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Karma
Al primo canto del gallo, il sole ancora sonnecchiava. Tard qualche minuto quel d, a farsi strada tra le nuvole, quasi non avesse voglia di rovinare una notte tanto fresca e deliziosa. In pochi attimi, l'alba entr dalle nestre, nella grande casa del marchese di Chasles. Per una strana abitudine, ereditata probabilmente da suo padre, Mathias dormiva con le nestre aperte. Gli piaceva essere svegliato dai primi raggi del sole mattutino. In quegli istanti, tra il sonno e la veglia, tesseva le trame pi belle che la sua giovane mente potesse creare. Vedeva, oltre la pellicola sbiadita del sogno, posti incantati e fanciulle dagli occhi misteriosi, citt sconosciute e uomini con il turbante, bestie curiose e cieli solitari. Quella notte, era stato nanche in un remoto angolo del deserto, dove la strada si perdeva sotto le scarpe e la malinconia si tramutava in coraggio. Lontano dal suo letto, la citt brulicava gi di piedi battenti, sulla polvere dei marciapiedi. Durante quei minuti, che spesso riempivano un'ora intera, Mathias dipingeva con sapiente maestria una realt che presto sarebbe svanita, nel vigore scalpitante della giovinezza estiva.

Anche quel giorno per si sarebbe alzato. Per motivi a lui sconosciuti, aveva un

karma

tempesto-

so, pieno di battaglie e di rinunce, che gli assicurava una notte serena ed un risveglio lucidissimo. L'inganno del cavallo all'inizio - disse, alzando il busto e accovacciandosi sul letto - questi certamente non sa comprendere, n tanto meno udire la voce del cocchiere. Era cos ormai da tempo. Si svegliava bruscamente quando dagli inssi di legno entrava l'odore del pane caldo, e per qualche misterioso motivo, sconosciuto a lui stesso, spezzava il lo del silenzio, che a lungo aveva vibrato nella notte, con una frase senza senso. Nel lontano tepore di uno stesso Maggio, qualche eone pi in l, avrebbe sentenziato 

Merda! 

Con aria di certezza, esalando l'ultimo respiro.

Vladjvostoika
Ti sei mai chiesto quale funzione hai? (Pollution, Franco Battiato)
Era un mattino assolato per le strade della Russia orientale. Un viandante s'arrestava dinnanzi ad un ostacolo che non aveva previsto. Un semaforo. Ora, sia ben chiaro, ne aveva viste di cose del genere nella sua vita. Aveva, ad esempio, mille volte visto le gambe delle girae intralciare la caccia dei boscimani, nell'Africa sub-sahariana. Nel Vietnam meridionale aveva assistito alle bizzarre feste attorno all'albero della cuccagna. In pi occasioni era stato costretto ad interrompere il suo cammino, per riscaldarsi ad un fuoco improvvisato dagli armeni presso Smirne, ascoltando la storia del

luvio prima del diluvio,


nelle novene dei curdi.

di-

o l'epopea di Gilgamesh,

Quel giorno, per, la civilt occidentale l'aveva davvero stupito. A cosa mai poteva servire un palo giallo, con sopra degli strani colori lampeggianti, in mezzo ad una via calpestabile? Uno strano presentimento iniziava a ronzare nella sua mente. Lo scacci immediatamente, scrutando il cielo, in cerca di qualche strano animale che avrebbe potuto nutrirsi della luce del misterioso palo.

D'un tratto, da una strana vallata di pietra grigia, sent giungere un frastuono fastidioso. S'accorse inne di alcune strane creature di lamiera. Un rombo ne segnalava l'arrivo, vagamente simile al barrito di un elefante, al ruggito di un leone rauco. Decise allora di proseguire per quella strana via, che sembrava condurre ad una citt molto grande. In pochi passi si trov accerchiato da strani ominidi indaarati e veloci. Ci che lo sconvolse fu la natura di quella velocit, molto diversa da tutte le velocit animalesche della caccia, da tutte le velocit ossessivamente precise dei pinguini e delle renne, dei bisonti e degli stormi, dei soldati a cavallo. Fu cos che comprese molte delle cose che aveva letto e sentito in oriente, gli insegnamenti di suo padre e i versetti delle upanishad, le danze dei dervisci e gli stranissimi riti degli ind. Comprese la corrente che l'aveva sorato pi volte, e che pi volte i suoi maestri avevano fermato con persecuzioni sistematiche e severe. Vide nalmente che, nell'universo, tutto o sale o scende. Sent le macchine parlare e pensare, ud che non sapevano nulla di loro stesse. Prima di voltarsi denitivamente, per tornare da dove era venuto, pos volontariamente lo sguardo su quegli strani aggeggi meccanici, poi su quelli che aveva sentito autodenirsi

uomini.

Per i suoi

occhi istruiti al mondo e all'umanit, alla civilt e al progresso, non erano diversi. In quell'istante imparava che davvero esistevano, le macchine umane. E uomini pi meccanici delle stesse macchine. Mai avrebbe creduto che un uomo meccanico potesse essere cos poco utile. Ma adesso lo sapeva, vi erano macchine che superavano quell'uomo. Incredibile. Sulla via del ritorno, osserv con scrupolo, nuovamente, il semaforo della Vladjvostoika, sussurrando a bassa voce: tsi sei mai chiesto quale funzione hai?

Quella storia
I
Quella storia iniziava cos. Come cominciano i libri scritti male, o i lm di Natale. Era la settecentotrentunesima volta che si trovava su quell'autobus fermo al capolinea. Mentalmente fece un rapido calcolo: sarebbero bastati venti minuti per giungere a casa, esattamente cinque fermate. Tu le mani in tasca, disegn con la memoria un antico

carillon

di gesti, che

n da un lontano momento della sua adolescenza rappresentava un tratto distintivo del suo

io.

Pens che certamente la vita, l'universo e tutto ci che i suoi colleghi etichettavano con sarcasmo

questione metasica, dovevano avere una risposta.

Non c'era altra spiegazione al fatto che, nell'arco di sette anni, circa un terzo del suo miserabile soggiorno sulla terra, pur inlandosi le cuette dell' iPod sempre distrattamente, non gli fosse mai capitato di ritrovare l'auricolare di destra nell'orecchio sinistro e viceversa. Sbu, come era solito fare centinaia di volte in una giornata, osservandosi intorno. Un'anziana signora - troppo matura per provarci, aveva gi sentenziato il suo subconscio superciale - stava amabilmente litigando con il proprio

ombrello, per sedersi sul sedile pi piccolo e scomodo di un autobus che, come aveva appena potuto notare, era totalmente vuoto. Decise di aiutarla, d'altronde  pens  la generosit un vizio che i pi riescono a mascherare facilmente. Permette signora? Se vuole le do una mano... Oh, grazie giovanotto, sa com', nun m'areggo manco pi in piedi! La voce della donna era esattamente come se l'era immaginata, in un recondito angolo della sua mente, ripescandola dal ricordo della sua infanzia, piena di vecchiacci ubriachi e nonne ricamatrici. Per un attimo pens che certa gente non avrebbe dovuto arrischiarsi a mettere piede fuor di casa, ma immaginandosi ottantenne e con l'anello al dito, decise che non erano questioni di cui lui avrebbe dovuto occuparsi, almeno per il momento. Si guri! disse. Oggi 'un se trovano pi i regazzi d'en tempo... Pensa che ieri due stavano a scazzottarse, se s fermati a ride e uno fa, indicando un cartellone: 'guarda te che faccia da scemo che tiene 'sto Aldo Moro!' Te renni conto? Non sapendo come manifestare, e soprattutto giusticare, la propria indierenza riguardo ad Aldo Moro, alla cultura moderna, alla politica, e a quel paese che qualcuno si ostinava ancora a chia-

mare Italia, rispose, senza alcun calore, con faccia rassegnata: Eh, non ci sono pi valori.... Eh gi! Nun se p scambi Berlinguer co' quel jo de' 'na mignotta de Moro! Sorrise per gentilezza, ma ne aveva gi ampiamente piene le tasche di quell'odiosissima vecchiaccia comunista. Andandosi a sedere al suo posto, si accorse che era stato occupato da un'incantevole ragazza bionda, probabilmente una studentessa, pens. Si sedette accanto a lei. Specchiandosi nei vetri del bus riusciva ad osservarla, senza che se ne accorgesse. Fu cos che il suo sguardo, oltrepassando la cortina dell'attenzione e il limite sico del vetro, lo inform che fuori stava iniziando a piovere. Ottima occasione, pens. Poteva rompere il ghiaccio lamentandosi che, per l'ennesima volta, il sole si era nascosto e stava piovendo, mostrandosi costernato per l'instabilit metereologica di quella citt, i cui servizi non funzionavano mai a dovere nelle giornate di pioggia; ed avrebbe aggiunto, se necessario, che, a dirla tutta, nemmeno gli altri giorni funzionava nulla in quella fantomatica capitale, e la colpa era certamente dei politici, della gente che li votava, di quella che non li votava, e della vita, come sempre.

Gli bast passare in rassegna gli argomenti della possibile chiacchierata d'approccio con l'aascinante signorina bionda, per convincersi a desistere. Non avrebbe mai cavato un ragno dal buco, e peraltro non aveva nemmeno voglia di rischiare. Le donne avevano gi disseminato abbastanza trappole nel suo passato. Accese l'iPod, tenendo la mano in tasca. Pochi secondi e gli archi di un'antichissima aria Haendeliana avrebbero bombardato i suoi timpani. Avrebbe sentito il primo violino attaccare alla terza battuta, leggermente sulla destra; e poi la voce del tenore entrare al centro, con sconvolgente potenza.

II
Per uno di quegli strani fatti della vita, che qualcuno solito chiamare casi, gli tornarono alla mente alcune parole, lette la sera precendente, prima di andare a dormire: C' uno sventurato punto debole nei contemporanei: chiedono consigli, ma non vogliono aiuto, vogliono solo trovare quello che gi si aspettano. Era il signor Gurdjie che parlava a quel modo. Sent che stava per cedere al usso incontrastato dei pensieri, rischiando quello che lo stesso

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Mounsier G

- cos si era soliti chiamare Gurdjie

nei suoi gruppi di lavoro - deniva

identicazione.

Pens che forse era il caso di fare un riepilogo delle poche certezze che aveva raccolto nella vita. Un giorno avrebbero potuto chiedergli qualcosa al riguardo, e senz'altro doveva prepararsi ad una tale evenienza. Di poche cose era convinto, gli apparvero nettamente come in una delle tante liste della spesa che aollavano le tasche dei suoi giubotti: Il movente delle azioni sempre una domanda, il movente della domanda sempre la paura. Questo schema imprigiona l'uomo: avere un movente. Il tempo pensiero ed il pensiero tempo. In qualsiasi discorso, il solipsismo l'unica ipotesi da scartare a priori, per il solo fatto che non se ne possa parlare senza escludere di esserne vittima.

Per una trentina di secondi ripet i tre assiomi della sua teoria e decise che ne mancava uno, anche se non era convinto che lo fosse.

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Questa lista fatta di pensieri, di tempo, di risposte a delle domande. Questa lista una manifestazione dello schema di cui al primo assioma, pertanto non obiettivamente valida. In eetti quest'ultimo si poteva dedurre dal primo, pens, sentendosi innitamente piccolo e ancora una volta preda dell'insicurezza, distintiva dei pensatori solitari. Credette di essere in gabbia, ma una gabbia vera, non di quelle che si ricreano normalmente nella mente quando si pensa ad una gabbia. Una gabbia dalla quale si poteva uscire soltanto cercando di non uscirvi. Perch chi non cerca di uscire dalla gabbia, non solo non in gabbia, ma l'unico che ne ha annullato gli eetti reali.

III
D'improvviso il lo ben denito dei suoi pensieri fu squarciato da un rumore. Torn in s, chiedendo ai sensi informazioni fresche, e vagliandole una alla volta. sarebbe stato a casa. L'autista aveva acceso il motore del 163. Tra un quarto d'ora

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Dopo aver riposto l'iPod in frigo e le chiavi nel forno, avrebbe arpeggiato un'oretta in ed inne avrebbe acceso il computer. Si sent come tutti quegli uomini  una grande

Sol minore,

parte dell'umanit, credeva  che ogni giorno, di fronte allo stesso portone, tornando a casa, pensavano che avrebbero dovuto scrivere un libro sulla propria vita. E proprio come accadeva a costoro, il senso di vuoto gli annebbi la vista, e comprese che non l'avrebbe mai fatto. Fuori pioveva, l'autobus pieno scintillava nella sera ed accompagnava il frastuono dei pensieri. I suoi, quelli degli altri passeggeri, dei passanti, di tutti. Aveva vissuto quel momento mille volte, si disse. E l'universo era un gatto che si mordeva la Se la bocca era l'uomo e la coda la realQuello coda.

t, a dividerli restava sempre uno spazio. scambiavano con la vita.

spazio era il pensiero, che molti uomini, come lui, Forse questa storia niva qui, pens, e ne fu terribilmente convinto. Forse ogni storia terminava qui. O l, non importava. Di una cosa era certo: che quella sera avrebbe acceso il computer ed avrebbe iniziato a scrivere qualcosa. Per una strana causa che causa non mai di nulla, sapeva esattamente con quali parole, con quale frase iniziare. Quella storia iniziava cos.

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Sogno
Venne il buio, che lacera i segreti e frantuma le speranze. Il buio grumoso di sogni, umido di passioni visionarie. Si spegneva in pochi battiti la citt. Il frenetico tramescolare di pensieri e sensazioni, suoni, odori. S'assopiva piano. Alla oca luce del loro piccolo e impavido amore di stanza, s'incamminarono per le strade vuote. Come due ladri, nella notte. Sulle note di una vecchia canzone francese, scivolavano sotto calde stelle di vetro. Mano per mano, cantando, premevano la lama del coltello contro il collo della notte. Niente luna, per noi - avrebbero potuto dire. E nessun Dio, verr a salvarci. Perch quando si in due, tutto parola e inconsistenza. Solo la pelle un orizzonte reale. Il tremare luccicante degli occhi avrebbe inammato la citt, ma si guardarono con ruggente desiderio. E nessuna luce cadde dai loro sguardi. Mano per mano, cantando quella vecchia canzone di Edith Pia. Complici nel furto obbligato delle loro vite appese a un lo.  La notte fredda, stanotte disse lui.  Far il suo colpo rispose lei. In pochi palpiti si spogliarono delle poche vergogne del mondo, distrussero ogni cornice. Vi sar capitato di vederli, certamente, nella luce vibrante dei vostri sogni invernali.

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Tornando a casa, la campana. Cinque colpi ben assestati. Cinque. Risate. La notte nostra.

Perdersi una dimensione sovra-umana. Perdersi non delle cose, o degli uomini. Perch sia le prime che i secondi hanno un destino ben tracciato, con curve perfette, sul foglio del tempo. Perdersi prerogativa del mondo, o di un Dio. Gli uomini si illudono di perdersi, o ritrovarsi, mille volte. Ma sono sempre sulla cresta denita del loro percorso in bianco e nero. Netto. Segnato.
Ma ciascuno ha la sua casa, dovunque essa si trovi. E spesso siamo le case gli uni degli altri, anche senza saperlo. Aperta la porta, il desiderio ebbe la forza di milioni di catene, cento aquile, le zanne di un cinghiale. Si amarono no all'alba. Senza chiedersi scusa, mai, per la veemenza dirompente con cui l'amore violentava le loro vite, il loro tracciato, la curva esatta e stretta del destino.

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