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Prof.ssa M. Gabriella Trisolino


maria.trisolino@uniurb.it
A.A. 2011/12

APPUNTI di BIOMECCANICA
Laurea triennale, L-22
Obiettivi formativi
Il corso si propone di fornire allo studente nozioni specifiche delle leggi della fisica applicate al movimento umano e alla
meccanica muscolare, oltre alla conoscenza dei principi di funzionamento delle strumentazioni elettroniche per la
valutazione biomeccanica.

Programma
- PROGRAMMA LEZIONI TEORICHE
- Leggi della meccanica
- Contrazione muscolare
- Regimi di contrazione muscolare
- Meccanismi della forza
- Espressioni della forza
- Elettromiografia di superficie
- Principi di funzionamento delle strumentazioni

PROGRAMMA ESERCITAZIONI PRATICHE
- Analisi di uno SJ con misurazione simultanea della variazione della posizione e velocit del baricentro.
- Analisi di movimenti alla leg-press con misurazione simultanea della variazione angolare al ginocchio e della
velocit di spostamento del carico
- Costruzione di una curva F/V con esercizio alla panca
- Nozioni generali sulla piattaforma di forza e analisi di uno SJ, CMJ, Drop Jump eseguiti su piattaforma di forza
con misurazione della variazione angolare al ginocchio
- Analisi del segnale elettromiografico durante Drop Jump eseguito a diverse altezze di caduta, studio del
fenomeno del ritardo elettromeccanico, studio della relazione fra forza isometrica e segnale elettromiografico









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Modalit didattiche, obblighi, testi e modalit di accertamento.
Lezioni frontali e laboratori pratici

Testi: Testi di studio:
- Dispense fornite dal docente.
- S. J. Hall. Basic Biomechanics. McGraw-Hill 2007.
- V. Zatsiorsky, W. Kraemer Scienza e pratica dellallenamento della forza. Ed.
Calzetti Mariucci 2008.
- Bosco C. LA FORZA MUSCOLARE. Aspetti fisiologici ed applicazioni pratiche. S.S.S.
Roma, 1997.

Esame scritto ed orale























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BIOMECCANICA: definizione e prospettive

Dal 1970 la comunit scientifica internazionale ha adottato il termine di biomeccanica per
descrivere la scienza che si occupa dello studio delle propriet meccaniche dei sistemi
biologici. Per sistemi viventi (biosistemi) intendiamo:
a) gli organismi completi (per es. luomo);
b) i loro organi, i loro tessuti ed anche i liquidi ed i gas in loro contenuti (sistemi interni
dellorganismo);
c) i raggruppamenti di organismi (per es. una coppia di acrobati; due lottatori).

La biomeccanica si divide in due grandi aree di studio:
la micromeccanica che studia la struttura e le funzioni delle singole unit motorie;
la macromeccanica che analizza la cinematica e la dinamica dei rapporti e delle
forze, esogene ed endogene, che interagiscono nel movimento in toto.

La biomeccanica utilizza gli strumenti della meccanica, branca della fisica che
comprende lanalisi e le azioni delle forze, e studia gli aspetti anatomici e funzionali degli
organismi viventi. Statica e dinamica sono le due maggiori sottobranche della meccanica.
La statica lo studio dei sistemi che mantengono uno stato di moto costante, che , sia in
quiete (senza movimento) o in movimento con velocit costante.

Lallenamento sportivo, sia rivolto verso lo sport di alto livello sia verso la semplice attivit
sportiva, oggi non pu pi essere basato sullempirismo, il suo posto ormai stabilmente
occupato dai diversi rami della scienza, in particolare dalla fisica e dalla fisiologia.
Le leggi della fisica e della fisiologia nel movimento umano non possono essere
analizzate separatamente ma armonizzate tra loro, la biomeccanica ha il compito di fare
questo.
La biomeccanica studia i movimenti meccanico-fisiologici degli animali ed in particolare
delluomo.
Luomo compie tutti i suoi movimenti per mezzo del sistema locomotore.

Il sistema locomotore pu essere considerato come un insieme di motori (muscoli striati)
capaci di trasformare energia chimica in meccanica compiendo lavoro su di una macchina
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(sistema delle leve ossee) che utilizza tale lavoro per promuovere il moto del corpo o di
sue parti rispetto allambiente esterno (G. A. Cavagna).
Lo scopo principale della biomeccanica di creare le basi scientifiche della tecnica
sportiva, per poter applicare efficacemente le forze ed avere il miglior rendimento finale.


Lapparato muscolo-scheletrico

Lapparato locomotore delluomo, costituito dai muscoli, dallo scheletro, dalle articolazioni
e dai tendini, il sistema biologico deputato a resistere alla forza di gravit e a produrre
movimento.
La muscolatura scheletrica, la cui contrazione dipende dal controllo cosciente, grazie alla
capacit di trasformare lenergia chimica in lavoro meccanico e calore, rappresenta il
motore del sistema. Il muscolo, sotto laspetto meccanico caratterizzato da elevata
potenza relativa (rapporto peso/potenza) ed capace di esprimere forze per unit di
superficie muscolare dellordine di 5-8 kg/cm
2
. La forza massimale che ciascun muscolo
in grado di generare non costante, poich dipende anche dal suo grado di
accorciamento.

Se sottoposti a sforzi sistematici, i muscoli danno luogo a fenomeni di adattamento agli
stimoli esterni che, dal semplice miglioramento del tono muscolare (es. fitness) producono
uno stato di ipertrofia muscolare con aumento considerevole della forza (es. body building
e pesistica) in tutte le espressioni (forza massima, esplosiva, resistente, ecc.). Ricordiamo
che ad alti livelli di forza massima, sebbene non espressamente richiesti in ogni disciplina
sportiva, costituiscono un requisito essenziale posto alla base dellallenamento di
qualunque altra manifestazione della forza muscolare.
I muscoli ricoprono pressoch interamente la superficie scheletrica alla quale
prevalentemente si inseriscono, contribuendo largamente a determinare, insieme allo
scheletro, la forma del corpo.
I muscoli presenti nel nostro organismo sono circa cinquecento, quasi tutti pari e
simmetrici. Si distinguono in muscoli delle regioni assiali e muscoli delle regioni
appendicolari. I primi comprendono i muscoli del dorso, della testa, del collo, del torace e
delladdome. I secondi si distinguono in muscoli degli arti superiori (muscoli della spalla,
del braccio, dellavambraccio e della mano) e in muscoli degli arti inferiori (muscoli
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dellanca, della coscia, della gamba e del piede). I tendini, costituiti da tessuto fibroso a
fasci paralleli, hanno il compito di trasferire le forze muscolari alle ossa in determinati punti
di inserzione.

Lo scheletro, con funzione principale di sostegno, effettua continui cambiamenti nel corso
della vita (cambiamenti di forma, percentuale dei costituenti, propriet meccaniche) per
effetto del costante rimodellamento osseo. Il fenomeno favorito dallesercizio fisico.
noto, infatti che una persona che si sottoponga ad intensa attivit muscolare, non solo
aumenta la massa e la forza dei propri muscoli, ma irrobustisce anche le ossa in risposta
alle maggiori sollecitazioni cui sono sottoposte. Nonostante la apparente staticit, quindi, il
tessuto osseo in continuo rinnovamento attraverso incessanti meccanismi di
riassorbimento e neosintesi di tessuto che si svolgono nellintero arco di vita. La funzione
dellosso, oltre che statica, anche metabolica, partecipando il tessuto osseo al
metabolismo calcio-fosforo. Lapparato scheletrico costituito da ossa, cartilagini,
articolazioni. Il numero delle ossa, a sviluppo completo, dopo il 25anno di et, di poco
superiore a 200. Il tessuto osseo viene detto compatto se le lamelle ossee che lo
costituiscono sono stipate parallelamente formando strutture compatte e molto regolari,
oppure spugnoso se le stesse sono disposte formando trabecole irregolari, delimitanti un
labirinto di spazi intercomunicanti, detti midollari.
Nel tessuto osseo si riconoscono le cellule e una matrice intercellulare, organica e
inorganica. Alla matrice organica, fibre collagene soprattutto, losso deve la sua resistenza
alla trazione e alla compressione, mentre i costituenti inorganici sono responsabili della
sua durezza e rigidit. Nonostante tali caratteristiche, losso molto leggero e questo
binomio tra massima resistenza e minor peso dovuto alla sua composizione chimica e
alla sua mirabile architettura interna. in particolare, nellosso spugnoso, le lamelle sono
orientate in modo da formare archi di resistenza alle pressioni, secondo un principio di
miglior sfruttamento del materiale.

Le articolazioni costituiscono le giunture tra i segmenti dello scheletro e ne permettono la
connessione stabile. Regolano inoltre direzione ed ampiezza dei movimenti agendo come
elementi passivi sotto lazione della muscolatura striata volontaria.

La cartilagine articolare costituisce la superficie di contatto tra i capi articolari. Essa pi
spessa nelle articolazioni sottoposte a maggior carico e nei punti ove c maggior attrito.
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La cartilagine articolare si caratterizza per le sue elevate propriet meccaniche di
resistenza ed elasticit.

La capsula articolare costituisce un involucro ermeticamente chiuso intorno alla cavit
articolare. Si distinguono in essa due strati:
uno esterno costituito da tessuto connettivo compatto, che in alcune zone si
irrobustisce notevolmente cos da costituire strutture tendiniformi dette
legamenti. Essi contribuiscono alla stabilit della articolazione grazie alla loro
elevata resistenza alla trazione. I legamenti possono essere indipendenti
dalla capsula fibrosa e trovarsi sia allinterno della cavit articolare
(legamenti intrarticolari), sia allesterno della capsula, per collegare tratti
scheletrici tra loro distanti;
uno interno, detto membrana sinoviale, costituita da tessuto connettivo
denso, che produce il liquido sinoviale, il quale umetta e lubrifica le superfici
articolari, rendendo possibili movimenti accompagnati da attriti interni molto
ridotti.




Bibliografia:

FIPCF. BIOMECCANICA SPORTIVA: teoria e applicazioni. S.S.S: Roma 2003











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LEGGI DELLA FISICA

Le leggi della fisica sono formulate in termini di grandezze fisiche, vale a dire di quantit
misurabili, caratterizzate da un valore numerico e da ununit di misura.
Si definisce quindi una grandezza fisica una caratteristica di un corpo o di un fenomeno
che pu essere sottoposta a misura, il cui esito sar un numero corredato da una
corrispondente unit di misura. Lunit di misura pu essere definita come la grandezza
assunta come campione che permette il confronto con una grandezza omogenea.
Una grandezza fisica quindi una entit che si pu misurare, confrontare e sommare con
altre della stessa specie. Es. lunghezze, massa, tempo, velocit, ecc.
Le grandezze, inoltre, possono essere scalari e vettoriali.
Si dicono scalari quelle caratterizzate pienamente dalla misura e unit di misura
(lunghezza, tempo, massa, energia, potenza, ecc.)
Si dicono vettoriali quelle per le quali bisogna dare anche direzione e verso (velocit,
accelerazione, forza, quantit di moto, ecc.)

Si possono avere due tipi di misure tra grandezze:
Misura diretta
Misura indiretta.

La misura diretta consiste nel confronto diretto fra la grandezza da misurare e una
grandezza ad essa omogenea assunta come unit.
Una misura si dice indiretta quando il valore della grandezza che si vuole determinare
ottenuta eseguendo la misura di altre grandezze dalle quali dipende quella in esame.
Un esempio di misura diretta quello della misura della lunghezza, essa viene eseguita
confrontando direttamente la lunghezza delloggetto in esame con un segmento di
riferimento definito metro, assunto come unit di misura.
Lesempio di una misura indiretta quello della grandezza velocit. Essa derivata dalla
misura di altre, sfruttando la relazione fisico matematica che la collega, precisamente dalla
lunghezza e dal tempo v = s/t.
Si deduce da questo che nellinsieme di tutte le grandezze fisiche possibile definire
lunit di misura di alcune di esse e derivare poi da queste le unit di misure delle altre
grandezze.
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Le grandezze la cui unit di misura scelta indipendentemente dalle altre sono dette
grandezze fondamentali; le grandezze la cui unit di misura derivata dallunit delle
grandezze fondamentali si dicono grandezze derivate.


Le grandezze fondamentali sono sette (tabella 1).
Nella tabella 2 sono riportate alcune delle pi importanti grandezze derivate ed utilizzate in
ambito sportivo.


Tab 1 grandezze fondamentali
Nome grandezza Nome dellunit Simbolo corrispondente
Lunghezza Metro m
Massa chilogrammo kg
Tempo Secondo S
Temperatura Kelvin K
Corrente elettrica Ampere A
Intensit luminosa Candela Cd
Quantit di materia Mole mol















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GRANDEZZE Fisiche UNITA DI MISURA S.I.
Nome simbolo Nome simbolo
Velocit V m me et tr ri i a al l s se ec co on nd do o m m/ /s s
Spazio percorso S S M Me et tr ri i m m
Tempo (intervallo di) T T; ; t t S Se ec co on nd do o s s
Accelerazione,
acc di gravit
a a, , g g M Me et tr ro o a al l s se ec co on nd do o p pe er r s se ec c. .
m m/ /s s
2 2

Forza F F N Ne ew wt to on n N N
Lunghezza L L; ; l l M Me et tr ro o m m
Potenza P P W Wa at tt t W W
Massa M M K Ki il lo og gr ra am mm mo o k kg g
Lavoro (=energia) L L J Jo ou ul le e J J
Peso (forza di gravit) P P N Ne ew wt to on n N N
Angolo
a a, ,b b, , , ,, , , ,, , R Ra ad di ia an nt te e r ra ad d
Velocit angolare
r ra ad di ia an nt ti i a al l s se ec co on nd do o r ra ad d/ /s s
Energia E E J Jo ou ul le e j j
Momento di una forza M M n ne ew wt to on n p pe er r m me et tr ro o N N* *m m
Frequenza
F F; ; f f, , H He er rt tz z H Hz z
Mole M Mo ol l M Mi il ll li im mo ol li i m mm mo ol l
Tab 2 Grandezze fisiche














10
O
A
V
r
MECCANICA DEI CORPI

la meccanica quella parte della fisica che studia il movimento dei corpi, per ragioni
didattiche tradizionalmente divisa in :

1. statica: si occupa delle condizioni di equilibrio dei corpi;
2. cinematica: descrive il movimento dei corpi;
3. dinamica: studia le relazioni tra il movimento e le cause che lo producono.

Le applicazioni di biomeccanica utilizzano i concetti propri tanto della statica, quanto della
cinematica e della dinamica dei corpi. Molte delle principali grandezze fisiche usate
(velocit, accelerazioni, forze, momenti, ecc.) sono di natura vettoriale, esse obbediscono
ad unalgebra diversa rispetto a quella delle grandezze scalari comunemente note a tutti.
Per questa ragione, necessario conoscere le principali operazioni con i vettori al fine di
potere applicare; con rigore scientifico, le leggi della meccanica allo studio dei gesti
sportivi.
Mentre le grandezze scalari sono caratterizzate soltanto dallintensit, espressa mediante
un numero che ne misura la grandezza (es. massa, volume, tempo,ecc.).
Le grandezze vettoriali, invece, non vengono definite soltanto da un numero (intensit),
ma, per essere individuate e precisate in modo completo, richiedono anche una direzione,
un verso ed un punto di applicazione. Pertanto, le grandezze vettoriali vengono
graficamente rappresentate con dei segmenti orientati chiamati vettori. Appartengono alla
classe delle grandezze vettoriali gli spostamenti, le velocit, le accelerazioni, i momenti,
ecc.

il vettore (V)
la sua direzione (r)
verso >
il punto di il applicazione (O)
lunghezza segmento OA




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Sulle grandezze vettoriali si effettuano operazioni di tipo grafico, nelle quali, oltre
allintensit del vettore, si tiene conto dei suoi parametri geometrici (direzione e verso). Tra
le numerose operazioni con i vettori, si ritiene utile, in questa sede, richiamarne due: la
somma tra vettori complanari e la scomposizione di un vettore secondo due direzioni
assegnate.

Somma di due vettori

Nel caso particolare che i due vettori giacciono sulla stessa retta (hanno quindi la stessa
direzione), la loro somma (R) si riduce ad una operazione algebrica tra i due moduli,
tenendo conto del verso fig.2




Fig.2 Somma di vettori di uguale direzione: a) vettori concordi; b) vettori discordi.

Nel caso, pi generale che i due vettori abbiano direzione diversa (vettori concorrenti), la
somma dei due vettori si effettua con una semplice costruzione grafica che prende il nome
di regola del parallelogramma.
Il vettore risultante ( R ) rappresentato in direzione, verso e intensit della diagonale del
parallelogramma costruito sui vettori di partenza.


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La figura 3 rappresenta una applicazione della composizione di due vettori concorrenti.


Fig. 3 Somma di vettori concorrenti.

Se i due vettori di partenza V1 e V2 sono tra loro perpendicolari, allora lintensit della
risultante si pu determinare con precisione matematica, applicando il teorema di
Pitagora:

R =
2 2
2 1 V V +


Scomposizione di un vettore secondo due direzioni assegnate

Ogni vettore pu essere considerato come somma di due vettori, chiamati componenti.
Scomporre un vettore V secondo due direzioni, significa individuare i due vettori
componenti V1 e V2 agenti sulle direzioni assegnate 1 e 2, tali che la loro somma dia il
vettore di partenza.


Fig. 4 Scomposizione di un vettore.

I due vettori componenti V1 e V2 si ottengono conducendo dalla punta del vettore V la
parallela alla direzione 1 fino ad intercettare la retta 2, quindi conducendo dalla punta del
vettore V la parallela alla direzione 2 fino ad intercettare la retta 1. i vettori V1 e V2 trovati,
oltre ad avere le direzioni volute, ammettono come risultante il vettore di partenza V.
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Elementi di trigonometria

Di notevole importanza risulta in molti problemi fisici la conoscenza delle funzioni angolari.
Sono funzioni matematiche che associano un numero allampiezza di un angolo. In questa
sede ci limiteremo a definire il seno, il coseno e la tangente di un angolo.
Consideriamo una circonferenza che abbia il centro nellorigine degli assi di riferimento e
raggio pari a 1 (fig. 5).





Fig. 5 funzioni trigonometriche.

Si definisce seno dellangolo lordinata del punto P cio il segmento QP, inoltre si
definisce coseno dellangolo lascissa di P cio il segmento OQ.

Infine, definiamo la tangente di un angolo come il rapporto tra seno e coseno di
quellangolo:

tg = = = = sen / / / / cos


r
P
Q O
x
y
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Ricordiamo alcune propriet notevoli dei triangoli che ci saranno utili nel prosieguo della
trattazione:

In un triangolo rettangolo la misura di un cateto uguale al prodotto dellipotenusa per il
seno dellangolo opposto al cateto o per il coseno dellangolo adiacente al cateto stesso.

In un triangolo rettangolo la misura di un cateto uguale a quella dellaltro cateto
moltiplicata per la tangente dellangolo opposto al primo.

Richiamiamo alcune grandezze che trovano ampia applicazione nello studio dei problemi
della biomeccanica.























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La statica

Concetto di forza e suoi elementi.
In fisica si definisce forza ci che capace di deformare o di modificare lo stato di quiete o
di moto di un corpo. Semplificando, possiamo definire la forza come una spinta o una
trazione.
Classificazione delle forze in biomeccanica
Le forze interne sono forze che agiscono allinterno del soggetto o del sistema di cui
studiamo il movimento.
Il corpo umano un sistema di organi, strutture, ossa, muscoli, tendini, legamenti,
cartilagine ed altri tessuti. Queste strutture esercitano forze le une sulle altre. Il muscolo
tira i tendini, che tirano le ossa. Nelle articolazioni, le ossa premono sulla cartilagine, che
spinge su altra cartilagine e ossa. Quando tirano le forze agiscono sulle estremit di una
struttura interna, le forze interne tirando producono forze di trazione, la struttura in
tensione. Se le forze di spinta agiscono sulle estremit di una struttura interna, le forze
interne spingendo producono una forza di compressione, e la struttura in fase di
compressione. Le forze interne tengono insieme gli elementi quando la struttura in
tensione o in compressione.

Le forze esterne sono quelle forze che agiscono su un oggetto a causa della sua
interazione con l'ambiente che lo circonda.
Possiamo classificare delle forze esterne come delle forze
con contatto
senza contatto
La maggior parte delle forze sono delle forze di contatto. Queste si verificano quando gli
oggetti si toccano. Le forze senza contatto sono delle forze che si verificano anche se
gli oggetti non si toccano. Lattrazione gravitazionale della terra una forza senza
contatto. Altre forze senza contatto includono delle forze magnetiche e delle forze
elettriche.





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Elementi che caratterizzano una forza:
Intensit (valore della forza espresso in newton o kg).
Direzione ( la linea lungo la quale la forza agisce. In ogni direzione vi sono due
sensi di spostamento).
Verso (indica il senso proprio dello spostamento).
Punto di applicazione (indica il punto materiale al quale applicata la forza).
Nella figura 6 si evidenziano due forze (F1 e F2) con lo stesso punto di applicazione (p)
che agiscono nella stessa direzione (r) ma con verso diverso (verso della freccia).



Fig 6


MOMENTO DI UNA FORZA (o torque)

Si definisce momento di una forza rispetto ad un punto, un punto perpendicolare al piano
determinato dal punto e dalla forza, diretto verso lalto se la rotazione avviene in senso
antiorario, verso il basso se la rotazione avviene in senso orario, e avente come intensit
il prodotto dellintensit della forza per la distanza dal punto (fig 7).

Fig 7 Momento di una forza






M = F * b





F F
1 1
F F
2 2
p p
r r
P P
braccio braccio
F F
17









Fig 8
Nella figura 8 si evidenzia come al variare del braccio di leva si modifica il momento della forza, di conseguenza valori
diversi di forza creano equilibrio.























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Cinematica
La cinematica studia il moto senza tener conto n delle cause che lhanno prodotto, n
delle caratteristiche dei corpi che si muovono. Per la cinematica non esistono corpi in
movimento, ma solo punti mobili. Un corpo, per quanto esteso e pesante, considerato
un semplice punto materiale nel quale simmagina concentrato tutto il corpo che si muove
in uno spazio.
Il moto di un punto materiale determinato se noto la sua posizione istante per istante.
Per determinare la posizione di un punto P occorre fissare un sistema di riferimento p.e. il
SISTEMA CARTESIANO. La posizione del punto individuata da una terna di numeri (x,
y, z) chiamate coordinate del punto P.
Ogni corpo in movimento percorre una linea definita traiettoria, ossia linsieme delle
posizioni successivamente occupate da un punto materiale nello spazio.
La traiettoria pu essere rappresentata da una linea retta o curvilinea Fig 9.








Fig 9
Il moto di un punto lungo la sua traiettoria si studia considerando le posizioni che esso
occupa entro determinati intervalli di tempo. La distanza tra due successive posizioni si
definisce spazio percorso.
Al variare del tempo t varia anche lo spazio percorso s, per questo si dice che lo spazio
funzione del tempo. La formula che esprime tale funzione si dice legge del moto e pu
essere rappresentata anche graficamente, riportando il tempo e lo spazio in un sistema di
assi cartesiani Fig 10.





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Fig. 10 Nel diagramma spazio-tempo di un moto uniforme appare evidente la costante del rapporto s/t.




Premesso che un punto si dice in quiete se la sua posizione spaziale rimane immutata nel
tempo, si dice in moto se in tempi successivi occupa posizioni diverse, definiamo
traiettoria seguita dal punto linsieme di queste posizioni occupate nel tempo.
Si definisce velocit media il rapporto tra lo spazio percorso ed il tempo impiegato.
Nel Sistema Internazionale (S.I.) si misura in metri al secondo.

V
m
= s/t

Dove s lo spazio percorso; t il tempo impiegato.

Se la velocit costante e la traiettoria rettilinea il moto si definisce:
moto rettilineo uniforme.

Le formule inverse sono:
s = v * t per calcolare lo spazio
t = s / v per calcolare il tempo.
Naturalmente la velocit vera, istante per istante, potr essere diversa dalla velocit
media.



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La cinematica tiene conto di quattro principali grandezze:
Posizione (spazio)
Velocit
Accelerazione
Tempo

e da questo si possono ricavare quattro principali tipi di MOTO:

MOTO RETTILINEO UNIFORME
MOTO UNIFORMEMENTE VARIO
MOTO NATURALMENTE ACCELERATO
MOTO CIRCOLARE


Moto rettilineo uniforme
Il moto uniforme quello di un punto che percorre spazi uguali in tempi successivi uguali,
ad esempio dire che un corpo viaggia a 25 m/s significa che il corpo percorre 25 metri in
un secondo, 50 metri in due secondi e cos via secondo un rapporto spazio-tempo che si
mantiene costante, tale rapporto la velocit del corpo:
V = S/T numericamente riportato nella tab 3.


Spazio
m

Tempo
s

s/t
25
50
100
150
5
10
20
30
5
5
5
5

Tab 3

Dalla formula della velocit si ricava che lo spazio percorso corrisponde al prodotto della
velocit per il tempo: S = V * t.
21
La relativa formula sintetizza la legge del moto uniforme vale a dire gli spazi percorsi sono
proporzionali ai tempi impiegati a percorrerli.
Il moto rettilineo uniforme, il pi semplice di tutti i moti, molto importante in fisica poich
il moto di un corpo su cui non agiscono forze.

Un punto si dice in quiete, rispetto ad un sistema di riferimento se rispetto a tale sistema,
la sua posizione spaziale rimane immutata nel tempo, si dice in moto se in tempi
successivi occupa posizioni diverse, definiamo traiettoria seguita dal punto linsieme di
queste posizioni occupate nel tempo.
Si definisce velocit media il rapporto tra lo spazio percorso ed il tempo impiegato.
Nel Sistema Internazionale (S.I.) si misura in metri al secondo.

V
m
= s / t

Dove s lo spazio percorso; t il tempo impiegato.

Se la velocit costante e la traiettoria rettilinea il moto si definisce:
moto rettilineo uniforme.

Le formule inverse sono:

s = v * t per calcolare lo spazio
t = s / v per calcolare il tempo.

Naturalmente la velocit vera, istante per istante, detta velocit istantanea, potr essere
diversa dalla velocit media.








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Esercizi

a) Determinare la velocit media di un corridore che ha percorso i cento metri in 9.2 sec.
La velocit media sar: V
m
= s/t = 100/9.2 = 10.87 m/s.

b) Un atleta corre alla velocit di 7 m/s. Determinare quanto tempo impiega per coprire la
distanza di 3 metri.
Il tempo impiegato si calcola t = s/v = 3/7 = 0.43 secondi.

c) Nella corsa dei 100 metri due atleti, A e B, realizzano i tempi riportati nella seguente
tabella:

metri Tempi atleta A Tempi atleta B
10 1.87 1.81
20 2.95 2.88
30 3.86 3.77
40 4.74 4.65
50 5.60 5.54
60 6.44 6.40
70 7.29 7.27
80 8.12 8.11
90 8.98 9.00
100 9.84 9.87











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Calcoliamo il tempo parziale nei tratti di 10 m e la velocit media del tratto.

metri Tempo 10m velocit A (m/s) Tempo 10m velocit B (m/s)
0-10 1.87 5.3 1.81 5.5
10-20 1.08 9.3 1.07 9.3
20-30 0.91 11.0 0.89 11.2
30-40 0.88 11.4 0.88 11.4
40-50 0.86 11.6 0.89 11.2
50-60 0.84 11.9 0.86 11.6
60-70 0.85 11.8 0.87 11.5
70-80 0.83 12.0 0.84 11.9
80-90 0.86 11.6 0.89 11.2
90-100 0.86 11.6 0.87 11.5

Supponendo che latleta B nellultimo tratto di 10 m si sia mosso di moto rettilineo
uniforme, calcoliamo la distanza tra i due atleti al momento che il primo (A) tagliava il
traguardo.
Nellultimo tratto (90-100), nel tempo pari a 9,84- 9,00 = 0,84 sec. latleta B compie uno
spazio pari a v* t = 11,5 * 0,84 = 9,66 m che si aggiungono ai 90 metri gi percorsi, per un
totale di 99,66 metri.
Latleta A nel frattempo ha tagliato il traguardo dei 100 metri, pertanto la distanza tra i due
atleti sar di 100-9,66 =0,34 m = 34 cm.

Nella pratica, spesso la velocit viene misurata in unit estranee al Sistema
Internazionale, esempio in Km/h. Occorre ricordare che per trasformare la velocit
espressa in m/s nella equivalente in Km/h, necessario moltiplicare il numero per 3,6.

Esempio: un corridore corre alla velocit di 5 m/s. Determinare la sua velocit in km/h.
V = 3,6 * 5 = 18 km/h
Viceversa per trasformare i km/h in m/s occorre dividere il numero per 3,6.

Esempio: una palla da tennis viaggia alla velocit di 80 km/h. Determinare la sua velocit
in m/s:
v =80/3,6 = 22,2 m/s
24
Moto uniformemente vario
Il moto vario un moto che avviene con velocit variabile, tale variazione di velocit
dovuta allaccelerazione.
Si parla di moto uniformemente vario poich laccelerazione costante.
Per tenere conto della variazione della velocit si introduce unaltra grandezza fisica
fondamentale: laccelerazione

Laccelerazione la misura della variazione di velocit nellunit di tempo.
Si chiama accelerazione laumento di velocit nellunit di tempo,
si chiama accelerazione negativa, o decelerazione, la diminuzione di velocit nellunit di
tempo.
a = v / t
v = a
*
t
t = v / a
a
m
= (v
2
-v
1
) / (t
2
-t
1
) =

t
v
m
a

=

Un caso di particolare interesse di moto vario il moto rettilineo uniformemente
accelerato: quello di un corpo che si muove su una traiettoria rettilinea con
accelerazione costante.
Le formule che descrivono questo tipo di moto sono fondamentalmente due:
S = S
0
+ V
0
* t + * a * t
2
V = V
0
+ a * t
a queste si pu aggiungere
as v v 2
2
0
+ =

che da la velocit finale quando non si conosce il tempo.
Dove:
S lo spazio percorso
S
0
lo spazio percorso allistante iniziale
V
0
la velocit allistante iniziale
a laccelerazione
t il tempo
25
Quando S
0
e V
0
sono uguali a 0
2
*
2
1
t a s =

Da cui si possono ricavare le formule inverse:
a
s
t
2
=


2
2
t
s
a =

Esercizio

a) Una automobile parte con una velocit iniziale V
0
= 3 m/s e spazio iniziale S
0
= 5 m con
accelerazione costante pari a 2 m/s
2
. Calcolare lo spazio percorso dopo 10 secondi e la
sua velocit finale.

Applicando la formula di cui sopra si ha:

S = S
0
+ V
0
* t +
2
1
* a * t
2

S = 5 + 3

* 10 +
2
1
* 2 * 10
2
= 5 + 30 + 100 = 135 metri

V = V
0
+ a * t

V = 3 + 2 * 10 = 3 + 20 = 23 m/s

b) Un bilanciere viene spinto verso lalto partendo dal petto.
Considerato che viene accelerato con una accelerazione costante di 4 m/s
2
quanto spazio
percorrer in 0,5
2
*
2
1
t a s =
=
2
5 , 0 * 4
2
1
= 25 , 0 * 2 = 0,50 m
26
c) Un bilanciere viene spinto verso lalto partendo dal petto.
Considerato che viene accelerato con una accelerazione costante di 4 m/s
2
quanto tempo
impiegher per spostarsi di 38 cm.
a
s
t
2
=
=
4
38 , 0 * 2
=
2
38 , 0
=
19 , 0
= 0,43 s


Moto naturalmente accelerato
Un caso molto importante quello della caduta dei corpi. Un corpo cade subendo
unaccelerazione di 9,81 m/s
2 ,
il suo moto detto naturalmente accelerato.
Laccelerazione di gravit indicata con g quindi g = 9,81 m/s
2
.
Tutti i corpi cadono con la medesima accelerazione. Questo comporta, che raggiungano la
medesima velocit dopo un uguale intervallo di tempo dal momento della caduta. In altre
parole, la velocit di caduta indipendente dal peso. Da questo si evince che la velocit
cresce proporzionalmente al tempo: V = g * t (fig 11).
Mediante la legge del moto naturalmente accelerato possibile calcolare anche lo spazio
percorso durante la caduta, misurando il tempo impiegato a percorrere detto spazio. Si
pu quindi affermare che gli spazi percorsi sono proporzionali al quadrato dei tempi
impiegati a percorrerli:
s = g * t
2
/2 (fig 11).











Fig 11 spazio percorso e velocit raggiunta di un corpo, soggetto alla forza di gravit in ciascuno dei 4 secondi.

Alla fine Alla fine
del 1 sec del 1 sec
Alla fine Alla fine
del 2 sec del 2 sec
Alla fine Alla fine
del 3 sec del 3 sec
Alla fine Alla fine
del 4 sec del 4 sec
m 4,9 m 4,9
m m
19,62 19,62
m m
44,14 44,14
m m
78,48 78,48
V=g=9,81 V=g=9,81
m/s m/s
V=2g=19,62 V=2g=19,62
m/s m/s
V=3g=29,43 V=3g=29,43
m/s m/s
V=4g=39,24 V=4g=39,24
m/s m/s
27
Il moto di caduta dei corpi rappresenta un caso particolare di moto rettilineo
uniformemente accelerato. In questo moto la traiettoria verticale e laccelerazione
assume, sul nostro pianeta, il valore medio pari a
g = 9,81 m/s
2
.
La velocit raggiunta da un corpo che cade da unaltezza h quando arriva a terra
(trascurando la resistenza dellaria), si calcola con la formula:
V = h g * * 2
Il tempo di caduta si calcola come:
t = V/g

Esercizio

Una palla lasciata cadere dalla quiete da una altezza di 2 metri. Calcolare con quale
velocit arriva a terra e il tempo impiegato (trascurando la resistenza dellaria).
V = h g * * 2
V = 2 * 8 , 9 * 2 = 2 , 39 = 6,26 m/s
Se vogliamo trasformare i m/s in km/h dobbiamo moltiplicare per 3,6,
quindi 6,26 * 3,6 = 22,5 km/h

Il tempo impiegato dato da t = V/g = 6,26/9,8 = 0,064 secondi

Il peso del corpo dato dalla somma vettoriale di due forze di natura diversa:
forza gravitazionale Fg = G * Mt * m/R
2
=mg essendo
2
R
GM
g
t
=
forza centrifuga Fc = m*
2
R (trascurabile)
dove:
G la costante gravitazionale universale = 6,67*10
-11

2
2
Kg
Nm
=

Mt la massa della terra = 5,98 *10
34
kg
R il raggio del pianeta = 6,38* 10
6
m
m la massa del corpo
la velocit di rotazione del pianeta
s rad /
86400
2
= R
28
Moto circolare
Il moto di un punto si definisce circolare quando la sua traiettoria una circonferenza o un
arco di circonferenza.
Il moto circolare si dice uniforme quando il punto percorre archi uguali in tempi uguali,
vale a dire quando la velocit di rotazione costante.
Nel moto circolare la velocit di rotazione si distingue in:
Velocit angolare, indicata con
Velocit periferica o tangenziale, indicata con V. (fig 12).
La velocit angolare langolo descritto nellunit di tempo; si esprime generalmente in
radianti/sec.
Un angolo di 1 radiante dato da un arco la cui lunghezza pari al raggio
1 rad = 571744,8 (fig 13).








Fig 12 Fig 13

Ogni circonferenza lunga 2 r, perci un angolo di 360vale 2 (6,28) rad.
Altro parametro da tenere in considerazione il numero di giri che compie il punto sulla
circonferenza e se questi sono confrontati con il tempo si deve parlare di frequenza.
La frequenza il numero di cicli compiuto in un secondo e si indica con f per questo la
velocit angolare si scrive = 2 f.
f si misura in Hertz, Hz o s
-1

La velocit periferica o tangenziale, la velocit posseduta da un punto M sulla traiettoria
circolare e si esprime in metri/sec. tale velocit un vettore tangente alla traiettoria.
Tenendo conto anche della frequenza, la formula della velocit periferica di un moto
circolare diventa: v = 2 r f = r.
29
Linverso della frequenza prende il nome di periodo, si indica con T e corrisponde al tempo
impiegato dal punto mobile per compiere un giro.
f
T
1
=
T si misura in sec..

Nei moti curvilinei (molto frequenti nellapparato locomotore delluomo) particolarmente
utile lintroduzione di una nuova grandezza, la velocit angolare, definita come rapporto tra
langolo descritto dal raggio vettore e il tempo impiegato.
(omega) = angolo descritto / tempo impiegato

essa si misura in radianti al secondo (rad/s).

il radiante (rad), unit di misura degli angoli molto usata in ambito tecnico, definito come
rapporto tra larco rettificato e il raggio della circonferenza.

Lunit radiante uguale allarco che, rettificato, risulti uguale al raggio.

Esiste la seguente corrispondenza con i comuni gradi sessagesimali:
1 rad = 57,3= 5717

La velocit angolare () legata alla velocit lineare V dalla seguente notevole relazione:
V = R
Dove R rappresenta il raggio o la distanza del punto del centro di rotazione.
Dalla relazione V = R risulta che nei moti di rotazione la velocit (V) dei punti del
corpo cresce proporzionalmente alla distanza del centro di rotazione (unico punto a
velocit nulla).
Per quanto riguarda direzione e verso del vettore velocit, in generale occorre ricordare
che per qualunque moto curvilineo, la velocit sempre tangente alla traiettoria come
illustrato nella figura 14


30

Fig. 14 Vettore velocit
I movimenti consentiti dalle diverse articolazioni del corpo umano sono soprattutto di
rotazione. Conseguentemente le traiettorie seguite dai diversi punti sono curvilinee. Si
possono ottenere facilmente moti complessivi di traslazione su una retta come risultato
della composizione di pi moti curvilinei elementari. Alzare un braccio verticalmente verso
lalto comporta (es. distensione in alto con manubrio), lesecuzione di due moti
sincronizzati di rotazione dellavambraccio attorno al gomito e del braccio attorno
allarticolazione scapolo-omerale. Tutti i possibili moti di rotazione dei segmenti corporei,
inoltre, sono necessariamente incompleti in quanto non sono consentite rotazioni di 360.

Esercizio

a) La velocit di rotazione della ruota di una bicicletta pari a 160 giri/min. se il raggio
della ruota pari a 35 cm, calcolare la velocit del ciclista.
Possiamo esprimere la velocit di rotazione in giri/h moltiplicarla per 60 (quanti sono i
minuti contenuti in unora):
Vr = 60 * 160 = 9,600 giri/h
Lo spazio percorso dalla ruota in un giro (in assenza di slittamento) pari alla lunghezza
della sua circonferenza:
d = 2* 3,14* R = 2 * 3,14 * 0,35 = 2,2 metri
la velocit di traslazione del ciclista sar:V = 9,600 giri/h * 2,2 m = 21,120 m/h = 21,1 km/h

b) Se in una leg-extension la leva viene spinta dalla posizione di 90a quella di 180in
2,0, quanto varr la velocit angolare media?
Spostamento = 90
Tempo = 2,0
Velocit angolare = . sec / 45
" 0 , 2
90
=


Se trasformiamo in radianti avremo 5717/45= 1,27 rad/sec

31
I moti su traiettorie curve sono sempre accompagnati da un accelerazione centripeta
diretta verso il centro di curvatura, dovuta alla variazione della direzione del vettore
velocit.

Ac = V
2
/ R

Dove R il raggio di curvatura.
Laccelerazione centripeta si pu esprimere anche in funzione della velocit angolare ():
Ac =
2
/ R
Esercizio

Durante una gara di bob una squadra affronta una curva di raggio pari a 8 metri con una
velocit di 95 km/h. Calcoliamo a quale accelerazione centripeta si trovano sottoposti gli
atleti.
Trasformiamo la velocit espressa in km/h in m/s dividendo per 3,6:

V = 95/ 3,6 = 26,39 m/s

Laccelerazione centripeta risulta:
Ac = V
2
/R = 26,39
2
/ 8 = 87,05 m/s
2

Tale accelerazione pari a quasi 9 volte laccelerazione di gravit.
Se nel moto curvilineo si verifica una variazione del modulo della velocit, nasce inoltre
una accelerazione tangenziale (At = v / t) che si somma settorialmente alla
accelerazione centripeta (Ac =
2
/ R), per ottenere laccelerazione totale del corpo.
Riepilogando, i moti elementari che abbiamo analizzato sono:

il moto rettilineo uniforme: il caso di moto pi semplice avvenendo su traiettoria
rettilinea con velocit costante. Si caratterizza per lassenza di accelerazione di
qualsiasi tipo.
Il moto rettilineo uniformemente accelerato: avviene su traiettoria rettilinea con un
accelerazione tangenziale costante. La velocit sar variabile istante per istante. Se
laccelerazione positiva la velociot aumenta nel tempo, se laccelerazione
negativa la velocit diminuisce e il corpo rallenta il suo moto.
32
Il moto circolare uniforme: si sviluppa su una traiettoria circolare con velocit, in
intensit, costante. Si caratterizza per la presenza della accelerazione centripeta.

A questi si aggiunge il moto di un proietto o proiettile che il moto di un corpo lanciato
obliquamente nello spazio con data velocit, in assenza di resistenza dellaria. Sono
molte le specialit sportive (pallacanestro, calcio, lancio del giavellotto, salto in lungo,
ecc,.) nelle quali, latleta o lattrezzo, seguono il moto di questo tipo.

Si dimostra che la traiettoria descritta dal baricentro del corpo lanciato, trascurando la
resistenza dellaria, una parabola di equazione:

Y = X* tg - (g * X
2
) / ( 2* cos
2
* V
2
)

Fig. 15 Traiettoria del proiettile

La massima distanza orizzontale percorsa dal corpo si definisce gittata.
La gittata, si calcola con la formula seguente:

d = (V
0
2
/ g) * sen (2* )

dove:
V
0
velocit iniziale
g accelerazione gravitazionale pari a 9,8 m/s
2

angolo di lancio
La massima distanza orizzontale (d
max
) si ottiene per un angolo di lancio pari a 45
(in presenza di aria questangolo si riduce notevolmente).
33
d
max
= V
0
2
/ g ( massima gittata teorica)

La massima altezza raggiunta dal corpo si calcola con la seguente formula.

h
max
= * g * V
0y
2

avendo indicato con V
0y
la componente verticale della velocit iniziale:
V
0y
= V
0
* sen

Passando dal caso teorico al caso reale, in qualunque tipo di salto la prestazione dipende
sia dalla velocit dello stacco che dallangolo che il vettore velocit (applicato nel
baricentro del corpo dellatleta) forma con il piano orizzontale. La parabola teorica,
deformata dallazione frenante dellaria, sar pi o meno alta o lunga a seconda della
combinazione di questi parametri.
Nei lanci (peso, giavellotto, martello e disco) la gittata dipende anche dallaltezza di rilascio
dellattrezzo. Questa a sua volta dipende dalle caratteristiche individuali dellatleta
(caratteristiche antropometriche, tecnica, ecc.).
Sia nei lanci che nei salti la traiettoria del prodotto del proietto dipender sempre dalle sue
caratteristiche aerodinamiche in relazione agli effetti del moto dei filetti fluidi che si
determinano attorno ad esso.

Esercizio

a) Supponiamo che un atleta esegua un salto lungo 8,10 metri staccando da terra con una
velocit iniziale di 9,2 m/s.
calcolare la differenza tra il salto reale in presenza della resistenza delaria e la gittata
teorica.
La massima gittata teorica risulta (per = 45) :
d max = V
2
/g = 9,2
2
/ 9,81 = 8,63 m

la differenza 8,63 8,10 = 0,53 m = 53 cm, da mettere in relazione con lazione frenante
esercitata dallaria sul corpo dellatleta (attrito del mezzo).

34
b) un giocatore di pallacanestro esegue il lancio della palla con un angolo di 45 e la
deposita nel canestro a una distanza di 5 metri ad una altezza di 1,5 metri sopra la quota
di lancio. Calcoliamo la velocit iniziale della palla (fig.16)

Dai dati risulta che per x= 5 m il valore
dellordinata y deve essere pari a 1,5 m.
Tenuto conto che per = 45si ha:
tg 45= 1 e cos
2
45= 0,5




Fig.16 Parabola del pallone

sostituendo nellequazione della traiettoria i valori si ottiene:
1,5 = 5 ( 9,8 * 5
2
) / ( 2 * 0,5 * V
2
)

Risolvendo rispetto allincognita V si ha:
V =

5 , 3
245
= 8,36 m/s














35
Lequilibrio statico e la stabilit

La statica dei corpi studia le condizioni affinch un oggetto inizialmente fermo non si metta
in movimento e mantenga nel tempo la sua posizione (stabilit dellequilibrio).
necessario introdurre adesso il concetto fisico di forza, una grandezza di cui facile
intuire il significato sulla base delle comuni esperienze del nostro vivere quotidiano. Se per
questa ragione il termine forza molto diffuso nel linguaggio di tutti i giorni, dal punto di
vista fisico occorre riflettere sul fatto che la forza non una propriet dei corpi (come la
massa, la temperatura, la resistenza elettrica, ecc.) ma una azione che si esercita tra
corpi. Tale azione pu esercitarsi tra corpi posti a contatto (es. forze di attrito, spinte, ecc.).
Le forze possono provocare due diversi tipi di effetti sui corpi sui quali agiscono:

effetto statico se il corpo viene deformato
effetto dinamico se il corpo subisce una accelerazione

Gli effetti statici delle forze sui corpi (deformazioni e stati tensionali) dipendono dalle loro
caratteristiche meccaniche.

Gli effetti dinamici delle forze vengono studiati in fisica (dinamica dei corpi). In questa sede
ci limiteremo soltanto allo studio dei principi della dinamica necessari alla comprensione di
alcuni problemi elementari che si riscontrano frequentemente in ambito sportivo.
In relazione alle precedenti osservazioni, dal punto di vista fisico, possiamo definire la
forza come una azione capace di deformare i corpi (effetto statico) o di variarne lo stato di quiete
o di moto (effetto dinamico).

Come gi osservato in precedenza, la forza una grandezza vettoriale. Essa pertanto
deve essere trattata con le regole dellalgebra vettoriale. Nel sistema internazionale di
misura la forza espressa in Newton. Si definisce Newton la forza capace di imprimere
laccelerazione unitaria (1 m/s
2
) ad un corpo di massa unitaria (1kg).

Considerato che nel linguaggio comune la forza sovente espressa in kg (peso),
ricordiamo, per le necessarie conversioni, che un kg corrisponde a 9,8 Newton.
1kg = 9,8 N

36
Nelle nostre applicazioni, spesso per semplicit, assumeremo che un kg
p
equivalga a 10
Newton.
Un caso particolarmente importante di forze parallele e discordi quello in cui le forze
hanno uguale intensit. In questo caso il sistema ammette risultante nulla, per le due
forze non si fanno equilibrio. Se le applichiamo ad un corpo rigido, infatti, osserveremo che
esso si pone in rotazione. Un sistema siffatto prende il nome di coppia di forze. Si
definisce coppia di forze un sistema costituito da due forze parallele, discordi e di uguale
intensit. Si dice braccio della coppia la distanza (d) tra le due rette dazione delle forze.

Si definisce, momento (M) di una coppia, il vettore perpendicolare al piano della coppia,
avente come modulo il prodotto della forza F per il braccio d:
M = F * d
diretto verso lalto se la rotazione antioraria e verso il basso se la rotazione oraria.

Si definisce momento di una forza rispetto ad un punto un vettore perpendicolare al piano
determinato dalla forza e dal punto, uscente se la rotazione antioraria, entrante se la
rotazione oraria ed avente come modulo M = F * d

Fig. 17 Coppia di forze e momento

evidente che il momento di una forza rispetto ad un punto non cambia se la forza trasla
sulla retta dazione (in quanto il braccio non cambia), inoltre il momento si annulla solo se
il punto appartiene alla retta dazione della forza (braccio uguale a zero).

37

Fig. 18 Momento della forza in posizioni diverse nel curl con manubrio

Nella figura rappresentato il braccio flesso a 90che sostiene un peso W (allenamento
dei bicipiti con manubri). Il momento resistente del peso rispetto al punto di rotazione (O) ,
che qui coincide con larticolazione del gomito, pari al prodotto della distanza (d) per il
peso W.
M = W * d
Il momento resistente varia con continuit come indicato nel diagramma in figura, in
quanto la distanza d non costante ma varia da zero fino ad un valore massimo circa pari
alla lunghezza dellavambraccio. Nella posizione A il momento resistente sar M
a
= W * d
a
,
nella posizione B il momento resistente diventa M
b
= W * d
b
, conseguentemente la forza
che il muscolo dovr sviluppare varia sensibilmente nelle diverse posizioni
dellavambraccio nonostante il carico esterno (W) rimanga costante.

In realt anche il braccio della forza muscolare (distanza tra la forza muscolare e il centro
istantaneo di rotazione) varia durante il movimento entro un certo intervallo di valori
possibili. Nelle analisi biomeccaniche complesse, caratterizzate da maggiore precisione di
calcolo, bisogna tenerne conto.





38
Per studiare le condizioni di equilibrio statico facciamo inizialmente riferimento ad un corpo
rigido (astrazione fisica), cio un corpo che per ipotesi sia non deformabile ma che pu
soltanto muoversi per effetto delle forze applicate.

Le equazioni principali della statica di un corpo rigido sono due:
equilibrio della traslazione: risultante delle forze uguale a zero
equilibrio alla rotazione: momento risultante uguale a zero.

In formule:
R = 0
M = 0

Dove per risultante (R) si intende la somma vettoriale di tutte le forze agenti sul corpo e
per momento (M) il momento risultante di tutte le forze calcolate rispetto ad un punto. Si
dimostra che qualsiasi sistema di forze agenti su un corpo rigido sempre riconducibile ad
una forza risultante e ad una sola coppia.

Quindi la sola condizione risultante di tutte le forze agenti sul corpo sia uguale a zero non
sufficiente a garantire che il corpo non si muova. Per la condizione di quiete occorre
infatti impedire che il corpo possa mettersi in rotazione. Perci necessaria anche la
seconda condizione:

M = 0

Lapplicazione di queste equazioni risulta particolarmente utile sia nello studio delle leve
del corpo umano, sia al fine di individuare il complesso di sforzi interni che gravano sulle
ossa e sui muscoli, sia nella progettazione delle macchine utilizzate in palestra nel body
building. In questultimo caso, grazie allimpiego di leve e pulegge (fisse o mobili) si
determinano opportune variazioni di direzione, verso e intensit della forza resistente, con
conseguente differenziazione delle condizioni di carico sui muscoli oggetto
dellallenamento. Luso di pulegge eccentriche (a braccio variabile) consente, inoltre di
modulare la forza nel corso del movimento in modo da sollecitare i muscoli con sforzi
variabili secondo precisi criteri biomeccanici.
39
Limpiego delle macchine, oltre che per una diversa modalit di allenamento, si differenzia
dalluso (pi antico) di pesi liberi (manubri e bilancieri) anche in relazione alle seguenti
valutazioni:

Bilancieri e manubri: consentono movimenti pi naturali in cui sono chiamati a
concorrere anche i muscoli fissatori, sviluppano la coordinazione e rendono
possibili anche esecuzioni esplosive.

Macchine: consentono un maggior isolamento muscolare disimpegnando i muscoli
sinergici e fissatori e scaricando nel contempo le zone non interessate, comportano
una ridotta velocit esecutiva con movimenti standardizzati e poco naturali.

nostra convinzione che luso alternato di entrambi i sistemi di allenamento (ambedue a
carico artificiale), oltre a rendere il lavoro in palestra pi vario, giova ad un potenziamento
muscolare completo e dettagliato.



















40
Macchine semplici

Si definisce macchina semplice qualunque dispositivo nel quale una forza motrice (F)
riesce ad equilibrare una forza resistente (R) antagonista avente caratteristiche di intensit
o di direzione diversa dalla prima.


Macchine semplici
Si definisce vantaggio di una macchina il rapporto tra la forza resistente e la forza motrice:

V = R/F
Si possono verificare tre casi:
a) se V> 1 la macchina si dice vantaggiosa (F< R)
b) se V =1 la macchina si dice indifferente (F=R)
c) se V < 1 la macchina si dice svantaggiosa (F>R)

Nel primo caso, in cui V >1, la forza motrice sar minore della forza resistente, quindi la
macchina consente un vantaggio meccanico. Infatti con una forza F si riesce ad
equilibrare una forza resistente R maggiore di F.

Nel secondo caso, in cui V =1, la macchina si dice indifferente. La forza F sar uguale alla
forza resistente R. La macchina , pur non conseguendo alcun vantaggio in termini di
intensit delle forze, riesce ugualmente utile in quanto consente di variare la retta di
azione della forza.

Nel terzo caso, in cui V<1, la macchina svantaggiosa. Occorre una forza F superiore alla
resistenza per ottenere lequilibrio.

Conoscendo il vantaggio V di una macchina, la forza motrice F necessaria ad equilibrare
la forza resistente R sar:

F = R / V
Macchina
(V)
F R
41
Pertanto in una macchina con vantaggio pari a 5, una resistenza di 20 kg
p
sar equilibrata
da una forza attiva di 4 kg
p
.

Tra le macchine semplici, in biomeccanica assumo fondamentale importanza le leve. Esse
costituiscono il complesso delle catene cinematiche su cui si fonda la possibilit di
movimento delluomo. Le forze dovute alla contrazione muscolare, infatti, vengono
trasmesse alle diverse parti dei segmenti ossei attraverso un sistema di leve che ne
modifica lintensit e la direzione.

Le leve del corpo umano risultano il pi delle volte particolarmente svantaggiose
(V << molto minore di 1), in quanto i muscoli scheletrici, inserendosi in prossimit
dellarticolazione, hanno un braccio di leva molto corto. Ci comporta una notevole
amplificazione degli sforzi muscolari rispetto alle resistenze da vincere (peso proprio,
carichi esterni, inerzie, attriti, ecc.) a fronte, per di una maggiore ampiezza e velocit di
movimento: minimi cambiamenti di lunghezza muscolare determinano, infatti, escursioni
significative allestremit della leva ossea.
In definitiva, il risultato dellazione muscolare sulle catene articolari si traduce nel
mantenimento di una posizione di equilibrio (compensando tempestivamente le numerose
possibili azioni destabilizzanti), ovvero, nella realizzazione di un movimento che pu
caratterizzarsi non soltanto per lentit della forza dinamica che esprime, ma anche per il
valore estetico o per perfezione stilistica del gesto.

La leva una macchina semplice costituita da un corpo rigido generalmente
monodimensionale (con una dimensione prevalente sulle altre), capace di ruotare attorno
ad un punto fisso detto fulcro (O), al quale sono applicate le due forze antagoniste F ed R.

Si definisce braccio della potenza o della forza motrice (bF) la distanza esistente tra la
forza motrice (F)e il fulcro (O), analogamente si definisce braccio della resistenza (bR) la
distanza esistente tra la forza resistente (R) e il fulcro (O) ( vedi figura).


42

Fig. 19 leve di primo, secondo ,terzo genere

Il vantaggio di una leva si calcola eseguendo il rapporto tra il braccio della potenza e il
braccio della resistenza:
V = bF/bR

Anche per le leve distinguiamo tre casi:
a) se bF > bR, allora V>1 la leva sar vantaggiosa (F<R)
b) se bF < bR, allora V < 1 la leva sar svantaggiosa (F>R)
c) se bF = bR, allora V = 1 la leva sar indifferente ( F=R)

qualunque sia il vantaggio di una leva, essa sar in equilibrio se il momento della forza
resistente sar uguale al momento della forza motrice. A seconda delle reciproche
posizioni occupate dal fulcro e dalle due forze antagoniste (R e F), le leve vengono
suddivise in tre gruppi:

43
Leve di primo genere (interfulcrata): se il fulcro compreso tra la potenza e la resistenza
(es. forbici, tenaglie, ecc.). una leva di primo genere pu essere vantaggiosa, indifferente
o svantaggiosa a seconda del rapporto bF/bR.




Fig.20 Leva di primo genere

Leva di secondo genere (interresistente): se la resistenza compresa tra la potenza e il
fulcro (es. schiaccianoci, remo della barca, ecc). una leva di questo tipo sempre
vantaggiosa in quanto bF>bR.



Fig.21 Leva di secondo genere

Leve di terzo genere (interpotente): se la potenza compresa tra il fulcro e la resistenza
(es. pinzette). Una leva di questo tipo sempre svantaggiosa in quanto bF< bR.



Fig.22 Leva di terzo genere

Esempi:
a) calcolare il vantaggio e la forza attiva F nella leva indicata in figura


bF = 60 cm, bR = 20 cm, R = 12 kg
Il vantaggio risulta:
V = bF/bR = 60/20 = 3 > 1 leva vantaggiosa
A A
F F
R R
bF = 60 cm bR = 20 cm
44
La forza F necessaria per vincere la resistenza R = 12 Kg sar :
F = R/V = 12 /3 = 4 kg
Per equilibrare 20 Kg
p
occorrono 4 Kg
p.
b) calcolare il vantaggio e la forza attiva F nella leva indicata in figura


bF = 50 cm
bR = 10 cm
R = 20 kg

Il vantaggio risulta:
V = bF /bR = 50/10 = 5> 1 leva vantaggiosa

c) calcolare il vantaggio e la forza attiva F nella leva indicata in fig.



bF = 5 cm
bR = 10cm
R = 8 kg

Il vantaggio risulta:
V = bF/bR =5/10 = 0,5 < 1 leva svantaggiosa
La forza F necessaria per vincere la resistenza R = 8 kg sar:
F = R/V = 8/0,5 = 16 kg
A A
R R
F
bF = 50 cm
bR = 10
20 kg
A A
R R
F
5 cm 5 cm
45
Il BARICENTRO o centro di gravit o centro di massa

Nella biomeccanica delle azioni motorie, risultano di rilevante importanza lubicazione del
baricentro del corpo umano (punto di applicazione della forza peso) e i metodi (analitici o
sperimentali) per la sua determinazione. La posizione eretta risulta mediamente
individuabile in corrispondenza della seconda/terza vertebra lombare, varia sensibilmente
a seconda della disposizione geometrica dei segmenti corporei e dipende, in generale, da
alcuni fattori come let il sesso, lattivit sportiva praticata, la costituzione individuale.


Fig. 20

Se immaginiamo un corpo costituito dallinsieme di tante piccole particelle elementari
(atomi o molecole) ciascuna avente il proprio peso, possiamo definire il peso del corpo
come la risultante di tutte queste forze parallele applicate, alle singole particelle e il
baricentro come il punto di applicazione di detta risultante. Quindi il baricentro di un corpo
rappresenta il punto di applicazione della sua forza peso. Per alcuni corpi omogenei aventi
forma regolare, il baricentro coincide con il centro geometrico (es. corpo sferico,
parallelepipedo, ecc.), per altre figure pi complesse possibile individuarne la posizione
mediante la risoluzione di appropriate equazioni matematiche.
Il baricentro di una persona in posizione diversa da quella eretta pu anche trovarsi fuori
dal corpo. Basti ricordare che il baricentro di una ciambella ricade nel suo centro
geometrico che esterno al corpo stesso. La ricerca del baricentro di un corpo pu essere
condotta sperimentalmente ovvero analiticamente, come nei casi che esamineremo in
seguito.


46
F G
P O
d h
Equilibrio dei corpi appoggiati

Un corpo rigido appoggiato su un piano orizzontale, soggetto soltanto al proprio peso, si
mantiene in equilibrio fin tanto che la verticale condotta per il suo baricentro ricade
allinterno della superficie di appoggio. In questo caso il tipo di vincolo (appoggio),
garantisce lequilibrio alla traslazione ma non necessariamente lequilibrio per le rotazioni.

Fig.21

Fig.22

Fig.23
La condizione di equilibrio per un corpo appoggiato pu essere turbata dalla azione di una
forza orizzontale applicata ad una certa altezza.
Con riferimento alla fig 24 indichiamo con:
P il peso del corpo (applicato sul baricentro G)
O il punto di possibile rotazione
F unazione orizzontale destabilizzante applicata al
baricentro
h laltezza del baricentro
d la distanza tra il peso e il punto O Fig.24

47
Il peso del corpo esercita una azione stabilizzante nei confronti dellequilibrio data dal
momento:
Ms = P * d (momento stabilizzante)

La forza esercita una azione destabilizzante il cui il momento vale:

Md = F * h (momento destabilizzante)

Ci sar equilibrio alla rotazione se il momento stabilizzante superiore ( al limite uguale)
al momento destabilizzante.


Fig 25 fig 26
Si definisce grado di stabilit al ribaltamento il rapporto tra i due momenti:

g.s. = Ms / Md
la condizione di equilibrio alla rotazione sar espressa dalla disuguaglianza:

Ms / Md > 1 (al limite uguale)
Tanto pi il grado di stabilit supera lunit tanto maggiore sar la stabilit dellequilibrio al
ribaltamento del corpo.

La ricerca del baricentro nel caso di sistema costituito da due masse risulta di grande
semplicit. Considerando due masse M1 e M2 ad una certa distanza d.
Con riferimento al disegno indichiamo:
d1 la distanza tra il baricentro e la massa M1
d2 la distanza tra il baricentro e la massa M2
d la distanza tra le masse (d= d1+ d2)
G il baricentro del sistema (posizione incognita).

48

Fig. 27
Equazioni che consentono di individuare la posizione del baricentro, per un sistema
costituito da due masse, sono:

d1 = [M2/ (M1 + M2)] * d

d2 = [M1/ (M1 + M2)] * d

facile verificare che per due masse uguali il baricentro si pone ad ugual distanza trai i
corpi, se invece le due masse sono diverse il baricentro si sposta verso la massa
maggiore.

Applichiamo le formule appena viste al caso di un
pesista che al termine dellesercizio di slancio, ha
portato il bilanciere nella posizione di massima
altezza


Fig. 28
Indichiamo con:
Ma la massa dellatleta (kg 80)
Mb la massa del bilanciere (kg 120)
d la distanza tra i due baricentri parziali (1m)

applicando le formule risolutive troviamo:
da = [Ma/ (Ma + Mb)]* d = [120/(80+120)] * 1 = 0,6 m

db = [Mb/ (Ma + Mb)]* d = [80/(80+120)] * 1 = 0,4 m

M1 M2 G

d1 d2
49
quindi il baricentro complessivo del sistema si trova 60 cm pi in alto del baricentro
dellatleta. Naturalmente facile verificare che viene soddisfatta luguaglianza da + db = d

Linnalzamento del baricentro non giova alla stabilit dellequilibrio in quanto riduce il
grado di sicurezza al ribaltamento.

Nel caso di un sistema costituito da tre masse (a,b,c), con riferimento agli assi cartesiani
XY, le formule per lindividuazione delle coordinate del baricentro del sistema sono le
seguenti:

Xg = ( Ma* Xa + Mb * Xb + Mc* Xc ) / ( Ma + Mb + Mc)

Yg = ( Ma* Ya + Mb * Yb + Mc* Yc ) / ( Ma + Mb + Mc)

Calcoliamo la posizione del baricentro per un sistema di tre masse costituito dallarto
superiore flesso a 90.


Baricentro dellarto superiore

Con riferimento alla figura si hanno:
Mm massa della mano ( 0,4 kg)
Ma massa avambraccio (1,2 kg)
Mb massa del braccio (2 kg)

50
Applicando le formule di cui sopra otteniamo:
per lascissa: Xg = ( Ma* Xa + Ma * Xa * Mm* Xm ) / ( Ma + Mb + Mm)

sostituendo: Xg = ( 2 * 11 + 1,2 * 24 + 0,4* 24) / ( 2 + 1,2 + 0,4) = 60,4/ 3,6 = 16,8 cm

per lordinata: Yg = ( Ma* Ya + Mb * Yb + Mc* Yc ) / ( Ma + Mb + Mc)

sostituendo: Yg = ( 2 * 0 + 1,2 * 12 + 0,4* 30 ) / ( 2 + 1,2 + 0,4)= 26,4/ 3,6 =n7,3 cm

Quindi le coordinate del baricentro complessivo del sistema sono:

Xg = 16,8 cm

Yg = 7,3 cm

Utilizzando le suddette formule (estese ad n masse), la ricerca de baricentro di qualunque
sistema pu agevolmente essere effettuata note che siano le masse parziali e i relativi
baricentri.

















51
LE CARRUCOLE E LE MACCHINE PER LA CULTURA FISICA

La carrucola fissa costituita da una ruota rigida fissata ad un sostegno centrale
mediante una staffa e dotata di una scanalatura nella quale viene fatta passare una fune.
Ad un capo della fune viene applicata la resistenza (R) dallaltro capo la forza attiva (F). la
carrucola fissa pu essere considerata come una leva di primo genere a bracci uguali,
pertanto essendo il vantaggio pari a 1, risulta F = R. si tratta quindi di una macchina
indifferente ma molto utile nella pratica perch cambia la direzione e il verso della forza
rispetto alla resistenza R.


Fig. 29 Carrucola fissa, carrucola mobile, carrucola a raggio variabile.

Nella carrucola mobile un capo della fune fisso mentre sullaltro applicata la forza
attiva F. alla staffa viene applicata la resistenza R. si tratta di una leva di 2genere avente
il braccio della potenza coincidente con il diametro della ruota ed il braccio della resistenza
pari al raggio.

52
Pertanto:

Bf = 2 bR
Da cui discende:

V = bF/ bR = 2 bR / bR = 2

Quindi la carrucola mobile una macchina vantaggiosa con vantaggio pari a due.
Ne consegue la relazione:

F = R /2
Quindi per vincere una resistenza R occorre una forza pari alla met di R.

Unaltra macchina semplice che trova largo impiego nelle macchine per la cultura fisica
la carrucola a raggio variabile detta camme. La ruota ha una curvatura variabile
secondo un profilo studiato in modo tale da adattare il carico in maniera fisiologica alla
forza di contrazione muscolare. Ci permette di aumentare lefficacia dellallenamento, di
ridurre gli eccessi di tensione a carico delle strutture tendinee e di rendere lesecuzione pi
confortevole.

Fig. 30








53
Esempi:

Fig. 31

a) allenamento dei tricipiti alla poliercolina. La macchina schematizzata in figura
composta da 4 carrucole fisse (A, B, C, D) ed una carrucola mobile (E) nella quale viene
applicato il peso P.

Fig. 32

Le quattro carrucole fisse, essendo macchine indifferenti, non alterano lintensit della
forza trasmessa ma ma ne derivano soltanto la direzione. Linserimento della carrucola
mobile E ( vantaggio pari a 2), comporta una riduzione del 50% della forza motrice rispetto
la forza resistente. Pertanto la forza S che si trasmette sulle braccia, sar pari alla met
del peso applicato sulla macchina, e di verso opposto:
S = P/2
54
b) allenamento dei dorsali, variante rematore.
La macchina schematizzata nella figura consente di allenare i dorsali con un movimento
simile al rematore.


Fig. 33

Le carrucole (A, B, D) sono fisse, la carrucola C mobile. La forza resistente P, in questa
configurazione, non applicata nel fulcro della carrucola mobile C, bens lungo la fune che
la avvolge. Pertanto il vantaggio della macchina risulta invertito e sar pari a . se il
carico applicato pari a P, la macchina trasmetter sulle braccia una forza pari al doppio
del peso, avente direzione orizzontale.

S = 2 * P












55
MOMENTI DINERZIA

Si definisce momento dinerzia di una massa m rispetto un asse X la quantit (scalare):

J = m * R
2
( kgm
2
)

Dove R la distanza tra la massa e lasse di riferimento x.
La tabella che segue fornisce i valori dei momenti dinerzia di alcuni solidi geometrici
elementari rispetto al loro asse baricentro del corpo umano, in posizione eretta, rispetto
lasse baricentro longitudinale:
Solido Momento dinerzia
Cilindro pieno di raggio r rispetto a un asse
longitudinale
J = * M * r
2


Asta sottile di lunghezza L rispetto a una
retta perpendicolare passante per il centro
J = 1/12 * M * L
2

Sfera piena di raggio r rispetto a un
diametro qualunque
J = 2/5 * M * r
2

Soggetto in posizione eretta rispetto
allasse longitudinale
J = 1,0 / 1,3
Tabella 4

Limportante teorema di Huygens-Steiner (teorema del trasporto) mette in relazione il
momento dinerzia di un corpo rispetto a un asse baricentrico x, con il momento dinerzia
dello stesso corpo rispetto a qualunque altro asse x? Parallelo al primo:

J = JG + M * d
2

dove
JG = momento dinerzia baricentro avente direzione x
J = momento dinerzia rispetto a un asse x parallelo ad x
M = massa del corpo
d = distanza tra i due assi x x

56
dal teorema di Huygens-Steiner deduciamo che per qualunque corpo il momento dinerzia
rispetto ad un asse x baricentrico assume il minimo valore rispetto a tutti gli infiniti assi
paralleli ad x.

Fig. 34





57
LEQUILIBRIO DEI CORPI IMMERSI

Altres interessante risulta in biomeccanica la determinazione delle condizioni di equilibrio
dei corpi immersi (sport acquatici) soggetti alla spinta di Archimede esercitata dal liquido e
lanalisi del regime della pressione idrostatica alle differenti profondit. Archimede ha
legato il suo nome allimportante principio idrostatico che stabilisce le condizioni di
galleggiamento di qualunque corpo immerso:
Principio di Archimede: Qualunque corpo immerso in un fluido ( liquido o gas) riceve una
spinta (S) verticale, diretta dal basso verso lalto, pari al peso del fluido spostato.

I corpi in acqua, quindi, non pesano meno, ma vengono sostenuti dal liquido con una forza
diretta verso lalto. La spinta di Archimede, nellacqua, si ottiene moltiplicando il peso
specifico dellacqua (Ps) per il volume (V) del corpo immerso:
S = Ps * V

Per lacqua assumiamo Ps = 10000 N/m
2

Si possono ottenere tre casi:
a) P< S condizione di galleggiamento (es. navi)
b) P=S equilibrio (es. sottomarino stabile ad un certa profondit)
c) P>S il corpo affonda (es. moneta nellacqua)

Fig. 35
58
Quando una forza si distribuisce sopra una superficie molto utile ricorrere al concetto di pressione.
Si definisce pressione il rapporto tra la forza che agisce perpendicolarmente alla superficie stessa.
La formula della pressione :
P = F/S (N/m
2
)

La pressione atmosferica dovuta al peso della colonna che sovrasta il pianeta mediamente vale 1 kg/
cm
2
, pari a circa 100000 N/m
2
.

La pressione idrostatica (P) che si determina ad una certa profondit (h) sotto il livello dellacqua
cresce proporzionalmente con la profondit secondo lequazione
P = Ps * h

Dove Ps indica il peso specifico dellacqua pari a circa 10000 N/m
3
.

utile ricordare che nellacqua marina, ogni dieci metri di profondit la pressione idrostatica cresce
di una atmosfera.
Come noto un sommergibile pu navigare a profondit costante, inoltre pu scendere o risalire a
seconda della quantit di acqua immagazzinata al suo interno in appositi cassoni a tenuta stagna. I
sottomarini scendono in immersione imbarcando acqua fino ad ottenere che il proprio peso superi in
intensit la spinta di Archimede (che invece non pu variare in quanto il volume rimane costante).
Per riemergere, viene espulsa lacqua attraverso un sistema ad aria compressa, fino a quando il peso
del sottomarino diventa inferiore alla spinta di Archimede che pari al peso dellacqua spostata
dalla parte immersa dello scafo (volume immerso).
Il corpo umano galleggia naturalmente ma presenta, in posizione verticale, una linea di
galleggiamento posta superiormente allaltezza del naso e la cui esatta posizione dipende dalle
caratteristiche antropometriche individuali. Attraverso diversi stili di nuoto (libero, dorso, rana e
farfalla), coordinando opportunamente i movimenti, si portano il naso e la bocca oltre il livello
dellacqua per permettere la respirazione. Mentre la spinta di Archimede provvede ad equilibrare il
peso del nuotatore, lazione propulsiva necessaria a vincere la resistenza allavanzamento
dellacqua sviluppata dallazione degli arti e dipende dalla frequenza dei movimenti.




59
Problema campione
a) calcoliamo quale la forza complessiva che si esercita sulla superficie globale di un sub,
supposta pari a 1,6 m
2
, posto in posizione orizzontale alla profondit di 10 metri sotto il livello del
mare .
la pressione alla profondit di 10 metri vale:
P = Ps * h = 10000 N/m
3
* 10 m = 100000 N/m
2
.
Dalla formula P = F/S ricaviamo
F= P* S = 100000 N/m
2
* 1,6 m
2
= 160000 N = 16000 kg.

La forza complessiva che agisce sulla superficie del sub pari a circa 16 tonnellate. un numero
impressionante ma in realt si tratta di una forza distribuita che agisce su ogni punto della superficie
con direzioni variabile. Essa determina soltanto un effetto statico di compressione sul corpo ma
nessun effetto dinamico.

b) calcoliamo qual il massimo numero di persone che pu sopportare una zattera circolare di due
metri di diametro, alta 70 cm.

Il volume (V) della zattera si calcola moltiplicando la superficie di base ( R
2
) per laltezza (h):

V = R
2
* h = 3,14 * 1 * 0,7 = 2,2 m
3


La massima spinta di Archimede sar:
S = Ps * V = 10000 N/ m3 * 2,2 m3 = 22000 N = 2200 Kg.

Se il peso medio di una persona pari a 70 kg, trascurando il peso della zattera,
otteniamo:

n = 2200 / 70 = 31,4 numero di persone

quindi la zattera potr reggere al limite 31 persone.

c) calcolare le dimensioni che deve avere un paio di sci affinch la pressione sulla neve
esercitata dallo sciatore pesante 75 kg, non superi il valore di 0,03 kg/cm
2
.

60
Dalla formula della pressione ricaviamo:

S= F/P = 75/0,03 = 2500 cm
2
(trascurando il peso proprio degli sci)
Questa superficie si pu ottenere con due sci aventi una lunghezza di 2 m e larghezza
6,25 cm, infatti:

S = 2* 6,25* 200= 2500 cm
2



























61
LE FORZE DI ATTRITO

Sono forze che si oppongono al movimento dei corpi sottraendo ad essi energia
meccanica convertendola in calore (energia termica, la forma pi degradata dellenergia)
Se non ci fossero gli attriti lenergia meccanica si conserverebbe.

Distinguiamo tre tipi di forze resistenti:
a) attrito radente (o di scivolamento) Fa,r = Ka *N
b) attrito volvente (o di rotolamento) Fa,v = Kv* N/R
c) attrito del mezzo (liquido o gas) Fa,m = CSV
2
( regime turbolento)

dove
N la forza premente
R il raggio della ruota
la densit del mezzo
C indica il coefficiente di forma (dedotto sperimentalmente)
S indica la superficie trasversale (sezione maestra).

Lattrito radente si oppone al movimento relativo di due corpi che scivolano uno sullaltro.
La forza di attrito radente direttamente proporzionale alla forza premente e dipende dalla
natura dei corpi a contatto. Non dipende, invece, dallestensione della superficie di
contatto.

Fa,r = Ka *N

Al momento del distacco il coefficiente di attrito radente pari a circa 2-3 volte il valore
che assume durante il moto. Ci significa che la forza massima di attrito quando il corpo
fermo minore della forza di attrito durante il movimento.






62
La tabella seguente fornisce alcuni valori del coefficiente di attrito radente con la
distinzione tra il caso statico Ks e il caso dinamico Kd:

materiali Ks Kd
Gomma - asfalto 0,7 0,8 0,5 0,7
Gomma - ghiaccio 0,2 0,1
Legno- ghiaccio 0,3 0,15
Legno - neve 0,05 0,03
Acciaio - ghiaccio 0,03 0,015


Lattrito pu essere ridotto lubrificando le superfici a contatto ovvero dotando il corpo di
ruote. Lattrito volvente risulta infatti molto minore di quello radente. per questa ragione
che usiamo veicoli muniti di ruote piuttosto che farli strisciare sulla strada.



Problema campione

Calcoliamo il valore della forza di attrito radente che rallenta il moto del disco in gomma in
una partita di hockey su ghiaccio assunto che la massa del disco pari a 0,17 kg.

Il peso del disco
P = m*g = 0,17 * 9,81 = 1,67 N

Dalla tabella ricaviamo il valore di K:
K = 0,1 gomma su ghiaccio

La forza di attrito sar:

Fa = K * P = 0,1 * 1,67 = 0,167 N

Qualunque gesto sportivo avviene in aria o in acqua, perci nella dinamica del movimento
spesso necessario considerare la resistenza del mezzo. Nel lancio di attrezzi, lattrito
63
dellaria e degli effetti collegati (effetto Magnus) possono apportare sensibili cariazioni di
traiettoria. Talvolta questi effetti vengono vantaggiosamente sfruttati dagli atleti con
tecniche idonee ( calcio, tennis, pallavolo, ecc).

Fa,m = CSV
2

la resistenza del mezzo dipende dalla sua densit, dalla forma del corpo, dalla sua
superficie maestra, ed generalmente proporzionale al quadrato della velocit. Pertanto,
per velocit di penetrazione modestre, la resistenza dellaria ha una influenza trascurabile
sul corpo in movimento, quando invece le velocit sono elevate (ciclismo, sci, pattinaggio,
ecc) occorre tenerle debitamente in conto. Negli sport acquatici, per la grande densit
dellacqua rispetto allaria, la resistenza del mezzo assume un ruolo di primo piano.
Frequentemente le forze di attrito sono indesiderate perch si oppongono al movimento
con perdita di energia meccanica e sviluppo di calore, ma in tante situazioni le forze di
attrito risultano essenziali, come nella locomozione, per esempio, dove lattrito con il suolo
risulta indispensabile ai fini della deambulazione.
Abbiamo gi visto che tutti gli oggetti, trascurando la resistenza dellaria, cadono a terra
con una accelerazione (g) uguale a 9,81 m/s
2
. in pratica, frequentemente, la resistenza
dellaria pu avere un effetto non pi trascurabile, basti pensare ai diversi moti di caduta di
una piuma e di un sasso. Il problema dellattrito con il mezzo piuttosto complesso, le
osservazioni sperimentali dimostrano che lasciando cadere corpi pesanti da altezze
notevoli la velocit non cresce indefinitamente (secondo lequazione v =g *t, valida nel
vuoto) ma raggiunge dopo un certo intervallo di tempo, una velocit massima detta
velocit limite che dipende dalle caratteristiche del fluido e del corpo. Ci espresso nel
grafico


64

Fig. 36

La velocit limite si ottiene allorquando la resistenza aerodinamica (R) uguaglia il peso del
corpo (P). in queste condizioni, infatti, R = P, si realizza pertanto la condizione di equilibrio
dinamico indicata dal primo principio della dinamica. La risultante delle forze esterne
uguale a zero e il corpo procede di moto rettilineo uniforme.
Nel caso del corpo umano, la velocit limite viene raggiunta dopo pochi istanti (8-10 sec) e
si attesta intorno ai valori che vanno dai 190 km/h ai 250 km/s. il paracadute, offrendo con
la sua particolare forma una grande resistenza allavanzamento, riduce notevolmente la
velocit di caduta fino a valori dellordine dei 20 -26 km/h.













65
ESERCIZI PER IL POTENZIAMENTO MUSCOLARE

Piegamenti sulle braccia

Analizziamo un esercizio a corpo libero noto a tutti, sportivi e non, utilizzato per il
potenziamento di una parte della muscolatura del cingolo scapolare, in particolare dei
muscoli pettorali: i piegamenti sulle braccia. Lesercizio sfrutta come resistenza il peso del
corpo. Ci proponiamo di determinare come si distribuisce lintero peso tra le braccia e i
piedi a contatto con il suolo.

Osserviamo le forze esterne agenti sul corpo dellatleta e le rispettive linee dazione:

W proprio peso (70 kg)
Rb forza sulle braccia(incognita)
Ra reazione vincolare sui piedi (incognita)
Ipotizziamo che il movimento avvenga mediante una rotazione rigida di tutto il corpo
attorno ad un punto di rotazione, individuato nella zona di contatto fra la punta dei
piedi e la terra.


Fig. 37

Scopo dellesercizio trovare laliquota del peso dellatleta che si scarica sulle due
braccia.
66
sufficiente scrivere lequazione di equilibrio alla rotazione intorno al punto O (cerniera):

W* 100 Rb * 160 = 0

da cui:
W * 100 = Rb * 160

(la reazione vincolare Ra non compare nellequazione perch non produce alcun momento
dato che passa per il centro di rotazione)

da cui ricaviamo la forza incognita:

Rb = W * 100 / 160 = W * 0,63

Quindi circa il 62% del peso dellatleta si scarica sulle braccia.
Se il peso dellatleta di 70 kg la forza sulle braccia risulta:
Rb = 70 * 0,63 = 43,4 kg

La restante parte Rp = W Rb costituisce laliquota del peso che si scarica sul pavimento
attraverso i piedi.
Con le dovute differenze, lesercizio equivale alla distensione su panca con bilanciere da
43 kg. La rimanente parte del peso corporeo (27 kg) grava sui piedi che fungono da
cerniera.

Lanalisi teorica e i tracciati elettromiografici mostrano limportanza della giusta distanza
tra le mani. Avvicinandole, una parte dello sforzo si trasferisce dai pettorali ai tricipiti, e
questo implica maggiore impegno muscolare per latleta. Data limpossibilit di modificare
il peso corporeo, questo semplice accorgimento consente, di modulare il carico sui
muscoli interessati.





67
Lallenamento dei bicipiti
La flessione dellavambraccio si ottiene attraverso lazione combinata di tre muscoli
principali: bicipite, brachiale e brachio-radiale (o lungo supinatore). I primi due si
inseriscono vicino allarticolazione (picco braccio di leva), braccio-radiale a notevole
distanza (grande braccio di leva).
Nel movimento di flessione del gomito la reale distribuzione delle forze tra i tre muscoli
agonisti dipende sia dallangolo di flessione che dalla dinamica del movimento. Sia gli
studi teorici che i tracciati EMG dimostrano che quando il gomito flesso a 90il muscolo
maggiormente attivo il bicipite che unisce lomero con il radio. Il gomito da un punto di
vista biomeccanico formato dallaccoppiamento delle articolazioni radio-ulnare e radio-
omerale che garantisce il movimento di prono supinazione a qualunque angolo di
flessione.

Approssimando larticolazione del gomito ad una cerniera cilindrica in cui convergono
lomero da una parte e le ossa dellavambraccio(radio e ulna posti parallelamente e tra
loro articolati) dallaltra, analizziamo la condizione di equilibrio statico nellallenamento dei
bicipiti con manubrio.

Figura: un peso W pari a 6 kg sostenuto dallavambraccio posto in posizione orizzontale.
Langolo fra lomero e lavambraccio per semplicit di 90. Il peso dellavambraccio Wb
sia di 2 kg applicato nel suo baricentro posto ad una distanza di 14 cm dalla cerniera
costituita dallarticolazione del gomito. Nel disegno sono indicate lazione del muscolo
bicipite (Fb) applicata alla distanza di 5 cm dalla cerniera e la reazione articolare (Ra)
dellomero sullavambraccio. Per lo studio dellequilibrio occorre concentrare lattenzione
su tutte le forze che agiscono su di esso che per maggiore chiarezza riepiloghiamo:
W: peso del manubrio 6kg
Wb: peso dellavambraccio 2 Kg
Fb: forza esercitata dal bicipite nel punto di inserzione (incognita)
Ra: reazione articolare esercitata dallomero sullavambraccio (incognita)

68

Fig. 38

Scriviamo lequazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera:
W * 38 + Wb* 14 = Fb*5

N. B. Nellequazione non compare Ra in quanto la forza passa per la cerniera e quindi non
produce momento.

Dallequazione ricaviamo lincognita Fb:
Fb = (W * 38 + Wb * 14) / 5

Sostituendo si ha:

Fb = (6* 38 + 2 * 14)/ 5 = ( 228 + 28) /5 = 256 / 5 = 51,2 kg

Per calcolare lintensit della reazione articolare Ra sufficiente scrivere lequazione di
equilibrio alla traslazione verticale:

Ra + Wb + W = Fb

Da cui ricaviamo Ra = Fb Wb W
69
Sostituendo i valori ai simboli si ha:
Ra = 51,2 2 6 -= 43,2 kg

Riepilogando si ha
Fb = 51,2 kg
Ra = 43,2 kg

Si noti che essendo una leva particolarmente svantaggiosa, una forza di 6 kg sostenuta
dalla mano, tenuto conto del peso proprio dellarto, determina sul bicipite, muscolo oggetto
dellallenamento, una forza di oltre 50 kg, quasi 9 volte superiore a quella del manubrio.

La forza che si trasferisce sullomero pari a 43,2 kg, per il principio di azione e reazione
essa risulta orientata verso lalto producendo sullosso uno sforzo di compressione.

Ci vale in condizioni statiche (esercizio isometrico) quindi in assenza delle forze
dinamiche che intervengono durante il movimento, determinando, come vedremo in
seguito una distribuzione delle forze.


Lallenamento dei deltoidi
Linsieme dellarticolazione della spalla, del gomito e del polso costituisce, con i rispettivi
segmenti ossei, una catena cinematica aperta dotata di grande mobilit. Grazie allazione
sinergica di pi muscoli motori, larto superiore capace di notevoli prestazioni in termini
di velocit, forza e precisione di movimento. Per i nostri fini occorre considerare il sistema
costituito da braccio, avambraccio e mano come un unico segmento rigido incernierato
nellarticolazione della spalla. Tale articolazione, invero assai complessa, risulta costituita
tra il cingolo scapolare ( formato dallunione mobile della clavicola con la scapola) e
larticolazione scapolo-omerale. I due gruppi sono indipendenti e costituiscono un sistema
staticamente indeterminato, ma per semplicit possono essere considerati come ununica
unit funzionale. I muscoli deltoidi circondano la spalla e ne definiscono sia il profilo che
lampiezza, e forse perch le spalle grandi in un uomo sono sempre state considerate
sinonimo di forza fisica, i culturisti curano con grande attenzione lo sviluppo muscolare dei
tre fasci, laterale, anteriore e posteriore che costituiscono il deltoide. Larticolazione della
70
spalla consente la circonduzione del braccio, movimento complesso che avviene mediante
rotazioni sui tre assi dello spazio, cui i deltoidi partecipano attivamente.
Nelle aperture laterali con manubri, la cinematica del moto interessa in particolare il piano
frontale. Il movimento di abduzione (allontanamento laterale del braccio dal corpo
dellatleta) comporta una contrazione concentrica a carico del deltoide mentre il
contrapposto movimento di adduzione (avvicinamento laterale del braccio al corpo)
determina sullo stesso muscolo una contrazione eccentrica grazie alla quale si
ammortizza il moto verso il basso dellattrezzo. La massima escursione laterale del braccio
conduce lo stesso in posizione orizzontale, ogni ulteriore sollevamento dellattrezzo
produce un inutile stato di stress a carico della colonna vertebrale. Nellesercizio
considerato partecipa attivamente anche il muscolo sovra spinoso (agonista) mentre il
trapezio agisce soprattutto da fissatore nei confronti della spalla.

Analizziamo lo schema statico dellesercizio comunemente utilizzato per lallenamento del
deltoide rappresentato in figura 39, nella quale indicato il braccio che sostiene il
manubrio in posizione orizzontale. Questa la condizione di massimo sforzo per il
deltoide in quanto il braccio di leva del peso assume il massimo valore corrispondente alla
lunghezza dellarto.






Fig.39 allenamento del deltoide

Lo schema statico relativo disegnato in figura 33 dove sono indicate tutte le forze che
agiscono sullarto con le relative distanze dalla cerniera, che qui rappresentata dalla
articolazione della spalla(O):
W peso del manubrio (8 kg)
Wb peso del braccio (3 kg)
Fd forza esercitata dal deltoide (incognita)
Ra reazione articolare (incognita)


71


Fig.40 Allenamento dei deltoidi, schema statico

Applichiamo lequazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera in condizioni
statiche:
W * 62 + Wb * 28 = Fd * 3,5

Risolvendo rispetto Fd si ottiene:
Fd = ( W* 62+ Wb * 28) / 3,5

Sostituendo i valori ai simboli si ha:
Fd = ( 8* 62+ 3 * 28) / 3,5 = ( 496 + 84) / 3,5 = 165,7 kg

Notiamo come lapplicazione di un peso W ad un grande distanza dal fulcro della leva (62
cm) produca, insieme al peso proprio del braccio, una notevole amplificazione dello sforzo
a carico del muscolo deltoide, che viceversa ha un braccio di leva di pochi cm.





72
Flessione del rachide

La colonna vertebrale composta da 24 segmenti ossei (vertebre) articolate tra loro
mediante cuscinetti fibrosi (dischi intervertebrali) che, oltre a conferire al rachide una
notevole mobilit, assolvono alla importante funzione di ammortizzare le forze che
attraversano la colonna. Si tratta di una struttura unica nel suo genere nel corpo umano
che, oltre a rappresentare un organo di sostegno per gli organi endotoracici e per il cingolo
scapolo-omerale, esercita una azione protettiva nei confronti delle delicatissime strutture
nervose contenute nella colonna (midollo spinale)
Dal punto di vista biomeccanico, il rachide una struttura particolarmente complessa e
pertanto necessario formulare alcune ipotesi esemplificative.
Una situazione di grande interesse, non solo in ambito sportivo ma anche in tutte quelle
innumerevoli situazioni in cui un soggetto si trova impegnato nel sollevare un peso da
terra, oggetto dello studio seguente.

Ipotiziamo che una persona di 70 kg sollevi un peso da 20 kg mantenendo le gambe
distese e piegando il tronco in avanti con un angolo di 40 gradi nel piano sagittale come
rappresentato in figura 42.
Trascurando per semplicit la curvatura della colonna e immaginandola perfettamente
dritta, rigida e incernierata in corrispondenza dellarticolazione dellanca, assumiamo come
riferimento spaziale un sistema di assi ortogonali di
cui lasse delle X sia coincidente con la direzione
della colonna vertebrale. In relazione allo schema
statico di figura 42, le forze esterne agenti sul rachide
sono:
W peso da sollevare (20 kg)
Wt peso del tronco (35 kg)
Ra reazione articolare (incognita) inclinata di un
angolo (incognito) rispetto allasse della colonna
(asse delle X)
Fm azione esercitata dai muscoli paravertebrali
(incognita) supposta inclinata di 8 rispetto lasse
X con braccio pari a 6 cm.
Fig. 42
73
Dove si supposto che il peso del tronco corrisponda al 50% del peso dellintero corpo
(fig. 43)

Fig 43

Al fine di calcolare lazione muscolare Fm a carico dei muscoli paravertebrali scriviamo
lequazione di equilibrio dei momenti intorno alla cerniera:

W * 30 + Wt* 22 = Fm * 6

Da cui ricaviamo:
Fm = ( W + 30 + Wt * 22) / 6
Sostituendo i numeri:
Fm = ( 20 * 30 + 35 *22) / 6 = (600 + 770) / 6 = 1430 / 6 = 228 kg

Per calcolare la componente Ra,x della reazione articolare scriviamo lequazione di
equilibrio alla traslazione secondo lasse X:

W * cos 50+ Wt * cos 50* Fm * cos 10= Ra,x

Sostituendo i numeri:
74

Ra,x,= 20 * 0,64 + 53 * 0,64 + 228 * 0,98 = 12,8 * 22,4 * 223,4 = 259 kg

Analogamente per calcolare la componente Ra,y scriviamo lequazione di equilibrio alla
traslazione secondo lasse Y:
Ra,y + Fm * sen 10= W * sen 50+ Wt sen 50

Da cui, isolando Ra,y otteniamo:
Ra,y = W * sen 50+ Wt * sen 50- Fm * sen 10

Sostituendo i numeri:
Ra,y = 20 * 0,77 +35 * 0,77 - 228 * 0,17 = 15,4 * 26,95 38,8 = 3,6 kg

Possiamo senzaltro ritenere trascurabile lazione tagliente (Ra,y = 3,6 kg) concludendo,
quindi che la reazione vincolare Ra risulta di direzione pressoch coincidente con lasse
della colonna e di notevole intensit ( 2,6 quintali).

Considerazioni:

1. data linclinazione della forza muscolare Fm ( qui supposta pari a 10) soltanto una
piccola aliquota della stessa concorre al movimento di rotazione, la maggior parte
della forza determina unazione di compressione sui corpi e sui dischi invertebrali;
2. il sollevamento di pesi anche modesti, se eseguito in modo scorretto, pu produrre
una notevole e dannosa compressione dei dischi del distretto lombare con
deformazioni permanenti, che costituiscono spesso la causa delle patologie di
origine meccanica (anche gravi), a carico del rachide;
3. risulta di fondamentale importanza, per la salute dellatleta, la padronanza delle
corrette tecniche di esecuzione di determinati esercizi per il potenziamento
muscolare che comportano azioni di carico gravose per la colonna vertebrale (es.
squat, stacchi da terra,ecc.):
4. meritevole di attenzione da parte di tutti, per le considerazioni sopra esposte,
dovrebbe essere lacquisizione dello schema motorio del sollevare insegnata nei
corsi di sollevamento pesi;
75
5. le ipotesi esemplificative poste alla base del calcolo risultano, nel caso in esame,
assai riduttive e schematiche ma giovano alla semplicit espositiva. I risultati
numerici, come gi ricordato in premessa, devono intendersi soltanto indicativi della
reale distribuzione degli sforzi interni ma riteniamo che possano stimolare, sia nel
tecnico che nellatleta, qualche utile momento di riflessione sul rispetto che merita
lapparato di sostegno del busto con le sue delicate funzioni.




























76
La dinamica
La dinamica studia i corpi in movimento, tenendo conto delle loro caratteristiche, del tipo di
moto e delle forze che entrano in gioco.

La dinamica si fonda su tre principi o leggi di Newton:
1
a
legge o principio dinerzia.
2
a
legge o legge di proporzionalit.
3
a
legge o principio di azione e reazione.

Il principio dinerzia afferma che ogni corpo tende a mantenere il suo stato di quiete
o di moto rettilineo uniforme finch non intervengono forze esterne a modificarlo. La
propriet generale di un corpo di mantenere il proprio stato di quiete o di moto si
chiama INERZIA (fig 44)








Fig. 44
Il secondo principio dice che una forza costante applicata ad un corpo produce
unaccelerazione che direttamente proporzionale allintensit della forza. La legge
fondamentale della dinamica si pu riassumere nella relazione: F = m * a
Questo concetto pu essere riassunto con gli esempi di fig (45, 46 e 47). Una forza F che
agisce su una massa m
1
produrr unaccelerazione a
1,
se la stessa forza agisce su una
massa m
2
che esattamente la met di a
1
produrr unaccelerazione che risulter essere
il doppio di a
1.






77



Fig 45







Fig.46

Nella figura 46 si evidenzia che raddoppiando il valore della forza, che agisce sulla stessa
massa, si raddoppia anche il valore dellaccelerazione.







Fig 47
Lesempio di figura 47 mostra che dimezzando la forza e la massa si ottiene la stessa
accelerazione.










78
Massa e Peso
Il peso di un corpo corrisponde alla forza di gravit che agisce su di esso; mentre la
massa si pu considerare come la quantit di materia di cui costituito un corpo,
liberato dalla forza di gravit.
Lunit di misura della massa il chilogrammo.
Lunit di misura della forza il Newton (N).
Se ad una massa di 1 kg viene applicata una forza che crea unaccelerazione di
1 m/s
2
si ha ununit di forza definita Newton.
La stessa massa, sotto lazione del suo peso (1 kg-forza) si muove con
unaccelerazione di 9,8 m/s
2
.
1 kg = 9,81 N

Il terzo principio della dinamica enuncia che se un corpo esercita unazione su un
altro corpo, questo ultimo reagisce con una forza uguale e contraria sul corpo
agente. Sinteticamente: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e
contraria.

Esercizio

a) Quanto pesa un giocatore di basket con una massa di 95Kg?
95 Kg* 9,81 = 932 N














79
IMPULSO DI UNA FORZA E VARIAZIONE DELLA QUANTIT DI MOTO DEL CORPO
SU CUI HA OPERATO
Partendo dallequazione in precedenza descritta F = m * a e moltiplichiamo entrambi i
termini per il tempo t in secondi, durante il quale agisce la forza sulla massa di un corpo si
ha: F * t = m * a * t.
Accelerazione per tempo ci d la velocit perci luguaglianza precedente diventa
F * t = m * v.
Il prodotto F * t chiamato impulso della forza.
Il prodotto m * v chiamato quantit di moto.

Limpulso di una forza uguale alla quantit di moto impressa al corpo sul quale
detta forza ha agito per un dato tempo.

Quando si analizza limpulso generato da un soggetto ad esempio in salto verticale, si
deve parlare di impulso netto (Fig 48).







Fig 48
Analizzando il salto verticale di un soggetto il cui peso di kg 54, per elevare il suo
baricentro di 27 cm si registra una forza di 850 N. Questo valore di forza non il valore
reale che permette il salto di 27 cm bens la somma del peso del soggetto pi la forza
realmente applicata per saltare 27 cm.
La formula dellimpulso deve essere cos scritta:
I = (F m * g)*t
dove F il valore complessivo di forza,
m * g il peso del soggetto in pratica 54 per 9,81 che vale 530 N;
pertanto limpulso netto diventa I = (850 530)*t = 320 * t

Limpulso netto uguale a 320 N * t.
80
LAVORO e POTENZA
Si definisce lavoro (L) il prodotto dellintensit di una forza (F) per lo spostamento (s):
L = F * s

Si definisce potenza (W) il lavoro compiuto nellunit di tempo:
Potenza = L / t

Possiamo scrivere
Potenza = F * s / t

ma s/t corrisponde alla velocit
quindi
Potenza = F * v




ENERGIA
Si definisce energia lattitudine a compiere lavoro.
Lunit di misura dellenergia il joule.

Energia potenziale E = m * g * h
Energia cinetica E = m * v
2
/2











81
REGIMI DI CONTRAZIONE

I regimi di contrazione muscolare si possono riassumere nel seguente modo:
A. ISOMETRICO
B. ANISOMETRICO: Concentrico, eccentrico e pliometrico

Regime isometrico
Il regime isometrico consiste in una contrazione muscolare senza spostamento delle leve
e dei punti di inserzione per cui durante la contrazione isometrica il muscolo sviluppa
tensione ma non produce movimento esterno.
In condizioni isometriche si riescono a sviluppare tensioni superiori a quelle concentriche
fig 49

Fig 49 curva di Hill
Come si evidenzia dalla figura 49 carichi molto elevati vengono spostati con velocit
molto basse prossime allo zero e lultimo carico sollevato viene considerato il carico
massimo o RM (ripetizione massima) (fig 49 punto indicato col cerchio). Nella RM si
raggiungono tensioni elevate ma non massimali. La massima tensione si raggiunge contro
una resistenza fissa e quindi con velocit zero cio con una contrazione isometrica (fig 49
punto indicato dalla freccia)

82
Negli anni sessanta lallenamento isometrico aveva raggiunto una notevole popolarit;
successivamente si notato che questo metodo non produceva i risultati sperati
soprattutto per la sua aspecificit rispetto ai gesti sportivi.
Le esercitazioni isometriche trovano una valida applicazione nel campo riabilitativo e della
rieducazione post-traumatica. Si propongono, a titolo informativo, i principali metodi di
lavoro isometrico Fig. 50

Fig 50 Principali metodi isometrici (da Cometti 2003)

Lisometria massimale consiste nel produrre tensione massimale su resistenze fisse per
una durata massima di sei secondi. Per isometria totale si intende sviluppare tensioni
non massimali ma mantenute fino allaffaticamento totale. I carichi da utilizzare variano dal
50 a 90% del carico massimo.
Il metodo pi utilizzato, che a livello empirico ha dato risultati soddisfacenti, lo stato
dinamico. Questo metodo comprende un movimento dinamico abbinato ad uno statico,
ad esempio nellesercizio di squat, latleta nella fase di risalita si arresta a met del
movimento per almeno tre secondi per poi terminare il movimento in modo esplosivo
utilizzando carichi del 50-60% del carico massimo. Questo metodo particolarmente
indicato nel periodo competitivo (Fig 50).

83

Fig 51 Esempio di stato-dinamico nellesercizio di squat (Da Cometti).


REGIMI ANISOMETRICI

Per regime anisometrico si intende una contrazione in cui si produce variazione di
lunghezza del muscolo per cui si pu avere un accorciamento o un allungamento. Da
queste due modalit di variare la lunghezza del muscolo si definiscono tre regimi di
contrazione:
1. regime concentrico
2. regime eccentrico
3. regime a carattere pliometrico


REGIME CONCENTRI CO
Un movimento concentrico consiste in una contrazione muscolare in cui i capi articolari si
avvicinano, cio in una contrazione priva di qualsiasi movimento che possa provocare
prestiramento delle fibre. Lesempio classico del movimento concentrico il movimento
eseguito nel test di squat jump. Altri movimenti concentrici sono ad esempio: salire le
scale, camminare o correre in salita, alzarsi dalla sedia ecc.. Sono considerati esercizi
concentrici anche quegli esercizi composti da una fase eccentrica ed una concentrica
come lo squat in quanto le tensioni, nella fase eccentrica, sono di bassa intensit e
soprattutto il tempo di accoppiamento, cio il tempo impiegato per invertire il movimento
molto lungo perci da non annoverare tra i movimenti pliometrici. La tensione massima
che si pu ottenere con una contrazione concentrica quella che si ottiene con lultimo
84
carico che il soggetto in grado di vincere. Questo carico viene definito carico massimo
(CM) o ripetizione massima (RM) (fare riferimento alla figura 49)

REGIME ECCENTRICO
Il movimento eccentrico un movimento in cui il muscolo si contrae, ma i capi articolari si
allontanano tra di loro, cio il muscolo non riesce a vincere la resistenza esterna.
Lesempio classico di lavoro eccentrico si ha quando si esegue lesercizio di squat con un
carico superiore al carico massimo. Altri esempi di esercizi eccentrici puri, se pur di
intensit inferiore, sono: correre in discesa, scendere le scale, salti in basso privi della
successiva fase di risalita ecc.. Le tensioni che si sviluppano nelle contrazioni eccentriche
sono superiori a quelle ottenute nei movimenti concentrici ed isometrici fig 51 parte sinistra
Fig 52

Fig 53
Il lavoro eccentrico da considerare molto intenso e soprattutto provoca molti disagi a
livello muscolare. Si verificano rotture a livello del sarcomero (banda Z) di conseguenza
lintera miofribilla, inoltre si hanno lesioni a livello del tessuto connettivo e a livello di
giunzione tra muscolo e tendine (figura 53). Per questi motivi richiede periodi lunghi di
recupero, perci da collocare molto lontano da impegni di gare. Bisogna proporlo con
molta cautela, solo con atleti di alto livello e con molti anni di allenamento sulle spalle
85
REGIME PLIOMETRICO
Il regime pliometrico definito anche ciclo stiramento-accorciamento. Tutti i movimenti
pliometrici sono composti dai due regimi eccentrico e concentrico. Per essere definito regime
pliometrico bisogna che i movimenti eccentrici-concentrici avvengano in tempi brevissimi. Tutti i tipi
di balzi sono da definirsi esercizi pliometrici. Come detto precedentemente, il fattore rilevante per
ottenere la massima efficacia muscolare dovuta allo stiramento, il tempo di accoppiamento
(Bosco 1982). Viene definito tempo di accoppiamento il tempo che intercorre tra la fase di
stiramento e quella di accorciamento, in altri termini il tempo impiegato ad invertire il
movimento, cio il passaggio dalla velocit negativa (fase eccentrica) alla velocit positiva (fase
concentrica). Bosco ha dimostrato che pi breve il tempo di accoppiamento, pi elevata la
restituzione di energia potenziale Fig 54.

Fig 54 La figura mostra le forze registrate su una piattaforma di forza (figura centrale) in tre
differenti test SJ, CMJ e DJ; il rilevamento elettromiografico (parte in basso) ed il tempo di
accoppiamento (parte in alto). Si evidenzia che dove minore il tempo di accoppiamento (DJ) si
registra una maggior attivit elettrica ed un maggior sviluppo di forza.




86
ANALISI DEL MOVIMENTO DEI VARI REGIMI DI CONTRAZIONI
Parallelamente ai regimi di contrazione bisogna analizzare i tipi di movimenti che le
varie contrazioni muscolari permettono di compiere al corpo umano o parti segmentarie di
esso. I movimenti che luomo compie si possono riepilogare in:
ISOTONICO
ISOCINETICO
AUXOTONICO O AUXOMETRICO
Ai rispettivi regimi di contrazioni si possono associare i tipi di movimenti che la contrazione
produce secondo il seguente schema:



MOVIMENTO ISOTONICO
In movimenti con contrazioni solo concentriche, solo eccentriche o ecc/conc (pliometriche)
con carichi gravitazionali, varia la lunghezza del muscolo ma rimane costante il carico.
Per questo motivo i movimenti eseguiti con carichi gravitazionali vengono definiti
movimenti isotonici.








Regimi di contrazioni:
concentrico
eccentrico
pliometrico
Tipi di movimenti:
Isotonico
Isocinetico
auxtonico

Regime isometrico
Non produce
movimento
87
Analisi di un movimento concentrico
Nella fig 55 si pu notare il grafico di uno spostamento concentrico, il movimento inizia
dalla posizione zero e nellunit di tempo cresce positivamente fino a raggiungere il punto
pi alto.
Fig 55
Velocity
Velocity
V
e
l
o
c
i
t
y
[
m
/
s
]
Time[s]
-0.5
-1.0
-1.5
0.0
0.5
1.0
1.5
2.0
2.5
3.0
1.5 1.7 2.0 2.2

Fig 56

In un movimento concentrico la velocit sempre positiva. Come si pu notare dal grafico
di fig 56 la velocit da zero aumenta fino a raggiungere un picco positivo per poi ridursi
fino a riportarsi a zero alla fine del movimento (apice della curva dello spostamento fig 55)

Lesempio classico del movimento concentrico il movimento eseguito nel test di squat
jump.


Position
Load
pos
P
o
s
i
t
i
o
n
[
c
m
]
Time[s]
0
20
40
60
80
1.5 1.7 2.0 2.2
88
Analisi di un movimento eccentrico
In un movimento eccentrico la velocit presenta solo una fase negativa. Landamento della
velocit si evidenzia nella figura 57. essa parte da zero e raggiunge un picco negativo per
poi diminuire di nuovo fino a tornare a zero quando il movimento raggiunge il punto pi
basso (vedere curva dello spostamento fig 58).










Fig 57

Position
Load
pos
P
o
s
i
t
i
o
n
[
c
m
]
Time[s]
0
10
20
30
40
1.6 2.1 2.6 3.1

Fig 58

Il regime eccentrico presenta vantaggi e svantaggi cos sintetizzati:
Vantaggi: Tensione superiore del 30% rispetto allisometria
Differente sollecitazione delle fibre
Efficace se accoppiato con lavoro concentrico
Svantaggi: Disadattamento notevole
Lungo recupero
Carichi pesanti
Velocity
Velocity
V
e
l
o
c
i
t
y
[
m
/
s
]
Time[s]
-0.5
-1.0
-1.5
-2.0
0.0
0.5
1.6 2.1 2.6 3.1
89
Analisi di un movimento pliometrico
In un movimento con il doppio ciclo stiramento-accorciamento la velocit presenta una
fase negativa ed una positiva fig 59, la parte della curva tra le due linee verticali si riferisce
alla velocit della parte negativa.

Velocity
Velocity
V
e
l
o
c
i
t
y
[
m
/
s
]
Time[s]
-0.5
-1.0
-1.5
-2.0
-2.5
0.0
0.5
1.0
1.5
2.0
2.5
3.0
1.15 2.11 3.06 4.02

Fig 59
La figura 60 mostra il tracciato dello spostamento di un movimento pliometrico, la parte
della curva tra le due linee verticali si riferisce alla fase negativa del movimento.
Position
Load
pos
P
o
s
i
t
i
o
n
[
c
m
]
Time[s]
0
20
40
60
80
1.15 2.11 3.06 4.02

Fig 60
90
MOVIMENTO ISOCINETICO
Nellambito delle contrazioni concentriche, eccentriche o isometriche, luomo attraverso
particolari apparecchiature, riuscito ad ottenere contrazioni muscolari e quindi movimenti
a velocit costante. In natura non esistono movimenti isocinetici cio a velocit costante.
Queste macchine sono definite isocinetiche di conseguenza il movimento che ne
scaturisce viene chiamato isocinetico. La caratteristica di queste macchine quella di
realizzare una contrazione muscolare che permette di eseguire un lavoro muscolare a
velocit costante. In questo tipo di contrazione, a differenza di quanto avviene in una
attivazione muscolare naturale, il muscolo non pu assolutamente creare accelerazione,
dato che le condizioni meccaniche delle macchine isocinetiche permettono solo di
eseguire un lavoro muscolare a velocit costante fig 61
Lutilizzo primario di queste apparecchiature nel campo della riabilitazione ed in fisiatria.

Fig 61 velocit angolare della gamba durante estensione del ginocchio eseguita su dinamometro isocinetico a diverse
velocit angolari 100-400/s (da: Ostering, 1986,1).

Nelle figure 62 e 63 viene messo a confronto landamento della velocit rispettivamente in
un movimento isocinetico ed in un movimento eccentrico-concentrico. Nel movimento
isocinetico si nota un andamento costante della velocit mentre nel movimento naturale si
evidenzia un picco negativo della velocit (fase eccentrica) ed un picco positivo (fase
concentrica).



91


Fig 62 Fig 63





















Velocity
Velocity
V
e
l
o
c
i
t
y
[
m
/
s
]
Time[s]
-0.5
-1.0
-1.5
-2.0
-2.5
-3.0
0.0
0.5
1.0
1.5
2.0
2.5
3.0
92
MOVIMENTO AUXOTONICO
Prevalentemente con un regime di contrazione concentrica possibile, sempre con
particolari attrezzi ottenere un tipo di movimento definito auxotonico.
Un movimento auxotonico prevede un aumento del carico durante lo spostamento con
conseguente aumento della tensione muscolare
Attraverso una contrazione si ha un andamento della tensione muscolare che aumenta
gradualmente fino a raggiungere un picco per poi diminuire e tornare a zero figura 64.
Fig 64(da Stelvio Beraldo)

Questo tipo di movimento possibile ottenerlo
eseguendo esercizi con elastici. Lelastico offre
allinizio del movimento una determinata
tensione stabilita dal soggetto che risulta essere
inferiore di quella che si registra alla fine della
contrazione quando lelastico ha subito il
massimo allungamento (fiura 30).






Fig 65 (da Stelvio Beraldo)



93
ANALISI DI UNA CONTRAZIONE ISOMETRICA
In una contrazione isometrica si analizza solo lo sviluppo della forza in funzione del tempo
fig 66

Fig 66 Relazione forza tempo durante tre tipi di contrazione isometrica (Da Bosco)

In una contrazione isometrica la forza sviluppata in funzione del tempo dipende dal livello
dattivazione del Sistema Nervoso Centrale. Pertanto si possono avere diverse modalit di
sviluppo della forza per ottenere la forza massimale.
Le diverse modalit si possono cos sintetizzare:
a) Attivazione lenta
b) Attivazione normale
c) Attivazione rapida.












94
Force
Force1
F
o
r
c
e
[
N
]
Time[s]
-200
0
200
400
600
800
1000
0.01 3.34 6.67 10.00
Con unattivazione lenta la
tensione viene sviluppata
lentamente. Lincremento della
forza avviene principalmente
attraverso un incremento
sempre maggiore di unit
motorie e quindi da un
aumento della frequenza di
stimolo fig 67.



Fig 67


Con unattivazione normale la tensione viene sviluppata attraverso un aumento
progressivo del reclutamento delle unit motorie e di frequenza di stimolo fig 68.
Force
Force1
F
o
r
c
e
[
N
]
Time[s]
-200
0
200
400
600
800
0.01 3.34 6.67 10.00

Fig. 68

Con unattivazione rapida la tensione viene sviluppata rapidamente poich
contemporaneamente tutte le unit motorie vengono reclutate e la frequenza degli stimoli
aumenta sin dallinizio della contrazione fig 69.
95

Force
Force1
F
o
r
c
e
[
N
]
Time[s]
-500
0
500
1000
1500
0.0 1.9 3.7 5.6

Fig. 69














96
LA FORZA MUSCOLARE
Cenni generali sul sistema neuromuscolare

La forza e la velocit, due parametri prodotti dal muscolo scheletrico, sono alla base di
qualsiasi movimento che luomo compie. Apparentemente questi due parametri sembrano
molto dissimili tra loro ma in realt, essendo prodotti dallo stesso sistema, la dinamica
della contrazione muscolare la stessa: la dimensione del carico esterno determina con
quale velocit e forza deve essere spostato il carico.
Il sistema che produce forza e velocit definito sistema neuromuscolare.
Esso composto dal sistema nervoso definito anche
sistema neurale e dalla parte muscolare o sistema miogeno.

Il muscolo si contrae e produce movimento in quanto viene
eccitato da uno stimolo che parte dallarea motoria del
cervello e si trasmette attraverso il midollo spinale, da qui
attraverso un motoneurone arriva sulle fibre muscolari.
(Fig.70)


Fig 70 sistema neuromuscolare

Le fibre muscolari a loro volta sono formate da sottili filamenti chiamati miofibrille che a
loro volta contengono lunit funzionale del muscolo: il sarcomero fig. 71


Fig. 71 Rappresentazione schematica delle componenti principali preposte alla realizzazione del
movimento (da: Sale),
97
IL SARCOMERO
Analizzando la singola miofibrilla si notano su di essa delle linee traverse che si ripetono
allincirca ogni 2,5 micron quando il muscolo rilasciato. Queste linee trasversali
conferiscono al muscolo la caratteristica struttura striata. Queste linee, facilmente
individuabili, sono definite linee Z e la zona che si trova tra le due linee viene definito
sarcomero fig 72. Il sarcomero lunit funzionale della miofibrilla. Allinterno del
sarcomero si trovano due tipi di filamenti uno pi sottile chiamato actina ed uno pi spesso
definito miosina fig 73. La miosina a sua volta presenta dei prolungamenti, che si
dispongono a 90con i filamenti di miosina stessa fig 74. Questi prolungamenti vengono
definiti teste della miosina. . Quando la fibra muscolare viene raggiunta da uno stimolo
nervoso i filamenti di actina e miosina, attraverso le teste della miosina, reagiscono
formando il cosiddetto cross-bridge ponte actomiosinico, per mezzo del quale i due
filamenti scorrono uno sullaltro accorciando il sarcomero. Con laccorciamento dei vari
sarcomeri si produce tensione che viene trasmessa mediante i tendini alle ossa.









Fig 72

98

Fig 73


Fig 74

I ponti che si stabiliscono tra i filamenti di actina e miosina costituiscono la contrazione e
nello stesso tempo producono forza. Per far si che i ponti di actina e miosina si formino e
quindi avvenga la contrazione c bisogna di energia e questa viene fornita da un
composto denominato acido adenosintrifosforico ATP. La capacit di produrre lavoro
determinata dalle caratteristiche muscolari che trasformano energia biochimica in energia
meccanica. Appena la membrana muscolare viene colpita dallo stimolo nervoso viene
liberata una sostanza denominata acetilcolina (ACh). Lacetilcolina ha la propriet di
depolarizzare la membrana sarcoplasmatica e precisamente dei tubuli traversi (Tubuli T).
La depolarizzazione dei tubuli traversi causa la liberazione del Ca++. Il calcio si lega con il
99
complesso la troponina C-Tropomiosina (figura 75). La troponina C una proteina che
inibisce la formazione dei ponti di actomiosina. Inibita la Troponina C dal calcio si formano
i legami tra testa della miosina e lactina e questi traggono energia dalla scissione dellATP
per mezzo di un enzima chiamato ATP-asi. La contrazione muscolare persiste finch vi
presenza di calcio a livello di astina e miosina. Quando la stimolazione del muscolo cessa
il calcio fuoriesce e si ristabilisce la condizione di inibizione tra troponina-tropomiosina e
filamento di miosina (figura 76) (Da W. D. Mcardle, F. I. Katch e V. L. Katch)
.

Fig 75


100
Fig 76


Quando un messaggio dal cervello viene inviato al muscolo questi risponde allimpulso
con una singola contrazione fig 77a, al sopraggiungere di un secondo impulso la
contrazione diventa maggiore; una serie di impulsi ravvicinati provoca un tetano
ravvicinato fig 77c fino ad arrivare al tetano completo fig.77d, normalmente la fascia delle
frequenze compresa tra 8 e 50-60 hertz. Il tempo per sviluppare la tensione durante una
singola contrazione fig 77 pu essere di circa 100 ms, mentre la tensione massimale che
viene raggiunta durante il tetano non mai inferiore di 200-300 ms.
101

Fig 77
Una volta che lo stimolo nervoso raggiunge la fibra muscolare e lactina e la miosina
reagiscono provocando la contrazione, la tensione sviluppata viene trasmessa alle ossa
attraverso le strutture di tessuto connettivo, i tendini. Occorre sottolineare che prima che i
tendini possano trasmettere le tensioni sviluppate dalle componenti contrattili alle strutture
ossee occorre un certo tempo. La tensione sviluppata non si trasmette immediatamente
alle ossa ma questo si verifica con un certo ritardo. Il ritardo dovuto al tempo necessario
per stirare gli elementi elastici in serie dei muscoli fig 78.

Fig 78 modello di contrazione concentrica del muscolo cardiaco che inizia con una fase isometrica dove la
componente contrattile (CC) si accorcia e provoca lo stiramento degli elementi elastici in serie (SEC) (AB). Il
movimento avviene quando la forza di spostamento della componente contrattile degli elementi in serie
uguale o supera leggermente la forza prodotta dal carico P (B-C) (da Braunwald, 1967).




102
MECCANISMI DELLLA FORZA
Quando descritto precedentemente, in sintesi il sistema che permette alluomo di
produrre forza in generale. La possibilit per un atleta di produrre forza e velocit sempre
pi elevata dipende da diversi fattori che possiamo cos sintetizzare:
1 Tipi di fibre muscolari
2 Sezione traversa delle fibre (grandezza del diametro delle fibre definita
IPERTROFIA)
3 Reclutamento delle fibre
a Reclutamento e frequenza
b La sincronizzazione
c Efficienza neuromuscolare
4 Coordinazione intra e intermuscolare
5 Fattori legati allo stiramento
a Fenomeni eccitatori ed inibitori della contrazione muscolare
b Caratteristiche elastiche del muscolo

Le fibre muscolari
Nel muscolo sono state classificate due tipi di fibre:
Fibre rosse chiamate pi comunemente fibre lente o toniche, definite anche di tipo I o
con sigla inglese definite Slow twitch fibres ST
Fibre bianche chiamate pi comunemente fibre veloci o fasiche o di II tipo o con sigla
inglese definite Fast twitch fibres FT

Le fibre del tipo I sono fibre rosse perci lente, caratterizzate da metabolismo aerobico,
producono basse tensioni per un periodo di tempo molto lungo. Sono fibre molto
vascolarizzate e si affaticano poco. I substrati utilizzati per la risintesi dell'ATP sono glucidi
e lipidi.
Le fibre del tipo IIa sono fibre di tipo intermedio, il metabolismo misto anaerobico-
aerobico, sviluppano una tensione media e sono mediamente vascolarizzate.
Le fibre del tipo IIb sono fibre rapide per eccellenza, sviluppano altissime tensioni, sono
scarsamente vascolarizzate, il metabolismo di tipo anaerobico, si affaticano
rapidamente. Fig. 79
Ogni individuo possiede percentuali di fibre bianche e rosse in quantit diverse e questo
dettato solo da fattori genetici per cui atleti con percentuali di fibre bianche maggiore
103
rispetto alle rosse sono in grado di esprimere gradienti di forza esplosiva superiore rispetto
ad atleti con maggior numero di fibre rosse Fig. 80. La percentuale di fibre presente in un
muscolo determina la caratteristica di muscolo veloce o resistente. Un muscolo con unalta
percentuale di fibre bianche un muscolo che esprime pi velocit rispetto ad un muscolo
con prevalenza di fibre rosse. Nella Fig. 81 si nota come soggetti con percentuali di fibre
bianche a carichi bassi esprimano maggiore velocit rispetto a soggetti con percentuali
maggiori di fibre rosse.

Fig 79 da: Cometti modificato


Fig. 80 relazione forza tempo registrata durante lesecuzione
di SJ eseguiti da soggetti veloci (%FT>60) e lenti (%FT<40)
(da: Bosco e Komi, 1976b)
Fig.81 Esempio della relazione forza veloci nei
tipi lenti e rapidi (da: Bosco 1983)

104
L'obiettivo principale dell'allenamento quello di migliorare le caratteristiche dei due tipi di
fibre in funzione della disciplina sportiva praticata e questo possibile se si somministrano
stimoli specifici. Stimoli errati possono provocare adattamenti non desiderati soprattutto a
carico delle fibre rapide, infatti, queste pur mantenendo le caratteristiche di fibre fasiche
possono subire modificazioni a livello di metabolismo. Questo accade prevalentemente a
carico delle fibre del tipo IIa, che hanno un metabolismo misto, quindi sollecitazioni lente e
prolungate ne esaltano prevalentemente il metabolismo aerobico.

Ipertrofia
Sottoponendo il muscolo ad allenamenti con carichi elevati (forza massima) si provocano
modificazioni strutturali alle fibre muscolari. Queste aumentano di dimensione e
precisamente aumenta la sezione traversa. Questo fenomeno viene definito ipertrofia.
Essa dovuta principalmente allaumento del materiale contrattile del muscolo.
Le cause dell'ipertrofia sono:
a) Aumento delle miofibrille
b) Sviluppo degli involucri muscolari (tessuto connettivo)
c) Aumento della vascolarizzazione
d) Aumento del numero di fibre (iperplasia). Argomento questo ancora molto discusso
e criticato da diversi ricercatori, perci da non prendere in considerazione fig. 82.

Fig. 82 Le cause dellipertrofia (da: Cometti)
105
Ogni fibra muscolare, che sia essa lenta o veloce, composta da un elevato numero di
miofibrille e sono proprio queste ad aumentare sia di volume sia di numero quando il
muscolo sottoposto a lavoro con carichi molto pesanti. Le fibre interessate all'aumento di
volume riguardano entrambi i tipi (lente e rapide), ma l'aumento maggiore avviene a carico
delle fibre rapide fig. 83; limmobilizzazione del muscolo provoca unipotrofia che interessa
maggiormente le fibre rapide (Mac Dougall e coll. 1980) fig. 84









Fig. 83 Evoluzione delle fibre rapide e lente in seguito a 16 settimane di allenamento e 8 settimane di sospensione
dellallenamento (da: Hakkinen e coll. 1981)














Fig 84 Modello delle variazioni morfologiche che avvengono come risposta allenamento della forza massima e
dellimmobilizzazione.
Con lallenamento la sezione traversa delle miofibrille aumenta in proporzione diretta allincremento della dimensione
e del numero (a). Con limmobilizzazione la sezione delle fibre decresce in proporzione alla sezione delle miofibrille (b).
(da: Mac Dougall, 1986 modificato)
106
I metodi utilizzati per lo sviluppo dell'ipertrofia sono molti e diversi tra loro. Qualsiasi
metodo si utilizzi, esso deve rispettare alcuni principi essenziali per far s che si verifichi
l'effetto voluto. Gli allenamenti per lo sviluppo dellipertrofia devono essere eseguiti con
carichi compresi tra il 70 ed il 85 % di una RM, per permettere la stimolazione di tutte le
unit motorie disponibili, perci un numero elevato di fibre muscolari. Il numero di
ripetizioni non deve essere superiore a 10. Carichi elevati (90%) consentono un numero
limitato di ripetizioni (2-3 rip.) perci sono stimolati solo i processi nervosi. Carichi inferiori
al 70% permettono di eseguire un numero di ripetizioni elevato ma non si attivano tutte
fibre perci si innescano solo i processi metabolici deputati alla resistenza. Lavorando con
carichi che ci permettono di eseguire al massimo 10 ripetizioni, si attivano i processi
connessi alla sintesi proteica, essenziale per l'aumento della massa muscolare Fig. 85.


Fig.85 Rappresentazione dei carichi e del numero di ripetizioni utilizzati per migliorare la forza max o lipertrofia
(da: Cometti, 1988)

Possiamo affermare che la causa principale dell'ipertrofia dovuta principalmente
all'aumento del materiale contrattile del muscolo, tuttavia altri due elementi concorrono, se
pur in modo meno marcato, allaumento del volume muscolare:
Tessuto connettivo
Vascolarizzazione

107
Diversi autori (Stone 1988, Viidik 1986, Golspink 1985) hanno notato che allaumento del
volume delle miofibrille si accompagna un aumento del tessuto connettivale che avvolge le
miofibrille. Le modificazioni avvengono prevalentemente a carico dellelemento principale
del tessuto connettivale che il collagene, composto di tre catene di aminoacidi.
Laltro elemento che concorre allipertrofia laumento della vascolarizzazione. Si
riscontrato un aumento di vasi capillari per fibra soprattutto in atleti che praticano sport di
resistenza e culturisti, mentre nessun risultato significativo si avuto su atleti che
eseguono esercizi di forza come i sollevatori di pesi.

Reclutamento delle fibre
Lo sviluppo della forza nel corso di un movimento naturale o gesto sportivo, dipende da
una complessa serie di movimenti, controllati e coordinati da una complicata sequenza di
attivazione neuromuscolare. Lo sviluppo e la regolazione fine della forza viene effettuato
da un sistema centrale (Sistema Nervoso Centrale) che si serve poi di un sistema
periferico (nervi periferici) per portare lordine ai muscoli Fig 86.


Fig 86 la figura mostra una sezione del midollo spinale ed i motoneuroni afferenti (in entrata al midollo) e i neuroni
efferenti (in uscita dal midollo).
108
Le fibre muscolari si contraggono ed esprimono tensione per effetto di stimoli nervosi che
dal sistema nervoso centrale raggiungono le fibre stesse attraverso un motoneurone. Il
complesso funzionale costituito da un motoneurone spinale alfa e dalle fibre che esso
innerva viene definito UNITA MOTORIA fig. 87.
La maggior parte dei muscoli costituita da 100 a 700 unit. Es. muscolo flessore di un
dito ci sono 120 unit motorie per un totale di 41000 fibre, il gastrocnemio controllato da
580 unit motorie per un totale di fibre di 1030000.
Il numero di fibre per unit motoria varia a secondo dei muscoli, ad esempio si va dalle tre
fibre per il muscolo estrinseco dellocchio alle circa 1730 fibre per il soleo (Aubert).
Es. muscolo flessore delle dita lunit motoria contiene 340 fibre, il gastrocnemio ne
contiene 1800.

Fig 87 unit motoria
La contrazione di una fibra muscolare sempre massimale, pertanto anche la
stimolazione di una unit neuromotoria comporta uno sviluppo di forza massimale.
la contrazione simultanea di tutte le fibre di una unit motoria viene definita: LEGGE
DEL TUTTO O NULLA
Pu sembrare a prima vista che il muscolo sappia compiere contrazioni solo massimali ma
in realt in grado di sviluppare innumerevoli variet di tensioni.
La graduazione della forza sviluppata dipende dalla possibilit di variare la
frequenza di stimolazione delle unit neuromotorie e dalla possibilit di variare il
numero delle unit neuromotorie stimolate.
Il meccanismo che regola il numero di unit motorie da reclutare per sviluppare
tensioni diverse viene definito reclutamento.

109
Reclutamento e frequenza
Tra i fattori neurogeni, quello che subisce i primi adattamenti allallenamento della forza
massimale quello relativo al reclutamento di nuove unit motorie (reclutamento spaziale)
Successivamente con lallenamento migliora la capacit di reclutare sempre pi unit
motorie nel medesimo tempo (reclutamento temporale).
Il reclutamento temporale spiegato nel seguente modo:
il muscolo risponde ad un impulso con una contrazione, al sopraggiungere di un secondo
impulso la contrazione diventa maggiore; una serie di impulsi ravvicinati provoca un tetano
ravvicinato o clono, fino ad arrivare al tetano completo Fig.88, normalmente la fascia delle
frequenze compresa tra 8 e 50-60 hertz.

Fig 88 Reclutamento temporale

Per i movimenti rapidi pu arrivare anche ai 150 hertz. La forza massima si pu ottenere
anche con frequenze di 50 hertz, ed anche se la frequenza arriva a 150 hertz non vi sono
incrementi di forza massima bens un miglioramento della pendenza della curva Fig.89,
questo fenomeno particolarmente interessante per tutti i gesti sportivi di tipo esplosivo.
110

Fig. 89 una stimolazione a 50Hz sufficiente per produrre forza massimale (a). se si aumenta la frequenza (b)
aumenta la pendenza della curva e quindi lo sviluppo rapido della forza (secondo Grimby e coll. 1981)

Le frequenze fino a 50-60 hertz sono strettamente legate al reclutamento spaziale e per
raggiungerle c' bisogno in ogni caso di carichi elevati. Sollevare carichi elevati in tempi
molto brevi permette di arrivare a frequenze intorno ai 100 hertz, mentre con movimenti
esplosivi espressi in tempi brevissimi (100ms) si arriva a frequenze di 150 hertz. La
capacit di emettere impulsi di stimoli ad alta frequenza lultima fase di miglioramento
del sistema nervoso. Per produrre adattamenti stabili occorre un periodo di tempo molto
lungo; di contro c il fatto che ladattamento regredisce velocemente in assenza di
allenamento.








Fig. 90 Rappresentazione dei fenomeni di reclutamento nellaumento di forza (Fukunaga 1976)

Leffetto positivo dello stimolo, allinizio dellallenamento, agisce prevalentemente sul
numero di fibre da reclutare.
Un soggetto sedentario normalmente recluta solo il 30-50% delle unit a disposizione, Fig
90 dopo alcune settimane di lavoro il soggetto in grado di esprimere pi forza grazie ad
111
un maggior reclutamento di unit motorie, mentre con il proseguire del tempo la causa del
miglioramento di forza diventa l'ipertrofia.
Il reclutamento delle fibre muscolari normalmente spiegato con la legge di Henneman
che mostra come le fibre lente siano reclutate prima delle rapide. La Fig 91 evidenzia che
per carichi leggeri sono reclutate fibre lente, per un carico medio si reclutano fibre
intermedie e solo con carichi elevati si attivano fibre veloci. Questa legge oggi stata
rimessa in discussione quando si parla di movimenti balistici. La legge rimane valida solo
se i movimenti con carichi leggeri sono spostati a basse velocit cio se si passa da
esercizi eseguiti blandamente come la corsa lenta e si va verso esercizi di forza. In
movimenti balistici le unit motorie rapide vengono reclutate senza che siano sollecitate le
fibre lente fig. 92


Fig 91 Il reclutamento delle fibre rispetto allintensit del carico (Costill 1980)

112

Fig 92 Modello ipotetico di reclutamento delle varie unit motorie lente (ST) intermedie (FTa) e veloci (FTb) (da: Stuart
ed Enoka 1983)

Studi condotti da Bosco e Komi hanno dimostrato che soggetti ricchi di fibre veloci nei
muscoli degli arti inferiori, ottenevano risultati migliori nel salto verticale. Questo fa
pensare che se pur gli sviluppi di forza sono molto bassi, 30-40% della forza massima
isometrica, lintervento delle unit fasiche dominante sulle toniche.

La sincronizzazione
Come detto nel paragrafo precedente la capacit di emettere impulsi di stimoli ad alta
frequenza lultima fase di miglioramento del sistema nervoso. Questultimo adattamento
ci porta ad un altro meccanismo di produzione della forza: la sincronizzazione.
La sincronizzazione la possiamo definire come la capacit di reclutare tutte le fibre nello
stesso istante. Quindi la sincronizzazione ci porta ad un ulteriore miglioramento della forza
e soprattutto al miglioramento della forza esplosiva. Secondo Sale (1988) la
sincronizzazione delle unit motorie non porta ad un aumento della forza massima ma ad
una capacit di sviluppare forza in tempi pi brevi. La sincronizzazione regolata da un
particolare sistema inibitorio composto da interneuroni chiamate cellule di Renshaw fig.
93. Queste cellule formano un sistema di sicurezza con leffetto di deprimere lattivit dei
motoneurone. Il risultato pertanto una diminuzione della frequenza di scarica del
motoneurone, per cui viene impedita uneccessiva attivit con eventuale sovraccarico del
muscolo.
113
Un miglioramento della sincronizzazione con conseguente inibizione del circuito di
Renshaw, si pu avere attraverso esercitazioni molto intense come ad esempio balzi
pliometrici











Fig 93 Cellula di Renshaw

Nella Fig. 94 sono schematizzati i rapporti tra reclutamento e sincronizzazione nel corso di
una contrazione muscolare. Inizialmente si migliora la capacit di reclutare un maggior
numero di unit motorie, successivamente migliora la capacit di reclutarle in un tempo
minore e per ultimo aumentare la frequenza di stimolo che porta alla sincronizzazione.



Fig.94 Rappresentazione schematica dellintervento dei diversi meccanismi nella regolazione della forza (da: Cometti)

114
FATTORI LEGATI ALLO STIRAMENTO
Generalmente un muscolo preventivamente allungato, con piccole variazioni, esprime nel
successivo accorciamento una forza maggiore rispetto ad una semplice contrazione
eccentrica. La conseguenza di questo fenomeno dipende:
Sollecitazione del sistema nervoso
Propriet visco-elastiche del muscolo

Fattori eccitatori ed inibitori
L'importanza delle esercitazioni pliometriche quella di stimolare il sistema
neuromuscolare tale da provocare sollecitazioni che permettono di sviluppare, in tempi
molto brevi, elevatissimi livelli di forza ad alte velocit. La condizione essenziale per avere
elevati sviluppi di forza, quella di una limitata variazione angolare delle articolazioni
interessate. Le esercitazioni pliometriche stimolano fortemente, con il meccanismo
stiramento-accorciamento, sia le strutture miogene (parte contrattile del muscolo) che
quelle neurogene (sistema nervoso). La stimolazione pi importante avviene a livello
neurogeno dove vengono ad essere sollecitate due funzioni tra laltro in contrasto tra loro:
inibitoria ed eccitatoria. Lequilibrio che si crea tra gli stimoli inibitori e quelli eccitatori
influenzano le condizioni di realizzazione della prestazione.
Lunit motoria costituita da un motoneurone, chiamato pi precisamente
alfamotoneurone, e dallinsieme di fibre che esso innerva. Lalfamotoneurone riceve
informazioni o meglio stimoli dal Sistema Nervoso Centrale (SNC) e le trasmette alle fibre,
le quali si contraggono. Oltre a ricevere informazioni dal SNC, lalfamotoneurone riceve
altre informazioni provenienti, al momento dellallungamento, da fibre afferenti le quali
inviano, attraverso motoneuroni chiamati betamotoneuroni, ulteriori stimoli che vanno a
sommarsi a quelli provenienti dal SNC potenziandolo e permettendo un maggior
reclutamento. Questa funzione eccitatoria definita riflesso miotattico o riflesso da
stiramento.
Il segnale che dal muscolo arriva al sistema nervoso centrale proviene da particolari
recettori situati in parallelo con le fibre muscolari definiti fusi neuromuscolari.

I fusi neuromuscolari sono recettori posti nei muscoli che forniscono messaggi riguardo
la lunghezza del muscolo, pi precisamente delle fibre muscolari, vengono definiti anche
recettori di allungamento Fig 95
115

Fig 95 descrizione schematica dei fusineuromuscolari.

Quando un muscolo viene stirato contemporaneamente vengono sollecitati anche i fusi
neuromuscolari che inviano un segnale al sistema nervoso centrale. Se lo stiramento
seguito in tempi brevissimi da una contrazione concentrica il segnale proveniente dai fusi
si somma al segnale volontario proveniente dal sistema nervoso centrale rafforzandolo.

Oltre a sollecitazioni eccitatorie ve ne sono altre inibitorie provenienti dai tendini dove
sono situati particolari sensori chiamati corpuscoli tendinei del Golgi (GTG) fig 96.

Fig 96 recettori del Golgi e meccanismo inibitorio.

116
I recettori del Golgi sono recettori di forza, ed essendo posti in serie rispetto al muscolo
rispondono alle variazioni di forza che si sviluppano ai capi tendinei.
La funzione dei GTG di inibire, o pi semplicemente evitare, eccessivi sviluppi di forza
che potrebbero provocare infortuni muscolari. Bosco (1985) ha dimostrato che i GTG
hanno funzione inibitoria quando si raggiungono altezze di cadute eccessive nel Drop
jump/salto in basso (caduta da diverse altezze con successivo salto verticale).
Lallenamento con esercitazioni pliometriche innalza la soglia di eccitabilit dei recettori del
Golgi in modo da avere una migliore risposta neuromuscolare, cio un maggior sviluppo di
forza. La migliore risposta neuromuscolare si ha quando gli stimoli eccitatori del riflesso
miotattico superano gli stimoli inibitori esercitati dai GTG. Nella fig. 97 si pu notare la
differenza di risposta dellattivit elettrica di un soggetto allenato ed uno non allenato.




Fig. 97 Registrazione elettromiografica del gastrocnemio durante un
salto pliometrico cadendo da 1,1 m, in un soggetto allenato (sotto) e non
allenato (sopra).
Lattivit elettromiografica del soggetto allenato al momento del
contatto sale per tutto il tempo, mentre il non allenato mostra una
depressione iniziale dovuta ad inibizione (da Schmidtbleicher e Gollhofer,
1982)



Propriet visco-elastiche del muscolo
Nelle esercitazioni pliometriche, oltre alle componenti gi descritte, oltre ad una risposta
positiva a livello dellattivit elettrica vi sono altre componenti che danno ulteriori vantaggi
ai fini di maggiori sviluppi di forza. I vantaggi derivano dalle componenti elastiche, le quali,
una volta prestirate, restituiscono energia che va a sommarsi alla contrazione concentrica,
per un ulteriore contributo allo sviluppo di forza. Un fattore molto importante ai fini
dellefficacia muscolare dovuta ad uno stiramento, il tempo di accoppiamento (Bosco
1982), cio il tempo che divide la fase di stiramento con la fase di accorciamento. Bosco
117
ha dimostrato che pi breve il tempo di accoppiamento, pi elevata la restituzione di
energia potenziale.
La quasi totalit degli sport presentano gesti tecnici con componenti a carattere
pliometrico, perci importante inserire nellallenamento esercitazioni che sollecitano la
componente di allungamento-accorciamento. Nella Fig 98 si riassumono i punti pi
importanti dello stiramento muscolare.


Fig 98 Riepilogo circa le considerazioni applicative relative allo stiramento muscolare (da: Cometti)


Meccanismo della contrazione e relativo sviluppo di forza
(Relazione forza-lunghezza)

Altro meccanismo per comprendere a fondo lo sviluppo della forza il rapporto tra lo stato
di allungamento del muscolo e la capacit di produrre forza.
La relazione forza-lunghezza un elemento molto importante che ci permette di
comprendere meglio la forza sviluppata da un muscolo.
118
La forza sviluppata da un muscolo deve essere messa in relazione con la lunghezza del
muscolo stesso, in altre parole il muscolo non in grado di sviluppare la stessa forza a
lunghezze diverse. Questo concetto quasi sempre viene visto sotto un altro punto di vista
e precisamente forza sviluppata e angolo di lavoro. Sappiamo che al variare dellangolo
varia lo sviluppo della forza. In effetti quello che varia al variare dellangolo la lunghezza
del muscolo. Ad esempio il bicipite brachiale alla sua massima estensione in grado di
sviluppare una forza molto bassa, man mano che il braccio si flette la forza sviluppata
sempre maggiore fino a raggiungere il massimo ad un angolo di 90. Superato langolo di
90la forza tende di nuovo a diminuire fino ad essere quasi nulla alla massima flessione
(figura 99). Questo fenomeno spiegabile attraverso lanalisi della contrazione dei singoli
sarcomeri. La lunghezza del muscolo dipende dallallungamento dei singoli sarcomeri.
Infatti i sarcomeri di un muscolo, alla sua massima estensione, si presentano come in
figura 100. La quantit di ponti di miosina che si possono legare allactina sono un numero
ridotto per la scarsa sovrapposizione dei rispettivi filamenti di actina e miosina. Man mano
che il sarcomero si accorcia aumentano i ponti di miosina che possono attivarsi per una
maggior sovrapposizione di filamenti. Quando si raggiunge la condizione in cui tutti i ponti
della miosina possono legarsi allactina si ha il massimo sviluppo di forza di un singolo
sarcomero e di conseguenza del muscolo stesso (figura 101). Superata questa condizione
il sarcomero continua ancora ad accorciarsi fino alla massima sovrapposizione dei
filamenti di actina e miosina ed in questa fase la forza tende diminuire sensibilmente fino a
diventare pressoch nulla (figura 102).






119

Fig 99



Fig 100


Fig 101
Lunghezza del
Tensione
Lunghezza del
Tensione
120
Fig 102
Questo fenomeno maggiormente visibile nello schema presentato dal da G. A. Cavagna
di figura 103 che ci mostra il diagramma forza-lumghezza.




















Fig 103 La parte superiore della figura mostra un diagramma forza-lunghezza di una singola fibra muscolare:
sullordinata la forza espressa come per cento del valore massimo, sullascissa indicata la lunghezza del sarcomero
(in millesimi di mm: m). nella parte inferiore della figura sono illustrati, schematicamente, i rapporti tra actina e
miosina alle lunghezze del sarcomero indicate dalle frecce sul diagramma forza-lunghezza (da 1 a 6). [Da Gordon,
Huxley e Julian (1966): modificata].
Lunghezza del sarcomero
Tensione sviluppata
121

LALLENAMENTO DELLA FORZA

Definizione di Forza:
Svariate sono le definizioni che i vari ricercatori hanno formulato per classificare la
forza:
La forza muscolare si pu definire come la capacit che i componenti intimi
della materia muscolare hanno di contrarsi, in pratica di accorciarsi. (VITTORI)
La forza la capacit del muscolo scheletrico di produrre tensione nelle varie
manifestazioni. (VERCHOSANSKIJ)
Si pu definire la forza delluomo come la sua capacit di vincere una
resistenza esterna o di opporvisi con un impegno muscolare. (ZACIORRSKIJ)

Semplificando le definizioni citate, si pu affermare che la forza si identifica nella
capacit del muscolo di esprimere tensione
Essendo molteplici le tensioni che un muscolo pu esprimere si vengono ad avere
espressioni di forza che possiamo cos sintetizzare:
1. FORZA MASSIMA
2. FORZA ESPLOSIVA
3. RESISTENZA ALLA FORZA VELOCE
4. RESISTENZA MUSCOLARE
La forza massima si pu definire come la capacit del sistema neuromuscolare di
sviluppare la pi alta tensione possibile, per vincere una resistenza elevata, senza
limitazione di tempo.
La forza esplosiva, anche se in modo improprio, si pu definire come la capacit del
sistema neuromuscolare di esprimere elevati gradienti di forza nel minor tempo
possibile, in modo da imprimere al carico da spostare la maggior velocit possibile.
E interessante sottolineare che allespressione di forza esplosiva coincide la massima
potenza muscolare. La massima potenza muscolare generalmente si ottiene con
sviluppi di forza pari al 30-40% della forza massima e con velocit di accorciamento
pari al 35-45% di quella massima.
La resistenza alla forza veloce non altro che la capacit di esprimere elevati sviluppi
di forza esplosiva ripetuti per tempo relativamente lungo
122
La resistenza muscolare la capacit del muscolo di produrre bassi sviluppi di forza
prolungati per lungo tempo.

Le varie espressioni di forza precedentemente menzionate: forza massima, forza
esplosiva, resistenza alla forza esplosiva e resistenza muscolare possono essere
classificate in conformit a principi biologici. Queste espressioni si possono classificare
tenendo in considerazione sia gli aspetti neuromuscolari che servono a modulare la
tensione, sia gli aspetti metabolici che ne determinano la durata. Pertanto la forza
massima e la forza esplosiva sono caratterizzate da fattori neurogeni, mentre la resistenza
alla forza esplosiva e la resistenza muscolare sono caratterizzate da fattori metabolici.
Questa classificazione ci porta a fare una distinzione tra sport individuali e sport di
squadra.
Gli sport individuali si possono dividere in due gruppi, uno dove prevale la forza esplosiva
e quindi la velocit connessa alla forza (corsa veloce, salti, lanci, ecc.), laltro gruppo dove
prevalgono i fattori metabolici a determinare la prestazione (maratona, sci di fondo,
ciclismo, ecc.).


Per quanto riguarda gli sport di squadra bisogna considerare due aspetti molto importanti:
1. ESPLOSIVITA
2. RIPETIZIONE.
Spesso sorge il dubbio su quale delle due caratteristiche bisogna soffermarsi. Gli sport di
squadra sono caratterizzati da sforzi di tipo esplosivo che vengono ripetuti molte volte
quali correre pi veloci, saltare pi in alto, arrivare prima dellavversario sulla palla e nel
frattempo recuperare la fatica nel pi breve tempo possibile. Per questi motivi, si cade
molte volte nellerrore di impostare la preparazione atletica sul lavoro di resistenza, basato
sulla convinzione che sforzi di bassa intensit e a ritmo lento sono di gran lunga superiore
a quelli di tipo esplosivi cio brevi e rapidi. Analizzando un qualsiasi sport di squadra ci si
rende conto che, in effetti, gli sforzi di bassa intensit sono di gran lunga superiori a quelli
di azioni esplosive. A mio avviso non bisogna lasciarsi influenzare dalla loro quantit, per
impostare il lavoro, ma capire che il risultato determinato, se pur da quantit inferiori, da
sforzi esplosivi. Alla luce di quanto detto la preparazione atletica, deve essere impostata al
miglioramento di ciascuna azione esplosiva cio: saltare pi in alto, correre pi veloce o
schiacciare con la massima potenza. Perci si pu affermare, senza ombra di dubbio, che
123
il potenziamento muscolare cio lallenamento della forza, alla base dello sviluppo
dellesplosivit e quindi del risultato sportivo.
In conclusione si pu riassumere che la preparazione fisica, per gli sport di squadra, deve
avere questa successione temporale:
1. MIGLIORAMENTO DELLE QUALITA NEUROMUSCOLARI (Tutte le espressioni
della forza) in altre parole MIGLIORAMENTO DEI PARAMETRI QUALITATIVI
DELLALLENAMENTO
2. MIGLIORAMENTO DEI PROCESSI METABOLICI (aerobico ed anaerobico) cio
MIGLIORAMENTO DEI PARAMETRI TEMPORALI DELLALLENAMENTO.
La forza esplosiva deve costituire la base della preparazione fisica, la resistenza viene
allenata successivamente.
















CONSIDERAZIONI PRATICHE SULLA FORZA
Nella maggior parte degli sport, lincremento della prestazione dato dal miglioramento
della velocit del gesto tecnico, questo significa sviluppare elevati gradienti di forza nel
minor tempo possibile, vale a dire migliorare la forza esplosiva
124

Per capire meglio il miglioramento della forza esplosiva analizziamo la relazione forza-
velocit (fig. 104).

F i g . 1 0 4 R e l a z i o n e fo r z a / v e l o c i t tr a c a ri c o s o l le v a to e
v e lo c it d i s p o s t a m e n t o
0
1 00
2 00
3 00
4 00
5 00
6 00
7 00
8 00
9 00
1 0 00
0 0 , 2 0 , 6 1 1 , 4 1, 8 2
V m / s
F N
F o r z a m a s s im a
F o rz a e s p l o s iv a

Si nota dalla figura che, al diminuire del carico da spostare, diminuisce la forza ed
aumenta la velocit. Appare chiaro che la forza massima si estrinseca con velocit basse,
mentre, quella esplosiva, con velocit alte. Migliorare la forza esplosiva significa spostare
la curva forza-velocit verso destra. Questo, per, non sempre possibile poich la forza
esplosiva legata alla forza massima, perci, per migliorarla, occorre migliorare anche
questultima.
Spesso si esalta troppo lo sviluppo della forza massima trascurando lelemento velocit.
Cos facendo, si corre il rischio di cadere nellerrore di diventare troppo forti, cio capaci
di sollevare un carico maggiore, ma allo stesso tempo pi lenti.
Questo perch, nellallenamento della forza, spesso si prende in considerazione un solo
aspetto, vale a dire la forza stessa, trascurando un altro importantissimo parametro, cio
la velocit con cui la forza si manifesta.
Utilizzando solo il carico massimo come parametro di riferimento (sistemi tradizionali come
metodo piramidale, ripetizioni massime RM, metodo a contrasto), si trascura il parametro
pi efficace per creare adattamenti specifici e concreti, cio lintensit del carico.
Lintensit si pu definire il modo con cui si sposta un carico, cio la velocit di
spostamento, poich proprio la velocit con cui realizzato il movimento che favorisce il
miglioramento e, quindi, ladattamento di un processo biologico, anzich di un altro.
125
Oggi si sono distinte la percentuale del carico e lintensit per allenare le varie espressioni
di forza:
Alla luce di queste considerazioni una programmazione razionale e personalizzata non
pu essere formulata basandosi su esperienze empiriche. Oggi sono state messe a punto
attrezzature (Muscle Lab Bosco Sistem) che consentono di valutare e controllare
sistematicamente lallenamento di ogni atleta prendendo in considerazione le
caratteristiche muscolari di ogni individuo. Per il miglioramento della forza nelle sue varie
espressioni si prende in considerazione il valore della potenza, essendo questo
parametro, il prodotto della forza per la velocit. Prendendo in esame questo parametro
vediamo di seguito quali sono i campi di intervento per allenare le varie espressioni di
forza.



FORZA MASSIMA
Per quanto riguarda la forza massima, si consiglia di utilizzare carichi compresi tra il 70 e il
100% del CM (carico massimo), in questo modo si certi di sollecitare tutte le unit
motorie possibili. Con carichi prossimi a quelli massimali possiamo stimolare con forti
sollecitazioni, il sistema neuromuscolare, per periodi relativamente lunghi (700 900 ms.).
Con carichi al di sotto del 70% del CM possiamo, s avere un reclutamento massimale, ma
con tempi di lavoro molto ridotti rispetto ai carichi maggiori. Leffetto allenante per la forza
massimale consiste nella stimolazione protratta nel tempo fig. 105. Il valore della potenza
nelle ripetizioni non deve scendere al di sotto del 90% di quello massimale fig. 106.
126


Fig 105 Attivit elettromiografica registrata nei muscoli estensori del ginocchio
(quadricipite femorale) durante lesecuzione di uno squat jump, squat con un carico pari
al 50% e con un carico pari al 250% del peso corporeo. Si evidenzia come nello squat
jump lentit dellattivazione mioelettrica di gran lunga maggiore di quella che si ottiene in
prestazioni di squat. Nello stesso tempo si pu notare che la durata dello stimolo, nello
squat jump, solo il 40% di quello che si registra nel squat eseguito con sovraccarico
del 250% del peso corporeo (da: Bosco e coll. 1996)
127
Fig 106


FORZA ESPLOSIVA
Fattori collegati allo sviluppo della forza esplosiva
La capacit di sviluppare gradienti di forza esplosiva in forma balistica, caratterizza
molte discipline sportive. La forza esplosiva rappresenta la qualit muscolare
fondamentale ai fini della prestazione agonistica. I fattori che sono stati individuati e
correlati alla sua manifestazione (Bosco 1995) sono i seguenti:
1. frequenza degli impulsi nervosi che dal cervello arrivano ai muscoli;
2. numero delle fibre muscolari a cui vengono inviati i messaggi;
3. Influenza del biofeedback delle cellule di Renshaw dei propriocettori (o fusi muscolari),
dei corpuscoli tendinei del Golgi (GTO), dei recettori articolari, insieme ad altri, a livello
spinale e/o sopraspinale;
4. Tipo di fibre muscolari (fibre veloci (FT), e/o lente (ST), ed intermedie (FTR);
5. Dimensione e tensione prodotta da ciascuna fibra muscolare, che dipendono
rispettivamente dalle masse e dal peso molecolare della struttura proteica che
costituisce la fibra;
ALLENAMENTO PER LA FORZA MASSIMA
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
0
0,1 0,3 0,5 0,7 0,9
1
Velocit m/s
pot W 100%
pot W 90%
Forza N
CARICO : 70% - 100% 1 RM
POTENZA : > 90% della max
F
o
r
z
a

N
/
P
o
t
e
n
z
a

W

128
6. Condizioni fisiologiche in cui si trova la fibra muscolare prima che venga sviluppata la
forza esplosiva (stato di riposo, attivo), cio se il lavoro concentrico o positivo viene
eseguito dopo uno stiramento attivo (lavoro eccentrico) del muscolo, o se viene
prodotto partendo da condizioni di riposo;
7. Stato di allenamento in cui la fibra muscolare si trova; questo interessa sia il
comportamento neuromuscolare che metabolico della fibra stessa;
8. Livello di concentrazione del testosterone in circolo.

La forza muscolare e la velocit sviluppate dal lavoro muscolare sono difficili da
distinguere luna dallaltra. Ambedue vengono prodotte dallo stesso meccanismo di
controllo e guida, che il sistema neuromuscolare. La velocit di contrazione di un
muscolo dipende dallentit del carico esterno; con carichi alti si ottengono velocit basse
e viceversa (Hill 1938). Il prodotto della forza estrinsecata e della velocit sviluppata
determinano la potenza meccanica che il muscolo pu realizzare con quel determinato
carico. Un muscolo sviluppa la potenza massima (Pmax) generalmente quando la forza
raggiunge il 35-45% della forza massimale (Fmax), ed il 35-45% della massima velocit di
accorciamento (Vo); questo si verifica sia nel muscolo isolato (Hill 1938) che in vivo
(Bosco e coll. 1982).

La forza esplosiva si pu identificare con la potenza massima, dato che rappresenta
lespressione pi elevata di produzione lavoro, in brevissimo tempo, che coinvolge sia i
meccanismi neuromuscolari che quelli morfologici e strutturali.
Il miglioramento della forza massima avviene prima con adattamenti e modificazioni di
origine nervosa e, successivamente, seguono complesse trasformazioni e mutamenti
morfologici che conducono allipertrofia muscolare. E possibile che i fattori neurali
agiscano a diversi livelli del sistema nervoso centrale e periferico.
Questo determina come risultato finale unattivazione massimale di tutte le fibre muscolari
(Millner-Brown et coll. 1975). Ci significa avere la possibilit di stimolare istantaneamente
un altissimo numero di fibre muscolari, che in definitiva sono quei processi che
determinano la forza esplosiva.
Adattamento neurogeno significa inoltre, migliorare la coordinazione intra ed
intermuscolare che conduce ad un risparmio denergia metabolica, oltre che allincremento
della velocit desecuzione di un movimento.
129
Studi condotti su atleti, avevano indotto a pensare che lallenamento della forza massima
determinasse un miglioramento del sistema di reclutamento delle varie fibre muscolari.
Pertanto, essendo questo collegato alla forza esplosiva, ne favorirebbe il miglioramento.
Le interazioni tra la forza esplosiva e quella massima sono state per lungo tempo
considerate gli unici legami biologici tra le due espressioni di forza. Infatti queste mostrano
tra loro basi comuni di natura metabolica, strutturale e neurogena. Tra queste, le ultime
sembrano possedere maggiori legami funzionali.
Per tale ragione, quando la velocit desecuzione diventa fattore indispensabile per la
riuscita della prestazione, si cerca di migliorare la forza esplosiva sia con metodologie
dirette, sia attraverso il miglioramento della forza massima.
Per allenare la forza esplosiva, si consigliano carichi leggeri che si aggirano tra il 20% e il
70% del CM con sviluppi di potenza sempre massimali, con valori compresi tra il 90 e il
100% di quello max. Per avere alti sviluppi di forza esplosiva debbono essere coinvolte
prevalentemente le fibre bianche, pertanto lesecuzione del movimento deve essere pi
veloce possibile. Con carichi al di sotto del 70% per ottenere il massimo sviluppo di
potenza sia la forza sia la velocit devono essere massimali. E importante in questo tipo
di lavoro un recupero totale fig.107.

Fig. 107

IPERTROFIA MUSCOLARE
Lipertrofia, cio incremento di massa muscolare, non da considerare unespressione di
forza bens un meccanismo strutturale che influenza la forza massima, Per allenarla si
ALLENAMENTO PER LA FORZA ESPLOSIVA
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
0 0,1 0,3 0,5 0,7 0,9 1
Velocit m/s
Forza N/Potenza W
pot W 100%
pot W 90%
Forza N
CARICO : 20% - 70% 1 RM
POTENZA : > 90% della max
130
utilizzano carichi compresi tra il 70% e il 85% del CM con sviluppi di potenza tra l80%e il
90% della Max (fig. 108). La scelta delle percentuali del carico dettata dal fatto che esso
deve essere sufficientemente alto per permettere la stimolazione di tutte le unit motorie
disponibili e quindi il maggior numero di fibre, ma non superiore al 85% perch limiterebbe
il numero di ripetizioni. I valori della potenza non devono superare il 90% in quanto
insorgerebbe precocemente la fatica limitando il numero delle ripetizioni, pertanto non si
attivano i processi metabolici utili per lipertrofia. Valori al di sotto dell80%
significherebbero velocit basse, perci reclutamento di fibre lente che non producono
sostanziali incrementi di massa muscolare al contrario delle fibre bianche.


Fig 108








ALLENAMENTO PER IPERTROFIA
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
0 0,1 0,3 0,5 0,7 0,9 1
Velocit m/s
Forza N/Potenza W
pot W 100%
pot W 90%
pot W 80%
Forza N
CARICO : 70% - 85% 1 RM
POTENZA : 80% - 90% della max
131

RESISTENZA ALLA FORZA VELOCE
I carichi da utilizzare si aggirano tra il 20 e il 50% del CM con valori di potenza tra l80% e
il 90% della Max (fig. 109).

Fig 109




RESISTENZA MUSCOLARE
Carichi di lavoro compresi tra il 20 e il 50% del CM. I valori della potenza devono essere
compresi tra il 60 e l80% della Max (fig. 110).

Fig 110

ALLENAMENTO PER LA RESISTENZA
ALLA FORZA VELOCE
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
0 0,1 0,3 0,5 0,7 0,9 1
Velocit m/s
Forza N/Potenza W
pot W 100%
pot W 90%
pot W 80%
Forza N
CARICO : 20% - 50% 1 RM
POTENZA : 80% - 90% della max
ALLENAMENTO PER LA RESISTENZA
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
0 0,1 0,3 0,5 0,7 0,9 1
Velocit m/s
Forza N/Potenza W
pot W 100%
pot W 80%
pot W 60%
Forza N
CARICO : 20% - 50% 1 RM
POTENZA : 60% - 80% della max
132
Per tutte le espressioni di forza elencate, compresa lipertrofia muscolare, il numero delle
ripetizioni, per ogni serie eseguita, non sono pi stabilite a priori, ma sono determinate in
base ai valori di potenza sviluppati per ogni serie. I valori della potenza devono rimanere
entro il range indicato per ogni espressione di forza, tutto questo oggi possibile attuarlo
con le moderne attrezzature che si trovano in commercio.
Lapparecchiatura attualmente pi utilizzata quella realizzata dal Prof. Bosco denominata
Muscle Lab Bosco-System, composta di sensori che collegati alle normali macchine di
muscolazione o al bilanciere libero, capace di rilevare fenomeni meccanici dovuti alla
contrazione muscolare, quali ad esempio lo spostamento che il carico subisce ed il tempo
impiegato per il movimento. Oltre a questi due parametri, il Muscle Lab fornisce anche i
valori della Forza espressi in Newton, la Potenza Max e la Potenza Media per ogni serie di
lavoro. Questo strumento, oltre alla valutazione delle caratteristiche muscolari, trova facile
ed utile applicazione per la guida e la personalizzazione del carico di lavoro
nellallenamento.




















133
ASPETTI NEURONALI DELLA FORZA
Elettromiografia

Per elettromiografia (EMG) si intende linsieme delle tecniche per il rilievo,
lelaborazione, la rappresentazione e linterpretazione dei segnali elettrici generati,
durante la contrazione volontaria o indotta, dai muscoli scheletrici. (De Luca e
Knaflitz, 1992)

Tipi di elettromiografia:
ELETTROMIOGRAFIA DI SUPERFICE: realizzata mediante elettrodi di superficie
applicati nella parte sovrastante il muscolo da analizzare
ELETTROMIOGRAFIA INTRAMUSCOLARE: realizzata mediante aghi introdotti nel
muscolo da indagare.
In questa circostanza viene trattata solo lelettromiografia di superficie.
Lelettromiografia intramuscolare risulta essere una pratica invasiva perci pu essere
trattata solo da personale medico.
Lelettromiografia di superficie pu essere eseguita da tutti ma solo a scopo valutativo e
non per scopi diagnostici.
Il segnale che si registra con lelettromiografia di superficie pu essere di due tipi a
secondo degli strumenti utilizzati:
Segnale grezzo
Segnale rettificato
Il segnale grezzo visualizzato nella figura 111, si pu notare come vi siano picchi positivi
e negativi del segnale, oltre a momenti in cui i picchi sono molto alti e pi serrati tra di loro.
Queste fasi stanno ad indicare che il segnale elettrico che arriva al muscolo molto pi
intenso e con frequenza pi alta.
Questo tipo di segnale molto difficile da interpretare e tradurre in aspetti pratici
soprattutto per i meno esperti di elettromiografia.
134
fig 111
Vi sono oggi strumenti in commercio che forniscono un segnale molto pi semplice da
leggere come in fig 112. Questo tipo di segnale viene definito segnale rettificato.
Fig 112
Il tracciato del segnale viene RETTIFICATO, calcolato come i valori medi del segnale base
(Average Rectified Value AVR) o anche come i valori della radice quadrata dei valori medi
elevati al quadrato (Root Mean Square RMS) segnale di fig 113
Il passaggio da un segnale grezzo ad un segnale rettificato viene illustrato nella fig 114.
Fig 113
Il segnale grezzo evidenziato in rosso viene rettificato, cio trasformato in un segnale tutto
positivo (curva blu) secondo il metodo della Root Mean Square.

EMGrms
VL sx
VL dx
E
M
G
[
m
V
]
Time[s]
0.000
0.002
0.004
0.006
0.008
0.010
1.1 1.8 2.6 3.4
135
Altro metodo per quantizzare il segnale elettromiografico quello del calcolo dellintegrale
in funzione del tempo (IEMG) della curva RMS; con questa sigla sintende il volume
(quantit) totale rispetto al tempo totale dellesercizio fig 115.

Fig 115
Nella figura 116 viene messo in evidenza le diverse risposte del segnale elettrico
registrate in contrazioni isometriche fino allaffaticamento e con carichi diversi rispetto al
carico massimo del soggetto in esame.
Nel grafico si evidenzia come varia lattivit elettrica al variare del carico utilizzato e alla
durata della contrazione in un test di isometria totale. Si nota come allaumentare del
carico vi un incremento dellattivit elettrica. Laumento dellattivit elettrica si ha sin
dallinizio della contrazione dovuto ad un maggior numero di fibre da reclutare per
sostenere un carico maggiore. Lattivit elettrica, durante tutto il tempo della contrazione,
tende ad aumentare e questo si verifica proporzionalmente per tutti e tre i carichi. Questo
fenomeno spiegabile dal fatto che il muscolo costretto, per stanchezza delle fibre
reclutate inizialmente, a reclutare sempre nuove fibre sino alla fine della contrazione.

136
Fig 116



Efficienza neuromuscolare

Lincremento di forza che un muscolo ottiene dopo un periodo di allenamento, dovuto a
adattamenti e modificazioni sia della parte miogena sia della parte neurale.
Questi miglioramenti portano ad un diverso rapporto tra forza sviluppata ed attivit elettrica
prodotta dal sistema nervoso centrale EMG/Forza. Una decremento di questo rapporto
dovuta ad un riduzione dellattivit elettrica ed un aumento della forza evidenzia un
fenomeno definito da Bosco efficienza neuromuscolare.
Questo fenomeno spiegabile con lesperimento riportato di seguito sulle conseguenze
dellallenamento incrociato effettuato sugli arti superiori.
Effetti di allenamenti incrociati hanno dimostrato un aumento di forza sullarto
controlaterale non allenato (Ikai e Fukunaga 1970, Houston e coll. 1983, Komi e coll.
1978). Sono stati condotti degli studi su ambedue gli arti superiori e si notato che
allenando un solo braccio, si ottengono miglioramenti di forza anche sull'altro arto non
allenato.
Nella Fig 117 si nota l'effetto di un allenamento di forza su un braccio allenato ed uno non
allenato. L'incremento di forza per il braccio allenato dato sia da un miglioramento della
parte miogena, evidenziato da un aumento della massa muscolare, sia da un livello di
attivazione nervosa maggiore.
Per l'arto non allenato l'aumento di forza dato solo da un incremento dell'attivit nervosa.
137
Nella Fig 118 si evidenzia il miglioramento dellEMG in funzione della forza prima e dopo
l'allenamento. Il miglioramento consiste in una diminuzione dell'attivit elettrica per
esprimere la stessa forza, vale a dire una maggiore efficienza neuromuscolare, mentre
nell'arto non allenato si osserva un miglioramento nervoso per esprimere pi forza
massima. I miglioramenti che si ottengono sul braccio non allenato, sono dovuti solo ed
esclusivamente ad un incremento dell'attivit elettrica ottenuto dalla stimolazione dell'altro
braccio.






Fig. 117 Effetto di un allenamento di forza sul braccio allenato ed il braccio non allenato
(secondo Moritani e De Vries 1979)
138

Fig 118 risultati di un allenamento di forza sul braccio allenato ed il braccio non allenato
(secondo Moritani e De Vries 1979)

Concludendo si pu riassumere dicendo che lincremento di forza che un muscolo ottiene
dopo un periodo di allenamento, dovuto a adattamenti e modificazioni sia della parte
miogena sia della parte neurale.




RITARDO ELETTROMECCANICO
Quando un muscolo si contrae per muovere una leva ossea, si verifica sempre un
fenomeno definito ritardo elettromeccanico. Linizio della contrazione muscolare non
coincide mai con linizio del movimento da parte della leva ossea su cui il muscolo
sinserisce mediante il tendine. Il movimento della leva ossea avviene sempre in ritardo
rispetto allinizio della contrazione muscolare, questo accade poich il tendine, che lega il
muscolo allosso, presenta una certa elasticit e solo dopo aver raggiunge una certa
rigidit, riesce ad applicare forza alla leva ossea e produrre movimento. La tensione viene
trasmessa ai tendini con un certo ritardo per stirare gli elementi elastici in serie nei muscoli
fig 119
139

Fig 119 Il punto A momento prima della contrazione, punto B inizio della contrazione ed allungamento del tendine,
punto C inizio del movimento del carico esterno.




Nella figura 120 si pu notare lincremento dellattivit elettrica (spazio tra i due marker
verticali parte bassa del grafico) e linizio della velocit (spazio tra i due marker parte alta
del grafico, curva verde). Lintervallo di tempo che intercorre tra i due marker, il tempo
utile a stirare il tendine e solo dopo inizia il movimento del carico esterno. Il tempo utile a
stirare il tendine definito ritardo elettromeccanico.












Fig 120
V
e
l
o
c
i
t
y
[
m
/
s
]
0.0
0.7
1.3
2.0
-0.1 -0.2 0.0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6
Velocity Force Power
0
1025
2050
3075
4100
VL sx RF sx RF dx VL dx
E
M
G
[
%
]
Time[s]
0
50
100
150
200
250
300
-0.1 -0.2 0.0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6
140
ANALISI DEI FATTORI INIBITORI
Nella figura 85 si pu notare lesempio di un fenomeno inibitorio riscontrato su un atleta
nellesercizio di squat. Nella parte superiore della figura si evidenziano i parametri della forza
(linea blu), della potenza (linea rossa) e della velocit (linea verde) e nella parte inferiore della
figura abbiamo i tracciati dellEMG dei muscoli del vasto laterale e del retto femorale sinistro e
destro.
Fig 121

Il punto dove si trova il marker viola il momento in cui latleta termina la fase eccentrica
del movimento di squat ed inizia la fase concentrica. La posizione del marker verde
indica il punto in cui latleta raggiunge la massima velocit negativa. In questo istante
latleta, dopo una decontrazione iniziale, inizia a contrarsi prima per frenare il carico e in
seguito invertire il movimento. Proprio in questa fase latleta registra un elevato sviluppo di
forza e sar tanto maggiore quanto maggiore sar la velocit di discesa. La velocit di
discesa dipende dallo stato di decontrazione muscolare che latleta ha nella fase
eccentrica. In altri termini se latleta nella fase di discesa si contrae e quindi scende pi
lentamente, la tensione muscolare al momento dellinversione del carico sar minore. Al
contrario si avranno elevate tensioni se la fase eccentrica viene eseguita con la massima
decontrazione. Quando i meccanismi di difesa, in questo caso i corpuscoli tendinei del
Golgi, rilevano tensioni elevate tali da poter produrre danni al sistema muscolo-tendineo,
questi mandano impulsi inibitori in modo da controllare lo stato di eccitazione a cui deve
essere sottoposto il sistema muscolo tendineo onde evitare dannose e pericolose
V
e
l
o
c
i
t
y
[
m
/
s
]
-0.7
-1.3
0.0
0.7
1.3
2.0
0.0 0.5 1.0 1.5
Velocity Force Power
0
1000
2000
3000
4000
VL sx RF sx RF dx VL dx
E
M
G
[
%
]
Time[s]
0
100
200
300
400
500
600
0.0 0.5 1.0 1.5
141
sollecitazioni. La fig 121 mette in risalto un fenomeno di inibizione dovuta ad una tensione
troppo elevata, infatti, lattivit elettrica della fase eccentrica risulta essere elevata e nella
successiva fase concentrica subire un decadimento. In un movimento privo di inibizioni
lEMG della fase concentrica risulta essere pi alta di quella eccentrica.
La fig 122 evidenzia unattivit elettrica con andamento diverso rispetto al test precedente.
Si pu notare che il segnale EMG tra la fase eccentrica e quella concentrica ha un
andamento crescente quindi non sono presenti fenomeni inibitori.














Fig 122

La coordinazione intermuscolare
Molti studi dimostrano che il miglioramento della forza specifico, cio un progresso
ottenuto in un determinato esercizio, ad esempio lo squat, non sempre accompagnato
da un miglioramento della forza in un altro esercizio. Ci significa che incrementi di forza
in parte sono dovuti alla coordinazione di quei muscoli che intervengono e che sono
specifici per quel determinato esercizio. Di solito gli esercizi utilizzati per lo sviluppo della
forza, nelle sue varie espressioni, sono molto diversi dal gesto tecnico, per questo
importante che l'allenamento della forza sia combinato con altri esercizi che si avvicinano
sempre pi alla tecnica specifica della disciplina praticata. Questi esercizi in gergo
vengono definiti esercizi di forza speciale e specifica ed ogni disciplina sportiva ha i propri
esercizi speciali.
V
e
l
o
c
i
t
y
[
m
/
s
]
-0.7
-1.3
0.0
0.7
1.3
2.0
0.0 0.5 1.0 1.5
Velocity Force Power
0
1075
2150
3225
4300
VL sx RF sx RF dx VL dx
E
M
G
[
%
]
Time[s]
0
100
200
300
400
0.0 0.5 1.0 1.5
142
Altro fenomeno che rientra tra la coordinazione intermuscolare il rapporto tra muscoli
agonisti ed antagonisti, la cosiddetta co-contrazione degli antagonisti. La contrazione dei
muscoli agonisti a volte accompagnata da una simultanea contrazione degli antagonisti,
soprattutto durante esercitazioni molte rapide ed intense. Questo fenomeno si verifica
spesso in atleti poco evoluti tecnicamente o su atleti che apparentemente non accusano
nessun problema ma che, in effetti, presentano il muscolo interessato non in perfette
condizioni fisiche. Questo fenomeno costituisce una sorta di meccanismo di difesa.

Fig 123 Rappresentazione dei relativi ruoli di adattamento neurale e morfologico allallenamento di forza massimale
(modificato da: Sale, 1988).

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