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L'ematologia è in campo medico la specialità dell’ambito internistico che svolge un ruolo di diagnosi e terapie
delle relative malattie, che interessano sia la composizione del sangue sia gli organi che lo riproducono.
CAMPIONAMENTO
I tipi di campione disponibili in ematologia sono essenzialmente 3:
Prelievo di sangue periferico
Agoaspirato midollare
Biopsia del midollo osseo (biopsia ossea)
Il sangue periferico viene prelevato dalle vene. Quando prelevato viene innescata la coagulazione e la
formazione del reticolo di fibrina intrappolerebbe le cellule rendendo impossibili le successive analisi; per
questo motivo alla provetta viene aggiunto un anticoagulante.
Esistono vari tipi di anticoagulante disponibili, che vengono preferiti in base alle analisi da effettuare in
quanto ognuno ha suoi pregi e difetti.
Quello più utilizzato è l'EDTA, un chelante del calcio, che sappiamo essere uno ione fondamentale per la
coagulazione, è ideale per studiare la morfologia cellulare in quanto ne mantiene intatte le caratteristiche,
infatti è quello utilizzato per l'esame emocromocitometrico.
L'eparina lega e attiva l'AT-III che inibisce trombina fattore X e altri. E' l'anticoagulante più “naturale” infatti
viene utilizzato nel caso si vogliano mettere le cellule ematiche in coltura ad esempio per saggi a colonie o
citogenetica, però interferisce con le attività endonucleasiche, ecco perché non possiamo utilizzarlo qualora
fosse previsto l'uso di questi enzimi (pcr, southern, ecc), al contrario è il più utilizzato per le determinazioni
enzimatiche, altera morfologia leucociti e aggregazione piastrinica.
L'Na-citrato viene utilizzato per i test di coagulazione e anch'esso funziona come chelante del calcio.
L'ACD è un altro anticoagulante utilizzato nel caso in cui siano necessarie cellule vitali, che però verrebbero
processate dopo un certo periodo di tempo. L'ACD contiene infatti Na-citrato e destrosio (glucosio) che serve
da fonte energetica sia per le cellule bianche che per i globuli rossi, evitandone la lisi. Per questo motivo è
utilizzato per le trasfusioni.
Tutte queste sostanze possono in diversa misura alterare le nostre analisi, esiste un metodo per evitare la
coagulazione ed è la defibrinazione. Viene effettuata raccogliendo il sangue in una beuta in cui sono
presenti delle sferette di vetro. Man mano che viene raccolto il sangue le sferette vengono agitate, la
coagulazione viene innescata e la fibrina finisce per aderire alle sferette, intrappolando solo una parte molto
piccola di cellule. In questo modo però persi i monociti che aderiscono al vetro.
L'aggiunta di anticoagulante permette di analizzare il plasma, tal quale. Soprattutto in passato si facevano
analisi su siero, che è ciò che rimane del plasma dopo la coagulazione, questo perché gli enzimi di questo
processo creavano molta intereferenza nei dosaggi (oggi con il progredire della tecnica non è più
necessario). Infatti il siero è ancora ricco di proteine (non quelle della coagulazione), elementi, oligo
elementi, ioni, citochine, ecc.
L'agoaspirato midollare e la biopsia ossea vengono effettuate ormai in day hospital. Il prelievo avviene a
livello della spina iliaca postero superiore (SIPS), oppure nel punto mediano dello sterno all'altezza del terzo
spazio intercostale. Questo secondo luogo non è più sfruttato in quanto non è possibile prelevare la biopsia
ossea e per la pericolosità dovuta al fatto che immediatamente dietro c'è l'aorta.
Viene effettuato con anestesia locale sul periostio e sul tragitto attraverso la cute.
La cavità dell'ago è chiusa tramite un mandrino, per impedire l'entrata di materiale, con rotazioni di 30° si fa
penetrare l'ago nell'endostio fino a raggiungere il midollo. Si toglie cappuccio e mandrino e vengono aspirati
circa 12-15 mL di sangue midollare, anche se è possibile prelevare fino a 200-250 mL senza causare
problemi, anche se ovviamente il prelievo è molto più ridotto.
Tramite lo stesso percorso aperto dall'ago viene effettuato il carotaggio per la biopsia ossea.
Oggi invece si utilizza direttamente l'ago da biopsia ossea che è più lungo e ha più gauge (spessore), l'ago
non ha mandrino, per permettere direttamente il carotaggio che ha le dimensioni di 3 cm (viene poi
decalcificato con soluzione di Bouin).
Un altro reperto degno di nota sono i frustoli: sono dei grumi di grasso e stroma midollare, che si raccolgono
lasciando scorrere una goccia di sangue sul vetrino. I frustoli aderiscono, vengono lasciati dietro e sciacciati
sotto un vetrino portaoggetto per poter essere analizzati al microscopio.
Se si centrifuga il sangue periferico o si lascia sedimentare per almeno 3 ore, si nota una particolare
stratificazione: sul fondo della provetta si trovano i globuli rossi, sopra c'è il plasma, e tra plasma e GR si
trova un anello giallastro che contiene i globuli bianchi, chiamato buffy coat.
Il buffy coat contiene tutti i tipi di leucociti, sia mononucleati sia polimorfonucleati.
Nel caso si volessero isolare le cellule mononucleate è possibile effettuare una centrifugazione su gradiente
di ficoll. Il ficoll è un polimero di carboidrati, la cui densità è simile a quelle delle cellule mononucleate del
sangue in sospensione.
Un isolamento di questo tipo seleziona i linfociti T nel sangue periferico e le cellule staminali nel midollo
osseo.
Il sangue viene diluito (1:1 periferico, 1:5 midollare) in PBS, e stratificato su una quantità di ficoll pari circa
poco più della metà della sospensione cellulare, e si centrifuga per 35 minuti a 3500 giri. In seguito alla
centrifugazione su gradiente di densità i globuli rossi e i polimorfonucleati più densi si troveranno sul fondo
della provetta, il plasma più leggero al di sopra del ficoll, e le mononucleate in un anello simile al buffy coat in
sospensione nel ficoll a una certa distanza dai rossi sul fondo.
L'anello viene prelevato con un pipettatore, e subisce alcuni lavaggi in mezzo fresco per eliminare i residui di
ficoll dalla sospensione.
CRASI EMATICA
La crasi ematica è il rapporto tra i vari elementi del sangue. Solitamente come riferimento si prende il mm
cubo.
Conta cellulare
Ormai effettuata con un contaglobuli automatico, è possibile, ovviamente, effettuarla anche manualmente.
Si possono riassumere i seguenti dati numerici per il sangue umano:
• i globuli rossi o eritrociti sono 4.2-6 milioni per mm cubo;
• i globuli bianchi o leucociti sono 4.000-10.000 per mm cubo;
• le piastrine o trombociti sono 200.000-300.000 per mm cubo;
Ematocrito Hct
L'ematocrito esprime il volume della parte corpuscolata del sangue impaccata e fornisce indicazioni sulla
massa eritrocitaria. Viene misurata come rapporto percentuale tra plasma ed emazie. Un ematocrito normale
presenta un'interfaccia al 45%. Per poterlo misurare è necessario sangue edta aspirato in un capillare
eparinato e centrifugato a 12000 rpm per 10 minuti. Ottenuta la separazione tra componente corpuscolata e
plasma, il capillare viene posto su un apposito lettore graduato per rilevare il risultato.
Con anemia si intende una effettiva diminuzione della massa eritrocitaria circolante, ma tale condizione va
distinta da una riduzione fittizia.
Un ematacrocito più basso è dovuto a emodiluizione. Esistono cause di emodiluizione assolutamente non
relazionate con un'effettiva anemia come gravidanza, anasarca, cirrosi epatica, insufficienza renale acuta,
tutte cause che comportano ritenzione idrica.
Attualmente la diagnosi di anemia viene effettuata in seguito al rilievo di un ridotto livello di Hb.
Anche in seguito a emorragia acuta l'ematocrito non è utile per la diagnosi di anemia, perché anche se si ha
una drastica riduzione della massa eritrocitaria circolante, purtroppo con essa si perde, nella stessa
proporzione, plasma, lasciando inalterato, di fatto, il rapporto eritrociti-plasma rilevato nell'Hct.
Un ematocrito più alto è dovuto a emoconcentrazione e un'effettivo aumento della popolazione dei GR può
esser dovuto a policitemie.
GLOBULI ROSSI
MCV e RDW permettono di valutare l'ANISOCITOSI cioè una variazione nelle dimensioni dei GR
Si rileva una MICROCITEMIA se il diametro cellulare è < 6 µm (MCV < 80 fL MCHC < 27%) nei casi di
anemia sideropriva, talassemie, anemia da patologia cronica.
Si rileva una MACROCITEMIA se il diametro è > 8 µm (MCV > 100 fL) nei casi di anemia megaloblastica,
epatopatia grave, ipotiroidismo.
MCH e MCHC permettono di valutare l'ANISOCROMASIA coiè una variazione nella quantità di Hb
Si rileva una IPOCROMIA se si nota una diminuzione dell'Hb e i GR si presentano con un'area pallida
centrale aumentata come nei casi di anemia sideropriva, talassemia.
Si rileva una IPERCROMIA in caso di aumento di Hb, i GR si presentano inoltre con un aumento dello
spessore della membrana come nella sferocitosi e nell'anemia megaloblastica.
Emoglobina
L'Hb è formata da 4 catene globiniche: tipicamente 2 α + 2 β. Questo tipo di emoglobina così composta è
detta HbA0 e consiste del 95% del pool emoglobinico.
Il pool emoglobinico è composto anche da altri tipi di emoglobine:
HbA0 α2β2 95%
HbF α2γ2 <2.0%
HbA2 α2δ2 2.2 - 3.3%
Per quanto riguarda l'HbA2 variazioni percentuali anche minime, di 0.1%, sono considerate patologiche e
tipicamente se il valore supera 3.3% il paziente è molto probabilmente β-talassemico, se è inferiore a 2.2 è
α-talassemico.
I geni codificanti la catena α si trovano in duplice copia sul cromosoma 16.
Per quanto riguarda i geni β, γ, δ essi sono codificati in un unico cluster genico sul cromosoma 11.
Determinazione Hb
5 mL di reagente di Drabkin + 25 µL di sangue.
Il reagente è una soluzione di ferrocianuro di potassio K3Fe(CN)6, che trasforma lo ione Fe ferroso dell'Hb in
ferrico, convertendo l'Hb in metaHb, più cianuro di potassio KCN, che forma un complesso stabile con la
metaHb cioè la cianmetaHb, che ha un picco di assorbimento alla lunghezza d'onda di 540 nm.
Eritropoietina EPO
L'EPO è un ormone che velocizza la differenziazione dei blasti già indirizzati lungo la linea eritroide, aumenta
anche il numero assoluto di reticolociti circolanti. Quindi è uno dei regolatori della produzione di GR.
L'organo che recerne l'EPO è il rene, in quanto rileva la pressione dell'ossigeno nel sangue, essenziale per
la corretta filtrazione del sangue, e quando questa scende sotto una certa soglia secerne EPO. L'ipossia
tissutale, cioè il mancato apporto di ossigeno ai tessuti può essere causato da: diminuzione della
concentrazione di Hb nel sangue, alterato scambio di ossigeno a livello polmonare e diminuzione del flusso
sanguigno.
Di conseguenza è facile immaginare che l'EPO aumenti in caso di anemie, emoglobinopatie, gravi deficit
circolatori e patologie respiratorie.
Reticolociti
Sono eritrociti giovani, appena privati del nucleo cellulare, che possiedono ancora un piccolo numero di
ribosomi, a cui si deve la loro colorazione leggermente basofila.
La conta dei reticolociti è essenziale per avere un'idea del livello di produzione midollare dei globuli rossi, ma
per essere fatta correttamente, deve essere effettuata entro tempi brevi, in quanto subiscono alterazioni di
membrana che impediscono l'entrata del colorante specifico per loro.
GLOBULI BIANCHI
Valori di riferimento 4000 - 11000 cellule/µL
I granulociti, cioè neutrofili, basofili ed eosinofili, costituiscono il 70% di questo pool. Il restante 30% sono
linfociti, monociti e blasti.
Neutrofili (40 - 70%) Nucleo segmentato, chemiotassi, migrazione, funzione battericida e rimozione detriti
(fagocitosi)
Eosinofili (0 - 5%) Nucleo bilobato, abbastanza grandi, citoplasma fortemente colorato, scarsa attività
battericida, chemiotassi lenta, ruolo in inattivazione risposta immunitaria.
Basofili (<1% ~1/100) Granuli blu, granuli di istamina e mucopolisaccaridi (acido ialuronico) e relativi recettori
per IgE.
Monociti (3 - 8%) Starters e regolatori di risposta e ampiezza immune, presenti in tessuti come macrofagi,
fusione in cell giganti in infiammazioni granulomatose, apc, nucleo reniforme, grandi cell citoplasma blu-
grigio.
Linfociti (20 - 45%) di cui linfociti B (10 -15%) e T (70 - 80%). Quelli circolanti però sono <5% di quelli effettivi
che sono presenti in max parte in linfonodi, milza, mucose e in minima parte in fegato, cute e tessuto
infiammato. I linf B & T sono <10 µm, nucleo rotondo e citoplasma blu, i linf NK sono molto più grandi (12 -
16 µm) con citoplasma abbondante con granuli azzurrofili. I linf T hanno vita lunga e si occupano della
risposta cellulo mediata, i linf B hanno vita breve e si occupano della risposta umorale.
Emocromocitometria
E' possibile contare solo 4 componenti, cioè tutte esclusi i basofili in quanto questi tipi cellulari hanno tutti un
diverso livello di attività mieloperossidasica. Poiché è possibile far metabolizzare a questo enzima un
substrato cromoforo è possibile distinguere queste cellule in base all'attività di questo enzima e alle
dimensioni della cellula.
Eos +++ Neu ++ Mon + Linf -
Si ricava così uno scattergram in cui sono riportati i livelli di perox sulle ascisse e le dimensioni sulle
ordinate. Il grafico è suddiviso in regioni ognuna relativa a ogni popolazione cellulare. Da segnalare è
un'area LUC riservata a cellule di grosse dimensioni senza attività perossidasica, presenza di cellule in
questa regione può contribuire alla diagnosi di neoplasia.
Si può fare anche uno scattergram per rilevare i basofili. Grazie a un lisante che agisce su tutte le membrane
cellulari escluse quelle dei basofili, è possibile creare un grafico in cui sono riportate dimensioni e densità del
nucleo. Tutte le popolazioni precedenti saranno presenti nella parte inferiore del grafico in quanto ne saranno
rimasti solo i nuclei, nella parte superiore si potranno, invece, contare i basofili.
SIERO
Uricemia derivante dal catabolismo delle basi azotate e quindi aumentato in casi di iperproliferazione
Ioni
Ca++ per attività osteoclastica
K+ legato a globuli rossi
Creatininemia
Legato a funzionalità renale (EPO)
Metabolismo del Fe
~60 mg/Kg --> 1cc di GR contiene 1 mg di Fe 2+
L'eritropoiesi giornaliera utilizza 20 - 25 mg Fe 2+
Veine assunto solo 1 mg dalla dieta giornaliera, il resto è riciclato, l'assorbimento avviene a livello del
duodeno e del digiuno. E' assorbito selettivamente solo lo ione ferroso e non quello ferrico. Il Fe è contenuto
principalmente a vegetali a foglia larga.
La trasferrina trasporta il ferro in circolo e può legare 2 atomi di Fe alla volta. La ferritina, invece, fa da
deposito di ferro intracellulare e può contenere fino a 500 atomi.
Le principali cause della deficienza di Fe sono dovute a dieta inadeguata o malassorbimento (gastrectomia,
steatorrea, celiachia, acloridria), aumenta perdita (emorragia, mestruazioni, emottisi, emodialisi), aumentate
richieste (infanzia, gravidanza, pubertà, allattamento).
Non esistono meccanismi di escrezione diretta del ferro. Piccole quantità di ferro vengono perse con la
desquamazione della pelle.
L'assenza di un sistema di escrezione è ciò che causa emocromatosi, che è genetica nei pazienti con
alterazioni genetiche dell'assorbimento del ferro, o acquisita nei pazienti, che, ad esempio, sono sottoposti a
ripetute trasfusioni di sangue.
Sideremia
Consiste nel dosaggio di ferro ematico libero, si utilizza un agente chelante, il ferrene, che colora la
soluzione. Un colore debole indica poco ferro circolante e quindi anemia. I valori normali sono 115 ±50 µg
/mL.
Ferritinemia
La ferritinemia è la qunatità di Fe depositata nella ferritina sierica che è in equilibrio con quella nei tessuti. Un
basso numero di ferritine è segno dell'esaurimento di tutto il Fe dell'organismo e indica un'anemia protratta
nel tempo. In anemia tale valore è < 10 ng /mL, mentre i valori di riferimento sono 100 ± 60 ng /mL.
ALTRE INDAGINI
Citogenetica, citofluorimetria, colture cellulari, preparati citologici (colorazione MGG), siero midollare (studi
citochine), DNA, RNA.
RICORDA BENE
Conta cellulare
Indici eritrocitari
Metabolismo del ferro
Eritropoietina
ANEMIA - GENERALITA'
Gli unici criteri utilizzabili per fornire diagnosi di anemia sono ematocrito e emoglobina.
I globuli rossi non sono indicativi, in quanto non sono altro che dei contenitori di emoglobina: tanti globuli
vuoti non valgono come pochi globuli pieni. Per questo motivo la conta degli eritrociti non può essere
considerata come indice di anemia.
L'ematocrito è più indicativo perché le cellule vengono impaccate, quindi i globuli rossi più o meno compressi
in base al loro contenuto di emoglobina.
L'anemia consiste nel calo dell'ematocrito e dell'emoglobina al di sotto dei valori di riferimento: 45% per l'hct
e 10-12 g/dL di Hb; e in particolare in alterazioni del rapporto Hb/Hct.
ANEMIE
L'anemia può essere acuta, come nella perdita di sangue o cronica come nella carenza di ferro.
Gravità dell'anemia e il tempo in cui essa si instaura sono i 2 principali fattori in base ai quali si differenziano i
sintomi.
Tempo in cui si instaura un'anemia:
Lungo dalla nascita o per stillicidio ematico
breve ridotta emopoiesi o deficit midollare
brevissimo emorragia o crisi emolitica
La perdita di sangue improvvisa viene gestita dal nostro organismo attraverso vasospasmo e alterazioni
della circolazione distrettuale. Quando questa supera il 30% questi meccanismi non sono sufficienti e oltre il
40% si ha shock ipovolemico.
Quando l'anemia si sviluppa gradualmente l'espansione della volemia e l'aumento della gittata cardiaca
sopperiscono alla minore capacità di cessione dell'O2.
Anemie lievi saranno asintomatiche la curva di dissociazione emoglobina-O2 si sposta a destra a causa
dell'effetto Bohr, che permette di sostenere la cessione anche a livelli bassi di Hb.
I sintomi più comuni sono la debolezza e la stanchezza. L'attività fisica è marcatamente ridotta quando i
livelli di Hb scendono sotto 7-8 g/dL.
EMOCROMO
Il solo valore di Hb dell'emocromo non è sufficiente a diagnosticare con sicurezza l'anemia.
Ad esempio in una donna un valore inferiore a 10 (limite minimo) può essere normale, mentre in un'altra un
valore di 11-12 può indicare anemia.
Forti fumatori possono avere i valori di emoglobina aumentati da 0.5 a 1 g/dL a causa della forte presenza di
carbossiemoglobina.
Altri valori utili sono l'MCV (micro-macrocitosi) e l'MCH che è sensibile a difetti di produzione dell'Hb (ipo-
ipercromasia).
Anche l'RDW è importante, esso è rappresentato come un istogramma che mostra la frequenza di eritrociti
di una certa dimensione.
Il rapporto RDW/CV è calcolato come l'ampiezza dell'istogramma a una deviazione standard diviso l'MCV, il
rapporto RDW-SD è simile ma SD rappresenta l'ampiezza dell'istogramma a una frequenza del 20%.
ANEMIA SIDEROPENICA
La normale eritropoiesi dipende dall'appropriata stimolazione eritropoietinica e da adeguate riserve di ferro.
La carenza di uno di questi 2 elementi porta a una anemia ipoproliferativa.
Le cause più frequenti sono insufficienza renale, danno midollare, deficit di ferro, stati infiammatori acuti e
cronici.
Controllo dell'eritropoiesi
La risposta dell'eritrone dipende dalla stimolazione dell'Epo e dalle scorte di ferro.
L'Epo viene secreta dalle cellule peritubulari interstiziali a bassi livelli basali, che aumentano
logaritmicamente sotto i 10 g/dL di Hb.
L'anemia da perdita di sangue può stimolare un midollo normale ad aumentare anche di 2-3 volte la
produzione di GR. Ma anche fino a 5-6 volte nei pazienti con anemie emolitiche e difetti congeniti della
sintesi Hb.
Le scorte di ferro hanno un'importanza cruciale, la massa di ferro richiesta viene riciclata dai GR senescenti.
Il ferro è trasportato dalla transferrina che ne lega 2 atomi, viene sequestrata in maggior parte dai precursori
eritroidi che lo riutilizzano. Qualunque eccesso viene accumulato come ferritina, la cui quantità in circolo è in
equilibrio con quella dei tessuti. Anche altre cellule captano la transferrina sopratutto quelle epatiche per la
sintesi di proteine con il gruppo eme. La quantità di ferro utilizzabile è in funzione dei depositi e della dieta.
Il numero di precursori eritroidi e il livello di espressione dei recettori per l'Epo sono direttamente influenzati
dal livello di stimolazione di questo fattore. Per ottenere la massima risposta proliferativa scorte di ferro ed
Epo devono essere bilanciate.
Il ferro è assunto dalla dieta soprattutto sottoforma di ferro organico e dipende dalla capacità di assorbimento
dell'intestino tenue, che è strettamente regolata in base alle scorte e alla domanda di eritropoiesi. Solo 1-
2mg devono essere reintrodotti per rimpiazzare il ferro perso con la desquamazione della cute; nella donna
esiste un'ulteriore perdita dovuta alle mestruazioni, problemi simili si hanno per il frequente donatore di
sangue; Fino all'adolescenza e le donne in gravidanza hanno maggiori richieste di ferro.
Un grave malassorbimento può causare un'anemia sideropenica indipendentemente dall'adeguatezza della
loro dieta.
E' possibile valutare i depositi di ferro midollari a livello citologico con colorazione di blu di Prussia. Lo stato
dei depositi è classificato da 0 a +4. In un maschio normale il 50-60% dei precursori eritroidi più maturi avrà
pochi granuli di ferro ferritinico evidenziati nel citoplasma, questi costituiscono una misura della cessione del
ferro ai precursori.
Nell'anemia con sideroblasti ad anello si notano mitocondri incrostati di ferro fino a formare un anello intorno
al nucleo.
Un'altra misura del ferro può essere effettuata attraverso il dosaggio della protoporfirina eritrocitaria che è
l'impalcatura molecolare su cui viene aggiunto il ferro a formare il gruppo eme. Negli anemici i livelli di
protoporfirina aumentano.
ALTERAZIONI DELL'EMOGLOBINA
Le anemie microcitiche risultano da anomalie della produzione di emoglobina che dipende dall'apporto di
ferro (anemia sideropenica), sintesi dell'eme (protoporfirie), e sintesi delle globine (emoglobinopatie).
Le alterazioni dell'emoglobina portano ad anemia microcitica nelle talassemie, ma questo non avviene
sempre, in alcuni casi causano anemie emolitiche.
L'emoglobina è formata da 2 catene alfa e beta, in ognuna di queste è inserito un gruppo eme, su cui viene
trasportato l'ossigeno. Il ferro allo stato ferroso lega l'ossigeno.
La molecola di Hb può esistere in diversi stati conformazionali che possono legare l'O2 con diversa affinità,
che dipendono dall'interazione cooperativa tra le catene. La curva di dissociazione dell'O2 dipende dal pH
(effetto Bohr) dalla tensione di O2 e dal livello di 2-3-bisfosfoglicerato.
Per garantire lo scambio di O2 durante la gravidanza tra circolo materno e fetale, l'Hb fetale deve avere
maggior affinità dell'O2 rispetto a quella materna, infatti vengono prodotte catene diverse gamma che si
sostituiscono alle beta, formando l'emoglobina fetale (alfa2gamma2), possono esistere anche omotetrameri
di catene gamma (Hb di Barts) o beta (Hb H).
Solitamente le emoglobinopatie sono causate da una sostituzione Aa, quelle che non sono clinicamente
silenti producono Hb con alterazioni dell'affinità per l'ossigeno o molecole instabili.
Mutazioni della catena alfa sono meno gravi in quanto ne possediamo 4 copie, quelle della catena beta sono
più gravi, infatti ne possediamo solo 2 copie. Mutazioni nelle catene zeta e gamma hanno rilevanza solo
durante la vita fetale.
Tipico delle Hbpatie è il MCHC elevato: i globuli rossi sono più piccoli ma con lo stesso contenuto di Hb,
questo causa mancata deformabilità nei capillari. Un altra caratteristica è il numero di GR incongruo rispetto
alla quantità di Hb.
DIAGNOSI
L'HbS è facilmente identificabile tramite l'elettroforesi delle Hb, in quanto si muove lentamente, non è
possibile distinguerla da altre Hb anomale che migrano allo stesso modo. Pertanto è necessario supportare
la diagnosi con striscio di sangue dove si identificano i drepanociti. Un altro reperto microscopistico
importante sono i corpi di Heinz, che sono inclusioni citoplasmatiche di proteina denaturata che si
aderiscono alla membrana cellulare, tuttavia si osservano anche in pazienti splenectomizzati.
Altri test utili sono test di solubilità e di falcizzazione; in quest'ultimo si pone una soluzione 1:1 sul vetrino di
sangue e sodio-meta-bisolfato che sottrae ossigeno. La goccia viene sigillata sotto un vetrino coprioggetto e
si lascia incubare. Dopo alcune ore il sodio-meta-bisolfato ha sottratto abbastanza ossigeno ai GR, da
convertire la Hb in deossi-Hb. Se la persona ha le mutazioni citate, i GR falcizzano, per cui è possibile
osservare i drepanociti al microscopio.
L'unica terapia veramente curativa per i pazienti affetti da anemia falciforme è il trapianto di midollo osseo.
TALASSEMIE
Le talassemie si distinguono in alfa e beta a seconda della catena affetta, la mutazione è solitamente una
delezione del gene, soprattutto nella alfa talassemia. Il deficit di una catena causa accumulo della catena
opposta, per cui un alfa talassemia causa un accumulo di omotetrameri beta o emoglobina H. Questi
omotetrameri sono Hb anomale con marcata instabilità e curva di dissociazione dell'O2 fortemente spostata
a sinistra perché la molecola manca di effetto cooperativo.
La gravità di una talassemia dipende dalla gravità del deficit, e quindi da che residuo di catena rimane. Per
questo motivo talassemie-alfa sono meno gravi e dipende dal numero di loci deleti. 4 locus deleti il bambino
nasce morto, 3 locus causa la malattia emoglobinica H, che assomiglia a una Hbpatia instabile perché
appunto la HbH è instabile. I pazienti hanno anemia microcitica ipocromica con cellule a bersaglio e corpi di
Heinz. 2 loci alfa sono sufficienti a un'eritropoiesi quasi normale, questa condizione è chiamata trait
talassemico alfa ed è caratterizzata da una lieve anemia con una moderata microcitosi e ipocromia. Un solo
locus deleto non ha disturbi clinici evidenti, per cui queste persone sono chiamate portatori sani.
DIAGNOSI
MCV e MCH sono solitamente ridotti, invece l'MCHC è molto alto. Solitamente l'Hb bassa ci fa sospettare
anemia ma questa non è tanto bassa, da come ci si aspetterebbe dall'MCV che invece è fin troppo basso.
La diagnosi è effettuata facilmente con una elettroforesi delle Hb. Siccome la alfa è deficitaria, saranno
presenti omotetrameri beta, che migrando più velocemente rappresenteranno un picco anomalo
nell'elettroferogramma. Più la forma è lieve più sarà difficile la diagnosi perché diminuisce la quantità di HbH
misurabile.
Un altro tipo di analisi è la sintesi in vitro delle globine da reticolociti isolati dal sangue periferico.
Ovviamente l'analisi genetica è quella più sicura in questi casi.
BETA TALASSEMIA
Il deficit di catene beta non causa accumulo di omotetrameri alfa, ma queste si legno alla membrana
causando un danno. La gravità del difetto varia con le diverse mutazioni, chiamiamo beta0 quelle in cui non
c'è produzione di catene, beta+ quelle in cui c'è una produzione di catene residua.
Queste mutazioni causano una grave anemia, l'aumento dell'eritropoiesi causa una caratteristica facies
“orientalis” o “chipmunk” (a scoiattolo).
I pazienti con beta-talassemia major (anemia di Cooley) richiedono trasfusioni continue, e siccome vengono
introdotti continuamente GR dall'esterno, a causa dell'assenza di un sistema di escrezione del ferro, presto
si instaura una emocromatosi.
DIAGNOSI
Il trait beta-talassemico (beta talassemia minor) è caratterizzato da una modesta anemia con marcata
microcitosi: l'Hb può scendere di 3 g sotto la norma e il volume medio scendere a 70 fL. Quindi si nota una
anemia lieve, ma la microcitosi è più grave di quanto ci si aspetti.
Molti pazienti con trait beta-talassemico hanno livelli 2 volte più elevati di emoglobina A2 (alfa2delta2)
identificabili all'elettroforesi delle Hb, in altri casi altre emoglobine sono alterate come la F.
La sintesi di globine in vitro è diagnostica così come l'analisi genetica.
Nella beta talassemia major invece non ci sono problemi perché sono presenti elevati livelli di Hb fetale fino
a comprendere quasi tutto il pigmento.
ALTRE HBPATIE
Esistono altre emoglobinopatie come la C e la E, ed Hbpatie miste come S/talassemia con quadro clinico
simile all'anemia falciforme.
Esistono anche Hbpatie acquisite che causano cianosi in seguito a una bassa affinità dell'Hb per l'ossigeno,
e dipendono da forme chimicamente alterate di Hb.
La metaemoglobina può essere presente per cause ereditarie, deficit ereditato di metaemoglobina reduttasi,
esposizione ad agenti chimici o farmaci ossidanti l'Hb.
La carbossiemoglobina si forma in quanto l'Hb ha un'affinità per il CO 2000 volte più alta di quella per l'O2,
ed è presente nei fumatori che possono presentare livelli di carbossiemoglobina superiori al 20%. Per
compensare questo pool di Hb anomale, il midollo aumenta la quantità di Hb in circolo.
ANEMIA MEGALOBLASTICA
Le anemie megaloblastiche sono causate da deficit della sintesi di DNA. Le cellule coinvolte non sono solo i
GR ma tutte quelle a rapida replicazione quindi il midollo osseo, cute e epitelio gastrointestinale.
Nel midollo osseo la divisione cellulare viene rallentata, ma la maturazione del citoplasma progredisce
normalmente; a causa di ciò le cellule tendono ad essere grandi con aumento dell'RNA rispetto al DNA.
Questo tipo di maturazione è anomalo per cui la maggior parte di queste cellule viene distrutta per apoptosi
in un fenomeno chiamato eritropoiesi inefficace. Siccome il midollo però è spinto a produrre comunque il
numero normale di cellule necessarie in circolo, esso sarà iperproliferante. I GR sono quelli a soffrirne di più
perché sono le cellule da produrre in maggior numero.
La maggior parte delle anemie megaloblastiche sono causate da deficit di vitamina B12 (cobalamina) o acido
folico.
FARMACI
Dopo la carenza di folati e cobalamina, l'assunzione di certi farmaci è la causa più comune di anemia
megaloblastica. Sono solitamente inibitori della sintesi o antagonisti dei folati.
Inibitori della sintesi tioguanina, 6-mp, 5-FU, Ara-C
Antagonisti folati metotrexato
Ossido d'azoto (anestesia)
DIAGNOSI
Le anemie megaloblastiche sono caratterizate da un MCV alto >100 fL, il conteggio reticolocitario è basso
perché sono poche le cellule che arrivano a maturazione. A causa dell'apoptosi marcata (fino al 90% delle
cellule eritroidi possono essere distrutte) l'LDH aumenta anche di 5 volte, per lo stesso motivo aumenta
anche la bilirubina. Si nota una prevalente anemia, anche se è presente una citopenia trilineare perché sono
affette tutte le cellule del midollo.
Lo striscio periferico mostra anomalie a carico di tutte le linee, ma soprattutto marcata anisopoichilocitosi,
cioè GR di dimensioni diverse e con forme anormali, soprattutto macroovalociti, che sono GR grandi, ovali,
ben emoglobinizzati tipici della megaloblastica. E' presente qualche punteggiatura basofila e GR nucleati.
I neutrofili sono ipersegmentali, questa tipica alterazione nucleare deve sempre far sospettare la
megaloblastica. Anche le piastrine sono di forma bizzarra.
L'analisi del midollo osseo è diagnostica: ha un aspetto caratteristico di midollo “blu” o “bloccato”, cioè
ipercellulato con una forte colorazione basofila perché le cellule sono immature e giganti (accade anche nel
mieloma però), i depositi di ferro sono fortemente positivi, e a causa del fatto che il citoplasma matura più
velocemente di quanto progrediscano le divisioni cellulari, si nota soprattutto nei precursori eritroidi una tipica
asincronia nucleo-citoplasmatica, in cui le cellule hanno un citoplasma più maturo di quanto non ci si
aspetterebbe dal nucleo. Sono presenti anche mitosi anomale. L'eritropoiesi inefficace è proprio il segno
distintivo di questa patologia.
Queste indagini devono essere sempre accompagnate da dosaggi di acido folico e vit B12 per identificare
una deficit specifico. Anche il dosaggio di gastrina è utile perché se sono presenti lesioni gastriche da cui
dipende la mancata secrezione di fattore intrinseco, la gastrina aumenta per assenza del feedback negativo
da parte delle cellule gastriche, e anche perché bisogna tener conto che in questo caso ci troviamo davanti a
un problema gastrico e non ematologico.
Infatti in caso di deficit si procede a una terapia sostitutiva, mentre in caso di lesioni gastriche la terapia è di
altro tipo.
ANEMIA EMOLITICA
L'anemia emolitica è causata in seguito ad un aumento della distruzione dei globuli rossi, al punto che il
midollo nonostante incrementi la sua produzione, non riesce a sostenere la normale quantità di Hb in circolo.
Normalmente i globuli rossi sopravvivono in circolo tra i 90 e i 120 giorni, quando il midollo non è capace di
rimpiazzare gli eritrociti prematuramente distrutti si sviluppa anemia.
L'aumento della conta reticolocitaria è il migliore indicatore indiretto di emolisi, perché riflette lo stato di
iperplasia del midollo osseo, ancor più dell'ittero o dell'emoglobinuria che non sono sempre presenti in questi
pazienti. La biopsia del midollo osseo spesso non è necessaria. Nello striscio periferico si notano anche
globuli rossi anomali che possono dare indicazione sulla causa di emolisi, anche se in nessun caso lo
striscio periferico è diagnostico di per sé.
I GR possono essere eliminati dal circolo ad opera dei macrofagi di milza e fegato (lisi extravascolare, più
comune), oppure per disgregazione della membrana citoplasmatica in circolo (emolisi intravascolare).
Entrambi i meccanismi portano ad un aumento del catabolismo dell'eme e quindi una maggiore formazione
di bilirubina non coniugata, che può elevarsi fino a dare ittero, ma fino a che il fegato non è compromesso la
bilirubina non sale mai oltre 4-5 mg/dL.
L'aptoglobina è normalmente presente nel siero e nel plasma a una concentrazione di 1 g/L, essa si lega alla
componente proteica della emoglobina, questo complesso viene poi eliminato dal circolo dal sistema
monocito-macrofagico, i pazienti con anemia emolitica mostrano una marcata riduzione di aptoglobina.
In questo caso l'emolisi è intravascolare perché libera l'emoglobina in circolo, tuttavia la sua rilevazione può
essere falsata dal fatto che i GR si lisano facilmente in vitro.
Se l'aptoglobina viene completamente saturata allora si ritrova Hb arriva al fegato e viene catabolizzata, il
ferro immagazzinato in emosiderina e ferritina, la presenza di queste proteine nelle urine è indice di una
grave emolisi intravascolare. Quando anche la capacità di riassorbimento dei reni è saturata compare
emoglobinuria.
CLASSIFICAZIONE
Le anemie emolitiche possono essere dovute a difetti molecolari come hbpatie e deficit enzimatici, anomalie
della struttura e della funzione della membrana, presenza di autoanticorpi.
Cause
Extravenosa o intracorpuscolare
Difetti enzimatici
Alterazioni di membrana (sferocitosi)
Emoglobinopatie (anemia mediterranea)
Intravenosa o extracorpuscolare
Autoimmune
Microangiopatia (PTT)
Ipersplenismo
Infezioni
SFEROCITOSI EREDITARIA
La sferocitosi si manifesta a causa di un difetto genetico di una delle proteine del citoscheletro della
membrana eritrocitaria che riduce il rapporto superficie/volume dei GR con la formazione di globuli sferici,
privi di pallore centrale. La trasmissione può essere sia autosomica dominante, che recessiva a seconda del
gene colpito. Solitamente questo è un deficit di spectrina che può essere diretto (cioè manca proprio quella
proteina) o secondario a un deficit di un'altra proteina come l'anchirina (50% dei pazienti).
A causa della loro forma e bassa deformabilità i GR non possono attraversare gli interstizi della milza e
vengono rimossi.
DIAGNOSI
Anemia, splenomegalia e ittero sono i sintomi più frequenti, anemia perché il midollo non riesce a
rimpiazzare i GR, splenomegalia perché un gran numero di GR viene eliminato dalla milza, e ittero perché
aumenta il catabolismo dell'eme. A livello midollare è ben evidente l'iperplasia, al punto che il midollo per
compensare si estende nella parte mediana delle ossa lunghe.
L'MCV è normale perché il midollo è normale, semplicemente anche lavorando a ritmi elevati non riesce a
compensare la perdita di GR. L'MCHC aumenta fino a 350-400 g/L perché i pochi globuli in circolo devono
fare il lavoro di tutti.
L'alterazione della membrana e del rapporto superficie/volume rende i GR più suscettibili a lisi. Questa
caratteristica si riflette in una maggiore fragilità osmotica dei GR che può essere evidenziata in provetta
aggiungendo una soluzione osmotica, ma deve superare l'1-2% dei globuli totali.
TEST DI AUTOEMOLISI
Questo test permette di valutare la resistenza intrinseca dei globuli rossi all'autoemolisi. Infatti se si tengono
i GR senza nutrimento, dopo 24h subiscono una grave emolisi perché esauriscono l'ATP necessario a
mantenere l'omeostasi osmotica. Per effettuare questo test si elimina il plasma e si incubano i nostri GR in
PBS con e senza glucosio. Se il globulo rosso non ha difetti della glicolisi, potrà utilizzare il glucosio per
produrre ATP e resistere più a lungo.
Gli sferociti si lisano più facilmente dei GR normali, ma questa autoemolisi è recuperata aggiungendo
glucosio in provetta perché gli sferociti non hanno alterazione degli enzimi glicolitici ma ti proteine di
membrana.
Questi test permettono di fare diagnosi di sferocitosi, ma dobbiamo distinguere la forma ereditaria da quella
autoimmune, e in questo ci viene in aiuto il test di Coombs.
DEFICIT ENZIMATICI
Durante la maturazione il GR perde nucleo, ribosomi e mitocondri. Questo significa che non è più capace di
fosforilazione ossidativa. Tuttavia ha bisogno di un apporto energetico per mantenere l'Hb in stato ridotto (la
meta emoglobina è patologica), alimentare le pompe ioniche (mantenere la forma), mantenere il glutatione
ridotto (per proteggere l'Hb dall'ossidazione). L'ATP nel GR è fornito dalla glicolisi anaerobia (via di Embden-
Meyeroff), che catalizza la trasformazione del glucosio in piruvato e poi lattato, e dallo shunt degli esoso
monofosfati. Sono stati descritti difetti enzimatici per quasi tutti gli enzimi di queste vie, le manifestazioni
cliniche però sono spesso solo a carico dei GR, che impossibilitati a sintetizzare proteine, diventano instabili.
IPERSPLENISMO
La milza è molto efficiente nel catturare le emazie difettose, con alterazioni anche così lievi che non sono
rilevate dai normali test di laboratorio. Questo dipende dalla conformazione anatomica di quest'organo che
con capillari stretti tende a far incastrare i GR poco deformabili, che vengono rimossi dai fagociti.
Normalmente solo l'1-2% del flusso sanguigno che raggiunge la milza viene deviato verso la zona marginale
della polpa bianca, qui le cellule non hanno funzione fagocitica, ma funzionano come un filtro meccanico che
impedisce la progressione delle emazie molto danneggiate, poi arrivano nella polpa rossa dove attraversano
stretti cordoni che terminano a fondo cieco. Questi però comunicano con i seni della polpa tramite piccole
discontinuità. I globuli per passare oltre devono attraversare delle aperture di 3µm quindi sono costretti a
deformarsi al massimo (hanno un diametro di 4-5µm), solo i GR veramente sani riescono a passare.
L'ipersplenismo causato da neoplasie malattie infiammatorie croniche può aumentare la distruzione dei
globuli rossi per accumulo di sangue in un ambiente privo di nutrienti e pieno di cellule fagocitiche.
TEST DI COOMBS
Il test di Coombs è ottimo per diagnosticare una immunoemolisi. Esso si basa sulla capacità di Ig specifiche
per immunoglobuline umane o componenti del complemento di far agglutinare gli eritrociti quando queste
proteine sono adese sulla membrana dei GR.
Siccome gli anticorpi hanno 2 porzioni variabili, possono legare contemporaneamente 2 antigeni.
Se il nostro paziente ha una AEA dovuta a IgG, i suoi globuli rossi saranno rivestiti di anticorpi. Quando noi
aggiungiamo un altro anticorpo che riconosce specificamente le Ig umane, succederà che legherà a sua
volta le Ig patologiche presenti sulla membrana. Talvolta potrà anche capitare che una porzione variabile
leghi una Ig su un globulo, e l'altra l'Ig di un altro globulo, formando dei ponti tra i globuli, che risulteranno
tutti attaccati tra loro, o agglutinati. Lo stesso vale per il complemento.
Gli anticorpi che aggiungiamo sono prodotti iniettando il siero umano in coniglio. Siccome il nostro siero
contiene Ig, il coniglio che avrà sviluppato una risposta immune avrà prodotto anche immunoglobuline anti-
Ig-umane. Il siero recuperato dal coniglio è chiamato siero di Coombs.
Per effettuare il nostro test, laviamo le emazie e le incubiamo col siero di Coombs, se queste agglutinano per
il meccanismo spiegato sopra, il test è positivo e il paziente è affetto da AEA.
Esiste anche un test di Coombs indiretto che ci permette anche una misura quantitativa degli Ab anti-emazie.
Si effettua facendo più diluizioni del siero del paziente e miscelandole con dei GR omogruppo. Questi GR
sono quelli di una persona normale, quindi non sono rivestite da Ab. Nel siero che vogliamo testare, però è
ancora presente una certa quota di Ig anti-emazie, che legheranno i GR sani. Effettuiamo un lavaggio per
eliminare tutti gli Ab aspecifici e incubiamo ora col siero di Coombs. Se si ottiene agglutinazione allora vuol
dire che il paziente ha AEA, inoltre le varie diluizioni ci permettono di fare una titolazione del livello di Ab, un
paziente a cui bisogna diluire molto il siero per negativizzare il test sta molto peggio di un paziente a cui
bastano poche diluizioni.
Quindi mentre nel test diretto si controlla direttamente la presenza di GR del paziente opsonizzati, in quello
indiretto si testa la presenza di Ab anti-emazie nel siero del paziente su GR estranei, ma omogruppo in
quanto, abbiamo detto, questi Ab riconoscono il sistema Rh.
Il test di coombs indiretto può anche distinguere se le Ig sono di tipo M o G. Infatti le IgM reagiscono meglio
a temperature “basse”, o “a freddo”, mentre le IgG reagiscono solo a temperatura corporea. In quello diretto
non è possibile perché le Ig sono già legate ai GR.
DIAGNOSI
La PNH deve essere sospettata qualora si riscontrasse anemia emolitica di causa intravascolare non
altrimenti spiegata con leucopenia e trombocitopenia.
Può essere effettuato il test di Ham, che è eseguito incubando gli eritrociti del paziente con siero normale
acidificato a pH 6,2. In questa condizione il complemento è attivato e se i GR mancano delle proteine CD55
e CD59 vengono lisati, a differenza di quelle normali.
Un altro metodo può essere quello dell'immunofenotipizzazione mediante citofluorimetria per gli antigeni
citati.
La terapia trasfusionale è utile nella PNH sia per innalzare i livelli di Hb, sia per sopprimere la produzione di
eritrociti durante gli episodi di emoglobinuria sostenuta. Tuttavia solo il trapianto di midollo è curativo.
Ultimamente si stanno utilizzando anticorpi anti complemento per tenere sotto controllo la malattia.
LEUCEMIE MIELOIDI
Le leucemie sono un gruppo di malattie eterogenee caratterizzate da un’espansione endo-midollare di un
clone cellulare neoplastico del sistema ematopoietico, con infiltrazione anche di sangue periferico e/o altri
tessuti (per esempio cloromi).
L’espansione del clone impedisce per competizione e repressione la normale crescita delle filiere.
La cellula colpita è quella staminale, che mostra proliferazione incontrollata e arresto della differenziazione.
Per questo vi è un accumulo di cellule neoplastiche immature (blasti), causando metaplasma midollare.
Anche i linfomi originano da cellule del sangue (solitamente linfociti), ma sono “tumori dei linfonodi”, tuttavia il
linfoma può leucemizzarsi, ossia metastatizzare nel midollo, soprattutto in caso di recidiva; esistono inoltre
linfomi solo midollari, ma sono rari.
EZIOLOGIA
La causa della leucemia acuta è sconosciuta, ma un gran numero di fattori predispone alla loro insorgenza e
questi sono sindromi ereditarie con aneuploidia (Down, Klinefelter, Patau), malattie ereditarie con instabilità
cromosomica (Fanconi, Bloom, atassia-teleangiectasia); radiazioni e sostanze mutageniche (benzene
soprattutto, fumo, derivati del petrolio); e infine farmaci antineoplastici (in quanto mutagenetici), che sono la
prima causa di LMA secondarie a trattamento, e che sono anche caratterizzate da anomalie cromosomiche
specifiche come 5q- e 7q- in seguito ad agenti alchilanti e alterazioni di 11q23 in seguito a inibitori delle
topoisomerasi II.
CLASSIFICAZIONE
La diagnosi di leucemia acuta è stabilita dalla presenza di almeno il 30% di blasti mieloidi nel sangue e/o nel
midollo osseo.
I mieloblasti hanno una cromatina nucleare omogenea e fine, o ad aspetto zigrinato con 2-5 nucleoli.
Granulazioni citoplasmatiche suggeriscono il grado di maturazione, e altri reperti caratteristici sono i corpi di
Auer (a forma di bastoncelli), incisure e ripiegamenti del nucleo.
L’assenza di reperti microscopici specifici può rendere molto difficoltosa la diagnosi.
La classificazione più utilizzata è la FAB (French-American-British) che prevede 8 sottotipi da M0 a M7,
classificati sulla base dei segni maturativi, reazione positiva alla mieloperossidasi >3% dei blasti (sudan
nero), caratterizzazioni immunofenotipiche e citogenetiche aiutano poi nella classificazione.
CARATTERIZZAZIONE IMMUNOFENOTIPICA
L’immunofenotipo delle leucemie acute può essere studiato mediante citofluorimetria, che fornisce l’apporto
diagnostico più importante. La M0 che non ha segni maturativi è spesso caratterizzata da CD13 e CD33
positivi, specifici della linea mieloide. La M7 è spesso diagnosticabile solo per l’espressione di CD41. La
citofluorimetria non fornisce informazioni solo riguardo alla diagnosi, ma anche prognosi, perché ad esempio
la co-espressione di CD13, CD14 e CD34 ha una prognosi molto infausta; inoltre è di grande utilità per
valutare la minimal residual disease (malattia minima residua).
CARATTERIZZAZIONE CITOGENETICA
Più del 60% delle LMA ha anomalie citogenetiche, e spesso consistono in almeno una traslocazione
specifica, relativamente a quell’individuo, cioè un marker. Infatti nonostante questa alta frequenza di
anomalie solo 2 traslocazioni sono state associate invariabilmente a un sottotipo FAB e sono la PML-RARa
t(15;17) presente nei casi di M3 e la inv(16) associata alla M4Eo. In particolare le M3 posseggono quasi nel
100% dei casi una traslocazione che coinvolge RARalfa che si trova sul cromosoma 17, altre anomalie sono
associate prevalentemente a un sottotipo come la traslocazione AML1-ETO (eh sì… amleto) t(8;21), e
traslocazioni della regione 11q23 associate alla M5.
Altre traslocazioni, abbiamo detto, sono associate alle leucemie secondarie, e quindi alla multi-drug
resistance, altre ancora sono associate con specifici sintomi come la t(15;17) alla coagulazione
intravascolare disseminata, e la t(8;21) ai cloromi.
CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE
La presenza delle alterazioni citogenetiche ha dato a numerosi studi molecolari, che ci permettono di
amplificare il trascritto aberrante, tipicamente di una traslocazione, sia a scopo diagnostico sia per il
monitoraggio della MRD, ma anche per lo studio dei meccanismi di leucemogenesi.
La traslocazione t(15;17) crea il trascritto di fusione PML-RARa a causa della fusione testa coda di questi 2
geni, e la presenza di questa traslocazione ci permette di selezionare i pazienti che rispondono alla terapia
con ATRA (acido tutto trans retinico).
La inv(16) causa la fusione del core binding factor beta (CBFB) con la catena pesante della miosina
(MYH11): il CBFB è un fattore di trascrizione che agisce come dimero con AML1 che invece è conosciuto
anche come core binding factor alfa.
Interessantemente AML1 è il gene coinvolto nella t(8;21), ed entrambi questi geni, regolano l’espressione di
C/EBPa che è un fattore di trascrizione della linea mieloide.
Altre traslocazioni coinvolgono la regione 11q23 e in particolare il gene MLL (conosciuto anche come ALL),
che caratterizza le leucemie a lineare misto. Solitamente non viene creata una proteina di fusione, ma il
gene viene spaccato durante la traslocazione, con conseguente inattivazione.
CARATTERISTICHE CLINICHE
I sintomi clinici dipendono dal fatto che il clone neoplastico sopprime la crescita dei progenitori sani del
midollo osseo. Si generano quindi neutropenia severa, piastrinopenia severa e anemia.
La neutropenia causa uno stato settico, con febbre che non va via, resistente ad antibiotici e poiché i
protocolli terapeutici prevedono l’utilizzo di antibiotici in sequenza, questo spesso ritarda la valutazione di
altre patologie quindi la diagnosi. Spesso a causa della neutropenia o alterazione funzionale dei neutrofili si
instaurano infezioni opportunistiche.
La piastrinopenia causa sanguinamenti, epistassi, porpora ed ecchimosi, infatti la loro carenza fa stravasare
i globuli rossi, che si notano come puntini rossi sulla cute. Se il paziente si presenta inizialmente con questi
sintomi, la diagnosi è accelerata perché si fa prima l’emocromo.
L’anemia è di tipo cronico, perché la diminuzione di emoglobina è lenta, causa astenia, pallore e dispnea da
sforzo, e si ritrova intorno a valori di Hb di 8-9 g/dL. Non è grave, in quanto solitamente gli altri sintomi sono
preponderanti, per cui il paziente soffre prima di neutropenia e piastrinopenia.
Raramente ritroviamo una massa localizzata nei tessuti molli, mammella, utero, polmoni e altri,
rappresentata da cellule leucemiche, chiamata sarcoma granulocitico o cloroma.
Infezioni ed emorragie sono le prime cause di morte per LMA.
DIAGNOSI
EMOCROMO
In una leucemia mieloide l'esame emocromocitometrico è sicuramente alterato.
L’anemia è di tipo normocitico normocromico, perché è dovuta alla soppressione dei progenitori midollari
normali, infatti si nota spesso anche un calo dell’indice reticolocitario.
Il livello medio di conta leucocitaria è 15000/µL, il 25-40% si presenta con conte inferiori a 5000, il 20%
superiori a 100000, quindi generalmente c’è leucocitosi, ma non sempre. Meno del 5%, addirittura, non
presenterà cellule leucemiche rilevabili all’emocromo.
I leucociti in circolo possono avere scarsa funzionalità, come compromissione della fagocitosi, migrazione,
della granulazione o morfologia alterata.
Le conte piastriniche sono mediamente sotto i 100000/µL in circa il 75% dei pazienti e presentano anomalie
sia morfologiche che funzionali.
STRISCIO PERIFERICO
Lo striscio periferico tanto veloce quanto semplice, permette di effettuare una diagnosi presunta di leucemia,
che può diventare definitiva solo dopo l'analisi del midollo osseo e della biopsia ossea.
In oltre il 90% dei casi sono presenti blasti in circolo, nel restante 10% sono di conseguenza assenti. La
presenza di blasti immaturi è fortemente indicativa di leucemia. I blasti sono identificati come cellule bloccate
nella maturazione.
AGOASPIRATO
L'agoaspirato midollare è effettuato per identificare il tipo di blasto anomalo.
Le cellule sono analizzate su vetrino per una prima classificazione mediante i metodi standard, calcolando il
mielogramma (equivalente della formula leucocitaria nello striscio periferico) e effettuando alcuni test
immunocitochimici, e citologici.
Solitamente una colorazione per mieloperossidasi o Sudan Nero in combinazione con una per esterasi non-
specifiche sono sufficienti a distinguere le leucemie acute mieloidi da quelle linfoidi, e a individuare il
sottotipo FAB.
La colorazione con Sudan Nero B è positiva nelle leucemie acute linfoidi.
La colorazione per la mieloperossidasi è positiva per le leucemie acute mieloidi (quasi tutte, vedi tabella).
La Pas-reazione (Periodic acid-Schiff) evidenzia di fucsia le eritroleucemie.
La colorazione per la TdT (terminal deossinucleotidil trasferasi) è positiva nelle leucemie linfoidi.
L'esterasi non specifica evidenzia i monociti e i megacariociti.
CITOGENETICA
Una certa quota di cellule vengono analizzate per la citogenetica classica e molecolare.
Il campione deve essere di cellule vive, per cui appena prelevato, in breve tempo, le cellule vengono messe
in coltura per 24-48h per ottenere mitosi spontanee. Le cellule vengono bloccate in metafase grazie alla
colchicina che è un veleno dei microtubuli, poi vengono fissate e analizzate su vetrino.
In citogenetica classica viene ricostruito il cariotipo, in molecolare si ricercano anomalie specifiche tramite
ibridazione in situ e altre tecniche.
Più del 60% delle LMA presenta aberrazioni citogenetiche numeriche o strutturali. A differenza dell'analisi di
biologia molecolare basate su PCR, che possono identificare solo anomalie conosciute e ricorrenti, in
citogenetica possiamo avere una visione di insieme di quello che è il genoma del paziente, per cui se
presenta anomalie cromosomiche uniche o rare, queste possono poi essere utilizzate per il monitoraggio
della malattia minima residua.
Per quanto riguarda le acute l'identificazione di anomalie citogenetiche è utile per la prognosi, e nel caso
della traslocazione t(15;17) per la terapia che è estremamente diversa da quella delle altre leucemie.
CITOFLUORIMETRIA
Le cellule prelevate possono essere poi indirizzate anche in citometria per l'immunofenotipizzazione.
Grazie alla citofluorimetria, possiamo identificare il pattern di antigeni di membrana, e confrontarli con quelli
del normale processo maturativo emopoietico, per capire il nostro blasto a che punto si è bloccato.
L'immunofenotipo della leucemia può dare risultati importanti in quanto alcuni CD sono invariabilmente
associati a un sottotipo FAB, tuttavia come in citogenetica, esistono una serie di caratteristiche ricorrenti,
quindi non-random, ma che non sono così sottotipo-specifiche, per cui ogni paziente costituisce un caso a
sé. La mancanza di anomalie caratteristiche può rendere la diagnosi di leucemia molto difficoltosa.
BIOLOGIA MOLECOLARE
La biologia molecolare offre una serie di analisi per mutazioni ricorrenti nelle LMA. Queste vanno
dall'amplificazione dei trascritti di fusione AML1-ETO, PML-RARa a analisi di mutazioni in geni come Flt3,
ras, ecc. L'analisi non è solo di tipo qualitativo, ma spesso si focalizza sull'RNA e ha un'importanza
fondamentale nel monitoraggio della malattia minima residua, poiché grazie all'elevatissima sensibilità delle
tecniche basate su pcr, è possibile tenere sotto controllo la malattia effettuando queste analisi anche
solamente su sangue periferico.
PROGNOSI
Lo scopo della terapia è quello di raggiungere la remissione completa.
Esistono 3 tipi di remissione: ematologica, citogenetica e molecolare.
La remissione ematologica si ottiene quando per almeno 4 settimane la conta dei neutrofili è >1500/µL e
quella piastrinica >100000/µL. Hb e Hct non vengono presi in considerazione. Non dovrebbero essere
presenti blasti in circolo, anche se bisogna tener conto che durante la rigenerazione midollare, possono
essere ritrovati alcuni blasti in circolo. La cellularità midollare dovrebbe essere superiore al 20% con
maturazione trilineare, i blasti dovrebbero essere meno del 5% e non si dovrebbero osservare corpi di Auer.
La remissione citogenetica si ottiene quando non sono rilevabili metafasi neoplastiche, né nuclei in interfase
che portano la mutazione (fish).
La remissione molecolare si ottiene quando non è rilevabile trascritto aberrante nel sangue periferico.
La remissione ematologica è la più facile da ottenere, segue poi la citogenetica, infine la remissione
molecolare, che non si ha quasi mai. Nonostante ciò quando i livelli di messaggero scendono sotto un certo
livello la terapia viene comunque interrotta, quello che si nota è che dopo l'interruzione i livelli continuano a
scendere per un certo periodo probabilmente grazie alla presenza di una risposta immunitaria contro il
tumore.
Numerosi fattori influiscono sulla durata della remissione, l'età al momento della diagnosi è quello più
importante, sia perché gli anziani hanno meno probabilità di sopravvivere alla terapia, sia perché le LMA
dell'anziano sono caratterizzate da alcune anomalie a prognosi peggiore.
Le LMA possono essere stratificate, inoltre, sulla base del rischio citogenetico, classi di aberrazioni sono
raggruppate sulla base delle probabilità di sopravvivenza 5 anni e probabilità di ricaduta.
Le anomalie a prognosi migliore sono le t(8;21), t(15;17), inv(16), quelle a prognosi peggiore sono -5, -7,
anomalie del 3q, cariotipo complesso, infine a prognosi intermedia sono le anomalie di 11q23, del(7q), +8,
+21, +22 e tutte le altre.
Anche la durata del disturbo clinico antecedente alla diagnosi di LMA è correlato alla risposta alla terapia, più
la diagnosi è stata precoce, maggiori sono le probabilità di risposta.
FISIOPATOLOGIA
La LMC è caratterizzata dalla traslocazione t(9;22), ma a parte le radiazioni ionizzanti non sono stati
individuati altri fattori di rischio per lo sviluppo di questa leucemia. Sappiamo, comunque da studi condotti sui
sopravvissuti alla bomba atomica, che per lo sviluppo di una massa di 10000/µL di LMC sono necessari 6,3
anni.
Tempo fa si riteneva che la t(9;22) fosse un evento necessario e sufficiente allo sviluppo della LMC, tuttavia
ultimamente sta emergendo che nemmeno in questo caso una sola anomalia è sufficiente.
La t(9;22) è una traslocazione reciproca (2 cromosomi si scambiano un pezzo), bilanciata (non c'è perdita di
materiale genetico nell'evento) tra il gene ABL su 22q11 (braccio lungo del cromosoma 22, banda 11) e BCR
su 9q34. Il gene ABL codifica per una tirosina chinasi chiamata Abelson murine leukemia virus, infatti esiste
un retrovirus murino, che porta questo oncogene e causa una leucemia a cellule pre-B nel topo. Il gene BCR
è stato identificato in seguito alla traslocazione ed è infatti chiamato breakpoint cluster region (regione di
accumulo dei breakpoint della traslocazione) e codifica per una fosfoproteina associata ad attività
serina/treonina chinasica.
In seguito alla traslocazione questi 2 geni vengono fusi, a formarne uno chimerico che codifica per una
proteina di 210 kDa chiamata bcr-abl, talvolta di 185 kDa. Il punto di traslocazione su Abl è più o meno fisso,
mentre su Bcr ci sono 3 regioni diverse chiamate M, m e µ.
La regione su Abl è quella compresa tra gli esoni a1 e a2 ( i primi 2 esoni).
La regione m si trova a monte del gene, tra il prmo e il secondo esone.
La regione M si trova nella regione centrale e comprende gli esoni tra 12 e 16.
La regione µ si trova tra gli esoni 17 e 19.
A seconda della regione di BCR coinvolta si ottengono proteine di p190, p210 e p230. P210 è la più
frequente nella LMC.
La t(9;22) è presente in più del 95% dei casi, anche se sarebbe opportuno non considerare LMC i casi che
non la presentano. Una piccola quota di LLA (25-30% adulti e 2-10% bambini) ha la traslocazione, e
occasionalmente nelle LMA , anche se queste probabilmente sono LMC pregresse evolute in crisi blastica.
DIAGNOSI
L'esordio clinico è generalmente insidioso. I pazienti al tempo della diagnosi sono solitamente asintomatici o
presentano solo affaticamento, malessere, talvolta splenomegalia. La malattia viene diagnosticata con un
esame di routine emocromocitometrico, in cui c'è una lieve anemia normocitica normocromica, le piastrine
sono quasi sempre elevate e la conta dei bianchi è molto elevata, intorno ai 57000/µL.
STRISCIO
Di solito vi sono blasti in circolo fino al 5%, e i blasti e i promielociti sono meno del 10%. La presenza di
precursori mieloidi in circolo è fortemente diagnostica, anche se questa situazione può essere indicativa di
una banale infezione, o di una reazione leucemoide (che regredisce spontaneamente e che non è clonale).
Ma mentre nelle infezioni solitamente basofili ed eosinofili aumentano (e sono i primi a calare con la terapia),
nella LMC questi restano costanti. Inoltre nelle infezioni mielociti e metamielociti sono più rari, mentre nella
LMC si nota un picco mielocitario.
La fase accelerata viene diagnostica in base al 10-19% di mieloblasti e più del 20% di basofili in circolo o nel
midollo, conta delle piastrine <10,000 o >1,000,000 non responsiva alla terapia, aumento della
splenomegalia e soprattutto acquisizione di anomalie citogenetiche addizionali.
La crisi blastica si caratterizza per più del 20% di mieloblasti o linfoblasti in circolo o midollo, grossi cluster di
blasti nella biopsia ossea e cloroma. La differente morfologia è tenuta in conto in quanto la crisi blastica può
presentarsi come eritroide, mieloide, linfoide, o mista.
AGOASPIRATO
Il midollo è ipercellulato ma trilineare, con espansione mieloide e megacariocitica; il rapporto
granulociti/eritroblasti è marcatamente alterato e arriva anche a 8:1 (normalmente è 3:1 5:1), ed è presente
dismielopoiesi, tuttavia l'analisi morfologica non è di grande aiuto. Quindi il quadro è molto differente rispetto
alla leucemia acuta. Promielociti e mielociti sono solitamente contati insieme nel mielogramma, ma nella
LMC conviene distinguerli perché nella crisi blastica aumentano i promielociti.
La biopsia ossea mostra aspetti compatibili con sindrome mieloproliferativa.
CITOGENETICA
La citogenetica è di fondamentale importanza sia diagnostica che nel monitoraggio della malattia. Abbiamo
detto che la LMC è caratterizzata dalla t(9;22), ed è infatti questa aberrazione che viene ritrovata in ogni
metafase neoplastica. Il fatto che venga ritrovata in tutte le metafasi è una evidente dimostrazione di
clonalità. Il raggiungimento della remissione citogenetica è di fondamentale importanza, anche se comunque
le terapie attuali permettono un altissima percentuale di remissione.
Monitorare la citogenetica del paziente è essenziale per identificare l'avvicinamento della crisi blastica, che è
caratterizzata dall'accumulo di anomalie cromosomiche addizionali che possono essere individuate solo con
questa tecnica.
BIOLOGIA MOLECOLARE
La biologia molecolare offre tecniche estremamente sensibili per il monitoraggio della malattia, tramite
amplificazione del trascritto bcr-abl, e di analisi delle mutazioni acquisite in questo gene. Infatti il clone
tumorale con la progressione della malattia muta e vengono selezionate positivamente le mutazioni che non
rispondono all'imatinib. L'identificazione precoce di queste mutazioni permette di sostituire questo farmaco
con altri che sono efficaci nei casi di resistenza.
TERAPIA
Storicamente la LMC è stata trattata con idrossiurea e interferone alfa. L'interferone alfa ha anche dimostrato
capacità curative in una piccola percentuale di casi, cosa che non si verifica mai con le terapie attuali.
Gli interferoni hanno proprietà antivirali, microbicide, immunomodulatorie e antiproliferative attraverso la
downregolazione di numerosi oncogeni e citochine, sono inoltre capaci di inibire l'angiogenesi e di indurre
una risposta immunitaria di tipo cellulare. L'IFNa permetteva di ottenere molto spesso remissione
ematologica entro 1-2 mesi, e remissione citogenetica dopo 12-18 mesi ma solo nel 26% dei pazienti.
La chemioterapia veniva riservata solo ai casi in cui era necessario abbassare rapidamente la conta dei
bianchi o per attenuare i sintomi. Il farmaco utilizzato in questo caso era l'idrossiurea.
Sono stati tentati schemi di chemioterapia intensiva, con remissione citogenetica nel 30-50% dei casi ma
queste non erano durature.
Oggi la LMC viene trattata con l'imatinib che è un inibitore delle tirosina-chinasi specifico per bcr-abl, c-kit e
PDGF-R. Funziona come un ATP mimetico, bloccando la tasca catalitica di bcr-abl, che trasloca nel nucleo
dove è incapace di esercitare funzione anti-apoptotica e le cellule muoiono.
Sono stati sviluppati altri farmaci simili all'imatinib: nilotinib e dasatinib. Questi sono efficaci nel trattamento
dei casi resistenti che possono emergere durante la terapia. Un'unica mutazione è refrattaria a tutti i farmaci
di corrente utilizzo ed è la T315I, anche se nuove promesse sono in fase di trial clinico.
La percentuale di sopravvivenza a 5 anni dei pazienti trattati con imatinib è dell'89% a 5 anni. La
sopravvivenza media totale è di circa 98 mesi per i pazienti a basso rischio, e di 42 per quelli ad alto.
L'unica terapia curativa è il trapianto di midollo osseo.
La mortalità legata al trapianto di midollo osseo è oggi di solo 5%. L'esito terapeutico dipende da molti fattori
come età, fase della malattia, tipo di donatore (allogenico o singenico), regime di condizionamento, presenza
di GvHD, trattamento post-trapianto.
I regimi di condizionamento sono basati su ciclofosfamide più irradiazione corporea totale. Lo sviluppo di una
GvHD è in grado di diminuire la recidiva. La T-deplezione diminuisce la probabilità di GvHD ma aumenta
quella di recidiva. Le infusioni di leucociti provenienti dal donatore, sono in grado di indurre remissione
ematologica e citogenetica in pazienti con LMC recidivante dopo trapianto allogenico.
ANEMIA APLASTICA
L'anemia aplastica è da includere nelle anemia da danno midollare, insieme all'anemia selettiva delle cellule
eritroidi, mielodisplasia e mieloftisi.
L'anemia aplastica è un disturbo dell'emopoiesi che si manifesta con una marcata riduzione o addirittura
assenza di cellule eritroidi, granulocitiche e macrofagiche nel midollo, con conseguente pancitopenia.
L'emopoiesi è marcatamente ridotta, con assenza o riduzione delle CD34 e delle CFUs.
Nella AA le cellule sono incapaci di proliferare e differenziare, questa insufficienza o dipende da un difetto
intrinseco alla cellula staminale (ereditario), o a un meccanismo autoimmune (acquisito). Altri potenziali
meccanismi sono la carenza di fattori di crescita e difetti del microambiente, ma sono più rari.
Tra le varianti genetiche c'è l'anemia di Fanconi, che può essere causata da tutta una serie di geni, che
interferiscono con la mitosi. Nella maggior parte delle volte è acquisita, e può essere dovuta a farmaci, virus,
agenti mutageni (chimici e radiazioni).
L'anemia anaplastica dovuta a farmaci può essere dose-dipendente o idiosincrasica. Il primo tipo comprende
quei farmaci mielotossici, antineoplastici, antimetaboliti e anche sulfonamidi, ovviamente il meccanismo
comprende il blocco della replicazione e l'induzione dell'apoptosi. Altri agenti che causano una AA
idiosincrasica agiscono con un meccanismo sconosciuto.
L'esposizione a dose acuta di radiazioni causa una AA transitoria dose-dipendente, che interessa tutti i
lineage, che è reversibile a basse dosi, ma letale ad alte. L'esposizione cronica e localizzata a radiazioni può
causare una insufficienza midollare dose-dipendente.
Agenti mutageni come il benzene sono stati chiaramente associati ad AA e leucemie.
Alcuni virus possono causare un aggravamento delle condizioni di AA, tra questi troviamo il virus epatitico,
EBV, HIV, e il parvovirus 19.
Anche la gravidanza può causare un'AA transitoria che si risolve o con il termine di questa naturale o
prematuro.
L'emoglobinuria parossistica notturna è un'altra causa di AA mesi o anni dopo la diagnosi, tuttavia il
meccanismo con cui si instauri è sconosciuto, ed è forse dovuto alla inibizione della crescita che esercita il
clone patologico. Questo tipo di AA è probabilmente dovuto ad autoimmunità in quanto risponde a terapie
basate su ciclosporina.
PATOGENESI
L'AA è causata da un difetto della cellula staminale e/o da un meccanismo soppressivo immunitario. Il fatto
che il 40-50% dei pazienti può ricevere un trapianto SINgenico senza immunosoppressione e ottenere una
ricostituzione ematologica, fa pensare che un difetto della cellula staminale sia presente in questi pazienti,
nel restante 50-60% dei casi il midollo singenico non attecchisce e questo fa pensare a una causa
autoimmune.
Le cellule T citotossiche attivate dei pazienti con AA sono caratterizzate da un'eccessiva produzione di
citochine ed interferoni tra cui IFNgamma e TNFbeta, che sopprimono la proliferazione dei progenitori
ematopoietici.
Il 25% dei pazienti è curato con una terapia immunosoppressiva, con recupero solamente solo parziale
dell'emopoiesi. Siccome i pazienti trattati con antiglobuline timocitiche in seguito molto facilmente sviluppano
una mielodisplasia, questo fa pensare che i linfociti T aggrediscano cellule staminali anomale preesistenti e
che a causa di un meccanismo di regolazione anomalo finiscono per aggredire anche quelle normali.
La pancitopenia dell'AA è progressiva e letale, la prognosi correla con la conta dei neutrofili, che più sono
bassi più espongono il soggetto a infezioni. Terapie con immunoglobuline anti-timocitiche e/o ciclosporina
può indurre remissioni parziali nel 60-80% dei pazienti, ma la terapia definitiva è il trapianto di midollo osseo
che si mostra efficace nel 60-90% dei casi.
DIAGNOSI
I pazienti mostrano pancitopenia con anemia normocitica normocromica, bassa conta dei reticolociti,
trombocitopenia con normale morfologia piastrinica, neutropenia con normale morfologia leucocitaria.
Quindi lo striscio periferico è normale, ma solo carente di cellule.
Tutto questo suggerisce un meccanismo ipoproliferativo che coinvolge tutto il midollo.
L'agoaspirato midollare mostra un midollo svuotato con spicole e spazi apidosi vuoti e rare cellule
emopoietiche. La morfologia degli elementi midollari restanti è solitamente normale, mentre eventuali
alterazioni dovrebbero favorire la diagnosi di sindrome mielodisplastica ipocellulare. In casi rari perfino la
cellularità può apparire falsamente normale a causa di isolati foci di emopoiesi, in questi casi la biopsia
midollare permette una migliore valutazione della cellularità e fibrosi e della presenza di cellule capellute,
tipiche della leucemia a cellule capellute.
La citogenetica aiuta a distinguere le AA dall'anemia di Fanconi, dalle mielodisplasie. La presenza di
anomalie citogenetiche clonali favorisce la diagnosi di mielodisplasia, mentre una generale instabilità
cromosomica e figure mitotiche anomale sono caratteristiche dell'anemia di Fanconi.
LDH, aptoglobina (lisi GR) e test di Ham con citometria (complemento) sono utili a stabilire se l'AA è
conseguente all'PNH.
SINDROMI MIELODISPLASTICHE
Le sindromi mielodisplastiche vengono chiamate anche malattie preleucemiche a causa del fatto che
tendono ad evolvere facilmente in LMA.
Sono caratterizzate da pancitopenia e bassa conta reticolocitaria associata a un midollo osseo che è invece
normocellulare o ipercellulare, che però mostra anomalie morfologiche ed alterazioni displastiche (alterazioni
delle dimensioni, della forma e dell'organizzazione delle cellule). L'emopoiesi nelle SMD infatti è inefficace e
di conseguenza i pazienti sono pancitopenici nonostante il midollo cellulato.
Esistono SMD primitive o idiopatiche, e SMD correlate a terapia o secondarie che si sviluppano in seguito a
trattamento di tumori con terapia radiante o chemioterapia.
PATOGENESI
Esistono fattori genetici predisponenti come la sindrome di Down e l'anemia di Fanconi. Radiazioni, benzene
sono altre cause ambientali di SMD. Questa malattia può anche evolvere da una AA in seguito a trattamento
con immunosoppressori.
La SMD è una alterazione clonale acquisita che colpisce la cellula staminale ematopoietica. Questa finisce
per proliferare o per un problema di microambiente midollare, per cui a causa di condizioni avverse della
nicchia il midollo non matura e viene selezionato l'unico clone anomalo capace di sopravvivere, o per un
problema autoimmune in cui finiscono per morire tutte le cellule normali ad eccezione del clone difettoso.
La clonalità della malattia è dimostrata dalla presenza di anomalie citogenetiche o dal pattern di G6PD nelle
donne.
DIAGNOSI
Le cellule mieloidi della SMD non hanno perduto la loro capacità di proliferare e differenziarsi come nella AA,
ma vanno incontro a una maturazione abortiva che dà luogo a una inadeguata produzione di cellule mature
nel sangue. La eritropoiesi inefficace è il marchio di tutte le varianti di SMD.
Le SMD sono difficili da diagnosticare precocemente perché i pazienti sono spesso asintomatici. I sintomi più
facilmente riscontrabili sono affaticamento, palpitazioni, cefalea. Le infezioni conseguenti a neutropenia sono
più rare.
Quindi quello che si nota è un'anemia cronica ben compensata, in quanto il paziente va in dispnea solo sotto
sforzo. Si possono notare anomalie funzionali di neutrofili e piastrine, con conseguente elevata incidenza di
infezioni e emorragie se non trattati.
Per la diagnosi di SMD è fondamentale l'esame morfologico dello striscio, del midollo osseo e la
citogenetica.
STRISCIO PERIFERICO
La citopenia può coinvolgere una o più linee, la conta dei reticolociti è bassa, indicando che l'anemia è
secondaria a una difettosa produzione midollare, è presente una notevole anisocitosi (RDW alto) con indici
normocitici (MCV normale). Sono presenti anomalie come i corpi di Howell-Jolly (cluster di DNA non espulsi
col nucleo), anelli di Abbott e punteggiatura basofila dei GR. Sono presenti anche emazie nucleate con
alterazioni displastiche.
I neutrofili maturi possono avere nuclei ipolobulati, senza o con pochi granuli citoplasmatici, anche neutrofili
immaturi possono essere individuati.
Le piastrine osservate sono spesso grandi e agranulate, raramente si osservano micromegacariociti.
AGOASPIRATO
La cellularità, il numero di blasti, sideroblasti ad anello e alterazioni displastiche servono non solo per la
diagnosi ma anche per la classificazione della SMD. La cellularità può essere normale o aumentata, in alcuni
casi rari può osservarsi un midollo ipocellulato.
Le caratteristiche diseritropoietiche comprendono anomalie nucleari (multinuclearità, frammentazione
nucleare, forma bizzarra, mitosi anomale, ponti internucleari, cromatina addensata in modo anomalo),
anomalie citoplasmatiche (corpi di howell-jolly, emoglobinizzazione difettosa, sideroblasti ad anello),
asincronia nucleo-citoplasmatica.
Tra le caratteristiche disgranulopoietiche più frequenti abbiamo ipogranulazione e iposegmentazione.
I megacariociti sono solitamente con piccoli nuclei multipli e ipoglobulazione.
L'indice mieloperossidasico è spesso basso.
Riassumendo i segni displastici comuni sono asincronismi maturativi nucleo-citoplasma, binuclearità, nidi,
blebs, punteggiatura basofila degli eritrociti, granulazione precoce e iposegmentazione, degranulazione e
ipogranulosità. Micromegacariociti e alterazioni nucleari.
CITOGENETICA
L'analisi di citogenetica mostra nel 75% dei casi anomalie cromosomiche, che vengono sfruttate per la
stratificazione del rischio. Le più frequenti sono monosomia 7, 5q- e trisomia dell'8.
Delezione del 5q, delezione del 20q, delezione dell'Y e cariotipo normale sono a buona prognosi.
Cariotipo complesso e anomalie del 7 sono a cattiva prognosi.
BIOLOGIA MOLECOLARE
Sono stati individuati in diversi casi mutazioni di ras, cFms, p53 ed pRB, serve inoltre per verificare la
presenza di traslocazioni. Anche la citofluorimetria è di aiuto con gli antigeni CD34 e CD13 per verificare
l'immaturità delle cellule.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
La carenza di vitamine B12, acido folico e in particolare B6 mimano la situazione displastica del midollo
tipica della SMD, ma in questi casi è possibile dosare le vitamine e distinguere le 2 patologie.
L'AA costituisce spesso un problema in quanto in mancanza di reperti cellulari, e anomalie cromosomiche è
difficile distinguerla dalla SMD.
La PNH può evolvere in AA, causando gli stessi problemi diagnostici, ma in questo caso la citofluorimetria
può evidenziare la mancanza di CD55 e CD59 sulle cellule.
La leucemia acuta aleucemica è un'altra situazione confondente, ma può essere diagnosticata solo sei blasti
superano il 30%.
La mielofibrosi acuta può mimare la SMD ma i blasti in maggior parte sono megacarioblasti.
CLASSIFICAZIONE
Classificazione classica FAB (french-american-british)
Tipo FAB Freq % Blasti % Blasti % Monociti disp
midollo sangue sidero oiesi
blasti
AR – anemia refrattaria 28 <5 <1 <15 Rari +
ARSA – anemia refrattaria con sideroblasti ad anello 24 <5 <1 >15 Rari +
AREB – anemia refrattaria con eccesso di blasti 23 5-20 <5 <15 Rari ++
LMMC – leucemia mielomonocitica cronica 16 1-20 <5 <15 >1*10^9/L ++
AREB-t – AREB in trasformazione 9 20-30 >5 <15 Variabili ++
La classificazione WHO cerca di differenziare le SMD in base al coinvolgimento dei vari comparti maturativi,
così la PRA è una SMD che riguarda solo i globuli rossi, mentre la RCMD coinvolge 3 lineage. La PSA e la
RCMD sono varianti delle prime 2 caratterizzate dalla presenza di sideroblasti.
Il termine “refrattaria” indica che queste anemie non vengono curate dalle normali cure sostitutive di ferro,
vitamine, ecc, perché ovviamente il clone non è deficitario per queste, ma ha anomalie intrinseche.
Il siderocita ad anello è un reticolocita con grossi accumuli di ferro, tutto intorno al nucleo fino a formare
appunto un anello visibile con la colorazione appropriata. Il sideroblasto è la stessa cellula ma a un livello
precedente di maturazione.
Le RAEB sono caratterizzate dalla presenza di blasti, che sono superiori al 5% e quindi alla normalità, ma
sono ancora troppo bassi per essere una leucemia (<30%).
La sindrome 5q- è stata isolata in quanto mostra un andamento e caratteristiche citogenetiche uniche. Anche
la patogenesi probabilmente è diversa, infatti si ipotizza che la causa primaria di questa sindrome sia dovuta
all'anomalia del clone (il 5q-), ma, come nella PNH, a un problema del microambiente che seleziona
positivamente l'unico clone capace di sopravvivere cioè quello con la delezione del 5q.
Il gene responsabile della prognosi migliore in questi pazienti è probabilmente NPM1 (nucleophosmin).
Questo è un fattore di trascrizione implicato in numerosissimi processi, al punto da funzionare da oncogene
o oncosoppressore a seconda dei contesti. Mutazioni di NPM1, o sue traslocazioni sono ritrovate anche in
altre leucemie, e la caratteristica comune è che i pazienti hanno una prognosi migliore, il suo coinvolgimento
nella SMD è ipotizzato sia per il ritrovamento di mutazioni in questo gene, ma soprattutto perché NPM1 si
trova sul braccio lungo del cromosoma 5.
Il decorso è legato alla fravità della citopenia e al numero di blasti, quindi AR e ARSA sono quelle a prognosi
buona con una lunga fase cronica. La sindrome 5q- è quella a prognosi migliore.
Molti pazienti muoiono in seguito alle complicanze causate dalla pancitopenia e alle misure adottate per il
loro trattamento, in caso di sopravvivenza, la SMD evolve in LMA. AREB e AREB-t sono quelle varianti in cui
si ha la maggiore frequenza di trasformazione in LMA. La LMMC ha una prognosi intermedia.
E' possibile calcolare un punteggio prognostico sulla base di numero di blasti, gravità della pancitopenia e
anomalie cromosomiche presenti.
TERAPIA
Il trapianto di midollo osseo allogenico è il solo trattamento curativo per le SMD. Lo scoring prognostico aiuta
a scegliere anche il momento migliore per effettuare questa terapia, mentre nel frattempo si aggredisce la
malattia con farmaci chemioterapici, che attraverso la soppressione del clone anormale, favorisce la
ricostituzione ematologica, evitando in parte la necessità di trasfusioni. Infatti è di fondamentale importanza
ridurre quest’ultime perché a lungo andare causano emocromatosi, in questo senso è molto utile dosare la
ferritina per capire la gravità dell'accumulo di ferro nei tessuti.
5-azacitidina e decitabina, che sono ipometilanti, si sono dimostrate efficaci in questo e nel ritardare la
progressione a LMA.
La lenalidomide è stata approvata solo per il trattamento della sindrome 5q-, quindi una veloce risposta
citogenetica è utile nella MDS anche nella decisione della terapia.
La chemioterapia però permette risposte transitorie solo in una bassa percentuale di pazienti.
Come terapia di supporto per indurre la crescita dei normali progenitori ematopoietici si può somministrare
Epo, la cui efficacia è stata più volte dimostrata, ma anche altri fattori di crescita come G-CSF.
Per un breve periodo di tempo sono state anche tentate strategie di differenziazione con vitamina D3 o
interferoni, che stimolavano la maturazione normale dei blasti, tuttavia con scarso successo.
Il trapianto di midollo può essere curativo nel 60% dei pazienti.
MALATTIE MIELOPROLIFERATIVE
Le malattie, sindromi o disordini mieloproliferativi sono un gruppo di patologie del midollo osseo in cui viene
prodotto un eccesso di cellule. Sono correlate con, e possono evolvere in SMD e LMA, anche se
complessivamente hanno una prognosi migliore rispetto a queste.
Le malattie mieloproliferative comprendono la policitemia vera, trombocitemia essenziale e mielofibrosi.
Storicamente comprende anche la LMC, tuttavia questa ha caratteristiche sue particolari che la rendono
profondamente distinta dalle altre 3. Nel 2001 sono state aggiunte dal WHO a questo gruppo anche la
leucemia cronica eosinofila, la sindrome ipereosinofilica e la leucemia neutrofilica cronica.
CLASSIFICAZIONE
Una prima distinzione tra queste malattie può essere fatta sulla base del cromosoma Philadelphia, che è
presente in praticamente tutti i casi di LMC ed assente in PV, ET ed MF.
Queste ultime 3 sono spesso caratterizzate in una mutazione nella chinasi JAK2. La mutazione più
frequentemente ritrovata è la V617F, che rende la chinasi costitutivamente attiva.
JAK2 è coinvolta nel signaling di numerosi fattori di crescita come GM-CSF (IL-3R, IL-5R e GM-CSF-R), e
soprattutto eritropoietina (Epo-R), trombopoietina (Tpo-R), GH (GH-R) e prolattina (PRL-R).
La mutazione V617F rende le cellule molto più sensibili ai fattori di crescita come Epo e Tpo, stimolando
questa a una proliferazione incontrollata, e inibizione per competizione degli altri progenitori normali.
La MF è caratterizzata nel 50% dei casi da mutazioni di JAK2 e nel 5% dei casi nel recettore per la
trombopoietina.
La PV è associata a mutazioni di JAK2 in oltre l'80% dei casi.
La ET è associata a mutazioni di JAK2 nel 20% dei casi e 15% del recettore per la trombopoietina.
La sola mutazione di JAK2 non è sufficiente a causare una malattia mieloproliferativa. Inoltre il fatto che
questo gene si trovi a valle di diversi pathways diversi, la MPD non sempre si presenta con un fenotipo
“preciso”, ma ci sono spesso casi di sindromi di transizione a cavallo tra PV e MF, PV e ET, ecc, in cui il
clone non ha ancora preso una via di differenziamento precisa. In seguito con l'avanzare della malattia
questa acquisisce caratteristiche più decise, che rendono più facile la classificazione.
Le 3 malattie sono caratterizzate da un'evoluzione in fasi: fase cellulare e fase fibrotica.
La fase cellulare è diversa in tutt'e 3 le MPD, ed è caratterizzata da un aumento di cluster di megacariociti,
fibrosi collagenosa e reticolare, aumento di precursori mieloidi nella MF, mentre nella PV si notano anche
precursori eritroidi, nella ET si notano solo grossi megacariociti con fibrosi e piccolo aumento di cellularità
midollare.
La fase fibrotica è quella in cui evolvono tutte le MPD con sostituzione del midollo osseo con fibrosi
collagenosa con mancanza di elementi midollari.
POLICITEMIA VERA
La PV è caratterizzata da sovraproduzione di GR, granulociti e piastrine fenotipicamente normali, ed è la più
comune MPD.
E' caratterizzata dalla mutazione V617F di JAK2, e sono state descritte l'acquisizione di anomalie
cromosomiche non-random in pazienti non trattati, di cui le più frequenti sono 20q-, 8+, 9+, quindi somigliano
alla SMD.
A testimonianza dell'attivazione costitutiva del pathway dell'eritropoietina, le cellule progenitrici eritroidi della
PV possono crescere in vitro in assenza di Epo. Tale anomalia è stata vista anche nella ET a conferma del
fatto che è dovuta alla mutazione V617F.
La patologia è causata dalla dominanza clonale delle cellule patologiche sul midollo normale, la cui
proliferazione viene quindi soppressa, di conseguenza le cellule ritrovate in circolo rappresentano quelle
della progenie del clone trasformato. In questo senso diventa molto semplice il monitoraggio della malattia
attraverso il dosaggio di cellule V617F mutate nel sangue periferico.
DIAGNOSI
Il sintomo più comune nei pazienti è il prurito indotto da acqua calda, è presente inoltre una massiva
splenomegalia dovuta al fatto che la milza deve eliminare una gran quantità di globuli rossi dal circolo.
Siccome la PV porta anche un'alta produzione di piastrine, i pazienti possono presentare anche tendenza
alle trombosi. Un sintomo raro ma frequente è l'eritromelalgia: un dolore acuto e bruciante a mani o piedi
accompagnato da un arrossamento della pelle, che risponde a trattamento con aspirina.
La elevata produzione di GR abbassa fortemente i livelli di Epo per feedback negativo, causato dal forte
aumento di viscosità del sangue.
Il livello di Hb ed Hct è fortemente influenzato dal volume plasmatico per cui non vi è una buona correlazione
lineare tra ematocrito e massa eritrocitaria. Per cui una valutazione assoluta dell'eritrocitosi non può
prescindere da una misurazione del volume plasmatico.
Nella PV, infatti, di pari passo con l'aumento di massa eritrocitaria si ha un aumento del volume plasmatico
che può farci sottostimare di molto o addirittura mascherare la gravità della condizione patologica. Cosa che
non succede, ad esempio, con l'eritrocitosi da Epo, in cui il volume plasmatico non aumenta (vedi ciclisti, che
per questo motivo hanno la marmellata nelle vene). Il solo metodo attendibile per una valutazione della
massa eritrocitaria è la diluizione isotopica utilizzando eritrociti del paziente marcati con carbonio-51. Si
mettono in circolo questi GR autologhi marcati e si aspettano 90 minuti, per farli distibuire uniformemente nel
sangue. Poi si prende un campione di sangue periferico e in base alla radioattività misurata rispetto ai globuli
rossi presenti possiamo risalire alla quantità totale di GR.
Questo esame comunque è utile nei casi subdoli, mentre molto più frequentemente il paziente si presenta
con 8-9 milioni di GR per mm cubo, occasionalmente anche 11, e un ematocrito di 70-80%. Anche l'RDW è
solitamente elevato, a differenza del tratto beta-talassemico in cui vi è eritrocitosi microcitica ma omogenea.
Lo striscio di sangue non sarà interpretabile a causa del marcato aumento di GR.
Il tempo di circolazione del sangue nel corpo può aumentare anche di 2 volte rispetto al normale, l'aumento
di GR causa un aumento di viscosità fino a 5 volte e il flusso nei capillari per questo motivo tende a diventare
estremamente ostacolato.
TERAPIA
La terapia della PV mira a mantenere accettabili i livelli di Hb e Hct, ed evitare le complicazioni trombotiche
associate all'elevata massa eritrocitaria.
A inizio terapia si fanno salassi per ridurre la iperviscosità, fino a raggiungere valori compresi nel range di
normalità, e si ripetono poi periodicamente fino a indurre uno stato di deficit di ferro che previene una
riespansione accelerata della massa eritrocitaria. Una volta stabilito il deficit marziale, sono richiesti salassi
solo a intervalli di 3 mesi.
L'iperattivazione midollare causa una iperuricemia, ma essendo asintomatica non richiede terapia. Viene
somministrato allopurinolo nei casi limite per evitare un aumento troppo marcato di acido urico.
In casi più gravi quando è necessario abbassare velocemente la conta piastrinica si utilizzano chemioterapici
come idrossiurea oppure IFNa.
In passato si sono effettuate anche iniezioni di P32, o agenti alchilanti ora proibite in quanto causano un
elevato rischio di trasformazione in LMA.
Sono in corso attualmente anche trials clinici dove si prevede l'impiego di inibitori specifici per JAK2.
Se trattati in quest'ottica i pazienti con PV possono vivere a lungo e bene, aspettative di vita limitate sono
dovute più che altro a un controllo inadeguato della massa eritrocitaria.
MIELOFIBROSI IDIOPATICA
La MF è conosciuta anche come metaplasia mieloide, mielofibrosi cronica idiopatica o mielofibrosi cronica.
E' caratterizzata dalla proliferazione di un clone anormale nel midollo osseo e dal progressivo
rimpiazzamento del midollo osseo con tessuto connettivo fibroso. Emopoiesi extramidollare e splenomegalia
sono altri segni tipici. Metaplasia e spenomegalia sono anche tipici di PV, così come la V617F, ecco perché
distinguere tra queste patologie non è facile come sembra.
Oltre a V617F sono presenti anomali citogenetiche non random come 20q-, 13q- e 21+.
Nella MF si nota una sovrapproduzione di collagene III da parte di fibroblasti che non fanno parte del clone
neoplastico, e che è probabilmente dovuta al PDGF e TGF-beta.
DIAGNOSI
I pazienti si presentano solitamente con splenomegalia.
Nello striscio periferico si notano segni di emopoiesi extramidollare, come GR a forma di lacrima, eritrociti
nucleati, mielociti e promielociti, piastrine grandi e di forma bizzarra. Ci può essere lieve anemia all'inizio, e
conta leucocitaria e piastrinica possono essere elevate o normali. A causa di osteosclerosi, può essere
impossibile effettuare un agoaspirato midollare. La biopsia midollare invece indica ipercellularità con
iperplasia trilineare, con particolare aumento dei megacariociti, ma senza anomalie morfologiche
caratteristiche. Talvolta i pazienti MF sono positivi a test autoimmuni come Ab anti-nucleo, fattore
reumatoide, test di Coombs.
L'analisi citogenetica e molecolare sono fondamentali per escludere LMC.
TERAPIA
La mielofibrosi porta a una progressiva insufficienza midollare. La sopravvivenza media è di 5 anni e la
morte sopraggiunge per infezioni, emorragie, trasformazione leucemica.
L'unica terapia è il trapianto allogenico di midollo osseo. Trattamenti di supporto includono allopurinolo per il
controllo dell'uricemia, idrossiurea per il controllo del clone, in alcuni casi si può usare lenalidomide e
talidomide. Possono essere necessarie trasfusioni di sangue.
TROMBOCITEMIA ESSENZIALE
La ET è caratterizzata da una elevata produzione di piastrine senza una causa definibile. Le piastrine sono
infatti soggette ad aumento sia durante le infezioni, sia in caso di altre neoplasie, ma anche in tutta una serie
di malattie ematologiche che abbiamo visto come anemia sideropenica, emorragie, TE, MF, PV, LMC, SMD,
correzione di deficit di folati e cobalamina.
Questo è probabilmente dovuto alla grande importanza che rivestono le citochine nello sviluppo
megacariocitico.
I megacariociti sono cellule polinucleate che originano per divisione endomitotica. I progenitori
megacariocitari precoci necessitano IL-3, SCF, per la proliferazione ottimale, poi IL-6 e IL-11 per lo sviluppo
successivo. La trombopoietina soprattutto è necessaria per la normale duplicazione endomitotica e lo
sviluppo citoplasmatico, ma non è chiaro se agisca come un mitogeno o un fattore di sopravvivenza.
La clonalità della ET è stata dimostrata attraverso pattern degli isoenzimi G6PD.
DIAGNOSI
A1. Conta piastrinica > 500000 /µL
A2. Presenza di mutazione V617F
B1. Assenza di cause di trombocitosi reattiva
B2. No evidenza di deficit marziale
B3. No evidenza di PV
B4. No evidenza di CML t(9;22)
B5. No evidenza di MF
B6. No evidenza di SMD
Questi criteri sono divisi in A e B in quanto i criteri A sono più indicativi di ET rispetto ai criteri B. La diagnosi
può essere fatta quando sono presenti i criteri (A1, A2) + (B3->B6), oppure A1 + (B1->B6).
Quello che è evidente è che la diagnosi di ET è fatta per esclusione.
Solitamente il paziente viene individuato attraverso un'analisi di routine in cui si riscontra una trombocitemia,
e le piastrine possono essere anche di grandi dimensioni. A causa della perdita di potassio dalle piastrine si
nota anche iperkaliemia ma questo è un artefatto di laboratorio. PT e aPTT sono normali, ma può essere
alterata la funzionalità piastrinica. Non vi sono segni o sintomi specifici, e il paziente può presentare tanto
tendenza emorragica quanto trombotica. La splenomegalia è lieve, e non massiva come negli altri distrubi
mieloproliferativi.
L'elevata conta piastrinica può rendere impossibile l'aspirato, ma non la biopsia, così come accade nella MF.
Può essere presente un aumento delle fibre reticoliniche, ma questo non deve essere eccessivo altrimenti
bisogna propendere verso la diagnosi di MF. I depositi marziali sono presenti, mentre la loro assenza deve
farci propendere per la PV.
L'analisi citogenetica e molecolare sono importantissime e necessarie nella misura in cui bisogna escludere
con certezza tutte le altre cause di trombocitosi secondaria ad altre patologie.
TERAPIA
I pazienti solitamente non richiedono terapia, ecco perché occorre diagnosticare bene questa patologia,
perché tutti gli altri casi di diagnosi differenziale devono essere sottoposti a trattamento.
Per diminuire la conta piastrinica si può usare idrossiurea e IFNa come nella MF.
SINDROMI IMMUPROLIFERATIVE
Le sindromi immunoproliferative sono disordini del sistema immune caratterizzati dalla proliferazione
anomala di cellule B, T e NK, o dall'eccessiva produzione di immunoglobuline. La differenza tra queste
sindromi e i linfomi è il coinvolgimento midollare: le sindromi immunoproliferative sono caratterizzate
dall'espansione nel midollo e nel sangue periferico, a differenza dei linfomi, che leucemizzano solo
raramente. Le sindromi immuproliferative coinvolgono nella stragrande maggioranza dei casi anche organo
sede di espansione linfocitaria: in primo luogo linfonodi, poi milza, midollo, timo, e anche stomaco (linfomi
gastrici legati a H. pilori).
I disordini immunoproliferativi sono divisi in 3 classi: disordini linfoproliferativi, ipergammaglobulinemia e
paraproteinemia, le patologie che prenderemo in considerazione sono:
Gammapatia monoclonale di incerto significato MGUS (em-gas)
Leucemia linfatica cronica LLC
Malattia di Waldenstroem MW
Mieloma multiplo MM
IMMUNOELETTROFORESI E IMMUNOFISSAZIONE
L'analisi delle Ig, dimostra che il clone mostra mutazioni nelle catene leggere, per cui ha subito
ipermutazione somatica: si tratta di una cellula B che ha incontrato un Ag ma che non è poi andata in
apoptosi.
Per dimostrare la clonalità della Ig, e la sua restrizione kappa o lambda si effettua una immunoelettroforesi o
immunofissazione. Le 2 tecniche sono diverse, nonostante il prof parli di immunofissazione chiamandola
immunoelettroforesi.
Nella immunoelettroforesi, le proteine di sangue o urine vengono fatte correre su un gel come in una
normale elettroforesi delle proteine, tra queste saranno presenti anche le Ig. Sul bordo del gel vengono poi
introdotti antisieri specifici anti-IgA, anti-IgG, anti-IgM, ma anche anti-catene-kappa e anti-catene-lambda, e
si lascia incubare una notte.
Le proteine sul gel diffonderanno radialmente, mentre il nostro antisiero (trovandosi sul bordo) diffonde
lateralmente. Quando una anti-Ig incontra la sua Ig corrispondente, si legano e viene formato un complesso
che precipita. Per il modo in cui diffondono le proteine si generano degli archi di precipitato, che sono
visualizzabili tramite colorazione di Blue Comassie.
Le Ig sono policlonali sono tutte relativamente diverse tra loro e formano un arco sfuocato, ma se è presente
una Ig monoclonale questa è formata da molecole tutte uguali oltre a quelle già presenti per cui all'IEF
tendono a formare archi aggiuntivi e appaiono come un arco aggiuntivo molto marcato.
Dal confronto degli archi formati si può risalire alla Ig prodotta e alla restrizione k/l in quanto i 2 archi
coincidono: se per esempio il paziente ha un clone neoplastico che produce tutte IgG di tipo kappa, noterai
che l'antisiero anti-kappa forma un arco perfettamente sovrapponibile a quello anomalo che si nota con
l'antisiero anti-IgG.
Nella immunofissazione si tratta della fissazione in situ, mediante antisiero monospecifico, di una singola
proteina contenuta nel tracciato elettroforetico. Dopo elettroforesi è possibile precipitare una singola
individualità proteica mediante completa immersione della membrana in antisiero diluito; la reazione con il
rispettivo antigene darà luogo alla formazione di uno stabile immunoprecipitato. La membrana,
successivamente lavata in soluzione salina per rimuovere le proteine non precipitate, viene trattata con
opportuna soluzione cromogena al fine di evidenziare, mediante colorazione diretta, l'immunocomplesso
fissato nelle maglie della membrana stessa (metodo secondo Aguzzi e Rezzani). La concentrazione della
Componente Monoclonale, nel campione, deve soddisfare le condizioni di equilibrio necessarie per la
formazione di uno stabile immunocomplesso dopo il trattamento con l'antisiero, e può essere pertanto
quantizzata.
Una variante della immunofissazione prevede che gli Ab siano già presenti sul gel, legati al vetrino, questo
permette di analizzare anche più specie proteiche o Ig contemporaneamente.
DIAGNOSI
Una conta di 4000/µL linfociti in una persona anziana dovrebbe essere fortemente suggestiva di LLC. Allo
striscio periferico i linfociti appaiono tutti monomorfi, mentre in condizioni normali sono mononucleati con
citoplasma di dimensioni variabili e possono contenere granuli, se si trattano di linfociti T helper. L'85% dei
linfociti circolanti è di tipo T.
Anemia e piastrinopenia possono suggerire un coinvolgimento midollare.
La citofluorimetria aiuta molto nella diagnosi in quanto queste leucemie sono spesso positive per CD5 e
CD23. La dimostrazione di clonalità della linfocitosi è di fondamentale importanza nella LLC e può essere
identificata attraverso l'analisi della restrizione kappa o lambda di eventuali anticorpi prodotti.
La citogenetica è di fondamentale importanza nella LLC sia per la dimostrazione della clonalità, sia per la
prognosi, sia per la scelta terapeutica.
Purtroppo la LLC è molto avara di metafasi, per cui le indagini riguardano soprattutto un pannello di sonde
per la FISH. Queste comprendono l'analisi di delezioni di p53 (5-10%) e ATM (5-10%) che hanno una
prognosi molto sfavorevole, trisomia del cromosoma 12 (10-20%) a prognosi intermedia, delezione del
braccio lungo del cromosoma 13 (50%) che hanno la prognosi migliore, perfino di decadi.
MALATTIA DI WALDENSTROEM – MW
La MW evolve solitamente da una gammopatia IgM. E' difficilissima da controllare e curare, resta tutt'oggi
non eradicabile. La MW è una patologia dovuta all'espansione di un clone B che produce una IgM.
I sintomi maggiori sono dovuti in gran parte alla sovraproduzione di IgM, che essendo idrofilica assorbe
molta acqua e aumenta la viscosità: la sindrome da iperviscosità è presente nel 5-20% dei casi.
Il coinvolgimento midollare causa anemia normocitica normocromica nell'80% dei casi, e possono essere
osservati anche leucopenia e trombocitopenia.
Il quadro proteico mostra un picco nella zona beta-gamma (le IgM sono più pesanti delle IgG) ma non può
essere identificato. La Ig deve essere caratterizzata tramite immunoelettroforesi e immunofissazione come
IgM, e solitamente kappa-ristretta.
Anche la viscosità plasmatica dovrebbe essere misurata.
Le cellule responsabili della produzione di IgM possono essere identificate nel sangue periferico e nel
midollo.
MIELOMA MULTIPLO – MM
Il mieloma multiplo è una leucemia delle plasmacellule. La cellula metastatizza spesso diffondendosi
nell'osso vicino, formando dei grossi cluster che attivano gli osteoclasti e causano osteolisi. Il clone maligno
produce anche Ig, o talvolta solo una catena leggera (mielomi micromolecolari) o più raramente una catena
pesante. Queste Ig causano problemi renali in quando formano precipitati nell'organo.
Il paziente può presentarsi con dolore osseo in quanto il mieloma invade l'osso. La localizzazione più
pericolosa sono le vertebre in quanto l'osteolisi può provocarne la frattura e di conseguenza paralisi.
L'attivazione degli osteoclasti è causata dalla produzione di IL-1 da parte del clone. L'osteolisi può essere
evidenziata tramite RX, e causa, inoltre, un aumento della calcemia.
L'aumentata produzione di Ig causa la soppressione della normale produzione di Ig, quindi abbiamo una
gammopatia monoclonale con ipogammaglobulinemia. Questa situazione in associazione con una invasione
midollare più o meno spinta causa suscettibilità alle infezioni. Le plasmacellule nel midollo sono solitamente
< 2%, ma nel MM possono arrivare a invadere l'intero midollo e pancitopenia a livello periferico, sono
caratterizzate da un citoplasma ampio e vacuolato.
L'anemia può essere presente ed essere normocitica normocromica.
L'insufficienza renale può svilupparsi in maniera acuta o cronica ed è comunemente dovuta all'ipercalcemia,
ma può essere anche dovuta alla produzione di catene leggere, anche chiamate proteine di Bence-Jones,
che possono essere ritrovate nelle urine (protenuria di Bence-Jones).
L'ipercalcemia può causare anche problemi neurologici come confusione e affaticamento, alterando la
conduzione nervosa. L'iperviscosità dovuta all'accumulo di Ig nel plasma può causare retinopatia.
Il MM può evolvere da una MGUS.
PATOGENESI
Il MM è una malattia che la biologia molecolare riesce a spiegare molto poco, mentre invece studi di
citogenetica stanno aiutando a comprenderla, e forniscono un fondamentale contributo a diagnosi e
prognosi.
Dalle analisi citogenetiche convenzionali e' emerso che nel 30-59% dei pazienti mielomatosi e possibile
rilevare anomalie cariotipiche. L'estensione e la frequenza di queste e' correlabile con lo stadio della
malattia, al prognosi e la risposta primaria alla terapia.
Caratteristiche anomalie numeriche sono la monosomia 13 e le trisomie dei cromosomi 3, 5, 7, 9, 11, 15 e
19.
Anomalie strutturali non casuali più frequentemente coinvolgono il cromosona 1, con nessuna apparente
specificità di locus: il 14q32(IgH) nel 20-40%; il locus 11q13(bcl-1) in circa il 20% dei casi.
Si registra la delezione interstiziale 13q14 nel 15% dei casi ed il coinvolgimento del locus 8q24 in circa il
10%.
La lesione genetica principale in molti tumori dei linfociti B coinvolge l'attivazione di un oncogene, come
conseguenza di una traslocazione a carico del locus IgH (14q32.2), o meno frequentemente traslocazioni
variabili su uno dei loci IgL variabili (2p12, kappa o 22q11, lambda).
Nel 40% dei mielomi è ritrovata una traslocazione del gene IgH localizzato su 14q32, lo spostamento del
fortissimo promotore della catena pesante delle Ig, causa un'elevatissima espressione della proteina a valle.
Nel 30% di queste il partner è la ciclina D1 11q13, nel 5% è c-Myc (8q24).
Altri casi frequenti sono la t(4;14) che coinvolge il recettore tipo III del fattore di crescita dei fibroblasti
(FGFR3) e la traslocazione t(14;18) che coinvolge Bcl-2, che conferisce protezione e resistenza all'apoptosi
dagli effetti del desametasone (utilizzato nella terapia del MM), deprivazione di citochine trofiche (IL-6) e
farmaci citotossici.
Mutazioni del gene di Ras avvengono in circa il 39% dei pazienti con mieloma multiplo appena diagnosticato
e la loro frequenza aumenta con la progressione della malattia. N-Ras e K-Ras raramente sono mutati in
plasmocitomi solitari, ma la loro frequenza puo' raggiungere il 30% nella forma multipla e circa il 70% nella
forma disseminata. Mutazioni attivanti di Ras possono portare all'indipendenza cellulare dai fattori di crescita
e alla soppressione della morte cellulare programmata o apoptosi dei linfociti B mielomatosi.
Le mutazioni a carico dell'oncogene retinoblastoma (Rb) sono molto frequenti nel MM (fino al 70% dei
pazienti).
Infine, la mutazione dell'oncosoppressore p53 è un evento non comune nel MM (nel 5% dei mielomi inattivi)
e se avviene, si presenta solo nello stadio molto avanzato della malattia.
TERAPIA
Il MM deve essere considerato una malattia incurabile, ma si puo' fronteggiare con diversi mezzi. La
chemioterapia associata alla radioterapia palliativa puo' tamponare molta della fenomenologia decalcificante
e dolorosa del paziente.
L'attuale regime terapeutico prevedel'uso della talidomide e lenalidomide in combinazione con
desametasone e bortezomib. I primi 2 composti bloccano la produzione del tumor necrosis factor alfa (TNF)
da parte delle plasmacellule tumorali, che lo usano come fattore di crescita e mediatore di molta della
sintomatologia (febbre, osteopenia, ecc.).
Il trapianto autologo di cellule emopoietiche è il tipo più comune di trapianto effettuato nel MM ma non è
curativo, sebbene prolunghi la sopravvivenza complessiva. Il trapianto allogenico ha potenziale terapeutico
ma è disponibile solo per una bassa percentuale di pazienti.
Una ricaduta è praticamente nella storia fisiologica del mieloma, anzi anche dopo il trapianto è possibile
notare comunque una persistente gammopatia che è tanto più grave quante più cellule tumorali hanno
resistito.
PREPARAZIONE AL TRAPIANTO
Al ricevente vengono somministrate alte dosi di chemioterapia con o senza pan-irradiazione. Lo scopo di
questa fase è quello di eradicare tutte le cellule neoplastiche residue e compromettere il sistema immunitario
in modo da evitare il rigetto dell'allotrapianto a opera di cellule immunologicamente reattive, e creare spazio
nel midollo affinché nuove cellule attecchiscano.
Questa fase è chiamata condizionamento (preoperatorio), e i farmaci usati sono mielotossici e causano
grave tossicità anche ad altri organi. Nei trapianti allogenici si utilizza una combinazione di ciclofosfamide e
busulfan (molto mielotossico) o una total-body irradiation.
Questo tipo di regime di condizionamento è effettuato nei casi di trapianto mieloablativo, oggi si può
scegliere anche un tipo di trapianto non-mieloablativo o “mini” trapianto allogenico, in cui sono utilizzate dosi
più basse di chemioterapici in modo da ridurre significativamente i rischi connessi alla mieloablazione, a
patto però di indurre uno stato di immunosoppressione nei primi stadi del trapianto.
L'esito di un trapianto non-mieloablativo è uno stato di chimerismo, in cui il midollo osseo del ricevente
risulterà formato da un mix di cellule proprie e del donatore. La riduzione delle dosi di immunosoppressori i n
seguito al trapianto permette di indurre una graft-versus-host disease, che in questo caso è desiderata: il
midollo innestato (graft) si ricostituisce e riconosce come non self gli organi del ricevente (host - ospite). Il
nuovo sistema immune attacca di preferenza i tessuti ad alta replicazione come cute e intestino, per cui
anche le cellule ematopoietiche dell'ospite e quelle leucemiche aiutando a eradicare completamente la
malattia in un processo chiamato Graft versus Leukemia. Anche il fegato soffre per la GvHD in quanto
raccoglie tutti gli antigeni assorbiti con la dieta provenienti dalla vena porta.
Il midollo del donatore può subire dei trattamenti prima dell'innesto; ad esempio può essere depleto dai
linfociti T, in maniera da ridurre il rischio di GvHD, ma in questi casi l'attecchimento non è efficace: il paziente
sviluppa un chimerismo come nel trapianto non-mieloablativo e inoltre si perde la GvL.
Nel caso di malattie ematologiche non neoplastiche è possibile, ovviamente, impiegare un regime di
condizionamento poco intenso a patto di infondere un numero maggiore di cellule del donatore. Bisogna
infatti considerare che il midollo donato è intrisecamente avvantaggiato rispetto a quello del ricevente, che
ha un difetto.
Nel caso la donazione di cellule staminali avvenga da sangue periferico, anche il donatore riceve un
trattamento chiamato mobilizzazione, volto ad aumentare il numero di cellule staminali recuperabili dal
sangue.
La raccolta può avvenire anche da sangue periferico, somministrando al donatore un citostatico come
ciclofosfamide per 5 giorni e poi G-CSF che aumenta il numero di cellule staminali. Con questa
combinazione le prime cellule a dividersi saranno quelle staminali che verranno anche ritrovate in circolo.
PROCEDURA DI TRAPIANTO
La raccolta di midollo osseo dal donatore è chiamata espianto. Viene effettuata tramite ripetute aspirazioni
dalla cresta iliaca posteriore, fino a quando non si riesce ad ottenere un numero sufficiente di cellule; a
questo scopo può essere prelevato anche dalla cresta iliaca anteriore e dallo sterno.
Se la fonte è il sangue periferico, dopo la mobilizzazione, si aspettano altri 5 giorni e vengono contate le
cellule quotidianamente, in particolare il numero di CD34, fino a quando si raggiunge un picco, in cui si
comincia l'aferesi: mediante un filtro vengono recuperate tutte le mononucleate e si lasciano in circolo GR e
piastrine.
Nel caso di un trapianto AB0 incompatibile, è necessario rimuovere inizialmente gli eritrociti maturi dal
trapianto, per evitare che l'host reagisca contro di questi. Tuttavia dopo l'innesto questo problema non si
presenta più in quanto è il graft, con i suoi GR, a prendere il controllo del sistema immune.
La quantità di cellule CD34 necessarie al trapianto è di 1-3*10^5/µL/Kg, mentre totalmente sono raccolte 5-
8*10^8 cellule per Kg di peso corporeo.
TERAPIA DI SUPPORTO POST-TRAPIANTO
Tutti i pazienti sottoposti a TMO necessitano di intense cure dal periodo che va dall'infusione alla completa
ricostituzione ematologica. Infatti a causa dell'ablazione midollare il ricevente è carente di GR, piastrine e
leucociti, restando suscettibile soprattutto a infezioni, emorragie. Un altro grande problema è il controllo della
GvHD.
Contro la GvHD si somministra metotrexato, FK506, ciclosporina e prednisone, questi ultimi 2 azzerano
l'immunità inibendo selettivamente le cellule T, lasciando libero il midollo di attecchire.
Per la carenza di GR e piastrine si effettuano terapie di supporto con emocomponenti, in modo da tenere
l'Hb sopra 8 g/dL, e le piastrine sopra 20000 /µL.
Il tempo medio di ripristino di una conta granulocitaria superiore a 500 /µL è di 10-20 giorni, mentre il
ripristino delle piastrine avviene più lentamente.
L'attecchimento deve essere verificato e ciò può essere fatto tramite controllo del gruppo sanguigno in caso
donatore e ricevente fossero stati AB0 incompatibili, FISH in caso di trapianto maschio-femmina o viceversa,
pcr, rflp e southern negli altri casi per rintracciare polimorfismi diversi tra ricevente e donatore.
In realtà FISH, pcr, southern e rflp servono anche a ricercare le anomalie caratteristiche del tumore, per
individuare precocemente la recidiva.
TRAPIANTO AUTOLOGO
Nel trapianto autologo i progenitori possono essere prelevati da midollo o sangue periferico. Non esistono
complicanze relative alla GvHD, quindi è un tipo di trapianto sicuro, attuabile anche in persone di età
avanzata, tuttavia la perdita di questo fenomeno significa anche la perdita di GvL e quindi un maggiore
rischio di recidiva.
L'eventuale presenza di cellule leucemiche può essere depurata tramite Ab e complemento, immunotossine
o incubando il midollo con chemioterapici. Possono anche essere separate le cellule interessate CD34,
oppure si può sottoporre il trapianto a congelamento e scongelamento in quanto le cellule leucemiche sono
più suscettibili alla rottura.
Quando si verificano recidive, comunque, quello che si nota è che queste insorgono nei siti iniziali di malattia
piuttosto che in siti diffusamente disseminati come ci si aspetterebbe dall'infusione di cellule leucemiche.
TROMBOCITOPENIA
La trombocitopenia può essere causata da diminuita produzione midollare, aumentato sequestro splenico e
accelerata distruzione delle piastrine.
Bisogna stare attenti a non scambiare una pseudo trombocitopenia con una trombocitopenia vera. La prima
infatti è causata da un artefatto di laboratorio, in cui le piastrine si agglutinano ai leucociti quando il sangue è
raccolto in EDTA, che viene utilizzato nell'emocromo, e quindi può falsare i risultati.
Disturbi della cellula staminale possono impedirne la proliferazione e causare trombocitopenia. Siccome la
linea megacariocitaria è una linea che soffre poco se abbiamo trombocitopenia, solitamente questa è
accompagnata a leucopenia e anemia. Condizioni di aplasia, fibrosi e infiltrazione di cellule maligne nel
midollo sono tutte posssibili cause di trombocitopenia, e sono caratterizzate da caratteristiche tipiche
distinguibili da esame morfologico del midollo e sono già state descritte.
Alcuni farmaci possono danneggiare la proliferazione e maturazione dei megacariociti.
Siccome un terzo della massa piastrinica è sequestrato dalla milza, la splenectomia comporta un aumento
della conta di circa il 30%, la trombocitosi dopo splenectomia è una condizione fisiologica che regredisce
spontaneamente. Al contrario un ingrandimento splenico provoca una diminuzione della conta piastrinica.
Questo può essere dovuto a ipertensione portale dovuta a patologie epatiche, o infiltrazione splenica da
parte di neoplasie ematologiche. Molti pazienti affetti da leucemie, sindromi mieloproliferative sviluppano una
trombocitopenia che è il risultato sia di una diminuita produzione midollare, sia di un aumentato sequestro
splenico.
La sopravvivenza piastrinica può essere diminuita anche da anomalie vascolari, sequestro in coaguli, o
protesi. Queste condizioni costituiscono cause non-immunologiche. Esistono poi cause immunologiche in cui
infezioni virali, farmaci e porpora trombocitopenica idiopatica causano una precoce distruzione delle
piastrine, che il midollo non riesce a supplire.
TROMBOCITOPENIA DA FARMACI
Gli agenti chemioterapici sono di per sé citotossici e deprimono la produzione midollare di piastrine. Anche
l'ingestione di alcool causa un effetto simile, perché sopprime l'attività midollare. La maggior parte dei
farmaci induce piastrinopenia evocando una risposta immune. Siccome questa implica l'attivazione del
complemento, le piastrine vengono lisate in quanto fisiologicamente non posseggono CD55 e CD59 (come
spiegato nella PNH). Normalmente il recupero ematologico si ottiene in 7-10 giorni. Una conta inferiore a
10000-20000 /µL può andare incontro ad emorragie e viene perciò curata con trasfusioni di piastrine, e
glucocorticoidi per sopprimere l'attivazione del complemento.
L'eparina merita un'attenzione particolare in quanto pazienti sotto trattamento con questo farmaco possono
sviluppare trombocitopenia e occasionalmente emorragie e aggregazione piastrinica intravasale. La trombosi
indotta da eparina è anche chiamata sindrome del coagulo bianco, può essere fatale se non riconosciuta
prontamente. La maggior parte delle volte sono dovute a formazione di complessi Ab-farmaco-piastrine.
ALTERAZIONI FUNZIONALI
Le alterazioni funzionali sono facilmente diagnosticabili in vivo mediante un esame del tempo di
sanguinamento (o stillicidio), o con una prova del laccio, in cui viene creata una congestione del circolo
venoso con un bracciale dello sfigmomanometro e si nota la comparsa di porpora a valle del blocco. Se le
piastrine non sono funzionanti ci sono stravasi.
L'emostasi normale necessita di 3 reazioni piastriniche cruciali: adesione, aggregazione, degranulazione. La
compromissione di una di queste può causare problemi di coagulazione.
DIFETTI DI MEMBRANA
Le piastrine sono soggette a 2 tipi di difetti di membrana, causate da deficit genetici di alcune molecole della
loro superficie
Nella sindrome di Bernard-Soulier sono deficitarie della glicoproteina Ib-IX, che è deputata al legame con il
fattore vWF.
Nella sindrome di Glanzmann o tromboastenia, le piastrine sono deficitarie del complesso IIb-IIIa, e sono
quindi incapaci di legare il fibrinogeno.
L'unica terapia efficace è la trasfusione di piastrine normali, benché col tempo l'alloimmunizzazione possa
abbreviare la vita delle piastrine trasfuse.
E' interessante notare come i complessi colpiti dai deficit siano gli stessi contro cui possono sorgere risposte
autoimmuni.
MORFOLOGIA
In ematologia la morfologia è di fondamentale importanza. Probabilmente lo sarebbe anche nelle altre
branche della medicina, ma siccome il prelievo di sangue periferico e relativamente l'aspirato midollare sono
campioni molto semplici da ottenere, l'ematologia ha una tradizione di diagnostica morfologica molto lunga,
così come di citogenetica.
L'analisi dei campioni ematologici è soprattutto di tipo citologico, in quanto il sangue è un organo fluido,
anche se la biopsia midollare è utile soprattutto nella diagnostica delle malattie mieloproliferative.
Midollo o sangue periferico sono sempre sangue, la cui composizione cellulare è, però, profondamente
diversa, la preparazione del campione, invece, è esattamente la stessa: una goccia di campione viene posta
a una estremità del vetrino, poi un altro vetrino viene inclinato di 30° abbassato verso la goccia, e fatto
avanzare verso di essa fino a toccarla, questa si spande per coesione lungo tutto il bordo inferiore del vetrino
inclinato, si tira poi questo verso l'altra estremità in maniera da spandere la goccia su tutto il vetrino.
Nel punto di deposizione della goccia saranno presenti più cellule che nella coda.
Questo tipo di striscio viene utilizzato sia per la formula leucocitaria, che per il mielogramma. Non si può
usare per fare la conta manuale: per quello è necessaria una camera di burker.
Il tipo di colorazione effettuato è la May-Grunwald-Giemsa (MGG), e il campione di sangue deve essere
conservato in EDTA, che è migliore riguardo la conservazione delle caratteristiche cellulari.
Un altro tipo di campione sono i frustoli, che vengono dal sangue midollare. Sono degli aggregati di tessuto
connettivo midollare con cellule adipocitiche, fibroblasti e ematopoietiche. Vengono recuperati lasciando
colare il sangue midollare su un vetrino, il sangue in sé fluirà via, mentre i frustoli resteranno attaccati. Questi
poi vengono schiacciati e osservati al microscopio.
La biopsia ossea è di competenza dell’anatomo patologo, e il campione è ottenuto mediante carotaggio. Poi
si fanno delle striscette al microtomo che vengono colorate con ematossilina/eosina.
Se mettiamo il vetrino a più piccolo ingrandimento (4 o 10X) possiamo già valutare la presenza di frustoli e la
cellularità.
I frustoli sono segno dell'adeguatezza del campione perché ci dicono che abbiamo prelevato sangue
midollare. Esistono poi delle patologie che non hanno frustoli come alcune malattie acute e questo già ci dà
delle indicazioni.
La cellularità è importante per fare delle diagnosi differenziali delle malattie. Quindi già la presenza di frustoli,
vacuoli di grasso e intensità di colorazione del vetrino, ci danno numerose indicazioni.
A questo ingrandimento sono ben visibili i megacariociti che sono di dimensioni veramente enormi rispetto
alle altre cellule. Valutare lo status dei megacariociti è importante, per esempio in caso di trombocitopenia,
se sono presenti e sono normali o sono aumentati di numero, già vuol dire che il midollo non ha problemi e
che la causa di una trombocitopenia è da ricercare in periferia e che il midollo sta rispondendo con una
iperproliferazione.
Possiamo osservare poi la distribuzione e la morfologia generale delle cellule. Questo sembra un particolare
superfluo ma è, invece, importante perché un midollo è normalmente polimorfico, con cellule tutte diverse.
Le leucemie acute danno un quadro di monomorfismo e ipercellularità, la leucemia mieloide cronica dà
polimorfismo con ipercellularità.
A ingrandimento X100 si effettua il mielogramma nel midollo o citogramma nel sangue periferico.
Si contano 100 elementi in successione, che vengono man mano classificati, l'alto ingrandimento permette di
riconoscere le cellule sulla base della colorazione, dimensione, forma del nucleo, granuli citoplasmatici, ecc.
Nel midollo si contano granulociti, eritroblasti, linfociti ed alcune volte monociti (tipo LMC).
Nel sangue periferico si contano linfociti, neutrofili, monociti, basofili ed eosinofili.
In genere nella maturazione cellulare i blasti sono cellule grandi con assenti o pochi granuli, rima
citoplasmatica molto corta, il nucleo è grande, tondo e con cromatina chiara, finemente dispersa, in questo
senso sono indistinguibili dai linfociti.
Con la maturazione il nucleo si rimpicciolisce, il rapporto nucleo/citoplasma diventa a favore del citoplasma
che presenta via via più granuli.
Il promielocito ad esempio ha moltissimi granuli, un nucleo però ancora grande e tondo.
Il metamielocito è già più piccolo come cellula, con il nucleo medio e progressivamente più lobato.
I blasti immaturi dei granulociti sono indistinguibili tra loro, fino allo stadio di mielocito, in cui la colorazione
dei granuli può già indirizzarci.
I megacariociti sono solitamente <0,5%, comunque sono inguardabili a 100X a causa delle enormi
dimensioni.
NOTA: di seguito c'è una descrizione delle cellule midollari e periferiche, ma negli anni passati le nozioni di
morfologia della classificazione dei sottotipi FAB delle acute sono stati accennati, e quest'anno si è parlato
soprattutto delle anomalie morfologiche dei GR nelle anemie. Io li ho esclusi perché queste alterazioni
patologiche sono già state descritte nelle sezioni di diagnosi e classificazione delle patologie a cui si
riferiscono.
PROMIELOCITO
MIELOCITO NEUTROFILO
Il nucleo diventa più eccentrico, si sposta più nella zona laterale e inizia a
comparire una zona di maturazione della cellula (actoplasma), quindi il
rapporto N/C è già cambiato. Compare già un abbozzo di insenatura sul
nucleo che non è più rotondo come nel promielocita. 5 micron di
grandezza e quantità minori rispetto al promielocita. A questo stadio i
granuli sono presenti nelle forme più mature, e quelli neutrofili ed eosinofili
sono perossidasi positivi.
METAMIELOCITO NEUTROFILO
il metamielocita è già segmentato, o meglio il nucleo è piegato, ed è
sostanzialmente questa la caratteristica che lo distingue dal mielocito.
Essendo uno stato di maturazione più avanzato è presente in percentuale
del 15-20%.
Lo stadio più avanzato è la cellula a banda in cui il nucleo è veramente
una banda ripiegata (come nella foto successiva).
NEUTROFILO
Di solito si vedono solo una o due cellule (per campo visivo del
microscopio). Il nucleo è lobato e segmentato, non come in questa foto, ma
è proprio come un insieme di salsicciotti legati da un filo.
I granuli sono rosati, o meglio il loro colore non è carico come quello degli
eosinofili e sono in numero minore. Nel sangue periferico rappresentano il
40-75%, il 5-20% nel midollo.
EOSINOFILO
L’eosinofilo è simile al neutrofilo per il nucleo, che però solitamente ha meno
lobi, ha i granuli perfettamente arancioni, facilmente riconoscibili, in periferia
sono molto pochi (2-4%), meno del 2% nel midollo e quando aumentano
nell’uno o nell’altro c’è una patologia in atto di tipo allergico o parassitario.
BASOFILO
Hanno molti, molti granuli, al punto da non distinguere il nucleo sotto, inoltre
sono basofili (i granuli), quindi al microscopio sono facili da riconoscere. Sono
presenti in meno del 1% nel midollo e nel sangue periferico, perché girano
poco e si vanno a stabilire nei tessuti dove hanno un ruolo simile a istiociti e
mast-cell. Un loro aumento soprattutto nel midollo è sintomio di malattia
mieloproliferative croniche (compresa LMC).
LINFOCITO
I linfociti dovrebbero essere facili da riconoscere (nel sangue periferico) però si confondono un po’ con i
monociti, dipende molto da come sono fatti. Il linfocita ha un nucleo a cerchio, pieno, leggermente
eccentrico, di un viola molto intenso, dall'aspetto “liscio”. Il poco citoplasma è leggermente basofilo.
MONOCITO
In tutti gli atlanti sono facili da riconoscere, questi però a volte sono un po’ più grandi e tendono a non avere
il nucleo proprio rotondo, ma piegato a U o J, addirittura a quadrifoglio e quasi mai rotondo con un
citoplasma celestino molto chiaro, più grande e senza granuli, per questo detto ad acqua di fonte.
Nell’immagine due del lucido il nucleo è tendenzialmente più rotondo, la cromatina è un po’ più marcata e
disomogenea, questo aiuta a distinguerlo dai linfociti.
Nella terza immagine vediamo un’immagine che può dare dei problemi a chi non è esperto, questo è
abbastanza simile al mielocita visto prima. Il nucleo è più eccentrico e si vede una parte che inizia ad essere
indentata, questo all’inizio può confondere un po’ ma poi si impara a vedere il citoplasma che è
completamente diverso poiché è senza granuli, anche la cromatina è diversa.
PLASMACELLULA
Si vedono solo nel midollo. Sono molto facili da riconoscere perché hanno
un nucleo molto tondo, viola intenso, eccentrico, il citoplasma è
sensibilmente più grande di quello di un linfocita normale e tende ad
essere violetto intenso e se patologico è molto molto viola, o può
contenere vacuoli (mieloma).