel volto, gli dissi: seb ben tu temi di dirlomi, sappi nondime no che alia sapienza nostra, e a' nostii D ii non fe alcuna cosa ce la ta .E stato alquanto sopra di m e, e messe alcune pietruccie sopra le dita: che non venivano a dir n ulla; e rabuffatemi lc chiom e, facendo mostra d* esser soprappreso da divino furore gli dissi: o fi. gliuolo, tu siei innamorato. Egli, veggeodo ch* io aveva indovinato , tutto si scosse: ma soggiungendo io, di Ca richia ; stimando egli che io quello stesso da D io conoscessi, quasi prostrato mi si inginocchio davanti: ma ritenendolo io , risalito in piede, piu volte mi bacio in fronte, e rendendo grazie agli D i i , ch' ei non era rimaso della sua speranza ingannato, mi chiamava conservatore della sua salute; perciocche se non avesse ritrovato presta aita, era impossibile ch 'egli avesse potuto vivere, tanto era grave 1 ' afianno, che lo premeva, e tanto lo consumava 1 * amorosa passione; massimamen te che allora primieramente per prova conosceva Am ore; e con giuramenti affermava che non avea ancora avuto pratica di donna alcuna. Conciosiaco sache , prima ch ei fosse dalla belta di Carichia vin to , e legato, disprezzo non solamente tutte le donne; ma an cora le nozze stesse, e gli Amori se

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t e a g e n e

c a r i c h i a

mai n udiva ragionare. E die cio era avvenuto, non perche e' fosse di sua natura continente; ma perche per addietro non avea veduta donna che gli fosse paruta degna d' essere amata : e cosi dicendo comincio a piangere, come colui, che pure a forza era stato vinto da una fanciulla . Io lo racconsolai, dicendogli: s ia 'd i buono animo, poiche sei pur ricorso a noi . Sara dunque ella tale, che possa resislere alia sapienza nostra? Ella nel vero e molto rigido, ed e quasi impossibile spingcrla ad amare . Ella disprezza Venere , e le nozze in guisa, che le ne dispiace insino al no me . Nondimeno per cagion di te sun disposto tenlare ogni cosa. Non sai tu che arte sa molto bene sforzar Ia na tura? Solamente voglio che lu sii di buon animo; e che ti disponga a fare tutto quello, che fia di bisogno secon do ch 'io tinsegnero. Egli mi promise di fare ogni cosa in quel modo, ch io gli comanderci, sebbea io gl' imponessi ch ei dovesse venire all arme. O.a mentre egli slreltameute mi pregava di questo aiFure, promellendomi iu premio ogni suo avere ; venne uno mandato da Caricle, il quale mi disse: Ca ricle li prega, che tu venga insin qua da lu i, che e qui vicino nel tempio d* Apolline, che gli consacra una can zone, ed e alquanto travaglialo iulorno a certi sogni . Io subilo drizzatomi, e licenziato Teagene, me n' andai nel tempio, dove trovai Caricle, die tutto mesto, e con spessi gemiti si slava in un seggio a sedere. Onde accoslalomig li, lo domandai: perche sei tu cosi mesto e turbalo? Ed egli: non ti par forse ch' io n abbia cagione ? Io sono tulto spaventato per certi sogni, e poi per quaulo mi si dice, la mia figliuo la c piu indisposta che mai, e ha trapassata lulta questa notte senza punto dormire . Emtni il suo male per ogni rispetto moleslo; ma ora maggiormen te , perciocche per domani s e determinata la solcnnila dei giuochi; dove si costuma che colui, che ha cura del tempio, porga le faci a coloro, che corrono armali, e dia il premia della viltoria. Onde I* una delle due cose deve di necessila accaderne; o veramente che,

non essendoci ella, il costume della natria si corrompa; o veramente che, sforzandosi ella di venirvi, il suo male ne di venga molto piu crudele . T u d u n que, poiche prima non Thai ajulata , ajutandola ora, e trovando al suo male qualche rimedio , quanto a noi faresli quello, che amicizia nostra richiede; e quanto a D io , laresti opera pia e religiosa. So ben i o , che volendo lu , non li e cosa alcuna difficile; e secon do che lu m hai detto, non e ai profeti impossibile il sanare gli aduggiati, anzi ad ogni grande affare danno agevolmcnte compimenlo. I o , facendo il savio ancora con esso lui, gli aticrm ai. che faccva picciola stima di simil caso; e lo pregai che la facesse veuir q u iv i presente, perciocche era di non p iccio la iuiporlanza , ch ella vi fosse a ll o r d i nate della medicina. Ma per ora a n d ia mo, disse, a trovar lei; che meglio c o n sidereremo il suo male; e le porgeretm quella maggior consolazione, ch e sia possibile. E voglio ancora C a ricle, che lu parli alquanto coo la tua figliu ola iulorno a casi m iei; e che me le dii a conoscere per raccomandato e lu o fa migliare, accioccbe ella piu douaeslica menle se ue venga meco , e n o n si sdegni, ch io liberamente m e n e vad . a lei. Andiamo, disse Caricle, c h e que sto si fara. Dopo che noi fu m m o g iu n l alia sua presenza; chi p otreL be ma dire, quale ella fosse ? Ella e ra t u l U n potere della passione; erano f u g g it i fiori delle sue guancie; e la fiamm degli occhi suoi dalle lagrim e q u a s i d gran copia d acque pareva essere sp ei ta. Nondimeno dopo che ci el>l>e v e d u si raffreno, sforcandosi di in tie r a m e n ridurree la voce, e lo sguardo a lia l o r s lila forma. Caricle abbracciatala e b a c i tala ben mille volte, senza la scia r a d d ic t segno alcuno di amorevolezza, g l i d isj O figliuola, o dolce figliuola, a m e d u que tuo padre cerchi n a s c o n d e re il ti male ? e essendo stata a d u g g ia t a , la non aUrimeuti che se tu i o g i u r i a s s i non fossi ingiuriata, essendo s t a l a offl da quegli occhi, che t h a n n o i n v i d j samente risguardata? Ma s i i d i L u o j animo, ch egli e venuto in t u a a it a C lasiride, il quale sopra m o lto b e n

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L I
[ualche rimedio a cotesto tuo i e, se alruoo ve n fe, ecrel) in questa divina arte; e ole Profeta, e sia da fanciulJto cura delle cose sagre; a aggiugne ( il rhe e maggior ra cosa) ch egli e nostro granimico. Sicche convenevole sae (u libera mente ti contentassi i incantasse, o gli li dessi in ie io qualunque modo li me : massimamente essendo tu socon sa\j e iadoviui. Carichia

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non rispose , ma accenno in guisa, che dimostro allegramenle arcettare ch io 1 ajulas&i. cosi per allora dopo que sti ragionamenti ci partimmo. Caricle torno da poco a ricordarmi quello, di che prima m avea streltamente prcgat o , ch io con ogni studio e cura vedessi, se in modo alcuno poteva indurre Carichia a desiderare le nozze e amicizia degli uomini. Io ne lo mandai lui to lieto, promcttendogli, che *1 Suo volere ia brieve sarebbe compiulo.

LIBRO

QUARTO

iente giorno, il combaltimento desto e pronto a vedere quello, ch'eglt ai F itj ebbe fin e, ma quello am a. Avendo egli dunque presentilo iovani prendeva vigore; essen- che cio doveva avvenire, stava solacome io credo) principe e giu- menle in questo con la mente inteso, re; e studiando ostinatamente di maniera , che vedulala, non si pole per il mezzo di questi due contenere (eiamisi messo sludiosamente a ti, i quali egli avea in campo a lato) che con sommessa voce non un atrocissimo singolare ab- mi dicesse: questa e quella Carichia; o . Bappresentavansi dunque ma io gli coirandai ch ei tacesse. Ora :bi nel cospello di tutta la al cbiamar dellaraldo si fe* avanti uno e sotto 1 arbitrio del pubblico armato alia lrggiera, uomo nel vero detto degli Anfizioni. Essen- di gran valore, e cbe si ripulava so que magnificamente apprestate pra ogni allro famuso, e cbe gia ia ltre cose, che faceano a cio piu abbattimenli era stato incoronato; e ri, araldo con gran voce non vi ebbe dunque alcuno che allora che si facessero avanti pri- volesse andargli contro, temendo (sic ite i corridori; poscia i lotta- come io credo) ciascuno di afirontarsi idi g li schermidori delle maz- con esso l u i . G li Anfizioni dunque lo 1 1 a fine gli armati. E Carichia mandarono fuori; perciocche le leggi nistra del tempio, subilamente non permettono che a colui che non i lampo apparve nell* ultima ba comballuto si conceda la corona. 1 corso. ella volen- Colui diceva giusta cosa essere che per per servare il costume della 1 araldo si pubblicasse, se alcuno vae maggiormente (siccome io vea, che volesse combattere; la quai )erando di vedere in qualche cosa i Prefetti de giuochi comandarono eagene. Ella nella man sini- che si facesse. L araldo dunque pubLava una lampada acccsa, e blicamente bandi, che cbiunque voleva tra teneva un ramo di palma. combaltere si facesse avanti. Teagene rima quivi apparita, che tutli ; allora voltomisi disse, coslui chiama alori si volsero verso le i; ne j m e . Ed io a lu i: come chiama egli fu piu degli altri tardo a ve- te ? Cosi sara come io ti d ico , padre, erciocche Tamanle e sempre I soggiunse eglij perciocche io non po-

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T E A G K E

C A R I C H I A

Irei mai sofferire, che in mia presenza, c dinanzi agli occhi m iei, un altro apportasse il premio della vittoria per le mani di Carichia. Ma stimi tu nulla, diss' io , infelicc successo e la vergognu che quinci potesli riportare? E chi sara, disse e g li, da tanto desiderio spronato di vedere e appressarsi a Ca richia , che mi corra innante ? E a cui >otra aspetto suo accomodar piu veoci ale, e trarlo a se volando? Non sai tu, che gli scrittori danno lale ad Amore, volendo oscuramente dimostrare la leggerezza degli amanti? Ma se egli e lecilo agli amauli procedere con qual che arroganza; ti dico che oggi nes suno polra gloriarsi d avermi rnesso i piedi innanzi. Cosi dicendo con un sallo si fe' avanti ; e dato il suo nome, e manifestato il suo sangue, fu per sorte eletto a dover correre. Veslilosi dunque armi, si pose in sulle mosse, sutnmamente desiderando di dover cor rere, tanto che mai volentieri e difficilinenle poteva aspettare il segno della tromba . Slava egli con grave e orrevole aspetlo, e tale, quale Omero descrive Achille combaltere in sulle rive di Scamandro . Mossersi tutti i Greci a questo maraviglioso spettacolo; e tutti facevano voli per la vitloria di Teage n e, non altrimenli che se eglino stessi combatlessero. Certamenle la bellezza ha grandissima forza d'indurre alia sua Lenevolenza coloro, che la veggiono . Nemmeno degli altri tutta si mosse Ca richia ; ed io , che di gia stava a cio intenlo, la vidi in mille maniere mutare . Avendo dunque l'araldo con alta voce, si che fu da lutli udito, annuncialo che si dovea correre , e avendo pubblicamente nominato Ormenone di Arcadia, e Teagene di Tessaglia, fu rono allentate le mosse, e fu cominciato il corso, il quale era tanto veloce che avanzava quasi la velocila degli occhi. Ora la giovane non poteva piu trovar posa : anzi alzando i piedi sollecitava quasi i passi; non altrimenli che ( secondo ch* io credo) alzata con la mente verso Teagene, insieme con lui sollecitasse il corso. G li altri spcttalori stavano lutli intesi nel fine di tal cosa, e ripieni di timore; ma io

tnolto piu di tutti, avvegna che pet lo innaUzi mi avessi proposto di aver cura di lu i, come di figliuolo. E 'n o n h maraviglia, disse Cnemone, che qu elli, che vedevano ed erano quivi presenti, avessero timore; conciosiacosache ora anch io temO per cagion di T e a g e n e ; e ti priego che tosto mi racconti s e g li fu dichiarato vincitore . Ed e g li: sappi, Cnemone, che poiche fu giun lo al mezzo del corso, rivoltosi alquanto e risguardato Ormenone; also in alto lo scudo; ed essendo tutto con gli o cch i inteso in Carichia, alia fine pervenne al desiato termine, lasciatosi dietro il cosi veloce corridore Arcadico.La plehe sten deudo le mani, prendeva amisurare qu cllo spazio, chegli si avea lasciato d ie tro . Egli correudo insin cola, dove era C a richia, mostrando non potersi riten ere per impeto del correre, studiosam ente gli si lascio cadere in seno; e p re n dendo il ramo della palm a, io m a v v id i, ch* ei le bacio la mano. T u m 'h a i, disse Cnemone, ora alia fine tu tto co o * fortato, dicendomi ch* ei vinse e le Lacio la mano. Ma dimmi, che segu l p o i 1 Ed egli: lu non solamente n on t i sazii d udire, ma ancora non ti la sci v in cerc dal sonno: ell'e pur passstta gia gran parte della notte; e tu s t a i an ! cora desto, ne li rechi a noja qu este i nostro lungo ragionamento? O p a d re , disse Cnemone: lo non poco m i ma raviglio di Omero, avvegna c h e e g l abbia detto, che come d e ll*a ltre co se cosi anche dell amicizia d iv e n ia m o sa zii. Perciocche ( secondo il p a r e r m io ella non e giammai rin c rcsc e v o le 5 non solamente quella , che a n o i p e uso reca somino piacere; m a n e q u e l la ancora, di cui abbiamo p e r fa m notizia . E chi [sarebbe d i c o s i f e r r e o adamantino cuore, che se n te n d o r ic o i dare gli amori di Teagene e d i C a ri ch ia, non si rinlenerisse tu tto , e noi ascollasse volentieri u n 'a n n o i n t e r o Segui dunque di raccontarmi i l rim s nenle. Ed egli: Teagene fu in c o r o n a to ; fu dichiarato vincitore; f u d a t u t ti sommamente lodato. C a rich ia d i n u c vo veggendo Teagene, rim ase a p o rts mente del tutto vin la; e si d i e d e v i piu che prima tutta in poter d e l d i s k

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L I B R O
bfe qaalora gli araanti si vegsieme, si rinovella ia essi la d^lle amorose passioni; e la trudia e consuma loro la mentelletto, non altrimenti che *1 secco legno. Ella dunque tor> casa, ebbe quella notte alle omigliante, anzi piu molesta. ligliantemente non potei dor rrciocche discorreva meco doendoci rfoi in fuga, potessimo rci j nemmeno andava ravvollove lo Dio volesse mandare >vani. Io giudicava che la fuga tvesse essere per mare, stiman; per lo detto dell Oracolo, isse, ido del mar le rapide onde, d el Sole aWarsa e nera terra. fosse di bisogno mandare i olamente una risoluzione vi ; e questa era, se in modo potessi intenderlo per la fa il Carichia fu dalla madre getla quaie ( siccome Caricle mi udita riferito ) era dipinto il fatti della fanciulla; perciocimil cosa mi parea poter quinire e la patria ed il padre e di l e i , di che io i nsino alstato sospeso; perche forse ano i Fati mandarla. Laonde tar dell* alba me n andai aldi Carichia, e trovai che tutri famigliari piangevano, ma i di tutti Caricle. Io faltomi> lo domandai; che vuol dir ompiglio ? Ed eg li: il male i figliuola e fieramente cre1 ba avuta questa passata not;giore che mai per addietro d io a lu i: sta su, e voi altri te di qua. Solamrnte un di ?rbi il Trespolo, il Iauro, il l incenso. Ma non sia alcuno tri, insino a tanto che io non liamato. Comando Caricle che cesse; e cosi fu fatto. Io dunclie me ne fu dato l agio, coome se recitassi in scena, a certa finzione. E fatte le suf> ni con incenso, e mostrando lorio delle labbra porger prieo, tulta dal capo ai piedi se-

Q U A R T O

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gnava spesso Carichia con alloro $ pure avendo cosi fatto buona p e iza , sbadagliando a guisa di sonnolento, anzi piuttosto vecchio , feci fine, mol to insieme con la giovane quasi scioc camente cianciando. Ella spesso giran do il capo sorrideva, quasi mostrando ch io m ingannava , ne conosceva quale fosse il suo male. Io alia fine posto mele a sedere a lato dissi: non teme r e , o figliuola, che la tua infermila e leggiera, ed agevole a curare. L* in vidia t ha dato di morso, ed allora forse che tu andassi nella pompa j ma molto piu allora cbe tu fosti proposta a dare il premio della vittoria; e vado sospettando che colui, che ti ha maggiormente invidiata, non sia stato Teagene ; quello , cbe corse armato. Io m avvid i, che egli slava spas so tutto a mirarti intento ; e volgeva verso te un catlivo occhio. Ed ella: coslui o che m abbia con cattivo oc chio mirata, o no, stiasi con Dio. Ma dimmi, di quai paese e egli, che io v i di tutto il popolo stargli d intorno ripieno di maraviglia? T u udisti dal araldo, diss io, ch egli e di Tessaglia, allora, ch ei fu giudicato vincilore. La slit pe sua dice egli esser discesa da Achil le ; ed a me pare ch ei dica il vero, volendo prender congiettura dalla grandezza e bellezza sua, la quale nel vero pare che rappresenti la generosita d A chille; ma non gia la sua superbia ed alterezza; anzi mitigandosi addolcisce 1asprezza dellanimo suo. Nondimeno, sebbene egli e tale, avendo lo sguardo all invidia sottoposto, ed avendoti con la sua vista aduggiata , piaccia a Dio chei pata molto maggior pena, che non fa ad alcuni patire . E ella, o padre, disse, io li ringrazio del dolore che tu porti del mio male; ma dimmi, perche beslemmi tu senza cagione colui, che for se non mha in cosa alcuna ingiuriata? perciocche, per quello che mi pare, non 1 invidia e quella che mi lormenta, ma qualche altro male. Ed io: o figliuola, cosi dunque mi nascondi il tuo male? Perche non lo dici tu ardilamente, accio possiamo trovarqi qualche rimedio? Non ti sono io padre in eta, e molto maggiormente in amore? Non sono io

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T E A G E N E

E CARICHIA
dissi, non esser cos) pronto a correre: perciocche questo non e negoxio da prenderlo in fretta; ne ella e cosa vile e gettata nel mezzo della stnda, che la debba raccorre ognnno: aa zi per farla come si conviene, e sen za pericolo, vi bisogna mare m atoro consiglio e grande apparecchio. Noe sai t u , che padre della fanciolla e il principale tra D elfi? Non sai ta, cbe le leggi condannano a morte qaeslitalit I o , diss* e g li, non euro di morire, acquistando Carichia . Nondimeno, se ti par m eglio, conveniamoci col padre, e domandiamogliela per moglie. Per ciocche non sareroo forse riputati io degni d* esser parenti di Caricle . E non ci succedera , diss io. Non perche egli possa in modo alcuno schivare li tua nobilla ; ma perche 1 ha di gia pro messa per moglie ad un figliuolo d'oa suo fratello. E non andra impunito. disse Teagene , chiunque e* sia. E dicoti che nessuno altro e per aver Ca richia per moglie mentre io avro tila. Non si stara oziosa questa mano,e qoe* sta mia spada. T aci, diss io , che me avremo di tal cosa bisogno; fa Umente che tu m ubbidisca ; e che la faccia tutto quello ch* io ti diro. E p ora partiti quinci; e abbi cura di dob esservi vedulo appressare; anti statu quieto , e Ion tan o da ogni pratka. Egb si parti, ma con mesto volto. Il segoeote giorno Caricle trovatomi, come prima mi vide corsomi incontro, mi bacw molte volte in fro n te, dicendo ct* spesse ed alte voci: questa e la sapieaaz, questa e 1* amicizia! E stata pree co lei ch'era cosi diflficile a prendere; e staU vinta colei , che non si poteva vincere. Carichia e innammorata . Io a qoesto dire tutto divenni lieto , e alzate le ciglia cominciai molto a vantanni* di cendo: ell* era manifesta cosa , ch* ella non avrebbe pur sostenuto il mio primo assalto; ancor ch io non alAia sect messo in opra il mio inaggior potere. Ma dim m i, Caricle, come a v e t e v o i allri conosciuto ch* ella sia innammoc ta? Per averti ubbidito, diss egli. Per ciocche avendo io ( secondo che In mi ammonisti ) menati a vederla ip *p* rimentati m edici; e ofierto loro, se po-

famigliare e amicissimo di tuo padre T Manifestami il tuo male. Fidati di me. Giurero, se tu vuoi, di non ne dir nulla. Dillo, non aver dubbio alcuno. Non aggiunger gravezza al tuo male con la taciturnila: peaciocche non e cosi grave passione, che presto conoaciuta non si medichi agevolmente: ma invecchiata e quasi senza rimedio. E sappi che *1 tacere e nutrimento dei mali, ma qualora sono manifesli, sono agevoli a sanare. Ella a questo mio di re stata alquanto sopra di se, mostran do nello aspetto infinite mulazioni, e subiti affetti della mente, mi disse: Non mi dar noja per oggi'; e domani intenderai il tutto, se gia tu non lo sai per presunzione, come colui, che vuoi mostrar d* esser indovino. Io drizzatoini me n uscii fuori; concedendole che nel seguente giorno dovesse dichiararmi quello, ch ella seco stessa si vergognava manifestare. Caricle mi fu sotto domandandomi: che hai tu da dirmi? lo gli raccontai beni&simo il tutto, cioe che nel seguente giurno ella sarebbe liberata della passione, che l afiliggev a : cosi detlo mi partii, acciocche non Caricle mi domandasse di cosa alcuna piu avanti* Non mi era quindi molto dilungato, quando io vidi Teagene, che si andava intorno al tempio raggiran do,e discorrendo non so che tra se stesso, quasi che gli paresse assai il vedere solamente abitazione di Cari chia : rivoltomi dunque altrove, mi gli accostai, fingendo non averlo vedulo. Ed egli: Dio ti salvi disse, o ottimo Calasiride; ascolta un poco, chio non aspettava qui altri che te . Io subitamente mi rivolsi, e dissi: Questi e Teagene il bello; ma io non m era accorlo di te . Ed egli, come sono io hello, non essendo tale, ch io possa piacere a Carichia ? Io sdegnato in vista gli d issi; tu non li rimani ancora dingiuriar m e, e 1 arte m ia, da cui ella e gia stata vinta, e sforzata ad amartiT e sappi, Teagene, che non e cosa ch ella tanto bram i, quanto il vederti. Ed egli: Carichia hrama vedermi? Perche dunque non mi men tu a lei? e cosi dicendo s'avviava innanzi. Ma i o , presolo per la giubba, fermati,

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jvarvi alcun rimedio , ogni ia ricompensa ; subito chei trati dentro, e ebbero dohe mai fosse il suo ; ella voi ii, canto con alta voce quel mero j leo figliuol famoso A chille t assai di tutti gli altri Greci. saggio Acestino ( tu conosci valente uomo ) presag li la ella mano, ancor che ella lo pensava per arterie e per udicare qual fosse il suo male; ( come io credo ) il polso da indizj de movimenti del cuo10 dunque stato buona pezza considerazione; e piu volte 11 su esaminatolo, mi disse: , tn ci hai chiamati qui sen j perciocche nessun medico ire a costei giovamento al allora gridai: O D ii 1 che mi unque muore la mia figliuoi'a in tutto fuor di speran li; non li dare afianno; ma trattomi in disparte dalla dagli allri, mi parld in tal ,a professione dellarte no oedicare le infermita del cor ovare alle passioni delVani fe nostra principal professiomeno, quando la pena delene per essere il corpo in Uora puo dal medico essere i questa fanciulla e inferma, il corpo, perciocche ella non a da umore alcuno j non e la doglia di testa; non sof io ardore di febbre; e in i ha infermita alcuna ne in In tutto *\ corpo, di manice da farvi sopra allro giu dimeno , pregandolo io , e che giusta cosa era, ch ei tasse tutto quello, che n in i disse: E conoscerebbe insiiciullo cbe questa sua passiotirao, e cbe suo male senza 10 e amore. Non vedilu ct>me 11 occhi? come disordinata ra? come s impallidisce neli sebben non ne incolpa la cuore, nondimeno non puo la mente? Non vedi ch ella 10TICI

dice ci6 cbe le viene alia bocca? Nou vedi chella non puo dormire, ne ha di cio scusa alcuna? Non vedi come subitamente e stata da una fiera noja soprafiatla? Bi sogna dunque o Caricle cbe tu solo, se fia possibile, vegga di r*trovarne il vero. cosi detto, si parti. lo dun que correndo me ne son venuto a te, che sei la mia salute e mio Dio; che tu solo sei quello, cbe le puoi giova re; il cbe non pur io , ma ella stessa conosce. Perciocche temendo io non poco , e comandandole che mi dovesse dire qual fosse il suo m ale; ella mi rispose che uon lo couosceva; ma bea sapea che solamente Calasiride poteva medicarla j e mi prego ch* io ti chiamassi dentro da le i. Laonde io oltimamente ho compreso, ch* ella e fatta prigioniera della tua sapiensa. Ed io a lu i: Come tn sai ch*ella fe innamor a la , mi sai tu dire ancora di cui? Ed egli: Non per lo Dio A polline; perciocche come, o donde vuoi tu ch*io abbia questo conosciuto ? Ben vorrei, piuttosto cbe ogni grande avere, ch* ella fosse innamorata cU A lea meno figliuolo di mio fratello, il quale io , quanto per me s*e potuto, gia lungo tempo e , le bo voluto dar per marito. Dicendogli i o , cb ei poteva farne la pro ve , conducendole il giovanetto davanti, si ch ella lo vedesse; egli coramendalomi si p arti. Ma essendo gia andato avanti buono spazio della piazza y d i nuovo ritrovatomi disse: Io t* bo da dire una calliva nuova; la mia fjgliuola pare indemoniata, tanto sono gli atti suoi nuovi e mostruosi. lo , come tu mi dicesli, condussi a lei Alcameno, e le mostrai ch egli era assai bello e leggiadro. Ma ella non allramente che se veduto avesse il capo di Medusa, o qualche altro piu infame mostro, mise un grande e orreudo stride, e si rivolse ad un* altro lato della stanza , e rccatosi per le mani un laccio, minacciava con giuramenti affermando che si strango lerebbe, se tosto non ne parlivamo.. Noi piuttosto ch ella non disse, ci partimmo da le i, perciocche, chc dovevarno noi fare veggendo una cosi grande insolenza? D i nuovo dunque ti preghiamo che tu non vogli veder lei
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meda, e dopo loro Metnnone. Ceslot dunque avendo comodamente edifica il regal palagio, 1 adornarnno ancoi di bellissime dipinture. Nelle sale e ix gli andili aveano scolpite e descnl 1immagini e fatti degli altri nostri m a, giori; ma nelle camere avea rilratli $ amori di Andromeda e di P e r s e o . 0 < avvenne un gio rn o , costriugendo n < l estivo sonno a riposare, che qaivi meriggio ci ponemmo a giaccre (ej era gia il decimo anno, poiche Idas; mi prese per sua moglie, ne avevan ancora avuio figliuoli) e allora tuo p dre si congiunse meco, gititandomicb< sogno glie lo avea comandato; onde incontanente senlii i p r i n c i p j della gt vidanza . Laonde tulto il tempo ch fai gravida insino al tempo del part il popolo tulto stette in continuva legrezza e speranza, il re dovere an successore della stirpe suaj si facea sacrificj agli D ii, ringraziandoli di ta lo beneficio. Ma dopo ch* io t* ebbi pi torita bianca, e risplendente di col< diverso a quello degli Etiopi, in quai a m e , io conobbi che fosse di cio sti cagione: perciocche questo avvenne | essermi io quivi con mio marito g ciu la; conciosiacosache parandonaisi quella dipintura davanti Androme< e mostrandomisi altresi lenissimo 1* mato Perseo ( poco innanzi 1 avea ( dallo scoglio liberate) e* non avvei che io in quel punto prendessi for simile a l e i . Io dunque conoscei che color tuo mi notava d adultei perciocche sebbene io la cagione ne cessi, nessuno v* avrebbe che mi cred< c o m maraviglioso accidente j delibera berar me da vituperoso fine; e t e , tanto desiderata nascesli, rilorre al d bio aw enim ento, o di manifesta n te , o d essere pubblicamente chian bastarda. Laond e, avendo finto mio marilo che tu eri subitanM morta, occulta mente e senza fam e rola li getlai alia fortuna j e gettai co iiiNieine quanto piu di tesoro p in premia di chi ti salvavaje ti a* nai di altri ricchi doni; e ti ravi in questa fascia, dove si narrano i e miei miserabili accidenti, i quai con le lagrime, che per lua ca g

m orire, ne che noi restiamo ingannati Telia nostra speranza. O Caricle, die s i o , (u non hai errata dicendo che la fanciulla e indemoniata; perciocche tu devi sapere , ch ella e combattuta da quella virtu , ch io l bo messa a dosso , la quale non e delle minime ; ma tale, quale a lei si convenivaj ed e spinta a fare quello, a che ella non era naturalmente inchinata j ne avrebbe voluto esser costrette a farlo. Ma e* mi pare che vi sia qualche contrario, che impedisca questo aflarej e si sia contraposto ai miei sergenti . Laonde egli h gia tempo che tu mi moslri la iiiscia, nella quale la fanciulla fu gettata; la quale tu mi dicesti aver ricevuta insieme con gli altri segni e ornatnenli suoi. Perciocche io temo che non le sia stata fatta qualche incanlagione, la quai sia cagione della rigidezza dellanimo suo ; e vi sia stata scrilta da qual che suo nemico, il quale sin dalle fa scie abbia ordinato ch ella debba mo rire senza amore, e senza figliuoli. Lodo Caricle questo mio pensieroj e-partitos i , non stette molto cbe mi reco la fascia scritta di lettere Etiopiche non gia popolari, anzi regali, e quasi somiglianti a quelle degli E gizian i, che sono chiamate sacre. Leggendole dun que , trovai che quelle lettere cosi dieevano: wlo Persina Regina degli Etiopi do questo ultimo dono a costei, che sara cbiamata mia figliuola solamente insi no al parlo; e disegno questa lamentevole scrittura . D icoti, Cnem one, chio rimasi tulto atlonito avendo udito il nome di Persina. Lessi nondimeno il rimanente, che diceva in questa ma niera. Io chiamo in testimonio il Sole primo nostro padre, che io non ti fo in giuria alcuna, dolce figliuolina, abbandonandoti ed esponendoti via ora che tu sei nataj ne ti ho nascosa accio non ti veggia il padre tuo Idaspe. Nondiineno io voglio scusarmi e appresso di le , figliuola m ia, se pero tu resterai salva , e appo colui che ti raccorra, se B io ha ordinuto cbe alcuno li raccolga , c appo tutii gli uom ini, palesando la cagione, che mi li fa esporre. I primi nostri padri furono degli D ii, il Sole, Bacco ; degli Eroi, Perseo, e Andro

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, col sangue ho disegnati; iu uno stesso tempo e prite madre, e ripiena altresi di di lamenti. O insino ad ogigliuola mia, quaudo tu reti iii sempre ricordevole della a , destando in te la nalia dai segoi di donnesca virlu 0 regale: sludia d assomiuoi maggiori, abbi a mente innansi a tutti gli allri te> ne con teco gellali d uno tonservaloti. Queslo e 1 anel 1 tuo padre mi sposo; e nel 0 vedrai scolpilo il segno re ella legalura e sacrato con ad ognuno giovevule e diulore. Questo e quello chio larli sapere. E poiche la for a privalo di potere teco parare vivi messaggi, ho rilrozzo della scrillura, la quale orse esser mu la e van a, e bbe a qualche tempo revarti jvameato; perciocche oscuioni della forluna, sono agli :ogntle. E , o indarno nala m hai attribuilo a pcccato lezza, se lu sarai salvata, tlura sara segno manifesto a icere; ma se il contrario ne 1 che voglia Dio ch' io non ii, serviratli per funeral pom laraentevoli e lagrimosi vere io ebbi lette queste cose, Anemone, conobbi ordine e n* ebbi non poca maraviuno stesso punto fui di piaafianno ripieno, e fui so da una certa nuova affeziomgeva e insiememente mi Rallegrav^mi per aver ri :llo , ch* io non sapeva ; e ia la raoluzione di quello a a fa re . Altristavami con 1 fine delle cose avvenire; la vita degli uom ini, la inslabile e travagliata, e e ora in uno stato, ora in mala : il che io allora otconobbi per gli avveniraenti a ; perciocche allora venni ne di molte cose j com e|di osse, e di quali fosse ere

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duta: quanto tempo fosse ch ella fu dalla patria levata j come per fur Luna ella avesse rjcevuto il nome di bastard a ; come col vero colore degli Etiopi ella avesse perduto 1* esser della stirpe regale . Stelti dunque buona pezza sen za sapermi risolvere, tutto uieslo per le cose passale, ue inleramente fidandomi del felice fine delle cose avveni re. Pure alia fine piu sanamenle di scorrendo, mi risolvei di non voler piu lardare; anzi di dovermi subilamente spedire. Me n andai dunque a C arichia, e la ritrovai tulta sola, gia stanca per lo soverchio afianno. E lla si sforzava con ogni perliuacia di li berarsene; ma il corpo era tutto affannoso, come quello che gia era in poter del male, e debole a resistere a cosi fiera passione. Io, comandando a quelli che quivi erano presenti cbe -si partissero, e che nessuno stesse a travagliarm ij perocche voleva fare alcune invocazioni e prieghi per la fanciulla ; le dissi: Egli e gia tempo, o Carichia, che lu mi dica qual e il tuo male ; per ciocche cosi jeri mi promellesti. E non mi nascondere chi sia colui, a cui lu porli amore, che sai mollo bene v an corche lu non lo d ica, che agcvol co sa ra* e a sapere il tu llo . Ella pre&omi per mano, mi abbraccio; e comincio a piangere, dicendo; O ollimo Calasiride, poiche, come tu hai voluto , hai cono sciuto il mio m ale, concedemi queslo per lo primo servigio ch io ti chiedoj lasciami tacendo vivere in questo afiitnno j e fa ch io abbia questo guadagno, della mia vergogna , ch io taccia quel le cose, le quali come che brutla cosa sia a sufferire, nondimeno piu brulla cosa e il palesarle E dicoti che grave noja mi arreca la fierezza del male, ma molto maggiore e il dolor ch io sopporlo, di non averlo nel principio vinlo. E massimamenle'essendo stata oppressa \ da una passione, la qUale per laddie tro io non ho mai senlita; e la quale solamente ad udirla macchia il sanlissimo nome della verginila. Io dunque, lodandole questo suo proposito, le dis si: O figliuola m ia, tu fai molto bene per doppj rispelti a tacere il mai tuo; primieramente, perche a me non fa di

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)iiogno imparare ora quello, che molti giorni sono per lo mezzo dellarte mia bo conosciuto ; e poi ragionevol cosa e che tu ti vergogni di palesar quello, che tutte le donne devono nascondcre. Ora poiche tu hai pur provale le forze d* amore, e 1 * aspetlo di Teagene e quello, cbe t ha vinta (questo ho io conosciuto per divina rivelazione) tu non sei sola, ne la prima, che sia a tal passione sottoposla ; anzi hai com pagnia di molle nobili donne, e di molte vergini in ogni altro affure con lincntissime. Perciocche Amore e molto piu potente degli allri D ii, e diresi ch' ei gli ha gia tutti superali. Avverli adunque di ottimamcnte disporre di questi tuoi nuovi accidenti, acciocche, non avendolo tu piu prcvato, questo principio d Amore ti sia felice; ed es sendo prigioniera, conservi intero il saggio tuo proponimento . L e quai cose, se tu mi vorrai credere, agevolmente ti succederanno; e potrai liberarli dal disonesto uome della lussuria, e prenderc con legittime convcnzioni i suoi congiungimenti, e rivolgere il luo male in allegre nozze. Parlalo ch 'io l'ebbi in culal guisa, dicoti Cnemone, ch io la vidi tutta molle di molto sudore; c aperlamente dimostrava rallegrarsi per le cose udite, esser atiannosa per le cose ch ella sperava, e vcrgognarsi per esser stata presa da A m ore. Laonde dopo aver taciulo alquanto, mi disse: O Padre, tu battczzi questo mio iallo col nome di nozze , e mi conibrli a prendere questo partito; quasi che lu sappi che mio padre sia per accordarvisi , e che il mio nemico sia per fare il medesimo . Quanto al giovane , diss io la cosa nostra e ferma; conciosiacosache egli mosso da somiglianti cagioni, e preso in lacci forse piu duri che tu non sei; acciocche ( siccome io credo) gli animi vostri nella prima vista conobbero il merilo scambievolmenteadamen due convenevole; e cosi amendue fu rono da egual passione oppressi; e io per farti servigio, ho accresciulo grandemente in lui il desiderio con la mia scienza. Quanto a colui che e creduto tuo padre; egli s' apparecchia di darti un altro marito, il quale e Alcameno;

tu lo conosci bene. Ed ella; ad Alca mono sia piuttosto apparecchiala la se poltura, che le mie nozze: che io , c saro di Teagane, o della M orte. Ma tu dimmi, ti priego, onde sai che Ca ricle non e mio padre, ma e cosi cre duto? Da questa, diss io, mostrandoh la fascia; ed ella: donde o come l hai tu avuta? Perciocche da indi io qui ch ei mi ricevette in Egitto da que fu ggilivo , e mi condusse q u a , ne I saprei dir come me la tolse, e l h sempre tenuta riposta in una cassa, ac cio non sia dalla vecchiezza consume ta. Ed io: come io 1abbia avuta lin tenderai dipoi: ma ora dimmi, intenc tu le cose che son qui scritle? Dices domi ella di non intendere; questa f; scia , diss io, racconta quai sia la lu stirpe, quai sia la tua nazione, e qn sia slata la tua fortuna. Ella mi prej ch io le aprissi tulto q u e llo , ch n intendeva. Onde iu le raccontai tutto, leggendo quella scrittura a par a parte, e di parola in parola dichi randogliela. Ella p o i, che ebbe con sciulo se stessa , destando maggiormen ardire per la nobilta del sangue si disse ; che ti par dunque c h ' io degj fare? lo allora cominciai a dirle p apertamente il parer m io , aprendole lutto inlieramenle come s ta v a , dice dole : o figliuola, io venni gia nel p; se degli Etiopi desideroso d appar: la sapienza loro, e divenni faniiglu di Persina tua madre; perciocche regal palagio ebbe sempremai per ar ca e domestica la nazione d o s a v j. 10 vi fui sommamente onorato , per carvi a religione la sapiensa d egli E ziani come aumenlo di quella d egli E l p i . Ora avendo {ua madre inteso c l doveva partirmi alia volla d i casa , tomi prima con giuramento prom olt di non palesarlo, mi racconto appi 11 tulto de fatti tu o i; dicend om i non avrebbe mai avuto ard ire d i f larne co savj del paese; e pregon ! ch io intendessi dagli D i i , s e , essei | tu stata esposta, eri da a lc u n o s salvata; e poscia in che p aese t a fc perciocche non s era mai u d i t o nu j alcuna ( come e natural c o s t u m e ) alcuna cotale e cotanto o r n a t e . A>

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dunque secondo la divina riilto sapere il tutto, cioe, come iva, ed ancbe dove ta eri, ella ) mi prego ch* io dovessi cerpregarti cbe ta tornassi alia Perciocche dopo ch* ella par era rimasta sterile e sensa fied era apparecchiala, se mai comparissi, confessare a tuo Uo questo accidente ; percioccerta di doverlogli persuadere: nenle avendo egli per essere se men le vissuto, per esperienxa, iguisione della vita sua: avendo ransa alcuna grandissimo deside r figliuoli che gli debbanosucce eslo mi disse ella, e pregommi a are ; ncercandomi ch io le pro sotlo il sacramento di Apolli tal giuramento non e lecito ad nenle contravvenire . lo dun venuto a fare, quanto ella mi 1 io con giuramento le promi son gia venuto qua principal questo; ma per lo gran voDii dell' andar mio vagabondo, o guadagnalo. Io sono stato igo tempo oxioso come .tu sai, ii lascialo addielro parle alcu11a osservansa verso' di le, che tempo fa ti si conveniva. Io e taciuto la verita, aspeltando enisse occasione di poterla pa d aspeltando cbe in qualche desse nelle mani questa fajcehe ella mi facesse fede apquanto io doveva dirti. Ora lu seguire il mio consiglio, ;irli quinci con esso noi pri tu sii coslrelta di fare a tuo cosa, che non ti piaccia ; e tente sollecilando Caricle di far fra te ed Alcameno; puoi ricostirpe, la patria, e i luoi mag)i coD giungerti con Teagene, presto di seguilarli dovunvorrem o. Puoi mular questa vagabonda vita, vivendo nel tria Regina , e regnando col imo Teagene, se pero si dcr fede alcuna agli altri D ii, racolo d* A polline; e subito assi a m em oria, e le dichiach ei voleva intendere, per

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ciocche ella molto ben I*avea,in men He, pero che molti 1 avevan cantato. Sollevata dunque da qoesto mio dire, cosi mi disse: poiche, siccome tu mi d ic i, ed io mi perxuado , gli D ii vogliono cb io questa faccia, dimmi pa dre come debbo io in cio governarmi? E i ti convien finger, diss' io , di consenlire a queste nosse con Alcameno. Ed ella: malagevole e brutta cosa mi fia, bencbe con la sola promessa, picndere alcuno altro innansi a Teagene. Non dimeno io mi son rimessa nelle ma ni degli D ii e tue: ma quale deve es sere il termine e la maniera di questa finsione, accio la promessa si disciolga avanti, che ella si conduca ad effelto? Ed io: tu conoscerai al procedere; per ciocche molte cose sono, le quali, es^endo dalle donne discorse, le recano spavento; ma se all incontro siano sensa pensarvi fatte sono per lo piu con maggiore ardire Iratte a buon fine. Fa* so lamente, cbe nellaltre cose lu seguiti i miei consigli, e cbe ora concorra in un stesso volere con Caricle d intorno al fullo delle ncsse ; perciocche egli non fa cosa alcuna sensa mio consiglio. E l la mi promise di cosi fare, onde io la lasciai cbe piangeva . E subito partilomi di casa, veggio Caricle cbe era per la mia dimora lutto mesto, e tulto d affanni ripieno; e gli dissi: o valenl uomo, quanto bisognava che tu mi fossi die tro, cbe tu ti rallegrassi, che lu appreslarsi il sacrificio agli D ii, per aver conseguito quello, cbe hai lungo tem po desiderato, essendosi Carichia con molt arte, e con molto mio sapere pur piegata al desiderio delle nozze! ed ora con meslo v o llo , e pieno di catlivi pen sieri, non sapendo quello cbe tu tabbi, a falica li rilieni di piangere? Ed egli: e perche non debbo io cio fare; dovendo la mia dolcissima figliuola, forse prima che questo avvenga, passar da quesla vita? se pero si deve dar fede alcu na a* sogni; e non solamente a quelli cbe mi sono allre voile apparili, ma a quelli ancora, che mi hanno questa nolte tutto spaventato. Perciocche ei mi pareva cbe un aquila mandata di mano d* Apolline P ilio , subitamente volando, mi traesse a forsa la mia fi

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datomene a Teagene, gli domandai : dove sono i tnoi fatnigUari, i quali con esso leco diedero compimento alia solenne pompa ? Ed e g li: le g io v a n i, disse, sono andate via, e l ho tnauda* le innanle, accio se ne vadano con piti agio: giacche i giovani non la volevano patir^. e gia tulti turbati s* appreslavano di doversene ritornare a ca sa . l o , udito questo , e comandatogli quello, che dovea dire , a que* giovani, e quello allresi ch* egli dovea fa r e ; ed imposlog!i cbe dovesse stare inleso al1 occasione, ch* io quando tempo fosse gli darei, mi par(ii da lu i, e con fret ta me n andai al lempio d* Apolline P ilio , per pregarlo che per via deb r O a c o lo mi dirhiarasse, quai dovesse essere la mia fuga insieme con que*gio* vani. Sono gli D ii piu veloci d ogni nostro pensiero, e souo favorevoli alle cose che si fanno di volonta lo r o , < bene spesso primn che siano doman dati rispondono a ll altrui dom ande: < cosi allora avvenne. Perciocche A p d line mi rispose prima che io di null: lo domandassi; e con fatli mi disegm quello, cbe con parole mi voleva dire conciosiacosache essendo io sollecit* d intorno a questi pensieri, ed acco slandomi ( come io (4 diceva ) al lu c g dell Oracolo, ed andando tu tla via io nanzi, mi rilenne una certa v o c e . ( valent uomo, sollecita , poiche co s i d< mandano i forostieri ( celebravano esj in onore di Ercole un publico c o n rit con canli e suoni di pifero ). I o udit questo nii fermai; perciocche non m ei lecito passare avanti la sacra vocc Laonde, ricevuto incenso, fe i il sj crificio, e mi aspersi con l'a c q n a . C I loro, che quivi si trovavano, erat come stupefatti della m agnificeoza d miei sacrificj. Ma parendo loro c o n v nevole che anch'io dovessi c o a es; loro godere di quel co n vito , l o co sen liij e postomi a sedere a q u el mensa, clie i mirli e gli allori av ea i a que forestieri quivi d is le s o , c d a suggiati de* cibi clie quivi si u savam ( dissi loro: lo non ho hisogno d i qu slo soavissimo convito, e non s o an c I ra ne per fama chi voi siale. V o r i 1 dunque che voi mi diceste e q u a li

glinola ( oim el) del mio seno; e po scia si p.irlisse portandola in non stf quai ultima parte del mondo, d* alcuni oscuri idoli cd ombre tutte ripiena: ma alb fine non potei conoscere quel, ch ella ne facesse; perciocche grande spazio, che c era in mezzo, impcdiva la vista si, che non poleva agguagliare il suo volo. Avcndomi egli delle lai cose, io nel vero compresi quel, cbe quel sogno volea significare: ma cercando rimover lui da quell* allanno, e fare che scaccia-sse lungi da se ogni sospello delle cose avvenire, gli dissi: Egli e necessario chio creda che tu abbi in sogno vedule que ste cose per opera del piu indovino degli D ii; perciocche questo sogno non t'amonisce egli delle future nozze della tu figliuola? L aquila non signiBca il marito che la deve prendere? Non li predice egli, che quesle cose si faranno di volonta d*Apolline, e che qua* si per le sue mani si condurra queslo marilaggio? e tu ti attristi di questa visione, e trai il sogno a caltivo sentimento. Indoviniamoci o Caricle, indoviniamoci bene; e concorriamo nel voler de migliori; e voltiamoci a metter nel cuore ogn* ora piu queste nozze alia fanciulla. Egli mi domando, che cosa potrebbe esser piu accomodata a persuadergliela? Ed io , se tu a sorte avessi qualche ricca gioja, qualche veste fregiata d oro , o qualche pregiata colluna , portagliela come doni man dati da suo m arilo, e donandogliele, placa Carichia; che oro e le geinme sono di valore insuperabile a piegar le donne: ei ti conviene oltre a cio mettere in punto tulto q u el, che si richiede alia festa delle nozze; percioc che Bisogna concbiuderle, mentre la giovane sforzata dall arle mia non puo mular volere'. Pensa, diss egli, che non sia per mancar nulla di quanlo a me si apparliene: e partissi spronato dall*allegrezza a dare eilelto alle sue parole: e senza indugio alcuno fece ( come io di poi conohbi) lullo quello ch* io gli consigliai: porlandole ( come doni mandati da Alcameno ) una ricca folia, e i gioielli e collane di Etiopia, le quali Persina per segnali ed orna ment! avea cou esso lei geltale. Io an

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vedere) agli Dii certamcnle gratissimo, lo voglio venire ( diss'io ) se mi con ceded uno solo giorno, accioccbfe io mi possa meltere in punto. Ed e u ij noi ti concederemo tutto dumani, pur che doman da sera tu ti trovi al mare: perciocche ancora le notti sono molto accomodate al navigarn, quando con soavi aure spingono le tranquille navi dal porto. Io mi convenni con esso loro c i cosi fare, confermata prima con giuramento la promessa ch essi non par tirebbono prima ch io arrivassi; e cosi gli lasciai qu iv i, che ancora erano inturno a cantij ed a balli, i quali me navano a uua certa usanza Assiriana, al vcloce suono di alcune celerette , talora con leggier salti si leva vano in aere, talora si lasciavuo cad ere in terra, muUndo tutto il corpo in guisa cbe parcano morli. Io dunque essendo pervenuto a Carichia , la quale avea ancora in seno, e slava rimirando i doni poilati a lei da Caricle; e dopo lei essendo andato a Teagene, gli ammonii amendue di quanto doveano fare ed in che modo; e quindi, andatomcne a casa, stava tutto inleso nelle cose av venire. Quello che si fece il se guente giorno fu questo. Avendo giii la mezzu nolle sepolla la citla nel son no , una brigala di lascivi giovani armali si raun.irono dinnanzi I abitazione di Carichia. Era capo di questa amorosa battaglia Teagene, il quale dopo la pompa della processione mise i giovani in ordine; ed essi dopo un grande e subito grid o, stordendo con lo slrcpilo degli scudi loro, cbe qual che tempo seulivano, saltaroiio dentro in casa con le faci accese , ed agevol cosa fu loro sforzare le prime porte: perciocche il serraglio era ad inganno acconcio in guisa, cbe poleva agevolmente essere aperto . Rapirono dunque costoro Carichia riccamenle ornata, la quale avea tulto questo antiveduto, e j volenlieri soiiiiva questa loro forza, e con esso lei ne portarono delle robe di casa, | j quelle che piii le furono a grado, Questi | giovani, poi che furono uscili di casa, gri dando lutlaglia, e facendo un grandisI simo strepilo con gli scudi, scorsero tulta la cilta , di maniera che riempi-

ele; perciocche io stimo, rhe uomini volgari e rozzi convenreaendo ad una medesima menin medesimo sacrificio, e comini loro amicizia ne'saeri cibi, toscia senza avere un dellal11a. Essi dunque dissero coerano di Tiro di F enicia, e e loro era il mercatantare, e e;avano alia volta di Cartagine , e cbe conducevano quivi ai ma nave con mille debitori fallili e d'Eliopia, edi Fenicia, e che lebravano in onore d Ercole el pubblico convito, per me ;lla ricevuta vittoria da un 0 , il quale mi mostrarono cbe a sedere sopra tutti gli altri, >rnato il capo d una corona, quivi rimaso vincitore de' celebrando la vittoriosa Tiro a* G reci. Perciocche ( dicevando noi trapassata Malea, e contrarj venti essendoci accosola di Ceialena , costui chia1 testimonio il Dio della patria on giuramenli aflermava cbe gli avea pronosticata la vit ei dovea oltenere nei giuochi onde, siccome con prieghi e ti ci persuase a lasciare il pro ggio, cosi con opere ci fece e di quel pronostico ; percioci gia mercatante fu onorevolrhiarato vincitore, ed ora cerescnlf sacrificio in onore del ite D io , ringraziaudolo e famoria della ricevuta vittoria; e sappi, valent uomo, che ll alba del giorno vogliamo qu in ci, se pero i venti spi nostri desiri favorevoli. Sielissi io ) del tutto risoluli di Certamenle s i, risposero. Ed n avrete per compagno, quanccia, perciocche mi conviene ue mie bisogna navigare in d a v o i, volendo andare in nviene navigare alia volta di >la. Se tu vorrai venire con ( soggiunsero e ssi) ei non ci > e ci mancbi cosa alcuna di uendo con un uomo savio , ( come la sperienza da a di

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C A R I C H I A

rooo gli abitatori di essa di timore in- gene pieno arbitrio dei fatti miei y m credibile; perciocche la oscuritk della consideri quanto sia infido gnirdano notte molto loro giovava a farli parere uno amante, quando egli e divenuto piu orribili j aiutavagli eziandio il mon possessore della cosa amata, e massi* te Paroaso, il quale rimbombando al ma mente non ci avendo alcuno a cui suono delle lor finte grida, pareva che ei debba avere riverenza. Percioccfce rispondesse loro. In tale maniera scor- (siccome io stimo) maggiore direnne il sero tulta la citta di Delfo , vicendevol- suo ardore , quando ei vide essergK mente e spesso chiamando Carichia: e davanti la cosa desiderata , ed essefgii come prima furono fuori della citta se affatto contesa, non solamente per li ne fuggirono verso i monti de* Locri e presente occasione, ma ancora maggior degli E tei. Teagene e Carichia volen- mente per le occasioni avvenire. Laonde do dar compimento a quanto s* era pri- io non li lascero mai partire, se prim ma ordinato, lasciati que* giovani di non mi e con giuramento confer*to Tessaglia, nascosamente se ne fuggiro ch io possa star sicura appresso di T a eco no a m e, e geltatimisi davanti in gi- gene, e che egli non avra a far m nocchioni, stettero cosi buona pezza, nulla in atto Venereo prima, cbe noi e tutti di paura tremando dicevano: siamo della famiglia e patria nostra in salvaci, padre. Carichia non pole dir teramente ristorati j o se pure la nimipiu avanli: ma tenendo gli occhi fissi ca fortuna lo ci vielasse , ch ei no in terra, si stava tutta arrossita per si congiugnerk meco prima , che questo suo nuovo fatto. Ma Teagene sia fermamente disposta di divenbr non si restava di tuttavia pregarmi. O donna; e quando cio non mi pares Calasiride (diceva egli) salva i pellegrini, se, che egli non mi toceheri mai. lb scacciali dalla palria loro, tuoi famiglia- ravigliandomi io di tai parole, ed aP ri j salva coloro, che hanno abbando- fermando che cosi dovea farsi, ed aren* nata ogn altra cosa, acciocche guadagni do gia racceso il fuoco nello altare, e no solamente di potersi godere insieme. cominciato a dare 1 incenso, Teagene Salva ne casi avvenire coloro, che sono giuro; quantunque diceva egli, questo stali giudicati schiavi d un caslo amore, richiederim di giuramento e un* occulta e da cui sono stati falti prigioni, e che maniera di notarmi d infedelta, per* vanno vagabonds nel vero di loro vo ciocche io non potro apertamente m *> lonta, ma allegramente; e che hanno nifestare quai sia l animo mio, cosriposla in te tutta la speranza della loro ciosiacosache ciascuno stimera ch io si* salute. Io a questo parlare rimasi tutto ! slato costretto dal timore del giuramento. confuso; e per cagion de due giovani Giuro nondimeno e per Apolline Pitio, col cuore piuttosto, che con gli occhi e per D iana; e per la stessa Venere, liigrimai, tanto che essi non se ne av- e per gli A m ori, ch* ei farebbe lotto yidero, ed io restai alquanto allcggeri quello che volesse Carichia, e lo con* to: quindi fattigli drizzare, e racconso fermo; e cosi chiamando gli D ii in te laligli, e data loro buona speranza del- stimonio, queste e molte allre cose, 1*avvenire , con dire loro, che questa oltre a queste insieme, si promisero. Io, cosa avea avuto cominciamento, ed ori- andalomene quasi correndo a casa < h gine dalla volonta degli D e i, gli la Caricle , Irovai tulta la casa pieoa di sciava, dicendo: Io vado per atten- pianti e lamenli; perciocche erano gii dere al rimanente di questo fatto: voi venuti a lui quelli che abilavano con aspettatemi q u i, e guardate diligen* Carichia, e gli aveano fatto saper co tissimamente di non essere veduli da me ella era stata rapita: concorrevanori alcuno, e cosi dicendo mi partiva. Ma ancora i cittadini in gran copia, e sU ~ Carichia presomi per la vesta non mi vano intorno a Caricle, il quale mise lasciava partire, e diceva: O padre, raniente piangeva , e cosi raunati slava questo e un principio d* ingiuria, anzi no senza sapere ue come il fatto stes * piuttosto di tradimento, se tu parten- ne quello che dovevano fare, lo dandoti mi lasci sola, concedendo a Tea que con alle voci gridai: o mahragi

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die Tool dir questo? voi mi alto smarriti, e che aspeltate sedere senza dire o far nulla ? io stimo che come voi sete osi ancora abbiate perduta la I* intelletto; non dovreste voi in arme essere dietro a nemiovreste cercare di prendere e loro, cbe v* hanno fatta una ria? Disse allora Caricle: egli proposito volersi ora opporre i im press, perciocche io mol nosco che io sopporto questa ira degli D ii, della quale io contro (secondo che mi pre >io), allorcbe andando fuor le* luoghi piu secreti del ternquello, che non mi era lecito ; e cosi all'incontro ho doogni dovere privarmi della telle cose, che io amava sopra re. Risposero gli altri tutti: ero cosa alcuna , che ci vieti are ancora con gli D ii, ma a che alcuni di noi andassero lo , per vedere se avessimo loscere chi si sia messo a cosi colo. E d egli rivolto a m e, ie di Tessaglia, disse, quello I te cosi mirakile, quello, che i per amico, Teagene e stato, rani, ch'erano seco. Non si g li, d iss'io , trovare alcuno , che insino ad ora fossero cilia ? sia* su dunque, e fa popolo a consiglio . F u cio e fatto , e i principal! proche si dovesse comandare >; e ne diedero il segno alia a trom ba, laonde allora il ju ivi presente, e questa raui moltitudine fu il notturno I consiglio. Allora C aricle, nel mezzo di tutli, spargenito ed amaro pianto cosi coagionare: V oi forse, o Del6, ii qui drizzato in mezzo di stimate ch 'io voglia per me farvi sapere i miei danni, i abbia falti qui raunare, :ere la grandezza delle mie ia I'inlendimento mio non e ircioccbe io nel vero vivo bene spesso la m orte, non
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solamente per la presente fatale solitudine, ma ancora per vedere nello av* venire la casa mia sola, ed insiememenle vota di tutta la sua piu chiara (ami* glia. Nondimeno la comune durezza di tutti gli uomini ed una vana speranza mi costringono a tollerare questi aSan n i, proponendomi avanli come per fermo, quello che io volontieri ascolto, c h 'io sia per ritrovare la mia figliuo la ; ma molto piu m' induce a tale sofferensa la nostra ciltk, la quale io spero che debba vedere la pena acerbamento riscossa da coloro, che ci hanno cosi fattamenle ingiuriati, se pero quei gio vani di Tessaglia non ci hanno privati della nostra libera volonta, e dello sdegno cbe noi dobbiamo prender per ca gione della patria e de' suoi D e i: conciosiacosacbe, quello ch'fe di piu importanza di tutto il resto, que'pochi giovani carolatori stimati cosi da bene, que' ministri della contemplasione , si partono avendo svergognata la princi pal cilta de' Greci, ed avendo spogliato il tempio d Apolline Pitio della sua piu presiosa ricchezza, di Carichia, ahime 1 della luce degli occhi miei . O contra di me implacabile pertinacia della fortuna ! Ella, come voi sapete, insie me con le faci maritali, mi estinse la mia prima e leggittima figliuola; ella mi tolse la macbre di le i, che si mori di dolore; ella mi scaccio dalla patria. Ma tutte queste miserie dopo ch 'io ebbi Carirh ia , mi erano agevoli a sofierire. Carichia era la vita m ia: Carichia era la speranza che la mia stirpe non dovesse mancare: Carichia era la mia con solazione: Carichia insomma era il mio soslcgno f e 1 ancora della mia n avef ed anche questa mi e stata spezsata, e tolta da qualsisia stata nimica tempesta disegnata contro di me. Ne mi ha fatto questo la fortuna a caso, e senza rispetto di tempo; anzi allora , che men dovea ( siccome ella sempre suole ) , e quasi da indi in qua che io presi moglie s 'e crudelmente solaszata contro di m e, come se quelle nozze non fossero da tutli voi pubblicamente state desiderate e richieste. Segitando egli di parlare, e tutto risolvcndosi in pianto, il principale del con-

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CARICHIA.
eo lei, che ha cura del tem p io, noi debba piu stare a dare il premio a co loro, che corrono a rm a tip e rcio cch e , per quanto io potei comprendere, quin di Teagene diede principio alia sna sreleralezza: e da che egli prima la vide, siccome pare Yerisitnile, ebbe uell animo di rapirla: e non sara dun que, se non ben fatto d i tor via da noi nel tempo avvenire cosi la tli insulti. Essendosi questa cosa vinta fra tutti di maniera, che non fu p are an contrario, il principe del consiglio die de il segno del partire, e la tromba diede il segno della battaglia. Laonde si pose fine al consiglio per andare a combatlerc, e con isfrenato corso partend os i di la , dove s erano raunali andavano alia battaglia 5 e n o n sola mente quelli che potevano arm arsi ed erano di robusta e ta , ma i fanciulli csiandio ed insiememente i giovan etti, oggiungendo forza alia loro eta con la pronlezza dell anim o, aveano ardire d* inlrametlersi in cosi fatta spedisio ne. Anzi molte donne, fatte p iu ardite che non softre la natura loro , pren dendo quello che veniva loro a lle mani in vece d artni andavano scorrendo senza profillo alcuno; e posposta la femminile , e loro propria d eb o le ssa, sofierivano ogni gran falica. Avre&ti an che potuto vedere la battaglia do* veccbi contra la vecchiezza, che ag gu agliava quasi il potere al volere ; e la d ebolessa del corpo era acerbamenle accusata dalla prontezza dell animo. Tan to fu dunquo il dolore di tutta la citta per la rapin a di Carichia, che tulti quasi sp in U da uno stesso affetlo, senza aspettare il gio r no, si diedero universalmente a perseguire i nemici in g u isa , che * 1 d ire il fare fu tutto in un tempo.

siglto gli proibl il piu oltre d ir e ,e lo ie* trarre da parte, ed egli cosi comiu* cio : Caricle ha molto bene cagione ed ora e per 1 'addietro di piangere e di lumen tarsi; ma non menu ancor n o i, o uditori, siamo nella stessa sua pas sione inimersi , ne ci e nascoso che stando noi skigottiti al fiume delle co stui lagrim e, lasciamo perdere occa sioned la quale e di grandissima importanza in tutte le cose, e muKsimamente in quelle della guerra. Ora dun que uscendo noi di q u i, ci e qualche speransa di potere avere i nostri nimici nelle m ani, quando essi, non stf spettando d alcun nostro apparecchio, se ne vanno lentamente. E sappiate che il nostro tardare, il nostro lamentarsi, ansi starsi a guisa di vili l'eminelle, non e altro che un concedere loro maggiore agio di andare avanti. Che altro ora ci resla se non che es sere oltre a tante ingiurie beftcggiali da quo giovani? i quali io giudico cbe noi quanto piu tosto sia possihile an diamo a rilrovare, e gli crucifiggiamo, e vituperiamo ancora quelli che ver ranno dopo loro, rivolgendo la pena ancora contro tulta questa generaxione. Questo ne sara age vole a fare , se mossi noi a sdegno contra que di Tessa g lia , e non solo contro quelli, che si sono fuggiti, ma contra quanti saranno di tal gente, proibiremo per decreto che non facciano piu la conlem plasione, e non celebrino la solenne pompa e i sacrificj in onore di Neoptolemo, dichiarando per nostra pubhlica deliberazione che cio debba aver fine. Lodandosi ed approvendosi per parere del popolo quello ch egli avea detto, egli di nuovo disse, mettasi a p arlito, se cosi pare a ciascuno, che

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Erano i Delfi tutti in questi trava- | perseguitare que di Tessaglia, m i p o r gli occupati, ma quel ch ei si facessero, 1se occasione di fuggire. L ao nd e p m i non potei io sapere; perciocche il loro I meco i due giovani , cosi com e t o m i

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nella stews notte gli conduui e gli feci salire sopra la nave di :he allora volevano sciogliere , perciocche gia avvicinandosi on era loro avviso di rompere lento, essendo essi convenuli upettare un sol giorno e una e . Essendo dnnque noi quivi illegramente ci riceveltero j e ate a sforsa di remi tirarono nave fuor del porto. Ma poi piacevol vento da terra sofitro nell'um il mare, come se la poppa, allora spiegnte le ve nmisero a* venti. Avcvamo gia a nave volasse valirato il golfo i gli scogli di Etolia e di Ga rasti al dirimpetto del monte e gia all apparire del sole si 0 I isole Oxie, e il mare di Ma perche mi stendo io piu di tempo in questi ragionaerche inganno io me e te in > , traendo in lungo questo mio Lasciamo nel pelago quello tila, e riteniamo qui il ridi questo nostro ragionamen* endiamo al quanto di sonno; s sebben tu sei assai pronto , e gagliardamenle combatti sonno, io stimo nondimenone, che tu ti stancherai , 10 io ii parlamento de miei nsino a buona pezza di not1 sap pi, figliuolo, che la vec11 aggrava, e la memoria del iserie mi indebolisce i sensi che mi mena a dormire. [ue fin e , o padre, a questo , disse Cnem one, ma non he io ricusi di ud irlo; perbben tu molte notLi e anche i insieme consumassi in que nento , io credo che non mi in fa stid io , tanta e la piace *1 dilelto ch io v i trovo den11* e buona pessa cbe io ho ionare p er casa no certo rimmormorio dirpersone , ed era contensione ; ma non 4i ho n ulla tralto dal desiderio , che tu dovevi dire. Io non n u lla , disse Calatiride; forio sono per eta di piu gros

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so udire; pereio la veochiesta i ma lattia non meno dell* orecchie, che degli altri sensi; e forse ancora, per che io era troppo occupato nel ragio na re ; pure io stimo che sia tomato Nausicle, il padron di casa, ma o D ii I che avra egli fatto T Nausicle in contanenfe paratosi loro davanti, ho fa llo , disse, tutto quello ch* io desiderava; ne mi e nascoso, ottimo Calasiride, che tu sei stato in continovo pensiero de*fatti m iei, e con la mente hai quasi che fatto questo viaggio con esso meco. Ed io ho compreso ani mo tu o , non solamente per altri tuoi modi verso di m e , ma ancora per quelle cose, Ie quali entrando in casa ti ho trovale a raccontare. M a , dim mi , chi e questo forastiero ? Greco, ri spose Calasiride , il rimamente 1 * udirai poi. Ma t u , se hai lodevolmente fatto oosa alcuna di buono, falloci tosto sa pere, acciocche ci abbi teco partecipi della tua allegressa. A nsi, disse Nau sicle, anche voi inlenderele domani, e per ora bastivi di sapere, cli io ho acquistata una migliore T isbe; per ciocche bisogna che io con brieve son no prenda ristoro del travaglio avuto della lunga v ia , e degli allri disagj, e cosi dicendo si parti per fare quanto avea dello . Cnem one , udito il nome di T is b e , esclamo seco stesso, e per la slordiginne lu tlo dubbioso volgeva la m ente ora in u n o , ora in altro pen siero j e con spessi e profondi gcmili j tutto afflitto si stetlc il rimanente del la n o lle , di maniera cbe alia fine se nf at corse anrbe C uliisiride , il quale era oppres&o <ia prol'oudo sonno; pure driszatosi , e appoggiatosi sopra il gomi t o , lo domando quel che egli avcss e , e per qual cagione cosi gtavemente si afiliggesse, che parea quasi divenuto furioso. E perche non im pazziro io , disse Cnemone, udendo T is b e , essere viva? E Calasiride: chi e questa T isb e, che tu hai udila? E donde la conosci ? e perche ti dnole in tendere ch ella e viva? Ed egli: 1 *al tre cose le udirai allora, quando io ti racconiero i miei accidenli; ma che Tisbe sia m orta, l*ho veduto io con questi occhi stessi, e holla nell isola

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no piu m oleste, poiche mi h tolto co lui che volea, c potea consolarmi in questi affanni. Era la mia abitazione una spelonca de ladroni malagevole e profonda j ma che altro e questa casa che una sepoltura ? benche mi sarekhero lievi queste miserie ancora, se io vedessi presente c o lu i, che sopra tutte le cose mi e caro . E g li in quella spe lonca mi onoro viva con le sue lagri m e; e credendomi m orta, mi pianse, e come se io fossi di questa vita priva, sparse per mia cagione infinite lagrime e lam enli; ma ora son privata anche di queste consolazioni; non e meco colui, che era partecipe d ogni mia infelicita, e che egualmente partiva meco tutte le passioni, quasi comune peso. Ma ora sola , abbandonata, schiav a , e eolma di p ian ti, essendo sotto* posta a crudeli arbitrj della fortuna, e ritenendo a forza la v ita , come posso sperare che sia meco il mio dolcissimo amico ? Deh ! dimmi vita m ia , dove sei tu ora ? quai fortuna e stata la tua? Ahime sei schiavo anche t u , cbe solo sei d animo libero e non disposto a servire ad altrui che ad A m o re ! M a faccia Dio che tu almeno sii salvo , e venghi a qualche tempo a vedere la tua Tisbe, che cosi mi chiam erai, an cor che non vogli. Cnem one, u d ilo questo, non pole piu tem perarsi, ne pole sofferire di ascoltare il rim anente; anzi immaginandosi il resto dalle cose prima d e lle , e per ultime parole eredendo fermamente che ella fosse T is b e , non fu molto lontano a cader onorto dinnanzi a quelle porte ; pure co n fatica rattenutosi, duhitando n on esser quivi da alcuno soprappreso, p e rc io c che gia i galli aveano la seconda v o l ta can la to, si tomb addietro tu lto sto rd ito, ora percotendo de p ie d i, o r a u r tando sprovvedutamente nelle m u r a , dando della testa quando n e lim it a r i di sopra delle porte , quando i a a ltr e masserizie di casa, se per a v v e n lu r a alcuna ve n era che da* travi p e n d e s se; e poiche, dopo lungo a n d a r e e r rando pervenne alia camera , d o v e e g li dormiva, si getto incontanente an su l lelto , dove gli oppresse tutte le m e m bra un tremore, con uno sp e sso L a i

de Bifolchi con queste mani sotterrata. D o nn i, disse Calasiride; che non passerk molto, che sapremo come tal cosa slia. Io non potrei, disse Cuem one; ma attendi tu a riposarti, per che io non potrei vivere, se tantosto uscendo fu o ri, non cercassi con ogni induslria di sapere in qualche modo, qfual sia l errore, in che Nausicle e incorso; o almeno come sia , che solameote appresso gli Egiziani i morti risuscitino. Sorrise alquanto Calasiride a queste parole, e di nuovo si mise a dormire. Ma Cnemone uscito della ca mera , non si fermo punto, se non quanto pare che convenga ad nno che vada di notte errando per le tenebre, e in una casa dove non sia pratico. Avea egli animo, oltre ad ogni altra cosa, a sollecitare di liberarsi dal ti more e sospetto, ch egli avea di T i sbe; e alia fine essendosi spesso raggirato ora in uno, ora in altro luogo , senti un occulto e pietoso lamento, e simile alia canzone, cbe nella primavera piange di notte il lusignuolo. Tralto dunque da quel lamento, qua si che jaer mano all uscio della camera, si fermo e accostata orecchia al fesso dove le parti della porta si giungono insieme, stava ad udire e senti che ella si lamentaVa ancora in questa guisa: Io ripiena di tutte le miserie , essendo scampala dalle mani dei ladroni, credetti d* avere eziandio fuggila la micidiale e aspetlata m orte, e dovere il rimanente di questa mia vita vivere insieme con lu i, che io sopra tutte le cose am o; e sarebbemi stata una tal v ita , benche pellegrina e vaga, non dimeno con esso lui giocondissima j per ciocche nessuna cosa mi sarebbe accaduta cosi difficile, che io con esso lui non avessi age voi mente sopportata. Ma ora il Demonio alia cura di me destinato, non essendo ancor ben sazio, postami davanti una brieve dolcezza, mi ha nella fine di questa maniera ingannata. Io mi pensai aver fuggita la serv itu , e ora di nuovo mi veggio esser serva, e sono guardata in prigione: allora mi trovava in una isola e nelle tenebre: non sono queste a quelle dissifnili, anzi che, per dire il vero, so

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lend d i maniera, ch egli era vano solamente onesti e sinceri baci, nato in estremo pericolo, se conciosiacosache se Carichia avesse co e , avendolo sentito, non lo nosciuto Teagene incitato ad atti scen>bracciandolo riscaldato, e con venevoli, come sogliono gli uom ini, ole il meglio cbe potfe rac- 1* avrebbe con la ricordansa de giura; e poi ch egli ebbe alqoanlo menti raffrenati; ma egli senza diffi0 spirilo , Calasiride lo ricbiese co lli si conteneva, ansi cbe agevolmeu;ione di questa sua ambascia. te sofferiva di slar casto: e di quanto io ti dico c h 'io son m orto, egli era vinto di amore, di tanto sua maladetta Tisbe e pur viva, perava gli ap p elili. Ma poiche alia fine itlo cadde di nuovo tramorti- e cominciarono a pensare a quel, che isiride di nuovo gli fece i rime dovevano fore, furono costretti a pen andosi di ridurlo a sanila. Cer sare il* essersi a bastansa solassali. Laon che qualche Demonio befiava de Teagene comincio a ragiunare in il quale, come avviene in tut questa guisa: N o i, o Carichia, piu ie degli uom ini, gli avea fatte d cgni altra cosa desideriamo ( e ohl altre l>efie e scberni, ne gli pure gli D ii d e'G reci ce lo concedaiceduto parte alcuna di piacere, no ) di poter vivere insieme, e goder avesse noja mescolata: anti co- quel bene, che abbiamo piu di tutli di poi si conobbe, vi avea gli altri slimalo , e per cui abbiamo olate le miserie. Cio avviene, tutte queste miserie sostenute. E poi rche tale e il suo costume, che per una certa incostanza delle cose li ora dimostra, o forse, per- umane, che ci ha ora in uno, ora in iralmente gli uomini non san- allro errore trasportali, abbiamo non dere la semplice e vera alle- piccioli affanni sufferIi , oggi siam pure * siccome allora addivenne a in qualche buona speranza. Quel che ?, il quale stimando essere co- noi dobbiamo ora fare, e ch e, secon li quelle, cbe erano piacevo- do che ci siamo con Cnemone conve fuggi quello, che egli piu di n u li, andiamo al tutto con ogni precose desiderava j perciocche stezza alia villa di Chemmi. Ma per inesco la men to non era di T i- che noi non sappiamo in qual fortuna 1 era Carichia quella, che seco dobbiamo incorrere; e di qui alia ter lamentava in cotal guisa. Per- ra , che noi desideriamo, vi ha , secon p oi, che Tiamo se n* ando do che io slimo, un gran tratto di e fu fatto prigione, e J isola v ia , di che noi non abbiamo contesza, ata, e vota de Bifolcbi dessa facciamo alcuni segni tra n o i, coquali , Cnemone e Termute scudie- essendo presenti possiamo accennarci lamo passarono in sul matuti le cose, che non vorremo dire, e se dal la g o , per ispiare quel che mai accadesse che fossimo separati, avessero fatto di T iam o; sic possiamo domandare uno dell allro . gene e Carichia rimasero soli Perciocche di non picciolo giovamento lonca; il che essi si recarono e a coloro, cbe vanno crrando, avere i felicita, e la maggiore che qualche segno comune con gli am ici, ivvenir loro in quelle miserie; che giovi loro a potersi ritrovare. Loie ritrovandosi allora primiera- do Carichia tal pensiero, e cosi ordi>ieme sensa altra compagnia,sen narono, accedendo ch 'ei fossero divi> impedimento, di liberi e copio- s i, di scrivere ne lem pli, ovvero nel ci e abbracciamenti si saziarono; le statue famose , e negli sterpi e sassi el tutto in oblio ogni altro pen* degli sparlimenti delle v ie, in luogo ettero per grandissima pezza di Teagene, P ilico , e in luogo di Ca abbracciati e stretti in guisa richia, P ilia ; e dovcrlo scrivere nella ea che cosi fossero stati dalla destra o sinistra parte secondo che fos rodotti: erano pero giunti in- sero andati ed in qual cilia o v illa, puro e caslo am ore, e si da o nazione, aggiungendovi definilo il

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steremo senza alcun pro una vita affannosa e vagal>onda,e saravvi aggianto qualche nuovo scherzo con grave no stro danno. Non vedi tu , che alia no stra fuga ella oppone le navi de corsari ? e che agl inconvenient! del mare pone all incontro quelli d i terra molto piu malagevoli? Ora le b a ttag lie, po scia i ladro ni, poco di poi ci fa p r i gion i; quindi ci fa rhnaner s o li, e ci propone la liberazione e la fuga non im pedila; e quando siamo per p ren derla, l impedisce, e con lai battaglie ne schernisce, quasi che in scena ra p presentando i nostri m iseri ac cid en t!. Perche dunque non preveniam o not questo suo tragico apparecchio? perche non ci diamo noi nelle m ani a costo ro , che ci vogliono uccidere? accio non ella cerchi di fare il fine d i questa nostra favola piu acerbo, costrigendo ne a forza ad essere ucciditori d i noi stessi? Carichia non si accordava afEitto a questo affare; ella in accusare e biasimare la Fortuna era con esso Ini; ma non pero lodava cbe d i proprio volere dovcssero darsi nelle mani de* nemici. Perciocche ( diceva ella ) non siamo certi che essi prendendoci c i u c cidano j che cio ne sarebbe cosa fe licissima , che tosto ci libererebbe d i tutte le m iserie: anzi che forse aw errebbe ch e ci tenessero vivi in serv itu ; il che e piu acerbo di quai si voglia m o rte ; essendo sottoposti ai barltari strax j , ed a vituperose scellerate in giu rie, le quali noi dohbiamo comunque si sia , quanto ne fia possibile , sch ivare, prendendo speranza che cio ne debba v e n ir e fatto dalla sperienza cbe abbiamo d e lle paasale afllizioni, essendo gia spesse v o lt e di piu dubbiosi casi scam pati. F a cc ta mo dunque come ti piace, dicae T e a gene, ed avviossele dietro come tra tto a fo rza, ma non pervennero alia apelonca; anzi mentre guardavano a co loro che gli venivano incontro , fu ro no ingannati da una squadra d i n m i c i , i quali essendo scesi in u n ' a ltra parte dell isola, gli aveano circo u d ati dalla banda di dietro. L a o n d e oglino si fermarono tutti attoniti j e C a rich ia subitamente corse ai p ie di T e a g e n e , acciocche hisognandole morirc, raorisae

giorno e T o r : ed accadendo poi che icrveoissero amendue nel medesimo uogo, benche era segno bastevole il vedcrsi solamente, perciocche era impossibile che mai per alcun tempo si scancellassero le amorose im agini, cbe nelle loro menti erano scolpile; non dimeno Carichia gli mostro Y anello paterno ch ella tenea appresso di sej e Teagene un segno d una ferita, chegli ebbe nelle ginocchia andando a cacciare a porci, ed i segni delle parole si convenncro chc di Carichia fosse la preda , e di Teagene la palma . Dopo questo s* abbracciarono, e di nuovo tornarono a piangere, quasi che cui mezzo delle lacrime fermassero queste convenzioni, dandosi baci in vece di giuramenti. Fatte queste convenzioni uscirono della spelonca, senza toccar nulla dell ultre tantc quivi riposte ricchczze, stimando che i danari rubati fossero macchiati ed im puri. Solamcute si ripresero le cose che essi aveano porlate di Delfo, che que ladroni aveano tolte loro. Ma Carichia si trasfiguro tutta, e mise in un xacchelto la collana, l insegne sacerdotali, e la veste sacra: ella per poterle meglio nascondere, si mise un altro vcstimento di panni v ili, e diede I arco e la faretra a portare a Teagene j peso a lui soavissimo, etl arm famigliarissima del potcnte Dio . Ed esscndoxi in tanto ap pressati alia palude, e dovendo gia montare in su una barca viddero una gran moltitudine d armati, che valicavano atla volta dell isola. Laonde percossi da un subito movimento per un tal aspetto, steltero per lunga pezza come slorditi, come se si rammaricassero della forluna , che cosi senza intcrmis sione aggiungeva loro sempre nuovi affanni. Pure alia fine essendo gia quelle g#*nti quasi che date a terra, Carichia disse che era bene di fuggire quindi, e nascondersi nella spcIonca , se luogo alcuno v era dove potcsscro cclarst; e cosi dicendo comincio a correre addietro. Ma Teagene la rattenne, dicendo: insino dove fuggiremo noi il Fato, che dovunque andiamo ci perseguita? Daremo luogo alia fortuna: andererao dov ella ci porta; nfe acqui-

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die breccia di lui. Eraasi g& coloru, che veduti gli aveui con grande impeto per Ajrisguardando i gioyani indiessero con lo splendor loro la assalitori in gu isa, che gli mtanenle quella fierezaa, e loro perderono ogni potere. ome ci pare ) eziandio le ma ari hanno in riverensa le coid ogni occhio, per nemico Am ore, ad un piacevol, e ispetto diviene umile e manle presigli, prigioni gli conloro capitano, studiandusi prestezsa d'esser i primi a i il piu bello e migliore :1 1 a preda. Affirellandosi dunjlleciti passi, questa primiera la g li appresenlarono ; per ssuno degli altri s'era ab> sa alcuna, quantunque avesin capo all* altro tutta 1* isola ion altramente che con reti nruo circondata ; perciocche 11a passata battaglia dal fuoco , ed il rimanente era nella 1 quale sola non fu ritrovata. que costoro in tal guisa conlti al Capitano. Era costui ipitano della guardia di Oroquale era luogotenente del 1 E gitto. F u questo Mitrane a cosa manifesta) con buona lanari condotto a questa isola li Tisbe. Poiche furono veicin i, che spesso invocavano ito gli D ii servatori, Nausia se discorso da con^iderato , quasi per allegrezza saltaqoro incontro, con alte voci uesta e quella Tisbe che mi ia ' malvagj bifolchi, la quale, c e e degli D ii, ora ho ri inostrando una infinita alasse da lato Carichia, e cob e , s ella voleva esser salva, d* esser T isb e: e cio le disse i parte ed in lingua greca, non fosse da alcun altro incig li molto bene questa sua rciocche Carichia sentendo * reca , e disegnando che da dovesse venirle qualche uti

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le, s attaccoa quet pensiero; e domandatole Mitrane come ella si chiamasse, confesso ch* ell*era Tisbe. Nausicle al lora , abbracciato Mitrane, gli bacio ben cento volte la fronte, comincio inaraviglitsamente ad innalzarlo sopra le forse della fortuna, dando in cotal guisa delle soje a quell uomo barbaro, di cendogli ch e, quantunque in altre moltissime fusioni si fosse valorosissimamente portato, avea nondimeno questa con somma felicita trapassata. Egli gun* fio da queste vane lo d i, ed ingaunalo dal nome di T isb e, non si credelle che la bisogna stesse proprio in quel modo, e quantuuque fosse gia tutto caldo e ripieno della bellessa di Carichia, (appariva lo splendor della bellezza sua in quell abito villesco, non altramente che soglia la Luna tra la nuvole risplendere) nondimeno con I atrocita raffreno la leggerezza d elk m ente, per non aver poscia a pentirsene. Laonde, presa la giovane per mano, gliela diede, dicendo: essendo costei tua, prendila, e guidala dove piu ti piace; rimirava egli nondimeno spesso la giovane, non solamente perche ella gli piaceva, ma perche avea gia conceputo nell animo, che concedendola a Nausicle ne riceverebbe gran premio. 11 perche parlando di Teagene, disse: costui, chiunque egli si sia, sara nostra preda, e mi seguitera sotto buona guardia , ne fia molto ch io lo mandero in Babilonia, perciocche mi pare orrevole servitore per la lavola del Re , e cosi detto passarono di la dallo slagno; e quivi sepa rates! uno dall altro, Nausicle se ne venne a Chemmi, e Mitrane prese la strada alia volta di alcune altre iso le, alia sua giurisdizione soltoposte; ne in dugio punto, che mando Teagene in sieme con sue lettere ad Orooudate, il quale dimorava allora in Menfi . L e lettere erano tali. Mitrane capitano della guardia ad Oroondale Vicere. Io ho fatto prigione un giovane greco, la cui condizione non pale chegli sia mio servitore; e (per quello ch io stimo) e degno di servire alia lavola ed alia persona del gran R e: io te lo mando, accio tu lo faccia condurre al comune nostro padrone, e li fo un dono tale

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T E A G E N E

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no a tanto che Calasiride con infiniti bact quasi suggendola, gli disse: 0 ottimo uom o, dianli gli D ii in coo traccambio di condurre ad ottimo fine tulto quello, che *1 cuor tuo desidera. Conservatore della mia v ita , consemtore della mia figliuola, di cui io ioo avea piu speranza alcuna , lu m hai fatto rivedere quello aspetto, che ni e piu d ogn* altro giocondo. Ma dim m i, o figliuola , o C arich ia, dove hai tu lasciato Teagene ? Ella a questa do manda getto un profondo sospiro, e tutta dolente rispose: c o lu i, che diede a me questo valent a o m o , chiaaqoe egli si sia , ha menato prigione. O lasiride dunque prego Nausicle, che lo accertasse di quanto egli sapea intone ai fatti di T eagen e, e ch i fosse colui, che 1 avea prigione, e dove lo condocea. Nausicle gli racconto il tutto, ( comprese egli costoro essere quelli, de' quali il vecchio avea tante volte seco ragionato; ed al piangere riconobbe colai che cercando Tisbe avean fatto prigione) ed aggiunse: Voi sete uomini poveii at avete cosa alcuna fuor che la sapienza, e sappiate che ei sarebbe non picciola maraviglia, che Mitrane lasciasse il giovane, an cor che a cio fare fosse Irat io da buona somma d i danari. D un allora Carichia con sommessa voce t a Calasiride: Io ho d a n a ri; offerisdgli pur quella somma che piu ti pis c e ; io ho ancora in salvo quella coV lana che tu sai, ed holla qui meco. Prese animo Calasiride a queste paro le , nondimeno dobito non Nauside entrasse in qualche sospetto per le coat dette da Carichia, onde egli disse: sappi, ottimo Nausicle, che 1 * nooo savio, quando egli e savio, non e am povero; ansi ha tutto quello ch* ei vuole, e gli h dato dagli uomini di bene tanto, quanto pare a lu i cbe sia onesto domandar loro. F a dunque cbe noi solamente sappiamo dove si tro*a il Signore di Teagene, perciocche la misericordia degli D ii non e per abban* donarci, anzi ci sovverra di U n to , cbe volendo potremo soddisfare aH*iagor digia Persiana. Sorrise Nausicle a questo parlare, e disse: allora mi darai la s credere di potere quasi miracolosamrnl*

e tanto, che la corle del re n i per addietro ha veduto , ne per innante h per vederne un* altro tale. Que sto e quanto contenevano le sue let tere. E 'n o n era ancora beu rischiarato il giorno, quando Calasiride in sieme con Cnemone freltolosi se n'an darono a Nausicle per intendere da lui qualche cosa di nuovo. Domandandogli dunque Calasiride quello, che egli avesse fatto, Nausicle gli racconto il tutto; come pervennero all*isola; come la ritrovarono abbandonata, come da prima non incontrarono alcuno, e co me egli inganno Mitrane, prendendosi come se fosse stata Tisbe una giovane in cui s* erano abhattuti; e che molto meglio era stato 1* acquistar costei, che ritrovar T isb e, perciocche non era tra esse picciola differenza, anzi tanta, quanta si potrclibe fare da un Dio a un uomo; e che tanta era l eccellenza dell? sua bellezza, che egli non avreb be mai poluto con parole esprtmerla, ed oltre a cio ch*egli poteva mostrarla loro quivi presente. Calasiride e Cnemone udite tai cose, subito vennero in pensiero di quello ch era, e lo pregarono, che piu tosto che potca facesse venire quivi la giovane; perciocche stimarono seco stessi, che una cosi eccellenle bellezza non potesse essere d* altrui, che di Carichia . Poiche ella fu condotla davanti a loro, teneva da principto gli occhi bassi, co me se volesse nascondere il volto sotto le ciglia, ma dicendole Nausicle chella stesse di buona voglia, alzo alquanto la testa, e vid e, e fu veduta da co lui , che meno si sperava. Furono incontanente amendue commossi a lagrimare, e come se ad uno stesso segno d una medesima piaga fossero stati percossi, lagrimando si lamentavano, ne altro si intendeva, se non se spesso d ire , o padre, ed o figliuola 1 tu sei pur la mia Carichia, e non Tisbe di Cnemone. Nausicle divenne mutolo, non Solamente perche ei vide Calasiride abbracciando Carichia piangere; ma esiandto perche ei stava dubbioso, ne po teva intendere che volesse inferire que sto atto di riconosciraenlo, fatto quasi come in commedia; e cosi stette insi

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e arricchire, quando prima me la mia mercede, congordigia Persia na e la merssere uguali. Hollo bene a ose Calasiride, ed avrai il : perche non li si deve egli? m hai lasciata addielro parte manita; anxi hai voluto es/ocalo e fautore, e m*hai senza aspettarne richiesta, rendermi la mia figliuo:onvien prima fare orazione non li neghero gia cote Nausicle ; ma perche io in care agli D ii per il riceio, di grazia, piacendoli, tuoi prieghi insieme co* :hicdi queste ricchexse per ndile poscia per te. E Cai: deh! non mi schernie incredulo, ma va* innann ordioe il sacrificio, e noi , suhilo che ogni cosa sark 2osi si fece; ne slelte mol mandato di Nausicle lo ecilandolo d* andare al "sa egli avendo gia stabililo 1 fare, tutto allegro se ieme con Nausicle, e con dei convocati, per crificio era pubhlicamente Nausicle . Andava d*altra a con la figliuola di Naue altre donne, le quali nsolasioni e prieghi a faisero ch*ella andasse con e forse glitle avrehbero non le fosse cadulo nel valersi dell' occasione di :io , in porgcr prieghi per T eagen e. Ma poiche fu ll al tempio di Mercurio, lu i sacrificava Nausicle, li , che sommamenle c i , e nelle mercatanzie, e te facea sacrificj a lui in r i D ii. Calasiride avendo cio vedute e considerate iostro con la mutazione ieto asp elto, che elle gli raria fortuna nell* avveniesse le mani nell* altare deva, come se di quel tratto q u ello, che giar
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buona pezza avea avuto, disse: to g li, o Nausicle, eccoti il premio della redenzione di Carichia, il quale gli D ii hanno qui messo per cagion di n o i; e cosi dicendo, gli porse un anello di quelli che gik furono del R e , di valore incredibile e maraviglioso: il cerchio suo era di elettro, e nella sua legatura risplendeva una Etiopica Ametisla, ed era di grandezza quanto sa rebbe l*occhio d* una vergine, e di bellezza trapassava di gran luoga il fiore del Nastilrzio e della Brettonica, perciocche il fiore di questa ha in *e un debole rossore, ed e simile ad una rosa, che novellamente abbia sparse le fronde fuor del bocciuolo, e rosseggia a*primi raggi del sole. Ma nellAmetista di Etiopia si vede risplendere una vaghezza simile a quella della lieta primavera; e qualora colui che la tiene volgendo la mano viene a m overla, sparge un lampo simile ad oro , il qua le non solamente non abbaglia per es ser troppo aspro, ma eziandio rischiara con la sua soavitk la vista altrui. Avea ella in se veftssima, sensa con tradizione di alcuno, la natural virtu delle Ametiste; ne mentiva in lei il nome , ma era veramente Ametista ( cioe contraria alia ubbriacchezza ) , a colui che la portava, difendendolo ne* convili dallo inebriarsi; e tale e la vir tu di ogni Indiana ed Etiopica Ametista; ma questa che a Nausicle diede Calasiride, era di mollo maggior valore di quelle, perciocche v* erano scolpite alcune figure, e ritralte in guisa, che pareano vive. L e figure erano ta li: Un fanciullo che guardav* le pe core, e per meglio vederle era salito sopra una pietra non molto grande, e guidava , questa sua greggia alia pastiira col canto e suono d una torta sampogna, a cui ella mostrava essere ubbidienle, andando a paslurare, dove era dal suono essa invitata; avrebbe detto ognuno che quelle pecore erano copiosissime di vera lana d* o ro , ne avveniva cio per opra dell artefice, an zi che risplendeva sopra il dorso il proprio colore dell* Am etista. Eranvi an cora scolpiti lascivi salti di leneri agn elli, de* quali parte correndo e ri22

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T E A G E N E correndo in fretta a quella pielra, e parle avendo fatto un bel cerchio in torno al pasture, mostravano in aspetto un teatro pastorale, ed alquanto rilevato; alcuni altri godendosi dello splendore dell Ametista non allramente che di raggi del sole, d ombrosi boschi uscendo, a quella pielra venivano. Ma quelli ch* erano alquanto maggiori, mostravano come piu ardili voler passare di la dal cerchio, ma pareano arlificiosamente ritenuli, essendo ed essi e la pietra chiusi nella legatura del1* anello come in una mandra: ne quel la pietra era finta, anzi vera, percioc che avendo 1* artefice circondute 1eslreme parti dell* altra pietra con quella , gli venne nel vero agevolmeute falto quello, ch* ei vo ile, cioe far vedere una pietra denlro in un*a1lra, il che egli stimo cosa inusitala e inaruvigliosa. Tale era dunque la forma dell a nello. Nausicle stupefatlo per questo inaspeltato accidente , e massimamente giudicando il valor dell* anello essere uguale a quai si fosse gran ricchezza, disse : io , ottimo Calasiride, molleggiava chiedendo la mercede della resliluzione di Carichia, e le parole erano in tutto diverse dal volere, perciocche il mio proponimento era di renderlati senza premio alcuno. Ma poiche ( co me voi dite ) i ricthi doni degli D ii non sono da disprezzare, io accello quesla gemma dagli D ii mandata; con ciosiacosache io mi persuado, siccome spesso suole avvenire, che queslo non aspettato guadagno sia mandato a me, dal mio otlimo e bellissimo fra tutti gli D ii, il quale senza dubbio alcuno ti poise questo dono per enlro il fuo co . In somma, io stimo quello essere oneslissimo guadagno, che senza danno di chi lo dona fa piu ricco chi lo rice v e. Poiche cosi ebbe d e llo , ed egli undo, e fe gli altri andare al pubblico convito } ed assegno separalamente alle donne una stanza bene addentro nel tem pio; ed agli uomini apparec chio nella prima entrata. Ma poiche fu* rono sazj delle delicate vivande, e le mense si ridussero a bicchieri gli uoxnini presero a canlare alcijue hallale in onoic del Dio Bacco. L e donne

C A R I C H I A d altra parte una cansone in onor di Cerere carolando cantavano. Avendo gia ciascuuo sufficientemenle b ev u to , e volgendosi a quello fare che piu gli era a grado, Nausicle presa una guastada d acqua chiara, la porse a C a lasiride, dicendo: Noi ti porgiamo a bere dell acqua pura , ma t u , se al 1* incontro farai a noi gutare que ragionamenti, che noi desideriamo, c i conviterai con molto miglior hiccbier i. T u senti che le donne differito il bere, si sono messe a carolare; a noi dunque, volendo tu , benissimo segui tera dopo il convito il ragionamento degli errori tu o i ; il che sar& molto piu grato di quai si voglia carola o suono di piffero. Ed avendo t u , come tu sai, da indi in qua che fosti in questi accidenli sommerso, differito sem pre il raccontarglimi, ora non hai cagione alcuna di aspettare occasione p iu comoda della presente j conciosiacosache di due figliuoli 1 una ne vedi san a e salva, ne fia molto rhe vedrai an ch e 1 altro , e ma.s&itnamenle se tu n o n mi dispiacerai diiferendo di nuovo d i far megli udire. Cnemone allora p reso il parlare disse : ansi o Nausicle qu esto sarebbe molto m eglio, che tu avesxi a questo convito convocati tu tti g li strumenti m usici, i quali a me p are cbe ora tu disprezzi, e ti tenga lo n tan a dalle cose piu volgari, e n iostri essere desideroso di cose veramente s e c r e te , e che abbiano a manlenerci a lle g ri. Ed oltre a cio, iogiudico che tu ab b i per fetta notizia di questo D io , p o ic h e ti veggio congiungere Bacco e M e rc u rio e mescolare in queslo convito ragio* uamenli giocondissimi j siccom e m i so no eziandio maravigliato dell* a ltre m a gnificenze che si veggiono n e lle tu< ricchezze. E sappi che non c i e m ode per farsi amico Mercurio m ig lio re , chi avere ne conviti chi alcuna cosa ra c con li, perciocche questo e p iu d ' o g n allra cosa a lui convenevole. C a la s ir i de si lascio persuadere non sola m e n t per fare piacere a Cnem on e, m a an cora, per acquistarsi amico e f a v o r c vole Nausicle in quelle bisogne , c h gli restavano a fare, e racconto a lo r il tutto. E quello che egli avea p r im

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QUI
che si ristringesse la v e la; e domandandogli noi per qual cagione egli in terrompesse il corso della nave da se condo vento spinta, ci rispose; cbe navigando con prospero vento a piena v e la , verso le tre ore di notte ci troveremmo all Isola, ma che gran periglio era avvicinarsi a <jue* luoghi per 1* oscuro , che per lo piu sono preci>itosi, e vi sono di occulti scogli; per o che era bene di traltenersi la notte in alto , e prendere il vento moderatamente, misurando di quanto ci facea di bisogno per avvicinarsi a terra in sull*aurora; cosi disse il governatore, ma il suo pa re re non si mise gia ad effelto, o Nausicle. Ansi appunto quan do il Sole si levava , e noi gettavamo 1*ancora. Gl* isolani che abitavano in torno al porto, poco dalla citta distante , corsero a vederci come cosa miracolosa , maravigliandosi, per quello che moctravano, della agilita della nave, e parimente della bellessa e grande al tessa sua; dicendo di riconoscere la maestria de' F e n ici; e che noi aveamo avuta una non aspetlala bonaccia , es sendo il nostro navigare stato tranquillo , e sensa danno alcnno, nel tempo della in verna ta, ed essendo gia le Pleiadi per tuffarsi nel mare. Non erano anco altaccale le funi, che gli altri quasi tutti se n'andarono alia citlk di Zacinto per fornirsi di quello, che facea loro di mestiero. Io, perciocche avea sentito dire al governatore, che dovevamo svernare in quella Isola scesi a terra per procacciarmi d'alloggiamento: ma non molto lungo dal lito, conciosiacosache lo stare in nave, non m i parea a proposito per il continovo sbattimento d' essa , ne stim ai, per la fuga de'due giova n i, la citta essere troppo sicura. Non era molto ancora dal lito dilungatorai, quando io veggio un vecchio pescatore sedersi dinnansi alia porta di casa sua, acconciando le reti rotle d un altro pescatore. Fattomigli dunque vicino, gli dissi: D io ti salvi, buon uomo j saprestimi tu insegnare dove io potessi trovare alloggiamento ? ed egli mi ri spose : cola vicino a quel capo di mon te , che sporge in m are, appnssatoi ad uno scoglio, si squarcio come tu

Cnemone, trascone brieveitringendolo in brievi somentieri eziandio lasciava adine cose, e quelle massimagiudicava non essergli gio Nausicle le sapesse. Ma vecose ch ei non avea ancor he ordinalamente seguivano, indi il suo ragionamento: e furono entrati nella nave i , cominciarono da prima ?ssi desideravano ) a navigar rato e prospero vento, che e gli feriva . Ma dopo che seno di Calidonia, ebbero di spavenlo , ritrovandosi in che naturalmente e quasi -bato. Cnemone , non paren > che passasse questa cosa 'giero, gli domando s egli >e ragione avea imparata cana di quella malagevoleisa e. E d e g li: il mare Jonio imo campo uscendo, ed in >go restringendosi, e come occa entrando nel Crisseo lire precipitosamente va per col mare E g eo, e impedito del Peloponeso , il quale gli davanti ( come ci pare ) per le piu savj racchiuso, fronte del Peloponeso per n le sue acque di lui la re3 1 al dirimpetto j e di qui na me e verisimile, il riflusso , il quale in questo seno i alcuno degli altri si fran cche in questo assai sovente io insieme il flusso ed il ri onde ne viene a nascere neln picciolo dibattimento, e ate, che il mare si gonfia ie diviene tempestoso . Avensi detto, gli astanti con sua testimoniando approvarono re di cio la vera cagione. seguitando disse: Poiche io questo valicato, e le isole tolsero davanti, cominciada lungo a scoprire la somacinto, benche non chiarame se ci scorresse davanti qualche oscura nebbia, quan rnatore della nave comando

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T E A G E N E

C A R I C H I A
ciocche noi provedevamo il pane e v in o , e Tirreno ci provvedea di abbondevole companatico; nutricando i sooi figliuoli del guadagno, che egli traeva del m are; e parte pescava egli stesso, parte anche noi spartendo il tempo talvolta l ajutavamo alla yreda , la quale egli facea di varie sorti di pes c i, e per ogni tempo convenevole, o succedevagli questa faccenda feliccmen te , e con non picciola entrata; ' onde la mollitudine gli attribuiva L eserci*io di tale arte, come beneficio della fortuna. Ma e ' non puo essere ( come volgarmente si dice ) che gli infelici non vivano infelicemente in ogni luo go , ne ci pole la solitudine giovar tanto, che la bellezza di Carichia noa ci recasse qualche noja ; perciocche quello mercatante di T iro di Fenicia il quale era reslato vincitore nei giuochi P it ii, e con cui noi eravamo venuti, spesse volte, trovatomi da solo a solo, mi era di non picciola molestia* e mi uccidcva con lanli prieghi, domandandomi, come a padre di lei, C a richia per moglie . Si gloriava costut infinilamente, e ora mi allegava essere di nobilissima fam iglia, ora mi an n o verava tutte le sue facolla ; come eglt avea intiero possesso della n a v e , e come egli era Signore di cose d i maggiorc iipportansa , che non erano quel le che ei conduceva, come e o r o , e gemme di gran valore, e vesli di drapp i; raccontavami esiandio la v ittoria de giuochi P it ii, e quasi non p icciolo aumento della sua gloria ; e a quesle aggiugneva cose altre infinite. Io a ll inconlro gli opposi la poverta m ia, e gli dissi ch* io era risoluto di non d are la mia figliuola ad uomo di strano paese, e di nazione tanto dalla terra d* E g itto lontana. Ed egli: non parlar p iu di cotesto, o padre, perciocche rice ve n d o la giovane, stimero avere iu dote gran dissima quanlita di danari, e in fiu ita ricchezza, e mutero la mia n azio n e e la mia patria con la vostra, v o lg cn d o altrove l afiezione di C artagin e, e navigando con esso v o i, verro d o v e vi piacera. I o , veggendo che co stu i non si raffreddava punto, anzi o g n 'o r a piu si riscaldava in questo suo a p p e l i t o ,

ved i. Io Mm cerco di sapere qoesto, d i ' i o . H a to ti portwest* brae e cortesemente, se o ci ricevessi t o , o ci goidassi a qoalch* on altro, cbe ci dene ricetto. Non gia, io , diss e g li, perciocche io noa navigava coo esso loro; ne Tirreno avrebbe mai com msso on tal fallo, ne si sarebbe stancato per la vecchiezza. Ma e* sono stati certi ianciulli, che hanno (alto questo errore, perciocche, non avendo conlezza degli occnlti sco gli, la trassero, dove non convenia . lo pore alia fine accortomi che coslui avea l udir grosso, a lu la alquanto piu la voce, g li dissi: D io ti salvi, insegnami di grazia, perciocche io son forestiero, dove io possa alloggiare. Rispose egli allora, tu sia il mollo ken venulo; e piacendoti potrai alloggiare con esso m eco, se pero non cerchi grande e magnifica abitazione, e non hai teco troppo gran mollitudine di famigliari. Ed io risposi come io avea solamente due figliuoli, sicche annoveratoci me, eravamo tre in tutto. Ed egli; noi converremo di numero molto bene insie me , e troverete che noi siamo uno appunto di p iu; perciocche ancor*io ho due soli figliuoli, che abitano con esso m eco; i maggiori avendo gia preso m oglie, si stanno a reggere le loro fa m iglie, e la quarta e la kalia di que sti miei due figliuoli, la cui madre m ori, non e ancor lungo tempo; perlo ch e, o valente uom o, non tardare , ne aver sospetto alcuno, di non essere da noi ricevuto allegramente, essendo t a , per quello che mi pare che tu mo stri nel primo aspetto, uomo nokile e da bene. Io cosi fe c i. Ed essendo noq molto di poi tornato insieme con Tea gene e Carichia, fui da Tirreno like ralmente ricevuto ; e fummi da lui consegnata la piu calda parte della casa. Trapassavamo dunque quella invernala allegramente, dimorando il giorno tut ti insieme , quando poi veniva 1 ora d andare a posare, ci spartivamo ; per ciocche in una camera stavano Cari chia e la balia ; in un* altra Teagene ed i o ; e Tirreno si giaceva in un* al tra insieme co* suoi figliuoli. La tavola si apparecchiava comune a tu tti, per

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i mai giorno che egli per dim m i, quella giovane, che alloggi* sso affare non mi tempestas- con esso teco, navighera ella con esso rai differire la cosa con buo- loro ? Non lo s o , diss* i o ; ma perchfe isc, accioccbe in quell* isola cerchi tu d* intendere questo? Perche, sse fatta forza alcuna; e co soggiunse e g li, sono di lei fieramente nisi subito che noi fossimo innamorato, ne ho fuor che una soU ia Egitto di fare tutto quel- volta veduta j e dicoti che io non mi so voleva. Avendo io in questa no abbattuto mai a simil bellezza, qurfh>ltomi alquanto questa mole tunque molte ne abbia fatte prigioni, e n o , ecco che la fortuna mi non indegne dessere amate. Io, sottraensso ( come si suoi dire ) onda dolo accio egli mi aprisse tutta la sua , j perciocche Tirreno non mente, gli dissi: a che proposito vuoi ai dipoi trovatomi sopra un tu venire alle mani co*F en icitaon puoi m are, .mi disse: O Calasi- tu prima che la nave entri in a lto , giuro per lo gran Dio del e senza spargimento di sangue, prenin o , e per gli altri marini derla di casa mia? Ed egli a me: ser10 arao te come se mi fossi vasi anche trai corsari qualche cognii figliuoli tuoi non altra- zione di umanita verso gli amici loro; se miei fossero. Vengo dun- e per questa cagione, cercando io di rti nuova di molta impor- questi forestieri, non son venuto da te, el vero assai molesta; ma per non ti far provare questo oltragl biasimo rai sarebbe a ta gio. E poi con una sola opera faro due assimamcnte vivendo io con grandissimi guadagni: e l*uno e la una casa medesima , ed es- ricchezza della nave, a altro le nozze ssario ad ogni modo che tu della giovnne, dell uno de* quali senza Una armata di Corsari ba dubbio alcuno mi priverei, se in terra ie alia nave di Fenicia, ed ponessi le mani a cio fare; e oltre a nessi in aguato in quel latp questo, non senza gran pericolo ci veritorio , che si volge in giro, rebbe tal cosa fatta vicino alia citta , itinovamente or l uno or | perciocche saremmo incontanente sentivedetta, attendendo th'ella | tt, e perseguitati. Io , commendata mol r t o . Sicche guarda e abbi to la sua prudenza, lo lasciai; e sono sidera molto bene quello, venuto ad avvisarti dell insidie che ti fare ; perciocche questa co- ordiscono contro gli pessimi demonj, i t e , e maggiormente la tua e ti conforto a preuder cura della salstanno intesi per sapere, vezza tu a , e de* tuoi figliuoli. Udite uol dimorare . Ed io a lui: queste cose mi partii tutto mesto, e 11 D ii che ti rendano di cio ravvolgeva meco ogni maniera di con erdone; ma dimmi, o Tir- siglio ; quando venutomi di suo volere ide hai tu conosciute queste ad incontrare quello mercatante di F e :ostoro ? Ed egli: Io sono nicia , e discorrendo meco d* intorno a osciulo per l arte m ia, e questo fatto, mi diede occasione di nuo >ro delle vettovaglie, ne ri- vo pensiero; perciocche nascondendogli ior guadagno che dagli altri quello, che mi parve da tacere delle co Essendo io dunque al- se rivelatemi da Tirreno, gli manifeslai a que* dirupati a raccorre solamente che uno degli abitatori di quel , il capitano loro affronta- luogo avea deliberato di rapire Carichia, >mando: Sai tu quando deb- contro cui egli non era sufficente a cone la nave di Fenicia ? I o , trastare. Ma io, soggiunsi, la vorrei dar inganno di questa doman- piuttosto a te, non solamente per aver )osi ; in verita, o Tracino, notizia di te prima cbe di lu i, e per le te lo saprei d ire } ma giu- tue ricchezze; ma , quello che piu mi vi > sia per partirsi all entrar spinge , perche tu mi hai promesso , fa ivcra. Ed egli soggiunse: cendosi queste nozac, di venire ad a-

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C A R I C H I A alia fine le annunzia felicita. Ia, com * mosso per questa visione, saltai four del lelto ; e domandandomi Teageoe quello che io avea, risposi, dnbito cbe non siamo tardati troppo ad useire del porto, e destatomi in questo pensie ro ho fatto questo romore; ma ta le vati , e metti in ordine le nostre h gaglie, e io chiamero Canchia. Ell*, comandandogliele io, incontanente cam parse; e Tirreno cio sentendo, sukto si levo, e domandandomi cbe cio lesse dire. Questo fanno, diss io, le insidie , che tu mi hai scoperte; n ot cerchiamo di fuggire delle mani degli* sidiatori. Sianti gli D ii fivorevoli, siccome tu sei stato un ottimo uomo per noi. Ma facci di grasia anche quest ultimo beneficio, vattene per amor d a* stro insino in Itaca, e quivi fa sacrii cio ad Ulisse, e priegarlo ch egli voglta deporre lo sdegno, che egli come poor stimato da n oi, siccome ei m ha qotsta stessa notte rivelato in sogno, b contro di noi conccputo. Egli mi p ro* mise, che cos} farehbe; ed accompagooe ci insino alia nave, pregando coo m olle lagrime gli D ii, che ci concedessero ftlice navigasione, ed agevole a nostride siderj. Ma che bisogna ch io pin vjo* noi, menando la cosa in lungot Risplei* deva gia la mattulina Stella, quando nci sciogliemmodal porto, benche i nocchr* ri da prinripio molto ce lo nrgarooo; pure alia fine si lasciarono persuader* dal mercatante di T ir o , il qnale alle ge va di voler fuggire le insidie posteji ( siccome gli era stato predetto) da cert corsari; benche egli senza avvedersi,e* dendo dir cose finite, diceva il veto. Noi spinti da contrary venti, e da ie* credibile cd insuperabile fortuna com * battuti, ed a fatica dalla morte seam * p ati, diemmo a terra in una certa spiag* gia di Creta, avendo gia perduto Too* de timoni, ed essendo fracassata parte dell* antenna . Laonde delibera* mo, e per racconciar la nave, ed a com per ricreasione di noi, di riposam alcuni giorni in quella isola sotto eerU capanna. Stando la cosa in questi & mini, ci si fe di nuovo intendere, eke si dovea entrare in mare il priroo g^ no , chc la Luna dopo la sua cong"**

l.itare ne * nostri paesi. Sicche quando ii paresse, io giudicberet che noi dovessi mo sollecitare di partirci quioci pri m a, che ci interveniske qualche scandalo fuor d ogni nostro volere, e dogni noslro pensiero. Egli a queste parole si rallegro tutto, e disse m i: s u , pa d re, facciasi tosto; e accostatomisi mi hacio la fronte, e mi domando, quan do mi parea tempo di partire, per ciocche disse, ancor che il tempo non sia alto a navigate, possiamo nonditneno irtfetar porto, e vivere fuori d* ogni insidia e d ogni sospetto, e quivi aspettare che venga Paere chiaro. Ed io : s egli ha a valere il mio comandamento, io vorrei che noi partissimo questa notte. E g li, dicendomi che cosi sarebbe, si parti. Io tornato a casa, non ne feci pure una parola con T ir reno ; ma dissi ai giovani , che venuta la notte oscura bisognava di nuovo inontare in nave. Essi maravigliati di questo subito accidente, mi domandarono della cagione ; io volli differir a farla sapere loro altra volta, e dissi: bisogna ora per nostro utile che cosi si faccia. Avendo noi dunque poco di poi cenato, ed essendoci ridotti a darmire, mi apparve in sogno un certo vecchio, il quale mostrava essere m agro, e di statura di corpo rimesso; avea un cappello in testa, ed era di sguardo astuto e veloce, e andava zoppo con una coscia distesa, come se avuto ci avesse qual che ferita. Questi dunque, fattomisi vicino, con sdegnoso riso mi disse: Dunque tu solo non hai fatto stiraa alcuna dei casi m iei; anzi di quanti sono passati dall isola di Cefalone, e sono venuti a visitare la nostra abita zione , e hanno preso cura di conoscere ia gloria nostra, tu solo sei stato tanto negligente, che (quello che e comune di tutti) non ci hai pur salutato, benche sii venuto ad abitare a noi vicino ? onde io ti dico, che non passera molto, che ne porterai la pena ; e sosterrai affanni uguali ai miei, e troverai nemici per mare e per terra. F a che tu saluti in nome di mia moglie la giovane, che tu meni v ia . Ella le manda saluti in finiti, perciocche la conoscc di gran lunga saggia e modesta piu d* ogni altra, e

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nave fosse piu snedita, e per via di remi fossero piu Mli a seguiiarci; es sendovisi dunque essi avviriuati, uno di quei di Zacinto, che a caso erano con esso noi, disse ad alia voce: o uo mini da bene, noi siamo morti, quesli sono Corsari, io conosco la nave di Tracbino. A questo annunsio fu tulta la nave in travaglio j e benche il ma re fosse in calma, fu da suhila tcmpesia combattuta, essendo di tumulti, di gem iti, e di scorrerie ripiena } peroiocche alcuni si nascondevano nil fondo della nave, alcuni sopra i lavolati conforlavano uno 1'altro alia battaglia, ed alruni cercava no saltare in sul baltello e fuggirsi. Ma ecco, cbe mentre essi cosi tardavano, furono dai nemici fuor del lor credere sopraggiunti, il che a sorte diede lor aniino alia difesa. lo insieme con Carichia abbracriato T ea gene, che tutto uifuriato ardea di combattere, a pena ne lo potemmo ritrarre. Sforsavasi ella di rimuoverlo dalla battaglia dicendo, che non le soH'eiiva il cuore, di dovere essere da lui iu morte separata} e cbe se fosse avve nuto , che egli fosse stalo ferito, ella dell'istessa piaga avrebbe senlilo il medcsimo dolore. 16 cercava di lovarnelo , acciocche poiche avessi conosduto Tracbino, poles immagiuarmi qualclm cosa utile alle cose avvenire, il che mi venne la lto . Perciocche essendorisi gia que'Corsari fatti vicin i, e vcneudo ad i/ivestirci per Banco, non volleru darci subito assalto, tentando sensa spargimento di sangue di impadronirsi della nostra nave, e r a g g i r a n d o c i s i in torno, da banda alcuna uon ci lasciavano passare piu innansi, e mostravano quasi di asseJiare la nave, con de siderio di prenderla a p a lti.E d ,o voi infelicil dicevano, perche volele voi come sciocchi, muover le mani nemiche contra cosi valorosa ed inespugua bile armata , e correre ad una certa morte} Noi ci vogliamo poi tare con esso voi umanamente , e vi conccdiamo ch e , volendo voi , smontiale ucl battello, e salviate voi stcssi. 1 corsari ragionavano loro in quesla guisa , ma coloro che erano nella nave, nou essendo auche la battaglia pcricolusa,

Jooe co) Sole cominciava a risplendere. Cotrati dunque ia alto , eravamo spinti la icfiru, rhe gib per la vegnente priuivcra dolccrocato mormorando sotfiaa; ne di ah notte reslavamo mai di tavigare, guidando il padrone la nave ilia volta di L ib ia . Diceva egli noi pomnmo solcare per l'a llo a dirittura, M M cbe il vento lo consente. Ma noi iam costrelti a dare a terra, o prender w lo , per una vela di corsari, come te dimostra il segno della poppa. Per ioccbe da indi in qua, che noi scio;liemmo dalla spiaggia di Greta , ella acuntaoente ci seguito > tenendo lo tesso v iag g io , come se dallo stesso uogo si fosse mossa a seguirci; ed hu vcriito ch ella ci si ravvolge intorno, veodo io alle volte ad arte volla la wre dal dirilto corso. Eranvi dunque ilcuni, che spaventati da questi ragiouoienti , lodavano che ai dovessa dare i terra in' qualche sicura parle. Alcuni Jtri se la passavano piu di leggiero, dieodo, che antica usanaa era che nel nare le picciole tenessero dietro olle lavi grosse, come quelle che per piu periensa aono guide e scorte della Arada. Mentre questa cosa dall* una e altra parle in questa guisa si dispu ava, a era gia avvicinata quell* ora , hit 1 aralore suoi liberare i buoi dal pogo j ed ecco che il soilBar del vento tiaiincio a man care j ed a poco a poco tUeolando, d ebole, e sensa valore veoiva a ferir le v cle, di maniera che psrea piuttosto souolerle, che spingerle iooansi, ed alia fine si acquelo attalto, come se insieme col Sole si sommerSewe in m are, o per dir meglio come te volewe far questo favore a coloro che ci segutvano. Perciocche mentre con buon vento navigavamo a piene tele, qaelli cbe erano nella nave picriola , era no dalla nave grossa lasciati lungo tratto addietro, siccome e verinmtle: conciosiacosache , avendo ella maggiori vele, meglio ricevca la forsa del vento. Ma poi che essendo cessato il venlo, il mare divenue tranquillo ed in calioa,ed il bisogno ne coslrinse a dar mano * remi, in mauro ch* io non Pho detto ci furono sopra, come se quanli erano in quella navicella fossero remiganli, e la

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ne avendo incominciato ad insanguin arci, sta vano a u d a li, e negavano di doversi dalla nave partire. Ma poi che lino de'corsari piu degli altri ardito, salto in sulla nave, e dando delle ferite a chi gli si parava davanti, mo stro questa battaglia doversi terminare con uccisioni e m orti; e poi che anche gli altri vi furono dopo quello sahati; allora i Feuici pur si penlirono, e gettandosi a*pie loro, gli pregavano che non volessero ucciderli, perciocche farebbono quanto da essi fosse loro imposto; i quali benche 'avessero gia co in incia to ad uccidergli ( suole aspetto del sangue accrescere animo a* vinci tori ) , nondimeno , per comandamento di Tracbino, fuor d ogni opinione , perdonarono a* vinti. Fecesi dunque una dubbia tregua; e la battaglia che nel vero non era troppo pericolosa, sotto falso nome di pace fu divisa;ed il fine suo fu tale, che molto piu gravi furono le convenzioni, che ella non era stata. Perciocche comando loro , che con la sola camicia uscissero dalla nave, minacciando la morte a chiunque contrafacesse. Veramente la vita ( come si pare ) e agli uomini sopra ogni cosa grata, il che ben dimostrarono allora i Fenici, i quali benche d* ogni speranza delle ricchezze della nave si vedessero essere privati: non dimeno come se nulla non perdessero, anzi grande guadagno fare dovessero, tulti piu tosto che poterono, senza aspettare uno altro nel ballello scesero, anzi tulti a gara contendevano per il desiderio di salvarsi la vita. Poi che anche noi per ubbidire al coman damento ci facemmo avanti, Trachino presa per il braccio C arichia, disse : sappi, vita mia, che questa guerra non contro te, ma per cagion di te e stata falla: e non solamente prima perlungo spazio, ma da indi in qua, che voi parlisli da Zacinto, vi ho sempre seguiti; ne per altro che per tua cagione mi son messo a solcare tanli m ari, e mi sono esposto a tanli pericoli. Sicche sta* di buo na voglia, che tu insieme con noi sarai padrona d ogni nostro avere. Egli cosi diceva; ma ella, perciocche di sua natura (cose da persone savissime) era molto

accorta in accomodarsi a* tem pi, ed an cora non poco a cio fare ajutata dai miei ammaestramenti, rimossadal volto quel la mestizia , che ne* circostanti si vedea, e facendo forza di mostrarsi piu lieta, disse: Certamente io debbo a^li Dei gra zia infinita, i quali ti hanno messo nel lanimo pensieri tanto umani verso di noi; ma se tu vuoi che io prenda animo e slia veramente di buona voglia, dam mi primieramente questo segno dell'amor tuo verso di me , salvami questi due, mio fratello e mio padre, ne volere, che essi parlano dalla n ave; perciocche ei non e possibile che io senza loro pos sa vivere, ecosi dicendo se gli getto a'piedi, e quivi strettamente pregandolo, ed abbracciandolo, per buona pezza stette, perciocche Trachino troppo compiacendosi di quelli abbracciamenti, artatamenle difFeria la promessa. Pure alia fine es sendo dalle sue lagrime mosso a piela, e da1 suoi sguardi costretto a divenire mansueto, disse: Io ti dono queslo too fratello molto voletitieri; perciocche io 10 veggio giovane pieno di generoso ar dire, e molto atto a perfiettamente esercitare questa nostra vita; questo vecchio, peso senza frutto alcuno , rimanga so lamente per far a te questa grasia. M en tre queste cose si dicevano e facevano, 11 sole, essendo intieramente giunto all occaso, avea con oscurita compito quel poco di spazio che e tra la nottee'l gio r no. Ed ecco che il m are, o che fosse per natura della slagione, o forse piu tosto per consiglio di alcuno d egli D ii mutatosi, sprovvedutamente si tu rb o j e si senti il rombo dcH orribil ven to , che gia entrava nel mare con ta n to < si impetuoso fiato, Che non mai a n c o ra tale era quivi stato; si che r ie m p que* corsari di non aspettato tu m u lto di maniera, che tutti abbandonarono h loro picciola navicella, attendendo ; portare le robbe di quella nella nav< maggiore, acciocche essendo mai p r a t i chi, si valessero della grandezsa d e l l nave. Furono dunque tutti gli oflBcj m a rinareschi presi a fare da chi d i lo ri prima vi si abbatteva; perciocche c ia scuno si melleva ad esercitare, c h i u n e chi altra arte senza aspettare ch e a l t i gliela inscgnasse; ed alcuni co n fu sa m e n

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cioglieano le velej ale an i senza sa come distribuivaoo le funi, quesli !Dche igoorante si metteva al governo 11a prora ; quelli si stava nella poppa reggeva il timone. C i condusse dunque grand issima estremita di pericolo, non violenza della tempesta , perciocche mare non era ancora turbato affatto a 1' ignoranza di colui, xhe goverua1 la nave. E g li insino che si vide rilendere punto di cbiarezza della terna luce , stelte forte all'impeto della rtuna; ma poiche le tenehre restaro superiori, egli perde l'animo affat. Eravamo gia vicini a sommergerci I aifugare, quando alcuni di que*Corri presero per partito di scendere pria Della loro picciola navicella; ma poi si ntirono, rilenuli dall* onda e da Tra , il quale persuadeva lo r o , che aggior guadagno avrebbono fatto salmdo intiera quella nave con le ricleaze, che v i erano dentro, cbe se mil1 scafe avute avessero , ed alia fine lezzo la funicella , onde ella era attaccaalia nave , effermando , che essi si aevano dietro un*altra tempesta aveniseco la navicella, ed esortandogli a voln r 1animo alia fulura salute; perciocle era cosa pericolosissima navigare con ae n avi, avvenga che una sola avesf di bisogno che tutti vi fossero deno. Parve che egli avesse ben detto , che anche il tempo approvasse piu na nave che due ; perciocche poi che l>ero l?sciata la navicella , senlimmo rieve adleggerimento di tempesta , non ero tale cbe fossimo in tutto liberi el grave pericolo , anzi da vicendevoli rocelle continuamente percossi, e molte be a forza della nave getlando, correamo ognora ogni maniera di periglio. Ia poi che fu pur passata quella note, in sull apparire del giorno, poco ananzi all*alba, ci trovammo vicino d un certo lito posto in sulla bocca iel Nilo delta Eracleolica, e cosi timidi superstiziosi contro nostro volere diemno a terra in E g ilto ; dove come cbe ;li altri tutti fossero lieti, noi miseranente ci aflligevamo, rimproverando uttavia al mare la poco grata ricevuta -alate , come se egli avendoci ritralti h morte non ignominiosa, ci avesse
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gettati a terra con speranza di dover patir assai peggio, essendo soltoposti alle ingorde e disoneste voglie de* Corsari; perciocche cominciavano gia a far cose da non poterne meglio sperare. K fatica erano scesi in terra gli scellerati, che dicendo di volere quasi che per rimembranza del benefizio ricevuto sacrificare a Nettuno , cominciarono a cavare dalla nave il vino Tirio , e cio che dentro v* era, e mandarono a comperare degli animali nelle circonvicine regioni; dando loro grandissima quan lit a d'argento, comandando che pagassero quel prezzo che lor fosse prima chiesto, e che tor nassero subito conducendo tutta la greg gia di pecore e di porci. Coloro, che rimasero quivi, si misero anch essi in opera, ed accendendo il fuoco, ed iscorlicando degli animali, diedero ordine di apprestare il convito. Trachino trallomi da parte separate dagli altri, acciocche non fosse udilo, mi disse: O padre, io mi son risolulo di prendere questa tua figliuola per moglie j e voglio in que sto convito d oggi celebrare queste noz ze , accompagnando questo giocondissimo fatto con il sacrificio che si fark in onore degli Dei ; accio dunque lu non stessi ne) convito di mala voglia, ed accio ella intesa prima questa cosa da t e , allegramente accetti tutto quello che si deve fare, rai e paruto convenevole di aprirti innanzi al fatto la mente raia. Ne faccio io questo, perche io voglia che ella sia da te confermata in questo pen siero , perciocche io bo il potere, il quale mi da anche il volere; ma perche mi pare convenevole, ed onesto che le si insegni ad essere piu trattabile ed ubbidiente, sapendo che le nozze si fanno per avere figliuoli. Io approval il suo detto, e mostrai di rallegrarmene assai affermando di avere obbligo agli D ii quanto si possa maggiore, poiche essi avevano fatto marito della mia fi gliuola co lu i, che era signore ; e dilungatomi alquanto da lu i, e fatti so pra tal materia alcuni miei pensieri, me ne ritornai da lu i, e lo pregai che egli volesse piu magnificamente dare a questo fatto compimento, e che egli assegnasse alia vergine la nave in vece di camera, che comandasse che nes-

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suno vi enlrasse dentro, ne le desse chino appresta il convito per cdehm noja, acciocche ella potesse con piu agio le nozze con esso teco dopo il sacni e, e maggior diligenza altciulcre e allur- cio. Egli ha aperto il suo volere a m namcnlo delle nozze, e agli altri ap- come a tuo padre; benche io huoe parecchi ed ornati, perciocche sarebbe tempo fa seppi il 6ero suo intento ver cosa disconvenevolissima, che una fan so di te , e da indi in qua che Tir ciulla nobile, q ricca, e quello che e reno ne ragiono meco in Zacintoj nu molto m aggiorc, giu eletta moglie di non ho volulo palesar nulla a voi,ac Trachino , non avesse tutti quegli ono- ciocche se fosse stato possibile lustre ri, che fosse di avere possibile, sebbene le sue insidie, voi non aveste avuto *d il tempo ed il luogo ci ha tulto di ailliggere gli animi voslri per le fuiait poter fare questa pompa nunziale piu miserie . Ora , figliuoli, poiche la ft splendida, ed illustre. Tutto si rallegro tuna a cio fare ci e stata oemica, e et Trachino a queste parole, ed allegra siamo gia caduti in questi afianni, m mente mi promise, che cosi farebbe, tiamo mano a qualche orribile e geed incontanente comando chc si pren- neroso fatto, e corriamo insieme totti dessero tutte quelle cose, che faceano dll' estremo del pericolo, accio con It e bisogno, e che dipoi nessuno si acco- bero e generoso animo veniamo al fin stasse alia nave. F u tosto fatto il suo del nostro intento, e virilmente e sag comandamento, e furono cavato fuori gianiente acquistiamo la morte. A^ndella nave le tavole, le tazze, i tap domi essi promesso, che furehbooo p e d , le spalliere , tutte opere uscile dal qujuto io loro imponessi, ed avendo le mani de* Sidonj, e de* T ir ii, e so- gK io ammoniti di quello, c h e dovea elte migliantemenle 1 altre robe, che fa no fare, gli lasciai, che gia si m ceano di bisogno per onorare il convito, vano in punto , e me ne andai a colui furono tutte da que'Corsari confusemen- che dopo Trachino ienea il iu en te senza alcuna orrevoczza sopra le spalle go tra'Corsari, il cui nome, se b in su l lito csposte. E quelle ricchezze, mi ricordo, era P eloro ; e gli disa, olto le quali molle fatiche e lungo rispar- che avea da parlare seco di cosa m mio aveano rauuate , furono dalla fortu impurtante. Ascoltandomi egli volto o na date a consumare in un lussurioso tieri, e trattosi in parte, dove non p convito. Io preso meco Teagene, me tessimo da alcuno essere uditi, io gli dissi: Figliuolo m io, io usero tecopo* n andai a Carichia, e la ritrovai che el si stava piangendo, e le dissi; Queslo che parole, perciocche la brevila d tuo piangere, figliuola m ia, e oramai tempo non richiede lungo ragionamea non forestiero, ma tuo famigliare di- to . L a mia figliuola e innamorata di venuto; ma dim m i, piangi tu per le te. Avvedesi ella che il vostro'capitaprimiere m iserie, o pure ti e qualche no ordina questo convito per fare le ostrato nuovo accidenle avvcnuto? Ed ella: nozze con esso le i, ed hanoe m per amendue piango, ma molto piu un certo segno , comandandole che ella per quello che io aspetto, cioe per la piu riccamente s'adorni. Pensa dun<joe a me nomica amicizia di Trachino ver come tu possa turbare questo faltu, e so di m e , la quale verisimile cosa e fare tua la mia figliuola, perciocche che sia dalP occasione aumentata; per ella afferina di volere piu tosto monciocche la pon aspettata felicila suole r e , che di venire moglie di Trachinu. provocare altrui a scellerali fatti. T ra Ed egli: sta* di buono animo, percioc chino dunque, e l odialo amore di che io gia buon tempo acceso fieraTrachino ne piangera, il quale con mente di questa fanciulla, desiderata anticipata morte sark da j n e termina- qualche occasione di poterla prendere. to . Ma quello eke mi na condotta a Sicch e, o che Trachino di buona piangere, e stalo il pe^siero di tee di glia mi cedera le ragioni della spo* T eagen e, pensando di dovcre innanzi ricevendo da m e, quello che a m e m alia morte esserne privata. T u t*im a - deve, il principato della nave, o che gini la verita , diss' io ; perciocche T ra queste nozze gli costeranno care, fccen-

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L I B R O
fogli io con questa destra patire quelo, che gli si conviene. I o , udite lai ose, me ne tornai addietro correndo, venuto a miei figliuoli misi loro anino, facendo loro sapere che il nostro ivviso andava per buona strada. Poco li poi ci ponemmo a ccna, dove quan to io conobbi che egli erano bene ub riaclii, e piii incitati all ingiuriare, lissi a Peloro ( erami io studiusamene postomigli a sedere a lato ): hai tu eduto come la fanciulla e bene ornai? Rispondendo egli di no , tu potrai ederla diss* io , se di nascosto te n'anerai alia nave; perciocche tu sai bele che Trachino ha anche questo proiilo; e vedrai che con lo splendore 1 suo aspetto vince di gran lunga liana j ma vedi di farlo saviamente, ccio cbe tu non procacci la morte a te, d a lei. Egli, seuza punto tardare, come pinto da qualche fatale necessita, inconmente drizzatosi in pie , nascosamente e n entro nella nave; e veduta Carichia, be avea in capo una corona d'allo ro, con una stola d oro tessula spargea er tutto splendore 1( aveasi ella messa nella sacra vesle recata fin da Delfo, ccio le fosse o allegro segno di vitiria, o veramente onorata sepoltura ) gli altri ornamenti d* intorno a lei osi ben disposti, che rappresentavano )rma di camera nuziale , verisimil cosa che ei fosse fieramente incitato dal'aspetto d i le i, combattendo insieme n lui 1 appetito e Tinvidia; e ritorlando quindi ben lo dimostravb negli cchi, perciocche in essi si scorgea un ion so che di fieroi e d* insano. A faica si era egli posto a sedere, che coincio a dire: Io, quello che se ne sia agione , non ho avuto il premio che i suole dare a'priucipali soldati. T u ion Thai domandato, disse Trach ino; poi non si e ancora fatta la divisione lella preda. Io dunque soggiunse egli, lomando in premio questa giovane pri^oniera. Prendi, disse Trachino, fuor li lei quello, che piu ti piace. E Peoro: vuoi tu dunque rompere la leg;e dei Corsari, la quale concede la lezione di quello che piu gli aggrada i colui, che primiero entra nella nave temica , ed oltre lutli gli altri si met-

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te a periglio nella battaglia 1 Io , disse Trachino, non rompo gia questa leg* ge; ma difendo le mie ragioni con unaltra , la quale vuole, che i capitani abbiano aulorith di comandare . Io dun que sono ferventemente acceso di questa giovane, e voglio prenderla per moglie e giudico che cosi si debba fare; e lu, se non ubbidirai al mio comandamento , or ora ne pagberai la pena, ferito di questa tazza. Allora Peloro, rivolto ai circostanli , vedete, disse, la mercede delle mie fatiche? sperate che il somigliante sia per avvenire anche a voi, i quali tutti sarete ad uno ad une, quando che 4ia , del dovulo premio pri v a ti. O che cosa era quella a vedere , o Nausicle 1 Avresti polulo somigliare quegli uomini al m are, da repentino vento commosso, che proprio a quella guisa furono da slollo impeto spinti a tumulto incredibile, tome quegli che erano ripieni di vino e di rabbia: e parle al favor delluno, parte al favor dellallro erano inchinati; perciocche alcuni volevano che il Capitano fosse riverito, ed alcuni contendevano che non si rompesse la Iegge. Trachino alia fine distendendo il braccio voile ferire Peloro con quella tazza ; ma egli essendosi preparato in nanzi , lo feri d* un coltello nella pop pa, onde Trachino di mortal ferita percosso giacque in terra. F u dunque fra gli altri incontanenle appiccala la bat taglia, e combattendo un contro al tro, crudelmente si ferivano, quegli per ajutare Trach in o, e questi per difendere giustamente Peloro; di maniera che altro non si sentia che uno slrepito, e gemito grandissimo di coloro, che con legn i, e con tazze, e con tavole ferivano, ed erano feriti. Io discostatomi quindi per buono spazio, sicuro mi posi sopra un colle a riguardare . Ma Teagene e Carichia non si tenevano gia le mani a*fianchi. Anzi facendo quanto era tra noi ordinato , egli con la spada in mano primieramente si accostd all*una defle parti, in modo che veramente p tiK l'c b egli diritlamente stdise dalle pfcrti loro . E d ella come vide^la battaglia bene attac ca ta, si stava nella nave saettando chi meglio le facea segno, nfe ad altrui per

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rando che forse il giovane non morirebbe. Io non potea ( o me misero ed ia felice! ) ne parlargli, ne intendere co me il fatto stesse, ne consolaodolo al leggerire gli affanni, ne prendere cun dell' avvenire; perciocche la fortuna del m are, fu da quella della terra sen za alcun indugio sopraggiunla. Per ciocche, avendo io gia vedulo il gior no , scendea giu del colle, ed ecco che una compagnia di ladroni Egiziani scesa ( come ci pareva ) dal soprastante m onle, prese i due giovani, e poco di poi ne gli meno seco, portandosene insieme quante piu pole rono delle robe della n ave. lo in vane gli seguiva da lu n g i, piangendo la lore e la mia sveulura; conciosiacosacbc ajutare non gli potea, ne mi parevi a proposito lasciarmi insieme coa essi prendere prigione; e cosi salvai stesso con speranza di provedergli d soccorso; ma non potei farlo,anxim rimasi qu iv i, non polendo per la de bole vecchiezza seguir gli Egixiani si per quei falicosi m on ti. Hammi or alfine aiutato a ritrovare la mia gliuola, ed il favor degli D ii, e la coi tesia tu a , o N ausicle, senza che i punto mi vi sia aftaticato; ne ho fait in beneficio loro che spargere al)l> oi devoli pianti e lam enti. E cosi delle comincio a piangere. Piangevano csiai dio coloro, che erano presenti; di m ; niera che il convito si muto in piaol niescolalo con qualche aliegrezza; pe ciocche il vino e un non so che 1 incitamento al lagrimare. In tanto M ai side per dare animo a Calasiride, disse: O padre, fa'cbe nel tempo a < venire tu stii di buona voglia, poicl lu hai gia racquistata la tua figliuol ne piu che una sola notte ti vieta poter vedere il luo figliuolo; perciocd io ti proinetto che all' apparir del nuoi giorno, anderemo a trovare Mitrani e tenteremo ogni possibile via che ej ti lasci libero il tuo generoso Teageo Dio sa, rispose Calasiride, che altro n < vorrei. Ma egli e gia ora di poner fii al convito; siamo dunque ricordevoli D io , e rendiamoci purgati e netli ci la sacrata bevanda. F u dunque porta intorno il sacro Calice, e cosi fu que:

donando che a Teagene. Non aettava ella contro una sola parte, ma uccideva chiunque le venia meglio adoccbiato. Ella non] era da alcuno vedula; ma erano ben da lei agevolmente per lo splendore degli accesi fuocbi veduti i nemici. Erano que* Corsari ignoranti di tanto m ale, ed alcuni slim avano, che quelle ferile procedessero da divine ma ni. Ando la bisogna in guisa, cbe essendo tutti gli altri m orti, solamente vi rimase Teagene , che combatteva da solo a solo con Peloro , uomo nel ve. ro molto generoso, ed esercitato in mollissime battaglie . Non potea Carichia porgere a Teagene ajuto saettando ; per ciocche se bene stava tutta sollecita per desiderio di soccorrerlo, temea noudimeno di qualche strano ed impensato accidente, essendo massimamente essi al le mani insieme. Alla fine non potea piu resistere Peloro; perciocche temendo Carichia di soccorrere Teagene con fat ti, gli diede con una voce aila, dicendogli con alto grido: D ehl vila mia , ortati virilm ente. Allora come se quela voce gli avesse preslalo forza ed ar-. d ire, poco indugio Teagene a superare affatto Peloro; conciosiacosache quel la voce gli diede segno che vi restava il premio per chi rimanea vincilore. O n d e, ravvivali gli spirli, che per le molte ferite erano gia aflQitli, assalito P eloro , gli meno con la spada un col* po alia testa; ma perche egli si chino alquanto, non lo pole quivi ferirej ma lo percosse nella estrema parle della spalla in guisa, che glirecise la mano in su la giunlura del gom ito. Peloro per questo spaventato si volse a fug gire , e Teagene lo seguito. Q uello, che dipoi scgui, non vi saprei dire: perciocche io non mi accorsi del suo ritorno, essendomi fermato in su quel poggetto, e non essendo ardito di an dare la notte vagando per quei luoghi, dove era stata la battaglia. Non potei vedere anche Carichia in luogo alcuno; se non poi venuto il giorno, che vidi Teagene quasi in braccio alia morte e lei che le si era posta a giacere a lalo piangendo, e facendo segno di volere uccidere se stessa; ne era da altro che da una picciola speranza ritenuta, spe-

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fine al convito. Calasiride cercava di lacrime pregato lo Dio che volgesse a Carichia, e guardando in tra la mol- miglior corso la fortuna di le i, soaiitudine che passava, non ve la vide . vemente la desto , e ne la rimeno a casa Alla fine per delto d* una donna, an tutta vergognosa; perciocche ella si redatosene nella piu secreta parte del tem cava a vergogna d* essere stata ritrovata pio, la ri trovo appoggiata sopra i piedi scossa e vinta dal sonno. Pure entrata del santo simulacro , dove stanca dal nella stanza delle donne, e postasi a luogo pregare, e dalla violenza dello giacere a lato alia figliuola di Nausicle, afianno s era proiondamente addormen- sensa punto dormire, si stette discortata. Q u ivi poi che egli con alquante j rendo sopra i suoi presenti afianni.

LIBRO

SESTO

Calasiride e Cnemone si misero a gia cere in un canto della stansa per gli uomini apprestata j e poiche il rimanenle defia n otte, piu tardi che essi non avrebhero voluto , ma piu tosto che non pensavano, si parti ( come quella, che s* era consumata e nel pubblico con vito, e nella piacevole Jungbexxa di que*ragionamenti, ancor che molte cose vi fossero pretermesse ) sen sa aspettare che il giorno fosse ben cbiaro, se n andarono a trovare Nau sicle; e lo pregarono che dicesse loro dove ei pensava che Teagene fosse; e ancora che piuttosto che potea ve gl) guidasse. E g li fe* quanto essi vollero , e drissandosi si feloro guida. Carichia molto gli p rego, che dovessero menarla seco, ma alia fine fu costretta di restar qu ivi, promellendole Nausicle, che iacontanente tornerebbero insieme con Teagene, perciocche non andavano mol to lontano . Lasciaronla dunque , che per la partita lo ro , e per la speransa, fra la malinconia e 1'allegrezsa si sta va combattendo. Essi essendo gia usciti della v illa , e av vicinal isi alle ripe del Nilo, videro un Cocodrillo, dalla de stra ripa andare serpendo verso la si nistra, e nella corrente del fiume con molto impeto sommergersi. G li altri per la consuetudine non ebbero di tal v i sta spavento alcuno; se non cbe Ca lasiride predisse, che cio significava , cbe essi avrebbeno per camino qualche

impedimento. Ma Cnemone non poco si spavento per tale aspetto , conciosiacosache egli nod si avvide a pieno del lo animale , ma piuttosto ne gli passo davanti una debole om bra, di manie ra che fu vicino a fnggire. Calasiride, ridendosi molto di cio, Nausicle, disse: Io mi pensava, Cnemone, cbe tu solamente di notte fossi pauroso , e che le tenebre ti generassero paura; m a, per quel ch* io veggio, tu sei anche di giorno un valente uomo; e non sola mente gli uditi nom i, ma lo aspetto esiandio delle cose che li sono avanti a* piedi, ti mettono addosso molestia e travaglio. D i quale Dio o di quale Demonip non sofferi di questo nostro uoroo da bene di udire il nome ? disse Nausicle. Se egli teme anche del no me degli D ii , e de*Demonj, non ti so io d ire, rispose Calasiride, ma egli te me del nome d* un uom o, il quale e molto pur maraviglioso, ne d* uomo , che per la virilita sia detto uomo; ma se alcuno nomina il nome di una don n a, la quale e morta per quel ch* ei dice, tutto si spaventa. S a p p i, ottimo Nausicle , cbe quella notte, che tu tornasti da* Bifolchi rimenandomi salva Carichia, egli non mi lascio pure un poco dormire; perciocche avendo non so come o donde udito > 1 nome, che io li d ico, bene spesso per il ti more tramorliva , e io gli facea rimedj per farlo rilornare in se; e se non

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che io uon roglio afHiggerlo, ansi spa sbandeggiato della palria, essendo co ventarlo, ti farei ora udire quel nome, me palricida condannato dal popolo a acciocche tu potessi meglio ridere; e tal pena. E come poi vivendo egli in subito soggiuose il nome di Tisbe. Non E gin a, primieramente Caria, uno dri rise gia piu Nausicle, ansi tutto diven- giovani di sua eta gli avea portals b ne nel volto turbato, poiche egli ebbe nuova della morte di Demeneta, e an tal nome u d ilo , e stetle per buona cora del m odo, cioe che Tisbe atra pesxa tutto pensoso; discorrcndo seco, anche contro di lei composti ioganni, per quai cagione, o per quale sua do e poi AnJicle gli rapporto come coa mesticbezza, in somma in che cosa il la pubblicazione de'suoi beni, suo padrt nome di Tisbe avesse Cnemone offeso. era .stato scacciato della palria; per Cnemone allora ridendo, disse: vedi ciocche i parenti di Demeneta, rantu , ottimo Calasiride, di quanta. forsa nalisi conlro di lu i, lo aveano aceusalo urte sia il nome di Tisbe? che non in me al pOpolo, metlendo in dubbio la m solamente, come tu dicevi, ma e*ian- di Demeneta; e come T u b e s' era fugdio in Nausicle genera spavento ? anzi gita di Alene con un mercalaDte suo il travaglio e mutuxione degli affetti innamorato, delto Naucrale. E alia fi e e in lui molto maggiore; ed io al- ne soggiunse, come egli stesso insiem a incontro me ne rido, perciocche so con Anlicle si mise per rilrovaria a n ch ' ella non e pifr v iv a ; e questo no vigare insino in E gilto., e comuiujue stro generoso N auside, il quale con si tusse ritrovatala, la ricondusse in Atene molto riso schernivaT altrui timore. . . e liliero il padre dalla calunnia, e ft po Non piu, disse Nauside, interrompen punire le i; e come egli in quel tem dogli il parlare, che a bastanza ti sei corse molti altri pcricoli, e molle for a contro di me vendicalo . Ma io vi prie- tune; che fu preso da* Corsari, che d go amendue per gli D ii ospitali, per essi fuggito di nuovo pervenne in Egli D ii dell* amicizia, per le piacevo- gilto , cbe fu fatto prigione da' Bifuliezze, e per le mense, le quali (se io chi assassini, dove acquislo 1 'amicizia non m' inganuo) avete meco provate di Teagene e di C arichia. Raccooto assai cortesi, che voi mi certifichiate, in somma loro la morte di Tisbe, e onde couoscete il nome di Tisbe: per per tutto quello, che dipoi ordinal! che non avete avuto timore; e se avete j menle gli avvenne, insino alle cose saputo ch* ella fosse mia serva. Cala | the Calasiride e Nausicle per se slesii siride allora: a te tocca Cnemone que j sapevano. Poiche Cnemone ebbe posto sto ragiunamento; il quale tu spesso ; fine al suo ragionare, Nausicle ravvolmi hai promesso d i raccontare, e dar- | gea seco inflnili pensieri; ed e ta lo n mi insieme contezza de' casi tu o i, ma j volea aprir loro ogni cosa intorno a iatti con diversi e vani artificj hai sempre j suoi e di T isb e ; lalora deliberava dif* insino ad ora prolungato. Ora pare ferirlo in alfro tempo; pure alia fin e che 1* occasione lo richieda, percioc benche malagevolmente si contenne, par che ne farai piacere a Nausicle, e ci te per essersi cosi seco risoluto, e parte alleggerirai la malagevolezza del cam per essere da un nuovo accidente im pedi* m iuo, e ci terrai onorata compagnia to. Perciocche essendo gia essi valicati in ragionando. Ubbidi Cnemone, e bre- nanzi quasi che settc miglia e mezzo; eav vcmenle racconlo loro tulto quello, che vicinalisi alia villa dove solea ditnorare avea gia raccontato a Teagene e Ca Mitrane, si abbalterono in uno conoscen richia ; come la palria sua era Atene, te di Nausicle, a cut domandarono dove il padre Arislippo , come ebbe matrigna egli cosi frettoloso andasse ; ed egli: Demeneta, e seguito dello scellerato T u , dunque Nausicle, mi domandi delU amore di lei verso di s e , e come non cagione della mia fretta? non sai tu cbe avendo ella potuto conseguirne nulla, tutti i miei pensieri sono ora volli ad gli ordl contro gl*inganni, e come a un segno , cioe di eseguire prontamente cio fare si valse dell opera di T isbe, tutto quello, che da Isiade Chemmiana e s< ggiuuse il modo j e coine ei fu mi fia imposto ? solamente per lei cui

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livo j inipi rarapi, per lei sola cerco ii acquistare, per cagione di lei veglio il giorno e la nolle, ne le niego mai onlla, aoii allora mi pare di ricevere fonuo e fatica, quaudo ella nun mi :om anda cosa alcuna, o grande o pic:iola cbe ella sia. E ora come tu vedi orro portando questo grande augelio renicoptero Niliaco per comandamen0 di colei, cbe mi e sopra lulte le coecara. Tu ti sei abbattulo in molto ortese iunamorata, disse Nausicle; ella >comanda cose troppo agevoli, come ' qoo Fenicoplero; doverebbe ella co Modarti che tu recassi a noi dall Eiopia o dall* India la stessa Fenice. Ed gli: comandami ella tai cose ordinaiam cnte come per giuoco, di maniera he me le ha fatte quasi nalurali. Ma 0 1 dove andate? e a che fare? Ripondendogli essi, che andavano a tro*re Mitrane; voi avete preso ( diss* ?li ) questa fatica indarno, perciocche gli non si trova in paese, conciosiaisacbe e sia questa notte andato con >esercito contro i 'Bifolchi che ten ono la villa di Bessa. La cagione e, tie avendo egli mandato un giovane ', il quale egli avea prigione, ad iroondete di M em fi, acciocche quindi M e mandato in dono al grande R e , Bessyni e Tiam o . loro prigioniero, * fatto loro Capitano, fatta una scor ia lo presero, e cosi hanno pri*> ne. Non avea costui ancora ben xnpilo di cosi d ire , che di nuovo si i*e a correre , dicendo : e* mi convie sollecitare di pervenire ^ad, Isiade, irciocche ella deve ora spesso guarire se mi vede in luogo alcuno upirire. Io non vorrei che la tardanza i fosse cagione di qualche amoroso andalo. Ella e molto rigida e fiera ritrovare e fingermi contro simu le accuse e p eccati, ne vuole udirne m. Essi, udite tai cose, rimasero 'r Luona pezza tutti storditi, per la sperazione di poter conseguire quel * aveano sperato. Nausicle alia fine i rincoro alquanto , dicendo loro che stava bene giudicare infinita la inlicila che era temporale, e per durar *o, ne convenia disporre cosa alcuna H e presenti occorrenzc, ma che per

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allora hisognava rilornare a Chem m i, e apprcstare molte piu cose alte ad an dare pellegrinando, e pcftcia andare a cerc;ire di Teagene, dove egli udissero ch ei fosse ridolto, o appresso de B i folchi, o appresso di qualunque altro, prnponendosi sempre buona speranza di doverlo ritrovare. Ne mi pare cbe insino ad ora noi ci possiamo dire infelici, essendoci incontrati in alcuno de conoscenti > poi che quello che egli ci ha riferito, ci guida quasi che per mano dove per cercar Teagene dob biamo volgere il viaggio, cioe indirizzarci ad un segno, che e la villa de Bifolcbi. Con tai parole agevolniente gli trasse nel suo parere: perciocche a questo ragionare risorse in essi una nuova speransa , e Unto piu cbe Cnemone afiermo particolarmente a Cala siride, che stesse di buona voglia, per ciocche Tiamo salverebbe Teagene. Deliberarono dunque di ritornarsi addietro, e cosi fecero j e trovarono Cari chia in sul limitare della porta, la quale, d ogn*intorno guardando di lo ro , da lunge gli vide. Ma non scorgendo fra essi Teagene, con gravi singulti comincio piangendo a dire: Dunque, o padri, soli ritornate, e ta li, quali quinci partiste ? Dunque, sicco me io stim o, Teagene e morto ? Ma per D io , se avete da dirmi nulla, fate cbe io lo sappia tosto: non difFcrite i miei affanni con la tardanza della nuo va . Ha non poco di umanitk la veloce nuova delle miserie, perciocche insiememente apporta all animo la presta separazione del dolore, e fa che egK piu tosto si rimane di aftliggersi. Cnemone, inteso il parlare di costei trop) po impaziente, le disse: O Carichia , troppo fiera e questa tua natura j lu sei molto inchinata ad indovinarli sem pre peggio, e senza dubbio m* inganneresti, se in questo tu giudicassi be ne. Sappi dunque che Teagene, la D io grazia, e vivo e sanoj e dissele come e dove ei si trovava. Disse allora C a lasiride: O Cnemone, per quello, che le tue parole dimostrano, tu non fosti mai innamorato . Non sai tu che umanti lemono eziandio le cose di nessun pericolo ? ed intorno ai loro amori

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credono solamente al teslimonio degli a questo parlare, dopo avere alquanto occbi loro? e che la lontananza de taciuto, cosi disse: S ia ti, o Nauside, gli amanli genera manifesto afianno questa navigazione prospera j siati nei nelle menti innamorate ? Fingono gli guadagni Mercurio favorevole; siati amanli intra se stessi le cagioni, sti- Nettuno di nessuno pericolo j ansi essi mando che grave e possente iropedi- li siano compagni e guide, e nel mare menlo sia quello, che tiene uno e mettano tranquillity e prosperi venti; altro lontano. Pcrdoniamo dunque, e ti mostrino ogni porto sicuro, ed o amico , a Carichia, la quale e in ogni citta pfaticabile ed arnica demer* ferm a, e ripiena afiatlo delle passioni catanti; poiche tu , mentre siamo stati amorose, ed entriamo dentro in casa te c o ,c i hai tant onorati, voleododooi a procurare quanto ci fa di bisogno; e partire tanto amichevolmente ci laid, presa Carichia per mano con paterna e cosi bene osservi le leggi ospitali e afiezione, la meno dentro. Nausicle dell* amicizia. A noi e di non picdola intanto, volendo avanzargli di solle- molestia il dovere ahbandonare le tue citudine , ed avendo anche alle mani case, le quali tu volevi che riputassi un certo altro suo disegno, fe appa mo nostre, ma la inevitable necessila recchiare le tavole molto piu sontuo di rilrovare qu ello , che stimiamo pin samente del consueto, ed a questo d ogni allra cosa, ci spinge a cio far?. convito non voile che fosse altri che L a mente mia e quella di Carichia e essi, e la sua figliuola, la quale , ac- tale. Cnemone, se egli vuole farci que cio apparisse piu bella che non solea, sto beneficio di venire con esso noi che di piu belli e piu ricchi ornamenli pellegrinandoj o se pur egli ha deter si adornasse; e poiche ebbero abba- minato d andare altrove ; o quale in stanza mangiato, comincio egli a ra- somma sia il suo volere, potra dire gionare in questa guisa : A me, ospiti egli per se stesso. Volendo dunque egli m iei, sarebbe soramamente gralo ( sia a queste cose rispondere, e comincian* nomi di cio teslimonio gli D i i ) che do gia ad udirsi il suono della voce, voi qui ed appresso di me consumaste incontanente si raccheto, perciocche le tutto il rimauente della vila vostra, e subtle e calde lagrime che dagli occhi che fussero a voi comuni Ie mie so- gli caddero , gl impedirono la lingua. stanze , comuni i figliuoli, e tutte le P u re , avendo alia fine raccolto lo spimie cose piu care ; perciocche giudi- rito , ancora gemendo disse : O fortuna candovi in avvenire non ospiti pub degli uom ini, quanto sei instabile e b lici, ma miei cerli e benevoli am ici, piena di ogni sorte di aggiramenti I non e mai per parermi oneroso quanto Quanti nuovi m a li, e contro molli al debba tornare a comodo voslroj e son tri spesso, e contra di me hai con ogni presto , volendo cercare la vostra fa- studio adoperali t T u m i hai privalo miglia di favorirvia tutto mio potere, de parenli e delle paterne case 5 tu mi insino a tanto che avverra , che io sia hai sbandeggiato dalla mia ciltit, e cacon voi. Ma voi senza dubbio alcuno rissima palria: tu (p er tacere quello, sapete che la mia vila e mercantesca, che in quel mezzo sostenni) mi spinge e che in tale arte mi escrcitoj e vedete sti in E g ilto ; tu mi desti nelle mani che sereni Zefiri gia molti giorni sof- de Bifolchi ladroni, tu mi porgesti ue fiando , hanno renduto il mare Iran non so che di buona speranza , m a quillo e navigabile, ed annunziano ai brieve , assegnandomi la compagnia d mercatanti ch egli e tempo di navigare: uomini sebbene anch* essi infelici non e poi 1 uso quasi incitativo tanto mi dimeno G reci, co quali io sperava d chiama a dover andare pellegrinando dovere consumare il rimanente ddli insino in Grecia. Voi dunque fareste vita mia ; ma tu per quel che m i pare il dover vostro, concedendomi ( il che mi togli anche questa consolasione. Dov sia con vostra buona grazia) che io debbo io volgermi? che debbo io fare? al) potessi disponere la mia vita a quel bandonero io Carichia, non avendo ell fine che gia mi son proposto. Calasiride ritrovato ancora Teagene? O bim e! ch'i

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e atto troppo grave e nefando. Debdonque seguirla, e cercarlo con eslei? s' egli fa manifesto che noi dobim o ritrovarlo, onesta cosa fa il faare, con speransa di fare qualche oooed onesto profitto. Ma s* egli fa *rto quello che deve essere, il che oolto piu molesto, fa incerto aliresi, lie debba essere il fine de* miei erL Che faro dunque? non certhero ( coo buona grazia vostra , e degli dell amicizia ) di ritornare ora al00 alb patria, avcndomene massi mente la benignita degli D ii (come vede) porta la occasione, dovendo sto Nausicle, secondo c h 'e i dice, tire per la volta di Grecia? Per non e che mi verrebbe a restare non torido una perpetua eolitutKne di suclori, il che e di gran raf>l0ta a mio Ire, e la casa sensa erede. Percioc! sebbene io dovessi vivere poveraote, nondimeno si lascerebbono da saiBcieuli ed oneste reliquie per la 1 famiglia. Ma , o Carichia, percioct teco primieramente mi scuso, e a lomaodo lice n za, e te ne priego, hrnla; io ti seguitero insino al luoijle Bifolchi, e preghero Nausicle , ik e egli molto sollecita , che mi aM i alquanto. Se io posso in modo po consegnarti in mano di Teagene, pero d essere stato huon guardia no fro deposito, e polro poi con huona fenza lasciarti in migliore. speranza Ivvenire . Se non lo troveremo (il gli Dii tolgaao) saro in ogni mo* teno di scu sa; perciocche ne an H H ora ti lascero sola, consegnandokne pttfre ed oltimo guardiano que SflipPi6 . Conosceva Carichia qual ItW n te d i Cnemone per molti se re maggiormente per aver veduto sospettoso per timore della fij^ p erciocch e agcvole cosa fa ad uno Itonto eonoscere un a lu o , che sia ttnUjpatsioni vStito* Avea eziandio Mi6 animo di RtUsfcle per le Id a W > dette, e vade ebe agevoljM e questo p attriW lv ^ otea fa n i, pocehfe N an sid e-gik w o ki giorni fccrcava; e if suo tnercatantare era Morre Cnemone con varj ariificj a '< (are.. E oltre a cio, giudicava CneER0T 1 C1

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mone nel reato della strada non doverle esser convenevole nfa sicura com pagniaj dissegli dunque: Poichfa cosi ti piace, noi per li beneficj, che per ad dietro ci hai fatti, confessiamo di averti olihligo iniinito. Ma per lo innansi non isforzandoci la necessita che tn debba prendere cura di n o i, ne cbe tu debba , e massimamente contro voglia, incorere pericolo per le altrni fortune, te ne ritornerai alia tua Alene, ed a casa tua, ne abbandonerai questo Nausicle, nfa lascerai fuggire occasione, che ti si fa, come tu dici, per se stessa offerta; e Calasiri de, ed io contrasteremo con la fortuna insino a tanto che troveremo il fine de nostri enrorij e speriamo, se non avremo gli uomini in aju lo , di avere almeno gli D ii in compagnia. Nauskle, ripreso il parlare, disse: Snccedati o Carichia il tuttto secondo che tu desideri, e gli D ii secondo il tuo volere ti siano compa gni, e ti facciano ritrovare quello, che tu cerchi, poiche tu sei di cosi generoso e forte animo, e di cosi saggio ingegno. E t u , Cnem one, sebbene non rimeni Tisbe ad Atene, non te ne attristorc,' e massimamente avendo me, che sono reo di averla rapita, e d' averla condotta lunge da A ten e, perciocche io sono il mercatante Naucrate, ch* era di lei innamorato. Ora se tu vorrai, e an che a me piacera, tu saraj ricco di mol ti danari, e a' miei conforti abbando nerai la tua casa e la tua patria, e volen do prendere m oglie, io ti daro questa mia figliuola Nausiclia e insieme gran dissima dote. Che tu debba fell* in contro prenderla mi risolvei da indi in q u a, che io conobbi e ta , la casa e la stirpe tua. Cnemone, sensa punto pensarvi sopra, oflerendoglisi non aspetlata occasione de'suoi desideri, come quegli che gia huon tempo avea cio aflfettuosamente desiderato, sensa averne pero speransa alcuna, rispose: Io di buona voglia accetto tutto quello, che tu mi offerisci; e stendendo la destra , Nau sicle gli porse la figliuola per mano, e cosi gliela diede ; quindi, comandato a* suoi di casa che cantassero la can zone di Imeneo, fe* dar principio alle carole, ' disegnando, che quello stesso convito avesse a servire alle sprovve21

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date nosze. G li altri dunque altende dagli occbi tanto da te amali ; e ia vano a carolare, e non avendo anche coutanente fe il letto tutto di piaulo iuvocalo Im eneo, per le camere dan- molle. Ma se tu sei v iv o , farai mollo zando cantavano, e le feci nuziali tulta bene venendo a consolarmi insin qui, la nolle alluminarono la casa. Ma Ca e mostrarmili almeno in amico sogno. richia* parlitasi dall* altre, sola se nan Ma non mi violare ne anche allora, e do nella sua solita camera ; e chiuso conservation vergine alle legitlime noz molto ben l uscio non isperando che ze, ne ti congiugnere meco in sogno. alcuno fosse per turbarla, a guisa di Ecco cbe io li abbraccio, parendomi baccante tulta infuriata si mise le mani di vederti gia presente. E Cosi dicen ne*capelli, e schiantandoli, e squar- d o , col viso in giu si getto incontanenciando la veste, diceva: Or su faccia- te in su letto; e avendolo per tutto mo anche noi fesle e balli al Demo cinto ; lo Lencva abbraccialo, con spesn io , che ci fu dato in sorle, secondo si sospiri profondamenle gemendo. On che a lui si conviene. Cantiamogli pian- de per lo soverchio afEmno una caliti accomodandovi gem ili, e singulti in gine e uno abbacinamento d* occhi le vece di carole. Canlisi tenebre e mor sopravvenne , e le oftusco inlellello ti , e oscura notte sia guida de caro- e la mente in gu isa, che senza ch ella lanli. E questa lucerna sia ascosa sot se ne avvedesse la coslrinse a dormiterra. Sia ogni cosa simile al lelto ma- re , e la tenne in questa guisa occurila le, e alia marital camera, che *1 mio pata, insino al giorno chiaro. Laonde fatal genio mi ha apportale e ordina Calasiride maravigliandosi che e lla , il te, volendo cbe io sola viva senza con- che non era suo costume, non si ve sorte, e che io abbia solamente il no dea , cercandola se n ando alia came me di moglie. Ohime! Cnemone can- ra di le i, e . impeluosamente percossc ta, danza, e prende moglie. Teagene le p orte, e spesso chiamatala per no va mendicando, e prigioniero, e forse me, la desto. Ella sentendosi cosi sproanche legato, benche queste mi par- vedutamenle cbiam are, tutta si sparebbeno cose felicissime pur c h 'e fosse vento ; e in quello abilo che ella lu vivo e sano. Nausichia prende marito, sopraggiunta, se n ando all u scio , e ed e da me divisa colei, che insino ad ritratto il chiavistello, si fe incontro oggi in uno stesso letto e meco gia- , al vecchio in sull entrata. Egli v ed u te ciuta. Carichia rimane sola e abban- le sne treccie tutte scarmigliate, e la donata. Ne mi dolgo io della felicila veste lutta intorno al petto squarciata, e Joro } o fortuna, o Demonj 1 godano l aspelto tutto ancora turhato, conobbe pure quanto desiderano ; ma delle mie incontanente che di cio fosse cagione; per svenlure mi lamento, poiche non posso lo che ricondoltala al lelto , e postosi an ch 'io usare la somigliante felicila. a sedere, e preso il mantello, e accon Cosi questa nostra favola si Irae in in ciatolosi a lorno come si convenia, lc finite, e tutto il resto dello apparato disse; perche fai tu queste cose, o C a se ne va in parole. Ma perche mi la richia ? perche cosi smisuratamente la scio io cosi dal furore trasportare sen aiiniggi ? perche ti lasci tu cosi s c io c za profitto? Abbiano pur fine anche le camente vincere da qaesti a c cid e n li?E future miserie, quando agli D ii pia- non e ora che io ti conosco, e ti h o cera. M a , o Teagene, o mia sola e per addietro conosciuta pur sem prcm ai dolce cura , tu sei m orto, e se io lo generosa e saggia iu sostenere g l im p e i i risappia ( ma tolgano gli D ii, che io della F ortuna. Non ti rimani a n c o r a giammai di vero I int^nda ) non saro di questa tanta sciocchesia ? Non cono> punto lenla a seguirli per esser poi sci tu essendo fattura um ana, c h e le sempre teco. Ora ti douo queste fune cose degli uomini sono inslabili , c b e ral esequie ; e cosi dicendo, si slrac- tosto e agevolmente inchinano o ra an ciava i capelli, e gli getlava sopra il una, ora in altra parte ? perche li v u o i lelto. Ecco che in vece della sacra be tu rilorre forse a migliori spcran&e ? vanda io spargo per te queste lagrime Y iv i, figliuola, e vivi lieta per a m o r

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me; vivi dico e vivi lieta se non r tua cagione , almeno per amor di eagene, a cu i non fa cara la -vita, se in quanto v iv i t u , e questo sia il ladagno del too restare in vita. Carbia a questo parlare arrossi, e mag jrraente pensando in che termini egli avea sopraggiunta , e avendo buona zca taciulo, ancor che Calasiride la ilecitasse a rispondere, disse alia fine: padre , tu m i accusi nel vero giuimeufe. nondimeno fa forse questo rore in me deguo di scusa; percioct'e non un volgare o nuovo appetito inge rue piena di afEmni a questo re, mn il siucero e caslo amore di 10 tnarilo, benche non si sia meco ai congiunto ; e questi fa Teagene : 11 mi conduce a questo per non esser eco, f: molto piu perche sto in dubo , se egli sia vivo o n o . Non li rdere d animo per queslo, disse Caiiride, perciocche egli fa vivo, e sara *to teco, che cosi pare che gli D ii ernnino; e bisogna che noi prestiao fede ille cose cbe sono slate preHe iniorno a'c a si nostri, e a colui cora die jeri ci disse come egli, essendo andato a Nemfi , fu tra via preso da iatno; onde essendo coil , manifesta e cJL *egli fa vivo, avendo per ad(tro avuta conoscenza e amicizia di i E non fa dnnque tempo di tardajanzi dobbiamo studiara, quanto piu rto possiamo d i andare alia villa di e cercare tu di Teagene, e io solamente di l u i , ma di mio fi olo ancora. T u sai bene, che spesse Jb 1 hai da me u d ito, che Tiamo fa
figliuolo. C a ric h ia , divenuta lu lla disse: C ertam ente se T iam o Ino figliuolo, e quesli e tuo , c non ll-i, ne e u n allro T ia m o j i fatli W sono in grandissitno pericolo . ^vigliossi m olto C alasiride , e doodollene la cagione. T u sai, soggiunA , die io fui falla prigioniera Bifolcbi j q uivi la bellezza , la quanfclicpnjenle pare che mi sia altriWa, accese T ia m o di ardente appe0 godermi. T em o d u n q u e, se noi taodolo lo tro v erem o , cbe egli , W ndom i, c ricordaridomi me essere i mi sforzi a fare con efTetto

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quelle nosse, le quali io diflferendo , con arte gli tolsi di m ano; e Calasiri d e ; egli non si lascierebbe tanto vincere dallo appetito, che disprezsasse 1* aspetto paterno; e che non si vergognasse dinnanzi agli occhi del padre di non correggere, se fosse in lu i, alcuno appetito irragionevole. Ma se egli altramente facesse, porciocchfa nulla non glielo vieta , perche non pensi tu qual che inganno,come sogliono fare coloro che temono ? tu sei pure mollo accorta a ritrovare luoghi e inganni contro si mili assalitori. Ella tutta a queste pa role ricreata, disse: Ora si vedra se tu favelli sinceramenle, o se pure mi schernisci. Io per ora con migliore augurio prenderei quel medesimo partito, che presi prima insieme con Teagene, e che poi ci fu dalla Fortuna interrotto. Dovendo noi fuggirci dall Isola de* Bifolcbi deliberammo di mutar vestim enti, e veslirci di panni piu v ili, e farci simili a*mendicanti,e in laleabilo andar perle villee per le citta. Se dunque cio piace anche a t e , prendiamo que sto aspetto, fingiamoci mendichi; per ciocche in tale abito saremo meno insidiati da quelli, che inrontreremo per via: conciossiacosachfa andare vile e abielto in simili occorrenze fa sicurezz a ; e la mendicita fa piu vicina alia nmericordia che alia m orte; e poi piii agevolmente Iroveremo il necessario e giornalirro vittoj avvenga , che gl incognili ne'paesi altrui rade volte tro vano robe da comperare; ma q uello , che si chiede per Dio , libera mente si dona a coloro, che meritano compas sione. Lodo queslo pensiero Calasiride, ed affrellavasi di entrare in viaggio . Trovato dunque Cnemone e Nausicle , e detto loro come volevano andarsene, il terzo giorno si partironoj nfa soffer scro pure che fosse loro data una cavalcatura , nfa cbe uomo alcuno facesse loro compagnia. Accompagnandoli non dimeno Cnem one, Nausicle, e tulta 'altra fam iglia, Nausiclia, molto prejatone il padre che lo concedesse, gli ;iccompagn0 anch ella in abilo di no vella sposa , essendo gia lutta presa Jell* amor di Carichia. Essendosi dilungati da Chemmi quasi due terzi di mi-

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g lio , presisi per mano ed abbracc iatisi appressati, viddero quivi distcsa tma si diedero i saluli general, e con mol gran moltitudine di corpi nuovamente lagrime pregavano cbe queslo loro te uccisi, ii quali, come 1*abito e porseparamento fosse con miglior fortuna. tatura dell arme dimostrava , erano per E Cnemone chiese loro perdono, di lo piu Persiani, ed alcuni pochi ve cendo, ch 'e i non tenea loro compa- n erano paesani. Mostrava questo es gnia per aver latte novellamente le noz sere stato tin fatto d* arme. Essi dun ze , e fingendo, se occasione se ne gli que e d' alcuni e per alcuni dubitavaprestasse, di volerli seguire , si parti no. Ma essendosi poi accoslati, ed ada essi, ed insieme con gli altri se ne vendo risguardato intorno a que* m orti, torno verso Cbem m i. Carichia e Cala conobbero non esservi alcuno d e 'lo ro siride primieramente si vesliron ad uso ( sono gli animi nostri molto potenti di mendicanti, e si misero in dosso ad indovinare i gravi accidenli d i co panni vilissimi, quali aveano gia ap- loro, che ci sono piu cari ) e si ab prestati. Poi Carichia si guasto il bel ba tterono in una donnicciola vecchia , viso , lo maccbio ed imbratto tulto stro- la quale distesa a lato ad un m orlo di picciandolo con la fuligine , e liscian- quelli paesani, spargea infinili p ian ti e dolo con esso il lo to : e estreme par lamenti. Deliberarono dunque, se pnsti d* una vil benda s avea per la iron- sibil fosse, intendere da costei qualche te tirate in su gli occhi, e senza pun lo cosa. Laonde postolesi a sedere a la to , cl'ordine coperligli. Prese eziandio un si sforzarono primieramente di racconsacchelto sotlo il braccio , accio paresse solarla, e ritrarla da quel grave p ian toj e fatto ad uso di tenere i piccioli pezzi poscia che ella alle loro parole si fu racdel pane. E le cose piu ricch e, come quetata, le domandarono qttal fosse la la sacra veste recata da D elfo, la co cagione de* suoi afianni, e che guerra rona , i tesori, gl* indizj cbe sua madre fosse stata quella ; parlando perp con avea con esso lei getlati, tulti acco- esso lei Calasiride in lingua E g izia n a . modo in un suo ripostiglio. Calasiride, Ella racconto loro brievemente U tutto, presa la faretra di Carichia, ed invol- dicendo, che il suo pianto era p e r U tala in una pellaccia , se la mise a tra suo figliuolo, che quivi morto g iacea; verse alle spalle, come un altro sac- e che.gia era ordinato che si andasse cbetto da tenere il pane, e dell arco a far 1* escquie a m orti, se alcu n o nella avendogli prima tratla la corda; ed battaglia avesse lasciata la vita , e cbe avendolo raddrizzato, lo teneva in ma ella in quel mezzo le facea al figliu olo no come Lastone, appoggiandovisi so il meglio cbe potea , piangendo e lapra molto gravemente. Studiavasi ezian mentandosi. L a battaglia soggiunse e dio , se per sorte si fosse in alcuno in- stata di questa maniera. Era condotto contrato, di andare molto piu gobbo, un giovane forestiero di bellezza e di che la vecchiezza non lo sforzava, e grandezza molto eccellente ad O ro o o mostrava essere storpiato d una delle date capitano della cavalleria d e l gran gambe, facendosi lalora guidare per Re in M enfi; ed era mandato come mano da Carichia. Poiche si furono a orrevolissimo dono da Mitrane capita lor senno trasformali, schernendosi al no della guardia, il quale, p e r quel quanto insieme, dicevano per giuoco che si dice, lo avea preso p r c g io n e . uno all* altro: obi come li conviene G li uomini di questa villa ( ad d itan d o codesto abito. E d alia fine pregato il loro la vicina Bessa) andarono per genio, e la fortuna loro, cbe volesser conoscerlo: cosi dicon essi, o c h e q u e poner fine a* loro afianni, e con ten- sta sia la verila, o pure che lo fingatarsi di quello, che insino allora avea no per iscusa loro. Mitrane a v e n d o cio no sofierto, si misero con fieltolosi udito, e come pare verisimile sdegn apassi a caminare verso Bessa, dove ere- tosene assai, oggi sono tre g io rn i rnosdendo trovare Teagene e Tiam o; ne se Jo esercito contra la villa. S o n o gli restarono ingannali; perciocche essen- uomini df essa naturalmente v a lo ro s is dovUi gilt in sul tramontar del Sole sim i, avendo sempre tenuto v i t a d

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idroni, ne fanno stima alcuna della ta , abbandonata da difensori: e verra jorte; e per questa lor fiereaza hanno cio loro fallo senza pericolo alcuno; ed pessc volte molte donne, si come ora oltre a c io , raddrizzare, e resliluirc a > e insieme con alcune, altre private e Tiamo loro capitano il sacro ordine e mariti e d e'figliuoli. Avendo dun della Profezia, il quale ingiustamente ue preveduto il tempo del assalto, si ha occupalo il fratello di lui m inore: lisero prima che cio avvenisse in certi 0 se pure questo loro pensiero non loghi in agguato; si che venendo sorlisse il desiato eQetto, valorosamen i nemici contro, restarono superio- te combattendo fare un fatto d arm e, i; perciocche parte comkattevano con e non lasciarsi vilmenle uccidere, e li nemici a fronte a fronte, e parle soltoporsi airin g iu rie, e supplizj periteendo dagli aguali con alte grida as- siani. Ma v o i, am ici, dove andate ? A iliroDo gli sproveduti Persiani dietro questa villa, rispose Calasiride. Ed.ella : 5 spalle, Mori in questa battaglia M i e non vi sara sicuro e per il tempo, e per rane, che nella prima testa combat non esser voi conosciuti, il praticare con ea; morirono con esso ancbe gli altri quelli che vi sono rimasti. Se tu volessi noi tutti, come quelli, che essendo albergarci, suggiunse Calasiride, non ircondati, non aveano luogo alcuno saremmo fuor di speranza di sicurczza. icuro da fuggirc. Morironvi anche de* Io non ho tempo, rispose la vecchiu ; lostri alcuni p och i; tra quali, come perciocche mi conviene sped ire alcuni a voluto 1* eropia fortuna, e il mio nolturni sacrifizj. Ma se animo vel gliuolo, ferito ( come vedete ) nel pet sofire, per necessita se non per voglia, 0 d una saetta persiana. Ed ora, mi- ui dove sono quesli m orti, ritruenera m e! piango costui morto, dub ovi alquantp in luogo sincero e netto, iosa poco dipoi di dover piangere an potrete sopportare questa notte. t)omahe altro, che solo m* era rimasto ; ni poi all' apparir del giorno, io saro ercioccbe ed egli insieme con gli altri vostra albergatrice, ed alloggierovvi siQtti ando jeri a far guerra contra la curissimamente. Poich ella ebbe cosi ilta di Menfi. Domandolle Calasiride parlato, Calasiride dichiaro il tutto a causa di questa spedisione. Ed ella: Carichia, e presala per mano si disco quel, che io ho udito dal figliuo starono. Non si erano ancora dilungati 0 cbe mi e rim asto, la cagione e que grande spazio da*morti, che pervento Avendo essi ucciso i soldati ed il nero ad uno umile colletto, e quivi apitano della guardia del gran Re cosi Calasiride si distese, facendosi capcz'Uaperosamente, conobbero appcrta- sale della faretra, e Carichia si pose oente che le cose loro erano non in a sedere, usando il sacchelto in vece Hcciolo, ma in estremo pericolo; per di seggiola. Levavasi gia la lun a, e di ciocche Oroondate Capitano della ca- chiaro splendore ogni cosa allumava 'alleria in M enfi, subito cbe avesse ( perciocche quello era il terzo giorno, nU ta questo, raunato un grossissimo dopo che ella.fu piena ) quando Ca **ercito, e qua venutosene, avrebbe lasiride, tra per essere vecchio, e per > 1 primo presa la v illa , e con la mor- essere stanco dalla fatica del viaggio , * di tutli, fatto pagare loro la pena fu dal sonno oppresso. Ma Carichia, W commesso fallo. Essi dunque quasi costrelta per gli Continui pensieri a veroleado tutti esporsi a queslo comune gliare, fu spettatrice d* una rappresenj*ricolo, hanno deliberato se possibil tasione, scellerata nel vero, ma molto d acquistare cose grand i con mol- usata dalle Egiziane. Perciocche la veclo maggiori, e prevenire lo apparec- chia stimando che essi, occupati in piato di Oroondate, e sopragiuguendo cevole ozio, non istessero a guardare uu sproveduta, o uccidere anche lui quello che si facesse, comincio primie * m Menfi lo possono corre; o se egli ramente a metter orrende strida, quin 0 0 0 y'i sara, essendo, come sidid da ice,amendue i lati accese il fuoco, ^opato in non so che gnerra in E tio vi pose in messo il corpo del suo mor P **> pu agcvolmente soggiogare la cit to figliuolo } poi d un trespolo, che

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ma con parole ancora. Essendo la vec chia occupata in questi incantesimi, Carichia pregd molto strettamente Ca lasiride , che dovessero anche essi ap* pressarsi, e domandargli qualche cosa de* fatti di Teagene. Ma egli lo ricu sava, dicendo, quello essere un reo e scellerato speltacolo, e che egli co stretto a forza sostenea di vederlo; per ciocche non e convenevole ad un Profeta, ne rallegrarsi ne ritrovarsi presenle a simili fa lti. Anzi che essi hanno la scienza dello indovinare per via di.legiltimi sacrificj e di sante orazioni; ma i rei e cattivi ed occupati in torno alle cose veramente terrene, e corii morti, indovinano, come essi per voere dell infelice occasione di quel tem p o , aveano vedute fare alia vecchia Egiziana. Men Ire egli cosi dice*, il morto , come di qualche profondo luo go, o di qualche dirupata grotta mandava fuori gemiti con meslo e fosco suono , dicendo : lo da principio, o madre, ti perdonai; e soffersi che tu rompessi le leggi della natura degli uo mini, e che tu sforzassi gli ordini deFa* t i , e che tu violassi le cose non vio* labili; perciocche si mantiene anche appo i passati, quanto ad essi fe lecito, una certa osservanza verso i loro genito ri. Ma poi che t u , quanto vagliono le forze della scienza tua, mi uccidi e perseguiti, usando non solamehte seel lerati principj, ma accrescendo gia la scelleratezza in infinito; costringendo un corpo morto a parlare , non che a tenersi in piedi, ed accennare, ne pren di cura alcuna di farmi l esequie, e mi vieti il congiungermi con altre anime, e sei divenula curiosa solamenle del comodo luo , ascolta quello, che gia io non volli scoprirti: N e il tuo figliuolo tornera salvo, ne tu per la ferita datati scamperai da morte. A nsi aven do tu in cosi rei cd empj esercizj consumata la vita, non fia m olto, che sostcrrai quel violento fin e, che tulti questi morti hanno per fatale necessita sostenutoj poiche ti ha dato il core di rappresentare in presenza d a ltru i, e non teco stessa questi m isterj, che dcnno tanto sccreti tenersi, e cUstodirsi con silenzio c nelle tenebre. T u dunqut ha

quivi presso avea lolto un vaso di conca d oslrega, mise in una fossa del raele; e d un'altro vi sparse del lat te , c del lerzo vi infuse del vino. D o po questo j eblte una certa massa di pasta formata a guisa d* uom o, e cintole il capo d alloro e di cera molle, la gelto nella fossa. E menando una ypada in giro , quasi da divino furore spinta con lorbido, e fiero aspetto si niovea j e molti prieghi poijjeva alia L u n a , usando parole barbare e nuove ad udire j e fcritasi in un braccio, andava con un ramuscello di lauro; spar gendo del suo sangue sopra il fuoco. Allora a fine compilo di fare*tulti gli altri suoi mostruosi atti, s' inchino verso, il corpo del morlo figliuolo, e dettigli non so che incanti nell'orecchie lo drizzo, ed incontanente lo co strinse con quegli incantesimi a tenersi in piede. Carichia, benche ne anche il principio di tal fatto avea sicura mente risguardato, cio vedendo fu dal timore affalto oppressa, e da simili non piu vedute cose spaventata desto Ca lasiride; e voile che anch egli fosse di tal rappresentazione speltalore. Essi, essendo nello scuro , non potevatio es sere v ed uti, ma vedeano molto bene quello che si facea nel chiaro ed ap presso al fuoco ; e agevolmente, es sendo poco lontani, udivano quel che si dicea, e tanto p iu, che la vecchia cominciava gia con piu alia voce a domandare al morto j e la domanda era, se il fratello di lui e figliuolo di le i, che era rimasto, tornerebbe sano . Il morto non rispose cosa alcuna, ma so lamente accennando mise la madre in dubbia speranza de* suoi pensjerij ed egli subilamente da non so che forza spinlo , cadde in terra bocconi. Ma la vecchia rivolse quel corpo alia supina, lie si rimase di domandare; anzi di nuovo gli d>sse nelle orecchie iucanti, come pare verisimile molto piu potenti a coslringerlo, e con la spada iu mano qua e la saltellando, ora verso il fuoco, ora verso la fossa di nuovo lo drizzo in piedi; cd avendolo drizzalo, gli fecc nuovamente la stessa domanda, costringendolo a fare palese questo suo pronostico, non solamenle con ccnni,

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L I B R O v u lo ardire di manifest are le fortune le' m orti in presenza di cosi fatti teimonj , come un profeta, benche cio e 1 m eno; perciocche il saggio simili co , sa cbe deono tacere, e nasconde >Uo il sigillo del silenzio, e oltre a 10 e egli amico degli D i i , e se egli >llecitera di farsi vedere e conoscere, roibira, e imporra fine alia sanguino i b a tta g lia , che con arme in mano >no per fare i suoi figliuoli, combatndo da solo a solo. Ma , quel che e olto peggio, anche una fanciulla e staspettatrice di tutto quello^ che tu hai ieco fatto , e ha ogni cosa udito. Ella una gio van e fieramenle damore oppres, e p er am ore d un certo suo innamo to, e andata errando diro quasi.per tut 11 m on d o , e dopo mille faticbe, e mille iricoli u e g li ultim i confini della ter deve c o a 1 amante suo vivere in

s s
chiara e regal fortuna. E g !i, avendo co si detto , giacque impetuosamente caduto. Ma la vecchia, avendo compreso que* forestieri essere gli speltatori, come ella si trovo con la spada in m ano, con fiero e orribile aspetto andava contro di loro, per tutto dove erano i corpi morti raggirandosi, stimando seco loro doversi essere tra* morti nascosti, avendo disposto di uccidergli se trovar gli potea; come quelli che erano stati insidialori e nemici speltatori de suoi incan ti; e con tanta poca avvertenza per la grande ira andava tra que morli cercando ( che non se n*accorgendo ella ) un tronco d una asta, che stava dritto, se le ficco nell anguinaglia. Ella dunque m i seramente giacque; e in tal guisa to#to e giustamente adempi il pronostico fattole dal figliuolo.

LIBRO

SETTIMO

C alasirid e e Carichia essendo stati a > si gran pericolo , presero con magore so llecilu d in e la via verso Menfi, irte p e r liberarsi dal timore in che . trovava n o , e parte sollecilando per : cose d a l morto predette. Si avviciarono e ssi a tempo alia c ilta , che gia i essa le profezie del morto si comin iavano a compire. Perciocche avendo 'iamo co n d o tto da Bcssa quello eserito d i noasnadieri, alio suo gtungere M en fitan i aveano gia di poco serrate i porte : conciosiacosache uno di que :>ldati d i M itran e, che fuggirono dali battaglia fatta a Bessa, previde que to a p p a re c c h io , e lo fe sapere a queH di M e n fi. Tiam o dunque accam atosi in to rn o a una parle delle mura, e posar 1* arm i, e voile che esercito i ricreasse della fatica del lungo viag io , aven d o quasi seco proposlo di voere assediare la citla. Ma i Menfitani tvendugli da principio temuti, come > e ventssero cun grosso esercito, c co

noscendo poi dalle guardivole delle mu ra , che egli erano p ochi, messi insie me que pochi arcieri e ca valli, che erano restali alia guardia della citta, e armato il popolo il meglio che poterono, aveano deliberato d uscire in compagnia} e venire alle mani co* ne mici. Ma un vecchio de piu slimati si oppose loro, dicendo, che, poiche non v era Oroondate loro governatore, il quale era allora occupato in una guerra in Etiopia, era almeno convenevole di communicar prima questa cosa con Arsace sua m oglie, acciocche que*soldati che erano nella ciltk col voler di lei piu agevolmente, e di migliore animo si raunassero. Parve che costui avesse ben d etto ; onde tulti se n* andarono al palagio regale; perciocche quivi abilava il governatore, qualora il Re non vi fosse. Arsace, oltre l*altre sue parti era bella e grande , e di veloce e alto intelletto, e per la sua nobilla era di fasto e audacia grandissima , e quale pa

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re a, che si convenisse ad una sorella del gran Re. Era poi di vita disonesta, e molto data a lascivi e illeciti piaceri; e oltre agli altri, fu gia an che a Tiamo cagione di fuggirsi di Menfi. Perciocche avendo poco avanti Calasiride, fuggendo di vedere quello, che de figliuoli gli era stato predetto, senza saputa d alcuno, sbandeggiato se stesso di M enfi, e non veggendosi in luogo alcuno, ed essendo tenuto per morto, Tiamo come figliuolo maggiore, fu chiamato alia dignita della Profesia. O ra , celebrando egli i primieri sa crificj in presenza di tutto il popolo, avvenne che Arsace entro nel tempio di Iside. Essendo dunque il giovane molto grazioso e in sul fiore dell eta, ed in quella pubhlica raunanza mag giore dimostrandosi la sua bellezza, ella comincio a guardarlo molto lascivamen te, e a fare cenni occulti e molto brutti. T iam o, essendo tutto intento a sacrificare, ed essendo sin da fanciullo ottimamente ammaeslrato a vivere sobrio e temperato, non tanto presto si avvide di tal cosa; ed era molto discosto a onoscere che costei facesse quel ch ella facea , e forse stimava che ella per altro rispelto lo facesse. Petosiride suo fratello, il quale gli avea gia buon tempo invidiato il sacerdozio della Profezia, avendo osservati gli sconci e disouesli modi di Arsace, sti mo queslo dovergli essere occasione di porre insidie al fratello. Laonde andato;ene occultarocnte ad Oroondate, gli Scoperse non solamenle quanto avea veduto di lei3 ma che Tiamo s era on esso lei convenuto falsamente vi aggiunse. Oroondate agevolmente se lo lascio persuadere , avendo prima avuto qualche sospetto di lei, ma non pero le fece ollraggio alcuno, si per non avere indizj manifesti, si ancora essen do dal timore e osservanza della stirpe regale costretto a softerire, sebben qualche cosa sospettasse. Minaccio pero cli fare morir T iam o, come prima ne gli venisc occasione j ne si acqueto mai insino a tanto, che non ebbe mandato Jui in esilio, e assunlo Petosiride dl l onore della Profezia. Queste cose accaddero molto tempo innanzi. Ma ora

essendosi il popolo nel regal palagie raunato, ed avendo ad Arsace raccoa* talo questa venuta de* nemici ( benche l avea gia anche essa presentita ) e chiestole che si contentasse che que soldati, che v*erano, uscissero coo esso loro in compagnia, ella in questa guisa rispose: Questa non e cosa da concederlavi cosi agevolmente, non intendendo prima il numero de* nemici, e quali siano, e onde vengano; e oltre a cio , non sapendo per quai cagione egli siano qua venuti. E'conviene dun que che noi primieramente ce n*sndiamo in sulle m ura, e quindi consi deriamo il tutto, e ritrovandogli al tra mente che am ici, allora gli assaliam o, meltendo insieme i piu potentie piu a cio fare accomodati. Parve a ciascuno ch ella avesse ben detto, e incontanente salirono sopra le m ura, do* ve Arsace fe' apprestare un padigliooe intessuto di porpora e d* oro. Erasi ed ella riccamente adobbata , ed erasi in un piccolo seggio assisa, ed era cinU da uomini per la sua guardia destinal i, tulti di dorate armi armati. Mando ella in segno di volere trattare della pace un trombetta, per il quale confortava i principali o piu stimati del campo a doversi avvicinare alle mura. Essendo dunque Tiamo e Teageoe eIctti dallo esercito, e partitisi e fermatisi sotto le mura dall elmo in fuora tutti arm ati, il trombetta parlo in que sta maniera: Arsace, moglie di O roon date governalore principale, e sorella del gran Re vi fa intendere, ch e doUbiate dire quello, che voi v o le te ; chi voi sietc; e da quai cagione m ossi abbiate avuto ardire di moverle g u e r r a . Essi risposero, che lo esercito e ra di soldati Bessani. Quindi Tiamo > d i se slesso parlando, disse chi egli e r a ; e come oltre ogni dovere era stato in g iu rialo da Petosiride suo fra te llo , e da Oroondate ; e come ad inganno e r a sta to privato dell onore della P r o f e x ia ; alia quale racquistare era stato d a 'B e s sani condolto. Se io dunque , s o g g iu ri se, pacificamente racquistero la s a c e r dotale d ignita, la pace e per fa r s i , e ricomlurro i Bessdni a casa l o r o ; n e vi danneggicro in cosa alcuna. M a , se

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dobbiate lasciarvi assediare. Ma a me pare che il popolo non vi si debba impacciare, essendo massimamente la cagione d i questa battaglia propria di alcuni p rivati, e non comune del po polo , si che non si debba anche privatamente questa lite dec idere, e approvarne quel fine, che dagli D ii e dalla giustiiia sara statu i to . A me dunque pare, e comando che *i Menfitani e i Bessani si stiano da parte, ne vengano alle mani insieme; non avendone ca gione ; cbe coloro, che delPonore del la Profezia contendqno, debbano coml>attere da solo a so lo , proponendo il Sacerdoxio per mercede del vincitore. Poiche Arsace ebbe cosi parlato, quelli, che erano la in citlii, tutti. con alle grida approvarono il suo par ere; parte, per aver preso sospetto di qualche di(onesto fatto di Petosiride; parte, per approvare ognuno in se stesso, che la soma del presente e non aspeltato pe ricolo dovesse gettarsi sul combattimento di altri. Ma i Bessani parea che di cio non si contentassero, ne voles*' sero che il capitano lpro si esponesse innanzi a loro a questo pericolo, insino che Tiamo persuase loro che dovessero acconsentire; proponendo la debolezza, e la inesperienza di Petosiride nel combattere y inanimandogli con dire , ch e , avanzandolo egli di gran lunga , resterebbe nella battaglia vincitore. L e quai cose considerando anche Arsace , propose questo empio combattimento ; conoscendo , che in questa guisa , ed ella venia a restar libera dogni sospet to , e che Petosiride , misurandosi con T ia m o , molto piu di lui valoroso, soslerrebbe la meritata pena. Avresti dun que veduto il comandamento di Arsace mettersi ad effetlo piu tosto, ch* ella dicea, perciocche Tiamo con ogni prontezza d* animo sollecitava di provocare il fratello alia battaglia * allegramente prendendo Parm i che gli mancavano. Era eziandio non poco da Teagene inanimato; il quale gli mettea in testa il forte elmo, di dorato splendore fiaipmeggiante, e similmente tutte le altre armi diligentemenie gli allacciava. Sta va daltra parte Pelosirijde da necessita coslretto , e per comandamento di A r

l me la restituirete, la causa si rittera al giudizio della battaglia e l'armi. Ben doTrebbe Arsace, consrando 1 occasione, che se le para r anti, vendicarsi contro Petosiride le insidie postelo contro , e de* vierevoli bia sim i, che egli bppresso oondate le ha acquistati, avendo coa snoi inganni fatta lei appo il ma i rea e sospetta di illecito e disolo ap p elito , e a me essendo stato ione di farm i sbandeggiare della pa i. Nacque per tai parole un gran nalto nel popolo Menfitano; percioci riconosAnda T ia m o , ed essendo principio stati ignoranti della ca ne del suo non aspettato esilio, preo per le parole di lui qualche soUo, e fermamente credetlero esser 0 quanto egli dicea . Ma A pace si bo nella m ente, molto piu di tutti altri in siem e, e fu subilamente da 1 tempesta di pensieri circondata; ed endo plena di sdegno contro Petoide, e recandosi a memoria le cose m i tempo innanzi accadule , rumi seco in che modo ne lo dovesse air. Yeggendo d* altra parte T ia, e di nuovo Teagen e, stava con mente confusa, avendo tra amendue rtita l affezione, e amandogli amene, 1* uno per rinovarsele la memo, e 1* altro per sentirsi da lui di ovo piu gravemente P animo oppres, oppresso di maniera che anche agli anti fu palese lei essere da grande nno soprappresa. P u re , dopo alanto di spazio riavutasi, quasi uno coloro, che dopo qualche finimento se ritornano , disse: Valorosi uoroi, voi siete frenetici del furore della erra, e non mena v oi, che i Besni tu ttij il ch e , o robusti, grazio|i generosi giovani, io conosco, e age1 cosa e a congietturare y volendo i esporvi a manifesto pericolo contro testi ladroni, ancor ch e, se bisognasventtc alle m an i, non sareste pur ificienli a compire la prima froute una battaglia. Perciocche le forse del an Re non sono tanto indebolite, Mien non v e il governatore, che > i tutti con P ajuto almeno del rimaeote de soldati, che qui entrati sono,
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con ogni prestezza cercando di ritirarsi nella citla j il che non gli venne fatto, perciocche e quelli, cherano alia guardia delle porle, lo ributtarono, e quelli, cbe erano sopra le mura comandavano, ch* ei non fosse ricevuto verso qualuoqne luogo esi movesse. Fuggiva egli dunque quan to piu potea intorno al giro delle mura della cilU , avendo gia quasi gettale tutte armi . Correvagli dietro anche Teagene, e per essere sollccito della salute di Tiamo, e ancora perche non potea soficrire .di non vedere il tu tto, era nondimeno senza a r m i, per uon dare di se sospelto di d<Aere ajutare Tiam o, se occasione il richiedesse; e avea in quel luogo, dove s'era fermato dinnanzi alle mura al dirimpetto di Arsace, posato lo scudo e l'a sta ; e in tal guisa avendo lasciato ad Arsace quelle arm i, accio in vece di se stesso le contemplasse, si mise a seguitare coloro, che gli correano innanzi. P e r ciocche Petosiride non era anche pri gione , benche non molto innanzi fuggisse, anzi parea cbe ad ora ad ora fosse per reslar preso, e di tanto gli avanzava fuggendo, quanto par verisimile che egli disarmato si lasciasae ad dietro Tiamo armato. Girarono dunque cor rend os i dietro ed una ed altra volta le mura della c itla j ed essendo gia per girarle la terza volta , T ia m o avea sopraggiunto il fratello tanto , ch e gli battea l'asta sulle spalle, minacciandolo , s e* non fermava , di ferirlo . I Menfitani come in un teatro s' erano dislesi sopra le mura , risguardando come arbilri questa p u gn a. M a ecco 9 che Dio o la Fortuna, che governa le cose degli uomini, aggiunse a questa rappresenlazione un nuovo e misericor ds vole atto ; come se all' incontro v o lesse il principio di un* altra favola a quella conlraria rappresentare; percioc che in quello stesso giorno e in qu ella stessa ora condusse quivi Calasiride quasi sprovvedulo ajutatore ed in felice spettatore dello abbattimento dei 6g1iuoli, il quale egli sempre avea nella mente . Avea costui molti affanni soffe r li, avea ogni cosa tentato , a r e a mandato se stesso in esilio, ed in altri pellegrinaggi, per ischivare d i v e d e r

ace cacciato fuor delle porte, il quale molto cicalava per isfuggire la battaglia , ed era per forxa armato. La qual cosa veggendo Tiamo disse, o valoroso Teagene, non vedi tn come Petosiride e tutto dal timore sbattuto? Veggiolo disse Teagene5 ma dimmi quale sara il tuo iniendimento? perciocche costui non fe un semplice nemico, anzi e il tno fratello che ti vien contro. Ed egli: T n dici il vero, e hai dato nel segno del mio pensiero . 9 appi dunque che io, col favore degli D ii ho disposto di vincere, e non di .ucciderlo j percioc che 1* ira e lo sdegno delle in giurie, che io ho sostenute, non potrekke in me mai tanto, che i o , col saogue e con la morte dello stesso mio fratello, cmpiamente incrudelendo contro colui che fe stato meco in un medesimo ven tre , volesse vendicarmi dei passati oltraggi, e acquistarmi onore alcuno nei tempi avvenirb . Coteste sono , disse Teagene , parole di uomo veramente generoso, e che molto Lene conosce la natura sua. Ma io, che debbo da te aspet tare? Ed egli: Io nel vero non tengo conto alcuno di queslo abbattimento ; nondimeno, poiche la fortuna degli uomini arreca spesso molti nuovi, e non aspettati accident!, s egli avverra che io resti vincitore, te ne verrai con esso meco nella cilta , e viverai meco nelle medesime case, e nelle medesime for tune. Ma , s' egli accadera cosa alcuna fuor della nostra speranza, lu rimarrai capitano e guida di quesli Bessani, i quali ti portano gran benevolenza : ed escrciterai vita di masnadiero, insino a tanto che D io imporra fine piii felice alle tue miserie. Cosi detto, si abbracciarono piangendo e baciandosi. Tea gene dopo questo si fermo quivi vici no, per poler meglio vedere il fine del fatto ; e senza avvedersene diede ad Arsace agio di potersi lascivamente godere del suo aspelto . Perciocche ella con fermi occhi risguardava sempre lui, contentando in tanto gli occhi del frutto del desiderio loro . Tiamo in quel mezzo si mosse contro Petosiride; ma egli non sofferse quello suo impeto, anzi come prima lo vide muovere , si volse addielro fuggendo verso le pietre,

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iu cosi niolesto spettacolo, e nondime- ti ; furono tiniidi c d o le n li, sospettan10 sforzato dal F a t o , i'u costretto a do di quello , che dovea scguire. M aedere q uello, che gli D ii g li aveano ravigliavansi di tal cosa eziandio i M en >uon tem po innanzi predetto. A vendo fitani , e senza dire o fare n u lla , sta lunque egli da lungo vedulo il perse- vano stupe fatti in modo , cbe pareano ;uiiare che coloro si faceano, e avendo statue. M a ecco chc si scoperse un alompreso per q u e llo , cbe m olte volte tro apparato di questa fav ola. C arich ia, ;li era stato predetto , q uelli essere i la quale seguiva orm e di C alasiride, uoi f ig liu o li, sforzando la veccbiezza, avendo henche da lu n g i conosciuto nolto p iu forte coirea cbe a ll eta sua T eagen e ( non is di picciola v irtu a inn si ric h ie d e a , per giugnere prim a, fare riconoscere gli am anti , aspetto he essi in quello abbattim ento si uc- e il m o v im en to ; e spesse volte si vede idessero. E p oiche correndo si fu loro cbe la sola p o rta tu ra, d i lontano c an alto v ic in o , con spesse ed alte voci che dopo le spalle veduta , rappresenumincio a d ire : O fig liu o li, perche ta nella fantasia la somiglianza dellam aate v o i q uesto? E ssi non raffigurando to) quasi dall1 aspetto di lui saettata, v er iticora il paterno aspetto ( perciocche so lu i furiosa si mosse ; e abbracciatogli era anche vestito di que' v ili e lo nel collo , e tenacem ente stringennendichi panni ) ed essendo tutti nella I dolo , e stando quivi ap p ic c a ta , con attaglia in t e n t i, non ne teneano con- profondi gem iti la g rim a va. E g li ( com e o a lc u n o , so non come egli fosse ve- pare verisim ile ) veggendo quel deform e amente u n m en d ic o , o un mentecat- aspetto, e cosi male assettato, e quella o. Q u e l l i , che erano sopra le m u ra , vesta consumata e stracciata, stimando >arte si m aravigliavano che egli, senza c h ella fosse qualche m endieante e v e uiulo curarsi di s e , si gettasse in mez- ram ente pellegrina , con le braccia da :o di q u egli a rm a li; e parte si ridea- se la discacciava e rib u tta v a ; e alia 10 di l u i , com e d*uom o insensato, e fine non volendo ella la sciarlo, ed es'he iodarno s atfaticava. Com prenden- sendogli tuttavia piii m olesta, e vietan io il vecch io cbe per quel abbielto e dogli il vedere quel che facesse C alafile abito n on era rico n osciu to, spo- si r id e , egli le diede una g u a n ciata. atosi la povera vesta ; in che egli era E lla allora con sommessa voce gli dis lolto , e mandata giu la sacra chio- se: O S it io , non ti ricordi piu della ma, la quale non avea legnta, getfata tua Lam pada? T eagene in quel punto > terra la soma delle spalle e il ba- , da quelle parole quasi da uno strale nocello di m ano , fattosi avanti con p erco sso , e a'seg n i gia tra loro ordiMipplichevole aspetto con lagrim e e nati riconosriuta la sua Lam pada, con ingalti disse: O figliu o li, io sono C a- I ferm o occhio la risguardava ; e dal 1amliiiride ; io sono il vostro padre; deh I peggiare degli occhi di C arich ia, quasi fermatevi; deh ! im ponete fine al fu da un raggio che tra le nuvole risplenrore de* F a t i ; ricevete ed onorate co- da , illu strato , teneram ente la strinse loi che vi ha generati. Essi allora, la ed ahbraccio. In somma tutte queste sciato il co m b attere, furono poco lon- sceniche e m aravigliose rappresentazioni '*ni cadere in terra, e g ella tisi in- si com pirono vicin o a quell^ parte del 'ieme davanti al p a d re , lo a b b ifccia- lo mura , dove prim a s 'e r a fermata A r rono nelle ginoccbia ; e guardando da sace, la quale tutta gonfia non senza ma con p iii attenzione intieram ente gelosia risguardava Carichia . Q u iv i si riconobbero; e avendo conosciuto divise 1 em pio abbattim ento de' due questo non essere ombra o visione, an- fratelli , e la b attaglia, la quale si aspet essere v e rita , furono da piu con- fava che dovesse col sangue term inar,r*n aftVrtli in uno stesso tempo assa- j s i , d i T ra g ed ia si cangio alia fine in lb. Si rallegraron o, veggendo oltre la C ojnm edia. 11 padre vide i figliuoli con *Pfana loro il padre vivo e s a n o ; si 1'arm e in m ano com battere da solo a ^itmtarono e v ergognarono, essendo s o lo ; ed essendo stato in pericolo d i * simile atto slati da lu i sopraggiun- rim anere infelice per la tanto abboroi-

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re addietro; anzi avendo seco la solito sua guard i a , e compagnia molto onorevole, molto superbamente atidava; e getto sopra I'altare di Iside non poco d'oro, acciocche cosi facendo mostrasse dres ser quivi per quello che vi era il resto della citta. Ella avea fissi gli occhi sola mente in Teagene, e piu della vista di lui solo cbe di tulti gli altri si godea. Ma questo gaudio dell'animo suo noa era intero ne perfetto; perciocche Tea gene, guidando Carichia per mano per difenderla e sostenere 1 ' impeto della molesta turba, pungeva Arsace eon ooo aculo stimolo di gelosia, Calasiride, poi che fu fuori della cappella secreta, gelta tosi con la faccia innanzi, abbraccio i piedi del simulacra, e -stando quivi per buono spazio, fu vicino a lasciarvi la vita. Pure ajutato e riconfortalo da cir* coslanti; a fatica si drizzo in piedi; e avendo sacrificalo alia Dea, e porlogli i prieghi, tollasi di capo la co rona del sacerdozio, ne incorono il sao figliuolo Tiano, dicendo ai circostaoli se eseere gia vecchio, o oltre a cio preve dere il suo fine esser vicino; e che al suo maggior figliuolo secondo 1 ' ordine delle leggi si doveano le insegne della Profeiia, e che egli si per le virtu dell animo, co me per quelle del corpo era suificieote ad eseguire, quanto richiedea la sacra di gnita . II popolo con alte voci e lode manifesto di approvare tal cosa. Egli dun que , presasi una parte del tempio, la quale era ordinata pe profetanti, ricete seco i suoi figliuoli, e anche vi riteane Teagene e Carichia. G li altri tulti se ne tornarono ognuno alle case loro. Partissi anche Arsace, benche malagevolmente, e spesso volgendosi in die* tro , quasi che onorasse la D ea, coa maggiore osservanza e divoaione si fcr mava. Pure alia fine si parti, volgeo* dosi sempre verso Teagene, insioo cbe le fu lecito vederlo . Ma poiche fa giunta nel suo regal palagio, incoatanente se n ' ando nella camera j e senza altramente spogliarsi, gettata si sopra il letto, si giaceva senza par la re . Ella era donnicciuola, e oltre a cio inchinata a lascivi piaceri, e al lora molto piu per la insuperabile bellezza dell'aspello di Teagene, la quai*

nevole morte d essi, dinnanzi agli oc chi di colui che gli avea general!, fa egli l autore della lor pace; e sebbe ne non pote fuggire gli avvenimenti dagli F ali prefiniti, nondimeno con fe lice sorte si rilrovo a tempo presente agli efielli fatali. I figliuoli dopo il pellegrinaggio di dieci anni riebbero il padre, e lui, che era stato cagione della sangui nosa lite,che dovea farsi per cagione della dignita della Profezia, pocodi poi incoronarono, e restituitogli le insegne sacer dotal i , se lo fecero andare orrcvolmente innanzi. Alla fin e, la parte amorosa di questa com media fu sappresenlata da Teagene e da Carichia, giovani tanto belli e graziosi, che oltre ogni loro sperenza s'erano insieme ritrovati, e che molto piu di tulti gli altri traevano a se la vista della citta. G li abilatori dun que di essa per le porte sparsi, tutti dogni sesso ed eta davano ai cominciati giuochi compimento. Perciocche i giovani di prima barba, e che non erano anche uomini fo rn iti, andavano incontro a Teagene. Quelli di piu. adulta ela e che a pieno erano pervenuti allela dell'uomo, e che poteano riconoscere Tiamo, andavano verso l u i . L e vergini della citta, e che gia erano da marito, seguivano Carichia . I vecchi e tutte le persone sacre sta vano intorno a Calasi ride. E in questa meniera si fece sprovvcdutamenle una magnifica pompa. Tiamo rimando i Bessani a casa loro , confessando per la pronrezza d animo, qua le aveano verso di lui dimostrato , aver loro obbligo grandissimo, e promettendo poco di p o i, come la Luna fosse piena , mandar loro cento buoi e mille pecor e , dieci dramme per ciascuno . Egli soltomellendo le spalle alle mani palerne, gli facea il cammino piu agevole, Jortificando i passi del vecchio, che per lo non sperato gaudio venivano a po co a poco indebolendo. Il medesimo facea dall* altro lato Petosiride. F u dun que il vecchio con accese faci in questa guisa condotto al tempio di Iside, da plauso e lodi infinite accompagnato; ne vi mancavano zampogne e sacri piferi, che risonando fuor di modo, inalzavano la supefbia dell adulta e ferma eta. Non voile ne anche Arsace resta

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a sempre rimasa vincitrice con quante ano mai venule al paragone. D i quea maniera dunque infiammata, si gia [ue ella per tutta quella notle, spes1 quando sull uno , quando sull altro lo volgendosi, e spesso profondamente rmendo. Ora si drizzava, ora si la iava ricadere in sul letto; e spoglianm parte delle v e sti, di nuovo impe osamente sopra il letlo si getlava. T a ra senza proposilo alcuno chiamava se la cameriera, quindi senza aveile isa alcuna comandato, ne la rimanda 1; in somma 1 amor su o , non se ne rvedendo ella , si convertiva in furo!. Ma una certa vecchia, delta Cil>ele, ia delle sue cameriere, e di quelle, te solea servirla ne 1casi d amore, en ata nella camera (era ella mollo be3 inform ala di quanto era accadulo) sendo il lum e acceso, come se col suo co racceudesse in Arsace gli amorosi ipetili , le disse: Che vuoi dir questo, padrona ? quai nova o disonesta pasone li affligge ? quai nova visla ha turita la m ia padrona? chi e stato cosi ?ro e s to lto , che non si sia lascialo mcere dalla tua tanta bellezza? e non e riputato a felice sorte godere della ia tanto desiderabile amicizia, anzi ha itto poca stim a de* tuoi cenni e della u volonta ? Manifestalomi , dolce filiuola m ia; che non e alcuno di cosi damanlino core, che non sia preso dano xi allettam enti e artificj . F a che io tppia ch i e g li e, ne molto andia cbe em i a fine d e tuoi desiderj. lo so pu?, che tu n hai piu volte con gli ef;lti veduta l esperienza . Costei dunue con ta li e allre simili parole la scon iurava, e m olto a pie di lei piaogen0, con o gn i piacevolczza e arte la strin> eva ad aprirle il suo affanno. Ella do0 avere alquanto laciuto, rispose: O ladre, io sono slata percossa in guisa, he non m ai piu per addietro n'ebbi lira cosi fatta. E come che io piu volte ia da te in simili casi stata molto hen ervita, non so , ohime 1 se in questo upotrai feliceirifcnte ajularmi ; percioche quello abbattimenlo, che si e fatto >ggi avanti alle m ura, che fu in Lrere diviso, p e r gli altri senza spargimento di sangue si e fornito, ed essi mutato
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in pace; ma a me h stato non picciolo principio di piu certa guerra ; e hammi ferita non in una sob parte o in un m embro, anzi nell' anima e nella vita stessa; avendomi posto davanti quel giovane forestiero, che nella battaglia cozreva appresso a Tiamo. T u sai ben quale io dico, perciocche la luce della bellezza di lui oifuscava quella degli al tri, di maniera, che ne anche ad uno incolto villano, e nemico delle cose belle potea essere nascosto, non rhe a te, e alia tua molta esperienza. Poiche dun que, o cara mia madre , tu conosci la saetta che mi ha percossa, fa che tu adopri ogni tua indust ria j rilrova tutte le lue antiche piacevolezze e allettamen ti, se tu vuoi viva la tua padrona: per ciocche e* non e possibile che io resti in vita, se aflatto non godo dell amo re di costui . lo conosco bene coteslo giovane, disse la vecchia. Egli e quello , che e cosi largo nel petto e nelle spalle ; e che portava la testa ardita ed elevata sopra gli altri, e che con la somniita della testa gli eccedeva tutti; i cui oc chi sono risplendenli, e lo sguardo pia cevole insieme e fiero. Quello, che ha cosi bella capigliatura , a cui cinge novcllamente le guancie una bionda lanit ;ine . Q uello, cui una certa giovane orastiera non difforme, m a, per quel che dimostra, poco pudica, corsagli impetuosamente incontro, abbraccio ed avendolo abbracciato gli pendeva dal collo. Non dici tu quello, padrona ? Ed el la : coteslo e desso, dolce la mia madre ; tu me ne hai molto ben ridotti a memoria i segnali ; ma io ho la fantasia tut ta occupata in pensare di quella peslifera femmina; e sono in cio molto inlesa, e perche ella abila con esso lu i, e per molte allre cagioni; come e per l'artificiale e industriosa bellezza sua, ma molto piu considerando lei essere molto piu di me felice, poiche le e tocco di godere di cosi fatto amanle. La vecchia, a que ste parole con brieve sdegnoso e schernevole riso le disse: Sla di buona vo glia, o padrona: colei e paruta oggi bel la a quel forasliero;m asem ivieniatlo di condurlo a te e alia tua bellezza, e* cambiera (come si dice) il ramecou Toro; per ciocche scacciera da se quella vezeoset-

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ta meretrice, ne molto le gioveranno le cue lascive. Disse allora Arsace: Se tu farai questo , dolce mia C ibelo, con una sola medicina mi curerai di due malattie, d amore e di gelosia , dell uno riempicmlomi, e dell altra liberandomi. Ed ella: Io cosi faro . Ma tu rincora te stessa; acquetati oggimai; non ti affaticare piu continuamenle afHiggendoti ; prendi buona speranza. Cosi disse: e portatone seco il lu m e, e chiuse le porte della camera se n* usci fuori j e avanti che si vedesse il giorno chiaro, preso seco uno degli Eunuchi del Re, ed un*altra .serva, e comandato loro che con alcune sliacciatine e altre cose atte a sacrificare la seguitassero, frettolosa se n ando al tempio di Iside ; e fermatasi davanti alia porta , disse di voler far sacrificio alia Dea per la sua padrona Arsace, la quale era turbata per alcuni sogni, e volea placargli con quei sacrificj . Ma uno dei guardiani del tempio glielo vieto , e la ribulto addielro, dicendo che il tempio era tut to in travaglio; perciocche il Profeta Calasiride, il quale dopo molti anni era pure a casa rito'mato, avea la sera magnificamente cenato cosuoi figliuoli e co* suoi cari amici; e avea con o^ni pensiero alteso a ricrearsi , e darsi pia cere j e dopo la cena avea fatti sacri ficj, e porti molli prieghi alia Dea ; e avea delto a figliuoli, che da quella ora innanzi non erano per veder piii il loro padre ; e molto avea accomodati i gio vani Greci, che erano con esso lui ven u ti, quanto si potea provvedere a comodi loro, e in tutto quello, che non passando oltre il voler loro, si potea ad essi giovare , e di poi era andato a dor m ire; dove,*0 che gli spiritali meati per la soverchia allegrezza si fossero troppo sciolti e aperti, e che corpo del vec chio si fosse quasi risoluto in soverchio sudore; o pure che gli D ii, chiedendolo egli, lo avessero conceduto, fu in sul cantar de galli ritrovato morto ; per ciocche i figliuoli, per le parole che egli avea lor dette davanti, erano tutta quella notte stati in cio intesi. Abbiamo dunque ora mandato a convocare quanti si trovavano nelle citta Profeti e persone sacre, acci6 in onore di lui.

l si facciano compitamente le debite esequie secondo i costumi e leggi della pa tria. Si che voi potete andarvene quan do vi pare; conciossiacosachfe non e lecito non solamente sacrificare, ma ne ancora entrare nel tempio , eccetto al le persone sacre per quesli otto conlinui intieri giorni. Come dunque, disse Ci bele, vi abiteranno i forastieriT Ed egli: Il nuovo Profeta Tiamo b a pro messo di apprestar loro una stanza qui fuori , ma vicina al tempio . E d essi, come tu vedi, che sono questi, per ubbidire alia legge si partono , e vanno ad abitarne fuori. C ib e le , parendole che questa occasione fosse molto accomodata a far questa rapina , e fosse quasi principio di preda, disse: O ministro piu di tulti gli altri grato alia Dea , ora e tempo di fare non poco piacere e a i forastieri, e a noi, e molto piu ad Arsace sorella del gran Re. Tu sai quanto ella e arnica de G reci t e come bene, e magnificamente ricetta i forastieri. D i dunque loro , che per comandamenlo di Tiamo si e per essi fat i to provvisione in casa mia. Il minhtro I cosi fece, non sospeltando punto degli inganni, che Cibele avea seco stessa ordinati. Anzi avvisava di dover fare a quei forastieri non picciolo bencficio, se essi fossero ricettati nel palagio del gover: natore; e insieme gli parea di poter supplicare per coloro , che questa grazia gli domandavano, senza nocumcnto, e senza danno alcuno. Essendosi dunque avvicinati a lui Teagene e Carichia tutti mesli e dolenti, egli disse lo r o : Voi fate cose ingiuste, e non concedute dalle nostre le g g i, anzi interdettcvi; piangendo e dolendosi d* un cosi fatto Profeta; il quale, come coraandano le sacre e divine leggi dobbiamo allegri lodare e celebrare , come q u e lli, chc partitosi da queste m iserie, ba fatto acquislo d una miglior vita. Nondim eno a voi si puo perdonare 5 poiche avete perduto (siccome voi stessi dite), un padre, un procuratore, e in somma ogni vostra speranza. Ma non per que sto dovete perdere animo affatto; perciocche Tiamo pare che non sola mente sia successore del suo sacerdozio, ma ancora della affezione sua verso

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i voi. Ed liammi comandato che in anti ad ogni altra com si provegga comoda vostri, ed ba falto appretarvi una magnified abitaiione, e tale, be la desidererebbe ogni grande uomo ocor di questa citta non che voi* che iele forestieri, e ora, come si p are, i assai um il fortuna. Seguite dunque ostei ( e mostro loro Cibele) e tene. la in Juogo di comune vostra madre, d ubbidile alia vostra osliera. E gli cosi use j e Teagene e Carichia fecero uanto e g li loro impose; benche parte a tali non aspettati accidenli aveano i niente oppressaj e parte si contenm no di aver per allora trovato ricetto ridotto, forse per schivare ( come are verisirnile) s egli aveano sospetto Icnao, ch e la troppo fiera tragedia di uella casa non tornasse loro in danno. Ia ecco cb e la fortuna che avea mossi ro coo tro tanti assalli , avendo per m io di poche ore ripreso spirito, ed vendo rafiVenato alquanto l'iuipeto suo, tla moderate allegreaza d un giorno iggiunse incontanente gli afianni, con ocendogli quasi di lor volere legati in uno della nemica loro, per fargli soto umano nome dell ospitalilb priiooieri, giovani pellegrini, ed igno anti d t ir avvenire . In questa guisa (toque la vita pellegrina ed errabona, pare che acciechi i pellegrini, poicndo loro davanti le tenebre dell i ;noransa. Costoro come prima perven>ero al palagio del governatore, entrati iel spazioso portico, e molto maggiore i e non pareva convenirsi a priva ta *a, di varie sorti di guardiani ed iltri insolenli ministri ripieno, si ma ravigliarono, e turbarono di questa presentc loro fortuna, veggendo un cosi magnifico ed eccellente palagio. Seguitarono dunque C ibele, la quale molto gli conforlava, dicendo che stessero di boona voglia , e gli esortava a dover sperare di dover essere lietamente ricevoti. E d alia fine poi cbe separata niente dagli allri gli ebbe condulti nel la camera, dove ella abitava , e quasi ola rimasta con essi , mandati via qoanti v* erano restati presenti , e postati a sedere loro a lato, comincio a ngionare in questa guisa: A me non

c nascosta, o figliuoli, la cagione dello a lb in o cbe vi tiene cosi oppressi, per ciocche io so cbe il Profeta Calasiride, il qoale fu a voi in luogo di padre, essendo m orto, vi afiligge di quesla maniera. Ma voi fareste il debito vostro manifestandomi quali e donde voi siate j conciossiacosalbe voi essere Greci mi e gia manifesto; e cbe siale di nobile legnaggio , lo puo agevolmente congetturare chiunque vi m in i. P er ciocche il magnifico aspetto vostro, e la vostra orrevole e grata vista rappresentano una vera forma di nobilla . Nondimeno io vorrei intendere, di qual parte della G recia, e di qual cilia voi siete , ed in che modo errando sialo qua capitali, dilelomi dunque per ben vostro j accio io possa ad Arsace mia padrona, e sorella del gran Re, e congiunla in matrimonio con Oroondate molto maggiore di tutti gli allri Vicere, ed amatrice de G reci, e desiderosa delle cose be lle , cd amorevole e libe ra le verso i foreslieri, dare piena notizia defatli vostri, si che ella vi riceva con maggiore onore, e quale a voi si conviene. Voi lo direte ad una donna che non h affatto vostra nemicaj perciocche sono anch io di naaione Greca ; e la mia patria e Lesbo $ e fui condotta qua prigioniera; ma vivo , in questa casa meglio di alcuna altra j perciocche io con la padrona sono il tutto. Ed ella non solamente non spira, non vede altro che m e ; ma ancora io sono la sue mente, io sono lei tutta. Io le faccio sempre conoscere i giovani belli e da bene. Teagene raccoazando insie me nella sua mente le parole della vecchia , e gli alti del giorno davanti di Arsace, e considerando come ella con altenti e lascivi occhi, e continuam enle, e con manifest! segni di disconci e disonesti pensieri lo mirava, non si indovinava bene alcuno nello avvenire. E volendo gia dare qualche risposta alia vecchia, Carichia accostataglisi di nascosto all orecchia gli disse: Fa*che ne tuoi ragionamenti ti ricordi di tua sorella. Onde egli, aven do inteso il cenno , cosi rispose: Che noi siamo G reci, o m adre, tu te lo sai gia mollo bene. Ora essendo noi

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sono i noma vostri, che io possa rap* portargliele? JJdito ch* ella ebbe T ea gene e Carichia, aspettatemi, disse, in questo luogo, e frettolosa se n ando ad Arsace. Ma prima impose alia sua cameriera ( era anche costei una vec chia ) che se alcuno ' andasse, noa lo lasciasse in modo alcuno entrar den tro , ne anche lasciasse andare fuori i giovani in luogo alcuno. Rispose la vecchia: Se il tuo figlio Achemenide ritorna , il quale pur diansi, poco di poi cbe tu andassi al tempio, uscl fuora per andare ad uogersi occhio, che sai che v ha anche un poco di m ale, che debbo ic^ fare ? Non vi lasciare entrare ne anche lu i, rispose Cibele. A n zi chiusa molto ben la porta , tienti la cbiave teco, e a lui dirai che io m e la sono portata. L a vecchia cosi ece. Essendosi dunque in questa guisa par tita Cibele , la solitudine diede a T e a gene e a Carichia occasione di p ia a gere , e di rammentarsi gli afianni lo ro. Onde da medesimi pensieri raossi , cominciarono quasi con le m edesime parole a lamentarsi. Ed ella gem endo incomincio: O Teagene 1 E d e g li: O Carichia I e seguito: quai ria fortuna ci ha oggi assaliti? E d ella , quai o o o ve miserie ci verranno ad incontrar? E cosi dicendo si abbracciavano in s ie me , e lagrimando di nuovo abbracciandoei si baciavano. Ma essendosi alia fine ricordali di Calasiride, rivolsero i loro lamenti a piangere lu i; e maggiormente Carichia, come q u e lla , ch e per averlo piu tempo p ra lita to , avea meglio conosciuta la cura e P am ore di lui verso di se. E con spessi sin gulti diceva : O Calasiride ( p crcio cch e sono priva di poterti chiam are c o a l util nome di padre ) essendosi sem pre la malvagia fortuna siorsata d i to r mi il dolce nome paterno. Q uello., che mi ha naturalmente generate, io n o a 1 ho conosciuto; Quello , ch e m i avea presa per figliuola , ohime 1 1* h o tradito; Q uello, che mi avea ric e v u ta , che mi ammaestrava, cbe era la m ia salute, ho perduto; ne m i fe s ta to concesso dalle profeliche leggi sp a rg a r sopra il suo morto corpo i le g ittim s pianti e lamenti. Ma o mio balio , o

fratelH, ed essendo i nostri genitor stati presi da' masnadieri, ci mettemmo a cercare di loro; ma iucorremmo in vie piu maWagia fortuna che non era no essi incorsi: perciocche ci abbattemmo ad uomini di simil v ita ; dove avendo perdute iutte le nostre ricchezze * le qaali non eran poche, con gran fatica salvammo la vita. Poi per quai si fosse felice disposizione della fortuna divemmmo famigliari del grande Eroe Calasiride, e con esso lui qua ce ne venimmo, per viver seco il rimanente della vita nostra. O ra , come lu ved i, siamo rimasti soli ed abbandonali da ogn un o, avendo insieme con ogni altro bene perduto l u i , che ci parea ed eraci veramente padre. Que sto e quanto appartiene a'casi nostri. Quanto a te , noi ti ringraziarao assai di questa tua amorevolezza e ospitalit a ; e sarebbeci grazia molto maggiore, che tu ci lasciassi stare soli e nascosti senza altra compagnia; e soprasedessi quel beneficio, che tu dicevi ora, cioe di farci conoscere ad Arsace; e non conducessi alia presenza di cosi grande orrevole e felice donna noi, forestieri errabondi e di tanto mUera vita, per ciocche la conoscenza ed amicizia ( co me tu sai) si deve cercare de pari a se. Non pote Cibele con tenersi da que ste parole, anzi con allegrezza del vol to (nostro di avere volentieri udito lo ro essere fratelli, considerando che Ca richia non sarebbe di scomodo ne impedimenLo alcuno agli amori di Arsa ce. Disse dunque: O bellissimo sopra tutti gli altri giovani, tu non dirai cosi di Arsace, quando I averai per prova conosciula. Ella e parimcnti accomodata ad usare con tutte le sorte d uomioi, e molto piu ajuta qu elli, che contra il dovere si trovano in mi serie. Ella , essendo di nazione Persia na , e di animo non dissimile a* Greci, e con lieto volto accoglie coloro che vengono di quelle parti ; e sopramodo si diletta del modo di vivere e della afifabilita dei Greci. Sicche siate di buon animo, perciocche lu viverai, e sarai onorato da gentil uom o; e questa tua sorella le sara compagnia, come se con esso lei fosse allevata. Ma quali

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S E T T I M O su a; e seco dicea: quale c quanta deve essere la sua belta, quando ella h allegra? Onde non si accorgendo fu da quest? sua maraviglia spinto nelle passioni a morose. Pareagli bene d iconoscere Teagene, e stavane confuso e dubbioso. Stando dunque egli quivi a m irare, sopraggiunse Cibele che era ritornata, avendo prima rapportalo ad Arsace quanto era occorso intorno a* fatti de giovani; e avendole detto lei essere veramente beata, poiche per sua buona sorte avea conseguito cosa tale, che con mille consigli e artificj nessu no avrebbe sperato dover succedere, cioe di avere seco in casa sua il suo araante; e l avea con questo dire infiammala e gonfia in guisa che , essendo ella spinta dal desiderio di ve dere Teagene, a gran fatica ne la pote rimuovere, dicendole , che non volea che ella cosi pallida e con gli occhi gonfi per lo troppo vegliare si lasciasse vedere dal giovane ; ma che ella per tutto quel giorqo riprendesse fiato , e racquistasse la' sua nalurale bellezza; e con tali conforti la fe divenire tutta allegra, e le mise buona speranza de suoi desiderj ; e ammonilla quanto rlla dovea fare, e in che guisa dovea portarsi verso i giovani forastieri. Essendo dunque dopo questo, come io diceva, quivi sopraggiunta, disse: Che cerchi tu , figliuolo? Ed egli: Coloro, che sono qui dentro, quali sono, e di qual luogo? Figliuol m io , rispose Cibele, e* non mi fe lecilo a dirlo. Ma tu taci questa cosa, e tienlati teco , e non ne >arlare con alcuno, e non ti roescoare troppo con questi forestieri, per che cosi vuole la nostra padrona. Egli si part) agevolmente dalla madre persuaso j pensando gia seco , che T ea gene dovesse servire ad Arsace a qual che ordinario e amoroso piacere; e partendosi seco dicea : Quesli non e egli c o lu i, che io ricevei da Mitra ne capitano della guardia, per condurlo ad Oroondate , accio egli lo mandasse al gran R e , il quale mi fu poi tolto da Bessani e da Tiam o, e poco vi manco che io non vi perdei la vita, si che a pena io solo di quanti lo mcnavamo potei salvarmi? Ingan26

lia salute ; aggiugnerovvi anche padre, *l)l>cn la fortuna non vuole , ecco cio le io dar posso, e come posso spargo i ooor di te come sacrificio queste lie lagrime j e ti fo sacrificio di quee mie chiome ; e cosi dicendo si straciava i capelli quanto piu potea. Ma eagene se le oppose, e pregandola be cosi non facesse , le prese le mani. 11a piu divenendo furiosa dicea ; per he vogliamo noi piu vivere ? qual piu wanza ci resta T La scorta del nostro ellegrinaggio, il sostegno dei nostri Tori, la guida del nostro ritorno alia atria , il riconoscitore de* nostri padri, coosolazione de nostri afianni , la li?rla e lo scioglimento delle nostre liserie, ancora e fermezza di tutta nostra vita, Calasiride, e morto j e lasciato noi misera coppia d aman di lui sce m i, a ispedire negozj strai e da noi non in tesi. Ogni nostro aggio per terra, ogni nostra navigaone e stata dalla ignoranza occupa. E morta quella veramente grave e iacevole saggia e canuta m ente, tutta ilia ne* commodi nostri ; ed io non ii dorro del suo fine ? Mentre ella jo tali ed altri simili lamenti pieni i misericordia seguiva di rammaricari, e Teagene parte col pianto di lei ccresceva i su o i, e parte per ritrarne H si riteneva, giunse alia camera Abemenide, e trovata la porta chiusa ol chiavistello , domando alia serva , he cio volesse d ire; e inteso essere pen di sua madre, si accosto all ucio non sapendo di ci6 la cagione, e nil Carichia che si lamentava. Onde, jnardando per lo fesso, dove era apera la chiusura del chiavistello, vide {nello che dentro si facea: e di nuovo lomando la portinaia, chi sono colo ro, che sono quivi dentro? Ed ella: lo non ho potuto intenderne piu avani , ma per quanto io ho compreso, >ono una fanciulla e un giovane foreitieri, qua da casa loro poco fa da tua tnadre condotti. Egli di nuovo ritorno J guardare per lo fesso., affaticandosi * conoscer coloro, che dentro vi ve< l a. Non potea egli in modo alcuno ronoscere Carichia ; nondimeno sopra modo si maravigliava della bellezza
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perciocche ella ( come polele conosce* re ) e di grande, immensa e regal superbia, e da non sopportare che suoi comandamenti siano disprezzati. Tea gene a queste parole non rispondeva cosa alcuna, pensando seco questi essere ma nifest! indizj di molesti e spiacevoli acci dent!. Poco di poi vennero gli Eunuchi, portando sopra vasi d oro quasi gli avaozi della tavola di Arsace, che avanzavaao ogni sontuosita e morbidezza, e quivi giunti dissero: L a padrona onora ericeve per ora questi forestieri con questi presen ti; e postigli d innanzi a'giovani, incontanente si partirono;ed essi a'con* forti di C ibele, e ancora conoscendo che non stava bene a far tale ingiuria a quell amorevole modo di trattare i forestieri, presero modestamente decibi loro apparecchiali. Questo fu fatlo verso la sera, e cosi successivamente si fece gli altri giorni. Il seguente giorno quasi all'apparir del S o le , g li ordinarj Eunuchi furono davanti a Teagene, di cendo: O felice giovane la padrona no stra ti chiama a s e , e comandiamoti che tu comparisca davanti a lei. Vieoi a godere quella felicila, che a pochie poche volte ella suole concedere. Tea gene soprastato alquanto 3 quasi mo strando esservi tratto a forza, si drizso dicendo lo ro : Ha ella comandato cbe venga io solo, o che pur v i sia anche questa mia sorella? T u solo, risposero; ed ella vi andra poi da se 3 perciocche ora sono insieme con Arsace alcuoi de'magistrati d e'P ersianij e oltre a cio , e costume di negoziare privaUmente con gli uom ini, e con le donne poi in diverso tempo. Onde egli accostatosi a Carichia celatamente le disse questa cosa non mi pare ne bella ne sicura. Avendo nondimeno inteso,che non bisognava contrastare, anzi conve < niva muover al suo primo cenno> * ; mostrare di essere pronto ad ogni sac volere s' avvio dietro a co lo ro , che k guidavano. E dicendogli essi come edo vea salutarla, e che era usanza cht quelli, che andavano a lei , se le in ginocchiassero a v a n ti, non rispose Ion n ulla, ma entralo dentro, la trovo as sisa in un'alto seggio , ornata d uni veste tutta di porpora e d o ro. Stan

naronmi forse gli occhi miei ? A nti io gli ho ora piu sani e veggio meglio che gia non soleva. E oltre a cio , hointeso che P a ltr jeri ' era anche Tiam o, e che egli, combattendo da solo a solo con suo fratello, racquisto il sacerdozio. Questi certamente e quegli. Ma ora mi convien tacere di riconoscerlo, e avvertire quale sia rintendimento della padrona verso questi forestieri. Costui dunque cosi parlava seco. Ma Cibele entrata con prestezza, dove era no i giovani, s' accorse del loro mo vim ento; perciocche essi, iacendo le porte strepito nell'aprirsi, si trassero a dietro, studiando di moslrarsi nel medesimo aspetto, e nel medesimo stato, in ch'ella gli avea lasciati, ma non poterono nascondersi alia vecchia, essendo loro le lagrime intorno agli oc chi. Ella dunque con alte voci disse lo ro : O dolcissimi figliuoli, perche cosi contro il dovere vi dolele ora, quando vi dovereste rallegrare; e quando vi dovcreste giudicar felici per la vostra buona fortuna ? perciocche Arsace e verso di voi ottimamcnte disposta, e come voi meglio desiderate; e hammi accennato di volere domani vedervij e hammi ordinato quanto si conviene al ricctto e cura vostra. Deh 1 lasciale andar queste novelle, e pianti veramente fanciulleschi ; e pensate, e disponetevi ad ubbidirc, e accomodarvi a voleri di Arsace. Disse allora Teagene: la ricordanza della morte di Calasiride ci costringe a star mesti; e il pensiero d es ser privi della sua verso di noi paterna aSczione, ci sforza a lagrimare. Co teste son ciancie, diss'ella ; Calasiride, quai voi riputavate padre, essendo vecchio , ha ubbidito alia natura e al tempo della sua etk. Ma tu per una sola cosa perduta ne hai molte acquistate, le grandezze, le ricchezze, le delicatezze, e que'piaceri cbe convengono alia fiorita tua eta; risolviti in somma che Arsace sia la tua felicila, e a lei ti piega. Ubbidite solamente a' miei consigli, che v* insegnero in che maniera dovete andare a compa rere davanli a le i, quando le piacera, e in che modo vi deggiate governare c ispedire quello , che ella coman deraj

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lla eon vista altiera e superha per le icche collane, che le cingevano il olio, e per il valor grande del sonuoso cappello, che le copria il capo; d erasi, per apparire piu bella , con > gni sorte di liscj colorila. Stavale dinoroo la guardia, e i piu onorati dei Dagistrali le sedevano da ambedue i lai. Non perde egli per questo animo; nxi scordatosi della simulazione delumilta e servitu, come, s' era con Caichia convenuto , parve che miran0 la superbia persiana, si destasse in uil ardire. Onde senza inginocchiarsi inchinarsi, ma con la testa alta dise: Dio ti salvi, o Arsace, regal sanue. Quelli, che quivi erano presenti, degoati cominciavano a mormorare con di lui , accusandolo come troppo odace e temerario, per non essersiegli igioocchiato. Ma Arsace sorridendo isse: dategli perdono come a poco praco, e lores tier o , e in somma greco, jervante anche con esso noi la superia di que paesj. E cosi dicendo, ben be quelli, che erano presenti , non olessero, si trasse il cappello di testa perciocche in tal guisa costumano i 'CTsiani di risalutare coloro, cbe gli sa itano ) e per interprete ( perciocche enche intendesse la lingua Greca, non 1 sapea parlare ) disse: Q giovane fosstiero stadi buona voglia, e domanda oello, di che hai bisogno, che non lo pnunderai in vano. E cosi detto , lo oando, avendo agli Eunuchi accenato che lo rimenassero. F u egli duncon molta compagnia orrevolmen: ricondotto. Achemenide avendolo di uovo veduto, lo riconobbe a pieno, e oa sapendo la cagione di tanto onore tttogli, molto si maravigliava ; nondi leno taceva, facendo quanto gli era stato posto. Ma Arsace, avendo ritenuto a >ogiar seco i magistrati persiani, gli onva quasi secondo il suo ordinario; a per ricevere Teagene feapparecchiar Dpiu solenne convito; e mando a lui e Carichia non solamente la parte de*cibi m e prima facea , ma ancora alcuni ppeli e panni e da tavola e da letto di me foggie, opere d i Sidonie e Lidie * o i: e con queste cose mando due > > i quali dovessero altendere alia

cura lo ro , cioe una fanciulla a Cari chia , ed un giovanetto a Teagene. E< rano que servi di nazioue Jonici, e di ela in sul fiore degli anni. Arsace ol tre a questo non rifiniva di sollecitare Cibele che si spedisse, si chc tosto si venisse a capo di questa faccenda; per ciocche ella non potea ormai sofirire piu tal passione : ed il de&iderio suo non era punto scemato, anzi era af fatto avviluppato col pensiero intorno a Teagene. Non avea mai Cibele aperto a Teagene appieno il volere di A r sace; ma con circuizioni ed oscuri parla ri, lo avea mosso a comprenderlo per se stesso. Aveagli ella detto grande es sere la benevolenza della padrona verso di lui. L a bellezza di le i, e non sola mente quella, che si vedea, ma ancora delle {Sarti solto le vesti nascoste, con oneste occasioni gli avea davanti agli occhi dipinta. Aveagli narrala la natura sua, cioe lei essere amabile ed aiFabile, e molto dilettarsi de* piu belli e piu valorosi giovani. In somma con tali ragionamenti provava se egli si inchinava agli appeliti venerei. Teagene della benevolenza sua e della natura sua , che ella fosse amatrice de Greci, e del1* altre cose sim ili, la lodava, e coafessava esserlene obbligato, ma que*principj e quasi introduzioni ad atti lascivi e disonesti , come se non li comprendesse, volontariameute litrapassava. Era la vecchia per tal cagione oppressa da una smania tale, che quasi le si stillava il core; perciocche ella conosceva che egli comprendeva questi suoi ruffianesimi , nondimeno pertinacemenle si schermi v a , e resisteva a queste sue prove e tentamenti; e d* altra parte vedea che Arsace non potea piu resistere, come qu ella, che era tutta travagliata; e di ceale come ella non si potea piu con tenere, e la richiedea della promessa. Ma ella quando con una , quando con altra scusa la menava in lungo. E d ora idicea che il giovane , benche molto questo desiderasse, nondimeno stava timoroso. Ed ora fingeva essere avvenulo qualche straordinario accidente. Essen do in cotal guisa passato il quinlo e poi il sesto giorn o; ed avendo Arsace chiamala a se Carichia, la prima e la

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tu queste canute chiome? L e 'si son trovale a spessi di questi abbattimenli: ma non mi son trovata mai ad alcuno cosi aspro e crudele. Quindi rivolto il parlare verso Carichia ( perciocche per essere meglio ascoltata, da quella stes sa necessila prese ardire di parlare se co di tai cose ) o figliuola, disse, con forta a cio fare anche tu questo, non so come convenevolmente io me lo chiam i, tuo fratello. Questa cosa e per giovare anche a te. T u ne sarai piu amata, piu onorata ; ti sazierai di ric chezze ; ti provederai di splendide e magnifiche nozze. L e quai cose sono desiderate anche da coloro , a quali non manca nulla , non che da'forestieri , e che mostrano ova di trovarsi in necessita. Carichia risguardandola con quasi schernevole ed iralo sguardo , rispose: nel vero ch egli era molto a proposito ed onesto che la ottiraa Arsace non si sommettesse a tali disonest'a. E se pur altro non potea, dovea alm eno con fortezza , e coslanza resistere a queste passioni. Ma poichfe questi su o i so no affetti um ani, ed e lla , com e ta d ic i, e stata aflatto vinta e superata da questi appetiti, io conforterei anch io Teagene che acconsentisse a qoesto fatto, potendo farlo senza alcun suo pericolo. Ma Dio voglia cbe e g li im prudentemente non procacci ed a se ed a lei qualche male, se mai qucsla cosa viene in lu c e , ed il V icere per qu aiche modo intende questi scellerati fat ti. Cibele a queste parole saltam lo per allegrezza, abbraccio e bacio ben m ille volte Carichia , e le disse: O q a a n to ben discern figliuola m ia , aven d o in sieme pietk d una donna di nattira s i mile a t e ; e proenrando la sicu rezsa di tuo fratello. Ma non aver p e r tal cagione timore alcuno; perciocchfc n e il Sole sapra, non che altro n o stri ragionamenti. Non dir pii* p er o ra , disse Teagene, e dacci agio di p o te re sopra cio discorrere alquanto. C ib e le se n usci incontanente fuora , ed a l lora Carichia disse: O T e a g e n e , la Fortuna ci porge certe felicili c h e in essa e maggiore il vero m a le , c h e Tapparente bene. Ma a* saggi c o n v ie ne , quanto e loro lecito, in d iriz a a r le

seconda volta , e per amor di Teagene onorevolmente e con amore ricevutala, Cibele fu forzata a parlargli piu apertamente. Fegli dunque appieno mani* festo amore di Arsace: e promisegli rhe ne gli scguirebbe infinito bene, s' egli consentiva alle sue voglie. Aggiugnendo : Quai dapocaggine , quai tant odio dei piaceri di Venere, essendo tu giovane cosi Lello ed in sul fiore dell*eta, ti fa rifiutare una simil don na, che tutta per tuo amore si distrugge ? e fa che tu non conosca questa essere cosa da dovervisi senza pensarvi apprendere, ed essere di non picciolo guadagno ? Q ui non ti bisogna temere di cosa alcuna ; perciocche il marito di lei non v* e , ed io che 1 ho allevata , ed ho in mano ogni suo segreto, cerco di ajulare i vostri congrungimenti. E tu ancora non hai cosa che t'impedisea; perciocche non hai novella spo?a ne moglie. Benche spesse volte m olti, e tulti quelli che hanno ingegno, han no tenuto di cio poco conto; giudican do per tal cagione non offendere cosa alcuna la famiglia lo ro , e giovare a se stessi: perciocche qui , oltre il godere degli amorosi diletti , vi e congiunto anche 1 ' acquisto delle ricchezze. Volen do por fine al suo ragionare , vi me* scolo anche le minaccie, dicendo: L c donne piaccvoH ed amatrici de giovani, se non conseguano il desiderio loro divengono crudeli, c sono ricordevoli dell ingiurie, e prendono giusta ven detta contro coloro, che 1* hanno sprezzate,com e quelli che le hanno in cotal guisa ingiuriate. Pensa teco che co stei e di nazione persiana, e di sangue regale, che cosi la salulasti tu , e ha grandissime comodita e forze, da potere e onorare i suoi am ici, e punire i nemi ci. E tu sei forestiero, e solo, e non avrai alcuno che parli per te. Ahbi piela di te, e d i lei insieme: ella e degna della tua misericordia, poiche cosi giu&tamente e tanto impazzita del desiderio di te. Fuggi l ira di Amore; guarda che per questo disprezzamento non ti provochi contro lo sdegno dello Dio. Io ho conosciuti m olti, che dopo il fatto si sono pentiti. Io ho maggiore esperienza, che non hai tu delle cose veneree. Vedi

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iretta n a n o fc&ee fine. Ora io rrnn so se tu sei di animo di venire a fine di questo fallo ( io nel vero non li contradirei molto , quando pensassi cbe solo io questo consistesse T in Lera sa lute o rovina nostra ) o p u r e , il che e meglio, repuli questa domanda scellrota e disonesta. Nondim eno , com unquc si sia , fingi di volerviti accordare ; e pasci appetito di questa barbara con promesse ; allunga con dilazioni questa cosi subita delib erazio n c, che dovremo fare fra di n o i ; rallegra con la speranza, e ram morbidisci con le promesse 1* ardore di questo lascivo desiderio. F orse che *1 tempo , che vi correra in m e z z o , per voler degli D ii partorira qualche rim edio a questi ma li. Ma, o T e a g e n e , voglia D io che tu non cada col pensiero in opera cosi scellerata. T ea g en e sorridendo d isse: Tu ne anche nelle miserie hai potuto iuggire la gelosia , nalurale inferm ita delle donne. T u sai pure che io, non so non che a ltr o , fingere sim ili cose; perciocche e ugualm enle disdicevole il fare ed il dire cose disoneste. E d oltre a cio il rifiu lare Arsace ci arrechera uon poco u tile , ch ' ella non ci sara poi piii m olesta ; e se pure ne inter'crra male a lc u n o , la fortuna e an i m o rai hanno gia molto hen disposto a sofferire o g n i avverso accidente. Io a avveggio c h e lu ci precipiterai in qualche profondo d infiniti m ali, disse Carichia j e cosi delto si tacque. M enIre costoro stavano in quesli d iscorsi, Cibele di n u o v o gonfio Arsace di spefaoza, dicen dole ch ella dovesse ormai petiare p iu felice successo; percioctbe T e a g e n e a v e a gia mostrato un non so che ta le . Q u in d i tornatosene alia sua cam era , lu tta quella sera e gran parte della n o t te molesto C arichia, per' occhfe d a l p rim o giorno era sempre Maeiuta c o n esso l e i , confortandola che Ia folesse in queslo ajutare. V en u lo ' nuovo g io r n o , domando nuovam ente T e a g en e, q u a l fosse la sua risolui!one. E g li ap e rta m e n te nego di volere ^ co n sen tire, ed appieno le m anifesto !uel ch ella d o v e a da lu i asp ettare. C>ode ella m esta e pensierosa ritorno A r sa ce , e ra p p o rlo lle la fiera rispo

sta di Teagene. L a quale Tjrievomentc le com ando, ch* ella si parlisse, ed inconlanente enlratasene in camera , si getto sopra il le tto , tutla stracciandosi. In questo m ezzo, essendo Cibele lu or del ridotlo delle don n e, veggendola Achem enide suo figliuolo star tut ta dolenle e lagrim osa, le d isse: O madre , ev vi egli iutervenuto alcun sinistro o cosa spiacevole ? E forse la padrona stata afililla da qualche calliva nuova ? E forse statole rapporlalo dallo esercito qualche infelice avve nim ento? E forse il noslro signore Oroondate stato superato nella guerra degli E tio p i? E d iu questa guisa di molte allre cose la domando. Codeste son favole , diss* e lla ; e tornossi adietro. Ma non per tanto egli si acqueto; anzi andalole dietro, e presa la per m a no , ed abbracciatala, la pregava che volesse raccontare i suoi affanni a lui suo unico fig liu o lo . E lla dunque inenatolo seco in luogo separato del giar d in o , g li disse: C ertam enle io non paleserei ad altrui il male della padrona e m io. Ma poi che ella e sommersa iu un mare di travagli, cd io ne corro pericolo della vita ( perciocche io so che ella con dolore e con furore procedera contro di me ) sono sforzata a dirloti. Fdrse che tu polresti dare qual che ajuto a costei, che li ha generalo, chc li ha prodolto al m o n d o , che ti ha nutrito con queste poppe. L a padrona e innamorata di quel giovane che e appresso di n o i, ed e non di sopportabile e con ven evole, ma di incurabile amore accesa. E credendo td ella ed io averlo insino ad ora condotto a fin e , siamo rim asle ingannate. E questa era la domestichezza ed i m olti onori che si faceano a*fo restieri. M a poiche egli e stato uno scio c c o , un au dace, un crudele , io conosco che ella non e per viver p iu , e che io sono per licevern e m orle. Q ueste , o figliuol mio , sono le mie pene , sicche se lu puoi darmi ajulo alcuno , fallo to sto : e se non puoi ajula rro i, alm eno poi che io saro m orta, fa* a tua madre le dovute essequie. E d e g li: O m adre, se io ti porgo a ju to , ch e prem io me ne dee venire ? per-

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T E A G E N E

C A R I C H I A rebbe fare le nozze con la sorella di Teagene. Disse allora Achemenide: 0 padrona, Teagene, essendo servo , si dovrebbe contentare di attendere a so lazzarsi con la propria sua padrona. Ed Arsace: come dici tu questo? Ed egli gli racconlo il tu tto , come Tea gene per ragion di guetra era stato >reso e fatto schiavo; Come Mitrane o avea mandalo ad Oroondate, accio egli poi lb mandasse al gran Re j Co me egli avendolo da Milrane ricevuto per condurlo ad Oroondate, lo perde; perciocche i Bessani e Tiamo gli assalirono, in guisa che appena egli solo scampo j Ed alia fine le mostrb la let* lera di Mitrane ad Oroondate, la quai ei gli avea innanzi apparecchiala; aggiungendo ch e, se bisogno fosse, del1 allre cose da lu i delle , avrebbe avu to Tiamo per teslimonio. Ella a questo parlare tulta si riebbe; e senza punto tardare, uscita d i camera, se n* ando al luogo, dove ella solea risedere ad ispedire i pubblici negozj, ed amministrare ragione ; e comando che Tea gene le fosse condotto davanti. E poi che fu quivi condotto, gli domando se ei conosceva Achemenide, mostrandologli, che era poco discosto. Tea gene afiermo di si. E d eDa di naovo gli domando: Non ti menava egli pri gione, avendoti ricevuto da Mitrane? Afiermo Teagene anche queslo. Tu dunque, soggiunse A rsace, sarai no stro prigioniero, e farai quello, che fanno gli altri nostri s e rv i, e voglio che tu ubbidisca a miei cenn i, amo che non ti piaccia, e che tu dia la tua sorella per moglie a questo Achemeni de , il quale e il primo tra miei famigliari, e per amor di sua madre * e per l amorevole servitu sua verso di me. E voglio che a cio fare si dia tanto di indugio, quanto si statuisca il giorno, e si apparecchi un magnifico e sonluoso convilo. F u Teagene da queste pa role trafilto, come se qualche ferita ricevuta aveise. Nondimeno delibero non andarle co u lro , ma fuggire 1 as sai lo di costei come d una velenosa vipera , e disse: O padrona, io ringrazio non poco gli D ii, poiche essen do disceso di nobile slirpe, sono ri-

ciocche noa e ora tempo di cianciar icco ? ne con luoghe circoizioni e ravvolgimenli di parole prometlere ajulo ad una , che e in tanta ansieta, che quasi e vicina al rnorire. T u avrai, disse Cibele, tulto quello che tu vorrai. Ella insino ad ora per amor mio ti ha fatto suo primo coppiere. Se vi luogo alcun maggiore, chiedilo. D el le ricchezze ne avrai senza numero, pur che tu salvi questa misera innamorata. Io soggiunse egli, madre mia, molli giorni sono ebbi sospetto di que &la trama, ed avendola meco stesso compresa, me la tacqui, aspetlando, dove ella dovesse riuscire. M a , o ma dre, io non euro ne dignita ne ricchezze, diami solamenle per moglie quella fanciulla detta sorella di Teageue, e subito si fara quanto ella de sidera. Sappi, madre che io sono fieramente di quella giovane innamorato. Conoscendo dunque la padrona per prova le amorose passioni; quante e quali elle sieno, dovrebbe ragionevolmente ajulare uno oppresso da simile m ale, e massimamente promettendole egli cosi felice successo de'suoi desi(lerj. Non avere dubbio alcuno j disse Cibelej perciocche la padrona certissimam.^nte ti fara questa grazia, pur che tu sia in cio suo benefatlore e sua salute. Ed oltre a cio, forse che per noi medesimi persuaderemo alia giovane queste nozze. Ma dim m i, quale deve essere il modo di questo ajuto? E d egli: Io non lo direi, prima che la promessa mi fosse dalla padrona con giuramento confermata. Ma tu non dire innanzi nulla alia fanciulla, accio imprudenlemente non guastassi ogni cosa, perciocche io la conosco di grande, elevato, e maraviglioso ingegno. Cosi fa ro , disse la vecchia; ed entrata in ca mera ad Arsace, ed inginocchiatalesi davanti, disse: Sta di buona voglia, che col voler degli D ii ogni cosa ti succedera felicemcnte j fa solamente hiamare a le Achemenide mio figliuo lo. Chiamisi, disse Arsace, se gia tu non vuoi di nuovo ingannarmi. Eutiato dunque Achemenide, ed avendo la vecchia raccontato il tu tto , Arsace con giuramento promise, che gli fa

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I I B R O

S E T T I M O me della infelice liberty j anzi di nuo vo siamo divenuti schiavi, e ( raccontolle in che guisa ) di nuovo siamo sottoposti a* barbari oltraggi, o che facciamo il volere de* nostri Signori, o che pure siamo messi nel numero de* condannati. Tuttavia questo si polrebbe sopportare. Ma quello, che mi e sopra ogni altra cosa molesto, e , che Arsa ce ha con giuramento promesso di darti per moglie ad Achemenide figliuolo di C ibele, il che se avverra o n o , io certamente non sono cio per vedere, men tre avro collello o altre armi da difendermene. Che dobbiamo noi fare? Quai parlito dobbiamo prendere per rimuover da noi questi odiati abbracciam enti, i m id con Arsace , ed i tuoi con Achemenide ? Degli u n i, disse Ca richia , quasi con cenni acconsentendo, ne farai come a te pavr'a, gli altri che appartengono a me gli rimuoverai. E d e g li: Non dir cosi; perciocche la crudel nostra fortuna non avra mai tanto potere, che i o , che non ho mai provati gli abbracciamenti di Carichia, vo glia macchiarmi con altrui illegittimi congiungimenti; anzi e mi pare di aver gia ritrovato un buon partito. In fine, la necessita e ritovatrice de'consigH, ed immantinente andatosene a Cibele disse: V a' e di' alia padrona che io voglio venire a l e i , ma che ella sia sola senza compagnia alcuna. L a vec chia , giudicando questo essere quello ch* ella volea, e che Teagene si fosse gia arrenduto, rapporto il tutto aii Arsace; ed avendo da lei udito che vi dovea condurre il giovine dopo cena, cosi fece: ed imposlo agli assistenti che lasciassero riposare la padrona, ed ai camerieri che non le dessero noia, introdusse Teagene j perciocche gli al tri essendo gia notte, erano dalle te* nebre impediti di maniera, che davano loro commodita d*andare celati; e nella camera non risplendeva altro, che un picciolo Jume. Avendolo dunque ella mcsso dentro , si ritornava addie tro; ma Teagene la ritenne, dicendo: o padrona, siavi anche Cibele, che io so ch ella e fedel guardiana de*secre ts. Q uin d i, presa Arsace per mano, le disse: Sapp i, o padrona, che ne an-

spelto , alia infelice fortuna, in cbe m i . (rovo, per farla assai ben e, dovcndo servire non che ad allrui che a te, la quale, essendo noi forestieri e di Ionlana regio n e, ci hai cosi umanamente, ed amichevolmente trattati. Quan to al fatto di mia sorella; poiche, non essendo ella prigioniera e conseguentetneote serv a, ha nondimento disposto serVirti ed essere tua serva chiaraata, fa*di lei q u ello , che ti pare che sia convenevole. Disse Arsace: Ella sark nel numero di quelle che mi servono a mensa ; e apparerk l ufficio del coppiero da Achem enide, il quale per lungo uso ha apparato a servire regalmente. D opo questo si partirono, Tea gene tutto pensoso e rivolto alia considerazione delle cose da farsi, ed Acbemenide lutto lieto ridendo; e schernendo T eagen e dicea : O tu , che pur ora eri cosi delicato e verso di noi superbo: O t u , che solo eri libero e d indomabile co llo ; O tu , che non sostenevi d i pure inchinar la testa per far riverenxa ad altrui, ora forse tinchinerai, e converralti a' servigj di co stei sopportare insino a pugni e ceffate. Arsace intanto mandati via tulti gli altri, e ritnasta sola con Cibele, cosi le disse: O ra, o C ibele, non vi resta scusa a lc u n a , vattene dunque a questo superbo, e digli che , se egli ubbidira a* nostri comandamenti, ed adempira i nostri desiderj, ne ricovrera la liberlaj e meuera la vita sua in grandissime ricchezze, senza aver cagione di invidiare alcuno. Ma se egli pertinace vorra contrastare al voler nostro, pro per quanto possa lo sdegno d* una amanle scbernita , ed insiememente pa drona adirata, servendo una misera e disonoratissima servitu, e sottoposto ad ogni sorte di supplizio. Ella andatasene a Teagene , gli rapporto ambasciata d i A rsace, e vi aggiunse molle cose di suo per esortarlo e mostrargli l'utilil'a di questo fatto. Teagene la prego ch 'e lla aspettasse alquanto, e rimasto con Carichia solo, le disse: O Carichia, noi siamo condo Hi a catlivo termine , ed il sostegno, che noi avetamo di intertener costei di parole, del tetto r o tlo , ne ci e reslato pure il no

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T E A G E N E

C A R I C H I A gionamenti; aggiunse il disonesto fine della promessa, dicendo che con una sola opera avea piu faccende spedite ; perciocche dicea, io ho turbate le nozze d i Achemenide, ed ho trovato per ora scusa di prolungare il desiderio di Ar sace. Ma quello , che piu importa, si e che non puo ristarsi che Achemenide non empia ogni cosa di tumulto; parte molestamente sopportando di non conseguire quello, che egli aspettava , e parte veggendo aver perduto di condizione appresso Arsace per mia cagione, perciocche egli sapra il tutto, che sua madre glielo rivelera, la quale io studiosamente fei essere presenle a* nostri ragionamenti, accio ella gli riferisse ad Achemenide, e fosse testimone all'amicizia che io ho con Arsace fatta sola mente di parole. Perciocche il non aver rimordimento di coscienza di male al cuno , vale assai a sperare la benevo lenza e *1 favor de* m igliori: ed e molto utile il persuadere a coloro, che sono teco, di menare vita cosi onesta, avendo polesla di fare il contrario . Aggiunse a queste cose, che si potea sperare che Achemenide tendesse qualche lacciuolo ad Arsace, essendo egli di servile condizione ( perciocche per Io piu i servi sono nemici depadroni) sentendosi ingiuriato, e sotto giuramento gabbato, e persuadendosi e veggendosi un* altro preferito; ed essendo consapevole dei portamenti di Arsace sopra tulti gli al tri illegitlim i, e bru tti; e non gli bisognando fingere cosa alcuna per ordire gli inganni, come molte volte , molti per dolore e sdegno hanno falto; ansi essendo egli da vere cagioni ajutato ad agevolmente vendicarsi. Con queste e molte altre simili ragioni esorlava egli Carichia a stare con 1 * animo piu moderato. Il seguente giorno fu Teagene da Achemenide menato a servire a tavola, che cosi gli fu comandato da Ar sace, la quale gli mando anche una vesta alia Persiana molto ricca. Misesi dunque egli quella veste , e tra per amore e per forza si mise al collo una catena d* oro di preziose gemme ornata.Volea Achemenide mostrargli ed insegnargli uflicio del coppiero ; ma egli accostatosi ad una delle tavole de'cop-

cbe da principio allungai di ubbtdire a* tuoi comandamenti, per non voler consentire alia tua voglia, ma pet discorrere come cio sicuramente potesse farsi. Ed ora, poiche la fortuna forse per ben disporre de'casi m iei, mi ha fatto tuo servo , sono molto piu pron to a concorrere in ogni tuo volere. Solamente chiedo che tu mi conceda una grazia. Promettendogli ella che farebbe ogni gran cosa, disciogli, disse, le nozze tra Achemenide e Carichia; perciocche, per tacere tulti gli altri rispetti, non e convenevole, che una di nobilissima slirpe nata &i mariti ad un servo. E se tu non lo farai, ti giuro per il Sole molto piu bello degli D ii, e per gli altri Dei tutti che io non mi sommettero mai atuoi voleri; e se a Carichia si fara violenza alcuna, vedrai che io prima mi uccidero con le mie proprie m ani. Sii certo, rispose Arsace, che io vorrei farli ogni grazia, poiche volontariamente ti ho donato anche me stessa; ma essendo da altri pre venuta, ho con giura mento .promesso di dare ad Achemenide la tua sorella. Ed egli: bene sta padrona; dagli dunque mia sorella, se alcuna ne ho; ma quella che a me e promessa, la mia sposa, e che in somma altro non e che mia m oglie, io son certo che tu non gliela vorrai dare ; ne anche volendo gliela daresti. Ed ella : come dici tu questo ? Egli siccome era la verita ri spose: Io ho Carichia non per sorella, ma per isposa , come io ti diceva ; sicche tu sei assolta dal giuramento . E piacendoti puoi di cio avere segno piu manifesto , facendo quando piu ti parra fare le sue e mie nozze insieme . Ar sace tutta si commosse , e non senza gelosia ascolto Caricbia essergli non so rella, ma sposa ; nondimeno, cosi, dis se , si fara, ed Achemenide Io racconsoleremo con allre nozze. 11 somigliante faro anch* io verso di te , disse T ea gene ; e finiti questi discorsi, egli si fe* avanti per baciarle le mani, ma ella inchinatasi ; e portagli in vece delle mani la bocca, bacio lui. Teagene, ricevuto il bacio si p arti; ma non bacio gia egli l e i ; e preso il tempo raccon to il tutto a Carichia ; la quale anchella non senza gelosia ascolto parte de suoi ra-

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pieri, prese una delle piu ricche la n e in mano * dicendo : a one non fa me rtiero di m aestro,ansi sensa che altri ra* insegni , sapro servire alia padrona sensa perder tempo in cosa cosi agevole. Conctoscacosacbe tu sei dalla con dixione della fortuna costretto ad apparare si nail mestiero ; n a a me la na tura e F occasione delta quello che io debbo fare . E cosi dicendo, porse la tana ad A rs a c e , avendovi con molta piacevolessa messo eatro il vin o , e leg giadramente con la punta delle dila porlandola , la qual cosa fu cagione di accrescere in molto piu il furore, per ciocche bevendo con fermi occhi rimi ova T e a g e n e , e molto piii di amore Levea cb e d i vino, e studiosameate non finiva d i votare la tassa, anzi con arte e con an poco di vino rimasovi gliela porgeva. Dall* altro canto Achemenide ?ra d ogn i parte percosso, ed era di gelosia e d ira insiemeraente ripieno, in guisa ch e insino ad Arsace se ne avvi de, la quale coa torto occhio lo min va, e co o quelli che le erano a lato ne mormorava* Essendo il convito ve nulo al fin e , Teagene disse ad Arsace: 0 padrona , io ti domando una sola grazia, c b e tu faccia, che io solo dei taoi servi tori sia di questa veste ornato. Avendo Arsace con cenni acconsentito, (gli vestitosi dell ordinarie sue vestimenta, m n usci fuoraj usci seco an die Achem enide molto di temerita accasandolo , e dicendogii che la pron * e a e cosa molto fanciullesca , e che la padrona da principio non vi ponea can per essere egli forestiero ed ine perto, m a cbe se egli seguiva di prendeni le cose cosi in dtspreszo, alia fine non se ne loderebbe. Diceva egli que H e e sim ili altre parole5 ma Teagene praprio come non 1* udisse, tenendo il capo basso , si volgeva altrove. Cibele, d i ia s a l m euodi avea messa la padrena a riposare, vide eostoro j e vedato il figliuolo molto turbato , chianatolo g li domando la cagione. Ed e gU: Questo giovanetto forestiero ci e *Uto prefer i to, e jeri ed oggi chiamato dentro dalla padrona, gli e stato con fednto 1* ufficio del coppiero ; ed egli hxiati addietro noi altri scalchi e cop eaotici

pievi, porge da bere ad Arsace, e sta vicino alia persona della Viceregina, la grandezza nostra solamente di no m e, afiatto ha gettata per terra. Pure questo onorar costui, e farlo partecipe delle maggiori d ignita, e consapevole delle cose piu secrete, perciocche noi, benchfe mai volontieri, tacciamo e lui favoriamo , quaatunque molesto ci sia, ci e nondimeno manco molesto . Ma siagH cio leeito j facciasi questo sensa ingiuria di noi favorevoli esecutori del le onorevoli asioni t siccbe d i questo ne parleremo di poi. Ora, madre m ia, io vorrei vedere la mia dolcissima sposa Carichia accio che per la sna vista possa conoscere gli affetti dell* animo suo. E C ibele: Quale sposa dici t u , o figliuolo t A me pare che tu prenda affanno delle cose di pocbissimo m o mento, e sii poscia ignorante di quelle, che piu importano. T u non avrai piu per moglie Carichia. Che h quello che tu dici ( diss* egli con alta v o c e )? Non sono io dunque degno di aver per mo glie una serva uguale a me T per qual cagione, o madreT Per cagion nostra, diss* ella , e della nostra non dovuta benevolenza e fede verso di Arsace . Perciocche dopo cbe noi prendemmo piu cura di lei, cbe della sicuresza no stra, e poaemmo 1appetito suo innansi alia nostra salute , e facemmo quanto potemmo accio ella avesse i suoi pia ceri, queslo generoso e nobile innamo rato appena una volta andato a lei in cam era, e lasciatosi solamente vedere, le ha persuaso rompere i giuramenli fatti a te , e promettere a lui Carichia per moglie, aflfermando lei essergli non sorella, ma sposa. G liel ba promessa , dolce figliuolo, prosegul Cibele, essendovi io presentc ed udendo ogni cosa. Ne passeranno molti giorni che ella fark le nozze loro magnificamente. E d a te ba promesso dare unallra moglie in cambio di questa . Achemenide a queslo parlure mando fuori un profondo gcmilo , e stando con le mani avvinchiate, disse : Io faro queste nozze essere a tutti amarej ajutandomi tu, o madre , solamente ad allungarle per a l quanto di tempo ; e se alcuno mi cercasse,digli che io sentendomi indispo-

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T E A G E N E

CARICHIA

lo Jono aodato in villa. Questo uomo ragionevol discorso sopra il pensiero da bene chiama sposa la sorella ; e fa che egli era caduto in mente, ansi col questo, non accorgendocene noi, sola primo impeto accresciutolo e confermente per lurbarmi. Perciocche se egli matolo, venuta la notte involo un ca abbraccera , se egli la bacera come vallo Armeno di quegli che si serbafa ora, se giacera con esso lei, ei sara vano al Vicere nella stalla ad uso delle veramente manifesto argomento che ella porape e de* giuochi j ed incontanente gli sia non sorella ma sposa . Questo cavalco alia volta di Oroondate; il quale dovra essere a cuore ed a me ed a'giu- allora si ritrovava a Tebe la grande , ramenti ed agli D ei violati e scherniti. mettendo insieme gente per andare con Cosi disse, e per ir a , e per la gelo- tro gli E tio p i, raunando tutle quelle sia, per lo amore, e per lo infelice cose che poteano giovargli nella guer* accidente divenuto furioso ( cose nel ra , e raccogliendo quanto maggiore evero da travagliare ogni savio uomo , sercito potea . Ed erasi gia raesso in non che un barbaro) senza fare alcun punto per muoversi a* danni loro.

IIBHO

OTTAVO

Avendo il re degli Etiopi da due bande circoudalo il fiero Oroondate, ed essendo in amendue le battaglie restato vincitore, e avendo (per avere anlicipala 1occasione) ridotlo in potesta sua la citta di F ile , che sempre era agevole ad esser presa; lo avea per tai ca gioni r idol to in estreraa necessita e e coslretlo ad uscire con ogni prestezza in campagna contro di se, benche aves se maggior parte dello esercito in disordine. E la cilia di File posta in sul Nile poco sopra le minort cateratte , distanle da Sicne e da Elefanlina in torno a dieci miglia e mezzo. F u gia questa cUta occupata dagli sbandeggiali di E g illo , i qu a li, in essa abitando , la misero in queslione tra gli Etiopi e gli Egiziani . Perciocche quelli diceva no , i termini di Eliopia distendersi in sino alle cateratte . E gli Egiziani di cevano cbe File di ragione si dovea a loro , come loro prigioniera , per esser lungo tempo innanzi stata abitala dqgli sbandeggiali di E g illo . Per queste ca gioni avveniva ch ella coutinovamcnte mulava padrone: e sempremai rimaneva di coloro che occupandola, reslavano vincitori della guerra j e allora era solto la guardia degli Egiziani e Persiani. Avea

il re degli Etiopi mandati ambasciadori ad Oroondate, chiedendogli File,echie dendogli alcune miniere di smeraldi, le quali ( come gia abbiamo detto ) molto innanzi per altri suoi ambasciadori gli avea chieste, ne le avea ottenute. Ora avendo lasciato cavalcare gli ambasciadori poche giornale avanti, egli tennc lor dietro; perciocche avea molto pri ma rnesso in ordine esercito, coroe se volesse fare qualche altra speditio ne, ne avea pero detto ad alcuno dove e* volesse muover guerra. Poiche dun que e* penso ch e suoi ambasciadori avessero passato F ile , e avessero negli ab ilalori, e nelle guardie generata ca gione di poca diligensa , dicendo loro esser mandati a trattare della pace e dell*amicizia; egli sprovvedutamentesopraggiunto caccio le guardie, e in due o tre giorni il piu prese . la citta bisognosa di difensori, e d'istrumentidaai fendere le mura, senza avere ucciso pure uno de* F ileta n i. Achemenide dun que per tal cagione trovo Oroondate tutto travagliato, perciocche avea il tulto mteso da coloro che da F ile erano fug* giti. Ed egli andandogli innanzi senxi essere da lui ne stato chiamato ne a* ' speltalo, gli fu di maggior travaglio ca

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L I B R Q

O T T A V O

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giooe. Ed essendo da lui domandalo se male alcuno fosse inlervenuto ad Arsace, o all altra famiglia, rispose che era intervenuto , ma clie glielo volea dire iu secrelo. E avendolo dagli altri separate, gli fe sapere ogni c o s a :c o m e Teageue essendo fatto prigione da Mitraoe, era da lui stato uiaudalo ad Oroondate, accio e g li, se gli paresse , lo mandasse poi a don are al gran Re, perciocche la maravigliosu bellezza del giovane, molto nel vero si conveuiva jJU curie e mensa regale: come poi t fu lor tolto da Bessani, i quali a veano insiememenle ucciso MiLrane: com e dopo queslo egli era venuto in M enfi; e in questo discurso raccese in lui > 1sospetto di Tiamo.Raccontogli alia fine 1 m ore di Arsace verso Teagene, e che egli abitava nel palagio regale. Aggiunse le amorevoli accoglienze fattegli, e la servitii di lu i, che avea gia preso 1 ufficiodi coppiero. Disse ancora che enon tnno forse anche venuti ad atto alcuno disonesto; perciocche il giovane ripugoava, e non avea per ancora acconsenliio, ma che era da temere che e non fosse costreito a farlo; o veranente che col tempo in qualche modo egli non vi s' inchinasse , se pero quai th uno uon lo levasse prima di Menfi, 'guaslasse afFatto il fondamento del1 am ore di Arsace. Conchiuse in som*w the egli, spinto da queste cagioni, tfa nascosamente fuggendo venulo ad i*viiarnelo per lo amore, che gli por kva * e per ricoprire le macchie del padrone, e non palcsarle . Poiche con queste parole egli ebbe empito dira Orooudale , e lo vide tutto volto alio x^gno e alia vendetta , voile eziandio libidinoso appetite infiammarlo, agS'Bgnendo il ragionamento di Carichia, kcendola molto maggiore ch ella non frai ponendo la bellezza sua Ira le cose divine 5 dicendo che la bella di lei era kle, che ne per addietro s era mai *eduta, ne per innanzi potea vedersi. Fa stiroa, diceva, che tutte insieme le ^ concubine, non solamente quelle , sono in M enfi, ma quelle ancora, d*e li seguilano nello esercito, siano rulte appo costei . Aggiunse a queste
bemeuide cose

egli, se Oroondate divenia amico di Carichia, domandandolagli dopo alquanln tempo in premio di questa nunziatura, dovere averla da lui per moglie. Era gia il Vicere da tanta ira stimo lato, e di tanta libidine acceso, che si trOvava quasi come in una rete avvolto. Onde senza puuto indugiare chiamato u se Bagoa, uno dei suoi fidali Eunuchi , e daligli cinquanta cavalli , gli comando che conducesse a lui T ea gene e Carichia, quanto piu tosto po tesse, e dovunque ei li trovasse; e gli diede lettera per Arsace in questi ter mini; Mandami Teagene e Carichia prigionieri e servi del Re , perciocche mi conviene a lui mandargli; e man damigli senza replicare;perche altramenle facendo, mi saranno., benche tu non. vogli, menati; e preslerassi fede ad A ch emenideM.Scrisse eziandio ad Eufralecapo degli Eunuchi in Menfi in questa guisa : * * Jo li faro pagar la pena dellu avere. avuto poca cura all* onore della mia famiglia. Per ora darai in mano a Ba goa que forestieri Greci prigioni, o che Arsace ne sia conlenta, o che no. F a che in ogni modo tu o dia a lui i prigioni, o ti lasci condurre a me legato, che cosi ti comando, che vo glio farli scorticare. Bagoa dunque con la sua compagnia si parti per fa re quanto gli era stato imposto, por tando seco le lettere della commissione segnate col sigillo del Vicere, ac ciocche Arsace, e gli a ltr i, che governavano in M enfi, gli prestassero mag gior fede, e gli dessero piu tosto i gio vani nelle mani. Mossesi anche Oroon date per la guerra contro gli Etiopi; e comando ad Achemenide che lo seguisse, e occultamente senza che egli se ne avvedesse lo facea molto ben guardare , insino a tanto che egli potes se mostrargli aver conosciuta la verilk delle cose da lui riferitegli. In questi slessi giorni che queste cose quivi si Iratlarono , in Menfi altreei fu che fa re. Dopo la fuga di Achemenide, T ia mo uvendo gia ricuperalo F intero ono re della profezia, ed essendo per tal cagione il principale della cilia , e avendo gia compile le esequie di Calaassa* Sperava . stride, e avendo la funeral pompa del

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C A R I C H I A vuole che i prigionieri siano s e rv i. T iam o , avendo compreso cbe ella volea dire de fatti di Mitrane, disse: O Arsaee, ora non h tempo di guerra, ansi di pace. E come la guerra e naturalmente inchinafa a fare altrui ser vo , cosi la pace a rendere ad altrui 1 liberta. E le leggi della guerra sono la volontk de tiranni, ma quelle della pa ce sono ordiaamenti di re. E la guer ra e la pace molto meglio si eonoscono per i portamenti di chi le maneggia, che per la eccellensa de* nomi. E se tu renderai a costoro la liberta, mostrerai di go* vernarti molto meglio; perciocche e i non ba dubbio alcuno che cio debba esserti utile ed onorevole. Dimmi di qual onore o giovameato ti puo egli essere il cosi apertamente mostrare , e confessare di ritenere a forta questi giovani fbrestieri? Arsace a queste parole aon pole piu temperarsi, ansi fece quello che sogliono fare il p iu degli amanti, per ciocche quelli che pensano ehe i loro amori siano celati, di ogni cosa si ver* gognano ed arrossiscono; ma quelli che Ii credono essere manifesli, non si vergognano. E quelli, il cui amore non & manifesto, va piti rattenuto e piu tim ido;m a quelli, cbe si vede scoperto, diviene piu libero e piu ardito; come avvenne ancbe a le i, la cui coscienza stessa fu accusatriee dell* animo suo, perciocche dubitando ella non Tiamo avesse avuto qualcbe sospetto dellamor su o , non facendo stima alcuna ne de! Profeta, ne della profetica d ign ity messa da parle ogni donnesca onestk, gli disse: Nob li pensare cbe Oroondate tr perdoni quello, che lu bai fatto contra M itrane: ma verrk tempo ch ' ei ti fara pagare la pena e della sua morte e di quella degli altri cherano con lui.N e credere che per questo io* sia per la sciare in liberta coloro ch* io ho pri gioni , anzi non fia molto che io , come vogliono Ie leggi persiane, gli mandere al gran Re mio fratello. Rispondi ora a questo, senza pro alcuno i) giusto, 1*onesto e 1* utile proponendo. Concio siacosachfe i principi non hanno di tai cose bisogno, anzi ciascuno d essi de finisce ogn* una di queste cose nel proprio suo volere. Ma tu partiti tost

padre allungata in lutli i giorni dalle leggi ordinati, venne in pensiero di Teagene e di C a rk b ia, perciocche dalla prolelica legge fu lero proikito di potere per qaei giorni entrare denlro alle porle del tempio. Avendone dunque egl* diligenliesimamenle cercato e domandatone, e inleso ch essi abitavano nel palagio del V icere, andatosene quanto pote piu tosto ad Arsace, le chiese i giovani forestieri; aSeriaando cbe essi apparlenevano a lui per molte cagion i, e massimamente, perche > 1 padre Calasiride morendo gli avea comandato che egli interamente prendesse 1 cura e difesa lo ro . E confessando aver le obhligo grande cbe cosi umaoamen te ella avesse dato ricetto a que* giovanr forestieri e Greci kx qae*giorni, ne quali non era leeito akitar nel tempio a persone, che non fossero sacre; le aggiunse che oramai gli parea giusto riavere il suo deposito. Io mi maravi glio non poco di t e , rispose Arsace , che, facendo tu oltima testimoniansa deUa umanila nostra, ci accusi poi di inumanila; eioe che non possiamo, o non vogliamo provedere a casi di que sli forestieri, e for loro qoanto si eonviene. Io non dico gia queslo, soggiunse T iam o, perciocche io so molto hene cbe piu magnificamente starekbon teco, cbe appresso di m e, quando loro piacesse di slarvi. Ma essendo essi di nohil legnaggio, e avendo sostenuii varj assalli della fortuna , e ora andando pellegrini, non e cosa alcuna che essi tanto stimino, quanto il ritrovare i pa renti loro, e rilornare alia patria; e perche io a cio (are dovessi ajutargli, mio padre mi lascvo al loro governo, senza che io sono con altre leggi di amicizia con esso loro congiunto. T u hai fatto molto bene , disse Arsace; poiche allegando le ragioni della congiunsione, mi hai tolto fatica di averti a trarre questo pensiero del capo; per ciocche per questa via essi appartengono molto piu a n o i, e tanto, quanlo a possedere una cosa val fpiu esserne Signore, cbe Governatore. Maravigliandosi Tiam o, disse: Dunque sei tu S i gnora di costoro? in cbe modo? Ed ella : Per ragion di guerra, la quale

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del mio palagio, ne aspettare desserne cacciato j altramente sappi che io le ne faro a tuo mai grado partire . Tiam o douqae si parli, chiamando gli D ii di cio in teslimonio, e protestandole che di cio non le avverrebbe bene , per ciocche egli volea di cio richiatnarsi appresso del popolo, e richiederlo in tuo ajato. Disse Arsace: ei non si tiene conto alcuno di qnesta tua profezia . Amore risguarda una sola profezia, che e il felice successo. E ritiratasi in ca men, e chiamata a se Cibele, comincio con esso lei a discorrere sopra que > li 6 ll i ; perciocche ella avea preso sospetto non picciolo della fuga di A chemenide, il quale non si vedea piu, * massimamenle che Cibele, essendo ne da lei domandata e richiesta, ora una ed ora un*altra scusa variamente fin gfra, e la voleva disporre a credere ogni cosa piuttosto, che lui essere andato ad Oroondate. Ma alia fine non solamente non la trasse afFatto nel suo pensiero , ansi le diede col tempo so* spetto anche d i se . Allora dunque le disse: o C ibele, che faremo noi? come m i sciorro io da questi legami, cbe mi circondauo? 11 mio amore non scema punto, ansi cresce, di questo giovane, com e secco legno tuttavia piu accendtndosi; e costui e tuttavia piu crudele e piu ostinato , e mostravasi piu m ano da principio che non fa ora ; clie allora almeno mi consolava con ingannevoli promesse, ma ora afiatto ed M ^nente rifiuta i miei abbraccia eeU . Ma quello che piii m i turba e, io temo non anch* egli abbia prentito qualche cosa di quello, che io dobilo di Achemenide , e per tal ca giooe sia divenuto piu timido in que afbre. Molestami eziandio Ache *nide, il quale ora e andato ad Oroon datej o che forse gli persuada, o cbe le pvole sue non abbino piena fede. Pure P*sa io sola una volta vedere Oroondatel 0*on certa ch* ei rimarra vinto ad una aceogliensa , ad una sola lagrima di taace. E di non picciola forza ad allettae persuadere gli uomini lo sguardo di donna, e massimamenle ad essi con front* . Ma quello sopra ogni molestia Ql sarebbe grave, se non avendo conse-

guitol amor di Teagene, fossi innansi al fatto di queslo accusata j e molto pica th e se conseguendolo fossi punita; ancorche ( non essendo io venuta a fe lice fine del mio intento) Oroondate dovesse prestarmi intera fede Sicche, o Cibele , adopra ogni tuo sapere, r i trova ogni arlificio. T u vedi ch* i fat ti nostri son in uno estremo termine j e pensa che quando saro disperata di me stessa, non sara possibile ch* io abbia pieta d* altrui ; anzi i primi frvtti saranno degli ordinamenti del tuo figliuolo, i qUsili non posso comprend ere, come possano esserli occulti. R i spose Cibele: O padrona, la fede di mio figliuolo e mia verso di t e , la quale lu non reputi sincera, la conoscerai agli effetti. Ma tu , portandoli cosi negligentemente in questo tuo amore, ed essendovi veramente lenta, non ne dare la colpa agli altri, che non v* hanno colpa veruna j percioc che lu non signoreggi come padrona, ma ansi ubbidisci come serva a questo giovanetto. Queste cose forse nel prin cipio gli si convenivano, slimandolo giovane di poco animo j ma poiche egli ti resla conlro come innamorata, fa ch*ei faccia teco la prova come pa drona ; che battuto e torment ato si soltoponga al tuo volere. 1 giovani so no di natura tale, cbo essendo accaressati e pregati disprezzano altrui, ed essendo sforzali cedono: di maniera che anche costui fara con tormenti quello, cbe non ha voluto, fare con le piacevolezze. A me pare, disse Arsace, cbe tu m* insegni bene. M a , o D ii, come potrebbon mai soflfrire gli occhi miei di veder batlere quel corpo, o in al tra guisa tormentare? T u , disse Cibe le , di nuovo ti rintenerisci, quasi che questo non sia per essere utile ed a lu i, il quale dopo poche batlilure sara i di migliore anim o, ed a te, la quale dopo brieve afianno conseguirai i tuoi desiderj. Nondimeno tu puoi far questo senza nojarne la vista. Dallo in mano ad E u frale, e digli che lo caslighi, quasi che egli abbia commesso qualche lallo, e cosi non vedendo tormentarlo, non avrai rincrescimento, perciocche udire e manco gagliardo a recarci f-

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T E A G E N E

C A R I C H I A che si avvide non fare profiUo alcana , anzi aftaticarsi indarno, conoscendo per prova in quanto pericolo ella si trovava, talora aspeltava, se Oroondale avesse queste cose da Achemenide udite, do verne aver da lui pena tale, quale non avea mai anche avuta per addietro; lalora temeva non forse Arsace innanzi a lui la uccidesse, come colei ch' era sdegnata per non aver conseguito i suoi am ori. 11 perche delibero di metlere in opra alcuno suo pensamento, e con qualche gran male, o raddirizzare i pen sieri di Arsace, e schivar il pericolo che da lei aspeltava., o veramente le varsi dinanzi i teslimoni di queste fac cende, ordinando a tutli insieme la morte. Andatasene dunque ad Arsace, le disse: o padrona, noi ci affaticbiamo in vano, perciocche quel crudele non si umilia punto, anzi ogni ora piu di vien fiero, ne ha mai allro in bocca, che nome di Carichia. Sicche se ti pare, getliamo (come si suoi dire) 1 'ul tima ancora, e spediamoci di costei, che ci impedisce, perciocche inlendendo e g li, lei essere m orta, potrebbe agevolmente volgersi a fare il voler no&lro, avendo massimamente perduta ogni spcranza di le i. Attaccossi Arsace a queste parole, e alia gia concepula gelosia aggiungendo Iira, che in lei per que slo parlare era nata, disse: T u dici molto bene . Sia dunque tua cura di comandare, che questa scellerata sia uccisa,. E chi mi ubbidira? rispose Ci b ele. Quando ne anche a te, che bai somma polesla d ogni cosa, non coocedeano le leggi far morire alcuno senza il giudizio de magistral! persiani? Per leche , volendo cio fa re , ti converra prendere una nojosa fatica, di fingere contro di costei alcune accuse e calunnie ne siamo pero certe , se ci saranao credute. Ma se ti pa ( io sono accon cia per amor tuo a fare e sopportare ogni cosa) gli porremo agualo con avvelcnali c ib i, e con incanlalo beveraggio ci leveremo dinanzi questa noslra nen iica. Piacque ad Arsace queslo partilo, e comandolle cbe lo spedisse: Ella dunque incontanente si mosse, e ritrovala Carichia in pianti e lamenli (e che poleva ella altro, che dolersi, e ravvolgcr

fanno, che il vedere: e se hen sentiamo qualche mutazione, tosto ancora si parte, quasi per se stessa bastante a mutarsi. Ubbidilla Arsace, e fattosi chiamare il capo degli Eunuchi, g limpose quanto volca ch' ei facesse. Egli e per la natura degli E un uch i, cbe molto soifrono di gelosia, e per esser gia buona pezza acccso contro di T ea gene non solamente per quello, che vedea, ma per quello ancora che sospeltava , lo mise incontanente ne* ferr i : e lo affiisse col digiuno e con molte battiture, avendolo'prima racchiuso in una stanza molto scura. Sapea Teagene quello, che cio fosse, ma fingea non saperlo, e domandandone ad Eufrule quasi la cagione, egli non rispondea; anzi ogni di accresceva i tormenti, e mollo piu lo tormenlava, che non avrebbe voluto, e non gli aveva imposto A r sace j ne vi lasciava entrare alcuno , eccclto solamente C ib ele, che cosi gli fu comandato. Ed ella continuameule v*andava, fingendo di portargli celatamenle da mangiare; e come divenuta di lui pietosa, piangeva, come quella che snpea farlo a sua posla. Ma nel vero ella tentava di conoscere, quale a que* tormenti fosse 1 'animo suo; e s' egli s' era per quelle battilure raddolcito e rammoibidilo. Ma egli era niolto piu valoroso divenuto, ed allora piu resisteva agli sforzi loro , e quanto il corpo indeboliva, tanto con la tolIcranza fortificava la m ente, e molto piii si dimostrava contro la fortuna ardito, ed insieme si vantava che ella in grandissima parte gli faceva un comod issimo servigioj perciocche affliggendolo gli dava occasione di mostrare amore e'fede sua verso C arichia, e che eg li, solo che anch7ella avesse queste cose sapute, lo si ripulava a grandissimo bene e favore, e spesso la chiamava dicendo: o Carichia, o luce degli occhi m ie i, o anima, o vita mia. Laonde Cibele, veggendo queslo, ed uvendole Arsace detto che volea che Teagene fosse leggiermente castigato, perciocche non lo avea dato ad uccidere, ma a costringere a fare i suoi voleri, ella per lo contrario avea rapportato ad Eufrale che accresccsse i tormenti. Ma poi-

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seco diverse maniere di privarsi di vita? ciocche il male ( come si parea ) piu veperciocche avea gia present ito i cast di loce di qualunque arciero avea sparso Teagene; benche Cibele prima questo le il suo veleno, e pronto e nuovo e mol cclava, e ora una, ora un* allra cagione to polenle ad uccidere ; e massimamcnfingeva del suo non lasciarsi vedere, e te allora in un corpo vecchio, e gia vi non tornare a lei come soleva) trovatala cino alia morte vie piu tosto che io nou dico in tal guisa, le disse: O meschina, vi so dire, si avvento alle parti piu mor rimanli ormai di piu senza proposilo tal. Era gia da per tulto la vecchia dal affliggerti e consumarti. Ecco che il tuo male infiammata ; e le sue membra riTeagene e libera lo , e oggi al tardi ver cercate tutte da quel riliramento di ner ra da te; perciocche la padrona avendo vi erano divenule itnmobili, e per lo egli commesso errore in un servigio di dosso le se scoperse un color nero ed lei, alquanto verso di lui adirata, coman oscuro. Forse che anche la forza di quel do ch' ei fosse ristretto in prigione, e fraudolente veleno era piu aspra e amara oggi, dovendo secondo il costume della dell a llre . L a vecchia dunque ne an palria fare un certo sacri6cio a publi che morendo abbandono le scelleratezco convito, e mossa insieme da prie- ze j anzi parte accennando , parte balghi miei, ha commesso cbe sia liberato. beltando mostro Carichia averla con in Deslali dunque, e riprendi spirito, e , ganni morta . Laonde in uno stesso tem prendi alquanto di cibo con esso noi. po e la vccchia forni la vita, e Cari Comepotro io crederti? disse Carichia; chia fu prcsa , e legata , e subitamente perciocche il tuo continovamente in- 1 condotta davanti ad Arsace, la quale le gaoDarmi, non mi lascia prestar fede j domando se ella avea apprestato il ve alle tue parole. Io ti giuro, disse Ci- leno , minacriandole , se non confessava We, per tulti gli D i i , che questo gior la verila, di farla tormentare e marlono li sciorra e liberera di tutti gli af- rizzare. F u Carichia uno spettacolo a rilanni, se gia tu non uccidi prima te sguardanti non piu veduto, perciocche stessa, essendo stata tanti giorni digiuna. non mesta e pensosa, ne tiniida, an So, mangia un poco, lasciati piegare zi ridente si dimostrava ; facendosi beffe 3 questo apparecchio d oggi Carichia, di tai cose, parte perche, essendo conl*oche malagevolmente, pure si lascio sapevole dell innocenza sua , non si cupersaadere, sospettando tuttavia dei suoi rava di quella calunnia, e parte per *> liti inganni, e parte prestando qual che , essendo morto Teagene, si ralleche fede a* suoi giuramcnti, e volentieri grava d* esser falla m orire, per guadascceltando le piacevoli e grate promesse. gnare di essere lei il sacrificio di tal feE 1 animo nostro molto inchinato a sta , il quale, se cio non fosse accadulo, vedere quelle cose, ch ei vprrebbe . avea ella deliberato fare da se medesiHewesi dunque a tavola cominciarono rna. Rispose dunque: O mirabil donna, amangiare. Servi a loro a tavola Aura, se Teagene e vivo , ancora io sono inportando loro i bicchieri pieni di vino j nocente della costei m orte; ma se egli a cai avendo Cibele accennato che por- ha sostenuto la morte per cagione detuoi gesse il primo bicchiero a Carichia, scellerati desiderj, non ti bisogna usarc ella poi senza avvedersene in cambio contro di me tormenlo alcuno; eccomi, di Carichia lo prese innanzi e beve. cbe io sono co lei, che ho avvelenata E non avendolo bevuto anche tu lto , la tua nutrice, e la minislra delle tue k parve sentire uno abbaccinamento onorevoli opere. Su, fammi morire, non di occhi e di m ente. Allora gettato tardare; perciocche nessuna cosa fu quan quel poco che vi era rimaso , af- to io, amata da Teagene, giusto disprezzalore degl* iagiusti tuoi appetiti. Que lo sguardo nella sua serva, e incoatanente fu oppressa da subili sfini- ste parole commossero Arsace tutta ad e attrasione di n erv i. Carichia ira ; onde comandato ch ella fosse molto *u sopraggiunta da non picciolo trava bene battuta, disse: Levalemi dinnanzi i l , e stbrzavasi di ajutarla . Tuiba questa scellerata , e mostratele il suo m a ciiandio tutti i circe&tanti; per raviglioso amante, il quale per gli suoi

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T E A G E N E

C A R I C H I A
quella, che da lei era piu dogni altra amata e onorata . Chiamava i giudici in testimOnio, se averla accettata in casa sua forestiera, e averle usato ogn i sorte di umanitk e cortesia; e che poi avea da lei all incontro tal premio ri' cevuto . F u ella in somma molto se vera accusalrice. Carichia non rispose nulla in sua difesa , anzi di nuovo confesso 1* accusa , confermando aver dato a Cibele il veleno, e aggiungen do che volontieri avrebbe fatto morire anche Arsace, se non fosse stata prevenuta, e molte altre cose oltre a queste j e di presente comincio a svillaneggiare A rsace, provocando i giu dici afEitto a dover condannarla. Facea ella questo, perciocche avendo la notte nella prigione narrato a Teagene ogni suo accidente, e intesi all* incontro da lui i su o i, si convennero , se di biso gno fosse, di spontaneamente accettare ogni maniera di morte , che prima si oSerisse lo ro , e liberarsi per lo innanzi da quella misera e irrimediabil v ita , e da quel poco profittevole gire errand o , o dalle mani della perfida Fortuna. E alia fine, come lor p arve, nel separarsi, vollono confermare le cose dette col m eno di secreti e sempiterni giura fnenti. Perloche allora involtasi nella vesta adornatasi delle gemme che sem pre avea tenute nascose e cintasi sotto il ventre, quasi che volesse dimostrare starsi come uoa prossima ad esser recata nella sepoltura, ogni accusa e morte , che 1'era proposta, confessava, e quello, che non 1* era apposto , da se stessa fingeva . Onde i giudici sensa panto indugiare, poco m anco, che non la sottomettessero ai piu crudeli supplisf che usino in Persia: pure commossi forse per lo suo aspetto , e per la nuova e incomparabile sua bellessa, la coodannarono a dovere essere abbruciata. F u ella di presente da sergenti della giustizia quindi tralta, e alquanto fuori delle mura della cittk condotta ; gri dando tuttavia il trombetta , lei essere menata a doversi abbruciare per aver dato il veleno ; seguendola molto po polo fuori della cilia . Perciocche al cuni s erano trovali presenti quando ella era tralLi alia m orte, e alcuni

meriti soffire la toedesima pena; di* ligentemente legatala, date aoche lei ad E u frate, cbe debba guardarla insino a domani, perche per giudisio de* magi stra l persiani ella deve pa tire la pena della costei morte . Mentre ella era me nata v ia , quella serva , cbe avea dato a bere a Cibele (era costei una di quelle Joniche, che furono da principio dona te da Arsace ai giovani per lor servigio) o cbe fosse mossa dalla sua bene volenza verso Carichia, nata dall* usare e vivere insieme; o pure spinta dal divino volere, comincio a piangere, e sospirare, dicendo : O infelicita grande di questa povera innocente! Maravigliandosi q u e lli, che stavano d* intor no , e costringendola a far cbiaramente manifesto quello, ch ella volesse inferire, confesso se aver dato a Cibele il veleno, e averlo prima da lei avuto, accio lo desse a Carichia . Ma ch e, o vinta dal travaglio per la scellerateasa d<*l fatto, o ajutatavi anche da Cibele, la quale le accennava, che desse bere prima a Carichia, avea preso scambio ne* bicchieri, e avea porto alia vecchia quello , dove era il veleno. F u dunque costei condotta incontanente davanti ad Arsacej perciocche pareva a tutti di fa re non picciolo guadagno, se Carichia si trovasse libera da tal calunnia. L a generositk dell* animo e dell* aspetto muove a misericord ia e a pianto anche le barbare gen ii. Avendo la serva di nuovo detto come la cosa stava, non fu pero di profitto alcuno. Anzi Arsacc, dicendo dovere anche lei es sere in cio colpevole, e avere ajutata Carichia, comando che ella fosse legata e guardata insino al giorno del giudizio . Qui ad i fe* intendere a* ma gistral! persiani, i quali aveano potesta di deliberare delle cose del Comu n e , e sentenziare, e costituire le pen e , che il gioroo seguente a questo giudizio si raunassero . Poiche all* apparir del giorno e* si furono raunati, e si furono sopra i seggi loro asseduti, Arsace come accusalrice espose la que rela del dato veleno, narrando tutto il fatto appunto come stava j e con spesse lagrime si dolea che Carichia le avesse con veleno uccisa la sua nuric e , e

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L I B R O dilla fama, che tosto si sparse per tutu la citta, furono spinti a vedere questo spettacolo. Vennevi Arsace altmj, e si pose a vedere di sulle mu ra; cbe troppo le sarebbe stato molesto, se dod avesse sasiati anche gli occhi della pena di Carichia . Poiche iiergenti ebbero fatta una grandissima stipa j e messovi sotto il fuoco, eh wo d ogni parte accesa, Carichia prego coloro, che la menavano , che le concedessoro alquanto di spasio , pro mettendo loro d* entrare da se mefauna nel fuoco . Quindi levate le nani al cielo verso quella parte, donde il Sole manda fuori i suoi raggi, con alta voce disse: O Sole , o Terra , e voi, o Demonj, che sopra terra e sot terra dimorate, risguardatori e punitori < kgli scellerati, voi siete testimonj, che 1 0sono innocente di quello, onde sono iocolpata, e che io volentieri sostengo k morte per la insopportabile violence < M la Fortuna. Pregovi dunque, che benignatnenle mi riceviate, ma che tosto apparecchiata dfegna pena a qufeita fuiio, sceflerata e adultera di A rsace, la quale fa questo non ad altro fine , fbe per privarmi del mio caro pow . Avendo cosi detto , benche tutti alta voce , per queste parole gri dando, parte si apparecchiassero , e par,e pa si muovessero per impedire e rim ettere la pena al secondo giudisio, u entro nell ardente stipa , ed as'* nel mezzo, quivi lunga pezza senu alcuoa lesione si stette, girandole 1 1 fuoco intorno , senza avvicinarsele , * teou panto offend erla, anzi le dava luogo verso dovunque ella si movea ; e solamente mostrava, e si poteva d* in tom o contemplare e vedere la sua belk* essere dallo splendore del fuoco *<*wsciuta, e lei come nuova sposa starm quasi in un letto di fuoco. Ella ma* ^rigliandosi di tal cosa, ed affrettan-' di pervenire alia morte , entrava ora io uno , ora in altro lato dell* ar* ^ute stipa j ma non per tanto facea profitto alcuno, perciocche il fuoco sera ph si scostava da lei, non altramente, che te dal!' impeto suo fuggisse. Ma non P* questo i sergenti si rifinavano, ansi ltt'ora piu sollecitavano (comandan BOTICt

A y

dolo Arsace con minaccievoli cenni) ag giungendovi legna, ammontandovi della cannuccia di fiume, e con ogni argoAento destando ed attiszando la fiamma. Ora poi che con ogni sforzo enon facevano nulla j maggiormente la citta tutta si commosse, e stimando cio avvenire per di vino aiuto, cominciaronoa gridare: questa gio vane e sincere; questa giovane e innocente: e fattisi avanti la cacciavano fuor del la stipa, essendo loro a cio fare scorta T ia m o , il quale confortava il popolo a doverlo ajutare; perciocche gik anch* e g li, per il grido grande, cbe si gnificava tale afiare, s*era tratto avanti. Desiderando dunque costoro ardeatissimamente di liberare Carichia , nh attentando&i di accostarsi al fuoco , comandavano ch* ella se n* uscisse per se stessa; avvenga cbe standovi dentro sen sa nocumento, non dovea aver timore di partirsene . Vedendo ed udendo ella tai cose, parendo anche a lei che que sto fosse soccorso mandato dagli D ii in suo favore, delibero di non mostrarsi sconoscente verso ia miglior Fortuna, non accettando il beneficio di lei; e c o s i1 usci fuori della stipa. Per la quai cosa la cillk tulta tra per 1* allegrexza e per la maraviglia con alte e concordanti voci gridando, invocavano gli grandi Id d i i . Ma Arsace non pole con tenersi, c h e , scesa di sulle m ura, e per una porticella uscita della citta con molta guafdia e co* magistrali P ersiani, non mettesse ella stessa le mani adosso a Carichia; quindi rivolta alio sciocco po polo , disse: non vi vergognate voi di volere liberar dalla pena questa cattiva femmina? questa venefica? questa, che in sul fatto e stata colta - a procurare 1* altrui morte, ed hallo confessato? Volete v oi, porgendo ajuto ad una seel lerata feminella , contrapporvi alle leg gi Persiane , al R e, a*governatori, a* principuii magistral!, ed a* giudici? F or se per non essere ella arsa, da falsa m i seiicordia ingannati, s lima te questa es sere opera degli D ii, non comprendete voi saggiamenle discorrendo, che co stei potrebbe avere tanta forsa co'suoi veneficj ed incantesimi, de* quali e riuscito tanto danno, che potrebbe resistere anche contra *1 fuoco? Raunalevi 28

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T E A G E N E

C A R I C H I A
Carichia mostrava di starne in dubbio. Perciocche , diceva ella , questa novila della mia salute, non mi pare panto essere dissimile da divino beneficio; ma il provare conlinuamente tanto gravi ed infinite m iserie, ed essere sottoposta a tanti diversi ed insopportabili tor menti e villanie, mi pare che debba a coloro intervenire , che sono dagli D ii perseguitati, e che fanao prova della loro ira m aggiore. Nondimeno molto mi maraviglio della Fortuna, la quale geltandomi nell* estremo di tatli gli affanni, mi ha liberate poi d ogni grave pericolo. Mentre ella in questa guisa ragionava, e Teageue la esortava ad augurarsi bene, confortandolo a ri tenere la pieta non meno che la mo destia e castita, ella con alta voce dissex O D ii favorevoli! di qual sogno, o pur visione che si fosse , mi sono io ora ricordata; la quale, essendomi que sta passata notte apparita, non so coroe mi usci di mente, ed ora m'etornata in fantasia. Era questo sogno disposlo in versi, i quali mi disse ^il divinissimo Calasiride j ed erano, se ben mi ri cordo ta li:

domani, se vi pare, nel luogo del con siglio , che sara con esso vui comune; e conoscerete lei medesima confessare il peccato, e da alcuni consapevoli di c io , i quali io lengo sotto buona guar dia , esserne accusata e scoperta. E cosi dicendo, presa la pel collo la traeva se co , avendo alia sua guardia imposto , che facesse star la turba addietro. Del popolo, parte sisdegnavano, e pensavano di contrapporsi; parte eedevano, e per essere ingannati dal sospetto del veneficio, ed alcuni spaventati dal timore d i Arsace e della sua potenza. F u dunque Carichia di nuovo data ad Euirate, e con piu legami involta, e ri serbata al secondo giudizio, e alia se conda p ena. Erale grandissimo e solo conforto in quegli afianni lo stare con Teagene, e raccontargli le sue sventure. Avea Arsace considerato anche questo es ser loro come pena, ed affliggere i giova ni con questo occulto svillaneggiamento, che stando amendue in una medesima prigione ristretti, si vedessero in ceppi e tormenti far questione della vita loro: per ciocche ella molto ben sapea, che la passione dell'amato molesta piu l amant e , che la sua propria. Ma ad essi que sto era un ricreamento, e si riputavano a non picciolo guadagno fare paragone di s e , nelle medesime passioni j e se al cuno d essi era meno lormentato, gli parea essere dall' altro superato, e sentire eziandio mancodi amore. Aggiungevasi il ragionare insieme, il coasolarsi, e darsi animo a sofFerire arditamente, e generosamente i casi della Fortuna, e sostenere ogni battaglia per conservazione della loro castita, e della data fede. Dopo ch* essi ebbero insino alia notte molto insieme ragionato, e tan to, quanto pare che convenisse a quelli, che dopo la presente notte non speravano di piu doversi favellare, e quasi di loro stessi, quanto era Joro concesso, saziandosi,alla fine vennero a discorrere del maraviglioso accidente dell'accesa stipa.'Teagene diceva la cagione di cio essere stata la benignitb degli D i i , i quali aveano preso sdegno della falsa calunnia datale da Arsace, ed aveano mostrata la misericordia loro verso di lei innocente, ed in nulla colpevole . Ma

La Pantarbe haia non paventar del (fuocoi Agevolmente fanno i Fati quello, Ch agli uomin poi miracoloso appare
Teagene tutto si scosse in quella gui sa , che sogliono fare gli spiritati, e quanto i legami gli concedevano quasi saltando, con alta voce disse: Smuci gli D ii am ici, perciocche mi ricordo anch* io d* esser poeta, ed e anche a m e apparito'un Oracolo, ed e stato il m e desimo indovino, o che egli era Cala* siride , o pure un D io in forma di Calasiride, e par mi che tali fossero le sue parole:

Domanfuggendo di Arsace i legami, *Verrai con la fanciulla in Etiopi&Io ottimamente comprendo qu ello, cbe questo Oracolo importa ; p e r c io c c h e la terra di Etiopia , pare che v o g lia inlendere de* luoghi in fern ali: e con fanciulla, inferisce che io saro con Pro serpina . L a fuga de' legam i, sigoifc* la liberazione di q u i, cioe da queslo corpo . Ma quale e i l s e n lim e n t o del tuo Oracolo, il quale e composto cosi

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L I B R O
seco stesso cootrario? 11 num edi Pan tarbe non vu oi dire a ltro , che timida di ogni cosa; ma l esortazione comanda che non terna il fuoco. Diese allora Carichia : O dolcissimo T eagen e, le nostre solite miserie ti fanno trarre, e dichiarare ogni cosa a pessime fine ; perciocche sogliono naturalmente gli uomini esser con la mente a* loro acddeoti rW olti . Ma a me pare che la significacione di questi Oracoli sia m ol to migliore , che tu non s tim i. L a fanciulla* forse che potrei essere io, con la quale ti predice che tu perverrai in Etiopk, che e la- mia palria , fuggen do Arsace ed i suoi legami. 11 modo noi non lo sappiamo, ne anche dobbiamo disperarcene. G li D ii possono farlo, e que* gli n avranno cura, che ci hanno mostrate queste vision i. L 'O ra c o lo m io, come tu s a i, ha avuto quel fine, che gli die indovino , e pur mi hai ora viva, benche perduta v* avessi ogni speranxa. Che se bene allora chiamata dal la salute mia , non la conobbi, ora come si conviene chiaramenle la comprendo. Perciocche come sempre per addietro ho&tudiosamente voluto portar meco que* segnali, cbe furono con esso me gettati, maggiormente volli averli allora, che dovea farsi il giuditio contra dime, e ch e io aspettava la m orte, e di nascoso m e gli cinsi su la carne intono alia cintura, acciocche, rimanendo salva, mi fossero di sostentamento delle necessita d ella vita ; e s' egli avvenia cbe io morissi, fossero gli ultimi orna m ent della mia sepoltura. Sappi dun que Teagene, che tra questi, che sono mouili ricchissim i, e pietre preciosissi o eIndiane ed Etiopiche, vi e un anello, il quale fu da mio padre donato a mia madre allora, ch* egli la sposo, nella cm legatura e una pietra chiamata Pan tobe j ed e questo anello scritto intorno di alcuni sacri caratteri, ne* quali si contengono mister) divinissimi; e stimo cbe da qnesti caratteri 1* anello abbia. virtu di tar fuggire il fuoco, e dia virtu 1 quelli che lo portano, che nelle fiatame non sentano lesione alcuna j e da questa forse anch* io sono ora stata saln ta. Queste C o s e posso io comprene coaoscere per le ammOuuioni

T A V
fattemi da Calasiride, dicendo ch* egli intendeva od avea apparato cio dalle lettere ritratte nella fascia, cbe fu con esso meco gettata, ed ora e intorno al mio corpo avvolta. Queste cose, disse Teagene, sono verisim ili, anzi vere; e molto con le cose accadute convenevoli. Ma de pericoli di domani, quale altra Pantarbe ti liherera? Perciocche, avendo vittoriosamente repugnato all*accesa stipa, non ti e pero stafa annun ciate la liberasione della morte dalla pestifera Arsace, la quale, come si puo congetturare, va ora imaginando nuove sorte di supplicio. E volesse D io , ch* ella in un* ora medesima e d* una medesima morte amendue ci condannasse; perciocche quella non mi parrebbe morte, anci quiete e riposo d'ogni nostro aftanno. Sta* di buona voglia, disse Carichia, noi abbiamo un*altra Pantarbe, che e 1 * oracolo degli D ii. Se noi dunque con esso loro staremo forti, potremo essere salvi con maggior no stro piacerej e se pur bisognasse, morremo innocenli, e ftieno colpevoli. Co storo dunque, in questi discorsi ora si lamentavano , affermando ognun d* es si molto piu per cagione dell* altro affliggersi e tormen tarsi, che per cagion propria j ora si lasciavano 1* ultime loro volonta, giuraedo per gli D ii e per la presente fortuna di servarsi fede ne*loro amori insino alia morte ; e di questa maniera passavano il tempo. Ma Bagoa ed i cinquanta cavalieri ch* erano se c o , essendo anche la profonda notte ogn'uno dal sonno occupato, pervennero a Menfi. Ed essendosi quelli che stavano alia cura della porta fatti alquanto fu o ri, ed avendo essi detto loro chi egli erano, ed essendo stati conosciuti, entrati dentro frettolosi e con molto rumore se n* andarono alia volta del palagio del Vicere : dove Bagoa lascio i cavalieri, avendogli messi intorno al pala gio alle poste, accio, s* egli avesse trovato contrasto alcuno, essi fossero presti a soccorrerlo. Egli andatosene ad una falsa porticella che non era cosi da tutti saputa, leggiermente picchio j e detto al portinajo chi egli e r a , ed impostogli che tacesse, incontanente, avendo h pralica e la nolisia di que* luoghi.

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T E A G E N E

CARI CHI A

e lucendo anche alquanto allora la lu- rando quelli che erano quivi, non aver na, s e n ando ad E ufrate ; e trovatolo di cio cura alcuna, anzi molto pia nel lelto, lo desto; e perche egli tut rallegrarsene. Essendo dunque Eufrate to turbato gridava, dicendo, chi sei tu? accostatosi a lo ro , prendendogli, e scio Bagoa lo raccheto, con dire, io son Ba- gliendogli da que* legn i, dove i legami goa, ma fa tosto venire il lume. Chiama- erano attaccati, Teagene disse: 0 h( to dunque a se un giovanelto suo came quanto fa bene ia peslifera Arsace; rie re , gli comando, che senxa destare pensando con la notte e con le teoe alcuno degli altri, accendesse un lum e. bre nascondere le sue disoneste opere. 11 giovane essendo tom ato, ed avendo Ma troppo e grave ed acuto l*occhio posto il lume sopra il lucerniero, si della ad acctuare, ed illumi parti. Disse allora Eufrate* che vuoi nare i secreti oscuri, e scellefati fatti. ella dire questa tua subita e non aspet- Ma voi fate pure quello, che vi e sia tata venuta ? Non bisogna, disse Ba to com messo j ed o cbe la morte no go a, spendere molte parole ; togli, co> stra sia ordinata per fuoco, o per acnosci questa lettera, ed oltre a cio ri* qua, o per coltello, fated questa gra conosci il segno del igillo; e credimi zia , che amendue in un stesso punto ch* egli e Oroondate co lu i, che ti co e d'una medesima morte uccidute. manda j e pensa innansi ad ogni cosa Questo medesimo chiedeva ancbe Ca che sia utile a fare quanto ti e coman- richia. Laonde gli Eunncbi lugrimandato. Eufrate prese le lettere, e scor- d o , perciocche in parte intendevano il sele amendue, disse: Arsace ne pian lor parlare, gli sciolsero; e poi che gera , la quale fu jeri quasi per divino furono usciti fuor del palagio, Eufrate volere presa da una gran febbre, e so- si rimase quivi. Ma Bagoa insieme praggiunta da uno acuto caldo, il quale co* suoi cavalieri, alleggeriti i giovani insino ad ora la tiedte oppressa; si ch*ella di molti legam i, e la seta tine loro tan mostra poca speranza di dover piu vi t i , cbe bastassero a guardarli, e non vere. In quanto a m e, non le darei a tormentargli, amendue gli posero a mai questa lettera; perciocche ella e cavallo, e toltiglisi in m ezzo, con ogoi innamorata, e piuttosto vorrebbe pri prestezza si misero a cavalcare alia vol ma morire, e fare insiememente morir ta di Tebe. Cavalcarono dunque il ri noi che darti volontarftamente questi manente di quella nolte sensa mai fergiovani. Ma tu , essendo venuto a tem marsi, ed era gia intorno alia tens po , prendigli, e menagli teco, ed aju- ora dell*altro giorno, ch e n o n s*erano tagli quanto piu p uoi, ed abbi loro in hiogo alcuno riposati. M a non po compassione, che sono miseri infelici, tendo essi tollerare I'arsura de raggi e non gia di mio volere, ma perche del So le, essendo gia in Egitto incocosi comandava Arsace, hanno soste minciata la state, ed essendo eziandio nuto infinite battiture e tormenti. Nel stanchi del vegliare, e veggendo an resto sono, come si pare , di nobil san che Carichia molto affannata per lo gue, e per quanto Tesperiensa, e T o continuo cavalcare ; deliberarono seenpere loro mi dimostrano, in ogni af- dendo quivi, ed essi prendere riposo, fare tempera ti e casti. E cosi dicendo, e ristorare i cavalli, e ricreare la gio lo meno nella prigione. Veggendo Ba vane. Era quivi una scoscesa ripa, e goa i giovani legati, ed oltre a cio dai come un capo di terra ch* entrava nel tormenti gik macerati, resto maravi- N ilo , dove essendo 1 * acqua interrolls gliato della bel lesza e grandezza lo ro . dal suo diritto corso, e ravvolgendosi in 1 giovani, stimando questo esser quel giro.a guisa di semicircolo, e tonundo lo , ch* essi pensavano, cioe cbe costui con un altro capo all* incontro del privenisse cosi fuor di tempo per con- n io , facea in forma d* un gom ito la ter durli alia m orte, e all*ultimo suppli ra , che da lei era circondata. E ra questo s io , furono per breve spasio spaven- luogo pieno di mold fiori, come se vi tati. Poscia sollevatisi con chiaro e lieto fossero dal fiume portati, ed era di natu aspetto aperlamente mostrarooo, m i 1 ra sua d erba e di pastura p e r gli arroo-

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L I B R O
li molto abbondevole, e dialbcri Persiani come ficomori ed allri compagni edamici del Milo tutto era coperto ed adombrato. Ia questo luogo duaque si fermo Bagoa insieme co* suoi C avalieri, facendosi frascate di quegli alberi, ed avendo egli maagiato, diede anche raaogiare a T ea gene ed a Carichia ; e ricusandolo essi da principio, ve li costrinse; e perche essi diceauo essere di soverchio dar man gur a quelli, che doveano subitamente morire, gii ritrasse da tal pensieroaffermando non esservi di cio sospetto alcano, e ftoendo loro sapere, che non alia morte, ma ad Oroondate erano meoati. Era gia di buona peasa passato meriggio , ed il Sole non piu il soraino del capo, ma di verso occidenle le spalle feriva, e Bagoa si apprestava gia di compiere il cominciato viaggio, ed ec coti che sopraggiunse uno a cavtfilo, il quale, forse per la jfatica del ruinosoe conlinuo cavalcare, ansando forte, e a *U ca pote ri tenere il cavallo, che tutto di sudore gocciolava ; e , detle ch* egli d> lie a Bagoa alcune cose di secreto, si riposo. Bagoa, dopo essere stato alquan to soepeso , mostrando di pensare alle wove ricevute, disse: O araicijPread<te animo; la uimica vostra ha sosleoata la meritata pena; Arsace e morta; *d avendo intesa la mia partita insieme coo voi, s e co a an laccio strangolata * coa la volontaria morte ha prevenu h necessaria; perciocche non avrebbe *i ella fuggito la pena da Oroondate 0 dal Re; ansi o 1avrebboao scannata o btlole consuraare il rimanenle della T *U vituperosamente. Questo mi dice cd avvisa Eufrate per costui, che ora * giaato . Prendele dunque ardire , e *** di miglior animo, poiche sensa far le dispiacere alcuno, siccome io ottima cote ho conosciuto, visiete levata din an ti quella, che vi ha fatte tante infjmie. Queste cose diceva Bagoa quipreseote , ma quasi balbettando in ^gaa Greca, e molte con cenni malagelaiente mostrandone. Dicevale esianallegramente, parte perrbe mol-' 10fli dispiaceva la sfrenata e tirannesca * U di Arsace ; parte ancora per con Mbre i giovani, e dar loro animo; spe^edo se doveroe essere da molto piu

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riputato appo Oroondate, mratndogli salvo il giovane, che era per superare tutti gli altri suoi servi; e la giovane di bellessa incomparabile, che agevolmente, in luogo della morta Arsace, potreb be divenire sua m oglie. Rallegraronsi esiandio Teagene e Carichia udendo questo; ed iuvocando gli Dii celesti e la giustisia, afformavano non poter piu loro accadere cosa alcuna molesta, se bea ricevessero crudelissimi strazj, es sendo morta la maggior loro netnica. Vedesi duaque che da alcuni e grato anche il morire, quando avviene rh ei muojuno dopo i nomiri loro. Incbinando dunque il Sole giii verso occidente, comiacio a spirare un soave venticello; ed essendosi rinfrescato si che faceva piacevole cavalcare, essi ritornarono al comineiato viaggio; e quella sera e tut ta la vegnente notte sino alia mattina del giorno che seguito appresso sollecitarono il loro cammino, per trovare, se possibil fosse, Oroondate in T eh e. Ma non vi fornirono di giungere, che trovarono un o , ch venia dall esercito, da cui seppero come s* era partito quin di . Era costui mandato con commissione di dirissare alia volta di Siene tutti i soldati armati; se peronon fosse ro destinali alle guardie de* luoghi. Per ciocche ogni cosa era piena di tumulto, e si dubitava, che quella cittfe non fosse stata presa, e non esSendovi allora it Vicere, ed essendovi sopraggiunto lo esercito degli Etiopi prima , che se ne fosse udito nuova. Bagoa dunque torcendo il cammino da Tebe, si volse rerun S ien e. E d essendo gia quasi ad essa pervenuto, cadde negli agguati Eli<>p ici. Erano questi una compagnia di giovani bene armati mandati innansi, accio facessero la scoperta , e col pe ricolo di loro medesimi procurassero la sicuressa del cjm>nino a tutto lo esercito. Allora dunque, tra per la notte e per la poca pralica de*luoghi (quel che per debilo loro era di fare, essendo lontani dagli a miei) s' imboscarono in un canneto del fiume ; e per star sicuri dagli assalti de* nem ici, sensa punto dormire fecero la guardia intorno alia selva'. Era poco innansi cominciato ad apparire il giorno, quando costoro

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T E A G E N E

C A R I C H I A
da* nem ici. Ma Bagoa fu fatto prigio* ne, poiche inciampando il cavallo, lo trasse a terra seco, e gli franse una gamba in guisa, cbe non si potea muovere. Furono anche presi Teagene e Carichia, perciocche non aveano mai abbandonato Bagoa, uomo che verso di loro molto amorevole, per quanto aveano veduto, speravano. Fermalisi dunque scesero da cavallo, che forse avrebbono anche potuto fuggire , e piuttosto si lasciarooo volontariamente prendere, dicendo Tea gene a vCarichia che questo era il so gno; e questi, che gli avean fatti prigio n i, erano quegli E tio p i, nella cui ter ra era destinato ch ei venissero, onde era bene di darsi loro in mano, e dal certo perciolo, il quale erano appresso Oroondate, commettersi a meno certa fortuna . Carichia guidata da*Fati, com prendfeva gia lo avvenire, ed era in buo na speranza di migtior fortuna, stimando gli assalitori essere piuttosto am id, che nem ici. Ma senza dire nulla a Teagene de* suoi pensieri, mostrava essere del medesimo parere . Poi che gli Etiopi si furono accostati, conobbero a prima vi sta Bagoa ed essere Eunuco, e non potersi difendere. E veggendo i giovani disarmati e legati, di bellezza, e di nolulta ec cellenti, domandarono ch i essi fossoro. Facendo fare questa domanda ad un loro Egiziano, che sapea la lingua persiana, accio o di amendue, o di uno iulendessero appieno ogni affare. Perciocche quel li, che mandati erano a scoprire ed intendere quello che si facea e dicea, 'erano dal la necessita ammaestrati di menar seco uomini che fossero e di lingua e di vo ce simili ed a lo ro , ed ai loro nemici. Teagene dunque tra per la luogapra* tica di E g itto, e per la brevila della domanda , rispose ch* essi erano i principali del Vicere di Persia, che eglie Carichia erano G re c i, . fatti primiera mente prigioni da* Persiani, ed allora con miglior fortuna veouti in mano degli Etiopi. Dopo che gli ebbero conosciuti, deliberarono di perdonar lo ro , e menarli v iv i, come gli aveano p resi,-e condurgli al Re loro, come prima e grandissima preda, piu onorata di tutte le ricchezse del Vicere. Perciocchc gli Euuuchi sono gli ocdu

si accorsero esser quivi Bagoa co*sooi cavalieri} e benche vedessero ch* essi erano poca brigata, nondimeno gli lasciarono scorrere alquanto avanti j e poi che si furono certidcali che non erano da alcuni altri seguili, con grandissime strida uscili dalla palude, corsero loro dietro. Bagoa e gli altri cavalieri per lo repentino strido furono ripieni di spavento j ed avendo per lo colore cono&ciuto che gli assalitori erano Etiopi, ed essendosi per la moltitudine avvcduli, che non era possibile star loro contro (perciocche mille armati alia leggiera erano stati mandati a far la scoperta) non poterono pur sotferire di guardarli, ansi incontanente si misero in fuga, da prin cipio lentamente andando, e non quan to poteveno, in guisa cbe non parea affatto, che fuggissero. Coloro gli perseguitavano, avendo mandato innansi quanti vi aveano de* Trogloditi, i quali erano intorno a dugento. Sono i T ro gloditi popoli di Etiopa, che vivono pascendosi d* erbe, e confinano con gli Arabi. Sono al corso velocissimi, e di gagliarda natura, e da fanciulli usati alle fatiche. Non usano costoro mai portare arme gravi; ma nelle baltaglie con le frombole combattendo, o vincono coloro che van lor contro, o conoscendogli superior!, se ne fuggono j e tosto si risolvono, consapevoli della velocita loro, o di seguitare valorosamente i nemici, o di nascondersi in alcune strette caverne, e spelonche tra' sassi o cculte. Costoro dunque a piedi perseguitando coloro, che erano a cavallo, alcuni con le frombole ne ferivano. Non pero gli aspeLtavano quando essi si volgevano loro contro; ma voltatisi contro. quelli, che erano restati addietro, e molto dagli amici lontani, poscia si fuggivano . Avvedutisi di cio i Persiani, con piu ardire si mossero contro d* essi, ed uccisi q u elli, cbe piu loro erano m olesti, di nuovo si misero a fuggire ; e stringendo i cavalli con gli sproni, allentando le briglie , gli spingevano quanto poteano piu velocemente . G li allri dunque fuggirono, valicati sopra un certo alto, che come un capo di terra sporgea nel N ilo , e dopo i ripari della ripa si nascosero

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e orecchie delle eorti d e'R e Persiani, i quali non si commettono alia fede della benivolenza de' figliuoli, ne de congianti ; ma a colui solamente si danno, di cui si sono fidati. E i gio vani sarebbono dono onoralissimo alia serritu e alia corte del Re. Menarongli dunque incontanente via, avendogli prim a messi a cavallo : B agoa, per es*ere ferito , ed i giovani , perche esKndo legati, e caininandosi in fretta, non avrebbe potuto caminare seco al paro.

Era questo fatto come in una rappresentazione e il ritorno alle cose pri mieramente dette nella favola. I fore stieri legal i , che poco prima aveano avuta negli occhi la morte lo ro , non erano tanto m enati, quanto mandati onoratamente innanzi, ed accompagnat i , essendo in servile condizione , da coloro, che poco di poi doveano esse re loro servi. L e cose loro dunque passavano di questa maniera.

LIBRO

Ma Siene era gia da stretto assedio cuUa, ed era da ogni intomo ristretta da tanti E tio p i, che parevano un eser cito di cavallette. Perciocche avendo Oroondate inte^o gli Etiopi avvidnar*i tanto, quanto non s' erano anche mai avvidnati ; ed avendo gia valicate le cateratte, andarsene alia volta di Siene; afirettandosi entro alquanto avanti la venuta loro nella citta, e fatte ienrare le p orte, ed empire le mura di fence, dardi, scu d i, e macchine ad uso della muraglia, attendeva il fine della cosa. Idaspe Re degli Etiopi, avendo da longi veduto che i Persiani erano per entrare in S ien e, ed avendogli perKguitati; poiche non pote arrivare priou ch ei fossero entrati, cinse con l etercito la citta, distendendolo intomo alle mura; benche solamente a mirarla a mostrasse inespugnabile, nondimeno 1assedio con diecimila non usate ma* iere d uomini insieme d arme e cavalli, guastando i campi de Sienesi. Avendolo dunque quivi trovato coloro, de erano andati a far la scoperta, gli appresentarona i prigioni. Rallegrossi egli per l'aspetto d e'giovan i, e senza awedersi che fosse per lo riconoscimeoto della natura, subitamente fu preso da una certa amorevolezza verso di loro. Ma molto piu si rallegro delI angurio, che ^|i fossero condpUi legatij e con lieta voce esclamo: Oh! gli

D ii per le prime spoglie ci danno i ne mici legati in mano. Costoro dunque, che primi sono stati presi, per primi frutti della guerra, siano conservati a' sacrificj che si faranno per la ricevuta vittoria, come vuole la legge degli Etiopi; e debbonsi guardare per sacrificarli agli D ii paesani. Fatti poi convenevoli doni a quelli, che erano stati a fare la scopcrta, ed essi ed insieme i prigioni mando tra* bagagli; e mise alia guardia loro una sufficiente squadra di 1uomini simili di Kngua: e comando che si avesse loro diligentissima cura, e che si desse loro abbondevolmente da mangiare, e che si conservassero netti da ogni m acchia, e che si nutrissero come cose gia sacre , e che fossero levati loro que lacci, e messi d 'o r o ; perciocche in quello, in che appo gli altri si adopra il ferro, appo gU Etiopi si costu ma d adopcrar 1 oro. F u incontanente iaito il suo comandamento. E benche que* sergenti, sciogliendoli da quelle prime catene, dessero loro speranza di libera vita, non lo fecero pero altramente; anzi di nuovo gli legarono di catene d'oro. Teagene allora sopraggiunto da un certo riso , disse: O pregiato cam bio; la fortuna mostra una grande umanita verso di noi ; in cam bio del ferro siamo incatenati d oro; ed essendo di catene arricchiti, siamo divenuti piu onorati prigioni. Carichia

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T E A G E N E

C A R I C H I A
lunghi piubassi alzandogli a*luoghi alti ed elevati ( sarebbonsi questi suoi ri pari potuti assomigliare ad una longa tela di muro ) e sempre manteneva ferma ed uguale la larghezza de* cinquanta piedj, e di lungbezza prendeva da Sie ne insino al Nilo. Poi ch egli ebbe congiunti que ripari con le ripe del fiume, vi dirizzo dentro la bocca ed il corrente d esso. L acqua da luoghi alti ne* piu bassi, e dal capacissimo letto dd Nilo iu uno stretto seno cadendo, ed essendo ristretta tra le artificiali ripe, facea nella bocca dell entrata un strepito grandissimo ed incredibile, e nel correr p oi, generava nn suono che.potea essere udito anche da q u elli, che Ion tanissimi erano. 11 che udendo, e veg gendo gia quelli, ch erano in Siene, e considerando in quanta miseria ei si trovavano, conoscendo cbe quel circuito di muro non era ad altro fine fatto, cbe per sommergerli; e non avendo via al cuna di fuggirsi della citta, perche i ri pari, e 1* acqua che gia era vicina, chin deva loro il passo; e veggendo quanto Io stare fosse pericoloso, si misero a prbvedere alio scampo loro il meglio cbe potevano. E primieramente levate lassi di sulle porte, le murarono col giunco e col bitume. Dipoifortificarono le mura, per potervi essere piu sicuri. E questi ia terra, qUelli i sassi, altri le legna, ed in somma ogn* uno portava quello a che prima si awenia ; ne vi era alcu no che si stesse ozioso, anzi le donne, i fanciulli, ed i vecchi parimenti si at f.rticavano, perciocche nel periglio della vita, non si ha riguardo ne a sesso, ne ad etade. Quelli ch erano piu forti, e pprleta atti al mestiero dellarrne, si presero a zappare sotterra uno stretto viottolo, dirizzandolo dalla citta verso i ripari de* nemici, e facendo in questa guisa. Cavarono un pozzo vicino alle mura pro fondo a diftttura venti braccia; e poi che ebbero passate le fondamenta, cominciarono a torcere e con l ajuto de lumi cavavano una certa occulta vietta, che dirktamente se n* andava a riperi E quelli, che ordinatamente uno aopo 1 altro 'seguitavano, prendevano la terra da queprimi, e portatsja in certa part della citta, che gia buon tempo aveva

sorrideva, e si sforsava di levarlo da quel pensiero, fermandoli nelle cose predette loro dagli D ii, e mostrandogli d essere di migliore speranza. Idaspe intanto essendosi messo all assedio di Sien e, avea pensato al primo assalto di espugnarla; ma fu da* difensori agevolmenle ributtaloj i quali e co fatti valorosamente si difendevano, e con ingiuriose parole sviflaneggiandolo p iu lo infiammavano. Egli dunque mosso ad it*a, poi che essi da principio si furono al tulto risoluti di difendersi, e non gli si dicdero a prima giunta nelle man i, delibero non consumare il tempo con 1 esercito in assediarla; ne meno voile tentare di gcttare con macchine la mura gli a a terra ( perciocche in quella maniera ed i suoi avrebbero potuto m orirvi, ed i nemici forse fuggire ); ma si d iM M etib giandissimo ed ine vitabift sfprzo^di assedio in breve sino atte fondamenrta atterrarla. D iede dun que I otdiiie di questa guisa. Divise in parti il ci^ci^M> delle m ura; e per ogni quaranta braccia dispose dieci uomini; e disbgnata- loro una larghezza, e profondita grandissima. comando che zappassero in forma di fosso. Alcuni dun que zappavano, altri portavano la terra, e gli altri la raunavano alzandola in vi sta di monte, circohdando le assediate mura con un altro -muro. Ne vi ebbe' alcuno, cbe Joro questo vietasse, e si opponcsse alia fabbrica delle nuove mu ra: perciocche uscire dalla citta non ardivano, per lo infinito esercito; ed il trarre di sulle difese con gli arcbi, uon facea profitto alcuno; concio&iacosache egli avea misurato cbe lo spazio tra le due muraglie fosse tanto, che la gettata degli archi non arrivasse a co loro , che lavoravano. Poi che questofu , piii tosto che io non vi saprei di re. interamente compito, essendosi in finite le mani, che menarono quell* opera a fine, Idaspe ne comincio unaltra tale. Lascio egli una parte del circuito di quelle sue mura aperte di spa zio di cinquanta piedi uguale e continuo; ed in ogn uno de capi di quella apettura appicco un riparo come unal tro muro di cespi di terra, traendogli iu lungo verso U N ilo , e tuttavia da*

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L I B R O
srrvity per orti , quivi ne faceano un monte. Questo facevano essi per provvedere che se mai 1 acqua entrava nella citta, avesse il corso a luoghi voti. Con tulto cio, il male fu piu veloce della prontezza loro , ed il Nilo avendo gia passata la via de* lunghi rip ari, entro in quegli che giravano la citta, e circondatala da ogni parte, allago tutto quel lo ch era in mezzo tra le due muraglie ; ed in tal guisa Siene divenne inconta nente i&ola, ed il luogo ch* era tra le due muraglie inondato dull* acque del Nilo, era il fiume, che le correa d inlomo. Nel principio dunque ed anciie pel Lrieve spazio di quel giorno sostenne il muro 1 impeto dell acqua . Ma poi che ella crescendo si venae ad alzaie, e per le fessure della terra , la quale essendo nery e gentile, era per il tem po della state aperta e fessa, penetro nel pui Lasso fondo, e passo sotto le fondamenta delle mura : allora le parti a quelle sottoposte per lo troppo peso s inchinarono; e da quella parte anche le m ura si abbassarono., con l onda insie m e, manifestando il pericoloj e la somtnita d esse tulta si scosse: per lo che tutti commossero anche i difensori, che vi itavano sopra: ed essendo gia venuta lasera, una parte della muraglia, e quella ch era tra le to rri, cadde, ma non in guisa che desse all acqua 1 entrata piana^ ne che la ricevesse dentro j anzi rimase > 1muro ben cinque palmi sopra 1 acque, minacdando pero maggior rovina, che non avea fatto. P er la quai cosa fu insioo dai nemici udito il pianto e le strida deSienesi, i quali alzando le muni al cielo, per ultimo soccorso loro chiamavao gli Dii in ajuto ; pregando Oro ondate che volesse mandar ambasciadori *d Idaspe. E gli si lascio persuadere, facendosi, benche mai volentieri, servo *acqua alladella fortuna. M a avendo 1 fpto per tulto intorno alle mura, ue aven do egli via di mandare alcuno a* nem ici ; k necessita gli mostro il modo. Aven do dunque scrilto tutto quello, che voJ * 8 * lego la lettera ad un sasso, e quello vece di ambasciadore mando con una , fr l>a a nem ici, lauciando sopra una . per mare ambasceria. Ma non pero fece nu lla, perciocche {a get tat a '
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fu minore della distanza, sicche la let tera cadde nell* acqua . Egli di nuovo getii> la medesima scrittura, ma senza effetto alcuno . Conciossiacosache sforzandosi tutti gli arcieri, e tutti i frombolieri a gara di giungervi, come quelli che combatlevano il segno della felicita lo ro , non vi ebbe pero alcuno, che vi arrivasse. Alla fine stendendo le mani verso i nem ici, che stavano sopra quel le lor m ura, facendosi spettacolo delle miserie de* Sienesi, con miseral)ili gesti, come potevano il m eglio, davano loro ad intendere la cagione del tirare con le from!)ole e con gli archi: ed ora si stendevano alia supina in ma niera di supplicanti; ora si cingevano catene e lacci intorno al collo, confessandosi servi. Conosceva Idaspe ch*essi domandavan la vita; ed egli era apparecchiato a darla loro; perciocche il nemico che si lascia piegare , fa testimonio agli uomini da bene* della sua umanita. Ma non potendo dk>ra, tolle fare piu certo paragone dal volere de* suoi avversarj. Avea egli prima appareccbiate alcune barcbette da fhuni, e quelle, fattele dal Nilo giu per cori ente della fossa trarre , poi che 1* ebbe condolte denlro al circuito de*ripari, traltele a riv a, quivi le tenea. Sceltene dunque dieci di nuovo fabbricate, e fattovi montar sopra armati arcieri, ed imposto loro quello, che doveano dire, gli mando a Persiani. Andavano costo ro rislrelti insieme, per essere in pun to , se pure que*delle m ura,ollra ogni credenza., avessero cosa alcuna tentata. Era queslo uno spettacolo non piu veduto ; una nave dalle mura passare alle m ura, ed i naviganti navigare sopra terra ne*luoghi fra terra, ed una barca solcare T actile in un luogo colto. Sogliono i nuovi modi di guerreggiare comunque si siauo sempre apportare maravigliaj ed allora maggiormente, poiche non era per addietro stato mai usato, che i soldati su le navi andas sero ad affroritare quelli delle mura glie j e che quegli delle mura si ponessero a fronte a quei del lago. Q u elli, che erano nella citta, vedendo le barche ed i loro barcaruoli armati dirizzarsi alia volta del rovinato muro, es29

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so gli assediati in questa guisa a ragio* nare. Idaspe Re di quegli Etiopi, che sono vicini all oriente, ed alloccidente, ed ora vostro Re ancora, essendogli voi nimici,ha saputo vincervij e quando gli avete domandato mercede si e di sna natura piegato ad avervi misericordia; stmiando l uno essere cosa generosa, e 1*al tro umana; e quello essere opera delle mani de*soldati, e questo proprio del benigno animo suo. Ed avendo egli iu mano la vita e la morte vostra, quan do voi vogliate liberalmente sottomettervi a lu i, vi liberera dal manifesto a tutli e certo pericolo della guerra; e la elezione di quelle gravezze, dalle quali voi volontieri vorreste essere liber i , non la vi prefinira eglij ma libera a voi la concedera; perciocche non e egli tiranno ed oppressore della giustizia , anzi fuor d ogni odio ed invidia govema e regge tutte le fortune degli uomini. Quei di Siene a questo par lare risposero, che rimettevano all arbitrio di Idaspe se stessi, e le donne e i figliuoli loro, ch egli ne facesse quello, che piii gli piacesse; che, e sc essi rimanessero salvi, gli darebbono anche la citta , la quale era gia in estrema disperazione, se da alcuno degli D ii e da Idaspe non le venia tosto soc corso. Oroondate disse anch egli, che non porrebbe piu le mani in quelle co se , cne erano cagione e premio di quel la guerra, che gli concederebbeFile e gli Smeraldi. Ma che gli parea ginsto di non dovere egli essere sottoposto a necessita alcuna, ne a dovere dargli se medesimo ne i suoi soldati nelle m ani. E che se Idaspe voleva diraostrare la intera sua um anita, concedesse loro, che senza danneggio o resistcnza alcuna si ritraessero in Elefaniina. E che quanto a se, tutto era un medesimo, o morire allora, o vera mente, essendo giudicato esser salvo per aver fatto tradimento, esser poi fatto morire dal Re de Persiani, il cbe gli sarebbe molto piu malagevole; per ciocche allora riceverebbe forse una semplice ed ordinaria morte. Ma ap presso al suo Re era per sosteneme una crudelissima con tormenti asprissimi e non usati. Queste furono le condizioui

sendo storditi, per lo soprastante pe ricolo pieni di timore, stimarouo che quelli, che venivano per la salute loro, venissero come nemici, ( perciocche tut to quello, che negli estrerai pericoli accade, e pieno di sospetto ed orriliile ) cominciarouo con archi e dardi fieramente a saeltargli. Yedesi dunque ch e, anche coloro, che sono affatto fuor di speranza della salute loro, si reputano a guadagno ogni brieve ora, che prolunghino il morire. Saettavano costoro non tanto per ferirli quanto ancora per vietare, che non si accostassero. Saettava no allincontro anche gli Etiopi; e come qqelli, che traevano a piu scoperto segno, ne aveano ancora compreso 1 animo dei Persiani, ne ferironodue, e quindi al tri , di maniera che alcuni feriti tra per la ferita e per averla sprovedutamente ricevuta, caddero col capo in giu fuor dalle mura nell* acqua. Sarcbbesi questa battaglia tuttavia piu accesa, mentre questi con pieta cercavano solamente difendersi, e quelli con sdegno, gli Etiop i, cercavano vendicarsi; se un vecctyo de primi dj Siene, non si faceva innanzi a quelli, ch erano sopra le mur a , dicendo: O stolti e veramente dall infelicita spaventati! Scacciamo dun que noi coloro, che insino ad ori ab biamo pregali, e chiamati in soccorso, e che vengono solamente per questo? Se costoro verranno come amici e ci recheranno la pace, saranno salvi. Ma se verranno con animo nemico, benche siano alle mura accostati, saranno agevol mente vinti. Ma quando abbiamo ucciso costoro, che avremo poi fatto, es sendo la nostra citla da tante reti e d acqua e dj terra circondata. Riceviam o, vi priego , costoro, ed intendiamo quello, ch* e vogliano. Parve a tutli ch* egli avesse ben detto j ed anche il Vicere approvo questo partito. Messisi dunque parte in un canto, e parte nel1 altro del caduto muro, si fermarono senza piu muovere 1 arm i; e poi che il luogo, ch era tra le to m , rimase vuoto d uomini, ed il popolo, facendo con veli cenno, mostrava contentarsi ch* essi si accostassero, allora gli Etiopi* fattisi vicini da quelle barchette come da luogo di consjglio cominciarono ver

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tbVi iicera d i volere acceltare. l>ipoi esorto due Peraiani a montare ia barca, prendendo la occasione di andare in

tiopi aveano cominciato a cavare; o che q u iv i, per esservi la terra leggiermente e debolmente ammontata, acqua avesse trappiato il fondo; o che i sotterranei zappatori avessero fatto inchinare le foudamenta verso la parte vuota j o cbe il zappare di poco avanti avesse cavato piu basso dei fatti ripari; si fe*, essendosi nella notte 1*acqua accresciuta, una apertura; e senza che alcuno se n avvedesse, quel rotto di picciolo fesso consumato nel fondo, si fe*tuttavia maggiore; ( potrebbesi an che da alcuno questa roltura giudicare di divino ajuto.) E ne nacque uno strepito ed un romore Lanto orrihile, che per udito spaventava le menti in gui sa , che non bolamente non conosceva no che cio fosse, ma ancora maggior parte di coloro , cbe erano sopra le mura, e nella citta ne tremavano, e parimente gli Etiopi ed i Sienesi dubitavano. Nondimeno quegli stando al sicuro si riposarono la nolle quietamente , perciocche la mattina poi ne saprebbono la verita. Ma questi scorrendo la citta per tutto , e le mura di ogn' intor no , ciascun particolarmente le vedea intere. D i maniera cbe ogn una delle parti stimava il male essere accaduto agli aw ersari; insino che la vegnente luce tolse via le tenebre del dubbio m ale, essendosi scoperto il fesso, e acqua partita. Aveano gia gli Etiopi cominciato ad olturare la bocca , che quivi mettea; ed avendo fatta una cateratta saracinesca di tavole insieme collegale , la misero giu nell acqua diritta, e per sostcntamento le posero dietro grossissimi tronclii d alberi, e ter ra con rami di faggio mescolata: ed era no molte migliaja parte di su le ripe, e parte di su le barche preste a portare, e getlare a basso la materia. In questa guisa dunque fu svolto il corso dell acqua. Ma non pertanto si poteva andare dall un luogo all altro; percioc che la terra era tutta piena di altissimo lo to ; e benche la faccia di sopra parea rasciutta , era sotto molle e tenera , e lanto profonda, cbe avrebbe coperto uomo insieme col cavallo. Steltero dunque in questa maniera da due o tre giorni j ed i Sienesi avendo

Elefantina; perciocche se gli uomini di


quella si soltoinettessero ad essere ser-

ri, anche egli non avrebbe fatto piu resistenia. G li ambasciatori udite que sts cose, le misero ancora ad eile llo j fricevuti in barca i due Persiani, rapportarono il lutto ad Idaspe , il quale sogghignaiulo, e molto accusando Orooiidate di sciocchezza, poi che e g li, la cui vita e morte era non nelle sue, m a nelle altrui mani lipoma, ardiva parlare in simil maniera , dis>e: i non sareLLe bene che la sciocchezza d uuo fosse cagione della rovina di m olti. E contentossi che i mundali da Oroondate andassero in Elefantina, come quegli , h e non penso se anche essi facessero nuova deliberazione alcuna di contrastar loro. Poscia mando parte de suoi ad otturare la cavata bocca del N ilo ; e parte ordino ch un altra ne cavassero neripari, acciocche essendo proibita al Nilo entrata, ed alio stagno essendo ktta l uscita, Siene ed il suo circuito u rinfrancasse to sto , e rasciugasse si die agevolinente vi si potesse passare. Avendo que suoi dato alquanto di prinripio a suoi comandamenti, diflerirono per il giorno seguente a dar loro inlero conipimento : perciocche a quenuo'i comandamenti incontanente segui la sera e la notte. Quelli cb erano nella citta, non pero lasciavano di ajutarsi > n tutti que m odi cbe potevano, non ricusando di ricevere la non aspettata ^ute in ogni modo cbe possibil fosse. Ed alcuni zappando la sotterranea cava, Frea che gia si avvicinassero alle mu e ripari de* nem ici, avendo lo spa0 ch era in mezzo tra le mura della citt* e quella de nemici misurato di so pra con lo sguardo, e nella fossa con na i'une. Ed alcuni altri a lumi di fiaccole raddrizzavano il m uro, ed era gevol cosa il raddrizzarlo e rifarlo, perciocche i sassi nel cadere si erano ovesciali verso la parte di dentro. E parendo loro potere per allora essere icuri, non poterono pero quietarsi. Au11 cola verso la mezza notte, in un cer to luogo de"ripari, dove la sera gli E-

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aperte le porte, gli Etiopi avendo posale le arm i, davano seguo di pace. Parea questa una tregua, dove non fosse concesso mescolarsi una parte con 1' altra. E di piii nessuno di loro prendea di guardarsi cura alcuna. Anzi i Sienesi s' erano piu tosto dali a piace ri , di che lit citta e al)l>ondevole: e tanto piu che accadde , che tornava al lora il tempo de N iliaci, solennita appo gli Egiziani grandissima ; e costumasi celebrare nel tempo dello cstivo solstizio, quando il fiume comincia a prendere aumento; ed in questa ponono gli Egiziani maggior studio che m tutte 1* altre, e fannolo per questa cagione. Fingono essi uno in forma del Nilo eleggendo a questo il maggior de* piu potenti. E con grave cd ornata ora zione assomigliano il Fiume al Cielo , come quello, che senza nuvoli e pioggie aeree, bagna i colli lo ro , e questo ia ogni anno ordinariamente j e per tal cagione e onorato da molti popoli, ma quello ch essi hanno per cosa divina, e , che stimano che la principale cagio ne dell essere e vivere degli uomini sia la congiunzione dell umida e secca natura; dicendo che gli allri element! non principalmente , ma uniti con que st! operano e si dimoslrano : dicono an cora che il Nilo, 1* umido, e la Terra loro il secco rapprescnta. E queste sono cose pubbliche e volgari. Ma appresso quelli, che hanno cura de misteri secreti, la terra Iside, ed il Nilo e chiamato Osiride, mutando gli effetti in nomi. Conciosiacosache la Dea lo desidera tutto, o gode d*essere seco, e quando enon si vede ai nuovo si duole, ed ha in odio il vento, come capitale nemico. Questo ch io ho detto, sia delto con buona pace di a!cuni savj naturali e sacri dolt ori (i quali non dichiarano a* volgari gli occulti sen timent i , che vi sono enlro sparsi ; ma solamente gl insegnano sotto specie di favola; piu chiaramente aprendogli dove continuamente la lampada accesa, a co loro , che sono piu inlrodotti ne sacri m isteri, e possono entrare ne* secreti luoghi del tempio) per quello, che ordinatamente segui a Siene . Ma i piu secreti misteri siano riveriti con tacito silenzio. Essendo dunque venulo il gior

no della Niliaca festa, * Sienesi erano tutti ne sacrificj e nelle cerimonie occu p a li. Essendo quanto al corpo stanchi per li sostenuti travagli , e con U mente quanto per loro si potea ricordevoli della religione e pietoso uflficio, che alio D io si dovea. Ma Oroondate avendo attesa la mezza notte, essendo i Sic nesi dopo il pubblico convito tenuti da profondo sonno, celatamente cavo fuori lo esercito; avendo prima fatto sape re occultamente ai Persiani lora, e la porta, onde bisognava uscire; e comando ad ogni capo di decina che si dovessero lasciare i cavalli e le bagaglie per non avere quella noia, si ancora accio per lo romore non si venisse a scoprire questa fugaloro. E voile, che prese solamente 1 arm i, e trovati ttavicelli ed assi, tutti seco ne portassero. E poi che si furo no raunati a quella p o rta , che prima aveano detto, fatti gettare per tw er della porta tutti que legn i, che a decina per decina si erano p ortati, e fattigli comporre uno a lato a llaltro, porgendogli tuttavia que* di dietro a quegli dinanzij fe come sopra un ponte agevolmente e tosto passare tutta quella gente. E giunto che fu sulla terra ferma, non essendosi aweduti di nulla gli Etiopi, ne avendo presa cura alcuna di fare le guardie, anzi essendosi inconsideratamente messi a dormire, celatamente, correndo ed ansando a piu potere, condusse tutto lo esercito in Elefantina; e sema ricevere impedimento alcuno lo vi mise dentro . Perciocche que* due Persiani, che furono da Siene mandati innanxi (avendolo cosi tra di loro composto) attendevano tutte le notti la sua venuta. Essendosi dunque dati insieme 1 * ordi nate nome, apcrsero incontanente le por te . Cominciava gia a chiarirsi il gior no , quando i Sienesi s aw idero di que sta fuga. E primieramente se ne accorsero in particolare non veggendo alcu no di loro in casa que* Persiani, < 4* essi aveano alloggiati; di poi quando si furono insieme ritrovati, ed alia fine quando videro quella distesa di tavole. Per Io che di nuovo si ritrovarono in timore ed ansieta grandissima; aspettando che 1 accusa di queste seconde ingiurie dovesse essere molto piu grave; esse-

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do dopo tanta verso loro mostrata urnaaita ripatati infedeli; e giudicali aver tenuto mano aUa fuga de Persiani. D e Kbenrono dunque uscendo a popolo del la citta, darsi nelle mani degli Etiopi, faccndo con giuramenti fede dell* ignoranza loro, accio forse in questa guisa piegassero alia misericordia. Avendunque raunato ognuno e di ogni (ta, e presi i rami ia mano in segno di supplicant!, ed accesi i torchi e le fam padi, e mandati innanzi i sacerdoti co'simulacri degli D ii, come ambasciatori, per quel tavolato suppHcbevolmente oe andarono agli E tio p i, ed cssend o anche buona pezza discosto si gettarono in' ginocchioni. E tutti d* accordo con lamentevole e mesta voce andirano gridando solamente: misericor dia. E per piu moverli a compassione, posavano in terra i fanciulli poco avanti nati, quasi concedendo loro di farne ipello che piu era loro a grado, come * con la morte di quelli, non sospetti ed innocenti, voleseero placare 1* ira degli Etiopi. M a que* poveri fanciulli * per fl dolore , e per ignoranza di tai fatti, e forse anche spaventati per le non piu udite strida, fuggivano ver i padri e le madri loro, e spingendogli essi verso i nemici, alcuni branJando, ed alcuni balbettando con attrattivi pianti ed infermi passi a loro tornavano, come se fossero dalla fortuna Knplicemente istrutti a queste umilisuppfcaaoni. Idaspe vedendo questo , e rtim ando A essi accrescessero i prieghi di prima, e del tutto gli confermassero, *tdo loro a d ire, quel che volevano, e per qual cagione erano venuti soli Kina i persiani. Essi raccontarono per *dine ogni cosa: la fuga de Persiani; I'ioQocensa di se stessi; il costume delb patria intorno alle feste Niliache, e die essendo essi occupati in onorare i W raaggiori, ed eesendo dopo il con^ nel sonno sepolti, non si erano avednti della fuga de* Persiani j e che * ben veduti gli avessero, non avrehW ) potato ignudi opporsi agli armati. Idaipe udite tai cose, e temendo, quel era, che Oroondate non ordisse qualiaganno ed insidie, chiamati a se *k*nte i Sacerdoti, e pregatili per

gli D ii, le cui imagini aveano eon es so loro portate, che volessero aprirgli la verita, domando loro , se aveano cosa alcuna di piu da insegnargli intorno acasi de* Persiani, e dove si erano andati, ed in cui si fidavano, o in quali inganni. Risposero che non sapevano altro se non che pensavano ch' ei fossero andati in Elefantina, dove era raunato un grossissimo esercito, e che Oroondate era potente anche d altri soldati, ma mol to pin di uomini d arme. Dopo que sti ragionamenti lo pregarono a do vere entrare nella citta, come sua, ed a deporre lo sdegno contro di loro conceputo. Ma egli non giudico essere a proposito entrarvi allora, ma vi mando due schiere di armati per far prova delle sospette insidie, e se allro non vi fos se a guardia della citta. E rimandati anche i Sienesi con benigne pro messe, egli mise in ordine lo esercito, per potere, se i Persiani lo assalivano, sostenerli, o se essi tardavano, per andargli a trovare. Non era ancora hen ordinato il tutto , quando qu egli, che erano andati a fare la scoperta, lo avvisarono , che i Persiani venivano loro contro in battaglia ordinal a . Avea O roondate comandato che il rimanente dello esercito si raccogliesse in Elefantina, quando veggendo contro ogni suo credere che gli Etiopi venivano alia vol ta di Siene, fu costretto con alcuni pochi a corrervi in soccorso, ed essendo con, quei ripari statovi racchiuso dentro, ed avendo per la sua salvezza pregato Ida spe , ed avendola per promesse di lui ricevuta, divenne piu perfido di tutti gli uom ini: ed ammaestrati due Persia ni che passassero insieme con gli E tiopi, gli mando in Elefantina, fingendo vo lere intendere 1* animo di quegli uomini, doe eon quai condizioni volessrro con Idaspe accordarsi. Ma nel vero gli man do accio vedessero di indurli alia hattaglia, ogni volta ch egli avesse potuto fuggire. Questo suo perfido pensiero sort} il desiato effetto; si che avendogli trovati ottimamente disposti gli fe tosto uscire in campagna; ne mise indugio alcuno ad andare contro i nem id, anzi con la prestessa sua tolse loro (come si pare) il tempo di potersi mettere in punto .

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Ed ecco che gia ei si cominciava a vede re , occupando la vis la altrui con la persiana pompa , e per tulta quella campagna i lampi dell' argetitate e derate armi spargendo. Perciocche essendosi po co avanli levato il Sole, e ferendocoraggi i Persiani nella faccia, saettava uno splendore incredibile anche a quelli, che lontanissimi erano; e da quelle armi ripercoteva col suo medesimo lume. Avea dunque Oroondate fatto il destro como della battaglia tutto di Persiani e di Medi, mandando innanzi gli armati, e facendo seguitare dietro gli arcieri; accio essendo essi ignudi d arm i, potessero difesi dagli armati piu sicuramente saettare. Nel sinislro mise tutli gli Egiziani, d i Libj, e tutti i soldati forestieri, e con gli arcieri vi aggiunse anche i frombolieri; ed impose loro , che facessero le scorrerie, e per fianco impetuosamente movendosi ficramente saeltassero. Egli collocatosi nel mezzo della battaglia, era sopra un carro falcalo magnificamente salitOj cd avea da amendue i lati una grossa guardia di due schiere, avendo a questo affare ordinati solamente i suoi uomini d arme, ne quali molto fidandosi avea preso ardire di venire al fatto d arme. Ed e questa falange o schiera di Persiani nel vero forlissima, e nella battaglia non altramente, che un gagliardo muro. La maniera di questa arma ture e tale. Egli e un uomo eletto ed oltra modo forte di corpo; mettesi co stui una celata simile con un solo fes so , fatto dinanzi in guisa , che rassomiglia la faccia dell'uomo, e con questa dal somino della testa insino in su la collottola tulto, eccetto gli occhi, si copre. Nella destra mano porta per arme una lancia grande e di acuto ferro; e la sinistra tiene intorno al freno occupata. Porta la spada cinta al fianco; ed e annato di corazza non solamente le spal ls , ma eziandio tulto altro resto del orpo. La mauifattura della corazza era tale. Tiravano alcune lame di rame o IVrro in forma quadra di un palmo per ogni verso, e quelle una a lato allaltra insino al finire delle costole componevano in guisa che quella di sopra < o 1 piede e col fianco si sopraponea a quella di sotlo ed a quella da lato, e

cosi sempre di mano in mano . Dove


le giunture si affrontavano, cucivano iin torno alcuni uncinelti a guisa d' ami, aquali continuavano una veste coperta di scaglie di pescc, la quale senza affanno della persona cingea tutto il cor po, e lo circondava dogni parte in guisa, che ne per la strettezza, ne per la lunghezza impediva il moto. Avea questa veste le mani ch e, e dalla collottola si fermava in su le ginocchia, aperta di necessita nel luogo delle coscie, verso quella parte che veniva sopra le spalle del cavallo. Questa dunque e la forma della corazza , molto utile contro le saette , e da resislcre a ogni gran per cossa . Gli schinieri dalla sommila dei piedi insino alle ginocchia tirati, si coo* giungono con la corazza. Ed a questi si legano le scarpe pur di ferro. Armano in simile maniera anco il cavallo, coprendogli il capo tutto con la tesliera ferrala, e d.ille spalle al ventre da amendue i lati gli altaccano una coperta di ferro intessuta , la quale lo arma, ne gl impedisce il corso negli aperti piani. In questa guisa dunque annato, e quasi innestato sta sopra il cavallo, ne vi sale gia egli da se medesimo, che per 10 peso grande vi e sopra dagli allri posto . Venuto il tempo di combattere, abbandonate le redini al cavallo, con grande impeto spingendolo, se ne va contro g l inimici, somigliando in vista un uomo di ferro, o veramente una ftttua mobile col martello fabbricata. La lancia, verso dove il ferro e grande e diritto, si attiene ad un laccio, che dal collo del cavaliero pende ; ma il feno torto e con un altro laccio tenuto presso alle coscie del cavallo in modo tale, che ne conflitti agevolmente ubbidisce alia mano del cavaliero , il quale non ha in questo allra fatica , che tenerla diritta, e spingerla innanzi per fare la ferita maggiore e piu orribile. Apre questi con impeto cio che incontra, e spesso con un sol colpo ne abbal* te due. Con questa cavalleria dunque 11 Vicere , avendo in quel m odo, che abbiamo detto, ordinalo lo esercito Persiano , con aperta fronte venia contro gl inimici, avendo sempre mai il fiume alia spalle; perciocche essendo quan

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to al numero de'soldati, di gran lunga inferiore agli Etiopi, si ser\iva del 1 acqua per ripararei da non esser da esti tulto in mezzo. Idaspe anch egli ipinse lo esercito innanzi; ed a* Persiani eda Medi, che erano nel destro corno, oppose quelli diMeroe, uomini, che comLaUono armati , e molto istrulti in ferire con le spade nella battaglia stretta. I Troglodili e gli abitatori del Cinamometoleggieri d armi ed otlimi maslri di ferire con F arco, gli mise contra i fromltolieri ed arcieri del sinistro corno de gli awersari. E veggendo che nel mezm della battaglia de Persiani stuvano con gran supeibia gli uomini d arme, egli si pose loro contro insieme con gli eirfanti torrili. E d ordinali gli armati Blemm i e Seri , impose loro quello, che > 1 Lisugno dovessero fare. Dato che fa il segno della battaglia, il quale i Persiani con le trom be, e gli Etiopi coa le bacchette e con i tamburi da*ano, Oroondate con alle grida spinse innanzi le sue schiere a pie no corso. M a Idaspe comando a suoi che nella prim a mos&a andassero contro ai nemi ci lenti lenti, preecdendo avanti quietam ente di passo in passo j e questo fe'accio gli elefanli non fossero lasciali addietro dalle prime battaglie, ed an cora per frangere cd indebolire iml*to de cavalieri. Poiche dunque si fu ron o awicinati tanto, che si potevano gli archi ferire , i Blem m i, vedendo gli uomini d'arm e spingere con "aggiore impeto i cavalli, si diedero *d eseguire il comandamento d* Idaspe. E bsciati i Seri come per ajuto e difemdegU Elefanti , essi passati ealtando W olto innanzi agli ordini, quanto piu ^elucemente poterono, si mossero alia T lta degli uomini d* arme, mostran^ *i a risguardanti come furiosi, poi che essi pochi ardivano primieri di as tare tanla moltitudine, e cosi fattam f*te armata. I Persiani spronando vie P 'u che prima i cavalli, si cacciavano innanzi, recandosi a guadagno il temer ftrio ardire di costoro, e stimando a prim a giunta dovergli subitamente diT o rare. Allora i Blemmi essendo gia in * 1venire alle mani ( tanto erano vicini ) ^ e prima ebbero schifato il colpo

della lancia, ad un tralto ed in uu punto stesso tutti si inchinarouo, ed eutrarono sotto a cavalli; e fermalisi con 1' uno de ginocchi in terra senza rice ver danno in parte alcuna, o almeno solamente nelle spalle e nella testa miracolosamente si adoperavano ferendo que* cavalli, e inentre correvano, con le spade sotto il ventre percotendogli. Per lo che ne caddero non pochi; per ciocche i cavalli, non essendo per lo dolore ubbidienti al freno, geilavano i cavalieri a terraj i quali staudo come tronchi d arbori tagliali, erano daBlemmi per di sotlo le coscie fe iit i: per ciocche gli uomini d arme di Persia non posson muoversi se non hanno ajuto. Ma quelli, i cui cavalli non furono feriti seguilarono il corso alia volta de* Seri; i quali veduligli v icin i, si nascosero dopo gli elefanti, ricorrendo a quegli animali come ad un qualche colle , o luogo forte. Quivi cadde sopra quei cavalieri una grande uccm one, e poco vi manco che non moriasero tut ti , perciocche essendosi cosi alia sprovedula scoperla la insolita visla degli Elefanli, ed apportando con la novila della non piu veduta grandezza non picciolo spavento, i cavalli parte si rovesciarono correndo addietro, e parte ne gli altri confusamenle spargendosi, agevolmente e tosto sbaragliaronol ordine della schiera. Q u egli, che erano sopra gli Elefanti, erano sei per ogni torre, ed in ogn una delle sue faccie ne slavano due saettando, standosi solamen te oziosa la faccia di verso la coda. In questa mwniera dunque di su le torri come di su una rocca saeltavano con tinuamente a segno, in modo che la moltiludine delle spesse saette pareva a' Persiani quasi un nuvolo, e massimamente quando gli Etiopi avendosi preso per segno gli occhi de nemici, come quelli che non combattevano con ugual condizione, anzi avendo posta la vitloria nella deslrezza e certezza del saettare , quel segno senza mai errare conlinuamente feiivano. Onde i saettali costretti dalle spesse saetle, eran senz ordine alcuno per la schiera portati; come se in tal guisa schifassero le fre o c ie , che vcnivuuo a ferire loro negli

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C A R I C H I A corpo ignudi, si mettono contro gli ni* m iei. Ne hanno essi in cosa alcuna del ferro mestiero. Perciocche dell ossa del la schiena di drago fanno la diritta asta della freccia, e tra la sommita la tagliano in forma molto acuta, e cost defl osso stesso le fanno la punta; e quinci forse ippo i Greci le saette sono chiamate . Erano gli Egiziani per lunga ora stati forti ed insieme stretti, e fattosi sopra come un tetto di scudi s erano difesi dal saettare de* nemici : ( perciocche e per natura sono molto audaci, e non tanto per util ita quanto per ostinazione cercano trarre dalla morte una vana gloria; e forse an cora per vedere la pena che venia a quelli che abbandonavano l'ordine). Ma poiche videro gli uomini darme , i quali erano stimati la maggiore fortezza e la maggio re speranza della guerra, essere stati rotti; ed il Vicere essersi fuggito ; e che gli armati Medi e Persiani , riputati cosi valorosi, non aveano fatta cosa alcuna lo devole; anzi avendo molto poco ofieso quelli di Meroe , ch erano stati posti loro contro , aveano da loro grandissimi danni ricevuti; anch essi, cedendo ed essendo da tutti gli altri seguili, si voi sero a fuggire. Idaspe di su una torre, come di un alto lu o go , veggendo la viltoria gia manifesta, mando i trombelli dietro a suoi, che perseguitavano gl inim ici, facendo loro proibire, che non uccidessero alcuno, ma che presine quan ti piu pote vano vivi a lui gli conducessero; ed innanzi a tutti gli altri Oroon date ; il cbe fu incontanente fatto. Per ciocche gli Etiopi , stendendo le schiere in giro , e facendo da amendue i lati stendere gli ordini di mezzo versolefrooti, quindi volgendo 1 un corno verso laltro, circondarono lo esercito dePersiani. Quella sola parte ch era a lato al fiume, lasciarono animici libera da poter fuggi* re. Per lo che molti in quello cadendo, spintivi da* cavalli, o da falcati car* r i , o dall* altra turba e confusa mol* titudine , conobbero che *1 consiglio del Vicere loro era stato contrario e po co considerato; perciocche avendo egK da prima temuto di non essere circondato, ed essendosi per tal cagione re cato il fiume dopo le spalle, non s era avveduto di proibire a se stesso la fu

occhi. E se pure i cavalli, nonpolendo essere rattenuti, per la fuga ed impeto del corso trasportandone alcuni contro il voler loro, gli gettavano negli Elefanli, erano anche quegli fatti mori re . Conciosiacosachc alcuni n erano da gli animali atterrati, e sottosopra rove eciati j ed alcuni da* Servi e da Blemm i, i quali di dopo gli Elefanti come di qualche imboscata facevano le scorrerie, erano o con le saette feriti o appressatisi, avendo un cerchio d' essi in torno , erano da cavallo abbattuti in ter r a . Ma se per avventura alcuno scampava, si partiva senxa aver fatto nulla, e senza avere di nulla offesi gli Elefunti. Perciocche qualora queste bestie si me nano a combattere si armano dr ferro; oltre che la nalura ha dato loro la pelle durissima, distendendo sopra il dosso lo ro, quasi una coperta di scaglie, la quale gli difende contro ogni fcrro . Essendo in somma volti in fuga quegli ch* era no rimasi, il Vicere Oroondate vituperosissiraamente abbandonato il.carro, e salito sopra un cavallo Niseo, se ne fuggi anch* egli, senza che di cio si awedes*ero gli Egiziani ed i Libj del sinistro corno, i quali con ogni ardire sostenevano la battaglia, benche molto maggior danno pativano che non facevano, e con grandissima sofTerenza sostenevano ogni pericolo. Perciocche quegli del Cinamom eto, ch* erano stati posti loro all* in contro, fieramente calcandogli, gli con duce vano in estrema disperazione. Per ciocche se coloro correano con impeto loro adosso, essi fuggivano, e lasciatiglisi dietro per buon spazio, rivolti addietro gli archi, anche fuggendo gli fe rivano. E se eglino si ritraevano, essi gli erano sopra, e per fianco assalendogli ; alcuni con le frombole tiravano lo ro delle pietre ; ed alcuni con picciole saette, ma infette col veleno di drago, li saettavano. Portano costoro alcune invoglie attorte intorno al capo, e intorno a quelle Bccano le freccie, ficcando verso il capo quella parte dove sono le penne j ma le parti acute sporgono fuori in forma di raggi, e quindi, come da una faretra, nelle battaglie agevolmente le cavano; e saltando in satirica e superJ> a maniera, incoronati di freccie e del

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ga. Fa dunque anch egli in questo luo- lunque cagione si moslrano v ili, che non $o fatto prigione: conciosiacosache Ache- da premio a* valorosi. Delibcrai dunque menide figliuolo di Cibele, avendo udi- di espormi a questo pericolo, per proto quanto era accaduto io Menfi, e pen- vare , benche non ne avessi speranza, tilosi di avere accusata Arsace, avea po s* io poteva rimettermi in piedi, sicco tto insidie ad Oroondate per ucciderlo in me spesso vediamo nelle occasion! delle quel tumulto , non vi essendo chi ne lo guerre avvenire, o almeno, s* egli av]>otesse accmare . Ferillo dunque, ma venia ch* io nii salvassi, per lasciarmi i! colpo non giunse appieno ; ed egli luogo da difendermi, di quanto mi fosse oe soslenne di repente la pena , ferito accaduto. Cosi diss egli; ed Idaspe, udicun uua saetla da un certo E lio p o , il tolo, ne lo lodo , e mandollo dentro in quale riconobbe il Vicere, e voile, secon Siene; e comando a' m edici, che lo cudo il comandamento salvarlo, ed anco rassero diligentissimamente. Poscia enra perche si sdegno di cosi empio e scel- tro dentro anch' egli insieme coi prin lerato fatto, cioc che uno essendo scam cipal! dello esercito j a cui tutti i citpato dalle mani degli aVversarj, ricevesse taciini e di tulte 1 etadi andarono in appresso i suoi il fine della sua fortu contro, gettando sopra i soldati ghirlande na , alteso ( come parea) al varco per e fiori del K ilo , e con famose lodi cevendetta da alcuno particolare nim ico. lebrando la vittoria di Idaspe. Entrato Idaspe dunque veggendo costui, condot- ch ei fu dentro le mura sopra uno Elelogli avanti da co lu i, che 1* avea pre- fante in vece di carro, incontanente ac*>; che quasi dava gli ultimi tratti, e compagnato da piu nobili si diede a satulto di sangue gocciolava, sostenne 1 a- crificare, e rendere grazie della ricevuta rcrbita di tal caso per cagione di chi vittoria. Domando poi a* sacerdoti quale fatto lavc i. M a volendo, se possibile fos- fosse l^origine delle feste Kiliache , e *e, fare ch* e i si risanasse, e per dar- se nella citta aveano alcuno maravigliogli animo ancbe con le parole , disse : so spettacolo da mostrargli. E d essi gli 0 Talent uom o , noi vogliamo che tu mostrarono il profondo pozzo, ch* era la sii salvo. Perciocche c cosa lodevole vin- misura del N ilo; simile a quello di Menfi rc gl* in im ici; ma quelli che contra- composto tutto di scelte ed accomodate stano, con la forza; e quelli che sono pietre, e di alcune linee un braccio 1* una in miseria caduti, con la liberalita. Ma dall* altra distanti intagliato, nel quale dimmi, perche ti sei tu mostrato cosi venendo sot terra 1* acqua del fiume, ed perfido ? E d e g l i : perfido verso te, ma alle linee pervenendo suole col numero fedele verso il mio padrone. Ed Idaspe : de* coperti e discoperti segni manifestare Essendo tu stato vinto, di quai pena ti a* paesani il crescimento e lo scemagiudichi degno? D i quella, rispose egli, mento del Nilo . Perciocche quelli sodie fara pagarc il mio Re ad uno de' tuoi no la misura di quanto 1* acqua creeapitani gen era li, il quale serbando a see o cala. Mostrarongli eziandio il ragte fede, e stato da lui fatto prigione . gio di quegli oriuoli, che mostrano eCertamente , soggiunse Idaspe, dovrebbe sposti al Sole 1* ore, che in sul mezzo lodarlo, e rimandarlo magnificamente do- giorno quivi non fa ombra alcuna; con nato, s egli e veramente Re e non ti- ciosiacosache nel tempo del solstizio estiranno ; creando con le particolari sue vo i raggi del Sole stanno alia dirittura Jodi invidia d i simili fatti nelle lodi al- di Siene quando sono nella vera somtni. Ma t u , uomo da bene, dici d es- mita del cielo , e col suo risplenderle w fedele , ma sciocco s e i, ancorche d* ogni intorno, fa che non vi puo ca"on lo confessi, poiche con tanta tcme- dere ombra . E per questa stessa cagio a hai avuto ardire di venire al fatto ne risplende 1 acqua nel fondo de*prod' arme contro tante migliaia di perso- fondi pozzi. Idaspe non molto si ma Io non fui forse sciocco , rispose raviglio di tai cose, come strane; per Oroondate , avendo risguardo alia men- ciocche il medesimo avviene anche in del mio R e, il quale maggior pena Meroe citta di Etiopia . Dissergli poia quelli, cbe nella battaglia per qua- ch essi aveano indotte le sacre cerimoER0T1CI

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C A R I C H I A premiato di quello , cbe bo tolto ad Oroondate, il quale io secondo il tuo co mandamento ho salvato . Ed in quella cavo fuori la cintura della spada di lui di varie gemme distinta, e di molto valore, nella cui fattura erano stati spesi di molti danari. D i maniera che molti degli astanti grid&vano, quella esser co sa regale, e non convenire ad un privato . A questo Idaspe sogghignando, rispose : Non q egli molto piii regale c magnifico non lasciare vincere la gran dezza dell animo mio dalla cupidigia di queste ricchezze ? E p o i, a chi vince la persona le leggi della guerra concedono che possa anche svaligiarla . Abbiasi egli dunque di nostro consentimento quel lo, che agevolmente nascondendo avrcLbe potuto ancora contro il voler noslrj ritenere . Dopo costui si fecero avanti coloro, che avean preso Teagene e Ca richia, dicendo: Sire, la preda nostra non e d oro ne di gem m e, come ap> o gli Etiopi di poca stima, e di cui nel paagio regale ne sono amoni.Ma.noitial>biamo menato una fanciulla ed un gio vane fratelli e G reci, che di grandezza e di bellezza dopo te avanzano tutti gli uom ini. Per lo che ne parrebbe con venevole di non dovere andarcene seuxa qualche magnifico dono. Molto bene avete fatto a ricordarlom i, disse Ida spe; e perche allora, essendomi essi presen tali in quel tum ulto, posi poca cura in rimirargli. Me li conduca al cuno di v o i; e venga no insieme tutli gli altri prigioni. Furongli dunque ia* contanente menati; perciocche uno correndo se n* ando dove fuor delJe mura erano le bagaglie, e comando a* guardiani, che dovessero tosto menarli al Re. Domandarono essi ad uno di que guardiani nato di C^reco, dove li m enassero; e rispondendo colui, che il R Idaspe volea vedere i prigioni, o Dii servatori! esclamarono i giovani, per ciocche ei conobbero il nome di Idasp e, e dubitaroqo non forse vi fosse qualche altro Re. Teagene d u n q u e con sommessa voce di&se a Carichia: 0 vita mia , tu cominci gia quanto al Re cburamente a trovare la fortuna Perciocche , eccoti gia. Idaspe, il qe* tu cosi spesso mi dicevi essere Uiof**

nie di questa festa ^ innalzando assai il N ilo, chiamandolo Oro e Zidoro (cioe, Anno , e Dator della v ita ) e di tutto lo Egilto, di quel di sotto conservatore, e di quel di sopra padre e creatore, per che egli ogni anno vi porta nuovo lot o ; onde ha preso il nome di Nilo. Egli col suo accrescimento predice il tempo dell Etesie e della State, col suo scemamento quello dell Autunno, e coi fiori, che nascono in sulle sue ripe, e col partorire 1 ova i Cocodrilli, quelle della Primavera. Ed in somma il Nilo non e altro che 1 anno stesso , il che si conferma anche dalla sua appellazion e; perciocche le lettere del suo nome prese in vece di numeri contengono tre cento sessanta cinque unita, quanti so no ancora i giorni dell anno. Aggiunsero le proprieta delle piante, dp fio ri , degli animali e cose altre assai. Que ste maraviglie , disse Idaspe , non sono Egiziane, ma Etiopiche. E siccome l Etiopia vi manda come Dio questo fiume, e vi manda 1* intero letto e fondo suo, dovrebbe essere da voi come Dea onorat , poiche ella si fa a voi madre degli D ii. Noi onoriamo, risposero i sacerdoti, e per al tre cagioni, e per averci ella inviato te nostro salvatore, e D io . Debbono, soggiunse Idaspe , le lodi essere di buon augurio. Quindi entrato in Siene si riposo tutto il resto di quel giorno, e convito i principali degli Etiopi ed i sa cerdoti Sienesi; e concesse anche agli al tri agio di cosi fare. Ed i Sienesi diedero alio esercito, parte donando , e parte vendendo , molti armenti di buoi, molte mandre di pecore, infinite greggie di capre, e torme di porci, e grandissima quantita di vino . Il seguente giorno Idaspe assiso in alto seggio divise alio esercito le bagaglie, i cavalli, e tulte 1 altre spoglie non solamente di coloro, cl}e furono presi nella citta, ma di coloro ancora , che restarono nella battaglia prigioni; dando a ciascuno quan to giuctiqava che 1* opere sue meritassero . E veggendo quivi colui, che avea fatto prigione Oroondate, gli disse; chiedi quello, chc tu v u o i. Ed e g li: A me o Sire don fa mestiero di chiedere co*a alcuna. Nondimeno poi che a te copi pare, sappi che io sono a sufficienza

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ate. Ed ella: O dulciasimo Teagene, parte glielo persuadera lo averlemi dale I* cose grandi hanno anche bisngno di Persina, e parle perche ella mi guargrandi apparecchi.Conciosiacosache quel dera, come madre la sua figliuola. E ie aiioni, gli cui principj sono siati riconoscimenlo certissimo, o mio T ea dalla forluna ordii i molto inlralciali, di gene, occulta virtu della genitura manecessita non si possono condurre ed terna; e da lei si sente il generante ispedire, se non con lungo tempo. E a prima vista prendere di umana affeconseguentemente quelle, clie sono sta zione vetao il generato, si che tutlo le da lungo lempo oHuscale, non pos- si commove di nascosla compassionc. sono cosi toslo litornar chiare. Oltre a Ma lasciamo andare questo, perciocche questo ewi anche il principale ed in anche gli altri indizj ne polranno fare ti to fondamt-nto nostro , onde pende leslimonianza. In questi ragionamenti tulta la conclimone e ritrovamento; io s*erano gia awicinati al R e , ed eravi riiro Persina mia madre, la quale noi anche Bagoa condotto con esso loro ( la Dio inerce ) abbiamo inleso esse Poiche Idaspe gli si vide presenti, drizre anche viva. F orse, disse Teagene,, zatosi alquanto di sul seggio, disse: O che saivmo per avventura dali alle ma D ii grandi! e tulto pensoso si lorno a ni a lale, che avendoci come schiavi sedere. Domandandolo i principal! del donali, ci avcra condannali a menarci lo esercilo, che quivi erano, cbe cosa ia Eliopia. D eh ! die non sia tutlo il egli avesse, rispose: mi pareva in so C'tnlrario, disse Carichia 5 perche ( come gno di avere partorila oggi una figliuo^sso ahbiamo da noslri guardiani u- la , e che subitamente ella fosse credilo) siamo ora governati come ani- sciula in cotal guisa; e facendomi io nuli di sacrificio , per essere poi sacri- prima beffe di lal sogno ora Ph o rafficjli agli Dii di Mcroe. Ne ci bisogna frontato con la somiglianza delPaspettem ere d es*ere donati o uccisi innan- lo di costei ch io veggio. Dissergli tc, essendo consacrali agli D ii per la que suoi che cio potrehhe essere stata prom essa falta , la quale non b lecito la imaginazione dell anim o, la qnale trjpassare a coloro, che hanno alcuna bene spesso dipinge le imagini delle cura della piela e della religione. Ora cose avvenire. Onde egli, senza * S fl nui mossi affatlo da (roppa letizia, dere troppo cura del sogno, domando ^erlamente dices:imo esser noslro, loro chi ei fossero, 6 donde. Tacendo on essendovi presente chi potesse co Carichia, e rispondendo Teagene ch essi Doscerci e confermare i nostri d elli; e erano fratelli, e Greci: o felice Gren ci celassimo pungendo alquanto cia , diss egli, produttrice oltre all al 1 udiiore, ed incitandolo convenevol- tre cose di cosi belli e buoni germini, nienle ad ira, essi potrebbono recarci e datrice a noi de tuoi veri e magniqoeia cosa a scherno ed ollraggio, se fici sacrificj per celebrare la nostra vitalcuni prigionieri e destinali alia ser- toria. Ma come non mi nacque egli in filit, fioii e senza teslimonio, quasi visione anche il figliuolo 7 disse riden 1 U sprovveduta, si facessero figliuoli do verso gli aslanli. Perciocche essen Re. 1 segni disse T eagene, i quali do costui fratello della fanciulla, e doii* so che tu porti ed hai in salvo, mo- vendo io vederlo, bisognava (siccome ' che le parole noslre non so- voi dit e ) che mi fosse prima dipin to D 0 Kale ne ingannevoli. Ed ella: i se- in sogno. Quindi rivollo il parlare a goi sono segni a coloro, che gU co- Carichia greco pari an d o , perciocche stuooscono, e cbe meco gli gettarono. Ma diano in questa lingua anche gPignudi * < > quelli, che ne sono ignoranti, e savj e i Re di Eliopia, le disse: E tu, u&e non possono averne piena contez- fanciulla, perche taci, e non dai rip* le preziose gemme e le ricche col- sposla alcuna alle mie domande? Ed non sono di pro alcuno; anzi pos- ella: agli altari degli D ii, a cui noi elleno conlro chi le porla dare sappiamo essere riserhati in sacrificio , n**dizio di furlo e di ladroneggio. Ma conoscerai me ed i miei gcnitori. Dove ^ I d aspe alcuuu cosa De riconoscesse, sono cglino? disse a lei Idaspe. Ed el

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C A R I C H I A tro a que termini, che la natura pli* mieraineule mi pose. Io giudicai che le cateratte dividessero 1' Egitto dallEtiopia. Onde avendo io quello, perche era venuto, me ne torno addietro per non violare la giustizia. M a, tu ritornando sano, sii Vicere e Governatore di tutti i luoghi di prima; e scrivi al Re di Persia in questa maniera: li tuo fratello Idaspe ha con la forxa vin to , ma di sua libera volonta ti ha. rilasciati tulti i luoghi tuo i, desiderando la tua amicizia, ed amando quello che appo gli uomini valorosi e da bene e di piu stima che le ricchezze ; e quan do tu vogli di nuovo ricominciare la guerra, egli non la rifiula. * I Siene si gli fo per dieci anni liberi dagli ordinarj loro tribuli, e comandoti che to debba cosi fare. Avendo egli cosi det to , fu da tutli quelli, che quivi erano presenti, tanto cittadini, quanto sol dati , con somme lodi alzato al cielo, e si senti un plauso grandissimo. Ma Oroon date , distendendo Ie mani , e giungendo la destra con la sinistra, inchinandosi s inginocchio: cosa non lecita ap presso i Persiani, di onorare un Re alieno con tanta rrverenza. Ed a queUi, che erano presenti disse: E non mi pare di fare oltre 3 costume della mia patria verso un R e, che mi dona la dignila di V icere. Ne m i pare di fare contro le le g g i, ingmocchiandomi ad uno giustissimo fra tutti gli uomini, il .quale potendomi uccidere, per sua amanita mi concede la v ita ; ed essendo elelto a signoreggiare, m i fa essere Vicere. Per le quai cagioni, io prometto ( toraando sano ) agli Etiopi e Persiani una ferma pace ed una eterna amicizia; ed a Sienesi di confermar lo ro , quanto m e stato imposto. Ma s egli aw erra ch 'io m uoja, gli Dii siano quelli che ad Idaspe ed alia fa miglia dell'onorevoli sue opere vers di me rendano il premio.

la: et sono presenti, e senza fallo alcono si troveranno a sacrificj, Idaspe di nuovo sogghignando disse: Questa mia figliuola, natami in sogno , certamente sogna, fantasticando di aver fat to venire sin di Grecia nel mezzo di Meroe i suoi genitori. Siano dunque costoro governati con la solita cura e delicatezza per onorar poi i nostri sacri ficj. Ma chi e costui che sta loro a la to che sotniglia essere Eunuco ? Egli e veramente Eunuco, rispose un di quelli che n avea cura, ed e nominate Ba go a, il piu onorato di quanti n ha Oroondate. E d egli: menisi anche co stui con esso lo ro , non gia per fame sacrificio, ma per guardiaoo d uno di costoro, che si debbono sacrificare, cioe di questa fanciulla ; la quale per la sua bellezza ha di bisogno d essere molto ben guardata ; accio la si conservi intiera e casta insino al tempo del sacrificio. Sono gli Eunuchi pieni d'invidia; e si oppongono per proibire ad altrui quello, di che sono essi incapaci. Avendo cosi detto, si mise a rassegnare e a disporre degli allri prigio ni secondo che venivano per ordine. E quelli, che conosceva essere da prin cipio stati di servile condizione, gli donava: e quelli che erano nati uberi, gli liberava . Ed avendo scelti dieci giovani ed altrettanle fanciulle di fiorita eta, e di condecenfe bellezza comando che fossero menati insieme con Teagene e Carichia , e riserbali al me desimo uso. Ed avendo accomodati gli altri tutti secondo il bisogno di ciascu no , si volse ad Oroondate, il quale egli si avea fatto chiamare, ed eragli stato condolto innanzi, e gli parlo in questa guisa. I o , raccolte le cagioni della guer r a , non fo quello che gli piu fanno Io non inchino la fortuna mia al disordinato appetito di piu possedere; ne per la vittoria distendo l impero mio in infinito; ansi mi sto contento den

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Sia insin a qui detto de'fatli di Sie- tuo.sisiinii. E fatti rhiamare gli alln savj nc, la quale il pericolo grande, nel insieme con quelli, che sono da not quale era incorsa . subitamente per il stati chiamati, vienlene tosto nel luogo buono e drilto animo di Idaspe muto fuor della citta consaoralo al Sole, al io grandissima allegrczza. Ma Idaspe , ia L u n a , ed a Bacco, D ii della patria avendo mandato innanzi lutto lo eser nostra. Persina, riccvute queste let cito di gente minuta, anche egli mos- tere, disse. Questo era il sogno, che sealla volta di Etiopia, da tutti i Sienesi uesta notte mi apparve ; che mi parea e da tutti i Persiani con grandissime lo essere gravida e partorire in uno stes di per lungo spazio accompagnato. Prese so tempo j ed il parto mio era una fan egli primieramente a caminare su per la ciulla di eta da marito; perciocche per ripa del Nilo , cd a quella sempre si li dolori del parto \ enivano ad infei ire atlcnne; e poi che fu giunto alle cale- i travagli della battaglia; e per la fi ratte , avendo sacrificato al Nilo ad a- gliuola sotto oscurita la vittoria mi digli Dii term inatori, riprcse il cami- mostrava questo sogno. Ma voi, discorno piu fra terra , e pervenuto a File, rendo per la citta, spargetevi per tutto fe rinfrescare due giorni esercito. E queste buone nuove. Fecero gli amltamandato di nuovo lo esercito innanzi, vi sciatori il suo comandamento: cd inghirmando ancbe i prigion i. Ma egli fer- landatisi il capo di L o to , erba del Ni matosi, fortifico le mura della cilia, e lo, e con le mani scotendo rami di palmessavi dentro la guardia, si parti. Ed ma, passarono cavalcando pci pi it freeletti due cortrieri, i quali cavalcando quentati luoghi della ciltii, solamente innanzi, e ad ogni citta o villa mutando con 1 abito pubblicando la vittoria . cavalli, toslo facetsero il suo comanda Meroe dunque fu subitamente piena mento, gli mando a Meroe a dare avvi- di allegrezza, celebrando per ogni conH)della viltoria. E d asavj, chiamati Gin- trada , e per tribii sacrificj in onore de nosofisti (cioe savj ignudi) i(;u;di consi gli D ii, e carolando, e volgendosi ver gliano ed ammoniscono il Re di quello , so i luoghi agli D ii consacrati. Rallech' ei deve f a r e , scrisse in questa guisa: gravami i Meroesi non tanto per la vit A l santissimo ColIvpio 3 Idaspe. toria , quanto per la salvezza d' Idaspe, Io vi do avviso della vittoria rice- uomo , che , per la giustizia e per la n ta contra i Persiani, non perchc io sua benignitii cd amorevolezza verso i n insuperbisca , cbe 1 impresa mi sia sudditi avea acresi i suoi popoli d'uno felicemente succeduta, perciocche cono amore patcrno. Peri ina intar.lo avendo ico e ringrazio il faVore della fortuna, mandato nelle sacre solitudini di la dal ma per salutare atnichevolmente con let- fiume grandissima quant it u di buoi, di la siccolne sempre, cosi ora veri- cavalli, di pecore, di quaglie, di avvoltoj dica Profezia. V i esorto dunque e pcr- e di ogni altra sorle di animali, parte raado a venire al consuHo luogo yer accio se ne apprestasse di tutte le sor dare compimento agli orrevoli e pregiali te l Ecatombe ( cioe sacrificio di cento acrificj ringraziatorj per la ricevuta vit buoi ) e parte accio sc ne apparecchiastoria, alia presonza del Comune di Etio se a que popoli il pubblico convito ; pia. m E d a Persina sua moglie scrisse alia fine se n ando ai Ginnosofisli, i > nquesto modo : Sappi cbe noi abbia- quali si hanno fatto abitazione dell awo vinto. E quello, <he a le piu im- perto paese, e diede loro in mano la porta, siamo sani. Apprestaci dunque le Jettera di Idaspe; e gli esorto ad ubprocessioni e sacrificj ringraziatorj son- bidire alia domanda del Re , cd a fare

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C A R I C H I A cuni sulle barcliette fatte di canna, le <fuali ondeggiavano in grande copia, ed in molte parti su per la riva del fiume, cbe scrvivano abbreviarc il passo a coloro, che abitavano lungi dal ponle. Erano queste harchette velocissiuie, e per la materia, di chc erano coroposle, e perche non portavano piu peso cbe due 0 tre uomini, perciocche la canna fessa in due parti, con ogn una delle par ti facea una barchetta. Meroe, essendo citta principale di Etiopia e exiandio r isola triangolarc, circondata da tre (iu* mi navigabili, dal Nilo , da Astabora, e da Asasoba. Da capo le corre il Nilo, e si diifonde dall uno diT lati; e gli altri due dagli allri due lati la cingono; quindi mettendo 1 uno nell altro, nel solo perdono insieme con 1 acqua il nome. E questa isola grandissima, ed in for ma d isola rappresenta terra ferma; per ciocche di lunghezza si etende trecentoscttantacinque miglia , e di larghem centoventicinque. Nutrisce elefanti cd al tri animali grandissimi. E al paro di ogni altra fertile in produrre alleri; per ciocche oltre che vi nascono fe palme altissime, c gli alberi da ghiande drittissimi e grossissimi, vi vengono ancora 1 grani e gli orzi prestissimo, e com grandi che ogni cavallo; ed anche caniello vi si puo nascondere, e di tanto frulto, chc per ognuno chc si scniina si raccoglie trecento. L e canne produce tali quali abbiamo gia detto . Tutta quella notte dunque chi per uno chi peri al tro (nunc valicando, audarono incontro ad Idaspe, e come D io celebrandolo Io riceverono. Andaron costoro ad incontrailo un gran pezzo avanti; ma i Ginnosofisti lo incontrarono poco discosto dal sacro luogo , e presolo per mano, abbracciatolo lo baciarono. Dopo loro Persina gli si le innauzi dentro a por* tici in sull entrare del tempio . E poi chc inginocchiali ebbero reverentem enle fatto onore agli D ii, e forniti i prieghi ringraziatorj per la otteuuta vittoria, uscirono de portici, e si diedero a pul>blici sacrificj; e primieramente si poser* a sedere nella frascata che nello aperto campo era fatta, la quale era di quattro canne allora tagliate ; ed era di for ma quadra, avendo in ogui canlu uoa

anche a lei questa grazia, di oncrare con la presenza loro quella puliblica fe sta. Essi, detlole ch ella aspettasse al{uanto , si rilrassero nel secreto loro vestibolo ad orare secondo il coslumc loro, domandando agli D ii quello, che dovcano fare; e dopo brieve diinora ritomarono a le i; e tacendo gli altri, Sisimitre principale del Collegio cosi rispose: Noi o Persina verremo, per ciocche gli D ii ce ne confortano. Bene e vero che Dio ci diinostra dovere in quesli sacrificj accadere alcun travaglio e turbazione, in a dovere poi vollarsi in buono e lieto fine; come se avendo }>crduto qualche membro del corpo vo stro , o qualcbe parte del regno, la fortiuia in cercandolo, ve lo faccia ritro vare. Tutle le orribili e cattive cose, soggiunse Persina, essendo presenti voi, si uiuteranno in meglio. Ma io quando intendere Idaspe essere vicino, ve lo faro sapere. Non ti accade questo, disse Sisimitre ; perciocche egli verra dimani all alba del giorno; e di qui a poco ti sara cio avvisato per lettere. E cosi fu. Perciocche ritornandosi Persina, ed es sendo gia al palagio vicina, un corriero le presenti) una lettera del R e, per la quale l avvisava, che la venuta sua sarebbe il seguente giorno. I troinbetti dunque subitamente pubblicarono quel la lettera , concedendo solamente agli uomini che gli andassero incontro, e vietamlolo alle donne ; perciocche sacrificandosi al Sole ed alia L u n a, sincei issiini e piu risplendenti assai degli allri Dii, non era lecito che vi si mescolassero le donne, acciocche non per imprudenza accadesse qualche scandolo nesacrificj . Non era dunque concesso ritrovarsi a questi sacrificj ad altra donna che alia sacerdotessa della L u na ; e questa era Persina; perciocche se condo la legge ed antico costume il Re del Sole, e la Reina della Luna erano sacerdoti. Dovea dunque anche Csirichia essere presente a questi spcttacoli, non gia come spettatrice, ma per essere sacrificata alia L u n a . F u la citla soprappresa da irrafrenabile desiderio, di ma niera , che senza aspettare il giorno or dinato , quella sera passarono il fiume A stabora , alcuni per il ponlc , ed al

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ranna in vece di colonna per sostegno; ni erano per queslo afFare deslinati. ed erano queste canne nella sommila ri- Erangli dunque menati con gli altri inj'iegate in guisa di padiglione, ed una siemc unili Teagene e Carichia, sciolli era all allra aggiunta cou rami di palma, dai lacci. Andavano gli altri mesli e ) quali faceano tetto al piano di sotto. In dimessi, ed anche Teagene, ma al un altra vicina frascata sopra un alto quanto meno. Ma Carichia andava con seggio erano posti i simulacri degli Dii lieto e ridenle volto, e teneva il guarpaesani, e le immagini degli Eroi di do fisso ed intento in Persina ; di ma Memnone, di P erseo, e di Androme niera, che ella nun poco per lal ca da , i quali i Re di Eliopia stima gione si senti comnmovere, e profonno essere loro progenitori. Piu Lasso damente sospirando disse: O marilo l*oi (quasi ponendosi i divini simulacri m io, quai fanciulla hai tu elelta al sa sopra il capo) nel secondo seggio se- crificio; non mi ricorda avere unqua devano i Ginnosofisli. Dopo loro ordi- veduta tanta bellezza. Oh che nobile natamente si era in giro distesa la schie aspetto 1 oh quanto mostra grande ani ra degli armati, i quali si appoggiavano mo contra la nimica fortuna! oh quan *opra le aste, dritte e spesse, e lacevano to e compassionevole la fiorita sua ctkl stare il popolo addietro, lasciando il Se & nostra figliuola, unico nostro par luogo in mezzo voto a sacrificanti. Ida to , ed infclicemente perduto, fosse vi spe dopo avere Lrievemente ragionato va , sarebbe fermamente degli anni di fol popolo, ed annunzialogli la vittoria, costei. Se possibile fosse , caro mio cone tutto quello, clie per l>en pubblico si sorte, di liberarla, mi sarebbe di non' era fatto, comando a proposti de sa picciola consol azione, avendola a miei crificj che dessero ordine di sacrificare. servigj. E forse anche e Greca la in Erano dunque tre altari piu di tutli gli felice, perciocche 1 aspetto suo non e altri elevati, due dagli altri separati, e Egiziano. Ella e Greca rispose Idaspe; congiunti insieme sacri al Sole ed alia e di padri quali ella ora d ira; percioc Luna; ed il terzo solo in disparte sa- che mostrarli in modo alcuno non po cro a Bacco j ed in questo furono scan- trebbe , quantunque ella promesso l abruli di ogni sorte animali, per essere bia. Liberarla dal sacrificio e cosa im(siccome io stimo) questo Dio a tulli gra- possibile; benche io vorrci, sentendo*o, c pero gli sacrificavano divcrsi e di mi non so come tutto commosso, e digni sorte animali. Negli altri altari, al So venuto pietoso di questa fanciulla. Ma le sacrificarono quattro cavalli bianchi, cd tu sai che la legge comanda che il ma alia Luna un pajo di liu o i, come io sA io si uccida e si sacrifichi al Sole, awiso per la vicinita di questa Dea e la femmina alia Luna. Essendo dun con la terra, uccidcndogli quesli ani- que coslei statami primieramente meroali che lianno parte nella fatica del- nata prigioniera, ed essendo stata de1 agricoltura. Mentre cio si facea, si stinata a questo sacrificio , sarebbe im alw incontanente un grido di tumulto possible impetrare dal popolo di libemescolato, quale pare che convenga ad rarnela. Una sola cosa polrebbe aiutaruna mollitudine di uomini insieme rau- l a , se nel sacro focone, nel quale tu nati. Gridavano dunque i circostanti: sai ch ella deve entrare, ella sara coServisi il costume della patria ; facciansi nosciuta impudica per aver avulo ami legittinii sacrificj; sacrificliinsi agli D ii cizia d uomini j perciocche la leggo i primi frutti della guerra. Conoscendo vuole cbe colei, che si sacrifica alia Idaspe ch ci chicdevano il .sacrific io de L un a, come anche al Sole, sia sincera gli uomini, il quale si costumava fare e senza macchia; ma ne sacrificj di de prigioni, e solamenle nelle vittorie Bacco non lia questo rispetto. Ma vedi Henute contro gli eslranj, accenno si- ch e, essendo ella nel focone conosciula leniio con mano ; e mostrando con cen- impudica, non sia poi disdicevole a rin>volere che si facesse quanto essi do cettar una cotalo in casa. Sia pur co-. mandavano , comando che fosser con- nosciula impudica, e sia salva, disse dotli i prigioni, clie gi'i da molti gior Persina. La prigioni, la guerra, l.a

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C A R I C H I A ga verso noi. E senza aspettare 3 co rnandamcnto de ministri, tratta fuori d un sacchetto, ch ella avea portato seco, la sacra veste che recata s avea sin di Delfo ( la quale era tutta di raggi d oro intessuta ) se la mise in dot so; e scioltasi la treccia, mostrando quasi essere da divino furore spinta, correndo sail sopra il focone, e sensa ofiesa alcuna per buona pezza vi si stet te, con la bellezza e molto piu con lo splendore abbarbagliando la vista altrui, essendo di su quell alto da tutti ottimamente veduta; e per la forma della veste a divino simulacro piuttosto che a mortal donna assomigliandosi. Furo no dunque tutti oppressi da grande stupore j e si udiva una sola voce di tut li , non gia sciolta ed ispedita, ma significatricc di questa maraviglia ed approvatrice degli altri, che da lungi an ch* essi gridavano. Era questa cosa piu maravigliosa, perciocche il non m acchiato fiore della fiorita sua eta, accresceva la soprumana sua bellezza, e di mostrava lei essere di casta prudema dotata; il che non meno che la belJezza l adornava. E poiche ella fu cono sciuta buona ed arcomodata al sacrifi cio , fu cagione di aifunno a quegli, che non erano della p le b e ; e quantun que superstiiiosissimi fossero, nondinieno volontieri avrebbono voluto vederla con qualche astuzia salva da tale pericolo. Ma molto maggior pena se ne dava Persina, di m aniera, che non pote fare chc non dicesse ad Idaspe: O misera ed infelice giovane! come indarno ha muntenuta la sua grave e venerabile castita, poiche in vece delle molte lo d i, che le converrebbono, ri cevere debbe la morte. M a, o marito in io, come si potrebbe fare? E d egli: Indarno ti aflliggi e piangi per colei che non si puo salvare, auzi pare che insino dalle fasce per la eecellenza della natura sua, sia stata agli Dii riserbata. Quindi rivolto il parlare a Ginnosofisti, disse loro: O savissimi miet, poiche tutto si e ottimamente appre.stato, perche non dale voi principio a* sacrificj ? Sisimitre allora greco par* lando per non essere dalla moltitudine inteso 7 rispose: parla bene , perciocche

tanta lontananza dalla patria liberano la volonta da ogni colpa, e maggiormen te in costei, che per la sua bellezza chi ama a se la violenza, o se altra co ca tale ella ha sostenuta. Seguitando ella di cosi ragionare, e lagrimando, e sforzandosi cbe quelli, che erano presenli non se ne awedessero, Idaspe comando che fosse quivi recato il focone. Allora i ministri presi fuor della moltitudine alcuni giovanetti im berbi, perciocche solamente a tali e lecito sen sa nocumento alcuno toccarlo, lo trassero fuori del tempio, e lo posarono nel mezzo di tutti , comandando a ciascuno de prigionieri, che a uno per uno vi salissero sopra. Ma quarti vi falivano tanti si Lruciavano le ]mnte de* piedi ; ed alcuni vi erano , che non sofferivano pure di leggiermente toc carlo. Conciosiacosacche egli e fatto di verghette d* oro , ed e di tal virtu, che abbrucia ogn uno che non sia casto e puro, e che giuri il falso } ma gli altri senza danno alcuno vi tengono sopra i pie di. Furono dunque costoro destinati al sacrificio di Bacco e degli altri D i i , eccetto due o tre Greche, le quali salite in sul focone, furono conosciute vergini. Poi che Teagene salitovi fu anchegli conosciuto vergine e puro, par ve a ciascuno cosa maravigliosa oltra alia grandezza e bellezza sua, che un uomo nella sua piii fiorita eta fosse inesperto delle cose di Venere; e cosi fu ordinato per sacrificarsi al Sole. Egli allora con sommessa voce disse a Ca richia : L a mercede della sincera e pura vita appo gli Etiopi e essere sacrificato, ed il premio de* casti e 1essere scannato. M a , o Carichia, perche non ti palesi tu ? Qual miglior tempo aspetti tu? vuoi tu tardar tanto che occasione ti sia tolta ? Palesati che io te ne priego, e mani festa la tua for tuna ; forse che potresti anche essere cagione della salute m ia, se la tua condizione fosse ricercata e conosciuta, e se pure io non saro salvo, tu almeno senza dubbio alcuno, sarai fuor di pe ricolo; od a me basta essere certo di questo, sebbene io debba morire. Egli r vicino, diss ella , lo abbattimento no stro , ed ecco che gia la fortuna si pic-

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insino ad ora, ahbiamo assai macchiato e la vista e l udito , anzi uoi ci ritireremo nel tempioj perciocche ne noi approvumo questo scellerato sacrificio che si dee fare degli uomini) ne erediarao che Dio lo approvi. E volesse Dio che a noi fossero interdetti anche i sacrificj degli altri animali ; perche a noi sono assai nel nostro tempio solam ente le orazioni ed i suifumigj. Ma ta rimanendo qui ( bisogna che i Re alle volte ancora con ingiuste azioni si facdano i popoli amici ) darai compim ento a questo sconvenevole sacrificio. Che poi, per lo inevitabile vecchio coJtum e patrio dell Eliopica legge, avrai Lisogno di chi ti purghi e lavij e forse che non n avrai anche bisogno j per ciocche io non istimo che questo sa crificio degli uomini sia per condursi a &e; il che io vado congetturando non solamente dai segni dallo Dio dati, ma ancora il chiaro splendore di questi fo restieri mi dimostra, che alcuno degli Dii sia alia difesa loro. E cosi detto, *$li e gli altri suoi compagni insieme drizzarono, e si misero in ordine per pvtirsi. Ma Carichia, saltata giu dal focone, correndo si getto a piedi di Smmitre ( concedendole cio i mini-. *tri i quali stima vano ch ella volesse pregarlo per ischivare la morte) e disse loro: 0 savissimi uom ini, fermatevi alquan to; perciocche tra i Re e me oqcorre U Q giudizio ed una lite j ed intendo, fhe solamente voi potete giudicare an(he contro si grandi personaggi. Siaterai dunque giudici di una lite capita e , ed intenderete come non e ne giu5 ,0* ne possibile che io sia scannata pw sacrificio degli D ii. Ascoltarono essi T olontieri queste parole, e volti verso 1 Re, dissero: Odi tu , Sire, la dom *nda e la proposta di questa forestiePer lo che Idaspe ridendo rispose: In che modo, e che lite puo interve^ tra me e costei? Quid cagione o parita ve la dimostra? Queste cose k manifesteranno per le cose che si diraQo nel processo, disse Sisimilre. Que5(0 . soggiunse Idaspe, sara uon giudi00 ma ingiuria, se io , che sono R e, delibo venire in giudizio con una mia. prigioniera. La giustizia, rispose SisiinoTici

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mitre, non ha riguardo alle eccellen ze ; ma ne giudizj solamente colui R e , che con piu giuste ragioni rimanc superiore. E d egli: la legge vipermelte , che slate giudici fra uoi ea i pae sani, e non con esso i forestieri. La giustizia, disse Sisimitre, riceve forza non solamente dalle persone , ma ezian dio dalle ragioni. Certa cosa e , disse Idaspe , ch ella non dira cosa di momento, anzi, il che e proprio di colo ro che sono in pericolo di m orte, sa ranno varj ragionamenti e finzioni per menarci in lunga; nondimeno lasciamola dire, poiche cosi vuole Sisimi tre. Carichia, come che per altre ca gioni fosse di buono animo della sperata liberazione delle sue miserie, non dimeno al nome di Sisimitre divenne molto piu lieta; perciocche questo era quello, che primieramente la raccolse quando ella fu csposta, e la depose ap presso Caricle, gik erano djed ^nni, allora che ei fu mandato alle Cateratte ambasciatore ad Oroondate delle min;ere degli smeraldi, essendo egli iu quel tempo uno del numero de Ginnosofisti, ma ora era consigliere ed assessore. Non l avea ella raffigurato dl l effigie, perciocche molto giovan^tta , e di sette anni fu da lui di visa j ma, riconosciuto il nome, fu non poco allegra, sperando lui doverle essere avvocato ed aiutatore a farla riconoscere. Laonde, levate le mani al cielo, ed alto parlando, sicche fosse da tulti udita, di.-se: O Sole, primiera origine degli antichi m iei, e voi altri D ii, ed Eroi autori della mia stirpe, voi sarete testimonj, che le parole mie non saranno false. Y o i mi sarete anche fautori uel presente giudizio, nel quale per difesa delle mie ragioni, di qui cominciero. Dimmi, o Sire, vuoi tu che sia no sacrificati i forestieri o i paesani ? Rispondendo egli, che i forestieri; ei ti conviene adunque, soggiunse ella, provederti d* altri sacrificj; perciocche tu ritroverai, che io sono paesana e di questa medesima terra. Maravigliandosi di cio Idaspe, e dicendo questa essere finzione , soggiungeva C arichia: Tu, ti meravigli di picciola cosa, ma ne sono anche delle maggiori; conciosia* 3l

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fede: temeva per le cose manifestate del sospetto, ed incredulita di Idaspe, non egli di questo fatto si sdcgnasse, e le ne desse pena. D i maniera che Idaspe, risguardando a questo suo stupore, ed all* angoscia, che lateneaoppressa, le disse: O moglie m ia, che vuoi dir questo, in che ti ha offeso la mostrata scrittura? Ed ella: 0 Sire, o signore e marito m io, io non ti pos so dire altro, ma prendila tu m edesi m o, e leggila; che questa fascia tinsegnera il tutto. E portatagli di nuovo tutta pensosa e mesta si tacque. Idaspe dunque, presala, e chiamati i Ginnosofisti, che si accostassero , e con esso lui la riconoscessero, lesse quelle lette re. Resto egli non poco di questo m aravigliato, e vedea Sisimitre, che fuo ri per lo aspetto dimostrava mille m utazioni di m ente, e con fissi occhi e la fascia e Carichia rimirava. Alla fin o poi ch egli ebbe conosciuto la sua fi gliuola essere stata esposta, e per qual cagione, disse: Io conosco una mia fi gliuola essere stata esposta, la quale mi fU allora detto essere morta, m a ora come Persina ha scritto, trovo es sere stata gcttata. Ma chi fu quelli, che raccoltala, salvatala e nutricatala, U condusse in E gitto, e non fu fatto pri gione ? E d in somma, chi mi fa certo che costei sia quella stessa? E che so io che la mia esposta figliuola non sia stata m orta, e che colui, che in questi segnali s e abbattuto, non abbia in m io danno voluto valersi del beneficio della fortuna, e gli abbia dati a costei come rappresentatrice di q u e ll a , e voglia scher nire il desiderio nostro d avere figliuol i , e darci per erede e successore in cambio della nostra una bastarda , occultando la vcrita per quello, ch* e scritto nella fascia ? Sisimitre a queste parole, disse: Quanto alle prime questioni, tu ne hai la risoluzione; perciocche io so no quello, che la raccolsi, e di nascosto la nutricai: ed io sono quello stes so, che mandato da te ambasciatore, la condussi in E g itto . Tu sai bene che a noi non e lecito mentire. Riconosco eziandio la fascia, disegnata ( co me tu v e d i) di lettere Etiopiehe regali, di maniera che non ha diibbio *1-

cosache tu ritroveral me essere non so lamente paesana, ma la principale e piu propinqua nella reale stirpe. Ridendosi egli di nuovo di tai parole, come di ciancie e fa vole, deh! diss* ella , non volere p iu , o padre m io, schernire la tua fi gliuola. Per la qual cosa egli non so lamente sprezzava le sue parole, ma ne prendevagia sdegno, recandolese a scherno ed ingiuria, dicendo: O Sisimi tre , e voi altri savi, vedete voi dove e riuscita la nostra clemenza ? Non e ella sciocca questa giovane tentando con temerarie finzioni liberarsi dalla morte? Ella non altramente che in scena quasi con arte vuole farsi mia certa figliuola; mentre, come voi sapete, non ho maiavuta tanta ventura di poter generar fi gliuoli , se non una sola v o lta, e quella appena avuta la perdei; menila dunque via alcuno, e non si dia piu indugio a sacrificj. E*non mi condurra alcuno, rispose Carichia, insino a tanto che i giudici non l abbiano comandato; e tu ora sei litigatore e non giudice. Pcrmettano forse, o S ir e , le leggi che si uccidano i forestieri; ma che si fac ciano morire i figliuoli, ne clleno, o padre m io, nfe la natura Io consente. E che tu sia mio padre, benche tu lo nieghi, gli D ii oggi lo dimostreranno. In ogni lite e giudizio, S ire, si ricercano due potentissime prove; la fede delle scritture, e la confermazione de* testimonj. Io amendue queste ti arrechero in fede di essere tua figtiuola; adducendoti in testimonio non gia un plebeo anzi 1 *istesso giudice nostro. E riconoscendomi egli, grandissima fede gli si avra, benche egji sia giudice; e producendo scritture che racconteranno i miei e vostri accidenti. E rosi dicendo trasse fuori la fascia che fu con esso lei esposta, la quale ella portava sotto la cinta, e rivoltasi a Persina le la porse. L a quale come l ebbe prima veduta, rimase tutta stordita e stupefatta; e per lungo spazio ora le lettere della fascia, ed ora la giovane vicendevolmente risguardava; e da timore e tremore fu soprapresa, e di sudore tut ta bagnala. Era ella allegra per le cose ritrovale; era stupefatta per esserle cio avvenuto fuor di ogni sua speranza e

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riino dessere stata fatta al trove j e tu ottimamente conoscere lei essere nta di mano di Persina. Ma ei verano anche altri segnali con esso lei gettati, i quali io diedi a co lu i, che da me ebbe la giovane , ed era uomo di nazione Greco, e per quello che mo* straw da bene ed onorato. Sono salvi anche essi, disse Carichia; ed incoutaoente cavo fuori le collane e i mooili; i quali veggendo Persina molto piu si travaglio. Domandandole Idaspe, se cosa alcuna altra ella avesse da mostrare, rispose , nulla; se non che ti ricodosco ; ma questo sarebbe onesto clje si esaminasse in casa. Parve che di nuo vo egli si sdegnasse. Soggiunse allora Carichia: Cotesti siano segnali solaM fnte di mia m adre; ma questo anello e tuo proprio, e g li mostro la Pantarbe. Riconobbelo Idaspe, ch egli lo avea donato a Persina, quando la sposo, e disse: 0 giovane da bene, io conosco qoeste cose essere m ie; ma non conogia ancora che tu le abbi avute, com e mia figliuola, e non ti siano in m ano per qualche altro accidente. Per ciocche , oltre agli altri dubbj , risplende ia te colore molto da quello degli Etiopi lontano . Disse allora Sisimitre; , chio allora raccolsi, era anch elia Lianca; ed oltre a cio il tempo de gli anni molto si conviene con 1' eta di questa giovane; che al piu sono diciasette anni da questo tempo, a quello, cbella fu esposta. Stammi eziandio inanji lo splendore degli occhi, e ricoosco l aria del v iso , e 1 eccellenza della bellezza di costei , che s assomi$aao a quelle di allora. Molto bene * * questo, disse a lui Idaspe, e conTtrrebbe piuttosto ad uno diligente avfocato, che ad un giudice. Ma vedi tlfe tu risolvendo una parte, susciti un allro dnbbio molto importante, e non agevole da risolvere a questa mia comD le nsale. Perciocche essendo noi amen due Etiopi, come abbiamo potuto ( co* fuor del verisim ile) generare una gliuola bianca ? Sisimitre risguardandolo,equasi con sdegno sorridendo disse: 1 non so quello, die tu t abbi, poi^ ora contro il tuo costume d rimK^eri la avvocasione, la quale io per

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un catlivo non fa rei; perciocche noi definiamo il vero giudice essere colui che e difensore, ed awocato del giusto. Ma perche pare a te che io sia piuttosto awocato di questa giovanetta che tu o , se con aiuto degli D ii ti mostrero che tu sei padre ? E se quella figliuola, che nolle fascie ti salvai ora ch ella e di nuovo salvata, nel fiore degli anni suoi la favorisco T Ma tu giudica di noi quello, che ti piace; che non ne facciamo stima alcuna; percioc che noi non viviamo per compiacere altrui, anzi essendo amatori del giusto e dell*onesto, ci basta di sapere intra noi medesimi, che cosi sia. Tuttavia del dubbio, che tu hai d d col o re , lo ti dichiara la fasd a, che Persina net congiungersi teco nella stanza dove e Andromeda, ha risguardando attratte e ricevute in se alcune form e, ed imaginate fantasie. E se pure tu ne cerchi piu certa fed e, ne abbiamo 1 esempio innanzi agli occhi mirando Androme d a , la quale e nella scoltura e nella giovane una medesima si dimostra. A queste parole i ministri partitisi portarono quivi la statua, e la drizzarono a lato a Carichia. Alzarono allora tutti un plauso e romore grande, e tut ti quelli, che potevano cosa alcuna comprenderne, manifestando I uno al1 altro quello, che si diceva e faceva, con molta allegrezza si maravigliavano d una tanto naturale similitudlne j di maniera, che ne anche Idaspe pote piu starne sospeso ; anzi tra per 1 allegrezza e per la maraviglia si stette per buo na pezza immobile. Disse allora Sisi mitre: E vi resta anche un altra cosa a fare, perdocche ei si parla dell Imperio, e del suo legittimo successore, e molto piu della veriti stessa. Mostraci dunque, o fanciulla, il braccio ignudo ; perciocche sopra la mano era un segno nero. E sappi che non e disdicevole a mostrare ignudo il testimonio de parenti e della stirpe. Scoperse dunque loro la sinistra mano, ed eravi come un cerchietto di ebano posto in torno ad avorio , <&e le tingeva il bracd o . Non pote piu Persina contenersi; ma saltata impetuQsamente giu dal seggio , corse a le i, ed abbracciolla, ed

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abbracciatala lagrimava, per la insopportabile allegrezza gridava in guisa, che pareva che muggisse; perciocche il soverchio gaudio suole alle volte produrre pianti, e poco vi manco, ch ella non cadesse insieme con Carichia. Ida spe, veggendo la sua donna piangere, ne gli venne pieta, e tutto si scnti muovere 1*animo a compassione, e tenendo nelle cose, che vedeva, gli oc chi fissi, come se di corno fossero o di ferro, si stava contrastando alle la grim e, conciosiacosache egli era den tro combattuto e da generosa volonta e da paterna afiezione, e non altramente che dall* ondata, quando da (fiesta e quando da quella tirato. F u finalmente vinto dalla di tutte le cose vincitrice natura; e non solamente si lascio per suadere essere padre, ma fu Veduto come padre dolersi; e drizzando Persi na , che era caduta sopra la figliuola, fu veduto sostenere anche Carichia, e piangendo con pateme lagrime pacificarsi con esso le i. Ma non pero la libero affatto dal' sacrificio: anzi soprastato alquanto, e rivolta la vista verso il popolo, il quale per li medesimi affetti era anche egli tutto commosso, ed a questo nuovo apparato e spettacolo di fortuna tra per 1 allegrezza e per la pieta piangendo, non asfcoltavano i trombetti, che imponevano loro silenzio, egli alzata la mano, falto segno di tace re, acqueto il romor loro, e disse: Spettatori m iei, come voi vedete ed udite, gli D ii mi hanno fuor d ogni mia speranza mostrato, che io sono pa d re, e voi pe* molti e manifesti segni conoscete questa fanciulla esser mia fi gliuola. Nondimeno tanto e grande la benevolenza mia verso di voi e verso la patria, che io poco tenendo conto e della continuazione della mia stirpe, e della successione del principato, le quai cose tutte mi verrebbono da co stei, sono sforzato per amor di voi farne sacrificio agli D ii. Veggio io che voi piangete, e vi mostrate presi da gran de umanita e veggiovi avere compas sione della immatura eta di questa fan ciulla, ed ancora della mia indamo sperata successione di eredi. Bisogna nondimeno, benche a voi forse dispiac-

c la , ubbidire alle patrie le g g i, i potfi il comodo della patria innanzi al prio. Io non so se il volere degli Dii e di darmela, ed in uno stesso tempo ritormela ( il che gia buon tempo fa mi awenne quando ella nacque, ed ora mi avviene avendola ritrovata ) ma a voi lo lascero considerare. Ne meno so, se quella, che essi gia dalla patria scacciarono negli ultimi confini della terra, e di nuovo miracolosamente sotto ser vile condizione, guidandola ini hanno quasi porta per mano, vogliono ora riceverla in sacrificio. Ne m eno, se co lei , la quale io , come nemica non uccisi, ed essendo mia prigioniera non la fei m orire, ora ch ella s e dimostrata mia figliuola, debbo ne*sacrificj scanrtarla . Per la qual cosa essendo anche voi in questo altare del medesimo vo lere , io non v* interrompero, ne patiro che altri v* interrompa; il che ad un altro padre, in questa stessa fortuna posto, si potrebbe per avventura pevdonare. Io non mi v* inchino, ne vi priego che la mi vogliate concedere, e che vogliate opporre alia legge la na tura, e vogliate essere favorevoli agli affanni, che per costei sopporto, dicend o v i, che lo Dio si potra in altra ma niera placare. Anzi quando io conosco che voi avete maggiore compassione di me , e vi dolete degli affanni m ie i co me se proprj vostri fossero; tanto e a me piu a cuore il dovere vostro. E po ca stima faccio io di rimanere in calamita senza erede; poca di questa in felice Persina, che non fa altro che p an gere, poiche dopo il primiero parto e rimasa sterile. Per la qual co s a , re state omai di lagrimare , e di m u o v e re anche noi a pieta senza profitto a lc a n o , e mettiamo mano a s a c rific a re . Ma tu , o figliuola mia ( questa e la prima ed ultima volta che io n so q u e sto desiderato nome ) o senra p ro b e lla e leggiadra ; e senza pro r itr o v a tr ic e di tuo padre e madre ; O in fe lice , c b e trovi la patria piu crudele delle c itt a pellegrine! O meschina, che p r o v i la tua citta pestifera e micidiale, d o v e 1* a l 1 trui ti sono state servatrici, n o n m i j turbare 1* animo con lamenti ; a n z i se mai per addietro la mostrasti, u t o s t r a

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ora tpiefla tua saggia e virile grandezu d animo. Seguita colui, che t* ha geuerato, il quale non ti ha potuto or D are come novella sposa, ne ti condu ce alle nozze ed ai letti maritali, ma ti adorna per il sacrificio j ed accende le faci non gia a nozze , ma ad altari accomodate, e conduce lo insUperaWe splendore della tua bellezza in vece di animale al sacrificio. Ma v o i, D ii, perdooatemi, se io vinto dalla passione iTcssi usato parole raeno chc oneste, cfaiamandola figliuola, e facendo me stesso uccisore de* miei figliuoli. Poiche tosi el>Le detto, prese Carichia per nano, facendo mostra di menarla al1'altare, ed alia stipa sopra quello ac<*sa, avendo nel vero il cuore pieno di molto afianno, e cercando con astu te ed ingannevoli parole impetrar dal popolo, che non si eseguisse tal sacrifao; gli Etiopi tutli alle sue parole si fommossero; ed essendo poi Carichia roenata all altare, non potendo piu offerire, cominciarono con alta voce a gridare, dicendo: Salva questa fannulla j salva il sangue rea le; sal V i quella, che e stata dagli D ii salvaNoi ti ringraziam o; si e per noi idempiio il consueto costume. Noi ti *M > iam o conosciuto per nostro Re, coosciti ora anche tu per padre. PerdoD eranno gli D ii a questa apparente tra*gre*sione di leggi. Anzi che noi piu tttsgrediremo le leggi contrastando alia o lo n tk loro. Non sia alcuno , che uccolei, che da essi e stata salvata. 0 padre del popolo, vogli essere anche di famiglia. E mille voci in si m ile maniera spargendo, mostrarono di T kHo impedire anche con fatti, po"radoglisi davanti e contrastandogli, e Udendo che con altri sacrificj siplaC Ja< lo Dio. Idaspe volontieri ed allcP^nwite sofierse di essere vinto, quedesiderata violenza spontaneamente wetmendo. E veggendo il popolo, che 1** hmga ora non rifiniva di esclama** cn fasto grande innalzando le sue '1 voile lasciarlo saziare di allegrez** **pettando che da sc medesimo si ^cquetasse. Ed egli accostatosi piu a ^hia le disse; O dolcissima mia fiFWoU, perciocche ed i segnali, ed il

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testimonio del sapientissitno Sisimitre, ed oltre ad ogni altra cosa la benevolenza degli D ii ha dimostrato che tu mi sri figliuola; dim m i, chi e egli costui che e stato preso con esso te ; e che ora sta presso agli altari per essere sacrific&to? E cotne lo chiamasti tuo fra tello, quando primieramente mi foste presentati a Siene? Conciosiacosache egli nop sara in modo alcuno ritrovato essere taio figliuolo; perciocche Persina Una sola volta, e te solamente ha partorito. Ed ella alquanto arrossita col vi so chino, rispose: Io finsi ch ei mi fosse fratello, perciocche il colore mol to convenia a questa finzione. Ma ch iu n que egli si sia meglio te lo potra dire egli di me , e massimamente perche eisendo uomo non si vergognera di par lare piu audacemente di m e, che sono donna. Idaspe, non avendo compreso il senso delle sue parole, disse: Perdonaci, o dolce figliuola, se di virginale vergogna ti sei arrossita per no stra cagione, che oltre ad ogni convenevolezza ti abbiamo domandato di que sto giovane. Ma va*, e siedi nella frascata insieme con tua madre, la quale mostra ora maggiore allegrezza, che non fu gia il dolore del parto; e tempera il desiderio , che ora ha di goderti con il ragionare de casi tuoi. E noi prenderemo cura di eleggere in luogo di te un* altra per sacrificarla insieme col gio vane; se potremo trovarne alcuna di uguale valore. Carichia, inasprita per lo udire l uccisione del giovane, a fa tica si ritenne di piangere e lamentarsi; ponendo nondimeno 1*utile contral furore della passione, si sforrci per il meglio di temperarsi, e voile di nuo vo toccare il medesimo segno, e dis se: O S ire, forse ch ei non ti bisognerebbe trovare altra giovane, aven do una volta il popolo per cagione di me consentito, che si dbmetta il sacri ficio femminile. Se dunque alruno contendesse, che il sacrificio si facesse di pari numero e dell uno e dell* altro sesso, vedi jrhe ti convicne trovare non solamente un altra fanciulla, ma un al tro giovane ancora; e quando cio non faccia, non ti bisogna cercare altra gio vane, anzi jne di nuovo ti c6nviene

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che sono maritate; di maniera, chela virgin ila tua e impedimento a questo tuo desiderio non so d onde nato. Ca richia accostatasi nell* orecchia alia m a dre , disse j per questo non d e ella d impedimento alcuno; perciocche vo lendo voi , ho anch io , madre mia, c< k lu i, che adempia questo nome. Vorrem o , rispose sogghignando Persina; E col volere degli D ii tosto lo li dare m o , scegliendone un o, che sia degno e di te e di noi. E d allora con piu al ta voce disse: e non bisogna scegliere colui, che gia e scelto j volendo parla re ella anche piu aperto ( fa la nece*sita altrui audace, e costrinse la verginale vergogna a provedere al perico lo , che Teagene avea davanti agli oc chi ) . Idaspe non potfe piu conteners: ma con alte voci comincio: O Dii, l> en si pare, che voi col mio dolce volete mescolare l amaro, e privarmi in parte di quella felicita, che fuori della m ia speranza mi avevate donata, facendomi conoscere la mia figliuola nel vero non aspeltata, ma in tutto sciocca. E come puo egli essere che non sia *cema di mente co lei, che manda fuori cosi mostruose parole ? Ella dice essere suo fratello costui, che non e j ed es* sendo di questo forestiero, chiunque egli si sia, innamorala, dice non coooscerlo j quindi costui, ch* ella dice non conoscere, cerca come amico salvarlo; intendendo questa sua domanda essere im possible, cerca ella stessa con le sue mani, come suo nimicissimo sacrifkirlo , dicendole a noi questo non essere leoito, perciocche questo sacrificio e riserbato ad una sola donna, e che sia all uomo sottoposta, finge se avere marito, rfia non mostra chi egli sia. E come potrebbe ella? Non avendolo, ed essendosi per lo sacro focone conosciu to lei non averlo avuto? Se gia me forse da costei sola e stato ingannalo il vero sperimento appo gli Etiopi de* vergini e puri, poiche egli, essendovi ella salita, ne la rimando sensa offesa, facendole grazia di essere tenuia illegillimamente vergine. E d e forse solamente a costei lecito di avere le medesime persone in uno stesso tempo per amici e per niraici 3 e fipgere che le

scannare. Augurati meglio, rispose e g li; e domandolle per quai cagione ella cosi dicesse. P erch e, soggiunse ella, il Fato ha destinato, che vivendo io viva, e morcndo io , muoja anche questo gio vane. Idaspe non avendo conipreso il sentimento delle sue parole, disse: io , figliuola m ia , commendo assai questa tua umanita, veggcndoti presa da compassione di uno forestiero, Greco, della tua eta, ch e stato con esso teco pri gione , e che ti e stato compagno in questo pellegrinaggio, e cercare ch ei sia salvato. Ma ei non c possibile di lilicrarlo da questo sacriGcio. Percioc che, oltre che non e lecilo preterire afiblto il patrio costume, intorno ai sa crificj , che si celebrano per la ricevula vittoria; potrehhe anche essere che il popolo non lo consentisse, poiche malagcvolmente merce degli D ii si mosse a concedere la tua liberazione. O Sire, disse allora Carichia ( perciocche non posso forse chlamarli padre) se la benevolenza degli D ii e stata cagione di salvare il mio corpo, potrebbe quella stessa salvarmi anche 1 anima, la quale i Fati sanno essere veramente 1 anima mia. Ma se pure questo si vedesse es sere contro il volere de F ati, e convenisse che queslo forestiero, scannato, onorasse questi sacrificj, concedimi que sta sola grazia, comanda che io stessa con le mie proprie mani faccia questo sacrificio, e che col coltello in mano come con preziosa cosa, per la grandezza dell animo mio sia appo gli Etiopi illustre e riguardevole. Idaspe, a questo suo parlare spaventato, disse: Io non so intendere questa contraria mutazione dell animo tuoj perciocche pur ora cercavi di ajutare questo forestie ro , ed ora prieghi di doverlo di tua mano uccidere, come se fosse tuo mortale niniico., Ma io non veggio in que sto fatto ne la modes!ia, ne l onesta, che convengono a te ed alia tua eta. E quando anche queste ci fossero, non e pero possibile a farlo; conciosiacosa che le leggi della patria concedonofar questo solamente a sacerdoti del Sole e della L u n a, e non gia a chiunque di lo ro , ma al sacrificare gli uomini sono ordinate le donne, e quelle solamente,

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la fanciullezza; che appunto compiva dieci anni oltre i sette, e di grandez* za superava gli altri quasi tu tti, che quivi efano presents; ed era accompagnato da orrevole guard ia di soldati; e lo esercito degli Etiopi per maraviglia e per riverenza gli* faceva strada per non iinpedirgli il passo. Idaspe non pote ne anch egli aspettarlo a sedere, ma fattoglisi incontro , e con patcrna amorevolezza abbracciatolo, lo si fe* sede re a lato , e presolo per la destra ma no , gli disse: Figliuol m io, tu sei ve nuto appunto a tempo per fare con es so noi gli sacrificj non solamente per la vittoria, ma per nozze ancora. Per ciocche i padri e progenitors nostri D ii ed E ro i, hanno per quel ch* io stimo ritrovatb a noi la figliuola , ed a te la moglie. Ma l udirai poi piu appieno ; dimmi in tanto se hai cosa alcuna da negoziare per 1 * ambasceria de* tuoi po poli. Meroebo , udendo parlar di mo glie , tra per allegrezza e per la vergogna, benche di color nero fosse, non dimeno fu veduto arrossire in guisa che quasi assomigliava alia cenere di robb ia ; e dopo aver taciuto alquanto, disse : O padre, gli altri ambasciatori onoreranno, come forestieri la tua famosa vit toria delle piu elette e preziose cose de paesi lo ro . Ma io essendo tu nelle battaglie valoroso e felice , per volerti onorare di dono a te convenevole e somigliante, li appresento un uomo desanguinosi abbattimenti combattitore insuperabile, e necombattimenti delle mazze, e nepolverosi campi non e alcuno, che gli possa contrastare. E cosi dicendo, accenno che 1 * uomo quivi venisse: E d egli fattosi avanti s inchino ad Idaspe. Era costui cosi vecchio, e cosi grande che avendo abbracciate le ginocchia di Idaspe era tanto alto, che quasi era pari a loro, che sedevano sopra 1* alto seg gio . Quindi senza aspettare che gli fosse comandato, trattisi le vesti, e spogliatosi di proprio volere tutto ignud o, invito tutti a combattere, o con l armi, o con le ignnde mani. Ma poiche non comparse alcimo, benche molto il trombetta del Re gli esortasse, disse a lui Idaspe: E ti sara da noi dato il premio della vittoria a tc ugualej c cosi delto co-

siano e fratelli e mariti coloro, che non le sono. Tu dunque, consorte mia, entra nella frascata; e costei, o che ella da oppressa dal fiiror delk) D io , che soprasta a questi sacrificj, o che per la troppa allegrecza delle non aspettate felidta, ella sia uscita del sentimento, ritienla nei termini della prudcnza* Ed io, come avro comandato ad alcuno che cerchi e trovi un* altra, che in vece di costei si debba sacrificare agli D ii, mentre die cio si mette in punto , atten ded a negoziare con gli ambasciatori, i qnali, la mercfe degli D ii, vengono a viatarmi; ed a ricevere i doni da essi portatimi. E cosi detto postosi a sedere sopra un alto seggio vicino alia frascata, comando che venissero gli amWiatori, e gli presentassero se aveano portato dono alcuno. Allora Armonia o donzello gli domando, s ei voleva d venissero tutti insieme, o veramenad uno ad uno secondo la diversita depaesi, e che ogn* uno da se gli prewtose i suoi doni. V o glio , dissegU, vengano ad uno ad uno ordinata i*te divisi secondo il merito e la difti&diciascuno. E verra dunque, sog3 donzello , innanzi agli altri MewAo figliuolo di tuo fratello. E per^ non hai, disse a lui Idaspe , vilkno ignorante, incontanente fattomi sa pere , ch e veniva non un ambasciatoraa un Re? E che questi era il fijiieolo di mio fratello, poco innanzi rto? H quale deve nel seggio del pa d re sedere a lato a me, ed il quale io per mio figliuolo. Io sapeva, o Sjre, tutte queste cose, rispose Armoma sapeva ancora che a noi altri do*elli bisogna innanzi ad ogni altra avere riguardo al tempo , che tu *ii occupato in altro negozio, il W ale abbia di bisogno di molta pru'ktaa. Perdonami dunque, poiche, es^ado tu occupato a ragionare con la ^na, io non volli impedirti con no^H a cosi piacevole. Ma ora che il Re * comanda, venga j e per comandan ie,rto del Re corse addietro a chia> ed incontanente torno con l am"**iata. Ed ecco che comparsc Meroe1 ,0>giovane di generoso e nobile aspet^ : e di eta che pure allora mciva dal

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maravigliosa natura. Egli era di gran dezza uguale ad un Camello; il colore e pelle sua era di lucide e risplendenti scaglie rotata; le parti deretane, che sono dopo il ventre, erano basse e di forma leonina; ma le spalle, i pie di nanzi , e la schiena, erano fuori della proporzione dell altre membra elevate; il collo era sottile, e da quel gran cor po uscendo si stendeva in alto verso le fauci; la testa sua era di forma simile a quella di Camello, ma di grandecsa di poco avanzava due volte un passero Li* biano; gli occhi erano macchiati, i quali orribilmente volgea; 1andar suo non era simile ad animale ne terrestre ne aquatico; perciocche non movea egli a vicenda una e poi l altra gamba; ma si move prima con amendue i piedi e con totto il lato destro ad un tratto , e poi con amendue i sinistri e col sinistra la to . Essendo questo animale cosi apparso, e caminando diro quasi a ondate, era tanto mansueto, che con una sottil cord a, che gli era stata intorno al capo avvolta si lasciava guid are, come pia ceva a co lu i, che n avea cura, come se fosse ad un fortissimo laccio legato. Empi questo animale con 1 ' aspetto suo ogn uno di stupore , e fugli posto il no me secondo la forma; perciocche avendo le genti riguardo alle principali parti del corpo su o , senza piu pensare lo chia marono Camelopardalo . Nacque in tan to un tumulto grandissimo in quella fe sta, e fu in questa gu isa. Erano dinanzi all altare della Luna un pajo di tori, e dinanzi a quello del Sole quattro cavaili bianchi apparecchiati per sacrificarsi; i quali al primo apparire di que sto strano, insolito e mostruoso animale, come per un ombra impauriti, tutti si spavenlarono; e spezzati i l e g a m i , die gli ritenevano, uno de tori, il quale par ve , che solo vedesse questa bestia e due de cavalli, presero una fuga irreparab ile . Ma non potendo rompere il cerchio dello esercito, perciocche era cinto come da muro dagli spessi scudi degli armati, scorrevano senza ordine alcuno, e cio che trovavano nel mezzo del cerch io , o bagaglie o anim ali, ogni cosa rovesciavano sottosopra. Levossi dun que a questo fatto un grido vario e me-

mando, die gli fosse dato uo Elefante vecchissimo e grandissimo. Coodotto che fu quivi 1 animate, egli lo accetto molto graziosamente. E d il popolo, conosciuto il piacevole scherzo del R e, comincio a fare grandissima festa, racconsolandosi della vergogna che gli parea ave r e , per aver ceduto a colui, con la scherzevole beffa, che ai suoi superbi vanti fu fatta. Dopo costui vennero i Siriani ambasciatori, i quali gli presentarono delle fila c tele, che appo loro si fanno sotlilissime come di aragne, e parte erano vesti tinte di porpora, e parte erano hianchissime. Poi chc que sti furono ricevuti e che ebbero domandato che fossero rilasciati loro alcuni, che gia buon tempo erano stati condannati in carcere; per comandameato del Re si ferono avanti gli ambasciatori degli Arabi felici; empiendo ogni luogo di ricchissimi e preziosi odori, di odori fere foglie di cinamomo ed altri odori, de quali Arabia e abbondevole. Ven nero dopo costoro i Trogloditi; i quali gli appresentarono una spelonca doro, e un pajo di Grifoni legati con catene d o ro . Seguivano i Blemmiani, con gli archi e con le saette, la cui punta, era d osso di D rago, adattala in guisa di corona. Dissero questi al R e : Sire questi sono i doni nostri, i quali cedono alle riccbezze, le quali gli altri ti han no appresentate ; nondimeno la vicino al Nilo contro i Persiani furono da te, che testimonio ne fosti, non poco apprezzati. E sono piu pregiati , disse Idaspe, di qualunque ricchissimo dono. Ma seguite, sc avete ora cosa alcuna altra da dirmi. E diede loro potesta di chiedere, se co$a alcuna volessero. E chiedendo essi chegli alleggerisse loro il tribute, gli feesenti affatto per die ci anni. Avendo il Re ricevuti quasi tutti gli ambasciatori, ed aveqdogli ugualmenlc in pariicolare, e piu magni ficamente in universale riiwuuerali, com parse ultima ambascieria degli Axiom iti; i quali non erano suoi tributarj, ma naturalmente suoi volontarj ami c i, ed eransi in beneficio suo raostra i seinpre suoi amorevoli. Arrecarongli anchc costoro doni, ed oltre agli altri uno animale di mostruosa forma e di

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srulato; perciocche quelli, aquali essi si avTu-inavano, gridavano per timore; e queiH, aquali essi, sajtando sopra gli altri, ed atterrandogli, porgevano diletto e riso, gridavano per allegresza. Perloche, ne Persina ne Carichia si poterono rattenere Bella ten d a, che non iscansassero alquanto il v e lo , e cosi fossero anch* esse di questo fatto spettatrici. Teagene in questo m ezzo, o da domestica e natunle generosita di audacia mosso, o che par voler degli D ii nascesse in lui tale impeto, veggendo i, suoi guardiani es sere per il soprawenuto tumulto chi in qua e chi in la sparsi, si drizzo incon tanente in piedi j e gettatosi primieramente in ginocchioni davanti agli altari, come q u eg li, che piu che ancora mai aspettava la morte, tolse uno dei legni, che ad uso d e ' sacrificj erano diritti vi cino agli altari; e preso anche uno de ca valli , che non erano fuggiti , gli sali sopra le spalle, ed attaccatosi a crini su presso alia collottola, gli usava in vece di freno, e spingendo con le calcagna il cavallo , e col legno in cambio di mazxfhuto continuamente percotendolo, si mi a seguire il fuggitivo toro. Sospettggao da prim a i circostanti della fuga I T eagen e, e con alte grida quegli che vicMB era n o , comandavano l uno all al tr?dd cerchio degli armati, che ei non a l f w a w sc amp are. Ma seguitando erii la sua impresa, conohhero ch ei non laceva cio p e r temere ne per fuggire la morte. Perciocche avendo egli tosto so praggiunto il toro, gli fu incontanente alia coda , e percotendolo e sollecitandoJo a p iu veloce corso, dovunque egli fiiriando m volgea gli era dietro col ca vallo, co n grandissima diligenza schivando i rivolgimenti ed afironti suoi. Ma poi che 1* ebbe assuefatto a sofferire 1a n d to e xnaneggio suo , comincio a eavttcargli a lato, accostando 1 un corpo aT ak ro , e mescolando lo spirito e su4ma del cavallo con quello del toro, e t a t o n v a in guisa la velocita del corao i mnendae, che facea parerc a quelli, ck pnk lontani erano, die le teste de gli f im a l i fossero insieme attaccate; di maniera che con chiare lodi stima*<no T eagen e D io , poi ch egli avea btta questa nuova coppia di toro e ca
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vallo. Stava dunque il popolo intento a questo fatto. Ma Carichia veggendo que sto fu soprapresa da un subito tremore, e dibattimento, ne sapeva in questo fatto risolversi quello che ella stessa averebbe voluto, e ( se male alcuno intervenuto fosse) era sollecita delle ferite di In i, come se ella fosse per riceverle; di ma niera , che se ne avvide anche Persina , e le disse : che hai tu, figliuola mia ? E i par proprio, cbe tu sia in pericolo per que sto forestiero. E sappi che anch io so no nel medesimo aHanno, e desidero ch egli scampi da questo 'pericolo, e sia riservato sano asacrificj, accio che i debiti nostri verso gli D ii non rimangano afFatto imperfetti. E cosa sciocca, disse Carichia, il desiderare chei scampi sol per morire. Ma, se tu puoi, o ma dre, salva questo giovane, fammi questa grazia. Persina sospettando non quello che era, ma che di cio cagione fosse Amore, rispose: e non h possibile salvarlo. Ma dimmi, che dimestichezza hai tu con costui, che tanto hai a cuore la salvezza sua? Dillo arditamente a tua madre, se ben fosse qualche nuova affezione, e se ben non convenisse ad una vergine: la natura materna, sa adombrare e coprire la feminile passione ed il donne sco errore della figliuola. Ella dunque con copiose lacrime cosi rispose. Que sta oltre all altre e la mia infelicita, che io racconto a coloro che intendono quello, che io non intendo; e narrando le mie stesse miserie, non mi pare di dirle , e nondimeno sono costretta di rivelare e scoprire il mio peccato. E volendo aprirle il vero fn di nuovo interrotta $ perciocche il popolo alzo un altissimo grido . Conciossiacosache, Teagene avendo lasciato andare il cavallo , quanto piu poteva, poiche egli ebbe passata di poco la schiena e si fu accostato alia testa del toro; sdegnando stare piu sopra quello umile e mansueto, con un salto si getto sopra la collottola del toro; ed avendo adattata la testa per mezzo le corna, le dnse con le braccia, a guisa di ghirlanda, ed in cambio di fnne avvindbio le dita sopra la fronte 4 w toro, ed avendo il resto del corpo cUsteso sopra k spalla destra del toro j si stava quivi in tal

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roebo. E continuamente rinforzavano; colui, che ha preso lo Elefante, combatta con costui, che ha preso il toro. Sollecitando essi tuttavia piu, Idaspe accenno, e fu quivi in mezzo condotto 10 Etiopo; il quale con ischemevole e superbo sguardo si volgea intorno; ed in punta di piedi caminando, con lar go passeggiare andava insolentemente a vicenda dimenando le braccia. Poiche dunque costui si fu awicinato al seggio, Idaspe rivolto verso Teagene, greco parlando, gli disse : o giovane, ei ti conviene combattere con costui, che cosi vuole il popolo. Facciasi il piacer tu o , rispose Teagene . Ma quale sara 11 modo di questo abbattimento? La lot ta , disse Idaspe. E d egli, e perche non la spada e lo scodo? Acciocche fa cendo io, o accadendomi male alcuno, contenti Carichia , la quale ha insino ad' ora sostenuto di tacere la condmon nostra, o vero, per quel che si pare, e afiattto disperata della nostra salute. E d Idaspe a lu i : quello che a te im port! in questo contxasto il nome di Ca richia , tu te lo s a i. Tuttavia ei ti con* viene fare alia lotta, e non combatten con la spada: perciocche non e lecito che si veggia sparger sangue avanti il tempo del sacrificio. Avendo dunque Teagene compreso ch* ei temeva non gli morisse innanzi al sacrificio, disse: T u fai molto bene., a conservanni agli D ii, rquali averanno anche cura di noi. E cosi dicendo presa della polvere, la si sparse sopra le spalle, e sopra le brac cia, die per lo combattimento del toro, ancora gocciolavano di sudore, e scos se quella, che non si era appiccata. Quindi distese le mani innanzi; female bene le piante de* piedi, e piegatoe nelle ginocchiae chinatoei ndisfl*"* e nel dosso, e con la bassa, e con tutto il coiyo*i|*W^^ colto si fermo aspettando faticoso giuoco della lotta. *TB0 eio lo tio po , sorrise scherno ; e con ironici segni moitt*** di farsi beffe dell* awersario; e corgK incontanente addosso, lo percosse con esso un braccio come con un legno so pra la collottola, in guisa, che il rim bombo della percossa ri senti ben *

maniera appiccato. Ma tosto fu dal saltare del toro sbattuio, ne pero lasciollo; anzi quando lo conobbe per il troppo peso affannato, ed avere il collo, per tenerlo troppo teso, indebolito e fiacco , e vegendo, che gia sera appressato al luogo ove Idaspe sedeva, per forza lo volto all* incontro del R e : quindi opponendo i suoi piedi alle gambe del toro, e con tinuamente con 1 unghie ferendolo gli ritardava il corso. Ma egli sentendosi impedito limpeto del corso, e senten dosi tirare a terra dalla forza del gio vane, si lascio cadcre in ginocchioni, e gittatosi subitamente col capo innanzi si lascio ahdare rovescio in sulle spal le , ed in su la schiena, e rimase disteso tutto alia supina; perciocche le coma si ficcarono in terra in guisa, chei non poteva muovere la testa ; e senza profitto alcuno dimenava le gambe, le quali a tempo scotevano 1 aere nella rovina loro dibattendosi. Giacque con esso anche Teagene, il quale adopera va la sinistra mano sola a sostentarsi, e la destra alzava spesso verso il cielo, e con allegro aspetto guardava verso Idaspe e verso gli altri tu tti , e sorri dendo gl invitava a raAlegrarsi seco, e col muggito del to ro , come con una tromba dava segno della vittoria; ed all* incontro si sentiva risuonare anche il grido del popolo; il quale non ispediva chiaramente cosa alcuna in lode di lu i, ma a bocca aperta con la sola canna spiritale, predicava questa maraviglia, aizandola insino al cielo con lun go, e concorde grido . A l fine per comandamento del Re accorsivi i sergenti, parte drizzato Teagene, lo gli menarono avanti, e parte , gettato un laccio di fune alle corna del toro, tutto dimesso lo si traevano dietro, ed esso insieme col cavallo preso legarono di nuovo agli altari. Volendo Idaspe ragionare e trattare alcune cose con Teagene, il popolo si per essergli il giovane grato, perche da che prima lo vide gli po se aSezione ; si. per maravigliarsi della sua forza, e molto piu per essere divenuto invidioso dello Etiopo corabatti* tore di Meroebo, tutti ad una voce cominciarono a gridare: facciansi combattere insieme costui e quello di Me

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lontano ; ed egli si ritrasse addietro ' di un giorno solo. Pure poiche se bfen moccamente ridendo. Ma Teagene, co volessi non potrei liberarti dalla destime uomo esercitato nella lotta, e sin nata m orte, ti concedero tutto quello, da fanciullo assuefatto ad ungersi, e co che per me fia possibile. Se tu conone quelli, che ottimamente avea appa- sci adunque, che io, mentre sei vivo, rato ecceUenxa dell* arte di M ercurio, possa in cosa alcuna giovarti, chiededelibero di restare vincitore, e sapen lami; e cosi dicendo gli pose sopra la te do per prova quanta fosse 4a forza del- sta una corona doro di ricche e diverse lawersario, non voile venire alle strette gemme distinta. Disse a lui Teagene: eon una massa cosi grande e cosi ru- io dunque ti chiedero una grazia , e tfica e bestiale; ma si dispose con 1* arte pregoti che la mi concedi poiche pro mgannare questa sua scempia gagliardia. messa me 1 * h a i. Se non e possibile che Onde avendolo pochissimo offeso il col io fugga d*essere sacrifieato, faalmeno po di colui, finse quanto pote di sentire che io muoja per le mani della figliuo on gran d olore; e mostro per quella la , che tu ora hai ritrovata. Idaspe, percossa dinchinarsi con tutto il collo. benche si sentisse da queste parole punEd avendolo un* altra volta lo Etiopo gere , e massimamente raffrontandole coi ferito, dando luogo al colpo finse des- prieghi di Carichia, nondimeno per alio *ere per cadere con la bocca innanzi. ra non voile appieno cercame altra cerMa poiche lo Etiopo, tprezzandolo, ed tezza: ma rivolto a Teagene, disse: io avendo preso animo gli ando inconsi* ti concessi, o giovane , che tu chiederatamente addosso la terza volta; men dessi cose possibili , e ti promisi di tre egli avendo gia disteso il braccio concederleti. Sappi dunque, che la legera per ferirlo , Teagene gli corse su ge dispone, che colei che fa questo kitamente sotto, e chinatosi schivo il col sacrificio, sia maritata, e non vergine. po, e disteso il suo destro braccio verso E Teagene a lu i: anch* ella e marita il sinistro dell* awersario, presolo come ta . Q ueste disse Idaspe, sono parole on un laccio lo spingeva a terra; ben d* uno che frenetichi, e sia veramente che egli dall* impeto della sua stessa ma vicino alia morte . 11 sacro focone ha no , die avea colpito a voto, fu a terra chiaramente mostrato ch ella non ha tirato; poscia entratogli sotto 1* ascella m arito, ne ha mai avuto dimestichez*e lo aw oke intorno alle spalle, e ben- za d* uomini; se gia tu non vuoi dire dw difficilmente cintogli con la mano di questo giovane Meroebo, del quale 3 gran ventre, e con le calcagna a vi- io non so donde tu ti conosca; ed egli enda i piedi ed i talloni fieramcnte e solamente stato da me chiamato suo percotendogli, lo costrinse a cadere iu sposo, ma non e ancora con effetto . ginocchioni; ed uscitogli con le gambe Considera un poco, rispose Teagene, se le coscie sotto languinaglta, gU levo io ho conosciuta la volonta di Carichia; mani di-terra, sopra le quali reggeva e sara cosa convenevole, chc tu mi presli le spalle. Quindi cintogli con le mani fede come ad animale di sacrificio, che a guisa d*un laccio le tempie, e sglta- predice 1 avvenire. Rispose a queste togli sopra le spalle, e sopra il dosso, parole Meroebo; gli animali di sacrifi'*fce a forza distendere il corpo in cio , o valente giovane, non v iv i, ma tfelft ^Ubteui allora in quel popolo una scannati ed uccisi con le interior loro piu chiara di prima; in danno segni dellavvenire agPindovini; anche il Re si pote conte- onde ei non fia se non buono, o padre, sceso giu del seggio con al- di fare, che costui morto ci renda queste t^ieee disee: o dispietata fortuna, quan sciocche risposte. M a , se ti pare, facto grande uomo ci danno le leggi a ciasi rimenare agli altari; e tu spedito, acrificare ? E chiamatolo a se, gli disse: che a b b i, se alcuna cosa vi resta da e conviene o giovane incoronarti per negoziare , metti mano a sacrificj. F u cagione dei sacnficj secondo il costume, dunque Teagene per comandamento del *d ancora per questa nel vero onorata Re ricondotto agli altari. Ma Carichia, Vittoria , ma poco a te profittevole, e che per la sua vittoria avea riprcso al-

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T E A G E N E

C A R I C H I A strarongli essi un certo vecchio, a cm egli disse: valent* uom o, per amore di Oroondate io son per fare ogni cosa, ma sappi che io non fei menare altro, che dieci sole fanciulle prigioniere. Una abbiamo gia conosciuto, che non e toa figliuola guarda tra 1 altre quanto ti piace, e se tu la vi riconosci, siasi tua. Il vecchio inchinatosi gli bacio i piedi; e rimirando tra le giovani quivi condotte , non vi trovo quella ch ei cercava; onde di nuovo tutto mesto si rivolse ad Idaspe, dicendo: S ire , non & alcuna di queste quella, ch io cerco. T u vedi lanimo mio, rispose Idaspe: duolti dunque della fortuna, se non la ritrovi: perciocche io non ho fatto me nare alcuna prigioniera oltre a queste, e nello esercito non e alcun altra, co me tu medesimo puoi vedere . Il veechio percotendosi la fronte, e piangendo forte, e scotendo il capo, e risguardando intorno quella moltitudine, subita mente si mosse correndo come un pazro, e giunto che fu agli altari, preso lo estremo lembo della sua consumata ve ste ( tale era allora il suo vestimeufto ) ed avvoltolo in forma di capestro, lo getto al oollo a T ea gen e, e slrascinavalo ad alta voce , gridando : lo t ho pur giunto, niraico della vita m ia ; io t ho pur giunto, fraudolente , e scellerato. Volendo le guardie opporglisi, e sforzandosi di spiccarlogli da dosso, egli strettolo ed abbracciatolo in guisa, che parea, che cosi fossero nati, per for za ottenne d essere in quel modo con dotto al cospetto del Re e del Collegio, e quivi giunto , disse: Sire , questi e q u egli , che mi ha involato la m ia fi gliuola; questi e quegli, che ba desolata casa mia e privata d eredi; questi e que* g li, che ha rapita 1 anima mia del mez zo degli altari di Apolline P itio ; ed on: come santo e sincero, si sta vicino agli altari degli D ii . Tutti a questo fatto si commossero . La plebe non intendera le parole, ma si maravigliava de fatti. Idaspe gli comando ch' ei dicesse piu apertamente quel che ei v o le va . Onde il veechio (era costui Caricle) celando la verita della stirpe di C a rich ia , e non volendo, poiche 1 onor di lei per la fa* ga era macchiato, narrando la v eriti del

quanto di spirito, e cominciava a sperare meglio : veggendolo rimenare di nuovo, comincio a lamentarsi. Persina allora prese a coosolarla dicendo, ei potrebbe agevolmente trovarsi modo di scampare questo giovane, se tu vorrai piu apertamente raccontarmi il rimanente degli accidenti tuoi. E d ella veg gendo, che il tempo non concedeva dilazione; si dispose a raccontare il fatto appieno, secondo cbe loccasione richiedeva. Idaspe intanto domando al donxello, se vi fosse rimasto alcuno altro ambasciatore. Rispose Armonia, che v erano gli ambasciatori dei Sienesi, i quali recavano lettere di Oroondate, e i do ni , che costumano i forestieri, e poco prima erano novellamente giu n ti. C o storo dunque essendo venuti, anchessi per comandamento d Idaspe si ferono avanti, e dierongli la lettera in mano. E d egli apertala, la lessej il tenore era tale. * > All umano e felice Re degli Etiopi Idaspe, Oroondate Vicere del Re grande. Poiche tu avendomi vinto con l armi, molto piu mi vincesti di umanitaj e di tuo volere mi lasciasti intero il governo, non mi maraviglierei se ora mi concedessi una piccola domanda. Una certa fanciulla menata da Menfi , divenne anch ella preda della guerra . E da quelli, che furono con essa lei, e che scamparono, abbiamo udito lei per tuo comandamento essere stata menata in Etiopia. Costei ti chiedQ, che tu mi lasci in dono. Chiedolati come tenero della giovane, ma piu per restituirla a suo pa dre, il quale e andato per molti paesi vagabondo, e mentre cercava della figliuo la, fu in questa guerra preso nella rocca di Elefantina, dove facendo io la rassegna di quelli, che s erano nella battaglia salv ati, vi trovai costui, il quale mi prego , che io dovessi mandarlo alia clemenza tua. Egli e costi, oltre gli altri ambasciatori. Sono i costumi suoi suf ficient! a far fede della sua nobilta, ed il solo aspetto e bastevole a commovere e pcrsuadere altrui. Pregoli Sire , che tu lo mi rimandi lieto, e padre non so lamente col nom e, ma con gli efietti ancora. Avendo Idaspe letta la lettera, domando agli ambasciatori, quale e di voi colui, che cerca la figliuola ? Mo-

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L I B R O a w , muovere qualche lite contro le stesso, prese brievemente a raccon* tar quello, che nuocere non potea, e cotmncio: Sire , io avea una figliuola, cbe se voi veduta 1 aveste giudichererte che di prudenza e di bellezza io potesa meritevolmente lodarla. Era dunque costei vergine, e roinistra del tempio di Diana in D e lfo . Questo generoso giova e, il quale e di Tessaglia, venuto in Delfo rhe e la mia patria come principe < k contemplatori, per eseguire un suo ewto costume patrio, di nascosto m* inidb costei del mezzo della secreta c^pella, del mezzo dico della secreta ppella d Apolline. Onde si puo raponevolmente affem iare, che egli sia #ato scellerato anche contro di voi ( perraoche lo Dio nostro Apolline non e al to cbe Sole ) avendo vituperato il o tempio. F u gli a cosi vituperevole apresa favorevole un certo falso Profoa Menfitano. Essendo io dunque pervenuto in Tessaglia, e domandatone a cittadini, non potei ritrovarlo. Con detternii que1 di Tessaglia, che doio lo potessi in questa fuga tropotessi far di lui U mio volere, di uomo scellerato e degno di *ppliii0. Stimando io dunque, che ricor*o della sua fuga fosse Menfi patria di Cdaande; cola me n'andai, e trovai Cala*e, come si convenia, essere morto; ma ^ da Tiamo suo figliuolo awertito di wtigli accidenti della mia figliuola, e di nascoso era stata mandata a ad Oroondate j venni anche colk, non trovai ne Oroondate ne Siene; f*" per la guerra fui preso in Elefan a . Ora vengo a te supplichevole per **> *are la mia figliuola. Faiendo questa fr*,ia a me uomo infelicissimo, non dispiaeere ne anche a te , percioc* eertrerai di fare stima del Vicere 25 ** j* della sua ambasceria. Il vec7 * Wrf detto si tacque, amaramente ^6**. Ma Idaspe, volto a Teagev $ disse, che rispondi tu a queEd egli: Tutte queste accuse sono *** 5 io sono stato ladro ingiusto e foirtatore verso di costui, ma liberale f "eD *fico verso di v o i. Restituisci dun,P ,e disse Idaspe, la fanciulla altrui, ^iofcbc sii sacrificato agli D ii, e so-

D E C I M O atenga roocte onorevole per il sacrifi cio , e non ragionevob per la pena. Egli e ragionevole, rispose Teagene, che restttuisca il furto, non colui che l'h a involato, ma colui che lo possiede. Rendilo dunque, a lui se anch* ei non confessa Carichia essere tua figliuola. Mon pote alcuno star piu paziente, ma si levo incontanente fra tutti romore e eonfusione. Ma Sisimitre, il quale appieno informato di quanto si diceva e faceva, aspettando che k cosa meglio e piu chiaramente si manifestasse, avea buona pezza sofierto, corso a Caricle, lo abbraccio, dicendo: Egli e ben sal va la fanciulla, creduta tua figliuola, che ti fu da me data; ed e veramente figliuola, ed fe stata ritrovata da costo ro , che tu vedi. Carichia uscita dalla tenda, posposta la naturale ed all eti sua convenevole vergogna, come barcant e e furiosa correndo, si getto alle ginocchia di Caricle, dicendogli: o pa dre , o a me di non minore osservanza di coloro, che m* hanno generate, prendi quella pena, che ti piace di me scellerata ucciditrice della tua vita; o che vogliamo cio essere avvenuto per vole re degli D ii, o pure senza alcuna loro disposizione. D alialtra parte Persina molestava Idaspe , e gli diceva: sii certo, marito m io, che queste cose sono vere 5 risolviti ormai a credere, che que sto giovane greeo e sposo della nostra figliuola. 11 popolo ancora con liete voci mostrava acconsentire , e tutti dogni eta e fortuna s allegravano di questo aflfare ; benche il piu di quello, che si diceva, non intendessero, nondimeno comprendevano la verita per quello, che prima avea fatto Carichia; o forse per ispirazione divina, la quale tutto quello, come in scena rappresentava, venivano in contezza della verita; ed era eziandio cagiorte di congiungere e mescolare in sieme cose contrarissime. Vedevasi la allegrczza e ia mestizia, il riso e le la grime essere insieme aggiunte ed uni te , e quelli che erano raistissimi, volgere la mestizia loro in festevole allegrezza. Vedevasi in uno stesso tempo i medesimi ridere e piangere, allegrarsi e dolersi, parte per avertrovatiquelli, che non cercavano , e parte per aver

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T E A G E N E

C A R I C H I A congiangersi insieme a fine di generaref figliuoli. E se a voi pare, volgiamod a sacrificare, e co sacrificj confermiamo questo fatto. Avendo egli cosi detto, 1* eserdto con liete grida approvo il tut to , e percotendo insieme le maid fe grande strepito, -in segno che le none erano gia compite. Dopo questo Idaspe accostandosi agli altari, e dovendodar principio ai sacrificj, parlo in questa guisa: o Dio nostro S o le , e tu o La na nostra D ea , poiche Teagene e Ca richia sono per volonta vostra stati dichiarati marito e moglie ragknevol mente ad essi conviene essere vostri sa cerdoti. E cosi detto, tolta a se ed a Persina di capo la mitra , ch* era il se gno del sacerdozio, la sua in capo a Teagene, e quella di Persina pose ia capo a Carichia; per lo qual fattoCarid e conobbe il sentimento dell* Oraco lo di D e lfo ; e ritrovo avere avuto effetto il pronostico gia buon tempo innanxi fatto dagli D i i , il quale disse, ch e* giovani, che fuggendo di Delia,

perduti quelli, d ie loro pares d avere ritrovati. Vedevansi in somma l aspettate ucdsioni, cangiarsi in dvile ed onesto sacrificio. Perdocche Idaspe voltatosi a Sisimitre disse, che dobbiamo noi fare saggio Sisimitre ? Negare i sa crificj degli D ei e cosa empia; scannare quelli, che essi d hanno donati, e cosa scellerata. E i bisogna dunque avvertire quello, che intorno a d o sia da fare. Sisimitre non in lingua greca, ma per esser da tutti inteso, in lingua egiziana parlando rispose: la troppa allegrezza, Sire, adombra ( come si pare ) le menti anche degli uomini prudentissimi. T u potevi buona pezza fa comprendere, che gli D ii non approvano il sacrificio, che tu hai apprestato. Pri mieramente ei t* hanno di su gli stessi altari consegnata la felicissima Carichia per figliuola; ed hannoti come alia sprovveduta mandato il balio di lei fin dal mezzo della Greda. Quindi hanno messo terrore e tumulto co buoi e cavalli agli altari legati. Ed ora, accio tu comprenda che piu perfetti debbono farsi questi solenni sacrificj, ti hanno arrecato la somma e la perfezione della fe licita , ed hannoti appresentato, come lume e splendore del tutto, questo gio vane forestiero sposo della fanduua. D eh! conosciamo per D io i divinimiracoli, concordiamoci, e facdamo se condo il voler loro; celebriamo piu pii sacrificj; togliamo via anche nel tempo avvenire l uso di sacrificare gli uomi ni. Poiche Sisimitre chiaramente, e con alta voce s i, che poteva da tutti essere udito, ebbe in questa guisa parlato, Ida spe, presi per mano Teagene e Cari chia anch* egli Egiziano parlando disse: egli e empia e scellerata cosa, uditori m iei, essendo le cose passate come voi veduto avete, il contrapporsi alia volonta degli D ii. Laonde poiche, e que sti testimoni affermano il fatto passare di questa maniera, e voi mostrate d es sere con esso loro d un medesimo parere; io dichiaro le nozze tra questi due giovani; e concedo loro che possano

Andran del Sole all* arsa e nera terraj Quivi orneran3 premio all* onesta vita D i bianca benda le lor nere tempie.
Essendo dunque i due giovani incoronati di bianche mitre , ed essendo insieme stati da Idaspe cinti delle insegne sacerdotali, celebrarono essi i sa crificj, al lume di accese lampadi, eda soave e dolce suono di pifferi, flauti, ed altri musici strumenti. Quindi sopra on carro da cavalli tirato Teagene insieine con Idaspe, e sopra un altro Sisimitre insieme con Caricle, e sopra uno tira to da*bianchi buoi Carichia insieme con Persina, furono a Meroe con liete voci, con plausi e con canti accompagn ati; e quivi con la maggiore aUegrezza del mondo dierono comptmento agli effetti piu secreti delle nozze. Tale fu il fine della storia Etiopica di Teagene e C arichia, la quale composi io Eliodoro figliuolo di Teodosio, della stirpe del Sole, nato nella riUa di Emesa di Fenicia.

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