a cura di Sebastiano Ges Giuseppe Maimone Editore 9 Indice La poetica dellessenziale e lestetica del reale di Sebastiano Ges Cinema, nascondere e scoprire il mistero di Flavio Vergerio Dal fango della realt: i segni dello spazio urbano di Stefania Rimini Gli spazi della marginalit di Luisa Ceretto Nel nome dei figli di Elena Galeotto La rappresentazione dei minori di Fabrizio Colamartino La narrazione dolorosa di Alessandro De Filippo Un sistema o una formula? di Elio Girlanda La promesse, lo sguardo e(sc)luso di Sebastiano Pennisi Rosetta. Il farsi di un film di Giancarlo Zappoli Rosetta, la Mouchette contemporanea di Zef Muzhani Astrazione ed empatia: Il figlio e il cinema dei Dardenne di Emiliano Morreale Lenfant, letica dellimmagine di Livio Marchese Nota biografica di Chiara Ges Filmografia Bibliografia 2006 Giuseppe Maimone Editore Via Antonino di Sangiuliano, 278 95124 Catania www.maimone.it Tutti i diritti riservati Ges, Sebastiano <1964> Etica ed estetica dello sguardo: il Cinema dei Fratelli Dardenne (ISBN 88-7751-234-2) ISBN 978-88-7751-234-5 CIP - Biblioteca centrale della Regione siciliana Alberto Bombace Progetto Grafico e impaginazione Simona Maimone 70 esempio, sembrano accogliere letture in chiave cristologica (la verit cer- cata nellessenzialit dei corpi), con i loro giovani personaggi costante- mente sottoposti dal destino a delle prove sempre dolorose. Tutti sono, in qualche modo a diretto contatto con il male: Igor deve lottare contro la propria indifferenza, Rosetta contro la tentazione di tradire, Francis sia pur inconsciamente con Olivier che a sua volta deve lottare contro il desiderio di vendetta, Bruno contro il proprio cinismo. Tutti, inesorabil- mente, cadono e sono costretti a faticosissimi percorsi sacrificali di reden- zione e riscatto il cui successo, secondo unottica pienamente laica, non mai dato per scontato. Ma se esiste una vera risposta alla triste condizio- ne dellIgor di La promesse, costretto a fuggire da un padre ignobile e diso- nesto, forse questa da ricercare in Il figlio, ovvero nellincontro tra Francis ed Olivier, padre putativo esemplare, addirittura stoico nella sfida che ingaggia contro se stesso. Se c possibilit di riscatto al tradimento di Rosetta nei confronti dellamico Riquet, questa risiede nella generosit di Bruno (Lenfant) che decide di accorrere in aiuto del giovanissimo Steve. Un gioco di rimandi interni che, spazzando il campo da ogni tentazione consolatoria e da soluzioni semplicistiche, invita lo spettatore a leggere e rileggere trasversalmente un corpus filmico nella sua totalit, a interroga- re le immagini nel loro significato pi intimo per individuarne il senso ma anche e soprattutto per riposizionarsi continuamente rispetto ad esse, rimettendo in discussione ogni idea preconcetta di cinema, di realt, di societ. (dal sito www.camera.minori.it) 71 La narrazione dolorosa Alessandro De Filippo Lincipit la prima mossa della partita a scacchi. La prima nota del con- certo. Dallincipit possiamo regolarci sul tono, sulla linea, sulla strada che il film imbocca. La prima inquadratura si accorda subito a una precisa disposizione danimo: ci aspettiamo qualcosa, qualcosa di definito. La promesse ha un incipit sonoro Titoli di testa su fondo nero, a pagina. il suono-ambiente di una pompa di benzina. Sul titolo del film il rumore del motorino davviamento che innesca il motore di unauto. Lauto si allontana, ma noi non la vediamo. Un primo piano sonoro che si impone deciso allattenzione dello spetta- tore. Taglio: gi immagine. Non unassolvenza da nero. Ma un taglio, diretto. Mezza figura del protagonista adolescente che ripone lerogatore della benzina nellalloggiamento. Si allontana, facendosi impallare dalla torretta della pompa. Due colpi di clacson: ancora un primo piano sono- ro, sempre di unautomobile fuori campo. Il protagonista si volta, torna indietro. Il suono diegetico, il personaggio reagisce e risponde al richia- mo sonoro. Tutto per sembra casuale, indeciso. la prima inquadratura e la m.d.p. si muove con una panoramica a destra e poi con una simmetri- ca panoramica a sinistra. La camera segue il personaggio. questo forse il tratto distintivo del cinema dei fratelli Dardenne: seguire i personaggi. Non farli muovere secondo geometrie belle e dinamiche. Non la came- ra che comanda, non lo spazio, n latto di regia. il personaggio che agisce, si muove, vive dolorosamente e dolorosamente viene raccontato. Viene pedinato nei suoi movimenti incerti e imprecisi. Seguito, con la fedelt di un cane pastore, dalla macchina da presa, fino allo sfinimento. Fino allincoerenza assoluta di due movimenti in contrapposizione tra 73 72 Le fils si apre su uninquadratura di spalle Olivier sta leggendo qualcosa con attenzione. Forse dei documenti. Di fronte a lui c una donna svelata da un incerto movimento a sini- stra della camera a spalla. mostrata solo per un attimo, poi la camera torna su Olivier ancora di spalle. Ci accorgiamo che miope. Le sue lenti sono spesse. Vediamo con i suoi occhi miopi, attraverso questo suo sguardo curioso e stizzito. Perch tanta attenzione? perch tanta curiosit? cosa lo muove? cosa lo indispet- tisce? Seguiamo Olivier fin dallinizio, fin dalla sua presentazione frontale con una inquadratura sbilenca, una mezza figura fuori bolla che quasi uno sguardo in macchina. Uno sguardo da dietro i suoi occhiali spessi come lenti di ingrandimento. Seguiamo Olivier, nonostante sia manifesta la sua insicurezza nello scegliere una direzione precisa. Continua a salire e scendere le scale, a entrare e uscire dagli uffici. Sembra che stia inseguendo qualcosa o qual- cuno. Ma resta oscuro il senso della sua ricerca, di quellassurdo inerpicar- si sullarmadio per osservare dalla finestra. Cerca giustificazioni credibili per spiare dalla cucina della mensa, di nascosto, con sguardi sfuggenti, sguardi timidi eppure indiscreti. E noi siamo con lui, siamo nei suoi occhi, dietro lenti convesse che ingigantiscono ogni cosa, ogni ferita, ogni silenzio, ogni fallimento, ogni colpo di martello, ogni solitudine, ogni abbandono. Lincipit de Lenfant denuncia subito unassenza Non il protagonista a mostrarsi, anzi lui non c. Viene cercato dalla sua compagna, viene nominato, invocato, ma non c. fuori, assente, lon- tano, vacante. il padre di un neonato che piange e riempie linquadra- tura del suo pianto, del suo vagito insensato eppure profetico. Bruno non pi un ragazzino, ma non ancora un uomo. E in questo doloroso equilibrio di non pi e non ancora, in questo vertiginoso baratro delladolescenza, in questo infinito panico di un cattivo figlio che diventa cattivo padre, c la sua vacanza, la sua indisponibilit, la distrazione dalla responsabilit. C la sua ribellione dolosa. Resta solo il pianto di suo figlio infante che riempie la luce, che pulsa nelle tempie nelleco di unassenza totale di audio extradiegetico. Nessuna loro, due panoramiche che si negano luna con laltra. A destra, a sinistra. Nessuna ricerca di senso, un movimento contraddittorio spinto dal caso. Nessuna ricerca di bellezza. Solo di verit. Eppure in quel movimento assurdo e registicamente incoerente c tanto di pi. C lindecisione del protagonista adolescente con i suoi due moventi, luno nega laltro. Essere come il padre, uguale a lui perfino nella stupida ferocia, oppure seguire la propria lealt e mettere in atto la pro- messa a Nabil? Appartenere alla patria famiglia o scegliere la giustizia e la protezione della famiglia di un altro? Essere figlio o essere padre di una nuova famiglia, negando e rinnegando il proprio stesso padre? Scegliere la menzogna rassicurante o la verit penosa e il senso di colpa che le per- tiene? Due panoramiche. Una a destra, laltra a sinistra. Per non andare da nessuna parte. Per restare immobili, attoniti. Per sentirsi smarriti. Lincipit di Rosetta un pugno sul sopracciglio Brutale. Non fai in tempo a capire chi sei e dove sei. N qual il motivo di tanta agitazione. Percepisci solo il disagio. Lo senti negli occhi e subi- to nello stomaco. Un misto di rabbia e di paura. Perch Rosetta corre? per- ch tanta violenza? cos successo prima? Perch lincipit nasconde e insieme denuncia lesistenza di un prima sconosciuto, la mancanza di una premessa, di un prologo tragico che indi- chi allo spettatore i motivi del gesto, il movente dellazione. In Rosetta lo spettatore testimone della furia della protagonista, senza poterla com- prendere appieno, senza poterla condividere, senza alcuna possibilit dimmedesimazione. Furia e basta. E rabbia. E paura. Una scelta in contrasto con la tensione e lattenzione tutta politica, di analisi politica, dei fratelli Dardenne. Perch Rosetta una delle giovani vittime dei contratti di formazione, tanto in voga nellEuropa liberista. Per due anni le aziende non sono tenute a pagare i contributi e godono di sgravi fiscali. Dopo devono assumere. E regolarmente licenziano. Senza giusta causa, licenziano. E assumono un altro giovane, con un altro con- tratto di formazione, per altri due anni. Questo il prologo. La premessa al nodo tragico della ricerca di un impiego stabile. Questo il big bang da cui detona tutta la narrazione. E avviene prima, di nascosto, a nostra insaputa. Avviene fuori campo. 75 74 nate, anche ai tradimenti e alle fughe. Non si tralascia alcun dettaglio, anche se cos si sopprime ogni forma di rappresentazione spettacolare. Per questo non ci sono sparatorie nel cinema dei fratelli Dardenne, non ci sono elicotteri in fiamme, n esplosioni di grattacieli, non ci sono barche n auto di lusso. Ci sono invece corse in motorino, lunghe camminate a piedi per le strade fredde e ostili di Liegi. E c una luce cupa che investe tutto e tutti, in ogni film, in ogni storia. Anche la luce degli interni sempre la stessa, di taglio, decisamente contrastata, con la dominante livida dei neon o delle lampadine a risparmio energetico nelle abitazioni rifugio, precarie quanto gli occupanti che le abitano. Una luce che disegna un destino. Poi c il montaggio. La distribuzione delle informazioni nel tempo. Occorre una macrosequenza di sedici minuti per capire la relazione tra i due protagonisti de La promesse. Sedici minuti per comprendere la sof- ferenza di un rapporto tra padre e figlio. Ed il tempo a svelare e a nascondere. cos per il padre de LEnfant, che vagola lungamente prima di cede- re il suo fagotto. Una lunghissima microsequenza di nove minuti, che viene interrotta e spezzata. Che viene spezzettata in microinquadrature di attraversamenti, per raccontare un viaggio senza meta che segner la con- danna del protagonista. Perch stavolta non semplice dolo, non sem- plice delittuoso delinquere di un padre per caso. Lui non sta facendo un furtarello, sta vendendo suo figlio. E allora la sequenza si riempie di sca- valcamenti di campo, di errori di regia nella rappresentazione dello spa- ziotempo cinematografico. Ma proprio lo scavalcamento di campo ostentato e reiterato che ci permette di comprendere il procedere errante e senza senso del padre adolescente. Lui non sa dove andare, perch non sa quello che sta facendo. Non sa nemmeno se lo far. E infatti ci ripen- ser subito dopo, mettendosi inevitabilmente nei guai con la malavita. Una microsequenza quindi che riprende, proprio attraverso lerrore dello scavalcamento di campo, lesitazione stupida e stupita del padre infame. Il tempo gioca e si dilata, oppure si inceppa. Nel cinema dei fratelli Dardenne il montaggio oscilla tra il tempo reale e lo sbriciolamento in sequenze frante. colonna sonora, non c nessuna musichetta a coprire, a celare il fastidio, a nascondere il disagio. Solo un pianto acuto dallarme, uno strillo dantifur- to rotto. Che forse il suono della paura. Tecniche di ripresa e di montaggio La scelta prima la camera a spalla. E ha un valore politico. La camera a spalla dei Dardenne uno strumento danalisi e di ricer- ca. Limpostazione quella del documentario. Non lasciarsi imbrigliare e imbrogliare da unimmagine bella. Non compiacersi delleleganza dei movimenti di macchina, della ricercatezza della fotografia, dellequilibrio della composizione. Ma cercare, guardare con attenzione, rimanere con- centrati sui fatti, sulle persone, sui nessi di causa e di effetto che ne rego- lano le azioni. Cercare sempre, senza sosta, stare incollati al personaggio, scrutarne tutti i movimenti, tutti i passaggi, tutte le indecisioni. Quella dei Dardenne una visione coinvolta, partecipe, in certi momenti accorata, ma mai compromessa. Gli autori lasciano lo spazio alle storie. Non ne prendono il posto. Altra scelta tecnica essenziale quella del primo piano, del primissimo piano addosso al personaggio. Perch il personaggio a guidare la came- ra, a tracciarne le traiettorie. Nel cinema spesso si sceglie prima il punto macchina. La posizione della camera, la sua altezza da terra, lobiettivo con i relativi limiti di campo, successivamente la posizione del personaggio e i suoi eventuali movimenti. Dopo si procede con la luce, che deve vestire lo spazio coper- to dallinquadratura. Lattore cos costretto dalla selezione del regista: ogni gesto, ogni spostamento nello spazio, ogni azione viene circoscritta, recintata, regolata dalle norme del set. Ognuno al suo posto, in questa feroce divisione del lavoro di un cinema in forma catena di montaggio. Nel cinema dei Dardenne lo sviluppo diverso. Le priorit sono inver- tite. C il personaggio che vive la storia. La camera e tutto il set gli vanno dietro. la tecnica del pedinamento, di cui scriveva Zavattini, che ha informato di s la stagione italiana pi illuminata, quella del neorealismo. Cos la camera a pedinare, un pappagallo sulla spalla del pirata attore. Gli sta sopra. A ogni passo, a ogni sorriso, a ogni incerta espressione del volto. Tutto viene colto, viene raccolto e registrato, viene ricordato per dare spessore di credibilit alle azioni, anche a quelle pi incoerenti e sconclusio- 77 Un sistema o una formula? Elio Girlanda Si sa che lopera complessiva di un autore prima o poi finisce per formare un sistema, ovvero un ordine progettuale e consapevole di elementi sti- listici e tematico/narrativi, che presiede allinsieme del suo cinema e in qualche misura lo prevede. Anche se ci sono molte personalit, anche forti, che sfuggono a qualunque schema o contenitore che le possa classi- ficare o etichettare, mentre altre comunque rivelano un serbatoio intrica- to di ricorrenze, ritorni e rimandi, senza per la presunzione di una coe- renza ferrea. Infine esistono gli irregolari che preferiscono cambiare con- tinuamente sia il genere o la storia che il tema. I Dardenne, secondo la maggioranza dei critici e degli analisti, rientrano benissimo nel gruppo dei sistematici. Ci anche in forza della ripetizione, perseguita negli ultimi quattro lungometraggi, della struttura di racconto, dei problemi tematiz- zati, del riferirsi alla cronaca sociale e alla condizione degli emarginati, Daltronde si sa come tale sistematicit possa a volte, soprattutto nella ricezione critica, stancare o perlomeno non sorprendere pi. il caso de Lenfant dopo la vittoria conseguita a Cannes, quando molti hanno rim- proverato ai due registi di fare sempre lo stesso film. In prima approssimazione i Dardenne, pur con una cifra stilistica una- nimemente riconosciuta come originale e coerente, potrebbero rientrare in quella categoria del cinema civile o impegnato, militante, detta anche del realismo sociale, che fa pensare a maestri antichi ma anche recenti come Peter Watkins e Ken Loach. La qual cosa segnala, comunque, unistanza di riconoscibilit implicita nel loro cinema come nelle loro dichiarazioni. Ancor pi provocatoriamente si potrebbe sostenere, dato il repertorio di marche enunciative rilevato nei saggi di questo volume, che il loro sia sostanzialmente un cinema di genere (dramma sociale, thriller metafisi- co, docudrama esistenziale ecc). La stessa nozione di realismo, pi o meno 76 C un tempo reale povero, che amplifica un momento inessenziale della narrazione, trasferendolo su una sfera sacrale. La costruzione della cassetta da falegname in Le fils si prolunga per oltre quattro minuti. Non accade nulla: il ragazzo segue le indicazioni del mastro, misura i pezzi di legno, li assembla, realizza il manufatto. Ma la percezione dello spettato- re di una dilatazione temporale; e un rallenty secondo il linguaggio cine- matografico implica sempre una sottolineatura, unenfatizzazione dellat- to. In questo modo la costruzione della cassetta diventa un gesto liturgi- co, diventa la stipula di un patto, la costruzione di una nuova relazione, di un nuovo rapporto: ladulto e ladolescente si scelgono vicendevolmente come padre e come figlio. E c invece un tempo reale sostanziale, che si limita a rispettare un momento fondamentale della narrazione, rappresentandolo per quello che , un istante di vita. Senza tagli, senza omissioni, la sequenza del manca- to suicidio di Rosetta si realizza nellintegra corrispondenza temporale con la realt. Non si gioca con la rabbia e la paura di unadolescente che cerca e vuole la normalit: io mi chiamo Rosetta, io ho un lavoro, ho un amico, ho una vita normale. Il tempo reale onora la sincerit del suo dolore. In maniera simmetricamente opposta i Dardenne utilizzano la polve- rizzazione della sequenza, quando frantumano con una serie di tagli in asse la sequenza iniziale di Lenfant. come se ci fosse una catena di false partenze, di sorprendenti fallimenti. Bruno non c. Il lungo primo piano di madre e figlio che lo cercano sulle scale, sul pianerottolo, in una cabina telefonica, viene spezzato, ridotto in poltiglia, imbottito di ellissi, di omis- sis, di ripetizioni inutili del gesto. Bruno non ci sar. Perch ha scelto di non scegliere. Ogni scelta tecnica, nelle fasi di ripresa o di montaggio, concorre cos alla coerenza della narrazione, alla sua credibilit. E permette una precisa ade- renza alla realt socioeconomica che vuole raccontare. Si parte dalla realt. E alla realt si torna, per mezzo del racconto, della narrazione di una storia. Alla realt si torna, per mezzo del cinema. in questo modo che lo stile di regia si piega ai temi rappresentati, d loro autenticit. E forma sincera di realismo.