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TUTTE LE OPERE
DI
SANTAMBROGIO
edizione bilingue
a cura della Biblioteca Ambrosiana
promossa dal cardinale
GIOVANNI COLOMBO
arcivescovo di Milano
in occasione del XVI centenario
dellelezione episcopale di SantAmbrogio
COMITATO DIRETTIVO
CARLO M. MARTINI
GACOMO BIFFI
BERNARDO CITTERIO
GIANFRANCO RAVASI
ENRICO
ANGELO PAREDI
ADRIANO BAUSOLA
FRANCESCO VERZELERI
ANTONIO QUACQUARELLI
GIULIO VISMARA
cardinale, arcivescovo di Milano
cardinale, arcivescovo di Bologna ,
vescovo ausiliare di Milano
prefetto della Biblioteca Ambrosiana
prefetto emerito
della Biblioteca Ambrosiana
prefetto emerito
della Biblioteca Ambrosiana
rettore dellUniversit Cattolica
del Sacro Cuore
abate di S. Ambrogio
dellUniversit di Roma
dellUniversit di Milano
SEGRETERIA
ANGELO PAREDI INOS BIFFI
ANGELO PAREDI
e MIRELLA FERRARI
COLLEGIO DI REVISIONE
per il testo latino
GABRIELE BANTERLE
e INOS BIFFI
UMBERTO COLOMBO
ENRICO GALBIATI
per la traduzione
per la lingua italiana
per le citazioni bibliche
PRESENTAZIONE
Il proposito di promuovere la presente edizione di tutti gli
scritti di S. Ambrogio nato nel nostro animo durante Vanno del
XVI centenario della elevazione del santo Dottore alla cattedra
episcopale di Milano. Mentre la ricorrenza ci induceva a ripen
sare alla sua figura dolce e forte, all'azione provvidenziale da lui
svolta nella nostra terra, allattualit del suo pensiero e del suo
esempio, si moltiplicavano le ragioni persuasive dell'opportunit
di questa lunga e difficile impresa.
In primo luogo stato il desiderio di compiere un'opera di
cultura che rendesse pi vicino e accessibile uno scrittore della
statura di Ambrogio. Ovviamente il compito di attendere a questo
impegno spettava a quella Chiesa che va altera di chiamarsi am
brosiana; essa lo ha sentito come un gesto di piet filiale dovuto
alla memoria di un padre ancora cosi presente e vivo tra noi.
Inoltre, e piti profondamente, maturata in noi la consape
volezza che oggi gli Italiani hanno bisogno dellinsegnamento di
questo maestro in cui i valori della romanit e della rivelazione si
sono fusi in modo originale e armonioso; egli maestro di uma
nit, per unepoca che si fa sempre pi violenta e crudele; mae
stro di libert, che ammonisce a non vendere il bene massimo della
coscienza a nessun principe, antico o nuovo che sia; maestro
di fede, che con laltissima ispirazione religiosa delle sue pagine,
pu reinfondere unanima vigorosa e nuova a una societ desolata
dallassenza dei valori, inaridita dalle prospettive secolaristiche.
Ci ha stimolato infine lansia pastorale di rispondere secondo
un disegno ampio e meditato alle necessit della Chiesa di Milano
in un difficile momento della sua storia. Milioni di persone, arri
vate tra noi da gni angolo della penisola nel breve arco di due
decenni, hanno fatto della nostra terra un crogiuolo di stirpi, di
tradizioni, di dialetti diversi. I problemi umani che ne derivano
sono ardui, numerosi e certo non risolvibili a breve scadenza-
8 PRESENTAZIONE
Di fronte a questo rivolgimento storico, qualcuno, mosso da
una visione pi generosa che illuminata, ritiene che la Chiesa di
Milano debba attenuare le sue note caratteristiche, perch i nuovi
arrivati possano adattarvisi pi agevolmente. Il contrario vero:
quanto pi imponente l'ingresso tra noi di genti lontane tanto
pi la nostra Chiesa deve saper offrirsi con la sua inconfondibile
identit, deve andar loro incontro col suo volto chiaro e ricono
scibile: solo cosi potr improntare e animare di s il popolo nuovo
che nascer da questa lunga e travagliata fusione. Diversamente,
accolti in una societ anonima e grigia, tutti conserverebbero le
proprie diversit e continuerebbero a sentirsi irreparabilmente
stranieri e senza speranza. Gli ospiti nuovi si accolgono non de
molendo la nostra casa, ma irrobustendola, ampliandola e ren
dendola accogliente si, ma nel rispetto della sua originaria ar
chitettura e della sua primitiva spiritualit.
I n questo disegno assume una chiara significazione la rina
scita sempre pi vigorosa e caratterizzata della liturgia am
brosiana.
I n questo disegno s'inquadra la salvaguardia e il rinnovamen
to delle nostre tipiche forme di pastorale.
I n questo disegno il pensiero e la parola di S. Ambrogio
che stanno allorigine della nostra specifica identit ecclesiale
sono proposti alla lunga meditazione del clero e del laicato della
Chiesa di Milano, perch il ritorno alle sorgenti ci aiuti a rispon
dere agli interrogativi del mondo di oggi con la forza interiore
di chi sa di avere nella sua storia una ricchezza che non teme
confronti.
Proprio perch siamo un albero molto cresciuto ed esposto
a bufere, sentiamo il bisogno di avere radici robuste e profonde.
Lalta impresa affidata alla Biblioteca Ambrosiana, sede
prestigiosa di studi severi, che chiamata non solo a custodire
ma anche a rendere eloquenti e attuali i tesori di cultura della
nostra storia religiosa e civile. Siamo certi che il glorioso istituto
federiciano non deluder le nostre attese e che in un breve giro
di anni una serie di volumi agili e sobriamente eleganti ci offrir
tutte le pagine di Ambrogio, nel loro testo originale accuratamen
te ricostruito e in una semplice e dignitosa versione in lingua
italiana.
PRESENTAZIONE 9
Sul lavoro felicemente avviato e sulla larga schiera di coloro
che vi profonderanno le loro fatiche invochiamo di cuore la be
nedizione di Dio.
G i o v a n n i Co l o m b o
cardinale arcivescovo di Milano
SANCTI AMBROSII EPISCOPI MEDIOLANENSIS
OPERA
1
EXAMERON
recensuit Carolus Schenkl
Mediolani Romae
Bibliotiieca Ambrosiana Citra Nuova Editrice
MCMLXXIX
SANT'AMBROGIO
Opere esegetiche I
I SEI GIORNI
DELLA CREAZIONE
introduzione, traduzione, note e indici
di
Gabriele Banterle
Milano Roma
Biblioteca Ambrosiana Citt Nuova Editrice
1979
II edizione, novembre 1996
La I ed. del volume stata pubblicata con il contributo della Fondazione
S. Ambrogio per la Cultura Cristiana, sostenuta dal Dr. Ing. Aldo Bonacossa
Biblioteca Ambrosiana, P.za Pio XI, -2 - 20123 Milano
Citt Nuova Editrice, Via degli Scipioni, 265 - 00192 Roma
ISBN 88-311-9150-0
INTRODUZIONE
Fino dai primi secoli della Chiesa molti furono gli esegeti del
primo capitolo della Genesi Per ricordarne solo alcuni, citeremo
Origene * e S. Basilio di Cesarea fra i Greci, Lattanzio * e S. Ago
stino^ fra i Latini. Possono spiegare questo interesse, che si pro
lunga nel corso del tempo, sia le ragioni liturgiche che con
sigliavano di commentare testi largamente impiegati durante le
celebrazioni quaresimali sia, soprattutto, la necessit dillustrare,
specie in contrapposizione con i vari sistemi ereditati dalla filo
sofia classica, lorigine del mondo, punto di partenza per la storia
della salvezza^.
Si comprende perci come anche S. Ambrogio abbia ritenuto
opportuno affrontare tale argomento, probabilmente nel corso del
la Quaresima del 387, e precisamente nei sei giorni della Setti
mana Santa dal 19 al 24 aprile''.
Lo svolgimento della predicazione pu essere cosi ricostruito:
1 giorno: I sermone, 1, 1,1- 6,24 (mattina);
I I sermone, 1,7,25-10,38 (pomeriggio).
1 H. Ca z e l l e s e J .P. B o u h o t ^ I l Pentateuco, trad. ital., Paideia, Brescia
1968, pp. 49-54.
* Dodici Libri sulla Genesi {Hexaemeron); sedici Omelie sulla Genesi, di
cui la prima sulla creazione; forse altre omelie sempre sulla Genesi. Della
prima opera rimangono solo frammenti; della seconda, una versione latina,
non sempre meticolosamente fedele, di Rufino (400-404 c.).
* Nove Omelie sulVHexaemeron. Si potrebbero qui aggiungere le anaIo>
ghe opere di S. Gregorio di Nissa e di S. Giovanni Crisostomo.
*De opificio mundi. . . .
De Genesi contra Manichaeos; De Genesi ad litteram imperfectus liber
e, soprattutto, dodici libri De Genesi ad litteram sui primi tre capitoli della
Genesi.
Ca z e l l e s -Bo u h o t , op. cit., pp. 55-56.
^J J l . Pa l a n q u e , Saint Ambroise et l'empire romain, De Boccard, Paris
1933, pp. 520 e 759; F. H o m e s Du d d e n , The life and times of St. Ambrose, Cla-
rendon Press, Oxford 1935, II, pp. 679-680.
Le altre date proposte oscillano fra il 386 e il 390. In genere non si
accetta la data 386, perch nelle omelie ambrosiane non c' traccia della ten
sione provocata dalla lotta contro gli ariani. A favore di tale data non mi
sembra decisivo largomento ricavato da Auc., Conf., VII, 3, 5, 1: vedi P.
CouRCBLLB, Recherches sur les Confessions de Saint Augustin, De Boccard,
Paris 1950, pp. 99-102.
Che la predicazione sla durata sei giorni risulta chiaramente da quanto
si dice allinizio del nono discorso (sesto giorno): Qui (sermo) etsi per quinque
iam dies non mediocri labore nobis processerit... (VI, 1, 1).
2* giorno: I I I sermone, II, J, 1 -5,22 (pomeriggio),
giorno: IV sermone, III, 1, 1 ~5, 24;
V sermone, III, 6,25 - 17,72.
4 giorno: VI sermone, IV, 1,1-9,34 (pomeriggio).
5 giorno: VII sermone, V, 1,1 -11,35;
V i l i sermone, V, 12,36 - 24,92 (separato da un breve
intervallo dal precedente e pronunciato nel pome
riggio).
6 giorno: I X sermone, VI, 1,1 -10,76 (manifestamente nel po
meriggio) .
I vari momenti della creazione sono cosi distribuiti: nella pri
ma giornata, cielo, terra (I) e luce (II); nella seconda, firmamento
(III); nella terza, -acque (IV) e piante (V); nella quarta, sole, luna
e stelle (VI); nella quinta, pesci (VII) e uccelli (Vili); nella sesta,
animali e uomo (IX).
Evidentemente un'opera cosi impegnativa presuppone nell'au
tore non solo il possesso d'una cultura generale, teologica e pr-
14 INTRODUZIONE
PALANQUE, op. cii., p . 438; D u d d e n , op. cit., II, p . 679.
Per il terzo giorno non ci sono precise indicazioni; si deve per ritenere
verosimile die il quarto sermone sia stato pronunciato al mattino e il quinto
al pomeriggio. Per il quinto giorno, invece, risulta dalla nota del testo ta
chigrafico, rimasta all'inizio dell'ottavo sermone (V, 12, 36), che questo venne
pronunciato dopo un breve intervallo {E t cum paulolum conticuisset) dal
discorso precedente. Poich, come vedremo nel seguito di questa stessa nota,
l'ottavo sermone fu .tenuto nel tardo pomeriggio, assegnerei il settimo alle
prime ore del medesimo pomeriggio.
Il Paredi (La liturgia di S. Ambrogio, in Sant'Ambrogio nel XVI cente
nario della' nascita , Vita e Pensiero, Milano 1940, pp. 139-141), sul fonda
mento d Exam., V, 11, 35; 24, 88; 24, 89; 24, 90; 24, 92, in confronto con Epist.,
XX, 25-26, ritiene che i due discorsi assegnati alla quinta giornata (VI I e Vi l i )
non siano stati pronunciati il quinto giorno della Settimana Santa, e cio il
venerd, bens il giorno precedente, e che quindi la divisione o l'assegnazione
dei vari discorsi che formano i sei libri sia da rifare.
Senza entrare nel merito dei problemi, per altro controversi, connessi
con la liturgia dei tempi di S. Ambrogio, credo assolutamente certo che il se
sto sermone venne pronunciato nel tardo pomeriggio del quarto giorno, e
cio del Gioved Santo: Sed iam cauendum ne nobis in sermone dies quartus
occidat; cadunt enim umbrae maiores de montibus, lumen minuitur, umbra
cumulatur (IV, 9, 34). Non mi pare infatti possibile sostenere che lespres
sione dies quartus si riferisca alla creazione anzich alla predicazione (cf.
anche I I , 5, 22). Ritengo inoltre altrettanto certo che i nove sermoni seguano
l'ordine del primo capitolo della Genesi (cf. VI, 2, 3), sicch il settimo e l'ottavo
non possono essere stati tenuti prima del sesto, cio la mattina del Gioved San
to. Del resto, anche l'ottavo sermone si conclude con unindicazione che non
lascia dubbi: ' ...e/ gr'atulemur quod factus est nobis uesper, et fiat mane
dies sextus. Si veda inoltre, nello stesso discorso, l'accenno alla stanchezza
che potrebbe indurre al sonno gli ascoltatori (V, 12, 37).
Quanto all'ipotesi che una probabile successiva rielaborazione abbia provo
cato qualche spostamento o ampliamento delia materia, essa certamente ve
rosimile. In ogni caso, la storia di Giona (V, 11, 35) si prestava egregiamente
per concludere l'elogio del mare, come la negazione di Pietro veniva a propo
sito parlando della notte e del canto del gallo. L'episodio di Giona, del resto,
richiamato anche da S. Basilio appunto'nella perorazione della settima omelia
(164 A = 69 C), mentre l esempio del gallo citato verso la fine dell'ottava
(181 C = 77 C).
fana, adeguata ai temi affrontati, ma anche il ricorso, piti o meno
immediato, a fonti particolari. Per i primi quattro paragrafi ci
soccorre l'approfondita ricerca del Ppin^ che rinvia, oltre che
ai Philosophumena dIppolito, al Cicerone del De natura deonim
e probabilmente deZ/ 'Hortensius, a Filone, forse ad 'E pitome di
Filodemo, senza escludere a priori la conoscenza diretta del De
philosophia del giovane Aristotele, non ancora indipendente dal
linflusso platonico. Ma pi in generale, trascurando per il mo
mento le fonti dell'informazione scientifica di cui diremo in se-
guito, per l'intera opera bisogna risalire, oltre che a Cicerone e
a Filone, quanto meno ad Origene e a S. Basilio di Cesarea
A questo proposito inevitabile citare il famoso passo di S.
Girolamo, nel tentativo di chiarirne i limiti ed il significato: Nuper
Ambrosius sic Exaemeron illius (scilicet Origenis) compilauit, ut
magis Hippolyti sententias Basiliique sequeretur Sembra dif
ficile, specie se si considera il carattere polemico di chi scrive,
che il verbo compilare non assuma qui un significato niente af
fatto lusinghiero Ma anche ammesso questo, il senso dell'intera
frase continua a rimanere piuttosto oscuro. Secondo il Ppin,
d'aprs le contexte, Jrme semble vouloir dire qu'Ambroise
a gard une certaine indpendence dans l'usage de cet Exaeme
ron... En tout cas, Jrme conferme que les lments origniens
introduits par Ambroise dans son propre Exaemeron devaient se
trouver dans / 'Exaemeron dOrigne plutt que dans une autre
ouvrage du mme auteur .
Ad ogni modo difficile raggiungere una conclusione sicura,
perch sia / 'Hexaemeron di Origene che quello di Ippolito non
J . P p i n , Thologie cosmique et thologie chrtienne (Ambroise, Exam.,
I, 14), Presses Universitalres de Franca, Paris 1964, pp. 513-533.
Dissente dal Ppin E. Lu c c h e s i , L usage de Phiton dans l'oeuvre exgtique
de saint Ambroise, ecc., E.J . Brill, Leiden 1977, pp. 73-74 e, specialmente, n. 2,
il quale pensa ad Origene come a fonte imica o principale.
10Cio al e al perduto commento ai primi quattro capitoli
della Genesi, oltre che alla prima omelia in Genesim, che tratta della creazione.
II Lavati (I l valore letterario della esegesi ambrosiana, Archivio am
brosiano. XI, Milano 1960, pp. 88 e 92) ritiene che VExameron preceda la let
tura di Plotino. Vedi per anche P. Co u r c e l l e , Platon et Saint Ambroise, Revue
de philologie, 76, 1956, pp. 4647.
Ep. 84, 7; cf. anche Apoi. adu. Ruf., I, 2, PL, 33, 417 B.
Il T.L.L. considera compilare sinonimo di excribere = copiare ; cf.
H o r ., Sai., I, 1, 121; Ma r t ., XI, 94, 4. Veramente J . Labourt ( S a i n t J r m e ,
Lettres, IV, Les Belles Lettres, Paris 1954, p. 134) traduce: Nagure, Am
broise a compil de telle manire l'Hexamron dOrigne qu'il s'est attach
de prfrence aux opinions d'Hippolyte et de Basile . Tra compiler e piller
c' una certa differenza.
1^Op. cit., p. 417, n. 2. Il Paredi (S. Ambrogio e la sua et, Hoepli, Milano
I960*, p. 370) intende cosi: Girolamo che aveva sottocchio tutte e quattro
le opere (cio quelle di Origene, di Ippolito, di Basilio e dello stesso Ambr(>
gio) scrsse che Ambrogio diede una nuova redazione dell'Esamerone di Ori-
gene, seguendo pi da vicino Ippolito e Basilio che non Origene. Cio lopera
di S. Ambrogio pi curata quanto allortodossia .'Da S. Girolamo (De uir.
ili., c. 61, PL, 25, 707 A) sappiamo che Ippolito aveva scritto un .
Sui rapporti tra S. Ambrogio e S. Girolamo vedi A. P a r e d i , S. Gerolamo e
S. Ambrogio, in Mlanges Eugne Tisserant , voi. V (Studi e testi, 235), Bi
blioteca vaticana 1964, pp. 183-198 (in particolare pp. 191-192).
INTRODUZIONE 15
ci sono pervenuti invece possibile istituire un confronto con
/ 'Hexaemeron di S. Basilio; ma i risultati ne sono, a dir poco,
sconcertanti. Bisogna riconoscere, infatti, che nessun altro verbo
meglio di compilare potrebbe esprimere la realt del rapporto
tra TExameron di Ambrogio e il suo modello greco. A parte
limpostazione generale, larghissimi brani sono riprodotti testual
mente insieme con esempi, citazioni e persino formule di passag
gio da un argomento allaltro Addirittura, come osserva il P-
pin e come io stesso ho personalmente sperimentato, molte oscu
rit del testo latino si chiariscono agevolmente nel confronto con
quello di S. Basilio, data la maggiore precisione del linguaggio fi
losofico greco. La fonte, inoltre, non mai citata se non indiret
tamente, come per esempio a IV, 7,30, dove si parla di nonnulli
docti et Christiani uiri, ma soltanto per manifestare un dissenso
I l Paredi, dopo aver rilevato, non senza una certa sorpresa,
tale modo di procedere, lo spiega, sia pure in forma dubitativa,
con il carattere oratorio del libro Certamente un sermone
non un trattato, almeno nel senso moderno del termine, bens
un'opera nella quale linteresse che potremmo chiamare cultura-
le-scientifico cede il passo allinteresse pastorale. Nel secolo quarto,
poi, il concetto di propriet letteraria era ben diverso da quello
giuridico-morale dei nostri tempi. S. Ambrogio, insomma, attinge
idee e immagini che ritiene possano giovare ai suoi ascoltatori,
senza preoccuparsi d'essere originale, perch in lui dominante
Tanimus del pastore, non quello dello scrittore e del dotto.
un fatto per che Z'Exameron costituisce un caso limite. Anche
in confronto al De officiis, che pur deve tanto a Cicerone, risulta
di gran lunga meno personale nel contenuto, perch manca Vat-
teggiamento di contrapposizione polemica rispetto alla fonte.
Un'opera come / 'Exameron, per la materia trattata e gli svi
luppi che ad essa si davano, richiedeva nell'autore un adeguato
patrimonio di conoscenze scientifiche. Lo Schenkl^ elenca tra le
fonti lo stesso Basilio, i Prata di Svetonio, di Filo
ne e, per le api, le Georgiche di Virgilio. La leggenda della fenice
C. SCHENKL, S. Ambrosii Opera, CSEL, XXXII, p. XIII: Num uero recte
dixerit Hieronymus Ambrosium Origenis Hexaemeron, hoc est Commentarios
in Genesim, quorum paucae nunc reliquiae extant, compilasse profecto du
bitari potest.
SCHENKL, op. cii., p . XIII: I mmo Basilii, cuius sententias tantum eum
magis secutum esse Hieronymus refert, opus expilauit ita ut plerumque eius
dispositionem sequeretur, multa isdem fere uerbis redderet, longe plura
maiore usus uerborum ambitu exprimeret, denique in uniuersum interpretis
potius quam scriptoris munere fungeretur.
Op. cit., p. 372: Si la plupart des obscurits du texte d'Ambroise
disparaissent la lecture du. texte de Basile... .
IAerem quoque nonnulli etiam docti et christiani uiri allegauerunt
lunae exortu solere mutari; cf. Bas., 144 BC (61 AC).
Op. cit., p. 370. Su tale questione vedi anche ci che scrive M. Cesaro,
Natura e Cristianesimo negli Exameron di S. Basilio e di Sant'Ambrogio,
Dldaskaleion, VII, 1929, p. 59.
Op. cit.. pp. XVI-XVIII.
' (Eus., .., II, 18, 6).
16 INTRODUZIONE
(V, 23, 79) deriva dalla prima lettera di Clemente^, lepisodio del
canto dellusignolo (V, 12, 39) da un carme de/ ZAnthologia Latina
Sempre secondo lo Schenkl^*, Ambrogio non avrebbe usato la
Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, come sarebbe dimostrato
dal fatto chegli, non adopera mai, per lo stesso argomento, i me
desimi vocaboli impiegati dall'autore latino^. Non va taciuto che
le nozioni scientifiche di S. Ambrogio non sono, nella maggior
parte dei casi, frutto di osservazione diretta e che vengono accolte
da lui tradizioni leggendarie e opinioni infondate^*.
Come si potr riscontrare dai rimandi in nota alla traduzione,
e/ / 'Exameron sono numerosissime, pi dun centinaio, le riso
nanze di Virgilio , poche quelle di Lucrezio, di Sallustio e di Ovidio.
Non mancano inoltre echi di Varrone, di Orazio e, forse, di Ma
crobio^. Non si tratta di vere citazioni, ma, per lo piti, di un
inserimento nel tessuto del discorso di espressioni che per la loro
carica poetica o per la loro suggestione allusiva contribuiscono al
lefficacia dell'esposizione.
Di qui prende l'avvio una serie di considerazioni senza le
quali il giudizio sull'opera ambrosiana risulterebbe incompleto
e perci ingiusto. Nonostante i modelli, ci che colpisce in Am
brogio la sensibilit vibrante per gli spettacoli naturali in cui
la potenza divina si manifesta. Sua caratteristica il gioioso com-
INTRODUZIONE 17
C. 25.
762 R.
Op. cit., p. XVI: Ne id quidem concedam Ambrosium scriptores La
tinos, qui in rebus naturalibus explicandis maxime exceltuerunt, omnes le
gisse. Veluli num Plinii Naturali historiae uel aliquod studium impenderit
quam maxime dubito.
Pur senza pretendere di smentire radicalmente l'affermazione dellil
lustre studioso tedesco, mi permetto di citare qui sotto due passi nei quali,
anche se non materialmente, i vocaboli di Plinio e di Ambrogio presentano
una corrispondenza che potrebbe non essere casuale: a) N.H., XXV, 53, 92:
(Ceruae) ostendere, ut indicauimus, dictamnum uulneratae p a s t u statim
TELis DECIDENTIBUS. Exam., I li , 9, 40: Gi b u s illis ergo medicina est, ut r e s i u r b
SAGITTAS uideas ex uulnere. b) N.H., X, 3, 13; Alterum expellunt t a e d i o n u
t r i e n d i . Exam., V, 18, 60: quod aliqui fieri putauerunt g e m i n a n d o r u m a l i m e n
t o r u m f a s t i d i o .
Vedi, p. es., la capacit della remora di fermare le navi (V, 10, 31),
la trasformazione dell'acqua in sale nellOceano (V, 11, 33), la restituzione
della vista ai rondinini (V, 17, 57), la fecondit verginale degli avvoltoi (V,
20, 64-5) e delle api (V, 21, 67), la resurrezione della fenice (V, 23, 79). A V,
12, 39. S. Ambrogio dichiara di riassumere da incompetente nozioni elementari.
ScHENKL, op. cit., p. XVII, n. 1. M.D. Di e d e r i c h , Vergil in works of St.
Ambrose, The Catholic University of America, Washington 1931, pp. 28-30,
elenca quattordici imitazioni , ritenute sicure, dalle Bucoliche, settantadue
dalle Georgiche, settantuno aVEneide, pi altre quattro dubbie dalle Bu
coliche, ventuno dalle Georgiche, quarantanove da'Eneide. Sui procedimenti
con i quali S. Ambrogio utilizza i testi virgiliani, vedi pp. 6-28. Vedi anche
L. Al f o n s i , L ecfrasis ambrosiana del libro delle api vergiliano , Vetera
Christianorum, 1965, 2, pp. 129-138; A.V. N a z z a r o , La I Ecloga virgiliana nella
lettura d'Ambrogio, in Ambrosius episcopus , Atti del Congresso intemazio
nale di studi ambrosiani, ecc., a cura di G. Lazzati, Vita e Pensiero, Milano
1976, II, pp. 312-324.
P. Co u r c e l l e , Nouveaux aspects du platonisme chez Saint Ambroise,
Revue des tudes latines, 34, 1956, pp. 232-234.
piacimento con il quale sa cogliere anche i pi umili aspetti, della
creazione. Troppo viva la partecipazione del suo animo perch
si possa pensare esclusivamente a squarci retorici. L'insegnamento
della scuola si limitato ad affinare doti di natura^^ e a fornire
adeguati mezzi espressivi. Basterebbe la famosa descrizione del
mare ad attestarci le sue capacit di scrittore^. Spesso, anche
se lo spunto offerto da S. Basilio, questo ampliato e svolto
vivacemente con ricchezza di apporti personali.
Nuocciono tuttavia alla composizione dell'opera una certa
prolissit e t frequenti excursus che fanno perdere il filo dellar
gomento e turbano l'equilibrio della trattazione. Ambrogio talvolta
dimostra chiaramente di rendersene conto ma nello stesso tempo
non se ne preoccupa in modo eccessivo, come si ricava dal fatto
che le numerose divagazioni sono riniaste anche dop la revisione
del testo tachigrafico^^.
Non va dimenticato per che rExameron anzitutto un'opera
esegetica che vuole illustrare i sei giorni della creazione. Riveste
quindi un'importanza essenziale la linea interpretativa prescelta
dall'autore. S. Ambrogio preferisce linterpretazione letterale -
tenendosi, almeno inizialmente, al testo; non rinuncia per ad ap
plicare con grande larghezza l'allegoria o piuttosto il cosiddetto
senso psichico o spirituale o morale, appreso dall'insegnamen
to di Origene
I n tal modo, come scrive il Lazzati, il vescovo-poeta potr
imprimere alla sua esegesi toni di unintensit spirituale e di
18 INTRODUZIONE
2* L a z z a t i , op. cil., p. 62.
III , 5, 21-4; su cui vedi anche ci che scrive L. Sp i t z e r , L armonia del
mondo, trad. ital-. I l Mulino. Bologna 1967, pp. 28-32. Il Paredi (op. cit.,
pp. 373 ss.), offre un'ampia e felice esemplificazione: III, 1, 24: l'acqua; IV,
1, 1-3: il sole; V, 8, 22: il granchio; V, 11, 36: gli uccelli; V, 15, 50-2: le gru;
V, 19, 62-3: la tortora; V, 20, 64-5: gli avvoltoi; V, 24, 88: il canto del gallo;
VI, 9, 55: il corpo umano; VI, 9, 68: il bacio. Io aggiungerei anche, p.es., la
descrizione del giglio (I I I , 8, 36); e a proposito del corpo umano, rileverei che
nei paragrafi successivi non mancano argomentazioni contorte e persino con
siderazioni banali, sia pure legate alla mentalit del tempo.
Sullo stile di S. Ambrogio e, in particolare sullinterferenza tra prosa
e poesia, vedi J . F o n t a i n e , Prose et posie: l'interfrence des genres et des
styles dans la cration littraire dAmbroise de Milan, in Ambrosius epi
scopus >, I, pp. 124 ss.
31 Vedi, p.es., I, 8, 32; II, 5, 22; III, 1, 6; III, 4, 17; IV, 9, 34; V, 11, 35;
V, 12, 36; V, 29, 90; VI, 2, 5.
G. L/ tzZATi, Uautenticit del De Sacramentis e la valutazione letteraria
delle opere di S. Ambrogio, Aevum, XXIX, 1955, p. 47; Opere di S. Ambrogio,
a cura di G. Co ppa , UTET, Torino 1969, p. 33; cf. p. 98.
Sull'uso della tachigrafia aUepoca di S. Ambrogio, vedi C. Mo h r m a n n ,
Observations sur le De sacramentis et le i De Mysteriis de saint Am-
broise, in Ambrosius episcopus , I, pp. 108-112.
Vedi p.es., VI, 2, 6: Caelum legimus, caelum accipiamus; terram legi
mus. terram intellegamus frugiferam. Vedi inoltre I, 8, 32; II, 4, 17; VI, 2, 4;
VI, 3, 9.
^ Co ppa , op. cit., p. 38; H. Db Lu b a c , Esegesi medievale, trad. ital., Ed.
Paoline, Roma 1972, II, p. 1223. In particolare, sulla genesi delle varie forme
dinterpretazione e, soprattutto, del metodo allegorico, vedi H. Au s t r y n Wo l f -
SON, La filosofia dei Padr della Chiesa, trad. ital., Paideia, Brescia 1978. I,
pp. 33-72.
un'espressivit che congiungono gli accenti della mistica e della
poesia Per Z'Exameron, o almeno per molte sue parti, questo
giudizio pu essere senz'altro accettato, sia pure con la riserva,
formulata subito dopo dallo stesso Lazzati, che la pagina ese
getica ambrosiana si presenta spesso stentata, difficile, impi
gliata nel suo stesso gioco Se particolarmente felice appare
l'accostamento tra la rosa, fiore bellissimo ma cinto di spine, e i
successi degli uomini, spesso pagati a prezzo di sofferenze e di
miserie^'', oppure tra la vite e i fedeli sia come singoli individui
sia quali membri della comunit ecclesiale lo sviluppo dato,
per esempio, al paragone tra il cristiano e il pesce^^ e ancor pi
alla leggenda dellaccoppiamento tra la vipera e la murena*'^, con
le relative applicazioni, nonostante lefficacia pastorale, non ci con
vince del tutto.
Inoltre l'opera troppo legata alle impostazioni culturali e
ai concetti scientifici del proprio tempo, fatti emergere ancora
pi rigidi dalle esigenze d'un'inter prelazione letterale, perch il
lettore dei nostri giorni possa sentirsi pago come chi ha raggiunto
una meta.
Eppure, con tutti i suoi limiti, specie riguardo alla originalit
della dottrina, alla chiarezza e alla fondatezza in campo esegetico,
allequilibrio della composizione, alla validit di talune argomen
tazioni, / 'Exameron resta, almeno in molte sue parti, un libro af
fascinante perch nato, prima ancora che dallintelligenza e dalla
cultura, da una vivissima fede, da unanima ardente, da un cuore
innamorato dello splendore delluniverso quale riflesso della sa
pienza e della bont di Dio.
INTRODUZIONE 19
Non esistono problemi sullautenticit deZZ'Exameron. Baste
rebbe a garantirla la sola testinonianza di S. Girolamo sopra ri
portata. significativa, inoltre, la probabile imitazione di Clau
diano nel De raptu Proserpinae (III, 263-8 = Exam., VI, 4, 21)
composto tra il 395 e il 597 data che, in un certo senso, segna
linizio della fortuna dellopera attraverso i secoli
Converr' piuttosto spendere qualche parola sulla grafia del
titolo che, derivando dal greco ', dovrebbe essere rego
larmente Hexaemeron. In realt, presso i vari autori, questo nome
viene scritto in forme diverse che ho scrupolosamente conservate
Op. cit., p. 64.
3* Op. cit., l.c.
sIII, 11. 48.
38 III, 11,49 - 12,52.
3V, 5,4 - 6,17.
V, 7, 18-20.
SCHENKL, op. cit., p . XVIII.
S c h a n z -Ho s i u s , IV, 2, p . 24.
P.es., Isidoro di Siviglia (m. 636) nel De natura rerum usa largamente
VExameron, spesso anche citandone lautore.
nelle relative citazioni Lo Schenkl ci avverte che tutti i codici
ambrosiani usano la forma Exameron, sicch, anche tenuto con
to della variet delle grafie attestate, sebbene la conoscenza del
greco da parte di Ambrogio lasci adito a qualche perplessit sul
lesattezza di tale trascrizione latina, preferisco conservare la for
ma ormai generalmente accolta.
Il testo riprodotto quello curato da C. Schenkl per il Cor
pus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum di Vienna (1897, ri
stampa 1962), con qualche lievissimo ritocco nella punteggiatura
e qualche mutamento ortografico*^. Di tali mutamenti si fa men-
zione a pi di pagina.
Riguardo ai criteri seguiti nella traduzione, rinvio a quanto
ho detto ne/ rintroduzione al De officiis. Va rilevato per che da
un punto di vista letterario Z'Exameron presenta uno stile pi co
lorito, pi vario e vivace che mi sono sforzato di riprodurre, pur
nella fedelt al testo latino.
2 0 INTRODUZIONE
** Hexaemeron, Exaemeron. Il Faller (CSEL, LXXXII, pars X. Epist. XXIX,
p. 195), scrive lecto .
^ Op. cit., p. XII.
Ho preferito scrivere Arrins, Arrianus, grafia largamente diffusa e
attestata concordemente in codici del sec. V (F a l l e r , CSEL, LXXVIII, p. 50*).
Inoltre ho mutato lortografia in pochissimi casi nei quali essa risultava
contraddittoria senza che i codici ne dessero, a mio parere, sufficiente giusti
ficazione.
Su taluni'limiti dell'edizione dello Schenkl, vedi M. Fhwari, Recensiones
milanesi di opere di S. Ambrogio, in Ambrosius episcopus , I, p. 63.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
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mento di Mons. Dr. Emiliano Pasteris, SEI, Torino 1937.
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et traduction de S. Giet, Les ditions du Cerf, Paris 1968*.
S. A m b r o g i o , Opere, a cura di G. Coppa, UTET, Torino 1969.
Genesi, Introduzione, Storia primitiva, a cura di P.E. T e s t a , ofm, Ma
rietti, Torino 1969, voi. I.
H . D e Lu b a c , Esegesi medievale, trad. ita!., Edizioni Paoline, Roma
1972, voi. II.
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Augustinianum, XIV, 1974, pp. 559-590.
G. Ma d e c , Saint Ambrois e et la philosophie, tudes augustiniennes, Pa
ris 1974.
H . Au s t r y n Wo l f s o n , La fi l osofi a dei Padri della Chiesa, trad. ita!.,
Paideia, Brescia 1978, voi. I.
Per una bibliografia completa, vedi specialmente le opere del Ppin
e del Coppa e il pi recente volume del Madec. Su questioni specifiche
vedi Ambrosius episcopus , Atti del Congresso intemazionale di studi
ambrosiani, precedentemente citato.
Riguarda solo indirettamente VExameron lopera di H. S a v o n , Saint
Ambroise devant Vexgse de Philon te Juif, 2 voli. tudes augustiniennes,
Paris 1977, che ho potuto consultare soltanto a lavoro ultimato.
22 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Esprimo un doveroso ringraziamento a Sua Ecc. Mons. Giacomo
Biffi e al prof, don Inos Biffi, che, con i loro suggerimenti, hanno
contribuito a rendere pi rispondente agli scopi proposti questo lavoro.
Don Inos Biffi , inoltre, lautore delle note pi strettamente teo
logiche del commento, contrassegnate dalla sigla I.B.
Un vivo ringraziamento anche alla prof.ssa Mirella Ferrari, che ha
rivisto con vigile cura le bozze del testo latino.
Exameron
1 sei giorni della creazione
DIES PRI MVS
SERMO I
Caput I
1. Tantumne opinionis adsumpsisse homines, ut aliqui eo
rum tria principia constituerent omnium, deum et exemplar et
materiam, sicut Plato discipulique eius, et ea incorrupta et in
creata ac sine initio esse adseuerarent deumque non tamquam
crcatorcm materiae, sed tamquam artificem ad exemplar, hoc est
ideam intendentem fecisse mundum de materia, quam uocant
, quae gignendi causas rebus omnibus dedisse adseratur, ip
sum quoque mundum incorruptum nec creatum aut factum aesti
marent, alii quoque, ut Aristoteles cum suis disputandum putauit,
duo principia ponerent, materiam et speciem, et tertium cum his,
quod operatorium dicitur, cui subpeteret competenter efficere
quod adoriendum putasset.
2. Quid igitur tam inconueniens quam ut aeternitatem operis
cum dei omnipotentis coniungerent aeternitate uel ipsum opus
deum esse dicerent, ut caelum et terram et mare diuinis proseque
rentur honoribus? Ex quo factum est ut partes mundi deos esse
credcrcnt, quamuis de ipso mundo non mediocris inter eos quae
stio sit.
3. Nam Pythagoras unum mundum adserit, alii innumerabi
les dicunt esse mundos, ut scribit Democritus, cui plurimum de
physicis auctoritatis uetustas detulit, ipsumque mundum semper
PRIMO GIORNO
I SERMONE
Capitolo 1
1. Gli uomini in verit hanno concepito* una cosi grande
opinione di s, che alcuni di loro, come Platone * e i suoi discepoli,
fissano tre principi di tutto ci che esiste: Dio, il modello esem
plare e la materia. Essi affermano che tali principi sono incorrotti,
increati e senza un inizio e che Dio, non come creatore della ma
teria, ma come artefice che riproduce un modello, ispirandosi
cio allidea, form il mondo della materia, che chiamano la
quale ha dato origine a tutte le cose; perfino lo stesso mondo ri
tennero incorrotto, non creato n fatto. Anche altri, come sostenne
Aristotele * con i suoi discepoli, posero due principi, la materia e
la forma, e con questo un terzo chiamato attivo, in grado di
attuare convenientemente quello cui ritenesse di porre mano.
2. Che c dunque di tanto sconveniente quanto l'aver essi
congiunto l eternit dellopera con quella di Dio onnipotente o
l aver chiamato Dio l opera stessa, cosi da tributare onori divini
al cielo, alla terra, al mare? Da tali premesse deriv la loro con
vinzione che parti del mondo fossero di, pur essendoci fra loro
una controversia non trascurabile sul mondo stesso,
3. Pitagora afferma che esiste un solo mondo, altri dicono
che ce ne sono innumerevoli, come scrive Democrito cui gli anti
chi attribuirono grandissima autorit nel campo delle ricerche
* Infinito esclamativo; cf. Hor., Sat., 9, 72-3; Huncine solem / tam ni
grum surrexe mihi!
2 Cf. HiPP., Philosophumena, 19, 1, in D i e l s , Doxographi Graeci, p. 567,
7, che deve ritenersi la fonte principale ed immediata di questo passo. Sulla
questione delle fonti usate da S. Ambrogio per il primo capitolo dellB^a-
meron, vedi P p i n , op. cit., 527-533; cf. Ma d e c , Saint Ambroise et la philo-
sophie, tudes augustiniennes, Paris 1974, p. 47.
^": termine usato in filosofia per la prima volta da Aristotele ad
indicare la materia in contrapposizione alla forma (Met., 6, 10, 4). E
adoperato anche da Ippolito nel passo sopra citato.
<Vedi sopra n. 3. Secondo il P p i n , op. cit., pp. 513-515, tutto il capitolo
risentirebbe della dottrina del giovane Aristotele, esposta nel De philosophia;
vedi anche Ma d e c , op. cit., p. 134.
Laggettivo operatorius rende il di Filone; vedi P p i n , op. cit.,
pp. 338-339.
fuisse et fore Aristoteles usurpat dicere; contra autem Plato non
semper fuisse et semper fore praesumit adstruere, plurimi uero
non fuisse semper nec semper fore scriptis suis testificantur.
2 6 EXAMERON, DIES I , SER. I , C. 1, 3-4 - C. 2, 5
4. Inter has dissensiones eorum quae potest ueri esse aesti
matio, cum alii mundum ipsum deum esse dicant, quod ei mens
diuina ut putant inesse uideatur, alii partes eius, alii utrumque?
in quo nec quae figura sit deorum nec qui numerus nec qui locus
aut uita possit aut cura conprehendi, siquidem mundi aestima
tione uolubilem rutundum ardentem quibusdam incitatum moti
bus sine sensu deum conueniat intellegi, qui alieno, non suo motu
feratur.
Caput II
5. Vnde diuino spiritu praeuidens sanctus Moyses hos homi
num errores fore et iam forte coepisse in exordio sermonis sui sic
ait: In principio fecit deus caelum et terram^, initium rerum,
auctorem mundi, creationem materiae conprehendens, ut deum
cognosceres ante initium mundi esse uel ipsum esse initium uni-
uersorum, sicut in euangelio dei filius dicentibus; tu quis es? re
spondit; Initium quod et loquor uobis et ipsum dedisse gignendi
rebus initium et ipsum esse creatorem mundi, non idea quadam
duce imitatorem materiae, ex qua non ad arbitrium suum, sed ad
speciem propositam sua opera conformaret. Pulchre quoque ait;
In principio fecit, ut inconprehensibilem celeritatem operis expri-
Gen 1, 1.
*>Io 8, 25.
naturali Aristotele suole dire che Io stesso mondo sempre esi
stito e sempre esister. Al contrario, Platone osa affermare che
esso non esistito sempre ed esister sempre, moltissimi invece
asseriscono nei loro scritti che non esistito sempre n sempre
esister.
4. In tale contrasto di opinioni quale pu essere la valuta
zione della verit, dal momento che alcuni dicono dio lo stesso
mondo, poich sembra a loro giudizio che vi sia insita unintelli
genza divina, altri parti di esso, altri lxma e l altra cosa? In que
sta situazione non si potrebbe comprendere n quale sia l'aspetto
degli di n quale il loro numero n quale la loro residenza o la
loro vita o di che si preoccupino, poich, secondo tale visione del
mondo, bisognerebbe concepire im dio rotante, sferico, infocato,
mosso da determinati impulsi, privo di sensibilit, trasportato da
una forza estranea, non da una forza sua propria.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 27
Capitolo 2
5. Perci, prevedendo per ispirazione divina che sarebbero
sorti questi errori tra gli uomini e che forse avevano gi comin
ciato a diffondersi, il santo Mos allinizio della sua opera cosi
dice: In principio Iddio cre il cielo e la terra, indicando nello
stesso tempo l inizio delle cose, l autore del mondo e la creazione
della materia, affinch tu apprendessi che Dio esiste prima del
l'inizio del mondo, che egli l'origine di tutte le cose (cosi il
Figlio del Vangelo, a coloro che gli chiedevano: Tu chi sei? ,
rispose: Sono l'origine che anche parlo a voi ^), che egli ha
inserito nelle cose il principio della generazione ed il creatore
del mondo, non gi l'elaboratore della materia ad imitazione di tuia
determinata idea, secondo la quale dare foriria alle proprie opere
non a proprio arbitrio, ma conforme a un modello proposto *. Ben
disse anche: In principio cre, per esprimere l'inconcepibile rapi-
Cf. Cic., Acad., II, 17, 55: Dein confugis ad physicos (i filosofi natura
listi), eos qui maxime in Academia irridentur, a quibus ne tu quidem iam
te abstinebis, et ais Democritum dicere innumerabiles esse mundos; vedi an
che De nat. deor., I, 45, 120. Cf. Hipp., Philos., 13, 2, in Diels, Do x . Gr., p. 565, 9.
Hi pp. , Philos., 20, 6, in D i e l s , Do x . Gr., p. 574, 34; cf. Philo, De aet.
mundi, 3.
* Forse si allude a P l a t . , Tim., 27d-29b, testo che S. Ambrogio doveva
conoscere nella traduzione di Cicerone ora perduta ( S c h e n k l , op. cit., p. XVI).
Cf. Cic., De nat. deor., II, 17, 46; Epicurus... dicat se non posse in~
tellegere qualis sit uolubilis et rotundus deus; I, 10, 24: Quae uero uita tri
buitur isti rotundo deo?
1 II testo greco ha: da tradursi; Proprio
quello che vi dico (Rossano). un accusativo avverbiale. S.
Ambrogio intende in riferimento al Verbo di Dio, seguendo Or i c e n e , Com
mento a Giovanni I-II (cfr. trad. e note di E. Corsini, Torino 1968).
^Confuta la ben nota teoria platonica esposta nel Timeo: vedi n. 8 del
capitolo precedente.
28 EXAMERON, DIES I , SER. I , C. 2, 5-7
meret, cum effectum prius operationis inpletae quam indicium
coeptae explicauisset.
6. Quis hoc dicat aduertere debemus. Moyses utique ille eru
ditus in omni sapientia Aegyptiorum, quem de flumine collectum
filia Pharao ut filium dilexit et subsidiis regalibus fultum omni
bus saecularis prudentiae disciplinis informari atque instrui desi-
derauit. Qui cum de aqua nomen acceperit', non putauit tamen
dicendum quod ex aqua constarent omnia, ut Thales dicit, et cum
esset in aula educatus regia, maluit tamen pro amore iustitiae
subire exilium uoluntariumquam in tyrannidis fastigio peccati
perfunctionem deliciis adquirere. Denique priusquam ad populi
liberandi munus uocaretur, naturali aequitatis studio prouocatus
accipientem iniuriam de popularibus suis ultus inuidiae sese dedit
uoluptatique eripuit atque omnis regiae domus declinans tumultus
in secretum Aethiopiae se contulit ibique a ceteris negotiis remo
tus totum diuinae cognitioni animum intendit, ut gloriam dei ui-
deret faciem ad faciem'. Cui testificatur scriptura quia nemo
surrexit amplius propheta in Istrahel sicut Moyses, qui sciuit do
minum faciem ad faciem non in uisione neque in somnio, sed
os ad os cum deo summo locutus, neque in specie neque per ae
nigmata, sed clara atque perspicua praesentiae diuinae dignatione
donatus .
7. Is itaque [Moyses] aperuit os suum et effudit quae in eo
dominus loquebatur secundum quod ei dixera;t, cum eum ad Pha
rao regem dirigeret: Vade et ego aperiam os tuum et instruam te
quid debeas loqui **. Etenim si quod de populo dimittendo diceret
a deo acceperat, quanto magis quod de caelo loqueretur. Denique
non in persuasione humanae sapientiae nec in philosophiae simu
latoriis disputationibus, sed in ostensione spiritus et uirtutis tam
quam testis diuini operis ausus est dicere: In principio fecit deus
caelum et terram. Non ille, ut atomorum concursione mundus
coiret, serum atque otiosum expectauit negotium neque discipu
lum quendam materiae, quam contemplando mundum posset ef-
' Ex 2, 5 et 10.
Ex 2, 15.
' Ex 2, 11ss.
f Deut 34, 10.
Ex 12, 6-8.
h Ex 4, 12.
dit dell'azione, indicando il risultato dellazione compiuta prima
di accennare al suo inizio.
6. Dobbiamo fare attenzione a chi dice questo. quel fa
moso Mos, colto in ogni campo del sapere degli Egiziani, che la
figlia del Faraone aveva raccolto dal fiume e amato come proprio
figlio e, procuratogli il sostegno della protezione regale, aveva
voluto che fosse adeguatamente istruito in tutte le discipline della
scienza profana. Egli, pur avendo derivato il suo nome dallac
qua *, non ritenne di dover dire che tutte le cose erano costituite
dacqua, come afferma Talete', e, pur essendo stato educato nel
palazzo reale, prefer per amore della giustizia sopportare un vo
lontario esilio piuttosto che al vertice del potere, in mezzo ai pia
ceri, esporsi a cadere in peccato Tant vero che, prima di essere
chiamato al compito di liberare il popolo, avendo vendicato per un
naturale sentimento di giustizia un suo compatriota che subiva
un torto, si espose al risentimento, rinimci alle comodit della
vita e, fuggendo l agitazione del palazzo reale, cerc rifugio in
una localit appartata dellEtiopia e l, lontano da tutte le altre
occupazioni, rivolse l animo alla conoscenza di Dio, cosi che ne
vide la gloria a faccia a faccia. A lui rende testimonianza la Scrit
tura dicendo che non sorse mai pi in Israele un profeta come
Mps che conobbe il Signore a faccia a faccia, non in visione o in
sogno, ma parlando con Dio a tu per tu, avendo ricevuto il pri
vilegio che gli fosse rivelata chiaramente, non in immagine o in
forma oscura, la presenza divina.
7. Egli dunque apri la bocca e annunci quello che per mez
zo suo il Signore diceva, in conformit a quanto gli aveva detto
mandandolo al re Faraone: Va, ed io aprir la tua bocca e ti in
segner ci che devi dire. Se aveva appreso da Dio ci che doveva
dire sulla liberazione del popolo, quanto pi avr appreso da lui
ci che avrebbe detto del cielo! Cosi, non gi fidando nellumana
sapienza n in fallaci dispute filosofiche, ma nella rivelazione del
lo spirito e della potenza', come testimone dellopera divina os
affermare: In principio Iddio cre il cielo e la terra. Egli non
attese che il mondo si formasse per l incontro di atomi con un
procedimento lento e irresponsabilen ritenne di dover presen
tare Dio come un discepolo della materia in grado di plasmare il
Bas., Hexaem., 5 A (2B): ... &-
,^ ,
.
^P h i l o , De uita Moys., I, 4, 17:
.
5 Cf., . es., Cic., De nat. deor., I, 10, 25; Acad., II, 37, 118.
Bas., Hexaem., 5 AB (2 BC): *0
, >
.
B a s ., Hexaem., 5 C (2 D): 6
...
_ Bas., Hexaem., 5 C (2 D): & -
, .
Cf. Ci., De fin., I, 6, 17, dove si espongono le dottrine atomiche di
Democrito.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 29
fingere, sed auctorem deum exprimendum putauit. Aduertit enim
uir plenus prudentiae quod uisibilium atque inuisiblKum substan
tiam et causas rerum mens sola diuina contineat, non ut philoso
phi disputant ualidiorem atomorum conplexionem perseuerantiae
iugis praestare causam: iudicauit quod telam araneae texerent qui
sic minuta et insubstantiua principia caelo ac terris darent, quae
ut fortuito coniungerentur ita fortuito ac temere dissoluerentur,
nisi in sui gubernatoris diuina uirtute constarent. Nec inmerito
gubernatorem nesciunt qui non nouerunt deum, per quem omnia
reguntur et gubernantur. Sequamur ergo eum qui et auctoriem
nouit et gubernatorem nec uanis abducamur opinionibus.
30 EXAMERON, DIES I, SER. I , C. 2 , 7 - C. 3, 8
Caput III
8. In principio inquit. Quam bonus ordo, ut illud primum
adsereret quod negare consuerunt et cognoscerent principium esse
mundi, ne sine principio mundum esse homines arbitrentur, Vnde
et Dauid, cum de caelo et terra et mari loqueretur, ait; Omnia in
sapientia f ecisti'. Dedit ergo principium mundo, dedit etiam crea
turae infirmitatem, ne ,, ne increatum et diuinae consortem
substantiae crederemus. Et pulchre addidit fecit, ne mora in fa
ciendo fuisse aestimaretur, ut uel sic intellegerent homines quam
incomparabilis operator esset, qui tantum opus breui exiguoque
momento suae operationis absolueret, ut uoluntatis effectus sen
sum temporis praeueniret. Nemo operantem uidit, sed agnouit ope
ratum. Vbi igitur mora, cum legas: Quia ipse dixit et facta sunt,
ipse mandauit et creata sunt '>? Nec artis igitur usum nec uirtutis
expedit qui momento suae uoluntatis maiestatem tantae opera
tionis in^euit, ut ea quae non erant esse faceret tam uelociter,
ut neque uoluntas operationi praecurreret nec operatio uoluntati.
Ps 103, 24.
Ps 32, 9.
mondo contemplandola, ma come cr eator eQ u el l uomo pieno
di saggezza comprese che solo una mente divina contiene la so
stanza e la causa delle cose visibili e invisibili e non gi, come
ritengono i filosofi, che una pi resistente connessione di atomi
costituisca la causa di una perpetua durata. Giudic tessitori duna
ragnatela coloro che davano principi cosi meschini e inconsistenti
al cielo e alla terra i quali, come a caso si riuniscono, cosi per
puro caso si dissolverebbero se non fossero tenuti insieme dalla
potenza divina del loro regolatore. E ben a ragione ignorano un
regolatore coloro che non conoscono Dio, per opera del quale
tutte le cose sono rette e governate. Seguiamo dunque colui che
conosce sia il creatore sia il regolatore, senza lasciarci sviare da
opinioni infondate.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 31
Capitolo 3
8. In principio, disse. Quale ordine esemplare! Egli afferma
per prima cosa ci che solitamente si nega e fa conoscere che il
mondo ha un principio perch gli uomini non pensino che il mon
do non abbia un principio *. Perci anche Davide, parlando del
cielo, della terra e del mare, dice: Tutto hai fatto con sapienza.
Ha assegnato dunque un principio al mondo, ha attribuito anche
la debolezza alla creatura perch non credessimo il mondo senza
ordine, increato e partecipe della natura divina. E opportunamen
te aggiunse cre, affinch non si pensasse che cera stato un in
dugio nella creazione e cosi gli uomini comprendessero quale ar
tefice senza pari sia colui che ha compiuto un'opera tanto gran
diosa in un breve, fuggevole istante della sua operazione, cosi che
leffetto della sua volont prevenne la percezione del tempo. Nes
suno lo vide agire, ma si videro i risultati della sua azione. Dove
vi pu essere indugio quando tu leggi: Egli parl e le cose furono
fatte; ordin e furono create? Non ricorse allesperienza dunarte
o dunabilit colui il quale, con un atto fulmineo del suo volere,
comp unopera tanto grandiosa da far esistere ci che non esi
steva cosi rapidamente, che la volont non prevenne l azione n
lazione la volont.
Vedi nota 2.
Bas., Hexaem., 8 B (3 A): torv
, t -
.
* Bas., Hexaem., 8 BC (3 C): " iva , -
^
. ;
^, .
9. Miraris opus, quaeris operatorem, quis principium tanto
operi dederit, quis tam cito fecerit; subiecit statim dicens quia
deus fecit caelum et terram. Audisti auctorem, dubitare non debes.
Hic est, in quo benedixit Melchisedech Abraham patrem multarum
gentium dicens: Benedictus Abraham deo summo, qui fecit caelum
et terram <=. Et credidit Abraham et ait; Extendo manum meam ad
deum summum, qui fecit caelum et terram'^. Vides quia hoc non
homo inuenit, sed deus adnuntiauit. Deus est enim Melchisedech,
qui est rex pacis et iustitiae nec initium dierum nec finem ha
bens Non mirum ergo si deus, qui est sine initio, initium omni
bus dedit, ut quae non erant esse inciperent. Non mirum si deus,
qui omnia uirtute sua continet et inconprehensibili maiestate uni-
uersa conplectitur, fecit haec quae uidentur, cum etiam illa fecerit
quae non uidentur. Inuisibilia autem his quae uidentur potiora
esse quis neget, cum ea quae uidentur temporalia sint, aeterna
autem quae non uidentur? Quis dubitet quod deus haec fecerit,
qui per prophetam locutus ait; Quis mensus est manu aquam et
caelum palmo et uniuersam terram clausa manu? Quis statuit mon
tes in libra et rupes in statera et nemora in iugo? Quis cognouit
sensum domini aut quis consiliarius ei fuit uel quis instruxit
eum?*. De quo etiam alibi legimus quia tenet circuifum terrae et
terram uelut nihilum fecit Et Hieremias ait; Dii qui non fecerunt
caelum et terram peribunt a terra et desub caelo isto. Dominus
qui fecit terram in uirtute sua et correxit orbem in sapientia sua
et in sua prudentia extendit caelum et multitudinem aquae in
caelo Et addidit; Infatuatus est homo ab scientia sua Qui enim
corruptibilia mundi sequitur et ex his putat quod diuinae possit
naturae conprehendere ueritatem quomodo non infatuatur uer-
sutae disputationis astutia?
32 EXAMERON, DIES I, SER. I, C. 3, 9-10
10. Cum ergo tot oracula audias, quibus testificatur deus
quod fecerit mundum, noli eum sine principio esse credere, quia
quasi sphaera mundus esse dicatur, ut principium eius nullum
uideatur extare. Et cum intonat, quasi in circuitu omnia com-
mouentur, ut imde incipiat, ubi desinat non facile conprehendas,
quia circuitus principium sensu colligere inpossibile habetur. Ne-
c Gen 14, 19.
d Gen 14, 22.
Hebr 7, 2-3.
f Is 40, 12-13.
* Is 40. 22-23.
>ler 10, 11-13.
ler 10, 14.
9. Ammiri l opera, chiedi chi ne sia l'autore, chi abbia dato
principio a tanta impresa, chi l'abbia compiuta con tanta rapi
dit; perci Mos aggiunse subito: Dio cre il cielo e la terra.
Hai sentito chi ne l'autore, non devi quindi nutrire dubbi. Egli
colui nel nome del quale Melchisedec benedisse Abramo, padre
di molti popoli, dicendo: Sia benedetto bramo dal sommo Iddio
che ha creato il cielo e la terra. E Abramo credette e disse: Levo
la mia mano verso il sommo Iddio che ha creato il cielo e la terra.
Vedi che questa verit non fu trovata dall'uomo, ma rivelata da
Dio, il Dio di Melchisedec, che re di pace e di giustizia, senza
principio n fine di giorni. Non meraviglia, dunque, se Dio, che
non ha principio, ha dato principio a tutte le cose, di modo che
ci che non esisteva cominciasse ad esistere. Non desta meravi
glia se Dio, che tutto comprende nella sua potenza ed abbraccia
luniverso nella sua maest senza limite, ha creato le cose che si
vedono, dal momento che ha creato anche quelle che non si ve
dono. E chi negherebbe che le cose invisibili siano superiori alle
visibili, dal momento che ci che si vede temporaneo, mentre
eterno ci che non si vede? Chi potrebbe dubitare che a creare
tutto ci sia stato Dio che dice per bocca del profeta: Chi ha mi
surato con la mano lacqua e il cielo col palmo e tutta la terra
col pugno? Chi ha collocato i monti sulla bilancia e le rupi sulla
stadera e ha pesato i boschi? Chi conobbe la mente del Signore
o chi gli fu consigliere e maestro? Di lui leggiamo anche in un
altro passo che tiene il globo della terra e questa ha creato come
cosa da nulla. E Geremia dice: Gli di che non hanno fatto il cielo
e la terra scotnpariranno dalla terra e dallo spazio sotto la volta
del cielo. E il Signore che ha fatto la terra con la sua potenza e
ha sostenuto il globo terrestre con la sua sapienza e con la sua
prudenza ha steso il cielo e la massa delle acque nel cielo. E ag
giunse: L'uomo stato reso sciocco dalla sua scienza. Chi infatti
segue ci che nel mondo corruttibile e pensa di poter compren
dere su tale fondamento la verit della natura divina, come pu
non smarrire la ragione nelle sottigliezze di una discussione ca
villosa?
10. Poich dunque senti tante affermazioni ispirate che at
testano Dio creatore delluniverso, non voler credere che questo
sia senza un principio, perch lo si dice simile ad una sfera, sic
ch sembra che in esso non esista principio alcuno*. E quando
tuona, tutto si mette come a girare, sicch non potresti com
prendere facilmente dove cominci e dove sia il suo termine,
perch si ritiene impossibile percepire con i sensi l inizio dun
movimento circolare*. Infatti non si pu trovare il principio di
una sfera o dove cominci il globo lunare o dove termini quando
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 33
2 B a s ., Hexaem., 9 AB (3 E, 4 AB).
Circuitus propriamente significa andare in giro , il girare attorno ;
cf. Cic., De nat. deor., II, 19, 49: circuitus solis orbium.
que enim sphaerae potes initium repperire uel unde coeperit glo
bus lunae uel ubi desinat menstrua lunae defectione. Neque uero
si ipse non conprehendas, idcirco non coepit aut nequaquam de
sinet. Si F>se circuitum uel atramento uel graphio ducas uel centro
exprimas, unde coeperis aut ibi desieris interuallo interposito non
facile uel oculis colliges uel mente repetes: et tamen et coepisse
et desiuisse te ipse tibi testis es. Nam etsi sensum subterfugit,
ueritatem non subruit. Quae autem initium habent et finem habent
et quibus finis datur initium datum constat. Finem autem mundi
futurum ipse saluator docet in euangelio suo dicens: Praeterit
enim figura huius mundi ^ et caelum et terra praeteribunt' et
infra: Ecce ego uobiscum sum usque ad consummationem mundi ".
11. Quomodo ergo coaeternum deo mundum adserunt et crea
tori omnium sociant atque aequalem esse disputant creaturam
corpusque materiale mundi inuisibili illi atque inaccessibili na
turae diuinae coniungendum putant, cum praesertim secundum
suam sententiam non possint negare quoniam cuius partes corrup
tioni et. mutabilitati subiacent, huius necesse est uniuersitatem
isdem passionibus quibus propriae portiones eius sunt obnoxiae
subiacere?
34 EXAMERON, DIES I , SER. I , C. 3 , 10-11 - C. 4 , 12
Caput IV
12. Principium igitur esse docet qui dicit: In principio fecit
deus caelum et terram. Principium aut ad tempus refertur aut ad
numerum aut ad' fundamentum, quomodo in aedificanda domo
initium fundamentum est. Principium quoque et conuersionis et
deprauationis dici posse scripturarum cognoscimus auctoritate*.
Est et principium artis ars ipsa, ex qua. artificum diuersorum dein
ceps coepit operatio. Est etiam principium bonorum operum finis
optimus, ut misericordiae principium est deo placere quod facias;
etenim ad conferendum hominibus subsidium maxime prouocamur.
Est etiam uirtus diuina, quae hac exprimitur adpellatione. Ad tem
pus refertur, si uelis dicere in quo tempore deus fecit caelum et
1 1 Cor 7, 31.
m Mt 24, 35.
n Mt 28, 20.
a Prou 16, 5; Sap 14, 12.
la luna mensilmente scompare*. Ma anche se tu non riesci a
rendertene copto, non per questo la sfera non ha avuto un punto
dinizio o non finir mai. Se tu con l inchiostro o con lo stilo
tracciassi una circonferenza o la descrivessi con un compasso,
dopo un po di tempo non potresti o cogliere con gli occhi o ricorda
re con la mente dove hai cominciato e dove hai finito; e tuttavia
sei testimone a te stesso di aver cominciato e di aver finito tale
figura. Anche se ci sfugge ai sensi, non scalza la verit. Ci
che ha un inizio, ha pure una fine, ed chiaro che a ci cui si
pone fine stato dato inizio. E che il mondo finir, lo stesso Sal
vatore insegna nel suo Vangelo dicendo: Passa infatti la figura di
questo mondo e il cielo e la terra passeranno e pi sotto: Ecco
io sono con voi sino alla fine del mondo.
11. Come dunque affermano che Dio sia coeterno con il
mondo e associano al creatote delluniverso la creatura e la sti
mano pari a lui e ritengono di unire il corpo materiale del mondo
a quella invisibile e inaccessibile natura divina? Tanto pi che,
secondo le loro dottrine, non possono negare che la totalit di un
ente, le cui parti sono soggette alla corruzione e al mutamento,
soggiace necessariamente alle medesime alterazioni cui sono sog
gette le sue parti.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 35
Capitolo 4
12. Insegna dunque che c un principio colui che dice: In
principio Iddio cre il cielo e la terra^. I l principio si riferisce
o al tempo o al numero o al fondamento, come nella costruzione
di una casa il principio il fondamento. DaHautorit delle Scrit
ture apprendiamo che si pu anche parlare di principio a propo
sito del mutamento e della corruzione. Cosi principio dunarte
larte stessa dalla quale cominciata via via l attivit dei vari
artefici. Ed anche principio delle buone opere un fine irrepren
sibile, come principio della misericordia che sia gradito a Dio
ci che tu fai: tale gradimento ci che pi ci stimola a offrire
un aiuto ai nostri simili. Anche la potenza divina viene espressa
con questo nome^ Si riferisce al tempo, se vuoi indicare quando
* Cf. Cic., De nai. deor., II, 18, 47: Cumque duae formae praestantes
sint, ex solidis globus (sic enim interpretari placet), ex planis autem
circulus aut orbis, qui Graece dicitur, his duabus formis contingit
solis ut omnes earum partes sint inter se simillimae a medioque tantum absit
omne extremum quantum idem a summo, quo nihil fieri potest aptius.
^ Bas., Hexem., 9B (4 AB): t-Jjv ,
6 (cio
TV ).
' Bas., Hexaem., 12 C (5C).
* Cio con il nome di principio .
terram, id est in exordio mundi, quando fieri coepit, sicut ait sa
pientia; Cum pararet caelos, cum illo eram^. Ad numerum autem
si referamus, ita conuenit, ut accipias: inprimis fecit caelum et
terram, deinde colles, regiones, fines inhabitabiles uel sic; ante
reliquas uisibiles creaturas, dim, noctem, ligna fructifera, animan
tium genera diuersa, caelum et terram fecit. Si uero ad fundamen
tum referas, principium terrae fundamentum esse legisti dicente
sapientia: Quando fortia faciebat fundamenta terrae, eram penes
illum disponens^. Est etiam bonae principium disciplinae, sicut
est illud: Initium sapientiae timor domini^, quoniam qui timet
dominum declinat errorem et ad uirtutis semitam uias suas diri
git. Nisi enim quis timuerit deum, non potest renuntiare peccato.
3 6 EXAMERON, DIES I , SER. I, C. 4 , 12-13
13. Quod aeque etiam de illo possumus accipere; Mensis hic
initium mensuum erit uobis^, quamuis et de tempore istud acci
piatur. In hoc ergo principio mensuum caelum et terram fecit,
quod inde mundi capi oportebat exordium. Vbi erat oportuna
omnibus uerna temperies. Vnde et annus mundi imaginem nascen
tis expressit, ut post hibernas glacies atque hiemales caligines se
renior solito uemi temporis splendor eluceat. Dedit ergo formam
futuris annorum curriculis mundi primus exortus, ut ea lege an
norum uices surgerent atque initio cuiusque anni produceret terra
noua seminum germina, quo primum dominus deus dixerat: Ger
minet terra herbam faeni seminans semen secundum genus et se
cundum similitudinem et lignum fructiferum faciens fructum '.
Et statim produxit terra herbam faeni et lignum fructiferum, in
quo nobis et moderationis perpetuae diuina prouidentia et cele
ritas terrae germinantis ad aestimationem uernae suffragatur
aetatis. Nam etsi quocumque tempore et deo iubere promptum
fuit et terrenae oboedire naturae, ut inter hibernas glacies et
hiemales pruinas caelestis imperii fotu germinans terra fetum
produceret, non erat tamen dispositionis aeternae rigido stricta
gelu in uirides subito fructus laxare arua atque horrentibus prui
nis florulenta miscere. Ergo ut ostenderet scriptura ueris tempo
ra in constitutione mundi, ait; Mensis hic uobis initium mensuum,
b Prou 8, 27.
=Prou 8, 29-30.
Ps 110, 10; Prou 1, 7.
' Ex 12. 2.
Gen 1, 11.
Dio ha creato il cielo e la terra, cio airinizio del mondo, quando
questo cominci ad essere formato, come dice la Sapienza: Quan
do predisponeva i cieli, io ero con lui. Se lo riferiamo invece al
numero, conviene che tu intenda cosi: anzitutto cre il cielo e
la terra, poi i monti, le pianure, i territori abitabili oppure cosi;
prima delle altre creature visibili, cio il giorno, la notte, gli al
beri da frutto, le diverse specie d animali, cre il cielo e la terra.
Se poi lo riferisci al fondamento, hai letto nella Scrittura che il
principio il fondamento della terra, perch la Sapienza dice:
Quando rendeva saldi i fondamenti della terra, io ero accanto a
lui disponendo. C' anche il principio della retta educazione co-
m' quello di cui si dice: Inizio della sapienza il timore del Si
gnore, poich chi teme il Signore evita Terrore e cammina sulla
via della virt. Se non si teme Dio, non si pu rinunciare al peccato.
13. Possiamo interpretare nello stesso modo anche questo
passo: Questo mese sar per voi il principio dei mesi, quantun
que esso si intenda detto del tempo, perch si riferiva ^l a Pasqua
del Signore celebrata airinizio della primavera.. Dunque in tale
principio dei mesi Dio cre il cielo e la terra perch era oppor
tuno che il mondo prendesse inizio quando il clima primaverile
era favorevole a tutte le creature. Anche l'anno suole riprodurre
l'immagine del mondo nascente, sicch dopo i ghiacci invernali
e le nebbie della cattiva stagione, la luminosit del tempo prima
verile risplende pi limpida del solito^. I l primo sorgere diede
la regola al corso futuro degli anni, in modo che, secondo tale
legge, si susseguissero gli uni agli altri e all'inizio di ogni cinno la
terra facesse nuovamente germogliare i semi, comeper la prima
volta Dio aveva detto: Germogli la terr erba da foraggio produ
cendo semi secondo la specie e la somiglianza e alberi da frutto
che fruttifichino. E subito la terra produsse erba da foraggio e
alberi da frutto, circostanza con cui la perenne regola stabilita
dalla Provvidenza divina e la rapidit con la quale la terra ger
mogli suffragano l'ipotesi della stagione primaverile. Infatti, an
che se in qualsiasi stagione sarebbe stato facile a Dio comandare
e alla terra necessario obbedire cosi da produrre frutti germo
gliando riscaldata dal volere celeste, pur tra i ghiacci invernali e le
nevi dell'awersa stagione; tuttavia non rientrava nel disegno eter
no schiudere ad un tratto in frutti verdeggianti i campi stretti
nella morsa del gelo e mescolare alle brine, che fanno stecchire
3 Philo, De op. mundi, 7 (I , 5, 45; 7, 17 C); cf. Cic.; De nat. deor., I, 10,
24: atque terrae maximas regiones inhabitabiles atque incultas uidemus. Si
noti per che in Cicerone l aggettivo inhabitabilis significa <inabitabile come
in italiano. Non cosi in S. Ambrogio. Intendo regiones = pianure , in oppo
sizione a colles = <monti .
* Cf. Vero., Georg., II, 336-345.
5 quo = quo nitio,
I Settanta (Gen, 1, 11) hanno: ,
(* 66...
Come si vede, sembra che S. Ambrogio, alterando il testo, riferisca se
minans a terra.
Cf. Verg., Georg., , 317-8: Rura gelu tum claudit hiems nec semine
iacto / concretam patitur radicem adfigere terrae; LUCR., IV, 652^3. Cf. an-
1 SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 37
primus est uobis in mensibus anni, primum mensem uernum
tempus adpellans. Decebat enim principium anni principium esse
generationis et ipsam generationem mollioribus auris foueri. Nc
que enim possent tenera rerum exordia aut asperioris laborem
tolerare frigoris aut torrentis aestus iniuriam sustinere.
3 8 EXAMERON, DIES I , SER. I , C. 4 , 13-15
14. Simul illud aduertere licet, quia iure concurrit, ut eo tem
pore uideatur in hanc generationem atque in hos usus ingressus
tributus, quo tempore ex hac generatione in regenerationem legi
timus est transitus, siquidem uerno tempore filii Istrahel Aegyp
tum reJ iquerunt et per mare transierunt, baptizati in nube et in
mari, ut apostolus dixit, et eo tempore domini quodannis lesu
Christi pascha celebratur, hoc est animarum transitus a uitiis ad
uirtutem, a passionibus carnis ad gratiam sobrietatemque mentis,
a mjilitiae nequitiaeque fermento ad ueritatem et sinceritatem.
Regeneratis itaque dicitur: Mensis hic uobis initium mensuum, pri
mus est uobis in mensibus anni. Derelinquit enim et deserit qui
abluitur intellegibilem illum Pharao, principem istius mundi , di
cens: Abrenuntio tibi, diabole, et operibus tuis et imperiis tuis.
Nec iam seruiet ei uel terrenis huius corporis passionibus uel de-
prauatae mentis erroribus qui demersa omni malitia uice plumbi
bonis operibus dextra laeuaque munitus inoffenso saeculi huius
freta studet uestigio transire. In libro quoque, qui scribitur de
Niuneris, ait scritpura: Initium nationum Amalech et semen eius
peribit^. Et utique non omnium nationum primus est Amalech,
sed quia per interpretationem Amalech rex accipitur iniquorum,
iniqui autem gentes sunt, uide ne principem huius mundi accipere
debeamus, qui imperat nationibus uoluntatem suam facientibus,
cuius semen peribit. Semen autem eius impii et infideles sunt,
quibus ait dominus: Vos ex patre diabolo estis ".
15. Est etiam initium mysticum, ut illud est: Ergo sum pri
mus et nouissimus, initium et finis et illud in euangelio praeci
pue, quod interrogatus dominus quis esset respondit: Initium quod
Ex 12, 2.
h 1 Cor 10, 1-2.
Io 14, 30.
I Num 24, 20.
Ps 36, 28.
>Io 8, 44.
Apoc 1, 17; 21, 6.
14, 24. uox Schenkl manifesto mendo typ.
le loro distese fiorite. La Scrittura, per indicare che era prima
vera al momento della creazione del mondo, dice: Questo mese
per voi il principio dei mesi, per voi il primo tra i mesi del
l'anno, chiamando cio primo mese il tempo primaverile. Era
conveniente che il principio dell'anno segnasse l'inizio della ripro
duzione e che la riproduzione stessa fosse favorita da tm clima
pi mite. Infatti i geirmi ancor teneri non avrebbero potuto sop
portare o il tormento dun freddo troppo rigido o la violenza dim
calore infocato .
14. Nello stesso tempo lecito rilevare, perch viene a pro
posito, che si diede inizio a tale generazione e a tali pratiche nel
tempo in cui prescritto dalla legge il passaggio dalla generazione
alla rigenerazione. Fu infatti di primavera che i figli d'Israele lascia
rono l'Egitto e passarono attraverso il mare, battezzati nella nube e
nel mare, come disse l'Apostolo, e in quel tempo ogni anno si
celebra la Pasqua del Signore Ges Cristo, cio il passaggio delle
anime dai vizi alle virt, dalle passioni della carne alla grazia e
alla sobriet dello spirito, dal lievito della materia e della mal
vagit alla verit e alla sincerit. Perci a coloro che sono stati
rigenerati si dice: Questo mese per voi il principio dei mesi,
per voi il primo fra i mesi dellanno. Chi riceve il lavacro batte
simale abbandona definitivamente il principe di questo mondo,
di cui simbolo il Faraone dicendo: Rinuncio a te, o diavolo,
e alle tue opere e al tuo dominio . Ormai non servir pi a lui
e alle passioni terrene di questo nostro corpo o agli errori dun'in-
telligenza corrotta, perch, affondata ogni malizia a guisa di piom
bo, difeso sia a destra sia a sinistra dalle buone opere, egli si
sforza di attraversare senza danno le onde tempestose di questo
mondo. Anche nel libro intitolato Numeri dice la Scrittura: Amalec
il principio delle genti, ma il suo seme perir, E certamente
Amalec non il primo di tutte le genti, ma siccome simbolica-
mente Amalec considerato il re dei malvagi e le genti sono mal
vagie, bada che non si debba intendere il principe di questo mon
do, che domina le nazioni che fanno la sua volont e il cui seme
perir. E sono suo seme gli empi e gli infedeli ai quali il Signore
dice: Voi siete figli del diavolo.
15. C' anche un principio mistico, come questo: Io sono il
primo e lultimo, il principio e la fine; com' soprattutto quello
di cui si paria nel Vangelo: Sono il principio che anche parlo a
voi. Egli veramente secondo la divinit il principio di tutto per
ch nessuno esiste prima di lui, e ne la fine perch nessuno
I SEI GIRNI DELLA CREAZZONB 39
che Ve r g ., Georg., II, 330-331: parturit almus ager Zephyrique trementibus
auris f taxant arua sinus.
* Cf. Verg., Georg., I I , 343-345; Nec res hunc tenerae possent perferre
laborem / si non tanta quies iret frigusque caloremque / inter, et exciperet
caeli indulgentia terras. Cf. Bue., VI, 33-34.
9 Come osserva il Coppa (op. cit., p. 122, n. 45) con la parola rigenerati
si indicano i battezzati. II passo dell'Esoiio (12, 2) sopra citato e qui sotto
ripetuto era letto nella veglia del Sabato Santo, in cui si battezzavano i
catecumeni.
Per intellegibilis = simbolico , vedi B l a i s e -Ch i r a t , sub uoce.
et loquo.r uobis^. Qui uere et secundum diuinitatem est initium
omnium, quia nemo ante ipsum, et finis, quia nemo ultra ipsum
est. Secundum euangelium initium est uiarum domini in opera
eius, ut per ipsum disceret hominum genus uias domini sequi et
operari opera dei. In hoc ergo principio, id est in Christo fecit
deus caelum et terram, quia per ipsum omnia jacta sunt et sine
ipso factum est nihil quod factum est *: in ipso, quia in. ipso con
stant omnia et ipse est primogenitus totius creaturae^, siue quia
ante omnem creaturam, siue quia sanctus, quia primogeniti sancti
sunt, ut primogenitus Istrahel non quia ante omnes, sed quia
sanctior ceteris, sanctus autem dominus super omnem creaturam
et secundum corporis susceptionem, quia solus sine peccato, solus
sine uanitate, omnis autem creatura subiecta uanitati est.
16. Possumus etiam intellegere: In principio fecit deus cae
lum et terram, id est ante tempus, sicut initium uiae nondum uia
est et initium domus nondum domus. Denique alii dixerunt -
quasi in capite. Quo significatur in breui et in exiguo
momento summa operationis inpleta. Sunt ergo et qui principium
non pro tempore accipiant, sed ante tempus et vel caput,
ut dicamus latine, quasi summam operis, quia rerum uisibilium
summa caelum et terra est, quae non solum ad mundi huius spec
tare uidentur ornatum, sed etiam ad indicium rerum inuisibilium
et quoddam argumentum eorum quae non uidentur, ut est illud
propheticum: Caeli enarrant gloriam dei et opera manuum eius
adnuntiat firmamentum \ Quod secutus apostolus aliis uerbis in
eandem conclusit sententiam dicens: Quia inuisibilia eius per ea
quae facta sunt intelleguntur'". Auctorem enim angelorum et do
minationum et potestatum facile intellegimus eum qui momento
imperii sui hanc tantam pulchritudinem mundi ex nihilo fecit esse,
quae non erat, et non extantibus aut rebus aut causis donauit ha
bere substantiam*.
4 0 EXAMERON, DIES I , SER. I , C. 4 , 15-16
p Io 8, 25.
<t Prou 8, 22; cf. Lue 20, 21.
Io 1, 3.
* Coi I, 17.
Ex 4, 22.
Rora 8, 20.
Ps 18, 1.
w Rom 1, 20.
Coi 1. 16.
dopo di lui. Secondo il Vangelo, l'inizio delle vie del Signore sta
nella sua opera, affinch per suo mezzo il genere umano impa
rasse a seguire le vie del Signore e a compiere le opere di Dio.
In tale principio, cio in Cristo, Dio cre il cielo e la terra, perch
per mezzo di lui tutto fu fatto e senza di lui non fu fatto nulla
di ci ch stato fatto: in lui, perch in lui sussistono tutte te cose
ed egli il primogenito di tutte le creature sia perch prima di
ogni creatura sia perch santo, dato che i primogeniti sono santi,
come era primogenito Israele, non perch fosse prima di tutti
popoli, ma perch pi santo di tutti gli altri. Invece il Signore
santo sopra ogni creatura anche secondo la sua incarnazione, per
ch il solo senza peccato, il solo senza vanit, mentre ogni crea
tura soggetta alla vanit.
16. Possiamo anche intendere: In principio Iddo cre il cie
lo e la terra, cio prima del tempo, come il principio di ima strada
non ancora la strada e l inizio d'una casa non ancora la casa
Altri disse , cio neUinsieme, espressione la quale
indica che linsieme della creazione fu compiuto in breve tempo,
in un istante. Vi sono dunque anche quelli che intendono princi
pio non riferito al tempo, ma prima del tempo, e cio
capo, per usare il termine latino, come insieme dellopera, perch
il cielo e la terra sono l insieme delle cose visibili; e sembra che
essi siano destinati non solo ad abbellire questo mondo, ma anche
a dimostrare l esistenza delle realt invisibili e, per cosi dire, ad
essere un argomento delle cose che non si vedono come suona
il detto del profeta: I cieli narrano la gloria di Dio e il firmamen
to annuncia l'opera delle sue mani. Riprendendo questo concetto,
lApostoIo con altre parole ha espresso la medesima idea dicendo:
Le sue perfezioni invisibili si comprendono per mezzo delle opere
che sono state compiute. Comprendiamo facilmente che ha creato
gli angeli, le dominazioni, le potest colui che con il suo cenno
istantaneo ha creato dal nulla questa cosi meravigliosa bellezza
delluniverso che prima non esisteva e ha dato realt sostanziale
a cose e a cause che prima non sussistevano.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 41
Ba s ., Hexaem., 16 C (7 A): * 680 684
"riii (, 6 ...
Ba s ., Hexaem., 17 A (7 ): , ,
& .
B a s . , Hexaem., 16C (6 E): ... (4 )
, 1)
6 , i
...
Caput V
17. Est enim hic mundus diuinae specimen operationis, quia
dum opus uidetur, praefertur operator. Namque ut istarum ar
tium aliae sunt actuosae, quae sunt in corporis motu aut sono
uocis cessauit motus aut sonus, nihil superfuit nec remansit
spectantibus uel audientibus , aliae theoreticae, quae uigorem
mentis exerceant, aliae huiusmodi, ut cessante quoque operationis
officio operis mimus adpareat, ut aedificatio atque textura, quae
etiam tacente artifice peritiam eius ostendant, ut operatori operis
sui testimoniimi suffragetur: similiter etiam hic mundus diuinae
maiestatis insigne est, ut per ipsum dei sapientia manifestetur.
Quem uidens propheta simul et ad inuisibilia oculos mentis adtol-
lens ait: Quam magnificata sunt opera tua, domine! Omnia in sa-
pienta fecisti .
18. Nec otiose utique factum legimus quia gentiles plerique,
qui coaeternum deo mundum uolunt esse quasi adumbrationem
uirtutis diuinae, adserunt etiam sua sponte subsistere. Et quam-
uis causam eius deum esse fateantur, causam tamen factum
uolunt non ex uoluntate et dispositione sua, sed ita ut causa um
brae corpus est. Adhaeret enim umbra corpori et fulgur lumini
naturali magis societate quam uoluntate arbitra. Pulchre ergo ait
Moyses quia fecit deus caelum et terram. Non dixit quia subesse
fecit, non dixit quia causam mundo ut esset praebuit, sed fecit
quasi bonus quod foret utile, quasi sapiens quod optimum iudi-
cabat, quasi omnipotens quod amplissimum praeuidebat. Quo
modo autem quasi umbra esse poterat, ubi corpus non erat, cum
incorporei dei corporea adumbratio esse non potest? Quomodo
etiam incorporei luminis splendor possit esse corporeus?
4 2 EXAMERON, DIES I, SER. I, C. 5, 17-19
19. Sed si quaeris splendorem dei, filius est imago dei inui-
sibilis. Qualis ergo deus, talis et imago. Inuisibilis deus, etiam
imago inuisibilis; est enim splendor gloriae paternae atque eius
Ps 103, 24.
Capitolo 5
17. Questo moiido un esempio dell'azione divina, perch,
mentre si vede l'opera, se ne scopre l'autore. Come delle nostre
arti alcune, che consistono nel movimento del corpo e nel suono
della voce, sono pratiche, si esauriscono cio in un'attivit esteriore
quando cessa il moto o il suono non rimane assolutamente nulla
agli spettatori o agli ascoltatori ^, altre speculative, che impe-
gnaino il vigore della mente, altre di tale natura che, anche quando
l'artefice inoperoso, ne mostrano l'abilit, sicch depone a fa
vore dell'operatore la testimonianza della propria opera; simil
mente anche questo mondo im segno della maest divina, cosi
che per suo mezzo si manifesta l sapienza di Dio. Vedendo il
mondo e, nello stesso tempo, innalzando gli occhi della mente al
la contemplazione delle realt invisibili, il profeta dice: Come sono
meravigliose le tue opere, Signore! Tutto hai fatto con sapienza^
18. Ad ogni modo non senza ragione noi leggiamo che il
mondo stato creato, perch la maggior parte dei gentili che af
fermano coetemo a Dio il mondo come un riflesso della potenza
divina, asseriscono anche che essp sussiste spontaneamente. E
quantunque riconoscano che Do ne la causa, sostengono che
egli ne divenuto la causa non per un atto deliberato della sua
volont, ma cosi come un corpo causa della propria ombra
L'ombra infatti inseparabile dal corpo e il lampo dalla luce per
associazione naturale, non per un atto volontario. Ben a propo
sito dunque Mos dice Dio cre il cielo e la terra. Non disse che
Io fece sussistere, non disse che offri al mondo una causa per
esistere, ma che, essendo buono, fece ci che era utile, essendo
sapiente, ci che giudicava ottimo, essendo onnipotente, ci che
prevedeva di ampiezza sconfinata. In che modo vi sarebbe potuta
essere, per cosi dire, ombra dove non cera corpo, dato che di un
Dio incorporeo non vi pu essere ombra corporea? Come anche
potrebbe essere corporeo lo splendore di una luce incorporea?
19. Ma se cerchi lo splendore di Dio, il Figlio l'immagine
del Dio invisibile. Quale Dio, tale ne l'immagine. Dio invisi
bile, invisbile anche la sua immagine: infatti lo splendore
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 43
Ba s ., Hexaem., 17 AB (7BD): S al -
, , S
, -
, ... Sul valore de
gli aggettivi e , vedi P p i n , op. cit., p. 370.
* B a s ., Hexaem., 17 BC (7 DE): ... ,
. ^> ^
riv , ,
6-
& , , -
...
imago substantiae. In principio inquit fecit deus caelum et terram.
Et factus est ergo mundus et coepit esse qui non erat; uerbum
autem dei in principio erat et erat semper Sed etiam angeli, do
minationes et potestates etsi aliquando coeperunt, erant tamen
iam, quando hic mundus est factus. Omnia namque creata et
condita sunt, uisibilia et inuisibilia, siue sedes siue dominationes
siue principatus siue potestates, omnia inquit per ipsum et in
ipsum creata sunt . Quid est in ipsum creata"? Quia ipse est heres
patris, eo quod a patre in ipsum transierit hereditas, sicut pater
dicit: Posce a me, et dabo tibi gentes hereditatem tuam Quae
tamen hereditas a patre transiuit in filium et in patrem reuertit
a filio. Egregie itaque apostolus et hoc loco filium dixit auctorem
omnium et maiestate sua continentem omnia et ad Romanos de
patre ait: Quoniam ex ipso et per ipsum et in ipsum omnia^. Ex
ipso principium et origo substantiae uniuersorum, id est ex uo-
luntate eius et potestate omnia enim ex eius uoluntate coepe-
nmt, quia unus deus pater, ex quo omnia; etenim tamquam ex
suo fecit,, qui unde uoluit fecit , per ifjsum continuatio, finis in
ipsum. Ex ipso ergo materia, per ipsvun operatio, quae ligauit
atque constrinxit imiuersa, in ipsum, quia et quamdiu uult omnia
eius uirtute manent atque consistimt et finis eorum in dei uolun-
tatem recurrit et eius arbitrio resoluuntut.
44 EXAMERON, DIES I, SER. I , C. 5 , 19
b Io 1, 1.
c Coi 1, 16.
d Ps 2, 8.
* Rom 11, 36.
della gloria del Padre e l iminagine della sostanza di lui. I n prin
cipio, disse, Dio cre il cielo e la terra. Dunque fu creato il mondo
e cominci ad esistere, mentre prima non esisteva; invece il Verbo
di Dio in principio era ed era sempre Ma anche gli angeli, le do
minazioni, le potest, anche se incominciarono ad esistere ad im
dato momento, tuttavia esistevano gi quando questo mondo fu
creato. Infatti tutte le cose, visibili e invisibili, sono state create*
e fondate, sia i troni sia le dominazioni sia i principati sia le p
test, tutte le cose, dice Paolo, sono state create per mezzo di lui
e per lui. Che cosa significa create per lui ? Che egli l'erede
del Padre, perch l eredit passata a lui come dice il Padre:
Chiedimelo, ed io ti dar le genti quale tua eredit. Tale eredit
tuttavia passata dal Padre al Figlio e dal Figlio ritorna al Pa
dre. Egregiamente perci l Apostolo anche in questo passo ha
detto che il Figlio l autore di tutte le cose tutte le abbraccia
con la sua maest, e del Padre disse ai Romani: Poich da lui,
per mezzo di lui e per lui ogni cosa. Da lui il principio e l origine
dell'esistenza deU'universo, cio dalla sua volont e dal suo po
tere (infatti in seguito ad un atto della sua volont ebbero inizio
tutte le cose perch c' un solo Dio Padre dal. quale tutto deriva:
egli ha creato da ci chera suo, perch ha creato traendo gli
esseri donde ha voluto); per mezzo suo la loro sopravvivenza, per
lui la loro fine. Da lui dunque la materia, per mezzo suo l'azione
che ha collegato e riunito l'universo, per lui perch, finch egli
vuole, tutte le cose continuano ad esistere e la loro fine risale
alla volont di Dio e a suo arbitrio si dissolvono.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 45
3 In queste riflessioni Ambrogio riecheggia una polemica molto diffusa tra
i Padri contro la filosofia antica, compresa quella platonica. I filosofi antichi
tendevano a considerare il mondo come la manifestazione necessaria di Dio e
come tale derivante necessariamente da lui: Io definivano perci l'ombra o
l'immagine d Dio. 1 Padri, da Atanasio a Gregorio di Nissa, reagiscono sot
tolineando che il mondo deriva invece da un atto di Dio assolutamente libero,
per cui, mentre il mondo non pu esistere senza Dio, Dio non ha bisogno del
mondo per essere pienamente se stesso. Questo non significa che Dio non si
riveli eternamente: la Bibbia parla di un'immagine di Dio. Ma questa il Ver
bo, che esiste da sempre accanto al Padre e ne l'immagine invisibile. Im
magine eterna ed invisibile. Con questo Ambrogio prende posizione anche con
tro alami che consideravano Ges Cristo immagine di Dio solo in quanto uo
mo. Questo perch i primi a parlare di immagine invisibile erano stati gli Aria
ni, specialmente Asterio. i quali consideravano il Verbo come immagine invisibi
le, ma creata. Alcuni, specialmente Marcello di Ancira, il grande avversario di
Asterio, per respingere la tesi ariana che Cristo immagine invisibile in quanto
spirito creato, sostennero che Cristo era immagine di Dio solo in quanto uo
mo. Ma con il tempo si chiari che Ges in primo luogo immagine invisibile
increata, in quanto Verbo, immagine esattissima o immagine immutabile ,
e poi immagine in quanto uomo. Per una visione d'insieme cf. M. SiMO
, La controversia ariana nel I V secolo, Roma 1975, e R. Cantalamessa, I l
Cristo immagine di Dio nelle discussioni teologiche del quarto secolo, in Teo
logia Liturgia Storia, Miscellanea in onore di Carlo Manziana, La Scuola -
Morcelliana, Brescia 1977, pp. 293. [Enzo Beluni].
* Il testo greco ha * tradotto dalla Vulgata: condita sunt. Bas.,
Hexaem., 13 AB (5 D ):... ^ *
, ...
Caput VI
20. In principio itaque temporis caelum et terram deus fecit.
Tempus enim ab hoc mundo, non ante mundirai, dies autem tem
poris portio est, non principium. Et quamquam lectionis serie
possimus astruere quod primo diem fecerit dominus et noctem,
quae sunt uices temporum, et secundo die firmamentum fecerit,
quo discreuit aquam quae sub caelo est et aquam quae super
caelum, tamen satis sufficit ad praesentem adsertionem quod in
principio caelum fecerit, unde praerogatiua generationis et causa,
et terram fecerit, in qua esset generationis substantia. In his enim
quattuor illa elementa creata simt, ex quibus generantur omnia
ista quae mundi sunt. Elementa autem quattuor, caelum ignis aqua
et terra, quae in omnibus sibi mixta sunt, siquidem et in terra
ignem repperias, qui ex lapidibus et ferro frequenter excutitur, et
in caelo, cum sit ignitus et micans fulgentibus stellis polus, aqua
esse possit intellegi, quae uel supra caelum est uel de illo supe
riore loco in terram largo frequenter imbre demittitur. Quae plu
ribus colligere possemus, si quid ad aedificationem ecclesiae ista
proficere uideremus. Sed quia his occupari infructuosum negotium
est, ad illa magis intend2imus animum in quibus uitae sit pro
fectus aeternae.
4 6 EXAMERON, DIES I , SEK. I , C. 6 , 20-22
21. De qualitate igitur et substantia caeli satis est ea pro
mere quae in Esaiae scriptis repperimus, qui mediocribus et usi
tatis sermonibus qualitatem naturae caelestis expressit dicens
quod firmauerit caelum sicut fumum *, subtilem eius naturam nec
solidam cupiens declarare. Ad speciem quoque eius abundat
quod ipse de caeli firmamento locutus est quia fecit deus caelum
sicut cameram quod intra caeli ambitum uniuersa claudantur,
quae uel in mari geruntur et terris. Quod similiter significatur,
cum legitur, quia caelum deus extendit. Extenditur enim uel quasi
pellis ad tabernacula, habitationes sanctnmi, uel quasi liber', ut
plurimorum scribantur nomina, qui Christi gratiam fide et deuo-
tione meruerunt, quibus dicitur: Gaudete quia nomina uestra scrip
ta sunt in caelo.
22. De terrae quoque uel qualitate uel positione tractare nihil
prosit ad speciem futuri, cum satis sit ad scientiam quod scriptu-
Is 51, 6.
b Is 40, 22.
' Is 40, 22; 34, 4.
Lc 10, 20.
Capitolo 6
20. In principio del tempo Dio cre il cielo e la terra. I l tem
po ha inizio dallesistenza di questo mondo, non prima del mondo;
il giorno poi parte del tempo, non principio di esso. E quantun
que dal seguito della narrazione della Scrittura possiamo ricavare
che dapprima il Signore cre il giorno e la notte, in cui il tempo
si alterna, e nel secondo giorno il firmamento mediante il quale
separ l'acqua che sotto il cielo da quella che gli sta sopra, tut
tavia sufficiente per la nostra argomentazione chegli in prin*
cipio abbia creato il cielo, donde derivano la premessa e la causa
della generazione, e la terra la quale doveva fornire la natura
della generazione Infatti nel cielo e nella terra sono stati creati
quei quattro elementi dai quali derivano tutte le cose che esistono
in questo mondo. Gli elementi sono quattro, aria, fuoco, acqua e
terra, che in tutti i corpi sono mescolati fra loro, perch come
nella terra potresti trovare il fuoco che spesso sprizza dalle selci
e dal ferro*, cosi neH'aria, sebbene la volta celeste sia fiammeg
giante e risplendente del tremolio luminoso delle stelle, pu in
tuirsi la presenza dellacqua che o sta sopra il cielo o di lass
cade sovente sulla terra in pioggia copiosa. Potremmo trattare pi
ampiamente tali questioni, se le credessimo di qualche vantaggio
all'edificazione della Chiesa ^ Ma siccome occuparsene un im
pegno senza frutto, rivolgiamo piuttosto la nostra mente a quanto
giova per la vita eterna.
21. Sulla qualit e sulla sostanza del cielo sufficiente espor
re ci che troviamo negli scritti dIsaia, il quale, con uno stile
ordinario e con espressioni d'uso comune, spieg la natura del
cielo dicendo che Dio aveva costituito il cielo come fumo, volendo
indicare che la sua natura aeriforme, non solida. Anche nel
descriverne la configurazione egli si dilimga dicendo, a proposito
del firmamento celeste, che Dio cre il cielo come una volta,
poich nel suo spazio sono racchiuse tutte le cose che accadono
nel mare e sulla terra. Si esprime lo stesso concetto l dove si
legge che Dio stende il cielo. Viene steso infatti o come una pelle
per tende, ove abitano i santi, o come un foglio per scrivervi i
nomi dei molti che con la loro fede e devozione meritarono la
grazia di Cristo, ai quali si dice: Godete perch i vostri nomi
stanno scritti in cielo.
22. Non gioverebbe a nulla in vista della sorte futura trat
tare anche della natura o della posizione della terra, perch
1 Bas., Hexaem., 20 A (8 A):
, , 8
.
* !5., Hxaem., 20 AB (8 BC): ", ,
, < ^
, ,
< , , -^,
& .
^8., Hexaem., 20 C (8 D): ... 6,
.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 47
rarum diuinarum series conprehendit quia suspendit terram in
n i h i l o Quid nobis discutere utrum in aere pendeat an super
aquam, ut inde nascatur controuersia, quomcxlo aeris natura te
nuis et mollior molem possit sustentare terrenam aut quomodo,
si super aquas, non demergatur in aquam grauis terrarum ruina?
Aut quomodo ei maris unda non cedat et in latera eius sese loco
suo mota diffundat? Multi etiam in medio aeris terram esse dixe
runt et mole sua immobilem manere, quod aequabili motu hinc
atque inde ex omni parte protendat. De quo satis putamus dic
tum a domino ad lob seruum suum, quando locutus per nubem
ait: Vbi eras, cum fundarem terram? Indica mihi, si habes scien
tiam. Quis posuit mensuras eius, si nosti? Aut quis est qui superin
duxit mensuram super eam? Aut super quid circuli eius confixi
sunt? Et infra; Conclusi mare portis et dixi: usque huc uenies et
non transibis, sed in te comminuentur fluctus tui^. Nonne eui-
denter ostendit deus omnia maiestate sua consistere, non numero,
pondere atque mensura? Neque enim creatura legem tribuit, sed
accipit aut seruat acceptam. Non ergo quod in medio sit terra,
quasi aequa lance suspenditur, sed quia maiestas dei uoluntatis
suae eam lege constringit, ut supra instabile atque inane stabilis
perseueret, sicut Dauid quoque propheta testatur dicens: Fundauit
terram super firmitatem eius: non inclinabitur in saeculum sae
culi^. Non utique hic quasi tantummodo artifex deus, sed quasi
omnipotens praedicatur, qui non centro quodam terram, sed
praecepti sui suspenderit firmamento nec eam inclinari patiatur.
Non ergo mensuram centri, sed iudicii diuini accipere debemus,
quia non artis mensura est, sed potestatis, mensura iustitiae, men
sura cognitionis, quia omnia non tanquam inmensa praetereant
eius scientiam, sed cognitioni eius tanquam dimensa subiaceant.
Neque enim cimi legimus: Ego confirmaui columnas eius^, uere
columnis eam subnixam possumus aestimare, sed ea uirtute, quae
subfulciat substantiam terrae atque sustineat. Denique quam in
potestate dei sit terrae constitutio etiam hinc collige, quoniam
scriptum est: Qui aspicit terram et facit eam tremere^ et alibi:
Adhuc ego semel concutio terram non ergo libramentis suis inmo-
bilis manet, sed frequenter dei nutu et arbitrio commouetur, sicut
et lob dicit quia dominus commouet eam a fundamentis, colum
nae autem eius exagitantur et alibi: Nuda inferna in conspectu
eius, et non est morti inuolucrum. Extendens boream pro nihilo.
4 8 EXAMERON, DIES I , SER. I , C. 6, 22
e lob 26, 7.
i lob 38. 7.
I lob 38, 4^.
h lob 38, 10-1.
I Ps 103, 5.
1Ps 74, 4.
mPs 103, 32.
Agg2, 6( 7) .
lob 9, 6.
sufficiente per la nostra conoscenza la concisa affermazione della
Scrittura divina: Sospende la terra sul nulla *. Che ci serve discute
re se stia sospesa neU'aria o sopra l acqua, sicch ne nasca una
disputa sul modo in cui la natura sottile e piuttosto cedevole del
l aria possa sostenere la mole della terra oppure, se questa
sostenuta dalle acque, in qual modo non vi affondi la sua massa
con rovinoso crollo? O come Tonda del mare non si ritiri di fronte
ad essa e non si spanda ai suoi lati respinta dalla sua sede?
Molti anche affermarono che la terra si trova nel mezzo dellaria e
rimane immobile nella sua mole, poich si protende da ogni parte
per l effetto di uguali impulsi in direzione opposta'. Su tale ar
gomento pensiamo sia stato detto quanto basta dal Signore al suo
servo Giobbe, quando, parlando in mezzo ad una nube, gli disse:
Dov'eri quando ponevo le fondamenta della terra? Dimmelo, se
ne sei a conoscenza. Chi ne fiss le dimensioni, se lo sai? Oppure
chi stse sopra di essa la misura? Oppure su che cosa furono in
fissi i suoi cerchi? e sotto: Ho chiuso il mare mediante porte e gli
ho detto: Giungerai fin qui e non passerai oltre, ma in te si pla
cheranno i tuoi flutti *. Non ha mostrato chiaramente Iddio
che tutto sussiste per la sua maest, non per il numero, il peso,
la misura? Non la creatura che si d la legge, ma la riceve e,
ricevutala, la osserva. La terra non si libra sospesa come al piatto
duna bilancia che si mantiene in equilibrio, perch si trova al
centro delluniverso \ ma perch ve la costringe la maest di Dio
con la legge della sua volont, in modo che rimanga stabile sul
vuoto che non offre resistenza, come attesta anche il profeta Da
vide dicendo; Ha fondato la terra sulla sua stabilit: non si in
cliner in eterno. Evidentemente qui Iddio non viene esaltato sol
tanto come l artefice, ma come l Onnipotente che non ha sospeso
la terra ad un punto centrale delluniverso, bens alla stabilit
della sua legge, e non permette che vacilli. Quindi dobbiamo in
tendere non la misura del centro, ma quella del giudizio divino,
perch non la misura propria di un'arte, ma la misura della
potenza, della giustizia, della sapienza, perch tutte le cose non
sfuggono alla sua conoscenza in quanto incommensurabili, ma
sono soggette ad essa in quanto misurate da lui. Infatti quando
leggiamo: Io ho rafforzato le sue colonne, non possiamo pensare
che essa sia veramente sostenuta da colonne, ma da una potenza
tale da sostenere e reggere la massa della terra. Inoltre, quanto
lassetto della terra sia in potere di Dio, puoi ricavarlo anche da
qusto passo, poich sta scritto: Colui che contempla la terra e
la fa tremare, e altrove: Ancora una volta io scuoto la terra. Dun
que questa non rimane immobile nel suo equilibrio, ma frequente
mente scossa dal cenno e dalla volont di Dio, come anche Giob-
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 49
* , * (26, 7).
5 ., Philos., 6, 3, in Diels, Dox. Gr., p. 559, 23.
Bas., Hexaem., 24 A (9D).
Cf. Cic., Tusc., I, 17, 40: persuadent enim mathematici terram in me
dio mundo sitam ad uniuersi caeli complexum quasi puncti instar obtinere,
quod illi uocant. = punto centrale ( F l a t ., Tim., 54e).
suspendens terram in nihilo, alligans aquam in nubibus suis^,
columnae caeli euolauerunt et expauerunt ab increpatione eius.
Virtute mitigauit mare, disciplina strauit cetum, claustra autem
caeli timent eum'^. Voluntate igitur dei inmobilis manet et stat
in saeculum terra' secundum Ecclesiastae sententiam et in uolun-
tate dei mouetur et nutat. Non ergo fundamentis suis innixa sub
sistit nec fulcris suis stabilis perseuerat, sed dominus statuit eam
et firmamento uoluntatis suae continet, quia in manu eius omnes
fines terrae*. Et haec fidei simplicitas argumentis omnibus an
tecellit. Laudent alii quod ideo nusquam decidat terra, quia se-
cimdum naturam in medio regionem possideat suam, eo quod ne-
cesse sit eam manere in regione nec in partem inclinari alteram,
quando contra naturam non mouetur, sed secundum naturam,
praedicent artificis diuini et operatoris aeterni excellentiam
quis enim artificum non ab illo accepit aut quis dedit mulieribus
texturae sapientiam aut uarietatis disciplinam? ego tamen, qui
profundum maiestatis eius et artis excellentiam non queo con-
prehendere, non disputatoriis me libramentis committo atque
mensuris, sed omnia reposita in eius existimo uoluntate, quod
uoluntas eius fundamentum sit uniuersorum et propter eum adhuc
mundus hic maneat. Quod apostolicae quoque liceat astruere auc
toritatis exemplo. Scriptum est enim quia uanitati creatura su-
biecta est non sponte, sed propter eum qui subiecit in spe . Libe
rabitur autem et ipsa creatura a seruitute corruptionis, cum gra
tia diuinae remunerationis adfulserit.
5 0 EXAMERON, DIES I , SER. I, C. 6 , 22-23
23. De natura autem et qualitate substantiae caeli quid enu
merem ea quae disputationibus suis philosophi texuerunt? Cum
alii conpositum caelum ex quattuor elementis adserant, alii quin-
p lob 26, 6-8.
lob 26, 11-13.
Eccle 1, 4.
Ps 94, 4.
lob 38, 36 (Sept. *).
Rom 8, 20-21.
* Sono contrassegnati con l'indicazione Sept. i passi che non hanno corri
spondenza n letterale n, quanto meno, concettuale con la Vulgata. Per i
Settanta stata usata la nona edizione del Rahlfs.
be dice che il Signore la scuote dalle fondamenta e le sue colon
ne tremano; e in un altro luogo: Al suo cospetto appare nudo
l'inferno e la morte non ha rivestimento. Estende borea sul vuo
to, sospende la terra sul nulla, rinchiude l'acqua nelle sue nubi.
Le colonne del cielo volano via terrorizzate dal suo rimprovero.
Col suo potere plac il mare, con la sua scienza abbatt il cetaceo,
lo temono le chiostre del cielo. Per la volont di Dio la terra ri
mane immobile e, come dice l'Ecclesiaste, sta eternamente e, con
forme al volere di Dio, si muove e ondeggia. Non resta ferma, sal
damente piantata sulle sue fondamenta, n si mantiene stabile
sui suoi appoggi, ma il Signore l ha stabilita al suo posto e ve la
mantiene col sostegno della sua volont, perch nella sua mano
sono tutti i termini della terra. E questa semplicit di fede vale
pi d'ogni argomento. Esaltino pure altri il fatto che la terra non
precipita da nessuna parte dicendo che,; secpndo la natura, occu
pa al centro delluniverso lo spazio che le spetta. E poich per
necessit essa rimane al suo posto e non si inclina dalla parte
opposta, siccome si muove non contro, ma secondo la legge di
natura, celebrino pure leccellenza dell'Artefice divino e deH'etemo
Creatore (quale artefice infatti non impar da lui o chi diede
alle donne labilit nel tessere o l'arte del ricamare? ^): io tutta
via che non riesco ad at>bracciare con la mia intelligenza l abisso
della sua maest e leccellenza della sua arte, non mi affido ai
pesi e alle misure propri della discussione, ma penso che tutto
dipenda dalla sua volont perch la sua volont il fondamento
dell'universo e solo per causa sua il mondo sussiste ancora. E
ci si potrebbe sostenere anche sullesempio dell'autorit aposto
lica. Sta scritto infatti che la creatura fu assoggettata alla vanit
non di sua volont, ma per causa di colui che Vha sottomessa nel
la speranza. Anche la stessa creatura sar liberata dalla schiavit
della corruzione, quando risplender la grazia della ricompensa
divina.
23. Ma sulla natura e sulle propriet del cielo perch dovrei
elencare tutte le teorie elaborate dai filosofi nelle loro discussio
ni? Alcuni sostengono che il cielo composto di quattro ele-
* I Settanta hanno ( = volarono via . Preferisco conservare
l'arditissima immagine traducendo col presente laoristo (gnomico).
Bas., Hexaem., 24 BC (10 AB): *
xtvrjrov . *
^ t<n)v t ,
, ,
^ .
24 D (10 C): <) ,
.
25 (10D): ... ,
.
Questo passo si trova nei Settanta (Giob., 38, 36), ma non nella Vulgata
che traduce in modo diverso il corrispondente testo dell'ebraico: Chi ha
elargito airt&(5 la sapienza o chi ha dato al gallo l'intelligenza? . Vulg.:
Quis posuit in uisceribus hominis hominis sapientiam? vel quis dedit gallo
intelligentiam?
Bas., Hexaem., 25A-28A (10E-11D): S. Ambrogio non fa ohe seguire
S. Basilio.
1 SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 51
tam quandam naturam noui corporis ad constitutionem eius in
ducant atque adfingant aetherium esse corpus, cui neque ignis
admixtus sit neque aer neque aqua neque terra, quod huius mim-
di elementa suum quendam habeant cursum atque usum et mo
tum naturae, ut grauiora demergant et in pronvmi ferantur, uacua
et leuia in superiora se subrigant est enim proprius cuique
motus , in sphaerae autem circuitu ista confundi et uim sui
cursus amittere, quoniam sphaera in orbem suum uoluitur et
superiora inferioribus, superioribus quoque inferiora mutantur.
Quorum autem secundum naturam motus mutati simt, horum ne
cessario ferunt mutari solere qualitates substantiarum suanmi.
Quid igitur defendimus aetherium corpus esse, ne uideatur cor
ruptioni obnoxium? Quod enim conpositum ex corruptibilibus
elementis est necesse est resoluatur. Nam hoc ipso quod diuersae
eadem sint elementa naturae simplicem et inuiolabilem motum
habere non possunt, cimi se diuersus elementorum motus inpu-
gnet. Vnus enim motus omnibus aptiis esse non potest et elementis
distantibus conuenire; nam qui leuibus adcommodus est fit incom
modus grauioribus elementis. Itaque quando ad superiora motus
caeli est necessarius, terrenis grauatur, quando ad inferiora decur
sus expetitur, igneus uigor ille uiolenter adtrahitur; etenim contra
naturae suae usum deorsum cogitur. Omne autem quod in con
trarium cogitur non naturae seruiens, sed necessitati, cito soluitur
et in ea scinditur ex quibus uidetur esse conpositum in suam
quamque regionem singulis recurrentibus. Haec igitur alii consi
derantes stabilia esse non posse aetherium corpus caeli stellartun-
que esse arbitrati sunt quintam quandam naturam corporis in
troducentes, quo diutxmiam caeli putarent mansuram esse sub
stantiam.
5 2 EXAMERON, DIES I , SER. I , C. 6, 23-24
24. Sed non ista opinio propheticae potuit obuiare senten
tiae, quam diuina quoque domini lesu Christi maiestas dei nostri
in euangelio conprobaviit. Dixit enim Dauid: Principio terram tu
fundasti, domine, et opera manuum tuarum sunt caeli. Ipsi pe
ribunt, tu autem permanes: et omnia sicut uestimentum uetere-
scent, et tanquam amictum mutabis ea et mutabuntur, tu uero
ipse es, et anni tui non deficient Quod adeo probauit in euangelio
dominus ut diceret: Caelum et terra praeteribunt, mea autem ner
ba non 'praeteribunt'". Nihil igitur agunt qui propter caeli adse-
rendam perpetuitatem qtiintum corpus aetherium introducendum
putarunt, cum aeque uideant dissiinilem ceteris adiunctam mem-
Ps 101, 26-28.
w Mt 24, 35.
menti, altri aggiungono alla sua composizione un qiiinto elemento
formato di ima nuova sostanza e lo immaginano un corpo etereo
al quale non siano mescolati n fuoco n aria n acqua n terra,
perch gli elementi di questo mondo hanno, per cosi dire, un corso
e un costume' e un movimento naturale loro proprio, cosi che i
pili pesanti affondano e tendono verso il basso, quelli vuoti e leg
geri salgono verso l alto ciascuno infatti ha un movimento suo
proprio ; invece nel movimento circolare d'una sfera questi ele
menti si confondono e perdono la direzione caratteristica del loro
moto, poich la sfera gira su se stessa e ci che sta in alto si scam
bia con ci che sta in basso e viceversa. Ma se i moti naturali di
questi elementi sono mutati, essi affermano che sogliono mutare
anche le loro propriet sostanziali. Perch dunque sostenere che
esiste una sostanza eterea affinch non sembri soggetta a corrom
persi? Ci che composto di elementi corruttibili, necessariamen
te si dissolve. Proprio per il fatto che gli stessi elementi hanno
una diversa natura, non possono avere un solo ed immutabile mo
vimento, perch un opposto movimento degli elementi si annulle
rebbe. Un unico movimento infatti non pu adattarsi a tutto ci
che esiste e convenire ad elementi differenti: quello che adatto
ad elementi leggeri diventa inadatto per elementi pi pesanti. Per
ci quando necessario un moto del cielo che salga verso le re
gioni pi alte, questo verrebbe ritardato dagli elementi terreni;
quando si richiede un moto che scenda verso le regioni pi basse,
la forza ignea sarebbe attirata con violenza in questa direzione:
sarebbe infatti costretta all'ingi contro la sua disposizione na
turale. E tutto ci che costretto in senso contrario non asse
condando la natura, ma la necessit, presto s dissolve e si scinde
in quegli elementi dei quali appare composto, perch ciascuno di
essi ritorna rapidamente alla propria sede. Or dunque altri, con
siderando che questi elementi non potevano avere stabilit, pen
sarono che quello del cielo e delle stelle fosse un corpo etereo e
introdussero una non precisata quinta materia corporea per ef
fetto della quale supponevano che sarebbe rimasta inalterata la
sostanza del cielo.
24. Ma codesta opinione non pot incontrarsi con l'afferma
zione profetica, convalidata anche dalla divina maest del Signore
Ges Cristo nostro Dio nel Vangelo. Disse infatti Davide: In prin
cipio, Signore, tu hai fondato la terra e i cieli sono opera delle
tue mani. Essi periranno, tu invece rimani; e tutte le cose invec-
chieranno come un vestito e come un mantello le muterai e saran
no mutate; tu invece sei e i tuoi anni non verranno meno. Non
concludono nulla, dunque, coloro che per sostenere l'eternit del
cielo hanno ritenuto di dover introdurre un quinto elemento ete
reo, pur rendendosi conto che anche l aggiunta ad un membro
duna parte di natura diversa dalle altre di solito reca maggior
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 53
Lesistenza deUetere come quinto elemento, che sarebbe stato di na
tura divina, era sostenuta da Aristotele nel I I I libro del giovanile De philo
sophia (cf. Cic., De nat. deor., I, 13, 33); vedi W. J a e g e r , Aristotele, trad. it.,
U Nuova Italia, Firenze 1947, pp. 182-183; 188-189.
bri unius portionem labem corpori magis adferre consuesse. Simul
illud aduerte, quia propheta Dauid, <dum>terram priori loco no-
minauit et postea caelum, credidit opus esse domini declarandum.
Quando enim dixit et facta sunt^, nihil interest quid prius expri
mas, cum simul utrumque sit factum, simul ne eo saltem praero-
gatiua caelo diuinae uideatur adiudicata substantiae, ut primo
genitae creaturae priuilegio potior extimetur. Itaque illos suis relin
quamus contentionibus, qui mutuis disputationibus se refellunt:
nobis autem satis est ad salutem non disputationum controuersia,
sed praeceptorum ueritas nec argumentationis astutia, sed fides
mentis, ut seruiamus creatori potius quam creaturae, qui est deus
benedictus in saecula.
54 EXAMERON, DIES I, SER. I , C. 6, 24; SER. I I , c. 7, 25
SERMO II
Caput VII
25. Terra autem erat inuisibilis et inconposita^. Bonus arti
fex prius fundamentum ponit, postea fundamento posito aedifi
cationis membra distinguit et adiungit ornatum. Posito igitur fun
damento terrae et confirmata caeli substantia duo enim ista
sunt quasi uelut cardines rerum subtexuit: terra autem erat
inuisibilis et incomposita. Quid est eratl Ne forte in infinitum et
sine principio extendant opinionem suam et dicant ecce quia ma
teria, id est sicut philosophi dicunt, etiam secundum scriptu
ram diuinam non habuit initium. Verum hoc dicentibus respon
debis quia scriptum est: Erat autem Cain operarius terrae >>et de
eo qui lub^l dictus est habet scriptura: Hic erat pater, qui demon-
strauit psalterium et citharam =et homo erat in Ausitide regione,
cui nomen lob Desinant ergo de uerbo quaestionem mouere,
cum praesertim praemiserit Moyses quia fecit deus terram. Erat
ergo ex quo facta est. Nam si sine principio eam dicunt esse, iam
non solum dominum, sed etiam sine principio dicentes de
finiat ubinam erat. Si in loco, ergo etiam locus sine principio
fuisse astruitur, in quo erat materia rerum, quae principium non
habebat. Quod si absurdum uidetur de loco credere, uidete ne
* Ps 148, 5.
Gen 1, 2.
b Gen 4, 2.
c Gen 4, 20-21.
1 lob 1, 1.
danno a un corpo Nello stesso tempo bada che il profeta Da
vide, nominando prima la terra e poi il cielo, credette di dover
spiegare cosi l opera del Signore. Dal momento che Dio parl e
furono fatti, non importa quale tu indichi per primo, essendo
luna e l altro stati creati simultaneamente, purch con ci non
sembri attribuito al cielo quanto meno la prerogativa di una so
stanza divina, cosi da essere giudicato superiore per il privilegio
di creatura primogenita. Lasciamo pertanto alle loro contese quel
li che vicendevolmente si confutano con argomentazioni opposte.
A noi invece basta per la salvezza non il contrasto delle discus
sioni, non la cavillosit dellargomentazione, ma la fede della no
stra mente, affinch serviamo, piuttosto- che alle cose create, al
creatore, che Dio benedetto nei secoli.
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE 55
I I SERMONE
Capitolo 7
25. La terra per era invisibile e senza ordine. Labile arte
fice prima pone le fondamenta, poi, una volta poste le fondamen
ta, porta a compimento le varie parti delledificio e aggiunge l or
namentazione. Poste le fondamenta della terra e resa stabile la
sostanza del cielo questi due elementi, infatti, sono come i car
dini del mondo , aggiunse: La terra per era invisibile e sen
za ordine *. Che significa era? Ha scritto cosi perch per caso
non ci sia chi si lasci andare ad ipotesi senza limiti e senza fon
damento e dica: Ecco che la materia, cio 1 come dicono i
filosofi, anche secondo la divina Scrittura non ha avuto inizio
Ma a chi dice cosi risponderei che sta scritto: Caino era invece
lavoratore della terra, e di colui che fu chiamato Giubal la Scrit
tura dice: Questi era il padre che invent il salterio e la cetra e
cera nel paese di Us un uomo chiamato Giobbe. La smettano dun
que i filosofi di far questione di parole, specialmente perch Mos
ha premesso che Dio cre il cielo e la terra. Esisteva dunque dal
momento in cui fu creata. Se infatti affermano che essa non ha
principio, dicendo addirittura senza principio non solo il Signore,
ma anche la materia, precisino allora dove mai essa era. Se in
un luogo, allora si afferma che era senza principio anche quel luo
go dove si trovava la materia delluniverso, che non aveva prin
cipio. Ma se sembra assurdo credere ima cosa simile di un luogo,
badate che per caso non dobbiamo credere alata la terra che, sen-
La frase risulta un po oscura per leccessiva concisione. Intenderei
cosi: Laggiunta di un quinto elemento etereo turba l'armonia delluniverso,
come turberebbe l'armonia di un corpo l'aggiunta di una parte di natura
diversa dalle altre.
1B\ s., Hexaem., 29 AC (12 CE): Sh , , 6 -