ARISTOTELE
PRIME LINEE DI UNA STORIA
DELLA SUA EVOLUZIONE SPIRITUALE
LA NUOVA ITALIA EDITRICE
FIRENZE
PROPRIET LETTERARIA RISERVATA
l1edizione : luglio 1935
3= ristampa: novembre 1964
Titolo originale dell' opera
Aristoteles. Grundlegung eirter Geschichte seiner Enlwicklung
Berlin, Weidmann, 1923
Versione autorizzata di Guido
Calogero
con aggiunte c appendice dell'Autore
STAMPATO IN ITALIA
PRINTED IN ITALY
H TAP NOY ENEPrEIA ZQH
Aust. ATelaph.
PREFAZIONE DELL'AUTORE
ALL'EDIZIONE ORIGINALE
Il carattere di questo libro, che ad un tempo
ri
cerca e quadro d' insieme, esige un breve cenno di accom
pagnamento.
Esso non intende di
offrire
un esposizione
sistematica,
bens un' analisi, che procede dagli scritti di Aristotele e
in essi persegue le tracce obliterate della sua
formazione
interiore. Lacornice biografica ha ilsolo scopo di rendere
perspicuo lo scindersi del complesso,
finora
indistinto,
degli scritti in tre diverse
fasi
di sviluppo. Data la po
vert del materiale, il quadro che in tal maniera si ot
tiene resta certo
frammentario.
Fa per risaltare, nei
suoi contorni, una visione d' insieme intrinsecamente pi
chiara della figura spirituale di Aristotele e dei motivi
dominanti del suo pensiero, che torna a vantaggio della
ricerca storica dei problemi e dei principi
filosofici.
L'autore non ha tuttavia avuto Fintento di
fornire
un
contributo alla costruzione sistematica della filosofia,
bens d' illuminare ilperiodo di storia dello spirito greco,
che porta ilnome di Aristotele.
Irisultati di queste ricerche sono stati da me esposti
ripetutamente, in corsi alle universit di Kiel e di Ber
lino,
fin
dal J916: e da allora data, nella sostanza, anche
la
forma
delF esposizione, eccettuato il capitolo conciti'
sivo. Della letteratura critica apparsa inseguito, che del
resto non
offre
molto quanto ad Aristotele, ho tenuto
confo soltanto per le novit che ne ho appreso o per le
X PREFAZIONI
tesi da cui debbo dissentire. Esi cercheranno invano an
che risultati di ricerche pi antiche, quando esse concer
nevano solo
infruttuosi
cambiamenti di opinioni o di
forme
espositive di Aristotele: cose che non hanno niente
che vedere con la sua evoluzione. Anche meno, poi, s
poneva P esigenza di un' analisi di tutti gli scritti di Ari
stotele, che
fosse
scopo a se stessa, e di una riceraa micro
scopica di tutte le loro stratificazioni, quando si trattava
soltanto di chiarire, con esempi perspicui, il
fenomeno
spirituale della sua evoluzione, nel suo
effettivo
signi
ficato.
Esprimo
infine
il pi profondo senso di gratitudine
alla Casa Editrice, che con coraggiosa
fiducia
ha assunto
inpieno, nonostante lo
sfavore
dei tempi, ilrischio della
pubblicazione di questo libro.
Berlino, Pasqua del 1923. W. J.
PREFAZIONE DELL'AUTORE
A
QUESTA
TRADUZIONE
Che del mio Aristotele appaia un'edizione italiana
*
non molto
tempo dopo quella inglese pubblicata dalla Cla
rendon Press, per me causa di viva
soddisfazione,
in
quanto io mi sento,
fin
dalla giovinezza, legato da stretti
vincoli alla scienza italiana, e specialmente in quanto
saluto con sincera ammirazione e simpatia il rifiorire,
che in essa si
manifesta, degli studi sulla
filosofia
antica.
Sono
grato anzitutto alla Casa editrice, che ha il merito
di aver reso possibile, con la sua iniziativa, questa
ver
sione, e non meno al traduttore, che ha sottratto ai suoi
lavori personali di storia della
filosofia
greca il tempo e
lo
sforzo
dedicati a questa fatica, al
fine
di rendere il
mio libro accessibile a unapi vasta cerchia di suoi con
nazionali.
Ho approfittato volentieri di questa occasione per cor
reggere sviste e inserire aggiunte, atte a
fornire
ulteriori
conferme
particolari alle tesi da me sostenute. Cos,p. es.,
PREFAZIONI
mi stato possibile aggiungere alcune testimonianze anti
che, in genere trascurate nonostante la loro importanza,
deli' idea di uno sviluppo delle intuizioni
filosofiche
di
Aristotele. Non
potevo
invece naturalmente propormi, per
una traduzione, il compito di discutere tutta la vasta let
teratura critica che la pubblicazione del mio libro ha
fatto
venire in luce. Per una simile discussione ci vorrebbe un
libro, clw io non ho iltempo di scrivere, avendo da dieci
anni orientato le mie indagini verso altri campi di studio.
Ad Aristotele
fio
torner bens, ma solo investe di editore,
quando l'edizione delle versioni latine medievali d'Aristo
tele, che stata intrapresa dall' Unione internazionale
delie Accademie e che sar pubblicata in Italia, avrpro
ceduto tanto innanzi da
far
s che l'Accademia di Berlino
possa adempiere a quello che per essa uno storico impe
gno d'onore :possa cio sostituire quella sua vecchia edizione
delle opere dello Stagirita, che un secolo
fafece
epoca, con
un'edizione nuova e
conforme
al livello critico dei nostri
tempi, qual' divenuta possibile specialmente dacch
compiuta la pubblicazione dei ventolto volumi in cui essa
medesima ha edito icommentatori greci di Aristotele. Ma
so lene :vita brevis, ars longa.
W. J.
Berlino, 1" marzo 1934.
IL PROBLEMA
Aristotele c ilprimo pensatore che abbia, nello stesso
tempo, fondato la
gua
filosofia e l'inquadramento storico
della propria personalit speculativa, e con ci inaugu
rato una nuova, interiormente complessa e pi responsa
bile, forma di consapevolezza filosofica. Il creatore deb
l'idea dello sviluppo storico dello spirito concepisce an-
che~la~p"ropria opera come il risultato di una evoluzione
dipendente solo dalla legge intrinseca alla cosa, e anzi
fa apparire dappertutto, nella sua esposizione, ipropri
pensieri come il frutto immediato della critica dei suoi
predecessori, inparticolare di Platone e della 6ua scuola.
stato quindi un concetto filosofico e aristotelico quello
a cui si obbedito quando lo si seguito in tale intento,
e si cercato di comprenderlo storicamente in funzione
di quegli stessi presupposti, su cui egli costru ilsuo edi
ficio scientifico.
Ilfilologo, il quale abituato a valersi del giudizio
che una personalit storica porta su se stessa come d
fonte non del tutto obiettiva, e a non trarre da esso
il suo criterio di misura, non pu meravigliarsi del fatto
che tutti questi tentativi non abbiano condotto a una
viva penetrazione del carattere filosofico di Aristotele,
tanto pi in quanto si cominci col giudicarlo in fun-
zione dal suo modo d'intendere i predecessori: come
1.
W. Jaeger,
Aristotele.
o IL PHOIU.EMA
se mai un filosofo potesse, in questo
senso, comprendere
isuoi predecessori. Tuttavia ci pu essere un solo cri
terio positivo per valutare Findividua creazione di Ari-
stotele: e questo
non nel modo
in.
cui egli critica_Plfo_
ton, bens nel"modo in cui egli stesso piaionizza (per-
che ci significa, per lui, filosofare).
A spiegare perch
egli abbia fatto procedere la scienza in quella determi
nata
direzione, non basta.
la",
storia precedente
della
scienza,""ima~occorre anzitutto la sua propria evoluzione
filosofica; per lo stesso motivo
onde_aneb)_egli_non_ de
duce soltanto dai predecessori
la posizione
di Platone
nella storia del pensiero greco,
ma .
Ia_spiega come pro-
dotto dell'Incontro della sua originalit creatrice con
qugTTnjfiussi
storici. Se vero che nella considerazione
del divenire spirituale l'elemento creativo ed originale
non deve avere, nelle grandi
individualit, troppo
breve
parte,
vero di conseguenza che la complessiva
evolu
zione storica ha bisogno di essere integrata
con l'evolu
zione organica della singola personalit.
Lo stesso Ari
stotele
segnala lo stretto nesso di evoluzione e forma:
forma impressa, che vvendo si sviluppa , il con
cetto fondamentale della sua filosofia. Scopo ultimo
per lui quello di conoscere la forma e
]a entelechia at
traverso gli stadi del suo accrescimento. Solamente cos
l'elemento normativo di una struttura spirituale viene
in immediata
evidenza, come ancora Aristotele gi dice,
al principio
del suo corso di lezioni sulle forme primitive
della vita
statale; Allo stesso modo die in ogni altro
campo, anche qui la retta considerazione 8..o.t.Uene.
'sol
tanto quando si scorgano le cose nel loro svolgersi dalle
prime origini.
uno dei quasi inconcepibili paradossi,
di cui pur
ricca la storia della conoscenza
umana, il fatto che sino
ad oggi (quando si prescinda da qualche singola
mani
festazione, non priva
di merito ma affatto parziale e
IL I-IOBLEMa 3
perci rimasta inefficace) non si sia mai applicato ilprin
cipio dello
sviluppo organico allo stesso autore di tale
principio. Si pu senza esagerazione dire che in un'et,
in cui stata messa insieme un'intera letteratura circa
il_ processo evolutivo di Platone,
dell'evoluzione di Ari
stotele non parla che qualcuno, e
comunque quasi nes
suno sa nulla.
Questa tenace trascuratezza per uno dei
problemi pi vitali della storia dello spirito antico ha
conclusivamente esercitato tanta suggestione, che nella
non applicazione della considerazione storica ad Aristo
tele si persino veduta una specie di simbolo della sua
ideale differenza rispetto a Platone. E mentre la storia
dell' evoluzione platonica
minaccia di rendere a poco a
poco gli
osservatori insensibili per l'impeto costruttivo,
che costituisce una delle forze fondamentali del pensiero
di Platone e lo distingue da tutti ifilosofi precedenti, ci
si all' incontro abituati a considerare la questione della
cronologia e
dello sviluppo della dottrina
aristotelica e
delle sue fonti quasi come un segno d' inintelligenza filo
sofica. La monade infatti, che al di
fuori del tempo reca
in s il germe di ogni particolarit, sarebbe,
appunto,
il sistema.
La ragione
fondamentale,
per la quale finora man
cato il tentativo di una storia dell' evoluzione aristote- _
..........
lica, e stata, in una parola, la concezione scolastica della
Ya filosofia come rigido
schematismo concettuale, il cui
apparato dialettico dominavano
abilmente icommenta
tori, senza
tuttavia aver sempre un'
idea e un' esperienza
personale
delle forze motrici della ricerca aristotelica,
del singolare
concorso di
penetrante, astratta apodittica
e d' intuitivo, organico senso della forma. Lo spirituali
smo di Aristotele saturo di intuizione e realt: ilsuo
faticoso rigore
dimostrativo solo il vincolo salutare,
che la
sanguigna vitalit del quarto secolo h3 imposto
a se stessa per ascesi
pedagogica. II
principio dell' incora-
4 IL PROBLEMA
prensione era gi implicito nella separazione delle parti
in stretto senso filosofiche della dottrina
aristotelica, e
cio della logica e della metafisica, dall'indagine empi
rica della realt quale si venne compiendo nel Peripato
fin dalla terza generazione.
E per quanto grande sia stato
pi tardi il merito della scuola dei commentatori inau
gurata da Andronico (1sec. a. C'.), alla quale anzitutto
dobbiamo la salvezza degli scritti dottrinali, e per quanto
superiore, per rigore di concezione filosofica, fosse illoro
tradizionalismo fedele alla lettera a paragone dei miseri
seguaci di Teofrasto e di Stratone, neppure questo moto
di ritorno ad Aristotele arrec una rinascita dello spirito
originario. Mancava ad esso la feconda base di una scienza
della natura e dello spirito in costante progresso,
e con
ci quella fruttuosa azione reciproca di esperienza ed
elaborazione
concettuale, dalla quale le idee speculative
di Aristotele avevano attinto la loro malleabile e pieghe
vole forza. D' allora in poi, nella comprensione di Ari
stotele, non vi pi soluzione di continuit: alla tradi
zione dei commentatori si connette l'aristotelismo
orien
tale, e ad esso quello occidentale, senza lacune. Ilpecu
liare carattere di entrambi, la cui efficacia educativa bu!
loro tempo non pu del resto esser mai valutata abba
stanza, inquella stessa scolastica puramente
concettuale,
che gi al mondo antico aveva sbarrato il passo per una
viva comprensione di Aristotele. Non si era in condizione
di comprendere la sua filosofia come il prodotto del suo
singolare genio e dello stato dei problemi, storicamente
dati, del suo tempo, e ci si atteneva perci solo alla
forma impressa , senza sospettare come la sua vita si
fosse svolta.
Frattanto, e solo per colpa del tradiziona
lismo, era intervenuta la perdita di una delle fonti prin
cipali per la conoscenza dell' evoluzione d Aristotele,
cio dei dialoghi e delle lettere; e con ci err anche
l
ostruito 1' accesso al mondo della sua umana personalit.
IL PROBLEMA 5
Cos accadde che il ridesto amore per 1' antichit, provo
cato dall' Umanesimo, non port quanto ad Aristotele ad
alcun cambiamento, tanto pi in quanto egli appariva
come il principe di quella scolastica medievale, che da
un lato Lutero e dall' altro gli umanisti disprezzavano
con pari energia. Fra tutte le grandi figure della filosofia
e letteratura classica, ilsolo Aristotele non ha goduto di
alcuna rinascita. Ognuno, certo, sapeva che egli era una
grande forza, una delle basi del mondo moderno: ma
egli rimaneva un elemento di tradizione, e proprio per
il fatto che si aveva ancora troppo bisogno della sua
scienza, pur dopo 1' et dell' Umanesimo e della Riforma.
Tanto Melantone quanto iGesuiti hanno costruito la
loro teologia sulla sua metafisica; Machiavelli ha estratto
le sue tegole dalla politica, icritici e ipoeti francesi
dalla poetica. Alla logica hanno attinto tutti ifilosofi,
anche molto dopo Kant; all'etica, moralisti e giuristi.
Quanto
ai filologi, non era tanto un troppo forte in
teresse per ilcontenuto a impedir loro di penetrare sino
all' interna forma del suo pensiero, quanto ilgretto e for
malistico concetto dell'antica prosa d'arte, quale gli uma
nisti avevano nuovamente messo in onore. Essi hanno,
certo, studiato acutamente gli scritti superstiti di Aristo
tele, e cercato di stabilirne il testo; ma il nuovo senso
stilistico era esteticamente urtato dallo stato di incompiu
tezza in cui essi sono tramandati. Si applicava ad essi un
criterio di stile letterario, contro le cui norme essi urta
vano continuamente e che era loro del tutto estraneo.
Si confrontava ingenuamente lo stile degli scritti dot
trinali coi dialoghi di Platone, e ci si entusiasmava della
meravigliosa arte di questi, mentre si tentava di trasfor
mare violentemente le trattazioni aristoteliche in ma
nuali leggibili mediante ogni sorta di interventi razio
nalistici, atetesi di parti incomode e trasposizioni di libri
interi o di singole frasi.
Questa
specie di crtica nacque
6 IL PROBLEMA
dal misconoscimento di quella forma provvisoria, che
cos significativa per lo spirito della filosofia aristotelica
e dalla quale deve muovere ogni suo intendimento slo-
rico. Anche inPlatone, certo, l' importanza del problema
della forma per la conoscenza del suo peculiare spirito
stata a lungo, ed sempre di nuovo, misconosciuta;
particolarmente la filosofia degli specialisti e la filologia
dei letterati sono sempre inclini a considerare la forma
come qualcosa di letterario, che non ha alcun significato
per il contenuto del pensiero platonico, per quanto la
connessione di quel pensiero con quella forma sia un
fenomeno unico nella storia della filosofa. Tuttavia la
maggior parte dei critici sa ormai he lo sviluppo for
male una delle principali chiavi dell'intendimento
filosofico di Platone; mentre, nel caso d Aristotele, si
vorrebbe aderire tanto pi esclusivamente al contenuto,
in quanto,
si dice, esso non ha affatto forma. Ma se
togliamo di mezzo la gretta idea della forma letteraria,
propria della retorica ellenistica (alla quale per poco
non dobbiamo ascrivere la perdita delle opere dottrinali
di Aristotele, come dobbiamo attribuirle quella della let
teratura stoica ed epicurea) ecco che il problema del
l'evoluzione storica si pone da se. Impossibile infatti
spiegare Io stato caratteristico dell' opera lasciata da Ari
stotele, senza ammettere che essa rechi in s le tracce di
diverse fasi del suo sviluppo. L' analisi degli scritti dot
trinali porta da s a tali concezioni, e iresti dei perduti
scritti letterari la confermano. Primo e inevitabile com
pito di questo libro sar dunque quello di segnalare anzi
tutto, in base ai resti delle opere perdute e attraverso
1' analisi degli scritti pi importanti, come stia a loro
fondamento un' evoluzione : conforme, del resto, all' ori
gine stessa del presente lavoro, nato dall' interpretazione
degli scritti e dei frammenti a proposito d un'edizione
IL PROBLEMA 7
della Metafisica.
La critica filologica entra in ogni modo
immediatamente
in servigio della posizione filosofica dei
problemi, perch si tratta di chiarire non soltanto lo
stato esteriore degli scritti come tali, ma anche il modo
in cui in esso si manifesta 1' energia propulsiva del pen
siero aristotelico.
PARTE PRIMA
IL PERIODO ACCADEMICO
L
L'ACCADEMIA
QUANDO
VI ENTR ARISTOTELE
Secondo l'attestazione, degna di fede, dei biografi,
Aristotele scrisse al re Filippo di Macedonia di essere ri
masto vent' anni presso Platone. Avendo egli appartenuto
all'Accademia fino alla morte di Platone (348/7), vi en
tr, dunque, nell'anno
368/7.
Inquel tempo egli era nella
giovanile et di circa 17 anni1).
Quando
lasci la scuola,
;i avvicinava gi ai quaranta. Di questi indiscussi dati di
fatto si rimasti troppo poco sorpresi. Certo, nella storia
dei grandi pensatori, e forse addirittura in ogni evolu
zione spirituale di indipendenti nature creatrici, non si
trova altro esempio di un uomo dotato di originalit pa
rimenti profonda, che sia rimasto cos tenacemente sotto
l'influsso di un genio di tutt' altra natura e di prepo
tente forza, e sia cresciuto del tutto alla sua ombra. Ora,
difficile trovare un pi esatto criterio di misura per
la interiore ricettivit, e insieme anche per la sicurezza
ed energia della capacit creatrice, della relazione, che
') Della lettera parla la Vita Marciana, p. 427, 18 Rose (Pa.
Ammon., p. 438, 13 ; Traimi, lat., p. 443, 12). La notizia dell'et
di 17 anni non deriva dalla stessa fonte, ina si trovava combinata
con la notizia tratta dalla lettera gi presso ibiografi alessandrini:
cfr. per ci Dionys. HaLic., ad Amiti* 5 >(728 R.).
12 IL PERIODO ACCADEMICO
lega le forze e per ci stesso le chiama alla luce, con un
grande maestro e con la forza spirituale che attraverso
di lui obiettivamente agisce, e a cui il giovane consacra
l'amore della sua giovent e la sua prima dedizione,
fino al tempo in cui, fattosi maturo al contatto con essa,
se ne separa. questo il tema dell' interiore evoluzione
di Aristotele. All' esperienza del mondo platonico, e alla
crisi ond' egli pass da quella a se stesso, egli deve la
straordinaria tensione dell' intelletto, la cui elastica ra
pidit pone il~suo pensiero a un grado pi avanzato ri
spetto a quello dTTlatone, nonostante la differenza spe
cfica tra
ljiua genialit limitata e quella illimitata del
maestro. E, d' allora in poi, discendere da quel grado
vale quanto girare all' indietro la ruota della Necessit.
Non lecito considerare la relazione filosofica di Ari
stotele con Platone, secondo quanto fino ad oggi si pur
"smpre" ftcttocome~n' adesione intellettuale a certi prin
cipi del maestro e un dissenso da certe altre parli della
sua dottrina, all stesso modo incui si pu concepire la re-
lazione di uno'dTerno pffessoT di fil'Mfia''cn Knt. In
vero, proprio il rilievo del carattere incomparabile della
natura di Platone e del suo plastico filosofare ha fatto
sorgere dubbi circa la comprensione di Aristotele per il
suo modello. Appunto ci che in Platone forma, appa
rizione, mito, deve (secondo questa opinione) essere stato
trascurato da Aristotele. La sua critica sembra quasi 11011
colpire Platone, in quanto non tocca per nulla questi lati,
pure essenziali alla sua natura. Nella sua astrattezza, essa
sembra una [iev<4J3acris
et?
XXo og. Ma quanto miope,
anzi scolastica, una simile accusa'. Inpi di un luogo
Aristotele fa comprendere che egli prima di passare alla
critica stato chiaramente consapevole proprio di que
sta natura dello spirito platonico. N altrimenti avrebbe
potuto essere, in un uomo in cui onoriamo il creatore
della psicologia e della sua applicazione a fenomeni spi-
l'accademia QUANDO
VI ENTR ARISTOTELE
13
rituali
ed artistici. Proprio
lui stato quello che ha
coniato
per primo
brevi e calzanti parole per
designare
in
Platone quell' elemento
poetico, che icritici moderni
credono
di aver scoperto.
L'essenza artistica del dialogo
platonico stata dajui definita
piesattamente
chjlalla
maggior parte
dijquellu
Egli nonhamai creduto di esau
rire, con la sua critica_.dellg-j
MS
Ita logiche ed ontolo
giche della dottnna.
platonica,.il.suo..sigreificato.
8torico._e...
-
il suo universale contenuto.
Tutto ci evidente, e non
ha bisogno dell' attestazine
delle sue stesse parole, per
chiunque sa come Aristotele non si avvicin affatto, ini
zialmente, con fredda intelligenza critica al mondo
della
filosofia platonica, ma anzi rest per lunghi anni domi-
nato dall'enorme
suggestln~dil
sua figura.
Ma altro
comprndere nella sua natura un mondo
.cos
complesso, ..
composto delle pi varie_forze spirituali
e affatto
singo
lare nella sua individua irwnfestazionecqme.q(ie]lo1.pla-...
tonico, altro volerlo imitare e.
proseguire come. sistema..
In_questo_punto
il Invio tra l planismo
fecondo e
il platonismo sterile. Sterile
l'estetizzante
mendace,
scimmiesca contraffazione dell' unit spirituale
di Pla
tone, il verboso culto dei
simboli e termini a lui
cari-, fe-
eondo illavoro intorno
ai suoi problemi, al quale Pla
ton?"stesso aUribTace' il
vatre"7massirno'
Ed esso con
duce necessariamente oltre di lui. Fecondo anche 'di
ventar consapevoli, insieme con Aristotele, merc la con
siderazione dell'antitesi
tra la scienza moderna
e la non
pi
riconquistabile unit
spirituale di Platone,
del carat
tere
unilaterale, se anche tanto necessario, del nostro pen
siero. In tempi diversi, Aristotele ba assunto rispetto a
questo
problema una posizione
diversa. A iniziali
tenta
tivi d' ingenua imitazione
e continuazione del modello
platonico segue un periodo in cui egli ha imparato
a
distinguere tra l'essenza eterna dell' eredit platonica
e
gli elementi temporali,
individuali e perci irripetihir
14 il periodo
accademico
della Bua formulazione, che egli cerca di eliminare, pur
sforzandosi di conservare fedelmente quell'essenza. La
filosofia di Platone diviene ora per lui, da compiuta for
ma, materia
pe7"qurcs'dihuqvo_ pi alto. La presa di
posizione
.risnetto-a-n
che,
con tutta l'animargli ha t-
tinto da Platone,
si__estende attraverso l'intera opera"
dlia sua vita, il filo conduttore della sua stessa evo-
I luzione. Essa fascia inlravvederc un progressivo sviluppo,"
: attravrso icui diversi stadi dato seguire chiaramente
I
il processo onde il nocciolo essenziale del suo pensiero
si libera dalla corteccia. Anche le ultime creazioni re
cano in s, in certo modo, la traccia e il sigillo dello
spirito platonico, ma in grado pi esiguo che quelle di
pi antica et. concetto aristotelico dell'evoluzione
pu esaere applicato a lui stesso: la nuova forma, che
vuol realizzarsi nel divenire, si afferma vittoriosamente
contro l'opposizione di una materia, per quanto grande
sia il valore intrinseco a questa. Essa cresce e trasforma
quella dall'interno secondo la sua legge, imponendole la
propria figura. Come la tragedia si sviluppa dal diti
rambo facendogli subire varie modificazioni, finch essa
raggiunge la 6ua pi propria natura
(loe xijv iauzijc
cpoLv), cos Aristotele giunto dall' elaborazione della
filosofa platonica alla formazione di se stesso. La storia
della sua evoluzione presenta, coi suoi documenti esatta
mente determinabili, addirittura una scala del graduale
processo in tale direzione, anche se egli non riusc, in
molti punti, ad andare al di l del compromesso. Intali
puntici suoi scolari lo hanno spesso capito, pi tardi,
meglio di quanto si fosse capito egli stesso, cio hanno
cancellato 1' elemento platonico e cercato di conservare
quello puramente aristotelico. Ma ci che specifica-
niente aristotelico proprio soltanto lajmetjji Aristo
tele. Gli scolari non capirono questo: egli ne rimase
sempre consapevole.
l'accademia QUANDO
VI ENTR ARISTOTELE 15
L' Accademia, in cui Aristotele entr nel 367, non era
pi quella dei tempi del Simposio, attorno alla cui tavola
Platone, nel tumulto dell' entusiasmo, poteva pensar radu
nati iprincipi delle arti e delle scienze e irappresentanti
della giovent ellenica, per udire dalla Locca della veg
gente
il grande mistero della nascita dello spirito da Eros.
L' essenza_del pensiero di Platone,non coincideva pi, gi
da lungo tempo, col simbolo_
che_e380__gi jera .creato-nelle
opere della giovinezza, nella centrale figura filosofica, di
Socrate. Ilsuo contenuto e il suo metodo oltrepassavano
ampiamente la cerchia dei problemi socratici. Ci che_So;....
crSe era stt"per"PItri' " per la primitiva scuola.pla:,,
tonica, ArBtotIe"pvT"sentirlo ormai solo attraverso Ia__
lettura, e non pi per l viv'presenza vitale dello spirito
socratico, nell' "Accademia del decennio tra il e. iL?50
Testimoninz'gi' clssiche di un'ormai conclusa stagione
del maestro, il Fedone e il Gorgia, la Repubblica e il
Simposio sovrastavano come calme divinit alla realt
operoga della scuola. Chi fosse stato, da lungi, allettato da
esse a godere la personale presenza di Platone, restava
certo meravigliato che in seno a quella Bcuola filosofica
non si celebrassero misteri. Da quelle opere emanava,
e splendeva lontano, una forza trasformatrice, una se
riet nuova.
Questa
trov Aristotele anche nell'Accade
mia. Ma le classiche dottrine platoniche delle idee, del-
l'unit e della molteplicit, del piacerete del dolore,
dello Btato, dell' anima e della virt, non erano affatto
reliquie intangibili per le~"discussion.iIlegli-SColrL--ma.
venivano senza tregua esaminate,
difese.e, modificate, con
acuta distinzione dei concetti e minuziosa indagine della
loro logica capacit. Decisivo era poi ilfatto che a questa
comune opera di pensiero partecipassero anche gli sco
lari." Le figure e imiti dei dialoghi erano, e rimasero, la
pi peculiare "e Irripetibile creazione di Platone; all'in
contro, la discussione dei concetti divenne il principio che
16 IL PERIODO ACCADEMICO
pi tipicamente determin il carattere dell'Accademia
accanto al suo motivo religioso, giacche soltanto questi
due elementi dello spirito platonico potevano esser tra
smessi a una tradizione.,,
Quanto maggiore fu il numero
dglscoIaxT che egli attir a s, tanto pi forte divenne
la preponderanza di quella rispetto al Iato artistico della
sua natura. La compressione _che_ il dialettico esercit
sul poeta aveva certo, in Platonej un fondamento pro-
prio nell'affettiva compresenza di tali forze contrastanti,
ma fu
soprattutto la_scuola a condurlo irresistibilmente
in quella direzione.
Per T orientamento spirituale di Aristotele decisivo
fu il fatto che proprio al tempo del suo ingresso nel-
l'Accademia cominciasse a svolgersi quella trasforma
zione cos grave di conseguenze, con 1' elaborazione della
.pi tarda dialettica platonica. Grazie ai progressi della
pi moderna indagine platonica possiamo seguire anche
con precisione cronologica questo processo nei grandi
dialoghi metodologici, che Platone scrisse in quegli anni:
_il, Teeteto, Sofista, ilPqlijico,.i)arinenUle,q il
Filebo,
Il dialogo principale di questo gruppo, il Teeteto, fu
scritto poco dopo la morte (369) del famoso matematico
di cui esso onora la memoria1). Esso tanto pi carat-
') Per gl'indizi cronologici esterni cfr. gli argomenti deri=ivi
di Eva Sachs, De Theaeieto Atheniensi mathematica (Diss., Berlino
1914), p. 18 segg. 'La prova di maggiore evidenza naturalmente
fornita dalle analisi stilistica e filosofica, entrambe confermami
g' indizi esterni di tarda composizione. Non e' ormai pi nessuno
che voglia porre al principio dell'evoluzione
platonica, quale dia
logo elementare, (come pur faceva ancora lo Zeller) il Sofista,
che approfondisce in senso positivo il problema del Teeteto e che,
come ilPolitico egualmente connesso a questo ciclo, conserva anche
la medesima cornice scenica. Le fondamentali ricerche del Campbell
sono state accolte in Germania soltanto tardi, ma sono state in
compenso confermate in ogni lato dalle indagini pi recenti. Deci
siva per ci la storia dello sviluppo della dialettica platonica, che
d'allora in poi si fece strada: cfr. soprattutto le Studicn zur
Entwicklung der platonischen Dialektik (Breslavia 1917 [2" ed. am-
pliata, Lipsia 19311) di J, Stcnzcl, a cui devo non poco:
L'ACCADEMIA QUANDO VI ENTR ARISTOTELE 17
teristico per lo spirito dell' Accademia nel tempo in cui
vi entr Aristotele, in quanto in esso e nei dialoghi se
guenti
(
Sofista
, Politico) il paziente lavoro della scuola,
che nelle opere del periodo classico appariva quasi com
pletamente superato, comincia a costringere al proprio
servizio l' intera opera letteraria di Platone, lasciando
cos un quadro della sua fatica, in cui non manca alcun
tratto importante. Essenziale per la comprensione_di Ari
stotele e della sua relazione con Platone che non si
parta dalia vaga idea complessiva
di Platone e si
pnga al suo luogo il ben definito concetto dell' astratto.,
e metdlgccf prodo ultimo della filosofia platonica,
iniziatosi nel 369. Con essa era indicato cT'Aristotele un
orientamento" preciso, ed aperto alla sua speciale pre
disposizione un campo di fecondo lavoro originale.
L' attitudine del puro ricercatore, che distingue Art-
stotele'dH'praLi'co'empirismo'dlia socratica dallo
spi
rito riformatre' del primo Platone, e ilcarattere astratto
"dT"suo
pensiero,
che lo mette in contrasto con la pla
sticit artistica di quelloj non sono tratti che fossero pro
pri soltanto
alla, sua personalit._.Vi si manifest la ge
nerale tendenza dell'Accademia nel"tempo
in cui egli le
appartenne, neetoj.
l'apoteosi,di,..questo,
.non
socra
tico ideale di filosofo del tardo periodo platonico.
N.ella
rappresentazione
del
filosofesche
1' episodio, del dialogo
pone in bocca a Socrate, il filosofo non appare
simile a
quest'
ultimo
quale
con storica fedelt era stato caratte
rizzato nell' Apologia,
bens al tipo del matematico so
litario, icui tratti hanno palesemente contribuito a de
terminare il nuovo ideale teoretico.
Nondi
ci che sta
iu cielo o sotto la terra, ma solo dell'.uomo
si era dato
penser Scrate. IlTeeteto chiama invece 1' anima filo
sofica "YlofpsTpca e arpovojiouaa *)". La. realt pros-
') Theaet., 173 E-174A.
2.
W. Jaeodi;, iim/olel.
IS IL PERIODO ACCADEMICO
sima le appare indifferente: essa disprezza il pratico
tendere ed operare, cio proprio la vita di quegli uo
mini tra cui Socrate aveva cercato .diVpreferenza i.auoi
ascoltatori, ed erra in lontananze sublimi, secondo la so
lenne espressione attinta a Pindaro.
Nel Teeteto si accenna gi, con ciliare parole, anche
alla prossima apparizione del Parmenide, che con molta
probabilit stato scritto prima ancora della continua
zione del Teeteto, cio del
Sofista
e del Politico, ed era
quindi forse gi pronto quando Aristotele entr nella
scuola : in ogni caso, non venne alla luce molto pi tardi.
Non verosimile che, in cos giovane et, Aristotele ab
bia senz' altro preso, nella nuova cerchia, l'iniziativa di
un sovvertimento capitale, quale gli attribuiscono coloro
che fanno risalire a lui le obiezioni di questo dialogo
contro la i.ottrina delle idee. II dialogo attesta quanto
l'Accademia, gi primardi .Aristotele, avesse proceduto
nella critica.delle.ibride propriet ontologiche ed astratte
"3eIIe*'idee: la distinzione delle ime dalle altre non po
teva "essere a lungo evitata. Platone credeva, certo, di
\
| poter "dominare"le difficolt, ma riconobbe come giusti-
\
I
(
beata, in linea di principio, la faticosa indagine logica
1 1
ij
ed ontologica delle idee quale compiuta in questo
dialogo e nei seguenti, e apr con ci egli stesso la via
alla successiva evoluzione. Difficilmente, invece, si po-
ijtrebbe riconnettere la speculazione aristotelica al Fe- 1
( done o alla Repubblica e alla loro dottrina delle idee.
La relazione di Platone con segnalati matematici del
suo tempo, come con Teeteto e Teodoro, opposti rappre
sentanti della generazione giovane e fornita d' interesse
filosofico e di quella vecchia, capacissima nel suo campo
ma intollerante di filosofia, ha non senza ragione lasciato
le sue tracce proprio in un',opera, che apparve, in...quel
tempo. Circa il 367 anche Eudosso di Cizico venne ad
Atene con la Bua scuola, per discutere con Platone e coi
L'ACCADEMIA QUANDO VI ENTR ARISTOTELE 19
suoi discepoli problemi che agitavano gli uni e gli altri 1).
Fu quello un avvenimento sensazionale, e d'allora in poi
vediamo costantemente in relazione con l' Accademia
membri di quella scuola di matematica e di aslronmiaV_
.
come
Eicone7~~Ateneo
ed altri. Gi nella Repubblica
dato osservare l'efficacia della nuova scoperta
Jella
ste-
remetri'Sp'operata tla Teeteto._Dai tempi del soggiorno
di Eudosso l'interesse per inuovi tentativi della scuola
cizicena, diretti a spiegare imovimenti irregolari dei
pianeti con semplici presupposti matematici, occupa un
posto dominante nel pensiero di Platone e nei suoi se- .
guaei. Ma anche altri impulsi spirituali provennero da
\\
Eudosso: l'orizzonte geografico e storico-culturale si
ampli enormemente. Eudosso rec con s ima pi esatta
conoscenza dell'Asia e dell' Egitto e rifer, per personale
esperienza di molti anni, circa lo stato della scienza astro
nomica di quelle regioni. Anche per_i.problemi..etici, gli
si era debitori: la questione, pi tardi cos decisiva per
1' etica aristotelica, dell' essenza e
del.
significatp_del pia
cere e del dispiacere, port negli ultimi anni della vita
di Platone a un grande "dibattito accademico, a cui_prc-
sero parte Senocrate, Speusippo e
Aristotele. .con.scritti
Ttspl ijSoviic, e To stesso Platone col Filebo. Aristotele,
che conobBiTEudosso~fin-daT pfincipi~(ll suo soggiorno
all'Accademia, tratteggia la sua impressione personale,
ancora molto tempo dopo, con schietto calore, quando
ricorda l'influsso che da lui gli deriv. Eudosso discusse
') La congetiura del Tannery {Histoire
de l'astronome, p. 296,
n. 4) confermala dalla Vita (p. 429, 1 Rose), secondo la quale
Aristotele enlr nell'Accademia al tempo di Eudosso. Qualche com
pilatore lia, cio, frainteso l'indicazione cronologica e preso Eudosso
per un arconte. Nella fonte era soltanto rilevata la coincidenza tem
porale dell' ingresso di Aristotele con la presenza di Eudosso. Cfr.,
sulle tracco di J. Jacoby, E. Sachs, op. cit., p. 17, n. 2.
20 IL PERIODO ACCADEMICO
.lanche
la dottrina delle idee e propose una modificazione
'
del loro concetto 1).
E, in generale, la scuola platonica prese sempre pi
ad attirare personalit straniere, e delle pi diverse atti
tudini spirituali. Iviaggi avevano condotto Platone in
stretto contatto con ipitagorici della cerchia tarentina
di Archita, il cui influsso si estendeva fino alla Sicilia.
Col fioriva allora la scuola medica di Filistione, la cui
efficacia oltrepassava anche iconfini dell' isole, onde de-
v'esserne fatto idealmente dipendere p. es. uno scrittore
e medico come Diocle di Caristo d' Eubea. Con FilBtione
Platone dev' essere etato in rapporto.
L' autore della co
siddetta seconda lettera platonica sembra abbia avuto
notizia della Bua relazione con lui, e probabilmente an
che di un invito di Filistione ad Atene. In ogni modo
dietro iltarp? SixsX?
arc y;, non altrimenti desi
gnato, della cui annoiata presenza alle sottilizzazioni con
cettuali degli Accademici parla un comico contempora
neo, si cela, se non Filistione stesso, una reale persona
lit della sua scuola 2).
Questo
racconto pu del resto mo
strare come Platone curasse s d' intrattenersi con dotti
di ogni disciplina, ma il risultato si restringesse sovente
solo alla scoperta dell' abiss invalicabile che separava
la scienza ionico-siciliana da ci che per scienza inten
deva Platone. L' ampiezza con cui il Timeo fa uso dei
J) Per le opinioni di Aristotele circa ilcarattere e la teoria edo
nistica di Eudosso v, Etilica Nicorn., K 2; circa la sua proposta di
trasformazione della dottrina delle idee Metaphys., A 9, 991 a 17 e
il secondo- libro del IIspl (fr. 189 Rose), dove la trattazione
era pi ampia ed erano contenuti gli argomenti in contrario, poi
conservati -da Alessandro nel commento al luogo citato della Me
tafisica. Eudosso voleva concepire la methexis come immanenza
Ielle idee nelle cose, ed era in ci combattuto aspramente da Ari
stotele. 'Che essa costituisse allora il problema pi dibattuto risulta
del resto anche dai dialoghi platonici pi tardi.
s) Epicre.te, fr. 287 Kock. Cfr. M. Wcllmann,
Fralmente
der
sikelischen Ante (Berlino 1981), p. 68, e ilmio articolo Dos
Pneump
im Lykeion (in Hermes, XLVIII). p. 51. n. 3.
l'accademia QUANDO VI ENTR ARISTOTELE 21
risultati della pirecente medicina, matematica ed astro
nomia, non deve nascondere la sovrana libert con la
quale Platonesi comporta rispetto alla materia onde crea
poeticamente la sua cosmogonia.
Comunque, nella scuola dell' ultimo Platone fu sotto
posto
a riflessione e discussine
incassai
ricco materiale,
e un Aristotele poteva bene, in' tale ambiente, imparare
a valutare da. s_il_smfica_to jelle realtmgoler_che
pi tardi divennero tanto essenziali per ilsuo metodo di
ricerea.~Tuttavia non si dovrebbe parlare,"" coin"ggi si
fa comunemente 1), di un' organizzazione delle scienze
nell' Accademia. Le moderne accademie e universit non
possono far risalire la loro tradizione a Platone, da cui
era lontanissimo il pensiero di un' unit sistematica di
tutte le scienze, e ancor pilontano quello di una realiz
zazione pratica di tale unit in un' organizzazione enci
clopedica delle discipline scolastiche ai fini dell' inda
gine dottrinale. Le scienze della medicina, della mate'
malica, dell' astronomia, della geografia e dell' etnologia.
igrandi complessi dell' archeologia e della storia, delle
arti retoriche e dialettiche, per ricordare soltanto itipi
pi notevoli dell' indagine greca, si sono sviluppate cia
scuna per s, nonostante che in certe occasioni si trovas
sero riunite in singole personalit, e anche allora con-
ducevano indisturbate una vita autonoma. L' idea di ve
der connessa in un universale sistema delle scienze la
loro matematica con la ricerca, condotta da alcuni sofisti,
dell' archeologia o della storia della cultura greca, sa
rebbe apparsa molto singolare a un Teodoro o a un Tee-
teto. Anche imedici restano affatto indipendenti. Una
figura d' eccezione Democrito, e pi tardi Eudosso, che
in certa misura anticipa il tipo aristotelico.
Quest'
ul-
*) Sin dal tempo dell'articolo, divenuto celebre, di H. Usener
in Preussische Jahrbiicher, LIII (1884), ristampato in Vortr'ge und
Auh'ize,
n. 69. ...... ...
22 IL PERIODO ACCADEMICO
timo fu un prodigio di versatilit e un matematica e
astronomia con geografia ed etnologia e con studi me
dici e filosofici, conducendo ricerche originali nei primi
quattro campi di indagine.
Quanto
a Platone, tutto il suo sforzo era esclusiva
mente orientato verso 1' ente . Se si vuole inserirlo
neir_ft3n"d"6l"*pehsiro greco, egli prende posto
tra
irappresentanti dell' indagine__crca 1' oola, a cui
.
egli
diede un nuovo orientamento con la dottrina delle idee,
e che anzi risuscit senz' altro a vita nuova. Dalla teoria
delle idee non si pu dire che egli discenda alla molte
plicit, al mondo empirico, perch la sua ricerca mira
soltanto all'unit e al soprasensibile. E direzione della
sua indagine parte dal mondo dell' apparenza e procede
verso l'alto. Solo per le esigenze della speculazione
concettuale egli giunge_all'_elaborazione.deljnietodo della
divisione logica, che pi tardi acquista in Aristotele cos
enorme importanza per" il dominio empirico tanto del
regno animale e vegetale quanto
del mond dello spirito.
Vr"p'r~Platone non si tratta ancora dell' ordinamento
' sistematico delle realt singole, che per lui giacciono al
di sotto della sfera dell' eidos e sono assolutamente
! rceipov, e quindi inconoscibili. Per Platone il concetto
!
dell'individuo (ttojiov) quello dell' eidos pi basso e
|
non ulteriormente divisibile, che per lui designa illimite
l tanto della scienza quanto del concetto d realt, nella
direzione del mondo apparente. Le molte divisioni lo
giche di piante e di altre cose, di cui parla il comico
Epicrate e che apparivano agli estranei come l'elemento
pi caratteristico e straordinario nell' attivit degli Ac
cademici (anche la grande opera di Speusippo, intito
lata Le somiglianze, sembra non avesse per argomento
che quelle) non erano compiute per interesse alle coso
in s, ma per conoscere le relazioni logiche dei concetti;
e fu in tal senso che allora apparvero
nell' Accademia
l'accademia QUANDO VI ENTR ARISTOTELE 23
anche libri di ogni sorta col titolo di Divisioni. Nella
divisione delle piante si mirava a una positiva botanica
tanto poco quanto Platone, nel Sofista, intendeva di stu
diare isofisti nella loro realt storica J).
La via, che da queste divisioni della realt esistente
conduceva al progetto di una scienza unitaria, e pur di
visa in tante scienze particolari per quante parti si da
vano della realt (5v), non era pi molto lunga; ma a
tale conclusione si giunse solo quando il concetto ari
stotelico della realt ebbe soppiantato il concetto tra
scendente dell' essere platonico2). Degno di riflessione
comunque il fatto che solo merc la filosofia concettuale
degli Attici e il loro gusto per le divisioni logiche l'idea
di una superiore connessione sia stata importata nelle
singole scienze, che si erano gi sviluppate indipenden
temente. ormai quasi impossibile calcolare, caso per
caso, ivantaggi e idanni arrecati dalla realizzazione di
quell' idea. Certo sono stati, gli uni e gli altri, notevol
mente grandi. Una completa compenetrazione di tutte le
scienze, ciascuna delle quali conserva pure in s una sua
anima e un proprio principio informatore, merc lo spi-
*) Nel frammento sopra citato Epicrate non dice che iPlato
nici si occupassero effettivamente di argomenti botanici: ci su cui
scherza la mania di divisione logica, che d maggiore importanza
alle relazioni concettuali che alle cose stesse:
uspl y.p cpasiug epopipevoi
8isxiPt0V
tj>u>v ts p(ov
SivSpojv ts cpoiv Xadvcuv "ts fvi;,
xSt* il
TOTOIS
Xijt XoXoXVTIjV
ipy;ra?ov
tivoc
iati yivoog.
Qui (Slog non ila Sicura degli animali, bens sinonimo di cpOoij
e di yV0S e termini di schietta dialettica platonica sono anche
quelli del definire, dividere, esaminare iconcetti. Ifram
menti degli "Opoia di Speusippo si trovano ora raccolti in P. Lang,
De Speusippi Academici scriptis (Dissect., Bonn 1911). Gi il titolo
mostra a che si mirasse in quest' opera.
*) Arist., Metaph., I" 2, 1004 a 2: looaOta pipi] cptXoaocpEag
istlv Soamsp al oatat.
i
!
1
24 IL PERIODO ACCADEMICO
rito universale di una determinata filosofia, non si mai
tradotta in realt in periodi di vivace sviluppo dell'in
dagine scientifica. Una parziale compenetrazione si ebbe
soltanto quando la filosofia pass al comando di grandi
indagatori, che la permearono dello spirito di singoli e
determinati rami della ricerca scientifica, o per l'inter
vento di nature spirituali di duplice attitudine. Aristo
tele, Leibniz, Hegel sono gli esempi pi significativi, e
tra loro assai diversi, di questo tipo spirituale.
Anche Platone possedeva una particolare compren
sione scientifica per questioni matematiche, in modo da
|
poter seguire gl' importanti progressi che quella scienza
l'i
allora compiva. E lo interessava anche l'astronomia,
per
!
!
quanto in essa era allora accessibile al pensiero mate
matico. Della fisica degli elementi egli si occup seria
mente pitardi, nella speranza di trovare una deduzione
matematica delle differenze qualitative dei cosiddetti eie-
44 IL PERIODO ACCADEMICO
mente il limite tra Platone e Aristotele e a concepir la
dottrina di quest' ultimo nel modo pi semplice ed uni
tario possibile, non sapessero che fare dei dialoghi? Essi
stavano innanzi al complesso dei trattati come di fronte
ad un' unit sistematica e non articolata cronologica
mente. Alla storia di una filosofia o di un'individualit
umana non sapevano ancora applicare quel concetto del
l'evoluzione, che avrebbe potuto fornir loro proprio Ari
stotele. Cos non potevano far altro che svalutare ilcon
tenuto dei dialoghi come espressioni di vedute non ari
stoteliche e dichiararli una compilazione letteraria e po
polare. In ogni caso, dunque, l'eterodossia di questi
scritti un dato di fatto indiscutibile, che va premesso
a qualsiasi interpretazione. In quale direzione essa si
manifestasse, indicato dall' interesse che ineoplatonici
ed altri religiosi e filosofici adoratori di Platone ebbero
per questi scritti, e l'equiparazione che ne fecero alle
opere stesse di Platone. Esempi di ci saranno recati pi
oltre. Resta solo l'attestazione di Plutarco e di Proclo,
a causa della quale il Bemays considerava a priori ne
cessario di negar nei dialoghi ogni traccia di filosofa
platonica.
Ma anche questo argomento, non regge, appena Io si
esamini pi accuratamente. Anzitutto non si tratta di
una doppia attestazione, giacch la coincidenza verbale
accerta che entrambi gli autori hanno utilizzato ima
fonte comune, non sembrando che Proclo abbia attinto
a Plutarco. L' attestazione in s dice che Aristotele non
combatt la dottrina platonica delle idee soltanto nel
l'Etica, nella Fisica e nella Metafisica, ma anche nei dia
loghi essoterici. A documento di ci viene arrecato, tanto
inPlutarco quanto inProclo, dalla stessa fonte, un'espres
sione di uno dei dialoghi, appartenente
allo stesso Ari
stotele come interlocutore: egli non poteva aver simpa
tia per la dottrina delle idee, anche se per ci egli fosse
LE OPERE GIOVANILI 45
dovuto cadere in sospetto di litigiosit1). Si tratta dun
que di una concreta situazione storica in uno scritto de
terminato (secondo ogni verosimiglianza, il dialogoHe.pl
epiXoGoeptas,
incui Aristotele combatteva anche altrimenti,
com' attestato, la metafisica platonica) a cui si riferisce
l'indicazione di entrambe quelle testimonianze. Non
lecito quindi generalizzarla a tutti idialoghi, ma solo di
concluderne quel che gi prima sapevamo, e cio che tra
i dialoghi ce n' era qualcuno, in cui Aristotele veniva
in contrasto con Platone.
Questo
dato di fatto non ci
autorizza peraltro innessun modo a dare interpretazioni
pi evolute a concetti platonici che si trovino in altri
dialoghi. Dobbiamo piuttosto riconoscere un'evoluzione
') Arist., framm. 8 Rose: Proclo (nella sua lictoxfcjn; xfiv
pgn xv l'IXxrovog Tijicuov Bit' ApioxoxXou? vrsipi)t.ivtuv,
presso Joannes
Pliilopon., de aet. mundi, II, 2, p. 31, 17 Rabe):
xal xivBovssi (ii|8sv oQxceg 6 ivrjp xsivog (seri. Aristotele) no-
itoii)3ac$ou tW IlXcittovog ; v x5>v tSev inrifl-soiv, 06 jivev
v Xoyixoig xtpsxEapaxa x etSyj xaXcov, XX xal v fythxotg itpig
t a&Toayav Biapaxpsvog xal v cpuaixolg ox iwv
xg yev-
otig stg xg ISiag vacfpetv, &g v x(p rcapt ysvosuig Xyei xal
rp&oos xal v x (isx x tpocix 7toXX<jj nXiov Sxe rcspl xrSv
py.fflv itpayiiaxeo[isvog xal xaxaxeEvmv paxpg xanjyoplag xffiv
ISsv v xotg itpixoig, v xotg pcoig, v xotg xeXsoxaEoig xijg
icpaypaxsEag xsEvvjg xal v xotg 8 1aX y o ig aaepoxaxa xsxpa-
y<bg [ivj Bvaaat tip 8yp.axt xoxqi cufuia&stv, xv xig a&xv
otrjxai Bi iXo ve ix av v xiX ysi v .
Plut-, adv. Colot., 14 (1115 B) : xg ye jvijv ESag, spi 5>v
yxaXst -ctj HXxum, jcavxax0 xivSv 8 'Apt0T0TXi)g xal redoav
_
nyuiv noplav a-xalg v xotg S-txotg Orcopvijpaoiv, v xotg (jisx x
cpooix, v xotg) cpocixotg, 8t xfiv 5<oxsptxffiv SiaXyrav,
ipiXovsixxepov
ivtoig ISogsv 1) tpaoaoywxapov x.... xv
Soyfixiov
xo8x(Dv,tbgitpo8ipsvog xrjvIIXTuivcc CrtiepsErcatvcpiXoooipCav.
L'antica fonte, che entrambi seguono e che lo scrittore pi lardo,
Proclo, riferisce nella forma pi precisa, elencava singolarmente
tutti iluoghi delle opere aristoteliche, in cui era combattuta
la dottrina delle idee: cos sono ricordati tre luoghi della Meta
fisica
(libri A, Z e MN), sono itati con reminiscenze verbali i
passi dei Secondi analitici (A 22, 83 a 33) e deli Etica Nicotnacliea
(A 4), e cos quello sopra spaziato (del Hept cpiXooo(ag), l'unico
che avesse potuto trovar nei dialoghi l'autore di
quella raccolta di
passi, evidentemente assai accurata e completa. Questo elenco
quindi una prova diretta del fatto che la polemica antiplatonica
compariva solo in un punto dei dialoghi.
46 II. PI:R!0!iO Af.CAI)i;51H'0
interna dei dialoghi anche dal punto di vista filosofico,
per la stessa ragione onde riconoscemmo necessario di
ammetterla riguardo alla loro forma.
Einrealt lo stesso Plutarco, per quanto secondo Popi-
mone finora corrente egli denoa aver trovato dappertutto,
anche nei dialoghi di Aristotele, un'antitesi di quest'ul
timo a Platone, ci offre una prova esplicita e inequivo
cabile del fatto dell'evoluzione filosofica dello Stagirita.
In un passo, che finora stato totalmente trascurato T),
egli cita Aristotele come esempio illustre del fatto che
il vero filosofo sappia modificare le sue vedute senza
rammarico, anzi addirittura con gioia, appena abbia ri
conosciuto il suo errore. Aristotele, Democrito e Cri-
sippo mutarono in tal modo le loro precedenti opinioni
filosofiche: e la parola che Plutarco usa per designare que
sta mutazione { peratf'ssd'ac ) mostra come egli non possa
affatto alludere a questioni di valore soltanto secondario,
perch nella filosofia ellenistica essa era il termine tec
nico per indicare iltrapasso da una scuola all' altra. Egli
deve anzi aver saputo che le opinioni precedenti (t
Ttpod-ev artfp pav.ovxa) in questione si trovavano espres
se nei dialoghi di Aristotele. Ci diviene evidente se si
torna ad osservare ancora una volta 1' altro passo, e lo
esamina accuratamente. Aristotele attacc Platone non
soltanto nei trattati didattici, ma anche nei dialoghi,
come risulta da questo e da quest'altro passo. T.a con
trapposizione implica evidentemente il tacito presuppo-
'} Plut., de virt. mar., cap. 7, p. 417 segg.: Infatti perch
nella ricerca filosofica non spiacevole il lasciarsi guidare dagli
altri e il modificare pi volte la propria opinione, ed anzi gli
stessi Aristotele, Democrito e Crisippo hanno abbandonato tran
quillamente, senza resistenza e con gioia, alcune delle loro teorie
precedenti?... perci il pensiero si volge volentieri verso la verit,
quando essa viene in luce, e dice addio all'errore. Ho richiamato
per la prima volta 1' attenzione su questo passo in Hermes, LXIV
(1929), p. 22.
LE OPERE GIOVANILI 47
sto che qui s' incontri qualcosa di
notevole
e di contra
stante alla regola. Plutarco, cio, deve aver considerato
come regola che idialoghi di Aristotele fossero scritti
da un punto di vista platonico. Ci reso ovvio anche
dal fatto che egli parla occasionalmente di essi come
delle opere platoniche di Aristotele1).
Come sopra s' visto, nella tarda antichit queste cose
non erano chiare ad ognuno come a Plutarco: il che
dimostrato anche da un' importante attestazione di Eu
sebio circa la grande opera polemica che lo scolaro di
Isocrate, Cefisodoro, aveva scritto contro Aristotele
").
Quest'
opera dev' essere stata un prodotto della concor-
')
Plut., adv. Colot., 20: Come diceva Aristotele nelle sue
opere platoniche (v
toff
IIXatu>Yutots).
Questa allusione vien di
solito riferita al dialogo Sulla filosofia.
Vero che una tradizione
sicura c'informa che questo dialogo conteneva un attacco a Pla
tone: ma se, com' verosimile, l'espressione le opere plato
niche era diventata un concetto fisso per indicare l'intero gruppo
degli scritti dialogici, nulla ostava a che fosse designato in tal
modo anche illlspt ptXooocpCa;. Nel fatto, la maggioranza di questi
scritti era platonica, non solo nella forma ma anche nel contenuto
doUrinale.
'I Eusch-, praep. evang., XIV 6 (che qui segue, coin egli stesso
racconta, Numenio):
Questo
Cefisodoro, quando vide che il suo
maestro Isocrate veniva attaccato da Aristotele, non sapeva invero
nulla di Aristotele stesso n aveva alcuna conoscenza di lui: ma,
vedendo che la filosofia di Platone era celebre, credette che Ari
stotele fosse un suo seguace, e cos polemizz contro Aristotele, ma
in realt colpi e vituper Platone, cominciando con la dottrina
delle idee e terminando col resto, per quanto egli non ne avesse
nessuna conoscenza personale e si basasse solo su congetture, cor
rispondenti alle opinioni correnti a tale proposilo . Alla fine di
questo capitolo un altro passo, di contenuto simile: Questo
Cefisodoro non combatt colui contro il quale polemizzava, ma com
batt colui contro il quale non intendeva polemizzare. Per quel
che concerne la spiegazione qui data del fatto che Cefisodoro nella
sua polemica contro Aristotele non attaccasse la dottrina di que
st'ultimo ma quella di Platone, essa un escogitazione ad hoc
abbastanza stolta per non meritare di esser presa sul serio neppure
un istante. Dire che Cefisodoro non aveva bastevole conoscenza
della filosofia di Aristotele e attacc in sua vece quella di Platone
perch era pi
famosa
cosa che poteva venire in mente solo
a clii non possedesse la pi lontana idea dell' effettiva situazione
storica deli' et incui Aristotele era ancora membro dell'Accademia.
48 IL PERIODO ACCADEMICO
renza tra l'Accademia e la scuola d' Isocrate, e risalire al
tempo in cui Aristotele, che allora era un giovane mem
bro della scuola di Platone, v' introdusse lo studio della
retorica e port cos ad aperta rottura la latente rivalit
delle due istituzioni. Eusebio ci racconta che Cefisodoro
scese in campo contro la dottrina platonica delle idee e
contro tutte le altre sue teorie, e manifesta la sua
sorpresa per il fatto che egli avesse posto Aristotele
in connessione con queste concezioni. Inconformit del*
. 1' opinione popolare corrente, Eusebio si rappresentava
Aristotele come il naturale antipodo di Platone. Egli
(o la sua fonte, Numenio) non sapeva, e difficilmente
:
poteva sapere in quella tarda et, che quello che Cefiso
doro aveva avuto dinanzi agli occhi era un Aristotele
totalmente diverso da quello dei trattati didattici, iquali
furono pubblicati solo secoli pitardi ed erano f amilic
ai lettori dell'et imperiale. Cefisodoro conosceva A
stotele esclusivamente attraverso le sue pubblicazioni h
. terarie, cio attraverso idialoghi che egli scriveva nel
tempo incai era ancora membro dell'Accademia. Ilfatfn
che egli scrivesse un libro contro Aristotele e in esso
assalisse le teoria delle idee non pu quindi insegnarci
se non che fino a quel momento tutti gli scritti di Ari
stotele si basavano totalmente sulla filosofia di Platone.
La nostra interpretazione dei frammenti superstiti
dei dialoghi deve giustificare questa
tesi nei casi parti
colari; e le questioni da porre debbono con ci risultare
dai frammenti e non possono semplicemente mirare a
una conclusione generale. Occorre partire dalle pi salde
basi cronologiche e filosofiche, che si possano ricavare
dai frammenti. Anche della genesi giovanile dei dialoghi
la dimostrazione pi calzante pu esser data soltanto at
traverso l'interpretazione singola.
in.
L'EUDEMO
TJ et di questo dialogo, che prende ilnome dall'amico
di Aristotele Eudemo di Cipro, determinata dal suo
stesso motivo occasionale, che possiamo ricostruire Benza
difficolt in base a un racconto di Cicerone circa il so
gno d Eudemo1).
Durante unviaggio inTessaglia questo scolaro di Pla
tone, esule dalla sua patria, era stato colpito da una grave
malattia. Imedici di Fere, dove egli giaceva ammalato,
avevano abbandonato ogni speranza. Ma ecco che gli ap
parve insogno un giovine di leggiadro aspetto, e gli pro
mise che sarebbe guarito inbreve tempo, che pochi giorni
dopo il tiranno Alessandro di Fere sarebbe morto e che
lui stesso sarebbe ritornato dopo cinque anni nella sua
patria. Aristotele raccontava, evidentemente nell' intro
duzione, come la prima e la seconda promessa si realiz
zassero subito: Eudemo guar e il tiranno fu poco dopo
assassinato dai fratelli della moglie (359). Tanto mag-
') Arisi., framm. 37 R. (Cicer., de div., I, 25, 53). 11 dialogo
era evidentemente ancora molto letto nell' et imperiale. In un
catalogo di libri del sec. Ili d. C, conservato- in un papiro edito
da Medea Norsa in Aegyptus, II (1921), p. 16, il libro appare tra
idesiderata.
4.
W. Jaeger, Aristotele.
50 IL PERIODO ACCADEMICO
giore divenne allora, nell' esule, la speranza di veder com
piuta cinque anni dopo anche la terza promessa e di
poter cos tornare a Cipro. In questo periodo di tempo
si trovava ad Atene Dione, bandito da Siracusa. Con
l'aiuto finanziario dell'Accademia egli arruol una banda
di volontari coraggiosi, pronti a rischiare la vita per la
liberazione della patria di Dione. Anche qualche giovine
filosofo, e tra questi Eudemo, si un all' impresa, entu
siasta degl'ideali politici d Platone, che Dione avrebbe
ora dovuto tradurre in atto. Ma nei combattimenti in
nanzi a Siracusa Eudemo trov la morte, proprio cinque
anni dopo quel sogno (354).
Questo
inaspettato compi
mento della predizione fu interpretato nell'Accademia
nel sengo
che la divinit avesse predetto ilritorno nella
patria eterna dell'anima, e non in quella terrena.
Nell'introduzione del dialogo, con cui egli eternava la
memoria del caro amico e cercava di consolare ilproprio
dolore, Aristotele raccontava la storia del sogno di Eude
mo, per mostrare come, nella sua conclusione, la divinit
stessa confermasse la verit della dottrina platonica del
l'origine ultraterrena dell'anima e del suo futuro ritorno
nell'aldil. Ci offriva l'appiglio per un dialogo meta
fisico aull' anima , al centro del quale stava il pro
blema dell' immortalit. L'ambiente ideale del Fedone,
abbandono del mondo e preparazione alla morte, rivive
nello scritto del giovane Aristotele. La vita terrena del
l'anima nei ceppi della corporeit, che il Fedone pari-
gona a un carcere, divien per lui un' et d' esilio del
l' anima dalla sua patria eterna.
Quale
ardore di nostal
gia per la sicurezza e la pace dei campi ultraterreni
nell' immagine del profugo, che in terra straniera con
templa la patria dalla quale stato espulso! UEudemo
era una consolatio, uno scritto consolatorio. Della sin
golare insensibilit dei critici, che non sapevano scor
gervi altro che una gelida esercitazione stilistica nella
T.'cEUDKjUO
51
maniera del Fedone, non mette conto di parlare. Solo la
viva fede nell' inversione dei valori della vita e della
morte, compiuta dal Fedone platonico, poteva avere
un' autentica virt di consolazione. L' autore delI'Eudento
era radicato con tutto il suo spirito in questa fede nel-
l'aldil, e nell' intuizione del mondo e dell' anima che
ad essa si collegava. Ineoplatonici si valsero perci del-
YEudemo e del Fedone come di fonti equivalenti della
dottrina platonica dell' immortalit, ed alla stregua di
questa noi vogliamo ora esaminare iresti del libro ari
stotelico.
Come Platone nel Fedone, Aristotele combatteva nel-
YEudcmo la concezione materialistica contraria all'idea
dell' immortalit, e proprio nella stessa formulazione che
gi in Platone assumeva quella dottrina: l'anima non
altro clie 1' armonia del corpo, cio quell' entit, diversa
dalla somma degli elementi materiali ma risultante come
prodotto della loro esatta connessione, a cui anche
l'odierno materialismo d il nome di anima. Della cri
tica, che neWEudemo era rivolta contro questa conce
zione, si sono conservati due argomenti. Il primo dice:
l'armonia ha qualcosa che le si contrappone, la disarmo
nia. Dunque 1' anima non armonia I).
La non identit dei due concetti qui dimostrata
merc la prova della non identit di ima loro nota: pre
supposta quindi l'importante nozione che l'identit
degli attributi condiziona l'identit degli oggetti. L' at
tributo che gli serve di nota comparativa quello della
possibilit logico-formale di costituire un' antitesi di con
trariet rispetto ai concetti in questione, anima e armo
nia. La cosa si dimostra possibile soltanto nel caso del
l' armonia, l'anima non ammettendo alcun contrario di
tale specie. Come Aristotele, che definisce il sillogismo in
') Arist., frairmi. 45 R.
52 li PERIODO ACCADEMICO
forma cobi breve e tagliente, con palese soddisfazione
per la sua serrata necessit logica, sia giunto a dimo
strare la non identit dei due concetti e del loro con
tenuto proprio dal loro diverso comportamento quanto
alla possibilit di applicare 1' antitesi di contrariet, non
appare immediatamente chiaro. Chiaro diventa subito,
invece, appena si faccia ricorso al seguente principio
della dottrina aristotelica delle categorie : la sostanza
(oata) non ammette alcun contrario, cio non pen
sabile alcuna opposizione di contrariet di cui essa sia
elemento1). Nel fatto, dunque, ilsillogismo non contiene
soltanto la prova che 1' anima non sia armonia, ma pre
suppone implicitamente
ci che molto importante
per ilpunto di vista filosofico del dialogo
che l'anima
sia una sostanza. Non certo strano, allora, che un pen
satore che considerava indiscusso questo presupposto po
tesse giungere a colpire la tesi materialistica con 1' ap
plicazione di quel principio della logica formale, che
senza dubbio coglieva il punto debole dell' avversario.
Ora, interessante la relazione dell' argomento aristo
telico con quello platonico del Fedone (93 C segg.).
Que
sto pi complesso. Secondo Platone, l'anima o mo
rale, razionale e buona, o immorale, irrazionale e cat
tiva.
Queste
opposte condizioni o costituzioni sono da lui
spiegate come una sorta di ordine e di armonia, e rispet
tivamente di disordine e di disarmonia, dell' anima. Di
tali propriet possono darsi, nell' anima, diversi gradi.
Dunque anche l'armonia, e rispettivamente il suo con
trario, pu essere armonica in maggiore o minor grado.
Ora, se la tesi dell' avversario fosse giusta, e Be 1' anima
non fosse che un' armonia di certe condizioni, si po
trebbe senz' altro sostituire al concetto di armonia quello
di anima e ne deriverebbe 1' assurdo cbe 1' anima po-
') [Arist.], categ., 3 b 21 segg.
L' EUDEMO 53
Irebbe essere pi o meno anima 1). L' armonia pu dun
que essere soltanto una propriet dell'anima, e non l'ani
ma stessa. La forma modificata, nella quale questa dimo
strazione si presenta in Aristotele
giacch il suo ar
gomento non che ima trasformazione di quello plato
nico
, mostra chiaro 1' ostacolo che la sua logica in
contr nel modello del maestro. Anche la prova del
Fedone ha per base un principio logico, che la dottrina
aristotelica delle categorie formula nel modo seguente:
considerata in generale, la sostanza (cuoia) non ammette
ins alcuna distinzione di grado (t jiXXov -/.ai txov),
cio io non dico che una sostanza non possa essere pi
o meno sostanza di un' altra, ma che ogni sostanza non
possa essere in grado maggiore o minore ci che essa .
P. es., che un uomo sa ora uomo in grado maggiore di
prima impossibile, mentre possibile che sia ora pi
pallido di prima. La categoria della qualit ammette per
sua natura unpie un meno, quella della sostanza no").
Da questa legge deriva, per chi, come Platone, consideri
1' anima come una sostanza, che 1' anima non ammette
(come invece ammettono 1' armonia e la disarmonia, la
virt e il vizio, la scienza e l'ignoranza, e in genere ci
che relativo) una distinzione di grado 3). Anche Pla
tone, dunque, deduce la non identit di anima ed ar
monia gi dall'impossibilit di applicare ad entrambi
iconcetti unmedesimo principiologico, ossia, esprimendo
la cosa in termini aristotelici, dalla loro pertinenza a
categorie diverse.
J) Plat., Phaed., 93 B-D.
*) [Arist.], categ., 3 b 33-4 a 9.
') [Arist.l, categ., 6 b 15: Cmpxet. S xal ivavTiriig lv toTg
xpig ti otov peTTj
xaxtif
IvccvtCov, ixTspov Sv Tfflv np6( ti, xal
irooT|ir; voia. Da ci segue che (6 b 20) SoxstSxal t pSXXov
xal t ttov 7ud"/,sa0ai T xptj ti, allo 6tesso modo in cui
l'incompatibilit del (iSXXov xal )5ttov con l'oola deriva dal
l'incompatibilit di questa con l'vavTtiTiij. Che non ogni en-
tit relativa ammetta una diversit di grado dotto in 6 b 24.
54 II. PERIODO ACCADEMICO
II motivo della modificazione arrecata da Aristotele
alla prova del Fedone con ci chiarito pienamente. Se
condo la concezione platonica un pi e un meno, ima
distinzione di grado, non pu mai sussistere nella realt
assolutamente determinata (itpas) ma solo in quella
indeterminata (impov). Dov' possibile un' antitesi di
contrariet, possibile anche 1' esistenza di un medio tra
idue estremi, e quindi una scala di differenze graduali,
un pi e un meno. Il principio adoperato nel Fedone,
che la sostanza non ammette un pi e un meno, vien
cosi ricondotto nell' Eudemo al principio che ne costi
tuisce la base: la sostanza non ammette alcuna antitesi
di contrariet. Di qui la semplificazione della prova in
un solo sillogismo, col quale Aristotele raggiunge lo stesso
scopo.
Contemporaneamente, egli ottiene anche un secondo
argomento contro la tesi materialistica da ci che gli
resta dopo aver liberato dalla sua corteccia il nocciolo
della dimostrazione platonica. Egli lo espone nel modo
seguente: all' armonia del corpo opposta la disarmonia
del corpo; ma disarmonia del corpo vivente malattia,
debolezza, bruttezza. La prima di queste,
la malattia,
deriva da un' asimmetria degli elementi, l'altra, la de
bolezza, da un' asimmetria delle parti omogenee dell' or
ganismo (pocoEpi}), la terza, la bruttezza, da uu' asim
metria delle parti del corpo. Ora, se la disarmonia
malattia, debolezza e bruttezza, 1' armonia salute, forza
e bellezza. Ma 1' anima non alcuna di queste cose : n
salute, n forza, n bellezza. Un'anima l'aveva infatti
anche Tersile, nonostante tutta la sua bruttezza. Dunque
1' anima non armonia ').
Questa dimostrazione deriva immediatamente dal
l' antropologia platonica. Platone distingue psTaC
del-
') Arist., framm. 45 (p. 50, 13 JR.).
l'EUDEMO 55
l'anima e del corpo. Quelle
dell' anima sono sapienza,
coraggio, giustizia e temperanza, quelle del corpo salute,
forza e bellezza. Di fronte ad esse sta la serie delle qua
lit opposte, delle xaxtca del corpo e dell' anima. Le
Ccpeta<
dipendono dall' armonia (simmetria), le
tcay.fat
dalla disarmonia (asimmetria) rispettivamente dell'anima
e del corpo. La spiegazione della malattia, della debo
lezza e della bruttezza come derivanti dall' asimmetria
del corpo e di sue parti o relazioni fu attinta da Platone
alla medicina del suo tempo, alla quale egli ricolleg in
generale la sua scienza etica come terapia dell' anima,
vedendovi un modello di vera scienza e di metodo rigo
roso. La dottrina platonica della virt una teoria della
buona e della cattiva salute dell' anima, costruita secondo
il modello della medicina, e suo principio il concetto
della misura (pitpov) e della simmetria o armonia. Ma
se certo, a priori, che 1' armonia del corpo il prin
cipio delle petal aupato?,
salute, forza e bellezza, non
possibile interpretare nello stesso tempo anche l'anima
come armonia del corpo.
Questo
argomento ha il van
taggio di sconfiggere 1' avversario materialista sul suo
stesso terreno. L' interpretazione della malattia come
asimmetria e della salute come simmetria del corpo po
teva pretendere accoglienza anche presso irappresen
tanti della scienza naturale, mentre non poteva contar
su di essa quella della virt come simmetria dell' anima,
da cui partiva il Fedone. La dottrina platonica delle
virt dell' anima e del corpo, che Aristotele qui segue
ed elabora nei particolari, del tutto estranea ai grandi
trattati. In essa vive uno spirito pitagorico-matematico;
la retta costituzione morale dell' anima, al pari della
normale e regolare costituzione del corpo, per Platone
soltanto un caso particolare della legge universale di sim
metria cosmica, secondo la dottrina svolta nel Filebo
56 IL PERIODO ACCADEMICO
in connessione con la sua pi larda concezione del.
mondo J).
L' analisi delle due dimostrazioni ha prodotto un du
plice risultato. Da un lato essa mostra la piena dipen
denza da Platone, nel campo metafisico, nella quale si
trova ancora l'Aristotele dell' Eudemo. E non solo nel
rifiuto del materialismo, ma anche nel lato positivo della
dottrina. Solo alla mancanza di un'interpretazione ap
profondita da ascrivere il fatto che finora non si sia
riconosciuto come gli argomenti dell' Eudemo siano ba
sati sullo stesso fondamento che sostiene la metafisica e
la teoria dell'immortalit del Fedone-,
sul concetto pla
tonico della sostanza e dell' anima. Che per Aristotele
l'anima sia qui ancora assolutamente sostanza confer
mato anche dai tardi imitatori, p. es. Olimpiodoro
(Arist., framm. 45), che riferisce 'la prima argomenta-
J) Per la dottrina delle tre psxal
ocufiatos
cfr. Plat.,
591 B; Leges, I,<31 C; Phil., 25 D segg. (e specialmente 26 B), ecc.
Esse vengono volentieri messe in parallelo con le virt dell'anima.
Se in Phil., 26 B esse sono fatte dipendere da un determinato rap
porto numerico di certe antitesi, chiara, come ora pu vedersi,
la derivazione di questa teoria dall' Eudemo. Ivi si pu anche
vedere come l'etica del |Utpov si basi sulla diretta trasposizione
nel campo spirituale di vedute proprie della medicina e della ma
tematica contemporanea. La usctijc aristotelica torna a connettersi
consapevolmente a questo punto di partenza, e sviluppa l'analogia
in forma anche pi rigorosa; anche il [lxpov delia medicina un
giusto mezzo soggettivamente determinato e ha' bisogno
dello croxASscff-a'., come gi insegnava la medicina ippocratica.
Le petal oipatogtornano ad apparire solo nella giovanile Topica
(116 b 17; 139 b 21; 1-15 b 8) e nel VII libiti della Fisica (246 b 4),
la cui composizione appartiene, com' noto, a un'et o prossima
o addirittura coincidente col periodo accademico (cfr. E. Hoffmann,
De Aristotelis Physicorum l. VII, Dissert., Berlino 1905),
Questo
quadro completato dalla dottrina delle quattro Sparai
the
esposta nel Prolreplico e che parimenti ancora del tutto pla
tonica. Fra la definizione della salute come simmetria degli
cior/sEa,
data nell* Eudemo, e quella della stessa come simmetria del caldo
e del freddo, data nella Topica, non c' del resto alcuna differenza,
perch gli axovzXn. sono derivati dalle supreme antitesi del caldo
e del freddo, dell'umido e dell'arido, ed anche nei trattati Ari
stotele chiama spesso queste ultime col nome di elementi,
l'eudemo >
57
zione nella forma seguente: l'armonia ha qualcosa di
contrapposto,
l'anima no, perch una sostanza. La
petitio principii, che a ragione si scorta in questa for
mulazione, non minore nella sua forma originaria, in
cui essa tacitamente presupposta
1j. Come si mo
strato, essa risale a Platone stesso, che nel Fedone parte
dallo stesso presupposto. Ilcarattere dogmatico della di
mostrazione mostrato anche pi chiaramente da Plo
tino, quando si limita a dire: 1' anima una oaia, 1' ar
monia no 2),.
La dottrina posteriore di Aristotele occupa una po
sizione intermedia tra la concezione materialistica, che
l'anima sia armonia del corpo, e quella platonica del
l'Eudemo, che sia una sostanza indipendente. L'anima
sostanza solo come
ivteXIx61*
ojj-axoc; tpuctxo ouvip-et
a>f)v
!xoVT0S
3)- Essa non pu separarsi dal corpo, e per
ci non immortale; ma, legata ad esso, il principio
informatore dell' organismo. Con la concezione che ne
offre l'Eudemo quadra invece ancora ci che Plotino,
dal punto di vista platonico, obietta contro la dottrina
aristotelica dell'anima come entelechia: Essa non ha
esistenza per il fatto di essere forma di alcunch (sISo?
icv{), ma senz' altro realt (ooCa). Non trae il suo
essere dalla circostanza di abitare in un corpo, ma esiste
prima ancora di appartenere
ad esso 4). E siccome
') Bernays, I. ., p. 145, n. 15.
') Piotili., Firn., IV, 7, 8 (133, 19-134, 18 Volkmimn). Che Plo
tino attinga all' Eudemo e non al Fedone, dimostrato dalla scis
sione dell' unico argomento del Fedone (93 B segg.) nei due argo
menti che ne ricav Aristotele. Questi son da lui sostituiti tacita
mente a quello platonico, mentre son riportati senza modificazioni
idue primi argomenti del Fedone (92 A-C e 93 A).
')
De anima, B 1, 412 a 19 segg. Neil' intero capitolo Aristo
tele discute la sua precedente concezione dell'anima come sostanza,
e la limita in modo, che essa non appar pi separabile dal corpo,
ma solo 4j oa'~ f, tiv Jyov (412 b 10) .
') Plotin., Enn., IV, 7, 8 (134, 19 V., e specialmente 135, 31
segg.).
58 IT. PERIODO ACCADEMICO
V Eudemo sostiene proprio la preesistenza, gi dimo
strato anche da ci che l'anima c in s oofa. Possiamo
perci non meravigliarci del fatto che lo stesso Plotino,
che combatte il concetto aristotelico dell' anima, si ap
propri totalmente 1' argomento dell' Eudemo. Viceversa,
si volgono contro il sillogismo dell' Eudemo idifensori
dell'Aristotele autentico , Alessandro di Afrodisia e,
dopo di lui, ilsuo seguace Filopono. Secondo essi l'anima
ha un
opposto, la privazione, e ci infirma l'argomento.
Questa concezione presuppone il concetto di entelechia
e ne coerente conseguenza. Alessandro respinge 1' argo
mento mettendolo insieme con quello del Fedone da cui
si svolto 1). Di fatto, l'elemento caratteristico nel pri
mitivo concetto aristotelico dell' anima che questa non
ancora eT8o$ xivs, ma e!8$ -ti, un'idea o entit
ideale. Ci esplicitamente riferito dalla tradizione, e
solo ora pu essere pienamente compreso 2). Ma Aristo
tele stesso ha lasciato un' importante testimonianza, che
illumina il fatto della sua evoluzione. Nel luogo del De
anima in cui combatte la dottrina dell' armonia, egli
cita il suo scritto precedente e ne ricava la seconda, na
turalistica obiezione, che ancora elabora in qualche
aspetto, mentre passa senz' altro sotto silenzio l' argo
mento tratto dal carattere sostanziale dell'anima a).
Il secondo frutto dell' analisi nell' accertamento
')
Alex-, in Arisi, de on., apud Fhilop., comm. in
Arisi,
de an.,
p. 144, 25 segg. (Hayduck). L' eidos e la privazione costituiscono la
ivavcCwotg, il cui sostrato la 5Xrj (cfr. Metaph., A 2, 1069 b 3
segg., e speciali, b 32-34 e 1070 lj 18; ecc.). L'anima come eidos
aristotelico ha dunque un ivavztov, esattamente come l'armonia.
8)
Arist., framm. 46 (52, 19 R.) xal v -cip EiSijptp.... elBg t;
itocpaivctai
crjv stvai. Essenziale la mancanza di un ge
nitivo come otpatog o ttvj, che non pu essere supplito col
Bernays (1. c., p. 25), per spiegare cos l'espressione come equivoco
mascheramento di una celata antitesi rispetto a Platone. Quella
espressione era sentita da Simplicio come qualcosa che divergeva
dalla normale concezione aristotelica.
'l Arisi., De anima, A 4, 408 a Isegg.
L' EUDEMO
59
della piena indipendenza del giovane Aristotele rispetto
a Platone nel campo logico-metodologico, in cui egli, no
nostante la sua dipendenza in tema di generale conce
zione del mondo, gli sta di fronte con libert assoluta,
e forse con un lieve senso di superiorit. La riduzione
dell' argomento platonico ai suoi elementi e la netta
costruzione tecnica delle due argomentazioni che egli ne
ricava tradiscono una lunga esperienza in queste cose,
cosi come isuoi mutamenti presuppongono
le nozioni
della dottrina delle categorie. Che il superstite scritto
sulle categorie non possa esser nato prima dei tempi del
liceo e anzi non sia neppure stato scritto da Aristotele
(esso caratteristico del periodo di naturalismo ed em
pirismo, che s' inizi nella scuola dopo la morte del
maestro) cosa senza importanza: l'impostazione fon
damentale e iprincipali elementi della dottrina delle
categorie erano gi realt, prima ancora che Aristotele
osasse scuotere ifondamenti metafisici della filosofia pla
tonica 3). Vediamo da ci quando debole fosse origina-
l) Le Categorie non possono essere uno scritto giovanile di
Aristotele, dal momento che come esempio per la categoria del
dove vi nominato il Liceo, e cio senza dubbio la scuola ari
stotelica, dalla quale sono tratti volentieri anche in altri casi gli
esempi per 1concetti logici. Basta pensare a Cori6co; il frequente
uso che di tal nome vien fatto nelle esemplificazioni scolastiche
acquista sapore solo quando si pensi alle lezioni di Asso a cui egli
era presente. L'inversione nominalistica della dottrina aristotelica
della prima e della seconda oticla quale appare nelle Categorie
non ammette eliminazioni interpretazioni conciliatorie: anche la
sna forma non c aristotelica. Non bisogna negare la giusta impor-
tanza a questi spontanei e poco appariscenti indizi linguistici. Inol
tre, l'autore presuppone come gi nota la dottrina delle Categorie
e ne sceglie ed espone soltanto pochi problemi. Tutto ci non im
pedisce di riconoscere che la maggior parte degli elementi singoli
sono, nel loro contenuto, aristotelici. Quanto
precoce sia stata la
loro genesi nell'evoluzione spirituale di Aristotele mostrato dal
l'Eudemo. Ernst Hamhruch {Logische Regeln der plat. Schule in
der arist. Topik, in IPiss. Beil. z. Jahresb. d. Askan. Gymn. (Ber
lino 1901), ha dimostrato che una gran quantit di importanti
nozioni logiche della Topica ebbero origine nell'et accademica.
60 It PERIODO ACCADEMICO
riamente in Aristotele, a differenza di Platone, il nesso
tra logica e metafisica. Egli non consider mai la logica,
a cui dedic acute attenzioni e della quale fu il vero
padre, come una parte della filosofia oggettiva, ma sem
pre solo come un' arte o capacit (Svapi;) retta dalle
sue particolari regole formali, all' incirca come la reto
rica. Era gi ilprimo specialista intema di logica, prima
ancora di trarre dalla sua nuova dottrina dell' astrazione
conseguenze che contraddicessero alla dottrina delle idee.
L'influsso degli studi logici si mostra anche in altri
frammenti dell' Eudemo, pertinenti alla dimostrazione
dell' immortalit, e particolarmente nella predilezione
per la cosiddetta dialettica. In antitesi con l'uso lin
guistico di Platone, Aristotele d questo nome al metodo
dimostrativo basato su premesse meramente verosimili,
cio di evidenza soltanto soggettiva. Di dimostrazioni di
tal genere fanno gi largo uso idialoghi platonici. Nel
conflitto dell' argomentazione (il lato artistico della lo
gica non deve essere mai perduto di vista in Platone e
in Aristotele) esse adempiono all' ufficio d' integrare,
quali peltasti accanto agli opliti, le deduzioni rigorosa
mente apodittiche. Non possiedono piena esattezza scien
tifica (-/. pJ3eia) : ma chi potrebbe disprezzare il peso
degli argomenti x) che Aristotele attinge, per la dimostra
zione della sopravvivenza dell' anima, alle intuizioni re
ligiose del popolo, alle costumanze del culto, alle narra
zioni di miti antichissimi? Anche nei trattati Aristotele
muove, nella maggior parte dei casi, dall' opinione co
mune o da giudizi di personalit segnalate, e cerca di
fondere la nozione propriamente filosofica e razionale
col motivo di verit intrinseco a quelli. Dagli innamorati
dell'estremismo radicale, che dal tempo del romanti
cismo sono da noi considerati, almeno nel campo dello
')
Arist., framm. 44 (48, 11-22 R.).
L' t EUDEMO! 61
spirito, come icervelli pi profondi, egli stato perci
accusato di inclinazione verso il senso comune . Inve
rit, dietro a questa
dialettica, che accanto alla propria
ragione riconosce un certo diritto di parola anche al
fatto storico, all' esperienza collettiva, alle idee di grandi
personalit, si cela una singolare teoria dell' esperienza
(nel senso concretamente storico della parola), che deriva
piuttosto dalla consapevolezza dei limiti propri di ogni
riflessione puramente
intellettuale su tali questioni, che
da un pigro affidamento a ci che par giusto a tutti.
Nelle profondit metafisiche dell' Eudemo conduce
il mito di Mida e Sileno. Interrogato dal re circa il pi
alto dei beni (-co itvtwv atprriirccctov), Sileno svela ri
luttante l'infelicit angosciosa del destino umano. Nello
stile si scorge l'influsso del discorso della vergine Lachesi,
figlia di Ananke, nel decimo libro della Repubblica (617
D segg.). Nella figura e nel linguaggio di Sileno spira
l'umore malinconico di un temperamento cupo, con
dannato ad un esilio nella natura terrestre. Con abil
mente velata terminologia platonica vien proclamata la
dottrina fondamentale della filosofa dualistica. asso
lutamente impossibile che ilfiglio dell'uomo acquisti il
sommo bene: egli non riuscir mai a partecipare della
natura dell' ottimo (jj.exaoy_sv rfjs xo eXxfoxou tpuoeuts).
Giacch il sommo bene , per tutti, il non esser nati
(x pi) YevaO-ai). Se poi sia nato, ilmeglio che 1' uomo
possa ottenere d morire il pi presto possibile 3).
Hparticolare fascino delle solenni parole, illoro vero
e proprio valore di oracolo, nella loro studiata ambi
guit. La saggezza popolare era intonata a tale cupa ras
segnazione: il meglio morire. A questo ingenuo pessi
mismo manca ogni intuizione di un altro e perfetto
mondo, di ima pi alta esistenza che si inizi dopo la
morte. Aristotele immette invece nelle parole di Sileno
') Arist., framm. 44 (48. 2349, 11R.).
bl IL PERIODO ACCADEMICO
iconcetti fondamentali della metafisica platonica: l
|ri] nou soltanto non esser nati , ma anche
non entrare nel divenire . Al mondo della genesi
ilFilebo (53 C segg.) contrappone infatti, quale ultimo
fine e insieme quale compiuta antitesi, il puro essere del
mondo ideale. Ogni valore, ogni perfezione, ogni assolu
tezza dal lato dell'essere, ogni disvalore, ogni man
canza, ogni dipendenza dal lato del divenire. La pitarda
etica aristotelica si distingue da quella platonica in
quanto non si pone il problema di un bene assoluto, ma
di ci che tale per la vita delTuomofv-EipojTUVGV yafl'v)
Qui
invece Aristotele ancora del tutto su terreno pla
tonico. Concependo la realt di valore supremo, gli viene
ancora fatto di pensare all' essere trascendente del bene
assoluto, e non a ci che il Greco chiama eudemonia.
Dal bene assoluto esclusa ogni attivit terrena. Ilpro
blema quindi soltanto quello di ritornare il pi rapi
damente possibile, dal regno del divenire e dell'imper
fezione, a quello dell' invisibile essere.
Pi chiaro che mai si rivela poi il platonismo nel
nocciolo sostanziale del dialogo, la teoria dell'immor
talit. Aristotele consider pi tardi la connessione del
l'anima con l'organismo corporeo come ilvero problema
della psicologia, e si arrog ilmerito di aver riconosciuto
per primo la natura psicofisica dei fenomeni psichici. La
scoperta dei nessi psicofisici doveva anzitutto scuotere la
fede platonica nell'immortalit dell'anima individua, e
Aristotele non pot serbare, delle sue opinioni di una
volta, altro che quella dell' indipendenza del puro vo;
dal corpo. Tutte le altre funzioni dell' anima (riflessione,
amore e odio, timore, ira e memoria) presuppongono
come base ilcomplesso psicofisico e periscono con esso 1).
*) Sull' inseparabilit delle funzioni psichiche dal corpo v, de
anima, A 1, 404 a 16 e altrove; sulla distinzione del vos
dalle funzioni psicofisiche A 4, 408 b 18-30.
t' EUDEMO 63
Precoci sono, in Aristotele, idubbi circa l'immortaliti.
dell' anima intera (che l'unica espressione storica
mente ammissibile per ci che imoderni chiamano spesso,
anacronisticamente, immortalit individuale). Tra gli
scritti dottrinali, il libro A della Metafisica, composto
subito dopo la morte di Platone, tende gi a limitare la
sopravvivenza al voj 1). Anche in un estratto di Giam-
blico dal Protreptico di Aristotele detto: nulla di
divino o di beato appartiene all' uomo, salvo quel tanto
che inessi d' intelletto e di ragione, e che solo degno
di serio interessamento.
Questa
sola infatti, di tutte le
nostre cose, sembra essere immortale e divina
3). que
sta limitazione che poi lo conduce a dare tanto maggior
valore al voOj: esso per lui addirittura una divinit
presente in noi, conforme alla dottrina del V0O5
ftupafrev
zierwbv. La dottrina etica dell' eudemonia e quella teo
logica della noesis noeseos sono fondate su questa
intui
zione. Si comprende quindi come gi ineoplatonici
vo
lessero riferire al solo vo?
gli argomenti in favore del
l'immortalit contenuti nell' Eudemo. Temistio connette
questo difficile problema con l'aporia concernente 1* in
terpretazione del concetto dell' anima quale risulta dal
Fedone, in cui Bono parimenti implicite alcune ambi
guit.
Certo, quando Temistio (o la sua fonte) ascrive al
Fedone il celato intento di dimostrare l'immortalit sol
tanto del vos, scambia l'intenzione degli argomenti pla
tonici con le loro conseguenze2). Imiti del premio e del
castigo delle anime nell' aldil presuppongono necessa
riamente la sopravvivenza dell' intera anima . Riferite
al voO; aristotelico, perdono ogni significato. Tuttavia
') Arisi., Metaph., A 3, J070 a 2
") Arisi., framm. 61 R.
') Arisi., framm. 38 R.
64 IL PERIODO ACCADEMICO
non si pu negare che ipi seri argomenti del Fedone
(secondo
l'espressione dello stesso Temistio), come quello
tratto dalla reminiscenza e dall'affinit dell'anima con
Dio, possono dimostrare soltanto l'eternit dello spirito.
Platone stesso non ha distinto nettamente, nei suoi
dialoghi, idue problemi, clti nella loro differenza solo
dalle discussioni accademiche. Mentre da queste deriva
la posteriore e cauta formula di Aristotele, nel Fedone
possono ancora distinguersi chiaramente le originarie
correnti di pensiero, che si unificano nella religione pla
tonica dell'immortalit. Una corrente proviene dalla
speculazione anassagorca circa il puro vo, che si basava
stilla divinizzazione dell'intelletto scientifico e costituiva
il culmine del razionalismo filosofico del quinto secolo.
L'altra di provenienza opposta : discende dall'aspet
tativa orfica dell'aldil e dalla religione catartica, che
predicava la penitenza e la purificazione affinch- l'anima
non dovesse soffrire nell'aldil le pene pi terri
bili. Essa un'esperienza non speculativa, bens etico-
religiosa, dell'indistruttibilit e indipendenza dell'intima
sostanza psichica. InPlatone idue clementi si sono fusi
in
apparente unit. Ma
questa unit non si fonda sul
l'affinit dei motivi, ma sulla mirabile sintesi di chiarezza
razionale e ardente esigenza religiosa propria dell'anima
platonica. Sotto l'indagine analitica dell'intelletto, la
sua creazione si scinde di nuovo negli elementi originari.
Dopo tutto ci, non pu ormai pi sorprendere che
Aristotele, noli'Eudemo, si accosti al punto di vista del
Fedone anche in quanto attribuisce l'immortalit al-
l'anima intera ]). 11 sentimento pu attingere conso
lazione religiosa solo a
questa intuizionerealistica2 l'eter-
') Ci risulta chiaro dalle parole di Temistio :anche ncll'lTu-
cfcmo occorreva l'interpretazione , per riferire gli argomenti per
la sopravvivenza dell'anima al solo vw?.
L' EUDEMO 65
nit dell' impersonale spirito pensante,
senz' amore e
senza ricordo dell' aldiqu, non ha per esso importanza.
Egli ha per lottato con dubbi, di cui rimasta la traccia
nella sua interpretazione dell' anamnesi platonica. Com'
noto, Aristotele rigetta nella sua psicologia, insieme con
la dottrina delle idee e con la sopravvivenza dell'anima
intera, anche la reminiscenza 1). Neil' Eudemo egli si
basa invece ancora su quest'ultima teoria. Ma fin d'al
lora egli si posto,
e ha cercato di risolvere con mezzi
platonici, quello stesso problema psicologico della con
tinuit della coscienza nell' esistenza successiva alla
morte, che pi tardi gli fa apparire insostenibile 1' im
mortalit nel senso del Fedone. La continuit della co
scienza connessa con la memoria. Mentre pi tardi egli
nega la memoria al vou;, nell' Eudemo egli cerca di
conservarla per l' anima ritornata nell' aldil, trasfor
mando la dottrina platonica dell' anamnesi in una teoria
della continuit della coscienza in tutte e tre le fasi del
l' esistenza dell' anima, preesistenza, vita terrena e vita
successiva alla morte. All'intuizione platonica della re
miniscenza dell' anima rispetto all' aldil egli contrap
pone la sua tesi del ricordo dell' anima rispetto all'ai-
(Iiqu. Egli la fonda mediante un' analogia. Come coloro
ebe passano dalla salute alla malattia perdono spesso la
memoria, in modo da disimparare perfino a leggere e a
scrivere, e invece quelli che ritornano dalla malattia alla
salute si ricordano di ci che hanno sofferto durante la
malattia, cos l' anima che discende nel corpo dimen
tica le impressioni ricevute nel periodo della sua preesi
stenza, e invece l'anima ritornata per la morte Dell'al
dil si ricorda delle sue esperienze e sofferenze (fta
para) dell'aldiqu "') La vita senza corpo la condizione
') De anima, T 5, 430 a 23; Metaph.,A' 9, 993 a 1.
') Arist,, framm. 41 R.
5.
W, Jaeger, Aritlotele.
66 IL PERIODO ACCADEMICO
normale (xa:x cpoiv) per 1' anima, il soggiorno nel corpo
una grave malattia. L' oblio di ci che le apparve nel-
1' antevita solo una transitoria interruzione e oblitera
zione della continuit di coscienza e della memoria. E
giacch per il risanamento, cio per la liberazione del
l'anima dal corpo, non c' da temer nulla di simile,
l'immortalit dell' anima intera sembra, con questa
concezione, assicurata. L' argomento dipende dall' esat
tezza del suo presupposto, che il sapere dell'uomo sia
una reminiscenza di ci che egli contempl laggi (x
luti -9'tz[i-ca). Con la sorte di questo dogma platonico
necessariamente connessa quella dell' immortalit perso
nale, professata dall' Eudemo. Platone aveva fondato, col
mito psichico dell' anamnesi, la sua grande scoperta lo
gica dell' a priori. Ilgiovane Aristotele comincia col pro
cedere sulla via di questo mito, senza autorizzarci a con
siderare in lui come pura metafora questa forma rap
presentativa, che incontriamo come dogma fondamentale
nel Menone e nel Fedone. Nel momento in cui egli vide
chiaro il carattere specificamente logico del pensiero
puro, e interpret la reminiscenza come fenomeno psico
fisico, neg all' intelletto la capacit dell' anamnesi e la
sci cadere le idee della preesistenza e dell' immortalit.
Ma
questo momento, in cui il realistico mito platonico
doveva scindersi per lui nei due suoi elementi, poetico
e concettuale, non era ancora arrivato al tempo del
l'Eudemo.
Nel cerchio chiuso della concezione platonica, che Del
l'Eudemo conclude in s la vicenda dell' anima, manca
ancora solo I'ultimo elemento, le idee. Una critica senza
inclinazioni preconcette non pu dubitare dell'incoerenza
in cui si incorrerebbe quando si volesse espungere dal
l' esposizione di Proclo, da lui designata come autentica
dottrina aristotelica, o si volesse spiegare come semplice
aggiunta del relatore, proprio quell'elemento dell'intero
l'EUDEMO 67
sistema concettuale che solo d senso e nesso logico al
tutto.
Questo
elemento appunto quello delle idee. Sotto
gli l%il S-sipata non si celano che le idee del Fedone.
Prescindendo dalla terminologia, che puramente pla
tonica, Aristotele non avrebbe mai potuto esprimersi cos
sulla base della sua posteriore psicologia e dottrina della
conoscenza. E se la presenza della dottrina delle idee
nell' Eudemo non fosse esplicitamente assicurata dalla
citazione di Proclo, l' ammissione della preesistenza e
della reminiscenza dovrebbe gi bastare da s a esigerla.
Si possono affermare o negare le idee, dice Platone nel
Fedone, ma non si pu separare la teoria dell' anamnesi
e della preesistenza da quella delle idee. Unica la sorte,
e la logica necessit, di entrambe le dottrine '). Quando,
pi tardi, Aristotele abbandon la dottrina delle idee,
cess insieme, necessariamente, di aver valore per lui
anche quella dell' anamnesi.
Questa
dunque la posizione che rispetto a Platone
occupava Aristotele intorno all' anno 354/3, dopo almeno
tredici anni di discepolato. 12 suo periodo platonico si
estende quasi fino alla morte del maestro. Nei limiti in
cui 1' opera giovanile ha significato per la natura di un
uomo, si possono dedurre molto bene, dall' Eudemo, al
cuni tratti caratteristici della personalit aristotelica. Ti
pico che egli, nel campo della tecnica logica e meto
dologica, fosse gi maestro in un' et, in cui dal punto
di vista metafsico dipendeva ancora pienamente da Pla
tone.
Questa dipendenza aveva evidentemente la sua ra
dice nelle profondit irrazionali del suo sentimento per
sonale e religioso. Le correzioni al modello platonico, che
') Plat, Phaed., 76 D. Il principale argomento, con cui il Ber-
nays (1. c, p. 25) nega che la dottrina delle idee possa stare a fon
damento dell' intuizione del mondo espressa nell' Eudemo, ancora
l'attestazione di Proclo e di Plutarco, che Aristotele abbia combat
tuto le idee anche nei dialoghi (contro cui cfr. sopra, p. 44 segg.).
68 IL PERIODO ACCADEMICO
intraprendeva, erano prudenti e conservative. Tentava
perfino di tener dietro a Platone nel suo campo pi
proprio, nel regno del mito dell' anima.
Qui
aveva ra
dice la forza pi energica del pensiero platonico, quella
che determinava la sua intuizione del mondo. In Aristo
tele, per grande che fosse la sua interiore tendenza anche
a tale regno dello spirito, essa non si mostrava, gi qui,
cos originale e sviluppata come la genialit in stretto
senso scientifica.
IV.
IL PROTREPTICO
1. Forma ed intento.
Dopo l'Eudemo, 1' opera pi importante del periodo
che precede la morte di Platone per noi, per il suo
stato di conservazione e anche per il suo effettivo signi
ficato, il Protreptico. Certo, bisogna prima dimostrare
che esso appartenga
a questo periodo, perch finora non
si mai data neanche 1' ombra di una simile dimostra
zione. Perfino la questione della forma letteraria dello
scritto, che fino a poco tempo fa stata in prima linea,
non ancora del tutto chiarita. Di rilevarne ilsignificato
filosofico non si mai fatto nemmeno il tentativo.
Tra gli scritti giovanili di Aristotele il Protreptico
occupa una posizione singolare. diretto a un principe
di Cipro, Temisone. Per quanto non sappiamo nulla di
preciso di costui e della sua vita, possiamo farci assai
bene un'idea del tono di vita di questo piccolo despota
illuminato dell' incipiente ellenismo. Attraverso l'enco
mio di Isocrate a Evagora e il suo messaggio a Nicocle
noi conosciamo questi due personaggi, che erano pure
principi di Cipro, padre e figlio. Il discorso a Nicocle
un protreptico, che prescrive al giovane signore imigliori
principi di un retto e intelligente governo. Cosi, nel
70 IL PERIODO ACCADEMICO
quarto aecolo, le Bcuole gareggiano nell' attirare 1' atten
zione delle potenze mondane e nel procacciarsi con ci
influenza politica. Non sappiamo se Aristotele avesse co
nosciuto Temisone per mezzo del suo amico Eudemo di
Cipro. Ma senza dubbio dobbiamo inquadrare la mis
sione, cui egli adempie col suo scritto, nell'attivit poli
tica dell'Accademia, cbe era allora vastissima. Ilproemio
si rivolgeva a Temisone. Se vi si diceva che per la sua
ricchezza e reputazione egli aveva come pochi la voca
zione per la filosofia, non da credere che in bocca ad
Aristotele questa fosse, come parrebbe a primavista, una
frase di adulazione a). Va rammentata che, secondo la
concezione platonica, solo filosofi che giungano al
potere
politico, o re che si diano seriamente alla filosofia, pos
sono presumere di svolgere nello stato V attivit pi alta
e di venire in aiuto dell' umanit sofferente. Anche Pla
tone, cio, considera la ricchezza e la
potenza come in
dispensabili
strumenti dell'idea'). Temisone deve aiu
tare
l'Accademia a metterein atto la sua dottrina dello
stato.
Con tale
scopo strettamente connessa 'la forma dello
scritto (giusta
nemesi, anche questa, del fatto che si sia
quasi sempre tenuta distinta la questione della forma
da quella del contenuto). L'origine del protreptico come
forma letteraria nel nuovo metodo pedagogico
dei so
fisti. Non Un genere che la socratica abbia prodotto dal
suo intimo: laveste dialogica, che si spesso considerala
peculiare degli scritti essoterici di Aristotele, non ad
esso
connaturata di necessit 5).
Quando Cicerone dialo-
*)
Arist., framm. 50 R.
Il concetto in s assolutamente platonico,
come si vede
dalla seconda lettera (310 EJ, il cui autore lo formula nel modo
seguente: Jtfcpuxs
otmvai stj ta-tv qspivijols vs xal Svafiij
v.al T0t' SXArjXct Sicixsi xal Slte xal oUYYiy":-
')
Nei cataloghi delle opere di Aristotele
conservatisi Vanto in
Diogene quanto in Esichio e Tulemco il Protreptico posto tra gli
IL PROTREPTICO
71
gizz nell' Ortensio le idee del Protreptico aristotelico,
ritenne necessario di segnalare anche nel titolo questa
trasformazione dell' opera. Anche la forma dei protre-
ptici superstiti,
che non risalgono certo oltre 1' et del
l'impero, ci permette
di concludere che il protreptico
era un discorso di propaganda, di tipo simile a quello,
che gli si riconnette nella forma e nello spirito, della
predica ellenstica d'invito alla conversione, passato
poi
nella chiesa cristiana. Pu darsi che spesso concetti pro-
treptici siano stati trasferiti in forma dialogica, come
nella cosiddetta Tavola di Cebete.
Quanto
al Protreptico
di Antistene la cosa, certo, non sicura: ma, com' noto,
Platone si comportato intal modo, nell' Eutidemo, con
argomenti socratici.
In questo
dialogo Socrate d ai so
fisti, che prendono parte alla conversazione, saggi di un
colloquio protreptico con uno scolaro, nella forma a lui
peculiare della domanda e della risposta: e ci con
sono al modo in cui egli spesso giuoca ironicamente con
forme d' arte proprie della sofistica. A questo modello
classico di protreptica platonica Aristotele si ricollegato
in forma addirittura esplicita, ma soltanto per ci che
riguarda iconcetti. Quanto
alla forma, egli non segui
questa volta le traccie di Platone, bens ilmodello d' Iso
crate.
Com' evidentemente
attinta da lui la forma della
missiva personale, cos la parenesi appartiene al conte
nuto stabile del sistema pedagogico
d' Isocrate. L' allo
cuzione a ima determinala persona un mezzo
stilistico,
ins assai vecchio, di ogni sorta di esortazioni e orazioni
didascaliche. Neil' et in cui il verso era ancora lo stru-
scritti essoterici raccolti a capo dell'elenco, il che per non implica
nulla circa la sua forma, perch Don detto che dovessero essere
essoterici soltanto gli scritti
dialogici- Intale gruppo esso poteva
esser compreso anche se aveva la forma di un discorso o di un
messaggio.
72 IL PERIODO ACCADEMICO
mento obbligato con cui si influiva spiritualmente sugli
uomini, possiamo seguire lo sviluppo della forma allo
cutiva dagli avvertimenti di Esiodo a Perse fino al poema
didascalico di Empedocle e alle sentenze dedicate a Cimo
da Teognide, che ancora al tempo di Socrate e dei sofisti
servivano nella scuola per l'istruzione morale dei fan
ciulli. A questa poesia sentenziosa, di vecchio stile, la
sofistica sostituisce una nuova forma prosastica, che ga
reggia con successo con quella antica 1). L'immagine
ideale del principe, che Isocrate presenta in Nicoele,
corrisponde sul nuovo piano sofistico all' ideale cavalle
resco di Teognide. Appartengono entrambi a un unico
tipo. IlProtreptico di Aristotele tuttavia piche un'im
magine filosofica di principe. Esso proclama il nuovo
ideale della vita puramente filosofica, quale Platone esige
anche dall' uomo d' azione. Platonico infatti, e non con
sono allo spirito del pi tardo Aristotele, il fatto che
egli diriga a un uomo impegnato nella prassi politica
un discorso d' invito al [Lo; O'swpTjircx;. E il libro non
stato da lui, come si usa dire, dedicato al principe
suo amico (la dedica di dialoghi o di trattazioni unuso
della cortesia letteraria ellenistica, mentre 1' et classica
non conosce affatto questo costume libresco), ma gli
stalo diretto come viva espressione del suo intento di
energica esortazione pedagogica. In questo senso, Ja de
dica un elemento costitutivo dello stesso stile pro
treptico.
Anche altre traccie segnalano l'imitazione della pa-
renesi isocratea. La forma peculiare, che stampa il suo
sigillo su tutto ci che di mano aristotelica, e cio il
predominio dell' organizzazione concettuale apodittico-
') Lo sviluppo della forma prosastica del protreptico dalla poe
sia gnomica delle
'jtccS
Sj-'ott stato esattamente segnalato da P. Veri-
dland, Anaximenes von Lampsahos, Berlino 1905, p. 81 sgg. Cfr,
Isocr.,
ad A'icccl., 3,
IL PROTREPTICO
73
sillogistica, doveva certo trionfare anche nel Protreptico,
e qui, anzi, in modo pi facile e brillante che altrove. Si
deve filosofare? Ecco la domanda che stava a capo di
tutte le esortazioni all' esercizio della filosofia. Aristotele
rispondeva prontamente: o si deve filosofare o non si
deve filosofare. Nel primo caso, si deve senz' altro filoso
fare. Nel secondo caso, bisogna
tuttavia filosofare, per
dimostrare che non si deve filosofare. Dunque bisogna
inogni caso filosofare 1). Analoga forma sillogistica hala
maggior parte dei brani superstiti. Ma al di l di questo
velo dialettico compaiono spesso i concetti dell' antica
parenesi. Inun frammento pi ampio, che giunto sino
alle antologie bizantine ed anche tornato da poco alla
luce, nella sua integrit originaria, inun papiro di Ossi-
rinco, si osserva in maniera particolarmente chiara que
st' alternativa di vecchio pensiero e di nuova e penetrante
formai dimostrativa2). Bisogna persuadersi che la feli
cit dell' uomo non. consiste nel posseder molto, ma nel-
l' essere ben disposto nel proprio spirito. Neppure il
corpo, infatti, b stima felice perch adorno di splendidi
abiti, ma solo perch sano e ben costituito, anche se
mancante di quell' ornamento. Allo stesso modo bisogna
chiamar felice l'anima solo quando moralmente edu
cata, e l'uomo quando si trova nella medesima condi
zione: e non chiamar tale un uomo che sia splendida
mente adorno di beni esterni, quando in s stesso non
valga nulla. Neauche un cavallo, che abbia morso d'oro
e finimenti preziosi e in s sia di scarso valore, oggetto
di stima, mentre Io quando sia di buona costitu
zione . Oppure: Come chi fosse spiritualmente infe
riore ai suoi schiavi sarebbe ima figura spregevole, cosi
occorre stimar miseri quegli uomini icui possessi hanno
') Fraram. 51 R.
48, 21 (framm.
59; 60; 61 Rose), cap. IX, p. 52, 16
54, 5 (framm. 58),
oltre all' inizio del capitolo VIII, p. 45, 6
47, 4 (framm.
55).
Questa parte di provenienza unitaria. caratte
rizzata dall' uso dei sillogismi dialettici (iit ttSv Ivapyfij?
nioi cpaivopvwv) adottati da Aristotele con particolare
preferenza nelle opere letterarie, e dall' uso speciale del
concetto di tfpvtjais, su cui dovremo tornare. Di estratti
ce ne sono, peraltro, ancora molti. Comincio col capi
tolo VII, finora non fatto dipendere dal Protreptico ari
stotelico e invece di particolare importanza.
Le parole iniziali (p. 41, 6-15) sono state aggiunte
da Giamhlico. Egli vuol dimostrare tre cose. Prima, che
il cppovsv (qui, in senso schiettamente platonico, con
cetto universale della pura filosofia) ha per gli uomini
') La speranza dell'Usener (v. Rheinisch. Museum, XXVIII, p.
400) che da Boezio si potessero ricavare pi ampi brani dell'Orten
sio, non ha avuto conferma: anzi non si pu allatto parlare di un
nso che Boezio abbia fatto dell'Ortensio, come pi tardi dovette
rinmettere lo stesso Usener {Anecd.Holdcri, p. 52). Agostino fu in
vece un fervente lettore del dialogo ciceroniano.
IL PnOTREPIJCO 85
valore in s. Seconda, che esso utile per la vita, perch
senza pensare ed argomentare l'uomo non riesce a pro
cacciarsi nessun vantaggio. Terza, che la filosofa neces
saria per la conquista dell' eudemonia, a qualunque in
tuizione della vita si aderisca e comunque s' intenda
1' eudemonia, o come massimo di piaceri (5ov-fj)
o come
perfetta educazione ed attivit etica (ptvtj) o come pura
vita dello spirito {tppVT)ot?). Questi
tre punti corrispon
dono esattamente alla serie dei capitoli di Giamhlico:
ilprimo trattato nei capp. VII-IX, ilsecondo nel cap. X,
il terzo nei capp. XI-XII. Ora, si potr certo esaminare
in qual misura siano stati trascritti dal libro aristotelico
(e che di fatto essi siano, per intero, estratti dal Protre
ptico sar dimostrato in seguito) : ma nessuno comunque
vorr credere che essi formino un unico ed organico
frammento nell' ordine che presentano
in Giamhlico. Da
ci deriva che le parole introduttive, annuncianti questa
disposizione dei sei capitoli, sono di Giamhlico. La cor
nice di questo quadro, la cui tripartizione stata certo
imitata dal modello, da lui riempita con singoli passi
scelti, attinti alla stessa fonte. Ci risulta gi dall' inizio:
subito dopo l'annuncio del contenuto egli comincia, senza
neppur tentare un adeguato trapasso
stilistico al lette
rale estratto aristotelico che segue, con lo schematico Iti
co(vyv (41, 15). L'argomentazione che cos s'inizia, e che
in s sostanzialmente unitaria, arriva fino a p. 43, 25,
ma senza dubbio abbreviata a p. 42, 5. A p. 43, 25
cominciano di nuovo itagli: tuttavia gi la conclusione
della parte precedente (43, 22-25) mostra la stretta con
nessione originaria con la dimostrazione seguente
(43, 27
fino alla fine del cap. VII). Evidentemente, si tratta qui
di una serie slegata di estratti da un autore antico, in
ogni passo del quale facile riconoscere Io stile e il pen
siero di Aristotele. Non si pu certo dire che fosse rigore
metodico il voler escludere, per la mancanza di attesta-
86 IL PERIODO ACCADEMICO
zioiie esterna, queste pagine da un contesto di brani di
arBtotelicit chiaramente dimostrata.
Specificamente aristotelico il concetto fondamentale
e l'elaborazione metodica del primo capitolo (41, 15
43, 25). Per determinare ci che promuove lo sviluppo
e ilvantaggio di un dato essere, l'autore parte dal con
cetto del tXo$. Il fine di un essere pu venir ricer
cato solo in un' intelligente attivit, in una vivente rea
lizzazione della sua natura: dalla massa delle sue azioni
o funzioni (Ipyov) si distingue quella che gli essenziale
e che costituisce il suo tsXo;, come la potenza che pro
pria a lui piuttosto che ad ogni altro individuo o genere
(oSxsta pSTfj). In tale forza innata il compito di ogni
essere. La gerarchia delle funzioni invista del loro valore
data dalla natura, perch le funzioni servili sono in
sieme sempre quelle biologicamente inferiori, mentre le
dominanti sono le superiori. In tale relazione si trovano,
p. cs., le funzioni corporee rispetto a quelle psichiche.
L' ipyov delle facolt psichiche ha, inquesto senso, mag
gior pregio che quello delle facolt corporee. H grado
supremo occupato da quella facolt dell' anima che
non serve soltanto, come le altre, a produrre un Ipyov
diverso dalla sua vpyeta, e che quindi non ha il buo
fine in un oggetto esterno, da essa creato, essendo per
lei unica ed identica cosa l'vspyeta
e l'
Ipyov.
Questa
la cppvijac; (approssimativamente traducibile col ter
mine di ragion pura ) che ha ad oggetto e scopo sol
tanto s stessa, e non crea altro che s etessa. Essa pura
contemplazione (frswpfa); e nel concetto della contem
plazione sono risolti inunit quelli dell' essere, dell'agire
e del creare. La pi alta forma di vita non n la pro
duttivit n 1' attivit intese nel comune significato dei
termini, bens l'intuizione conoscitiva dello spirito, pro
duttivo ed attivo in senso superiore. Si vede subito come
qui non manchino gli elementi di contenuto aristotelico:
il
pnOIREPIICO 87
e cio la comparazione della gioia contemplativa con
quella dell' attivit disinteressata della vista; ilsignificato
dei termini designanti la funzione e il suo risultato
(ivlpysia, ipyov). la distinzione di Ipya che sono im
pliciti nella stessa ivpyeta da Ipya che sono invece
creati da essa; la discriminazione delle tre attivit poie-
tica, pratica e teoretica; la coincidenza del soggetto e
dell' oggetto nell' atto dello spirito 1). Nella dottrina del
l' ordinamento gerarchico, che sta a fondamento della
trattazione e alla quale poco pi oltre si accenna anche
esplicitamente, troviamo il principio basilare della teleo
logia aristotelica, secondo il quale in ogni campo della
realt igradi inferiori vengono superati e risolti nei su
periori. Infine corrente inAristotele la tripartizione dei
tipi di vita e di filosofia secondo ipunti di vista dell'in
teresse edonistico, di quello morale e di quello spirituale.
A questi argomenti riguardanti il contenuto si ag
giunge una decisiva conferma esteriore. Nel capitolo con
cernente la forma originaria dell' etica aristotelica sar
dimostrato che ampie parti, in s coerenti, dell' Elica
Eudemea coincidono esattamente, tanto nel contenuto
quanto nella espressione verbale, cogli estratti conservati
inGiamblico: e questi brani sono inparte quelli che l'au
tore dell'Etica dice esplicitamente di aver tratto dagli ljio-
TSpixol Xyot. Siccome il confronto di questi luoghi con
gli estratti di Giamblico mostra che questi ultimi sono
stati di modello agli altri, dobbiamo senz' altro ricono
scere nello scritto su cui Giamblico ha esercitato la sua
scelta una di quelle opere perdute di Aristotele, la cui
designazione come scritti essoterici stata oggetto di cos
lunghe controversie, mentre ora pu essere sottratta a
')
Il concetto di ipyov, uno degli clementi pi essenziali della
dottrina aristotelica dei valori, manifesta la sua influenza dapper
tutto e appare esplicito nei seguenti luoghi: 42, 5, 13, 39, 20, 22:
43, *>, 9, 18, 21.
88 IL PERIODO ACCADEMICO
ogni ulteriore dubbio. Ora, proprio le dimostrazioni del
VII capitolo di Giamblico si ritrovano nelle parti del
l'Etica Eudemea desunte da uno scritto essoterico. La
loro natura aristotelica quindi senz'altro accertata;
che poi essi appartengano propriamente al Protreptico
pu essere considerato come egualmente certo, perch
anche gli altri passi che nell' Etica si dimostrano desunti
da un' opera aristotelica sono tratti da esso, e perch il
loro contenuto concettuale di natura pienamente pro-
treptica.
Pi tardi, nelle sue lezioni, Aristotele ha non di rado
posto il problema delle diverse forme di vita, e messo i
suoi ascoltatori dinanzi alla scelta. In questi casi la vita
tendente alla soddisfazione e al guadagno sempre messa
accanto a quella dell' uomo d' azione e a quella dell' in
dagatore e del filosofo. Tanto questa impostazione del
problema quanto la risposta che la vita dedicata al puro
sapere meriti preferenza, anche dal punto di vista inorale,
rispetto a ogni altra specie di esistenza umana, derivano
dal Protreptico.
Con ci non tuttavia ancora esaurito il significato
dell' estratto contenuto nel VII capitolo di Giamblico.
Ogni lettore della
Metafisica
aristotelica ha certo spe
rimentato, ogni volta che tornato a quel libro, l'effetto
suggestivo delle prime pagine, in cui con vittoriosa ener
gia si sviluppa il concetto clie 1' occupazione teoretica
e scientifica non contraddice alla natura dell' uomo, ma
che anzi la gioia del vedere, del concepire e del cono
scere profondamente radicata nel suo spirito, e si ma
nifesta Bolo in diversi modi a seconda dei differenti gradi
della sua consapevolezza e cultura. Cos essa viene ad
adempiere addirittura alla pi alta esigenza dell' uomo,
e da semplice mezzo di soddisfazione degli accresciuti
bisogni della vita civile diviene massimo valore in s e
culmine della cultura; e la scienza la forma pi alta
IL PROTREPTICO
89
e pi
desiderabile
di questa
attivit
contemplativa,
in
quanto
realizza
nella forma
pi netta la visione disinte
ressata
della
pura scienza
e produce
il sapere pi
perfetto.
Chiunque
abbia sentito
come valore
supremo
la
scienza
esercitata
seuz'
altro scopo che s stessa, avver
tir l'energia protreptca
di questi
concetti.
Inmodo pi
puro,
serio ed elevato la scienza
non stata mai conce
pita
e
vissuta, ed essa resta anche
oggi lettera morta per
chi non sa intenderne
in tal modo l'esercizio.
A inten
derla
in tale profondo
senso aveva insegnato
Aristotele
nel
Protreptico.
Che il famoso inizio della Metafisica
sia
nella
sostanza solo
una replica abbreviata
della classica
esposizione
del
Protreptico, dimostrato
dal
confronto
col VII cap. di Giamblico
(p. 43, 20), che se ne distingue
solo in quanto
tratta
gli stessi concetti
con pi ampio
respiro
e con pi particolare
approfondimento
logico.
Risulta
anzi, da tale
confronto,
che
capitoli introdut
tivi della Metafisica
sono stati composti
per l'immediato
scopo didattico
con materiale raccolto
dall' opera gi
esi
stente, e non sono stati mai neppur
concatenati
in un
saldo
organismo.
Metaph.,
Al, 980 a 21:
Anteo, vO-ptoicot to5 el5i-
vai pyo-Jxai
cpset". o'jieCov
S' fj tiv
alothssioy
yr.j?crif .
al rp X<Dpl T?!SXPt-aS
&Ya-
uffivxai 8 1
*
Sauva;, xal
[Xtota
i(jjv 'kXvii 8i
z(Si
cftfitfliv.
"<>
p&vev Iva np&z.
TWjisv, XX
kccI gv] 8 v n
SX-
Xo vi e? it p 4tt eiv T 6p2v
alpo&psfra
&vtI nvitov
siicstv tiv
&\7,av. alz'.sv
8'
gii
fiXioTa
tvist yvto-
pletv jjiiS?
aOTi)
t)v al-
oOijascov
xal noXX?
8v]-
Protr., 43, 20:
T Cfpovstv &ptt -Atti T Oe-uv
pstv.... ndvtiDV
SotIv
alpe-
tdjTatov Totj vOpebnoi?,
)5itsp otp.cn
v.al t toT{ gppaoiv
ipv,
8 xal sXoni
Tip fiv &xeiv,
slv.at
pij ti pSXXol f'"
yvsoOai
Si' aT itap* 0-
zijV Tv
Stspov.
Iti si t 8pv &-j-a-iT&!j.sv
8c"Sut,
IxavSp fiapTupst
TOTO STI TtvTBp t cfpovstv
al t YlYviuoxeiv
laxTiu; 4y a-
it&aiv
.... 4XX4 prjv t ys
icp aiaO-vEoS-ai
8iaplveTai toO
90
IL PERIODO ACCADEMICO
Iti)
55v
xal
-taTtc
jtapooai? xa!
Suvjisi x ijv 8i)p'.axai ... xij5
8 ataS-ijosioj fj it)s 5'
sui?
Stampai SBvafUg
x#
oa-
tpsoxxij slvai xal St
TOSTO Xal [liXlOTB ctlpo-
ptK aJtijv. .. oxoBv st ti
\iiv
ioxtv a'.psxv Sta vrjv
afafajoiv, 8* aX c9-r] si j y v 0-
aie ti; xal 8i t yvu>-
piljeiv
aur?) Svaaa-cu. ri|v $o-
Xv alpojiea, rcXai 8
eliro|i8V 5xi [tx e p] Suotv
del jiSXXov atpexv
$ ftSX-
Xov Onipxsi. xa&xv, xfflv
[lv atoftrjsstuv
xi/v
5<{jiv vyx7]
jiXtoxa
atpexrjv slvat xal xt-
p'.tti, taxfjj 54 xa\ ibv SXXur*
4to3(5v
atpcxojtpa xal xo 5)v
laxlv
fi
tppvsis, xuptioxpa
(oBoa) xc
&Xii5-sac. Soxs
Ttdvxc 4v8-pouwt. x4 <ppovetv jii-
Xtoxa Bttbxouoi* xd y&p ?i}v
f
aitflvxsg xi tppovetv xal x
yvtaplttv
iyaxffioi.
Xot 8 1atpo pj . cpasi [lv eBv
ala5-r((;iv
ixovxa
yiyvsxat l
t$a....
Ci che nella prima frase della
Metafisica
concen
trato nella semplice parola ynrjci;, l'amore per un'at
tivit sentita come fine a s
stessa, molto pi chiara
mente espresso nelle parole corrispondenti dell'estratto
del Protreptico, secondo quanto era necessario per l'espo
sizione essoterica. Non c' parola che non tradisca subito
il suo carattere aristotelico. Soltanto, Giamblico ha qui
fuso insieme, in forma assai rozza, vari brani del Pro
treptico, die erano stati messi insieme per la
somiglianza
del loro contenuto : da ci l'effetto tautologico del com
plesso. Non si tratta invece affatto di una mera parafrasi
del testo della
Metafsica.
L' ambito di questi brani
essenzialmente pi vasto di quello
dell'introduzione della
IL PROTREPTICO 91
Metafsica.
Anzitutto, l'energica tendenza a una forma
nudamente
logica d' argomentazione corrisponde all'im
magine che in base all'Eiulemo ci siamo formata del
l'attitudine mentale del primo Aristotele. Cos della de
duzione dal principio topico,
che di due oggetti ha mag
gior
valore quello che possiede inmaggior grado la qua
lit pregiata r) ; e dell' inferenza, condotta per via defi
nitoria, del valore della cppvyjocj
dal concetto della vita.
Etanto nel Protreptico quanto
nella
Metafsica
la dimo
strazione dialettica, in conformit, parimenti, con le
osservazioni fatte a proposito dell' Eudemo.
Ora, lo stesso carattere manifestano dappertutto i
due primi capitoli, e giacch essi espongono gli stessi
concetti fondamentali del Protreptico, concernenti l'au
tarchia della pura scienza teoretica, spontanea nasce
l'idea che siano stati desunti da quell'opera, o per in
tero o nella massima parte.
L' esame dei particolari d-
mostra agevolmente V esattezza di questa
idea. In en
trambe le opere si espone il concetto della pura scienza
contrapponendolo a quello dell' attivit pratica dipen
dente da mera esperienza o abitudine. Non il pratico
e
l'empirico, ma il conoscitore e il teorico ha dignit su
periore, perch l'empiria non giunge mai a comprendere
le cause e ifondamenti dei fenomeni, come fa invece il
teorico merc il suo dominio dell' universale.
Quanto
pi
emprica, quanto pibisognosa dell' aiuto dell' intuizione
(jtpoffsms), tanto meno esatta la conoscenza. Vera
mente esatta solo la conoscenza di ci che massima
mente conoscibile, e tali sono i principi pi generali
(-r xp&zx), che costituiscono l'oggetto della pi alta
") Per confutare il principio elle l'anima fosse un'armonia del
corpo si faceva uso, nell'Eudemo, della nozione logica che l'iden
tit
degli attributi determina l'identit degli oggetti. Simile procedi-
mento seguito qui da Aristotele, quando riferisce la pluralit
di valoci
dell'oggetto all'esistenza fundpxslv) di proprietdi diversi
gridi di valore.
92 IL PERIODO ACCADEMICO
scienza teoretica. Pu darsi, certo, che il
puro empirico
abbia nella vita pi successo del
teorico, mancante d
esperienza pratica, ma esso non giunge mai a un' azione
che derivi effettivamente dall'
intendimento della neces
sit della cosa, e si conformi a saldi
principi. Egli resta
un jv&uao;, un pedestre
meccanico. La
continua, per
quanto celata, polemica contro lo spirito banausico e
contro ilsuo dispregio della teoria, che permea iprimi
capitoli della
Metafisica, ha il suo
modello nel Prolre-
ptico, incui Aristotele aveva
minutamente
controbattuto
gli attacchi degli empirici. Un brano in cui sono pi
ampiamente riferiti gli argomenti degli oppositori si
fortunatamente conservato (framm. 52 :p. 59, 17 segg. R.).
Che la filosofia non abbia utilit per la vita pratica,
facile capirlo da quel che segue. L'
esempio migliore
ci dato dalle scienze teoretiche o pure
(7Tt(JT?j[ii)
e dalle
discipline dipendenti
({i7T0Xeqievat o?ai). Ve
diamo infatti che igeometri non sono
capaci di appli
care praticamente nulla di ci che
dimostrano in teoria.
Misurare una superficie e compiere tutte le altre opera
zioni concernenti le grandezze e gli spazi son cose che
sanno
benissimo fare igeodeti per la loro pratica, men
tre imatematici e i
conoscitori delle ragioni ideali di
questi procedimenti
sanno tutt' al pi come si deve
fare, ma non sanno, essi stessi, fare . Nel Protreptico
si insiste anche molto sull'
esigenza, per ilsapere scien
tifico, dell'
esattezza (v.plt'.a)
'
esigenza che vien con
nessa con la definizione della scienza come conoscenza
dei supremi principi e
fondamenti. Conoscenza esatta
pu esserci infatti soltanto dell'
universale, dei
principi.
La coincidenza si estende talora fino alle singole parole.
Anche nella deduzione dei gradi superiori e supremi
della conoscenza da quelli
inferiori ed ingenui i due
scritti presentano un completo parallelismo,
per quanto
non ci si possa
naturalmente aspettare da Aristotele che
IL PROTREPTICO
93
egli si ripeta meccanicamente
per pagine
intere. La coin
cidenza verbale resta, com' facile intendere, un caso
d'eccezione.
L'argomento pi decisivo che questi con
cetti appartengono,
nellalorooriginaria
tendenza, al Pro
treptico per cui sono stati pensati,
mentre nella Meta
fisica
essi sono soltanto stati ripresi per le esigenze
del
proemio, e ristretti secondo la necessit dei nuovi limiti.
Subito dopo il grande estratto assegnato dal Rose i
Protreptico segue, nel terzo libro di Giamblico, una de
scrizione, proveniente
dalla stessa fonte, del progressivo
sviluppo della filosofia dalle altre Riconnetten-
dosi alla dottrina platonica delle catastrofi cosmiche il
Protreptico
(framm. 53 R.) narrava come dopo il gran
diluvio e dopo le devastazioni da esso arrecate gli uo
mini fossero etati costretti a escogitare anzitutto iritro
vati pi necessari per assicurarsi il vitto e 1' esistenza
(-c raspi tTjv Tporjv
j)v irpStov vccfKcvxo
cptXoao'-pelv)
;come poi, migliorate
le loro condizioni, in
ventassero le arti dedicate al loro diletto, quali la mu
sica e via dicendo; e solo in terza linea, dopo avere del
tutto soddisfatto ilbisogno delle cose necessarie alla vita
(t vayxat
a) si volgessero alla libera scienza, alla pura
filosofia. Aristotele pensa specialmente
alle discipline ma
tematiche, quando parla dei rapidi progressi delle pure
scienze negli ultimi tempi, e cio nella generazione
di
Platone. Nella Metafisica
(A 1, 981 b 13
982 a 2) lo
stesso concetto riesce singolarmente
inaspettato, mentre
nel Protreptico esso serviva a dimostrare che gli studi
filosofici, quando si siano prodotte le coudizioni che in
citano ad essi, esercitano sugli uomini un'attrattiva
irre
sistbile. Che a questo punto
Aristotele pensasse princi
palmente alla matematica
cosa che si pu ancora rile
vare nella stessa
Metafisica.
Egli designa qui come inizio
della terza fase di sviluppolericerche matematiche della
casta sacerdotale egiziana. Anche la distinzione delle
94 IL PERIODO ACCADEMICO
Tvat vayxatac dalle Xeufrspat deriva dal Protreplico.
Dal quale proviene, dunque, tutto il contenuto dei due
primi capitoli: e Io etesso si deve supporre del brano
982 b 28
l'es
sere e il valore nel senso assoluto della parola; il sommo essere
e nello stesso tempo il sommo bene. Nel punto di massima lonta
nanza dalla sfera umana la metafisica coincide ancora con l'etica
e l'etica con la metafisica. Ma la prospettiva completamente
spostata, e solo inremota lontananza l'immobile
polo, segnalante la
direzione ultima, affiora sull'orizzonte dell'esistenza. Il nesso di
questa metafisica con la singola np&St? troppo debole per giusti
ficare ancora la sua
designazione col termine di <ppvY]oi.
110 II, PEIUODO ACCADEMICO
dall' Etica Nieomachea, una conseguenza dell' abban
dono della dottrina delle idee, il Prolreplico, che c an
cora completamente dominato dall'antico concetto della
<ppv7]ocs, deve avere ancora le sue radici nella metafisica
morale di Platone, nella sua unit di essere e dover es
sere. Di fatto, qui ogni elemento essenziale platonico,
e non solo nell' uso linguistico ma anche nel contenuto.
In nessun altro luogo Aristotele accetta la divisione ac
cademica della filosofia in dialettica, fisica ed etica, a
cui accenna occasionalmente soltanto nella Topica,
opera che probabilmente da annoverare tra isuoi pi
giovanili tentativi ]). Della dottrina, costruita su fon
damento psicologico, delle virt, contenuta nell'Etica e
costituente la prima vera fenomenologia della morale,
non b trova ancora alcuna traccia; e invece s'incontra
la dottrina platonica, elaborata su fondamento sistema
tico, delle quattro virt2). Decisivo poi ci che il Pro-
treptico dice circa il metodo dell'elica e della politica.
Gli avversari della filosofia che appaiono in quest'o
pera usano il nome di etica, come se ci fosse naturale,
nel senso platonico di scienza del giusto e dell' ingiusto,
del bene e del male, al pari della geometria e delle altre
') Nel framm. 52 (p. 60, 17 R.) vengono distinte nettamente,
nella dimostrazione della possibilit di raggiungere un effettivo
sapere: 1) ntotpi) nspl tjv
Sixaiiov
y.at tjv
au|icfspvxcuv ; 2) itspt
cpiiasiog ; 3) itspl t-SJg SXX-r) SXr)ikCa{. Manca ancora ad Aristotele una
denominazione per la prima filosofia: cfr. p. 59, 1-4 R., dove, ac
canto alla scienza del giusto e dell'ingiusto e a quella della natura,
si accenna ad essa, ma se ne designa il concetto con una perifrasi.
D'altronde, la designazione platonica di
< dialettica non per
lui abbastanza caratteristica, perch non distingue l'ontologia dal
l'elica e dallo politica n implica in s alcun riferimento a un og
getto, e vien quindi ristretta nei limiti della pura logica formale.
Alla tripartizione corrisponde la dimostrazione: 1) nepi ootej p. 60,
21-61, 1 R. 2) aspi 'jio/ijp ipsxcv p. 61, 2-8 R. 3) aspi tposuij
p. 61, 8-17 R_ In Top,, A 14, 105 b 20 segg. Aristotele distingue
rtpoTcioaig tfooixai, XoytxaC (neanche qui detto 6iaXe*n-
xaC: cfr. Senocrate, framm. 1Heinze).
5) Per le quattro virt platoniche v. framm. 52 (p. 62, 1 R.)
e 58 (p. 68, 6-9).
il
pnoiREPiico 111
discipline ad essa affini 1). Aristotele richiama con ci
l'attenzione su un punto che evidentemente doveva aver
pi colpito e suscitato critiche, e cio sulla concezione
dell' etica come scienza esatta. In un altro luogo egli
designa la politica, che non pu essere distinta dall'etica,
come una scienza che ricerca norme assolute (8poi). Egli
contrappone
la politica filosofica alle la cui
scienza soltanto derivata. Tra queste egli annovera
anche la solita politica empirica, che giudica
solo se
condo le analogie dell' esperienza e non pu perci mai
dar luogo a un' attivit feconda. La politica
filosofica
ha per oggetto l'esatto in s : una scienza pura
mente teoretica2).
Questo
ideale di esattezza matematica contraddice a
tutto ci che Aristotele, nella sua Ecica e nella sua Po
litica, professa a proposito del metodo di queste due
scienze. Neil' Etica Nieomachea egli combatte esplicita
mente, come inconciliabile con la"natura del suo oggetto,
1' esigenza di un' esattezza di metodo. In questo senso
egli avvicina l'etica e la politica piuttosto alla retorica
che alla matematica3). Essa pu raggiungere
un'uni
versalit soltanto generica: le sue deduzioni non esclu
dono ogni eccezione, per lo meno di regola. Tanto mag
giore l'universalit, tanto minore il contenuto e l'effi
cacia: ecco il giudizio della pi tarda etica aristotelica
sull' ideale metodico sostenuto ancora dal Protreptico4).
Non c' quasi parola, dedicata daITEtica Nieomachea
a questo argomento, che non abbia anche un intento
polemico: dobbiamo quindi imparare a leggerla facendo
attenzione a ci. (Nel Protreptico si diceva che il poli
tico filosofico si distingueva dal politico di stampo con-
') Framm. 52 (p. 58,
23).
") Jambl., Protr., p. 55, 1e 55, 6 segg. (Pistelli)
') Etk. JVic., A 1, 1094b 11-27; A 13, 1102 a 23
i-vii Nw\. r 7. nnt
'12 IL PERIODO ACCADEMICO
sueto per l'esattezza della sua conoscenza normativa,
essendo abituato a considerare le cose in s e a non con
tentarsi delle varie immagini offerte dalla realt empi
rica. A questo luogo ai riconnette quasi verbalmente, e
con determinata intenzione, un passo dell' Etica Nico-
machea, nel quale questa concezione si trova esattamente
capovolta. necessario, si dice qui, distinguere tra il
modo incui un geometra misura l'angolo retto e ilmodo
incui lo misura ilfalegname (cio
l'empirico). Ilprimo
considera la verit in se, 1' altro si occupa della natura
di quella realt solo per ci che necessario invista dei
suoi scopi pratici. E proprio quest' ultimo, non il geo
metra,
paragonato da Aristotele alla scienza etico-po
litica! L'ideale metodologico di un'etica more geome
trico, seguito da Platone, qui nettamente respinto, men
tre domina ancora incontrastato nel Protreptico J). Pa
rimenti, Aristotele polemizza contro la sua precedente
concezione platonica nei passi dell'Etica in cui insiste
sull'assai maggioreimportanza che, a paragone della cul
tura teoretica, possiede l'esperienza pratica per ilpolitico
e perfino per l'ascoltatore di lezioni di etica 2). Cosi, di
et posteriore anche la sentenza che per un re ilfilo
sofare non sia una necessit, anzi piuttosto un impedi
mento, ma che per egli debba prestare orecchio a con
siglieri veramente filosofici. Essa deriva probabilmente
da un memoriale inviato ad Alessandro, e sembra rife
rirsi a una determinata situazione storica, da assegnare
Edi. /Vic., A 7, 1098 a 26 pspvvjc&ai 5 xal-cSv Kpostpfisvwv
XP) xal fijv SxpijUiav &poto tv Sreaeiv Ireivj-tsrv, XX' tv
ixexoij v.at t;v &reoxeipiv)v BXijv "/.al liti togotov,
'f'
fioov
olxstov T-g ps9-s5qi, "/al yp xxxwv /al ytu>fiixp]S
5iaf
spvxiog
iixitytoCoi
vff*
6 pi- yp
l'P
&3ov rep'j tpyo-,
5 8i ti iotlv ) Jtstv ti. {Ssarijs yp tXr;8-o5s.
v6v atv 5 xpreov
/al tv totf XXots
reoiijxov,
8reu>?
ji t recipspya tcBv Ipyuiv reXeiio
yivrjtai. Cfr. Jambl., Protr., p. 55, 1-14.
1Elfi. Nic., K 10, 1131 a 1e 10; A 13, 1102 a 19 segg.
tt PROTBF.PTICO
113
al tempo della spedizione d'Asia '). Tra questo consi
glio e quello contenuto nello scritto che, dirigendosi
a
Temisone, vuol farne unpolitico teorico, obbediente alle
idee, sta tutta una trasformazione dei fondamenti del
pensiero aristotelico.
L' ideale di nn' etica geometrica era concepibile solo
sul piano della pi tarda dottrina delle idee. Per Pla
tone, sapere scieniifeamente equivale a misurare. Per
scienza esatta egli intende una scienza che misuri le cose
merc un criterio assoluto e perfettamente determinato.
L'illimitato (fiitetpov), la molteplicit
del mondo sen
sibile non perci mai oggetto di una pura scienza.
Il Fihbo mostra come il vecchio Platone cerchi di ren
dere 1' etica oggetto di una scienza esatta di tipo mate
matico merc il principio del lmite (Ttpa;) e della mi
sura (|iypov). Il concetto del misurare vi riappare ad
ogni passo: il distintivo dello stadio matematico della
dottrina delle idee. Essendo ogni bene misurabile e li
mitato, e ogni male incommensurabile e illimitato, tanto
nel cosmo come nell'anima, la politica e l'etica del tardo
Platone in senso vero e proprio una scienza teoretica
della misura e della norma. Nel secondo libro del per
duto Politico Aristotele scriveva: il bene la misura
pi esatta fra tutte2).
Questo
principio allegato pro
prio contro di lui dal platonico Siriano, che vuol dimo
strare con esso come Aristotele avesse avuto in altri
tempi una miglior comprensione della dottrina plato
nica. Non diversa da questa,
infatti, quella professata
da Aristotele nel Protreptico, quando pone 1' esigenza
dell' esattezza e designa la politica come pura scienza
*)
Pramm. 617 R.
*) Fi-amm. 79 R. Il contesto di Siriano, non compreso dal
Rose nella sua trascrizione, importante perch mostra come egli
avvertisse chiaramente l'antitesi di questo principio rispetto alla
posteriore dottrina di Aristotele.
8.
W.
Jaigee,
Aristotele.
'14 u, PERIODO ACCADEMICO
normativa. Tale la filosofia del Filebo, che nella tavola
dei valori d il primo posto alla misura (pixpov), il
secondo a ci che comunque commensurabile (auppe-
xpov), il terzo alla ragione che ne ha conoscenza (tppvTj-
O'.j). L'idea del bene
era, nella Repubblica, fonda
mento di esistenza e di conoscibilit per tutto ilmondo
reale. Secondo ilFilebo, e secondo il Politico di Aristo
tele, essa tale in
quanto il pi alto e universale cri
terio di misura, e cio la pura unit mediante la quale
il mondo delle idee limitato e simmetrico , e con
ci esistente, buono e conoscibile. Ogni illimitatezza
esclusa dal suo
cospetto.
Quanta parte abbia avuto in
questa dottrina la tarda concezione platonica delle idee
come numeri, non pu qui essere indagato. Aristotele,
nel Protreptico, ne fa spesso menzione. La sua etica po
steriore, che non riconosce alcuna norma valida univer
salmente e neppure ammette criterio di misura al di
fuori di quello, vivente ed individuale, che risiede nel
l'autonoma personalit morale e la cui cppvTjoi? non con-
cerne l'universale (xaffXou) ma il particolare (xecfKexa*
<3~ov ), costituisce la consapevole antitesi della conce
zione sostenuta nel
Protreptico e nel Politico*). Ilprin-
') Phileb., 66 A.
!) Elk. A'ic., r 6, 1113 e 29 5 OTtouSaCoj fp ixaaxa xpivei
pD-j; xal v ix4cco:j tAijfi-; aT$ aatvEtau... xal Siatfpst -?.sr.
o-uov tou>{ 6 onot)5ato{ tip t iXijfrig Iv 1x4otoij 6pSv, Giajtsp
xavv xal ptpov attv
(v. A 14, 1128 a 31 6 Si] xapieig xal
Ao8-pto{
o6tu>s
l{;si, olov vpo; & v
aux$. K 1176 a 18
xal Iotiv Sxotou
fit
pov
$ pez-ij xal 6 -raS-g g to io -o
j,
xal giovai eUv Sv al toOttp cjaivipsvat xal gSa 0X5 oto; /aipst.
Queste mirabili frasi dimostrano del resto di nuovo, considerate
alla luce delle espressioni del Protreptico,
che l'indagine etica d
Aristotele era in origine completamente dominata dal problema
platonico della commensurabilit, e del criterio di misura, dei fe
nomeni morali: soltanto, egli rigetta pi lardi le norme universali
e non riconosce altro criterio di misura al di fuori della coscienza
autonoma (certo niente affatto esatta in senso gnoseologico)
della
personalit moralmente educata 1 6
onouSatosi. Con ci egli rinvia
ciascuno al giudizio di s medesimo, e fa luogo alle individuali
IL PROTREPTICO 115
cipio che il bene sia la misura pi esatta di tutte coin
cide esattamente con la sentenza, enunciata dal vecchio
Platone nelle Leggi, che Dio sia la misura di tutte le
cose : sentenza che, involuta antitesi rispetto al principio
di Protagora, che l'uomo sia la misura di tutte le cose,
innalza la norma assoluta sul trono del mondo a).
Questa
Dio platonico infatti ilbene in s, la pura monade, la
misura delle misure.
Qui
la politica e l'etica diventa teo
logia, e si asside sul culmine della filosofia teoretica: es
sere e dover essere sono insenso assoluto identici, e l'at
tivit umana si manifesta inimmediata connessione finale
col massimo valore esignificato del mondo. UEticaNico-
machea2) combatte coerentemente anche questa posizio
ne dominante della politica, che pu esser tanto poco la
somma sapienza, quanto poco gli scopi della vita umana
attingono quel bene etemo, che solo ilsaggio scorge nella
contemplazione della divinit.
L'esigenza del Filebo, d'innalzare lafilosofia a scienza
matematicamente esatta 8), non manifesta la sua efficacia
soltanto sull'etica e sulla politica del Protreptico. Essa
sta a fondamento anche della descrizione dei rapporti che
intercorrono fra la scienza empirica e la scienza pura.
Come l'ideale dell'esattezza e il concetto della misura,
cos anche il problema della delimitazione delle scienze
determinazioni e condizioni dell'attivit morale nella loro moltepli
cit inesauribile, senza tuttavia scuotere l'inviolabilit della norma
interiore. Anche ilfamoso concetto della bpz-.r, come giusto mezzo
tra VbntpOAij e 1' iJ.Asf.jHj trattato sotto l'aspetto del problema
della misurazione di quantit continue (B 5, 1106 a 26) e trac il
suo significato metodologico solo da questa impostazione del pro
blema: cosa alla quale d solito non si bada affatto, in quanto non
si tien presente il contesto storico che coiu'-'ziona, in Aristotele, la
genesi di tale questione.
*) Plat.
Leg., IV, 716 C 4 Si] <H6s ptv itv-tiav xprj[iTBiv p-tpov .
Sv sii] [lAio-ta, xal noX pAAov ?) no6 tig, Si; tfasiv,
SvOpioitoj.
1Eth. Vic., Z 7, 1141 a 20 segg.
*) Per l'esattezza (xplpsia) come criterio di misura del carat
tere scientifico di una disciplina v. Phil., 56 B-C, 57 C-E, 58 C,
59 A, 59 D ecc.
116 IL PERIODO ACCADEMICO
pure rispetto a quelle applicate passato
nella tarda dot
trina platonica dalla matematica. Nel Prolrcptico, gli av
versari 1) della pura filosofia e della pura scienza istitui
scono ibinomi di geometria e geodesia, dottrina dell'ar
monia e musica, astronomia ed esperienza nautica del
cielo e dell'atmosfera, per dimostrare che in ogni campo
la teoria addirittura d'impaccio per l'attivit pratica
in quanto allontana lo studioso dall'esercizio e spesso pa
ralizza la stessa naturale sicurezza dell'istinto. Saremmo
curiosi di conoscere ci che Aristotele opponeva a tali
osservazioni. Purtroppo, la sua risposta a tali critiche
andata perduta. Il motivo del giustapporre, in coppie
parallele, le scienze empiriche c quelle pure non na
turalmente stato inventato dagli avversari, essendo usato
inizialmente dallo stesso Platone. Nel Filebo2) si distin
gue un' aritmetica dei filosofi dall' aritmetica della co
mune umanit; e a seconda che essa opera con unit
uguali o disuguali, essa scienza in grado maggiore o
minore. Cos esiste anche una duplice tecnica del calcolo
e della misura, anzi tale dualismo 3) sussiste in molte
ilyya.: anche senza che esse mostrino nel nome tale di
stinzione. Tra esse sovrastano incomparabilmente alle al
tre, per l'esattezza e la verit quanto
alla misura e al
numero, quelle di cui si occupano iveri filosofi. La ri
sposta di Aristotele agli empirici sar stata simile a
quella data da Platone nel Filebo: non si tratta di sta
bilire quale arte giovi di pi all'azione e quale procacci
maggiori vantaggi, bens di sapere quale tra esse miri
alla massima esattezza, chiarezza e verit. Un po' di
bianco veramente puro pi bianco, pibello e pivero
') Fratnm. 52 (p. 59, 18 segg. R.).
') Phil., 56 D.
') Phil., 57 D. De confrontare anche Epin., 990 A, dove l'astro
nomo procedente con metodo matematico contrapposto al cono
scitore empirico dei fenomeni celesti e meteorologici.
IL PHCTREPTICO 117
di una quantit anche grandissima di bianco mescolato
con altro colore . Esso sar quindi senz'altro preferito
dall'amatore di colori puria).
Questo
ideale dell'esattezza
del sapere a scapito della sua utilit, che deriva dallo
spirito di costruzione matematica della pi tarda dot
trina platonica delle idee, chiaramente riconosciuto an
che dal Protreptico. Non si pu concepire Aristotele sen
za questo sentimento costruttivo, artistico della meto
dologia.
In ogni modo, la dottrina delle idee appare chiara
mente professata, nel Protreptico 2), anche nella sua
parte sostanziale. Come nelle arti manuali gli uomini
hanno costruito imitando la natura imigliori strumenti,
coi quali si misura e controlla la perfezione lineare o
superficiale degli oggetti sensibili, cos sussistono per Ari
stotele anche per ilpolitico determinate norme (Spot) che
egli attinge alla autentica realt e verit (it r/]$ cpuasio?
xa zfji Xp&eta?) e secondo le quali egli giudica
ci che retto, onorevole, buono e salutare. E come in
quel caso i pi perfetti strumenti sono quelli imitati
dalla natura, cos anche la legge migliore quella con
forme alla natura in grado massimo. Ma questa legge
non pu esser prodotta senza che sia stata conosciuta,
merc la filosofia, l'essenza e la verit stessa delle cose.
Gli strumenti delle altre arti e iloro pi esatti calcoli
non si ricavano immediatamente dai supremi principi
(ox n'atfflv t<Bv rcp&tov) bens da fonti di secondo,
terzo, e anche pi basso ordine, e le loro regole vengono
acquisite per mera esperienza. Solo il filosofo dirige la
Sua imitazione (jrijAijcis) immediatamente verso l'esatto in
s (ie' aifv
T(I)v
xptjfv), Egli infatti un contem-
') l'Ini., 53 A.
') Jamb!., l'rnir., p. 54, 22 segg., e spec. 55, 1e 55, 7 segg. {manca
nel Rose).
113 IL PERIODO ACCADEMICO
platore (3-saxj) delle cose in s (aura) e non delle loro
copie ([ttpvjpaTa).
Tanto la lingua quanto il contenuto filosofico del
passo sono puramente platonici. Ci ha richiamato l'at
tenzione gi in un'et in cui non si poteva ancora con
cepire l'idea di un periodo platonico di Aristotele1). Fin
che si considerava ilpasso isolatamente, si poteva pensar
forse di spiegarlo ammettendo un'imitazione stilistica di
Platone, dietro la quale si celasse, riservata e cauta, la
concezione propria dello scolaro. Ma ilsignificato di que
ste parole pu essere veramente compreso solo nella sua
organica connessione con tutta la filosofia del Protreptico,
ed esso esige necessariamente, come fondamento teoretico
della gi veduta dottrina dei valori, la metafisica duali
stica delle idee. Ircpxa della
Metafisica
e dell'analitica
di Aristotele son qualcosa di diverso da quelli di cui si
parla qui. Certo, anche nella Metafisica'2) detto che
il filosofo conosce iprincipi supremi, quelli in massimo
grado universali (jtpffixa). Si mostrato come la formula
zione dei due primi capitoli della
Metafisica
si riconnetta
strettamente e di continuo al Protreptico. Tanto pi im
portante ilfatto che Aristotele vi eviti, a ragion veduta,
la formula platonica ax x Jtpixa cancellando l'axd,
c cio proprio la parola che nel Protreptico fornisce al
l'espressione x rcpixa il senso specifico che esso ha nella
terminologia platonica. Quest'ultimo, d'altronde, non pu
significare l'universale astratto, gi per il motivo che i
concetti generali nel senso aristotelico non costituiscono
) V. R. Hirzel (in Hermes, X, p. 99), che ha giustamente pa
ragonato la necessit della filosofia pel dinasta e per l'uomo di
stato, affermata dal precedente frammento, con l'esigenza platonica
che ire debbano filosofare o che solo ifilosofi debbano essere re.
Errava invece lo Hirzel, per le ragioni gi dette, quando voleva
ascrivere il cap. X di Giainblico non al Protreptico ma a un altro
scritto giovanile, puramente politico, di Aristotele.
!) Metaph., A 2, 982 a 25.
IL PROTREPTICO 119
alcuna antitesi rispetto alle copie (fnpVjpaxa), ter
mine, questo, anch'esso specificamente platonico, il cui
uso ha senso solo in connessione con la dottrina plato
nica delle idee come esemplari e della partecipazione
delle cose sensibili ad esse. Interpretare il termine [itjiVj-
paxa nel significato pi generico di cose sensibili
assolutamente escluso, data l'estrema nettezza, stilistica
e logica, propria di Aristotele1).
Questo
disperato tentativo di trovare una via d'uscita
dalle contraddizioni in cui necessariamente s'impiglia
ogni interpretazione aristotelizzante del passo del resto
dimostrato vano anche dall'equazione terminologica di
quelle
espressioni platoniche con la formula la natura
in s e la verit (puais axj xal X&sia). Non si pu
qui pensare al concetto aristotelico della natura. Non sa
rebbe infatti giustificata, per essa, l'aggiunta dell' axVj,
n essa quella fonte di assolute ed esatte norme poli
tiche e morali, di cui qui si parla s), n infine si potrebbe
l) Il termine deve porre in rilievo il maggior valore esisten
ziale del modello, e non pu quindi esser pi usato dal momento
in cui le idee sono soltanto ti [lXtoxa xa&Xou e non pi eota.
Tanto meno si pu dire che le singole realt della natura visibile,
costituite, secondo la concezione aristotelica, di materia e forma,
siano imitazioni delle entelechie, o forme, operanti in esse. Pre
messa necessaria del concetto delle imitazioni ila trascendenza
platonica, il di
esemplare ed esemplato. Decisivo poi
il fatto che anche pi tardi Aristotele, criticando la dottrina delle
idee, designa spesso queste, con platonico terminus tecknicus, come
ax assolutamente, senza alcun'altra aggiunta, allo stesso modo
che qui (Jamhl., 55, 13 Pistelli): axtv fp Jori Ssaxr;g, XX'o
(itpri[icixoiv. Ilpronome qui non si riferisce ad altro, ma ha valore
assoluto. Ilche possibile, linguisticamente, in quanto tale suo uso
accade soltanto in antitesi alla designazione delle corrispondenti
apparenze o copie sensibili: cfr. Metaph., 991 a 5 ini x' axrjs xal
tvj; xtvg (scil. 8o5oc), a $0 oO (lvov ttv atoS-rjxSv ... SXX xal
attv, b 30 |isxa xiv SeOpo x' loxal xal axtv, 997 b 14 nap'
ax?
xal
x&c
alaOijxg, b 24 (isxa axffiv xe xal xSv yOapxW.
Evidentemente non si fatta attenzione a questo particolare uso
platonico del termine.
J) La designazione della politica, che non sviluppa la sua ener
gia creatrice in funzione della norma eterna ma procede secondo
modelli terreni e inconformit a costituzioni e leggi scritte, col ter-
120 IL PERIODO ACCADEMICO
dire del filosofo, il quale indaga la natura aristotelica,
che egli indaga l'originario inso , mentre le altre arti,
che traggono iloro strumenti e le loro regole dalla stessa
natura sensibile, hanno a che fare soltanto con copie di
seconda, terza e anche pi tarda mano. Se infatti tanto
l'uno quanto le altre avessero ad oggetto della propria
imitazione la stessa natura, quale posizione di privilegio
spetterebbe al filosofo rispetto alle altre
x'/va: quanto al
rapporto con quella? Invece, proprio quest'antitesi della
filosofia, che contempla la realt ins delle cose, rispetto
alle arti, che imitano soltanto copie di copie ci permette
di procedere pi oltre'). Essa deriva dalla teoria delle
idee
esposta nel decimo libro della Repubblica.
Iltertium eomprationis sta nel fatto che tanto l'una
quanto le altre si modellano su una realt oggettiva, esi
stente al di fuori di esse, alla quale incerta misura attin
gono le loro leggi: per le arti tecniche modello la
natura sensibile, per ilfilosofo invece la natura ins ,
appercepibile solo nel puro pensiero: il vero essere, al
trimenti designato con la formula di ax x ixpGvta 2).
dunque impossibile che questa espressione significhi
la massima universalit, perch pi tardi Aristotele, defi
nendo tale universalit, le negala realt oggettiva: men
tre proprio tale realt attribuita ai np&xx dalla desi
gnazione la natura ins . Nonsi puconcluderne altro
che in questo luogo ci che inmassimo grado univer
sale e logicamente esatto ancora identico con ci che
essenzialmente reale: e
questa identit conviene sol-
mine di |J.C]fj]o"g o di
infilinola
Xi]Jetag risale al Politico di
Platone (297 C; 300 C segg.), in cui occotre pi volte, al pari del
confronto del vero uomo di stato col timoniere (cfr. 297 E). Di qui
deriva, del resto, il problema medesimo. In 308 C la politica ideale
di Platone detta 7) xax rpOoiv o5ca
fffitv woXt-twii.
*)
Plat., Resp. X, 599 A; 600 E; 602 C; 603 A; 605 B.
*0 l'iat., Parm., 132 'D x.... sSi] xa3xa (oitsp rcapaSsiffiaxa
lavava', iv tf; <paei. L'equiparazione di tp6ai?, 5v,
XrJt-eia pla
tonica.
IL PROTREPTICO
121
(1 tanto all' idea platonica. Solo di essa si poteva dire che
fosse la natura in s, il divino, l' immutabilmente
saldo,
costante ed eterno, verso cui il politico filosoficamente
consapevole orienta la bub vita, e in cui si ncora come
un bravo pilota1).
Se nel Protreptico le idee si presentano
anzitutto
come fondamenti della gnoseologia, in quanto preciso
oggetto di un puro sapere, e solo in secondo luogo come
norme etiche, ci corrisponde alla direzione ideale se
guita da Platone in quella pi tarda fase del suo svi
luppo, a cui appunto
b riconnette Aristotele. Essa con
duce all'accentuazione del momento metodologico e alla
repressione, se non all' eliminazione, del carattere onto
logico dell'idea. Lo stesso argomento per la reale esi
stenza delle idee viene ora essenzialmente tratto dalle
esigenze e premesse necessarie della conoscenza concet
tuale. Se ifenomeni sensibili fossero isoli oggetti reali,
il pensiero
concettuale, che solo esatto, sarebbe senza
reale oggetto,
e quindi, per il Greco di quell' et, non
sarebbe affatto una conoscenza. Ilcarattere di esattezza
del puro sapere diventa con ci la vera e propria pietra
angolare del tardo pensiero platonico. L'idea il puro
oggetto, che si deve inferire come esistente per il pen
siero esatto.
Questo
argomento capitale dell' Accademia
stato riferito da Aristotele nel suo scritto perdutollep
ISefv, dal quale lo ha tratto Alessandro di Afrodisia,
che ce lo ha conservato2). Si spiega con ci come il
Protreptico chiami le idee 1' esatto in s . Ma anche
il termine, che appariva nell1argomento accademico,
torna qui ad essere espresso
8) : quello di assoluta
mente determinato (x (bptapva).
') Jambl., Protr., 55, 21 segg. (Pistelli).
'1 Framni. 187 R.
l) Frainm. 52 (p, CO, 21 R.) : cfr. Ihpl JSswv, fraumi. 187 (p. 149,
22 R.).
122 IL PERIODO ACCADEMICO
Mentre pi tardi, per Aristotele, la possibilit di ima
conoscenza scientifica del soprasensibile diventa il pro
blema pi difficile fra tutti, perch dopo la negazione
delle idee platoniche non i pu pi capire come si
possa concepire l'essenza delle cose merc iconcetti
universali, ilProtreptico dimostra, con rigore notevole e
con evidente riferimento a presupposti affatto diversi, la
possibilitdi unascienza checonosca ilgiustoeilbuono,
la natura e la restante verit (cio
l'Svxto; 5v). Per
l'autore del Protreptico ci che primo nella sfera del
l'essere coincide con ci che inmassimo grado cono
scibile, e questo, definito insieme come l'assolutamente
determinato, ordinato e normale, coincide a sua volta col
bene e con la causa a). Ora, per quanto espressioni come
npxspov eptiaei e 7xpxepov pi? e
7tp<Sxa nel senso
di principi supremi ,
compaiano certo anche altrimenti
nellafilosofia aristotelica, tuttavia nonc' dubbio che esse
derivino originariamente
dalle dimostrazioni platoniche
dell' esistenza delle idee, alle quali convengono in modo
eminente e per le quali devono essere state inizialmente
coniate. Significato preciso esse hanno solo se applicate
a un essere trascendente in senso platonico, mentre di
ventano equivoche quando siano riferite all'essenza im
manente. Per questa ragione il loro significato subisce in
Aristotele variazioni profonde, ed esige aggiunte deter
minanti (piasi, npi Jjpccg). Il senso assoluto, che vien
loro attribuito nel Protreptico, pu convenir loro solo col
presupposto che nel pi alto oggetto della
conoscenza,
come nelle idee, verit, essere e valore coincidano. Solo
quando nei 7tpxsp e nell' ficya-ifiv s' intendano
signi
ficate le idee divien comprensibile quella stretta fusione
di etica e ontologia che ha luogo anche in
questo argo
mento.
*) Framm, 52 (p. 60, 17 segg. R.).
IL PROTREPTICO
123
Decisivo poi il paBso
del Protreptico in cui compa
re quella dottrina degli elementi (axoista) della realt
che invece ampiamente
combattuta nella Metafisica
J).
Nella prima opera Aristotele dice: il precedente causa
in grado maggiore che il conseguente, giacch,
tolto
quello, tolto insieme questo,
che dal primo deriva il
suo essere (x7"/V
oaiav) tolto il numero tolta la linea,
tolta la linea tolta la superfcie, tolta la superficie
tolto il solido. La Metafisica
nega invece ogni .esistenza
agli oggetti
matematici, numero punto
linea superficie
solido, ed anzi informa come l'attribuzione
dell'esi
stenza a questi enti fosse propria
dei platonici. In essa
detto: essere (oata) b dice anche ci, la cui elimina
zione elimina insieme il complesso a cui appartiene, nel
senso in cui, secondo
alcuni, tolta la superficie tolto il
solido, e tolta la linea tolta la superficie. Essi consi
derano inoltre anche il numero come un essere di que
sta specie. Le parti pi antiche della Metafisica
rivol
gono
la loro critica del platonismo principalmente
con
tro quest' ultima forma della dottrina delle idee, che o
giustapponeva alle idee gli oggetti
matematici, conside
rati anch' essi come
esistenti, o interpretava addirittura
ia le idee come numeri. Intali luoghi Aristotele definisce
a questa dottrina come un
pceXax?. Tanto pi
significativo quindi il fatto che egli stesso sia stato,
in altri tempi, seguace della dottrina combattuta. La
sorte di questa
identica a quella dell'esistenza tra
scendente delle idee e degli oggetti
matematici, e del con
cetto platonico dell' essere.
Aristotele lascia intrawedere che nell' Accademia
si
discuteva circa il problema degli elementi dell'essere:
osserva infatti come, sia che a principio e causa di tutto
') Framm. 52 (p. 60, 26 R): cfr. Mcluph., A 8, 1017 b 18;
N 3, 1090 b 5.
124
IL PERIODO ACCADEMICO
venga posto il fuoco o 1' aria (cio
gli elementi della
filosofia naturalistica), sia che venga considerato tale il
numero o certe altre nature (tptiaei;, le idee), risulti in
ogni caso impossibile procedere comunque nella cono
scenza prima di avere conosciuto iprincipi x). Anche Pla
tone, nei suoi dialoghi pitardi, ha fallo allusioni simili,
senza per chiarire come stessero le cose. Nel Filebo, ri
cordando la dottrina delle idee, egli parla apertamente
della
noXA/i) OTtouSrje della pet Siatpaswg 2)
a cui essa dava origine. A queste discussioni Aristotele
partecip vivacemente. Tanto pi notevole quindi, nel
Protreptico, la subordinazione di quella opinione par
ticolare alla dottrina accademica dominante. Si possono
trarre da ci due sicure conclusioni. Anche in questo
primo periodo Aristotele non ha professato la dottrina
delle idee come un rigido principio dogmatico, ma da
seguace che ne parlava con piena consapevolezza delle
difficolt ad essa collegate.
Queste
non debbono per
essergli ancora sembrate cos gravi, da sentirsi in grado
di confutare senz'altro la dottrina platonica, come fece
invece nello scritto Sulla
filosofia
e nella
Metafisica
su
bito dopo il 348. Si potr quindi dire, forse, che anche
nel Protreptico, come nei pi tardi dialoghi platonici,
l'Accademia,
esponendo letterariamente ilproprio lavoro
scientifico, non svela del tutto il vero stato delle discus
sioni esoteriche che inessa si venivano nello stesso tempo
compiendo. Tanto nelle ultime opere di Platone, quanto
nei primi scritti di Aristotele significativo come spesso
il massimo interesse risieda proprio in ci che non vi s
trova esplicitamente detto.
Tanto maggior valore ha quindi, accanto alla con
creta manifestazione dello spirito dell' Accademia data
")
Framm. 52 <p. 61, 13 R.).
s)
l'hileb. 15 A: cfr. Parm. 130 B segg.
il
protreptico: 125
da Platone nei suoi scritti, la professione
di fede del
rappresentante
della nuova generazione.
Possiamo infatti
apprendervi ci che per lui l'essenziale nel lavoro del
l'Accademia.
Quando
egli parla, in tono entusiastico, dei progresso
(7t($oais) della filosofia compiutosi in breve tempo sulla
via della scienza esatta, ci si sente trasportati diretta
mente nell' ambito della comunit scientifica dei pla
tonici. Nell'Accademia ri ha la sensazione di trovarsi
in un vivo moto d sviluppo, a petto
del quale il pro
gresso delle altre atti sembra piuttosto immobilit. Ari
stotele parla del ritmo celere di questo
movimento e
crede che la scienza sia prossima al raggiungimento della
sua perfezione. Tale sicurezza deriva dalla giusta co
scienza della propria energia creatrice e dell' eccezionale
favore dell' ambiente, che empie 1' animo di questa ge
nerazione. Non da dimostrazioni libresche, ma dal felice
senso di ima tanto elevata forma di vita nasce la sua
fede nella forza beatificante propria della vera attivit
scientifica: fede che, se mai in altri tempi, fu allora ef
fettiva verit. A chi la considera dall' esterno, essa pu
sembrare aspra fatica; ma chi l'ha gustata, esclama
Aristotele, non pu saziarsene mai J). l'unica forma
di attivit umana che non sia legata ad alcun tempo, ad
alcun luogo, ad alcuno strumento. Non ha bisogno di
esser confortata dal miraggio di una ricompensa este
riore. Chi la conquista, conquistato da lei, e non cono
sce nulla di pi bello che sederlesi accanto (rcpooe-
opea). In questo ambiente di ricercatori nato l'ideale
aristotelico di vita, il frectpijtttis o;: non nella movi
mentata palestra del Liside e del Carotide, ma nella
xaXjhfj del solitario giardino dell'Accademia. La sua tran
quillit ilvero modello su cui esemplata nel Protro-
') Framm. 52 (p. 62, 20 R.).
126 IL PERIODO ACCADEMICO
ptico V immagine delle isole dei beati, il paese di sogno
della solitudine filosofica 3). Iltipo di questo nuovo ideale
filosofico non pi Socrate: Pitagora, Anassagora, Par
menide sono quelli che il Protreptico chiama ora ar-
chegeti.
Su questo importante mutamento dobbiamo ancora
soffermarci un poco.
Ilproblema della distinzione del Socrate platonico da
quello storico sembra sia stato per la prima volta posto
gi in seno all' Accademia, in quanto veniva sempre pi
avvertito il distacco dall'ideale tipo socratico. Natural
mente, in questo primo tentativo di separare il contri
buto socratico da quello platonico, venne tolto al Socrate
storico quasi tutto ci che di filosofico gli era ascritto nei
dialoghi platonici.
Questa
tendenza radicale dette luogo
pi tardi a una reazione, e Aristotele giunse alla con
clusione che si dovessero giustamente lasciare a Socrate
due meriti: il metodo induttivo e le determinazioni dei
concetti universali2). In ogni modo la filosofia teoretica
del Protreptico non ha nulla di comune con Socrate.
Aristotele vi designa la metafisica, che ivi non ha ancora
il nome di itptirij (ptXoaotpfa, come speculazione del ge-
*) Fraaim. 58 (p.
68. 3; 69, 1
R.). Modello letterario Platone,
Gorg., 526 C; Resp., VII, 540 B. Iplatonici riferivano questi passi
all'esistenza nell'Accademia. L'immagine ripresa anche dalla Epin.,
992 B.
s) Melaph., M 4, 1078 b 27. Questa
prudente formulazione mi
sembra sempre pi dimostrata anche la meglio aderente alla realt
storica. H. Maier (Sofcrates, Tubinga, 1913, p. 77 segg.) ha
certo, e
con ragione, negato a Socrate ogni teoria logica del concetto uni
versale e dell'induzione: per troppo tempo infatti, in base al passo
aristotelico, si considerato Socrate come il primo teorico della
logica. Le parole di Aristotele non giustificano peraltro affatto una
simile concezione, giacch egli si limita ad indicare quali opera
zioni logiche fossero nel fatto eseguite da Socrate. Inoltre egli
Io considera soltanto dal suo punto di vista, e non intende allatto di
fornire una caratteristica complessiva di Socrate, ricercando in lui
soltanto, come in Democrito c nei Pitagorici, iprimi e pi elemen
tari tentativi di metodologia logica (cfr. 1078 b 20).
IL < PROTREPTICO 127
nere inaugurato da Anassagora e da Parmenide .
Quale
antico progenitore della filosofa platonica considerato
Pitagora 1). Ancora nel primo libro della
Metafisica
si
dice, del resto, che la dottrina di Platone sostanzial
mente di origine pitagorica, anche se essa vi abbia ag
giunto qualcosa di suo 2).
Questo
giudizio, che non
dev' essere stato letto senza qualche sorpresa, non nato
dall' intento di diminuire la figura di Platone, ma cor
risponde alla teoria ufficiale dell' Accademia, a cui Ari
stotele apparteneva ancora quando scriveva quelle pa
role, intorno all' anno
348/7.
Il Socrate platonico era
stato una creazione del suo plastico impeto creativo: il
culto pitagorico dell' Accademia, uno dei pi singolari
esempi di autosuggestione religiosa, era un rispecchia
mento dell'Accademia medesima e della sua metafisica
numerica nella quasi mitica personalit di Pitagora, esal
tato come fondatore del d-ewpyjtixs e presto consi
derato anche come autore delle stesse dottrine moderne
della cuoia.
Nella narrazione pitagorica del Protreptico, per poco
importante che essa sia, possiamo ancora osservare diret
tamente il processo di formazione di questa leggenda,
che doveva riuscir fatale per la tradizione della storia
dalla filosofia greca. Pitagora viene interrogato circa lo
scopo della vita umana. Risponde: contemplare l'uni
verso, (le stelle, la lunae ilsole) s). Interrogato di nuovo,
risponde designando se stesso come dedito a tale con
templazione (ifewps). Confrontiamo a questo racconto
la classica narrazione delle Tusculane di Cicerone circa
1' origine della parola filosofo, derivante d un compa-
')
Jambl., Protr., 51, 8; li;frumm. 52 (59, 4 R.).
') Melaph., A 6, 987 a 30.
*) Jambl., Protr., 51, 8. L'apoftegma anassagoreo a p. 51, 13
una variante.
128 IL PERIODO ACCADEMICO
gno di
gcuola
di Aristotele, Eraclidc Politico '). L' inter
rogato anche qui Pitagora, che si d il nome di filo
sofo, e per spiegare tale nuovo nome espone quel che
segue. Paragona la vita alle grandi feBte di Olimpia, dove
tutti convengono in folla brulicante. Gli uni vengono
per trattare iloro affari alla fiera annua e per divertirsi,
gli altri vogliono ottenere la vittoria nelle gare, altri
ancora sono solo spettatori di ci che avviene.
Questi
sono
ifilosofi, di cui scarso il numero. Nelle due prime
specie di uomini si riconoscono, quando si parta dal
Protreptico, i rappresentanti del pio? ttoXauatixi?
e
della Sovi,fj e della ciperi*). Hfilosofo vive solo
per la ftecapCa, per la pura cppvrjai;. Per quanto ade
guata e attraente sembri la narrazione, essa non tut
tavia n unitaria ne originale. Eraclide, il pi fervente
pitagorico fra iplatonici, evidentemente sotto l'in
fluenza del Protreptico. Egli trasferisce nella remota an
tichit la distinzione dei tre
Jifoc.
Il motivo sostanziale
del racconto nel duplice significato, che si presentava
spontaneo, della parola tempia. Il paragone della con
templazione filosofica dell' essere col sacro spettacolo fe
stivo di Olimpia si trova gi nel Protreptico, e in un
passo non lontano da quello che narra del colloquio
con Pitagora5). Entrambi questi elementi sono stati col
legati ed abbelliti da Eraclide in un piccolo racconto.
Il paragone, adoperato da Aristotele solo come mezzo
stilistico, viene ora ampliato in una comparazione dei
tre pot (giacch non tutti quelli che si recano ad Olim
pia sono O-ecopoQ e questa viene attribuita a Pitagora
stesso, ax{ icpa. Inrealt, il racconto presuppone icon
cetti fondamentali dell'etica e della metafisica del tardo
periodo platonico.
')
Ciecr., Tuscid., V, 3, 8.
') Jambl., Protr-, 53, IP.
IL PROTREPTICO 129
Infine, il Protreptico dev' essere anche valutato come
espressione del sentimento morale e religioso del gio
vane Aristotele. Sotto questo aspetto esso viene a inte
grare l'Eudemo, mostrando come dal punto di vista
della fede nell' aldil, sostenuta da Aristotele in quel
dialogo, si modifichi essenzialmente anche la posizione
da assumere rispetto all' aldiqu. In entrambi gli scritti
Aristotele imbevuto dello stesso pessimismo circa il
mondo terreno e ibeni e gl' interessi temporali. Ci or
dina di rifiutare, per spontanea decisione, ivalori della
vita per ottenere, in cambio, un bene pi alto e pi
puro. Se l'Eudemo, con la sua dottrina dell' anima e
dell' immortalit, prevalentemente speculativo, il Pro*
trcplico ci trasporta invece in un' atmosfera pi per
sonale.
Sull' esempio e sulla dottrina di Platone fondata
la sua convinzione che esistano pi alti, incorruttibili
valori, un pi reale mondo, a cui conduce la scienza
vera. Per ottenere un tal bene egli rinuncia a tutti i
beni apparenti, potenza, ricchezza e bellezza. Mai si
asserita con maggior dispregio la mancanza di valore
di ogni realt terrena. Per quella limpida serenit, ar
monia e gioia estetica, che fu l'ideale estetizzante attri
buito dal secolo decimottavo all'et classica, non tro
viamo qui se non 1' espressione del pi profondo tedio.
Esso non ha del resto mai veramente appartenuto al
l'essenza dello spirito greco. Se ci furono momenti in
cui, come nel quarto secolo, sembr che nella vita e
nell' arte vincesse l'ideale estetico, la conversione non
tard a seguire. Forza, bellezza e statura sono cose risi
bili, senza alcun valore . La bellezza del corpo nella sua
massima energia fisica aveva da lungo tempo perduto
ogni valore ideale quando furono scritte queste parole,
e I'arte, che era chiamata ad interpretarla, viveva solo
di un' illusione estetica, del vuoto culto della forma.
9. W. Jabqbb, AHstoteU,
130 II. PERIODO ACCADEMICO
Aristotele colpisce il punto pi vulnerabile della u
et quando nel Protreptico manomette il suo idolo, il
bell'Alcibiade, nel cui geniale e affascinante decaden
tismo essa, compiacendosi, riconosceva s stessa. Chi
avesse potuto con gli occhi di Linceo gettare
uno
sguardo nell' interno di questo ammiratissimo corpo,
avrebbe scorto un' immagine odiosa e ripugnante
1).
questo il linceo sguardo di un nuovo senso della vita,
che attraversa lo schermo materiale delle cose onde gli
uomini sono visibilmente circondati, e al di l di questa
quinta fittizia scopre il nuovo mondo di ci che fino
j
allora era rimasto invisibile, il inondo di Platone.
j
Per questa concezione, la perfezione di ogni imper- I
fettibilit della vita umana nel trascendente. La vita 1
divien la morte dell' anima, la morte crisi di transizione I
a una vita superiore. Letteralmente tratta dal Fedone . ,1
la sentenza che la vita del vero filosofo debba essere
J
una continua esercitazione alla morte2). Egli non trova
|
in essa nulla di grave e di fiero, giudicando piuttosto
|
condizione innaturale, e piena d' indicibili sofferenze per )
l'anima, la costrizione di questa nel carcere corporeo3). !
Ilparagone dei pirati etruschi dava a questa
concezione
ipi atroci
colori,
Ipirati, per torturare iloro prigio
nieri, li legano vivi ai cadaveri, viso contro viso. E la-
j
sciano che le loro vittime vengano a poco a poco meno,
') Framra. 59 ("0, 11R.: cfr. 70, 7 segg.).
!) Cfr. Diels in Archiv
f.
Gesch. d. Philosophie, I, p. 479.
5) Nel capitolo finale degli estratti dal Protreptico, che rie-
laborato da Giamblico (cfr. sopra p. 103), si trovano concetti del
Protreptico mescolati con clementi neoplatonici. Inconfondibilmente
autentico mi sembra il passo a p. 60, 10: SXX* ivTa50-a [lv 2l -t
nap cpoiv loco; Elva1. (?) t yivo
xa'-SItv fivMv6tv
ti
al oxossTv isti xal jj-Xcg (Sv) aioOivoito (?) 8i ti!jv -putav xal
tv zapi (puGiv ujv, v 8 note SuvyjO-fijisv otoO-ijvai zXiv 88-sv
XtjXtjftauev (l'Eiidemo.'), SijXov ; fjSiov xal p?ov a5t tiolsoiisv
Ilduplice itap tpoiv mostra che anche qui la fonte stata
maldestramente abbreviata.
il
protreptico
>
131
in quel tremendo nesso della vita con la corruzione mor
tale 2). La comparazione del giovane Aristotele insiste
sui dolori dell' esistenza dualistica dell' uomo, avvertiti
prima di lui da Platone e dagli Orfici, con una passio
nalit nervosa, che nonostante una- certa tendenza gio
vanile, chiaramente sensibile, a esagerare l'esperienza
pessimistica, tradisce un profondo sentimento personale.
un' idea del tutto insopportabile, anzi blasfema, quella
di voler vedere in questi simboli platonici solo una ma
schera stilizzata, dietro la quale si celi untemperamento
in realt pacifico, gioioso e giocoso. Dobbiamosenz'altro
dimenticarla. C' realmente stato un tempo in cui Ari
stotele ha sentito questo mondo ideale come ima parte
inseparabile della propria personalit. Egli ne approfon
disce ilineamenti con sempre nuove espressioni ed im
magini. Trae volentieri isuol termini dal linguaggio
dei misteri, perch pu comprendere e superare solo in
senso religioso le barriere dualistiche. Come sussurrano
le antiche dottrine dei misteri, tutta quanta la vita
umana non che espiazione di una grave pena, che
1' anima si attirata in una precedente esistenza.
E anche il problema morale strettamente connesso
con quello del ritorno soprasensibile dell' anima. Con
ci la morale perde il suo valore indipendente ed auto
nomo. Per quanto Aristotele rimanga lontano dal dissol
vere l'attiva vita morale in un momento unico di con
templazione mistica, e per quanto poco 0 suo metodo
conduca all'estasi, certo che egli subordina il mondo
della volont e dell' azione alla contemplazione del Lene
eterno.
D filosofo deve tenersi il pi lontano possibile dalla
dispersione della vita attiva. Il Protreptico esorta a non
*) Framm. 60 R.
132 IL PERIODO ACCADEMICO
immischiarsi troppo in faccende mortali e a non per
dersi nelle false strade dell'umanit. Tutto ci non Berve
che a rendere pi difficile il ritorno a Dio. L' unica cura
dev'esser quella di estinguersi una volta in pace, e di
ritornare, da questa dura prigionia, in patria. 0 vol
gersi alla verit e consacrarsi ad essa, o, meglio, rinum
ciare alla vita. Tutto ilresto vuota chiacchiera1).
') Framm. 61 (72, 20 R.). Con questi concetti e altri simili, da
lu attinti al Protrvptico, Cicerone termin ilsuo Ortensio: quindi
probabile che anche nell'originale essi appartenessero alla conclu
sione.
PARTE SECONDA
GLI ANNI DI VIAGGIO
I.
ARISTOTELE AD ASSO E IN MACEDONIA
La morte di Platone e la quasi contemporanea di
struzione di Stagira, compiuta dalle truppe devastatrici
di Filippo di Macedonia in guerra contro le citt com
merciali della Calcidica, privarono Aristotele, con un re
pentino colpo, della vecchia casa paterna e della se
conda patria: ch tale era ormai divenuta per lui la
famigliarit con Platone. Nessuna fase nella sua evolu
zione spirituale, per quanto rivolta nel senso di una
sempre maggiore indipendenza, aveva potuto separarlo
da Platone, per tutto il tempo della vita di questo. II
nesso che lo legava ai condiscepoli si sciolse invece ra
pidamente appena il maestro ebbe chiuso gli occhi per
sempre. Immediatamente dopo, ancora nello stesso anno,
Aristotele abbandon Atene e 1' ambiente degli amici,
sede di una ventennale comunanza di lavoro e delle pi
alte esperienze, per recarsi in Asia Minore*). Circa la
ragione interna di questa importante decisione, che forse
egli aveva gi presa prima della morte del maestro, non
ci stata tramandata alcuna notizia. Ci ha dato ori
gine alle
congetture pi disparate; e siccome Aristotele
') Apollod. presso Diog., V, 9 (cfr. V, 3, dove la cronologia
irrimediabilmente
confusa) ; Dionys. Hai., ep. ad Amm., 5.
136 GLI ANNI DI VIAGGIO
critica spesso
severamente, nei suoi scritti, le dottrine
platoniche, cos non fu difficile procacciar fede all' opi
nione che Aristotele si fosse staccato dal maestro e che
la sua partenza da Atene fosse tata la manifestazione di
questa
rottura. Si cercarono ragioni personali nel carat
tere di Aristotele. La sua maniera sarcastica, che del
resto cede il luogo all' espressione della massima reve
renza in tutti iluoghi in cui egli parla di Platone, urt
inervi a gente di sensibilit delicata: particolarmente
ingrato riusc poi il suo carattere a quei contemporanei
che nel suo prepotente intellettualismo e nel suo ineso
rabile rigore logico vedevano soltanto il segno di uno
spirito dissolvente. Gi lo stesso Aristotele si difende pi
volte dal sospetto che le sue critiche, obbiettivamente
fondate, dipendessero da ragioni personali. Posteriori
pettegolezzi scolastici lo accusano apertamente di odio
sit e d' ingratitudine. La tenace nebbia del sospetto mo
rale gravava gi nella tarda antichit sui motivi della
sua partenza, e ancora oggi, per quanto siamo diventati
pi scettici circa 1' etica delle consorterie intellettuali,
non superfluo dissiparla esplicitamente, tanto pi in
quanto quei motivi non sono mai stati veramente
chiariti *).
Un intelligente e colto studioso dell'et imperiale,
Aristocle di Messene, ha avuto la forza morale di strap
pare il velo della leggenda e di farla finita con le osti
nate ripetizioni dei compilatori, risalendo alle fonti pri
marie. Egli dimostr la pietosa miseria degli argomenti
'} Gi Io stesso Aristotele si difende da accuse provenienti
da scolari di Platone in Eth. Nic., A 4, 1096 a 11-16 e nel framm.
8 Rose. La tradizione circa le chiacchiere scolastiche fu indagata
criticamente da Ad. Stahr, Arislotelia (Halle 1830), I, p. 46 sgg.,
che attinse il suo materiale a Francesco Patrizio, Discussiones peri-
pateticae (Basilea 1581).
Questi, platonico della Rinascenza, era
accecalo dall'odio, e credeva infantilmente anche alle pi stolte
accuse contro Aristotele,
ARISTOTELE AD ASSO E IN MACEDONIA 137
sui quali si basavano le chiacchiere di scuola, e dob
biamo esser grati al caso che ci ha conservato proprio
il brano dell' indagine critica in cui egli, dopo aver
vittoriosamente distrutto quel consunto tessuto di bugie,
prova come le voci di un'apostasia di Aristotele da Pla
tone risalgano a un passo, miseramente frainteso, dello
scolaro di Aristotele Aristosseno di Taranto1). Secondo
ogni verosimiglianza1, Aristocle dev' essere stato anche
colui che, eliminati gl'imbrogli apocrifi, riport alla
luce il prezioso documento personale, che circa l'inte
riore atteggiamento di Aristotele rispetto al maestro
c'istruisce meglio che tutte le congetture nate dall'altrui
malignit; l'elegia dell'altare, da lui dedicata a Eu-
derao2). Se si fosse sempre tenuto presente
che questo
raro gioiello deve il suo ritorno alla luce solo a un de
siderio di critica documentazione biografica, e cio al
fatto che nella poesia doveva trovarsi un' aperta affer
mazione di Aristotele circa isuoi rapporti con Platone
e una sua presa di posizione rispetto agli odiosi critici
di tali rapporti, non si sarebbe certo mai avanzata l' idea,
psicologicamente inverosimilee inse contraddittoria, che
Aristotele, con la tanto entusiastica attestazione del suo
frammento, si riferisse a Socrate, da lui non mai visto'
in vita sua s). La dotta indagine circa irapporti di
Aristotele con Platone, alla quale itardi neoplatonici
attinsero la poesia, citava iversi solo nella misura incui
essi gettavano
luce immediata su questo problema. Chiaro
') Aristocle presso Euseb., Praep. ev., XV, 2,3.
3) Ci secondo la verosimile opinione di 0. Immisch fin
Phlologus, LXV, p. 11), dopo che gi lo Stahr (o. e-, I, p. fi])
aveva fatto risalire ad Aristocle le indicazioni della Vita di Am
monio circa irapporti di Aristotele con Platone, in base alle loro
consonanze verbali col frammento di Aristocle conservato in
Eusebio.
')
J. Bernays, Ges. Abhandl-, I, p. 143 sgg. Di parere contrario,
a ragione, 'Wilamowitz, Aristotclcs und Athen, li, p. 413 e di re
cente Immisch, 1. c,
138 GLI ANNI DI VIAGGIO
dunque che nell'elegia l'uomo che i cattivi non
hanno neanche il diritto di lodare non pu essere altri
che Platone, e che i cattivi, dalla lode dei quali Pla
tone sembra ad Aristotele inattingibile, non sono una
qualsiasi misera plebs, ma proprio quei falsi ammiratori,
che credono di dover difendere Platone dalla critica ob
biettiva di Aristotele '). Ma lasciamo ancora una volta
la parola ai versi medesimi:
X&bv
5'i?
xXsivbv KexpoTiiyjj BiteSov
eae(5o){ aejivfjg 3puaa-to jStojiov
vSp? Bv o' aivelv tote: xaxciot
oq fivog ) &V7]X<i>v xaxiEisv ivapy?
ohzCfi
te jSJfp xal |ie85oiai Xywv,
ti)? yas te xal E3ca|AU)v fipa ytverac vi)p.
o vv o'lexv Xastv oSsvl xaxa xot 2).
Non sappiamo chi sia stato il fondatore dell' altare,
di cui si parla in terza persona; e anche l'indicazione
che la poesia sia stata diretta a Eudemo non ci aiuta
a procedere innanzi, non potendo noi pi stabilire di
quale dei due Eudemo si trattasse, se di quello di Cipro
o di quello di Rodi. Del tutto illecito porre a punto
di partenza dell' interpretazione ci che le pi tarde >.!
terazioni neoplaloniche della Vita aristotelica preten-
') Soltanto cos la commozione sentimentale di quei non in
terpellati giudici acquista un significato concreto. Dato l'uso lin
guistico di Aristotele non si pu d'altronde trattare di una vuota
iperbole retorica; e pensare che si parli del cinico Diogene, avendo
questi parimenti professato l'autarchia dell'ipstrj, comunque
troppo forzalo. Inoltre questi poteva tutt'al pi richiamarsi a So
crate, e non a un teorico cos lontano da lui come Platone (ci
contro Gomperz, Griech. Dcnker, II, p. 539 e Immiscb, 1. c., p. 21).
!) Giunto all'illustre terra della citt di Cecrope, elev pia
mente un altare alla veneranda Amicizia, all'amicizia dell'uomo che
ai malvagi non lecito neppur lodare: colui che unico, primo,
tra 1 mortali svel chiaramente, con l'esempio proprio e con le
argomentazioni, la maniera in cui l'uomo riesce insieme buono e
felice. A tale altezza nessuno c ormai pi capace di giungere.
ARISTOTELE AD ASSO E IN MACEDONIA 139
dono di sapete circa l'iscrizione dell'altare: secondo esse
ilsuo fondatore sarebbe stato Aristotele.
Fortunatamente,
in base alle diverse rifrazioni della tradizione
biografica
scolastica che ci sono
rimaste, siamo in grado di seguire
in modo cos chiaro la progressiva formazione della leg
genda, da poter constatare anche come si sia venuta man
mano costituendo questa
sedicente iscrizione
dell'altare1).
In ogni modo, se non del tutto chiara la situa
zione esteriore descritta da Aristotele, tanto pi chiara
quella
interna, che poi la sola che importi. Ilprimo
verso parla di un uomo, certo uno scolaro di Platone,
che venuto ad Atene e vi ha fondato un altare. Che
egli fondasse un altare di Platone, e quindi rendesse a
questi onori divini, non riesco ad ammetterlo. Igenitivi
riferentisi a (3w[t, cio
e
vp?, possono sulle
prime confonderci; ma per un Greco era certo fuori
di discussione che il passo si dovesse intendere nel modo
seguente: egli fond un altare della veneranda
Philia, in
onore dell' amicizia dell' uomo, che icattivi non hanno
nemmeno il diritto di lodare1). L'attributo 0[avt)
mette
') LTmmsch
(1. c p.
12) considera autentica questa iscri
zione dell'aitare, per quanto nella Vita Marciana l'esametro fittizio
piopv 'ApioTotiXiis ISpoaxo xvde IUtiovcf sia ancora citato'
esattamente a s (p. 432 Rose) e subito dopo si dica : xal
iXXaxoS
ispl 8toS tptjoiv vpg Bv o8' atvstv xatoi xaxotoi
fljitg. l superficiale compilatore della cosiddetta Vita di Ammo
nio (p, 439 Rose) combin poi, senza pensarci troppo, questo pen
tametro dell'elegia con l'esametro: credette che vSp; fosse appo
sizione di EXdxiovog e che idue versi distintamente tramandati
fossero gli elementi di un distico. Inconcepibile infatti il pro
cesso inverso, cio che l'autore della Vita Marciana abbia scisso
in due versi il distico
tramandatogli come un tutto unico e scritto
che il pentametro si trovava altrove. In origine dev'essere stalo
citato tutto il frammento dell'elegia, essendo evidente che la no
tizia proviene da Aristocle (cfr. p. 137 nota 2).
') II Wlamowtz (o. e., p. 413 segg.)' riunisce Cpoa-ro Pojjav
4v8p<; (seil. IlXitiovog) e considera oey come genitivo
di causa o anche come oxfjpa 'lomxv, il che per gli sembra meno
conveniente. Nella semplice lingua prosastica, affermatasi nell'elegia
fin dal tempo di Evcno e di Crizia, entrambe le costruzioni sareb-
140 OLI ANNI DI VIAGCIO
fuor di dubbio cbe Philia fosse la dea a cui era intito
lato l'altare. Ma il secondo genitivo rende ugualmente
sicuro che questo altare dell'amicizia non doveva essere
sacro a una qualsiasi allegoria razionalistica, a un'astra
zione senza sangue e senza vita, ma bens all' uomo nella
cui persona e nelle cui opere la dea aveva manifestato
ai giovani la sua forza soccorritrice :*). "Una deificazione
della persona umana oltrepassa ilimiti di ci che pos
sibile per la religiosit platonica, e l'esempio dell' apo
teosi di Alessandro, Lisandro o Epicuro qui non giova.
Solo ci che ideale ha piena partecipazione al di
vino2). Un esempio di questo specifico sentimento reli
gioso platonico dato dall' aristotelico inno
ad Ermia
(v. sotto, p. 153). Anch' esso non si dirige alla
persona
umana del defunto n personifica il concetto astratto
della virt. Concepisce bens
questa come la forma di
vina {due volte usata la parola della virt vi
rile lottante pel sommo premio dell' esistenza, quale si
realizzata, agli occhi suoi e degli amici, nella vita e
nella morte di Ermia, e quindi come 'Apsr 'Epjifou. ,
Celebrata la dea immortale, non mai visibile dagli
uomini: ma
celebrata essa in onore dell'ultimo por-
bero apparse ricercate. L'Immisch, che avvertiva ci ma voleva
salvar l'idea dell'altare dedicato a Platone, modific il testo in
sosPscdv os[ivr/v piXirjv, il che semplicemente impossibile.
') Scritti ttspl tp'.Xtaj sono composti,
nell'Accademia, da Ari
stotele, Senocrate, Spcusippo e Filippo di Opunte: ne nasce, in
torno al vecchio Platone, un'intera letteratura. Certo, si trattano
accora,
per tradizione, S-iasij ipcoTixat: ma per questo ambiente
l'Eros non pi il simbolo unificatore. Proiettato sul piano
meta
fisico, esso sopravvive in Aristotele nell'amor dei, che muove il
mondo: xivst pt&psvov. Il neutro significativo per il cam-
biamento della situazione ideale.
') L'immagine del dio Platone, al quale il Wilamovitz (I.
C-,
p. 413 segg.) immagina dedicato l'altare, certo sentita entusiasti
camente, ma m realt estranea al
temperamento pio e austero
degli uomini dell'ambiente platonico.
Certo Aristotele colloca Pla
tone in una posizione
eccezionale tra gli ftvtjto( (v. 4);
tuttavia
egli resta sempre per lui la guida mortale verso l'ideale
divino.
ARISTOTELE Al ASSO E IN MACEDONIA 141
tutore
visibile, che essa ha trovato sulla terra. L' altare
recava, parimenti, solo ilnome di <HXas, maAristotele,
che interpreta qui l'iscrizione nello stile del pio
di un sacro oggetto di culto, la riferisce esattamente
alla
<lHX(a llXxtovoi;, N possiamo sentire la mancanza del
l'aggiunta
di un secondo nome, visto che per l'amicizia
ne occorrono due, giacche chi era, nel complesso dei Xoi
i Framm. 6 R.
170 GLI ASMI DI VIAGGIO
LO SCRITTO SULLA FILOSOFIA 171
Questa
rigorosa ricostruzione cronologica non il ri
sultato di una semplice curiosit antiquaria: le sta alla
base un principio filosofico. Aristotele insegna che le
stesse verit non affiorano nella storia umana solo una o
due volte, ma con infinita frequenza 1). Perci egli inizia
una raccolta dei proverbi greci, sentendo nelle loro brevi
e taglienti verit d' esperienza iresti di un' originaria e
non ancor letteraria filosofia, conservatisi per via orale,
in grazia della loro laconica ricchezza di contenuto, at
traverso tutte le vicende spirituali della nazione. Con
acuta intuizione, egli riconosce il valore dei proverbi
e della poesia gnomica per l'indagine dei primordi della
riflessione inorale. Ilminuto lavoro di ricerca necessario
a
questa collezione, che al Greco colto doveva sembrare
|
volgarmente meccanico, attira su di lui l'aperta irrisione ?
dell'ambiente isocrateo2).
L'indagine circa l'antichit
del motto delfico conosci te stesso mira a decidere
chi dei cosiddetti sette savi ne sia stato 1' autore. Inbase
ai suoi argomenti, tratti dalla storia dell' edificio, Ari
stotele appiana la
controversia, piuttosto priva di con
tenuto, accesasi a tale
proposito con la salomonica ri
sposta che esso non risale ad alcuno dei saggi, essendo
pi antico del sapiente Chilqne
e dovendo quindi essere
stato rivelato dalla Pizia stessa. Lo scopo di questa argo
mentazione divien chiaro quando le si accosti la testi
monianza di Plutarco, attestante che Aristotele scrisse,
nei discorsi platonici , che tra imotti delfici il pi
divino era il rv>5k tjsauzv.
Esso diede infatti anche a
Socrate il tema della sua indagine filosofica. Come la
convenzionale formula di citazione Iv toTj Suxpattxots
*) De Caelo, A 3, 270 b 19; Meteor., A 3, 339 b 27; Metapk.,
V
8, 1074 b 10; Pol., H10, 1329 b 25.
s) Circa l'interesse di Aristotele per i proverbi cfr. Bonitz,
l'idex Arist., d. V. ttotpoqtCa. Nel frainin. 13 R. iproverbi
sono de
finiti come YxaxaXe(|iaaTa
naXmSs iXoootaf.
Per la raccolta
dei proverbi cfr. Diog. Laert., V 26 e Athen,, li, 60 d.
indica idialoghi socratici di Platone, cos la singolare
designazione v -cai; nXatamxo; deve riferirsi
alla forma
e non al contenuto, e significar quindi nei dialoghi
platonici di Aristotele . D' altronde la relazione, qui po
sta tra l'antico motto delfico e la genesi del nuovo in
dirizzo socratico di ricerca etica, conviene al nostro dia
logo pi che a qualsiasi altro. Si tratta infatti di un
esempio a sostegno della dottrina dell' infinito ripetersi
di tutte le opinioni filosofiche nel corso della
gtoria.
Socrate diventa il rinnovatore dei principio etico della
religione apollinea, anzi, come Aristotele cerca di di
mostrare con la visita di Socrate a Delfi, ha ricevuto pro
prio nella sede dell' antico oracolo l'impulso esterno per
lesue indagini analizzanti ogni esigenza morale del suo
tempo
1).
Hnesso di religione e filosofia, che qui diviene evi
dente, si estende per tutto il dialogo. La missione apol
linea di Socrate era gi stata ricordata da Platone nel-
l'Apologia: qui la teoria dei ritorni periodici permette
d' interpretarla pi profondamente, come una rinascita
della saggezza delfica. Apollinismo e socratica sono idue
fuochi della evoluzione etica del popolo greco. Lo stesso
significato deve aver avuto l'indagine circa la data d'ori
gine della
religione orfica. Aristotele non aveva dubbi
circa la storicit di Orfeo, e insisteva sulla tarda origine
della codificazione letteraria dell' orfismo solo per ri
mettere, al posto
di un versificatore di oracoli dell'et
J) Che iframni. 1 e 2 siano connessi col framm. 3 non pu
esser messo in dubbio quando si sia scoperto che la chiave per
comprendere l'intento di tutta la trattazione nella dottrina del
ritorno periodico di ogni conoscenza. Che poi imotti delfici conten
gano realmente la sapienza apollinea, o siano piuttosto il portato
di una cultura estranea, messa poi sotto la protezione della divinit,
questione che qui non ci riguarda. Ilparallelo di Socrate e della
dottrina delfica si trova anche in [Plat.], Alcib.l, 124 B:wst.il|U-
vo( pilre xel r$
Iv JeXpotg pdppctxi yvMH
oskutv.
172
GLI ANNI DI VIAGGIO
LO SCHttiO SULLA FILOSOFIA 173
dei Pisistratid, un
autentico profeta della pi antica
et
ellenica. Circa la tarda genesi degli scritti orfici ion
gli sembrava possibile alcun dubbio, mentre non trovava
alcun ostacolo ad ammettere 1' alta antichit della loro
dottrina religiosa. La
trattazione del problema della sua
origine traeva certo
argomento dal suo ritorno nella spi
ritualizzata fede nell'
aldil, propria di Platone, e nella
sua
mitica dottrina dell' anima.
Un altro esempio di questo metodo si pu ricavare
dal
seguente
frammento. Nella sua Storia
naturale
(XXX, 3) Plinio racconta: Eudosso, che voleva si con
siderasse la dottrina dei Magi come la pi augusta e sa
lutare tra tutte le fedi filosofiche, ha tramandato la no
tizia che il cosiddetto
Zaratustra visse 6000 anni prima
della morte di Platone. Cos riferisce anche Aristotele.
noto che Eudosso, 1'
astronomo amico di Platone, s'in
teress della scienza dell'Oriente e dell'Egitto
durante
il suo soggiorno in quei paesi. E rec con s in Eliade
le notizie che aveva attinte dai
rappresentanti di quel
mondo
culturale, ancora in gran parte chiuso alla cono
scenza dei Greci.
L'Accademia
costituiva allora
proprio il
centro di
una
tendenza orientalizzante, . che come presagio della
spedizione di Alessandro e del
conseguente avvicina
mento dello spirito
ellenico a quello
asiatico d' im
portanza grande, sebbene per lungo
tempo non. abba
stanza valutata. Le vie attraverso le quali penetrarono
in Grecia gii influssi
orientali ci sono note solo inpiccola
parte. un caso che
possiamo
desumere dall' elenco de
gli scolari
dell'Accademia, un pezzo del quale si con
servato in un papiro
ercolanese, come un Caldeo appar
tenesse alla scuola platonica
quale membro ordinario1).
Ci accadeva, a
quanto sembra, nell'ultimo decennio della
')
index AcoA. Hercidan., col. Ili,p. 13 (Mekler).
vita di Platone: e alla etessa et si riferiscono altre trac-
eie d'influsso orientale, come il paragone delle quattro
virt platoniche con l'etica di Zaratustra ne\VAlcibiade I,
e la teologia astrale che lo scolaro e segretario di Pla
tone Filippo di Opunte presenta, inappendice alle Leggi,
come oocpfa suprema. Per le nuove concezioni religiose,
che solennemente annuncia ai Greci , quest' ultimo si
appella esplicitamente a fonti orientali1). Certo, queste
tendenze risalgono all' et in cui Eudosso era presente
nell'Accademia: del resto solo la povert del materiale
che non permette di valutare in piena misura l'enorme
influsso che quest' uomo esercit sui platonici. Le ten
denze orientalizzanti si riconnettono in parte all'ammi
razione per l'astronomia caldea e siria e per la sua
antichissima conoscenza empirica dei moti celesti, alla
quale l'Accademia attinse il calcolo delle orbite e la co
noscenza dei sette pianeti, per la prima volta affiorata
in Europa con Filippo di Opunte; e in parte alla pre
dilezione per il dualismo religioso dei Parsi, in cui si
trovava un sostegno per la metafisica dualistica del vec
chio Platone. La cattiva anima del mondo, che nelle
Leggi si presenta come oppositrice dell'anima buona,
costituisce un tributo a Zaratustra, al quale Platone fu
condotto dall' ultima fase, matematizzante, della dottrina
delle idee e dalla sua estrema accentuazione del duali
smo5). D'allora in poi, Zaratustra e la dottrina dei Magi
furono, nell'Accademia, oggetto di vivo interesse. Lo sco
laro di Platone Ermocloro si occup della religione
astrale nel suo scritto Espi [ia&rjjixiuv, e deriv etimo-
') Epin. 986 E; 937 B; 937 D-988 A; Cl'lat.], Alcb. 1, 121 E-
122 A.
:) Leg., X, 896 E:A
9'axV'
SioixcDaav xal ivoixoOuav iv
Srcasiv -cots xrtfl xivoofiivois
(iffiv o xal tv opavv vaf*1]
Sioixev cpvai; KA. T jir/v ; A. MCav nlsCouj; nXsiouj- iy>
5xp a-pijiv ixoxpiYoOjiai' 8ootv |iY y xou IJ.anov [n;8v xtfriijiEV,
xs sepfuoj -/.al tSJ; xSvavtCa Suvanvrjs itpy&$,so&a.i.
174
CLI ANNI DI VIACC10
logicamente da essa il nome di Zoroastro, interpretan
dolo come adoratore delle stelle (orpohky}?) ').
Da questi influssi derivava l'interesse che Aristotele
manifesta per iMagi nel dialogo Ilep cpiXococpla?. Anche
nel tentativo di
determinare la posizione cronologica di
Zaratustra egli era stato preceduto da altri. Ermodoro
lo aveva considerato precedente di cinquemila anni alla
caduta di Troia. Furono
appunto le indagini di
questo
platonico quelle su cui si basava ancora sostanzialmente,
a proposito di tali problemi, ildotto alessandrino Se
zione nella sua storia delle scuole filosofiche. Accanto a
quella di Ermodoro egli ricordava la datazione di Xanto,
secondo ilquale Zaratustra sarebbe vissuto seimila anni
prima della spedizione di Serse2). La datazione di Ari
stotele e di Eudosso, riferita da Plinio, si distingue da
tutte le altre, di cui rimasta notizia nella tradizione,
per ilsingolare punto di partenza del calcolo degli anni;
accanto ai calcoli riferentisi alla spedizione di Serse (pi
tardi a quella di Alessandro) o alla caduta di Troia, si
vede bene che la designazione seimila anni prima della
morte di Platone non deriva da un dato sistema crono
logico, ma dal desiderio di stabilire una relazione in
trinseca tra
Zaratustra e Platone, come fenomeni storici
analoghi. Ci che sta a fondamento del paragone, e che
costituisce in particolar modo l'interesse della determi
nata estensione del
tempo intermedio tra idue, calco
lato per millenni, evidentemente la concezione, profes
sata nel HeplpiXoacepla?, della necessit naturale e del
ritorno periodico di ogni verit umana. Ora, in un fram
mento attestato come appartenente al primo libro del
dialogo, Aristotele parla della dottrina dei Magi, del dua-
)
Hermodor., Hept
pathjiinov (utilizzalo da Sozione nella
Ata8oxi?) presso Diog. Laert., I, 2 e 8; e cfr. lo scolio a [Plat.],
Alcib. 1, 122 A.
s) Diog.
Lacrt., I, 2.
LO scaltro SULLA F1LOSOP1A s 175
lismo iranico: e riferisce come Becondo tale concezione
vi siano due principi, un demone buono e un demone
I cattivo, Ormuzd e Arimane, paragonandoli
alle divinit
I
greche Zeus e Ade, al dio della luce celeste e a quello
1 della oscurit sotterranea. L'esplicito paragone del dua-
I lismo dei Caldei e dei Magi con la dottrina platonica
I della buona e della cattiva anima del mondo si trova
gi, pi tardi, in Plutarco, ed ovvio che anche per
I Aristotele, nel frammento in cui egli poneva in paral-
1
lelo Zaratustra e Platone, doveva avere importanza
de-
t|
terminante questo
stesso motivo critico3). A tale conget
tura fornisoe certezza l'unico luogo in cui egli, altri
menti, fa menzione dei Magi. Esso appartiene
a una delle
parti pi antiche della Metafisica, e cio a un brano la
cui genesi va assegnata, per altre ragioni, alla stessa et
1
dello scritto Sitila
filosofia.
Anche lsi parla del dualismo
(
platonico, e Aristotele cita, come antichissimi predeces-
Bori
di questa visione del mondo, Ferecide, per l'am
biente ellenico, e iMagi, per quello
asiatico2). L'infa
tuazione accademica per Zaratustra
fu un impeto entu
siastico, simile a quello di Schopenhauer quando fece
la scoperta filosofica del pensiero indiano. La coscienza
j
storica, che la scuola aveva di se, era esaltata dal fatto
> che il profeta dell'Oriente avesse gi rivelato da mil-
\
lenni, alla sua umanit, la dottrina platonica del bene
i
come principio divino del tutto.
I Questa
interpretazione confermata dal numero 6000.
Sappiamo da Teopompo che la generazione
di Aristo
tele e di Eudosso (il quale forse anche fonte di Teo-
;
pompo
stesso) aveva avuto nozione del grande periodo
; cosmico della religione iranica e della lotta
drammatica,
costituente la storia del mondo, di Ormuzd
e Arimane 9).
') Arist, framm. 6 R.; Plul, Is. et Osr., 370 E.
t
Meiaph., N4, 1091 b 8.
') Theopomp. in F. Gr. Ilist., fr. 64-65
(Jacoby): e cfr. Jackson,
170 (XI
ANNI DI VIAGGIO
A turno (v pepo;) essi dominano per un periodo di tre
mila anni, e per altri tremila rimangono in lotta, cer
cando di distruggere l'uno ci che ha creato l'altro e di
danneggiarsi a vicenda. Ma da ultimo lo spirito buono
resta vincitore. La tradizione iranica determina varia
mente la lunghezza del dramma escatologico, fissandola
talora in 9000 (che , come sembra, la dottrina seguita
dalla fonte di Teopompo), talora in 12000 anni. In di
pendenza da ci le singole fasi del processo cosmico,
duranti ciascuna 3000 anni, acquistano un significato
diverso. Per questo motivo non sar forse possibile, coi
mezzi di cui disponiamo, di determinare inmodo esatto
e indiscusso quali momenti di questo processo fossero
rispettivamente rappresentati da Zaratustra e da Pla
tone1). certo per che non dipende soltanto dal caso
se la cifra di 6000 anni, che secondo Aristotele ed
Eudosso corrisponde all'intervallo separante Zaratustra
da Platone, divisibile per 3000. Evidentemente l'uno
e l'altro rappresentano due tappe importanti del pro-
The date t>f Zoroaster, inJournal
of
the American Orient. Soc., XVII
f
(1896) 3, F. Cumont, Textes et monum. de Mithra, I, 310 n. 6 e ulti- |
inamente Gisinger, Erdbeschrcibung des Eitiloxos '(Lipsia 1907). La
?'
creazione della divinila buona compiendosi in 6000 anni, ipadri h
della chiesa identificano, nelle loro filosofie della storia, questo pe-
jj
riodo cosmico coi sei giorni della creazione secondo la Genesi. I
*) Nell'originaria
edizione tedesca ho cercato di determinare t
pi esattamente la posizione che si poteva congetturare spettante |
a Zaratustra e a Platone nel dramma cosmico della religione ira- Il
nica. Frattanto la tesi da me proposta, che la collocazione cronolo- j
gica di Zaratustra 6900 anni prima di Platone presupponga un ,
riferimento intrinseco dell' uno all' altro e dei principi dell'uno a
quelli dell'altro, ha avuto larga eco nel campo orientalistico ed
stata universalmente accolta. Tuttavia, dopo le pi recenti inda-
gini degli iranisti, preferisco ora rinunciare alla conciliazione della
'
tradizione greca con quella
iranica, giacche ai fini della mia dimo
strazione importa soltanto stabilire il fatto che Platone, quando
ancora era in vita e subito dopo la sua morte, sia stato ricollegato ,j
a Zaratustra e alla dottrina iranica della lotta del principio buono 1
contro quello cattivo. Su Platone come fondatore di religione cfr. ;
ora il mio articolo in The Classical Quarterly, XXI (1927), p, 13.
LO SCRITTO SULLA FILOSOFIA 177
cesso evolutivo onde il mondo tende al dominio del
bene, suo scopo finale.
L'aBsegnazione del frammento tramandato da Plinio
al primo libro Uep cpiXooocp; anzitutto sostenuta dal
fatto che esso diviene pienamente comprensibile solo se
considerato in tale contesto concettuale. Giacche per
il Rose lo ha posto,
senza che se ne veda la ragione,
tra
iresti dello spurio. Maytx;, bene che venga eliminata
esplicitamente anche la sola ombra di sospetto,
che po
trebbe perci cadere sulla sua autenticit1). Plinio non
attinge la notizia all'opera di Apione Sui Magi, secondo
la congettura affatto priva di fondamento del Rose, bens
all'omonima opera erudita del callimacheo Ermippo, che
cita come fonte, in modo indiscutibile, una riga dopo, e
la cui ricchezza d'informazione documentaria egli am
mira con una ingenuit tanto meglio giustificata, in
quanto personalmente la lascia a desiderare. Non Plinio,
ma Ermippo ha consultato Eudosso ed Aristotele, com'
confermato anche dal confronto col frammento concer
nente iMagi del primo libroIIspl cptXooocpi'a (framm. 6).
Anche questo proviene da Ermippo, e qui pure egli ha
citato come foute Eudosso e Aristotele. Confrontiamo:
P'iin., Nat. hist., XXX, 3.
Sine dubio illic orla in Per-
side a Zoroastre, ut inter aneto-
res convenit. Sed unii.? hic juerit
Diog. Laert., 1, Prooem., 8.
'AptaxotXeg S'iv x p t
-
itp teepl qjtXooi?ag tal
Kpeaginpoog slvat "tffiv AtyoK-
')
rist., iratnm. 34, e cfr. V. Rose, Arist. Pseudepigr., p. 50. Il
Rose ba supposto die il frammento appartenesse al per
ch questo scritto citato come aristotelico, in Diog. Laert., Ile
I8, in immediata vicinanza del passo circa iMagi tratto dal IIspl
'pO.oaocploc. Ma un'esatta
indagine delle fonti mostra che Dio
gene, citando come aristotelici i due scritti, non si basava sullo
stesso autore per l'uno e per l'altro, Lo spurio Mayixg era infatti
allegato da Sozione, accanto ad Ermodoro, come fonte principale,
giacch tutti e tre sono citati insieme da Diogene tanto in I1-2
quanto in I7-8 (l'estratto giunge fino a cptjol ti xoxtxo xal 6
12. W. Jaeoie, A listatele,
178 CL! ANNI DI VIAGGIO
tcov stai 5d xat" aToiis (se. toj
M-fO'jj) Etvai pyctg, aS-v
Saipova xal
xay.v
Salpava" xtzl
Tip jxm vopa elvai
Zeus
xai
'iipojioSvjj, Tip Si "Ai5r;g xal
'Apei|ivi2{.
cf
ij=t Si
tgto
v.al
"Eppiitwog iv Tip npiTtp
rcspl Mdywv xal E&Sogog iv
rg iteptStp xal Ss/toptiog v
TjJ S-pSj tv OtXinrctxcBv.
are postea et alius, reo satis con
stat. Eudoxus, qui inter sa-
pientiae scctas clarissimam uti-
lissimamque eam intellegi vo-
luit, Zoroastrem hunc se* mi-
libm arereorum ante Platonis
mortem juisse prodidit. Sic et
Aristoteles. Hermi ppus,
qui de tota ea arte diligen-
tissime scripsit et vicieits centum
milia versuum a Zoroastre con
dita indicibus quoque volumi-
num eius positis explunavit,
praeceplorem.... tradidit Agonu-
cere, ipsum vero quinque mili-
bus annorum ante Troianum hel
ium juisse.
Ermippo si evidentemente valso entrambe le volte,
per le notizie circa iMagi, delle stesse fonti, lalIepfoSo?
di EudoBso e il dialogo Ilepi cptXoco'f a$. In entrambi i
luoghi avr citato esattamente tali opere. Diogene ha
conservato la citazione completa; Plinio, secondo ilme
todo a cui di solito si attiene, nomina soltanto gli autori
che gli servono di fonte, e non ititoli dei loro libri. Il
frammento conviene inmodo eccellente alle indagini cro
nologiche del primo libro Espi eptXocospa?, che trattava
anche altrove dei Magi, e alla teoria dell'eterno ritorno.
Esso sar quindi da comprendere tra iresti del dialogo,
in una futura nuova raccolta dei frammenti aristotelici.
Il parallelismo, inquadrato nella universale storia del
mondo, di Platone con Zaratustra non appar tale da po
ter essere stato istituito in tempi in cui era ancor vivo
Platone. Certo non si trovava ancora nella Descrizione
della terra di Eudosso, morto molto tempo prima di Pla
tone. A Eudosso spetta soltanto la priorit nell'assun-
*Epp65u)pog) ; mentre le notizie risalenti al Espi qstXoootpCas; di
Aristotele e a Eudosso derivano, come s' provalo, da Ermippo.
LO SCRITTO SUI.LA FILOSOFIA 79
zione del periodo di seimila anni ai fini della data
zione di Zaratustra: ed stato Aristotele che, riconnet-
tendosi alla sua dottrina del ritorno periodico di ogni
conoscenza umana, ha particolarmente riferito la data
zione di Eudossso al ritomo del dualismo e dato con ci
a Platone un rilievo conforme alla sua profonda vene
razione. Il dialogo, in cui egli inquadrava cosi il suo
maestro sullo sfondo luminoso dei millenni, senza dub
bio stato composto solo dopo la sua morte1).
La teoria della verit ricorrente a determinati inter
valli presupponeva che gli uomini non fossero in grado
di serbarla in modo duraturo nella loro coscienza, una
volta che l'avessero conosciuta. Con ci non era detto che
l'umanit non si potesse mai mantenere per un lungo
periodo di tempo alla stessa altezza, e che perci anche
verit da lungo tempo scoperte dovessero sempre andar
perdute di nuovo. La teoria si basava bens sull'assunto
di una distruzione periodica della religione e della ci
vilt per opera di violenti fenomeni naturali, e non era
quindi nient' altro che l'applicazione della dottrina pla
tonica delle catastrofi alla storia della filosofia. Gi il
Bywater ha cercato di dimostrare, e con luminose ra
gioni, che la teoria delle catastrofi appariva nel dialogo
aristotelico 2). Il Timeo ammette che tutta la pi antica
') Se le parole di Plinio sex milibus annorum ante Plato
nis mortem non derivano dall'intermediario Ermippo (nello
stile tecnico dei cronologi le indicazioni ante mortem significano
spesso, come a ragione mi suggerisce Ed. Fracnkel, semplicemente
ante aliquem) ma bens dalla sua fonte, esse possono essere, comun
que, solo di Aristotele, perch Eudosso mor prima di Platone (n
si pu, basandosi su! passo di Plinio, pensare invece che sia morto
dopo, come fa il Gisinger, loc. cit., p, 5 n. 1). In ogni modo, che
una simile comparazione potesse essere istituita solo dopo la morte
di Platone pare a me certo gi soltanto per ragioni interne; e la
stessa cosa da dire per ci che concerne la posizione dell'intero
dialogo rispetto a Platone e alla sua filosofia.
') Il Bywater (Journal oj Philology-, VII, p. 6S) ascrive al dia
logo liepl piXoaoyiaj brani di Filopono, in Nicom. arithm. La
teoria <lei cataclismi vi messa in rapporto con l'i-deu della evolti-
180 GLI ANNI
1)1 VIAGGIO
tradizione sia stata annientala, presso iGreci, da eventi
naturali di violenta natura. Come residuo di tali cata
strofi nella memoria dell'umanit interpretato, p. es.,
il mito di Fetonte e quello del diluvio universale. Anche
nelle Leggi questo metodo di interpretazione dei miti
viene applicato alla pi antica storia della civilt, nello
stesso modo in cui nella
Metafsica
aristotelica imiti di
vini sono considerati come resti rudimentali d una fase
primordiale, oscuratasi nella tradizione, della sua teoria
del movimento delle sfere11). 11 razionalismo di questo
metodo di trattazione dei miti non certo nato dallo spi
rito intuitivo e fantastico di Platone: esso reca l'im
pronta della scienza ionica, e probabilmente deriva da
Eudosso, come del resto si pu congetturare per la stessa
teoria delle catastrofi. Di questo metodo Aristotele si
valso liberamente: nella Meteorologa, p. es., egli deduce
dalla tradizione mitica l'esistenza preistorica dell'ipotesi
dell'etere, per la prima volta dimostrata proprio da luia).
L'idea del ricorso di tutti ifatti spirituali , viceversa,
certamente non eudossiana. Ma inmodo tanto pi chiaro
essa manifesta l'influsso della moderna scienza naturale
sulla considerazione storica della civilt, sulla sua valu
tazione del mito e sulla concezione dell'essenza dello
spirito umano, il quale reca sempre nuovamente in luce
zione scientfica: e questo uno dei inolivi elle Aristotele attinse
a Hatone ed elabor ulteriormente. La teoria analizzata dal By-
svater per, nella sua forma, stoica, e specialmente lo ilconcetto
dell'evoluzione delle arti e quello della continua mutazione di
significato del termine ooiffa, che da tale evoluzione deriva. Cfr.
per ci il mo Nemesios von Emesa, Qucllenforschungen zur Ge-
schichte des alteren Nettplalunismits und zu Poseidonios, Berlino,
1914, p. 124 segg., e Gerbausser, Der Protreptikos des Poseidonios,
Diss. Heidelberg, 1912, p. 16 segg.
3) Plat., Tim., 22 -C, Critias 109 D segg. Leg., Ili, 67? A. Ar.,
Metaph., A 8, 1074 b 1-13.
Meteor.. A 3, 339 b 20 segg.; de ertelo, A 3, 270 b 16 segg.;
de anim. mot., 3, 699 a 27; Pol., H 10, 1329 b 25.
T.O SCRITTO SULLA FILOSOFIA 181
ci che in lui giace nascosto, cosi come la natura fa con
le sue forze.
Se nel primo libro la figura di Platone appariva sol
levata, su uno sfondo di secoli, al di sopra di ogni misera
contraddizione, e costituente il culmine di tutta l'evolu
zione filosofica compiutasi fino allora, questa valutazione
determinava la prospettiva piadeguata per la critica che
seguiva negli altri libri. Alla dissoluzione della dottrina
delle idee, data nel secondo libro, seguiva nel terzo la
costruzione cosmologica propria di Aristotele. Si trattava
di una cosmologia e di ima teologia che venivano egual
mente esposte merc un continuo riferimento critico alla
filosofa platonica, appunto in quanto si riconnettevano,
ad ogni passo, strettamente a quella. Sul contenuto gene
rale del libro d notizie il personaggio epicureo nel De
natura dcorum di Cicerone. In sostanza, Aristotele ri
prendeva qui la teologia astrale del tardo periodo pla
tonico. Inessa egli trovava il punto a cui ilpensiero me
tafisico doveva riconnettersi dopo ilcrollo della dottrina
delle idee. Per Platone, dietro al mito siderale della
sua pi tarda fase filosofica si celava sempre il mondo
soprasensibile delle idee, copia del quale era il cosmo
visibile. Aristotele si restringe al solo
aspetto cosmolo
gico di questo duplice universo, cos come anche un altro
scolaro di Platone, Filippo di Opunte, fa
nel]
'Epino-
tnide, se pure in diverso modo. Egli diventa con ci il
vero e proprio creatore della rehgione cosmica della filo
sofia ellenistica, liberatasi dalla fede del volgo e ricer
cante ormai solo nel celeste mondo degli astri gli oggetti
della sua venerazione. Ifili, che connettono da un lato
l'aristotelica religione astrale con l'Accademia e dall'al
tro la teologia stoica con la pi antica fase del pensiero
aristotelico, non sono stati finora scoperti; e in partico
lare non stata chiaramente riconosciuta l'importanza
di Aristotele sotto questo rapporto,
inquanto si son presi
1S2 GLI ANNI DI VIAGGIO
troppo esclusivamente, come punto di partenza, itrattati,
che invece rimasero completamente estranei alla cultura
ellenistica.
/ Secondo l'esposizione critica conservatasi in Cicero
ne, e derivante da una fonte epicurea utilizzata anche da
Filodemo, Aristotele nel terzo libro llepl cpiXooocpla;
avrebbe designato come divinit ora lo spirito, ora il
mondo, ora l'etere, ora un' altra entit, sovrastante al
_X mondo e dirigente il suo moto merc una specie di ro
tazione retrograda (replicatione quadam) 1). Valendosi
della dottrina epicurea come di criterio di giudizio, il
crtico ricava da queste tesi grossolane contraddizioni.
Per quanto questo giudizio possa essere superficiale, l'e
sposizione in s non d luogo a dubbi. La divinit, che
vien detta sopraordinata al mondo, iltrascendente mo
tore immollile, che dirige il mondo come causa finale
merc la perfezione del suo puro pensiero. In ci la
cellula originaria della metafisica aristotelica. Aristotele
designava poi l'etere come corpo divino o pi divino, allo
stesso modo che nei trattati: come Dio esso non compa
riva certo2). La divinit dell'etere non conviene, appa
rentemente, a un monoteismo di rigorosa trascendenza:
ma al disotto del motore immobile stavano le divinit, di
materia eterea. Soltanto apparente poi la contraddi
zione risultante dal fatto che Aristotele avrebbe in un
caso attribuito la natura divina al mondo, e in un caso
*) Arist.,
(ramiti.
26 R (Cic., de nat. deor., I, 13, 33).
')
Cicerone traduce il termine, come al solito, con caeli ardor;
e anche il fatto che lo chiami divino mostra che egli allude all'ipo
tesi aristotelica dell'etere (cfr. Cic. de nat. deor., I, 14, 37 ardorem,
qui aelher nominetur, secondo il richiamo' del Plasberg ad loc.).
Aristotele avanz dunque l'ipotesi dell'etere come quinto elemento
quando ancora si trovava nell'Accademia, dove essa si afferm lar
gamente, se anche con alquante attenuazioni e modificazioni. Al
pubblico essa fu per resa nota per la prima volta nel Ilept <pio-
ootpfas.
LO SCRITTO SULLA FILOSOFIA V 183
all'etere: prima al tutto e poi alla parte. Per mondo
non da intendere, come fa l'epicureo, il concetto elle
nistico del cosmo vivente e comprendente in B ogni es
sere, bens il cielo, la semplice periferia della sfera.
Que
sto uso linguistico dimostrato peculiare dell'antica Ac
cademia anche aWEpinomide. Essa lascia libera, a pro
posito del sommo iddio, cio del cielo, la scelta fra le
denominazioni di Urano, Olimpo o Cosmo; e altrove os
serva che quest' ultima denominazione quella che esso
merita di pi1).
Ma in questo dialogo Aristotele si muoveva nell'am
biente del tardo platonismo non soltanto sotto l'aspetto
della terminologia.
Quasi
completo, nei tratti fondamen
tali, l'accordo fra la teologia dell'opera aristotelica e
quella deWEpinomide. Sorprende il fatto che il critico
epicureo, in caccia di appigli polemici, non ricordi af
fatto le 55 divinit astrali della pi tarda metafisica.
Evidentemente, questa
concezione cosmologica non appa
riva ancora affatto nel dialogo aristotelico.
Conferma di ci d la notizia, fornita dallo Pseudo-
Filone nello scritto SulUeternit del mondo, che Aristo
tele abbia accusato di tremendo ateismo (8etvV]V d-eT7]T)
ifilosofi che dichiaravano ilmondo generato o perituro,
non vedendo essi in una cos grande divinit visibile
(xoaotov 5paxv frsv) nulla di superiore a un qualsiasi
manufatto. Egli stesso chiamava il cosmo un Pantheon,
che accoglieva in s il sole, la luna e gli astri mobili
e immobili; e canzonava gli avversari, dicendo come fino
allora egli avesse temuto soltanto che la sua casa po
tesse andare in rovina, per tempesta
o per logoro o per
l'insufficiente tecnica costruttiva, mentre ora c' era da
preoccuparsi che il mondo intero potesse una volta croi-
') Epin., 977 A-B, 987 B.
J84 GLI AKNl 01 VIAGGIO
lare merc le ipotesi di quei dotti, che lo demolivano gi
con le loro sole parole1).
Iltono ci noto: nella confutazione della teoria dei
fisici concernente la fine del mondo, esso di asprezza
mordente, mentre si attenua nella sostanza e si fa pi
rispettoso nel rifiuto della concezione creazionistica del
Timeo platonico, che quella a cui si allude con l'imma
gine del manufatto. lo stesso tono personale che si e
trovato nella critica della dottrina delle idee del secondo
lihro Jlspl cpilocctplx. Anche nel terzo libro, dice la
relazione ciceroniana, Aristotele espose la Bua cosmolo
gia in continuo contatto polemico con Platone. Ci deve
riguardare in prima linea la dottrina della eternit del
mondo, perch in questa che egli diverge al massimo
da Platone2). E giacche il passo non proviene da alcuno
dei trattati superstiti, e per ilsuo stile appartiene indub
biamente a un dialogo, come sua fonte non pu essere
presa inconsiderazione altra opera all'infuori del dialogo
Sulla
filosofia.
Esso era l'opera, oggi perduta ma molto
letta nell' antichit, nella quale erano manifestate en
trambe le concezioni filosofiche che secondo il giudizio
degli antichi caratterizzavano pi che ogni altra la po
sizione di Aristotele, e cio l'assunzione dell'etere come
elemento celeste e la considerazione del cosmo come non
nato n perituro. Idossografi sogliono citare, con piena
esattezza, entrambi questi elementi come motivi di no
vit, accanto alla concomitante cosmologia platonica.
Infatti, nonostante il contrasto nelle questioni sin-
') Arist.,
framnv
18 R. (Ps.
Philo, de net. mundi, 3, 10, p. 53
Cohn-Reiter).
') Arisi., framm. 26 R. <Cie. de not. deor., I, 13, 33)
Aristote-
lesgue in tertio de philosopkia libro multa turbat a magislro suo
Platone dissentens.... L'inserzione del non innanzi a disscntiens,
fatta dal Manuzio e accolta dal Rose dopo l'esempio del
Lambino,
insostenibile dal punto di vista del contenuto, ed stata dimo
strata inammissibile dal Yahlen ancbe da quello stilistico (cfr. Pia-
aberg, nell'edizione maggiore, p. 218).
LO SCRITTO SVLLA FJIOSCWA 185
gole, la dottrina del dialogo, per quanto si tratta delle
concezioni positive di Aristotele, ancora completamente
platonica. Tale , anzitutto, la fusione della
teologia con
l'astronomia. L'imputazione di ateismo, diretta contro i
seguaci di concezioni astronomiche eretiche, deriva dalle
Leggi di Platone: eppure proprio per opera di Platone,
come detto nelle Leggi, divenne appunto teologia
quell'astronomia, che prima appariva come la pi atea
di tutte le scienze 1). Con la relazione ciceroniana quadra
ilfatto che anche in. Filone la parola cosmo sia usata
nel senso di cielo . La teoria del cosmo compren
dente ins ilsole, la luna e le stelle non infatti altro
che un riflesso della cosmologia del Timeo {30 D) : Vo
lendo fare il cielo simile ai pi bello e al pi perfetto
di tutti gli enti concepibili,
Dio cre un unico vivente
visibile, comprendente
ins tutte le altre realt
viventi, ad esso affini per natura. Per Aristotele, certo,
il cielo non pi la copia visibile della idea suprema
contenente in s tutte le altre idee, l'intero cosmo intel
ligibile. Ilmondo delle idee caduto, e con esso il de
miurgo, che guardando ad esse creava il mondo visi
bile. Tanto maggior dignit metafisico-religiosa acquista
perci, ora, la copia, e cio il cosmo stesso come unit
visibile del mondo e della celeste regione degli astri,
uniche realt che all' esperienza sensibile garantissero
la soddisfazione dell' esigenza platonica, che nel flusso
del divenire dovesse esserci qualcosa di eterno e di du
raturo. Platonica anche 1' espressione Dio visibile;
e per quanto
il paragone del cielo con un pantheon, che
comprende in s ogni singola divinit, potrebbe essere
nella lettera non aristotelico ma filoniano, aristotelico
il concetto, che si ritrova anche nell' Epinomide attra-
') Leg., 821 D; 822 B-C; 898 C; 899 A. Scissione del binomio
astronomiu-aleismo: 967 A segg.
186 CM ANNI LI VIAGGIO
verso la designazione del cielo col nome di Olimpo ').
Ilsentimento del mondo, che avverte il divino nel cosmo
del
libro precedente, considerando Aristotele in entrambi i
luoghi la teoria delle idee come dottrina propria.
Questa
obbiezione contro la critica propugnante l'atetesi preaup- '
pone che il primo libro fosse divenuto sospetto appunto \
per quell'eidos. Nessuno capiva pi, allora, come Ari-
?
stotele potesse designare l'asserzione delle idee come dot-
<.
trina propria, e lo stesso Alessandro riusciva a spie- ?
garselo solo presupponendo l'intenzione retorica dell'eto-
pea. L' atetesi deriva dunque dall' ambiente ortodosso
della scuola peripatetica dell'et imperiale, che cancel
lava ogni traccia di dipendenza di Aristotele da Pla
tone considerando la dottrina delle idee come un'eresia
alla quale ilmaestro non poteva aver minimamente par
tecipato. A noi questa forma di critica serve a mostrare
ancora una volta quanto poca autorit sia da attribuire
alla tradizione della scuola peripatetica a proposito di
problemi concernenti l'evoluzioue di Aristotele.
Questa
LA PRIMA METAFISICA 235
fonte principale infatti assolutamente tendenziosa nelle
sue testimonianze. Del modo come vennero ridotti al si
lenzio idialoghi, che protestavano altamente contro que
sta deformazione della verit, stata gi fatta parola (v.
sopra, p. 40). Ma il passo del secondo libro, che Alessan
dro allega contro l'atetesi del primo, mostra in realt
quanto stretto eia ilnesso genetico ohe lega l'uno all'al
tro. E a questo passo, tratto dall'inizio del secondo libro,
egli avrebbe potuto aggiungerne un altro simile della
conclusione, dbe anch'esso non stato fino ad oggi mai
sfruttato per l'indagine cronologica, per quanto inconce
pibile ci possa parere (B 6, 1002 b 12): In generale
si pu essere in dubbio circa la ragione per la quale
convenga ricercare altre realt di diversa specie oltre
quelle sensbili e l'intermedio mondo delle matematiche,
quali leidee, lacui esistenza noi asseriamo (olov & tHdepev
eTSf)) .
Questi
due passi' ci permettono di far risalire
con sicurezza l'intero secondo libro alla pi antica re
dazione della
Metafisica
:esso stato scritto subito dopo
il primo, nello stesso periodo di tempo.
La medesima
conclusione verr ricavata pi tardi anche a proposito
del suo contenuto teorico.
3. Critica
pi
antica e critica
pi
recente
DELLA TEORIA ACCADEMICA DEI NUMERI.
Ilibri M ed Nsono considerati per lo pi come un
tutto unico, principalmente per ilcarattere unitario del
loro contenuto, e cio della critica della dottrina acca
demica concernente le idee e inumeri. Nel capitolo in
troduttivo (M 1) Aristotele chiarisce lo scopo della trai?'
tazione. Egli pone
'
ir~fTfblm
"
sVotre alle realtjlel.
mondo fehbmOTico~'su668ta ancora un altro essere che
"sia immoto ed e"terh."Anzitutto devono essere presi in
-------
-----
.il - r
esame ipensatori die finora hannp_assento resistnza di
236 GLI ANNI DI VIACC.IO
LA PRIMA METAFISICA
237
un simile essere,
e,cio...i!latone..e,la sua scuola. Aristo
tele stabilisce un piano preciso, secondo il quale egli
intende di procedere e che gi per la sua disposizione
metodica presenta altissimo interesse. Anzitutto egli
vuole considerare le entit matematiche ne11aoro_p
i
_
rezza idealcio'
senza riguardo alle tesi metafiscbe,.che..
|
ad
essei_ cqnnettonj quale' per esempio quella,
che esse
siano
ideer
principio ed essenza di tutte le cose. Inse-
...# |
conda linea devono essere sottoposte ad indagine le idee,
parinienti_8enza alcun riguardo
airinterp.retaziqim_che_.
nella sua pi tarda fase ne diede Platoneconsiderandole
come numeri: esse debbono infatti_
Msere.etndiate-nella.--.
loro forma originaria ed autentica1. Ilterzo luogo dev'es
sere'occupato dalla discussione critica della filosofia1 ma
tematica di Speusippo e di Senocrate.
_
Le due prime parti, l'indagine circa l'essenza (oaia)
delle entit matematiche e la critica della dottrina delle_
ideei'nelYa sua forma originaria quale conosciamo dai
dialoghi di Platone, non hanno in questo organismo va
lore autonomo. Esse servono come gradi per la dedu
zione
metodica della dottrina di Speusippo e di Seno
crate, da esse storicamente derivata. su questa dot
trina che s'impernia principalmente l'interesse della trat
tazione, come appare gi dallo spazio ad essa dedicato.
Evidentemente essa costituiva per Aristotele, quando egli
scriveva M, il problema di attualit, mentre la conce
zione platonica delle idee era da lui presa in esame
solo affinch non sussistessero lacune nel sistema orga
nicodella sua trattazione. Aristotele Iodice chiaramente,
quando inserisce la dottrina delle idee nel programma
del libro. Non perch essa trovi ancora difensori nell'Ac
cademia, ma bens Scov vjioo yvdptv, come a dite solo
per una questione di forma1) egli la comprende ancora
!) Motapk., M 1, 1076 a 27, c cfr. per l'espressione Boraays,
Dialogc des Arist., p. 130.
r
V
"
'
'i
'
una volta nei limiti della sua trattazione. Speusippo met
teva completamente
da parte le idee e sostituiva ad
esse, quale superiore realt, inumeri.
Senocrate, pi
conservtorci
cercava di tenere""in vita la dottrina-dei
numeri ideali professata
dal tardo Platone e
identificava..,
"TTcIWai matematiche con le idee concepite da Hatone,
come numeraggiungendo cio" a"un'compromesso tra.Pia-.
tone'e'Speusippo.
t/ust'Tormd
della tlottrina .chia-_..
mata da AriFtbtI"i xpCroj rptto?. Anche dal punto di
vista
cronologfic~eBffa"'devrea8ere,
naturalmente, la pi
tarda delle tre.
Con ci l'et di composizione del libro M risulta
ampiamente distanziata da quella dei primi libri. Certo,
le dottrine circa inumeri vengono ricordate
da Aristo
tele molto tempo prima, nel Protreptico; ma nell' et
immediatamente posteriore alla morte di Platone, nella
quale nacque la prima Metafisica, la forma della tratta
zione critica circa la dottrina delle idee stava addirit
tura al polo opposto.
Nel primo e nel secondo libro la
dottrina delle idee costituiva
ancora, senza
contestazioni,
il centro dell'interesse filosoficoi. Ivi essa era ancora, per
Aristotele, ilpunto di partenza
dell'intera indagine spe
culativa nel campo della metafisica e della logica. Nel
libro M invece si scorgono gi chiare le tracce del
l'influsso che la critica aristotelica esercit, di riflesso,
sull'Accademia. Qui
egli pu considerare come invec
chiata, per consenso
comune, la forma classica della me
tafisica platonica. Contro di essa egli si limita soltanto
a richiamare la sua precedente minuziosa critica delle
idee, e non gi quella1 che si trova nel primo libro, ma
bens quella contenuta nei suoi yot
essoterici, osser
vando come essa sia universalmente conosciuta e come
quindi egli non abbia bisogno di tornarvi su. In questa
citazione noi riconosciamo il dialogo
Ilepl cptXoaocpfa?,
elie non era ricordato nella critica della dottrina delle
23S CLI ANNI DI VIAGGIO
idee data nel primo libroe che
pu anche darsi sia stato
|f
composto poco tempo' dopo. Da allora era trascorso un
perodo di
tempo abbastanza lungo, tredici anni e forse
pi. Alla mutata situazione slorica corrisponde il fatto
che Aristotele non ponga pi inprima linea la polemica
J.
contro leidee, che subito dopo la' morte di Platone ave- '4
vano invece avuto certo, nell'Accademia, ancora molti di.
fensori. Intale situazione il motivo pi profondo del
4
fatto che nella nuova elaborazione Aristotele cancelli
completamente la critica di Platone che aveva data nel
primo libro, quando essa costituiva1 la questione cruciale
; f
della sua pi antica metafisica. Con le necessarie modi- 4
ficaziori. che a loro volta dipendono
dalla mutata situa-
zione interna ed esterna '), egli la trasferisce nella nuova 'i
'
trattazione polemica contro la filosofia matematica di
Speusippo e Senocrate, in funzione della quale le idee
4
conservavano ancora un interesse storico per la cultura {-
contemporanea, in quanto costituivano una sua forma
preliminare. G-h antichi compagni vi sono fieramente ;
assaliti e la loro dottrina delle idee dichiarata una
allucinazione.
|
Tutto rimanda all'et in cui la scuola peripatetica \
fronteggiava gi, in atteggiamento
ostile, quella piato-
I
nica. Convien qui, anzitutto, far seguire uno schema della . ]
disposizione del libro.
1
A. Introduzione: MI, 1076 a 8 a 32.
B. Prima parte: tcs pi tjv
paS-Tj pax txv
(solo inquanto tali) 1076 a 32
1078b 9.
I.Ivys ioli atod-q-oii tlvzt Suvaxov 1076a 33
h11.
II.7za,p i
aoibjT stvai y_Li)piar Suvaxov 1076
b 12
1077 b 11.
III.6 ipizo$ io stvac 5 twv palbjpaiixcv
TSi?
nq
(fl Tioaa ecc.). 1077 b 12
1078 b 9.
'} Cfr. sopra, pp. 227-28.
LA PRIMA METAFISICA 239
C. Seconda parte: nep tv ioefiiv (solo in
quanto tali, senza riferimento ai numeri) 1078 b 9
1080 a 11.
I. Analisi storica delia genesi della dottrina delle
idee 1078 b 12
b 32.
II. Confutazione dialettica 1078 b 32
1079 b 11.
III. Confutazione fisica 1079
;b
12
1080 a 11.
D, T e r z a p a r t e: ntpl & p ulpfi) v d)?
xstepi-
cpiv?]; oafas
1080 a 12 1085 b 34.
I. Discussione di tutti icasi possbili 1080 a 12
b 36.
1. Tre casi ideali sono concepibili 1080 a 18
b 5.
a) ol pi&pol doupPXr]xoi
b) oupXxof
c) ol pv apjjXijioc, ot o aupjJXrjica
2. Ciascuna di queste tre concezioni (eccetto quella
dei numeri TtavTsXw; aaupPXtjxoi) ha trovato sostenitori
1080 b 6
b 36.
a) Platone: numero ideale e numero matematico.
b) Speusippo: solo il numero matematico.
c) Senocrate (kXXo? b etSijxty-j xcd ipaSvj-
paxcy.; piO-u; 6 ajii au.
II. Confutazione di questi singoli ipnoi 1080 b 37
1085 b 34.
1. Confutazione di Platone 1080 b 37
1083 a 17.
a) Primo caso: izaxt povdSe aupJ3Xi}'ca atee 1081
a 5
17.
b) Secondo caso: nSoat aupjXijxoi 1081 a 17
b 35.
c) Terzo caso: od pv v 5XXm Std'popoc ai S'Iv Tip
at dptSpw povaSs; bifopo:
108]
b 35 1082 b 1.
d) Ogni forma di distinzione delle monadi incon
cepibile, e ci esclude la possibilit di porle come idee
1082 b 2
1083 a 17.
240 CLI ANNI DI VIAGGIO
2. Confutazione degli altri metafisici dei numeri
1083 a 20
1085 b 34.
a) Distinzione dei tre casi possibili 1083 a 27
b 18.
a) Speusippo 1083 a 27
b 1.
fi) Senocrate ( Tpfto;
-piioi;) 1083 b 1
8.
y) IPitagorici 1083 b 8 18.
) Confutazione di tali dottrine 1083 b 19
1085
b 34.
E. Conclusione: 1085 b 35
1086 a 20.
: I. Ilreciproco contraddirei dei difensori di tali teo
rie rende sospette queste ultime.
I II. Imoderni sostenitori di questoi platonismo non
{hanno effettivamente compiuto alcun progresso rispetto
> a Platone.
III. La ragione del loro insuccesso nell'inesattezza
dei loro presupposti.
Questo
processo dimostrativo mostra un rigore di di
segno, che non incontriamo di frequente in Aristotele.
Ifascicoli delle sue lezioni sono soggetti a una rielabora
zione
troppo continua, per poter giungere facilmente a
una forma compiuta ed armonica.
Questo
libro invece
limato con visibile accuratezza, e segue dal principio alla
fine un piano determinato. un tutto, con
[isoov
e xeoj. La sua originalit non consiste tanto nei par
ticolari quanto nell'idea complessiva. ArstoieTe_viinl
me.
cogliere ancora una volta, in una graejsiUes.L.cntca.
tutto ci che,ggli-ha.pensato.circaJa.questione delle en
tit soprasensibili, le idee e inumeri. E concepisce il
piano, caratteristico del suo genio dimostrativo, di non
attaccare soltanto le concezioni allora dominanti nel
l'Accademia, ma di dedurre sistematicamente e di con-
futare tutte le singole forme dei 7Xda]iara accademici
che potessero in generale immaginarsi. Le diverse va-
LA PRIMA METAFISICA 241
; rianti della teoria delle idee e dei numeri presentatesi
nella realt storica vengono inserite in questo quadro
i! e fatte risalire a pochi presupposti fondamentali, dime-
strati a loro volta falsi. Nell'introduzione, e specialmente
verso la fine, lo stile dello scritto attentamente curato,
e la fredda lingua scientifica assume nella conclusione
un certo colorito rettorico. La conclusione non si trova
del resto alla fine del libro, ma gi in M9, 1086 a 20.
Con leparoleche seguono comincia unatrattazione nuova,
come gi hanno rilevato antichi commentatori e come
ho dimostrato minuziosamente sulle tracce dello Schive-
gler1). Ci provato soprattutto dalle precedenti frasi
conclusive (M9, 1086 a 15
f
preceduto da un altro, nel quale mancava quella graduale
esplicazione del concetto dell'essere. Ilprospetto dei pro
blemi metafisici dato nel libro B non prevede 1' excursus
dei libri Z-0 circa la teoria generale della sostanza e
dell'atto, e questi stessi tradiscono ad ogni passo come
*i
non possano essere tati originariamente scritti per lo
scopo metodico al quale essi sono stati subordinati in . y
quell'ultima sistemazione, che ora il testo presenta.
Data l'importanza della cosa, voglio dimostrarla an-
cora pi minuziosamente. Sul principio del libro Z
si rileva, s, come l'indagine proceda metodicamente nel j
miglior modo partendo dalle sostanze percepibili per !
mezzo dei sensi. Segue una bella,
e giustamente famosa,
digressione circa la natura del conoscere umano e circa
la norma metodica, che prescrive di procedere sempre
%
da quel che noto a noi , cio dal sensibilmente certo,
a quel che noto per natura , cio al puro oggetto del
pensiero. Questo chiarimento circa imotivi che indu
cono Aristotele a premettere l'indagine generale circa
I'oafa alla teoria del soprasensibile si trova per fuori
posto in tutti imanoscritti. IlBonitz ha notato per pri
mo lo spostamento (senza per altro trarne alcuna illa
zione), e d'allora in poi le nostre edizioni presentano
il passo nel luogo che gli conviene. Motivo di tale spo
stamento non pu essere stata una confusione di un ma
noscritto tardo, perch esso si trova inentrambe le classi
della tradizione del testo, e doveva quindi comparire in
tutti imanoscritti antichi. Il fatto non si pu quindi
spiegare se non ammettendo che il passo costituisse una
aggiunta in foglio staccato, inserito nel testo in luogo
erroneo gi dal primo editore '). Ed anche un altro ri-
'-V
') Melaph., Z 3, 1029 b 3-12. Le parole sono andate a finire
nell'inizio dell'indagine circa il -ci
i5v
stvai, dove non hanno al
cun senso. Esse continuano le parole di 1029 a 33: SpoXofoOvtxt
5'oOaiai elvai
x)v
atoSbjxfflv xivf g, d>ax* iv Taxatg Urjxijxlov icpixov,
l'evoluzione della metafisica
267
chiamo al carattere meramente propedeutico
dell'inda
gine circa la realt sensibile manifesta una cos debole
connessione col contesto, che sembra essere una poste
riore aggiunta di Aristotele I).
Fuori di ogni possibile dubbio infatti che ilibri
Z-H non trattino la questione della sostanza incostante
riferimento al loro presunto scopo, e cio a quella dimo
strazione della realt soprasensibile
che ad essi deve se
guire, come ci si dovrebbe aspettare stando a questi pas
si. All'opposto, si ha l'impressione che la trattazione sia
etata scritta solo con l'intento di confutare il concetto
platonico
dell'essere, che vedeva l'essere supremo nel su
premamente
universale, e per contrapporre
a questa su
blimazione dell'immaterialismo
la dimostrazione del va
le quali pure fanno parie dell'aggiunta. Le prime parole del passo
inserito erano evidentemente state aggiunte ancora tra le linee del
l'antico
manoscritto, e perci si trovano nei codici al loro esatto
posto. Ilresto, non rimanendo spazio, fu poi scritto su un foglio a
parte. Aggiunte su foglio volante furono anche le parole Z 11, 103o
b 32 rapi 81-1037 a 5 vov)Tii-
') Il passo Metaph., Z 11, 1037 a IO segg. sembra a me costi
tuisca un'aggiunta di tal genere, fatta allo scopo di caratterizzare
l'indagine rapi o&oteg come preambolo della dottrina dell eala
soprasensibile, e di accennare gi in questo punto a tale sua fina
lit. Se quell'indagine fosse stata scritta fin da principio a questo
scopo, Aristotele parlando della avrebbe certo speso una parola
a proposilo della BXt] del soprasensibile postulata da Platone. Del
pira xal ptxpv non fa invece neppure un cenno, per quanto in
sede di metafisica esso avrebbe dovuto
interessargli assai pi che
la materia in senso fisico, di cui pure parla tanto ut Z. Si com
prende cosi come egli, quando inseri Z-6. aggiungesse contempo-
rancamente alla fine della prima parte
dell'indagine le parole:
Tt-tspov 8' Ioti nap*, frjv
BJ/qv tffiv xoioxuiv o&oimv xig aTj xat
Sai tuxer* oalav a&xffiv Ixipav r.v oTov pi|ioi)g
\
vi xoioBxov,
uxstetov Boxepor xoxoo X*Ptv
n5Pl
atoAr,T(uv o&oiSv
raipmsS-a 8opleiv, Irai xpirav T'.vi xijg pooixfjg xal Seuxpag
miXooocrtag Iprov f] rapi xg aloHt;
o&alag &smpta. Che queste
parole siano
un'aggiunta posteriore di Aristotele e
provato
anche
dal rimando della frase che segue (1037 a
17-20), con esse insepa
rabilmente
collegata, all'aggiunta H 6 concernente la definizione.
Tanto questa quanto il rimando che la concerne
sono stati cio
egualmente aggiunti, al pari di altre modificazioni
dissimile
specie,
solo in occasione dell'inserzione dei libri Z-0 nel piano comples
sivo della pi tarda Metafisica.
. ,
268 GLI ANNI DI VIAGGIO
lorepositivo chela materia(5Xt))e ilsostrato (uTioxelpevov)
possedevano per il concetto della realt. Dal concorso
della tendenza materialistica e di quella razionalistica
deriva quindi il nuovo concetto aristotelico della sostan
za come forma ed entelechia, senza peraltro che venga
richiamata particolarmente in primo piano quella que
stione della separabilit (cpiapig), che a proposito di
tale concetto aveva importanza decisiva per ilmetafisico.
Al
contrario, viene rifiutata come unilaterale la tendenza
platonica ad astrarre dappertutto dalla materia, e si
;
m
richiama l'attenzione sull'importanza che questa possie
de per la concezione dell'essere 1). Non ci sorprende per-
") Metiph., Z 11, 1036 b 22 816 xal t xoIvt*
vdfsiv
otite xal
acpaipety tv 6?.7)v ncpUprev Ivta fp totog t48e Iv tffiSe iativ....
*) Metaph., Z 8, 1033 a 24 segg.
*) L'interesse per la considerazione fisica del problema del
l'sfiato, viene pi volte in luce nel libro, e accanto ad esso ba parte
massima quello per la considerazione dai punti di vista' della meta
fisica e dell'analitica (cfr. per quest'ultima Z 12 e H 6). La spe-
ci che l'idea della forma sia dedotta addirittura merc s
un analisi del concetto
(lei
divenire, e che 6a messa for-
temente in rilievo la sua fondamentale importanza per ',v
il retto intendimenti di questo concetto fisico2). La ma-
'
!4'i:
niera in cui nel libroZ vengono studiati uno dopo l'ai-
tro idiversi significati del concetto di sostanza e la con
clusione di tale indagine suggeriscono l'idea che qui si "l'
abbia di fronte uno scritto originariamente autonomo
circa il problema della sostanza, la cui importanza de
cisiva era venuta in chiaro gi nella pi antica reda
zione della
Metafisica
(p. 252) attraverso la critica della
dottrina delle idee. Naturalmente non c' dubbio che gi
nello stadio pi primitivo della speculazione metafisica
di Aristotele sa da presupporre l'esistenza del nuovo
concetto della sostanza, o meglio dell'essere, in s consi
derato. Ma egualmente vero che esso nato sul terreno
della fsica e della logica3), e si pu ben immaginare
*;
7
l'evoluzioni; della meiai-isica 259
che la pi antica metafisica, la quale, come vedemmo
nel Depi fiXooopiag, era ancora pura teologia, sfruttasse
genialmente
ilconcetto dell'entelechia e dell'atto per la
soluzione del problema di Dio, senza perci aver bisogno
di inserire in essa, o addirittura di ridurre a suo nucleo
fondamentale, la trattazione generale del problema della
sostanza.
Questa
congettura, che la trattazione circa la sostan
za non abbia occupato in origine il posto in cui ora si
trova, ulteriormente confermata da una serie di gravi
indizi esterni 1). Anzitutto manca, nei libri pi antichi,
ogni allusione a Z-0- Viceversa nel libro Isi rimanda
a Z-H, e questi vengono anzi designati come Je ricerche
sulla sostanza (oE rcspl rf); cicia; Xyoi). Gi questo in
dica la loro relativa indipendenza. E cos Aristotele li
cita in0 8, 1049 b 27 (dpyzxi S' iv
tots
tzspl xi]{ oalac,
Xyoij).
H complesso Z-H, che ba carattere unitario
(H
comincia con una ricapitolazione del libro Z e offre
una serie di aggiunte all'indagine compiuta in quel li
bro) di conseguenza considerato come per s stante tan-
culazione circa l'ooia penetra nella fisica merc il collegamento
con la dottrina del divenire e della mutazione, nella metafisica
merc il concetto della forma immateriale e il problema del
yuipiepbs, nell'analitica merc il t
ifi
stvai e il suo nesso con le
teorie della definizione e dell'astrazione e con la divisione dei con
cetti in
fvYi
e sI8r]. Occorre solo veder cliiaro questo carattere
multilatcre della trattazione per intendere come essa stesse in
mezzo tra le ricordate discipline prima che Aristotele la inserisse
nella Metafisico.
.....
l) Importandomi qui di raccogliere in unit tutti imomenti
della dimostrazione, mi certo lecito di riesporre ancora breve
mente, insieme con le altre, le conclusioni risultanti dai reciproci
rimandi a quel che segue e a quel che precede contenuti nei libri
della Metafisica
: conclusioni sulle quali ho principalmente insistito
altra volta (Entstehiaigsgesch. d. Met., p. 90 segg. e 106). Il cap. 4
della prima parte di quel libro, intitolato Die zusammenhangen-
den Stucken, si riferisce proprio al punto in cui ora credo di poter
spingere l'analisi fino al completo chiarimento delle intenzioni del
filosofo, mentre per ci che concerne la separazione dei brani per
s stanti non ho nulla di sostanziale da aggiungere alle mie prece
denti trattazioni.
270 oli assi ni
viaggio
to da 0 quanto da I.Ancora pi importante il fatto
che l'introduzione del libro Z venga citata spesso come
se costituisse il principio di un'opera: come per esem
pio inZ 4, 1029 b 1: stie! o' v p'/$ SistXpeOa Jtooi?
pcicpsv tVjv o
tjslav.
In generale, e per esempio nei bra
ni B ed M 9-10 appartenenti alla prima metafisica, le
parole v pxt
i
servono a designare l'inizio dell'intero
trattato, e cio il libro A. Un esempio del fatto che un
libro situato nel mezzo di una serie citi l'inizio suo
proprio con le parole v px) offerto dall'indagine
sull'amicizia nell'Etica Nicomachea (libri 0-1), che sen
za dubbio costituisce untrattato in origine indipendente.
Che anche Z fosse un tempo l'inizio di una trattazione
per s stante, e anzi che esso costituisse il primo trattato
in seno a tutta una serie di piccoli trattati consimili,
dimostrato dalla citazione 0 1, 1045 b 31, che con le
parole v
toI? itpunoig Xoyoc; non cita l'inizio di A o di
0 ma quello di Z. Il primo libro di questa serie era
dunque Z, a cui segu H; e 0 gli s sar aggiunto, nel
posto che anche oggi occupa. Difficile invece decidere se
anche I
appartenesse gi allora a
questo complesso, o
se fu aggiunto 6oIo pi tardi, quando Aristotele tolse al
loro isolamento ilibri Z-0 e li inser nella
Metafisica
:
tuttava quest'ultima ipotesi sembra la pi probabile. In
I2, 1053 b 16 Aristotele si richiama a Z 13-17 con le
parole: sS Si) pvj8v tfflv xaWou
8'jva-v
oofav elvai, xa-
ffi7csp v
xo? ntpl oafa?
v.a raspi roO 8vto; sTpvjtai
Xiyoii;.
Qui
ZH sono, s, sentiti ancora come indipen
denti, ma non risulta che essi si trovino all'inizio di una
serie a cui appartenga anche I;e a ci si oppone anzi
un'altra citazione, che si riferisce al libro B (I 2, 1053
b 9):xat S ri)v ocav xl Tf]v tpatv t)'cj}tgv rao'lpwg
xst) xaftctrasp v rots 8iaraopVjfiaoi,v rarjXikjpev, zC t v
ait.... Stando a questo passo, il complesso originaria
mente autonomo comprendeva solo ilibri
2 H 0,
ed I
l'evoluzione della metafisica
271
stalo aggiunto quando Aristotele lavorava alla forma
definitiva della
Metafisica:
per ci che esso si rife
risce a B considerandolo come introduzione.
Se ora esaminiamo la connessione del libro Z con
quello che precede, vediamo confermata anche da que
sto lato l'idea che Z sia stato inserito al posto che ora
occupa quando era gi compiuto come scritto a s. I
libri T ed discutono, come vedemmo, iquattro pri
mi problemi, concernenti il concetto della scienza che si
trattava di ricercare.
Questa
parte
si chiude con 1.
Segue ora qualcosa di nuovo: la teoria dei diversi signi
ficati dell'ente (5v) e di quello tra essi pifondamentale,
quello dell'essenza (oafa).
Comincia, cio, la
parte prin
cipale della
Metafisica.
Aristotele d per prima cosa una
enumerazione di tutti isignificati
dell'ente, nel pilargo
senso di questa parola, che possono essere pregi inesame.
Giacch l'ente, detto cos in generale, significa molte
cose, delle quali l'una l'attributo accidentale, un'altra
quella per cui l'essere designa il vero e il non essere
designa il falso, ed oltre a questi significati vi sono le
forme della predicazione, come per es. il che, il come,
il quanto, il dove, il quando e qualsiasi altra designa
zione d tal genere, e ancora oltre a tutto ci vi l'es
sere in potenza e l'essere in atto; giacch, dunque, l'ente
ha molti significati, dobbiamo per prima cosa parlare
dell' essere nel senso dell'attributo accidentale, perch di
esso non si ha ancora alcuna nozione e teoria Ari
stotele considera quindi l'essere nel senso dell'accidente,
e inseguito a ci l'essere nel senso della verit e falsit
del giudizio.
Questo
breve brano giunge fino alla fine
di E. Con Z s'inizia l'indagine circa l'essere nel senso
vero e proprio, cio circa le categorie e particolarmente
') Mctaph., E 2,
102(1
a 33.
272 CU ANNI DI VIACC10
circa 1' oaia., principale oggetto della scienza in que
stione. "*
Singolare il fatto che il nuovo libro incominci quasi
con le stesse parole e con la stessa enumerazione dei si
gnificati dell'essere, che immediatamente precede: In
diversi sensi si parla dell' essere, come gi noi (e qui ci
aspetteremmo un rimando alla precedente enumerazione
di E 2, ma abbiamo invece una sorpresa) abbiamo di
stinto nello scritto circa idiversi significali dei concetti.
Esso significa infatti una volta quel che una cosa e
l'esistenza di un essere determinato, e altra volta una
data qualit o quantit o qualsiasi altra di simili predi
cazioni 1).
Qui
chiarissimo: se E 2 avesse preceduto, al tempo
incui Aristotele scriveva questo principio del libro sulla
sostanza, o egli si sarebbe richiamato all'ampia enume
razione, gi data in quel passo, dei diversi significali
dell'ente, o avrebbe rinunciato del tutto a darne un'altra,
giacche ognuno si sarebbe ricordato di quella. Se invece
Z un'indagine sull' ooia nata indipendentemente da
gli altri libri sulla Metafisica, s capisce subito perch
all'inizio di una simile indagine debba essere breve
mente determinata la posizione dell' oaux in seno al
complesso delle possibili enunciazioni dell'essere, anzi
tutto merc un riferimento alla tavola delle categorie.
A tal fine Aristotele si richiama alle delucidazioni ETsp
T(5v
XEyopvwv, che senza dubbio dovevano
essere state oggetto di pi di un suo corso di lezioni e
che allora non erano ancora 6tate accolte nella Meta
fisica, ma stavano a s come pO-oSo; indipendente. Si
tratta del cosiddetto libro
A, che solo dai redattori
stato collocato nel posto incongruo che ora occupa.
Quan
do, nella elaborazione pi tarda, il libro sulla sostanza
') Metapk., 2 1, 1028 a 10.
Devoluzione della metafisica 273
e il trattato sulla potenza e l'atto vennero inseriti al po
sto che oggi occupano, ci determin una mutazione nel
la complessiva struttura della Metafisica;
ed anzi, per
esser pi
esatti, Aristotele comp quel passo allo scopo
di modificarne la struttura in una maniera determinata.
A modello del nuovo progetto stava il metodo seguito
nel libro sulla sostanza Z-H,
in cui Aristotele si era ser
vito dei diversi significati dell' ocJa (uXtj, eI5o;, xafrXou,
xi tjv
elvai) come di fili conduttori e aveva cos offerto
chiari alla vista, in unsintetico ordinamento gerarchico,
i diversi stadi storici e logici attraverso cui si svolgeva
11 suo concetto della sostanza. Nella seconda elaborazione
della
Metafisica
egli applic questo procedimento alla
trattazione del concetto dell'ente (5v) nel suo significato
pi generale e inseri anche I' oofa nella serie dei di
versi significati dell'
v
(in questo
senso pi lato). Alla
teoria della forma pura, scevra di materia, egli premise,
a guisa di edificio d'ingresso, la teoria della forma in
generale quale vera realt e sostanza, e innanzi a que
sta pose a sua volta, come protiro, la teoria dei diversi
significati dell' 5v,tra iquali faceva risaltare quello del
l' obala come l'unico che venisse in questione per l'in
dagine metafisica. A
questo scopo vennero prima esami
nati
} significati dell'essere non designanti una sua na
tura esistenziale ed indipendente, ma esprimenti solo mo
dificazioni che casualmente gli ineriscono o posizioni
della coscienza rispetto ad esso.
Questa
parte
(E 2-4),
dato il suo valore meramente propedeutico,
ha un an
damento molto sommario. Nell'odierna redazione della
Metafisica
essa rappresenta l'elemento di congiunzione
tra la pi antica introduzione (A-E 1) e il nuovo nu
cleo principale (Z-0, 1M). Logicamente, esso dev'essere
il brano aggiunto per ultimo, in cui Aristotele, prepa
rando il passaggio alla parte principale,
delinea somma
riamente il disegno di quel che segue. L'enumerazione
18.
W.
Jaeger.
Arlotele.
274
GLI ANNI IH VIAGGIO
dei significati dell'essere diventa con ci addirittura il
piano generale dell'intera composizione. Tuttavia dob
biamo abituarci a capire che questa composizione rap
presenta il tardo stadio, finale del processo evolutivo, e
in fondo qualcosa d'incompleto e di provvisorio ancora
in quest'ultima forma, per quanto vi si avverta dapper
tutto l'intenzione della grande sintesi. Le aggiunte, le in
serzioni e le giunture, che devono la loro origine a que
st'ultimo stadio di evoluzione, attestano un intento uni
tario, che era del tutto estraneo alla prima metafsica:
l'intento di costruire una dottrina dei diversi signi
ficati dell'ente, cio una specie di fenomenologia ontolo
gica, al culmine della quale sopravvive, s, la pi antica
teoria platonizzante della forma trascendente e scevra
di materia, ma senza per altro che essa pretenda pi
di accentrare intorno a s l'interesse principale della trat
tazione.
E sia qui detta una parola circa l'ultimo capitolo del
libro 0, del quale ho gi discusso ampiamente altra vol
ta 1). Ilbrano tratta del duplice concetto della verit:
in primo luogo, dell'esser vero e dell'esser falso, nel sen
so che comunemente si attribuisce a queste espressioui
quando si designa come vero o falso un giudizio a se
conda che il predicato vien connesso, o meno, col sog
getto a cui conviene; e insecondo luogo della verit del
l'asserzione metafisica dell'essere, che non mai operata
dal pensiero discorsivo e che perci nemmeno mai vera
o falsa nel senso dei giudizi discorsivi. La verit di tesi
metafisiche, esprimenti un essere che non oggetto del
l'esperienza, si fonda, secondo Aristotele, su una singo
lareforma di conoscenza intuitiva, laquale intanto pi
prossima alla percezione sensibile che non al pensiero
discorsivo in quanto costituisce una sorta di visione epi-
Enistehungsgesch. d. Metaph., p. 49,
l'evoluzione della metafisica 275
rituale, unpuro {byelv '/.ai pvat. l'ultimo resto dell'in
tuizione platonica delle idee, superstite nella
Metafisica
aristotelica. La ragione che induce Aristotele a trattar
qui tale problema manifestata da lui stesso in E 4,
quando avverte come l'essere nella comune accezione se
condo la quale 6t dice che un giudizio vero o falso non
appartiene al problema dell'essere qual prospettato
dal
metafisico. In questo luogo egli ha pitardi aggiunto un
rimando, il quale tradisce tale suo carattere posteriore
gi col danno che ha apportato
alla costruzione sintat
tica; oltre a quella specie di verit ce n' ancora un'al
tra, la conoscenza intuitiva, sulla quale si fonda ogni pen
siero che voglia giungere a un'assoluta concezione del
mondo; essa dev'essere esaminata pi tardi. Ci accade,
di fatto, nel capitolo finale del libro 0- Sulle tracce dello
Schwegler, bo altrove mostrato come questo capitolo co
stituisca un'aggiunta al libro 0, e come il rimando ad
esso debba essere stato inserito in E 4 quando esso fu
aggiunto alla fine del libro 0. L'indagine circa l'intui
zione intellettuale e la specie metafisica dell'
, cos, posta convenientemente da Aristotele al termine
della dottrina dell'atto e all'inizio della teoria della real
t del soprasensibile, che a quella deve immediatamente
seguire. Anche in questa aggiunta, che dev'essere pari
menti stata fatta nel momento dell'inserzione dei libri
Z-0, si manifesta quindi chiarissimo l'intento di costi
tuire un'uniforme progressione dell'essere fino alla teoria
dell'entit immateriale e di dare in tal modo un carat
tere unitario al complesso, edificato col concorso di ele
menti tanto disparati. E' questa, appunto,
la tendenza
dell'ultima elaborazione.
una felice combinazione che l'accertamento di una
duplice redazione del proemio della teoria del soprasen
sibile, quella pi antica di M 9 e quella pi recente di
M 1, ci metta in condizione di
poter provare l'esattezza
276 CU ANM DI VIACCIO
dell'ipotesi di una metafisica primitiva, non ancora con
tenente la teoria della forma materiale e sensibile 1). Se
questa ipotesi gu6ta, la redazione pi recente della
teoria del soprasensibile presuppone di necessit come ad
essa precedenti ilibri circa la sostanza, con la loro am
pia analisi della realt sensibile e della forma immanente
(svuov sloo?), mentre la pi antica, secondo quel che
ci si aspetta anche inbase al pi antico schema dato dal
libro B, deve immediatamente investire il problema del
l'essere trascendente e non pu affatto riconoscere il
mondo sensibile (alaO'Yjxr) oa(a) come oggetto
della scien
za alla cui costituzioue mira. A tal fine necessario esa
minare ancora una volta le due redazioni parallele, che
perci trascrivo qui l'una accanto all'altra.
Redazione posteriore
(M 1)
Ilepl [lv ov xvj; xfflv atsib]-
tffiv eo slpvjxat x(g oxiv v
[lv ti; [isS-Scp tv) xtv cpoctxjv
Tcspl xij? D?.7]s, 5sxepov 8
nept xfj c
nt' vpysiav.
ttsl 8' -/j axij 3xl nxepov
lati xig Ttp x; aEo9v)xj
oaiaj xal itStoj ;
o>x I'll xs s Isti, i[p iaxi,
itp&Tov -t Jtap xf&v <SXXtov Xs-
f|isva &swpi[xov.
Reduzione primitiva
(M 9,1086 a 21)
IIspl 3 xSv irpiTiuv ipxfflv
xal xffiv TtpuiTtuv atxlwv xal axoi-
Xsiwv
8oa pv Xyossiv ol Jtsp
[i6v[S xijs aoibjxiij ooUg Sto-
pOVXSg, x [lv iv xog Ttepl
lyosojj stprjxat, x 5' o&x Soxi
XTj; |1e8-68oo xg vOv Ssa 84 ol
ipsxovxej stvai itapi xg aaftyj-
xg sipap oalag, xpsviv Ioti
S-stupfjaai xfiiv sprj]ivuv.
Ricollegandosi alla definizione della metafisica come
scienza dei primi principi ed elementi, comune nella
parte pi antica dell'opera, la redazione appartenente
alla metafisica primitiva apre la trattazione circa 1' oaCx
con la divisione platonica della sostanza insensibile e so
prasensibile. Anche qui, come inA e inB, la primameta-
') Cfr. p. 213 segg.
l'evoluzione della metafisici 277
fisica muove dall'esame delle opinioni dei precedenti pen
satori. Le opinioni dei materialisti presocratici (8aa pv -
youaiv oi raspi |a<5 vtj ?
xfjs iafftjxfjs oalac, S:opavxeg) sono
omesse, in parte perch gi esaminate nella Fisica, in
parte perch estranee all'oggetto della presente
indagine.
Qui
da notare che non si parla propriamente della
atofl'i'jx'i) oafa, come accade invece nella redazione poste
riore. Che essa, come tale, possa formare oggetto della
Metafisica, un pensiero qui ancora del tutto estraneo
alla mente di Aristotele. La realt sensibile appartiene
alla Fisica. e col sono discusse le diverse opinioni dei
naturalisti che conoscono soltanto la realtmateriale. Per
il resto le opinioni di questi materialisti non apparten
gono alla indagine presente. Sono gi state infatti criti
cate nel libro A. impossibile riferirele parole x 5'ox
iaxi xfjg psllSou xrjs vv ai libri Z e H: in questi non
c' nemmeno una parola a proposito delle vedute dei
pensatori che ammettono soltanto la realt percepibile
per mezzo dei sensi. Inoltre non da credere ohe Ari
stotelesi sarebbe espresso inmodo cos negativo se avesse
proprio trattato diffusamente della realt sensibile nei
precedenti libriZ H0. L'idea che6ta alla base di questa
redazione bens espressa dal semplice dilemma: o c'
soltanto la realt sensibile, e allora non c' alcuna meta
fisica e la fisica occupa il primo posto; o c' qualcosa di
soprasensibile, e allora ce n' andhe la scienza, la meta
fisica. Perci Aristotele passa subito ad esaminare le opi
nioni dei filosofi che hanno professato l'esistenza di tale
realt soprasensibile, cio della scuola platonica.
Tra questa fase evolutiva, in cui Aristotele considera
il problema da un punto di vista ancora semplicemente
dualistico, e quella che si manifesta nella redazione Mi
cade dunque l'inserzione dei libri Z H0, accordante am
pio adito nella
Metafisica
all'alofftjx'ij oat'a, e l'estensione
del concetto di quest'ultima a quello di scienza dei di-
278 GLI ANNI DI VIAGGIO
versi significati dell'essere. Certo anche ora Aristotele, ri
chiamandosi evidentemente con la sua espressione a quel
la della redazione pi antica, allude alla precedente trat
tazione deH'aJaOrjtT] ocfa avvenuta nella Fisica. Ma
per inserisce l'aggiunta restrittiva: eipTjxai.... iv pv
TQ
[xefroti)
T)V
CfU<JlXf)V Ttsp t fj ? SXtJS, UOTSpoV
Ss 7ispl ti)? xx' vpyetav. Il compito teoretico
della Fisica, alla quale nella redazione pi antica egli
aveva senz'altro assegnato l'intera trattazione della realt
sensibile, qui limitato all'indagine circa la materia: il
che significa che la forma e la realt attuale v.ax'
vepyscav oafa) Bono principalmente di competenza del
la scienza contemplata dalla presente ricerca, e cio del
la metafisica. Aristotele cancella perci le parole della
pi antica redazione xc S'ox lati trjj |isf)-5ot> tfjs vv
sostituendole col rimando alle trattazioni, allora accolte
nell'opera, dei libri Z-0, le quali concernono infatti la
xat' ivpysiav o
oia,
delle cose percepibili per mezzo
dei sensi.
Questo
rinvio corrisponde all'annuncio, inserito
in Z 11, 1037 a 10 segg., dell'indagine circa la realt
soprasensibile che dev'essere condotta pi oltre dal li
bro M(cfr. p. 267 n. 1). Ambedue irimandi apparten
gono alla elaborazione posteriore ed hanno il compito
di agganciare saldamente insieme parti originariamente
prive di connessione reciproca. Con ci insieme dimo
strato (per quanto non ci fosse ormai quasi pi bisogno
di dimostrarlo) che la rielaborazione del trattato circa
il soprasensibile (H 1-9) stata compiuta per la Meta
fisica
pi tarda, ampliata merc l'inserzione dei libri
Z-0, nello stesso modo in cui tanto quella rielaborazione
quanto questo ampliamento sono connessi con l'inser
zione del libro I.
Ma Aristotele ha poi soltanto inserito inuovi bra
ni, e ha potuto costruire la sua teoria della sostanza sen
sibile basandola, in forma meramente estrinseca, su una
l'evoluzione della metafisica 279
1
4\
-i
introduzione che originariamente conduceva a una teo
ria del soprasensibile? Non dovevano risultarne per
forza contraddizioni insolubili? E se fino ad oggi non si
trovato alcun intoppo nel passaggio dall'introduzione
B T E alle parti inserite , qual'c il principio che ha
permesso ad Aristotele di connettere la metafisica del
trascendente con la teoria delle entelechie immanenti?
In realt esiste un simile anello di congiunzione tra i
due gradi, ed il concetto dell'ente come tale (8v
fi
6v),
che serve ad Aristotele per definire nell'introduzione
l'oggetto della metafisica. Nel concetto dell'ente come tale
noi vedevamo finora il germe dal quale si sviluppavano,
e quasi fiorivano, idiversi significati dell'essere: questo
concetto comprende infatti tanto la pura vpyeia del
pensiero divino quanto le forme inferiori della natura
mobile, soggette al divenire e alla morte. Chi indaga l'es
sere come tale non ha bisogno di limitarsi all'essere as
soluto, ma accoglie nel' suo campo d'indagine quanto di
essere possiede ogni cosa, non escluse le astrazioni del
l'intelletto. Ci compie, effettivamente, l'ultima forma
della
Metafisica.
Essa appariva quindi come l'unica rea
lizzazione possibile di tale concetto. Vediamo ora, in
vece, che ci non era altro che un'ovvia illusione. In
base alla
Metafisica
stessa possiamo anzi dimostrare che
c' stato un precedente slato della sua
evoluzione, in cui
Aristotele non traeva ancora tali conseguenze dal con
cetto dell'ente come tale, non intendendo ancora quel
concetto nel senso dell'esplicazione dialettica dei diversi
significati dell'ente e designando piuttosto quale oggetto
della Metafisica, in modo chiaro e senza eccezioni, la
realt immutabile ed eterna.
Questa
dimostrazione for
nita dal brano K 1-8, che finora stato pi volte consi
derato spurio, e la cui autenticit rivendicata in modo
addirittura lampante dai risultati della nostra indagine.
Nel mio precedente esame di questo
inestimabile du-
230 CLI ANNI DI VIAGGIO
l'evoluzione DELLA METAFISICA 2?1
cumento ho dimostrato che le minuscole particelle, il
cui frequente uso tradisce una mano estranea inseno al
complesso stilistico che per il resto affatto aristotelico,
rappresentano le involontarie aggiunte di uno scolaro,
che redigeva questi appunti seguendo le lezioni del
maestro. Ma come fonte di dottrina aristotelica il libro
un documento di aurea autenticit. Esso riproduce
punto per punto, dal principio alla fine e spesso con le
stesse parole, itre libri introduttivi, solo compendiandoli
in una redazione sostanzialmente abbreviata, la quale
non pu essere considerata n come primo abbozzo, n
come semplice riassunto della redazione pi completa,
bens mantiene la sua autonomia accanto a queste. Evi
dentemente essa una stesura di questa parte del corso
di metafisica risalente a un pi antico stadio di sviluppo,
giacche, nonostante la sua larga concordanza con la re
dazione pi completa, essa se ne distingue in vari punti
inmaniera caratteristica.
Se anzitutto esaminiamo il
rapporto di questa pi
antica introduzione con la parte principale, che qui in
primo luogo c'interessa, vediamo subito come essa risalga
a un periodo in cui non era ancora stata compiuta l'in-
serzione dei libri sulla sostanza Z H 0, e in cui all'in
troduzione seguiva ancora immediatamente la teoria del
soprasensibile. Come nella redazione pi recente della
Metafisica
c' un anello di congiunzione (E 2-4) tra la
fine dell'introduzione
(E 1)
e l'inizio della parte prin
cipale (Z 1), cos esso si trova anche nella redazione
pi antica (K 8, 1064- b 15-1065 a 26). Ma qui manca
ci che caratterizza questo anello d congiunzione nella
sua forma posteriore, e cio quell'enumerazione dei si
gnificati dell'ente da esaminare nei libri Z H , che cos
ne offre lo schema. Vero che Aristotele prende in esa
me anche nell'anello di congiunzione della redazione pi
antica, cos come poi in E 24, idue significati dell'es
sere che egli esclude dalla metafisica prima di accedere
alla trattazione principale, e cio l'essere accidentale e
quello designante la verit o falsit del giudizio,
l'uno
perch non designa alcun essere in s e l'altro per
ch rappresenta
solo un atto della coscienza. Ma del
la partizione che Aristotele annuncia in E 2, e che
svolge nella pi tarda redazione della Metafisica,
la re
dazione pi antica non fa affatto parola. In principio
si tentati di far dipendere questo silenzio dalla brevit
dell'esposizione. Ma dopo aver ritrovato, in M 9, 1086
a 21 segg., il proemio della parte principale nella reda
zione pi antica presupponente
una
Metafisica
senza i
libri Z H 6, non pi possibile credere a unmero giuo
co del caso. Anche la seconda traccia sicura di rielabo
razione pi tarda, conservata da E 24, manca nel passo
parallelo della redazione pi antica: infatti ilrinvio alla
posteriore
inserzione dell'indagine circa il concetto me
tafisico della verit (0 10), che si legge inE 4, 1027 b 28,
manca naturalmente nel passo parallelo K 8, 1065 a 24,
non esistendo ancora affatto nella prima Metafisica
un
libro
P. Natorp ha negato autenticit alla redazione K. 1-8
perch essa professa un concetto della metafsica che non
compare nella parte principale della Metafisica
stessa1).
Egli parla addirittura di un autore platonizzante
e di
una non aristotelica inclinazione di questo
scritto ad
escludere dal campo
dell'indagine la materia e tutto ci
che con essa ha rapporto.
Dati ipresupposti
di allora,
questa osservazione costituiva per lui un grave motivo
di sospetto: per noi essa diventa invece una palmare
prova di autenticit2).
Qui
incontriamo quella conce
p
>) Arckiv f.
Gesch. d. Philosophie, I, p. 1"8. Il criterio appli
cato dal Natorp quello anche altrimenti consueto, e cio il con
cetto di metafisica quale s'incontra nei libri ZH, inseriti nella se-
conda rielaborazione.
*) Nella mia
Entstehungsgesck. d. Metapk.. p. 63 se ho
282 GLI ANNI DI VIAGGIO
ziooe immateriale della metafisica della quale abbiamo |
dimostrato il carattere originario in base ai resti della
%
Metafisica
primitiva. Non potrebbe aversi pisicura pro-
va dell'esattezza del nostro criterio di paragone di quel
la clie risulta da queBta piena riabilitazione dei libri in
troduttivi. Cos anche le porte pisegrete del maledetto
castello, che per tanto tempo avevano resistito ad ogni
tentativo d'apertura di foraa, si spalancano da s quan
do si trovata
finalmente la chiave adatta nell'idea del-
l'evoluzione.
Se confrontiamo punto per punto K 1-8 con la po
steriore redazione B T E, vediamo
chiaramente come il
costante motivo di tutte le modificazioni compiute da
Aristotele in B T E sia l'intento di adattare la pi an
tica introduzione alla nuova struttura della
Metafsica
comprendente anche l'essere materiale.
Questo atteggia
mento di considerazione per il mondo materiale si ma
nifesta gi nella formulazione del primo problema prin
cipale, il quinto
dell'intera serie, che concerne la realt
del soprasensibile.
Notammo gi come l'impressione di
arcaismo data dal libro dei problemi derivi dal modo
ancora affatto platonico di porre le questioni-, ma ora
possiamo vedere che K ancora assai pi rigido ed an
tiquato a
questo riguardo 1). Se gi B supera fin dal suo
difeso minuziosamente l'autenticit del brano K 1-8
contro il
giudizio negativo del Natorp, e Bono giunto alla
conclusione cl\e
il suo contenuto filosofico c in ogni particolarit degno
di Aristo
tele. Le traccie di una mano non aristotelica, che forse si tradi
sce nel ripetuto uso della particella
Ys
non provano
nulla
contro l'autenticit del contenuto, perch
deriveranno dallo sco
laro che prendeva gli appunti e che allest la redazione superstite.
Devo tuttavia ritrattare la mia critica del Natorp per quel tanto
in cui essa si sforzava di eliminare le traccie di platonismo
da
lui scoperte. Considerate dal punto di vista dell'evoluzione del
pensiero
aristotelico, esse non offrono pi la minima difficolt, e
sono anzi proprio ci la cui presenza dobbiamo esigere giusta
l'analisi fin qui condotta,
*) Cfr. pp. 261.62. 11carattere primitivo di Bs cos conservato
nonostante la rielaborazione seriore.
l'evoluzione della metafisica 283
primo problema i confini del mondo
fenomenico, po
nendo la questione
se oltre alla sostanza sensibile ne
esista anche una soprasensibile della specie delle idee,
la redazione diK ancora pi esclusiva. Aristotele si do
manda qui ee la scienza che oggetto dell'indagine tratti
delle sostanze sensibili, oppure no, ma bens
di altre ').
Qui
esclusa addirittura ogni possibilit che
la sostanza sensibile sia di competenza della metafisica.
Essere sensibile ed essere soprasensibile sono anzi an
cora contrapposti l'uno all'altro in una semplice alterna
tiva, nella forma che gi vedemmo anche in M 9-10 2).
Nella posteriore
rielaborazione questo aut aut diventa
un non tantum sed etiam, come appare nella pi tarda
forma della
Metafisica
con la successione gerarchica onde
alle forme immanenti
sovrastano quelle trascendenti.
Lo stesso deciso aut aut troviamo in K nel luogo in
cui Aristotele manifesta la sua opinione circa lo scopo
dell'indagine ontologica. In generale un problema
se al di l delle realt sensibili si debba ammettere qual
che altra realt, o se invece non si debba, e
solo le realt sensibili costituiscano la realt, di esse
dovendosi perci occupare la scienza suprema. Evidente-
') Metaph., B 2, 997 a 34 =K 1, 1059 a 39. Prima io- supposi
che questo dilemma dovesse
significare che la verit stava nel
mezzo: la metafisica doveva essere la scienza dell' etof, compren
dente tanto l'oota del mondo delle cose sensibili quanto la realt
soprasensibile, ov'esso esiste senza materia. Ma i passi che ver
ranno discussi in seguito escludono questa idea (cfr, specialmente
K 2, 1060 a 7), e si deve ammettere che la formulazione
rigorosa
dell'alternativa fra scienza del mondo sensibile e scienza del mondo
soprasensibile c assolutamente essenziale per la concezione com
plessiva espressa in K. Se il Natorp avesse tenuto dietro attraverso
l'intera Metafisica
alle divergenze dottrinali da lui osservate in K,
avrebbe di necessit, in
luogo di giungere all'atetes del libro
K,
notato quel nesso
cronologico e interiore dei due gruppi, diversi
tra loro, di testimonianze, che si spiega in modo soddisfacente solo
con l'ammissione di un progressivo allontanamento di Aristotele da
Platone.
2) Cfr. p. 277.
284
CT.I ANNI DI VIAGGIO
niente, noi cerchiamo un'altra specie di ea-
sere, e lo scopo del nostro sforzo appunto questo, di
indagare se esiste qualcosa di separato e di esistente per
e, che non eia attributo di alcuna realt sensibile 3).
Aristotele intende qui per realt che esiste separata.
mente per e
V-afr' tauro) non la singola esi
stenza concreta del mondo fenomenico, che pure da lui
spesso designata come separata .
Qui egli adopera la
espressione nel senso del platonico delle idee,
com' dimostrato dall'aggiunto
avvertimento di ricercare
una realt che esste per se, e non come attributo di
una cosa sensibile (pijtvi twv [af-yjriBv
ijji
&p%ov). Con
tale aggiunta Aristotele esclude in modo esplicito che
si possa pensare alla forma
immanente (IvuXov e!So$).In
questo stesso brano essa c da lui designata,
per ci che
concerne la sua
esistenza, col semplice epiteto di peri-
tura(cptiap'CvJ.Se lametafisica
dev'esserci, suo oggetto non
pu esser per lui, qui partecipe di tale aprioristica con
vinzione dei platonici, altro che una realt etema ed
essenziale, sussistente di per s in modo trascendente
(fSto?
ocfa xwPLfJ'c'
it/v).
Questa, egli dice,
dev'esser
pensata come analoga non alle cose sensibili,
ma all'idea platonica. Una qualsiasi realt di tal genere
deve per forza sussistere, se non si vuole che si riduca
a parola vuota di senso tutto quello che hanno pensato
proprio gli spiriti pi colti. Come potrebbe il mondo
essere comunque ordinato, se non esistesse una tale real
t? L'ordine presuppone infatti qualcosa di etemo, tra
scendente e duraturo1).
Per la loro
risolutezza, queste
_') Metaph., K 2, 1060 a 7-13.
=) Metaph., K 2, 1060 a 21 (iaXXovx'fiv iipyjf) xupttoxpa xa'jxg
(scil.
xi) OAtj g)
5isi$v stvea -t stSog xal [lOp'j "XcOxo 3 pOapxv,
6<uj ox Ipxiv
t8io; oOo'.a yuiptOTjj xa y.a.3-'
a'jTvjv. XX'fixo-
jiov ' Soixe yP
frettai 5n xi&v xapissxdtcov
65 ooi
T-j
na'- o'>3a
xsiatrc
-nij yp laxai xd|ig fiv) xivoj 5vxoj
'iSioo xal xpiotoS xal
fivovxosjCfr. anche K 2, 1060 b 1-3.
l'evoluzione della metafisica 285
espressioni si distinguono notevolmente da quelle della
redazione posteriore. Esse sono ancora del tutto prossi
me al platonismo, e si avverte in esse un'appassionata
asserzione
dell'esigenza di un mondo soprasensibile,
che
ha tanto
maggiore efficacia in quanto 6gorga
immediata
mente dalla convinzione dell'insostenibilit della meta
fisica delle idee professata fino allora1).
Sul presupposto
di una realt eterna e immutabile
e sulle eterne leggi cosmiche che essa assicura 6 fonda,
secondo K 1-8, non solo la possibilit
della scienza ri
cercata , ma in generale quella di un pensiero logico
immune da contraddizioni e quella di verit assolute e
durature. Ilmondo sensibile infatti incontinuo flusso,
e non c' in esso dove metter saldo il piede5). IIprin
cipio di contraddizione cos fondato in forma essen
zialmente
ontologica, la quale sembra invece eliminata
in massima parte da Aristotele nella sua posteriore
for
mulazione di quel principio.
Infatti ci che detto alla
fine del libro P circa il nesso che stringe l'eternit e
l'immobilit dell'essere e la possibilit di conoscenza di
') Cfr. il rifiuto, che immediatamente
precede, della conce
zione
platonica del soprasensibile: K 2,
11)60 a 13-18. Questo
passo
ha conservato forse nel modo pi immediato di tutti il postulato
platonico della trascendenza che sta alla base della metafisica ari
stotelica. Esso prova inoltre come la vgif della natura, che sem
bra ad Aristotele inspiegabile senza l'ammissione di an yad-iv
trascendente
quale supremo principio, 6ia divenuta per lui ilpunto
di partenza per la restaurazione
della teoria del soprasensibile.
1
Metaph., K 6, 1063 a 11. In Entstekungsgesch. d. Metaph.,
p. 82, io ho avvertilo, contro
ilNalorp, rome sia esagerato ascrivere
all'autore di K l'idea che nella sfera del terreno
e del transeunte
non sussista in generale alcuna verit: ina ho esagerato a mia volta
nel senso opposto,
negando ogni differenza rispetto alla giustifica
zione altrimenti data da Aristotele del concetto della verit. Si deve
ammettere che in questo passo l'accento posto sull'eternit del
l'essere cosmico, e ehe anzitutto su di essa fondata la possibilit
di verit costanti, mentre in P 5,
1010 a 1 segg. s'insiste viceversa
principalmente sulla possibilit
di giungere ad affermazioni sal
damente consistenti anche
riguardo al mondo
sensibile, solo in se
conda linea seguendo il richiamo alla xivijxos tpoig e al cosmo
11010 a 25).
286 GLI ANNI DI YIACC10
verit durature mancava inparte degli antichi manoscrit
ti. Evidentemente, siamo qui di fronte a un capitolo che
Aristotele aveva cancellato nella pi tarda rielaborazio
ne, ma che in seguito fu trovato ancora tra le sue carte,
e compreso nel testo dagli editori. In ogni caso dimostra
anch'esso che la redazione originaria del libro T aveva
maggiormente
accentuato i fondamenti metafisici del
principio di
contraddizione 1). Tanto la giustificazione
ontologica del principio stesso quanto l'inserzione di que
sti problemi fondamentali della logica nella sfera della
metafisica appartenevano alla tradizione platonica. Euna
aporia egualmente nata solo sul terreno della tradizione
platonica la questione circa il luogo in cui si debba
trattare la materia degli enti matematici, e se ci faccia
parte del compito della prima filosofia2).
Questa
tratta
zione compiuta nel libro M, la cui stretta connessione
con K 1-8 fornisce una nuova conferma dell'antichit
di entrambe
queste parti.
Ancora nel libro B, come gi vedemmo, il senso in
cui si svolgono le aporie determinato dall'impostazio
ne dei problemi e dal contenuto propri della metafisica
platonica. La rielaborazione di
questa parte fu piutlo-
') II brano della
Metafisica che da T 8, 1012 b 22 va sino alla
fine del libro mancava secondo Alessandro {Comm.
in At. Metaph.,
p. 341, 30 Hayduck) in parte degli antichi manoscritti,
*) Metaph., IC 1, 1059 b 15-21. Nel citato mio libro, p. 74, ho
chiarito il concetto della DXi; a&v paibjpceciK&v e stabilito, con
tro Natorp, che esso appartiene alla tarda metafsica platonica. Ma
perch questo problema si trovi soltanto in K e non in B que
stione alla quale neanch'io seppi col rispondere
in modo esau
riente. La trattazione del problema si trova, come gi allora vidi,
in N 2, 1088 b 14: ma questo fatto costituisce nello stesso tempo
la migliore spiegazione della mancanza dell'aporia in B. N ap
partiene, come K, alla prima
metafsica, e contiene quindi l'adem
pimento della promessa col fatta. Nella redazione posteriore (B,
M 1-9) la questione degli
axsixera
dell* siala soprasensibile passa,
come si gi mostrato (cfr. p. 257), totalmente in ombra. Essa
era legata alla tarda dottrina platonica dell' siala separata dei nu-
meri ecc., superata la quale Aristotele elimin senz'altro nella po
steriore sua fase di sviluppo, tutto questo complesso di questioni
l'evoluzione della metafisica 287
sto estrinseca, e non riusc perci a cancellare il fonda
mentale carattere platonico. Anche prescindendo dal fat
to che in due luoghi si perfino conservata la vecchia
prima persona plurale caratteristica dell'Aristotele pla
tonico 1), altrimenti eliminata dovunque nella nuova rie
laborazione, sono stati evidentemente modificati o atte
nuati solo quei passi dalla cui lettera il nuovo con
cetto della metafisica risultava addirittura escluso. Anche
il numero e la scelta delle aporie resta nel complesso
immutata, e solo in un punto inserito un nuovo pro
blema.
Questa
inserzione d'altronde caratteristica: con
cerne il contenuto dei libri Z K , che erano stati ag
giunti all'opera. Prima dell'ultima aporia, infatti, nel
la redazione pi tarda (B 6, 1002 b 33) posto
il problema
della materia e quello dell'attualit e della potenzialit
dei principi, ed presa in esame anche la realt sensi
bile. Ora, giacch proprio questo problema, come ha gi
visto ilNatorp, manca inK 1-8, non possiamo trarre da
questo stato di cose altra conclusione da quella che Ari
stotele ha inserito il nuovo problema quando rielaborava
itre libri introduttivi per adattarli all'ammissione della
teoria della forma immanente e della potenzialit e at
tualit. InK, invece, il puro concetto dell'essere ancora
separato inmodo rigidamente platonico da ogni materia,
e identificato all'esistente per s, all'immobile e al tra
scendente. Inoltre, mentre nell'ultima rielaborazione la
critica delle idee pass da A 9 nel nuovo libro M, la
redazione pi antica dell'introduzione presuppone an
cora l'originario stato delle cose, in cui la critica pro
cedeva trovandosi nel primo libro, giacch, per la con-
') Cfr. p. 234. Ilfatto che B appartenga alla parte dell'introdu-
zione rielaborata per la
Metafisica
pi tarda, mentre la critica delle
idee contenuta in A 9 doveva scomparire del tutto, spiega a suffi
cienza perch in B si siano conservate soltanto cos poche tracce
di questa prima persona plurale. Esse vi sono rimaste soltanto
per una svista.
288 CU ANNI DI VIAGGIO
lutazione delle idee, essa rimanda appunto a quel che
precede! *). Cos il fatto della rielaborazione pi tarda
e dell'introduzione di un nuovo concetto della metafisica
dimostrato anche per itre libri introduttivi!! T E, e
quasi per l'intera
Metafisica
sono rimesse in luce la re
dazione pi antica e la redazione ultima.
possibile tuttavia dimostrare che nemmeno la pi
antica redazione dell'introduzione (K 1-8) rappresenta
ancora la forma originaria della
Metafisica.
Abbiamo vi
sto come in K 1-8 la metafisica sia definita come scienza
della realt immobile, eterna e trascendente. Accanto a
questa si trova la definizione che la determina quale
scienza dell'ente come tale (5v -g 8v), dalla quale per
altro qui non si generato ancora, come invece accade
nella rielaborazione pi tarda, il concetto di essa quale
scienza dei molteplici significati dell'essere, compreso l'es
sere sensibile della natura diveniente. Con tutto ci gi
nell'unificazione delle due determinazioni concettuali
date in K 1*8 implicita una seria difficolt, la quale di
viene anche pi chiaramente sensibile nell'ulteriore sta
dio evolutivo rappresentato dal libro E, destinato, nella
forma rielaborata che oggi presenta, a servire d'introdu
zione alla scienza dei molteplici significati dell'essere.
Giacche la redazione pi antica e quella pi recente non
si distinguono da questo punto di vista, ma solo da
quello della diversa ampiezza con cui trattano del con
cetto dell'essere, possiamo senza incorrere in errore porre
a fondamento dell'introduzione, in ci che segue, tanto
l'una quanto l'altra delle due redazioni.
InE 1(== K 7) Aristotele chiarisce il significato da
') Il passo Metaph., Ivi, 1059 b 3 presuppone la confutazione
delle idee, mentre B 2, 997 b 3, che nella redazione pi recente
gli corrisponde, presuppone soltanto l'illustrazione storica della dot
trina delle idee contenuta in A 6, la quale rimase nel primo libro
anche dopo il trasferimento della critica delle idee da A 9 in
M 4-5.
l'evoluzione della metafisica 289
lui attribuito a una scienza dell'ente come tale. Tutte
le scienze indagano certe cause e principi delle realt.
Come esempio egli cita la medicina e la ginnastica e, tra
quelle che metodicamente stanno su un piano superiore,
la matematica: cio quelle che nella metodologia ed epi
stemologia platonica erano correntemente considerate
quali esemplari tipici. Tutte queste scienze delimitano
metodicamente un determinato dominio della realt
<5v
ti) e una sua determinata specie (ysvoj T;) e indaga
no questo complesso, in s concluso, di dati. Ma non
parlano dell'essere dei loro oggetti, bens lo presuppon
gono, o sul fondamento dell'esperienza sensibile, come la
scienza naturale e la medicina, oppure partendo da de
terminate definizioni, quali gli assiomi da cui muove la
matematica. Le loro dimostrazioni, che si distinguono
solo per il grado dell'esattezza, hanno sempre per og
getto solo le propriet e le funzioni che derivano da
quelle definizioni, e rispettivamente da dati di fatto evi
denti' al senso. Il metafisico invece indaga 1' essere in
quanto esso tale. E studia cos ipresupposti di quelle
scienze, mentre esse non intendono di renderne conto
n sono in grado di farlo.
Questi
chiarimenti sono integrati dall'inizio del libro
r ( K 3). Col contrapposto, in modo anche pi
chiaro e penetrante, il carattere della prima filosofia co
me scienza universale a quello delle scienze particolari,
e l'ente come tale ai suoi singoli domini.
Qui
l'ente
concepito non come un oggetto in certo modo distinto
e separato dagli altri oggetti, bens come il comune pun
to di riferimento per tutte le condizioni, propriet e
rapporti concettuali che si ricollegano al problema della
realt. Come il matematico considera, secondo Aristo
tele, tutte le cose solo dal punto di vista della quantit,
cos il filosofo indaga tutto ci che proprio dell'essere
come tale, mentre p. es. il fisico studia quest'ultimo solo
19.
W. Jaeger,
Aristotele.
29D CU ANNI DI VIACCIO
in quanto animato da movimento. Molte cose sono,
solo perch sono affezioni, stati, moti o relazioni di
un ente, e quindi comunque derivano da ima realt che
assolutamente . La riduzione (vayuyi]) di tutte le affe
zioni (7r-0"iq) dell'essere a un'unit comune (Iv ti '/ai
xoivv) era compiuta nella scuola platonica col metodo
della divisione come distinzione di opposti (vavxKcets)
i quali venivano fatti risalire a certe generalissime, o
prime , distinzioni dell'essere. Aristotele presuppone
come noto il lavoro speciale compiuto dalla scuola in
questo campo e la letteratura ad esso riferentesi. Oggetto
della1sua parafrasi cos l'antitesi dell'unit e della mol
teplicit, dell'identico e del diverso, del simile e del dis
simile, in breve l'intero dominio della dialettica plato
nica, quale si presenta nell'indagine sull'ente e l'uno
(8v xal fv) del libro I; ed anche un'indagine del
genere di quella circa le leggi ultime del pensiero, i
principi di non contraddizione e del terzo escluso, da
lui trattati nel libro T.
Questi
problemi si ricollegano
invero solo mediatamente con la teoria aristotelica della
sostanza: ma evidentemente lo scopo dell'autore quel
lo di trovare una definizione della metafisica che assicu
ri un posto anche alla dialettica tradizionale. Per Pla
tone la dialettica era immediatamente ontologia: peT
Aristotele diventa inveoe una questione piuttosto pratica
e storica quella di decidere se si debba accogliere nella
filosofia prima, come per ilpassato, ilcomplesso di que
sta logica dell'essere. La sua metafisica originaria una
teologia, come teoria dell'ente perfettissimo, e la dialet
tica astratta, dopo l'eliminazione delle idee, difficil
mente unificabile con essa. Tuttavia egli ha compiuto
il tentativo di collegarle merc il comune riferimento
all'ente come tale (8v ij ov).
Mentre in questo contesto di pensiero la suprema
filosofia si presenta come la scienza universale, in El
l'evoluzione dei la metafisica 291
K 7), dove Aristotele cerca di distinguere metafisica,
fisica e matematica in funzione dei loro oggetti, a que
sto inquadramento ne segue immediatamente un altro
diverso. Aristotele divide qui le scienze in teoretiche,
pratiche e poietiche. La fisica una scienza teoretica:
essa indaga l'essere che pu muoversi, e considera perci
l'essenza e la forma concettuale solo in quanto essa col
legata con la materia. Ogni astrazione dalla materia co
stituirebbe errore per il fisico. Persino Io studio della
psicologia dev' esser condotto in tal modo, in quanto
esso verte circa ildominio della realt psicofisica. Scien
za teoretica, , parimenti, la matematica. Certo, Aristo
tele pone in dubbio se isuoi oggetti possiedano un'es
senza immobile ed esistente di per s in modo indipen
dente, secondo la dottrina dell'Accademia, che egli qui
discute pure accogliendone la tripartizione della filoso
fia teoretica e la collocazione degli oggetti matematici
in posizione intermedia tra quelli dell'ontologia e quelli
della fisica; ma comunque per lui la matematica consi
dera isuoi oggetti come immobili ed esistenti per s
("5 xfvq-a '/al fj ojptox fretopel). A tanto maggior ra
gione l'indagine di un essere immobile e trascendente,
nel caso che uno simile esista in realt, costituir il com
pito di una scienza teoretica. Ma qual' questa scienza?
Non pu essere la fisica, perch isuoi oggetti sono, s,
esistenti per s (xwptox), ma non immobili; e tanto
meno pu essere la matematica, perch l'essere che ne
costituisce l'oggetto , s, in parte immobile, ma non esi
stente di per s in modo indipendente. La suprema filo
sofia indaga invece unessere, che tanto esistente per s
quanto
immobile1). Da questa definizione si indurrebbe
') Metaph., E 1, 1026 a 13, dove lo Schwegler ha esattamente
corretto: v, [lv yip cpuoixr)
icspi /copiati (x">Pl5ta codd.) (lv
SXX'ox ixivijta, tijg 8 jiaOr|]iaTt/C?j Ivia rcept
ixh/ta
[lv o5
/<o-
pioti S'tou>;, XX'j li bXrj'
%
8 r.piixij v.al nepl /piati xal &Y.I-
292 CLI ANNI DI VIAGGIO
senz'altro che Aristotele pensi qui al motore immobile.
Ma egli stesso, nella frase die segue, dice che iprincipi a
cui allude sono le cause degli accadimenti visibili tra
quelli divini (altea
tol? cpavspol? tSv fts(o)v), e chiama
perci la metafisica addirittura teologia (EoXoyix).
Questa
determinazione dell'essenza della metafisica
operata solo per mezzo del suo oggetto, l'essere immo
bile e trascendente, la rende d'altronde solo una scienza
particolare accanto alle altre. Mentre essa, in quanto
scienza universale dell'essere come tale, era posta innet
to contrasto con le altre scienze, indaganti solo una spe
cie determinata dell'essere (Sv ti xal ylvo ti) *), qui
essa etessa solo la conoscenza della specie pi eminente
dell'essere (tepl t tipiitatov yvo). Il suo oggetto
detto un essere di tale specie (toiauxtj cpat?), ed da ri
cercare in un determinato genere di realt, cio nella
regione cosmica della realt visibile ma imperitura. La
contraddizione innegabile, e gi lo stesso Aristotele
l'ha notata. In un' annotazione, visibilmente distaccata
dal contesto e palesante cos la sua natura di aggiunta
posteriore da lui apportata a questo passo, che costituisce
il punto culminante e conclusivo dell'introduzione, ha os-
tjhx. Nei manoscritti penetrata la congettura di un lettore, che
diede a xupiot il senso di trascendenti e pens che questo
non conveniva agli vuXa et8j del mondo visibile. Ma xo)Piax<
significa qui solo esistente in modo autonomo : e in tal senso
Aristotele l'adopera anche a proposito di cose sensibili. Se, con
forme a questa definizione, la metafisica ha un oggetto1 che dev'es
sere nello stesso tempo esistente in realt e immoto, ci significa
peraltro che esso dev'essere
xMPlCTS
nel senso di trascendente ,
perch solo la realt soprasensibile riunisce in s entrambe quelle |
propriet.
') Metaph., E 3, 1025 b 8 XX rataal axai itepl 5v ti xal
yivog ti nspiYpaijjfiEvai nspl totou 7ipaY|iaicovcal, XX"
oxl
ttspl vTOg jtXfig o5"
-J
8v. 'Cfr. invece 1026 a 19 circa la meta
fisica come scienza del divino: o yp SSijXov 8ti si izo'i t 3-eov
itpxsi, v t t o ia t
5
cpoei Oitdpx", xal ttjv TijiitBTTrjv
(scil. iJuirijpTjv) Set ftepl t ti[i iitcctov yvog slvat (scil.
itspl t ftsiov).
l'evoluzione della metafisica 293
servato ci che segue: Si pu dubitare se la prima filo
sofia sia una scienza1 universale e se si riferisca a un. ge
nere determinato di realt(Ttsp! tiylvog) e a unessere sin
golo e determinato (ipaiv Tiv jjiav). Inci pure una
netta differenza, come si vede p. es. nella matematica. La
geometria e l'astronomia concernono un genere determi
nato di realt, mentre la matematica generale vale per
tutti gli oggetti particolari di tali scienze. Ora, 6e al
di l delle cose naturali non esistesse un altro essere,
trascendente, la fisica sarebbe la scienza prima. Se in
vece c' un essere immobile, allora questo costituisce un
prius rispetto al mondo dell'apparenza sensibile, e la
metafsica la scienza prima. Ed universale, ap
punto perch la prima. E questa
scienza dovrebbe
allora aver bene anche il compito di considerare l'essere
come tale e di studiare ilsuo concetto e le propriet
che gli appartengono in quanto ente 1).
Lai nota marginale non elimina la contraddizione,
ed anzi la rende anche pi evidente. Nel tentativo di
unificare l due definizioni, che egli compie con la sua
aggiunta, Aristotele intende per scienza- universale la
scienza dell'oggetto primo, che principio in senso
pi comprensivo di quanto
siano le specie dell'essere
che ad esso seguono. Ma in PI e sul principio di E uni
versale significava ci cite in generale non si riferisce a
un essere determinato, cio a una sezione particolare
dell'essere. Ora, che imotori immateriali, iquali diri
gono il moto delle stelle, non siano n un 5v ti n una
puoi? ti? pia to 2vxog non tesi che possa essere soste
nuta dia Aristotele, n effettivamente egli la sostiene. Po
trebbe nascere il sospetto che rxopia, insieme con la
Xuaig, la quale presenta in modo cos evidente l'aspetto
della ricapitolazione sommaria, non risalisse affatto ad
') E1, 1026 a 23-32. Gi il Bonitz not, nel suo commento, la
contraddizione implicita in questo passo, senza peraltro spiegarla.
3?
,<%
294 CLJ ANNI DI VIAGGIO
.''2
Aristotele, se essa non si trovasse anche nella redazione
K 8 e non corrispondesse al dato di fatto della contrad
dizione che vi sussiste. Nonrimane perci che ammettere
che il filosofo non ha potuto risolvere l'aporia, e che
in ogni modo essa gli si presentala solo dopo che aveva
gi fuse insieme le due redazioni.
Senza dubbio le due deduzioni del concetto della me
tafisica non sono risultate da un unico atto di creazione
spirituale. Due processi di pensiero essenzialmente di-
versi si trovano qui incastrati l'uno nell'altro. Si vede
subito che quello pi originario ed antico quello teolo-
gico-platonico, e nonsolo per considerazioni storiche, ma
anche perch quello di gran lunga meno sviluppato e
pischematico. Esso deriva dalla tendenza del platonico
a distinguere nettamente iregni del sensibile e del so
prasensibile, mentre la definizione dell' Sv 5v com
prende ogni ente in un grande ed unitario edificio ge
rarchico. Tra le due, dunque quest'ultima la pi ari
stotelica, inconformit con l'estrema e pi originale fase
evolutiva del pensiero dello Stagirita. Inorigine, Aristo
tele si rigorosamente attenuto all'indirizzo platonico
mantenendo, secondo quanto mostra lo scritto program
maticoIlepl cptXococpla?, ilmondo soprasensibile come og
getto della suprema filosofia e soltanto sostituendo alle
idee trascendenti' ilprimo motore, concepito coi caratteri
d'immobilit, eternit e trascendenza propri dell'essere
platonico.Questa metafisica piantica era esclusivamente
scienza dell'essere immobile e trascendente, cio teologia,
e non scienza dell'ente come tale.
Questo
risultato confermato ancora una volta dalla
trattazione che siamo abituati a chiamare senz'altro la
teologia , cio illibro A della
Metafisica.
Gi ilBonitz
ha rilevato come esso non abbia alcuna relazione cogli
altri libri, mentre ci si dovrebbe aspettare che esso con
tenesse la conclusione dei libri A-. Che lo scritto non
l
f
L'rvoLUzrojve della metafisica 295
si riferisca affatto a ci che precede spiegato
dal suo
\ carattere d'indipendenza. Com' dimostrato dallo stile
\e
dalla Bcelta dei concetti, esso rappresenta
una singola
lezione o conferenza, composta per una determinata oc
casione, la quale non offre soltanto la parte
della totale
scienza metafisica designata come teologia, bens qualcosa
di assai pi comprensivo: un completo sistema di meta
fisica in nuce. Inlinee serrate, Aristotele offre un pano
rama di tutta la sua' filosofia teoretica, cominciando con
la dottrina della sostanza e concludendo con la dottrina
di Dio. Evidentemente egli non mira a esporre indagini
scolastiche, ma a trascinar con s gli uditori con la ser
rata imponenza del grande quadro, Con sicuri colpi' di
martello egli scalpella frasi solenni, che anche oggi il
lettore pronuncia involontariamente ad alta voce, per
quanto si tratti di appunti soltanto abbozzati per l'espo
sizione orale. L'attivit creativa dello spirito pensante
e vita . Tutto nel mondo orientato' verso un fine .
Da questo principio dipende il cielo e la natura. Di
entusiasmante efficacia laconclusione, incui egli rivolge
ai dualisti platonici la parola di Agamennone:
ox ya-
9v rcoAuxotpavhj, si; xolpavoj
gain.
undocumentounico
nel suo genere, perch
ilfilosofo traccia qui con audace
disegno, come non fa in nessun altro punto
delle sue
trattazioni dottrinali, ilquadro complessivo della Bua vi
sione del mondo, senza curarsi di alcuna delle questioni
singole. Nello stesso tempo esso un documento inesti
mabile della sua evoluzione, giacch esso risale cronolo
gicamente a quel periodo teologico, di cui abbiamo in
ferito l'esistenza. Esso ci mostra quale fosse la relazione
che legava la
teora delle forme immanenti a quella del
motore trascendente prima che Aristotele accogliesse la
prima nella stessa Metafisica.
IIdiscorso si scinde in due parti disuguali. La prima
(capp. 1-5) discute la teoria della realt sensibile e per-
296 CU AN! DI VIAGGIO
I
1
V *
i
I
viene, merc laeua analisi, ai concetti della materia, della ( .
forma, della potenza e dell'alto. La seconda (capp. 6-10) !
s'inizia subito col concetto' speculativo del motore immo- '
bile e con l'asserzione di una realt soprasensibile. La
prima parte non fine per s stessa come la
seguente, .
bens sussiste solo in grazia della seconda, a cui serve di
fondamento. Dal mobile mondo delle cose, concepite co- :
me forme evolventisi e realizzantsi nella materia, Ari-
slotelc sale all'immobile scopo e principio del loro mo-
r.\
viwiento, alla forma di tutte le forme, all'atto puro, al- .-.v
l'energia plastica libera di ogni elemento materiale e
/''!
creativamente attiva. Su questo argomento egli indugia
perci anche quasi pi. del doppio che su quello della
prima parte. A
prima vista, la costruzione sembra la
1
;
i
stessa che quella data dalla pitarda rielaborazione della
Metafisica.
Anche col la teoria della sostanza c dell'atto
'li
precede la teologia, e la prima parte di A e sostanziai- "ly
mente parallela al contenuto dei libri ZHQ.
Ma la di-
%
stinzione essenziale nel fatto che nel libro A l'ambito
ideale della metafisica limitato alla seconda parte, la
prima non essendo considerata come pertinente ad essa.
Le parolefinali *) della primaparte dicono: Con ci ab* V
biamo definito la natura e il numero dei principi del fi)
mondo sensibile . E la seconda
parte comincia: Giac
che abbiamo distinto in principio tre specie nell'essere, fi
due che
appartengono alla fisica ed una che immobile,
dobbiamo ora trattare di quest'ultima. Noi diciamo:deve
esistere un essere (oaCa) eterno ed immobile. Aristo
tele non designa, come fa pi tardi 2), le due specie della
realt sensibile come pertinenti in certo modo alla
;
fisica, ma le chiama fisiche senz'altro. D'altro lato la
realt immobile ed eterna appare senz'altro quale oggetto
') Mctaph., A 5, 1071 b 1.
!) Metaph., Z 11, 1037 a 14 inai ipdttoy uva tfjg
tfUoiv.xc
xal
Bsuxpaj ftXoaotfia; ipyov -spi -ig alaSvjtg oatag frecopia.
I
l'evoluzione della metafisica
297
I
della metafsica, come accade anche nella redazione pi
antica delFintroduzione2), E, allo stesso modo che in
quella, egli designa la realt sensibile col
semplice at
tributo della transitoriet, deducendone che, se nulla esi
stesse oltre la forma immanente nelle coee
sensibili, tutto
nel mondo sarebbe necessariamente soggetto al! divenire
eracliteo2). K e A coincidono inoltre anche nel ricono
scere come oggetto della scienza in questione solo la
realt trascendente, che non inerisce ad alcuna cosa sen
sibile3). Le tre specie dell'essere distinte in principio
6ono semplicemente suddivise tra fisica e metafisica: le
due specie appartenenti al mondo dei sensi, cio Focix
imperitura dei corpi celesti e quella peritura delle piante,
degli animali e via dicendo vengono senza limitazione
assegnate alla fisica, in quanto
esse sono collegate col
movimento e con la materia, mentre l'essenza immota c
l'oggetto di un'altra
scienza, la metafisica4).
Se riassumiamo queste
osservazioni, vediamo come il
') La determinazione delia scienza ricercata merc le pro
priet di cctSiov, x<npu?zv, jivov richieste per il suo oggetto se
condo il modello delle idee s'incontra, oltre che nella pi antica
redazione della introduzione offerta da K 2, I960 a 26, anche in
un altro passo antico, A 2, 982 b 28
ti X -
Xsofl-ett XXi]Xoi t4 pi*
t s p a toCj GsTEpov |ii
Svio; fp to piftpoQ oSv
ijtxov x jieyiOrj Inai toj t4
|jaS-T)|iBTtx jivov slvai
tpapi-
voi?, xal toBtidv Svchiv ij
4>oX') xal za oi[iaxa zi. laS-ijxd.
o&v. o ix s 8
-fi tf
6 aij
Ie lao 8 iti)
Si; j p&a
a Ix
tiv
<f
a ivo |ilvia v &axsp
lioX&yp TpaypSla.
A 10, 1075 b 37
ot Si Xiyovcsc Tv piO'iiv
Jtp&tov tv pa>b)[iaTixdv xal
oBxtof
atei SXXtjv ixojiivigv -
5m> xal p/j xisztji SXXej,
xEioo)8i(i)8ij t tr( v xo av-
t 4 j ooav oiooiv (o--
8iv yp
ri
izipa xfj itip
cojijSaXXsTai
oaaij [itq oaa)
xal pxs oXXg, t Si via
oB poBXstai o X itss o&a i
xaxff. oBx &Yaiv
oXoxoi-
pavlT], etj xotpavoj.
Tutta la parte finale del libro A , come qui viene
chiaramente in luce, sotto l'impressione
della polemica
condotta contro Speusippo in N 3.
Quando scriveva que
ste parole ne]
suo schizzo, Aristotele
aveva dinanzi a s
il suo pi antico lavoro speciale, o per lo meno questo
era
ancor vivo e presente nel suo spirito. Anche qui non
c