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Il labirinto il luogo in cui la soluzione deve essere tentata ad ogni svolta, senza occhi e senza memoria:

il simbolo della ricerca istintiva, anteriore alla ragione e alla scienza.


La sua struttura complessa - frutto dellelaborazione di una mente intelligente - finalizzata a
sconfiggere unaltra intelligenza, quella di chi si avventura dentro il labirinto.
Al suo interno la ragione non pi in grado di risolvere da sola il problema e la soluzione deve essere
tentata istintivamente, ad ogni nuova svolta, affidandosi allintuito e alla buona sorte, allo stratagemma e
allastuzia.
Il concetto di labirinto racchiude cos in s una duplice, se non addirittura contraddittoria, valenza simbolica.
Da un lato simboleggia il trionfo della ragione, la costruzione razionale perfetta costituita da un unico modulo
compositivo elementare ripetuto potenzialmente allinfinito; dallaltro lato allude inevitabilmente alla sconfitta
della ragione stessa e delle sue armi dialettiche che si rivelano inefficaci a districarsi in un contesto in cui la
parzialit della visione, la completa ignoranza della propria posizione nello spazio e la conseguente
incapacit di orientarsi impediscono lelaborazione di una strategia razionale e vincente.
Il labirinto quindi il luogo costruito dalla ragione per annientare e mettere in scacco se stessa; lo
spazio simbolico, larena in cui si consuma il dramma della ragione che per salvarsi costretta a negare se
stessa, a ridursi furbizia e puro istinto animale.
Nel centro del labirinto - che simbolicamente anche il Centro del mondo, lo spazio sacro dove convergono
tutte le serie infinite di piani spaziali e temporali - si confrontano i due volti della natura umana: quello solare,
umano, razionale e creativo contro quello oscuro, bestiale, irrazionale e distruttivo.
Il labirinto, con la sua simbologia e la sua intricata struttura che ricorda le impenetrabili circonvoluzioni del
cervello, rinvia cos inevitabilmente ai grovigli della psiche, ai mostri inquietanti che si nascondono al suo
interno, agli enigmi che celano verit terribili e spaventose.
In Shining Kubrick ha rappresentato lenergia distruttrice, il furore primigenio e listinto di morte che si
annidano allinterno della cellula fondamentale della societ, la famiglia. Ma lenorme ricchezza e
complessit del film non si riduce soltanto alla messa in scena didascalica di teorie psicoanalitiche e antichi
miti.
Con Shining Kubrick ha costruito un testo dalla superficie lucida, luccicante (come suggerisce il
significato del titolo in inglese), apparentemente inattaccabile, impenetrabile.
Ha costruito il suo labirinto perfetto in cui facilmente ci si smarrisce, in cui il centro ammesso che esista e
il senso del testo sembrano sfuggirci di continuo nellinestricabile stratificazione di sensi, in un vertiginoso
gioco di interpretazioni.
Lenigma, come in un altro famoso film, Quarto Potere (1941) di Orson Welles, rimane indecifrato, senza
soluzione, e si finisce a vagare incessantemente da un capo allaltro del testo-labirinto alla ricerca di un
significato e di una risposta soddisfacente che non arriva mai, per poi tornare al punto di partenza con un
percorso perfettamente circolare, in un processo ermeneutico infinito.
La struttura e la forma di Shining hanno chiaramente molti aspetti in comune con Quarto Potere, a
cominciare dallepilogo, in cui - come scrive T. A. Nelson - memore del viaggio wellesiano nellincendio di
Xanadu e del significato di Rosebud, la macchina da presa di Kubrick riafferma la sua onniscienza e la sua
libert, la sua indipendenza muovendosi attraverso lo spazio con una sicurezza e una risolutezza prima
intraviste nella sequenza dei titoli di testa.
Tutte vere per questo le interpretazioni, come tutti veri i sensi dellOverlook Hotel, scrive Enrico Ghezzi a
proposito dellinesauribile ricchezza visiva e concettuale di questo film.
Il personaggio di Jack Torrance sarebbe cos un vero e proprio doppio dellautore Kubrick, unimmagine
riflessa da uno specchio impietosamente deformante che mostra il modo in cui il regista vede e percepisce
se stesso: un artista isolato e in crisi, ossessionato come lerudito governatore cinese giocatore di
scacchi e costruttore di enigmatici testi-labirinto del racconto di Borges dallabissale problema del tempo,
pi a suo agio con i fantasmi della sua immaginazione che con gli esseri umani reali, incantato e attratto in
modo inspiegabile dalla struttura del labirinto e dalla possibilit (o dallillusione) di trovarne il Centro.
Shining oltre a tutti i vari sensi che la critica ha gi messo in luce, sarebbe cos una sorta di enorme e
vertiginoso indovinello-labirinto sulla personalit e linconscio del suo autore, sui fantasmi della sua
immaginazione e le sue ossessioni: unoriginale ed inquietante riflessione sulla genesi e il significato
dellopera darte, sul rapporto tra lartista e la sua creazione, tra luomo e il mondo.
Unopera di straordinaria bellezza e di grande lucidit espressiva che, come in un labirintico gioco di specchi
o in una infinita serie di scatole cinesi, racconta di un autore in crisi creativa e di unopera che non riesce a
venire alla luce.
Un indovinello-labirinto che sembra avvertirci ancora una volta che non c nessuna verit da cercare,
nessun senso o soluzione da trovare, nessun simbolico centro da raggiungere.
Nel centro del labirinto c solo posto per la follia, il ghiaccio della morte, limmobilit perfetta del non-essere.
E lenigma rimane

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