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Complementi

REGIONE DEL VENETO dell'Offerta Formativa


Assessorato alla Cultura PROVINCIA DI VENEZIA
e Identità Veneta
I SECOLI Assessorato Istruzione e Cultura

DELLA
LETTERATURA
VENETA
di Bruno Rosada

dicembre 2002
REGIONE DEL VENETO
Assessorato alla Cultura PROVINCIA DI VENEZIA
e Identità Veneta Assessorato Istruzione e Cultura

Complementi
dell'Offerta Formativa

I SECOLI
DELLA
LETTERATURA
VENETA
di Bruno Rosada
ASSESSORATO
ISTRUZIONE E CULTURA
© 2003

Testi
Bruno Rosada

Coordinamento
Settore Scuole e Cultura - Ufficio Istruzione

Impaginazione e stampa
Arti Grafiche Venete srl - Venezia/Quarto d’Altino

Immagine in copertina:
La Sapienza, 1896-‘97
decorazione del soffitto della Sala Consiliare
della Provincia di Venezia, Ca’ Corner
ad opera di G. Vizzotto-Alberti
Presentazione 3

Conoscere le radici della propria cultura è un passaggio obbligato per chi vuole
avere una proprio identità. La storia dei popoli è sempre stata innanzitutto iden-
tificazione culturale, costruzione di un “senso del sé”, di un'appartenenza comune
quale “capitale sociale”, questo sì fondante delle istituzioni e delle economie.
A ben vedere da sempre prima viene la cultura, che costituisce la fiducia in se
stessi, dunque la capacità di aprirsi ai “diversi” attraverso una proposta cul-
turale, istituzionale, economica. Il rapporto tra i governi e il commercio è da
sempre un riflesso della cultura. Certamente il “senso del sé”, tanto per i sin-
goli quanto per i popoli, nulla ha a che vedere con la chiusura etnocentrica. Anzi,
ne è l'opposto: solo chi appartiene può condividere e viceversa, solo chi sa con-
dividere costruisce la propria appartenenza. Identità e relazione sono infatti l'una
per l'altra, l'una necessaria all'altra.
Riflettere sulle origini e sull'attualità della cultura veneta significa dunque for-
nire gli strumenti per costruire un “cosmo di molteplici”, che si oppone al “caos
dell'uniforme”. Significa saper guardare al Veneto con occhi disincantati e pene-
tranti, in modo da cogliere le difficoltà e le potenzialità per definire scenari futuri
e conseguenti strategie.
Su questi presupposti presentiamo questo breve compendio sulla letteratura
veneta, redatto dal prof. Bruno Rosada, docente della Scuola di Specializza-
zione per la Formazione di insegnanti di scuola secondaria dell'Università di
Venezia, in occasione dei percorsi di aggiornamento sulla cultura veneta orga-
nizzati a Mestre dalla Provincia di Venezia, su promozione della Regione Veneto.
La trattazione, rivolta agli insegnanti, ma avente come destinatari finali i loro
allievi, intende proporre spunti e percorsi di sussidio didattico, che forniscano
ulteriori elementi utili ad accrescere la conoscenza della realtà che li circonda.
Frutto dunque di un cammino congiunto tra l'Assessorato alla Cultura e Iden-
tità veneta della Regione Veneto e l'Assessorato all’Istruzione della Provincia di
Venezia, quest'esperienza si colloca nel solco di un'auspicata integrazione degli
attori sociali anche nella costruzione di un'offerta formativa a più forte valenza
territoriale. L’auspicio è che l’iniziativa possa incontrare l’entusiasmo della
classe docente, soggetto determinante nella valorizzazione di un percorso cultu-
rale così iniziato.

Assessore all’Istruzione
della Provincia di Venezia
Andrea Ferrazzi
I secoli della Letteratura Veneta 5

Il mondo antico 1
La distinzione tra l’aggettivo “vene-
ziano”, riferito alla sola Venezia, e
L’età romana.- L’attività letteraria nell’area veneta1 ebbe fin dall’età romana “veneto” riferito specificamente a
un notevole sviluppo in taluni casi di altissimo livello. Infatti tre dei massimi Venezia, e "veneto", riferito all'intera
regione (e da ciò anche l'uso del ter-
scrittori latini appartengono a quest’area, Publio Virgilio Marone (70-19 av. mine "Veneto" come nome geogra-
Cr.) mantovano2, Gaio Valerio Catullo veronese (I sec. av. Cr.) e Tito Livio fico) risale alla fine del Settecento e
(50 av. Cr. - 17 d. Cr.) padovano, e in essi si ritrovano caratteristiche comuni, non era anticamente in uso. Vedi
G.B. PELLEGRINI, Dal venetico al veneto
che possono essere riferiti alla regione di provenienza3. A Tito Livio, per
(alle fonti dei dialetti veneti), in
esempio, si rimproverava la patavinitas, che non doveva essere solo un fatto AA.VV., Unità e diffusione della civiltà
di linguaggio, ma anche di ideali etici e politici, che presenti in lui, si ritro- veneta. Relazioni e comunicazioni del
veranno poi come tratti peculiari, anche se non esclusivi, in molta letteratura Convegno degli Scrittori veneti -
Gorizia, Ottobre 1974, a c. di U.
veneta prodotta nei secoli successivi: soprattutto un profondo senso della FASOLO e N. V IANELLO , Venezia,
libertà e della uguaglianza, e con esso una intensa religiosità animata da Associazione degli Scrittori veneti,
scarso misticismo e da profonda umanità4 e da un rigore morale, che solo 1974, pp. 17-40. Qui però si userà la
attuale distinzione anche con riferi-
apparentemente si può considerare in contrasto con un certo erotismo pur mento ai secoli precedenti.
esso presente nella letteratura veneta, ora intenso ora delicato, ma sempre 2
Il Venetorum angulus da Augusto in
spontaneo e naturale. C’è tutto questo in Virgilio, il massimo poeta della lati- avanti (cioè dall'inizio dell'era cri-
stiana) era detto Decima Regio, e com-
nità, c’è in Catullo5, che mescola sapientemente il gergo plebeo col raffinato prendeva oltre all'attuale Veneto, l'I-
linguaggio colto o addirittura mondano delle classi alte, Catullo, che riven- stria, il Friuli, il Trentino e una parte
dica i diritti dell'individuo, esalta l'amicizia, e soprattutto l'amore; c’è in Livio, dell'Alto Adige, i territori di Cre-
mona, Brescia, Sondrio e anche Man-
molto amico di Augusto, ma contestatore del suo regime autoritario tanto da tova.
essere schernito coll’appellativo di “pompeiano” per aver esaltato nella sua 3
Accanto a questi massimi scrittori
opera Pompeo, oppositore di Cesare e ultimo difensore della libertà repub- latini sono da ricordare alcuni minori
blicana in Roma. certo non privi di importanza: un
altro veronese, Emilio Macro,
morto nel 16 av. Cr., autore di poemi,
amico Virgilio (sarebbe il Mopso
Il Cristianesimo della quinta egloga virgiliana) di
Aquileia.- Poi l’asse della cultura veneta si incentra su Aquileia6, fondata dai Ovidio e di Tibullo, Quinto
romani nel 181 av. Cr. Era un ricco centro di traffici, ma prima dell'avvento Remmio Palemone vicentino, mae-
stro di Persio e di Quintiliano, autore
del Cristianesimo non vi è testimonianza di una vita culturale in questa città. di una Ars grammatica, i padovani
Ad Aquileia la cultura (e con essa, ovviamente, la letteratura), quando nasce, Quinto Ascondo Pediano e Clodio
nasce cristiana. Stabilire però quando il Cristianesimo approdi sulla sponda Trasea Peto, messo a morte da
Nerone per le sue idee stoiche repub-
lagunare costituisce un problema piuttosto delicato, che vede gli studiosi blicane, Lucio Arruntio Stella, di
moderni schierati su posizioni opposte: la stessa Leggenda Marciana, secondo cui sappiamo che muore nel 101e fu
la quale la regione sarebbe stata evangelizzata da S. Marco 7, è stata recente- amico di Marziale e di Stazio.
Sulla letteratura latina fiorita in area
mente messa in forse con argomenti abbastanza persuasivi8. Non è questa la veneta vedi G. P E LLEG RI N I - L.
sede per affrontare tale questione; è solo da segnalare che una delle più BOSIO - D. NARDO, Veneto preromano
antiche opere della letteratura cristiana, il romanzo Il Pastore del II sec.9, è stato e romano, in Storia della Cultura Veneta
[d'ora in avanti S.C.V.], vol. I,
scritto da un tale Erma, fratello del papa Pio I, detto dagli antichi scrittori Vicenza 1976, pp. 29-101 (in partico-
nacione Venetus ex civitate Aquilegiae. È poi anche da sottolineare che sempre lare il capitolo di D. NARDO, Scrittori
nel II sec., verso la fine, la cultura cristiana ad Aquileia raggiunse un livello latini nella X Regio, pp. 25-30).
4
Più avanti nei secoli, in età cristiana,
tale da produrre un proprio symbolon, vale a dire una sua propria formulazione
quando saranno accese le dispute sul
del Credo. Il che significa che la comunità cristiana già allora ad Aquileia era problema cristologico, troveremo in
notevolmente evoluta ed autorevole. quest’area posizioni favorevoli a sal-
Dopo l’editto di Costantino del 313, che assicurava la libertà di culto al Cri- vaguardare l’umanità di Cristo
contro chi tendeva a negarla o
stianesimo, cessata la clandestinità, in tutte le parti dell’Impero la diffusione quanto meno a ridurla per celebrarne
del Cristianesimo fu rapidissima. Ad Aquileia sorse la splendida basilica i cui esclusivamente la divinità.
5
mosaici sono una sorta di catechismo dipinto che attesta lo sviluppo della cul- L’opera di Catullo, conservata fino
al VII secolo e poi dimenticata, venne
tura cristiana10; ma l’episodio più importante della cultura aquileiese del IV riesumata proprio nel Veneto, nel 965
sec. è costituito dal cosiddetto Seminarium Aquileiense11, una accolta di studiosi dal vescovo di Verona Raterio, e più
tra i quali pare che per un breve periodo verso il 373 sia stato anche S. Giro- tardi dai preumanisti padovani
Lovato de' Lovati (1240-1309) e
lamo12: a prova abbiamo le sue lettere agli amici aquileiesi, tra i quali emer- Albertino Mussato (1262-1329).
gono Cromazio, autore di numerosi Sermones, omelie e trattati, che sarà 6
Sull’argomento vedi in particolare
6 I secoli della Letteratura Veneta

AA.VV, Vita sociale artistica e com- vescovo di Aquileia, Turranio Rufino, traduttore di Origene, prima amico
merciale di Aquileia romana, Antichità
di S. Girolamo e poi da questi furiosamente avversato, Eliodoro, futuro
Altoadriatiche, XXIX, 2 voll., Udine
1987, ma tutta la collana “Antichità vescovo di Altino, Eusebio, fratello di Cromazio, futuro vescovo di Bologna,
Altoadriatiche”, che raccoglie gli atti Giovino, che pure divenne vescovo, anche se ci è ignota la sede, Bonoso,
dei Convegni annuali sul tema di compagno di studi di Girolamo. Anche un importante concilio con la pre-
Aquileia, è una fonte inesauribile di
informazione dotta sulle problema- senza di S. Ambrogio si tenne ad Aquileia nel 381. Ma anche nelle altre dio-
tiche aquileiesi. cesi Venete si svolgeva una intensa vita culturale cristiana: a Verona S. Zeno
7
La redazione più matura di questa di origine africana scrive dei Sermoni e due brevi scritti ha lasciato il con-
leggenda si trova in Andrea Dandolo,
il grande doge cronista, il quale apre temporaneo vescovo di Trento, S. Vigilio, ed entrambi questi vescovi furono
la sua opera col capitolo De pontificatu in relazione con l’ambiente aquileiese.
Sancti Marci Evangeliste, e con la frase Inquietudini religiose e lo scisma dei Tre capitoli13.- Col V sec., che vede
“Marcus Evangelista in Aquilegia primo
catholicam fundavit ecclesiam anno in Italia le disastrose incursioni dei visigoti di Alarico nel 408 e degli unni di
Domini nostri Iesu Christi LXVIII” Attila nel 450, si registra dovunque un rapido decadere della cultura, ma ciò
[=“L'Evangelista Marco fondò per la non impedì ad Aquileia di dare segni precisi di un persistente impegno cul-
prima volta una chiesa in Aquileia
nell'anno 48 del Signor nostro Gesù
turale, che si manifesta proprio nella presenza di posizioni ereticali (segno
Cristo”], ANDREAE DANDULI c’era un dibattito in corso): quando papa Zosimo nel 418 emanò la sua let-
Chronica per extensum descripta (Rerum tera Tractoria, di cui abbiamo solo un frammento, per colpire l'eresia pelagiana,
Italicarum Scriptores d'ora in avanti
un gruppo di vescovi suffraganei della provincia ecclesiastica aquileiese scrisse
RISS] XII), Bologna, Zanichelli,
1940, pp. 9-10. un libellus fidei con cui respinse la Tractoria. Considerato che la religiosità
8
S. TRAMONTIN, Origini e sviluppi veneta fu sempre aliena da slanci mistici e molto legata all’umanità e alla con-
della leggenda marciana, in AAVV, Le cretezza, acquista significato questo atteggiamento non dichiaratamente ostile
origini della Chiesa di Venezia, Venezia
1987, pp. 167-186. A. N IERO, I mar- all’eresia pelagiana, che nelle sue formulazioni estreme arrivava a negare la
tiri aquileiesi, in Aquileia nel IV secolo, divinità di Cristo14, considerato solamente un uomo: inoltre venticinque anni
AAAd XXVI, Udine 1985, pp. 151- dopo c’è una lettera di papa Leone Magno, databile presumibilmente attorno
174:154.
9
Il libro ebbe una larghissima diffu- al 443, indirizzata al vescovo di Aquileia, Gennaro ( Januarius), che lo accusa
sione fra i cristiani di quel secolo e dei di eccessiva tolleranza nei confronti di elementi del clero aquileiese sospetti
secoli successivi ed è pervenuto fino di Pelagianesimo.
a noi in versione greca e in versione
latina, ma esiste anche una versione Alla fine del VI sec. poi Aquileia sarà protagonista dello Scisma dei Tre capi-
etiope ed una copta. toli15, che in un primo momento aveva coinvolto quasi tutta la Cristianità occi-
10
È fondamentale studio di G. dentale. Paradossalmente con lo scisma si difendeva l’ortodossia, cioè le dot-
M ENIS, La cultura teologica del clero
aquileiese all’inizio del IV secolo inda-
trine già definite nel Concilio di Nicea del 325 e ribadite da quello Calcedonia
gata attraverso i mosaici teodoriani ed del 451, che propugnavano la tesi delle due nature in Cristo quella divina e
altre fonti, in Aquileia nel IV secolo, quella umana, contro il Papato, potenza spirituale, e contro l’Impero bizan-
AAAd XXII, Udine 1982, pp. 463-
tino, potenza politica, che per ragioni opportunistiche accondiscendevano a
527.
11
Vedi A. S CHOLZ, Il “Seminarium tesi opposte, monofisite, diffuse soprattutto nei domini asiatici dell’Impero
Aquileiense”, in “Memorie storiche bizantino, nelle quali si accentuava la natura divina di Cristo fino (al limite)
forogiuliesi”, L (1970), pp. 17-106; a negare quella umana. Abbandonata dalle altre diocesi occidentali Aquileia
contraddetto da G. S PINELLI, Asce-
tismo, monachesimo e cenobitismo ad rimase sola a difendere solamente delle idee, non interessi materiali, e questo
Aquileia nel IV secolo, in AA.VV., Aqui- è significativo indice dell’esistenza di una realtà culturale, vissuta con parti-
leia nel IV secolo, cit., pp. 273-300. colare fervore, sia pure nelle uniche forme possibili in quell’epoca, le forme
12
Girolamo nella centotrentacinque-
sima ed ultima biografia del suo De della problematica religiosa. La controversia dura fino al 696, quando Aqui-
viris illustribus, dice di essere nato in leia si piega e rientra nella ortodossia, ma nel frattempo si esercita nel basso
un oppidum, una cittadina al confine Friuli una intensa attività culturale: abbiamo una lettera del Patriarca sci-
della Dalmazia e della Pannonia,
chiamata Stridone, rasa al suolo dai
smatico di Aquileia, Giovanni, al re longobardo Agilulfo databile 605 o 607,
Goti. È stato detto che Stridone che, come è stato autorevolmente detto, “è documento molto significativo
sarebbe sorta nelle vicinanze dì Aqui- della validità dell’insegnamento della retorica nell’ambiente aquileiese”.
leia; ma in realtà non è possibile
scambiare la Pannonia che si esten-
Venanzio Fortunato16.- È qui il caso anche di ricordare una personalità di
deva alla destra del Danubio e com- spicco, che non si inserisce direttamente nella storia della cultura e della let-
prendeva all’incirca l’attuale Austria teratura dell’area veneta, perché operò altrove, ma che nell’ambito della cul-
meridionale, e parte della Stiria, della tura aquileiese ebbe la sua prima formazione. Questo grande poeta dell'alto
Slovenia e della Croazia attuali, col
Veneto, e non è chiaro quale fosse medioevo, Venanzio Fortunato, nacque verso il 540 a Duplavilis, che oggi
l'esatta ubicazione di questa cittadina si chiama Valdobbiadene, come egli stesso ci attesta nel quarto libro della sua
I secoli della Letteratura Veneta 7

Vita Sancti Martini.17 La sua famiglia – come egli stesso ci attesta – era di ori- già distrutta a quei tempi e successi-
vamente del tutto scomparsa nel
gine aquileiese, aveva delle proprietà in quella zona ed era amica del patriarca ricordo dei posteri; e quindi non si
Paolo di Aquileia, che lo indirizzò alla vita religiosa. Completò poi gli studi può dire nemmeno se e quanto
di grammatica, retorica e giurisprudenza, sotto la guida di Aratore, dal quale vicina fosse ad Aquileia e fino a che
apprese il culto di Virgilio, a Ravenna, dove rimase fino a trentacinque anni, punto si possa considerare Girolamo
aquileiese per nascita.
quando, colpito da una grave malattia agli occhi, ne guarì facendo voto di 13
G. CUSCITO, Fede e politica ad Aqui-
recarsi alla tomba di S. Martino di Tours. E così dopo un lungo pellegrinaggio leia. Dibattito teologico e centri di potere
attraverso l’Europa raggiunse Tours. Poi si trasferì a Poitiers dove strinse con (secoli IV-VI), Udine 1987.
14
Principio fondamentale è per il
la regina Radegonda, che si era dedicata alla vita monastica, una amicizia casta Pelagianesimo la libertà del volere
ma intensa, che gli suggerì dei versi dolcissimi. Lì Venanzio divenne sacer- umano. In questo modo però Pelagio
dote e in seguito vescovo di quella città. Morì nei primi anni del settimo secolo. negava la trasmissione del peccato
originale e la necessità e l'efficacia
Tra le sue poesie in latino di argomento religioso spiccano il Pange lingua glo- della grazia divina: il grande confu-
rosi proelium certaminis (da non confondere col Pange lingua gloriosi corporis myste- tatore di Pelagio sarà Sant’Agostino,
rium scritto da S. Tommaso d’Aquino sette secoli dopo) e il Vexilla regis pro- che rivendicherà con forti accenti il
primato della grazia e della provvi-
deunt, e degli scritti teologici in prosa. denza divine.
15
La denominazione deriva dal fatto
che nell’anno 544 l’Imperatore di
Il Medioevo Costantinopoli Giustiniano emanò
un editto che condannava tre Capi-
I longobardi.- Intanto nel 569 si era verificato un avvenimento molto impor- toli, che quasi un secolo prima il Con-
tante, la venuta in Italia dei longobardi, che professavamo l’eresia di Ario18, cilio di Calcedonia con significativa
una considerevole parte dei quali si stabilì nel Friuli e nel Veneto. La loro pre- consapevole astensione non aveva
condannato, nei quali si sosteneva
senza non giovò alla cultura della regione poiché essi facevano della scrittura che nella persona di Cristo oltre alla
un uso molto limitato e puramente pratico: in quest’ambito un documento natura divina c’è la natura umana. I
rilevante è l’Editto di Rotari, prima raccolta di norme consuetudinarie longo- tre Capitoli si riferivano a Teodoro di
Mopsuestia, a Teodoreto di Ciro
barde, redatta nel 643 in lingua latina dal Ansoaldo notaio di corte, ma solo contro Cirillo di Alessadria e ad una
alla fine del sec. IX abbiamo un’opera molto importante sia sul piano sto- lettera di Iba di Edessa.
16
riografico sia su quello letterario, l’Historia Langobardorum del nobile longo- Cfr. A. Q UACQUARELLI, Poesia e
retorica in Venanzio Fortunato, in La
bardo Paolo Warnefrido, detto Paolo Diacono (720-799)19. poesia tardoantica tra retorica, teologia e
Gli “scriptoria” di Verona20.- In quei secoli bui Aquileia non era stato il politica, Messina, 1984, pp. 431-465.
solo centro di attività culturale dell’area veneta. Del resto essa già ai tempi M. I. CAMPANALE, Concordanza critica
dei carmi a struttura epitalamica di
dell’invasione di Attila aveva subito gravi danni, e dopo la conclusione dello Venanzio Fortunato, Bari 1990.
Scisma dei Tre capitoli conobbe una rapida decadenza: era ridotta a un 17
“Qua mea Tarvisus residet, si molliter
cumulo di rovine e anche la sede episcopale era stata trasferita a Cividale. intras, / Illustrem socius Felicem, quaeso,
require. / Per Cenetam gradiens, et amicos
Ma intanto fin dagli inizi del VI sec. a Verona ferveva una intensa attività cul- Duplavilenses, / Qua natale solum est
turale: abbiamo un manoscritto di tale Ursicino, che si firmava “lettore della mihi sanguine, sede parentum, / Prolis
chiesa veronese”, datato 517. Poi si sviluppò presso la cattedrale uno scripto- origo patrum, mater, soror, ordo nepotum,
rium che svolse un ruolo fondamentale nella conservazione della cultura / Quos colo corde, fide, breviter, peto, redde
salutem” ["Se dolcemente ti inoltri là
antica e darà frutti nei secoli successivi, mentre intanto in città sorgevano altri dove sorge la mia Treviso, chiedi ti
scriptoria, il più importante a S. Zeno: vengono copiati scritti di S. Paolo e di prego del mio illustre amico Felice
Origene, testi liturgici, e anche significativamente sono conservati in mano- [Vescovo di Treviso, compagno di
studi di Venanzio, secondo la testi-
scritti i più antichi dei quali risalgono al VI sec. gli atti del Concilio di Cal- monianza di Paolo Diacono, Hist.
cedonia, contenenti le tesi difese dallo scisma dei Tre capitoli, e altri docu- langob. 2, 13.], e avanzando verso
menti relativi a quello scisma. Ceneda, degli amici di Duplavile,
dove è la mia terra natale, per
Ma non solo documenti o riproduzioni di testi antichi vedono la luce negli sangue, dimora dei genitori, dove è
scriptoria veronesi, ma anche scritti originali in versi e in prosa: verso la fine l'origine della stirpe dei padri, la
dell’VIII sec. appare una Vita di S. Zenone del notaio Coronato, scritta in un madre, la sorella, la schiera dei
nipoti, che amo con tutto il cuore, e
latino corretto e nobile, da cui probabilmente deriva il Rhythmus de vita Sancti in breve, ti prego, salutami quei
Zenonis, scritto invece in un latino più dimesso e molto meno corretto. Sempre luoghi"].
18
alla fine del sec.VIII risalgono i Versus de Verona, scritti in una lingua latina Si tratta di una eresia antica, che fu
condannata nel primo Concilio della
che fa già presagire il nascente volgare, un poema celebrativo De Pippini vic- cristianità, il Concilio di Nicea del
toria avarica, e il celebre Indovinello veronese, che costituisce la più antica testi- 325.
monianza del volgare italiano. Poco tempo dopo verso la metà del IX sec. il 19
Educato alla corte longobarda di
8 I secoli della Letteratura Veneta

monaco Pacifico, longobardo di origine, rilancia l’attività dello scriptorium


producendo più di duecento codici. Ma un livello ancora più alto della sua
produzione culturale lo scriptorium veronese lo raggiungerà più tardi col
vescovo Raterio21, di nazionalità belga, vescovo di Verona dal 931, poi incar-
cerato dal re Ugo di Provenza, poi riabilitato dall’Imperatore Ottone I, ma
infine costretto ad andarsene per i gravi contrasti col clero locale. Le sue opere
risentono delle vicende polemiche della sua esistenza e la sua prosa (natu-
ralmente in latino) è spesso contorta ed oscura: tuttavia a lui va riconosciuta
una vastissima e profondissima cultura e grandi meriti nel campo dell’orga-
nizzazione culturale e della riproduzione di testi antichi ignorati nel medioevo,
come Plauto o Catullo. E in quel secolo appaiono anche tre poemetti, di ottima
fattura e di autentica ispirazione, che rivelano una notevole consuetudine con
gli scrittori classici, i Gesta Berengarii Imperatoris, O admirabile Veneris idolum, e
O Roma nobilis, orbis et domina. Poi l’attività degli scriptoria veronesi pur non
cessando del tutto si attenua fortemente: rifiorirà agli inizi del Trecento.
La rinascita carolingia e la nascita di Venezia, figlia di Aquileia.- Un
grande impulso alla cultura in tutta Europa si verificò alla fine del VIII sec.
quando Carlo Magno chiamò a sé dotti da tutte le parti d'Europa e provocò
la cosiddetta Rinascita carolingia: due intellettuali di area veneta diedero in
quegli anni un contributo notevolissimo a questa operazione. Paolo War-
nefrido (Paolo Diacono), già citato, del quale abbiamo anche scritti gram-
maticali come il Compendium di Festo dedicato a Carlo Magno, il poema
abbecedario in ventitre strofe De speciebus praeteriti perfecti,e altre opere in versi
come elegie ed inni sacri; scrisse anche una Historia Romana, una Vita di S.
Gregorio oltre naturalmente alla già citata importantissima Historia Langobar-
dorum; e Paolino d'Aquileia22, vescovo della sua città dal 787, autore di opere
teologiche e di testi poetici molto raffinati in lingua latina. Tra questi meri-
tano di essere ricordati i Versi per la ricostruzione di Aquileia,”Ad flendos tuos, Aqui-
legia, cineres”, nei quali si piange la distruzione della città, a lui attribuiti an-
che se con qualche incertezza: sono versi molto belli, che hanno provocato
anche una replica sotto forma di un altro testo poetico, questo di fattura molto
modesta, “Aquilegia gloriosa quondam urbs et inclita”, nei quali si sostiene che la
città non deve più essere ricostruita23. Evidentemente questo secondo poeta
era di area lagunare, e forse poteva essere anche un cittadino della neonata
città di Venezia, ai cui interessi indubbiamente giovava la sua tesi. Nell’estate
Pavia, fu maestro di grammatica alla dell’810, infatti, col trasferimento della sede del governo delle lagune a Rialto
corte di Carlo Magno dal 782 al 786. ad opera di Agnello Particiaco, era nata Venezia, e questo testo in versi, con-
Quindi si ritirò nell’abbazia di Mon-
tecassino, dove compose le sue opere trario alla ricostruzione di Aquileia, potrebbe essere il primo documento let-
più importanti, fra cui oltre alla citata terario di una Venezia, che vuole gelosamente tutelare la sua supremazia nel-
Historia un poema didascalico De spe- l’alto Adriatico anche in materia di giurisdizione ecclesiastica. Il più antico
cibus perfecti praeteriti.
20
R. AVESANI, La cultura veronese dal testo in prosa invece, sempre naturalmente in lingua latina, potrebbe essere
sec. IX al sec. XII, in S.C.V., vol. I, la Translatio Sancti Marci24, che normalmente è collocata nel XII sec., ma che
Vicenza 1976, pp. 245-256. invece ha tutta l'aria di essere un diario di bordo o una relazione ufficiale sul-
21
V. CAVALLARI , Raterio e Verona,
Verona 1967.
l'accaduto, da collocarsi quindi, almeno per quanto concerne il nucleo cen-
22
P. PASCHINI, Paolino Patriarca e la trale, nel IX sec. Nell’anno 828, infatti, essendo doge Giustiniano Particiaco,
chiesa aquileiese alla fine del sec. VIII, figlio di Agnello, due mercanti veneziani, Bono da Malamocco e Rustico da
Udine 1977 (rist. anast.)
23
I testi si possono leggere con intro-
Torcello, trafugarono ad Alessandria d’Egitto il corpo di S. Marco e lo tra-
duzione, traduzione e commento in sportarono a Venezia. La Translatio Sancti Marci è la narrazione di questa
A. DE N ICOLA, I versi sulla distruzione impresa. È da apprezzare la buona qualità della lingua e l'efficacia delle
di Aquileia, in “Studi goriziani” . 1979, descrizioni.
PP. 7-31.
24
In “Memorie storiche forogiuliesi”, L’anno Mille.- Attorno all’anno Mille si colloca la cosiddetta “Rinascita otto-
1931-33, pp. 223 - 238. niana” (Gerberto di Aurillac, filosofo e poi pontefice col neome di Silvestro
I secoli della Letteratura Veneta 9

II, era stato il precettore di Ottone III, da cui trasse poi origine la scuola di
Chartres). Sono noti i rapporti di stretta alleanza e di parentela degli Orseoli
che allora erano il partito dominante in Venezia, soprattutto per l’alta figura
di Pietro Orseolo II, con gli Ottoni. E Venezia fu partecipe di questa rinascita
con due personaggi, uno dai contorni non ben definiti, S. Gerardo (che forse
impropriamente è stato ritenuto della famiglia dei Sagredo, evangelizzatore
dell’Ungheria)25 e Giovanni diacono26, ministro di Pietro Orseolo II, autore
del Chronicon Venetum, che si può considerare la prima opera della letteratura
veneziana. Essa narra la storia di Venezia dalla invasione dei Longobardi al
1008, quando si interrompe bruscamente senza nemmeno menzionare la
morte del doge Pietro Orseolo II avvenuta quell’anno. Con quest’opera si
inaugura il genere storiografico, che di tutti generi letterari è quello di gran
lunga il più praticato nella regione veneta e soprattutto a Venezia, i cui gover-
nanti spesso intesero la storiografia una maniera alta di far politica, pur non
rifuggendo a volte da vere e proprie falsificazioni. Esiste poi un altro testo di
incerta datazione, di cui alcune parti potrebbero risalire al IX o X sec., il Chro-
nicon Altinate27, un coacervo di brani storici di provenienza ed epoca diversa,
che prende impropriamente il nome da uno di essi. È scritto in un latino 25
Nella sterminata bibliografia, di cui
impossibile e spesso incomprensibile, e tramandato a noi in tre codici due- molta parte in lingua ungherese per
centeschi, che presentano fortissime differenze uno dall’altro. un primo approccio si suggerisce F.
I tre secoli successivi sono poveri di cultura nell’area veneta, mentre altrove BANFI, Vita di an Gerardo da Venezia,
vescovo di Csanàd nel leggendario di
ci sono grandi figure come Pier Damiani e Anselmo d’Aosta o Gioachino da Pietro Calò, in “Janus Pannonius”, Vol.
Fiore. I, Roma 1947, pp. 5- 23; J.
LECLERCQ, San Gerardo di Csanàd e il
monachesimo, in Venezia e Ungheria nel
Rinascimento, Firenze 1973 , pp. 3-22,
Il Duecento e L. SZEGFÜ, La missione politica ed
La rinascita.- Il Duecento è per tutta l’Italia, ed anche di riflesso per l’Eu- ideologica di San Gerardo in Ungheria,
ovo, pp. 23-36; G. M AZZUCCO ,
ropa, il secolo della grande ripresa culturale e in particolar modo letteraria. Ritratto dell’uomo di Dio: San Gerardo
È il secolo che vede la nascita della letteratura in lingua italiana: si apre con Sagredo, vescovo di Csanàd e martire,
la parola poetica di S. Francesco (1182-1226), il cantico di Frate Sole (1224?), Padova 2000.
26
ed è vivificato dalla grande iniziativa politica culturale e morale sua e di S. Cronache veneziane antichissime, a c.
di Giovanni Monticolo, Roma 1890,
Domenico (1170 ca.-1221); vede il sorgere della scuola siciliana alla corte Fede- pp.57-187; La Cronaca veneziana di
rico II (1194-1250), e il progressivo emanciparsi dei Comuni dalla servitù feu- Giovanni Diacono, traduzione e com-
dale; vede il fiorire del pensiero filosofico di Bonaventura da Bagnoregio (1217 mento di Mario De Biasi, 2 voll.,
Venezia 1986-88. Cfr. G. FASOLI, I
ca.-1274) e di Tommaso d’Aquino (1221-1274) e si concluderà colla scuola del fondamenti della storiografia veneziana,
Dolce Stil Nuovo e gli esordi della poesia dantesca. in AAVV, La storiografia veneziana fino
Nella regione veneta nel 1222 nasce l'Università di Padova, centro di irra- al secolo XVI. Aspetti e problemi, a c. di
A. P ERTUSI, Firenze 1970, pp. 11-44;
diazione culturale, e nelle diverse città si registra la produzione di opere let- B. ROSADA, Il “Chronicon Venetum” di
terarie, di vario genere e in diverse lingue, in latino sopratutto, ma anche in Giovanni Diacono, “Ateneo veneto”,
francese, in provenzale e in toscano, e intanto vedono la luce anche i primi 1990, pp. 79-94.
27
Origo civitatum Italiae seu Venetiarum,
documenti in dialetto. (Chronicon Altinate et Chronicon Gra-
Il dialetto.- Il più antico documento in dialetto veneziano, un atto notarile,28 dense), a c. di R. CESSI, Roma 1933.
è datato 1253; ma i più antichi testi letterari in volgare veneto potrebbero Cfr. B. ROSADA, Storia di una cronaca.
Un secolo di studi sul “Chronicon Alti-
anche risalire alla seconda metà del secolo precedente, e sono di provenienza
nate”, “Quaderni veneti” 7, 1988, pp.
veronese: un sirventese giullaresco che comincia col verso Compagno Guliemo, 155 - 180.
tu me servi tropo, e un poemetto sulla Caducità della vita umana, e accanto a questi 28
Designazione di terre nel Ferrarese, in
i Proverbi sulla natura delle femmine, un testo misogino derivato dal francese Cha- Testi veneziani del Duecento e dei primi
del Trecento, a c. di A. STUSSI, Pisa
stiemusart; poi verso la metà del Duecento ecco il primo nome di uno scrit- 1965, p. 1.
tore, Giacomino da Verona29, un frate minore, che scrive due poemetti in 29
Poeti del Duecento, a c. di G. CON-
TINI, Milano-Napoli 1960. L. RUSSO,
quartine monorime, De Babilonia infernali in cui descrive gli orrori dell’inferno
Giacomino Veronese, in Ritratti e disegni
e De Jerusalem celesti, in cui descrive le gioie del paradiso anticipando la tema- storici. Studi sul Due e Trecento, Bari
tica della Divina Commedia. Degno di attenzione è il Frammento Papafava o 1951.
10 I secoli della Letteratura Veneta

Lamento della sposa Padovana, anonimo. Inoltre sono da segnalare alcune tra-
duzioni: il Cato, traduzione in dialetto veneto il primo dei Distica Catonis, una
raccolta di massime che risale all’età imperiale, e il Pamphilus, un poemetto
di sapore ovidiano composto in Francia nel secolo precedente. Anche la
Navigatio Sancti Brandani è la traduzione in prosa di una composizione in
lingua latina, una visione medievale, opera di un ignoto monaco del sec. XI,
che dall’Irlanda si diffuse per tutta Europa, arricchendosi successivamente di
nuovi episodi, e La leggenda di Santo Stady è la traduzione in versi di un poema
francese della fine del dodicesimo secolo, con la quale probabilmente siamo
già addentro al sec. XIV. Il fatto che si tratti di traduzioni rivela certo la scarsa
creatività dell'ambiente veneziano e la sua subordinazione a modelli letterali
stranieri, ma tuttavia la qualità dei testi, soprattutto la buona fattura della ver-
sificazione, rivelano altresì che in ambito lagunare si era formata una certa
sensibilità letteraria.
La storiografia.- Ma il genere letterario che nel Duecento come nei secoli
successivi predomina a Venezia e in tutta la regione veneta è la storiografia.
A Venezia nel Duecento ci sono tre opere di notevole importanza, due in
latino, l’Historia Ducum30, scritta probabilmente nella prima metà del secolo,
che narra gli avvenimenti dal dogado di Ordelaffo Falier fino alla morte di
del doge Pietro Ziani (1229), ed è animata da una logica politica mirante ad
esaltare l’istituzione dogale, e la cosiddetta Storia di Marco datata nel pro-
logo 1292, che recenti studi tenderebbero ad attribuire al Marco Lombardo
di cui parla Dante nella Commedia, ed una in francese, un'opera storica di
eccellente livello, Les estoires de Venise, scritta nel 1276 da Martino da Canale31,
che narra la storia di Venezia fino al settembre dell'anno 1275, e però non
ebbe diffusione: fu trattenuta, per non chiare ragioni politiche, negli archivi
della Repubblica, e pubblicata solamente nel sec. XIX. Ancora in lingua fran-
cese verrà redatto alla fine del secolo il capolavoro della letteratura veneziana
medievale, Le divisament dou monde, volgarmente detto Il Milione32, dettato negli
ultimi anni del secolo da Marco Polo (1254-1334) allo scrittore Rustichello33
da Pisa in un carcere di Genova dove entrambi erano trattenuti come pri-
gionieri di guerra: è la narrazione dei viaggi compiuti in Asia attraverso
regioni sconosciute come la valle del Pamir e il Deserto del Gobi e della sua
vita nel Catai, dove soggiornò per diciassette anni divenuto uomo di fiducia
del Gran Khan Kubilai.
Anche la terraferma veneta è fertile di opere storiografiche. La sanguinaria
tirannia di Ezzelino Da Romano provoca forti reazioni etiche e politiche: se
infatti la "leggenda" ezzeliniana è legata al ricordo che di essa ci ha lasciato
il poema Eccerinis di Albertino Mussato (1261-1329), la concreta vicenda del
"dominus Eccerinus" fornì una nuova esperienza politica: se in Parisio da
30
Testi storici veneziani (XI-XIII secolo),
Cerea (sec. XIII), notaio e figlio di notaio, i cui Annales veronenses giungono
edizione e traduzione a c. di L. A. sino al 1277 (opera di continuatori è la parte relativa agli anni 1301-1375), per
B ERTO, Padova 1999. i suoi limitati orizzonti storici e geografici l’annalistica cittadina rivela tutta la
31
MARTIN DA CANAL, Les estoires de sua costituzionale insufficienza a rappresentare un fenomeno politico com-
Venise, a c. di A. LIMENTANI, Firenze
1972. plesso come quello ezzeliniano, più pronto a cogliere la nuova realtà politica
32
Delle innumerevoli edizioni del rappresentata da Ezzelino è il "ghibellino" Gerardo Maurisio (prima metà
libro si segnala Il Milione trad. ital. di sec. XIII) di Vicenza, autore di una Cronica dominorum Eccelini et Alberici fra-
L. F. B ENEDETTO, Milano 1942.
33
Era uno scrittore di buona fama, trum de Romano, narrazione delle imprese della famiglia da Romano dal 1182
autore anche di un poema cavalle- al 1237.
resco intitolato Meliadus. È ancora degno di menzione il notaio Rolandino da Padova34, che scrive
34
G. ARNALDI, Studi sui cornisti della
Marca trevigiano nell’età di Ezzelino da attorno al 1260 i Cronica in factis et circa facta Marchie Trivixane, appassionata
Romano, Toma 1963. difesa delle libertà comunali contro Ezzelino. A Verona, Bonifacio da
I secoli della Letteratura Veneta 11

Verona35, Magister in astrologia et in versificando, nel 1293 compose un poema


in esametri di nove canti, intitolato Eulistea, per conto del Comune di Perugia,
dove si era rifugiato per fuggire alla persecuzione di Ezzelino da Romano ed
anche altri due poemi epici intitolati Veronica e Annays.
La cultura provenzale.- Se la frequenza di scritture in lingua francese in area
veneta è da attribuirsi alla ricerca della massima diffusione, dato che la lingua
francese era la più conosciuta e la più letta, sono invece scritte in provenzale
opere che vantando una certa ricercatezza di stile e si propongono come più
raffinate: nel Duecento ci furono due centri di poesia provenzale, il primo fu
la corte dei Marchesi d'Este, al castello di Calaone presso Este, distrutto dai
padovani nel 1293 e il primo mecenate fu Azzo VI36, che vi aveva ospitato il
poeta tolosano Aimeric de Peguilhan. L’altro centro era la scuola poetica
di Uc de Saint Circ, a Treviso, di poco successivo, ai tempi di Alberico da
Romano, fratello di Ezzelino. Sordello di Mantova, amante di Cunizza da
Romano, sorella di Ezzelino e di Alberico da Romano, che egli aveva rapita
al legittimo marito, si era formato alla scuola estense e forse contribuì a porre
le premesse del congiungimento dei due centri verso la fine del secolo dopo
la cacciata degli Ezzelini ai tempi di Gherardo da Camino e quando Azzo
VIII era ormai ferrarese.
Un veneziano, Bartolomeo Zorzi, scrisse a Genova durante la prigionia
poesie in lingua provenzale, forse anche per suggestione della vicina Provenza.

Il Trecento
Il preumanesimo veneto.- Il Trecento è il secolo che a livello nazionale vede
la grande opera di Dante Alighieri (1265-1321), Francesco Petrarca (1304-
1374) e Giovanni Boccaccio (1313-1375). Dalle loro esperienze nasce l'Uma-
nesimo, contrassegnato dalla riscoperta della cultura greca e latina e da una
nuova visione del mondo e della vita, che mette l’uomo al centro dell’uni-
verso.
Il territorio veneto regista anch’esso una consistente produzione, molto varia
e spesso divergente rispetto al main stream della rimanente letteratura ita-
liana; anche se rispetto a quella può vantare un primato quanto meno cro-
nologico nell'elaborazione della cultura umanistica, perché alla fine del Due-
cento a Padova Lovato dei Lovati37 (1240-1309), autore di Epistolae metricae,
che evidenziano con chiarezza la presenza di fonti classiche, riscopre Seneca,
e Albertino Mussato38 (1261-1329) il notaio già menzionato come autore del 35
P.G. S CHMIDT, L’epica latina del
poema Eccerinis, scrive anche una orazione intitolata Senece vita et mores e varie secolo XIII. Notizie su Bonifacio da
epistole metriche. Un quegli stessi anni Marsilio da Padova (1275-1343), Verona e la sua Eulistea, in AAVV,
scrive il Defensor pacis, opera in tre libri nella quale analizza le cause delle Aspetti della letteratura latina nel secolo
XIII, Atti del primo Convegno inter-
discordie civili e propone un’ideale di pacifica convivenza umana. Questi scrit- nazionale di studi dell’Associazione
tori padovani diedero i primi segni di quell'atteggiamento culturale, che poi per il Medioevo e l’Umanesimo latini
sarà ampiamente sviluppato dalla cultura toscana; a Verona intanto la ripresa (Perugia 3-5 ottobre 1983) a c. di C.
LEONARDI e G. ORLANDI, Perugia –
dell’attività di trascrizione dei codici antichi non è l’unica attività culturale, Firenze 1985.
che si affianca ad attività di scuola e si espande ad altri settori come il diritto 36
Sconfitto da Ezzelino nel 1212 a
e la medicina. È da ricordare in particolar modo Guglielmo da Pastrengo, Ponte Alto, e morto poche settimane
amico di Petrarca e autore di un’opera estremamente significativa della men- dopo come il suo amico e alleato
conte Bonifacio di S. Bonifacio di
talità innovativa del secolo, De originibus rerum, che parla di coloro che con le Verona.
loro invenzioni hanno contribuito a migliorare la vita degli uomini. 37
Cfr. G. B ILLANOVICH, Il preumane-
A Venezia scrive versi latini il gran cancelliere Tanto e a tal proposito è da simo padovano, in S.C.V., vol. II,
Vicenza 1976, pp.28-40.
narrare una storia divertente. Nel 1316 il re di Trinacria, Federico II d'Ara- 38
Cfr. M. DAZZI, Il Mussato preuma-
gona, mandò in dono al doge Giovanni Soranzo una coppia di leoni, che nista, Venezia 1964.
12 I secoli della Letteratura Veneta

furono collocati entro una gabbia nella piazzetta, accanto al Palazzo ducale.
La mattina del 12 settembre la leonessa diede alla luce tre leoncini "vivi e
pelosi", come dice un cronista dell'epoca. Il fatto fu considerato di buon
auspicio e celebrato con versi latini da un maestro di grammatica chiamato
Giovanni, dal gran cancelliere ducale Tanto e da un frate Pietro dell'ordine
dei predicatori.39
Due scrittori medievali.- Pure in latino ma di schietto sapore medievale
sono gli scritti delle maggiori personalità della cultura dell'epoca, fra Paolino
39
Da identificarsi forse con Pietro da Venezia (1225 ca.-1344)40 e Marin Sanudo il vecchio, detto Torsello41
Calò, autore di una raccolta di (1270 ca.–1343 ca.). Il primo, un frate minore che divenne vescovo di Poz-
Legendae de Sanctis, nato a Chioggia e zuoli, fu autore di numerosi scritti, il più importante dei quali, la Cronaca ci è
morto forse a Cividale del Friuli nel
1348; ci fu anche uno scambio di pervenuta in tre redazioni diverse, la Nobilium Historiarum Epitoma, la Chro-
versi col padovano Albertino Mus- nologia Magna o Compendium, e la Satyrica Historia42, di cui sono stati pubbli-
sato. cati solo alcuni estratti. Il secondo perseguì l’intento di persuadere i principi
40
A. G HINATO, Fr. Paolino da Venezia
O.F.M., vescovo di Pozzuoli (+1344),
e il papa a liberare la Palestina, ed occupa anche un posto notevole anche
"Atti Acc. Torino, XCVIII, 1963-64. nella storia della geografia per le carte geografiche allegate alla sua opera Con-
41
Su Marin Sanudo Torsello vedi A. diciones Terrae Sanctae, originariamente concepita come opera a sé stante e poi
MAGNOCAVALLO, Marin Sanudo il vec-
chio e il suo progetto di crociata, Ber-
premessa all’altra sua opera, il Liber secretorum fidelium Crucis. Scrisse anche
gamo 1911. una Istoria del regno di Romania, sive regno di Morea.
42
La Satyrica Historia non ha niente I poeti in lingua italiana43.- Per quanto riguarda l’attività poetica propria-
di satirico, si chiama così perché è mente detta in lingua italiana, essa fu piuttosto sviluppata a Venezia nel Tre-
uno scritto “saturo”, cioè, miscel-
laneo che contiene argomenti diversi. cento: da segnalare in primo luogo non solo per il significato storico della sua
43
V. LAZZARINI, Rimatori veneziani del opera, la prima a Venezia in toscano, ma per l’intensa e commossa liricità di
secolo XIV, Padova 1887. alcuni componimenti, il Canzoniere di Zanin (Giovanni) Querini (o Qui-
44
Le rime di Zanin Quirini sono
strate conservate nel manoscritto rini)44, che palesemente rivela frequenti movenze e andamenti danteschi, il
Marc. Lat. XIV 223, presso la Biblio- che sembra avvalorare l'ipotesi di una amicizia fra i due poeti. Da lui discende
teca Marciana di Venezia, è in pre- poi tutta una generazione di poeti veneti in lingua italiana45, ma è ancora a
parazione presso la casa editrice
Antenore di Padova-Roma Le Rime, Treviso che si afferma maggiormente il gusto della nuova poesia in lingua
edizione critica e note a c. di E. M. grazie all'opera di Niccolo de’ Rossi (1285 ca.-1350 ca.), giurista di parte
DUSO. cfr. G. F OLENA, Il primo imi- guelfa, di cui abbiamo quattro canzoni e settantacinque sonetti di intonazione
tatore veneto di Dante, Giovanni Qui-
rini, in Dante e la cultura veneta, a c. di
stilnovistica, mentre importante sul piano teorico è l’opera del padovano
V. B RANCA e G. PADOAN, Antonio Da Tempo (1275 ca.-1336 ca.) banchiere e giudice, ghibellino ban-
Firenze 1966. dito dalla sua città dal 1314 al 1318, che riparò a Venezia e scrisse il primo
45
F URIO B RUGNOLO , I toscani nel
trattato di metrica italiana, il Trattato delle rime volgari (1332). Per la genera-
Veneto e le cerchie toscaneggianti, in
S.C.V. II, pp.369-439. zione successiva è da ricordare Francesco Vannozzo (1340 ca.-1390), poeta
46
E. LIPPI, Per l'edizione critica della di corte che fu a Venezia prima e poi a Bologna e poi a Verona presso gli Sca-
"Leandreride" di Giovanni Girolamo ligeri; accanto a finissimi testi poetici di contenuto amoroso, politico e anche
Nadal, in "Quaderni veneti", 8, 1988,
pp. 7-33. ID., Parole della Leandreride, d’occasione in una lingua mista di dialettismi veneziani e padovani, produsse
in Saggi di linguistica e di letteratura in anche delle fresche frottole in dialetto. Un poema allegorico della fine del
memoria di Paolo Zolli, Padova 1991. secolo, la Leandreride46, probabilmente di Giangirolamo Nadal, elenca un
47
Non abbiamo finora una tradu-
zione delle opere storiche di Andrea grande numero di rimatori veneziani del periodo.
Dandolo, il cui testo originale si legge La storiografia.- Nel campo della storiografia spicca la grande opera di
in Rerum Italicarum Scriptores, 12/1, Andrea Dandolo47, doge cronista, coadiuvato nella ricerca storiografica
1938-58. Sul Dandolo si veda in par-
ticolare G. ARNALDI, Andrea Dandolo come nel reggimento dello stato dal Cancellier Grando, Benintendi de’ Rave-
Doge-Cronista, in AAVV, La storio- gnani, l’uno e l’altro amici di Francesco Petrarca il cui soggiorno a Venezia
grafia veneziana fino al secolo XVI. dal 1362 al 136848 (e nel 1363 ricevette la visita di Boccaccio) fu un grande
Aspetti e problemi, Firenze 1970, pp.
127-268.
stimolo allo sviluppo della cultura; i modelli delle sue lettere furono intro-
48
Cfr. AAVV, Petrarca, Venezia e il dotti a innovare l’attività della cancelleria veneziana.
Veneto, a c. di G. PADOAN, Firenze L’opera cronachistica di Andrea Dandolo (1306-1354) presenta due diversi
1976; L. LAZZARINI, Francesco Petrarca
documenti, la Chronica brevis, (solo ventidue pagine della ristampa murato-
e il primo umanesimo a Venezia, in Uma-
nesimo europeo e umanesimo veneziano, a riana), scritta quando Dandolo era ancora procuratore, abbraccia il periodo
c. di V. B RANCA, Firenze 1963. che va dalle origini di Venezia, trattate per sommi capi, fino alla morte di Bar-
I secoli della Letteratura Veneta 13

tolomeo Gradenigo (dicembre 1342), suo predecessore nel dogado; la Chro-


nica per extensum descripta, o Extensa, (324 pagine), scritta dopo l’elezione avve-
nuta nel gennaio 1343, che narra la storia di Aquileia e di Venezia conside-
rate un tutto unitario, dal 48 d.C. (arrivo di S. Marco ad Aquileia, capitale
della “prima Venetia”) al 1280. È stato scritto che “rappresenta in ogni senso
un grande balzo in avanti rispetto alla produzione storiografica precedente.
Finora, la redazione di cronache era stato il monopolio esclusivo di oscuri fun-
zionari della curia ducale; adesso, a farsi cronista era un esponente di primo
piano del patriziato, un procuratore di S. Marco, un doge”. Ma, è anche
importante rilevare che la stesura delle due opere venne preceduta da una
attività di ricerca storiografica, mossa però anche da esigenze pratiche, che si
concretò nella Summula statutorum floridorum Veneciarum, una raccolta siste-
matica delle deliberazioni del Maggior Consiglio. Inoltre appena eletto egli
istituì una commissione che provvedesse alla riforma degli Statuti: fu prodotto
il cosiddetto Liber sextus (Sextus perché aggiunto ai cinque libri degli Statuti
del doge Jacopo Tiepolo del 1242), cui egli volle dettare la prefazione, così
come scrisse la prefazione a due raccolte di testi documenti internazionali pro-
dotte dalla Cancelleria, il Liber albus (che contiene testi relativi ai rapporti con
i paesi d’Oriente) e il Liber blancus (che contiene testi relativi ai rapporti con
gli stati italiani).
La letteratura franco-veneta49.- Ma non c’è solo la produzione storiogra-
fica. C’è nella regione veneta nel Trecento una altrettanto vasta produzione
di letteratura cavalleresca in lingua francese (o meglio franco-veneta), che
trova i suoi maggiori centri in Padova e Verona. Scrivevano in francese perché
era la lingua propria di quei racconti, come altri italiani avevano usato il pro-
venzale nelle canzoni d'amore; e perché in quella lingua avrebbero ottenuto
fede e credito come cose autentiche e non contraffatte; ma anche perché in
quel periodo era grande la diffusione della lingua francese e si voleva dare la
stessa diffusione anche ai componimenti poetici. L'usanza durò a lungo nel
Veneto e troverà riscontro In altre produzioni letterarie; ma questa specie di
francese non costituisce prova della espansione della lingua nel Settentrione,
come molti hanno creduto.
Nella Biblioteca Marciana a Venezia sono custoditi tre manoscritti che con-
tengono questi poemi: uno contiene l’Entrée d’Espagne, un altro la Prise de Pam-
pelune, che ne è una continuazione; e un terzo una serie di otto poemi di varia
estensione, cioè Bueve d'Hanstone, Berla de li gran piè; Karleto; Berta e Milone;
Ogier, Rolandino; altro Ogier, Macaire; tutte queste opere sono legate fra di loro
dall’ordine dei fatti; i testi sono tutti in una lingua che vuol esser francese, ma
deve servire per uditori italiani, e perciò è lasciata alla licenza dell'autore, ita-
liano di intendimenti e di animo come di nascita. Quello dell'Entrée dichiara
di essere un padovano, ma non si vuol nominare; l'altro della Prise si nomina
Nicola e sembra tutt'uno con Nicola di Verona autore di un rifacimento della
Pharsalia di Lucano nella stessa lingua francoveneta, e di qualche altro com-
ponimento minore; è ignoto l'autore della serie dei poemetti.
Il poema dell'Entrée, consta di 15.805 versi e si rifà alla materia delle chansons
francesi e della cronaca di Turpino: ci presenta la grande figura di Orlando,
al principio della conquista della Spagna da parte di Carlo Magno; e sono
due i fatti rilevanti, il duello con Ferraú sotto la prima città saracena, e l'al-
lontanamento di Orlando offeso dal campo di Carlo e la sua impresa in
Oriente sino alla conquista di Gerusalemme. L'altro poema, La prise de Pam- 49
A. RONCAGLIA,La letteratura franco-
pelune è di 6.113 versi e non ha la stessa grandiosità, ma ha brio, movimento, veneta, in Storia della letteratura ita-
intreccio. La città di Pamplona non è conquistata qui da Orlando, ma da Desi- liana, II, Milano 1965, pp. 725-59.
14 I secoli della Letteratura Veneta

derio re dei Lombardi, che deve difendersi dai Tedeschi i quali vogliono usur-
pargli il merito, e ottiene in premio che tutti gl’italiani siano liberi e posso cin-
gere spada, anche innanzi all'imperatore. I poemetti del terzo manoscritto for-
mano un ciclo che prende il personaggio di Carlo Magno sin dal principio
nella sua origine e lo porta agli ultimi avvenimenti di sua vita; e con esso si
celebrano personaggi, come Orlando, che vi hanno parte principale. Anche
questi poemetti trovano riscontro in testi francesi, ma presentano sistematiche
trasformazioni secondo l’intendimento dell'autore italiano.

Il Quattrocento
Una nuova cultura.- Il Quattrocento è il secolo che vede in tutta Italia una
grande fioritura culturale e artistica incoraggiata dal regime delle Signorie,
che, pur nel suo autoritarismo spesso dispotico, favorisce per ragioni di pre-
stigio lo sviluppo delle lettere e delle arti.
In questo secolo Venezia acquisisce rapidamente tutta la Terraferma fino
all’Adda. L'Università di Padova diventa un’università veneziana, protetta e
tutelata dalle leggi della Serenissima e la cultura veneta acquista un carattere
più unitario, ma intanto si stabiliscono a Venezia grandi maestri50, come il ber-
gamasco Gasparino Barzizza (1360-1431)51, Guarino veronese52 (1374-
50
1460) e Vittorino da Feltre (1373-1446)53, che di Guarino fu allievo proprio
G.O RTALLI , Scuole e maestri tra
Medioevo e Rinascimento. Il caso vene- in Venezia e da lui apprese il greco, ed esercitano il loro magistero contribuen-
ziano, Bologna 1996. do in maniera determinante alla formazione della classe dirigente della
51
Fu ospite a venezia nel 1407 della Repubblica, dalle cui file usciranno gli umanisti delle nuove generazioni,
famiglia Barbaro come precettore del
giovane Francesco.
come il nobile Leonardo Giustinian54 (1388-1446), fine poeta che scrive in
52
Concluse la sua esistenza a Ferrara latino le Epistolae, traduce dal greco, ma rimane celebre soprattutto per i suoi
come precettore di Lionello d’Este. Strambotti e le sue Canzonette dette Giustinianee, nelle quali il tono popolare si
53
Lasciò Venezia nel 1423 e si stabilì
fonde con una lingua colta ed elegante, lontana sia dal dialetto padano sia
a Mantova, dove trasformò in scuola
una villa e la denominò “Scuola dalle forme toscane. Accanto a lui va ricordati un altro patrizio, Francesco
Gioiosa”. Barbaro (1395-1454), cultore di lettere latine e greche, che scrisse De re uxoria,
54
M. DAZZI, Leonardo Giustinian poeta sulla vita matrimoniale; mentre nella generazione successiva un posto a sé
popolare d'amore, Bari 1934.
55
L'aristotelismo padovano, secondo per l’elevatezza del suo pensiero e la profondità e il rigore delle ricerche filo-
una celebre osservazione del Ficino, logiche va attribuito al nipote di Francesco Barbaro, Ermolao il giovane
si era venuto distinguendo in due (1455-1493): che sotto la guida dello zio, Ermolao Barbaro il vecchio, rea-
correnti fondamentali, dei seguaci
del commento di Averroè e dei soste- lizzò un profondo rinnovamento degli studi aristotelici55 fin dagli anni del suo
nitori di Alessandro di Afrodisia insegnamento a Padova dal 1474 al 1479, quindi dedicò la sua attenzione ai
(noto fin dal Quattrocento per la tra- poeti greci. Dopo aver svolta una intensa attività diplomatica fu dal papa
duzione di Girolamo Donà) ed
Ermolao il giovane sostenne una nominato Patriarca di Aquileia, nomina poco gradita alla Signoria che lo
aspra polemica con Pico della Miran- costrinse a vivere a Roma, dove scrisse le sue Castigationes pliniane, uno dei
dola nel 1485 sui problemi della prodotti più importanti della filologia umanistica; scrisse anche dei trattati,
poesia e dell’ l'eloquenza basandosi
cui testi aristotelici genuini. Lo stesso
De coelibatu e De officio legati, oltre a Epistolae, Orationes e Carmina.
Poliziano, venuto a Venezia nel 1491 Ma la vita culturale della Terraferma é intensa e vivace56. Una figura singo-
assieme a Pico ricevette nell’am- lare è quella del padovano (ma originario di Levico) Sicco Polenton (1375-
biente veneziano quella sensibilizza-
1447), autore della Catinia57, un testo in lingua latina considerato inesattamente
zione per i problemi della filologia
testuale (ecdotica) che prima di allora commedia per la sua struttura dialogica, che va ricollegato per il suo carat-
gli era stata piuttosto estranea. tere ironico ai successivi sviluppi della farsa goliardica e della letteratura
56
A. S ERENA, La cultura umanistica a maccheronica.
Treviso nel secolo decimoquinto, Venezia
1912. L’invenzione della stampa.- Intanto un avvenimento di grande importanza
57
Ed. critica a c. di G. PAD OAN , interessa la cultura europea, l'invenzione della stampa e a Venezia si sviluppa
Venezia 1969. Vedi anche G. la nuova industria culturale. Il primo a realizzare una tipografia a Venezia fu
PAD OAN , La “Catinia” di Sicco
Polenton, in Momenti del Rinascimento Giovanni da Spira, ma subito dopo fu Aldo Manuzio, un laziale trapiantato
veneto, Padova 1978, pp. 1-33. a Venezia, a sviluppare questa attività con grande spirito imprenditoriale
I secoli della Letteratura Veneta 15

unito ad una profonda sensibilità culturale. Nella città adriatica affluiscono


dotti da tutte le parti d'Europa. E grazie agli studi umanistici rinasce a Venezia
quella commedia umanistica con la quale cominciano le prime manifestazioni
del teatro veneto rinascimentale58.
E, mentre prosegue la grande tradizione storiografica59 con gli storici ufficiali
Marcantonio Sabellico (1436-1506)60 e Andrea Navagero (1483-1529)61,
che fu anche un raffinato poeta in lingua latina, tra Quattro e Cinquecento
abbiamo un’originale opera storiografica, scritta in dialetto veneziano, i minu-
ziosi Diari di Marin Sanudo il giovane (1466-1536), che registrano gli avve-
nimenti della città dal 1496 fino all’anno della sua morte.
La produzione letteraria in Terraferma.- Però nel Quattrocento non solo
a Venezia ma in tutta la Terraferma, accanto ad una produzione poetica abba-
stanza diffusa di intonazione petrarchesca (ma su questo versante solo il pado-
vano Marco Busenello, nato nel 143262, e Giovanni Aurelio Augurello63
(1456-1524), riminese di origine, ma veneto di adozione e morto a Treviso, 58
G. PADOAN, La commedia rinasci-
meritano di essere ricordati), si manifesta una produzione dialettale piuttosto mentale veneta, Vicenza 1982. Di
intensa e varia, alla base della quale c’è lo sforzo di realizzare una produzione Polenton è da ricordare un’aspra
originale e indipendente dai modelli toscani (si parla di espressionismo polemica col veneziano Fantino Dan-
dolo, che aveva criticato gli ammira-
veneto). Già se ne sono viste le premesse nel Trecento con l’opera di Fran- tori di Cicerone.
cesco Vannozzo; nel Quattrocento il personaggio più rappresentativo di 59
Vedi A. P ERTUSI, Gli inizi della sto-
questo atteggiamento poetico e linguistico è il nobile veronese Giorgio Som- riografia umanistica nel Quattrocento, in
AAVV La storiografia veneziana fino al
mariva, vissuto tra i sue secoli, avvocato, che seppe alternare versi di fattura secolo XVI. Aspetti e problemi, a c. di A.
petrarchesca a testi dialettali anche in friulano, in bergamasco e in padovano, P ERTUSI, Firenze 1970, pp. 269-332.
creando quadretti di vita campagnola. Ma accanto ad opere consapevol- F. GAETA, Storiografia, coscienza nazio-
nale e politica culturale nella Venezia del
mente volute in dialetto da intellettuali di professione abbiamo testi dialettali Rinascimento, in S.C.V. 3,1, pp. 1-91.
spontanei come i Mariazi, testi poetici in dialetto di argomento nuziale, dif- 60
Il suo nome era Marcantonio
fusi soprattutto nella zona di Padova o l’Alfabeto dei villani, componimento Coloccio, il soprannome derivava
dalla sua terra d’origine il territorio
popolare che riprende lo schema metrico dell’abbecedario, in terzine di ende- degli antichi sabini. Insegnò retorica
casillabi a rima incatenata. a Udine a Verona e a Venezia. Scrisse
numerosi saggi e trattati fra cui Rerum
Venetarum ab urbe condita libri, del
1487.
Il Cinquecento 61
Autore anche di un trattato Nauge-
Il Rinascimento.- Il Cinquecento è un secolo di grandi trasformazioni ma rius sive de poetica.
62
anche di grandi involuzioni, è il secolo che vede in Italia la fine della indi- Da non confondere con Gian
Francesco Busenello, di cui si parlerà
pendenza e lo stabilirsi della dominazione spagnola e che vede nell’Europa più avanti.
centro settentrionale l’affermarsi dello scisma luterano e poi, con il Concilio 63
L’Augurello scrisse anche delicati
di Trento, nell’Europa meridionale e in particolare in Italia, la cosiddetta Con- versi in latino, che furono molto
apprezzati dai suoi contemporanei.
troriforma cattolica, che sul piano concettuale salvaguarda il concetti fonda- Il suo petrarchismo anticipa di quasi
mentali del libero arbitrio dell’uomo, ma sul piano politico e disciplinare con vent’anni quello propugnato dal
l’inquisizione attua una grave limitazione della libertà di pensiero. Bembo.
64
Basse ragioni politiche porteranno
Fa eccezione Venezia, dove esiste un clima di tolleranza che consentirà di dare al triste episodio dell’estradizione di
rifugio agli ebrei spagnoli, che fuggivano la persecuzione della regina Isabella, Giordano Bruno, arrestato nell’estate
e ospitalità a intellettuali di ogni parte d’Italia, da Giordano Bruno 64, a Pietro del 1592 dal Sant’Uffizio di Venezia
in seguito alla denuncia del suo ospite
Pomponazzi, a Galileo Galilei, all’eretico Bernardino Ochino, accanto a per- Giovanni Mocenigo e peraltro difeso
sonalità che la Chiesa porterà l’onore degli altari, come il vicentino S. Gae- accanitamente da Andrea Morosini e
tano da Thiene, S. Ignazio di Loyola, S. Francesco Saverio, accorsi a Venezia da Leonardo Donà: prevalse però
per aiutare S. Gaetano ad assistere gli ammalati nell’ospedale degli Incura- alla fine la tesi del Procuratore di San
Marco, Federico Contarini, legato ai
bili da lui fondato. Gesuiti e confidente della Sede Apo-
Classicismi diversi e anticlassicismo.- Sul piano letterario il Cinquecento stolica, e l’estradizione fu concessa.
è il secolo del Rinascimento, del rinnovato culto della classicità che si sviluppa Giordano Bruno condannato per
eresia, sarà bruciato vivo a Roma in
sulle premesse dell’Umanesimo. Esso è dominato dalla personalità di un campo dei Fiori il 1° febbraio del-
nobile veneziano, che trascende i confini della città e della regione, Pietro l’anno 1600.
16 I secoli della Letteratura Veneta

Bembo65 (1470-1547), complessa figura di intellettuale, poeta e trattatista,


65
Prose e rime, a c. di C. DIONOSOTTI,
diplomatico e storiografo, cardinale di Santa Chiesa, al centro di tutte le più
TORINO 1966. cfr. G. MAZZACURATI, importanti iniziative culturali del momento, da quelle editoriali (collabora col
Pietro Bembo, S.C.V. 3,2, pp 1-59. Manuzio e pubblica nel 1501 le Rime di Petrarca e nel ’02 la Commedia) alle
66
Cfr. A. BALDUINO, Le esperienze della
poesia volgare, S.C.V. 3,1, pp. 265-367.
dispute sulla lingua, e sull’amore. Dopo aver posto i fondamenti di una este-
67
Domenico Venier era un perso- tica nella quale si accordano i principi del platonismo con il gusto petrarchista
naggio di grande prestigio. Al suo nel dialogo in prosa, ma inframmezzato da alcune poesie, gli Asolani del 1505,
giudizio sottoposero i loro versi ambientato nella villa di Asolo della Regina Caterina Cornaro, con le Prose
uomini come Giovanni Guidiccioni e
Torquato Tasso. Anche Giovanni della volgar lingua in tre libri del 1525 dedicate al papa Clemente VII, diede
Della Casa, l'autore del celebre una soluzione per quel momento definitiva alla questione sostenendo sul
Galateo, nel periodo della sua per- piano linguistico la superiorità del fiorentino fra tutte le parlate delle diverse
manenza a Venezia (1544-1550)
come nunzio apostolico frequentò la regioni d‘Italia e raccomandandone l’adozione, e indicando un “canone di
sua casa. eccellenza” nel Petrarca per la poesia e nel Boccaccio per la prosa come
68
Le sue Rime, dedicate al suo amore modelli da imitare (mentre Dante gli appare pieno di elementi “umili” e dia-
per il conte Collaltino di Collalto,
furono stampate a cura della sorella lettali) e propugnando una lingua che doveva avere due fondamentali carat-
Cassandra pochi mesi dopo la sua teristiche, la gravità e la piacevolezza, e confermò questi caratteri stilistici con
scomparsa nel 1554, e non se ne le sue Rime, pubblicate nel 1530 (nello stesso anno gli veniva conferito l’in-
fecero altre edizioni fino al Sette-
cento, e nel suo secolo non ebbe una
carico di storico ufficiale della Repubblica per cui scriverà Historiae Venetae
eco sufficiente. Per la letteratura fem- libri XII, che sono la prosecuzione della storia del Sabellico). A lui tenne dietro
minile nel Veneto vedi AA.VV., Le tutta la tradizione del petrarchismo66 non solo veneto. A Venezia nella casa
stanze ritrovate. Antologia di scrittrici
venete dal Quattrocento al Novecento, a c.
di Domenico Venier67 (1517-1582) si riuniva un gruppo di letterati fra i quali
di A. ARSLAN, A. CHEMELLO e G. l’infelice poetessa Gaspara Stampa (1523-1554) morta a soli trentun anni68.
P IZZAMIGLIO, Mirano 1991 [d’ora in Accanto a Gaspara Stampa è da ricordare Veronica Franco 69 (1546-1591),
avanti S.R.]. I testi sono preceduti da sorprendente figura di cortigiana di professione e fine poetessa, che negli
approfondite presentazioni biogra-
fico critiche e da indicazioni biblio- ultimi anni della sua vita si dedicò ad opere caritatevoli, e poco prima di lei
grafiche, in part. Per Gaspara Maria Savorgnan70 vissuta tra Quattro e Cinquecento della quale abbiamo
Stampa, vedi M. ZANCAN, Gaspara un Carteggio d’amore con Pietro Bembo, e poco dopo Modesta Pozzo (Mode-
Stampa, S.R., pp.35-44.
69
Cfr. R. SCRIVANO, La poetessa Vero- rata Fonte) (1555-1592)71.
nica Franco, in Cultura e letteratura nel Nella Terraferma veneta la personalità più eminente, che si contrappose a
Cinquecento, Roma 1966; A. Bembo quasi puntigliosamente, fu il nobile vicentino Giangiorgio Trissino72
SCHIAVON, Veronica Franco, in S.R.,
cit. pp. 45-56. Nei secoli passati nel (1478-1550), diplomatico, in contatto con ambienti medicei, che rompe ogni
Veneto, rispetto ad altre regioni d’Eu- rapporto con la Dominante e non fa mistero delle sue simpatie per l’Impero
ropa, la donna godette di maggiore asburgico. Col dialogo Il castellano del 1529 oppose a Bembo una forma di
considerazione, e in particolare a
Venezia ebbe una autonomia, che le
classicismo diverso, basato su una sua interpretazione del De vulgari eloquentia
consentì di svolgere attività culturali di Dante (da lui riscoperto attorno al 1513, tradotto in italiano nel 1529 e fatto
altrove impensabili. conoscere ai letterati fiorentini degli Orti Oricellari); per lui la lingua italiana
70
Per un primo approccio v. M.
ZANCAN, Maria Savorgnan, in S.R., cit.
non deve identificarsi col fiorentino ma essere costituita dal meglio delle
pp. 27-34. diverse regioni d’Italia. Sulla scorta della Poetica di Aristotele che contribuì a
71
Vedi A. CHEMELLO, Moderata Fonte, divulgare diede con la Sofonisba (1524) il primo esempio di tragedia classicista,
in S.R., pp. 69-82. D. M ARTELLI , fedele ai modelli greci anche nell’uso del coro. Ma la sua opera di maggiore
Moderata Fonte e Il merito delle donne,
biografia e adattamento teatrale, pref. impegno è il poema in endecasillabi sciolti L’Italia liberata dai Goti, in venti-
di G. Calendoli, postfaz. di B. sette libri pubblicati fra il 1547 e il 1558, composto perché servisse da modello
Rosada, Venezia 1993. di poema epico regolare da contrapporre ai poemi cavallereschi della prima
72
B. MORSOLIN, Giangiorgio Trissino.
Monografia d'un gentiluomo letterato del metà del Cinquecento.
secolo XVI, Firenze 1894; G. MAZZA- A Padova, come luogo d’incontro tra i professori dell’Università e l’intellet-
CURATI, La mediazione trissiniana, in tualità dell’aristocrazia veneziana, sarà fondata nel 1542 l’Accademia degli
Misure del classicismo rinascimentale,
Napoli 1967. Infiammati dominata dalla figura di Sperone Speroni degli Alvarotti73
73
A. FANO, Sperone Speroni. Saggio (1500-1588), che a Bologna era stato allievo del filosofo Pietro Pomponazzi
sulla vita e sulle opere, p. I. La vita, (1462-1515), amico del Bembo, e Sperone Speroni diffonde il verbo di Ari-
Padova 1909; M. P OZZI, Trattatisti del
Cinquecento [Bembo, Speroni, Gelli],
stotele, che sempre più costituisce l’essenza del pensiero e della mentalità
t. I, [su Speroni pp, 471-509] Milano- veneti in contrapposizione al platonismo toscano e scrive una tragedia, la
Napoli 1978. Canace che scatenò aspre polemiche. Speroni ebbe una tale fama di critico
I secoli della Letteratura Veneta 17

che Torquato Tasso sottopose a lui la Gerusalemme liberata per la revisione.


Letteratura dialettale.- Un personaggio da non dimenticare è Giambattista
Maganza, detto Magagnò (1510-1586), pittore non spregevole, allievo –
sembra – di Tiziano, ma imitatore del Veronese, e versificatore vivace, scrisse
in veneziano in italiano, e pubblicò tra il 1558 e il 1583 le Rime di Magagnò,
Menon e Begotto in lingua rustica padovana in quattro libri imitando il linguaggio
del Ruzante e associando a sé i due poeti vicentini Agostino Rava col nomi-
gnolo di Menon e Bartolomeo Rustichello col soprannome di Begotto.
Più tardi il veneziano Maffio Venier (1550-1586), sul versante della poesia
dialettale si inserisce nel filone della poesia erotica che aveva avuto un pre-
cedente nella poesia in lingua dell'Aretino (1492-1556), peraltro vero domi-
natore dell'ambiente letterario veneziano dal 1527 all'anno della sua morte.
Stravaganze.- Ma il Veneto era anche l’area nella quale più che altrove fer-
vevano i germi oltre che di un classicismo “diverso” da quello del Bembo,
come era quello del Trissino, anche di un vero e proprio anticlassicismo che
si manifestava in diverse forme e prima di tutto nella costruzione di linguaggi
artificiali per lo più con intendimenti comici e burleschi: da ricordare la
lingua maccheronica, un latino intriso di costrutti e lessico volgari, che pure mira
ad effetti comici, la quale trovò in Teofilo Folengo (1491-1544), frate man-
tovano ma con frequenti soggiorni a Padova e a Venezia il suo geniale espo-
nente. Con lo pseudonimo di Merlin Cocai scrisse oltre a poemi come la
Moscheide e l’Orlandino, un poema in esametri che è il suo capolavoro, il Baldus
in venticinque canti, che prende il nome dal protagonista, un ragazzotto di
campagna dall’illustre prosapia, discendente dai re di Francia e dal mitico
paladino Rinaldo, caporione di una banda di ragazzi di paese, che ne com-
binano di tutti i colori, comprese scorribande nell’aldilà. Un'operazione
inversa rispetto al maccheronico è quella compiuta nella Hypnerotomachia
Poliphili74, attribuita al frate veneziano Francesco Colonna (1433-1527),
scritta a Treviso e pubblicata a Venezia da Aldo Manuzio nel 1499, che pre-
senta un linguaggio artificioso, il pedantesco, infarcito di forme lessicali latine
e di altra provenienza, che usa la struttura grammaticale e sintattica del vol-
gare con forme lessicali latine e arcaicizzanti. Tra i vari testi pedanteschi del-
l’epoca sono da ricordare ancora i Cantici di Fidenzio Glottocrisio ludimagistro,
che raccolgono diciassette sonetti, una sestina e due capitoli in terza rima com-
posti verso il 1550 dal giureconsulto vicentino Camillo Scroffa (1526-1565).
Su questo tema è ancora da ricordare Antonio Brocardo, autore tra l’altro
di un Dialogo della retorica nel quale rivendica l’autonomia dello stile volgare
rispetto a quello classico, ma soprattutto di un curioso dizionario intitolato
Nuovo modo di intendere la lingua zerga (cioè del gergo). In area veneta si dif-
fuse anche molto un genere di letteratura detta furfantesca che rappresentava
il modo della delinquenza e del vagabondaggio e che presenta delle analogie
col romanzo picaresco spagnolo.
Il teatro.- Oltre a queste forme di linguaggi artificiali ed ibridi un interes-
sante fenomeno linguistico letterario è costituito dal plurilinguismo del teatro
di Andrea Calmo (1500-1571), autore di commedie vivaci e briose, caratte-
rizzate da una particolare mescolanza linguistica, ogni personaggio usa la sua
lingua o dialetto con un effetto realistico che doveva essere autenticamente
provato in quel crogiolo di popoli di lingue e di costumi che era Venezia; ricor-
deremo in particolare due titoli Saltuzzas e Spagnolas. 74
Ed. a c. di G. P OZZI e L. A. CIAP-
PONI, 2 voll., Padova 1964. Vedi G.
E intanto si sviluppa grandemente il teatro. A livello popolare è da registrare
POZZI - G. GIANNELLA, Scienza
la diffusione del mariazo, farsa in versi che mette in scena il contrasto fra i antiquaria e letteratura. Il Feliciano, il
diversi pretendenti alla mano di una donna. A Venezia hanno grande successo Colonna, S.C.V., 3,1, pp. 477-498.
18 I secoli della Letteratura Veneta

di popolo le momarie, spettacoli-processioni in maschera, che si svolgono


durante le ricorrenze festive. Ma, in secoli nei quali altrove gli attori erano
oggetto di biasimo e di persecuzione, ritenuti esseri spregevoli e immorali, a
Venezia la nobiltà non disdegna dal calcare le scene costituendo le Compa-
gnie de calza, una specie di club di giovani nobili che organizzavano feste,
regate, banchetti e recite per rappresentare testi molto spesso inediti all'in-
terno dei palazzi patrizi.
In questo clima di grande fervore teatrale riscuotono grande successo le com-
medie di Angelo Beolco, detto el Ruzante (1500-1542)75, rappresentate dal
'20 al '26 quasi sempre a Venezia, in dialetto padovano rustico (pavano). Tra
le più rappresentate, anche al giorno d'oggi, La Pastorale, Il parlamento, la Bilora,
la Fiorino e la Moscheta. Ludovico Dolce (1508-1568) invece ci dà testi più rego-
lari secondo i classici modelli plautini, come Il Capitano e il Marito. A queste
è da aggiungere uno dei capolavori del teatro rinascimentale, un testo ano-
nimo in dialetto veneziano, la Veniexiana.
Letteratura regionale e letteratura nazionale.- A parte l’opera del vicen-
tino Trissino e del padovano Speroni, la vita letteraria nelle province venete,
pur talvolta mortificata dall’egemonia della dominante, rimane fervida.
È di Vicenza Luigi Da Porto76 (1485-1529), celebre soprattutto per la storia
di Giulietta e Romeo ripresa poi dal Bandello e da Shakespeare e di Verona
è Girolamo Fracastoro77 (1478-1553) noto soprattutto per l’elegante poe-
75
Tra gli innumerevoli studi dedicati metto didascalico Syphilis sive de morbo gallico, ma non meno importante è il
al Ruzante ci limiteremo a segnalare dialogo Naugerius sive de poetica, in cui fondendo spunti platonici e aristotelici
M. BARATTO, Tre studi sul teatro veneto prospetta un’idea di poesia intesa come rappresentazione del senso univer-
(Ruzante - Aretino - Goldoni), Venezia
1964 e G. PADOAN, Angelo Beolco, detto
sale nascosto delle cose.
il Ruzante, S.C.V., 3,3, pp. 343-375. Il fatto è però che specie nelle seconda metà del Cinquecento, anche a seguito
Accanto al Ruzante non si può non dell’affermarsi del bembismo, che relega il dialetto ai margini della lettera-
ricordare il suo paron, amico e pro-
tura nel buffonesco e nell'osceno, tendono a venir meno certe specificità
tettore Alvise Cornaro (1484-1566),
che a Padova additava con scarso regionali, la letteratura assume sempre più un carattere nazionale, e para-
successo la via di un'agricoltura razio- dossalmente è più facile trovare tracce di venezianità in scrittori non vene-
nalizzata con bonifiche, nuove forme ziani, che peraltro risiedono a Venezia, che offriva garanzie di libertà, come
di mezzadria, crediti agevolati ai con-
tadini (tesi che trovavano eco in Pietro Aretino (1492-1556) che riscrivendo la Cortigiana si profondeva in lodi
Ruzante), che non è interprete della di Venezia, dei suoi ordinamenti, delle sue donne, e col suo realismo esa-
classe contadina, ma di una nuova sperato e l’erotismo spinto fino al limite della volgarità si metteva in dichia-
politica di imprenditorialità agricola.
Ci ha lasciato oltre ad altri scritti, un rata polemica con le dottrine del Bembo, o il bergamasco Giovan Francesco
trattato, Della vita sobria, nel quale dà Straparola (1490?-1557) le cui novelle, raccolte sotto il titolo Le piacevoli
precetti di igiene e di dietetica. notti, si immaginano narrate per tredici notti nell’isola di Murano da una bri-
Sul Cornaro vedi E. LIPPI, Corna-
riana. Studi su Alvise Cornaro, Padova
gata di cui fa parte anche Pietro Bembo o anche, se pur meno accentuata-
1983. mente Anton Francesco Doni, nato a Firenze 1513 e morto nel suo ritiro di
76
G. B ROGNOLIGO, Luigi Da Porto Monselice nel 1574, dopo una vita errabonda e un ripetuto e prolungato sog-
uomo d'arme e di lettere del secolo XVI
(1486-1529). Notizie della vita e delle
giorno veneziano, piuttosto che in autori anagraficamente veneti come
opere, Bologna 1893. appunto il Bembo e il Trissino.
77
F. P ELLEGRINI, Fracastoro, Trieste Tra Cinque e Seicento sono però da segnalare due poeti veneziani di gusto
1948. estremamente raffinato, Celio Magno78 (1536-1602) e Orsatto Giustinian,
78
Dopo gli studi di Antonio Pilot alla
fine dell'Ottocento, scarsamente pub- le loro Rime furono pubblica in un unico volume nell’anno 1600 a cura del
blicizzati, Celio Magno fu riscoperto Giustinian. Il primo era segretario del Senato e poi del Consiglio dei Dieci;
nel Novecento grazie a L. BALDACCI, del secondo è celebre la traduzione dell’Edipo re di Sofocle, rappresentata
in Lirici del Cinquecento, Milano 1975,
p.161. Vedi anche R. S CRIVANO, Il all’Olimpico di Vicenza nel 1585. I suoi versi sono di livello inferiore rispetto
Manierismo nella letteratura del Cinque- a quelli dell’amico, più fedeli al modello bembiano, ma pur sempre un buon
cento, Padova 1959; F. E RSPAMER, esempio della poesia di quell’età di transizione dal Rinascimento al Barocco.
Petrarchismo e Manierismo nella lirica
del secondo Cinquecento, S.C.V. 4,1, pp.
189-222.
I secoli della Letteratura Veneta 19

Il Seicento
L’età Barocca.- Il Seicento è il secolo del Barocco. È anche il secolo in cui
in Italia, come disse Benedetto Croce, la grande poesia tace: e il Veneto non
è da meno.
Però non si può ignorare la presenza di alcune voci dialettali79 che assumono
un significato autenticamente polemico nei confronti del pesante gusto
barocco allora di moda, come Dario Varotari (1588-1648)80, Gian Fran-
cesco Busenello (1598-1659), Nicolò Mocenigo, Alvise Paruta, Barto-
lomeo Dotti.
Ma silenzio della poesia non significa silenzio della cultura, e in quel secolo,
quando dovunque in Europa è spenta la libertà di pensiero, Venezia, grazie
al suo regime di tolleranza e di libertà, diventa il punto di riferimento per gli
intellettuali che non accettano il sistema oppressivo dominante altrove. Ed è
molto significativo che proprio a Venezia nel 1630 venga fondata dal Sena-
tore Giovan Francesco Loredan (1606-1661)81 l’Accademia degli “Inco-
gniti”, che per trent’anni sarà un vero e proprio centro di cultura “libertina82”,
caratterizzata da un atteggiamento molto spregiudicato in materia di morale
e di religione, con tendenze se non ereticali almeno fortemente anticuriali.
Ma al di là di queste posizioni radicali, sintomo peraltro della grande libertà
di pensiero di cui si godeva nei territori della Repubblica, sono da eviden- 79
Il fiore della lirica veneziana a c. di M.
ziare all'Università di Padova alcune presenze di grande rilievo nel campo DAZZI, Seicento e Settecento, Venezia
degli studi filosofici, Pietro Pomponazzi (che poi passerà a Bologna), "il più 1956, pp. 9-146.
80
grande degli aristotelici del Cinquecento ed uno dei filosofi maggiori del Era anche pittore, noto col nome di
Padovanino. Scrisse dodici satire in
Rinascimento"83, e Iacopo Zabarella (1533-89). E Gaspare Contarini, noto dialetto veneziano, noiosissime pub-
per la sua polemica antiluterana, anch'egli dotto studioso di Aristotele. blicate col titolo Vespaio stuzzicato,
Narrativa.- Del resto se la poesia nel Seicento anche a Venezia e nel Veneto Venezia 1611, e un centinaio di
non dà grandi frutti84, la prosa sia trattatistica sia narrativa dà invece una pro- sonetti pubblicati postumi col titolo
Cembalo d’Erato, Venezia 1664.
duzione lussureggiante. Per la narrativa ricorderemo le novelle e i romanzi 81
Il Loredan scrisse un’opera critica,
del Loredan, tra i quali La Dianea, e di altri veneziani, come Giovanni Bizzarrie accademiche, una parodia del-
Sagredo (1617-1682), letterato e uomo politico, che, ne L'Arcadia in Brenta, l’Iliade, intitolata L’Iliade giocosa, e
numerose altre opere di minore
ovvero La malinconia sbandita (1667) riprende lo schema del Decameron del importanza, fra cui Scherzi geniali, Il
Boccaccio, e raccoglie quarantacinque novelle che immagina raccontate in cimiterio, Sei dubbi amorosi, Le freddure
una settimana di giugno da tre gentiluomini e tre gentildonne ai quali si estive. Scrisse anche una biografia di
Giovan Battista Marino ancora oggi
aggiunge un "forestiero", che trascorrono una settimana di vacanza in una villa
consultata dagli studiosi. G. AUZZAS,
sul Brenta85, come Pace Pasini (1583-1644) autore di un romanzo, Il cavalier Le nuove esperienze della narrativa: il
perduto, che fu indicato come una delle fonti dei Promessi sposi. E poi sono da romanzo, S.C.V., 4,1, pp. 258-262.
82
ricordare il ferrarese Maiolino Bisaccioni (1582-1663), che scrisse molte Venivano detti “libertini” nel
Cinque e Seicento coloro che oppo-
novelle e un romanzo, il Demetrio Moscovita, e tradusse gli scrittori francesi alla nendosi all’intolleranza religiosa e
moda, il dalmata Giovan Francesco Biondi che scrisse anche lui una tri- all’assolutismo imperante pro-
logia di romanzi di carattere eroico-galante, Eromena, La donzella desterrata e pugnavano la libertà di pensiero e
talvolta si ponevano contro i dogmi
Corallo. Questo genere evolverà verso il romanzo realistico per opera di religiosi, talvolta su posizioni aperta-
Girolamo Brusoni (1614-1686), che dopo aver girovagato per l’Italia cen- mente razionalistiche o addirittura
trale a Venezia trovò ispirazione per i suoi romanzi, scrisse la trilogia, La gon- ateistiche.
83
dola a tre remi, Il carrozzino alla moda e La poeta smarrita, che anticipa quella E. GARIN, Storia della filosofia ita-
liana, Torino 1966, vol. II, p. 502
critica dei costumi di una società avviata alla decadenza, che un secolo dopo 84
Anche la letteratura veneziana
sarà compiuta da Carlo Goldoni. risente del gusto Barocco del tempo.
Trattatistica.- Per la trattatistica sono sostanzialmente due i generi, la tratta- Tra i poeti vanno ricordati Pietro
Michiele (1603-1651) e Leonardo
tistica giuridico-politica e la critica letteraria e d’arte con implicazioni storio- Querini, autore dei Vezzi di Erato.
grafiche. Nella trattatistica politica emerge la grande figura di Paolo Sarpi. Per 85
Ma oltre a questo il Sagredo ha
Venezia il secolo si era aperto con una pesante vertenza con lo Stato ponti- scritto un interessante Trattato dello
Stato e del Governo veneziano, e delle
ficio. Nel 1605 il papa Paolo V, ritenendo violati i diritti della Chiesa, lancia Rime che peraltro attendono ancora
l'interdetto contro la Repubblica, che non si piega, anzi, per rintuzzare le la pubblicazione.
20 I secoli della Letteratura Veneta

accuse della curia romana ricorre all'intelligenza di un frate servita, Paolo


Sarpi86 (1552-1623), che teorizza la distinzione degli ambiti della Chiesa e
dello Stato anticipando di due secoli concezioni moderne, oggi ormai indi-
scusse. Egli scriverà la Istoria dell'interdetto, in cui esaminerà polemicamente
tutta la vicenda. Scrisse anche una Istoria del Concilio Tridentino (1619), dove
esamina le vicende del Concilio di Trento che diede l'avvio alla Contro-
riforma, cioè alla reazione Cattolica allo scisma di Lutero.
E accanto a Paolo Sarpi è da nominare Paolo Paruta (1540-1598), membro
del Maggior Consiglio, politico e diplomatico, autore oltre che di Relazioni,
Dispacci e Discorsi, legati alla sua attività e di una Istoria Veneziana, che è la con-
tinuazione di quella del Bembo, di un trattato Della perfezione della vita poli-
tica (1579) e dei Discorsi politici (pubblicati postumi nel 1599) nei quali con-
trappose alle tesi di Machiavelli la sua opinione che la politica non è in con-
trasto con la morale, ma può accordarsi con essa.
Per la storia e critica d’arte non si possono dimenticare due autori che sono
fra i fondatori della critica d’arte, Carlo Ridolfi (1598-1658), mediocre come
pittore seguace di Paolo Veronese ma autore di un fondamentale Le meravi-
glie dell’arte, o vero Le vite degli illustri pittori veneti e dello Stato (1648), model-
lata sulle Vite del Vasari, prima storia biografica della pittura veneziana e
veneta, e Marco Boschini (1613-1678 ca.), della sua attività di pittore, allievo
di Palma il giovane non rimane null’altro che le incisioni con cui illustrò i suoi
libri, le due guide di Venezia, Ricche miniere della pittura veneziana, 1674, e di
Vicenza, Gioielli pittoreschi. Virtuoso ornamento della città di Vicenza, 1676; il suo
capolavoro è però la Carta del navegar pittoresco, un poema didascalico in
quartine di 20.000 endecasillabi sotto forma di dialogo tra un Compare e
un’Eccellenza che illustrano i capolavori della pittura veneziana.
Mentre interessanti spunti di estetica della letteratura si leggono in numerosi
discorsi dell’Accademia degli Incogniti, a cominciare dallo stesso Loredano
che nei suoi Ragguagli di Parnaso o nelle Bizzarrie accademiche presenta degli
spunti estremamente vivi e moderni.
Il melodramma.- Scolaro del Sarpi fu Gian Francesco Busenello87 (1598-
1678), che compose il libretto del primo melodramma di argomento storico,
L’incoronazione di Poppea (1642), musicato da Claudio Monteverdi, ma che a
noi interressa anche per le sue rime scherzose in dialetto che rappresentano
scene di vita veneziana.
È poi da ricordare una cupa tragedia di alto livello artistico, la migliore del
secolo per modernità e spirito tragico, l’Aristodemo (1657) del padovano Carlo
de’ Dottori (1619-1685), lo stesso che aveva scritto un gustoso poema eroi-
comico ambientato nei tempo di Ezzelino da Romano, L’Asino (1652).

Il Settecento
La cultura del rinnovamento.- Il Settecento è l'ultimo secolo di vita per
Venezia, ormai condannata dalle circostanze storiche e dalla sua intrinseca
debolezza ad una neutralità disarmata che vedrà i suoi domini di terra e di
mare percorsi dagli eserciti francese e austriaco nelle diverse guerre che
insanguinarono il secolo. Ma in quel secolo Venezia godette di una qualità
della vita fra le più alte d'Europa e in questo clima fiorirono tutte le arti, e fra
86
Vedi G. C OZZI , Paolo Sarpi tra queste anche la letteratura, che di tutte le arti è in fondo la meno congeniale
Venezia e l’Europa, Torino 1979. a Venezia, fiorì molto più che in altri periodi.
87
A. LIVINGSTON, La vita veneziana
nelle opere di Gian Francesco Busenello, La mappa della cultura letteraria del territorio vede propriamente due centri:
Venezia 1913. Venezia, in questo secolo veramente l’Atene d’Europa, soverchiante per vita
I secoli della Letteratura Veneta 21

culturale su tutte le altre città del Veneto, e non solo su quelle, e Padova, il
polo accademico con l’Università e il Seminario, roccaforte degli studi eru-
diti con l'abate Giuseppe Gennari, ma percorsa da venature di moderato
Illuminismo con Melchiorre Cesarotti e il suo entourage, in particolare
Simone Stratico e Pietro Toaldo. Nelle altre città sono attive le locali acca-
demie, che dopo la fondazione dell’Arcadia (1690) ne assumono i caratteri88.
A Venezia per iniziativa di Apostolo Zeno (che assume lo pseudonimo di
Emaro Simbolio) nasce l’accademia degli”Animosi”, a Verona per iniziativa
di Scipione Maffei nel 1705 l’accademia veronese, a Vicenza opera l’Acca-
demia olimpica, ed una delle figure più rappresentative della cultura del
secolo, Elisabetta Caminer Turra (1751-1796, che a Vicenza89 trasferisce nel
1777 la sede del “Nuovo giornale enciclopedico”90, anche se gravitò però
sempre su Venezia anche dopo il trasferimento.
Infatti mai come nel Settecento gravitarono su Venezia tutti gli intellettuali
della regione, così a Venezia con l’istituzione delle Pubbliche scuole nel 1773
affluiscono docenti da diverse località del Veneto, a cominciare dal Rettore,
Bartolomeo Bevilacqua di Asolo, ai trevigiani Marco Osvaldo Fossadoni
e Ubaldo Bregolini e Giusepe Rossi, a Francesco Bonato di Maderno, a
Giambattista Capobianco di Verona; a Venezia in Maggior Consiglio siede
nobile veronese Scipione Maffei91 (1675-1755), insigne scrittore autore di una
tragedia, la Merope (1713), che ebbe un notevole successo; nel 1736 propose
un Consiglio politico, cioè un progetto di riforma costituzionale che prevedeva
un coinvolgimento delle città venete nel governo dello Stato, e che non fu
accolto per la scarsa lungimiranza dei patrizi, ha Venezia hanno una lussuosa
residenza i fratelli Giovanni ed Ippolito Pindemonte, anch’essi di Verona.
Degli studiosi locali è da evidenziare Giambattista Verci di Bassano (1739-
1795), autore della Storia degli Ecelini, Bassano 1779, e della Storia della Marca
Trivigiana e Veronese, Venezia 1786.
Il secolo si era aperto a Venezia con uno degli iniziatori del rinnovamento
della cultura italiana, Apostolo Zeno (1668-1750)92, che più tardi sarà chia-
88
A. F RANCE SCH ETTI , L'Arcadia
mato alla corte di Vienna in qualità di poeta cesareo. Egli sarà la indispensa-
veneta, SCV pp. 131-170.
bile premessa del lento e graduale processo di acquisizione di una coscienza 89
Vicentino era anche il più autore-
nazionale. A lui spetta il merito di aver iniziato la riforma del melodramma vole collaboratore del “Nuovo Gior-
che sarà poi portata a termine dal Metastasio. Con lui ha inizio la revisione nale Enciclopedico”, l’economista e
giurista Giovanni Scola.
del cattivo gusto dell'età barocca cui si preferisce uno stile sobrio ed elegante, 90
Sul giornalismo vedi : M.
e col Giornale dei letterati d’Italia da lui redatto e curato ha anche inizio il gior- B ERENGO, Giornali veneziani del Sette-
nalismo letterario93. cento, Milano 1962.
91
S. M AFFEI , Opere drammatiche e
Il romanzo94.- Intanto continuava la sua linea di sviluppo il nuovo genere poesie varie, Bari 1928.
letterario, il romanzo, nato nel secolo precedente. A Venezia questo genere 92
Vedi F. NEGRI, Vita di Apostolo Zeno,
trova alimento dal fatto che, vuoi per l’esistenza di una industria editoriale Venezia 1816;
93
cfr. C. DE M ICHELIS, Le iniziative di
vuoi per la tradizione di tolleranza e di libertà, vi affluiscono libri e scrittori riforma di Apostolo Zeno, in Letterati e
da ogni parte d’Europa. Abbiamo così a Venezia scrittori come Zaccaria lettori nel Settecento veneziano, Firenze
Seriman (1708-1784), che scrive un romanzo dal lungo titolo, Viaggi di Enrico 1979, pp.37-90; M. B ERENGO, op.cit.
94
G. DA P OZZO, Tra cultura e avven-
Wanton alle terre incognite australi ed ai regni delle Scimmie e dei Cinocefali, satira tura: dall'Algarotti al Da Ponte, S.C.V.,
della società del suo secolo, il bresciano Pietro Chiari (1711-1785)95, com- V,1, pp. 509-555; G. P IZZAMIGLIO,
mediografo avversario di Goldoni e fecondissimo autore di una quarantina Le fortune del romanzo e della letteratura
di romanzi di sapore illuministico dei quali più di dieci vedono la luce nel d'intrattenimento, SCV, pp 171-196.
95
Per lui un romanzo è una "'com-
decennio veneziano che si conclude nel 1762: fra il '51 e il 52 scrive tra l’altro bine' di novelle e racconti, iniezioni
una trilogia tratta da Tom Jones, L'orfano perseguitato, L'orfano ramingo e L'or- di esperienze personali, cronologie
fano riconociuto (1751), Il soldato francese (1752) e poi La filosofessa italiana del memorialistiche e 'pezzi' di false
memorie". G. PETROCCHI, Il soldato
'53 e La francese in Italia; e Antonio Piazza (1742-1825), che si professava francese, "Critica letteraria", IV (1976),
alunno del Chiari, i cui primi romanzi (inizia a scrivere a vent'anni nel '62, p. 4.
22 I secoli della Letteratura Veneta

proprio l'anno della partenza del Chiari) L'omicida irreprensibile, L'ebrea, istoria
galante scritta da lei medesima e I Zingani. Di lui ricordiamo ancora L’impresario
in rovina, La pazza per amore. Spesso fa uso di fatti di cronaca; Il teatro, per
esempio, è un brutto romanzo, ma una vera miniera di notizie e pettegolezzi
sulla vita teatrale a Venezia. Scrisse anche molto per il teatro, lasciandoci due
volumi di commedie e dal 1787 al 1798 diresse la “Gazzetta urbana veneta”.
Un romanzo che fa la satira del romanzo è quello di Francesco Gritti (1740-
1811) La mia istoria, ovvero memorie del sig. Tommasino, scritte da lui medesimo,
opera narcotica del Dott. Pif-Puf.
Il teatro.- Certamente in questo secolo Carlo Goldoni96 (1707-1793) è la per-
sonalità di maggiore spicco della cultura veneziana. Con la sua riforma del
teatro egli trasformò la commedia d'intreccio in commedia di carattere, cioè
spostò l'attenzione dello spettatore dall'intreccio al carattere dei personaggi
mettendo così al centro della vicenda l'uomo, con i suoi pregi e i suoi difetti,
i vizi e le virtù. E la sua riforma scatenò feconde polemiche, alle quali tra gli
altri presero parte proprio i due scrittori testé nominati, Chiari avversario di
a Goldoni e Piazza suo ammiratore. La prima occasione al contrasto Chiari-
Goldoni fu offerta dal successo conseguito nel 1748 da Goldoni con le sue
Vedova scaltra e Putta onorata a teatro Sant'Angelo. Di qui il tentativo del Gri-
mani, proprietario del teatro San Samuele in concorrenza cin quello di
Sant’Angelo, di correre ai ripari invitando a scrivere per il suo teatro il Chiari,
che scrisse una parodia de La vedova scaltra intitolata La scuola delle vedove.
Diverso l’atteggiamento dell’altro grande competitore e ostinato oppositore
di Goldoni, Carlo Gozzi (1720-1806)97, decisamente conservatore, parimenti
ostile anche a Chiari, che alla riforma fondata sul carattere dei personaggi e
sul realismo delle situazioni, oppose le Fiabe, canovacci di rappresentazioni
sceniche fantastiche, che gli procurarono un grande successo in tutta l’Europa.
E per restare nel campo del teatro dobbiamo ancora ricordare un personaggio
di grande levatura, Antonio Conti98 (1677-1749), padovano, autore di quattro
tragedie fondate sulla autenticità dei fatti storici e rispettose delle tre unità ari-
stoteliche, Giunio Bruto, Marco Bruto, Druso e Giulio Cesare; intellettuale di
livello europeo, prima di stabilirsi a Venezia viaggiò molto e fu addirittura
scelto a dirimere la controversia sul calcolo infinitesimale sorta tra Leibniz e
Newton.
96
Non è il caso, data la natura di Saggisti e poligrafi.- Ma tuttavia altre figure di scrittori e letterati animano
questo scritto, di dire di più su Gol- la vita culturale del Settecento veneziano, dal conte Francesco Algarotti
doni. Si rinvia piuttosto ad alcuni testi (1712-1764), tipico letterato italiano del Settecento, che si dedicò a studi scien-
essenziali per un primo approfondi-
mento: M. BARATTO, La letteratura tifici e filosofici e intraprese lunghi viaggi in Italia e all'estero, autore del
teatrale del Settecento in Italia (studi e celebre saggio di divulgazione scientifica Il newtonianismo per le dame (17379,
letture su Carlo Goldoni), Vicenza a Gasparo Gozzi99 (1713-1786), fratello di Carlo, tanto diverso da lui per
1885. ID. "Mondo" e "Teatro" nella poe-
tica del Goldoni, in Tre saggi sul teatro, impostazione letteraria e filosofica. Gasparo era su posizioni più avanzate
Vicenza 1971. AAVV, Carlo Goldoni “quasi un illuminista”, ma soprattutto si può considerare il prototipo dell’in-
1793-1993. Atti del Convegno del Bicen- tellettuale moderno: poeta, romanziere, giornalista (tra il 1760 e il 1762 fonda
tenario, a c. di C. ALBERTI E G. P IZ-
ZAMIGLIO, Venezia, 1995, F. F IDO,
dapprima la “Gazzetta veneta” e poi “L’osservatore”), insegnante e organiz-
Nuova guida a Goldoni, Torino 2001. zatore di scuole (al suo progetto si devono le Pubbliche scuole istituita dalla
97
La sua arguta autobiografia, intito- Repubblica veneta dopo la soppressione dell’ordine dei Gesuiti nel 1773),
lata Memorie inutili, delizia ancora
oggi il lettore moderno.
autore di teatro e impresario teatrale, traduttore, editore, ricercatore, consu-
98
Cfr. N. Badaloni, Antonio Conti, un lente del Senato in materia di scuola e di editoria. Quello che fa di lui un intel-
abate libero pensatore, Milano 1968. lettuale “moderno” è il fatto ha tutte queste attività, e a volte le svolge anche
99
cfr. AAVV, Gasparo Gozzi. Il lavoro contemporaneamente, ma soprattutto che tenta (anche se con assai scarsa for-
di un intellettuale nel Settecento vene-
ziano, a c. di I. Crotti e R. Ricorda, tuna) di trarre da esse un guadagno, di fare insomma della cultura una pro-
Padova 1989. fessione, laddove in precedenza, in altri tempi ma soprattutto sotto altri cieli,
I secoli della Letteratura Veneta 23

l’intellettuale cercava i suoi mezzi di sostentamento nella soggezione ad un


mecenate.
Nel campo della storiografia non si può tacere il doge Marco Foscarini
(1695-1763) , che, prima di essere nominato doge, scrisse una Storia della let-
teratura veneziana, grazie alla collaborazione di Gasparo Gozzi.
E tra i memorialisti, accanto ai Memoires di Carlo Goldoni, è da ricordare Gia-
como Casanova (1725-1798), la cui fama di scrittore si fonda sulle Histoires
de ma vie, scritte nel castello di Dux, in Boemia, dal 1791 al 1798, dove egli dà
un ritratto di sé e un quadro della società settecentesca; scrisse anche un
romanzo fantascientifico, Icosaméron (1788); e Lorenzo Da Ponte (1749-1838),
il librettista di Mozart, che lasciò un interessante libro di Memorie.
Esiste un illuminismo veneto?100- Ci si domanda se esista un Illuminismo
veneto. Certo se confrontate con le posizioni radicali sostenute dalla rivista
“Il caffè” dei fratelli Verri a Milano, la cultura veneta e anche quella vene-
ziana nel loro accentuato moderatismo possono anche non meritare di essere
considerate illuministiche; ma questo moderatismo è in gran parte dovuto al
fatto che il regime della Repubblica di Venezia era basato su una costituzione
che anticipava da secoli molte delle istanze presenti nell’illuminismo più radi-
cale, dalla separazione dei poteri all’uguaglianza tra coloro che in gran numero
concorrevano alla gestione del potere, dal riconoscimento di diritti civili alla
classe dei cittadini alla politica di assistenza ai poveri, alla tolleranza nei con-
fronti delle opinioni più diverse fino ad un regime carcerario improntato a
grande umanità e al riconoscimento di una presenza femminile nella vita
sociale e nel mondo della cultura: tutto questo svuotava di significato qual-
siasi atteggiamento oltranzista.
La poesia.- Prova di questo regime di libertà è l’opera di un Giorgio Baffo
(1694-1798), autore di versi osceni, che si accosta a quello suo antagonista è
Anton Maria Labia (1709-1775), autore di intelligenti satire conservatrici, in
difesa della morale e della religione contro l'Illuminismo e l'immoralità dila-
gante. Un presagio della fine di Venezia è nelle malinconiche rime di Angelo
Maria Barbaro (1726-1779). Iacopo Vittorelli
Il secolo si conclude con altri due poeti, le cui vite operose si concludono nel-
l'Ottocento inoltrato, Francesco Gritti (1740-1811) e Antonio Maria Lam-
berti (1757-1832), autore fra l'altro delle parole della celebre Biondina in gon-
doleta. Un altro poeta che tenta di rivaleggiare con Giorgio Baffo nel difficile
terreno dell'erotismo è Pietro Buratti (1772-1832), che scrive non solo di argo-
menti erotici, ma in questi è ben lontano dalla grazia e dalla levità di Giorgio
Baffo. Ma in quegli anni c'è un altro giovane veneziano di grande ingegno,
Ugo Foscolo101 (1778-1827), nato nell'isola veneziana di Zante da madre greca
e da padre veneziano, a Venezia dal 1792. A soli diciotto anni riscosse un note-
vole successo al teatro di Sant’Angelo con la tragedia Tieste, ma la sua gloria
è affidata al romanzo Ultime lettere di Jacopo Ortis e al carme Dei sepolcri. Egli
fu uno dei più grandi scrittori europei, mentre in lui, forse proprio per il carat-
tere elevato della sua opera, c'è pochissimo spirito veneziano, forse anche
perché a parte gli anni dell'adolescenza, egli poi non vi risedette più. E
Foscolo elesse a suo maestro e chiamò padre uno dei maggiori talenti del
100
F. VENTURI, Settecento riformatore,
secolo, il padovano Melchiorre Cesarotti (1730-1808)102, il “gran Cesarotti”,
V L'Italia dei lumi, 2 La Repubblica di
poeta, traduttore dei Canti di Ossian del Macpherson, autore del Saggio sopra Venezia (1761-1797), Torino 1990.
la lingua italiana, docente di retorica all’Università di Padova. Ma accanto a 101
Vedi B. ROSADA, La giovinezza di
lui sono da ricordare altre due grandi personalità del secolo, il veronese Niccolò Ugo Foscolo, Padova 1992.
102
W. B INNI, Melchiorre Cesarotti e la
Ippolito Pindemonte (1753-1828) immortalato dalla fortunata traduzione mediazione dell'Ossian, in Preromanti-
dell’Iliade, ma autore di delicate Poesie campestri (1788), di un romanzo di cismo italiano, Bari 1959.
24 I secoli della Letteratura Veneta

sapore volterriano Abaritte, di novelle in versi come Antonio Foscarini e Teresa


Contarini e I sepolcri ripresa del suo precedente poemetto I cimiteri, rimasto
interrotto dopo la pubblicazione dei Sepolcri foscoliani; e il fratello suo Gio-
vanni (1751-1812) autore di tragedie a sfondo storico raccolte nel volume Com-
ponimenti teatrali, e il bassanese Jacopo Vittorelli (1749-1835) delicato autore
di Rime di gusto arcadico.
E la storiografia103, che rimane il genere principe della letteratura veneziana,
un attimo prima della fine dello stato veneziano ripercorre con grande eru-
dizione ma altrettanto grande amor di patria le vicende dei tempi andati: il
Saggio sulla storia civile politica ecclesiastica degli Stati della Repubblica di Venezia
in 12 voll., di Cristoforo Tentori, Venezia, Storti, 1785-1790, le Memorie sto-
riche de’ Veneti primi e secondi Venezia, Fenzo, 1796-98 di Jacopo Filiasi; le
Memorie venete antiche profane ed ecclesiastiche, 8 voll. Venezia 1795, di G. B. Gal-
licciolli, maestro di Foscolo alle Pubbliche scuole, e una Storia civile e politica
del Commercio dei veneziani, Venezia 1798-1808, di Carlo Antonio Marin (il
primo marito della Isabella Teotochi di foscoliana memoria), che inaugura una
tesi fino a quel momento inedita, della positività della politica di espansione
nella Terraferma realizzata dal Quattrocento in avanti, come segno della
saggia flessibilità degli indirizzi politici veneziani e della loro capacità di adat-
tarsi alle diverse circostanze della politica internazionale.

L'Ottocento
Da dominante a dominata.- Il 12 maggio 1797 Venezia cessa di esistere
come stato indipendente. Dal quel momento sopravvive a se stessa nel triste
ricordo di un passato glorioso. Subitaneo fu il tracollo delle attività in tutti i
campi della cultura, nella pittura, in letteratura e nella musica. La scarsa pro-
duzione culturale si municipalizzò, emerse il vernacolo, pallida imitazione
della sfolgorante parlata dialettale goldoniana e persino la pronuncia del dia-
letto subì un degrado.
La storiografia.- Dei tre generi più consentanei alla cultura veneziana che
nei secoli precedenti avevano dato i migliori prodotti, cioè la storiografia, il
teatro e il giornalismo, l’unico che si mantenne ad un buon livello in quegli
anni di crisi fu la storiografia, con una produzione quantitativamente consi-
stente e qualitativamente di grande dignità, che certo fiorisce anche a celebrare
il misero orgoglio del tempo che fu, ma non solo per questo. L’abate Gian-
nantonio Moschini pubblica tra il 1806 e il 1808 una Storia della letteratura
veneziana nel secolo.XVIII, Venezia, Palese, 1806-1808, che sia pure in maniera
spesso arruffata e farraginosa ci dà un quadro completo e molto dettagliato
della vita culturale veneziana nel Settecento: infatti per letteratura egli mostra
di intendere molto di più di quello che oggi intendiamo per essa e ne fa quasi
come un sinonimo di cultura.
Ma l’evento che mise in moto un processo di indagine storica, ma anche di
interpretazione di essa in chiave politica, fu la pubblicazione nell’anno 1819
del libro di uno storico francese, Pierre-Antoine Daru, Histoire de la République
de Venise, 7 voll. Parigi, Didot (2 ed. in 8 voll. 1821), tradotta in italiano da
Aurelio Bianchi-Giovini, dove si sviluppa l’immagine menzognera di una
Venezia retta da un regime cupo e oppressivo, sulla quale si allineerà non
molta storiografia dell’Ottocento; basti pensare al Conte di Carmagnola di Ales-
103
cfr. G. B ENZONI, Pensiero storico e sandro Manzoni. Replicarono al Daru Giandomenico Ermolao II Tiepolo
storiografia civile, S.C.V. V, 2, Il Sette-
cento, pp.71-95; A. NIERO, L'erudizione coi Discorsi sulla storia veneta, cioè rettificazioni di alcuni equivoci riscontrati nella
storico ecclesiastica, ibidem, pp. 97-121. Storia di Venezia del signor Daru, voll. 2, Udine 1828. Anche Foscolo, fingendo
I secoli della Letteratura Veneta 25

di recensire una inesistente seconda edizione delle Memorie venete del Gallic-
ciolli, scrisse in risposta al Daru il suo ultimo lavoro, la Storia delle Costituzione
democratica di Venezia, che pubblicò in lingua inglese (fu tradotto da Sarah
Austin) sul numero del giugno 1827 dell’ “Edimburg Review”, apparsa nel-
l’agosto poco più di un mese prima della sua morte.
Il giornalismo.- Il giornalismo era affidato alle flebili cure di un Locatelli,
direttore della “Gazzetta Veneta” o, anche in questo campo come in altri, a
quelle più valide, ma non certo dal punto di vista imprenditoriale, di Luigi
Carrer (1801-1851)104 che peraltro è da considerarsi la personalità di livello
culturale più elevato a Venezia della prima metà del secolo per la varietà e la
vastità dei suoi interventi negli ambiti più diversi dal teatro al giornalismo,
dall’editoria alla critica letteraria, dalla filologia alla poesia. Le nuove idee
romantiche faticarono notevolmente a penetrare e ad affermarsi105 a Venezia
e nel Veneto ma trovarono l’unica eccezione in Luigi Carrer, che le recepì e 104
Luigi Carrer nacque a Venezia il
diffuse. 12 febbraio 1801 e morì il 23
Il teatro.- Anche il teatro non dava esiti molto esaltanti. Le personalità di dicembre 1850. Si laureò in legge a
maggiore rilievo, giustamente ricordate anche dalla manualistica nazionale, Padova nel 1822. Della sua varia pro-
duzione si parla a più riprese nel
Francesco Augusto Bon (1788-1858) e, anche qui, Luigi Carrer, che non
testo. Della sua attività di operatore
limitò la sua attività al campo teatrale, è da ricordare in questo campo soprat- culturale è da dire che fu insegnante
tutto come improvvisatore di tragedie molto applaudite non solo in teatro ma al ginnasio comunale di Castelfranco
anche in pubbliche accademie, anche se abbandonò presto questo genere di nel 1822-23, assistente alla cattedra di
Filosofia all’Università di Padova dal
produzione per dedicarsi ad una produzione più meditata. 1827 al 1830, e docente di lettere e
Francesco Augusto Bon, di famiglia patrizia, era uomo di teatro a pieno titolo, geografia alla Scuola tecnica di
attore, autore e capocomico. È rimasto famoso per la sua trilogia del Ludro, Venezia dal 1842 al 1844, insegna-
mento che dovette abbandonare per
Ludro e la sua gran giornata (1832), Il matrimonio di Ludro (1836), La vecchiaia motivi di salute. Lavorò per il tipo-
di Ludro (1837), con cui restiamo nell’alveo della tradizione goldoniana, in par- grafo editore veneziano G. Tasso e
ticolare con la prima delle tre, Ludro e la sua gran giornata. Altri comme- nel 1825 fu direttore della Stamperia
della Minerva di Padova, apparte-
diografi di rispettabile livello sono ancora da ricordare il padovano Antonio nente al famoso editore d'allora Nic-
Simeone Sografi (1759 - 1818)106, Luigi Duse (1792-1854), chioggiotto che colò Bettoni. Dal 1833 iniziò le pub-
scrisse l’eccellente libretto della Lucia di Lammermoor musicato da Gaetano blicazioni del “Gondoliere, giornale
di amena conversazione” di cui era
Donizetti. anche proprietario. Fu socio effettivo
La poesia.- Naturalmente ancor più nel campo della poesia lirica assistiamo e vicesegretario dell'Istituto veneto
al ripiegarsi dell’anima della città in composizioni per lo più vernacole di di scienze, lettere ed arti, socio l'A-
modestissimo livello, malgrado la generosità dei sentimenti dei loro autori. teneo veneto di cui fu dapprima
segretario e poi vicepresidente, e nel
Venezia e il Veneto rimangono appartati, tagliati fuori dal flusso delle nuove 1846 conservatore e direttore del
idee e delle stesse mode culturali e letterarie. Museo Correr. Scrisse anche un
La maggior parte dei versi di Jacopo Vincenzo Foscarini, che fu vicediret- romanzo intitolato Osanna, rimasto
inedito fino ai nostri giorni, il cui
tore del Museo Correr, si conserva inedita nell’Archivio di quel museo. manoscritto si conserva nella biblio-
Risulta di livello sensibilmente più modesto la produzione di Camillo Nalin teca del Museo Correr: l’edizione cri-
(1788-1859); Nalin non è un poeta. È rimasto celebre tra i veneziani fino a tica è stata pubblicata da Monica Gia-
chino nel 1997 per i tipi dell’Edito-
qualche decennio fa il suo scurrile Elogio scatologico, non privo, bisogna rico- riale Programma di Padova.
noscere, di una certa sua garbata disinvoltura, malgrado l’argomento certo 105
cfr. G. GAMBARIN, La polemica clas-
inopportuno. L’unico nome di rilievo che si sia in grado di annoverare nel sico-romantica nel Veneto, in “Ateneo
Veneto”, XXXV (1912), II, pp. 105-
campo della poesia lirica e della letteratura in genere è quello già più volte 138, e XXXVI (1913), I, pp. 43-67. La
citato di Luigi Carrer. tesi è sostanzialmente condivisa da
L’intesa vita culturale in Terraferma.- Nonostante la grave decadenza, o U MBERTO BOSCO, Romanticismo lette-
rario veneto, in Storia della Civiltà Vene-
forse proprio per questo, gli scrittori veneti guardano a Venezia con intensa ziana, Firenze 1979, III, pp. 279 - 287.
passione: Venezia, rievocando un passato glorioso, è il segno distintivo di 106
Secondo un cliché ripetuto lavo-
essere veneti, nel momento in cui l’amore per la nuova patria, l’Italia, occupa rava presso uno studio legale a
le loro coscienze: riassume bene questo stato d’animo l’inizio delle Confessioni Venezia, ma preferiva dedicarsi al
teatro: le sue due opere più celebri
di un Italiano di Ippolito Nievo: “Io nacqui veneziano … e morrò per la grazia di sono Le convenienze teatrali del 1792 e
Dio italiano”. E vanno quindi ricordati fra gli scrittori veneti del secolo del- Le inconvenienze teatrali del 1800.
26 I secoli della Letteratura Veneta

l’Unità nazionale, il trevigiano di Mansué Francesco Dall’Ongaro (1808-


1873)107, docente di letteratura nell’Università dapprima di Firenze e poi di
Napoli, autore di versi in dialetto e in lingua e di opere storiche e teatrali fra
cui è celebre Il fornaretto di Venezia (1855), un vicentino di Schio come Arnaldo
Fusinato (1817-1888)108, autore di versi satirici e patriottici, caratterizzati da
una vena fluida e briosa, non priva di venature malinconiche, reso celebre
dalla sua lirica Le ultime ore di Venezia, o un Antonio Francesco Falconetti,
che nel 1830 a Venezia pubblicava i suoi tre romanzi ambientati a Venezia,
Irene Delfino, La villa di S. Giuliano e La naufraga di Malamocco.
Questi sono tutti portatori di una nuova mentalità, dove il rimpianto per la
perduta sovranità dello stato veneto lascia il posto all’animoso patriottismo
per la nuova patria, l’Italia. In particolare Dall’Ongaro e Fusinato nati uno,
Dall’Ongaro, nel 1808 e l’altro nel ’17, che arrivano alla metà del secolo e
quindi all’insurrezione del ’48, già adulti e acculturati, e inoltre conducono
la loro esistenza per lo più fuori di Venezia, mantenendo con la città lagu-
nare, che in qualche modo essi considerano madre patria, un legame fatto di
affettuosi ricordi e nostalgie.
Una personalità emerge tra le altre, ed è Ippolito Nievo109, uno dei maggiori
scrittori italiani dell'Ottocento, nato a Padova nel 1831 e morto nel 1861 a
soli trent'anni, disperso nel Mar Tirreno a seguito del naufragio della nave
Ercole. Scrisse anche Versi, Novelle campagnole, e due romanzi Angelo di bontà
(1855) e Il conte pecoraio (1857), ma il suo capolavoro è il romanzo Le confes-
sioni di un italiano, scritto di getto tra il 1857 e '58 e pubblicato postumo nel
1867 senza nessuna revisione col titolo Confessioni di un ottuagenario. Narra gli
avvenimenti accaduti fra il tramonto della Repubblica di Venezia e il 1856
attraverso le vicende del protagonista Carlo Altoviti. Particolarmente cono-
sciuta è la prima parte che parla dell'amore adolescenziale di Carlo e della
Pisana. Un altro scrittore dell'Ottocento da non dimenticare è Arnaldo Fusi-
nato, nato a Schio, in provincia di Vicenza, nel 1817 e morto nel 1888, che
scrisse versi sentimentali e poesie satiriche, spesso di ispirazione patriottica,
e un altro ancora è Niccolo Tommaseo (1802-1874), nato a Sebenico in Dal-
107
Partecipò attivamente alla difesa di mazia.
Venezia nel ’48 - ’49, quindi fu aiu- Quanto al dalmata Niccolò Tommaseo (1802-1874), che di Luigi Carrer fu
tante di Garibaldi e deputato alla compagno di studi all’Università di Padova dove ambedue studiavano legge
Assemblea Costituente della Repub-
blica Romana. e si laurearono nello stesso anno (1822), la sua decennale permanenza a
108
Combattente nel ’48 - ’49, autore Venezia, dal 1839 al 1849, fu ricca di stimoli: in quegli anni egli pubblicò o
di liriche patriottiche e di componi- ripubblicò numerose opere alcune delle quali presso “Il Gondoliere” di
menti satirici, fra cui è celebre Lo stu-
dente di Padova. Carrer; e rimane indimenticabile la decisiva orazione pronunciata all’Ateneo
109
cfr. M. GORRA CECCONI, Nievo fra Veneto la sera del 30 dicembre 1947 Sullo stato delle lettere italiane, nella quale
noi, Firenze 1970; ID. Nievo e Venezia, si protestava contro le illegalità della amministrazione austriaca, che mise in
Venezia 1982.
110
Cfr. A. B ALDU I NO , Letteratura moto il processo insurrezionale del ’48.
romantica dal Prati al Carducci, Ma particolare attenzione meritano due poeti che segnano la transizione fra
Bologna 1967. l’età del Romanticismo110 e quella successiva del Decadentismo e sono
111
Aleardo Aleardi ottenne una certa
notorietà con le Lettere a Maria del
entrambi veneti, il veronese Aleardo Aleardi111 (1812-1878) e il trentino Gio-
1846. Più tardi ebbe successo con l’i- vanni Prati112 (1814-1884), entrambi amici, compagni di studi in giurispru-
dillio Raffaello e la Fornarina del 1855 denza all’Università di Padova, entrambi patrioti e perseguitati dagli austriaci:
e i canti Monte Circello e Le antiche città
la loro poesia, languida e malinconica, rappresenta la fase estrema ed este-
italiane marinare e commercianti del
1856. nuata del Romanticismo italiano; essi tuttavia non presentano molti tratti loca-
112
Scrisse molte raccolte di versi, ma listici, e da questo punto di vista segnano un momento abbastanza importante
la sua fama resta legata al poemetto nella evoluzione della cultura letteraria italiana, il momento di una unità di
Edmenegarda del 1841. Subì le critiche
dei democratici per le sue simpatie accenti e di stile anche in campo letterario. Di poco più giovane di loro fu l’a-
sabaude. bate Giacomo Zanella (1820-1888) che da loro segna un certo distacco pro-
I secoli della Letteratura Veneta 27

ponendo una poesia riflessiva attenta al progresso scientifico e preoccupata


di conciliarlo con la fede cristiana. Tra i suoi allevi Antonio Fogazzaro113
(1842-1911), e la delicata poetessa padovana Vittoria Aganoor Pompilj
(1855-1910).
A Venezia a fine secolo.- Alla fine del secolo due personalità di notevole
spessore rilanciano la vita culturale veneziana: uno è il sindaco poeta e depu-
tato al Parlamento, Riccardo Selvatico (1849-1901), ideatore della Biennale.
Di lui ci restano undici poesie, di cui meritatamente famose sono A Venezia e
La Regata. Ma i suoi testi più validi sono le due commedie La bozeta de l'ogio
rappresentata al teatro Rossini il 27 febbraio del 1871 e I recini da festa del 1876.
Egli rappresentava quindi un tipo di letterato moderno, ricco di interessi, che
sapeva coniugare il momento sognato e sognante della meditazione lirica con
quello assiduo e attivo della pratica politica innovativa. L’altro è il comme-
diografo Giacinto Gallina (1852-1897), portatore di tesi diverse, più forte-
mente conservatrici, che sulla scia di Goldoni rilancia il teatro in dialetto vene-
ziano scegliendo toni per lo più popolareschi, ma patetici e languidi. Tra le
sue commedie più rappresentate (anche al giorno d'oggi) Zente refada. Sere-
nissima, La famegia del Santolo. Con Serenissima, soprattutto, uno dei suoi testi
più commossi e più persuasivi, egli prese posizione nel dibattito concernente
i destini della città, e si allineò al mito tardo romantico e decadente della morte
di Venezia, accentuato negli ultimi due secoli dalla reale ed effettiva fin de la
decadence, realizzando un atteggiamento improntato al conservatorismo più
oltranzista.
Gli scrittori veneti e il Decadentismo.- Ma mentre la Dominante dive-
nuta suddita mostrava ormai nel campo delle lettere tutta la sua inadegua-
tezza (così non si può dire nel campo della pittura dove fiorisce lo splendido
impressionismo veneziano), in altri luoghi del Veneto si registrano episodi di
alto valore culturale; due personalità in particolare danno con la loro opera
un’impronta decisiva allo svolgimento della letteratura italiana del momento
senza peraltro smentire le radici locali, di tratta di due dei massimi esponenti
del Decadentismo italiano, Antonio Fogazzaro114, che nei suoi romanzi,
sopratutto Malombra del 1981, Daniele Cortis del 1885, Piccolo mondo antico del
1895, Piccolo mondo moderno del 1900, Il Santo del 1905 e Leila del 1911, e in
diversi saggi interpretò le inquietudini del Cattolicesimo non solo veneto in
un momento difficile di transizione e di contrasto tra la tradizione della fede
e le innovazioni della scienza in una città come Vicenza particolarmente
esposta e sensibile a questo genere di problemi, e Italo Svevo (1861-1928),
che viveva in una città come Trieste, crogiolo di diverse esperienze mitte-
leuropee, sensibile all’influenze di culture diverse dalle introspezioni di Joyce,
che Svevo conobbe e frequentò durante il soggiorno di questo a Trieste, alla 113
Cfr. C. SALINARI, “Il Santo”, in I D.,
psicoanalisi di Freud, di cui non solo sarà esplicito interprete nel suo capola- Miti e coscienza del Decadentismo ita-
voro La coscienza di Zeno del 1923, ma del cui pensiero aveva anticipato alcuni liano.
114
aspetti nelle opere precedenti, Una vita del 18892 e Senilità del 1898. Del resto Da lui poi derivò tutta una linea,
la linea vicentina, che animerà la cul-
la dimensione nazionale assunta in quegli anni dalla letteratura veneta tra i tura veneta nel secolo successivo. A
due secoli è confermata anche da altri autori, basti pensare per la letteratura Fogazzaro infatti vanno ricondotte le
popolare al veronese Emilio Salgari (1862-1911). radici di gran parte della letteratura
veneta del Novecento, non solo di
E ancora di Verona è Vittorio Betteloni (1840-1910) con atteggiamenti e
quella vicentina. Il suo lungo sog-
movenze poetiche e psicologiche non lontane dalla scapigliatura milanese: giorno milanese e alcuni contatti con
affidato dal padre Cesare, poeta anch’esso, prima di morire suicida alla tutela la Scapigliatura non modificò sostan-
di Aleardo Aleardi, si sottrasse ad essa con le raccolte In primavera, Nuovi versi, zialmente la sua impostazione,
sostanzialmente idealistica, anche se
con prefazione di Carducci, Crisantemi, per mettersi sotto quella di Carducci. manzonianamente sensibile alle esi-
Fogazzaro ebbe per maestro Giacomo Zanella. genze della realtà vissuta.
28 I secoli della Letteratura Veneta

Il Novecento
La mappa.- Con la fine dell’Ottocento nell’area veneta la produzione lette-
raria subisce una consistente trasformazione. Venezia da molto tempo ormai
non ha più rispetto al Veneto la funzione egemone esercitata nel passato in
campo culturale e in particolar modo nel Settecento in campo letterario: non
ci sono a Venezia scrittori di rilievo; la città non offre nessuna attrattiva, se
non la sua trascurata bellezza. Così certe presenze, come quelle di D’Annunzio
o di Proust, di James o di Pound, hanno il valore di visite turistiche, che val-
gono ad alimentare l’ispirazione dei singoli artisti, ma non determinano una
autentica vita culturale nella città.
L’istituzione della Biennale, voluta nel 1895 dal Sindaco poeta Riccardo Sel-
vatico, aveva dato a Venezia qualche giovamento alle arti visive già in netta
ripresa nella splendida precedente stagione dell’impressionismo veneziano,
ma non stimolò altre attività culturali, e la produzione letteraria cittadina con-
tinuò a languire e si rifugiò per lo più nel dialetto, seguendo l’esempio dei
due migliori epigoni di Goldoni, sopra citati, Riccardo Selvatico, appunto,
e il commediografo Giacinto Gallina.
E non costituisce una eccezione l’eredità dannunziana presente in Giovanni
Comisso (1895-1969), trevigiano, soprattutto nel suo primo romanzo Porto
dell’amore115 del 1925, che esprime una sensualità forte e vitale, che si respira
del resto anche nelle altre opere successive, come Capricci italiani, premio Via-
reggio del 1952 e La mia casa di campagna del 1958, che è forse il suo capola-
voro, perché Comisso colse proprio da D’Annunzio il senso della positiva
peculiarità delle culture locali. Ed è su questa linea che si prospetta una let-
teratura veneta anche nel Novecento.
Così nel più vasto ambito regionale si vanno definendo delle vere e proprie
“linee” con una loro continuità: una linea vicentina, per esempio, che dall’a-
bate Giacomo Zanella (1820-1888) attraverso Antonio Fogazzaro,
115
Poi ristampato col titolo Al vento Eugenio Ferdinando Palmieri (1904-1968), Guido Piovene (1907-1974),
dell’Adriatico. Goffredo Parise (1929-1986), arriva a Mario Rigoni Stern (1921-viente) di
116
Le sue poesie si leggono nella rac-
colta Canzoniere la cui edizione defi- Asiago, Luigi Meneghello (1922-vivente) e a Ferdinando Bandini (1931-
nitiva è del 1948, seguita da due altre vivente), o una linea triestina o più estesamente istriana, da Svevo ai poeti
edizioni del ’51 e del ’61 (postuma). dialettali come il triestino Virgilio Giotti (1885-1957) o il gradense Biagio
117
Una sua commedia di grande
valore culturale, Per la regola, venne
Marin (1891-1985), e per la poesia in lingua da un poeta, anch’egli triestino
rappresentata dalla compagnia di F. come Umberto Saba (1883-1957), che è tra i massimi poeti del Novecento
Benini al Teatro Apollo di Roma il 30 italiano116 e a scrittori come Scipio Slataper (1888-1915) e Giani Stuparich
gennaio 1914. Domenico Varagnolo (1891-1961), fino a Fulvio Tomizza (1935-1999) e a Susanna Tamaro (1957-
aveva in sé la capacità e la forza di
sollevare il teatro veneziano al di vivente).
sopra dei livelli vernacoli in cui si era Il teatro in dialetto.- Ma anche chi dopo di loro ebbe una produzione un
collocato. Come commediografo dialetto di alto livello e fortemente innovativa, come il poeta e commedio-
proseguì l’opera di Giacinto Gallina,
ma fu aperto alle novità culturali grafo Domenico Varagnolo117 (1882-1949), non trovava in città sufficiente
europee e soprattutto con la com- consenso e comprensione, tant’è vero che molte opere di Varagnolo furono
media L’omo che no capisse gnente del rappresentate ripetutamente con successo in altre città d’Italia ma ebbero in
‘26, diede gli elementi per un rinno-
vamento in chiave psicologica del
proporzione minor successo a Venezia. Maggiore successo ebbero due altri
teatro veneto. Varagnolo fu anche l’i- autori di teatro, che, pur non essendo veneziani, si posero sulla stessa linea
niziatore dell’Archivio Storico delle di Varagnolo, realizzando una produzione in dialetto veneziano, il veronese
Arti Contemporanee della Biennale.
Renato Simoni (1875-1952), autore di Tramonto del 1906 e Congedo del 1901,
Cfr. N. MANGINI, Domenico Varagnolo
e il teatro veneto del primo Novecento, in che scrisse anche commedie in italiano e il libretto della Turandot di Puccini,
Alle origini del teatro moderno e altri e il mantovano Gino Rocca (1891-1941), il cui capolavoro è Se no i xe mati
saggi, Modena 1989, pp. 207-229; B. no li volemo del 1926, cui sono da aggiungere La scorzeta de limon del 1928 e
ROSADA, Domenico Varagnolo e il suo
tempo in D. VARAGNOLO, Sie mono- Sior Tita paron pure del 1928.
loghi veneziani, Venezia 1999. La poesia in dialetto.- Ma il dialetto non è solo teatro, è anche poesia. E
I secoli della Letteratura Veneta 29

anche in questo settore, al di sopra di un nutrito sottobosco di scrittori dia-


lettali di varia levatura, ci sono i maggiori, quelli che col dialetto fanno alta
poesia, e sono quasi tutti non veneziani: Berto Barbarani118 (1872-1945) è di
Verona, Virgilio Giotti119 (1885-1957) triestino, Biagio Marin120 (1891-1985)
di Grado, Giacomo Noventa121 (1898-1960) di Noventa di Piave (il suo vero 118
Giornalista del “Gazzettino”,
nome era Ca’ Zorzi) e poi ancora Eugenio Ferdinando Palmieri122 (1903- amico di D’Annunzio, di Ojetti, di
1968) di Vicenza ed Ernesto Calzavara123 (1907-vivente) di Treviso. Non solo Di Giacomo: la sua poesia è legata al
questi poeti non sono nati a Venezia e non vivono a Venezia, il che significa senso del patetico che predomina in
quegli anni e lo collega ai crepusco-
che non fanno parte di un milieu culturale veneziano, ma portano nel lin- lari. Le sue raccolte sono El rosario del
guaggio usato, e anche in certe movenze espressive ed emotive ed in certi con- cor (1895), I pitocchi (1896), L’autunno
tenuti, i segni espliciti della specificità del loro dialetto, diversificato rispetto del poeta (1937). Una silloge uscì
postuma col titolo Tutte le poesie nel
a quello parlato a Venezia, triestino in Giotti, gradense in Marin; Noventa, 1953.
che scrisse versi in dialetto di estrema semplicità e purezza, usa una sorta di 119
Il suo vero nome era Schönbeck.
koiné veneto, pur non molto lontano del veneziano propriamente detto, e Zan- Dal 1907 al 1920 fu a Firenze a con-
zotto arriva alla elaborazione di un dialetto artificiale il petel, che sapiente- tatto con la rivista “La Voce” e con gli
esuli giuliani Scipio Slataper, i fratelli
mente piega alle ragioni del suo poetare, e gli altri tutti usano il dialetto della Stuparich, Biagio Marin.. Gran parte
loro città o paese. Solo due poeti, ancora Domenico Varagnolo ed Ugo delle sue composizioni un dialetto
Facco De Lagarda (1896-1982), veneziani entrambi di Venezia, quando scri- sono state da lui raccolte col titolo
Colori.
vono in dialetto, scrivono in veneziano puro, ma è da considerare che i loro 120
Visse per lo più a Trieste dove era
testi dialettali in versi pur pregevoli non hanno avuto in città il riconoscimento impiegato come bibliotecario presso
che avrebbero meritato. le Assicurazioni generali, solo nella
vecchiaia tornò a Grado, sua città
Nel campo della poesia in lingua italiana nel Novecento domina la figura di natale. Si era laureato in filosofia con
Diego Valeri (1888-1976), autore di versi delicati, lievemente malinconici, Giovanni Gentile all’Università di
ma aperti alla descrizione della realtà esterna e sensibili al fascino di Venezia. Roma. Tutte le sue poesie estrema-
mente delicate e tristi (specie dopo la
Della tradizione veneta Valeri assume lo stile, quello “stile medio” esaltato da morte del figlio) sono state pubbli-
Gasparo Gozzi ed evidentemente consono al carattere temperato dei veneti. cate in due volumi col titolo I canti de
E accanto a Valeri, ma così diverso e quasi opposto, Andrea Zanzotto (1921- l’isola.
121
Fece l’Università a Torino, dove
vivente)124, il rappresentante della generazione successiva, ricca di volontà conobbe Piero Gobetti e gli fu amico.
innovative, che spazia dalle prime composizioni in lingua (Dietro il paesaggio Dopo aver trascorso parecchio
del 1951) sull’onda lunga dell'ermetismo alle ardite composizioni di avan- tempo all’estero si stabilì a Firenze
guardia degli ultimi quarant’anni (Vocativo del 1957 e IX Egloghe del 1962), alla dove con Alberto Carocci fondò “La
Riforma letteraria” una rivista corag-
creazione di un suo linguaggio di origine dialettale (Filò), che riprendendo giosamente polemica nei confronti
antiche vocazioni venete amalgama latinismi, dialettismi e perfino il “petel”, della vita culturale di quegli anni.
il linguaggio dei bambini in modo assolutamente originale (Il galateo in bosco Scrisse molte opere di saggistica tra
cui Nulla di nuovo e I calzoni di
del 78 e Fosfemi del 1983), e simile operazione compie Luisa Zille Cozzi Beethoven, uscito postumo nel 1965.
(1941-1995). Le sue poesie in dialetto sono state
Per quanto riguarda la natura di questa produzione è da rimarcare come anche pubblicate nel 1975 col titolo Versi e
poesie.
negli autori più grandi, come quelli testé citati, che di diritto fanno parte del 122
Visse a Rovigo e poi a Bologna.
patrimonio culturale della nazione tutta e non solo del Veneto, si mostrano Scrisse una decina di commedie in
delle inequivocabili caratteristiche locali, ma non regionali. Il Veneto, la terra dialetto, delle quali la più nota si inti-
tola I lazzaroni del 1935. Critico tea-
dai mille campanili, mostra nei suoi scrittori tutte le differenze di mentalità e trale e cinematografico di quotidiani
di cultura che ne costituiscono l’intrinseca ricchezza. E questo accade anche e settimanali accolse poi le sue cri-
per la letteratura in lingua: anzi sembra quasi che paradossalmente avvenga tiche in volumi. I suoi versi sono stati
pubblicati nel 1950 col titolo Poesie.
il contrario di quanto si può credere, e cioè che le differenze e le specificità 123
Vive a Milano dove ha fatto l’av-
emergono più facilmente e nella letteratura in lingua, soprattutto nella nar- vocato. Nel 1950 ha pubblicato un
rativa, che in quella in dialetto, che fatte selve le differenze linguistiche, man- testo trevigiano del Trecento, El
tiene spesso dei tratti simili. planto de la Verzene Maria di Fra Ensel-
mino da Montebelluna. Ha pubbli-
La narrativa.- C’è un punto cruciale nella cultura letteraria veneta del Nove- cato otto libri di poesie in dialetto,
cento, che è rappresentato dal testo teatrale di Domenico Varagnolo, L’omo l’ultimo Rio terà dei pensieri all’età di
che no capisse gnente del ‘26, dove come ha chiarito Nicola Mangini- “il tema ottantanove anni.
124
“Il migliore dei poeti italiani nati
è incentrato sul motivo della incomprensione, della incomunicabilità”, nella in questo secolo” lo ha definito Gian-
“analisi psicologica che indugia sui dubbi e le inquietudini esistenziali, sulla franco Contini.
30 I secoli della Letteratura Veneta

muta angoscia”. Ha agito su Varagnolo soprattutto Ibsen, ma questa posizione,


che diventa prevalente nella narrativa veneta del Novecento, aveva però più
remote e più autoctone radici un Fogazzaro.
Su questa linea si pone il bellunese Dino Buzzati (1906-1972), che esordì con
Barnabò delle montagne nel 1933, vinse nel 1958 il premio Strega con Sessanta
racconti, ma il suo capolavoro è certamente Il deserto dei Tartari del 1940; in
lui è prevalente il senso del mistero e della magia del vivere, ma questa carica
di irrazionalità si arricchisce delle tematiche proprie del Novecento nel quadro
di una visione drammatica della esistenza. Si parte da qui per arrivare al Male
oscuro (1964) di Giuseppe Berto (1914-1978) di Mogliano Veneto, il momento
alto e paradigmatico di questo processo, dove attraverso il filtro della condi-
zione psichiatrica di finisce, e lo dice anche il titolo, per mettere in discussione
la realtà della realtà e il flusso del pensiero è posto al servizio dell’indagine
psicologica sul malessere, processo che Berto aveva iniziato a sviluppare ridi-
mensionando il senso del reale, ancora col suo primo libro Il cielo è rosso del
’47, e che si ritrova con ambientazione veneziana nella Cosa buffa del ‘66. L’in-
tenzione psicologica infatti finisce per determinare in questi scrittori una
visione della realtà che risulta deformata. E un anno Il male oscuro vede la luce
il fine romanzo di Alberto Ongaro (1925-vivente), Il complice, la storia di un
giovane che ha imparato a curare l’apparenza più che la realtà e crea un se
stesso immaginario al quale finisce per soggiacere. Quanto più realistica è la
narrazione, quanto più appuntito si presenta lo scavo psicologico, tanto più
si affacciano nella scrittura altri significati, quasi sempre più d'uno, che espri-
mono questa dimensione di incerta esistenza, di evanescenti certezze. La
taverna del doge Loredan del 1980, la cui vicenda per un gioco di specchi e lo
scardinamento di convenzioni narrative si svolge contemporaneamente nella
Londra dei primi decenni dell’Ottocento e nella Venezia di oggi. Così in
Ongaro questi altri significati prendono sempre più il sopravvento con La par-
tita (premio Campiello 1986) per culminare con La terra degli stregoni del
1996. Un altro esempio ancora di questa tendenza è Paolo Barbaro (alias
Ennio Gallo, 1922-vivente) nato a Mestrino Padovano nel quale dalla elo-
quente secchezza del linguaggio risalta un sovrasenso sempre aleggiante: il
linguaggio diventa allusivo proprio perché di suo dice solo quello che deve
e può dire; prese le mosse da un Giornale dei lavori (1966); ebbe il premio sele-
zione Campiello nel '76 con Le pietre l'amore (1976) , pubblicò ancora Mala-
lali (1984), Diario a due (1987) che pure ebbe il premio selezione Campiello.
Lo stesso si potrebbe dire del veneziano Carlo Della Corte (1930-2001),
dove il senso dell’irreale propinato con naturalezza crea effetti da realismo
magico come in Di alcune comparse a Venezia del 1967 e più ancora in Cuor di
padrone del 1977 dove la realtà quotidiana si dissolve nella precarietà dell’e-
sistere, fino al crudo suo ultimo romanzo A fuoco lento del 1996; a lui tra l’altro
si deve quella antologia Pulsatilla sexuata, considerato “il primo libro della fan-
tascienza italiana”125, e del padovano Fernando Camon (1935-vivente) che
soprattutto ne La donna dei fili (1986) riprende la linea della malattia psicolo-
gica come sintomo del disagio dell’esistenza e della civiltà. È un atteggiamento
che non risparmia neanche una scrittrice attenta al quotidiano come Milena
125
In questo clima si incontrano Milani (1922-vivente), savonese di nascita e veneziana di adozione: la incer-
autori più legati alla produzione fan-
tascientifica, che nel Veneto ha tro- tezza della vicenda della Ragazza di nome Giulio, specie nella sua fase finale,
vato ottime firme (ma il termine "fan- o il senso di catastrofe imminente della Rossa di via Tadino, trasmettono questo
tascienza" è inadeguato e rischia di senso di precarietà. Ma questo non significa che non rimanga una compo-
ingenerare equivoci), come Gustavo
Gasparini, Ivo Prandin, Sandro San- nente che più che realistica si potrebbe definire referenziale, che del resto non
drelli. viene mai esclusa nemmeno Si potrebbe farla iniziare con La grande Olga di
I secoli della Letteratura Veneta 31

Ugo Facco De Lagarda del ‘58; e continua con testi che mutuano linguaggio
e problemi dal giornalismo migliore come Stramalora di Antonio Cibotto
(1925-vivente), di cui peraltro è da ricordare ancora Scanoboa del 1961 e La
vaca mora del 1964 o dalla narrazione storiografica come Dorsoduro di Pier
Maria Pasinetti.
Un posto a sé, nel quadro della letteratura veneta, occupa Romano Pascutto
(1909-1982), che scrisse poesie in lingua e dialetto, raccolte nel volume L’acqua,
la piera, la tera ed altre poesie126, racconti raccolti sotto il titolo, Il pretore delle
baracche, e due romanzi, La lodola mattiniera e Il viaggio127.

126
A c. di A. Daniele, Venezia 1994;
a c. di
127
Pubblicati in un unico volume a c.
di Saveria Chemotti, Venezia 1996.

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