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Sintesi libera dell'articolo di Arturo Rosenblueth, Norbert Wiener and Julian Bigelow.
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Rivolgendo l'attenzione allo sviluppo esterno del (s)oggetto stiamo comunque decidendo di
tralasciarne l'analisi intrinseca e strutturale che astrae completamente dall'ambiente e che
prende il nome di approccio funzionalista ( functional ). La varietà degli approcci in realtà è
grande quanto la capacità di mostrare attenzioni e quanto la capacità di disperdersi lungo il
cammino. Ma questo è un altro discorso.
L'energia implicata negli output e negli input ci porta a considerare una banda di attività e
passività nel comportamento di un (s)oggetto implicato in una qualche reazione ( quindi non
semplicemente in un'azione! ). È chiaro che si ha passività quando il (s)oggetto non è
sorgente di alcun tipo di energia e che in caso contrario parliamo di iniziativa, di propositi
(purpose). Gli autori del saggio introducono in questo caso anche il concetto di voluntary
activity non cadendo nell'errore che considera tutte le iniziative come figlie di un qualche
scopo. Anzi la precisazione è d'obbligo, l' inniziativa ha uno stato di base casuale, random,
fuori da qualsiasi fine e che modifica l'iniziativa nel corso del comportamento. Per questo
bisogna considerare un comportamento con presenza di iniziativa anche quello di alcune
macchine.
Compiere un' azione volontaria significa invece riproporsi un'iniziativa, uno scopo, un'azione.
Quando portiamo un bicchiere d'acqua alla bocca l'atto di volontà sta nel proposito e non nel
movimento del braccio e nella contrazione dei muscoli. Vi è uno scarto, dovuto penso alla
capacità di metabolizzazione, tra l'atto che immaginiamo di fare ( in questo caso il bere ) e
l'azione immediata che ne consegue e che avviene al di sotto del livello di coscienza. Vi è
uno scarto tra l'azione ideale ( nel senso che siamo già immedesimati nell' obiettivo ) e
l'azione reale del movimento compiuto.
Consideriamo ora una caccia al topo: quando il gatto, in un dato momento, scatta
all'attacco, non si indirizza nel luogo che il topo occupava in quel dato istante ma muove con
comportamento preveggente (predictive) elaborando una posizione futura. I
comportamenti preveggenti vengono catalogati con diverso ordine in base alle variabili e
alle coordinate prese in considerazione dal (s)oggetto. La caccia al topo è un
comportamento predittivo di prim'ordine, il gatto prevede la strada del topo; il lancio di una
pietra verso un segnale mobile è invece di second'ordine essendo due le variabili da
prendere in considerazione, il segnale e la traiettoria della pietra. Mettere una benda negli
occhi o tirare con arco e freccia rivela comportamenti di ordine ancora superiore. La qualità
e il numero dei recettori sensoriali di un organismo sono un fattore determinante per
sviluppare comportamenti preveggenti di ordine sempre maggiore. Il sistema sensoriale e
nervoso dell'uomo permette il più alto livello di preveggenza conosciuto
Lo studio del comportamento mostra lo sviluppo di un'unità di intenti tra interessi diversi: i
designer di macchine, ad esempio, tendono a sviluppare (s)oggetti prendendo spunto o
duplicando le performances degli organismi viventi. Il superamento della concezione
teleologica classica, che lega l'attività ad una causa finale esterna al (s)oggetto, rende
possibile il nuovo approccio: teleologia è ora sinonimo di attività controllata dal feed-back. È
chiaro che l'aspetto funzionale, materiale e strutturale, mostra profonde differenze. Oltre la
materialità del sostrato fisico, sempre più assottigliato dallo sviluppo delle nanotecnologie, il
confronto mostra una macchina più veloce, più precisa e stupida, e un essere vivente più
lento, più impreciso e intelligente.