Vous êtes sur la page 1sur 156

Clinica di Malattie dellApparato Respiratorio e Allergologia

Dipartimento di Medicina Interna - Universita di Genova


Direttore Prof. G.W. Canonica


ELEMENTI DI MALATTIE
ELEMENTI DI MALATTIE

DELLAPPARATO
DELLAPPARATO

RESPIRATORIO
RESPIRATORIO


Aggiornamento 2011

Dispense per il Corso di Laurea
in Medicina e Chirurgia



Giovanni Passalacqua,
Fulvio Braido, Vito Brusasco, Angela Cinquegrana,
Emanuele Crimi, Andrea De Maria,
Carlo Mereu, Manlio Milanese, Roberto Quaglia,
Antonio Scordamaglia, Filippo Tarchino, Mario Taviani
Giorgio Walter Canonica


Hanno collaborato alla redazione e stesura i dottori: Alberto Bordo, Gianluca Ferraioli,
Valentina Garelli, Chiara Lagasio, Sofia Karamichali, Fiorenza Marugo, Grazia Piroddi,
Francesca Schif, Veruska Schoepf, Lorenzo Stellino


CONTENUTI

1. INTRODUZIONE E CONCETTI GENERALI
2. STRUTTURA E FUNZIONI DELLAPPARATO RESPIRATORIO
3. IL RESPIRO E IL SUO CONTROLLO
4. LE PROVE DI FUNZIONALITA RESPIRATORIA
5. SCAMBIO DEI GAS ed EMOGASANALISI
6. METODOLOGIA DIAGNOSTICA
7. LE POLMONITI
8. TUBERCOLOSI (TBC)
9. BRONCOPNEUMOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA (BPCO)
10. ASMA BRONCHIALE
11. ALVEOLITI ALLERGICHE ESTRINSECHE
12. SARCOIDOSI
13. PNEUMOCONIOSI
14. NEOPLASIE POLMONARI E NODULO SOLITARIO
15. MESOTELIOMA PLEURICO E TUMORI PLEURICI
16. MALATTIE IMMUNOLOGICHE E GRANULOMATOSI
17. FIBROSI INTERSTIZIALI DIFFUSE
18. SINDROME BRONCHIECTASICA
19. POLMONE E PATOLOGIA CARDIOVASCOLARE
20. TROMBOEMBOLIA POLMONARE (TEP)
21. VERSAMENTO PLEURICO E PLEURITI.
22. PNEUMOTORACE (PNX)
23. ADULT RESPIRATORY DISTRESS SYNDROME (ARDS)
24. INSUFFICIENZA RESPIRATORIA
25. SINDROME MEDIASTINICA
26. MALFORMAZIONI, MALATTIE DELLA GABBIA TORACICA E
DEL DIAFRAMMA
27. MALATTIE NEUROMUSCOLARI
28. DISTURBI RESPIRATORI DEL SONNO
29. CENNI SULLA VENTILAZIONE MECCANICA E OSSIGENOTERAPIA
30. APPENDICE


PREFAZIONE

Le malattie dellapparato respiratorio sono, insieme con quelle cardiovascolari, le
patologie internistiche di pi frequente riscontro e lincidenza di alcune di esse e in
aumento costante. Fin dallinizio della Professione, i medici sono chiamati ad affrontare ed
interpretare sintomi e segni di possibile origine polmonare, a fare diagnosi e magari ad
instaurare immediatamente una terapia. Come in ogni branca della Medicina, una buona
conoscenza si acquisisce solo con lesperienza diretta, ma e vero anche che la
preparazione teorica di base e le nozioni fisiopatologiche elementari sono irrinunciabili
perch lesperienza clinica diventi produttiva ed utile.
Ci rendiamo conto che non si pu insegnare tutta la pneumologia nel corso di un
anno accademico e che non proponibile imporre allo studente lacquisto e lo studio di
testi di pneumologia completi, ma voluminosi e costosi. Daltro canto, esiste un corpo di
conoscenze di base sulle malattie dellapparato respiratorio dalle quali non si pu
prescindere per il futuro esercizio della professione. Da tutte queste considerazioni nata
lidea originaria delle dispense di pneumologia, pubblicate per la prima volta nel 2000 in
forma cartacea. Il successo riscosso tra gli studenti e lo sviluppo della tecnologia hanno
portato a versioni informatiche delle dispense, pubblicate nel 2005 e nel 2008. Questa
ultima edizione aggiorna le precedenti, tenendo conto delle pi recenti acquisizioni della
letteratura.
Ribadiamo che questi Elementi di Malattie dellApparato Respiratorio non
devono essere considerati il testo su cui si studia per passare lesame, ma la base delle
minime conoscenze indispensabili ed una traccia degli argomenti che devono essere
approfonditi.
La buona volont di fare didattica attiva testimoniata dallimpegno di tutti i collaboratori
che si sono dedicati alla stesura di queste dispense, amalgamando chiarezza espositiva ed
aggiornamento.

Prof. Giorgio Walter Canonica
Direttore Clinica di Malattie
dellApparato Respiratorio






Clinica di Malattie DellApparato Respiratorio
Padiglione Maragliano, piano terra
Segreteria 0103538933; degenza 0105553505
FAX: 0103538904
e-mail canonica@unige.it
passalacqua@unige.it


1. CONCETTI GENERALI

Dal punto di vista strettamente anatomico, lapparato respiratorio costituito da: vie respiratorie
superiori (naso, seni paranasali, faringe, laringe), vie respiratorie inferiori (trachea e bronchi),
polmoni, pleure. Dal punto di vista clinico e fisiologico esso comprende per anche tutte quelle
strutture che ne garantiscono il funzionamento: gabbia toracica (coste, articolazioni, muscoli
respiratori scheletrici, diaframma e mediastino), sistemi di controllo (centrale e periferico) e
vascolarizzazione. Lapparato respiratorio include unenorme estensione di superficie epiteliale,
di rete vascolare e linfatica e contiene una cospicua quantit di cellule e strutture
immunologicamente competenti.
Com noto, la principale funzione fisiologica dellapparato respiratorio lematosi, cio lo
scambio dei gas tra ambiente esterno e sangue (apporto di O
2
e rimozione di CO
2
) per garantire il
metabolismo cellulare; tale funzione strettamente connessa al mantenimento dellequilibrio
acido-base. La funzione dellematosi (o respirazione propriamente detta) assicurata,
schematicamente, da alcuni principali componenti:
- ventilazione: spostamento di gas dallambiente esterno agli alveoli polmonari.
- perfusione: arrivo del sangue da ossigenare agli alveoli e ritorno alla circolazione
- diffusione: passaggio dei gas dal sangue allaria alveolare e viceversa
Funzioni accessorie sono: la difesa immunologica, funzioni endocrine, metaboliche e di
emuntorio.

Lapparato respiratorio contenuto nella gabbia toracica e prende rapporto con tutte le
strutture in essa presenti (cuore, grossi vasi, grandi vie linfatiche, nervi e tratto digerente).
Pertanto, alterazioni di tali strutture possono influenzare il funzionamento dellapparato
respiratorio, ma anche le malattie dellapparato respiratorio possono estendersi alle strutture
circostanti.
Lapparato respiratorio pu ammalarsi primitivamente, oppure essere coinvolto
secondariamente a malattie sistemiche o di altri organi. Nella maggior parte dei casi, le
malattie primitive dellapparato respiratorio sono dovute ad agenti (infettivi, organici od
inorganici) che penetrano direttamente nellalbero bronchiale dallesterno, a neoplasie o a
malformazioni. Nel caso di patologie non primitivamente respiratorie ci si trova di fronte a
malattie cardiovascolari, disordini immunologici o patologie complesse. In entrambi i casi si
manifesteranno segni e sintomi respiratori: sono questi segni e sintomi che di solito il medico
osserva sul paziente, e dai quali deve risalire alla malattia che li ha prodotti. Aiutano il medico
nella diagnostica, la serie di osservazioni semeiologiche tipiche dellapparato respiratorio
(dispnea, tosse, emottisi, cianosi ecc.) e le indagini strumentali o per immagini.
Non sempre la sistematica patologica di aiuto nella pratica clinica. Ad esempio, alcune
entita (fibrosi interstiziali diffuse, ipertensione polmonare) solo rarissimamente sono primitive
ed usualmente rappresentano levoluzione anatomopatologica di altre malattie. Identicamente,
linsufficienza respiratoria non una malattia a s, ma una condizione fisiopatologica provocata
da numerose malattie polmonari o extrapolmonari
Per motivi storici e culturali vi sono alcune branche della medicina respiratoria che hanno
mantenuto una certa autonomia. Molto schematicamente, tutto quanto riguarda il flusso dell'aria
nell'AR viene definito ventilazione ed di competenza della fisiopatologia respiratoria in senso
stretto, che si occupa quindi della funzione meccanica del polmone e dei bronchi e le indaga per
mezzo delle prove di funzionalita' respiratoria (PFR). La broncologia studia essenzialmente i
grossi bronchi e le loro malattie, avvalendosi di tecniche endoscopiche diagnostiche ed
interventistiche. La tisiologia, fino a pochi decenni fa specializzazione a s stante, si occupa
della tubercolosi. Levoluzione tecnologica ha reso oggi largamente disponibili i ventilatori
meccanici, che vengono utilizzati spesso anche a domicilio: la ventiloterapia sta quindi
assumendo un ruolo a parte nel contesto della pneumologia, cos come lo studio dei disturbi
respiratori del sonno.

Nellaffrontare lasfida che ogni paziente propone, lanamnesi accurata e lesame obiettivo
restano il punto di partenza indispensabile. Non accettabile luso indiscriminato degli
accertamenti strumentali e laboratoristici ed ogni indagine deve essere richiesta solo per
comprovare o escludere una diagnosi razionalmente formulata sul paziente.

La tabella 1 riporta una sinossi delle malattie di interesse pneumologico o prevalentemente
pneumologico e di quelle non pneumologiche ma in cui rilevante laspetto respiratorio.


TABELLA 1: MALATTIE DELLAPPARATO RESPIRATORIO

Malattie primitivamente respiratorie
Malattie ostruttive
- Asma bronchiale
- Bronchite cronica
- Enfisema
Malattie infettive
- Tracheobronchiti
- Broncopolmoniti
- Polmoniti
- Pleuriti
- Tubercolosi
- Infezioni del paziente immunodepresso
Neoplasie (e sindromi paraneoplastiche)
- Broncopolmonari
- Pleuriche
Pleuriti
Pneumoconiosi
Alveoliti allergiche estrinseche
Bronchiectasie
Fibrosi polmonari diffuse
Tromboembolia polmonare
Pneumotorace
Disturbi respiratori del sonno
Malformazioni polmonari

Malattie non polmonari con coinvolgimento dellapparato respiratorio
Malattie autoimmuni
(Es. Lupus, sclerosi sistemica, artrite reumatoide, Sjogren ecc)
Malattie cardiovascolari
(Es Tromboembolia polmonare, Scompenso cardiaco, ipertensione polmonare primitiva)
Vasculiti e granulomatosi
(Es. Sarcoidosi, Churg-Strauss, Wegener)
Malattie metaboliche
Malattie ereditarie e complesse
(Es. Fibrosi cistica, Deficit alfa1 antitripsina)
Malattie della gabbia toracica e del diaframma
Malattie neuromuscolari
(Es. SLA, sclerosi multipla, danno midollare)





2. STRUTTURA E FUNZIONI DELL'APPARATO
RESPIRATORIO

Per affrontare lo studio sistematico delle malattie respiratorie, alcune nozioni di anatomia e
fisiopatologia sono assolutamente irrinunciabili. Per tale motivo in questo capitolo e nei seguenti
verranno ripresi alcuni elementi di base da utilizzare per affrontare gli argomenti successivi.
Lapparato respiratorio (AR) costituito anatomicamente dalle vie aeree, dai polmoni e dalle
numerose componenti strutturali e di controllo che contribuiscono in maniera essenziale alla
principale funzione dello scambio gassoso. Dal punto di vista anatomico pu essere utile
suddividere le strutture in: vie aeree superiori ed extrapolmonari, polmone e vie aeree
intrapolmonari, pleure, gabbia toracica, mediastino, sistema linfatico, piccola circolazione. La
conoscenza di tali strutture indispensabile (e data per scontata) almeno per la localizzazione
delle patologie.

2.1 STRUTTURA ANATOMICA
Il naso la parte dellAR che provvede alla conduzione dellaria alle vie aeree inferiori.
Le cavita nasali sono rivestite da epitelio cigliato e ghiandole mucipare e intensamente
vascolarizzate. Normalmente tutto il flusso aereo passa per il naso ove laria viene riscaldata e
saturata in umidita fino al 95%. Il muco, le ciglia ed il battito ciliare svolgono una fondamentale
funzione di depurazione dellaria inalata. I seni paranasali svolgono funzione di coibentazione
termica e di risuonatori. Sono rivestiti anchessi di epitelio ciliato e drenano nella cavit nasale.
La faringe un tratto di conduzione comune anche allapparato digerente ed rivestita da
epitelio ciliato in alto e pluristratificato in basso. In faringe (retrobocca) sono contenute le
tonsille e lanello di Waldeyer. La muscolatura faringea responsabile della deglutizione
coordinata e della chiusura dellepiglottide ad ogni deglutizione. Lepiglottide e la rima glottidea
connettono la faringe con lapparato respiratorio. La laringe, con il complicato sistema di
muscoli e cartilagini deputata alla fonazione. Linnervazione fornita dai nervi ricorrenti
(vago) ed in parte dai laringei superiori. Linnervazione della laringe passa nel mediastino ed in
contatto (tramite le pleure) con i polmoni. La trachea ha struttura rigida (cartilagini tracheali) e si
estende per 10-12 cm dalla laringe alla biforcazione dei bronchi principali (detta carena
tracheale), posteriormente allesofago. Il bronco principale sinistro, di circa 4-5 cm decorre pi
orizzontalmente del destro e si trova sopra allatrio omolaterale. Il bronco principale destro pi
verticale e pi corto (1-3 cm). Nella maggior parte dei casi, i bronchi principali e quelli dei lobi
inferiori sono extrapleurici e pertanto ci si riferisce a loro come vie respiratorie extrapolmonari.
Lalbero bronchiale si suddivide dalla trachea alla periferia, in modo dicotomico, in bronchi
sempre pi piccoli numerati convenzionalmente in ordine crescente (Figura 1). Partendo dalla
trachea (per definizione ordine 0), si incontra la prima divisione nei bronchi principali (di ordine
1); ogni bronco principale da origine ai bronchi lobari (ordine 2), ogni bronco lobare si divide
nei bronchi segmentali (ordine 3) e cosi via. Al bronchiolo terminale si arriva, a seconda della
zona polmonare, dopo suddivisioni di 15-20 ordini. Ogni bronchiolo terminale da origine ad
altre 3 o 4 suddivisioni di bronchioli respiratori che terminano, tramite i dotti alveolari) a fondo
cieco nei sacchi alveolari. In questi avviene lo scambio dei gas vero e proprio.




Le vie aeree si definiscono propriamente bronchi fino a che presente una struttura cartilaginea
(diametro di circa 1 mm), dopodich diventano bronchioli. A partire dai bronchioli cominciano
ad essere presenti gli alveoli (dove si effettua lo scambio dei gas); gli alveoli diventano poi
sempre pi numerosi fino ai sacchi alveolari propriamente detti (figura 2). Ogni bronchiolo
terminale ventila un acino, che costituisce quindi lunita funzionale del polmone. Da ogni
bronchiolo terminale originano dunque 3-4 divisioni di bronchioli respiratori e da ciascuno di
questi ultimi, due ulteriori suddivisioni, fino al sacco alveolare. La superficie disponibile per lo
scambio di gas varia tra 40 e 80 m2. Il lobulo polmonare invece la pi piccola unit anatomica
ed costituito da numerosi acini.

Alveoli polmonari



Dal punto di vista anatomico, ogni lobo dei polmoni costituito da zone quasi completamente
indipendenti sia anatomicamente che dal punto di vista circolatorio: i segmenti. Ve ne sono 10 a
destra e 9 a sinistra. La suddivisione segmentale dei bronchi osservabile direttamente in vivo
fino almeno al V ordine grazie alla fibrobroncoscopia. La nomenclatura endoscopica dei bronchi
ormai standardizzata e numera i bronchi segmentali da 1 a 10 in senso craniocaudale (fig 3).

Figura 3: bronchi segmentali



2.2 ISTOLOGIA DELLALBERO BRONCHIALE E DELLA SUPERFICIE
RESPIRATORIA

Le vie aeree inferiori fino ai bronchi di circa 1 mm hanno struttura rigida mantenuta da anelli
cartilaginei (che diventano placche isolate man mano che si procede verso la periferia): queste
vie respiratorie quindi possono variare solo di poco il calibro. A partire dai bronchioli la struttura
prevalentemente muscolare ed il calibro puo, variare anche considerevolmente. Tutta la parte
che non contiene alveoli definita vie aeree di conduzione.
Nei bronchi, lepitelio ciliato con numerose cellule mucose, caliciformi mucipare e di Clara.
Le fibre muscolari sono disposte concentricamente e collegano tra di loro gli anelli o le placche
cartilaginee. A livello dei bronchi di calibro pi piccolo e dei bronchioli sono disposte le fibre
elastiche che danno la particolare consistenza del polmone. Nei bronchioli terminali lepitelio
diventa progressivamente cubico e le fibre muscolari sono disposte prevalentemente alle
biforcazioni.
La parete degli alveoli rivestita da pneumociti di I tipo, che sono meno numerosi ma dotati di
maggior superficie e pneumociti di II tipo di forma cubica. Al di sotto di questi presente la
membrana basale, poche fibre collagene e fibre elastiche. Ancora oltre vi lendotelio dei
capillari polmonari che servono allo scambio dei gas. Nellalveolo sono particolarmente
abbondanti i macrofagi (M!). Lungo tutto lalbero respiratorio vi sono anche mastociti, linfociti
B (che secernono le IgA) e linfociti T CD4+ e CD8+. Il tessuto linfatico organizzato in placche
sparse di centri germinativi o meno organizzati, che costituiscono globalmente il BALT
(Bronchial Associated Lymphoid Tissue). Gli alveoli, separati dai setti alveolari, possono
comunicare direttamente tramite i pori di Kohn.
Il surfactante una miscela complessa di fosfolipidi, secreta dai pneumociti di II tipo e che
riveste tutta la superficie interna degli alveoli. La sua funzione quella di aumentare la tensione
superficiale e mantenere quindi gli alveoli beanti.
Linterstizio polmonare (Figura 4) la struttura che regge e circonda gli alveoli, contiene i
capillari polmonari e le ultime diramazioni respiratorie. E inoltre responsabile in parte del
ritorno elastico del polmone. Parallelamente alla superficie di scambio dei gas, linterstizio
molto esteso e vascolarizzato. Essendo costituito prevalentemente di collagene, fibre elastiche e
strutture rigide ben visibile alla radiografia standard ed alla TAC. Le fibre elastiche sono
responsabili del ritorno elastico del polmone che sostiene lespirazione completamente passiva.
Danni alle fibre elastiche rendono il polmone meno capace di svuotarsi spontaneamente.
Linterstizio contiene bronchi, bronchioli, capillari e linfatici. La sua importanza dovuta al
fatto che proprio in esso si verificano spesso le principali manifestazioni di malattia: infiltrazione
cellulare, deposizione di collagene, alterazione dei vasi sanguigni, distruzione della struttura
connettivale-elastica. Infine, linterstizio polmonare sottile e di limitata compliance e quindi
non pu impregnarsi di liquidi.
La superficie interna delle vie aeree di conduzione costituita da epitelio cigliato ricoperto da un
sottile strato di muco che viene continuamente prodotto dalle ghiandole caliciformi e mucose. Le
ciglia, col loro battito, fanno muovere lentamente lo strato di muco (5-10 mm/min) e lo spostano
dalle parti pi profonde fino alla trachea e faringe, ove viene deglutito. Lo scorrimento del muco
determinato dalle ciglia detto clearance mucociliare. A livello della faringe, il muco
proveniente continuamente dalle vie aeree viene poi deglutito in maniera impercettibile.
Laumento della produzione di muco causa tosse con espettorazione.
Il muco ha consistenza viscoelastica ed particolarmente adesivo: esso intrappola ogni impurit
e particella che vengono quindi riportate allesterno. Qualsiasi difetto o delle ciglia o del muco
riduce o annulla la funzione di filtro attivo delle vie aeree e favorisce il ristagno e le
sovrinfezioni.

Figura 4. Interstizio polmonare


2.3 CIRCOLAZIONE SANGUIGNA
Il polmone servito da due circolazioni largamente indipendenti, di cui una funzionale (piccolo
circolo) ed una nutritiva.
La circolazione polmonare (ventricolo destro, valvola polmonare, arterie polmonari, capillari,
vene polmonari, atrio sinistro) provvede allo scambio dei gas. I rami delle arterie polmonari si
suddividono finemente nellinterstizio seguendo i bronchi ed i bronchioli, fino a formare la rete
capillare che avvolge gli alveoli. Dai capillari alveolari, le vene polmonari in coppia riportano il
sangue ossigenato allatrio sinistro (figura 5). Fino al calibro di circa 1 mm le arterie hanno
struttura prevalentemente elastica, poi prevale la struttura muscolare (vasi di resistenza). La
circolazione polmonare a bassa pressione (<15 cm H2O) ed ampio letto vascolare e fornisce
quindi bassa resistenza al flusso..
La circolazione nutritiva porta sangue gi ossigenato alle strutture pi periferiche del
polmone ed servita da rami di derivazione aortica: arterie bronchiali, mammarie, intercostali.
Le arterie nutritizie arrivano fino allinterstizio, avvolgendosi ai bronchi in decorso spirale.
Esistono peraltro anastomosi tra i due circoli (a livello precapillare, metarteriole) che
normalmente non sono in funzione








Figura 6: drenaggio linfatico



















2.4 LINFATICI
Il polmone fornito di unampia rete di vasi linfatici a struttura semplice e ricchi di valvole.
Esistono due vie di drenaggio preferenziale: una superficiale diretta verso la pleura ed una
profonda diretta verso gli ili. Questultima segue il decorso dei vasi e nervi interstiziali. Le reti
linfatiche drenano nel dotto toracico e nei dotti linfatici, tributari della cava superiore. I segmenti
basali drenano anche nei linfonodi del mediastino posteriore e retroperitoneali. I linfonodi veri e
propri cominciano a essere presenti attorno ai bronchi lobari e segmentari. I gruppi di linfonodi
principali sono quelli ilari, tracheobronchiali superiori e inferiori e quelli paraaortici; vi sono poi
aggregati sparsi retrosternali, intercostali e mediastinici. I linfonodi ilari, tracheobronchiali e
paraaortici sono ben visibili alla TAC e vanno incontro a linfoadenomegalia in corso di processi
neoplastici e infiammatori. La struttura generale delle vie e stazioni linfatiche riportata in
figura 5


2.5 PLEURA (figura 7)
La pleura formata da due foglietti (sierose) deputati a facilitare lo scorrimento dei polmoni.
Essi rivestono la cavit in cui sono contenuti (pl. parietale) senza interruzione e si riflettono sul
peduncolo ilare ad avvolgere i polmoni (pl. viscerale o polmonare). La pleura viscerale si
addentra nelle fessure interlobari ed intersegmentarie. La pleura, partendo dal versante del cavo,
formata da: mesotelio, connettivo sottostante (scomponibile in uno strato di fibre collagene ed
elastiche), strato fibroelastico superficiale, strato di tessuto connettivo lasso, strato fibroelastico
profondo.
Il rivestimento mesoteliale rappresentato da cellule uniformi regolari, allungate ed unite tra
loro; caratteristica essenziale la polarit : un versante della cellula mesoteliale a contatto con
la lamina basale, l' altro cosparso di numerosi microvilli. Alle cellule mesoteliali competono la
funzione meccanica (scivolamento dei foglietti pleurici) la permeabilita e lassorbimento del
liquido pleurico e lattivita macrofagica. La pleura parietale iirrorata dai vasi sistemici (arterie
intercostali); quella viscerale essenzialmente vascolarizzata dai rami delle arterie polmonari
La rete linfatica della pleura viscerale (drenaggio profondo) sbocca nei linfonodi ilopolmonari e
mediastinici, ampiamente collegata con quella dei polmoni. La linfa della sierosa parietale in
rapporto con i sistemi regionali sottostatnti nella catena mammaria interna e nei linfonodi
intercostali (drenaggio superficiale).
L'innervazione della pleura viscerale proviene dal plesso polmonare, presentando cellule
gangliari lungo il suo decorso. L'innervazione della pleura parietale proviene dai nervi
intercostali, dal vago, dal frenico e dal simpatico ed di tipo senssoriale (stimoli dolorosi) . Lo
spazio pleurico virtuale (cavo pleurico) e contiene scarso liquido sieroso (circa 150 ml).

Figura 7: anatomia della pleura


2.6 CENNI SULLE FUNZIONI
La funzione vitale dellAR quella di consentire lo scambio dei gas e lossigenazione ai tessuti.
In pratica, lAR deve fornire ossigeno al sangue e smaltire allesterno lanidride carbonica. Cio
si realizza tramite il mantice ventilatorio che muove laria allinterno dei polmoni ed il circolo
arterioso polmonare (piccolo circolo) che porta il sangue in contatto con laria alveolare. Il
contatto fisico tra sangue ed aria realizzato dallo spazio interstiziale (endotelio, collagene,
epitelio alveolare). Lumidificazione, il riscaldamento e la depurazione meccanica dellaria fanno
parte della funzione respiratoria. Lo scambio dei gas consente una regolare ossigenazione del
sangue e dei tessuti; qualsiasi alterazione dello scambio gassoso mette in funzione meccanismi di
compenso ventilatori (variazione del respiro) e metabolici (variazioni degli elettroliti e del pH.
La funzione respiratoria comprende quindi anche la regolazione dellequilibrio acido-base.
Anche se non parte anatomica dellapparato respiratorio, il sistema di trasporto dei gas nel
sangue parte funzionale della respirazione.
Il polmone, in quanto dotato di vasta rete circolatoria e di un sistema immunitario molto
rappresentato svolge alcune funzioni immunologiche e metaboliche. Le IgA secretorie che sono
Pleura parietale
Pleura viscerale

diaframma
Torace
Coste
Cavita
pleurica
presenti su tutta la superficie dellalbero respiratorio fungono da barriera immunologica per gli
antigeni. I macrofagi alveolari, molto numerosi sono in grado poi di fagocitare e presentare al
sistema immunitario le particelle o microrganismi che raggiungono gli alveoli. Il sistema
immunitario comunque abbondantemente rappresentato lungo tutto lAR, ed organizzato in
aree linfocitarie definite BALT e linfonodi a struttura propria.
La funzione di emuntorio consiste nelleliminazione delle sostanze tossiche volatili (chetoni,
etanolo, ammoniaca) col respiro. Il circolo polmonare rappresenta il principale sito di
degradazione della noradrenalina e della 5-idrossitriptamina. Peculiare del polmone
lattivazione dellangiotensina I ad angiotensina II, mediante langiotensin converting enzyme
(ACE).

1
3. IL RESPIRO E IL SUO CONTROLLO

3.1 CENNI DI FISIOLOGIA
I centri che regolano il respiro sono situati nel tronco dellencefalo. Lintegrazione dei
segnali dalla periferia ai centri e fra i centri stessi contribuisce alla regolazione del ritmo e del
profilo ventilatorio. Le variazioni di tensione di CO
2
, O
2
e del pH evocano variazioni della
ventilazione al fine di mantenere il loro equilibrio, ci avviene tramite la stimolazione di specifici
recettori. I chemocettori centrali situati nella superficie ventrale del midollo allungato sono sensibili
agli ioni H
+
, la cui concentrazione aumenta allaumentare della PCO
2
. I chemocettori periferici del
glomo carotideo, della biforcazione della carotide comune e dellarco aortico sono rispettivamenti
innervati dal IX e X paio di nervi cranici e sono sensibili sia alla variazioni di PO
2
che a quelle di
PCO
2
e pH. Gli stimoli respiratori provenienti dai recettori vengono integrati a livello dei centri
situati nella regione bulbo-pontina in modo da mantenere un ritmo respiratorio costante e idoneo a
mantenere costanti le variabili bioumorali nelle diverse situazioni fisiologiche o patologiche. Gli
stimoli ai muscoli effettori vengono inviati tramite il nervo frenico.

3.2 CONTROLLO DELLA VENTILAZIONE
La ventilazione polmonare normalmente automatica e controllata da centri pacemaker
bulbopontini (inspiratorio, espiratorio, pneumotassico, apneustico), che inviano impulsi ritmici al
diaframma e agli altri muscoli respiratori tramite il frenico e i nervi toracici. Pertanto, in condizioni
di riposo, la ventilazione avviene spontaneamente ad un ritmo fisso (nelladulto 14-18 atti al
secondo). Tali centri possono essere controllati in parte dalla corteccia e questo consente di variare
frequenza e profondit del respiro anche volontariamente. Anche il cervelletto, che rileva la
posizione del corpo e lequilibrio pu modificare almeno in parte la ventilazione automatica.
La ventilazione poi controllata in maniera involontaria dai parametri interni (PO
2
, PCO
2
, pH). I
recettori deputati allanalisi del sangue sistemico sono i glomi aortico e carotideo, estremamente
sensibili allipossia, ma anche i chemocettori centrali, sparsi nei ventricoli cerebrali che sono pi
sensibili allipercapnia.
Infine, vi sono riflessi intrapolmonari probabilmente mediati da recettori meccanici e trasmessi per
via vagale:
- il riflesso da eccessiva distensione (o inflattivo o di Hering-Brauer) che inibisce la ventilazione;
- il riflesso da recettori j (juxtapulmonar capillary), sensibili alla congestione arterovenosa, alla
ipossia e bradicardia, che stimolano la ventilazione;
- il riflesso irritativo, verosimilmente mediato da recettori epiteliali.
- il riflesso di Head, responsabile verosimilmente dei respiri profondi involontari che intercalano
la normale respirazione.
La complessit delle connessioni (FIGURA 3.1 e i diversi livelli di controllo spiegano perch la
ventilazione a riposo pu essere controllata volontariamente, mentre in condizioni di sforzo, quando
compaiono ipossia o ipercapnia, intervengono i meccanismi automatici. Analogamente, quando il
controllo corticale non possibile (coma) od esistono gravi alterazioni metaboliche o dei gas
ematici, il respiro regolato prioritariamente da centri bulbopontini che funzionano autonomamente
ed hanno pattern ventilatori caratteristici. A riposo, il soggetto normale respira a volume corrente
(tidal volume) e non ne cosciente. Mano a mano che aumenta la richiesta di ossigeno ai tessuti
(sotto sforzo), i centri respiratori rispondono aumentando la profondit e poi anche la frequenza
del respiro.

2






3.3 ALTERAZIONI DEL RITMO RESPIRATORIO (FIGURA 2)
Irregolarit dellattivit respiratoria, sia in termini di frequenza che di volume corrente,
possono manifestarsi in varie condizioni morbose. Nei pazienti affetti da encefalopatie (es. acidosi
metabolica, encefalopatia portale, grave vasculopatia) si pu osservare un tipo di alterazione del
ritmo respiratorio caratterizzata da alternanza di incrementi e decrementi del volume corrente
seguiti da periodi di apnea (respiro di Cheyne-Stokes) od un respiro interciso (respiro di Biot) o
ancora un respiro di Kussmaul. Durante il sonno lattivit ventilatoria depressa per cui si
osservano, anche nei soggetti sani, aumento della PaCO
2
con lieve diminuzione della PaO
2
ed
occasionali apnee di breve durata (<10 s). Negli obesi di sesso maschile, solitamente russatori,
lipoventilazione pi marcata, le apnee sono pi frequenti e di maggior durata, e si associano ad
alterazioni del ritmo cardiaco (sindrome di Pickwick). Si distinguono due tipi di apnea durante il
sonno: quella di tipo ostruttivo e quella di tipo centrale. Lapnea ostruttiva caratterizzata da
presenza di movimento paradosso del sistema respiratorio (espansione del torace e riduzione del
volume addominale, e viceversa) ed conseguenza di un collasso delle vie aere superiori durante
linspirazione, cui possono contribuire alterazioni della loro geometria (retrognatismo) e del
controllo del tono della loro muscolatura. Lapnea centrale caratterizzata dallassenza di
movimenti del sistema respiratorio ed attribuibile ad una ridotta soglia di eccitabilit dei centri
respiratori.

3



3.4 IPERVENTILAZIONE E IPOVENTILAZIONE
Liperventilazione laumento della ventilazione alveolare in eccesso rispetto alle richieste
metaboliche e viene pertanto definita dalla riduzione della PaCO
2
, mentre si definisce iperpnea
laumento della ventilazione minuto con normale PaCO
2
. Liperventilazione si osserva in alcune
malattie polmonari in maniera saltuaria (crisi di asma) o persistente (fibrosi), ma pi spesso
associata a condizioni patologiche extrapolmonari (tabella 1).
Lipoventilazione la riduzione della ventilazione alveolare al di sotto di quanto richiesto
dal metabolismo energetico e viene pertanto definita dallaumento della PaCO
2
. Essa pu
manifestarsi per anomalie a carico della cosiddetta pompa respiratoria (sistema neuromuscolare)
che a carico dellorgano di scambio (polmone).

Tabella 1. Cause pi frequenti di alterazione della ventilazione
IPERVENTILAZIONE IPOVENTILAZIONE
Fibrosi polmonare Alterazioni del SNC (vascolari, morbo di Parkinson)
Edema polmonare Ipoventilazione primitiva (sindrome di Ondine)
Posizione supina Lesioni midollari
Attacco asmatico Miastenia gravis
Diabete Polineuriti
Insufficienza epatica Sclerosi laterale amiotrofica
Uremia Poliomielite
Alterazioni del SNC (ponte, mesencefalo) Paralisi del nervo frenico
Febbre Malattia di Pompe
Ansia Cifoscoliosi
Intossicazione da salicilati Spondilite anchilosante
Esercizio fisico intenso Broncopneumopatia cronica ostruttiva
Encefalite Mixedema
4
3.5 MUSCOLI RESPIRATORI
Il principale muscolo dellinspirazione il diaframma. La sua forma a cupola lo rende unico
dal punto di vista funzionale rispetto a tutti gli altri muscoli scheletrici. La disposizione dallalto
verso il basso delle fibre muscolari della sua porzione laterale giustapposta al cavo addominale
(Figura 3) fa s che la loro contrazione innalzi le coste le quali, per l'orientamento del loro asse di
rotazione sulle articolazioni costo vertebrali, si spostano anche in direzione laterale. Questo
meccanismo, oltre alla spinta verso lesterno esercitata dallaumento della pressione addominale,
dovuto alla discesa della cupola diaframmatica, determina un allargamento della cavit toracica.
Altri muscoli inspiratori sono i muscoli intercostali esterni, la cui contrazione determina
innalzamento delle coste, i muscoli parasternali, che rappresentano le porzioni di muscolo
intercostale situate fra le parti cartilaginee delle coste, i muscoli scaleni, la cui contrazione causa
innalzamento delle prime due coste, ed i muscoli sterno-cleido-mastoidei, che non sono attivi
durante il respiro tranquillo (Figura 4). L'attivit coordinata dei muscoli inspiratori necessaria in
quanto, se il diaframma fosse l'unico muscolo che si contrae durante l'inspirazione, la pressione
pleurica negativa farebbe rientrare la gabbia toracica. Ci non avviene in quanto quest'ultima viene
stabilizzata dal tono dei suoi muscoli inspiratori.
I principali muscoli espiratori sono quelli addominali (obliquo esterno, obliquo interno,
trasverso e retto), la cui contrazione determina abbassamento delle ultime coste e spostamento del
contenuto addominale verso lalto. Altri muscoli ad azione espiratoria sono il triangolare dello
sterno, la cui contrazione determina un abbassamento della gabbia toracica, e gli intercostali
interni. I muscoli espiratori non partecipano al respiro tranquillo, nel quale lespirazione
avviene passivamente, ma vengono attivati quando necessario un aumento della ventilazione
minuto (esercizio fisico) o in presenza di ostruzione bronchiale.













Figura 3 Disposizione anatomica del diaframma.

5






















Figura 4

3.6 MECCANICA RESPIRATORIA: TORACE E POLMONE
Il polmone esibisce un comportamento elastico, conferitogli dal tensioattivo alveolare, dal
tessuto connettivo-elastico dellinterstizio, dai bronchi ed i vasi con le loro strutture elastiche e
muscolari, ed infine da cellule contrattili del polmone come gli anelli muscolari posti allentrata
degli alveoli e le cellule contrattili interstiziali.
Le caratteristiche elastiche del polmone sono descritte dalla pressione necessaria per
insufflare e desufflare il polmone in funzione del volume (curva pressione-volume). La figura 5
mostra come la pressione necessaria per insufflare il polmone aumenti linearmente col volume nei
due terzi inferiori della curva, per poi aumentare in modo progressivamente maggiore fino a
raggiungere un plateau in prossimit del massimo riempimento. Ci indica che il polmone ha nella
sua struttura un limite alla massima espansione.














CPT= capacit polmonare totale; CFR= capacit funzionale residua; VR= volume residuo; CV = capacit vitale (vedi
capitolo sulla spirometria)
P, cmH
2
O
6
La parete del torace delimitata superiormente dalla gabbia toracica ed inferiormente dal
diaframma e, data la scarsa compressibilit del suo contenuto, dalla parete addominale. Le
caratteristiche elastiche del torace sono sostanzialmente diverse da quelle del polmone (figura 5).
Se non esposta ad alcuna forza esterna, il volume della parete toracica si colloca al suo punto di
equilibrio, che corrisponde circa al 60% del volume di massimo riempimento del sistema
respiratorio. Per distendere il torace al di sopra di questo punto necessario applicare unulteriore
pressione sulla sua superficie interna, mentre per comprimerlo necessario applicare una pressione
sulla sua superficie esterna. A differenza della curva pressione-volume del polmone, quella del
torace lineare nella parte superiore e presenta un plateau nella parte inferiore. Ci indica che il
torace ha nella sua struttura un limite alla massima compressione. In vivo, quando torace e polmone
sono solidali ed interdipendenti la curva pressione-volume della Fig 3.5 data dalla somma
algebrica delle due curve isolate. Il volume dove la pressione positiva del polmone (circa 5 cm
H
2
O) controbilanciata da quella negativa del torace (-5 cm H
2
O) corrisponde al 40% del totale ed
il volume di rilasciamento del sistema toraco-polmonare, in quanto la somma algebrica della
pressione del torace e del polmone sono:-5+5=0. Nel respiro tranquillo questo volume corrisponde
alla fine dellespirazione (passiva, per la pressione positiva di ritorno elastico del polmone) ed
allinizio dellinspirazione successiva (attiva, da contrazione del diaframma). In valore assoluto
espresso in litri questo volume la somma del volume mobilizzabile di riserva espiratoria
mobilizzabile e del volume residuo non mobilizzabile, e si chiama in quanto somma di due volumi
Capacit Funzionale Residua.

4. LE PROVE DI FUNZIONALITA RESPIRATORIA


4.1 CARATTERISTICHE DEL SISTEMA RESPIRATORIO E VOLUMI
POLMONARI
Lelasticit del sistema respiratorio la somma delle caratteristiche elastiche del polmone e
della parete toracica, come mostrato in figura 5 del cap. 3. In condizioni statiche, essa regola tre
volumi polmonari di grande rilevanza clinica e funzionale: la capacit polmonare totale (CPT, in
inglese TLC), il volume residuo (VR, RV) e la capacit funzionale residua (CFR, FRC).
La CPT la quantit d'aria contenuta nel polmone alla fine di una inspirazione massimale,
ovvero quel volume a cui la forza dei muscoli inspiratori in grado di controbilanciare la forza di
retrazione elastica del sistema respiratorio (dovuta in maggior parte alle caratteristiche elastiche del
polmone ed in misura minore a quelle del torace). Nellambito della patologia cardiorespiratoria si
riscontrano aumenti e riduzioni della CPT. Nellenfisema per esempio, la CPT aumenta perch la
pressione elastica del polmone ridotta cos che la forza dei muscoli inspiratori pu maggiormente
espandere il sistema respiratorio. Al contrario, nelle fibrosi polmonari laumento dellelasticit del
polmone contrasta la forza dei muscoli inspiratori e lespansione massimale del sistema respiratorio
risulta ridotta.
Il VR la quantit di gas che rimane nel polmone dopo unespirazione massimale, ovvero
quel volume a cui la forza dei muscoli espiratori in grado di controbilanciare la forza espansiva
del sistema respiratorio (dovuta quasi totalmente alle caratteristiche elastiche del torace che ha una
forza elastica espansiva fino al 70% del massimo riempimento dei polmoni). Con l'avanzare dell'et
il VR tende per ad aumentare non tanto perch si riduca la forza dei muscoli espiratori ma perch
le vie aeree si chiudono durante l'espirazione. Lo stesso vale per le malattie ostruttive, in cui
laumento del VR proporzionale alla gravit della malattia. In corso di difetti ventilatori restrittivi
quali la fibrosi e gli esiti della resezione polmonare il VR si riduce.
La CFR la quantit di gas che rimane nel polmone alla fine di unespirazione tranquilla
(vedi Capitolo precedente). In un individuo sano a riposo la CFR quel volume al quale la
pressione dellapparato respiratorio zero, quando cio vi un equilibrio statico fra la pressione di
ritorno elastico del polmone e la pressione espansiva della parete toracica. Fisiologicamente la CFR
si riduce nel passaggio dalla posizione eretta a quella supina, a causa dello spostamento in direzione
cefalica del diaframma per azione della forza di gravit sul contenuto addominale. Durante
l'esercizio fisico la CFR si riduce per l'azione dei muscoli espiratori. Nella patologia, la CFR si
riduce nelle malattie restrittive per aumento della forza di retrazione del polmone o del torace,
mentre aumenta nelle malattie ostruttive per riduzione della forza di retrazione elastica del polmone
(enfisema) o per fattori dinamici (es. ostruzione al flusso aereo) che non consentono di raggiungere
il volume di rilasciamento del sistema durante il tempo concesso allespirazione.
Fra le ulteriori suddivisioni della CPT, riveste particolare interesse clinico la capacit vitale
(CV, VC), che la massima quantit d'aria mobilizzabile con un singolo atto in o espiratorio,
ovvero la differenza tra CPT e VR. Una sua riduzione sempre segno di patologia polmonare sia
essa restrittiva od ostruttiva. Le cause di riduzione della CV possono essere la riduzione in toto del
volume polmonare (restrizione) o la precoce chiusura delle vie aeree e conseguente intrappolamento
d'aria (ostruzione). Ulteriori suddivisioni della CV sono il volume di riserva inspiratoria (VRI,
IRV), che la massima quantit di aria che pu essere introdotta nel polmone a partire dal livello di
fine inspirazione corrente, ed il volume di riserva espiratoria (VRE, ERV), che la massima
quantit di aria che pu essere espulsa a partire dalla CFR. La capacit inspiratoria (CI, IC) cio la
somma di VRI e Vt indica la quantit massima daria che si pu inspirare a partire dal volume di
fine espirazione (CFR). Essa si riduce in tutti i casi di aumento della CFR causando ridotta
tolleranza allo sforzo. Questi parametri indicano il volume disponibile per aumentare la profondit
del respiro qualora le richieste metaboliche lo richiedano, come nel caso dell'esercizio fisico.
Nellobesit il VRE spesso ridotto poich a causa dellaumentata pressione elastica del torace il
soggetto ventila a bassi volumi, cio il volume corrente si posizione vicino al VR. La ripartizione
dei volumi e delle capacit polmonari in condizioni normali e patologiche sono illustrate nella
figura 1.















Figura 4.1. Volumi e capacit polmonari in condizioni normali (A), nell'enfisema (B) e nella fibrosi (C). CPT,
capacit polmonare totale; VR, volume residuo; CV, capacit vitale; VRE, volume di riserva espiratoria; VRI,
volume di riserva inspiratoria; V
T
, volume corrente; CFR, capacit funzionale residua; CI, capacit inspiratoria.

4.2 I PARAMETRI SPIROMETRICI
Respiro spontaneo
Il volume corrente (Vc o V
T
dove t deriva dallinglese tidal) la quantit di aria mobilizzata
ad ogni respiro e corrisponde, in condizioni di riposo, a circa 600-800 mL. Il prodotto di VT per la
frequenza respiratoria (f), che di 12-14 atti al minuto in condizioni normali a riposo, corrisponde
alla ventilazione minuto. La frequenza respiratoria pu, quando notevolmente aumentata, essere
indicativa di un evento acuto grave (per es. crisi asmatica acuta con pericolo di vita). Il VT di
scarso interesse clinico, ma assume un notevole interesse nella risposta all'esercizio fisico in quanto
un suo mancato incremento indica un limite ventilatorio allesercizio fisico.
Resistenze al flusso
Durante respiro spontaneo, il flusso espiratorio generato da una differenza di pressione fra
gli alveoli e la bocca, dovuta in parte al dispendio di energia necessario per accelerare l'aria
(accelerazione convettiva) da una zona con area totale molto ampia (vie aeree periferiche) ad una
area totale piccola (vie aeree centrali e trachea) ed in parte agli attriti fra le molecole in movimento
lungo le vie aeree. La resistenza delle vie aeree aumenta in presenza di ostruzione bronchiale. La
maggiore resistenza si crea nelle vie aeree centrali intrapolmonari durante lespirazione. Anche
nellostruzione delle vie aeree extra-toraciche (trachea) o superiori (laringe) si pu avere aumento
patologico delle resistenze. Nel caso di ostruzione non fissa laumento delle resistenze pi intenso
nella fase inspiratoria in quanto le pareti tracheali subiscono la pressione del polmone che si
riempie.
Espirazione forzata
In corrispondenza dei due terzi inferiori del volume polmonare il flusso espiratorio aumenta
durante una manovra espiratoria forzata proporzionalmente alla pressione applicata fino ad una
soglia sopra la quale non vi pi incremento di flusso per incremento di pressione (figura 2). Ci
documenta la presenza di limitazione al flusso. Per comprendere il fenomeno si immagini un
contenitore rigido (torace) contenente un pallone (polmone) collegato con l'esterno da un tubo
compressibile (via aerea). Il flusso daria che ne esce dipende dalla pressione di spinta presente a
livello alveolare (Pressione alveolare, Palv) e dalla resistenza del tubo. Palv la somma di
pressione di retrazione elastica (Pel) del polmone + pressione pleurica (Ppl)). Con il movimento
dellaria la pressione viene dissipata, per cui ci sar un punto in cui la pressione allinterno della via
aerea uguaglier la pressione circostante (nel cavo pleurico). A valle di questo punto la via area
verr compressa. Aumentando la pressione muscolare il flusso aereo non aumenta poich la
maggiore pressione di spinta viene controbilanciata da una maggiore compressione della via aerea.
Pertanto, la manovra di espirazione forzata in gran parte indipendente dallo sforzo e pu essere
utilizzata per valutare la presenza di eccessiva limitazione al flusso espiratorio.

Figura 2


Alla fine dellinspirazione
massima


Durante lespirazione, con una
pressione pleurica dovuta allazione
dei muscoli espiratori di 25
cmH20 ed elastica di 25

Durante lespirazione, con una
pressione pleurica di 50 cmH20
ed elastica di 25




Numerosi parametri funzionali possono essere estratti dalla curva di espirazione forzata ed
utilizzati a scopo diagnostico (figura 3). Di questi, i pi importanti sono il volume espiratorio
massimo nel primo secondo (VEMS o FEV
1
) e la capacit vitale forzata (CVF o FVC). Il
rapporto VEMS/CVF (indice di Tiffeneau), ha un valore diagnostico importante in quanto la
sua riduzione patognomonica di anomalia ostruttiva (asma, broncopneumopatia ostruttiva
cronica, bronchiettasie, fibrosi cistica, bronchiolite obliterante). Il rapporto VR/CPT detto
indice di Motley o di enfisema e quantifica lo stato di intrappolamento d'aria.













Massima ventilazione volontaria (MVV)
E la massima quantit daria che un soggetto pu mobilizzare in un minuto. Una riduzione
della MVV sproporzionata rispetto alla riduzione del VEMS indicativa di disfunzione dei muscoli
inspiratori o di ostruzione delle vie aeree extratoraciche. La MVV si calcola su circa 10 s di
ventilazione massimale volontaria e viene confrontata con il VEMS. Si considera normale se
corrisponde a circa 35 X VEMS.
4.3 LE PFR: ASPETTI PRATICI
La fisiopatologia respiratoria studia la ventilazione (volumi e flussi di aria nellapparato
respiratorio), la meccanica respiratoria (elasticit/compliance polmonare) e la diffusione dei gas.
Pertanto sono tradizionalmente di competenza di questa branca le prove di funzionalit
respiratoria (PFR), i test di diffusione, le prove broncodinamiche (test di provocazione
1 s
1 s
VEMS
VEMS
CVF
CVF
bronchiale e di reversibilit). Le PFR studiano lo spostamento di gas (flussi e volumi) dal
polmone allaria atmosferica e viceversa. Si utilizzano spirometri, pneumotacografi e cabine
pletismografiche.

Gli spirometri registrano gli spostamenti dei volumi mobilizzabili attraverso il movimento di
una campana il cui bordo inferiore immerso nellacqua (spirometri a campana), o di un
mantice a soffietto (spirometri a secco): i movimenti sono graficati nella curva
volume/tempo(che abbiamo gi descritto sopra in figura 1) . I volumi non mobilizzabili quali VR
e capacit che lo comprendono (CPT, CFR) non sono determinabili con la normale spirometria .

I pneumotacografi sono in grado di misurare i flussi forzati in ed espiratorio misurando la
caduta di pressione attraverso una resistenza nota o la velocit di rotazione impressa ad una
turbina. Il volume in/espirato si ottiene quindi per integrazione del flusso nel tempo. Sono
attualmente gli strumenti pi utilizzati e forniscono la curva flusso-volume mostrata in figura 4.












Questultima fornisce un immagine visiva del comportamento dei flussi in ed espiratorio e la
possibilit, ancor prima dellanalisi numerica, di evidenziare anomalie dei flussi in base alla loro
forma ed al posizionamento del volume corrente rispetto al flusso espiratorio. Il calcolo dei
volumi fornisce le stesse informazioni dello spirogramma classico. Da osservare che nella curva
flusso-volume, la manovra espiratoria forzata e massimale.

La cabina pletismografica utilizzata per la misura diretta del volume di gas intratoracico
facendo compiere le manovre respiratorie al soggetto chiuso in una cabina a tenuta stagna che
registra le variazioni di volume e pressione.
Tutti i volumi ed i flussi, oltre che in valore assoluto (L o L/s) sono espressi solitamente come %
del valore predetto o teorico (in base a peso, altezza, sesso e razza) per quella data persona.
Utilizzando i parametri descritti sopra, e soprattutto in base al rapporto VEMS/CV, possibile
distinguere anomalie ostruttive, restrittive o miste. Ricordiamo che l'anomalia restrittiva
configura un quadro in cui tutti i volumi e le capacit polmonari sono ridotte in proporzione,
mentre l'anomalia ostruttiva rappresenta il quadro di ostacolo al flusso nelle vie aeree,
indipendentemente dai volumi (sproporzione).
Un buon esempio di anomalia restrittiva la pneumonectomia, in cui tutti i volumi ed anche il
VEMS sono dimezzati, ma il rapporto VEMS/CV rimane proporzionalmente normale. Esempio
della anomalia ostruttiva pura lasma, in cui i volumi sono conservati ma esiste una importante
resistenza al flusso ed il VEMS sproporzionatamente pi ridotto della CVF. Tuttavia esistono
anche anomalie ostruttive nelle quali fenomeni di intrappolamento daria conseguenti a chiusure
delle vie aeree periferiche provocano anche importanti riduzioni della CVF. In questi casi la
riduzione consensuale di VEMS e CVF con VEMS/CVF nella norma indurrebbe alla diagnosi di
anomalia spirometria ostruttiva. Solo la misura del VR e quindi della CPT permettono la giusta
interpretazione: anomalia ostruttiva quadro atipico. In sua presenza opportuno procedere con la
broncodilatazione Le principali alterazioni volumetriche e di flusso nelle sindromi ostruttive e
restrittive sono riassunte in tabella e riprodotte in figura 5 e 6. Il percorso diagnostico per
linterpretazione della spirometria riportato in Fig 7 secondo le recenti linee guida congiunte
delle societ per le malattie respiratorie europea ed americana (2005).




Anomalie tipiche dei principali difetti ventilatori.
OSTRUTTIVI RESTRITTIVI
PARAMETRI ASMA/BRONCHITE
CRONICA
ENFISEMA EXTRAPOLMONARI PARENCHIMALI
CPT
CFR
VR
VEMS
CVF
VEMS/CVF
MVV
Normale
Normale o aumentata
Aumentato
Ridotto
Normale o ridotta
Ridotto
Normale o ridotta
Aumentata
Aumentata
Aumentato
Ridotto
Normale o ridotta
Ridotto
Normale o ridotta
Ridotta
Ridotta
Normale o ridotto
Normale o ridotto
Ridotta
Normale
Ridotta
Ridotta
Ridotta
Ridotto
Normale o ridotto
Ridotta
Normale
Normale












FIGURA 5: Sindrome ostruttiva




























FIGURA 6 SINDROME RESTRITTIVA

FIGURA 7: INTERPRETAZIONE DELLA SPIROMETRIA



CV, Capacit Vitale; VEMS, volume espiratorio massimo al primo secondo; CPT,
Capacit Polmonare Totale; IP, ipertensione polmonare; Mal.PT&NM, malattie
della parete toracica & neuro-muscolari; BC, bronchite cronica; E, enfisema





4.4 PROVE BRONCODINAMICHE E DI DIFFUSIONE
Le prove broncodinamiche valutano in maniera indiretta la motilit bronchiale, ovvero la risposta
funzionale (VEMS) in seguito allinalazione di agenti broncocostrittori o broncodilatatori. Tali
prove si suddividono in:
4.4.1 Test di broncodilatazione o di reversibilit
Si effettua su soggetti con ostruzione bronchiale in atto. Si somministrano 400 mcg di
salbutamolo per inalazione e si ripete la prova di espirazione forzata dopo 15 minuti. E
considerato significativo un incremento di almeno 12% del VEMS rispetto al valore basale
(almeno 200 mL in valore assoluto). La reversibilit della broncostenosi caratteristica
distintiva dellasma (vedi definizione), mentre nei soggetti con broncopneumppatia cronica
ostruttiva (BPCO) la risposta al test scarsa o nulla.
4.4.2 Test di provocazione bronchiale (TPB)
Liperreattivit bronchiale (IRB) viene generalmente definita come una risposta anomala in
termini di funzione polmonare a stimoli che hanno poco o nessun effetto negli individui sani ed

tipica (anche se non esclusiva) dellasmatico. E possibile testare lIRB facendo inalare
metacolina (o istamina, soluzioni ipo- ed iperosmolari, aria secca e fredda). Pi frequentemente
si utilizza la metacolina che stimola direttamente i recettori muscarinici sulla superficie del
muscolo liscio. Nel caso si volesse riprodurre lasma da esercizio fisico possibile utilizzare
linalazione isocapnica di aria secca (in grado di causare ostruzione delle vie aeree con
meccanismo verosimilmente legato a variazioni di osmolarit e di temperatura) o l esercizio
fisico stesso secondo protocolli ben definiti. Mentre nel test alla metacolina una caduta del
VEMS del 20% rispetto al controllo considerata significativa, nel caso dell esercizio fisico
sufficiente una variazione del 10% dopo la cessazione dell'esercizio stesso. In pratica, ai fini
clinici, il test si esegue in soggetti con valori spirometrici nella norma o con ostruzione lieve
(VEMS>70%) facendo inalare la metacolina a varie concentrazioni e raddoppiando le dosi fino
alla riduzione significativa del VEMS. La dose di metacolina in grado di ridurre il VEMS del
20% rispetto al controllo viene definita PD
20
-VEMS (Provocative Dose). Tanto pi bassa la
PD
20
tanto pi elevata liperreattivit. Convenzionalmente, se dopo linalazione di 1200 mcg di
metacolina (dose massima) non si raggiunge la riduzione del 20% del VEMS, si parla di
PD
20
>1200 mcg e di normale reattivit bronchiale.
4.4.3 Test di diffusione
I test di diffusione valutano lintegrit della membrana alveolo-capillare ossia la sua capacit di
lasciar diffondere i gas dallaria al sangue. La capacit globale di diffusione (DL) per un
determinato gas :
-direttamente proporzionale: alla superficie del letto capillare in contatto con gli alveoli
al volume del sangue capillare (o al suo contenuto in Hb)
alla costante di diffusione dei tessuti
- inversamente proporzionale: allo spessore della membrana alveolo-capillare

Capacit di diffusione alveolo-capillare per il Monossido di Carbonio (D
L
CO). E il test di
diffusione pi utilizzato. Il CO, inalato a bassissime concentrazioni (0.3%), il gas di elezione
per lo studio della diffusione per la sua altissima affinit per lHb (200 volte quella per lO
2
), per
il suo rapido equilibrio aria-sangue capillare (eliminando cos la dipendenza dal flusso ematico),
per la sua concentrazione nulla nel sangue capillare all inizio dellequilibrio.
5. PERFUSIONE, TRASPORTO DEI GAS ED EQUILIBRIO
ACIDO-BASE

5.1 PERFUSIONE
Perch lo scambio dei gas (CO
2
ed O
2
) avvenga in maniera ottimale occorre che siano efficienti
sia la ventilazione (vedi capitolo 4) che la perfusione. La perfusione polmonare deputata alla
respirazione sostenuta dal piccolo circolo che parte dal cuore destro, si sfiocca nei capillari
polmonari attorno agli alveoli, e ritorna al cuore sinistro tramite le 4 vene polmonari.
Fino al calibro di circa 1 mm le arterie hanno struttura prevalentemente elastica, poi prevale la
struttura muscolare (vasi di resistenza). Questi vasi di resistenza sono molto sensibili
allipossiemia e quindi in corso di ipossiemia cronica si ha sempre vasocostrizione polmonare
con aumento delle pressioni. Normalmente la circolazione polmonare a bassa pressione (10-15
cm H
2
O) ed amplissimo letto vascolare e fornisce quindi bassa resistenza al flusso. In prossimit
dei capillari alveolari, la pressione prossima ai 10 cm H
2
O (figura 1). Il ventricolo destro, per
sua struttura anatomica, non in grado di far fronte a pressioni elevate e la sua capacit di
ipertrofizzarsi molto ridotta, quindi risponde agli aumenti di pressione essenzialmente
dilatandosi.























5.2 RAPPORTO VENTILAZIONE/PERFUSIONE
Lo scambio dei gas respiratori tra lambiente esterno ed il sangue dipende dallefficienza
della ventilazione, della perfusione e dal loro corretto accoppiamento. Nella posizione eretta, sia
la ventilazione che la perfusione sono, a causa della forza di gravit, maggiori alle basi che agli
apici dei polmoni. Tuttavia la differenza apice-base pi marcata per la perfusione che per la
ventilazione, per cui il rapporto fra ventilazione e perfusione (V/Q) maggiore agli apici e
progressivamente si riduce scendendo verso le basi (figura 2). Ad un rapporto V/Q ideale di 1
corrisponderebbe un ideale scambio di gas fra alveoli e sangue, per cui la pressione in ossigeno del
sangue arterioso (PaO
2
) sarebbe di 100 mmHg e quella di anidride carbonica (PaCO
2
) sarebbe di 40
mmHg. I due casi estremi di anomalia della distribuzione della V/Q sono quelli di V'/Q' = 0
(assenza di ventilazione) e V/Q= ! (assenza di perfusione). Nel primo caso il sangue venoso non
pu cedere la CO
2
n assumere O
2
e pertanto torna alle sezioni sinistre del cuore con la stessa
composizione con cui era arrivato dalle sezioni destre come sangue venoso (effetto shunt destro-
sinistro), nel secondo caso laria alveolare non pu cedere O
2
n assumere CO
2
(effetto spazio
morto).

Figura 2: rapporto ventilazione/perfusione in stazione eretta





5.3 SCAMBI GASSOSI E DIFFUSIONE ALVEOLO-CAPILLARE

Il sistema respiratorio ha come funzione fondamentale quella di provvedere allo scambio dei
gas fra lambiente esterno e lorganismo. Il metabolismo energetico dellintero organismo comporta
lassunzione di O
2
e la produzione di CO
2
. Lo scambio dei gas che raggiungono le unit alveolari
avviene per diffusione passiva attraverso uno strato molto sottile (~1), la membrana alveolo-
capillare, la cui estensione di superficie per assai vasta (~100 m
2
).
Sia la funzione della pompa che del polmone hanno ampi margini di riserva al fine di far fronte alle
richieste metaboliche durante lesercizio. Eventi patologici possono ridurre le riserve sia della
pompa che del polmone e causare insufficienza respiratoria durante lo sforzo e, nei casi pi gravi,
anche a riposo. La misura dei gas (O
2
e CO
2
) nel sangue che raggiunge i tessuti (sangue arterioso)
fornisce le indicazioni sul funzionamento globale del sistema.
Durante la fase inspiratoria laria percorre le vie aeree a velocit sempre minore fino a
raggiungere gli alveoli, dove trova laria della precedente espirazione con la quale si mescola per
diffusione molecolare (mixing alveolare). La diffusione dei gas dallalveolo allemoglobina avviene
per diffusione multifase aria-sangue ed regolato dalla legge di Fick, secondo cui i fattori favorenti
la diffusibilit sono la superficie di scambio, la differenza di pressione parziale fra i due comparti, la
diffusibilit del gas, mentre quello sfavorevole lo spessore della barriera alveolo-capillare.
La capacit di diffusione aria-sangue viene modificata da cause sia fisiologiche che patologiche.
Nella broncopneumopatia cronica ostruttiva lesame consente di valutare il grado di enfisema, in
quanto riflette le riduzioni della superficie alveolare e del ridotto volume capillare tipiche di questa
malattia. Nelle malattie restrittive lesame consente di valutare le interstiziopatie, anche in stadio
preclinico (sarcoidosi, alveolite allergica, polmoniti da radiazioni, connettiviti, interstiziopatie da
farmaci, polmoniti in corso di infezione HIV). Nelle vasculopatie polmonari (embolia polmonare
ricorrente), ipertensione polmonare, connettiviti la spirometria pu essere normale e la misura della
diffusione alveolo capillare misurata col monossido di carbonio (CO) ridotta.

5.4 TRASPORTO DELL O
2
E DELLA CO2 NEL SANGUE

La solubilit dell ossigeno molecolare (O
2
) nel plasma sanguigno molto bassa, ed infatti
esiste una molecola (Hb) specificamente deputata al trasporto del gas. La capacit per l O
2
del
sangue circolante in condizioni fisiologiche e per valori di emoglobinemia di 14.6 g/dL, circa 9
mmol/L (20mL per 100 mL). Pertanto 1 g di emoglobina in grado di legare 1.39 mL di O
2.
Il rapporto esistente in condizioni di equilibrio, fra la saturazione dellHb con lO
2
e la tensione
parziale arteriosa (PaO
2
) dello stesso tradizionalmente raffigurato dalla curva di dissociazione
dellossiemoglobina. La sua forma sigmoide assume unimportanza fondamentale nel corso del
fisiologico meccanismo di trasporto dellO
2
. Infatti, al di sopra dei 60 mmHg di PaO
2
lHb
saturata per oltre il 90%, mentre al di sotto di tale valore la saturazione decresce in maniera
critica. Per tale motivo si assume convenzionalmente una PaO
2
di 60 mmHg come limite per
definire linsufficienza respiratoria.
Lanidride carbonica (CO
2
) ha una solubilit in soluzione acquosa 20 volte maggiore rispetto a
quella dellO
2
, anche se la quantit di CO
2
fisicamente disciolta corrisponde soltanto al 5% del
suo contenuto totale nel sangue ed pertanto insufficiente da sola al trasporto di tutta la CO
2
.
Tuttavia la CO
2
disciolta in semplice soluzione chimico-fisica riveste dal punto di vista
fisiologico un ruolo fondamentale in quanto:
- laccesso alla riserva degli ioni bicarbonato (HCO
3
-
) e carbamato (NHCOO
-
) avviene
attraverso la CO
2
solubilizzata
- lelevata solubilit e liposolubilt ne consentono lagevole passaggio transmembranale
- la velocit diffusiva alveolo-capillare della CO
2
cos elevata da risultare non solo
sovrapponibile a quella dei gas inerti, ma talmente istantanea da non essere misurabile.

Il 90% della CO
2
del sangue circolante presente in forma di HCO
3
-
e lanidrasi carbonica
eritrocitaria lenzima deputato a convertire la CO
2
intracorpuscolare in acido carbonico
(H
2
CO
3
), la maggior parte del quale andr incontro a dissociazione in idrogenioni (H
+
) ed HCO
3
-

. I sistemi di trasporto della CO
2
sono riassunti in Figura 3.







5.5 SISTEMA ACIDO-BASE

Lequilibrio acido-base nel sangue regolato dalla legge di Henderson-Hasselbach: pH= 6.1 +
log [HCO
3
-
]/[CO
2
] . Il pH ematico ha un range di normalit molto ristretto (7.35-7.45) entro il
quale si possono svolgere normalmente le funzioni cellulari. Il pH viene mantenuto costante
dalla funzione tampone della CO
2
e dei bicarbonati, dalle proteine plasmatiche e dagli acidi fissi.
Il sistema pi rapido di compenso del pH quello respiratorio, mediante la variazione
dellequilibrio CO
2
-HCO
3
-
. Il compenso renale agisce tramite lescrezione o la ritenzione di ioni
H
+
sotto varie forme, ma impiega alcuni giorni per essere completamente efficace. Per contro,
aumenti o diminuzioni della PaCO
2
(patologie respiratorie con ritenzione di CO
2
) fanno variare
molto rapidamente il pH del sangue. Laumento o la diminuzione del pH dovute invece a perdite
o ritenzione di idrogenioni (alcalosi o acidosi metabolica) vengono compensate dalla
respirazione in maniera molto meno efficiente. Come noto, lequilibrio acido base, si esprime
in termini pratici come rapporto [rene]/[polmone]. Il rene, in risposta allacidosi e alla riduzione
del pH (aumento della CO
2
), regola la concentrazione di ioni HCO
3
-
, mediante il riassorbimento
di HCO
3
-
e la aumentata escrezione di H
+
; tale meccanismo impiega alcuni giorni per essere
pienamente efficiente. In acuto si avranno quindi diminuzione del pH (e dellossiemia) e
aumento della CO
2
plasmatica (acidosi respiratoria acuta). Una volta entrato in funzione il
compenso renale, il pH verr riportato in range normale grazie ad un aumento dei bicarbonati
plasmatici, nonostante la PaCO
2
possa rimenere elevata (acidosi respiratoria compensata).
Daltro canto, una aumentata eliminazione di CO
2
(iperventilazione psicogena, asma, occlusione
di rami delle arterie polmonari) conduce ad una alcalosi respiratoria che vede aumento del pH,
riduzione della CO
2
e diminuzione dellO
2
. Pertanto, in caso di alterazioni gasanalitiche, la
riduzione della PaO
2
configura quasi sempre una causa respiratoria. Anche se i termini di
acidosi ed alcalosi respiratoria permangono nelluso comune, sarebbe pi corretto utilizzare i
termini di acidemia e alcalemia quando siano presenti variazioni misurabili del pH. Speculari
variazioni si possono avere se il pH del sangue varia per aumento o diminuzione delle valenze
acide (alcalosi o acidosi metabolica). In tali casi, il compenso respiratorio (riduzione o aumento
della PaCO
2
) intervengono prontamente, ma sono di scarso rilievo.


5.6 DATI DELLEMOGASANALISI ARTERIOSA (EGA)

LEGA si esegue prelevando un campione di sangue arterioso che viene immediatamente
analizzato con apposito strumento. I principali parametri sono riportati in tabella

PARAMETRO RANGE NORMALE
PaO
2
80-100 mmHg
PaCO
2
35-45 mmHg
PH 7.35 - 7.45
HCO3
-
16-30 mEq/L
SaO
2
% > 95%

Nel soggetto normale, a livello del mare la PaCO
2
di 35-45 mm Hg e la PaO
2
di 80-100
mm Hg, con un pH compreso fra 7,35 e 7,45. La ventilazione alveolare (VA), che data dal
prodotto del volume corrente sottratto del volume dello lo spazio morto anatomico e moltiplicato
per la frequenza ventilatoria, di circa 5 L/min a riposo. Ogni riduzione del valore di VA
causa di riduzione della pressione alveolare di O
2
e di incremento di quella di CO
2
. Mentre la
PaO
2
dipende da vari fattori oltre la VA (spessore di membrana, flusso ematico, quantit di
emoglobina), la PaCO
2
strettamente correlata alla VA poich la CO
2
non ha praticamente
ostacoli alla diffusione dal sangue verso lalveolo. Pertanto ogni incremento di PaCO
2
indica un
decremento di VA, che pu essere dovuto ad ipoventilazione globale o aumento dello spazio
morto. Sul piano pratico ci significa che un eccesso di ritenzione di CO
2
pu essere corretto
aumentando la ventilazione minuto (es. ventilazione meccanica). Per contro, lipossiemia non
pu essere corretta aumentando la ventilazione in quanto dovuta principalmente ad alterato
rapporto ventilazione/perfusione.
Tramite ossimetri cutanei (pulsiossimetri) applicati ad un dito o al lobo dell orecchio, si pu
determinare la saturazione di O
2
nel sangue capillare. La saturazione percentuale (Sa%)
emoglobinica per lO
2
indica la quantit di O
2
legata rispetto a quella teoricamente massima
possibile. La SatO2% non costituisce un indice particolarmente utile nella valutazione della
funzionalit polmonare poich se la PaO
2
superiore a 60 mmHg le modificazioni di Sa% sono
modeste. Rimane utile nel monitoraggio di pazienti affetti da importante deficit funzionale per la
sua facile determinazione, in modo non invasivo ed economico. Viene inoltre utilizzata nello
studio dei disturbi del sonno e per valutare la risposta allesercizio.
In linea di massima, le alterazioni pi comuni dellemogasanalisi possono essere compendiate in
tabella.

PaO
2
PaCO
2
pH HCO
3
-
Acidosi respiratoria acuta " # " = o "
Acidosi respiratoria compensata " # = #
Alcalosi Respiratoria acuta = "" # =/"
Alcalosi Respiratoria compensata =/" " = #
Acidosi metabolica = " " ="
Alcalosi metabolica = = # #





6. METODOLOGIE DIAGNOSTICHE

La raccolta della storia clinica del paziente costituisce lanamnesi, mentre il rilievo dei dati
oggettivi costituisce lesame obiettivo. La semeiotica (interpretazione di segni e sintomi)
sempre il primo e spesso lunico approccio diagnostico per il medico, considerando che nella
pratica (ambulatorio, studio specialistico, guardia medica) non sono sempre disponibili le
metodiche strumentali. Lesame obiettivo di un malato ha forse scarsa sensibilit (frequenti i
falsi negativi), ma specificit abbastanza elevata (rari i falsi positivi). Ci implica che qualsiasi
reperto anomalo da approfondire. Cosa sia normale allascoltazione o alla percussione si pu
descrivere solo approssimativamente a parole e deve essere imparato con la pratica.
Un sunto delle numerose tecniche di indagine usate in pneumologia riportato in tabella 1

Tabella 1: indagini diagnostiche in pneumologia

FUNZIONALI PER IMMAGINI LABORATORISTICHE/
BIOLOGICHE
Spirometria Radiogramma standard Esame escreato
Emogasanalisi Tomografia computerizzata Esame liquido pleurico
Test di diffusione Risonanza magnetica Test cutanei allergologici
Test da sforzo Scintigrafia Test alla tubercolina
Arteriografia Markers tumorali
ENDOSCOPICHE PET
Broncoscopia Ecografia CHIRURGICHE
Pleuroscopia Mediastinoscopia
Biopsia transbronchiale Biopsia a cielo aperto



6.1 ANAMNESI
Come in tutte le altre branche della clinica, lanamnesi comprende:
anamnesi famigliare (presenza di malattie allergiche, metaboliche od ereditarie);
fisiologica: funzioni vitali, alvo e diuresi, peso, nutrizione, attivit fisica.
Nellambito delle patologie respiratorie di speciale importanza lanamnesi lavorativa
- esposizione a polveri (es. slilice, carbone, berillio)
- esposizione ad amianto (fattore di rischio per asbestosi e mesotelioma)
Fumo di tabacco (quantit e durata). Lesposizione al fumo si calcola grossolanamente in
pack-year, ossia il numero di pacchetti fumati al giorno moltiplicato per il numero di anni di
fumo.
patologica remota e prossima Occorre stabilire da quanto tempo durano i sintomi respiratori,
com stato il loro esordio (graduale o brusco), il decorso e la risposta ad eventuali terapie.
Importante indagare la presenza di tosse, emoftoe, dispnea (a riposo, sotto sforzo, notturna) e
febbre.

6.2 METODOLOGIA DELLESAME OBIETTIVO
Lesame obiettivo va eseguito secondo una procedura razionale. Se possibile, il paziente
dovrebbe stare seduto, a torace completamente scoperto. I punti di repere sono indicati in figura
1

6.2.1 ISPEZIONE
Si valutano la forma del torace e la sua simmetria statica. Devono essere osservate deformit
della gabbia toracica (cifosi, scoliosi ecc.). La simmetria dinamica (durante una inspirazione
profonda) considera se i due emitoraci si espandono contemporaneamente e nella stessa misura.
Devono essere valutate le cicatrici, le lesioni cutanee, i circoli venosi ed il colorito. La cianosi
(Hb ridotta> 5g/100mL) si valuta meglio e precocemente a livello delle labbra (prolabio), della
lingua e delle estremita (soprattutto il letto ungueale). La presenza di coilonichia (unghie a
vetrino dorologio) e di dita a bacchetta di tamburo (osteopatia di Pierre-Marie) sono indice di
ipossiemia di lunga durata.
Dovrebbe sempre essere misurata la frequenza respiratoria che nelladulto normale di 14-18
atti/min. Laumento e la diminuzione della frequenza respiratoria si chiamano tachipnea e
bradipnea; le variazioni della profondit del respiro sono dette iperpnea e ipopnea. La retrazione
in inspirazione degli spazi intercostali e delle fosse sovraclaveari (tirage) sempre patologica,
come pure l'utilizzo dei muscoli respiratori accessori. Va valutato anche il decubito del paziente:
le alterazioni di piu frequente riscontro sono la semiortopnea e lortopnea.


Figura 1 Reperi del torace

6.2.2 PALPAZIONE
Alla palpazione si valutano innanzitutto lespansibilit e lelasticit del torace durante
linspirazione, ponendo le mani a piatto con i pollici sulla linea paravertebrale allaltezza della 9-
10 costa. Il torace normale si espande simmetricamente e contemporaneamente sui due emilati
allatto dellinspirazione (si parla altrimenti di respiro asimmetrico). Si valuta poi il fremito
vocale tattile (FVT), facendo parlare il paziente o facendogli pronunciare una parola ricca di
consonanti (es. trentatr). Il FVT la vibrazione dellaria prodotta dalla laringe e trasmessa a
bronchi, bronchioli, alveoli, fino alla gabbia toracica. Perch il FVT sia percepibile occorre
quindi che: a) la vibrazione sia generata, b) che sia trasmessa al polmone c) che dal polmone si
trasmetta alla parete toracica. Locclusione di un bronco o la presenza di aria o liquido nel cavo
pleurico, riducono la trasmissione del FVT alla superficie. La presenza di un addensamento
polmonare, che sia a contatto diretto con la parete toracica (assenza di versamento pleurico)
aumenta lintensit del FVT. Gli aspetti del FVT sono riassunti in tabella 2.

Tabella 2. FVT e sue alterazioni
Meccanismo
Fisiologico
Alterazione Meccanismo
Patologico
Esempio
FVT
Produzione della
vibrazione in
laringe
La vibrazione non si
produce
Paralisi corde vocali
Assenza laringe

Laringectomia
Paralisi dei ricorrenti

!
Conduzione della
vibrazione tramite
le vie aeree

La vibrazione non si
trasmette
Occlusione di uno o
piu bronchi
Tumori,
compressione
estrinseca

!
La vibrazione
condotta in eccesso
Addensamento
parenchimale con
bronco pervio
Polmonite lobare
Grandi masse
neoplastiche

"
Trasmissione alla
Parete toracica
La vibrazione non
arriva alla parete
toracica
Il polmone non a
contatto della parete
toracica
Pneumotorace,
Versamento pleurico

!

6.2.3 PERCUSSIONE (tabella 3)
La percussione si effettua in maniera mediata (dito plessore che percuote il dito plessimetro
appoggiato sulla cute). La percussione evoca dal polmone normale il suono chiaro polmonare
(SCP). La presenza di SCP indica sempre lesistenza di parenchima polmonare aerato. Con la
percussione si pu delimitare topograficamente il sottostante polmone solo se questo contiene
aria ed a contatto con la parete toracica. E consigliabile effettuare prima una percussione
comparativa (alternativamente a dx e a sx simmetricamente) sui due emitoraci per individuare
possibili differenze del suono plessico. La successiva percussione delimitativa definisce le aree
di SCP sul torace alle quali corrisponde il parenchima aerato. Si delimitano per prime le aree di
Konig di SCP che corrispondono agli apici polmonari, comprese tra il muscolo cucullare e
larticolazione della spalla e che devono essere simmetriche. Partendo poi dal II spazio
intercostale dorsale si scende, con il dito plessimetro parallelo alle coste, una costa per volta, fino
ad individuare il passaggio dal SCP al suono ottuso degli organi addominali. Tale cambiamento
di suono indica che si sono raggiunte le basi polmonari. A questo punto si valuta se le basi
polmonari sono alla stessa altezza (IX-X costa) e se si espandono normalmente. Ci si effettua
facendo fare uninspirazione profonda al paziente e verificando se l'area di SCP si sposta
caudalmente di 1-2 spazi intercostali. La presenza di ottusit (o ipofonesi) indica che al di sotto
della zona percossa esiste una regione addensata: addensamento parenchimale, neoplasia,
versamento pleurico, atelettasia. La presenza di suono iperchiaro indica aumento del contenuto
aereo, mentre un suono timpanico indica la presenza di una cavit unica ripiena daria

Tabella 3. I suoni plessici
SUONO GENESI ESEMPIO DI
PATOLOGIA
SUONO CHIARO Parenchima polmonare aerato
SUONO
IPERCHIARO
Aumento del contenuto aereo Enfisema, pneumotorace
SUONO
TIMPANICO
Presenza di grandi cavita
contenenti aria
Caverne, pneumotorace
SUONO OTTUSO Addensamento del parenchima Polmoniti, masse
neoplastiche
SUONO OTTUSO Interposizione di liquido Versamenti pleurici

6.2.4 ASCOLTAZIONE
Sul torace normale si ascolta su tutti i campi polmonari (ossia dove esiste polmone ventilato) il
murmure vescicolare fisiologico (MVF). Tale reperto ascoltatorio dovuto al flusso turbolento
dellaria negli alveoli e che si trasmette alla parete toracica. Perch il MVF sia percepito occorre
che: a) gli alveoli siano ventilati, b) che bronchi, bronchioli e alveoli siano pervi, c) che il
polmone sia a contatto con la parete toracica (cavo pleurico virtuale e pleure intatte). In
determinate regioni, corrispondenti alla trachea ed ai grossi bronchi pu anche essere percepito il
soffio bronchiale o tracheale. Lascoltazione si effettua comparativamente sui due emitoraci, con
particolare attenzione alle basi. Il MVF pu ridursi in intensit o scomparire (silenzio
respiratorio) dove il polmone non sia aerato (addensamento, ostruzione bronchiale) o se il
polmone non a contatto con la parete toracica (versamento pleurico, pneumotorace). Se il
soggetto viene invitato a parlare, si ascolta solo una vibrazione che riporta le parole
estremamente distorte (pettoriloquia). Nel soggetto normale si ascolta solo il MVF. Ogni altro
rumore, che puo provenire dai bronchi, dagli alveoli o dalla pleura, da considerarsi patologico.
Si distinguono: rumori umidi, rumori secchi e sfregamenti pleurici (tabella 4).
I rumori umidi (rantoli) sono prodotti dalla presenza di liquido allinterno dei bronchi o degli
alveoli. Ovviamente, il passaggio di aria durante la respirazione forma delle vere e proprie bolle
che si rompono. A seconda del calibro del bronco dove si genera il rumore, si distinguono
grossolanamente rantoli a grandi, medie e piccole bolle. I rantoli di origine alveolare hanno un
particolare timbro di crepitio fine ed infatti sono detti crepitanti, quelli bronchiolari sono detti
subcrepitanti; si ascoltano nello scompenso cardiaco o nelle fasi precoci delle polmoniti e
broncopolmoniti.
I rumori secchi (ronchi) si producono allorch laria incontra una riduzione di calibro dei
bronchi e il flusso da laminare (silenzioso) diventa turbolento (rumoroso). Pertanto i ronchi
indicano sempre la presenza di ostruzione bronchiale. A seconda del tono, che in parte dipende
dal calibro dei bronchi interessati, si possono avere ronchi russanti, gementi, fischianti e sibilanti
(comunemente detti sibili e fischi o wheezing). Poich i bronchi tendono gi fisiologicamente a
ridursi di calibro durante lespirazione, i rumori secchi si ascoltano preferenzialmente o pi
intensi durante la fase espiratoria.
I rumori pleurici (sfregamenti) sono dovuti alla confricazione dei due foglietti pleurici tra di
loro durante il movimento respiratorio. Perch si producano occorre che le superfici pleuriche,
che normalmente sono lisce e lubrificate, siano scabrose o irregolari. Gli sfregamenti pleurici
pertanto si ascoltano solo in determinate regioni, sono fissi, sono sincroni col respiro e sono in-
ed espiratori.
Locclusione/ostruzione delle alte vie aeree da origine allo stridore inspiratorio (o cornage),
che rappresenta quasi sempre il sintomo di patologia acuta e di emergenza.
Se su una certa area si possono ascoltare le parole distintamente (pettoriloquia), occorre
sospettare un sottostante addensamento. Se esiste un cospicuo versamento pleurico ed il
parenchima quindi compresso, ma i grossi bronchi sono pervi, si puo ascoltare il soffio
bronchiale. Nel caso di grandi cavit (caverne ed escavazioni), che comunicano con i bronchi si
puo ascoltare il soffio anforico.

Tabella 4. I suoni respiratori
SUONO MECCANISMO ESEMPI
MVF Aria che produce una
turbolenza negli alveoli
Polmone normalmente ventilato
Rumori umidi
(rantoli)
Presenza di liquido nei
bronchi che forma bolle
Bronchite, polmonite, ARDS, edema
polmonare, bronchiectasie
Rumori secchi
(ronchi)
Riduzione di calibro dei
bronchi
Malattie ostruttive: asma, BPCO.
Compressione dei bronchi da edema.
Sfregamenti
pleurici
Attrito dei due foglietti
pleurici
Pleuriti (fase iniziale o come esito)

Stridore Ostruzione/occlusione
delle grosse vie
Edema laringeo, masse neoplastiche.
Corpi estranei
Pettoriloquia Trasmissione della voce
attraverso addensamenti
Masse neoplastiche, polmoniti
Assenza/
riduzione
del MVF
Distretti non ventilati
Distretti addensati
Riduz globale della
ventilazione
Interposizione di liquido
Occlusione di bronchi, pneumotorace
Neoplasie, polmoniti
Enfisema
Versamento pleurico


6.3 METODICHE LABORATORISTICHE
Le metodiche che specificamente valutano le due principali funzioni dellapparato respiratorio
cio la meccanica ventilatoria (PFR) e lo scambio dei gas (EGA) sono descritte nei capitoli 4
e 5. Si fa cenno qui di seguito alle altre metodiche di indagine che vengono utilizzate per la
diagnosi delle malattie respiratorie. Ognuna di queste metodiche deve essere scelta sulla base di
un ragionamento fisiopatologico e di un sospetto clinico. Il loro impiego indiscriminato e a
tappeto espone i pazienti a rischi ingiustificati e complica la procedura diagnostica.

6.3.1 ESAME DELLESCREATO
Lescreato pu essere prodotto spontaneamente (cosa che si verifica in molte patologie
polmonari) oppure essere indotto artificialmente. In quest ultimo caso si applica la procedura
dellespettorazione indotta (induced sputum), che consiste nel fare inalare al paziente un
aerosol ultrasonico di soluzione salina ipertonica al 3-5%. La procedura semplice, e
relativamente sicura e pu essere applicata anche in presenza di significative riduzioni della
ventilazione polmonare se il soggetto collaborante.
Allesame macroscopico si valutano immediatamente colore, aspetto, densit ecc. Lesame
microscopico comprende: a) citologia: tipo di cellule presenti; b) batteriologia: ricerca germi
comuni, coltura ed antibiogramma (compresa la ricerca di micobatteri vedi TBC.
Lesame escreato di primaria importanza in tutte le patologie infettive (specialmente
batteriche), ma puo fornire anche indicazioni sulla presenza o meno di determinate malattie
infiammatorie, alcune delle quali presentano una particolare citologia. Infine, pu essere eseguita
la ricerca di cellule atipiche e/o neoplastiche.

6.3.2 TORACENTESI ED ESAME DEL LIQUIDO PLEURICO
La toracentesi una metodica invasiva che consiste nel prelevare il liquido pleurico
tramite la puntura della parete toracica e della pleura parietale (puntura esplorativa). Si esegue
ovviamente solo se la presenza di versamento pleurico accertata (semeiotica fisica e radiologia)
o fortemente sospetta. Dopo accurata disinfezione della cute ed anestesia di superficie, si punge
con un ago di grosso calibro montato su siringa la parete toracica, fino a penetrare in cavo
pleurico. A questo punto si aspira il liquido pleurico (solitamente 5-20 cc sono sufficienti). Se si
vuole svuotare un versamento abbondante, si collega lago ad un sistema di aspirazione a
stantuffo oppure si lascia defluire il liquido per gravit (toracentesi evacuativa). La comparsa di
tosse, ipotensione o di dolore puntorio impone di sospendere la manovra. La toracentesi si
effettua a paziente seduto; si preferisce pungere su ascellare media o posteriore allaltezza del
IV-VI spazio intercostale. Lago va introdotto sfiorando il margine superiore della costa per
evitare lesioni al fascio vascolonervoso. Le complicanze della toracentesi (pneumotorace,
emotorace, infezione) sono rarissime. La distinzione fondamentale tra essudati (di origine
infiammatoria) e trasudati (da alterazioni idrostatiche/oncotiche). Si definisce essudato se: a)
LDH versamento/LDH siero > 0.6; b) proteine versamento/proteine siero > 0.5; c) LDH > 100.

6.3.3 TEST ALLERGOLOGICI
I test cutanei (skin prick test) individuano la presenza di sensibilizzazione a determinati
allergeni respiratori (acari della polvere, graminacee, olivo, parietaria, epiteli di cane e di gatto,
muffe ecc.). Si applica una goccia di ciascun estratto allergenico alla faccia volare
dellavambraccio e la si punge con apposita lancetta. Lo sviluppo di un pomfo indica che
esistono IgE specifiche per tale allergene adese ai mastociti cutanei che li fanno degranulare.
Lentit del pomfo si rapporta (classi da 0 a ++++) al pomfo prodotto dallistamina che il
controllo positivo. Il test molto sensibile e specifico, si legge in circa 10 minuti ed privo di
rischi. Pertanto, sempre la prima scelta nel sospetto di allergia respiratoria.
Il dosaggio delle IgE specifiche nel siero (RAST) altrettanto specifico e sensibile, ma costoso
e fornisce i risultati in alcuni giorni. Pertanto sempre di seconda scelta o di conferma; oppure si
esegue in prima istanza ove lo skin test non sia effettuabile (ad esempio perch il paziente
assume antistaminici). Il dosaggio delle IgE totali (PRIST) e gli eosinofili circolanti sono poco
sensibili e specifici: non sono quindi mai test diagnostici dirimenti.
Molto sensibili e specifici sono i tests di provocazione nasale e congiuntivale. La
somministrazione di piccole quantit di allergene nel naso o nella congiuntiva riproduce nel
soggetto allergico i sintomi clinici (rinite e congiuntivite).

6.3.4 TEST ALLA TUBERCOLINA
Implica una reazione ritardata di IV tipo e valuta (dopo inoculo nel derma) lavvenuta
sensibilizzazione al bacillo di Koch. La sua positivit indica che lorganismo gi venuto in
contatto col bacillo ed quindi in grado di sviluppare una risposta immunitaria specifica. Quindi
non diagnostico di malattia in atto, ma solo di pregressa infezione o di avvenuta
vaccinazione. Si utilizza per linoculo la PPD (purified protein derivative), una miscela di
antigeni micobatterici; una unita tubercolinica (UT) corrisponde a 0.02 mcg di PPD. Il test alla
tubercolina si pu effettuare:
- con dispositivi gi pronti (tine test), costituiti da 4 punte imbevute di PPD
- mediante inoculazione intradermica di 0.1 mL di PPD (reazione di Mantoux)
Il risultato si legge dopo 48-72 ore; la positivit documentata da eritema, papule, infiltrazione,
indurimento.

6.3.5 MARKERS BIOLOGICI E BIOCHIMICI
I cosiddetti marcatori tumorali sono sostanze proteiche prodotte da cellule neoplastiche (o da
cellule normali in condizioni patologiche), che possono essere dosati nel sangue. I pi importanti
marcatori tumorali sono indicati in tabella 5.


Tabella 5. Principali marcatori tumorali
SIGLA ORIGINE ASSOC.PREFERENZIALE
NSE (Enolasi neurospecifica) Cellule neuroendcrine microcitoma
aFP (alfa fetoproteina) Cellule epiteliali adenoK, K epidermoide
CYFRA (Framm. Citocheratina) Cellule epiteliali K epidermoide
CA 19.9 Cellule epiteliali adenoK
CEA (ag carcinoembrionario) Cellule epiteliali adenoK


Occorre ricordare che i marcatori tumorali sono poco specifici (eccezion fatta per la NSE) e
quindi non consentono da soli di porre una diagnosi. Possono essere utili come conferma di un
sospetto clinico gi presente e soprattutto per il follow-up dei tumori gi diagnosticati.
In medicina respiratoria si utilizzano anche altri indici biochimici, legati a patologie di
pertinenza polmonare, come langiotensin converting enzyme (sarcoidosi) o il d-dimero
(tromboembolia polmonare). Per il significato di tali esami si rimanda agli specifici capitoli.

6.4 METODICHE PER IMMAGINI

6.4.1 RADIOGRAFIA STANDARD
La radiografia convenzionale del torace rappresenta a tuttoggi la metodica per immagini
di prima scelta e dotata di elevatissima capacit di discriminare le strutture normali dalle
patologiche. Si esegue praticamente sempre nel caso di patologia pneumologica. La radiografia
standard del torace comprende la proiezione postero-anteriore (PA) e la latero-laterale (LL)
sinistra. Le strutture radiotrasparenti (aria) hanno aspetto pi scuro,mentre le strutture dense
(parenchima, osso), sono radioopache e chiare. L RX del torace mostra alcuni reperti
caratteristici e riproducibili, tra cui i tre archi di sx e i due archi di dx. (FIGURA 2).
Il fascio vascolonervoso (FVC) costituito dal profilo cardiaco, dallaorta e dai grossi vasi e
dagli ili. I polmoni sono radiotrasparenti ed visibile la trama interstiziale che pi spessa
allilo e si affina verso la periferia. Lemidiaframma destro pi alto del sinistro, mentre sotto al
sinistro si puo osservare talvolta laria della bolla gastrica. Gli angoli costrofrenici sono sempre
acuti e trasparenti: la loro opacazione indica presenza di versamento o di aderenze pleuriche. Le
scissure interlobari non sono normalmente visibili; si delineano solo in caso di processi
infiammatori con raccolte liquide o ispessimento (scissurite). Le zone radioopache (ipodiafanie)
di parenchima polmonare indicano solitamente addensamento del parenchima (polmonite,
neoplasie) o versamento pleurico (figura 2 A), mentre quelle ipertrasparenti indicano aumento
del contenuto aereo (bolle, caverne, enfisema). Per tutti i casi dubbi allRX, la seconda istanza
sempre la TC.

Figura 2 RADIOGRAMMA STANDARD POSTERO-ANTERIORE NORMALE


Figura 2A, reperti patologici tipici




6.4.2 TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA (TC)
E' l'esame per immagine di seconda scelta dopo lRX standard. Fornisce immagini di
strati traversi (detti tagli) del corpo (sottili da 5 ad 1 cm) visti idealmente dalla parte caudale.
Le apparecchiature pi moderne consentono anche la ricostruzione tridimensionale delle
strutture anatomiche. La gamma di contrasto (scala dei grigi) estremamente ampia (da -1000
per l'aria a +1000 per l'osso) e pertanto si possono scegliere finestre appropriate per la densita'
della struttura da studiare. Usualmente si applicano le finestre parenchimale (che dettaglia bene
interstizio, vasi e bronchi) e mediastinica (che dettaglia tutte le strutture dense toraciche e i
linfonodi) (Figura 3). La somministrazione di mezzo di contrasto, consente poi di visualizzare il
decorso dei principali vasi e la vascolarizzazione delle strutture. La TC ad alta risoluzione
(HRCT) consente di effettuare sezioni sottili (2 mm) e di vedere quindi in dettaglio l'interstizio
polmonare, i piccoli vasi ed i bronchi fino al IV-V ordine di suddivisione. La TC con metodica a
spirale un particolare tipo di tecnica ad alta velocit che consente di eliminare in parte gli
artefatti dovuti alla respirazione. La TC ha praticamente le stesse indicazioni della radiologia
convenzionale. fondamentale nella stadiazione delle lesioni neoplastiche. Di solito si esegue in
seconda istanza per motivi di costi, tempi ed esposizione alle radiazioni.

Figura 3 Esempi di sezioni TC




6.4.3 SCINTIGRAFIA
Scintigrafia di perfusione. Si somministrano endovena dei macroaggregati di albumina marcata
con Tc99. I macroaggregati vanno a localizzarsi e sono trattenuti nei capillari polmonari pi
distali e pertanto indicano fedelmente la vascolarizzazione arteriosa polmonare. La radioattivit
accumulata si rileva dallesterno mediante gamma camera. Di solito si eseguono 6 proiezioni. Se
esiste una occlusione in qualche punto dellalbero arterioso, il tracciante non arriva in quel punto
e si osserver unarea fredda. La scintigrafia perfusoria importante quindi in tutte le sospette
alterazioni vascolari, prima tra tutte la tromboembolia polmonare, ove rimane lesame
diagnostico di riferimento.
Scintigrafia ventilatoria. Si fa respirare al paziente dello Xn133, il quale arriva fino agli alveoli
ma non diffonde nel sangue e viene rilevato con una gamma-camera. Tale metodica rileva quindi
lintegrit della ventilazione. E utile soprattutto in associazione con la scintigrafia perfusoria.
La differenza tra aree ventilate e perfuse si definisce mismatch. per evidenziare aree ventilate
ma non perfuse o viceversa.
Scintigrafia con Ga67. Il Ga67 si localizza preferenzialmente in zone ad elevato metabolismo e
quindi in zone di attiva infiammazione e ben vascolarizzate. E ovviamente poco sensibile e poco
specifica, ma utile come test di conferma e per il follow-up di malattie infiammatorie come la
sarcoidosi.
Scintigrafia ossea total body. Il tracciante radioattivo si concentra in sede di rimaneggiamento
osseo (figura 4). Individua pertanto, in presenza di tumore polmonare gi diagnosticato, la
presenza di metastasi ossee. E poco specifica perch individua anche le zone di
rimaneggiamento osseo non tumorale (es. osteoartrosi)


6.4.4 ECOGRAFIA E RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE
L'ecografia una metodica non invasiva e priva di rischi. Tuttavia essa di scarsa utilit nello
studio del polmone a causa del predominante contenuto aereo. Pu essere utilizzata
occasionalmente per precisare la diagnosi di raccolte saccate o per guidarne l'esplorazione. Pu
essere anche utile per individuare ascessi subfrenici o definire meglio le patologie
sottodiaframmatiche.
La risonanza magnetica nucleare (RMN) del parenchima polmonare di solito aggiunge poco alle
informazioni ottenute con RX e TC. Risulta invece molto utile per lo studio del mediastino e
delle strutture ad alta densit in quanto consente di precisare molto bene i rapporti anatomici e di
visualizzarli anche sul piano sagittale e su piani obliqui. Pertanto la sua indicazione si rivolge
principalmente alla diagnostica delle malattie neoplastiche.

6.4.5 TOMOGRAFIA A EMISSIONE DI POSITRONI (PET)
In realt pi una metodica metabolica che di immagine. Infatti rivela laccumulo selettivo di
glucidi radioattivi in determinate strutture che li utilizzano per la loro attivit metabolica. In
pratica si somministra del desossiglucosio marcato con
18
P. Lisotopo decade producendo
positroni che annichilandosi con gli elettroni producono coppie di fotoni, le quali vengono
rivelate dallapparecchiatura. Non sostituisce in alcun modo la TC per quanto riguarda i rapporti
anatomici delle strutture, ma ha indicazione nella diagnostica differenziale dei noduli solitari,
per i quali ha una elevata sensibilit (in altre parole un nodulo solitario sospetto neoplastico e
negativo alla PET, quasi certamente negativo). La PET pu causare falsi positivi, in quanto il
radiotracciante si accumula selettivamente non solo nelle neoplasie ma anche nelle zone di
rimaneggiamento infiammatorio. Altre indicazioni sono la diagnostica delle masse polmonari
altrimenti non definibili o le localizzazioni pleuriche. Solitamente la PET si esegue
contemporaneamente alla TC (TC-PET), consentendo di sovrapporre le immagini anatomiche a
quelle funzionali.

Figura 5. TC/PET che mostra
Un nodulo metabolicamente
Attivo.

6.4.6 ARTERIOGRAFIA POLMONARE E BRONCHIALE
Consiste nelliniettare, tramite accesso periferico, un mezzo di contrasto nellarteria polmonare o
nelle arterie bornchiali mentre si esegue la radiografia. Consente di visualizzare con estrema
precisione tutto lalbero vascolare del polmone, o quello arterioso funzionale (piccolo circolo) o
quello arterioso nutritizio (arterie bronchiali) e individuare quindi:
ostruzioni dellarteria polmonare e suoi rami (embolie)
sanguinamenti.e/o malformazioni arterovenose delle arterie bronchiali.
Nel caso di sanguinamenti possibile anche eseguire la microembolizzazione. Non mai un
esame di routine in quanto richiede strutture specificamente attrezzate e personale qualificato.

6.5 METODICHE ENDOSCOPICHE

6.5.1 BRONCOSCOPIA
La broncoscopia unindagine endoscopica che pu essere eseguita con strumenti rigidi o a fibre
ottiche (fibrobroncoscopia, FBS) e che permette di visualizzare le vie aeree, identificare
anomalie endobronchiali e raccogliere materiale diagnostico tramite lavaggio bronchiale
(Bronchoalveolar lavage, BAL), spazzolamento (brushing), e biopsia. Il broncoscopio a fibre
ottiche permette la valutazione di vie aeree pi piccole e distali rispetto a quelle visualizzabili col
broncoscopio rigido, ma questultimo permette un maggiore controllo delle vie aeree e una pi
efficace aspirazione; per questo particolarmente utile in pazienti con neoplasie ostruenti
centrali, corpi estranei o emottisi massiva.
Le indicazioni allesecuzione della broncoscopia sono:
a) radiologiche. Quadri sospetti per neoplasie broncopolmonari, opacit rotondeggianti,
ingrandimenti del mediastino, addensamenti, ecc.
b) cliniche. Emoftoe, tosse persistente, stridori e sibili, paralisi delle corde vocali e
diaframmatiche, disfagia, algie toraciche adenopatie sovraclaveari ed ascellari, sindromi
paraneoplastiche, ecc.
c) laboratoristiche. Cellule atipiche nellespettorato, positivit del micobatterio nellespettorato
senza alterazione RX.
d) Endoscopia chirurgica, in rianimazione respiratoria, broncoinstillazioni e broncoaspirazioni,
estrazioni di corpi estranei.
Con lesame broncoscopico possibile accompagnare alla diagnostica per immagini
endoscopica, una valutazione biologica mediante lesecuzione di particolari metodiche di
prelievo:
Lavaggio bronchiale (BL)
Brushing bronchiale (spazzolamento con scovolino per la raccolta delle cellule superficiali)
Biopsia bronchiale
Agoaspirazione transbronchiale (TBNA)
Lavaggio broncoalveolare (BAL)
La broncoscopia utilizzata anche a scopo terapeutico per esempio nella rimozione di corpi
estranei, nelle intubazioni difficili, nel posizionamento di stents tracheali o bronchiali, nella
laser-terapia per il trattamento di tumori benigni o maligni delle vie aeree, nel posizionamento di
radiocateteri per la terapia radiante endobronchiale (brachiterapia).

6.5.2 LAVAGGIO BRONCOALVEOLARE (BAL)
Si esegue in corso di fibrobroncoscopia e si effettua instillando (tramite broncoscopio) in un
bronco segmentale o subsegmentale soluzione fisiologica e poi aspirandola. Lesame del BAL
rispecchia abbastanza fedelmente la cellularita del polmone profondo (bronchioli ed alveoli) ed
utile per la diagnosi di malattie infiammatorie caratterizzate da alveolite (alveoliti allergiche,
sarcoidosi, fibrosi interstiziali etc.), per la ricerca di cellule atipiche (neoplasie) e per
lindividuazione di batteri. Nel BAL del soggetto normale si osservano:
- Macrofagi alveolari (90-95%)
- Linfociti (2-5%), che sono per l85% di tipo T (con rapporto CD4/CD8 = 2/1), per il 10% di
tipo NK e per il 5% di tipo B.
- Neutrofili: circa il 3% (aumentano nei fumatori)

6.5.3 MEDIASTINOSCOPIA
La mediastinoscopia rappresenta un metodo diagnostico e stadiativo di tipo chirurgico che
consiste nelleseguire biopsie mirate di linfonodi mediastinici, o altre lesioni solide del
mediastino supero-anteriore. In anestesia generale si esegue unincisione sopragiugulare
attraverso cui si raggiunge il piano tracheale; si incide la fascia pretracheale e la si scolla dalla
trachea creando uno spazio attraverso cui si inserisce il mediastinoscopio, si ricerca la lesione da
bioptizzare sulla guida del radiogramma T.C., e con la pinza bioptica si eseguono numerosi
prelievi per il successivo esame istologico.
La diagnosi di lesione solida del mediastino si avvale della mediastinoscopia solo quando altre
indagini bioptiche, meno invasive (broncoscopia e agoaspirazioe T.C. guidata), si siano rivelate
non diagnostiche. Le indicazioni sono:
a) Rilievo alla T.C. di una lesione solida in sede paratracheale non diagnosticata con la
broncoscopia, lagoaspirazione o altro metodo meno invasivo.
b) Stadiazione di neoplasie polmonari di cui noto listotipo, associate a linfonodi mediastinici
paratracheali aumentati di volume, specie se la neoplasia interessa il lobo inferiore sinistro.

6.5.4 TORACOSCOPIA
La toracoscopia rappresenta unindagine endoscopica rivolta ad accertare la diagnosi di lesioni
occupanti lo spazio pleurico, sia se a partenza dalla pleura parietale o viscerale, sia se di origine
polmonare o mediastinica.
La toracoscopia si esegue introducendo uno strumento rigido nel cavo pleurico attraverso uno
spazio intercostale dopo aver creato un pneumotorace, il che consente di ispezionare i recessi
pleurici, il mantello polmonare e la pleura mediastinica. Alla fine dellindagine si lascia nel cavo
pleurico un tubo di drenaggio per il controllo del versamento e per un eventuale pneumotorace. Il
liquido pleurico e le biopsie pleuriche verranno poi sottoposte alle indagini cito-istologiche.
Sono indicazioni:
a) Versamenti pleurici non diagnosticati con la broncoscopia e la toracentesi.
b) Lesioni solide della pleura parietale visibili alla TC. Inoltre un versamento pleurico, non
neoplastico allesame citologico, in presenza di carcinoma polmonare, pu richiedere una
toracoscopia stadiativa.

6.5.5 VIDEOTORACOSCOPIA (VATS)
Non altro che labbinamento di una telecamera e di uno strumento televisivo alle ottiche
toracoscopiche tradizionali; la possibilit di usare strumenti adatti per unendoscopia
intereventistica quali dissettori, coagulatori, forbici, pinze, suturatrici, permette di eseguire veri e
propri interventi terapeutici sul polmone, sul mediastino e sulla pleura.

Indicazioni della VATS
DIAGNOSTICA TERAPEUTICA
Versamento pleurico
Lesioni pleuriche
Stadiazione di neoplasie
Lesioni della parete toracica
Malattie mediastiniche
Pneumotorace
Emotorace
Empiema
Malattie polmonari diffuse
Noduli polmonari
Lisi di aderenze
Pleurodesi
Pleurectomia
Resezione di bolle
Resezione di noduli
Emostasi nellemotorace
Simpaticectomia
Finestra pericardica
Asportazione di masse mediastiniche

La caratteristica fondamentale (e il vantaggio) della toracoscopia rispetto alla chirurgia a cielo
aperto la riduzione del trauma senza tuttavia compromettere la buona esposizione del campo
operatorio.
1
7. LE POLMONITI


7.1 GENERALITA
Le polmoniti sono processi flogistici del parenchima polmonare, e possono essere determinate da
fattori infettivi, chimici, fisici ed autoimmunitari. Con il termine polmonite sintendono
comunemente le forme ad eziologia infettiva di natura batterica, micobatterica, virale, fungina o,
molto raramente in Italia quelle protozoaria e elmintica. Le polmoniti fanno parte delle sindromi
infettive delle basse vie aeree; nella definizione di polmonite implicita la presenza dalterazioni
RX compatibili con tale diagnosi, e che permettono di differenziarla ad esempio dalle
riacutizzazioni di bronchite cronica.
Le polmoniti rappresentano attualmente la sesta causa di morte nei Paesi industrializzati e possono
essere classificate su base eziologica (batteriche, virali, ecc.), su base anatomo-patologica
(alveolare, interstiziale, alveolo-interstiziale, necrotizzante) o su base epidemiologica (nosocomiale,
acquisita sul territorio o comunitaria, da aspirazione, in ricovero protetto, nell'ospite
immunocompromesso). Scopo di queste distinzioni di formulare una diagnosi presuntiva
dellagente eziologico e permettere un idoneo trattamento con farmaci antimicrobici attivi sugli
agenti prevalenti nelle differenti forme in attesa di identificare lagente patogeno; inoltre, di
formulare una prognosi prevedendo eventuali complicanze proprie delle singole forme.

7.2 CORRELAZIONI ANATOMO-CLINICHE ED EPIDEMIOLOGICHE
La classificazione anatomo-patologica presuppone la disponibilit di una radiografia del torace.
Nelle forme interstiziali lessudato flogistico localizzato prevalentemente nei setti interalveolari.
Lestensione della flogosi spesso ampia con interessamento generalizzato plurilobare e bilaterale.
In alcuni casi pu essere pi evidente una compartecipazione flogistica anche alveolare, con
conseguenti polmoniti alveolo-interstiziali. Nelle polmoniti alveolari la flogosi localizzata
prevalentemente negli alveoli e lestensione pu essere segmentale o lobare o multilobare.
Le forme necrotizzanti, che comprendono lascesso polmonare e la polmonite necrotizzante, sono
caratterizzate da sovvertimento della struttura polmonare e necrosi del tessuto.
Esiste una discreta, ma non assoluta correlazione fra le differenti forme di polmonite. Le polmoniti
interstiziali sono in genere determinate da virus (p.es. influenza A e B, adenovirus, CMV, virus
parainfluenzali, RSV), micoplasmi, clamidie, rickettsie (tutti patogeni intracellulari), e solo pi
raramente da batteri, miceti e protozoi. Le forme alveolari, di cui il prototipo la polmonite
pneumococcica (polmonite lobare franca), sono pi frequentemente determinate da batteri a
replicazione extracellulare. Le forme necrotizzanti sono sempre determinate da una flora microbica
mista che comprende, oltre a stafilococco e germi Gram-negativi, la presenza di anaerobi. E
tuttavia il caso di ricordare che nella pratica clinica alcuni patogeni possono determinare quadri
assai variabili da caso a caso e differenti da quanto descritto sopra. Ad esempio, micoplasma e
clamidia possono frequentemente anche manifestarsi con quadri radiografici di tipo interstizio-
alveolare localizzato od adenopatico, come pure miceti possono dare luogo a focolai di tipo
interstiziale.
La distinzione su base epidemiologica delle polmoniti basata su una differente prevalenza di
agenti infettivi nei differenti ambienti e tipologia di pazienti in cui esse si possono manifestare:
1) polmoniti acquisite in comunita', sono contratte sul territorio, in ambiente extranosocomiale, da
soggetti immunocompetenti, sono pi frequentemente determinate da pneumococco (S.
pneumoniae), Haemophylus influenzae, M. catarrhalis, Micoplasma, Clamidie (C. pneumoniae e
C. psittaci) e virus (p.es. Influenza A e B);
2
2) polmoniti nosocomiali, acquisite in ospedale, ad insorgenza entro 72 ore dopo il ricovero o
dopo la dimissione, in pazienti con riduzione delle difese ma non necessariamente
immunocompromessi (interventi chirurgici, cateteri venosi centrali, politraumatizzati, etc.), pi
frequentemente determinate da batteri Gram-negativi (p.es. Pseudomonas spp., Serratia marcescens,
Klebsiella spp., Enterobacter aerogenes, Acinetobacter aerogenes) e Gram-positivi (S.aureus,
Enterococco, S.epidermidis) ospedalieri spesso multiresistenti in seguito alla elevata pressione
antibiotica e selezione di resistenze, e da miceti;
3) polmoniti nell'ospite immunocompromesso, acquisite sia in comunita' sia in ambiente
nosocomiale, in soggetti con deficit immunitari primitivi o secondari (chemioterapia
antineoplastica, trapianto d'organo, AIDS), determinate da riattivazioni endogene da patogeni
endocellulari (CMV, P.carinii, Criptococco, M.tuberculosis hominis, Histoplasma capsulatum, ),
endogeni enterici sia Gram-negativi sia Gram-positivi (P.aeruginosa, Enterobacter, Enterococco), o
circolanti in comunit (pneumococco, H.influenzae, S.aureus, S.epidermidis).


7.3 POLMONITI ALVEOLARI
L'agente eziologico paradigmatico di queste forme e' rappresentato dallo pneumococco
(Streptococcus pneumoniae), che in era preantibiotica era responsabile di oltre il 90% delle forme
acquisite sul territorio. L'evoluzione clinica ed anatomo-patologica decorrono in parallelo. Si ha di
solito l'interessamento dinteri segmenti o lobi polmonari, con disseminazione ed estensione del
germe per via endobronchiale. Questa fase dinvasione e' segnata clinicamente dalla comparsa di
febbre elevata, subcontinua o remittente, preceduta solo da brevi prodromi costituzionali, tosse
produttiva, cefalea, dispnea, escreato rugginoso (o croceo). L'obiettivita' clinica e' costituita da un
reperto iniziale di rantoli crepitanti (crepitatio indux) seguita da assenza di murmure vescicolare,
comparsa di soffio bronchiale ed ipofonesi. In fase di risoluzione compare nuovamente un reperto
ascoltatorio umido (crepitatio redux). La remissione della febbre avviene spesso per crisi, oppure
per lisi accelerata con rapida defervescenza. Il reperto radiologico e' quello di un'opacit omogenea,
lobare o multilobare, a risoluzione lenta, frequentemente accompagnata da reperti di versamento
pleurico (pleurite metapneumonica o parapneumonica a seconda del tempo di comparsa rispetto alla
polmonite). Possibili complicanze sono rappresentate da empiema libero o saccato, batteriemia con
sepsi, meningite (rare in era antibiotica con trattamento adeguato), localizzazioni settiche a distanza.
Let di maggiore incidenza nellanziano e nel bambino. E frequente fino al 40% dei casi
linsorgenza di herpes labialis concomitante. Le manifestazioni cliniche sono associate a notevole
leucocitosi con neutrofilia assoluta e relativa che talora assume caratteristiche di reazione
leucemoide, con aumento notevole di tutti i parametri di flogosi componenti la reazione di fase
acuta (Fibrinogeno, Proteina C reattiva, !
1
e !
2
-globuline, C3, C4, VES, piastrinosi, etc.) E
disponibile una preparazione vaccinale 23-valente di antigeni polisaccaridici, efficace nel prevenire
forme invasive nellanziano.
La polmonite stafilococcica, determinata da Staphylococcus aureus, ha caratteristiche spesso
intermedie fra le forme alveolari e necrotizzanti. Si tratta di una forma grave, spesso ad acqusizione
extraospedaliera particolarmente in eta' pediatrica, ma anche di tipo nosocomiale. E' caratterizzata
da flogosi alveolare con interessamento suppurativo (microascessi confluenti perivasali e
peribronchiali) e fenomeni necrotico-emorragici localizzati. L'immagine radiologica e' caratterizzata
in un primo tempo da opacita' multiple delimitate di tipo alveolare, che nell'evoluzione successiva
assumono aspetti bollosi o cavitari con livelli idroaerei (pneumatoceli), con aspetto generale "a volo
di palloncini". Le caratteristiche cliniche sono comuni alle altre forme alveolari, ma possono
assumere anche caratteristiche fulminanti ad evoluzione tumultuosa. Analogamente alla polmonite
3
streptococcica (S. pyogenes -emolitico e S. viridanti !-emolitici), pu insorgere come polmonite
secondaria ad infezione da virus influenzale (A o B). Il virus replica infatti nelle cellule
epitelialibronchiali, citopatico e ne determina necrosi e sfaldamento favorendo in modo
significativo la colonizzazione ed invasione della lamina propria da parte di comuni patogeni
respiratori (S.aureus, S.pyogenes, S.pneumoniae) altrimenti controllati dalla barriera mucosa.
Le polmoniti da Haemophylus influenzae sono pi frequenti in et pediatrica, nel giovane adulto, e
nei pazienti anziani, sono tipicamente extraospedaliere, hanno caratteristiche dinteressamento
alveolare a manifestazione segmentale o lobare con possibile versamento pleurico concomitante. La
disponibilit e diffusione in et pediatrica del vaccino contro H.influenzae b (Hib) dovrebbe ridurre
in futuro lincidenza di infezioni invasive (meningite, polmonite) in et pediatrica, come gi
verificato negli USA dove la vaccinazione stata applicata universalmente dal 1990.
Le polmoniti da batteri Gram-negativi (E.coli, Enterobacter spp., Pseudomonas spp., Proteus spp.,
Klebsiella pneumoniae, Acinetobacter spp.), sono poco frequenti sul territorio (2-4% del totale), ed
usualmente compaiono in pazienti anziani con bronchite cronica. In ambiente ospedaliero sono pi
frequenti (fino al 50-60% del totale) dopo interventi chirurgici, trapianto dorgani, chemioterapia
antineoplastica, unit di terapia intensiva. Si possono manifestare con iniziale febbricola in ascesa,
seguita da febbre elevata e progressivo peggioramento delle condizioni cliniche, tosse produttiva
con espettorato muco-purulento, sudorazione, tachipnea e tachicardia, reperto di ronchi e rantoli a
medie e piccole bolle su vaste aree dauscultazione polmonare. Levoluzione pu essere
rapidamente peggiorativa con batteriemia, sindrome settica e shock. Infiltrati radiografici rilevanti
possono essere assenti nei pazienti neutropenici a causa della neutropenia stessa e della ridotta
capacit di risposta flogistica, e solo in fase di ripresa midollare possono apparire segni radiografici
precedentemente assenti. Linteressamento polmonare ha caratteristiche diffuse, alveolari, fioccose,
ed prevalente (ma non esclusivo) ai lobi e segmenti superiori per K.pneumoniae, mentre
P.aeruginosa ha una maggiore preferenza per i segmenti e lobi inferiori, con interessamento pi
diffuso ed esteso.
I miceti determinano polmoniti alveolari od interstizio-alveolari, con focolai multipli e pi
raramente singoli, daspetto fioccoso in parte cofluente a disposizione multisegmentale. Compaiono
usualmente nellospite neutropenico o comunque immunocompromesso e sono determinate da
Candida spp. Aspergillus spp., Mucor spp. Particolarmente severa laspergillosi polmonare
invasiva o polmonite da aspergillo, che richiede terapia per periodi prolungati e conserva elevata
mortalit malgrado la scelta di antimicotici adeguati. Alla radiografia possono essere visibili uno o
pi focolai, spesso pi delimitati rispetto alle altre forme da miceti. La tomografia computerizzata
pu mostrare immagini suggestive di questa forma, un aspetto a vetro smerigliato della lesione od
una semiluna aerea. Si ricorda che la presenza di miceti allesame colturale dellespettorato
sicuramente indicativo di colonizzazione delle vie aeree, ma non e sufficiente a definire leziologia
micotica di una polmonite. Alcune forme di polmonite da miceti possono essere acquisite in
particolari situazioni ricreative o lavorative, quali Coccidioides inmitis, Blastomyces dermatitidis,
Histoplasma capsulatum (non endemici in Italia, ma in Nord-, Centro e Sud America), e
Cryptococcus neoformans associato a volatili in genere.
Infine anche Actinomyces spp e Nocardia asteroides possono determinare polmoniti alveolari con
frequenza molto bassa.

7.4 POLMONITI INTERSTIZIALI
Caratteristica comune a tutte le polmoniti interstiziali la discrepanza, particolarmente in fase
iniziale di malattia, fra quadro radiologico ed obiettivit clinica (si parla infatti di polmoniti
atipiche) . Le presentazioni cliniche ed evoluzioni di malattia possono differire notevolmente per
4
estensione e gravit a seconda degli agenti eziologici coinvolti e le condizioni cliniche ed
immunitarie dei pazienti. Gli agenti eziologici sono usualmente patogeni intracellulari, quali virus
(Influenza A e B, parainfluenza, ECHO, Coxackie, Adenovirus, Cytomegalovirus), Mycoplasma
pneumoniae, Clamidie (C.psittaci e C.pneumoniae), Rickettsie, talora miceti (P.carinii, Histoplasma
capsulatum, Coccidioidomicosi) e sono pi frequentemente acquisiti in comunit. Fanno eccezione
le forme da P.carinii, Cytomegalovirus, H.capsulatum e C.neoformans che sono riattivazioni
endogene nel paziente immunocompromesso o con AIDS.
La sintomatologia clinica ha esordio spesso subdolo, graduale, con segni a carico delle prime vie
aeree, iniziale febbricola che pu assumere caratteristiche subcontinue o remittenti, usualmente
senza brivido. Tali sintomi sono accompagnati da astenia intensa, cefalea, artralgie diffuse e mialgie
dorso-lombari ed alla radice degli arti. Compare tosse secca, che solo in fase avanzata in caso di
sovrapposizioni batteriche pu diventare produttiva. Lesame obiettivo in questa fase
generalmente negativo, e nella maggior parte dei pazienti resta tale durante tutto il decorso della
malattia. Talora possono comparire in una fase successiva ipofonesi localizzata e rantoli crepitanti
circoscritti. Le caratteristiche radiologiche sono variabili. Possono essere presenti infiltrati flogistici
interstiziali diffusi ilofughi, infiltrati interstiziali circoscritti in aree mantellari oppure ilo-parailari
isolati od accompagnati da eventuale adenopatia ilare satellite. La persistenza di queste immagini
pu prolungarsi anche per un periodo consistente (2 settimane). Il quadro clinico accompagnato
da leucocitosi contenuta (a volte assente), con linfocitosi relativa o monocitosi. In fase iniziale pu
talora essere presente neutrofilia, che tuttavia viene sostituita rapidamente da una linfocitosi. Sono
associati segni di flogosi sistemica, tuttavia piu contenuti rispetto a forme batteriche. Queste
caratteristiche sono usualmente speculari a quanto osservato nelle forme batteriche. Il livello di
gravit di queste polmoniti variabile. Sono spesso autolimitate a prognosi fausta le forme virali
dellospite competente. Assumono gravit rilevante la forma primaria da virus influenzale associata
ad estensione alveolare dellinvasione virale ed insorgenza precoce durante la malattia e la forma
secondaria da sovrapposizione batterica, di comparsa pi tardiva in fase di convalescenza nei
pazienti anziani o con comorbilit. Una delle possibili evoluzioni gravi la sindrome da distress
respiratorio (ARDS, Adult Respiratory Distress Syndrome), che richiede terapia respiratoria
intensiva.

7.5 POLMONITI NECROTIZZANTI
Sono quasi sempre dovute alla attiva replicazione nel parenchima polmonare di batteri anaerobi,
eventualmente associati a batteri Gram-negativi. Si verificano pi spesso in seguito ad inalazione di
materiale enterico o faringeo (vomito, alterazioni dello stato di coscienza, rigurgito) od in caso di
atelettasie segmentali o lobari da ostruzione bronchiale endogena od esogena (neoplasie). Qualora
la replicazione con distruzione di tessuto polmonare venga delimitata dalle difese dellorganismo si
avranno ascessi polmonari con aspetto di livelli idro-aerei alla radiografia del torace. In caso
contrario si avr rapida progressione senza delimitazione ad una gangrena polmonare. Le
manifestazioni cliniche sono simili alle forme batteriche, con possibilit di quadri tossiemici
rilevanti. Si avr vomica, in caso di apertura di un ascesso in un bronco. Leucocitosi neutrofila e
segni di flogosi sistemica sono usualmente accentuati.

7.6 CLINICA E ITER DIAGNOSTICO
A parte alcune caratteristiche delle singole forme, i segni e sintomi clinici generali sono: febbre
spesso elevata (febbre settica), tosse produttiva (alveolari) o secca (interstiziali), allascoltazione
rantoli crepitanti (ca.70-80%), segni di consolidamento (ca.20-30% dei casi), brivido (20% dei
5
casi), ed un corteo di sintomi costituzionali aspecifici (astenia, iporessia, mialgie, artralgie,
sudorazione, ecc.) che compaiono in periodo prodromico e persistono in fase acuta.
Se linteressamento del parenchima o dellinterstizio e abbastanza esteso, compromesso anche lo
scambio dei gas con conseguente ipossia.
Lanamnesi, lesame obiettivo, alcuni dati ematochimici (esame emocromocitometrico con formula
leucocitaria che evidenzia spiccata leucocitosi con neutrifilia nelle forme batteriche, VES,
fibrinogeno, PCR e elettroforesi proteica) e la radiografia del torace permettono sempre di porre
diagnosi di polmonite e di iniziare un processo diagnostico eziologico ragionato. La diagnosi
definitiva si avvale di (a) esame colturale dellespettorato, per ricerca di batteri, micobatteri o
miceti; (b) emocolture; (c) sierologia per patogeni intracellulari (2 sieri, acuto e convalescente a
distanza di almeno 12-15 gg.) sui quali ricercare lincremento anticorpale patogeno-specifico.
Solo in pochi e particolari casi possono essere effettuare anche indagini invasive quali:
fibrobroncoscopia con prelievi mirati endobronchiali di secrezioni, sulle quali eseguire gli
accertamenti batteriologici, mediante catetere protetto (ci al fine di evitare contaminazione di flora
orofaringea o bronchiale non rilevante), o con lavaggio selettivo broncoalvolare,
eventuale biopsia transbronchiale endoscopica (p.es. Aspergillus spp, miceti invasivi, Nocardia,
Actinomices)
biopsia polmonare percutanea guidata (tomografia). (Tabella 7.1)
Nel caso di versamento pleurico complicante la polmonite deve essere eseguita la toracentesi con
esami chimico-fisico, citologico e colturale.

7.7 CENNI DI TERAPIA
La terapia deve possibilmente essere mirata sulla base dellagente infettivo identificato come
responsabile del quadro clinico. In fase iniziale, in attesa dellesito degli accertamenti specifici ed in
ambiente domiciliare o dove non siano disponibili strumenti diagnostici adeguati a raggiungere una
definizione eziologia, va applicata una terapia ragionata basata sullesperienza scientifica acquisita
sulla base dei dati pubblicati (empirica-esperienza). Vengono generalmente utilizzati schemi di
ragionamento adeguati alla situazione epidemiologica (comunit, nosocomiale,
immunocompromissione), allaspetto radiologico (vedi sopra) ed alla prevalenza di sensibilit e
resistenze ai farmaci nellambiente dove stata acquisita la polmonite (territorio, ospedale, reparto).
Sono riportati in tabella 7.2 e 7.3 alcuni schemi di possibile terapia antibiotica empirica delle
polmoniti acquisite in comunit (CAP) ed in alcune forme di polmonite nosocomiale.


6
Tabella 7.1 Metodiche diagnostiche per accertare la presenza di Schizomiceti, Miceti e Virus

Organismo Campione Colorazione Sierologia Sperimentale
Batteri
Aerobi+F.Anaer. Esp,BAQ,EC,
ATT,AE
Gram No No
Anaerobi ATT, BAQ, AE, Gram No No
Legionella sp. Esp., ATT, BP, BA IFAd IFAi, EIA Antigenuria
Nocardia sp. Esp., BAL, BP, ATT Gram, Carbolfucsina No No
Chlamydia sp. TNF, Esp, BAL Negativa CF (c.psittaci)
IF(c.pneum.)
PCR (c.pneum.)
Mycoplasma sp. Esp, TNF negativa CF, EIA PCR
Micobatteri Esp, EI, TTA, BAL,
BAQ
ZN, Fluorocromi
Carbolfucsina
EIA PCR
Miceti
Blastomyces sp.
coccidioides sp.
Esp., EI, BAL, BP KOH+PC CF, ID, LA No
Histoplasma sp. Esp., EI, BAL, BP GMS CF, ID Antigene, urine,
siero
P.carinii

EI, BAL Blu Toluidina,
Giemsa, GMS, IFAd
No no?
Aspergillus sp. BP EE, GMS ID Antigene sierico
Cryptocossus sp. Esp, Siero, BAL EE, GMS, India No Antigene sierico o
BAL
Zygomiceti Esp, BP EE, GMS No No
Virus
Influenza LN, ANF,BAL IFAd CF,EIA,LA, IFA PCR
Parainfluenza 1-4

LN, ANF,BAL no CF,EIA,LA, IFA PCR
RSV LN, ANF,BAL IFAd CF,EIA,LA, IFA PCR
Adenovirus LN, ANF,BAL IFAd CF,EIA PCR
Enterovirus LN, ANF,BAL IFA, LA CF,EIA PCR
CMV LN, ANF,BAL Giemsa IFAd, IFAi,EIA, PCR
Hantavirus

LN, ANF,BAL no EIA PCR

Esp=espettorato BAQ=broncoaspirato quantitativo
EC=emocoltura ATT=aspirato transtracheale
AE=aspirato empiema BP= biopsia polmonare
IFA= immunofluorescenza EIA=immunoenzimatico
BAL=lavaggio broncoalveolare TNF=tampone nasofaringeo
CF=fissazione complemento IF=microimmunofluorescenza
EI=espettorato indotto PC=contrasto di fase
ID= immunodiffusione LA=agglutinazione latex
GMS=Gomori Metenamina Arg. ZN=Ziehl-Neelsen
LN=lavaggio nasale ANF=aspirato naso-faringeo
EE=ematossilina-eosina




Tabella 7.2. Terapia iniziale delle polmoniti acquisite in comunit (CAP, community acquired pneumonia)
7

Tipo di paziente
A
Sospetta Polmonite Batterica
B
Sospetta Forma Atipica (Clamidia,
Micoplasma, Legionella)
Ambulatoriale (<65aa,
non comorbidit)
1scelta: Amoxicillina/clavulanato
2 scelta: Cefalosporine orali di 2 o 3
generazione
3 scelta: fluorochinoloni di 3 generazione
Uno di 1 o 2 scelta colonna A
+ Macrolide (claritromicina,
azitromicina)
Ospedalizzato
(in Medicina o
Pneumologia o Malattie
Infettive)
1 scelta: penicillina protetta (amoxiclav;
piperacillina/tazobactam; ampicillina/sulbactam)
2 scelta: Cefalosporina di 2 o 3 generazione
(non anti- pseudomonas) e.v.
3 scelta: Fluorochinolone 2-3 generazione e.v.
Uno di 1 o 2 scelta colonna A
+ Macrolide (claritromicina,
azitromicina)
Ospedalizzato
(in Terapia Intensiva)
Cefalosporina di 3 o 4 generazione, o
Carbapeneme o Piperacillina/tazobactam +
Fluorochinolone Aminoglicoside o
Glicopeptide



Tabella 7.3. Alcuni schemi esemplificativi di terapia ragionata nelle possibili polmoniti battericche nosocomiale
Tipo di
paziente/polmonite
Sospetta Polmonite Batterica Note:
Polmonite ab ingestis Amoxicillina/clavulanico + metronidazolo
Cefalosp. 2 gen. + metronidazolo.
Cefalosp 3 gen. + metronidazolo
Carbapeneme


Sospetta infezione
stafilococcica
(S.aureus)
Cefalotina o cefamandolo o
amoxicillina/clavulanico.
Cotrimossazolo + Glicopeptide o
Glicopeptide o
Rifampicina+fluorochinolone
Sempre maggiori resistenze a Cefalosp.
1 e 2 generazione anche in comunit.
In caso di S.epidermidis (nosocomiale)
necessario un antibiogramma, evitare
Cefalosp. e Pen protette
Deficit immunologici e/o
manovre strumentali
Cefalosporina di 3 gen. aminoglicoside,
Carbapeneme,
Piperacillina o Mezlocillina Aminoglicoside



8. TUBERCOLOSI (TBC)

La tubercolosi (TBC), nota fin dallantichit, sempre stata una causa maggiore di morbilit e di mortalit. La sua
importanza e la sua diffusione sono testimoniate dallo sviluppo di una specifica branca della pneumologia
(tisiologia) e dallintenso sforzo sanitario durante tutto il 1800 e la prima meta del 1900 (sanatori, cliniche
tisiologiche). Le caratteristiche del micobatterio e le risposte dellorganismo, rendono la TBC una malattia peculiare
tra tutte quelle infettive con una estrema variet di quadri clinici, anatomopatologici e radiologici. La maggior parte
delle conoscenze sulla TBC derivano dalla Scuola Italiana (Cardarelli, Monaldi, Forlanini), le cui definizioni
cliniche restano per la maggior parte valide a tuttoggi. Ancora attualmente si definisce il processo tubercolare come
specifico, per differenziarlo dalle altre forme infettive. Nonostante i progressi dellimmunologia, la TBC sfugge ad
ogni tentativo di inquadramento patogenetico organico: la sua classificazione e la sua nosografia rimangono
essenzialmente cliniche e descrittive. Dopo la scoperta dellagente etiologico - bacillo di Kock (bK) - (1882) e dei
raggi X (1895), la piu recente svolta clinica risale agli anni 40 e 50 con la scoperta dei farmaci antitubercolari, che
ancora oggi sono in uso.

8.1 EPIDEMIOLOGIA
La prevalenza dell'infezione a livello mondiale di circa 1/3 della popolazione (1,7 miliardi) e variabile per aree
geografiche, massima nel sud-est asiatico e nell'Africa sub-sahariana. All'eta di 14 anni l'indice tubercolinico
(positivita all'intradermoreazione tubercolinica) che esprime l'avvenuto contatto con il bK, cio dell'infezione,
passato in Italia dal 10-12% degli anni '70 al 3-4% del 1990 (10% a 20 anni) fino all1% (attuale). La morbosita in
Italia passata dallo 0,2-0,3% del 1950 al 0,05% degli anni '70, ed allo 0.004 % nel 1990.
La mortalita in Italia passata da circa lo 0,2% all'inizio del secolo allo 0,005 % degli anni '70; nel mondo si stima
attualmente di circa 3 milioni anno (nel 1990 i pazienti HIV/bK positivi nel mondo erano circa 3 milioni, dei quali
circa l'80% in Africa e solo il 6% in Europa e nei paesi industrializzati).
La TBC classicamente una malattia dei ceti meno abbienti e di coloro che vivono in condizioni igieniche e di
nutrizione scadenti. Infatti la denutrizione e le concomitanti infezioni compromettono la risposta immunitaria
dellorganismo e facilitano lo sviluppo di malattia. Questo spiega sia la distribuzione geografica, sia il fatto che
negli ultimi anni ci sia stata una ripresa della malattia in Italia, correlata allimmigrazione.

8.2 EZIOLOGIA
Il Mycobacterium tuberculosis (Famiglia Mycobacteriacee) fu individuato da Koch come repsonsabile della malattia
nel 1800 e da allora comunemente definito bacillo di Koch (bK). I patogeni per l'uomo sono rappresentati dalle
varieta hominis, bovis e africanum che sono definiti tipici (M. tuberculosis complex), per le loro caratteristiche di
crescita.
Il bK un bacillo (2-5 x 0,3), aerobio a 37 C, ed a crescita molto lenta (scissione semplice in 24 h), resistente al
calore ma non alla luce solare. La sua struttura lo rende acido-alcool resistente: alla colorazione di Ziehl-Nielsen
(fucsina fenicata, decolorazione con HCl o H
2
SO4, controcolorazione con blu di metilene) appare pertanto di colore
rosso su sfondo azzurro. I costituenti principali e tipici del bK sono:
- esoproteine (tubercoline), responsabili dell'ipersensibilita (PPD)
- lipidi (circa il 30%): cere con acidi micolici, responsabili dell'acido-resistenza
- fosfatidi
- acidi grassi ramificati (fattorecordale ), responsabili della virulenza
Ha metabolismo aerobio ed in specifici terreni forma colonie a crescita lenta, irregolari, grigiastre e rugose,
cosiddette colonie eugoniche o tipiche.
I Micobatteri atipici: sono quei micobatteri patogeni solo in particolari condizioni di immunodepressione, che
formano in coltura colonie atipiche (a rapida crescita, insensibili o sensibili alla luce, colorate, lisce, ecc.). Tra questi
ricordiamo il gruppo detto Mycobacterium Avium Intracellularis Complex, il M. Kansasi, Scrofulaceum ecc.). Il
BCG (Bacillo di Calmette-Guerin) un particolare ceppo patogeno a virulenza ridotta.



Classificazione di Runyon dei micobatteri patogeni
Sviluppo Produz. Pigmento Varieta/specie
TIPICI tuberculosis complex Lento Assente hominis, bovis, africanum
ATIPICI (Avium-intracell.
comp)

Gruppo I (Fotocromogeni) Lento Alla luce Kansasii, asiaticum, simiae
Gruppo II (Scotocromogeni) Lento Al buio Gordonae, scrofulaceum
Gruppo III (Non cromogeni) Lento Assente Avium, terrae, ulcerans
Gruppo IV (A rapida crescita) Rapido Assente Fortuitum, chelonae


8.3 PATOGENESI
Le vie di infezione da bK sono: aerogena (di gran lunga la piu frequente); enterica (pi rara e abbastanza tipica del
Myc. Bovis); genitale o cutanea (rarissime). Il quadro clinico ed anatomopatologico sono la risultante di un
equilibrio tra bK ed ospite che si puo esprimere come:

bK Virulenza e carica batterica
Malattia = -------- = -------------------------------------------
ospite fattori genetici/acquisiti di resistenza

Per resistenza individuale anti-tubercolare si intende la capacita di limitare la moltiplicazione del bK, nonch di
eliminarlo dalle sedi sia intra- che extra-cellulari, in rapporto a fattori acquisiti geneticamente o naturalmente.
Fattori individuali di rischio sono: razza (?), terapie immunosoppressive, malattie concomitanti (silicosi, diabete,
ecc), malnutrizione, ecc.
La risposta immunitaria al bK rappresentata da una classica reazione cellulare: la fagocitosi macrofagica del bK,
lelaborazione delle componenti antigeniche e loro presentazione ai linfociti T, l'attivazione linfocitaria T ed il
succesivo "arming" macrofagico, rappresentano i cardini fondamentali nell'evoluzione dell'infezione verso
l'eventuale malattia o guarigione; la reazione anticorpale sembra avere invece scarsa importanza.
L'evoluzione dell'infezione pertanto variabile in ogni individuo, ed anche in diversi momenti nello stesso
individuo, in rapporto al bK (carica e virulenza) ed in rapporto alla resistenza dell'organismo infettato; ne
conseguono risposte immunologiche diverse con quadri anatomo-patologici e clinici estremamente variabili.
Ad elevata resistenza individuale genetica (fagocitosi macrofagica o attivit linfocitaria NK costituzionalmente
molto efficienti) e ridotta carica e virulenza del bK, consegue di solito la distruzione immediata del bK e quindi la
guarigione.
Nel caso di reazione immunologica abnorme (o d'ipersensibilit) in risposta a carica antigenica ridotta, si puo
assistere alla formazione del tubercolo, espressione di relativa resistenza organica. Tale elemento istopatologico
caratterizzato da scarsa, o talvolta assente, necrosi caseosa centrale con macrofagi, cellule epitelioidi e giganti,
circondate da un vallo periferico linfocitario, connettivo e fibroblasti.
Se la reazione immunologica (o d'ipersensibilit) avviene in risposta ad una elevata carica antigenica si puo
assistere a un maggiore processo di caseificazione (necrosi caseosa); il processo di caseificazione un ulteriore
tentativo dell'organismo di limitare la moltiplicazione del bK in quanto il "caseum", scarsamente ossigenato,
rappresenta un ambiente non idoneo alla moltiplicazione dello stesso bK. I focolai caseosi possono andare incontro a
incapsulamento fibrotico e/o calcificazione con possibilita di "murare" all'interno del focolaio, o allinterno degli
stessi macrofagi, dei bK quiescenti, come pu avvenire in esito a un complesso primario.
Infine, nel caso di una scarsa reazione immunologica ad unelevata carica/virulenza batterica pu svilupparsi una
tubercolosi essudativa o nodulare. In tal caso la delimitazione del processo infettivo scarsa/assente e sono
imponenti i fenomeni essudativi circostanti con infiltrazione neutrofila. I lipidi e le proteine del "caseum" vengono
rapidamente idrolizzati con svuotamento dello stesso nelle vie bronchiali, cui pu conseguire disseminazione per via
broncogena e possibile broncopolmonite tubercolare; possono altres formarsi ampie cavit (tisi) nelle quali la
moltiplicazione del bK avviene con estrema facilit.
Nei pazienti con immunodeficienza acquisita da HIV, con risposta T linfocitaria scarsa/assente, i quadri
istopatologici e clinico-radiologici si presentano generalmente senza queste caratteristiche.
La normale reazione immunologica dellorganismo origina il granuloma tubercolare o tubercolo, che ha come
caratteristica distintiva la necrosi caseosa. Si parla di miliare in caso di disseminazione a largo raggio di tubercoli
(<1mm) caseosi, che sono quindi espressione di un fallimento del sistema immunitario ad arginare il bK. La
caverna (polmonare) o escavazione o tisi il risultato della distruzione del parenchima polmonare ad opera
dellazione combinata del bK e della risposta immune. Se prevalgono i fenomeni dinfiammazione acuta, come
risposta al bK si ha laspetto essudativo. Se prevale la reazione di tipo ritardato (cellulare) si ha la formazione del
granuloma caseoso (aspetto produttivo).

8.4 CLINICA DELLA TBC
La TBC viene classicamente suddivisa in:
primaria: quadri clinici, radiologici ed anatomopatologici conseguenti al primo contatto del bK con lospite;
post-primaria: quadri clinici, radiologici ed anatomopatologici conseguenti alla reinfezione (esogena) o alla
riattivazione (endogena) del bK in un ospite che abbia gia avuto un primo contatto.
Le manifestazioni cliniche della TBC polmonare sono abbastanza monomorfe in confronto alla variet di quadri
radiologici ed anatomopatologici: astenia, calo ponderale, febbricola o febbre, tosse, talvolta emottisi od emoftoe.
La VES solo modicamente elevata. Trattandosi generalmente di malattia a lento decorso, vi il tempo perch si
instauri una anemia normocromica (o ipocromica) normocitica ed una immunodeficienza secondaria.

8.4.1 TBC PRIMARIA.
Nella maggior parte dei casi decorre in forma asintomatica (silente) o paucisintomatica (lieve astenia, febbricola e
tosse). Piu raramente puo presentarsi con manifestazioni cliniche imponenti (vedi oltre).
Nellospite immunocompetente la prima infezione evoca una risposta immunitaria efficace che riesce a eliminare
definitivamente o a bloccare il bK. In assenza di sintomi, lunica manifestazione la positivizzazione della reazione
tubercolinica. La prima infezione da origine al cosiddetto complesso primario (di Ghon) caratterizzato da:
1. focolaio parenchimale di alveolite aspecifica, essudazione, necrosi caseosa e sclerocalficazione
2. linfangite consensuale
3. adenopatia ilare con essudazione, necrosi caseosa e sclerocalcificazione.
Nella maggior parte dei casi il complesso primario evolve verso la guarigione spontanea senza esiti, oppure con esiti
calcifici entro i quali possono peraltro sopravvivere micobatteri murati intracaseosi e/o intramacrofagici. Questi, in
caso di episodi di immunodepressione, possono riattivarsi (TBC post-primaria).
Raramente, l'infezione primaria pu presentare un decorso sfavorevole, per scarsa risposta immunitaria o elevata
carica/virulenza del bK, ed evolvere verso la formazione di:
- caverne (tisi primaria)
- processi broncopolmonitici (broncopolmonite tubercolare primaria)
- disseminazione miliare (miliare primaria)

8.4.2 TBC POST PRIMARIA.
La tubercolosi polmonare post-primaria pu essere secondaria a riattivazione endogena (pi frequente) o a
reinfezione (esogena). La sintomatologia variabile in rapporto alla forma evolutiva: astenia, deperimento,
febbricola serotina, tosse con espettorazione talora emoftoica.
Dal punto di vista classificativo la tbc post-primaria riconosce i seguenti quadri clinico-radiologici:
Infiltrato tisiogeno, forma essudativa solitamente localizzata agli apici polmonari, generalmente singola, con facile
tendenza all'escavazione (tisi)
Broncopolmoniti (e/o lobiti) tbc, sempre espressione di fenomeni essudativi e secondarie a disseminazione
broncogena-aspirativa di materiale caseoso
Miliari tubercolari, secondarie a diffusione per via linfo-ematogena e pertanto con possibile diffusione a organi
extra-polmonari, in cui l'elemento istologico caratteristico il tubercolo, espressione di un certo grado di risposta
immunologica all'agente patogeno.

8.4.3 PLEURITE TUBERCOLARE
L'incidenza variabile nei vari paesi ed in rapporto a diversi fattori (risposta immunologica dell'ospite, HIV, ecc) ed
generalmente secondaria a rottura nel cavo pleurico di un focolaio caseoso sub-pleurico 6-12 settimane dopo
l'infezione primaria. Tale evento determina lo sviluppo di una reazione immunologica di tipo ritardato nel cavo
pleurico con infiammazione e compromissione del drenaggio linfatico; pertanto, sono coinvolti sia i macrofagi, con
produzione di TNF e IL-1, linfociti (anche NK) con produzione di IL-2 e IFN!. La sintomatologia aspecifica
(febbre, perdita di peso, ecc.) accompagnata dai classici segni semeiologici del versamento pleurico. La toracentesi
permette di valutare le caratteristiche chimico-fisiche, la citologia (essudato ricco di linfociti) del liquido pleurico sia
la ricerca del bK.
La diagnosi di certezza dell'eziologia viene raggiunta solo con la dimostrazione del bK, mediante esami
batterioscopici diretti o colturali, sui possibili campioni: liquido pleurico (la positivit ridotta e variabile dal 10 al
35%), biopsie pleuriche multiple (dal 50 all'80%).

8.4.4 TBC EXTRAPOLMONARE
La TBC extrapolmonare, quadro di TBC postprimaria, generalmente secondaria ad una miliare diffusa e, come
tale, pu essere disseminata a svariati organi e/o apparati. Le sedi che possono essere generalmente interessate da
tale processo sono:
- sierose (pleurite, meningite, peritonite)
- laringe (laringite tubercolare)
- urogenitale (pielonefrite, orchi-epididimite)
- ossa e articolazioni (in particolare osteomielite TBC vertebrale, M.di Pott)

8.5 DIAGNOSTICA
La diagnosi di malattia in atto richiede obbligatoriamente la dimostrazione dellagente patogeno
nellorganismo.
Diagnosi batteriologica di malattia. Deve essere effettuata evidenziando l'agente patogeno su campioni biologici:
escreato, lavaggio bronchiale, broncoaspirato, liquido pleurico, succo gastrico, urine, feci, prelievi istologici, ecc. Le
metodiche utilizzabili sono le seguenti.
- Esame batterioscopico diretto. Si effettua colorando il campione con il metodo di Ziehl-Nielsen e sfrutta l'acido-
alcool resistenza del bK (sono necessari almeno 5-10
4
batteri/ml per poterli individuare all'esame microscopico
diretto). La diagnosi differenziale si pone con le nocardie che hanno caratteristiche batterioscopiche simili.
- Esame colturale. Si effettua inseminando il campione su opportuni terreni di crescita: individua una carica
batterica notevolmente inferiore (10-100 batteri/ml) e permette sia la tipizzazione che l'antibiogramma. Tuttavia,
richiede tempi molto lunghi (oltre 20-30 giorni) a causa del lento sviluppo del bK.
- Recenti metodiche. Includono lamplificazione di materiale genetico (polymerase chain reaction) e la sua
individuazione con sonde di DNA. Tuttavia, queste metodiche sembrano presentare problemi di sensibilit e
specificit; inoltre, nessuno dei test sierologici proposti per la ricerca di anticorpi specifici in grado di consentire
una diagnosi affidabile.
Radiologia. Nonostante lavvento della TAC e delle altre tecniche di diagnostica per immagini, la radiologia
convenzionale rimane il principale strumento di diagnosi ed anche di classificazione delle varie forme cliniche di
TBC.
Intradermoreazione tubercolinica (vedi cap 6, diagnostica); si ribadisce che il riscontro di una positivit
dellintradermoreazione tubercolinica non espressione di malattia in atto, ma solo di pregresso avvenuto contatto
(infezione) con il bK.

8.6 CENNI DI TERAPIA ANTITUBERCOLARE
Nel trattamento della tubercolosi vanno considerate le problematiche inerenti sia le caratteristiche del bK, che i
farmaci utilizzati ed il paziente. Riguardo il bK ricordiamo che dotato di una crescita lenta e quindi non
necessaria una concentrazione ematica costante di farmaco (questo giustifica la somministrazione giornaliera in dose
unica o pulse dose). Inoltre, il bK pu presentare resistenza naturale o acquisita ad un farmaco; ci richiede luso
contemporaneo di pi farmaci antitubercolari per evitare la selezione di ceppi resistenti. Infine, in fase di malattia
attiva il bK pu essere contemporaneamente presente in diverse sedi e presentare diversi gradi di attivit
(intracavitario=moltiplicazione intensa; intracaseoso=moltiplicazione intermittente; intramacrofagico=scarsa
moltiplicazione). I farmaci possono avere attivita battericida o batteriostatica ed hanno assorbimento ed
eliminazione variabili. Per ci che concerne il paziente, essenziale la sua buona aderenza (compliance) al
trattamento e le eventuali patologie concomitanti.
I farmaci impiegati nel trattamento della TBC sono: la rifampicina (RIF), l'idrazide dell'acido isonicotinico o
isoniazide (INH), l'etambutolo (ETB), la pirazinamide (PZA) e la streptomicina (SM).
La terapia farmacologica antitubercolare dattacco prevede l'impiego contemporaneo di almeno 2 farmaci
battericidi al fine di superare, se possibile, la resistenza naturale e l'insorgenza di resistenza acquisita; il trattamento
deve essere condotto per lungo tempo anche dopo il raggiungimento della negativizzazione degli esami
batteriologici e la stabilizzazione del quadro clinico. Il pi usato tra gli schemi terapeutici prevede un trattamento
per 2 mesi con almeno tre o quattro farmaci (es.: INH + RIF + PZA + ETB o SM), seguito da un ciclo di 4 mesi con
RIF + INH. Tale strategia permette anche di ottenere una rapida sterilizzazione, con riduzione della contagiosit.
Chemioterapia preventiva e chemioprofilassi anti-tbc. In alcuni soggetti ad alto rischio di contrarre o sviluppare la
malattia tubercolare (infetti da HIV, conviventi con malati affetti da tbc, personale sanitario, ecc.) necessario un
trattamento farmacologico al fine di prevenire la malattia. Il farmaco di preferenza l'INH che si somministra
almeno per 6 mesi sia per la prevenzione che per la profilassi.

8.7 PROBLEMI ATTUALI DELLA MALATTIA TUBERCOLARE
Il problema che investe tutti i paesi, sia in via di sviluppo che industrializzati, la comparsa dinfezioni tubercolari
causate da ceppi di bK resistenti a pi farmaci antitubercolari. Un paziente pu sviluppare malattia tubercolare
causata da ceppi di bK resistenti ad un farmaco anti-tbc sia se il paziente non mai stato sottoposto a trattamento
anti-tubercolare (cosiddetta: resistenza primaria) sia nel caso di precedenti tratatmenti (cosidetta: resistenza
acquisita).
Mentre in Italia, agli inizi degli anni 60, la prcentuale di bk resistenti ad un solo farmaco anti-tubercolare era di
circa il 12-14% dei casi, attualmente la farmaco-resistenza appare in crescita sia per un solo che per pi farmaci. La
nomenclatura internazionale in atto definisce come DR-TB (Drug Resistant TB = tbc farmaco-resistente) quelle
forme causate da un ceppo bK resistente ad 1 solo farmaco anti-tubercolare tra quelli di 1 scelta (INH, RIF, ETB,
SM) e MR-TB (Multi Drug) quelle forme causate da un ceppo contemporaneamente resistente a INH e RIF. Inoltre,
si fa presente come siano comparse, e siano in aumento, anche forme tubercolari definite XDR-TB (Extensively
Drug Resistant) causate da ceppi di bK resistenti, contemporaneamente, a INH+RIF+due e/o tre farmaci cosiddetti
di 2 scelta (aminoglucosidi. chinolonici, cicloserina, paraminosalicilico, ecc). Tale aspetto particolarmente
evidente in molti paesi e, in particolare, nellest Europa (Russia). I pi recenti (2005-2006) dati epidemiologici
dimostrerebbero che nei paesi industrializzati la percentuale di casi XDR/MDR del 6% (14% nellEst Europa ex
Russia ?) mentre XDR/nuovi casi totali di TBC circa pari al 2% (5% ex Russia ?).
Considerata lestrema facilit degli spostamenti internazionali appare evidente il grosso problema di politica e
sicurezza sanitaria; necessario diagnosticare, isolare e trattare idoneamente queste forme di tbc farmaco-resistente
nel pi breve tempo possibile al fine di ridurre i contagi di forme di tubercolosi di difficile approccio terapeutico.


Nomenclatura clinico-radiologica delle forme TBC
TBC PRIMARIA TBC POSTPRIMARIA
Complesso primario (tubercolo, linfangite,
adenopatie)
Complicanze: adenopatia gigante, focolai multipli
apicali (di Simon)
Focolaio isolato (reinfetto di Paul-Aschoff)
Infiltrato fugace a risoluzione
Lobite tubercolare
Infiltrato a cavitazione precoce (Assmann-Redeker)
Miliare acuta generalizzata

ESITI
Tubercoloma
Fibrosclerosi
Bronchiectasie
Fibrotorace
Broncopolmonite caseosa primaria
Caverna (tisi) primaria
Miliare acuta diffusa primaria
Scissurite o pleurite





Broncopolmonite tubercolare



Lobite tubercolare con caverne


9. BRONCOPNEUMOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA
(BPCO): BRONCHITE CRONICA ED ENFISEMA

9.1 DEFINIZIONI
Premesso che non esiste a tutt'oggi nessuna definizione di broncopneumopatia cronica
ostruttiva (BPCO, COPD) universalmente accettata, la definizione pi attuale la seguente:
"Sindrome caratterizzata dallo sviluppo di progressiva riduzione del flusso aereo espiratorio,
non completamente reversibile, associata ad una risposta infiammatoria broncopolmonare,
dovuta allinalazione di particelle o gas tossici GOLD (Global Initiative for Chronic
Obstructive Lung Disease 2003) (http://goldcopd.com/)
La bronchite cronica e l'enfisema rappresentano, o possono rappresentare in maniera pi o
meno prevalente uno sullaltro, due aspetti fondamentali caratterizzanti tale condizione
clinica; tuttavia, occorre precisare che la definizione di bronchite cronica essenzialmente
clinica mentre quella denfisema fondamentalmente anatomo-patologica. Infatti, si definisce
come bronchite cronica quella condizione clinica caratterizzata da tosse con espettorazione
per almeno 3 mesi l'anno e per 2 anni consecutivi, non attribuibile ad altra patologia
polmonare o cardiaca. Con il termine denfisema si definisce l'aumento permanente del
contenuto aereo a valle dei bronchioli terminali con distruzione dei setti interalveolari, senza
fibrosi.
In linea di massima si pu affermare che nella BPCO coesistono in grado variabile le 3
componenti (ipersecrezione, ostruzione, enfisema) e che i quadro clinico di ciascun paziente
dato dalla variabile associazione delle 3 componenti.
Anche se i pazienti con asma bronchiale persistente di grado moderato-grave possono
presentare nel corso degli anni unostruzione cronica irreversibile del flusso aereo espiratorio,
non vi accordo se questi casi possano essere classificati come BPCO; cos come devono
essere escluse da questa definizione tutte le altre sindromi con diffusa ostruzione, non solo
extratoracica ma anche intratoracica cronica al flusso aereo espiratorio, causate da altre
patologie ben definite, quali ad esempio la fibrosi cistica e la sindrome bronchiectasica.
L'unica eccezione rappresentata dal deficit ereditario di !
1
-antitripsina (AAT), forse perch
gli effetti negativi sui polmoni sono significativamente aggravati dal fumo di tabacco ed in
questi pazienti la BPCO quasi sempre associata a enfisema polmonare.
La BPCO ha unincidenza di circa il 10% nei soggetti con et maggiore di 60 anni ed la
quinta causa di mortalit nel mondo. Oltre allelevata prevalenza, la BPCO una malattia
cronica ad evoluzione decennale (possono passare fino a 20 anni dalla diagnosi al decesso),
invalidante ed ingravescente nonostante la migliore terapia. Gli elevati costi sociali sono
dovuti alla spesa farmaceutica, allassistenza domiciliare, allO2 terapia a lungo termine, ai
ricoveri ospedalieri ed in rianimazione.

9.2 EZIOLOGIA
Dal punto di vista eziopatogenetico non esiste a tutt'oggi un'unica e semplice teoria che possa
spiegare l'insorgenza e l'evoluzione della malattia, tuttavia sono chiaramente dimostrati fattori
sia ambientali che legati all'ospite in grado di svolgere un ruolo etiologico importante.
Fattori ambientali. Il fumo di sigaretta certamente il fattore di rischio pi importante di
questa malattia. Nella pratica clinica, oltre il 90% dei BPCO sono o sono stati fumatori,
mentre non vero il contrario: solo circa il 50% dei forti fumatori sviluppa BPCO. Studi
condotti su biopsie bronchiali e/o polmonari di fumatori con BPCO hanno evidenziato la
presenza di un processo infiammatorio caratterizzato da infiltrazione T-linfocitaria (CD8+),
sia nella mucosa bronchiale delle vie aeree centrali e periferiche sia nei setti interalveolari,
unitamente a distruzione degli stessi setti e delle fibre elastiche polmonari (enfisema); anche
la muscolatura delle arterie polmonari presenta infiltrazione linfocitaria. E' stata evidenziata
una correlazione tra grado di infiammazione/sviluppo d'enfisema e ostruzione al flusso aereo
espiratorio (gravit della BPCO).
Tra gli altri fattori ambientali che possono svolgere un ruolo etiologico importante ricordiamo
l'esposizione ad inalanti professionali (NO
2
e SO
2,
silice, ecc) e urbani (SO
2,
O
3
e
particolati), fumi e gas tossici. Dubbia l'importanza di altri fattori esogeno-ambientali quali
il fumo passivo, il basso stato socio-economico, l'alcoolismo, ecc.
Fattori legati all'ospite. Un chiaro ruolo etiologico importante rappresentato dal deficit di
!1-antitripsina (AAT), nonch pregresse infezioni respiratorie (specialmente infezioni
polmonari tubercolari), mentre risulta ancora discusso l'eventuale ruolo etiologico di altri
fattori quali un basso peso alla nascita, infezioni virali in et infantile o dell'atopia. Tuttavia,
bene ricordare al riguardo che un certo ruolo, sia favorente che di protezione nello sviluppo
della BPCO, deve essere svolto da alcuni fattori genetici tutt'ora non ben conosciuti alla luce
del fatto che circa il 10-15% dei forti fumatori non sviluppa BPCO.

9.3 PATOGENESI E FISIOPATOLOGIA (Figura 2)
Come i fattori, ambientali e/o genetici, intervengano nella patogenesi della malattia
ancora oggetto di dibattito; esistono al proposito due teorie, la teoria inglese e la olandese.
Secondo la teoria inglese il fumo e gli agenti inquinanti ambientali condurrebbero allo
sviluppo della malattia attraverso le seguenti fasi: 1) bronchite cronica semplice (con
ipersecrezione mucosa e espettorazione), seguita da 2) bronchite cronica mucopurulenta
(ristagno mucoso intrabronchiale con infezioni ricorrenti) a cui conseguirebbe la 3)
bronchite cronica ostruttiva (espressione del danno broncoalveolare persistente ed evolutivo a
seguito delle infezioni ricorrenti).
Secondo la teoria olandese in alcuni individui esisterebbe una predisposizione genetica
caratterizzata da atopia ed iperreattivit bronchiale; su tale substrato genetico nel corso della
vita interverrebbero fattori esogeni ambientali, quali allergeni o inquinanti ambientali (fumo,
fattori occupazionali, infezioni respiratorie), che favorirebbero lo sviluppo o dell'asma o della
BPCO. Indipendentemente dalla validit o meno di tali teorie, fondamentale nello sviluppo
della BPCO il concetto di uno sbilanciamento del sistema proteasi/antiproteasi
(elastina/elastasi) nonch ossidanti/antiossidanti: da una parte i fattori etiologici
(principalmente fumo di sigaretta) determinerebbero l'insorgenza di un processo
infiammatorio con un eccesso di carico proteasico-ossidante, dall'altra parte i sistemi di difesa
dell'organismo non sarebbero pi in grado di fronteggiare tale carico; ne conseguirebbe, oltre
che al danno infiammatorio della parete bronchiale, una distruzione delle fibre elastiche
polmonari e dei setti interalveolari (enfisema).



In generale, si passa comunque dalla semplice ipersecrezione mucosa, via via
allostruzione irreversibile delle piccole vie con ostacolo al flusso espiratorio, fino alla
distruzione dei setti e allenfisema. Nella bronchite cronica semplice il meccanismo
fisiopatologico laumentata produzione di muco associata a riduzione della clearance ciliare
(da danno epiteliale), il che favorisce ovviamente le sovrinfezioni e laggravamento del
danno. Quando interviene lostruzione si squilibra ovviamente il rapporto
ventilazione/perfusione e si determina innanzitutto ipossiemia, dapprima lieve e poi via via
sempre piu marcata. Lipossiemia uno dei fattori principali della dispnea (dapprima da
sforzo e poi a riposo). Lipossiemia provoca come risposta compensatoria e la riduzione di
calibro delle arterie polmonari con conseguente ipertensione polmonare e cuore polmonare
cronico. Lipossiemia inoltre, tramite stimolo eritropoietinico induce poliglobulia, la quale
aggrava la cianosi e aumenta la viscosit ematica, peggiorando il quadro. E da ricordare
tuttavia che solo il circa 10% dei pazienti con BPCO sviluppa una poliglobulia manifesta. Col
procedere della malattia, si ha distruzione dei setti che induce da una parte riduzione della
superficie di scambio (che aggrava lipossiemia) e dallaltra la riduzione del ritorno
elastico del polmone che rimane iperinflato (aumento del volume residuo e dello spazio
morto). Ci comporta unaumento della capacit funzionale residua ed il fatto che il soggetto
debba ventilare a volumi alti: questo laltro importante determinante della dispnea.
Liperinflazione peggiora inoltre lostruzione dei bronchioli piu piccoli. La distruzione
parenchimale coinvolge anche le arterie polmonari, che vengono inoltre compresse dagli
alveoli iperinflati. La perdita di superficie respiratoria comporta che neanche la CO2 possa
pi essere eliminata efficacemente, ed infatti col progredire della malattia linsufficienza
respiratoria diventa ipercapnica. Lipercapnia comporta acidosi, che viene solitamente
compensata dal rene trattenendo bicarbonato. E chiaro che un paziente in acidosi respiratoria
compensata ha un equilibrio molto labile e bastano minime ulteriori variazioni della CO2
(infezioni, scompenso cardiaco, embolia polmonare) per precipitare il quadro verso
linsufficienza respiratoria acuta, il coma ipercapnico e larresto respiratorio.
Quindi la BPCO si articola su un continuum di alterazioni fisiopatologiche che
subentrano negli anni, via via che la malattia peggiora e che costituiscono un circolo vizioso
che conduce a insufficienza respiratoria, dapprima ipossica e poi ipossica-ipercapnica, fino
allacidosi respiratoria e al cuore polmonare cronico. In fase di stabilit il paziente con
BPCO ha una insufficienza respiratoria lieve o moderata, ma predisposto a sovrinfezioni
intercorrenti (batteriche o virali), le quali scompensano rapidamente la situazione e
precipitano linsufficienza respiratoria che diventa manifesta e spesso grave. Le cause piu
frequenti di riesacerbazione sono i virus influenzali, lo streptococco, lemofilo, la
pseudomonas aeruginosa.

9.4 ANATOMIA PATOLOGICA
Le alterazioni anatomo-patologiche presenti nei polmoni di soggetti con BPCO interessano le
vie aeree centrali, periferiche e il parenchima polmonare; nelle fasi avanzate della malattia
possono essere presenti anche alterazioni del circolo polmonare (ipertensione polmonare) e
del cuore destro.
Vie aeree centrali. E' presente infiammazione della mucosa con infiltrazione T-linfocitaria
(CD8+

attivati) e conseguente iperproduzione di muco secondaria all'infiammazione delle
ghiandole mucose; in passato tale iperproduzione di muco era considerata secondaria
all'ipertrofia delle ghiandole mucose (cosiddetto indice di Reid aumentato = rapporto spessore
ghiandola/parete). Nelle fasi pi avanzate di malattia si assiste ad una marcata neutrofilia
intrabronchiale, espressione di gravit di malattia, la cui origine risulta ancora non ben chiara
(azione chemiotattica svolta dall'IL-8 rilasciata dall'epitelio bronchiale sotto stimoli
infiammatori?, stimoli infettivi?, ecc.).
Vie aeree periferiche. E' presente infiammazione anche a livello dei piccoli bronchi e
bronchioli (diametro 2 mm circa) con iperproduzione di muco, ipertrofia del muscolo liscio
bronchiale, ispessimento della parete bronchiale, fibrosi, deformit e restringimento
bronchiolare, distruzione degli attacchi alveolari peribronchiolari; quest'ultima correla con il
grado di infiammazione nelle vie aeree e contribuisce, unitamente al restringimento
bronchiolare, alla limitazione al flusso espiratorio. Inoltre, presente metaplasia della mucosa
bronchiale.
Parenchima polmonare. Il parenchima polmonare sede di un processo infiammatorio con
distruzione della struttura alveolare dei setti e allargamento degli spazi aerei intorno ai
bronchioli terminali (enfisema). In passato sono state descritte due forme principali di
enfisema, distinte sia sul piano clinico-funzionale che sulla base della regione dell'acino
interessata dal processo di distruzione: l'enfisema centrolobulare (Tipo B) e l'enfisema
panlobulare (Tipo A). Nel primo le zone di distruzione sono localizzate principalmente nella
parte centrale dell'acino, intorno ai bronchioli terminali, circondate da aeree di parenchima
polmonare; tale tipo di enfisema sarebbe piu comune nei fumatori ed quello che (tramite
aumento dello spazio morto) produce, il maggiore squilibro ventilazione/perfusione.
L'enfisema panlobulare invece caratterizzato da una distruzione omogenea del parenchima
polmonare coinvolgendo uniformemente tutto l'acino, ed spesso associato a deficit di AAT.

9.5 CLINICA
I sintomi pi frequenti sono:
- la tosse cronica, specie al mattino al risveglio e spesso produttiva, con espettorazione a
carattere mucopurulento nel corso delle esacerbazioni
- la dispnea, ad insorgenza graduale e progressiva, allinizio solo sotto sforzo e che poi nelle
fasi avanzate di malattia limita notevolmente le normali attivit quotidiane, fino alla dispnea
a riposo.
Con la progressione della malattia e dell ipossiemia, compare la cianosi e nelle fasi piu
avanzate cuore polmonare, edemi declivi (scompenso destro) e ippocratismo digitale.
All'esame obiettivo pu evidenziarsi un'espirazione prolungata, eventualmente a labbra
socchiuse (pursed lips breathing) e con possibile ricorso ai muscoli accessori della
respirazione, nonch presenza di respiro sibilante o "ronchi russanti". Sono presenti anche
rantoli a medie/grosse bolle, modificabili sotto i colpi di tosse, espressione dell'ipersecrezione
e dell'espettorato presente nelle vie respiratorie. Data la varieta di rumori che si possono
ascoltare, il torace del paziente con BPCO spesso definito come juke-box chest. Con il
progredire dell'ostruzione bronchiale e linsorgenza dellenfisema diviene evidente
l'iperinsufflazione, aumenta il diametro antero-posteriore del torace (torace a botte), si riduce
la mobilita e lespansibilita, cala l'intensit dei suoni polmonari e dei toni cardiaci. Spesso
sono presenti rientramenti paradossi degli spazi intercostali inferiori.
Come gi accennato, la BPCO una miscela variabile da soggetto a soggetto delle tre
componenti: ostruzione bronchiale, ipersecrezione ed enfisema. A seconda di quale
predomini, si potranno avere prevalentemente sibili o rumori umidi o riduzione globale dei
suoni polmonari.
Spesso nelle fasi avanzate della malattia e nel corso dellinsufficienza respiratoria si osserva,
oltre allingravescente ipossiemia, una marcata ipercapnia che comporta la comparsa di
acidosi respiratoria.
Si definisce riesacerbazione/riacutizzazione, il peggioramento della dispnea e/o laumento
della quantit e purulenza dellescreato. Oltre all'accentuazione dei sintomi citati sopra, pu
comparire febbre. Nel caso di pazienti con acidosi respiratoria compensata, lesacerbazione
conduce spesso allaggravarsi dellinsufficienza respiratoria (acuta su cronica) e allarresto
respiratorio da carbonarcosi.
In passato si utilizzata una terminologia particolarmente descrittiva per differenziare dal
punto di vista clinico/obiettivo i pazienti affetti rispettivamente da enfisema centrolobulare (o
di tipo B) da quelli affetti da enfisema panlobulare (o di tipo A). In particolare, nei primi (tipo
B) sembravano piu frequenti cianosi, cuore polmonare e edemi ma scarsa dispnea a riposo,
mentre nei secondi (tipo A) non vi era cianosi, a prezzo di una dispnea evidente; pertanto,
all'inizio degli anni '60, sulla base di tale aspetto clinico alcuni specialisti inglesi, coniarono
rispettivamente i termini blue bloater (gonfio blu) e pink puffer (sbuffatore roseo).
Tuttavia, nella pratica clinica quotidiana la maggior parte dei pazienti non pu essere
schematicamente classificata in questi due gruppi e, contrariamente a passate interpretazioni,
questi termini descrittivi non sono strettamente correlati a specifici quadri funzionali o
anatomo-patologici: pertanto, il loro uso non va incoraggiato.
La BPCO una patologia che evolve nel tempo con livelli crescenti di gravit; pu essere
classificata in stadi sulla base del grado di ostruzione bronchiale, come riportato nelle nuove
linee guida internazionali (GOLD):
- Grado 0 (a rischio): tosse con espettorazione, spirometria nella norma
- Grado 1 (BPCO lieve): VEMS/CVF <70%; FEV1>80% del predetto
- Grado 2 (BPCO moderata): VEMS/CVF <70%; FEV1 tra 79% e il 50 % del
predetto.
- Grado 3 (BPCO grave): VEMS/CVF <70%; FEV1 tra 50% e il 30% del predetto
- Grado 4 (BPCO molto grave): VEMS/CVF <70%; FEV1<30% o FEV1<50% ma
insufficienza respiratoria (PaO2<60mmHg) o cuore
polmonare.

9.6 DIAGNOSTICA
La diagnosi di BPCO si fonda anzitutto su un'indagine anamnestica (abitudini di vita e di
lavoro, fumo di sigaretta, presenza e comparsa dei sintomi) e clinica accurata.
Si proceder successivamente alle indagini strumentali.
Al primo posto la spirometria (pre- e post-broncodilatatore), necessaria per valutare la
presenza dell'ostruzione bronchiale (riduzione del rapporto FEV1/CV e del FEV1) e della
sua scarsa reversibilit; inoltre, tale indagine consentir la valutazione dei volumi polmonari
(riduzione della CVF, aumento del VR, aumento della CPT), la gravit (stadiazione) della
malattia e della sua progressione nel tempo. Potr essere anche valutata la capacit di
diffusione del CO.
L' EGA, se non importante nelle fasi lievi di malattia, diventa essenziale nelle fasi pi gravi o
nel corso delle riacutizzazioni della malattia (valutazione dell'ipossiemia e dell'eventuale
ipercapnia). 'RX del torace anche se non importante per la diagnosi di BPCO comunque
utile per escludere altre eventuali patologie o complicazioni (polmoniti, distrofie bollose,
neoplasie). L esame batteriologico dell'escreato, consente l'individuazione dei germi
frequentemente responsabili degli episodi di riacutizzazione e peggioramento della malattia
nonch, sulla base dell'antibiogramma, il loro corretto trattamento. L ECG per valutare
linteressamento cardiaco (segni di cuore polmonare), e lemocromo (valutazione della
eventuale poliglobulia) andrebbero comunque eseguiti.
In particolari casi si eseguono: dosaggio AAT, nei casi di enfisema ad inizio giovanile,
generalmente di tipo panacinoso, in pazienti senza rischio tabagico o professionale;
polisonnografia, nei casi sospetti di sindrome di apnea del sonno; TC ad alta risoluzione, nel
sospetto di bronchiectasie o bolle di enfisema associate.
Infine, nell'ambito di una diagnostica differenziale, bisogna ricordare come talvolta possa
risultare particolarmente difficile differenziare i pazienti affetti da BPCO da quelli anziani
con storia di asma ed ostruzione bronchiale persistente.

9.7 CENNI DI TERAPIA
La sospensione del fumo il "trattamento" pi efficace.
Anche se per definizione la BPCO caratterizzata da ostruzione al flusso aereo espiratorio
scarsamente reversibile, la terapia farmacologica di fondo e basata sull'uso di farmaci
broncodilatatori per via inalatoria (anticolinergici, !2-stimolanti a lunga durata
d'azione).Tuttora dibattuta l'utilit dei preparati di teofillina a lento rilascio, che comunque
vengono ancora largamente impiegati.
A fianco del trattamento farmacologico trovano posto sia i programmi di riabilitazione
respiratoria che, nei pazienti con ipossiemia cronica, l'ossigenoterapia a lungo termine (OLT).
In casi particolari, quali pazienti permanentemente incapaci di adeguata ventilazione
spontanea o nel caso di insufficienza respiratoria acuta, pu essere proposta la ventilazione
meccanica.
In corso di riacutizzazioni, generalmente secondarie a infezioni batteriche o virali delle vie
aeree, possono essere impiegati steroidi per via parenterale per un breve (4-5 gg) ciclo di
terapia unitamente a un trattamento antibiotico (penicillina protetta, macrolide, chinolonico,
cefalosporina); nel caso di riacutizzazioni particolarmente gravi o che non rispondono alla
terapia domiciliare deve essere prescritto il ricovero in ospedale.
In questi ultimi anni, alcuni risultati positivi si sono ottenuti nel grave enfisema con
iperdistensione mediante la riduzione chirurgica del parenchima polmonare; tuttavia i risultati
di tale nuovo trattamento sono ancora oggetto di valutazione.

9.8 DEFICIT DI "1-ANTITRIPSINA (DAAT)
L AAT una globulina sintetizzata dagli epatociti che appartiene alla famiglia delle proteasis
inhibitors (Pi) e blocca lattivita dellelastasi e di altre proteasi. La sua ridotta produzione per
difetto genetico (trasmesso in maniera rigorosamente mendeliana) consente la distruzione
progressiva, da parte delle proteasi, dellimpalcatura del polmone. Sono presenti 3 fenotipi
elettroforetici: PiMM, PiMZe PiZZ; il primo quello normale, il secondo leterozigote con
livelli di AAT pari al 60% circa, mentre lomozigote PiZZ ha livelli di AAT intorno al 10-
15% del normale. Questi ultimi soggetti sviluppano precocemente (intorno ai 40 anni) un
enfisema panlobulare e quindi uninsufficienza respiratoria cronica grave. Il fumo di sigaretta
aggrava e anticipa il danno anatomico. Pertanto, il rilevo di dispnea ingravescente e di un
quadro di enfisema diffuso e imponente in un soggetto giovane, in assenza di altra patologia
dovrebbe far sospettare tale deficit, che si conferma con il dosaggio della AAT sierica. La terapia
consiste nella sospensione del fumo e nella somministrazione di AAT endovenosa, la quale comunque non
risolve la patologia, ma ne ritarda levoluzione.
10. ASMA BRONCHIALE


10.1 GENERALITA
Secondo la definizione operativa proposta nelle linee guida (dette GINA, Global INitiative for
Asthma) dell' O.M.S (www.ginasthma.com) l'asma bronchiale e una Malattia infiammatoria
cronica delle vie aeree, in cui molte cellule giocano un ruolo. Questa infiammazione causa un
aumento della responsivit bronchiale che provoca episodi ricorrenti di respiro sibilante
(wheezing), respiro corto, costrizione toracica e tosse, particolarmente di notte ed al primo
mattino. Questi episodi sono solitamente associati ad una ostruzione bronchiale diffusa e
variabile, solitamente reversibile sia spontaneamente che dopo trattamento. La versione
italiana delle linee guida GINA (www.ginasma.it) aggiunge anche che lasma causa un declino
progressivo della funzionalit respiratoria e provoca un rimodellamento della parete
bronchiale.
I caratteri distintivi dellasma sono comunque: infiammazione cronica delle vie aeree, episodi
di broncospasmo reversibile (spontaneamente o con farmaci) ed iperreattivit bronchiale. Gli
episodi di broncospasmo sono i ben noti attacchi asmatici; se il broncospasmo persiste senza
periodi di remissione si ha lo stato di male asmatico. L'ostruzione bronchiale, che l'evento
principale sostenuta da vari fattori tra loro strettamente connessi: spasmo della muscolatura
liscia, ipersecrezione di muco, edema della mucosa e infiammazione. A differenza di quanto si
pensava fino a pochi anni fa, attualmente accettato che lasmatico va comunque incontro nel
lungo periodo ad una perdita progressiva della funzionalit respiratoria, anche se meno
importante di quello che si verifica nella BPCO. Ricordiamo che broncostenosi non implica
automaticamente asma: lostruzione bronchiale si puo avere anche in BPCO, infezioni virali,
scompenso cardiaco etc. La diagnosi di asma richiede la dimostrazione della reversibilit del
broncospasmo, delliperreattivit e se possibile della natura infiammatoria. Esistono delle
zone grigie: nelle fasi iniziali della BPCO la broncostruzione pu ancora essere reversibile e,
viceversa, nellasma grave il broncospasmo pu temporaneamente non esserlo.

10.2 EPIDEMIOLOGIA E CLASSIFICAZIONE
L'asma bronchiale interessa oltre il 5% della popolazione, con punte di prevalenza del
10-15% nei bambini e adolescenti. Dopo almeno due decenni di incremento costante della
prevalenza, questa sembra essersi stabilizzata negli ultimi anni. La mortalit rimane comunque
attestata su 10-15/100.000. In almeno 2/3 dei casi, lasma ha eziologia allergica, ossia
sostenuta da una reazione IgE-mediata. Gli allergeni piu frequentemente responsabili sono:
acari della polvere (dermatofagoidi), pollini (parietaria, graminacee, olivo, betulla, ambrosia),
epiteli animali (gatto, cane) e piu raramente muffe (aspergillo, alternaria). Esistono anche
forme di asma professionale, da sostanze inorganiche (isocianati, formalina, acrilati), ma sono
piu rare. Lasma professionale pu essere sia IgE-mediata che non IgE-mediata Casi
particolari sono lasma da sforzo fisico e da aspirina e salicilati in genere. Nel primo caso si
invoca uno squilibrio della termoregolazione dellaria inalata e nel secondo caso uno squilibrio
della produzione di prostaglandine/prostacicline. Altra possibile causa di asma il reflusso
gastroesofageo, nel quale si suppone si abbia inalazione di piccole quantit di materiale acido
che scatena il broncospasmo. Tutte le precedenti, che richiedono comunque una certa
predisposizione, vengono comunemente e per comodita definite asma estrinseco (ad indicare
che sono causate da fattori esogeni noti ed individuabili). Le forme di asma per cui non e
chiaramente individuabile il fattore scatenante (si ipotizza linfezione virale) vengono definite
anche se impropriamente asma intrinseco. In alcuni casi lasma non una malattia a se stante,
ma la manifestazione di un altra patologia, come avviene ad esempio nellaspergillosi, nella S.di
Churg-Strauss o nelle polmoniti eosinofile.
In corso di scompenso cardiaco congestizio, si possono avere delle crisi dispnoiche notturne
con sibili (dovute allimbibizione dellinterstizio), che mimano in tutto e per tutto lasma. A tale
fenomeno stato dato per motivi storici il nome di asma cardiaco, ma non si tratta di asma e
deve essere pi correttamente definito come dispnea parossistica notturna. Recentemente si
sta tentando di suddividere lasma in fenotipi che abbiano caratteristiche cliniche o
patogenetiche comuni, ma tale suddivisione non risulta ancora soddisfacente data la notevole
sovrapposizione dei fenotipi (Figura 1).




10.3 ANATOMIA PATOLOGICA E FISIOPATOLOGIA
Il reperto fondamentale l'infiltrazione di cellule infiammatorie con alterazioni della mucosa e
sottomucosa bronchiali. Le cellule principalmente coinvolte, almeno nella forma allergica, sono
gli eosinofili ed i linfociti CD4+. Lintensit dellinfiammazione varia nelle varie fasi della
malattia. Reperto abbastanza tipico dellasma il remodelling (rimodellamento della parete
bronchiale) costituito da: desquamazione epiteliale, ipertrofia del muscolo liscio, deposizione di
collagene e ispessimento della membrana basale, iperplasia delle ghiandole e
ipervascolarizzazione. Il remodelling sembra essere parzialmente indipendente dallinfiltrazione
infiammatoria e almeno in parte responsabile delliperreattivit. Nei casi dasma grave si
riscontrano tappi di muco denso a stampo bronchiale (spirali di Crushman) e cristalli di proteina
eosinofila cationica (cristalli di Charcot-Leyden). In altre forme di asma, particolarmente
quelle non allergiche, le cellule infiammatorie possono essere principalmente neutrofili.
Come gi detto, nella maggior parte dei casi lasma di natura allergica. In tale situazione, nella
mucosa bronchiale esistono mastociti che sono ricoperti da IgE specifiche per un determinato
allergene. Quando lallergene inalato viene in contatto con tali IgE il mastocita degranula e
rilascia i mediatori infiammatori preformati (istamina) che inducono direttamente il
broncospasmo. In aggiunta, vengono sintetizzati altri mediatori (es. leukotrieni) e secrete
citochine e chemochine che favoriscono il richiamo di altre cellule infiammatorie le quali a loro
volta perpetuano linfiammazione. Linfiammazione della mucosa rende a sua volta la
muscolatura bronchiale pi sensibile a qualsiasi stimolo (anche non allergenico) e, con
lispessimento della mucosa e lipersecrezione, favorisce lulteriore restringimento del lume
bronchiale. Quale che sia il primum movens, nellasma sempre presente un certo grado di
infiammazione e questo spiega perch la crisi di broncospasmo possa essere indotta pi
facilmente che nei soggetti normali.
Una delle principali caratteristiche dell'asma quindi liperreattivit bronchiale aspecifica
che appunto labnorme risposta contrattile della muscolatura liscia ad una serie di stimoli
(fisici, chimici e farmacologici) che alla stessa dose non hanno effetto nel soggetto sano..
Liperreattivit bronchiale sostenuta da:
- squilibrio della regolazione nervosa e umorale della motilita bronchiale (ipertono vagale,
deficit dei !2 recettori, aumentata responsivita' colinergica
- squilibrio del sistema non adrenergico-non colinergico (NANC) e alterazioni della sintesi
dei derivati dell'acido arachidonico
- una alterazione della parete bronchiale conseguente alla flogosi
Il risultato finale della broncostruzione lipossia, tanto pi grave quanto pi lostruzione
intensa. Lipossia, che si instaura abbastanza acutamente, induce come compenso una
iperventilazione. Poich la perfusione e la parete alveolare sono indenni, liperventilazione
provoca quasi sempre un certo grado di ipocapnia e alcalosi respiratoria. Se il broncospasmo
non recede, si aggrava lipossia, si ha esaurimento dei muscoli respiratori e lentamente si va
verso lipoventilazione alveolare con ipercapnia e quindi insorgono sopore, acidosi e coma.

10.4 CLINICA
Nel paziente allergico, l'asma pu essere associata ad altre manifestazioni quali la
rinocongiuntivite e la dermatite atopica o pu essere scatenato da infezioni virali banali delle vie
aeree superiori.
L'attacco asmatico solitamente si caratterizza per la presenza di una triade fondamentale: la
tosse, la dispnea ed il respiro sibilante. La tosse: inizialmente secca e stizzosa, che sovente
precede l'accesso vero e proprio, solitamente al termine dell'attacco acquisisce carattere
produttivo e si accompagna all'espettorazione di muco viscoso e filante. Il paziente agitato,
ansioso, parla con difficolt ed tachicardico. La dispnea e espiratoria dal punto di vista
fisiopatologico (laria trova ostacolo ad uscire dai bronchi) ma il soggetto lavverte come
inspiratoria o fame daria (perch obbligato a ventilare a volumi polmonari maggiori). In corso
di attacco acuto pu osservarsi latteggiamento iperespanso del torace, con iperfonesi diffusa,
ma il reperto caratteristico sono i ronchi diffusi e di varie tonalit (sibili, fischi, gemiti) spesso
avvertiti anche dal paziente ed udibili senza fonendoscopio. I ronchi sono prevalentemente
espiratori, ma se lostruzione importante si possono udire anche in inspirazione. Sono segni di
allarme (imminente arresto respiratorio): il sopore, la bradicardia (ipercapnia), la cianosi e la
scomparsa dei rumori bronchiali (ipoventilazione). La tosse pu comparire anche da sola
(equivalente asmatico): in tal caso ha carattere stizzoso, prevalentemente notturna, e non si
accompagna ad alterazioni significative della funzionalita ventilatoria, mentre positivo il test
alla metacolina. Una rappresentazione dello spettro di gravit riportata in Figura 2.





Dal punto di vista clinico, per tradizione si distinguono alcune forme caratteristiche, come la
brittle asthma o asma instabile e lasma grave (severe asthma). Questultima (che rappresenta
meno del 5% dei casi) unasma che rimane sintomatica nonostante la terapia massimale e
richiede per almeno 6 mesi lanno il trattamento con steroidi sistemici per mantenere il
controllo.
Al di fuori dellattacco acuto, e nel paziente non in terapia, l'asma pu essere classificata,
secondo le linee guida GINA in quattro stadi di gravit, in rapporto alla frequenza delle crisi ed
al grado di compromissione ventilatoria. Tale classificazione di gravit assume altres rilevanza
clinica al fine del trattamento farmacologico.
E importante ricordare che lasma una malattia variabile e possono esserci periodi di totale
asintomaticit o poco sintomatici intervallati da attacchi acuti che possono essere scatenati da
fattori ambientali, esposizione massiva ad allergeni, infezioni virali intercorrenti o anche alla
riduzione o sospensione della terapia.




10.5 DIAGNOSI
L'anamnesi consente di raccogliere tutta una serie dinformazioni utili per poter inquadrare
sia le caratteristiche di presentazione clinica del singolo paziente che per valutare i vari fattori
eziopatogenetici coinvolti nella genesi del fenomeno. Importante la famigliarit atopica,
lallergia nota, le infezioni delle vie superiori come fattore scatenante, lesposizione
allallergene.
L'esame obiettivo molto tipico e suggestivo durante lattacco asmatico. L'ascoltazione
evidenzia la presenza di rumori secchi (fischi, sibili, gemiti), che talvolta si possono udire
anche senza fonendoscopio. LEGA, durante la crisi rivela ipossiemia pi o meno marcata, ma
normo- o ipocapnia (questultima dovuta alla tachipnea). Il rilevo di ipossiemia con
ipercapnia indica insufficienza respiratoria acuta e impone possibili immediati interventi
rianimatori. Il radiogramma toracico durante una crisi evidenzia solo latteggiamento
inspiratorio e una modesta iperdiafania e quindi non mai fondamentale. Se possibile
eseguire una spirometria, si evidenzier una anomalia ostruttiva pressoch pura.
Durante le fasi intercritiche lesame obiettivo pu essere completamente negativo.
Le prove di funzionalit respiratoria (PFR) rappresentano l'indagine routinaria e necessaria
per la diagnosi (figura 4). Permettono di valutare leventuale presenza di ostruzione, il suo
grado e soprattutto la reversibilit. Le PFR evidenziano nel soggetto con asma in atto un
quadro di insufficienza ventilatoria di tipo ostruttivo quasi puro (FEV1/CVF<70%). Quando
il FEV1 <80% si procede al test di reversibilita, facendo inalare 200-400 mcg di un
farmaco beta2-stimolante a rapida azione (salbutamolo) e rivalutando la PFR dopo 15 minuti.
Un aumento del FEV1 di almeno 12% del valore basale (e >200 ml) indica che lostruzione
reversibile. Questo criterio differenzia lasma dalla BPCO, ove la reversibilita scarsa o
assente. Nelle fasi intercritiche le PFR sono solitamente normali; in tal caso si esegue il test di
broncostimolazione aspecifica utilizzando la metacolina (analogo sintetico dellacetilcolina),
il quale puo evidenziare liperreattivita tipica dellasma. Si fanno inalare dosi crescenti di
metacolina e dopo ogni dose si esegue la PFR. E significativa una riduzione del FEV1 del
20% rispetto al valore di partenza. Se non si ha riduzione del FEV1 di almeno il 20% con
1200 microgrammi di metacolina si dice che il test negativo. Il test alla metacolina ha
elevato valore predittivo negativo: se negativo, lasma pu essere esclusa con probabilit
>95%.
Se lanamnesi suggerisce una eziologia allergica, si praticano gli skin prick test (se necessario
il dosaggio delle IgE allergene-specifiche). Per lasma da sforzo o da freddo o da aspirina,
esistono test di provocazione standardizzati che vanno comunque eseguiti dallo specialista.
Lesame dellespettorato e la broncoscopia non sono mai di prima istanza, e solitamente
impiegati a scopi di ricerca.




10.6 CENNI DI TERAPIA
Terapia dell'attacco acuto: I !2-agonisti inalatori (salbutamolo) costituiscono sempre il
primo presidio terapeutico. Se l'accesso non regredisce si ripete l'inalazione ogni 10-15 minuti.
Se dopo 30-60 minuti non si ottiene un effetto terapeutico si pu passare ad inalazione
continua di salbutamolo in aerosol avviando il paziente al pi vicino pronto soccorso. Gli
steroidi non sono broncodilatatori, ma devono essere subito e comunque usati. Solitamente si
usano metilprednisolone (80 mg) o idrocortisone (500 mg) per via venosa o prednisone 50 mg
per os. Se possibile, si somministra anche O2. Se la crisi non regredisce si impiega teofillina
endovena. In pericolo di vita per esaurimento della ventilazione occorre praticare ventilazione
meccanica.
Terapia di mantenimento. Al di fuori dellattacco occorre: mantenere una buona
funzionalita respiratoria, impedire ulteriori attacchi, consentire le normali attivit. Nellasma
allergica fondamentale ligiene ambientale per evitare lesposizione allallergene. Poich
lasma una malattia cronica, il paziente deve essere monitorato con continuit: questo pu
essere fatto ad esempio con la misurazione biquotidiana a domicilio del PEF e con una
corretta educazione. La terapia viene adattata continuamente in base allo stato di controllo dei
sintomi, aumentandola se lasma non controllata e riducendola se completamente
controllata. Se lasma completamente sotto controllo si usano solo i broncodilatatori short-
acting al bisogno. Altrimenti si utilizzano gli steroidi inalatori a dosaggi via via crescenti e
associando broncodilatatori a lunga durata dazione (salmeterolo, formoterolo) e/o
antileucotrienici. Se nonostante una terpia massimale lasma rimane non controllata si fa
ricorso anche agli steroidi per via generale.
11. ALVEOLITI ALLERGICHE ESTRINSECHE (AAE)
O POLMONITI DA IPERSENSIBILITA

11.1 DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE
Le AAE definiscono un quadro morboso uniforme dal punto di vista clinico (febbre, tosse,
broncospasmo) e anatomopatologico (alveolite) dovuto allinalazione di proteine di origine
organica o piu di rado di composti chimici. Tali sostanze causano, solo in soggetti predisposti,
una alveolite da reazioni immunologiche di tipo III e IV e conseguente immunoflogosi. Il nome
allergiche solo convenzionale, infatti, la patogenesi non IgE mediata. Si tratta quindi nella
maggior parte dei casi di malattie professionali ed alcune di esse sono clinicamente note fin dal
1700, anche se la loro incidenza rapidamente calata negli ultimi decenni, tanto da farle rientrare
nel gruppo delle patologie RARE. La malattia paradigmatica e piu conosciuta il polmone
del contadino (farmers lung). Se il quadro clinico ed anatomopatologico sono uniformi, gli
agenti eziologici sono molto diversi tra loro: li accomunano le dimensioni tali da farle penetrare
fino allalveolo, lantigenicit e la natura proteica (tabella 1).

Tabella 1
ANTIGENE MALATTIA
Actinomiceti termofili (Microspora faeni,
Termoactyn. Vulgaris )

B.cereus, B subtilis
Farmers lung o polm. del contadino (fieno)
Bagassosi (canna da zucchero)
Bissinosi (cotone)
Mal. da condizionatori, Mal da detersivi
Mal dei lavoratori dei funghi
Proteine di deiezioni aviarie Mal. dellallevatore di uccelli (pidgeons lung)
Aureobasidium, Graphium spp Sequoiosi
Cryptostoma corticale Suberosi (sughero)
Penicillum frequentans Mal. dei tagliatori dacero
Aspergillus clavatus Mal. dei lavoratori del malto
Penicillum casei e roqueforti, Mal. dei lavoratori caseari
Sitophylus grnarius Mal. del mugnaio
Toluene disocianato e monoisocianato
(DDI, TDI), anidride ftalica
Mal. Degli addetti alle verniciature
Piretro Mal dei lavoratori di insetticidi
Aureobasidium pullulans Mal. Della sauna
Polvere di caff Mal. dei lavoratori di caff

11.2 PATOGENESI
Il primum movens probabilmente una reazione di tipo III: il soggetto predisposto produce IgG
ed IgA verso gli antigeni inalati e si formano immunocomplessi che attivano il complemento e
richiamano altre cellule infiammatorie. Nonostante si possano rilevare nel BAL aumentati livelli
di istamina e spesso si verifichino attacchi asmatici veri e propri, non sono mai state dimostrate
IgE specifiche per gli antigeni. La reazione di tipo IV quella che mantiene e amplifica il
processo: verosimilmente dopo presentazione dellantigene dai macrofagi ai linfociti T, questi
ultimi si attivano e secernono le citochine attivatorie e chemiotattiche (IL-1, IL-2, IL-8, IL-12).
La reazione infiammatoria alveolare si mantiene fino a che persiste lesposizione allantigene,
conduce alla formazione di granulomi veri e propri, e se dura nel tempo arriva al danno
anatomico dovuto alla distruzione dei setti, delle fibre elastiche e alla deposizione di collagene
(fibrosi polmonare). Il rilievo anatomopatologico principale nelle forme acute lalveolite
linfocitaria (CD8+) e neutrofilica, mentre via via che il processo si mantiene si formano anche
granulomi, ispessimento o distruzione dei setti. E da sottolineare che il quadro
anatomopatologico non dipende dallantigene causale ma dalla durata dellesposizione.

11.3 CLINICA
Sono colpiti quasi sempre soggetti giovani adulti (30-50 aa) e che lavorano; solo
occasionalmente linalazione degli antigeni proteici puo avvenire da animali presenti
nellabitazione. Nelle esposizioni episodiche, acute e massive, il quadro florido e mima la
polmonite batterica con febbre, malessere generale, tosse, dispnea. Allesame obiettivo si
rilevano rantoli a piccole bolle sparsi e non di rado rumori secchi da broncostenosi. Una
inalazione massiva di antigene puo provocare veri e propri attacchi asmatici severi. Il quadro
clinico si risolve rapidamente se il soggetto cessa di esporsi alla fonte antigenica e si ripresenta
alla successiva esposizione. Se lesposizione prolungata e subdola ed il processo infiammatorio
diventa cronico, i sintomi diventano piu sfumati ma ingravescenti: dispnea da sforzo e poi anche
a riposo, febbricola persistente, crisi di broncospasmo ricorrenti. Alla lunga compaiono anche i
segni di insufficienza respiratoria (cianosi, dita a bacchetta di tamburo), che indicano una
compromissione della funzione ventilatoria, essenzialmente dovuta al danno interstiziale.

11.4 DIAGNOSI E CENNI DI TERAPIA
La diagnosi suggerita quasi completamente dallanamnesi, dallattivit lavorativa e dal
ricorrere dei sintomi ad ogni esposizione. I reperti RX ed ematochimici sono estremamente
aspecifici. AllRX si possono rilevare dai segni di broncopolmonite al semplice aumento della
trama interstiziale o un quadro a vetro smerigliato. Il BAL piu suggestivo, data lalveolite
linfocitaria CD8+, laumento dei mastociti e dei polimorfonucleati la riduzione dei macrofagi.
Importante la riduzione del rapporto CD4/CD8, che invece sempre aumentato nella
sarcoidosi. Le alterazioni ventilatorie e respiratorie si manifestano in modo eclatante solo quando
gi presente levoluzione ad interstiziopatia. La ricerca delle precipitine agli antigeni proteici
di scarso aiuto poich poco sensibile. Il test di provocazione bronchiale specifico puo essere
eseguito con alcuni antigeni, ma di solito competenza delle strutture di Medicina del Lavoro:
dovrebbe essere riservato sempre e solo ai casi non altrimenti diagnosticabili (tabella 2)
Unica terapia efficace lallontanamento dalla fonte di esposizione antigenica. Nelle fasi acute si
somministrano steroidi ed ossigeno. Se levoluzione cronica ed a fibrosi interstiziale si usano
essenzialmente i corticosteroidi ad alte dosi e poi alla dose minima efficace, monitorando la
funzionalit ventilatoria, il quadro RX e lEGA.


Tabella 2. Riassunto degli elementi diagnostici
SEGNI SISTEMICI Febbre, malessere, calo ponderale.
SEGNI POLMONARI Tosse, dispnea, broncospasmo (rara lemoftoe)
RX TORACE Variabile dagli addensamenti tipo broncopolmonite (forme acute)
alla interstiziopatia diffusa (forme a lungo decorso)
PFR S. dapprima ostruttiva; restrittiva o mista e ! DLCO nelle fasi
evolventi in fibrosi
EGA ! PaO2 in caso di grave interessamento diffuso o nelle forme acute
BAL " linfociti (40-60%); ! CD4/CD8 (circa 1: 1 o meno)
" mastociti (3-5 %) in fase acuta
" polimorfonucleati (5-10 %) in fase acuta
! MF (50-60%)
" IgG solubili
EMOCROMO Anemia normocronica normocitica.
EMATOCHIMICI " VES
SCINTI Ga67 Solitamente aspecifica
SEGNI
EXTRAPOLMONARI
Solitamente assenti


12. SARCOIDOSI (Malattia di Besnier-Boeck-Schaumann)

La sarcoidosi (secondo la definizione ufficiale WASOG) una malattia granulomatosa cronica
sistemica, ma con prevalente interessamento del polmone, ad eziologia sconosciuta. La
lesione elementare e' il granuloma sarcoideo, che non ha mai necrosi caseosa; sono
rilevabili alterazioni della risposta immunitaria sia locale che sistemica e della cellularita'
polmonare.
L'associazione di malattia polmonare e cutanea (lupus pernio) e' nota fin dalla meta' del secolo
scorso. Il granuloma sarcoide fu descritto da Boeck all'inizio del 900, ma il primo inquadramento
nosografico della sarcoidosi come patologia opera di Schaumann nel 1914. La malattia ha
assunto il nome di sarcoidosi solo a partire dagli anni 40 e la sua importanza testimoniata
dallesistenza di una societ ad essa dedicata (WASOG, World Association of Sarcoidosis and
Other Granulomatous diseases).

12.1 EPIDEMIOLOGIA E IPOTESI EZIOLOGICHE
Non esistono dati dettagliati sull'epidemiologia della Sarcoidosi in quanto la malattia
riconosciuta come entita' a se' solo da circa 50 anni ed i criteri di diagnosi sono stati precisati
nell'ultimo ventennio. La prevalenza e' comunque bassa e si aggira tra 10 e 70 per 100.000 (in
Italia 15/100.000). La razza nera e' colpita maggiormente di quella bianca. L'incidenza massima
e' nella 3-4 decade e la mortalita' si aggira intorno al 5-10% dei casi diagnosticati. L'eziologia
sconosciuta, ma esistono diverse ipotesi indirette.
Genetica: vi sono casi di aggregazione famigliare della malattia ed una significativa maggior
frequenza nei gemelli identici. HLA-B8 e' associato all'evoluzione ingravescente della malattia,
ma non alla sua insorgenza, mentre HLADR17 sembra protettivo.
Infettiva. Occasionalmente nei granulomi sarcoidei indotti sperimentalmente sono stati rilevati
batteri acido alcol resistenti, ed sospetta lanalogia tra sarcoidosi e TBC (tabella 1). Inoltre,
l'inoculazione di omogenato sarcoideo nel topo causa la formazione di granulomi, ma tale
fenomeno non si verifica se l'omogenato viene sterilizzato. Date alcune analogie con la malattia
infiammatoria intestinale, si e' ipotizzato anche il ruolo di nocardia, borrelia e yersinia, ma
nessuna di queste ipotesi ha ricevuto finora conferme. Infine, uno studio caso controllo ha
dimostrato che il 40% dei soggetti con sarcoidosi, aveva avuto contatto con altri soggetti malati.
Fisica. La berilliosi ha caratteristiche cliniche e granulomi indistinguibili dalla sarcoidosi, ma
le storie cliniche dei pazienti non confermano se non i rari casi l'esposizione.

Tabella 1 SARCOIDOSI E TBC
SARCOIDOSI TBC
Granuloma Non caseoso Caseoso
Interessamento polmonare Preferenziale Preferenziale
Eritema nodoso 30% dei casi 20% dei casi
Segni sistemici Frequenti Frequenti
Diffusione sistemci Frequente Infrequente


12.2 PATOGENESI E ASPETTI IMMUNOLOGICI (Figura 1)
Il fenomeno iniziale e' rappresentato da una alveolite linfocitaria e solo in un secondo tempo le
cellule si organizzano in granulomi interstiziali. Nel granuloma della sarcoidosi la necrosi e'
assente o minima e mai caseosa. Sono presenti: macrofagi attivati (MF), istiociti, cellule
epiteliodi, linfociti T attivati. Le cellule epitelioidi sono di origine macrofagica: non sono
solitamente fagocitanti ma secretrici. Le cellule giganti (tipo Langhans) sono anch'esse di
origine MF, con 20 30 nuclei. Tipiche inclusioni sono corpi asteroidi, corpi birifrangenti e corpi
di Schaumann. Le cellule epitelioidi e giganti, stipate, occupano il centro del granuloma,
insieme a linfociti CD4+; alla periferia del granuloma esiste un vallo di linfociti T CD8+. Si
suppone che la formazione del granuloma non caseoso si verifichi a seguito di stimolazione da
parte di un antigene sconosciuto. Il processo centrale e' il rapporto tra infociti T e M( alveolari.
L'antigene, viene presentato da cellule dendritiche o MF ai LT che si attivano, secernono
citochine (fenotipo TH1) e richiamano altri MF e PMN in sito. Il granuloma si automantiene e
poi evolve o in fibrosi o si risolve. Nella sarcoidosi attiva, i linfociti T del BAL superano il 20%
ed anche i PMN sono aumentati. I linfociti T hanno un elevato rapporto CD4+/CD8+ (intorno al
10-15/1, nel normale 2/1). D'altra parte, e' ridotto il numero dei linfociti CD4+ in sede periferica,
e la linfopenia piu' o meno marcata e' la regola. Infatti, spesso sono ritardate o assenti le reazioni
cutanee a BCG, o tossina tetanica. I MF verrebbero reclutati dalle citochine MCP1, TNFa e
RANTES e prolifererebbero grazie a GM-CSF. Tutti i MF esprimono recettori di adesione,
attivazione e crescita (CD11a CD11c ma non VLA1). Anche ICAM-1 e' coinvolta nella
migrazione. Il vallo di CD8+ periferici potrebbe servire da elemento di controllo. Nel BAL si
marcano il CD25+, CD4+, e mRNA per Il6 e IL8. Si ipotizza, che all'inizio del processo
prevalgano i linfociti T di fenotipo TH1; nel caso di evoluzione a fibrosi interstiziale sembra
avvenga uno switch al fenotipo Th2 che secerne citochine favorenti la fibrosi come IL4 e IL13.







12.3 CLINICA
La sarcoidosi puo' colpire praticamente tutti gli organi, ma alcuni sono piu' frequentemente
interessati di altri. I segni sistemici sono estremamente aspecifici: febbre, poliartralgie, astenia,
calo ponderale, linfoadenopatie, malessere generalizzato. Accanto a queste manifestazioni
generali, si presentano poi i segni del coinvolgimento di specifici organi e apparati:
Polmone (90%): tosse (raramente emottisi), presenza di rantoli fini variamente distribuiti (rari i
rumori secchi), dolore toracico variabile. Se la malattia evolve in fibrosi, compaiono i segni
dell'insufficienza respiratoria: dispnea dapprima sotto sforzo e poi a riposo, cianosi, dita a
bacchetta di tamburo. L'interessamento delle pleure e' molto raro (1-2%).
Linfonodi (90%): la linfoadenomegalia mediastinica e' la piu' frequente. Piu' raro
l'interessamento dei linfonodi laterocervicali, ascellari e inguinali.
Cute (30%): eritema nodoso, lupus pernio o maculopapule variamente associate, fino
all'aspetto di vasculite franca. Leritema nodoso consiste di lesioni violacee dolenti e rilevate
distribuite prevalentemente sulla faccia anteriore della gamba, che tendono a risolversi in 1-2
mesi. Il Lupus pernio consiste in placche depigmentate, indurate ma indolenti distribuite al volto
e ad andamento cronico.
Occhio (25%): uveite anteriore e posteriore, congiuntivite, cheratite, xeroftalmia (s. Sjogren-
simile)
Sistema nervoso (25%): polinevrite, mononevrite (paralisi del faciale), lesioni del chiasma
ottico (emianopsia), lesione della postipofisi (diabete insipido).
Sistema osteo-articolare (10%): poliartralgie, entesiti, cisti ossee. La colonna dorsolombare e'
colpita abbastanza frequentemente.
Cuore (5%): pericardite, disturbi di conduzione
In numerosi casi la sarcoidosi e' silente e viene diagnosticata casualmente in corso di un esame
radiologico eseguito per altri motivi.

Esistono delle particolari associazioni di sintomi descritte per convenzione con l'eponimo:
S. di Heerfordt: sarcoidosi + uveite + parotite.
S.di Lofgren: sarcoidosi con adenopatia ilare + eritema nodoso.
S.di Jungling: Sarcoidosi con cisti ossee mutiple + poliartralgie.
In genere, le forme "floride" che esordiscono in forma relativamente acuta con poliartralgie o
interessamento cutaneo sono quelle ad evoluzione piu' favorevole. L'interessamento dell'occhio,
del sistema nervoso e del cuore sono elementi prognostici sfavorevoli.
Le lesioni polmonari sono le piu' frequenti in assoluto, tanto che ne esiste una classificazione
radiologica in stadi (Wurm 1958), riassunta in tabella 2 e figura 2.

Tabella 2: classificazione radiologica della sarcoidosi
STADIO DESCRIZIONE
Stadio I adenopatia ilare bilaterale senza segni di interessamento parenchimale
Stadio II adenopatia ilare + lesioni parenchimali reticolo-nodulari
Stadio III solo lesioni parenchimali,
Stadio IV fibrosi polmonare diffusa con aspetto a vetro smerigliato o a nido d'ape
(honeycomb lung)



Figura 2: i 4 stadi RX della sarcoidosi





12.4 DIAGNOSTICA (tabella 3)
LA diagnostica si basa su: quadro clinico e radiologico e dimostrazione del granuloma.
I sintomi di esordio sono solitamente sistemici o aspecifici: poliartralgie, febbre, calo ponderale,
tosse. Pi indicative sono le lesioni cutanee o le cisti ossee. La radiografia del torace, con le
lesioni sopra descritte, in associazione al sospetto clinico, e' suggestiva.
La diagnosi di certezza richiede comunque la dimostrazione del granuloma sarcoideo; occorre
quindi procedere alla biopsia delle linfoadenomegalie accessibili o dei linfonodi mediastinici.
Esistono comunque alcuni elementi che da soli non sono probanti, ma tutti insieme
contribuiscono alla diagnosi:
Il BAL e' rilevante: l'alveolite linfocitaria CD4+ (aumento dei linfociti T e aumento del
rapporto CD4+/CD8+), associata alle lesioni polmonari, solitamente completa la diagnosi.
Laumento aspecifico degli indici di flogosi (VES, PCR) e lanemia normocromica normocitica
(da malattia cronica). La linfopenia e la riduzione del rapporto CD4/CD8 sono abbastanza
suggestive, ma tali alterazioni cellulari periferiche si rilevano solo dopo un certo tempo.
Lipercalcemia (da incrementata produzione di vit.D da parte dei macrofagi attivati) e
laumento dell'ACE sierico.
La positivit della scintigrafia polmonare con Gallio67
La ridotta reattivit al test intradermico con antigeni comuni come la tubercolina o la tossina
tetanica
L'inoculazione intradermica di omogenato sarcoideo (test di Kveim-Siltzbach) e' molto
specifica, ma l'estratto non e' disponibile in Italia.


Tabella 3 Riassunto degli elementi diagnostici
SEGNI SISTEMICI Febbricola, artralgie, calo ponderale, astenia
SEGNI POLMONARI Tosse, dolore toracico, dispnea, emottisi
EGA ! PaO2 (solo in fase molto avanzata)
BAL " Linf. T (> 25%); " CD4+/CD8+ > 5; ! MF alveolari
EMOCROMO Anemia normocronica, normocitica. Linfopenia.
Riduz. del rapp. CD4/CD8
EMATOCHIMICI " Ca++; " ACE; " VES
SCINTI Ga67 Accumulo selettivo del tracciante agli ili o linfonodi maggiori
SEGNI D'ORGANO Riduz. campo visivo; diabete insipido; riduz. Velocita' conduzione nervosa;
uveite; parotite.
ISTOLOGIA LINFONODI Granuloma sarcoideo

Purtroppo, sia il quadro clinico che quello RX si prestano a numerose diagnosi differenziali
(tabella 4), che vanno tutte prese in considerazione durante il workup diagnostico Nel caso di
linfoadenopatia ilare bilaterale, senza altri segni diagnostici o lesioni polmonari occorre fare
diagnosi differenziale con i linfomi. Entrano anche in diagnosi differenziale le granulomatosi
polmonari da esposizionre professionale (Berilliosi) e le granulomatosi infettive (TBC).

TABELLA 4. Diagnosi differenziale
















12.5 EVOLUZIONE E CENNI DI TERAPIA
Si ha remissione completa in oltre il 70% dei casi in stadio radiologico 1 e 2. In caso di fibrosi
polmonare gia' instaurata l'evoluzione e' ingravescente. La prognosi e' particolarmente
sfavorevole se vi e' interessamento endocrino o neurologico.
Nell'adenopatia ilare bilaterale senza altri segni di malattia si osserva il decorso. Se sono presenti
lesioni cutanee o poliartralgia si tratta con antinfiammatori, riservando gli steroidi alle fasi di
attivita'. Se vi sono segni di interessamento pomonare si comincia con prednisone 20 mg/die per
3 mesi; se guarisce follow up ogni 6 mesi, se il miglioramento e' insufficiente si
raddoppia la dose di steroide e se peggiora si ricorre ad immunosoppressori (azatioprina,
metotrexate).





QUADRO RX
Linfoma
Pneumoconiosi
Fibrosi diffuse
Berilliosi
Alveolite allergica
TBC
K metastatico
Istoplasmosi
Polmone reumatoide
QUADRO CLINICO
Linfoma
Fibrosi diffuse
Berilliosi
TBC
Mal autoimmuni
Infezioni croniche
Leucemie
Tutte le cause di febbre ndd
13. PNEUMOCONIOSI

Le pneumoconiosi sono patologie causate dallaccumulo di polveri inorganiche inalate e dalla
conseguente reazione dei tessuti polmonari. Le polveri inorganiche si distinguono in inerti e
fibrosanti, ma tale distinzione non comunque assoluta. Tra le pneumoconiosi, particolare
rilievo hanno la silicosi (per la prevalenza ancora elevata), lasbestosi (associazione col
mesotelioma pleurico) e la berilliosi (che puo causare una granulomatosi fibrosante simile alla
sarcoidosi). Limportanza delle pneumoconiosi e dovuta al fatto che esse sono quasi sempre il
risultato di una esposizione lavorativa e pertanto implicano particolari problematiche medico-
legali, assicurative ed assistenziali. Trattandosi di pneumopatie lavorative, vale per tutte
limportanza delle misure preventive primarie (controllo dellesposizione, visite periodiche per i
soggetti a rischio). Le pneumoconiosi da polveri fibrosanti sono riassunte in tabella 1, quelle da
polveri inerti in tabella 2.

Tabella 1. Pneumoconiosi da polveri fibrosanti ed esposizione professionale

POLVERI FIBROSANTI:

TIPO DI
ESPOSIZIONE LAVORATIVA
Silicosi
Silice crsitallina (quarzo, tridimite, cristobalite)
Silice amorfa (farina fossile, tripoli)
Silice anidra (vetro di quarzo, pomice)
miniere, cave, estrazione di farina fossile, industria
della ceramica, fonderie, sabbiatura, industria del vetro,
gres, cemento, lavorazione di pietre silicee e mole
artificiali.
Asbestosi
Serpentino: crisotilo (amianto bianco)
Anfiboli: crocidolite, amosite, tremolite
Industria estrattiva e siderurgica; lavorazione di
tessuti di amianto, freni, frizioni, guarnizioni,
pannelli per edilizia, isolanti, filtri, vernici.
Berilliosi Industria elettronica, ceramiche
Talcosi Lavoratori di gomma, ceramica, cosmetici, vernici.
Pneumoconiosi da Caolino Industria della carta e della pocellana
Pneumoconiosi da Mica Industria elettrica, costruzione di stufe e fornaci

13.1 SILICOSI
13.1.1 Fisiopatologia e clinica
Euna pneumoconiosi da inalazione di silice (Si) libera o (biossido di silicio) che si trova in
natura come: Si cristallina, Si amorfa idrata o anidra. Il potere patogeno della Si legato a: a)
Concentrazione della polvere nellaria che deve essere superiore a 100 part/ml; b) volume delle
particelle: quelle con diametro tra 0,5/2 sono le pi patogene; c) temperatura: oltre i 1000-
1500 gradi il quarzo si trasforma in cristobalite, pi fibrosante; d) durata: la pneumoconiosi
insorge dopo 10-20 anni di esposizione; e) fattori individuali: danno della clearance mucociliare,
tabagismo, flogosi, diversa reattivit immunologica.
La patogenesi della silicosi riconosce due stadi. Nel primo le particelle di Si vengono fagocitate
dai macrofagi alveolari e interstiziali. I cristalli provocano lesione delle membrane lisosomiali
con spandimento di enzimi e autodigestione della cellula. In questa fase si verifica la liberazione
di mediatori chimici che richiamano ed attivano altre cellule (macrofagi, linfociti, fibroblasti).
Nel secondo stadio prevale la stimolazione del fibroblasto, da parte del macrofago leso, con
produzione di collageno e tessuto fibroso.
La lesione elementare costituita dal nodulo silicotico centroacinare (in prossimit del
bronchiolo respiratorio). Inizialmente ha i caratteri di un granuloma (nodulo istiocitario),
successivamente e formato da da fibre collagene ialinizzate con una periferia di collageno
recente con macrofagi e linfociti (nodulo fibro-istiocitario), con aspetto a bulbo di cipolla. Si ha
infine il nodulo fibroialino, scarsamente cellulare. I noduli sono disposti in sede parailare e nei
lobi superiori in prossimit del connettivo perivascolare, subpleurico, interlobare. Si hanno:
occlusione dei linfatici, ed ectasie venose. Le particelle di Si raggiungono i linfonodi con
fenomeni di fibrosi e calcificazioni in tale sede. Macroscopicamente possiamo avere una forma
disseminata con nodulazioni (micro o macronoduli) diffuse su entrambi i polmoni, una forma
confluente con masse compatte in sede parailare bilateralmente e una forma massiva con fibrosi
estesa e con zone pseudoescavate. Talvolta il quadro quello di fibrosi diffusa senza noduli.
La silicosi come malattia insorge solitamente dopo anni di esposizione a silice. I sintomi sono
inizialmente vaghi e non sempre correlati al quadro radiologico che pu costituire il primo segno
di silicosi. Sintomi comuni sono la dispnea da sforzo ingravescente e la tosse. Nelle forme
evolutive compaiono i segni di compromissione cardiocircolatoria (cuore polmonare) e frequenti
sovrainfezioni batteriche. Non sono specifiche le alterazioni funzionali respiratorie e cardiache
che presentano caratteristiche simili a quelle in corso di BPCO. Non sempre la malattia
evolutiva; in assenza di ulteriore esposizione alla silice il quadro pu mantenersi costante per
anni. Per motivi storici, ma non fisiopatologici, sono rimaste in uso le denominazioni di silico-
TBC e la Sindrome di Caplan-Collinet (silicosi+artrite rematoide).

13.1.2 Quadri RX e nomenclatura
Nellevoluzione del quadro RX si ritiene che un primo stadio di reticolazione diffusa prevalente
nelle regioni parailari preceda un secondo stadio nodulare e/o reticolonodulare con disposizione
caratteristica ad ali di farfalla.
Levoluzione puo non essere cos schematica: in alcune forme prevale la componente
interstiziale in altre quella nodulare. Linteressamento linfonodale costante con linfonodi ilari
calcificati a guscio duovo. Negli stadi avanzati possono essere presenti opacit grossolane a
volte escavate.
Esiste una nomenclatura standard ad uso assicurativo per le lesioni radiologiche silicotiche. I
noduli (prevalentemente ai campi superiori) sono indicati con i simboli p ( <1,5mm), q (1,5-3
mm), r (3-10 mm). La loro concentrazione varia da 0 a 3 (0= RX normale, 2= disegno
polmonare ancora visibile tra i noduli). Le opacit irregolari sono clssificate come: s (fini), t-u
(grossolane).

13.2 ASBESTOSI
13.2.1 Fisiopatologia e clinica
Lasbesto un silicato fibroso classificato come serpentino od anfiboli. Il serpentino (crisotilo o
amianto bianco) arricciato e flessibile costituisce il 95% della produzione mondiale di asbesto e
rappresenta la forma meno pericolosa. Le fibre anfibole comprendono: crocidolite (amianto
azzurro), amosite (amianto marrone), antofillite, tremolite, actinolite che si presentano come
aghiformi e sono patogene. La crocidolite pi di altre risulta implicata nella genesi del
mesotelioma pleurico, mentre non sembrano esistere differenze significative tra crisotilo ed
anfiboli per quanto riguarda lincidenza di asbestosi. Ancora oggi sono numerose le fonti di
esposizione nonostante limpiego crescente di materiali alternativi. Lesposizione prevalente
quella occupazionale (coibentatori, lavoratori dei cantieri navali, minatori) ma pu riguardare
anche la popolazione che vive in ambienti in cui si trovano materiali fatti con asbesto. Le fibre di
asbesto pi fibrosanti sono quelle di lunghezza superiore ai 5 e la loro concentrazione nellaria
deve superare 2/ml. La durata di esposizione deve essere molto lunga (10-20 anni) prima
dellinsorgenza della fibrosi (anche se esistono casi dovuti ad esposizione massiva per brevi
periodi).
Le fibre di asbesto possono penetrare fino ai bronchioli respiratori ed agli alveoli. Perforando via
via i setti alveolari possono anche migrare verso la periferia e raggiungere la pleura. Sia i
soggetti esposti sia i soggetti con malattia presentano alveolite macrofagica di variabile entit;
una volta giunti a livello alveolare i macrofagi si replicano, aumentano in numero assoluto e
producono fattori chemiotattici per neutrofili, eosinofili e linfociti. E rilevante laumentata
produzione di radicali ossidanti. Conseguono lesioni a carico dei pneumociti di tipo I e
proliferazione riparativa dei pneumociti di tipo II. I macrofagi attivati producono fattori
(fibronectina, PDGF) favorenti ladesione dei fibroblasti alla matrice connettivale e secernono
fattori di progressione (AMDGF) in grado di indurre proliferazione fibroblastica. Altri mediatori
macrofagici coinvolti nell attivazione dei fibroblasti sono IL-1!, TNF" e IGF-1. La
proliferazione fibroblastica rimpiazza i pneumociti di tipo II con successiva deposizione di
tessuto. Lesito finale lispessimento delle pareti alveolari, bronchiolari e la fibrosi diffusa. I
neutrofili vengono richiamati precocemente nellalveolo ad opera della IL-8 secreta dai
macrofagi.. La fibrosi pleurica ha patogenesi nellazione delle fibre di asbesto sulle cellule
mesenchimali sub-mesoteliali che proliferano per effetto dei fattori di crescita liberati nel
processo infiammatorio. Leffetto mutageno (fibre tra 1 e 5 ) responsabile dellinsorgenza di
mesotelioma sembrerebbe dovuto ad un danno diretto; quando le cellule entrano in mitosi le
fibre interagiscono con le strutture cromosomiche o con le proteine a esse associate.

13.2.2 Quadro clinico e radiologico
La sintomatologia nelle fasi iniziali sempre modesta ed anche nelle fasi avanzate non ha nulla
di caratteristico rispecchiando completamente la sintomatologia delle BPCO: dispnea da sforzo
ingravescente e tosse. Linteressamento pleurico pu dar luogo a versamento (anche emorragico)
con tutti i segni e sintomi della pleurite. Se non interviene una neoplasia pleurica o polmonare, la
pneumoconiosi evolve verso un quadro di insufficienza respiratoria e cuore polmonare. Questa
pneumoconiosi ha spesso un carattere evolutivo anche dopo la cessazione dellesposizione. Il
quadro funzionale quello della fibrosi con associati segni di ostruzione delle vie aeree
(insufficienza ventilatoria restrittiva o mista).
La fibrosi si manifesta radiologicamente con un quadro di tipo reticolare o reticolo-nodulare,
inizialmente con opacit tenui prevalenti ai lobi inferiori; sucessivamente si possono avere
opacit dense, conglomerazione di opacit nodulari o fibrosi massiva, ma tali quadri sono molto
rari. Il quadro RX quindi sempre meno importante rispetto alla silicosi; le opacit prevalgono
ai lobi inferiori e non si escavano. Frequente lispessimento pleurico fino a quadri di
pachipleurite con calcificazioni.

13.3 BERILLIOSI
Lesposizione al berillio (Be), usato nella produzione del fosforo fluorescente e come costituente
di leghe metalliche, puo dare un quadro del tutto simile alla sarcoidosi. La patogenesi riferibile
a reazioni di 4tipo. Il Be provoca una risposta cutanea di tipo ritardato simile a quella
tubercolinica nei pazienti affetti da berilliosi. Inoltre i linfociti di sangue periferico e quelli di
BAL (soprattutto T CD4+) di soggetti che presentano la malattia proliferano in vitro se stimolati
con berillio. La stessa cosa non accade in soggetti che, pur esposti al berillio, non sviluppano la
malattia. Questo suggerisce lesistenza di fattori individuali predisponenti per lo sviluppo di
ipersensibilit nei confronti di questo metallo e quindi delle lesioni a livello polmonare da esso
indotte. Inoltre conferisce valore diagnostico al test di proliferazione linfocitaria in vitro. In
base a recenti acquisizioni sperimentali, il berillio si comporta da aptene che, una volta legato a
proteine endogene,acquista potere antigenico. Dal punto di vista clinico,la berilliosi si manifesta
con un quadro di granulomatosi sistemica del tutto simile alla sarcoidosi. Il granuloma
similsarcoideo con cellule giganti, linfociti, plasmacellule; nel BAL presente linfocitosi di tipo
T. Rispetto alla sarcoidosi si ha un minor interessamento ghiandolare ilare.

13.4 PNEUMOCONIOSI DA POLVERI INERTI
Sono pneumopatie da accumulo nel polmone di polveri che non provocano fibrosi e non
stimolano in maniera particolare la risposta immune. Il danno polmonare dovuto al venir meno
dei meccanismi di depurazione del polmone per il superamento delle capacit della clearance
mucociliare di smaltire tutte le polveri inalate. Se le polveri superano la concentrazione di 10/ml
le normali capacit di depurazione vengono meno e si creer un accumulo di polveri tanto
maggiore quanto maggiore sar la concentrazione nellaria inspirata e quanto pi prolungata sar
lesposizione. In certi casi tali pneumoconiosi possono evolvere in fibrosi sia per la
contemporanea presenza di silice nelle polveri sia per il coesistere di processi flogistici. La
durata di esposizione prima che si manifesti il quadro clinico in genere di molti anni. La non
progressione del quadro clinico dopo la sospensione dellesposizione (perche non esiste
attivazione immunitaria) le differenzia dalle pneumoconiosi fibrosanti.

Tabella 2. Le pneumoconiosi da polveri inerti

POLVERI INERTI
Accumulo e impregnazione del
parenchima
TIPO DI
ESPOSIZIONE LAVORATIVA
Antracosi Minatori e lavoratori del carbone
Grafitosi Lavoratori di grafite
Siderosi Miniere di ferro, laminatoi, industria siderurgica,
saldatori
Pneumoconiosi da Stagno, Cerio,
Bario
Lavorazione del minerale specifico

Nellantracosi, il carbone inalato provoca un danno da sovraccarico dei sistemi di depurazione
bronchiale con accumulo delle polveri a livello bronchiolare, danno dei bronchioli respiratori per
atrofia della muscolatura e dilatazione del lume. Laccumulo delle polveri determina la
formazione del nodulo coniotico costituito da macrofagi che inglobano le particelle di carbone;
questo lo stadio della pneumoconiosi semplice che puo complicarsi con un quadro di fibrosi se
insorgono processi flogistici o per la coesistenza di quote di silice nelle polveri inalate. Il quadro
RX iniziale di pneumoconiosi semplice di tipo reticolare o reticolonodulare mentre nelle forme
di fibrosi massiva prevalgono opacit di varie dimensioni prevalenti ai campi superiori. La
sintomatologia quella delle broncopneumopatie croniche.
La siderosi una pneumoconiosi che si riscontra nei minatori di miniere di Fe, negli addetti ai
laminatoi, negli operai delle acciaierie, nei saldatori. E una pneumoconisi benigna e spesso
asintomatica. Si manifesta allRX con un quadro di reticolonodulazione che puo anche regredire
dopo la sospensione dellesposizione. Nellespettorato di questi soggetti caratteristica la
presenza di macrofagi inglobanti Fe (siderociti). Dal punto di vista anatomopatologico si hanno
macrofagi contenenti Fe in sede bronchiolare, peribronchiolare, perivascolare e linfatica.
Esistono ovviamente forme miste di pneumoconiosi, dovute a polveri fibrosanti associate a
quelle inerti. Va comunque evidenziato che le polveri di carbone esercitano, in alcuni casi, un
effetto protettivo nei riguardi della fibrosi da silice per la presenza di silicato di alluminio che
blocca la tossicit della silice stessa. Dal punto di vista anatomo patologico e radiologico
levoluzione della fibrosi lenta e meno grave rispetto alla silicosi pura. Le forme pi comuni
sono lantracosilicosi (minatori di carbone addetti alla perforazione ed allo spargimanto di
sabbia sulle rotaie) e la siderosilicosi che si riscontra nei lavoratori delle fonderie, negli addetti
alla molatura di materiali ferrosi, nei macinatori di terra docra.
14. NEOPLASIE POLMONARI

I tumori del polmone possono esser distinti in primitivi (se il tumore d'origine polmonare), e
secondari (metastasi di tumori a partenza da altri organi). I tumori primitivi sono, a loro volta,
distinti in benigni e maligni. I tumori benigni sono rari (circa il 5% delle neoplasie), mentre i
maligni (carcinoma broncogeno) rappresentano la stragrande maggioranza. In teoria, ciascuno
degli istotipi presenti nel polmone pu dare origine a neoplasie benigne o maligne, ed infatti la
classificazione dellOMS basata sullistologia.

14.1 TUMORI BENIGNI E A MALIGNITA RIDOTTA

I tumori benigni possono presentarsi con forme istologiche diverse (tabella 1). Alcuni di loro,
pur essendo classificati tra le forme benigne, hanno una certa potenzialit evolutiva. Per queste
forme (tumori carcinoidi e cilindromi), si preferisce parlare di tumori polmonari a basso grado
di malignit. Tali neoplasie evolvono lentamente, recidivano in loco e danno rare metastasi. I
tumori benigni, come quelli a malignit ridotta, devono comunque essere tenuti ben distinti dai
comuni carcinomi broncogeni per listogenesi, levoluzione clinica e il trattamento. A differenza
del carcinoma broncogeno, non riconoscono alcun fattore eziologico particolare. I tumori
periferici (amartoma, fibroma, leiomioma) sono asintomatici e solitamente di riscontro
occasionale; i tumori situati in sede endobronchiale possono simulare un carcinoma broncogeno
oppure dare luogo a processi infettivi ricorrenti o sindromi da ostruzione bronchiale.

TAB 14.1 Classificazione dei tumori benigni e a basso grado (adenomi)
Epiteliali: papilloma, polipo, timoma Origine ignota: amartoma, teratoma,
chemodectoma, t.a cellule chiare
Mesenchimali vascolari: angioma,
linfangiomatosi
Mesenchimali bronchiali: fibroma, condroma,
lipoma, leiomioma, neurinoma, neurofibroma
t.a cellule granulose

Dal punto di vista macroscopico gli adenomi si presentano come neoformazioni con sede in un
bronco principale o lobare, aggettanti nel lume (forma peduncolata), con accrescimento
endobronchiale, oppure si estrinsecano verso il parenchima polmonare assumendo particolari
aspetti definiti ad iceberg (forme sessili). Dal punto di vista istologico si distinguono tumori
carcinoidi (85%), adenomi adeno-cistici, carcinomi mucoepidermoidi, adenomi polimorfi.
Il carcinoide una neoplasia costituita da cellule del sistema APUD e pu quindi essere
inserita nel capitolo delle neoplasie neuroendocrine; sembrano derivare patogeneticamente dalle
cellule di Kultschitzski originate dalla cresta neurale. In base alla sede si distinguono: il
carcinoide a sede centrale che si manifesta con un quadro sintomatologico di tipo ostruttivo; il
carcinoide a sede periferica di riscontro poco frequente e paucisintomatico; e il carcinoma atipico
con comportamento simile al microcitoma, con maggiore linfoinvasivit e possibilit di
metastatizzazione a distanza.
Ladenoma adenocistico insorge frequentemente a livello della trachea o della carena; ha
crescita lenta e progressiva che non si accompagna ad un concomitante peggioramento del
quadro clinico, tanto che la diagnosi spesso posta quando la neoplasia ha raggiunto dimensioni
tali da comprometterne la resecabilit.
Il tumore muco-epidermoide deriva dalle ghiandole mucose del bronco, microscopicamente
pu presentare svariati quadri che dalladenoma muco-epidermoide benigno vanno fino al
carcinoma epidermoide con possibilit di diffusione metastatica, a seconda del grado di
differenziazione.
I tumori misti (adenomi polimorfi) sono solitamente ubicati in trachea e possono raggiungere
dimensioni notevoli richiedendo interventi di ricostruzione tracheale.

14.2 TUMORI MALIGNI (Carcinomi polmonari o broncogeni)

14.2.1 EPIDEMIOLOGIA
Nei primi decenni del secolo, il carcinoma polmonare (CaP) era una vera e propria rarit:
la prima resezione per tumore del polmone, di cui si ha notizia, fu eseguita nel 1933. Oggi la
situazione radicalmente cambiata: il CaP rappresenta la neoplasia toracica pi frequente,
costituendo il 90% di tutte le forme neoplastiche primitive polmonari. Esso anche la neoplasia
pi frequente nell'uomo, e la quinta nel sesso femminile. E la neoplasia che detiene il record
della mortalit.
Secondo i dati dellOMS i nuovi casi di tumore del polmone sono stati 896.000 nel 1985 (11,8%
di tutti i nuovi casi di cancro). La crescita ha tasso di 0,5% all'anno. Il CaP e la neoplasia pi
comune nei maschi (17,6% di tutti i nuovi casi). In Europa, tale percentuale raggiunge il 21% ed
e responsabile del 29% delle morti per cancro nelluomo. Nelle donne, le percentuali sono
sensibilmente inferiori essendo rispettivamente pari al 4 e all'8%. Su base mondiale, il CaP
rappresenta, nella donna, il quinto pi frequente tipo di cancro, ed in rapida crescita. In Italia, si
hanno percentuali che si collocano ai livelli medio-alti Europei, con ampie differenze regionali
tra le regioni del nord (altissimo rischio) e quelle del sud (rischio medio-basso). Globalmente,
nel nostro paese, il numero di nuovi casi di CaP continua ad aumentare, rappresentando la prima
causa di morte per neoplasia. Il picco dincidenza si registra tra la quinta e la sesta decade di vita.
Oltre un terzo dei nuovi casi diagnosticato in soggetti det superiore ai 70 anni. Essendo la
letalit del CaP molto alta, i tassi di mortalit rispecchiano fedelmente i tassi dincidenza. In
Italia il tasso di mortalit di 81 per 100 000 maschi e di 12 per 100 000 femmine. In relazione
allet, il carcinoma del polmone in rapido aumento con incidenza inferiore a 1 per 100 000
prima dei 30 anni e di 329 per 100 000 tra 70 e 74 anni. Alla diagnosi let media di 60 anni.

14.2.2 FATTORI DI RISCHIO E CENNI DI PREVENZIONE
Il CaP, come tutte le neoplasie, una condizione ad insorgenza multifasica e multifattoriale;
numerosi sono i fattori di rischio e nellambito di questi possono essere individuate le seguenti
categorie: fumo di sigaretta, fattori genetici, fattori occupazionali, inquinamento ambientale e
dieta.
Fumo. Numerosi studi hanno evidenziato una reale relazione statisticamente significativa tra
fumo di sigaretta ed incidenza del carcinoma broncogeno. Lincidenza del CaP segue fedelmente
il tabagismo nella popolazione. Secondo una recente stima, in Italia, fuma circa un terzo della
popolazione maschile ed il 18% di quella femminile e la percentuale di decessi per tumore
dellapparato respiratorio da attribuire al fumo di sigaretta pari all87%. Altri studi dimostrano
che le consorti di soggetti fumatori presentano un rischio 2-3 volte pi elevato di contrarre la
malattia; inoltre si dimostrato un incremento significativo (da 35 a 53%) del rischio di
insorgenza di carcinoma broncogeno nei soggetti non fumatori che convivono con fumatori.
Fattori genetici. Le neoplasie polmonari si associano ad anomalie cromosomiche (delezioni,
amplificazioni, mutazioni) a carico della struttura dei cromosomi (3p, 13q e 17p) e del loro
numero.
Un ulteriore approfondimento dei meccanismi genetici della origine del CaP dato dalla recente
scoperta del gene FHIT (fragile histidine triad) che si trova sul braccio corto del cromosoma 3
(regione 3p14.2). anomalie dei prodotti di trascrizione di questo gene sono state riscontrate
soprattutto nei microcitomi ma sono presenti anche nei non-microcitomi. La mutazione pi
studiata quella a carico del gene p53 situato sul 17p: in una quota di pazienti (13-23%) sono
stati rilevati anticorpi che riconoscono la p53.
Fattori occupazionali. E stimato che una percentuale di carcinomi broncogeni (variabile a
seconda delle casistiche, ma sempre molto inferiore a quella legata al fumo) pu essere attribuita
allesposizione occupazionale; gli agenti eziologici possono essere chimici o fisici: radiazioni,
catrame, peci, fuliggini, paraffine grezze oli lubrificanti, asbesto, arsenico, cromo, nichel,
cadmio, silice; comunque da considerare leffetto moltiplicatore del fumo di sigaretta.
Fattori ambientali Il benzopirene ed altri idrocarburi aromatici presenti nellatmosfera si sono
dimostrati cancerogeni nellanimale; queste sostanze hanno la prerogativa di permanere a lungo
nei polmoni per la loro stabilit e per la loro difficile eliminazione. Comparando lincidenza di
neoplasie polmonari negli abitanti delle zone urbane rispetto a quelle rurali, in alcuni si nota per i
primi un aumento di 2-3 volte.
Dieta Lassetto nutrizionale vitaminico considerato un fattore che pu incidere sul rischio per
carcinoma broncogeno: stata evedenziata una correlazione tra maggior consumo di verdure e
minor rischio; il contrario dimostrato per i grassi poliinsaturi.
Cenni di prevenzione
Esistono tre livelli di intervento preventivo per il tumore del polmone: a) prevenzione primaria, il
cui intento quello di diminuire lincidenza della malattia. Questa pertanto si prefigge lo scopo
di far s che la popolazione si ammali di meno. Attualmente, la miglior misura di prevenzione
primaria la lotta al tabagismo. b) prevenzione secondaria, che ha lobbiettivo di diminuire la
mortalit, per cui essa volta al raggiungimento di diagnosi precoci e quindi utili ai fini di un
trattamento adeguato. c) Prevenzione terziaria, il cui scopo quello di controllare le
complicazioni al fine di ottenere una adeguata qualit di vita, senza intervenire sulla
sopravvivenza.

14.2.3 ANATOMIA PATOLOGICA
Dal punto di vista istopatologico, i tumori maligni del polmone traggono origine nel 90-95% dei
casi dallepitelio di rivestimento e dalle ghiandole dellalbero bronchiale. Quattro sono gli
istotipi principali, che, peraltro, vengono distinti in due sole grandi classi: i tumori non
microcitomi (Non Small Cell Lung Cancer NSCLC) ed i microcitomi o tumori a piccole
cellule (SCLC, Small Cell Lung Carcinoma). I primi sono: il carcinoma a cellule squamose o
epidermoide (circa il 40%)), ladenocarcinoma (circa il 20%) ed il carcinoma a grandi cellule
(15%). Fra i secondi sono compresi i tumori indifferenziati a piccole cellule di derivazione
neuroendocrina. Questi due grandi tipi cellulari presentano differente evoluzione clinica e
differente risposta al trattamento. In particolare, i SCLC sono virtualmente disseminati fin
dallinizio, molto invasivi ed a rapida replicazione. Queste caratteristiche fanno si che i SCLC
paradossalmente rispondano meglio nel breve termine alla terapia citotossica.
a) Tumori NSCLC
- Carcinoma squamoso. I carcinomi squamosi si sviluppano come lesioni isolate, nodulari,
rotondeggianti nel contesto del parenchima polmonare, o come tumori endoluminali e
stenosanti all'interno dell'albero bronchiale. La superficie di sezione appare di aspetto friabile,
talvolta granulare e caratteristicamente asciutta. La necrosi del tumore, talvolta visibile come
ampie cavit, tipica degli stadi avanzati. Microscopicamente si osservano complessi epiteliali
uniformi, similepidermici; talvolta sono evidenti le tipiche formazioni a bulbo di cipolla e i
caratteristici ponti intercellulari. La componente cheratinica caratteristicamente responsabile
della formazione di perle epiteliali dette anche perle cornee. Il tumore contiene uno stroma
costituito prevalentemente da collagene di tipo I e III. Immunoistochimicamente, tutti i
carcinomi bronchiali spinocellulari reagiscono con gli anticorpi anticitocheratina.
- Adenocarcinoma L'adenocarcinoma si sviluppa prevalentemente alla periferia dei polmoni e
si caratterizza per la presenza di strutture similghiandolari. Dal punto di vista istochimico,
dimostrabile la presenza di vacuoli secretori nel contesto di cellule epiteliali atipiche. In pi del
50% dei casi si osservano aree focali di differenziazione squamosa. In una elevata percentuale si
possono osservare strutture pleomorfe, sdifferenziate e a cellule giganti.
Esistono quattro sottotipi principali di adenocarcinoma: 1) acinoso; 2) papillare; 3) solido con
formazione di muco 4) bronchioloalveolare. L'adenocarcinoma acinoso caratterizzato da
strutture ghiandolari atipiche. Il carcinoma papillare presenta un modello di crescita a villi
papillari che infiltrano il lume ghiandolare o che crescono all 'interno degli alveoli.
L'adenocarcinoma solido cresce sotto forma di cordoni cellulari solidi. La dimostrazione di
vacuoli citoplasmatici contenenti mucina essenziale per distinguere queste forme dai carcinomi
a grandi cellule. Nel carcinoma bronchioloalveolare, le cellule tumorali aderiscono strettamente
alle pareti alveolari preesistenti. Attualmente, si ritiene che l'epitelio della parte terminale del
bronchiolo, le cellule di Clara (cellule presenti su bronchi e bronchioli coinvolte nella secrezione
della sostanza tensioattiva polmonare) o i pneumociti di tipo II siano le cellule d'origine del
carcinoma bronchioloalveolare.
- Carcinoma a grandi cellule La classificazione dell'OMS considera ancora il carcinoma a grandi
cellule come entit a se stante, nonostante sia sempre pi evidente che i carcinomi a grandi
cellule sono varianti degli adenocarcinomi e, talvolta, dei carcinomi spinocellulari. Dal punto di
vista istochimico, sono espressi diversi marcatori epiteliali, fra cui la cheratina, l'antigene
epiteliale di membrana (EMA) ed il CEA. Nel carcinoma a grandi cellule possono osservarsi
segni di differenziazione esocrina e/o neuroendocrina.
b) Tumori SCLC
- Carcinoma a piccole cellule Il carcinoma polmonare a piccole cellule si sviluppa di solito
centralmente, mostrando una crescita a cuffia peribronchiale e perivascolare. Al microscopio
ottico documentabile la presenza di piccole cellule con nuclei apparentemente vuoti e con poco
citoplasma. Le cellule assomigliano ai linfociti e possono avere un aspetto fusiforme. Il
carcinoma a piccole cellule pu essere del tipo "a chicco d'avena" (circa l'88%) o di tipo cellulare
intermedio. Se un carcinoma a piccole cellule contiene anche significative aree di
differenziazione istologica in senso spinocellulare e/o di adenocarcinoma denominato
carcinoma "combinato". Dal punto di vista citologico, le cellule tumorali sono di dimensioni 1,5
volte pi grandi dei linfociti, sono disposte in ampi cordoni e presentano nuclei ipercromatici di
forma irregolare spesso senza nucleoli e con sottili margini citoplasmatici. Le indagini
immunoistochimiche sono utili per l'ulteriore caratterizzazione. Nel carcinoma a piccole cellule,
originantesi da cellule simili a quelle del sistema neuroendocrino, dimostrabile la presenza di
sostanze simil-ormonali. Al microscopio elettronico si possono osservare strutture analoghe ai
granuli neurosecretori intracitoplasmatici. Nel 95% dei casi, le cellule contengono granuli
elettrondensi. Questi granuli contengono, tra gli altri peptidi, l'enolasi neurospecifica (NSE).
Dal punto di vista istogenetico, il carcinoma a piccole cellule deriverebbe dalle cellule endocrine
del Kultschitzky del sistema bronchiale (il cosiddetto sistema APUD). Differiscono dai
carcinoidi per le loro caratteristiche pleomorfe, per l'invasione locale e vascolare, per la fibrosi
stromale, per l'attivit mitotica e per l'entit della necrosi.
Utilizzando marcatori di proliferazione, i carcinomi a piccole cellule rivelano frazioni di crescita
del 50% in confronto al 10% circa degli adenocarcinomi. Questo si correla bene con un tempo di
raddoppiamento approssimativo di 50 giorni, rispetto ai 183 giorni degli adenocarcinomi.

c) Tipi speciali di tumori del polmone e lesioni preneoplastiche
Carcinoma occulto. Si parla di carcinoma occulto, quando si rinvengono cellule tumorali con
l'esame citologico dell'escreato in presenza di negativit radiologica. In tali situazioni cliniche
necessario effettuare immediatamente l'esame endoscopico, possibilmente con metodiche in
grado di identificare un carcinoma ad uno stadio precoce di sviluppo.
Microcarcinoma. Tale termine usato per i tumori primitivi del polmone che misurano meno di
3 mm, in assenza di malattia polmonare clinicamente rilevabile. Istologicamente la maggior
parte dei microcarcinomi polmonari sono carcinomi a piccole cellule con diffusione metastatica
gi estesa, clinicamente manifesta. All'autopsia la minuta lesione primaria pu in alcuni casi
essere rilevata solo dopo l'attenta preparazione dell'intero sistema bronchiale.
Formazioni neoplastiformi (Tumorlets) Le formazioni neoplastiformi sono proliferazioni
epiteliali atipiche a carico del bronchiolo terminale nelle zona di passaggio alla componente
alveolare. Si rinvengono frequentemente negli stadi avanzati della fibrosi polmonare,
particolarmente nell'asbestosi, e nel tessuto polmonare dopo chemioterapia citotossica. Le
formazioni neoplastiformi sono focali, visibili solo microscopicamente, talvolta multiple. Si
pensa che siano precursori dei carcinomi a piccole cellule periferici.
La diffusione linfatica del carcinoma polmonare colpisce inizialmente i linfonodi regionali
peribronchiali ed ilari, successivamente i linfonodi mediastinici omolaterali e infine i
controlaterali.
La sede pi frequente di metastatizzazione per via ematica risulta essere il fegato (40%); altri
organi interessati sono lo scheletro (29%), surrene (26%), sistema nervoso centrale (14%) con
differenze dovute al tipo istologico del tumore primitivo.

14.2.4 CLASSIFICAZIONE TNM
La stadiazione una misura dell'estensione della neoplasia. Si determina la dimensione del
tumore, la sede ed il grado di infiltrazione loco-regionale (T). Successivamente, viene valutata la
presenza di disseminazione linfatica (N) o ematogena (M). In base a questi parametri viene
assegnato lo stadio. Le definizioni del grado di estensione della malattia neoplastica (TNM) per i
NSCLC sono adottate universalmente e consentono confronti di casistiche all'interno della stessa
istituzione, o tra istituzioni diverse. La stretta correlazione esistente fra estensione di malattia
(stadio) da un lato e possibilit terapeutiche e prognosi dallaltro di estremo valore per il
singolo paziente. La classificazione TNM attualmente in uso stata proposta da C. Mountain nel
1986 e riveduta nel 2009 (Tab 2).

Tabella 2. Classificazione TNM 2009
T
T0
T1s
T1

T1a
T1b
T2


T2a
T2b
T3



T4

Tumore primitivo
Nessuna evidenza di tumore primitivo
Carcinoma in situ
Tumore del diametro <3 cm circondato da parenchima pomonare o pleura viscerale con al massimo
infiltrazione del bronco lobare
< 2 cm
tra 2 e 3 cm
Tumore del diametro > 3 cm ma < 7 cm oppure tumore associato a: 1) infiltrazione del bronco principale con
distanza > 2 cm dalla carena o 2) infiltrazione della pleura viscerale o 3) atelettasia o polmonite ostruttiva che
dallilo si porta alla pleura viscerale senza interessare lintero parenchima
< 5 cm
tra 5 e 7 cm
Tumore del diametro > 7 cm oppure con invasione di 1) parete toracica, diaframma, nervo frenico, pleura
mediastinica, pericardio, bronco principale ad una distanza < 2 cm dalla carena (senza coinvolgimento della
carena) o 2) atelettasia o polmonite ostruttiva dellintero polmone omolaterale o 3) lesioni tumorali
multicentriche nello stesso lobo
Tumore di qualsiasi diametro che infiltri il mediastino, cuore, grossi vasi, trachea, nervo laringeo ricorrente,
esofago, corpo vertebrale, carena. Oppure lesioni tumorali multicentriche in lobi diversi o con versamento
pleurico citologicamente positivo.
N
N0
N1
N2
N3
Linfonodi regionali
Assenza di interessamento linfonodale
Metastasi linfonodali peribronchiali o ilari omolaterali ovvero intrapolmonari incluso linteressamento per
continuit
Metastasi linfonodali mediastiniche e/o sottocarenali
Metastasi nei linfonodi mediastinici contro laterali, ilari contro laterali o sopraclavicolari o
omolaterali/controlaterali a carico della catena del m. scaleno
M
M0
M1a

M1b
Metastasi a distanza
Assenza di metastasi a distanza
Noduli neoplastici nel polmone controlaterale, localizzazioni pleuriche, versamento pleurico o pericardico con
citologia positiva
Presenza di metastasi a distanza

Le varie combinazioni TNM sono raggruppate in un piccolo numero di stadi di malattia cos che
in ogni stadio vi sia un'aspettativa di vita comparabile. La Tabella 3 riassume le modalit di
raggruppamento in stadi.

Stadi secondo il TNM T N M
Stadio 0
Stadio Ia
Stadio Ib
T1s
T1a-T1b
T2a
N0
N0
N0
M0
M0
M0
Stadio IIa T1a-T2a N1 M0
Stadio IIb T2b
T3
N1
N0
M0
M0
Stadio IIIa T1a-T3
T3
T4
N2
N1
N0-N1
M0
M0
M0
Stadio IIIB T4
T1a-T4
N2
N3
M0
M0
Stadio IV Tutti i T Tutti gli N M1a o M1b


Per quanto riguarda i SCLC, la classificazione molto pi semplice, indicando una forma
localizzata (confinata ad un emitorace ed ai LN regionali compresi in una finestra TC) ed una
forma diffusa. Solo di recente si cominciato ad utilizzare il TNM anche per il carcinoma a
piccole cellule

14.2.5 PRESENTAZIONE CLINICA
La storia naturale del tumore polmonare, come per tutti i tumori maligni, inizia con il
carcinoma in situ. Con linizio dellaccrescimento locale e dei fenomeni invasivi, il cancro del
polmone pu dare origine a segni e sintomi che dipendono dalla crescita locale del tumore,
dallinvasione delle strutture circostanti e dei linfatici (vedi figura 1), dalla diffusione
metastatica sistemica ed infine da effetti a distanza della malattia neoplastica (sindromi
paraneoplastiche).
I sintomi e segni locali sono dovuti alla crescita del tumore entro il parenchima. Poich il
parenchima polmonare non ha recettori algogeni, il tumore pu anche crescere senza
manifestarsi e dare segno di s solo quando invade qualche struttura non muta. Linvasione dei
bronchi pu causare tosse, emottisi, dispnea. Latelettasia pu favorire linsorgenza di polmonite
e talvolta ascesso. Non infrequente diagnosticare occasionalmente il CaP proprio in corso di
polmonite. Date le strutture anatomiche contigue, il CaP pu anche presentarsi come:
- Sindrome di Pancoast (algie persistenti alla spalla e al braccio) dovuta allinvasione del plesso
brachiale
- Sindrome di Claude Bernard-Horner (miosi ptosi, enoftalmo), da deficit dellortosimpatico
cervicale che decorre presso lapice polmonare. La sindrome irritativi di Pourfur-Petit (midriasi,
retrazione palpebrale) rarissima. Queste tre sindromi sono dovute ai tumori dellapice, presso
cui decorrono le strutture nervose.
- Disfagia, da interessamento dellesofago
- Disfonia, da deficit e compressione del ricorrente
- Singhiozzo, da irritazione del frenico o paralisi di un emidiaframma da compressione del
frenico con dispnea
- Versamento pericardico, con turgore delle giugulari, aritmie, segni di tamponamento.
- Sindrome della vena cava superiore, con edema a mantellina
- Versamento pleurico. Questultimo pu associarsi o no a dolore pleurico e provocare dispnea
quando diventa molto abbondante.
I segni e sintomi da replicazione metastatica dipendono ovviamente dalla sede della metastasi.
Sedi preferenziali di metastatizzazione sono: surrene, ossa della gabbia toracica, vertebre e
bacino (dolori ossei profondi e intensi), encefalo (crisi comiziali, sindrome psicorganica, deficit
della coordinazione e movimenti fini), pleura e pericardio (versamenti), fegato ed il polmone
stesso. Non raro scoprire il CaP solo in seguito a manifestazioni delle sue metastasi.
Le sindromi paraneoplastiche sono rare (5% dei CaP) e sono dovute allazione di
sostanze secrete dal tumore e dotate di attivit biologica. Tali sindromi sono pi frequenti con i
SCLC e sono riassunte in tabella 4.

Tabella 4 Sindromi Paraneoplastiche
Endocrine Cushing, S.da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico, iperglicemia,
iperparatiroidismo, ginecomastia.
Neuromuscolari S. miasteniforme (di Lambert-Eaton), parestesie, polinevriti
Dermatologiche Acanthosis nigricans, sclerodermie localizzate, ipertricosi
Vascolari Tromboflebiti ricorrenti e migranti (anche trombosi arteriose)
Osteoarticloari Poliartralgie non infiammatorie, ippocratismo digitale




14.2.6 DIAGNOSI E STAGING
La fase diagnostica e la successiva valutazione dell'estensione di malattia richiedono l'impiego
razionale e ordinato dei molti metodi oggi disponibili (tab 14.5). Un approccio di tipo
sequenziale prevede diversi interventi, partendo comunque da anamnesi, esame obiettivo, RX
torace ed esami ematochimici. Ricordiamo che spesso, in presenza di sintomi suggestivi ed
esposizione a fumo, il solo RX torace consente di indirizzare la diagnosi. E altres vero che il
CaP, una volta individuato deve essere tipizzato (istotipo) e stadiato (estensione TNM).

Tab 14.5 Procedure diagnostiche
Primo livello Secondo livello Terzo livello
Anamnesi ed esame obiettivo
Esame emocromocitometrico
Esami ematochimici completi
Rx torace (2 proiezioni: PA-LL)
TAC torace
Fibrobroncoscopia (biopsia, brushing,
BAL per esami citoistologici)
Prove di funzionalit respiratoria
Toracoscopia
Mediastinoscopia
L.I.F.E. (Lung Imaging Fluorescence
Endoscopy)
Esame citologico su espettorato
Marker tum. (CEA, NSE, CYFRA)
Toracentesi (in caso di versamento )
Agoaspirato transparietale (sotto guida
TAC o ecografica)
Scintigrafia ossea
Scintigrafia polmonare perfusoria
TAC total body
NMR

Le tecniche di imaging, consentono la stadiazione macroscopica (estensione, localizzazione,
linfonodi, metastasi).
La diagnosi tipizzazione pu essere sia citologica che istologica. La certezza della diagnosi
dipende dalla quantit di cellule maligne non necrotiche presenti nel campione bioptico. Vi sono
almeno 6 diversi materiali biologici che possono essere prelevati per esame citologico:
espettorato, lavaggio bronchiale, spazzolamento bronchiale, lavaggio bronco-alveolae, aspirato
transbronchiale e transtoracico. I prelievi di tessuto per esame istologico sono invece eseguiti
mediante biopsie bronchiali, transbronchiali, transtoraciche, toracoscopiche, biopsie a torace
aperto (dalle biopsie cuneiformi o resezioni atipiche alle segmentectomie, lobectomie e
pneumonectomie), biopsie di eventuali sedi metastatiche linfonodali (mediastinoscopia,
mediastinotomia, biopsia di linfonodi sovraclaveari e scalenici). Ovviamente, questi ultimi
prelievi, oltre a confermare la natura e l'istotipo della lesione, servono a documentarne
l'estensione di malattia (informazioni di staging).
La diagnosi patologica presenta difficolt diverse a seconda della collocazione centrale o
periferica del tumore primario. Per le lesioni centrali endoscopicamente visibili, la conferma
cito-istologica si ottiene di solito tramite citologia dell'espettorato o con biopsia-abrasione e
broncoaspirato in corso di fibrobroncoscopia. Per le lesioni periferiche, la possibilit di una
diagnosi patologica funzione del diametro della lesione (essendo molto bassa per le lesioni
inferiori a 2 cm) e della sua collocazione topografica. La combinazione di lavaggio bronchiale,
abrasione e biopsia bronchiale con ago e con pinze consente di ottenere la diagnosi in quasi la
totalit dei casi in cui la presenza di una neoplasia dia segni endoscopici. Inoltre l'impiego,
entrato progressivamente nella pratica clinica, del prelievo per agoaspirazione transtoracica sotto
guida radiologica, consente di ottenere una definizione diagnostica nella stragrande maggioranza
delle lesioni polmonari periferiche. Tuttavia, qualora la fibrobroncoscopia e l'agobiopsia
transtoracica risultino negative, in assenza di una specifica diagnosi di patologia benigna,
occorre obbligatoriamente giungere a una diagnosi ricorrendo, se necessario, a uno dei
procedimenti bioptici di natura chirurgica gi accennati.
I markers tumorali possono essere di supporto diagnostico, ma da isolatamente sono privi di
valore, mentre sono utili per il follow-up. Abbastanza istotipo specifici sono il CYFRA
(CYtokeratine Fragment) per il Ca epidermoide e lNSE (neurospecific enolase) per il SCLC.
Gli altri marcatori (aFP, CA19.9, CEA) sono comuni a tutte le neoplasie di derivazione
epiteliale.

14.2.7 CENNI DI TERAPIA E PROGNOSI
Nel NSCLC gli interventi terapeutici possono essere raggruppati in: ad intento radicale e ad
intento palliativo. La scelta possibile solo dopo aver preso in considerazione i fattori
prognostici. Per pazienti in stadio I e II, le determinanti prognostiche da considerare sono le
dimensioni del tumore e la presenza o meno di metastasi linfonodali. Per pazienti in stadio III e
IV, fattori prognostici importanti sono lavanzamento di stadio, dal IIIA al IIIB e al IV, lo stato
di validit generale del paziente. La chirurgia rappresenta la modalit terapeutica pi efficace in
quanto lunica che pu garantire con buona probabilit la guarigione nel tempo, anche se pi
del 50% dei casi inoperabile al momento della diagnosi. Il restante 45-55% dei casi risulta
clinicamente operabile e di questi il 40% rappresentato da carcinomi al I e II stadio. La
sopravvivenza a 5 anni varia da circa il 75% dello stadio I a circa il 40% nello stadio II. Per
pazienti in stadio IIIA (con metastasi linfonodali al mediastino omolaterale e/o sottocarenali), il
trattamento chirurgico ha scarsi risultati per cui utilizzato in combinazione (chirurgia +
radioterapia e/o chemioterapia). Nello stadio IIIA, in questi ultimi anni, ha acquisto popolarit
crescente limpiego della chemioterapia (neoadiuvante) seguita dallintervento chirurgico. Per i
pazienti allo stadio IIIB (mediastinico e metastasi ai linfonodi mediastinici controlaterali o
sovraclaveari), escluso qualsiasi trattamento chirurgico, con possibilit invece di trattamenti
di combinazione con chemio- e radioterapia o con sola chemioterapia. In ogni caso, per i tumori
allo stadio IIIA e IIIB la tendenza quella di impiegare il trattamento combinato (controllo
locale chirurgico o la radioterapico, e controllo della malattia metastatica con la chemioterapia).
Per i pazienti con evidenza di metastasi a distanza, stadio IV, il solo trattamento possibile
rappresentato dalla chemioterapia palliativa. Nei casi in cui il tumore determini ostruzione
endoluminale della trachea e dei grossi bronchi possibile procedere a tecniche disostruttive
endobronchiali (laserterapia o radioterapia endobronchiale) con buoni risultati in termini di
qualit di vita.
Per il SCLC, il trattamento ha subito negli ultimi venti anni profonde modifiche, dal momento
che la natura sistemica e la capacit di diffusione a distanza hanno reso evidente linefficacia dei
trattamenti locoregionali. Di fatto, la chirurgia e la radioterapia da sole non costituiscono un
trattamento efficace (sopravvivenza dell1-3% a 5 anni). Tuttavia, sulla base di alcune
considerazioni, possibile definire il ruolo che ciascuna delle due modalit occupa attualmente
nel trattamento del SCLC. La radioterapia trova utilizzo nei pazienti con malattia limitata,
garantendo un buon controllo locoregionale e un miglioramento della sopravvivenza con
migliore beneficio in combinazione con la chemioterapia. La radioterapia poi indicata nel
trattamento del SNC a scopo precauzionale, come radioterapia di profilassi, nei pazienti che
hanno conseguito la remissione completa e come terapia palliativa in caso di metastasi cerebrali.
In casi selezionati la chirurgia pu trovare spazio quale trattamento iniziale o preceduto dalla
chemioterapia. La polichemioterapia costituisce il trattamento di scelta del SCLC.
Levoluzione del carcinoma polmonare non sottoposto a terapia molto rapida, con una
sopravvivenza che nellistotipo a piccole cellule di circa 6 settimane, mentre negli istotipi non
a piccole cellule pu raggiungere una durata maggiore, pari a una sopravvivenza media di 12
settimane. Nelle forme non a piccole cellule la sopravvivenza a 5 anni del 60-70% allo stadio I
e del 40-50% dei casi allo stadio II, dopo resezione. Si riduce nei pazienti allo stadio IIIA dal 15-
40% a meno del 5-30% rispettivamente dopo chirurgia o dopo chirurgia/radioterapia o
chemioterapia/chirurgia. Nei pazienti allo stadio IIIB e IV la sopravvivenza a 5 anni minore
dell1% dei casi.
Per il SCLC la sopravvivenza libera da malattia superiore a 5 anni raggiungibile nel 10% dei
pazienti con malattia limitata. Nei pazienti con malattia estesa la durata di risposta alla
chemioterapia di 6 mesi e la sopravvivenza mediana di 6-7 mesi.


14.3 NODULO POLMONARE SOLITARIO

Un nodulo polmonare solitario o coin lesion una lesione singola, rotondeggiante, di diametro
<3 cm, circondata da parenchima polmonare senza altre anomalie (non atelettasia associata,
non adenopatie).
Le lesioni > 3 cm sono chiamate masse e sono maligne in circa io 90% dei casi. Vale comunque la
regola che ogni lesione dovrebbe essere considerata maligna sino a prova contraria. Un nodulo
polmonare solitario compare in circa lo 0,1-0.2 % di tutti i radiogrammi toracici. Nel 90% dei casi
un riscontro occasionale, su radiogrammi eseguiti per motivi non correlati al nodulo. La diagnosi
precoce di un nodulo maligno pu garantire una sopravvivenza dell80% a 5 anni. Le principali
cause di nodulo solitario sono elencate in tabella 1






TABELLA 1. Diagnosi differenziale del nodulo polmonare solitario
BENIGNI MALIGNI
Displastici: amartoma, fibroma, neurofibroma
Infiammatori infettivi: granuloma (TBC, nocardia, histoplasma, aspergilo,
criptococco), ascesso, cisti idatidea, embolo settico
Infiammatori non infettivi: artrite reumatoride, granulomatosi di wegener,
sarcoidosi, polmonite lipoidea, amiloidosi.
Congeniti: malformazione arterovenosa, sequestro polmonare, cisti
Altre: tappo mucoso, infarto polmonare, atelettasia rotonda
neoplasie primitive
carcinomi
linfomi
carcinoide
sarcomi
metastasi solitarie

Esistono alcuni criteri RX che fanno propendere per la natura benigna dei un nodulo solitario:
- calcificazioni diffuse, centrali, laminari, concentriche, a popcorn (calcificazioni non strutturate,
stipate o eccentriche sono presenti anche nei noduli maligni)
- presenza di tessuto adiposo intralesionale
- assenza di crescita volumetrica per un periodo superiore ai 2 anni; importante il cosiddetto
tempo di raddoppiamento di un nodulo, che se maligno varia da 40 a 360 giorni, mentre quello di un
nodulo benigno < 30 giorni o > 16 mesi; se la lesione sferica un aumento del diametro del 30%
corrisponde ad un raddoppiamento del volume. Bisogna considerare sospetto anche un aumento
maggiore del 10% del diametro medio rispetto alle dimensioni iniziali
- un nodulo non presente ad un esame eseguito meno di 2 mesi prima non pu essere considerato
maligno.
Il passo successivo lesecuzione di TC del torace, che consente di riconoscere e caratterizzare la
forma, i margini e la densit del nodulo. Anche qui esistono criteri suggestivi di benignit: margini
regolari, contorni definiti, broncogramma aereo, forma ovoidale o lineare, calcificazioni, contenuto
adiposo. Sono sospetti per malignit: i margini spiculati, i contorni mal definiti, le calcificazioni
non di tipo benigno, la necrosi e linteressamento pleurico. La risonanza magnetica ha un ruolo
molto limitato nel NPS e pu essere indicata nei pazienti allergici al MdC o per un migliore
riconoscimento delle strutture degli apici polmonari e del mediastino. La tomografia a emissione di
positroni (PET) pi accurata della TC nell imaging neoplastico in quanto consente una pi
precisa attribuzione anatomica delle sedi di ipercaptazione del tracciante e nel riconoscere metastasi
linfonodali, permettendo inoltre di distinguere tra metastasi e linfonodi reattivi. lindagine con il
miglior potenziale di predittivo di malignit. Alla PET, possono dare falsi negativi i noduli inferiori
a 10 mm (sensibilit 69%), i tumori con ridotta attivit metabolica (carcinoide polmonare,
carcinoma bronchiolo-alveolare), mentre possono dare falsi positivi i processi infettivi/infiammatori
(TBC, sarcoidosi, aspergillosi noduli reumatoidi, bronchiectasie, ascessi, granulomi). I falsi
negativi sono tuttavia pi rari dei falsi positivi e quindi un nodulo solitario negativo alla PET,
benigno con una probabilit di circa il 90%.
In tabella 2 sono riportate le caratteristiche maggiormente correlate alla probabilit che un nodulo
sia maligno

Dimensioni nodulo > 2 cm
Caratteristiche del paziente Et > 70 anni, storia di fumo, pregressi tumori maligni
Morfologia Margini irregolari o spiculati. Calcificazioni non organizzate
Se cavitato, spessore della parete della cavit > 15 mm
TC Enhancement > 15 HU
PET Captazione > 2.5 SUV (Standard Uptake Value)
Tempo di raddoppiamento >7 e < 400 giorni


La migliore strategia per gestire un nodulo solitario legata alla sua probabilit di essere maligno.
Possiamo classificare i NPS in 3 categorie:
noduli benigni: completamente calcifici o con calcificazioni a distribuzione di tipo benigno, con
densit di tipo adiposo, stabili per almeno 2 anni, di dimensioni <50 mm
3
. Tali crteri, ovviamente
non escludono la malignit al 100%.
noduli indeterminati: noduli di tipo non benigno ma con dimensioni comprese tra 50 e 500 mm
3

(diametro medio 10 mm), oppure con caratteristiche benigne ma con margini spiculati (almeno in
qualche parte)
noduli sospetti: noduli di tipo non benigno e con dimensioni >500 mm
3

Nel caso di nodulo definito benigno, ci si limita ad eseguire un controllo PET a 12 e 24 mesi. In
caso di crescita o aumento dellattivit metabolica si procede alla biopsia. Nel caso di nodulo
indeterminato, una PET positiva implica lesecuzione della biopsia, mentre se la PET negativa si
procede al follow-up a 3-6 mesi. Se le dimensioni non aumentano si ricontrolla ad 1 anno,
altrimenti si esegue la biopsia. Per il nodulo sospetto, se la PET positiva si passa alla biopsia,
mentre se negativa ci si comporta come per il nodulo indeterminato.

14.4 TUMORI METASTATICI DEL POLMONE

14.4.1 GENERALITA
Il polmone rappresenta la sede pi frequente di metastasi (circa il 30% di tutti i tumori maligni
presentano diffusione polmonare) ed in circa la met dei casi, il polmone risulta essere la sola sede
di diffusione del tumore primitivo. Occorre comunque tenere presente che un nodulo solitario
polmonare anche in pazienti con storia oncologica positiva pu rappresentare un tumore primitivo
del polmone. Questo vale specialmente nei pazienti con Ca testa-collo, ove la distribuzione
anatomica della seconda neoplasia riflette il concetto della cancerogenesi di area (field
cancerization), dovuta allesposizione dellintera zona aerodigestiva a un comune agente
mutageno.
Le metastasi polmonari pi frequenti sono quelle da:
- mammella
- colon-retto
- melanoma
- rene
- apparato genitale maschile e femminile
- tumore a cellule germinali (non seminomatoso)
- sarcomi dei tessuti molli
- sarcoma osteogenetico
Per questi tumori, il polmone non lunico sito di metastasi. La mammella metastatizza
frequentemente anche allapparato muscolo scheletrico, il colon al fegato, il melanoma allencefalo.
Nel caso dei tumori dei tessuti molli e del sarcoma osteogenetico il polmone il solo sito di
metastasi nel 70% dei casi.
Nella maggior parte dei casi le metastasi polmonari si presentano alla periferia del polmone con
localizzazione subpleurica, mentre lo sviluppo bronchiale relativamente poco comune (ad
eccezione di melanoma, tumori germinali e carcinoma renale).
Il quadro sintomatologico del cancro metastatico polmonare passa di solito in secondo piano
rispetto a quello determinato dal tumore primitivo, ma nel 10-20% dei casi la dimostrazione
radiologica dellinvasione metastatica del polmone lunico segno del tumore, la cui sede dorigine
pu restare ignota. Le localizzazioni periferiche rimangono asintomatiche anche per lunghi periodi,
per poi manifestarsi con dolore toracico di tipo pleuritico o con sintomi causati da PNX o
versamento pleurico. Nelle pi rare localizzazioni centrali, i sintomi che possono manifestarsi sono
quelli da ostruzione bronchiale, tosse ed emoftoe.
Le manifestazioni radiologiche vengono suddivise in:
- Opacit polmonari multiple: di solito bilaterali (reperto frequente nei carcinomi del rene, della
mammella, del testicolo e della tiroide).
- Micronodulazione diffusa: compare quasi esclusivamente in corso di metastasi ematogene
provenienti da tumori riccamente vascolarizzati, quali il carcinoma renale, della tiroide,
losteosarcoma, ed il corionepitelioma.
- Linfangite carcinomatosa: lespressione dellinvasione maligna dei linfatici polmonari, e si
manifesta con una marcata accentuazione del disegno broncovasale. Pu associarsi ad una
nodulazione, con un aspetto reticolo-nodulare. Possono dare questo quadro tumore della
mammella, stomaco, tiroide, pancreas, laringe, e lo stesso K polmonare.
- Opacit solitaria, a moneta: relativamente pi rara, solo il 3% di simili opacit determinato
da una metastasi.

14.4.2 TERAPIA CHIRURGICA
Lintervento chirurgico di resezione di metastasi polmonari pu aver un intento curativo, palliativo
o diagnostico. I criteri di selezione per la resezione di metastasi con intento curativo sono i seguenti:
1. Lesione primaria completamente controllata
2. Il tipo istologico del tumore primitivo deve essere conosciuto
3. Le lesioni metastatiche devono essere limitate al polmone
4. Il tumore deve avere un tempo di raddoppiamento lento
5. Tutte le metastasi devono essere resecabili, con un rischio operatorio accettabile e un residuo
funzionale respiratorio adeguato
6. Intervallo libero tra terapia del tumore primitivo e insorgenza delle metastasi accettabile (in
genere almeno >12 mesi)
7. Assenza di valide terapie alternative (chemioterapia)
Lintervento chirurgico deve essere economico nel senso di risparmiare pi tessuto polmonare
possibile. In genere si praticano wedge resection o metastasectomie (precise resection), pi
raramente segmentectomie o lobectomie. Si utilizza solitamente la toracotomia/minitoracotomia.
La metastasectomia unica rappresenta un caso particolare perch pu esservi il dubbio di un tumore
primitivo, dubbio che pu restare anche dopo lexeresi: in questi casi preferibile una lobectomia
ad una resezione limitata.

15. MESOTELIOMA PLEURICO MALIGNO

I tumori pleurici primitivi si dividono in benigni e maligni. Tra i primi vi il mesotelioma
localizzato fibroso, che origina dalla pleura viscerale spesso in forma peduncolata, e la placca
pleurica ialina, che origina pi spesso dalla pleura perietale costale: queste placche, che non
danno gravi manifestazioni cliniche, sono spesso calcifiche e bilaterali.
Le neoplasie secondarie sono di gran lunga pi comuni, e derivano per via ematica o linfatica
dal polmone, dalla mammella e dallo stomaco. Tra i tumori pleurici primitivi assume una
particolare rilevanza il mesotelioma pleurico maligno (MPM), perch viene riscontrato
clinicamente molto pi di frequente rispetto alle altre neoplasie primitive, per la sua refrattariet
alle attuali terapie e per lassociazione allasbesto.

15.1 EPIDEMIOLOGIA
Il MPM una neoplasia rara, ma la sua incidenza aumenta in alcune aree dal 1950 ad oggi; ci
rispecchia lesposizione ad asbesto (A), risalente almeno ad alcune decadi fa, e visto che
lutilizzo dellA cresciuto dalla seconda guerra mondiale alla fine degli anni 70, si pensa che
lincidenza di MPM aumenter ancora per alcuni decenni nei paesi industrializzati. Lincidenza
mondiale di 1-2 per milione ogni anno, ma vi sono notevoli variazioni geografiche, dovute
soprattutto alla presenza di cantieristica navale. I casi nei maschi superano di molto quelli nelle
femmine. Il lungo periodo di latenza per lo sviluppo del MPM, 30-40 anni, determina una
crescita dellincidenza per almeno un pari numero di anni dallemanazione di leggi che limitino
decisamente lutilizzo dellA. In Italia nel periodo 1970-1990 il tasso annuo di mortalit
passato da 0.78 a 1.31 per 100,000 e il numero annuo di decessi da 375 a 826. Tra il 1994 e il
1998, il Registro Mesoteliomi della Liguria, ha registrato 495 nuove diagnosi. Let media alla
diagnosi di circa 60 anni, anche se sporadici casi sono segnalati in bambini. I lavoratori addetti
alla coibentazione, quelli delle miniere e della manifattura dellA, sono ad alto rischio. Anche le
donne che convivono con questi lavoratori sono a rischio, a causa dellA che si deposita sugli
abiti da lavoro.

15. 2 EZIOPATOGENESI
Asbesto o amianto (A) un termine commerciale che designa una serie di fibre minerali
resistenti al calore e allattrito. LA ha molteplici applicazioni, ma viene utilizzato soprattutto nel
settore della cantieristica navale, delledilizia e della fabbricazione di tessuti ignifughi.
Lesposizione allA pericolosa non solo per chi lo manipola direttamente, ma anche per chi
soggiorna negli stessi ambienti dove lA utilizzato (esposizione paraoccupazionale) e per i
conviventi dei lavoratori. LA liberato dal normale invecchiamento di edifici in cui esso
contenuto pericoloso per la popolazione generale (esposizione ambientale).
Nel 1960 Wagner dimostr lassociazione tra A e MPM, sulla base dellesposizione, del
riscontro dei corpi dellA nel polmone e della capacit cancerogena dei vari tipi di A se iniettati
nelle cavit sierose di animali. Intorno al 1960 fu anche evidenziata lassociazione dellA con il
mesotelioma peritoneale e pericardico e con il tumore polmonare.
La cancerogenicit legata alla struttura fibrosa dellA e alle dimensioni dei vari tipi di fibre, in
relazione alla capacit di arrivare e permanere in fondo allalbero respiratorio. Le fibre di
diametro inferiore a 0.25 e di lunghezza maggiore di 8 (anfiboli) sono pi pericolose delle
fibre pi corte e pi spesse, che tendono invece a dare asbestosi (Figura 1). Le fibre, giunte in
fondo allalbero respiratorio, vengono fagocitate dai macrofagi polmonari che per non riescono
ad eliminarle, per la conformazione fisica che non consente un inglobamento totale, provocando
uninfiammazione e la produzione di radicali liberi. Si determinato che lA catalizza la
riduzione da H
2
O
2
a OH

altamente reattivo, instabile e tossico, che danneggia la parete cellulare


e secondariamente produce anione superossido. Leffetto tossico dellA sembra essere mediato
dal contenuto in ferro. Le fibre lunghe di A inducono oltretutto la produzione di citochine e
fattori di crescita che promuovono la progressione neoplastica delle cellule mesoteliali
determinando mutagenesi e miscoding del DNA mesoteliale.
Sporadicamente appaiono tumori mesoteliali dopo radioterapia o infiammazioni croniche. Il
MPM prodotto sperimentalmente da vari agenti: il virus della leucosi aviaria, il
dietilstilbestrolo e la sterigmatocistina, un metabolita della muffa; recentemente il virus SV40
inserito nel cavo pleurico di hamster ha provocato MPM. Questi riscontri, e il fatto che 10-30%
dei casi non sono associati allesposizione ad A, implica che fibre non asbestiformi e altri
cancerogeni possano avere un ruolo causale. Il fumo non aumenta il rischio di MPM.



15. 3 ANATOMIA PATOLOGICA
Nei primi stadi il MPM si presenta come multipli foci prominenti sulla pleura parietale in forma
di minuscole vegetazioni o di accumuli circolari; negli stadi successivi, subentra la confluenza
dei foci, con incarceramento del polmone in toto e dei singoli lobi. La corazza tumorale spessa
parecchi centimetri, soprattutto alle basi; il cavo pleurico obliterato, anche se persiste in parte
come cisti piene di liquido viscoso. Il MPM ha una citoarchitettura varia, pur se derivato da una
singola linea cellulare; pu essere:
- epiteliale (tubulo papillare ed epitelioide) 50%
- sarcomatoide (mesenchimale) o misto 25%
- scarsamente differenziato o indifferenziato 25%
Il MPM epiteliale si presenta con citoplasma acidofilo e nucleo vescicoloso, le cellule sono
colonnari e pleiomorfe; fortemente analogo alladenocarcinoma polmonare da cui si differenzia
tramite: 1) le mucine epiteliali, 2) lanatomia macroscopica, 3) il maggior pleiomorfismo
nucleare, 4) la presenza di grossi vacuoli citoplasmatici, 5) la presenza di cellule giganti. Il MPM
sarcomatoso ha il mesenchima costituito da cellule fusate od ovali, con molteplicit di quadri
istologici. Oltre a queste variet e al MPM misto (bifasico), vi sono la variet transizionale e la
desmoplastica.

15.4 MANIFESTAZIONI CLINICHE E DIAGNOSI
Lesordio del MPM di solito insidioso; una modesta dispnea comunque ingravescente, seguita
da dolore toracico sono i sintomi pi comuni. Tosse, perdita di peso e astenia tendono a
svilupparsi successivamente. Raramente il MPM si presenta con pneumotorace ricorrente o
ingrossamento dei linfonodi sovraclaveari omolaterali. Il sintomo pi penoso, con il progredire
della malattia, il dolore dovuto allinfiltrazione della parete toracica; esso pu essere riferito
alladdome e alle spalle. In linea di massima, un versamento con dolore in un paziente che abbia
avuto esposizione allasbesto da considerarsi un MPM fino a prova contraria.
Lesame radiografico iniziale mostra versamento pleurico nel 92% dei casi, neoformazione
nodulare senza versamento nel 7% e pneumotorace spontaneo nello 0.5% dei casi. La TC
conferma la presenza di versamento e solitamente evidenzia la presenza di pleura ispessita e
mammellonature (Figura 2). Il liquido pleurico limpido e vischioso o emorragico alla
toracentesi. Contiene un alto numero di cellule mesoteliali, senza aumento dei neutrofili e dei
linfociti. Tuttavia, le cellule di MPM si possono riscontrare nel liquido pleurico in solo circa il
50% dei casi. Il versamento in genere di media entit, ma possono riscontrarsi da subito
effusioni massive e recidivanti, tali da richiedere ripetute toracentesi. I versamenti tendono a
ridursi nelle fasi pi avanzate per il progressivo ispessimento della pleura e lobliterazione del
cavo. Il quadro radiologico evolve abbastanza rapidamente (settimane). Lestensione del tumore
si stadia secondo il TNM (Tabella 1)

Tabella 1: Estensione del MPM
Stadio DESCRIZIONE

T1
T1a: Tumore limitato alla pleura omolaterale inclusa quella mediastinica e diaframmatica; la pleura
viscerale indenne
T1b: Tumore limitato alla pleura omolaterale, inclusa la mediastinica e diaframmatica, ma con
localizzazioni focali anche alla viscerale

T2
Neoplasia che coinvolge tutte le superfici pleuriche (viscerale e parietale) piu uno dei seguenti quadri:
1) interessamento del diaframma; 2) tumore infiltrante le scissure o il sottostante parenchima polmonare


T3
Neoplasia localmente avanzata ma potenzialmente asportabile; tumore che coinvolge tutte le superfici
pleuriche omolaterali e con almeno uno dei seguenti quadri:
1) coinvolgimento della fascia toracica; 2) estensione al grasso mediastinico; 3) focus solitario di tumore
nei tessuti molli della parete toracica; 4) coinvolgimento del pericardio non transmurale



T4
Neoplasia tecnicamente inoperabile; tumore che coinvolge tutte le superfici pleuriche omolaterali e con
almeno una delle seguenti caratteristiche: 1) estensione diffusa o con masse multifocali nella parete
toracica, con possibile distruzione delle costole; 2) estensione diretta transdiaframmatica nel peritoneo; 3)
estensione diretta alla pleura controlaterale; 4) estensione diretta a uno o pi organi mediastinici; 5)
estensione diretta alla spina dorsale
N0 Non linfonodi
N1 Linfonodi peribronchiali o ilari omolaterali
N2 Linfonodi mediastinici omolaterali o sottocarenali
N3 Linfonodi controlaterali o sovraclaveari
M M0 = assenza di metastasi; M1 = presenza di metastasi

In stadi avanzati pu esserci la retrazione dellemitorace affetto, con lo spostamento omolaterale
degli organi mediastinici. Possono comparire infiltrati tumorali della parete, specie in
corrispondenza dellinserzione di aghi per la toracentesi, di tramiti per la toracoscopia o di
cicatrici post-toracotomia.
Il MPM si sviluppa localmente, a volte per un lungo periodo di tempo, prima di invadere gli
organi circostanti. La progressione dei sintomi verso lexitus, comunque legata
allinteressamento locale. La diffusione al polmone in genere solo locale, ma la
compromissione funzionale quasi totale, per la compressione da parte della massa tumorale
(polmone incarcerato). La neoformazione pu estendersi direttamente al diaframma, al
peritoneo, al pericardio, allo spazio pleurico controlaterale o al mediastino. La diffusione alla
fascia endotoracica e agli spazi intercostali, si ritrova nel 30-50% dei pazienti sottoposti a
procedure diagnostiche o chirurgiche. Metastasi linfo-ematogene a distanza (al fegato, ai surreni,
allintestino, alle ossa e al cervello), sono riscontrate frequentemente allautopsia, ma danno
scarsa evidenza clinica in vita. Le metastasi a distanza sono pi frequenti dopo la chirurgia
(pleuropneumonectomia). Il riscontro di dita deformate a mazza di tamburo e di osteoartropatia
ipertrofica raro; altrettanto rare sono la flebite, la trombocitosi, lanemia emolitica e
lipercalcemia. Lipoglicemia e la secrezione inappropriata di ormone antidiuretico (ADH) e
gonadotropine sono sporadiche. Gli aspetti clinico-diagnostici sono riassunti in tabella 2.

Tabella 2
Anamnesi: esposizione lavorativa, dispnea ingravescente, calo ponderale marcato
Clinica: obiettivita di versamento, dispnea, dolore toracico.
RX: versamento, lesioni pleuriche ed ispessimento, linfonodi, eventuale interessamento polmonare.
TC: versamento, placche, ispessimenti e mammellonature. Interessamento linfonodale
Marcatori tumorali: CYFRA, CEA, Ca19-9
Liquido pleurico: presenza di cellule mesoteliomatose (negativo in circa il 50% dei casi)
Esami di conferma: agobiopsia, biopsia in toracoscopia; esplorazione chirurgica


Figura 2: alcuni quadri di MPM


Lintervallo medio di sopravvivenza tra i 9 e i 14 mesi, mentre una sopravvivenza a 5 anni
dalla diagnosi praticamente nulla. Sono comunque fattori prognostici favorevoli lassenza di
calo ponderale e lintegrita della pleura viscerale, linsorgenza dei sintomi oltre 6 mesi dalla
diagnosi. La morte dovuta a progressiva dispnea e insufficienza respiratoria, con notevole
perdita di peso e lisi muscolare.

15.5 CENNI DI TERAPIA
Per assicurare che la chirurgia sia pi radicale possibile, la resezione deve includere la pleura
(allo stadio 1a) e il polmone (stadio 1b, 2, 3) e in molti casi il diaframma, il pericardio e una
porzione della parete toracica. La pleuropneumonectomia un intervento demolitivo, con un
alto rischio intraoperatorio e sopravvivenza a 5 anni minore dell11%. La sopravvivenza media
sovrapponibile per la pleuropneumonectomia e per la pleurectomia, che risulta dunque
preferibile. I risultati della RXterapia sono scarsi, ma efficace come palliativo per sedare il
dolore dovuto allestensione della neoplasia alla parete toracica e alle costole ed utilizzata
soprattutto come profilassi per impedire la gemmazione neoplastica dopo esami diagnostici
invasivi. Con la chemioterapia la risposta e 20-60%, ma la sopravvivenza non varia. La
pleurodesi da utlizzare nei pazienti con ricorrenti versamenti pleurici, che procurano dispnea e
richiedono ripetute toracentesi. La pleurodesi (unione della pleura parietale al polmone) si
effettua spruzzando in toracoscopia talco sterile nel cavo pleurico il quale provoca pleurodesi
permanente. Linoculazione di IL-2 (immunoterapia intrapleurica) ha dato nelluomo risultati
molto promettenti.
Dopo le procedure diagnostiche raccomandata la radioterapia profilattica locale per impedire la
diffusione alla parete toracica o a siti secondari. Se la neoplasia ancora intrapleurica (stadio 1 e
1a), si applica limmunoterapia intrapleurica. In pazienti allo stadio 2 e 3 nessun trattamento ha
mostrato unefficacia migliore degli altri, pertanto si pu procedere con un trattamento palliativo
o con un approccio multimodale (chirurgia radicale, radio e chemioterapia) il cui risultato
dipende dalla radicalit dellintervento. Nello stadio 4 si tende a praticare solo un trattamento
conservativo e palliativo, mirato a lenire il dolore e la dispnea.

15.6 TUMORI BENIGNI DELLA PLEURA
Tra i tumori benigni (abbastanza rari) il pi frequente il fibroma sottomesoteliale (o mesotelioma
fibroso localizzato). Questo tumore non associato allesposizione allasbesto, pi frequente nelle
donne rispetto agli uomini e ha un picco dincidenza tra la 6 e la 7 decade di vita. Di solito una
neoformazione unica, capsulata, della pleura viscerale o parietale, che insorge nel connettivo
subpleurico e tende a protrudere negli spazi pleurici come una masserella peduncolata. La maggior
parte dei pazienti sono asintomatici (70%). I sintomi pi comuni sono: tosse (15%), dolore toracico
(30%), dispnea (5%), febbre (3%), versamento pleurico (15%), ippocratismo digitale (4%),
ipoglicemia (7%),correlata alla secrezione di un peptide insulino simile. La diagnosi di solito
casuale a seguito di una radiografia del torace o di una TC eseguita per altri motivi.
La terapia chirurgica e una exeresi completa offre una cura radicale.
Lipomi, endoteliomi, angiomi e cisti sono tumori rari. La maggior parte di questi nasce dai
tessuti subpleurici pi che dalla pleura stessa. I lipomi alla TC torace hanno laspetto di una massa
liscia ben definita appoggiata contro la parete toracica, mentre le cisti pleuriche prediligono
langolo pleuropericardico. Sono tumori quasi sempre asintomatici e vengono resecati in
toracoscopia videoassistita ottenendo in questo modo diagnosi e cura.

15.7 TUMORI METASTATICI
I tumori metastatici della pleura sono assai pi frequenti di quelli primitivi; metastasi per via
ematogena o linfatica (tumori maligni della mammella, dellovaio, del tubo gastroenterico),
metastasi per contiguit (tumori del polmone) o infine che insorgono a livello pleurico in seguito ad
arresto del drenaggio linfatico toracico per metastasi linfonodali mediastiniche.
La manifestazione clinica pi frequente il versamento pleurico, evidenziabile allesame
radiografico del torace, di solito siero-emorragico, recidivante dopo toracentesi.
Diagnostica la ricerca delle cellule neoplastiche nel liquido raccolto con la toracentesi.
La terapia essenzialmente sintomatica. Drenaggio o pleurodesi chirurgica sono indicati per
diminuire la dispnea indotta dal versamento.
16. GRANULOMATOSI POLMONARI

Le granulomatosi polmonari costituiscono un gruppo assai eterogeneo di malattie accomunate
dalla formazione di granulomi, che vengono classificate e suddivise in maniera diversa dai
diversi autori. Tabella 1 riporta una delle possibili classificazioni. Spesso, le granulomatosi
polmonari vengono incluse nel capitolo delle eosinofilie polmonari o delle vasculiti, poich
molte di esse in effetti hanno tali caratteristiche. A rigor di logica dovrebbero far parte delle
granulomatosi anche la TBC e la sarcoidosi, che per vengono sempre trattate a parte. Senza
addentrarci nei problemi classificativi, tratteremo qui di seguito le pi importanti malattie
granulomatose del polmone, facendo anche cenno al coinvolgimento polmonare nelle malattie
autoimmunitarie sistemiche.




16.1 VASCULITI AD INTERESSAMENTO POLMONARE
Le vasculiti in generale sono malattie immunopatologiche in cui il danno limitato o prevalente
a carico dei vasi. Ogni tipo di vasculite colpisce preferenzialmente determinati vasi (grandi
arterie o vene o capillari) e interessa la parete vasale a tutto spessore oppure solo in parte. In
quasi tutte le vasculiti si formano granulomi, spesso necrotizzanti (da qui il nome di
granulomatosi). Il meccanismo patogenetico piu frequente e predominante la formazione di
immunocomplessi che si impiantano sulla parete vasale: gli immunocomplessi attivano il
complemento, limmunita cellulo-mediata e le reazioni citolitiche. Alcune vasculiti danno
prevalente interessamento dei vasi polmonari o dellapparato respiratorio in genere, tanto che
vengono spesso considerate come vere e proprie malattie polmonari.

16.1.1 Granulomatosi allergica di Churg-Strauss.
E una vasculite necrotizzante dei piccoli-medi vasi, che coinvolge indifferentemente le arterie e
le vene e interessa prevalentemente lapparato respiratorio. La sua caratteristica distintiva la
intensa eosinofilia periferica (da qui il nome) e tissutale (ben osservabile anche nei bronchi). I
vasi sono interessati a tutto spessore da granulomi destruenti. Esordisce solitamente come rinite
o con poliposi nasale a cui fa seguito a variabile distanza di tempo unasma severa e
difficilmente controllabile con la terapia (figura 1). A seguito dellapparato respiratorio che
quasi sempre il primo ad essere coinvolto, la malattia colpisce i reni (insufficienza renale) ed i
vasi cronarici (infarti). Durante levoluzione interessa anche i nervi periferici con mono e
polinevriti fino alla paralisi o paresi di gruppi muscolari. A livello polmonare si possono avere
anche tosse, emottisi, infiltrati polmonari multipli con febbre. In circa il 75% dei casi sono
positivi gli anticorpi p-ANCA. La s. di Churg Strass andrebbe sospettata nelle forme di asma
grave e refrattaria con intensa eosinofilia periferica e bronchiale. La diagnosi di certezza si ha
solo con la dimostrazione del tipico granuloma eosinofilo. Lunica terapia efficace quella
steroidea sistemica e con immunosoppressori.





16.1.2 Granulomatosi di Wegener. E anchessa una vasculite dei medi piccoli vasi,
necrotizzante. Non presente il corteo sintomatologico asma/rinite e non vi eosinofilia
periferica, mentre comune la lesione renale. La malattia esordisce di solito nelle vie aeree
superiori con sinusite cronica purulenta, perforazione del setto, otite media. A carico del
polmone si hanno tosse, emottisi, infiltrati polmonari multipli ed sempre presente la
sintomatologia sistemica, compresa linsufficienza renale o la sindrome nefritica. Esiste anche
una forma circoscritta in cui non vi lesione renali. La diagnosi di certezza bioptica. Nelle altre
vasculiti linteressamento polmonare comunque poco rilevante rispetto alla sintomatologia
sistemica

16.1.3 Sindrome di Goodpasture
E una forma particolare di malattia autoimmune in cui sono prodotti autoanticorpi IgM diretti
esclusivamente contro il collagene di tipo IV della membrana basale capillare. Poich il rene ed
il polmone sono di gran lunga i piu colpiti, la S. di Goodpasture viene alternativamente inclusa
nelle glomerulonefriti o nelle malattie polmonari. Il danno vascolare polmonare compare quasi
invariabilmente prima di quello renale e si manifesta con emottisi ricorrenti e spesso massive,
che possono essere accompagnate da febbre e tosse: coesiste comunque sempre lo screzio renale
da glomerulonefrite. La diagnosi di certezza si ha solo con limmunoistochimica della biopsia
renale o polmonare.

16.2 INTERESSAMENTO POLMONARE NELLE MALATTIE DEL
CONNETTIVO
Le malattie del connettivo sono patologie autoimmuni in cui la formazione di svariati
autoanticorpi provoca danni dorgano con necrosi fibrinoide del collageno. E presente una
attivazione patologica del sistema immunitario e una alterata regolazione della risposta
immunitaria cellulare. Essendo il polmone ricco di tutti i tipi di collageno e dotato di un
amplissima rete vascolare capillare, esso frequentemente interessato in corso di
connettivopatie. Ognuna delle connettivopatie da origine ad alcuni tipi preferenziali di
manifestazione pleuropolmonare (tabella 2) e puo anche accadere che il quadro polmonare sia la
manifestazione di esordio della malattia sistemica, altrimenti misconosciuta. Peraltro, pressoch
tutte le connettiviti (tranne forse la S.di Sjogren), tendono ad evolvere lentamente verso la fibrosi
interstiziale diffusa e a instaurare una ipertensione polmonare. La pleurite forse la
manifestazione acuta piu frequente: solitamente secca e fibrinosa o con scarso versamento; si
manifesta pertanto con il tipico dolore pleurico e con gli sfregamenti. Si possono formare
aderenze, ispessimenti e pinzettature pleuriche soprattutto alle basi. La fibrosi polmonare si
presenta con il classico interessamento diffuso dellinterstizio (quadro radiologico a vetro
smerigliato, fibronodulare o a nido dape) e una sindrome di insufficienza ventilatoria restrittiva.
Alcuni quadri patologici sono invece abbastanza tipici, come ad esempio la polmonite lupica
(LES), i noduli reumatoidi (identici a quelli sottocutanei dellartrite reumatoide), linsufficienza
respiratoria da deficit muscolare (polimiosite) e la bronchite atrofica da iposecrezione mucosa
(Sjogren). Per la clinica e la diagnostica dettagliata delle connettivopatie si rimanda ai testi
specialistici di immunologia o di medicina interna.


Tabella 2
MALATTIA QUADRI POLMONARI ELEMENTI DI DIAGNOSI
LUPUS
ERITEMATOSO
SISTEMICO
Pleurite (e pericardite)
Polmonite lupica
Fibrosi interstiziale
Atelettasie
Vasculite tromboembolica,
emorragie, ipertens.
polmonare.
Ab anti dsDNA
Ab anti RNP
ENA a vario titolo e positivita
! IC circolanti " C3 e C4

ARTRITE
REUMATOIDE
Pleurite
Noduli reumatoidi
Fibrosi interstiziale
Ipertensione polmonare

Fatt.reumatoide (RA test, reaz.
Di Waaler-Rose).
! IC circolanti
SCLEROSI
SISTEMICA
PROGRESSIVA
Fibrosi interstiziale diffusa
Fibrosi con evoluzione cistica
Polmonite ab ingestis (da
esofagopatia)
Ab SCL70, Ab
anticentromero,
Ab anti muscolo liscio
POLIMIOSITE/
DERMATO-
MIOSITE

Insuff. Respiratoria da deficit
dei muscoli striati
Fibrosi interstiziale
! GOT, GPT, CPK, aldolasi
S. DI SJOGREN Bronchite atrofica
Bronchiectasie
Fatt. reumatoide, anti
SSa/SSb, FAN



16.3 ASPERGILLOSI BRONCOPOLMONARE
Anche in questo caso, linserimento dellaspergillosi tra le granulomatosi pu essere discutibile
trattandosi di una patologia di tipo infettivo, ma le sue caratteristiche immunologiche e cliniche
la pongono per tradizione tra le granulomatosi. Laspergillo (Aspergillus fumigatus, niger,
flavus) un saprofita resistente alla fagocitosi ed angioinvasivo che cresce bene a 37 gradi. Pu
causare malattia in due modi (fig 2): o tramite i suoi antigeni e quindi provocare una classica
asma allergica IgE mediata o unalveolite allergica estrinseca, oppure colonizzando i polmoni e
proliferando allinterno di essi. Questultimo caso quello che si manifesta come malattia
granulomatosa con varie caratteristiche. Laspergillosi broncopolmonare (impripriamente detta
allergica) dovuta appunto alla colonizzazione bronchiale da aspergilo, che evoca una intensa
risposta cellulare e umorale (IgE, IgG). Si formano granulomi bronchiali, bronchiectasie e
focolai di vera e propria polmonite eosinofila. La malattia evolve tra fasi acute (tosse, febbre,
espettorazione di tappi brunastri, emottisi, infiltrati polmonari allRX del torace) e fasi di
quiescenza in cui pu residuare solo una tipica asma allergica. Nellaspergillosi polmonare
solitamente gli eosinofili periferici sono molto elevati e cos pure le IgE totali. La diagnosi di
certezza si fa dimostrando le ife fungine nellescreato o nel broncolavaggio. A conferma della
particolarit della malattia, gli antimicotici sono solitamente inefficaci e lunica terapia che
funziona sono gli steroidi sistemici.
Laspergillo pu anche formare dei veri e propri conglomerati voluminosi (micetomi) su bronchi
sani, ma pi di frequente allinterno di caverne, cisti o bronchiectasie. In tal caso, alla
sintomatologia sopra descritta potranno essere associati segni dovuti allespansione della massa
fungina. La terapia dellaspergilloma chirurgica. Nei soggetti immunodepressi si pu avere la
gravissima forma di aspergillosi disseminata invasiva che conduce ad una polmonite
necrotizzante.





16.4 ALTRE GRANULOMATOSI

16.4.1 Sindrome di Loffler
E caratterizzata da infiltrati polmonari nodulari (di solito eosinofili) fugaci e migranti, con
febbre e broncospasmo acuto. Leziologia non nota ed il termine serve spesso da contenitore
per patologie non meglio definite. La S. di Loffler si manifesta tipicamente in corso di altre
malattie eosinofile come il granuloma eosinofilo del polmone (eziologia sconosciuta) o
aspergillosi broncopolmonare. In questo ultimo caso la diagnosi si fa con il lavaggio
broncoalveolare, la coltura dellescreato ed il rilievo di precipitine. Alla radiografia si osservano
addensamenti nodulari sfumati che cambiano aspetto e sede nel giro di pochi giorni.

16.4.2 Istiocitosi X
Sono malattie granulomatose croniche sistemiche ad eziologia sconosciuta; nel granuloma
predominano gli istiociti (tipo Langerhans) commisti a linfociti e neutrofili. Colpiscono
praticamente tutti i tessuti. Esordiscono nella 2-4 decade di vita, spesso con segni neurologici
tipo il diabete insipido o con lesioni ossee o con tosse, dispnea ed emottisi. Nel caso di
interessamento polmonare si osservano dapprima multiple nodulazioni e poi col progredire della
malattia un quadro di fibrosi interstiziale. Le PFR mostrano un aspetto restrittivo o misto e
riduzione della DLCO. Per tradizione, le istiocitosi X comprendono il granuloma eosinofilo, la
sindrome di Abt-Letterer-Siwe e la sindrome di Hand-Schuller-Christian

17. FIBROSI INTERSTIZIALI DIFFUSE
(INTERSTIZIOPATIE POLMONARI DIFFUSE)

17.1 DEFINIZIONE E NOSOGRAFIA
Rappresentano di solito levoluzione anatomopatologica terminale di svariate patologie o cause
di danno (Tabella 1); infatti la FID si ritrova citata come possibile complicazione o esito di
molte patologie differenti tra loro. Solo la forma idiopatica, per definizione rappresenta una
malattia a se stante e verra descritta a parte.

Tabella 16.1 CAUSE DI FIBROSI POLMONARI DIFFUSE O MALATTIE CHE POSSONO EVOLVERE
IN TAL SENSO
_______________________________________________________________________________________
Agenti fisici e tossici
- Radiazioni ionizzanti
- Veleni (paraquat, lacche, solventi)
- Tossicita da ossigeno puro
- Uremia
Farmaci
- amiodarone
- nitrofurantoina
- penicillamina, sali doro
- metisergide
- citotossici (bleomicina, mostarde azotate)
Malattie immunologiche
- Collagenopatie (LES, Artrite reumatoide, Sclerodermia)
- Vasculiti (Churg-Strauss, Wegener)
- S. di Goodpasture
Infettive (TBC, Cytomegalovirus, Pneumocystis)
Pneumoconiosi (silice, berillio, asbesto)
Alveoliti allergiche estrinseche
Sarcoidosi
Istiocitosi X
Congenite
- Facomatosi (Sturge-Weber, neurofibromatosi, sclerosi tuberosa, linfangioleiomiomatosi)
- Tesaurismosi (sfingolipidosi, glicogenosi)
_________________________________________________________________________

17.2 ANATOMIA PATOLOGICA
Il processo iniziale e verosimilmente sempre una alveolite (qualunque sia la causa), con
ispessimento delle pareti alveolari, attivazione dei macrofagi e rilascio di enzimi litici che
danneggiano poi lentamente linterstizio. Caratteristica comune e quindi lispessimento delle
pareti alveolari. Sono spesso presenti cellule giganti negli alveoli (di derivazione macrofagica).
Tale reperto ha ingenerato il nome di alveolite desquamativa. Sono aumentati in numero
assoluto i neutrofili e i macrofagi che sono sempre attivati. Sono presenti eosinofili, linfociti
organizzati in centri germinativi e immunocomplessi di IgG. SI suppone che un antigene ignoto,
mediante formazione di IC attivi i macrofagi che richiamano in sito anche i neutrofili. Queste
cellule ed i linfociti T attivati producono citochine che attivano i fibroblasti e conducono alla
deposizione di collagene. Una classificazione anatomopatologica di gravita e quella in stadi di
Livingstone:
I: solo ispessimento degli alveoli, che sono liberi
II: presenza di essudato e/o cellule negli alveoli, con architettura conservata
III: distruzione degli alveoli ma bronchioli respiratori ancora riconoscibili
IV: fibrosi diffusa; sono ancora riconoscibili le cellule muscolari lisce
V: completo sovvertimento del parenchima con spazi cistici e fibrosi.
Secondo la causa che la genera e dellevoluzione, si possono riconoscere alcuni caratteri
distintivi; per esempio, nelle forme autoimmuni o infettive da virus predominano i linfociti
(Lymphocytary Interstitial Pneumonia, LIP), mentre nelle forme da polveri inorganiche
predominano cellule giganti tipo Langhans (Giant-cell Interstitial Pneumonia, GIP). In alcuni
casi, che sono i piu gravi, predomina la fibrosi diffusa con deposizione abbondante di collagene
e distruzione dellarchitettura; in altri casi, che spesso rispondono alla terapia costicosteroidea,
predomina linfiammazione attiva, con numerose cellule, spesso distribuite in focolai isolati.
Quale che sia la causa, il polmone fibrotico rigido, contiene meno aria ed ha linterstizio
ispessito, quindi sia la ventilazione propriamente detta che lo scambio dei gas alveolare sono
sempre compromesse in maniera profonda.

17.3 CLINICA E DIAGNOSTICA
Ogni fibrosi polmonare ha un suo aspetto clinico, caratteristico della malattia che la produce,
tranne che per la forma idiopatica. Levoluzione in fibrosi rappresenta una complicanza, e di
solito la malattia e gia stata diagnosticata. Solo in casi meno numerosi (da farmaci, da
radiazioni), la fibrosi polmonare esordisce come tale e allora solo lanamnesi puo indirizzare
alleziologia.
I sintomi generali comuni sono: la dispnea/tachipnea (prima sotto sforzo, poi sempre piu grave),
ma solitamente senza uso dei muscoli accessori e la tosse secca. La febbre e incostante e puo
associarsi calo ponderale Le dita a bacchetta di tamburo sono un reperto frequente ma solo nelle
forme a lenta evoluzione e di lunga durata. Si ascoltano rantoli crepitanti dapprima alle basi e poi
diffusi, oppure indebolimento del murmure e tachipnea. Un reperto abbastanza tipico della
fibrosi polmonare lascoltazione di un particolare rumore detto crackle ed impropriamente
tradotto come crepitio (o rumore di velcro). Nelle fasi avanzate la dispnea e' la regola e si
instaura un cuore polmonare cronico.
LRX torace mostra vari quadri che vanno dalle minime alterazioni interstiziali nelle fasi iniziali
al polmone a vetro smerigliato o a nido dape (honeycomb lung) nelle forme avanzate (Figura).
Tra i due estremi si possono trovare opacita confluenti a tipo broncopolmonite o ingrandimento
ilare o nodulazioni fini. Le PFR mostrano precocemente alterata diffusione della CO, ma poi
invariabilmente un quadro di tipo restrittivo quasi puro, con globale riduzione di tutti i volumi
polmonari. LEGA mostra un quadro di ipossiemia, che progredisce pi o meno rapidamente
fino allipercapnia e allinsufficienza respiratoria grave. Il BAL, con un aumento del numero
assoluto di neutrofili e macrofagi puo supportare la diagnosi ma non e mai dirimente di per se,
cos come la scintigrafia col Gallio. Principale diagnosi differenziale del quadro radiografico la
linfangite carcinomatosa.
Esame dirimente e la biopsia, che dovrebbe essere eseguita in videotoracoscopia o a cielo
aperto. Infatti le biopsie transbronchiali in corso di broncoscopia forniscono di rado materiale
sufficiente per la diagnosi. Data la predominanza delle forme secondarie, lanamnesi e sempre
fondamentale. Dal punto di vista pratico, quando ci si trova in presenza di un quadro clinico ed
RX di fibrosi interstiziale diffusa, occorre cominciare con lescludere le cause note (elencate in
tabella 1) e solo in assenza di una ragione conosciuta etichettare la fibrosi come idiopatica .

17.4 FIBROSI POLMONARE IDIOPATICA (Alveolite fibrosante
criptogenetica)
Venne descritta per la prima volta da Hamman e Rich come malattia rapidamente progressiva ed
infatti leponimo rimasto per anni ad indicare genericamente tale malattia. Attualmente si
preferisce usare il termine di FPI o alveolite fibrosante criptogenetica riservando leponimo
Hammann-Rich alla sola forma rapidamente progressiva. La prevalenza si aggira su 3-
5/100.000. La classificazione sempre stata complessa. Per esempio si parla ancora di
polmonite interstiziale desquamativa (DIP, desquamative interstitial pneumonia) o di
bronchiolite obliterante ostruttiva (BOOP, bronchiolitis obliterans-obstructive pneumonia).
Attualmente si usa la classificazione di Katzenstein-Myers (1998).

Classificazione della fibrosi polmonare idiopatica
NOME ANATOMIA. PATOLOGICA
USUAL INTERSTITIAL
PNEUMONIA (UIP)
Alterazioni sparse e a vario stadio di evoluzione;
modesta infiammazione e scarsa cellularita
RESPIRATORY BRONCHIOLITIS
INTERST. LUNG DISEASE
(RBILD)
Quadro uniforme e diffuso. Predominano i macrofagi
e neutrofili attorno ai bronchioli
ACUTE INTERST. PNEUMONIA
(AIP, Hamman-Rich)
Quadro uniforme. Predominano i fibroblasti in attiva
proliferazione con collageno poco organizzato.
Microtrombi e sostanza ialina
NONSPECIFIC INTERSTITIAL
PNEUMONIA (NSIP)
Prevalentemente infiammatoria, ad alta cellularita e
senza nessuna delle caratteristiche precedenti.


La FPI esordisce sempre nelleta adulta, con dispnea ingravescente, tosse secca (talvolta
emottisi, ipertensione polmonare, in assenza di elementi anamnestici di rilievo o suggestivi. La
diagnosi di certezza puo essere fatta solo con biopsia a cielo aperto. La sopravvivenza media e
intorno ai 6-7 anni. Se la terapia medica non e di beneficio, lindicazione al trapianto polmonare
diventa prioritaria.


17.5 CENNI DI TERAPIA
Nelle forme secondarie ad esposizione di polveri organiche ed inorganiche, agenti tossici,
citostatici o farmaci, leliminazione dellagente causale e sufficiente se il danno non e ormai in
fase avanzata e comunque obbligatoria.
La terapia di scelta e lo steroide sistemico (0.5-1 mg/kg/die di prednisone per 2-3 mesi)
monitorando la clinica, la radiologia ed i parametri di funzionalita. In caso di risposta buona si
scala la dose a quella minima efficace a mantenere una buona funzionalita respiratoria. Se la
risposta e insoddisfacente si possono utilizzare farmaci lazatioprina e il metotrexato, ma la
letteratura in tal senso non conclusiva. I pazienti con FP che non rispondano alla terapia medica
sono candidati al trapianto polmonare.

Alcuni quadri radiografici di fibrosi diffusa









18. BRONCHIECTASIE E SINDROME BRONCHIECTASICA

18.1 ASPETTI GENERALI
La bronchiectasia una dilatazione di un tratto circoscritto delle vie aeree con alterazione a
tutto spessore ed irreversibile della parete del bronco. Il termine bronchiectasia una
descrizione strettamente anatomopatologica, o quantomeno morfologica derivata dalla
diagnostica per immagini ed imporante ricordare che le bronchiectasie non sono una malattia a
s stante, ma il risultato di malattie congenite o acquisite che alterano la parete del bronco .
Quello che si osserva nel paziente il quadro clinico della sindrome bronchiectasica,
estremamente aspecifica, che pu far sospettare la sottostante esistenza dellalterazione
bronchiectasia. In linea di massima, le bronchiectasie insorgono tanto pi facilmente quanto
meno la struttura del bronco rigida. Peranto, i grossi bronchi (lobari, segmentari,
subsegmentari) difficilmente vanno in contro a sfiancamento bronchiectasico della parete.

18. 2 EZIOLOGIA E PATOGENESI
Le bronchiectasie hanno come base una malattia di natura congenita o primitiva solo in una
minoranza dei casi. Pi comunemente rappresentano il danno anatomico conseguente a malattie
infiammatorie o infettive. Per convenzione la classificazione le definisce congenite o acquisite
(tabella 1).

Tab 1 Classificazione delle bronchiectasie (in rosso le pi comuni)
CONGENITE
Conseguenti a malattie congenite
ACQUISITE
Da malformazioni broncopolmonari
Mounier-Kuhn (tracheobroncomalacia)
Williams-Campbell (acondrogenesi)
Sequestro polmonare
Malattia cistica del polmone (cisti broncogene)
Da cause infettive
TBC
Infezioni batteriche (pseudomonas, klebsiella,
pneumococco, stafilococco, mycoplasma) e
fungine (aspergillo, istoplasma, pneumocystis).
Infezioni ricorrenti nel BPCO Fibrosi cistica
Deficit di alfa1 antitripsina Da cause infiammatorie non infettive
Sarcoidosi
Berilliosi
M.di Crohn
S.di Sjogren
Polmoniti ab ingestis e tossiche
Discinesie ciliari primitive
Variante kartagener
Variante Young
Immunodeficienze
Deficit selettivo di IgA
ID comune variabile
ID X-linked
Malattia granulomatosa cronica (CGD)

Nelle forme da malattie congenite solitamente si ha ristagno del muco e/o colonizzazione da
parte di patogeni. Nelle forme acquisite la parete del bronco viene infiltrata e retratta da processi
infiammatori extrabronchiali o si sfianca per ripetute e croniche infezioni interne. Per tale motivo
ad esempio la TBC, che cronica e di lunga durata, spesso esita in bronchiectasie. Anche i
pazienti con BPCO, che vanno incontro a infezioni ricorrenti (anche subcliniche), spesso
sviluppano bronchiectasie. Lo stesso accade nei pazienti che vanno incontro a ripetute polmoniti
chimiche ab ingestis. Quello che importa che il danno infiammatorio/infettivo deve essere o
molto intenso o molto prolungato.
La dilatazione permanente di un bronco puo quindi prodursi o perch primitivamente il muco
ristagna a lungo e si infetta (come nella mucoviscidosi o nelle discinesie ciliari), o perch
primitivamente si sfianca la parete (come nelle forme infettive o infiammatorie). Quale che sia il
primum movens, sfiancamento e ristagno di muco vanno poi di pari passo e si peggiorano
reciprocamente in un circolo vizioso (figura 1). In pratica, segmenti bronchiali si sfiancano e si
dilatano in varia misura: le dilatazioni favoriscono il ristagno delle secrezioni e limpianto di
patogeni, rendendo cosi il processo cronico.
Le bronchiectasie conseguenti a processi infiammatori si localizzano ovviamente nelle sole parti
di polmone colpito, mentre nelle forme congenite (come la mucoviscidosi o le
immunodeficienze) esse sono omogeneamente distribuite nei due polmoni.
La parete bronchiale puo essere assottigliata o ispessita e le cellule caliciformi sono
iperplastiche. Lepitelio puo anche essere conservato, ma spesso la mucosa ipervascolarizzata,
infiammata e fragile; sono presenti dilatazioni pseudoaneurismatiche dei vasi. Le cellule
muscolari lisce e le fibre elastiche sono pressoch assenti o scompaginate. A seconda della forma
si distinguono bronchiectasie cilindriche (uniformi dilatazioni di tratti bronchiali a tutta
circonferenza) che sono piu frequenti nel bambino e bronchiectasie sacciformi (irregolari, a
corona di rosario o ad aspetto varicoso).



























18.3 FIBROSI CISTICA (mucoviscidosi)
E la malattia ereditaria letale pi frequente nei bianchi (incidenza stimata 1/2500 nati vivi). Si
trasmette come malattia autosomica recessiva e quindi clinicamente conclamata
nellomozigote. Il difetto del gene CFTR (cystic fibrosis transmembrane-conductance
regulator), sito sul braccio lungo del cromosoma 7. Il gene codifica per una proteina
transmembrana deputata al trasporto degli ioni. Il deficit funzionale nel riassorbimento degli
ioni Cl+ dalla parte apicale delle cellule esocrine e conduce in ultima analisi a secrezioni
anormalmente viscose e dense. Tale difetto si manifesta in tutte le ghiandole esocrine:
sudoripare, mucipare caliciformi, pancreatiche, intestinali ecc. Oltre al polmone, interessato nel
100% dei casi, sono colpiti il pancreas nel 90% dei casi (insuff. pancreatica e malassorbimento),
lapparato riproduttivo nel 95% dei casi (infertilit), ed il fegato (20% dei casi).
Reclutame
nto di
granulociti
neutrofili
Ristagno
di
secrezioni
Infezione
Batterica
Rilascio
di enzimi
litici
Lesione
della
parete
bronchiale




Lesione
della
parete
bronchiale
Danno
de l l e pi t e l i o
c i l i are
Bronchie
ctasie
La fibrosi cistica si manifesta chiaramente a livello respiratorio, dove le secrezioni dense non
possono essere rimosse dalla clearance mucociliare e ristagnano, favorendo le sovrinfezioni e le
bronchiectasie. La malattia solitamente diagnosticata alla nascita mediante il test del sudore
(concentrazione di Cl+ nel sudore > 60mEq/L) in base ai gravi problemi di malnutrizione, di
ritardo della crescita e di infezioni respiratorie ricorrenti. Attualmente la sopravvivenza a 15 anni
di circa il 70% e la sopravvivenza mediana intorno ai 30 anni. Nelladulto si osservano quindi
infezioni ricorrenti dovute ai piu svariati patogeni (stafilococchi, streptococchi, gram-,
aspergilli, candida) e la formazione di bronchiectasie diffuse nonch di asma bronchiale. Un
reperto di rantoli a grosse-medie bolle la norma nei soggetti adulti, cosi come la tosse
produttiva, mentre levoluzione in fibrosi diffusa rara. Il trattamento essenzialmente
fisioterapico ed i mucolitici possono essere di giovamento.

18.4 DISCINESIE CILIARI PRIMITIVE
Patologie in cui alterata la struttura, la mobilit o lorientamento ciliare. Sono solitamente
autosomiche recessive.
Lassociazione di bronchiectasie+sinusite+situs viscerum inversus configura la variante
Kartagener. Lincidenza nei paesi industrializzati di circa 1/50.000, con punte di 1/10.000 nei
giapponesi. La diagnosi si fa con il semplice test alla saccarina (consiste nel porre un po di
saccarina nella parte anteriore delle narici e vedere quando viene percepito il sapore dolce alla base
della lingua) e con lo studio al microscopio elettronico della struttura ciliare. La manifestazione pi
frequente di queste sindromi (oltre alle eventuali malformazioni associate) sono le infezioni
ricorrenti dellapparato respiratorio con conseguente formazione di bronchiectasie diffuse.

18.5 ASPETTI CLINICI
Indipendentemente dalleziologia, le bronchiectasie hanno un quadro clinico uniforme. Cio
dovuto al fatto che le dilatazioni bronchiali fanno ristagnare il muco, si infettano facilmente e
possono sanguinare a causa della fragilita mucosa e della varicosita vascolare. Le
manifestazioni principali sono pertanto:
- tosse, solitamente produttiva e che si manifesta magari accessualmente col cambiamento di
posizione allorch le raccolte si versano nei bronchi.
- espettorazione, abbondante e spesso purulenta (se la bronchiectasia infetta); il drenaggio di
grandi quantita di secrezioni ristagnanti configura il quadro della vomica.
- emoftoe o emottisi dovuta alla rottura dei vasi bronchiali. Nelle bronchiectasie non
sovrinfettate, lemottisi o lemoftoe possono anche essere lunica manifestazione
La febbre di tipo settico compare solo quando sono presenti sovrinfezioni batteriche, mentre pi
comunemente si tratta di febbricola. La dispnea vera e propria rara perch la ventilazione viene
difficilmente compromessa dalle bronchiectasie di per se. Se le bronchiectasie sono numerose e
diffuse ed presente infezione o flogosi attiva cronica si puo manifestare una anemia
normocromica normocitica. In soggetti con infezione cronica da gram-negativi possibile
percepire alito fetido.
Il decorso della sindrome bronchiectasica delladulto solitamente benigno, ma il paziente
ovviamente esposto ad un maggior rischio di infezioni (polmonite e broncopolmonite); le
emottisi massive pericolose per la vita sono rare.

18.6 DIAGNOSTICA
Il paziente con sindrome bronchiectasica si rivolge di solito al medico per la tosse e per
lemoftoe/emottisi. Lanamnesi fondamentale per individuare eventuali pregresse infezioni
acute e di notevole gravit o la presenza di malattie croniche. Allesame obiettivo si reperiscono
di solito rantoli a grosse e medie bolle, modificabili con la tosse, che si ascoltano sempre in
corrispondenza dellarea interessata. Nelle bronchiectasie massive si possono avere aree di
ipofonesi e di aumentato fremito vocale. Essendo le bronchiectasie un danno anatomico
permanente, i reperti obiettivi possono variare di intensita nello stesso paziente, ma non
scompaiono mai del tutto.
Le PFR sono solitamente normali (se non coesistono altre patologie) e cosi pure lEGA.
Lesame dellescreato puo essere utile per individuare eventuali sovrapposizioni batteriche e per
escludere comunque la presenza di micobatteri. La radiografia del torace solitamente negativa;
si possono osservare, ma solo in caso di lesioni massive, una peribronchite, immagini a binario o
un aumento della trama interstiziale localizzata o addensamenti o ispessimenti pleurici. Esame di
elezione la TC del torace. La TC, meglio se ad alta risoluzione, fornisce infatti la diagnosi
dirimente e consente di visualizzare direttamente le ectasie (Figura 2). La broncoscopia
permette di visualizzare direttamente solo le bronchiectasie di maggior calibro e quindi non
mai esame di prima scelta. utile solo per prelevare campioni di secrezioni per la ricerca dei
microrganismi in corso di infezioni resistenti e per individuare la sede di eventuali
sanguinamenti. Solo in casi selezionatissimi, in vista di un intervento (per valutare lentita e la
distribuzione di bronchiectasie limitate a singole zone), si pu praticare la broncografia con
mezzo di contrasto.

Figura 2: bronchiecatsie bilaterali


18.7 CENNI DI TERAPIA
La terapia si basa sul drenaggio assiduo delle secrezioni ristagnanti (fisioterapia), sulluso dei
fluidificanti e mucolitici. Gli antibiotici devono essere utilizzati solo in presenza di accertata
infezione ed in maniera estremamente mirata (esame colturale ed antibiogramma). La terapia
chirurgica (exeresi della zona colpita) riservata ovviamente alle sole forme localizzate e dopo
attenta valutazione del rischio e del beneficio atteso.

19. POLMONE E PATOLOGIA CARDIOCIRCOLATORIA

Il polmone, dotato di un estesissimo letto vascolare, costituisce una parte rilevante dellapparato
cardiocircolatorio. Normalmente il letto vascolare polmonare a bassa resistenza e a bassa
pressione (non supera in arteria polmonare i 15 cmH20); pertanto il cuore destro smaltisce con
facilit il sangue refluo dalla periferia (Figura 1). Peraltro, il cuore destro ha una parete sottile e
quindi, a differenza del sinistro, non pu ipertrofizzare oltre un modesto grado se aumenta la
pressione in arteria polmonare. In tal caso, lunico modo per fare fronte allaumentata pressione
in uscita la dilatazione (legge di Starling). Per tale motivo, lipertensione polmonare conduce
invariabilmente allo scompenso destro. Altro aspetto importante che linterstizio polmonare
estremamente sottile e non in grado di imbibirsi e trattenere liquidi, che tendono a stravasare
rapidamente in alveolo.
Se insorgono patologie primitivamente polmonari che ne alterano il circolo, si hanno alterazioni
cardiache. Sono di solito alterazioni del cuore destro e sezione venosa sistemica dovuti ad
alterazioni che coinvolgono larteria polmonare e i suoi rami. Tipico esempio di questo fatto lo
scompenso destro (cuore polmonare) in corso di BPCO. La tromboembolia polmonare
costituisce unentit nosografica a se stante (vedi cap 20), ma vi sono altre patologie
cardiovascolari in cui i sintomi repiratori sono predominanti e devono quindi essere conosciute.


FIGURA 1. Pressione nei vari distretti del circolo


19.1 EDEMA POLMONARE ACUTO (EPA) CARDIOGENO

19.1.1 Eziopatogenesi
Per edema polmonare si intende la comparsa (acuta) di liquido negli alveoli. Nella maggioranza
dei casi dovuto a insufficienza cardiaca, ma pu essere provocato anche da cause non
cardiogene, come il danno acuto della parete alveolare (tabella 1).




Tabella 1. Cause di EPA
EPA CARDIOGENO EPA NON CARDIOGENO
Miocardiopatie secondarie
- Arteriosclerotica
- Ipertensiva
- Infarto
Miocardiopatia primitiva
- Dilatativa
- Ipertrofica
- Iperplastica

Da danno della parete alveolare
- ARDS (in generale)
- Tossicita acuta da ossigeno
- Inalazione di irritanti e tossici
- Inalazione di contenuto gastrico
- Shock settico
- Ustioni estese

Annegamento

Valvulopatie (mitralica o aortica) Tireotossicosi
Sovraccarico di liquidi Anemia grave
Alte quote

LEPA una delle emergenze mediche piu comuni. In corso di scompenso cardiaco, il
deficit muscolare e di pompa nella maggior parte dei casi: il cuore sinistro non ha piu
sufficiente energia per smaltire il sangue refluo dai polmoni alla circolazione sistemica. In altri
casi, meno comuni il difetto carico delle valvole sinistre. Nel caso della cardiopatia
congestizia subentrano alcuni meccanismi di compenso sistemici (aumento del volume
circolante, vasocostrizione periferica, tachicardia) che peggiorano il ritorno al cuore e
ostacolano maggiormente la gittata. Lemodiluizione fa parte dei meccanismi di compenso per
aumentare il riempimento del circolo, ma riduce la pressione oncotica. Si verifica comunque
un aumento di pressione nellatrio sinistro, e a monte una ipertensione nel circolo venoso
polmonare. Cio implica un aumento della pressione idrostatica al versante capillare, che
favorisce la fuoriuscita di plasma. Peraltro, se il deficit si instaura lentamente, il circolo
polmonare si adatta e lostacolo al deflusso viene a trasmettersi e ripercuotersi sulle sezioni
destre del cuore (scompenso a monte), producendo essenzialmente edemi declivi, fegato da
stasi e versamento pleurico di natura idrostatica.
Se lipertensione venosa si instaura abbastanza rapidamente oppure (come accade spesso)
intervengono fattori di scompenso acuto (aritmie, broncopolmoniti, febbre, sforzo fisico)
lequilibrio idrostatico precario si rompe ed interviene il quadro dellEPA cardiogeno.
Linterstizio polmonare esiguo, costituito solo da poca matrice organica e collagene, e
pertanto non puo accogliere grandi quantita di fluido che tendono a trasudare direttamente
in alveolo (inondazione alveolare)

19.1.2 Clinica e cenni di terapia
Nelle fasi precoci dello scompenso cardiaco o se non intervengono cause precipitanti, si ha
solo limbibizione dello scarso interstizio. Cio si verifica quando il soggetto sdraiato e si ha
quindi un riassorbimento in circolo di fluidi per riduzione della pressione idrostatica:
limbibizione dellinterstizio causa compressione sui bronchi di piccolo calibro e dei
bronchioli, producendo ostruzione: cio causa una dispnea sibilante acuta, identica a quella di
un accesso asmatico (da qui il termine di asma cardiaco o dispnea parossistica notturna).
Di solito, lassunzione della ortostasi, risolve laccesso.
Se la trasudazione di liquido prosegue, inizia linondazione degli alveoli e si ha lEPA
conclamato che progredisce rapidamente se non trattato. Si hanno: grave dispnea, ortopnea,
agitazione e senso di morte imminente, fino alla cianosi. Lascoltazione evidenzia
precocemente la stasi basale (rantoli fini) e poi a piccole-medie bolle, sempre piu intensi (a
marea montante), fino al rantolo tracheale od orale che solitamente si ascoltano anche senza
fonendoscopio. Puo comparire escreato schiumoso e roseo. Se i meccanismi di compenso
periferico funzionano si ha ipertensione; al contrario si ha shock con ipotensione. Anche se
trattato correttamente, lEPA cardiogeno ha una mortalita elevata.
NellEPA cardiogeno occorre: a) ridurre il sovraccarico del circolo (diuretici e vasodilatatori
periferici, salasso); b) ridurre lagitazione che peggiora lo scompenso (sedativi) c) aumentare
la portata cardiaca (inotropi e digitale). Si somministra sempre ossigeno. Nelledema
polmonare con pressione normale o alta: diuretici a rapida azione (furosemide), vasodilatatori
(nitroglicerina), morfina (dosi medio-basse). Nelledema a bassa pressione: dopamina come
inotropo a pronta azione e uso oculato di diuretici e vasodilatatori.

19.2 IL POLMONE NELLO SCOMPENSO CARDIACO CRONICO
Come gia accennato, ledema polmonare acuto rappresenta il precipitare improvviso di uno
squilibrio idrostatico. Nel paziente con scompenso cardiaco congestizio, a riposo,
ladattamento almeno parziale allinsufficienza ventricolare sinistra, fa si che vi sia solo una
imbibizione parziale dellinterstizio e che la trasudazione negli alveoli sia limitata. Inoltre, se
linsufficienza si instaura abbastanza lentamente, lipertensione polmonare viene equilibrata e
trasmessa al versante destro. Quindi, nel paziente con insufficienza cardiaca cronica e di lunga
durata si osservano di solito edemi declivi, fegato da stasi, versamento pleurico
(preferenzialmente sinistro), e dispnea parossistica notturna (asma cardiaca). I rantoli
crepitanti alveolari (comunemente descritti come stasi basale) bilaterali dovrebbero sempre
mettere in guardia, indicando la trasudazione in alveolo in atto e che puo precipitare
rapidamente in edema polmonare acuto. In fase stabile e di compenso parziale o completo si
possono osservare versamento pleurico bibasale o solo sinistro, fegato da stasi e, allRX,
imbibizione dellinterstizio (strie di Kerley).

19.3 CUORE POLMONARE CRONICO
Cosi si definisce la dilatazione/ ipertrofia con insufficienza del ventricolo destro dovute solo
ad aumentata pressione nel letto vascolare polmonare; deve quindi preesistere una patologia
polmonare. Pertanto, il cuore polmonare: a) non una malattia primitiva del miocardio ma
sempre secondario ad alterazioni polmonari; b) non puo esistere cuore polmonare senza
aumento della pressione arteriosa polmonare, mentre puo esistere ipertensione polmonare
senza cuore polmonare (almeno nelle fasi iniziali); c) lo scompenso destro puo verificarsi
anche in assenza di patologia polmonare (valvulopatie, miocarditi, scompenso sinistro). Data
lelevata compliance e la bassa resistenza del circolo polmonare, occorre che ne vengano resi
inservibili almeno i 2/3 perch le resistenze vascolari aumentino significativamente,
ripercuotendosi sul cuore destro. Per fare questo, necessaria una riduzione della sezione
totale dei vasi polmonari che si pu verificare in caso di:
- perdita di superficie vascolare, danno dellinterstizio (BPCO ed enfisema, malattie
interstiziali diffuse)
- vasocostrizione riflessa da ipossiemia cronica (BPCO ed ipoventilazione alveolare in
generale)
- occlusione (embolizzazione diffusa e ricorrente)
- ipertensione polmonare primitiva (rarissima):

Il cuore polmonare solitamente cronico e si instaura nel giro di anni, perch le patologie
polmonari che lo generano sono a lenta progressione. In tali casi, il ventricolo destro
compensa dapprima con lipertrofia della parete muscolare le aumentate resistenze e poi si
dilata. La vasocostrizione generale del piccolo circolo stimolata solitamente dallipossia.
Lipoventilazione globale degli alveoli come in caso di malattie neuromuscolari gia uno
stimolo sufficiente alla vasocostrizione. Nel caso che vi sia anche una compressione o
irrigidimento delle arterie polmonari nei rami piu distali (fibrosi diffusa, BPCO, enfisema,
carcinomi infiltranti), lipertensione polmonare peggiora ulteriormente. Lipoventilazione e lo
squilibrio tra ventilazione e perfusione cronico inducono anche poliglobulia ed iperviscosita
ematica, le quali a loro volta aggravano lipertensione polmonare cronica. Se le alterazioni
durano abbastanza a lungo, lintima si ispessisce e lipertensione diventa una condizione
cronica, alterando il cuore destro.
La sola ipertrofia del ventricolo destro di per se non produce sintomi, se non in occasione di
bruschi sovraccarichi, come in corso di sforzo intenso o per un peggioramento repentino della
malattia di base. Lipertrofia e il sovraccarico del piccolo circolo si possono sospettare in
presenza di rinforzo del II tono polmonare, di click di eiezione polmonare, quarto tono, impulso
parasternale. Quando il ventricolo diventa francamente insufficiente compaiono i segni a monte:
polso paradosso, turgore giugulare, stasi epatica, edemi declivi ed ascite. Puo comparire un III
tono aggiunto ed un soffio olosistolico da insufficienza tricuspidale. Si puo rilevare allECG
rotazione destra e antioraria dei vettori, onda P polmonare, blocco di branca destro o
fibrillazione atriale. Nei pazienti con enfisema cronico (causa piu frequente in assoluto di cuore
polmonare) spesso i segni cardiaci sono mascherati dai segni polmonari. AllRX si rileva
ingrandimento degli archi di destra e congestione del circolo. Lecocardiografia puo
quantificare lipertensione polmonare e la dilatazione del ventricolo. La terapia di fondo volta
al controllo della malattia polmonare. Si possono usare digitale e oculatamente diuretici.

19.4 CUORE POLMONARE ACUTO
Nel cuore polmonare acuto si verifica un brusco sovraccarico (di pressione o di volume) a destra
e lunica risposta rapida possibile la dilatazione per la legge di Starling. Il cuore polmonare
acuto sempre parte di una emergenza medica. Come gia detto, data la sua gravita e frequenza
la tromboembolia polmonare merita una trattazione a parte e cosi pure il PNX iperteso (Tabella
2).

Cuore polmonare acuto
MECCANISMO PATOLOGIA
Iperafflusso di sangue in arteria
polmonare
Rottura di setto.
Rottura di aneurisma aortico in arteria polmonare
o cuore destro
Aumento brusco delle resistenze
polmonari
Tromboembolia polmonare
PNX iperteso

19.5 IPERTENSIONE POLMONARE
Lipertensione polmonare nella stragrande maggioranza dei casi non una malattia a s stante, ma
una condizione fisiopatologica che si viene a creare in seguito a malattie dellapparato respiratorio,
specialmente quelle che determinano ipossiemia cronica (vasocostrizione ipossica delle arterie
polmonari). Si definisce ipertensione polmonare una pressione media in arteria polmonare, misurata
mediante cateterismo, >25 mmHg a riposo. Lipertensione polmonare si classifica in 5 grandi
gruppi a seconda del meccanismo patogenetico (Tabella 3)

Gruppo 1 1.1 Idiopatica
1.2 Ereditaria
1.3 Indotta da farmaci
1.4 Patologie del connettivo, HIV, ipertensione portale
Gruppo 1 Malattia veno-occlusiva e/o emangiomatosi capillare
Gruppo 2 Da patologia del ventricolo sinistro (sistolica, diastolica, valvolare)
Gruppo 3 Da ipossiemia
BPCO, interstiziopatie, alte quote, alterazioni di sviluppo)
Gruppo 4 Secondaria a microembolia cronica o ricorrente
Gruppo 5 Da meccanismi multifattoriali
(malattie ematologiche, sarcoidosi, linfangioleiomiomatosi, malattie
metaboliche e da accumulo, mediastinite fibrosante)


Lipertensione polmonare primitiva lunico caso in cui siano colpiti primitivamente i vasi
polmonari.. E una patologia molto rara (< 1/100.000) ad eziologia sconosciuta e spesso ad
aggregazione famigliare. Si ha un ispessimento diffuso delle arteriole, con ipertrofia della
muscolare e proliferazione dellintima, per cui il vaso polmonare progressivamente si restringe e
irrigidisce. La malattia esordisce con i segni e sintomi del cuore polmonare (in 1/3 dei casi si ha
fenomeno di Raynaud), ma quando viene diagnosticata gia in fase avanzata e la sopravvivenza
media dopo la diagnosi si aggira intorno ai 2 anni. La diagnosi solo di esclusione; in particolare
occorre escludere con certezza la presenza di tromboembolie diffuse e ricorrenti. Risultati incostanti
si ottengono con i vasodilatatori e le prostaglandine, mentre pi efficace il bosentan; il trapianto
cuore-polmone comunque lunico intervento risolutivo.
La malattia veno-occlusiva unaltra patologia rara, in cui locclusione del letto vascolare si
verifica dopo i capillari, a livello delle vene polmonari di piccolo calibro. Nel 50% dei casi
idiopatica, mentre nel restante 50% conseguenza (ma non noto il meccanismo) delluso di
farmaci alchilanti quale il busulfan.
Alcune cardiopatie congenite ad esordio nellet adulta possono dare iperafflusso polmonare ed
evolvere quindi in ipertensione polmonare, quali i difetti del setto interatriale (ostium primum e
secundum), la persistenza del dotto di Botallo e le fistole arterovenose.
20. EMBOLIA POLMONARE (EP)
Tromboembolia polmonare (TEP), Pulmonary Embolism (PE)

20.1 DEFINIZIONE E GENERALITA
Lembolia polmonare locclusione dell' arteria polmonare o di uno o pi dei suoi rami, causata
dallincuneamento di emboli provenienti dalla periferia attraverso il circolo venoso sistemico.
Poich gli emboli di origine trombotica sono di gran lunga i pi frequenti, si parla
comunemente di tromboembolia polmonare (TEP). Possono per arrivare allarteria
polmonare anche altri tipi di emboli (gassosi, grassosi, settici, neoplastici), quindi se la natura
dellembolo non ragionevolmente accertata, conviene parlare genericamente di embolia
polmonare. Pi raramente si pu formare un trombo direttamente nelle arterie polmonari (specie
in corso di patologia neoplastica), ed allora si parla di trombosi polmonare autoctona.
La TEP nella maggior parte dei casi una patologia acuta ed unemergenza medica. Lincidenza
si stima attorno ai 50/100.000, ma la diagnosi si ritiene sottostimata. Se la diagnosi corretta e
precoce, la mortalit si aggira intorno al 15%, ma sale al 40% ed oltre se la diagnosi non viene
posta subito.
La tabella 1 riporta la natura dei possibili emboli che possono interessare le arterie polmonari.

_Tabella 1_______________________________________________________

- tromboemboli a partenza dalle vene profonde della gamba, coscia e pelvi (>80% dei
casi) o dal cuore dx (fibrillazione atriale, endocardite)
- neoplastici (tumori della mammella, dello stomaco, del colon, del fegato)
- grassosi (midollo giallo che entra in circolo in seguito a grosse fratture o ad interventi
di chirurgia ortopedica maggiore)
- gassosi (da introduzione di aria per cateterismi, o rapida decompressione dei
subacquei)
- settici (in corso di endocardite batterica o altri focolai settici)
- da liquido amniotico (da manovre invasive durante la gravidanza o durante il parto)
- da parassiti
- da materiale estraneo iniettato nel circolo venoso sistemico


20.2 EZIOPATOGENESI
Il piccolo circolo raccoglie il sangue refluo dalla periferia, e quindi qualsiasi frammento
di materiale che si stacca o si forma nel circolo venoso sistemico raggiunge necessariamente il
circolo polmonare dove viene trattenuto. Nessun embolo che si formi nel cuore sinistro o nel
circolo arterioso sistemico pu raggiungere la circolazione polmonare. Fanno rara eccezione gli
emboli che originano nel cuore sinistro, solo se esiste una comunicazione tra atrio sinistro e atrio
destro (difetti tipo ostium), infatti la differenza di pressione tra i due atri minima e pu
consentire il passaggio dellembolo da sinistra a destra, cosa che non pu avvenire a livello dei
ventricoli.






Ricordiamo che larteria polmonare non
nutritizia, ma solo funzionale allo scambio dei gas.
Il sangue arterioso ossigenato che serve a nutrire il
parenchima polmonare arriva dalle arterie
bronchiali, le quali originano con numerose
varianti anatomiche dallaorta toracica, come
riportato in figura 1. Questo spiega perch
locclusione dei rami della polmonare solo
raramente si accompagna ad infarto del
parenchima, a differenza di quanto avviene per
locclusione di altre arterie.



Figura 1: varianti anatomiche delle art. bronchiali




Nella stragrande maggioranza dei casi la TEP la complicazione di una trombosi venosa
profonda (TVP) che interessa le grosse vene della coscia e della pelvi (talvolta anche della
gamba). I fattori predisponenti alla formazione di trombi venosi sono essenzialmente i tre
individuati da Wirchow 100 anni fa:
1) stasi sanguigna: da immobilizzazione prolungata (decorso post-operatorio, cardiopatie,
pneumopatie, malattie neuromuscolari, obesit).
2) ipercoagulabilit: aumento degli estrogeni in gravidanza o assunzione di anticoncezionali,
liberazione di sostanze ad azione tromboplastica da parte di neoplasie tra cui quelle polmonari,
pancreatiche e prostatiche (s.paraneoplastiche) o alterazioni funzionali di uno o pi fattori
coagulativi (Tabella 2). Questultima anomalia da sospettare e indagare nei casi di TEP senza
altri fattori di rischio.
3) danno della parete vasale: arteriosclerosi, neoplasie infiltranti, varici.


Tabella 2. Alcune alterazioni della coagulazione nella TEP (Chest, 2002)
ALTERAZIONE % NELLA POPOLAZIONE
GENERALE
% NEI PAZIENTI
CON TEP
Deficit proteina C 0.1-0.3 2-5
Deficit proteina S 0.3 2
Deficit antitrombina III 0.5 1
Deficit fattore V 4-6 20-25
Aumento fattore VIII 10 20
Aumento fattore XI 11 25


Molti altri fattori possono causare la formazione di emboli allinterno del circolo venoso
sistemico (Tabella 1), ma nella pratica clinica, tali evenienze sono complessivamente rare. Sulla
base di quanto detto, possono essere individuati alcuni fattori di rischio per TEP, che devono
essere indagati in corso di diagnosi differenziale (Tabella 3). I pi importanti fattori di rischio
rimangono comunque lallettamento prolungato, la presenza di TVP, gli interventi chirurgici
addominali maggiori e ginecologici, i politraumatismi e le neoplasie. Le tromboflebiti
superficiali, solo raramente possono causare TEP. Pu anche accadere che la formazione di
emboli (trombotici o meno) sia continuativa e di piccola entit (microembolizzazione ricorrente).
In tale situazione non si ha sintomatologia clinica acuta ma una progressiva e uniforme
occlusione del letto arterioso polmonare che sfocia lentamente nel cuore polmonare cronico.



20.3 FISIOPATOLOGIA (Figura 2)
L' ostruzione improvvisa di parte del circolo polmonare ha numerose conseguenze
fisiopatologiche, che diventano clinicamente manifeste se almeno il 30% del circolo polmonare
escluso. La prima conseguenza l aumento della pressione arteriosa polmonare e aumento della
pressione ventricolare destra telediastolica. La pressione arteriosa polmonare media pu
raggiungere valori di 40 mmHg. Si ha quindi dilatazione del ventricolo destro, insufficienza
ventricolare destra e ulteriore caduta del flusso ematico polmonare (cuore polmonare acuto).
Ci provoca alcune delle possibili modificazioni ECG (blocchi di branca, fibrillazione striale,
onda P appuntita). Riducendosi la portata del circolo polmonare, si riduce anche il riempimento
del ventricolo sinistro e la gittata sistolica. Questo provoca ipotensione, ma nei casi di embolia
massiva pu condurre allo shock. Ovviamente lo scompenso acuto sinistro si verifica pi
facilmente nei pazienti gi scompensati o con valvulopatie o cardiomiopatie.
Lo squilibrio nel rapporto ventilazione-perfusione dovuto a zone di parenchima
ventilato ma non perfuso determina comunque ipossiemia che di riflesso causa
iperventilazione; all' iperventilazione contribuisce anche lo stiramento dei recettori J. L'
aumento della ventilazione, che non alterata dalla TEP, e la maggior diffusibilit della CO2
portano ad un aumento del gradiente della PCO2 arteriolo-alveolare che si traduce in una
diminuzione della CO2 arteriosa (ipocapnia). Nelle zone di parenchima polmonare non perfuse
pu aversi broncocostrizione come meccanismo in grado di ridurre la ventilazione di un' area
non perfusa. Se locclusione del circolo polmonare massiva si pu avere anche infarto
polmonare, con aumento degli enzimi di necrosi e risentimento pleurico. In realt linfarto
polmonare abbastanza raro perch la circolazione nutritizia del polmone fornita dalle arterie
bronchiali, e si verifica solo se la pressione nelle vene polmonari aumentata. In un polmone
altrimenti sano, la TEP provoca solo uno stravaso emorragico negli alveoli che si risolve in 1-2
settimane.


20.4 CLINICA
Lentit dellostruzione del circolo condiziona il quadro sintomatologico. In linea di
massima, meno rami sono coinvolti e pi le manifestazioni si limitano al polmone. Nelle forme
massive compare sempre anche linteressamento cardiovascolare. Per convenzione si parla di
Embolia polmonare massiva con un ostruzione oltre il 50% del letto vascolare polmonare. La
TEP quasi sempre un evento acuto.
Sintomo caratteristico la dispnea (con tachipnea) in genere improvvisa. Altri sintomi
importanti sono la tosse secca, lemoftoe, e talvolta il dolore toracico da interessamento
pleurico accentuato con il respiro di solito laterale generalmente basale. L'emottisi e il dolore
toracico sono pi frequenti nei casi in cui si verifica infarto polmonare. Se l'embolizzazione
estesa si verificheranno cianosi e segni di sofferenza cardiovascolare: tachicardia, ipotensione,
pallore fino allo shock cardiogeno franco. Il quadro clinico florido (dolore toracico, dispnea,
ipotensione) impone immediatamente la diagnosi differenziale con linfarto miocardico (ECG).
Obiettivamente si pu notare una zona di ipofonesi con associata ascoltazione di rumori secchi
quali sibili, espressione di broncocostrizione; in sede di dolore possono essere presenti rumori di
fregamento pleurico che possono indurre ad una diagnosi errata.


20.5 DIAGNOSTICA
La diagnosi di TEP difficile, ed in prima battuta soltanto clinica. Occorre sospettarla in
pazienti con fattori di rischio (allettamento prolungato, trombosi venose, recente chirurgia
ortopedica) in cui compaiano improvvisamente dispnea, tosse, emoftoe o dolore toracico.
Poich alcuni aspetti clinici sono piuttosto comuni, entrano in diagnosi differenziale diverse
patologie (Tabella 3).

Tabella 3: principali diagnosi differenziali della TEP
SEGNI E SINTOMI DIAGNOSI DIFFERENZIALE INDAGINE
Dolore toracico acuto
Dispnea acuta
Ipotensione, aritmie
Infarto del miocardio ECG
Tosse, dolore toracico
acuto, dispnea acuta
Riduzione MV
Pneumotorace RX
Tosse
Dispnea
Ipossia-ipocapnia
Asma Esame obiettivo
(broncostruzione
diffusa)

All'ECG si possono rilevare i segni di cuore polmonare, cio della dilatazione del cuore destro:
onda P polmonare (a tenda canadese) da dilatazione atriale, inversione dell' onda T nelle
precordiali destre, rotazione destra e antioraria dellasse, blocco di branca destro, extrasistoli e
fibrillazione atriale. Abbastanza caratteristica, ma infrequente, lassociazione di onda S in d1, q
in D3, T invertita in D3 (S1q3T3, S,di McGynn-White). AllEGA si ha in genere ipossiemia,
mentre molto suggestiva per TEP lipocapnia. Radiologicamente la tromboembolia polmonare
non mostra segni caratteristici. Si pu avere alterazione delle arterie polmonari con slargamento,
visibile radiologicamente come segno "della salsiccia". Il diradamento della vascolarizzazione
(segno di Westermark) pu essere messo a confronto di aree indenni. Solo in caso di infarto
polmonare (raro) si possono rilevare delle opacit sfumate triangolari con base verso la pleura.
A livello laboratoristico pu essere utile il dosaggio dei prodotti di degradazione del fibrinogeno
(XDP o d-dimero). Tale parametro ha un buon valore predittivo negativo, nel senso che valori
normali di d-dimero anche in presenza di sospetto clinico, escludono la diagnosi di TEP con una
probabilit superiore al 90%. Al contrario, la positivit del d-dimero aspecifica e utile solo se
presente un sospetto clinico. Laumento degli enzimi GOT, GPT ed LDH non ha rilevante valore
diagnostico, in quanto tardivo, poco sensibile e poco specifico.
In presenza di sospetto clinico, la conferma si ha solo con la dimostrazione dell' ostruzione a
livello del flusso in arteria polmonare. La scintigrafia perfusoria, di semplice esecuzione e non
invasiva, considerata lesame di riferimento (figura 3). Tuttavia essa non particolarmente
specifica in quanto l' individuazione di aree non perfuse si ha anche in altre patologie polmonari
come la BPCO. La significativit dell' esame aumenta associando la scintigrafia ventilatoria,
che consente di documentare la presenza di normale ventilazione in aree non perfuse. La
scintigrafia polmonare per, non sempre eseguibile in urgenza (necessita di un servizio di
medicina nucleare). Attualmente, la TC polmonare con mezzo di contrasto (angio TC) viene
considerata una alternativa soddisfacente e di rapida esecuzione, ed in grado di individuare
occlusioni dei rami polmonari segmentari e subsegmentari con efficienza quasi pari alla
scintigrafia. In pratica, viene sempre eseguita per prima langio-TC. Langiografia polmonare,
mediante cateterismo del cuore dx molto precisa e sensibile, ma invasiva e non priva di rischi:
non mai un esame di prima istanza

20.6 CENNI DI TERAPIA
Oltre alla terapia sintomatica (ossigeno, blanda sedazione), il principale intervento la
scoagulazione: l' utilizzo dell' eparina nelle prime ore dalla diagnosi (ad un dosaggio di 10.000 U
in bolo seguita da 1.000 U/h) diminuisce significativamente la mortalit ed il rischio di recidive.
Ottenuto un INR tra 2 e 3 lo si mantiene con anticoagulanti orali per almeno 6 mesi. Negli ultimi
anni venuto meno l' utilizzo routinario di farmaci trombolitici, quali streptochinasi e urochinasi,
in quanto non si sono dimostrati in grado di ridurre la mortalit e per gli importanti effetti
emorragici. Solo in soggetti giovani, con diagnosi certa e forme massive si pu tentare la trombolisi con attivatore
tissutale del plasminogeno. Identicamente, lembolectomia chirurgica un intervento di ultima scelta.

Figura 3. Scintigrafia ventilatoria e perfusoria in diverse proiezioni (frontale anteriore, laterale destra,
obliqua post destra, frontale posteriore, obliqua post sinistra e laterale sinistra). Mentre la ventilazione
uniforme, si osservano zone ove il tracciante radioattivo non arriva.


21. VERSAMENTI PLEURICI E PLEURITI
(Pleural effusion)

Il liquido pleurico facilita lo scorrimento dei due foglietti pleurici tra loro agevolando i
movimenti del polmone. Il liquido pleurico viene continuamente prodotto e riassorbito grazie ad
un equilibrio di pressioni, allintegrit della parete capillare e al drenaggio linfatico. Quando
questo equilibrio si rompe, si ha laccumulo di liquido in cavo pleurico e allora si parla di
versamento. Versamento pleurico e pleurite non sono sempre sinonimi. Spesso la pleurite
produce versamento, ma si puo avere versamento anche in assenza di patologia della pleura e,
pi raramente, viceversa.

21.1 FISIOLOGIA E FISOPATOLOGIA DELLA PLEURA
Produzione e riassorbimento del liquido pleurico sono regolate dalle pressioni idrostatiche e
oncotiche e dal drenaggio linfatico. Nello strato subpleurico presente una ricca rete capillare:
la pleura parietale irrorata dai vasi sistemici (arterie intercostali) con pressione idrostatica
capillare media 30 cm H
2
O. La pleura viscerale essenzialmente vascolarizzata dai rami delle
arterie polmonari (pressione idrostatica capillare media 11 cm H
2
O). A queste si aggiungono la
pressione oncotica del liquido pleurico e del sangue.
A causa delle differenze di pressione idrostatica, in condizioni normali, si verifica una filtrazione
di liquido in corrispondenza della terminazione arteriosa dei capillari (a livello della pleura
parietale, passaggio di liquido dal settore vascolare nel cavo pleurico). La maggior parte del
liquido pleurico viene riassorbito a partire dal terzo inferiore della parete toracica (pleura
parietale, diaframmatica e mediastinica) tramite le lacune linfatiche denominate stomata. Tale
riassorbimento dovuto al meccanismo aspirante (vacuum) della parete toracica in inspirazione e
favorito dalla peristalsi della muscolatura liscia dei linfatici.
La rete linfatica della pleura viscerale (drenaggio profondo) sbocca nei linfonodi ilopolmonari e
mediastinici, ampiamente collegata con quella dei polmoni. La linfa della sierosa parietale in
rapporto con i sistemi regionali sottostanti nella catena mammaria interna e nei linfonodi
intercostali (drenaggio superficiale).
La meccanica dello spazio pleurico e la dinamica del liquido pleurico sono regolate dalle forze di
filtrazione e di assorbimento: il risultato di questo transfer :
- la fuoriuscita di liquido a livello della pleura parietale
- il suo accumulo nello spazio pleurico
- il riassorbimento da parte dei linfatici della pleura parietale/mediastinica
Qualsiasi fattore che influenza negativamente questequilibrio determina un aumento di liquido
nel cavo pleurico.
I meccanismi fisiopatogenetici sono rapportabili a:
1) aumento della pressione idrostatica (es. scompenso cardiaco congestizio, sindrome
mediastinica)
2) aumento della permeabilit capillare (es. processi infiammatori, infettivi, immunopatologie)
3) riduzione del drenaggio linfatico (es. processi ostruttivi della circolazione linfatica)





21.2 CARATTERISTICHE DEL VERSAMENTO PLEURICO ED
EZIOLOGIA
La presenza di liquido all'interno del cavo pleurico in quantit maggiore di quella
fisiologicamente presente, spesso dovuto ad uno stato infiammatorio della pleura quindi il
termine di versamento pleurico talvolta associato a quello di pleurite. Per la presenza di
liquido si pu avere per cause anche non infiammatorie.
Il primo passo per determinare l'eziologia di un versamento la distinzione tra essudato e
trasudato che si fa analizzando il liquido prelevato mediante puntura esplorativa. Infatti, il
trasudato e solitamente dovuto ad un processo di ultrafiltrazione da squilibrio delle pressioni
(idrostatica o oncotica), mentre lessudato implica un danno capillare (processo infiammatorio o
neoplastico) e la fuoriuscita dai capillari di proteine e cellule. Indicativamente, la natura di
essudato o di trasudato orienta verso le patologie che ne possono essere responsabili. Per
differenziare trasudati ed essudati , tuttoggi rimangono validi i criteri di Light (indicati in
grassetto in tabella). La presenza di uno o piu di questi 3 criteri consente di diagnosticare
lessudato. Esistono poi altri criteri aggiuntivi e macroscopici (colore, aspetto, peso specifico)
ma nessuno di questi puo essere preso come criterio distintivo.

Essudati e trasudati
ESSUDATO (compresi
Chilo- ed emotorace

TRASUDATO

[PROTEINE]
versamento/[PROTEINE]siero
> 0.5 < 0.5
[LDH] versamento > 200 UI/L < 200 UI/L
[LDH ] versamento/ [LDH ] siero > 0.6 < 0.6
[[ALBUM] siero [ALBUM]
versamento

< 1.2 g/ 100 mL > 1.2 g/100 mL
COLORE Da paglierino a giallo
carico, brunastro, rosso
Giallo chiaro
ASPETTO Frequentemente torbido

Limpido
CELLULE Abbondanti Scarse
PROTEINE > 3 g/dl < 3 g/dl
PESO SPECIFICO < 1016 > 1018
PATOLOGIA (esempi) Infezioni polmonari/pleuriche
Neoplasie polmonari/ pleuriche
Malattie autoimmuni.
Pancreatiti, ascesso subfrenico
Traumi
Sarcoidosi e granulomatosi
Insufficienza cardiaca congest.
Pericardite costrittiva,
Ipoproteinemia (s. nefrosica,
malnutrizione, insuff. Epatica)


Casi particolari sono lemotorace ed il chilotorace. Il colore rossastro o laspetto francamente
ematico del versamento pleurico fanno propendere per emotorace (trauma, neoplasia). In caso di
versamento torbido o lattescente occorre centrifugarlo: se dopo centrifugazione il sopranatante
appare limpido, si tratta di cellule o detriti, mentre se rimane torbido sono presenti lipidi.
Laspetto purulento indica empiema pleurico.
Le cause di versamento pleurico sono variabilissime. Qualsiasi patologia che squilibri le
pressioni idrostatiche od oncotiche o aumenti la permeabilita dei capillari od ostruisca il
drenaggio linfatico puo dare origine ad un versamento pleurico. Le cause piu comuni sono
schematicamente raggruppate in tabella.



Eziologia schematica pi comune dei versamenti pleurici)
Essudatizia

INFETTIVA Pleuriti para-metapneumoniche:
batteriche , virali, tubercolari, fungine
NEOPLASIE Neoplasie primitive (mesotelioma) e
secondarie (carcinoma broncogeno e
mammario) della pleura
IMMUNOLOGICA LES, artrite reumatoide, febbre
reumatica
PATOLOGIA
ADDOMINALE
Pancreatiti, interventi chirurgici,
ascesso subfrenico, s. di Meigs
DANNO ANATOMICO Traumi del torace (spesso con
emotorace), rottura dell' esofago
(Mallory-Weiss, Boerhaeve)
Trasudatizia

CARDIOVASCOLARE Scompenso cardiaco, pericarditi,
sindrome post-infartuale
SQUILIBRI ONCOTICI S. nefrosica, dialisi, ipoproteinemie
(malnutrizione, cirrosi epatica)


21.3 LE PLEURITI
Si definisce pleurite un qualsiasi processo infiammatorio della pleura. Linfiammazione della
pleura puo essere determinata da concomitanti processi flogistici del polmone (polmoniti e
broncopolmoniti), da malattie neoplastiche polmonari o pleuriche, da malattie immunologiche.
Sono ancora in uso i termini di pleurite parapneumonica (= concomitante a polmonite) o
metapneumonica (= postumo di polmonite) . Il termine pleurite implica comunque lesistenza di
fenomeni infiammatori, che si manifestano con febbre, dolore, tosse e versamento piu o meno
cospicuo. Nella pleurite, per definizione, il versamento e sempre di tipo essudativo.
Tradizionalmente e per esigenze descrittive le pleuriti si possono definire in base a diverse
caratteristiche:
- Origine: Primitive o secondarie
- Anatomia patologica: Essudative, fibrinose, con ispessimento fibroso (pachipleurite),
purulente
- Decorso: Acute o croniche
- Localizzazione: mono o bilaterali, saccate, interlobari, scissurite.
Le cause pi frequenti di pleurite sono quelle infettive e quelle neoplastiche. Tra le malattie
infettive ricordiamo le polmoniti pneumococciche, stafilococciche, ecc. La pleurite tubercolare
costituisce una patologia a parte (vedi cap 8). Anche il LES e lartrite reumatoide possono
provocare pleurite, che di solito acuta e con scarso versamento (cap. 15). Altre cause di pleurite
sono la tromboembolia polmonare con infarto polmonare, linfarto miocardico, le pancreatiti e
lascesso subfrenico.
La pleurite neoplastica (da carcinoma polmonare o da mesotelioma) ha insorgenza graduale, con
pochi fenomeni infiammatori e d origine a versamenti anche cospicui, tanto che la dispnea da
compressione del parenchima spesso il primo segno.

21.4 CLINICA
I segni e i sintomi del versamento pleurico dipendono dalla natura del processo che lo genera,
ma anche dal tempo di insorgenza e dalla quantit del liquido presente. Versamenti cospicui
formatisi gradualmente possono dare pochi sintomi, mentre pleuriti acute con versamento scarso
possono essere ricche di manifestazioni cliniche.
Sono segni indicativi di pleurite acuta:
- dolore dovuto ad irritazione della pleura parietale: in genere e trafittivo, ben localizzato e si
accentua con gli atti respiratori e con la tosse; nei versamenti neoplastici il dolore pu essere
sordo e continuo
- febbre: quasi sempre presente nelle pleuriti acute
- tosse: di tipo non produttivo, secca, su base irritativa
- difficolt a decombere sul lato leso
La dispnea (anche a riposo) se presente, indicativa di versamento cospicuo con compressione
del parenchima.
Lesame obiettivo solitamente diagnostico, ma positivo solo se il versamento superiore a
200-300 cc. Allispezione si pu osservare ipomobilit dell'emitorace leso (respiro asimmetrico).
Alla palpazione si ha diminuzione o abolizione del FVT nella sede del versamento. Alla
percussione si ha un'area dottusit corrispondente al versamento. Nei casi di essudato lottusit
spesso delimitata da una linea a convessit superiore (linea di Damoiseau-Ellis). Al di sopra di
tale linea, in sede paravertebrale, puo essere presente una zona di iperfonesi (triangolo di
Garland). La dislocazione del mediastino pu creare una zona di ipofonesi controlaterale
(triangolo di Grocco). Allascoltazione il MV solitamente abolito o fortemente ridotto.
Superiormente al versamento si puo talvolta ascoltare un soffio bronchiale.
Gli sfregamenti pleurici, esiti fibrotici (depositi di fibrina, ecc) di pregressi episodi di pleuriti
acute, hanno vari timbri e tonalit ma sono fissi, si possono auscoltare in inspirazione e/o
espirazione e non si modificano con la tosse. Indicano attrito tra i due foglietti pleurici.

21.5 DIAGNOSTICA
Le modalita dinsorgenza dei sintomi che il paziente riferisce indirizzano gi verso una
diagnosi. Dolore, febbre, tosse indicano la presenza di pleurite. La dispnea progressiva, associata
ai segni di versamento orienta verso versamenti cospicui e lentamente progressivi. La clinica
(segni e sintomi) suggerisce la presenza di versamento pleurico: occorre innanzitutto
confermarlo, poi determinarne la natura e quindi leziologia.
Dopo lesame obiettivo, lRX torace e lesame di prima istanza. Per gravit i versamenti
pleurici si dispongono alle basi, opacando i seni costofrenici e sfumando verso l' alto
(FIGURA). La disposizione di un versamento libero non saccato, nella radiografia laterale, ha
una posizione pi elevata in sede anteriore e posteriore discendendo sull'ascellare, mentre nella
radiografia antero-posteriore la posizione pi elevata a livello dell'ascellare. Se e presente aria
oltre che liquido, il versamento ha livello orizzontale (idropneumotorace). La toracentesi e
fondamentale per l'aspetto macroscopico, per l'esame citologico, biochimico e per eventuali
colture batteriologiche (batteri, miceti e mycobatteri). La TC utile per individuare piccoli
versamenti non visibili all' RX. Nel caso di versamenti cospicui opportuno eseguirla dopo aver
liberato il cavo pleurico da gran parte del liquido (toracentesi evacuativa) per meglio
evidenziare eventuali irregolarit della pleura, ispessimenti, masse solide. L ecografia e utile
nei versamenti saccati per individuare il punto preciso ove praticare puntura esplorativa.

21.6 CENNI DI TERAPIA
La terapia dei versamenti pleurici strettamente dipendente dalla loro causa.
In linea di massima, un versamento deve essere evacuato (toracentesi) indipendentemente dalla
causa, solo se e talmente cospicuo da compromettere la ventilazione polmonare (dispnea,
ipopnea, ipossia arteriosa), ed in presenza di febbre e dolore pleurico e comunque prima di
instaurare terapie che possano mascherare leziologia.
I versamenti trasudatizi scompenso cardiaco, ipoonchia) si risolvono gradualmente con la
correzione del disturbo a monte (correzione della proteinemia, trattamento dello scompenso).
Per i versamenti essudativi dovuti a pleurite, il trattamento sintomatico (antinfiammatori,
analgesici); se la pleurite di origine infettiva, il trattamento antibiotico va necessariamente
intrapreso.
Per le pleuriti croniche (solitamente neoplastiche) che danno origine a versamenti abbondanti e
recidivanti si applica, ove necessario, la pleurodesi chimica per via pleuroscopica (cosiddetto:
talcaggio pleurico). Tale trattamento non e risolutivo, ma consente di impedire o rallentare la
formazione del versamento e la conseguente dispnea.



22. PNEUMOTORACE (PNX)

22.1 CLASSIFICAZIONE E FISIOPATOLOGIA
Il PNX la presenza daria in cavo pleurico. Normalmente nel cavo pleurico non vi aria e la
pressione inferiore a quella atmosferica (cio' consente di mantenere il polmone aderente alla
parete toracica). Perch si verifichi un PNX deve quindi crearsi una comunicazione tra lo spazio
pleurico e l'aria ambiente (o esterna o quella presente nelle vie aeree e nel polmone),
necessariamente attraverso una soluzione di continuita dei foglietti pleurici. Se il cavo pleurico
messo in contatto con la pressione atmosferica, il polmone, non piu' trattenuto dalla pressione
negativa, tende a retrarsi verso l'ilo diventando in tutto o in parte inutilizzabile per la
ventilazione. Si verifica quindi uno shunt circolatorio (aree perfuse ma non ventilate) e
conseguente ipossiemia.
Il PNX viene classificato in base alla presenza o assenza di lesione traumatica delle pleure. Nel
primo caso si definisce spontaneo, altrimenti traumatico o iatrogeno.

Classificazione del PNX
Spontaneo primitivo Soggetto in buona salute e assenza di patologia
polmonare nota.
Spontaneo secondario In corso di: Polmoniti, BPCO ed enfisema, Asma,
Processi tisiogeni, Tumori
Traumatico Qualsiasi tipo di lesione della parete toracica che
coinvolga le pleure. Spesso si tratta di
emopneumotorace.
Iatrogeno Complicanza di manovre diagnostico/terapeutiche:
toracentesi, agobiopsia transparietale
Terapeutico PNX indotto artificialmente per favorire la guarigione
delle caverne TBC. Non piu in uso.

Il PNX spontaneo primitivo si verifica preferenzialmente nei maschi giovani e longilinei ed ha
partenza dalle zone superiori del polmone, che sono normalmente pi distese. Il PNX spontaneo
secondario si pu verificare in molte condizioni patologiche in cui si abbia un danno del
parenchima che lesiona la pleura viscerale e mette in comunicazione bronchi ed alveoli col cavo
pleurico (pi di frequente si tratta di tumori o bolle di enfisema nel BPCO o caverne tubercolari).
Il PNX traumatico frequente negli incidenti stradali e si associa spesso versamento ematico o
pi di rado a versamento purulento per sovrinfezione.
In base alla fisiopatologia il PNX viene definito
- chiuso: se una quota di aria entra in cavo pleurico e vi resta per venire lentamente riassorbita
- aperto: se l'aria puo' entrare e uscire con i movimenti respiratori
- a valvola: se l'aria entra in inspirazione e non pu uscire in espirazione. Quest'ultima
condizione causa il PNX iperteso, in cui la pressione in cavo pleurico aumenta
progressivamente e fa sbandare il mediastino verso il lato sano. Si verifica allora una
riduzione del ritorno venoso al cuore destro, ipoperfusione polmonare e bassa gittata
sistemica. La trazione sul fascio vascolonervoso pu causare inoltre aritmie.

22.2 CLINICA E DIAGNOSI
Le manifestazioni cliniche dipendono essenzialmente dallentit del PNX. Ad esempio, nei casi
di piccoli PNX, la clinica pu essere del tutto muta o aspecifica. Solitamente per il PNX
esordisce con dolore toracico puntorio improvviso, tosse, dispnea di grado variabile. Se il
PNX iperteso (solitamente in caso di trauma) si manifestano i sintomi e segni dello shock
(ipotensione, tachipnea, pallore cutaneo, aritmie) e dellinsufficienza respiratoria (spesso con
comparsa di cianosi manifesta). All'esame obiettivo si rilevano: riduzione o assenza del FVT,
indebolimento o assenza completa del MV, suono iperchiaro o timpanico in corrispondenza della
falda di aria. Lipomobilit visibile dell'emitorace colpito si ha solo in caso di PNX massivo.
La diagnosi viene facilmente confermata dallRX, che mostra il contorno del polmone retratto
verso lilo e lipertrasparenza attorno ad esso. La differenza tra le due zone ben evidenziata
dalla assenza della trama interstiziale in corrispondenza della falda daria. Una volta
diagnosticato il PNX, non sono necessarie le PFR, che dimostrerebbero comunque una sindrome
restrittiva quasi pura (riduzione del polmone ventilato). Lo shunt circolatorio causa solitamente
ipossiemia di grado variabile. LEGA pu fornire una buona misura del grado di
compromissione respiratoria. Linsorgenza di ipercapnia e cianosi indice di grave insufficienza
respiratoria e segno prognostico sfavorevole.
Nel soggetto giovane, maschio, longilineo, la coesistenza dei sintomi sopracitati deve sempre far
sospettare un PNX spontaneo primitivo. Nei soggetti affetti da altre malattie polmonari la
diagnosi non sempre scontata, ma la radiografia del torace quasi sempre dirimente e la TAC
consente di diagnosticare e precisare lesistenza di bolle sottopleuriche.

22.3 CENNI DI TERAPIA
Se il PNX di lieve entit, chiuso, in soggetto giovane e sano, e non causa insufficienza
respiratoria pu essere sufficiente il solo riposo. Se il PNX di notevole entit lo si drena con
un apposito trocar connesso ad un sistema di aspirazione continua. Nel caso di PNX iperteso
sempre necessario detendere immediatamente il cavo pleurico, anche con un normale ago da
siringa. Risolta la fase acuta, si pu valutare, sulla base della TAC, se intervenire in toracoscopia
per trattare le bolle sottopleuriche o creare una pleurodesi chimica. Il posizionamento di un
drenaggio pleurico pu favorire di per s la pleurodesi.


RX in PNX. A Dx si nota la completa assenza della trama interstiziale ed il contorno del
polmone retratto verso lilo






TC IN PNX ANTERIORE DX CON SBANDAMENTO CONTROLATERALE DEL MEDIASTINO


23. ADULT RESPIRATORY DISTRESS SYNDROME (ARDS)

LARDS (in contrapposizione allanaloga sindrome del bambino o malattia delle membrane
ialine) stata descritta per le prime volte negli anni 60, ricevendo via via i nomi di: polmone da
shock, polmone umido, edema polmonare da lesione capillare, polmone di Da-Nang
(questultima dalla descrizione della patologia nei soldati in Vietnam). Attualmente si usa la
definizione di ARDS, intesa come condizione clinica acuta e progressiva con grave dispnea,
ipossiemia arteriosa refrattaria alla somministrazione di O2, ridotta compliance polmonare
(polmone rigido) ed evidenza radiografica di infiltrati polmonari bilaterali (espressione di
edema da aumentata permeabilita capillare). LARDS quasi sempre conseguenza di altre
patologie e si manifesta clinicamente entro 72 ore dallinsorgenza della causa scatenante. La
prognosi spesso infausta (mortalita dell 60-70%).

23.1 EZIOPATOGENESI
LARDS lespressione di una lesione diffusa dellendotelio capillare polmonare e non ha
pertanto uneziologia unica. Essa puo svilupparsi in seguito a diverse cause (o meglio fattori di
rischio) che possono anche non coinvolgere primitivamente il polmone.

Fattori di rischio per ARDS
SISTEMICI CON DANNO DIRETTO POLMONARE
Sepsi Inalazione di liquido gastrico
Grave shock (spec. Ustioni estese) Trauma polmonare
Pancreatine Annegamento
Traumi gravi ed estesi Tossicita da ossigeno
Coagulaz. Intravascolare disseminata Embolia amniotica o grassosa
Trapianto cuore-polmone Da inalazione di gas tossici (paraquat, ammoniaca)
Politrasfusioni Polmone uremico
farmaci: narcotici, salicilati, nitrofurantoina,
lidocaina, mezzi di contrasto
Infezioni: pneumocystis, miliare diffusa, pneumococco,
mycoplasma

LARDS intesa come processo infiammatorio acuto diffuso, causato dallattivazione sistemica
dei neutrofili circolanti i quali aderiscono allendotelio dei capillari polmonari, rilasciano il
contenuto proteolitico dei loro granuli e danneggiano lendotelio provocando unessudazione dai
capillari stessi. Questipotesi trova conferma nellelevato numero di neutrofili recuperati dal
BAL di pazienti con ARDS anche in fase precoce. Altri effettori cellulari ed umorali entrano
sicuramente in gioco; i macrofagi alveolari hanno meccanismi di attivazione simili a quelli dei
neutrofili, mentre le endotossine batteriche possono avere effetto lesivo diretto sullendotelio.
Analoga azione lesiva sarebbe esplicata da prodotti di degradazione della fibrina, che costituisce
il materiale trombotico spesso presente nel letto vascolare polmonare in questa condizione. Il
meccanismo patogenetico dunque multifattoriale, ma levento finale comune il danno diffuso
dellendotelio dei capillari polmonari.

23.2 ANATOMIA PATOLOGICA
Sono descritte tre fasi successive di evoluzione delle lesioni. La fase acuta essudativa (primi 3
giorni) caratterizzata da aumento di densit, volume e consistenza del polmone, che di colore
rosso scuro a causa di estesi fenomeni emorragici. Gli alveoli sono occupati da materiale amorfo
costituito da proteine, fibrina, residui di surfactante, macrofagi e neutrofili. Si evidenzia
unestesa distruzione dei pneumociti di I tipo che mette a nudo la membrana basale e consente il
libero ingresso di fluido negli alveoli. La fase proliferativa (settimana successiva) vede la
regressione o la organizzazione dellessudato endoalveolare: gli pneumociti di II tipo e le cellule
epiteliali squamose si dispongono a rivestire la membrana basale. La fase fibrotica (3-4
settmane) vede la dilatazione degli spazi aerei (cisti o a nido dape) nelle zone declivi del
polmone, la fibrosi degli alveoli e la dilatazione dei bronchi piu periferici. Di particolare rilievo
in questa fase sono i fenomeni di rimodellamento vascolare: dilatazione dei capillari,
ispessimento della media delle arterie muscolari, proliferazione di tessuto muscolare in arterie
non muscolari. Ipoossia e ipertensione polmonare favoriscono questi ultimi fenomeni.

23.3 FISIOPATOLOGIA
La compromissione degli scambi gassosi si pu ricondurre a tre meccanismi fondamentali:
- shunt artero-venoso
- alterazione del rapporto ventilazione/perfusione
- compromissione della diffusione alveolo-capillare
Il frequente rilievo di ipossiemia refrattaria alla somministrazione di O2 sembra indicare nello
shunt artero venoso funzionale il principale meccanismo di alterazione degli scambi. Infatti, la
precoce raccolta di liquido in alveolo provoca shunt nelle unit respiratorie perfuse ma non pi
ventilate. In gran parte dei pazienti in fase acuta si osserva una distribuzione bimodale del
rapporto ventilaz./perfusione: unita respiratorie a rapporto normale, che ricevono circa il 50%
della gittata cardiaca, mentre la rimanente frazione della gittata si distribuisce in territori
polmonari non ventilati. Nella fase tardiva della fibrosi, la compromissione della diffusione
alveolo-capillare gioca un ruolo importante nel mantenere lipossiemia.
Per quel che riguarda la meccanica respiratoria, la principale alterazione rappresentata dalla
riduzione della distensibilita del polmone, il quale sarebbe piu rigido a causa delledema
interstiziale e ed alveolare e della deplezione di surfactante. La deplezione del surfactante,
favorendo il collasso alveolare, contribuisce allo sviluppo di forze idrostatiche le quali
richiamano ulteriori liquidi nello spazio alveolare. Questi fenomeni aggravano la riduzione della
distensibilita polmonare con conseguente aumento del lavoro respiratorio. Negli stadi pi tardivi
di ARDS, la deposizione di tessuto fibroso a livello interstizio/alveolare determina ulteriore
riduzione della distensibilit polmonare (polmone rigido). Infine, laumento delle resistenze
vascolari e della pressione arteriosa polmonare sono costantemente presenti nei pazienti con
ARDS e persistono anche dopo correzione dellipossiemia. Lipertensione polmonare
(ostruzione del piccolo circolo) dovuta a: trombosi intravascolare, distruzione del letto capillare
e vasocostrizione ipossica riflessa (tentativo di compenso per normalizzare il rapporto V/Q). Il
circolo vizioso (ipossiemia-vasocostrizione-ipossiemia), se non viene interrotto si ripercuote sul
ventricolo destro provocando sovraccarico, dilatazione e scompenso.

23.4 CLINICA
La sintomatologia varia in rapporto alle cause che hanno determinato la sindrome.
Schematicamente si pu identificare una fase prodromica, caratterizzata da polipnea ed
ipossiemia ingravescente. Dalla fase prodromica si passa alla fase delledema, nella quale
lipossiemia si manifesta con: tachipnea, agitazione, confusione mentale, cianosi. In questa fase
si rilevano rantoli diffusi a piccole-medie bolle o crepitanti, e anche zone di silenzio respiratorio.
Tali manifestazioni hanno andamento rapidamente ingravescente e richiedono spesso
lintubazione e la ventilazione meccanica. Successivamente si pu osservare una fase intermedia
delle membrane ialine, in cui i sintomi si attenuano e si riduce lipossiemia. Le ultime due fasi
possono anche evolvere favorevolmente con restitutio ad integrum. In molti casi, pero, lARDS
evolve verso la fibrosi interstiziale diffusa e quindi verso linsufficienza respiratoria cronica.

23.5 DIAGNOSTICA
I criteri necessari per porre o sospettare la diagnosi di ARDS includono:
- identificazione di fattori di rischio
- dispnea e tachipnea ingravescenti
- evidenza RX di infiltrati polmonari diffusi bilaterali
- ipossiemia arteriosa refrattaria alla somministrazione di O2
- (evidenza di ridotta compliance polmonare)
Non esiste un test diagnostico di ARDS, in quanto la sindrome il risultato clinico finale di una
variet di cause scatenanti. Trovandosi di fronte ad un quadro di edema polmonare diffuso ed
ingravescente occorre dapprima stabilire se esso sia dovuto ad aumento della pressione
idrostatica (scompenso cardiaco: il piu frequente) o ad aumento della permeabilit capillare
(ARDS). La diagnosi viene suggerita dalla presenza di esposizione ai fattori di rischio noti per
lARDS. Alcuni autori sottolineano lutilit della misurazione della pressione in arteria
polmonare a catetere incuneato (wedge pressure), che solitamente normale nellARDS e
aumentata invece nello scompenso cardiaco. In realt tale misurazione ha importanza piu per il
monitoraggio nel tempo che per la diagnosi in s. Un utile elemento diagnostico rimane ancora
la radiografia del torace. Essa dimostra nella fase delledema un accentuazione della trama
interstiziale e la comparsa di infiltrati parenchimali irregolari prevalentemente ai campi medio-
inferiori, che poi confluiscono in opacita massive, fino al polmone bianco.
La TAC il miglior mezzo per valutare lestensione delle zone di parenchima polmonare
consolidate e di quelle ancora ventilate.



23.6 CENNI DI TERAPIA
Le principali finalit terapeutiche sono: ripristino dellossigenazione arteriosa, controllo del
bilancio dei liquidi, riduzione dellinfiammazione polmonare. Lipossiemia arteriosa da shunt
non correggibile con la sola somministrazione di O2. La ventilazione meccanica con pressione
positiva di fine espirazione (PEEP, positive end expiratory pressure) consente di mantenere
espansi gli alveoli collassati ma ancora perfusi e quindi di ridurre lentit dello shunt. Il controllo
del bilancio dei liquidi inteso ad evitare il sovraccarico idrico che potrebbe peggiorare lo
stravaso verso lalveolo. I fenomeni infiammatori che danneggiano lendotelio possono essere
ridotti o controllati con la somministrazione di steroidi ad alte dosi. Piu di recente stata
dimostrata una certa efficacia delossido nitrico e delle prostacicline come vasodilatatori
polmonari, che consentirebbero di ridurre lipertensione polmonare.

24. INSUFFICIENZA RESPIRATORIA (IR)

24.1 GENERALITA
La respirazione normale deve garantire adeguato scambio dei gas: sufficiente apporto di
ossigeno e valida eliminazione di anidride carbonica tali da mantenere normali valori di
pressione arteriosa di questi gas. Il concetto di insufficienza respiratoria analogo a quello di
insufficienza cardiaca o renale: inadeguata funzione dell'organo rispetto alle richieste, causata
da disparate patologie. La definizione esatta di IR di riduzione della PaO2 al di sotto dei
60mmHg. Tale valore stato scelto perch al di sotto di esso la saturazione dellHb comincia a
scendere in maniera critica. Quindi per definire un soggetto come in insufficienza respiratoria
necessario conoscere la sua paO2 (solitamente con lEGA o in maniera imprecisa con la
saturimetria). Nella definizione di IR non si fa cenno alla CO2. Laumento della PaCO2 oltre i
50 mmHg individua lipercapnia associata allIR, che pu esserci o meno. Ovviamente,
linsufficienza respiratoria ipercapnica sempre la pi grave.
Infine, il termine di insufficienza respiratoria (IR) non si riferisce ad una malattia a se stante ma
ad una condizione fisiopatologia in cui lo scambio dei gas alterato (per cause polmonari e non).
A seconda del tempo che impiega a instaurarsi, si parla di IR acuta (IRA, solitamente emergenza
medica) o cronica (IRC) e, come gi detto si distinguono una IR ipossica ed una ipossico-
ipercapnica. Dal punto di vista didattico pu essere utile classificarla a seconda della causa che la
produce (polmonare, cardiogena, centrale ecc.), anche se nella pratica clinica succede
esattamente lopposto: si accerta lIR e bisogna individuarne la causa.

24.2 ASPETTI DI FISIOPATOLOGIA
La respirazione si suddivide schematicamente in alcuni principali compartimenti: ventilazione,
diffusione, per fusione, trasporto e controllo del respiro. Dal punto di vista strettamente
fisiopatologico un'anomalia di ciascuna (o pi) di queste componenti pu portare
all'insufficienza respiratoria. Pu esserci ipossiemia senza ipercapnia, mentre non si verifica
praticamente mai la situazione opposta. Infatti, quale che sia il meccanismo di scompenso,
lossiemia sempre la prima ad alterarsi, tenendo conto che lossigeno poco solubile, poco
diffusibile e strettamente dipendente dall HB per il trasporto. Al contrario essendo la CO2
estremamente solubile e diffusibile essa aumenta nel sangue solo se gli scambi gassosi sono
compromessi in maniera molto grave. In genere quindi lipercapnia indice di gravit della
situazione. Inoltre, laumento della CO2 conduce a diminuzione del del pH (acidosi) che richiede
alcuni giorni per essere compensata dai meccanismi renali. Una IRA, cio insorta rapidamente
mette in moto come primo compenso laumento della ventilazione (frequenza e profondit). Se
lo scambio dei gas non compromesso in maniera grave, la CO2 pu essere ancora eliminata e
questo spiega perch in alcune situazioni come lasma o la TEP si pu avere IR con ipocapnia.
Ovviamente, se lo scambio dei gas non funziona, la IRA evolve rapidamente in forma
ipercapnica con acidosi, coma e arresto respiratorio. Se lIR e quindi lipossiemia si instaura
gradualmente e lentamente (come avviene ad esempio nella BPCO), non si ha iperventilazione e
la dispnea appare inizialmente solo sotto sforzo. In tal caso, laumento della CO2 tardivo e
quando inizia mette in moto il compenso renale, che ha tempo sufficiente per svilupparsi.

Le pi importanti situazioni fisiopatologiche in cui pu verificarsi unipossiemia sono:
- ipoventilazione alveolare: tutte le situazioni in cui il livello ventilatorio non soddisfa, oltre
alle richieste di O2, leliminazione di CO2 (anatomiche, neurologiche, muscolari)
- squilibrio ventilazione/perfusione: quando l'apporto ematico al polmone maggiore degli
scambi ventilatori ne consegue un'ipossiemia arteriosa. L'alterato rapporto
ventilazione/perfusione la pi comune causa di ipossiemia arteriosa che normalmente si
corregge almeno in parte somministrando al paziente O2 al 100%.
- shunt destro/sinistro: pu derivare da anomale comunicazioni polmonari (fistola polmonare
arterovenosa), o pi comunemente per lesistenza di aree perfuse ma non ventilate per
collabimento (atelettasia) o replete di fluidi (edema polmonare, ARDS, polmonite massiva).
In caso di shunt, l'inspirazione di O2 puro non aumenta la pO2 rispetto alle condizioni
basali.
- alterata diffusione: raramente pura e solitamente complica altre patologie. Di per s non
comporta una ipossiemia arteriosa a riposo.
- ridotta concentrazione di O2: ad alte quote per rarefazione dell'aria o per consumo di O2
dovuto a combustioni o per diluizione ad opera di altri gas.

L'ipercapnia pu sempre essere interpretata unicamente come il risultato di una ipoventilazione
alveolare. Ci vero in quanto la PCO2 arteriosa regolata dal rapporto tra produzione di CO2 e
ventilazione alveolare. Fisiologicamente anche qualora la produzione di CO2 aumenti
intensamente, la ventilazione alveolare incrementa proporzionalmente e la PCO2 arteriosa viene
mantenuta entro valori ristretti. Pertanto un incremento della PCO2 arteriosa implica sempre
insufficienza respiratoria, nel senso che la ventilazione alveolare risulta essere inadeguata ad
eliminare tutta la CO2 prodotta in quel momento.
Allaumento protratto ma lento della PCO2, il rene tenta di compensare la situazione
aumentando il riassorbimento dei bicarbonati, al fine di riportare alla norma i valori del pH. Per
tale motivo, nei pazienti con acidosi respiratoria compensata il pH quasi normale, nonostante
laumento della PaCO2 e a prezzo di un incremento dei bicarbonati. L'insufficienza respiratoria
acuta pu generare uno scompenso acuto del cuore destro in seguito a vasocostrizione delle
arterie polmonari da ipoossia (cuore polmonare acuto). Parimenti, linsufficienza respiratoria
cronica (tipicamente la BPCO) pu dare origine lentamente a cuore polmonare sempre per
vasocostrizione ipoossica, aggravata dalla riduzione anatomica del letto vascolare e
dalliperinsufflazione che comprime i capillari polmonari.

24.3 CLASSIFICAZIONE DELL INSUFFICIENZA RESPIRATORIA
Dal momento che la definizione operativa di IR la presenza di ipossiemia arteriosa (associata o
meno ad ipercapnia), comprensibile che numerose situazioni morbose possano esserne la
causa. Una possibile classificazione tiene conto di quale componente dell'apparato respiratorio
sia coinvolta e se avvenga acutamente o cronicamente (vedi tabelle). Ovviamente, tale
classificazione scolastica
Malattie ostruttive
Acute: ostruzione improvvisa del flusso aereo. Una ostruzione delle vie aeree extratoraciche
(rinofaringe, laringe e porzione extratoracica della trachea) causa di regola stridore, mentre
un'ostruzione delle vie aeree intratoraciche causa respiro sibilante (wheezing). Un'ostruzione
acuta delle vie aeree superiori deriva o da processi flogistici-infettivi o meccanici (corpo
estraneo); in particolare nella prima e seconda infanzia l'epiglottite una situazione
particolarmente grave e pericolosa. Ostruzione acuta delle vie aeree inferiori causata da
broncospasmo, quindi: asma bronchiale, bronchiolite (nel lattante) e inalazione di sostanze
tossiche.
Croniche: un'ostruzione diffusa pu derivare da patologie dei grossi bronchi (bronchiectasie), dei
piccoli bronchi (bronchite) o del parenchima polmonare (enfisema). Queste condizioni morbose
conducono gradualmente all'IR cronica, in particolare le riacutizzazioni (bronchite e polmonite)
aggravano sensibilmente la patologia di base.
Malattie che causano un'infiltrazione del parenchima.
Acute: la forma pi comune la polmonite. Lo sviluppo di IRA correlata all'estensione del
processo.
Croniche: sono numerosissime (oltre 100) le condizioni di infiltrazione cronica parenchimale.
Malattie che causano edema polmonare
Sono sempre acute: l'edema polmonare pu essere conseguenza di un infarto miocardico, di uno
scompenso acuto sinistro (crisi ipertensiva o aritmia) o pu essere dovuto a aumentata
permeabilit capillare (ARDS, capitolo 21).
Malattie polmonari vascolari
Acute: la tromboembolia polmonare porta di solito ad una ipossiemia (e ipocapnia da
iperventilazione riflessa)
Croniche: le condizioni pi comuni sono le vasculiti polmonari e il tromboembolismo ricorrente
(frequente nei tossicodipendenti, nei pazienti con malattie venose periferiche o anemia a cellule
falciformi).
Malattie della parete toracica e della pleura
Acute: la forma pi frequente il trauma toracico con multiple fratture costali e dello sterno.
Altra causa, spesso associata ai traumi il pneumotorace.
Croniche: una grave cifoscoliosi (idiopatica o acquisita) pu indurre un'IR, spesso associata a
cuore polmonare. Anche massivi versamenti pleurici o pleuriti costrittive possono essere causa di
IR.
Patologie neuromuscolari
Diverse condizioni morbose neurologiche possono indurre un' IR; da un punto di vista
classificativo si considerano:
patologie cerebrali, malattie dei nervi periferici e del midollo spinale, malattie muscolari.
Una classificazione piu semplice e pratica anche se meno dettagliata, suddivide le IR in due
grandi gruppi
- da deficit della pompa ventilatoria (nervi, centri nervosi, muscoli, parete toracica, pleure)
- da deficit dello scambiatore di gas (malattie ostruttive e restrittive, alterato rapporto
ventilazione/perfusione, alterata diffusione ecc.

24.4 MANIFESTAZIONI CLINICHE
Considerando l'estrema eterogeit eziologica, scontato il polimorfismo dei sintomi della
malattia di base. Si analizzeranno brevemente la sintomatologia dell'ipossia e dell'ipercapnia,
rimandando agli altri capitoli la descrizione dei singoli quadri clinici.
Ipossia I segni e sintomi dell'ipossia acuta sono essenzialmente le alterazioni del SNC e della
funzione cardiovascolare. Segni caratteristici sono il sopore e linstabilita motoria: quadro che
assomiglia all'etilismo acuto. Se l'ipossia peggiora si va incontro a morte per depressione dei
centri respiratori midollari. Gli effetti precoci sul sistema CV sono rappresentati da tachicardia
ed ipertensione arteriosa, in seguito compare bradicardia, insufficienza contrattile e shock
cardiogeno.
Segno importante la cianosi che indica la desaturazione dellHb (in pazienti poliglobulici la
cianosi si pu manifestare solo quando PO2 < 50 mm Hg). L'ipossia cronica caratterizzata,
oltre che da apatia e affaticamento, dalla ridotta tolleranza allo sforzo. A carico del circolo si
osserva uno scompenso destro. Esiste infine, come meccanismo di compenso una poliglobulia.
Ipercapnia Le conseguenze fisiopatologiche dell'ipercapnia dipendono non solo dalla quantit in
eccesso di CO2, ma anche dal tempo in cui si manifesta. Le forme acute si caratterizzano per una
serie di disturbi neurologici centrali (agitazione, confusione, sedazione, coma). La risposta
vascolare rappresenta un insieme di riflessi vasocostrittori, dovuti all'ipertono simpatico e
vasodilatatori, legati all'accumulo locale di CO2. Pertanto la risposta cardiovascolare dipende
dalla prevalenza in quel momento di una delle due componenti. In realt le manifestazioni
cliniche dellipercapnia sono dovute allacidosi
Le forme in cui l'ipercapnia si manifesta lentamente sono caratterizzate dall'innesco dei
meccanismi di compenso, per cui il quadro clinico pu essere quasi inespressivo anche a valori
di PCO2, che se si realizzassero acutamente condurrebbero a morte. Ci sono infatti pazienti che
conducono, a riposo, una vita abbastanza regolare con valori di PCO2 intorno ai 50-60 mm Hg. I
sintomi pi comuni sono comunque la cefalea e la sedazione. Altri segni sono il papilledema,
contrazioni muscolari, scosse miocloniche e asterissi.



Cause di insufficienza respiratoria cronica
Ostruzione delle vie aeree BPCO
Enfisema
Asma cronica
Infiltrazione parenchimale Fibrosi polmonari diffuse
Sarcoidosi e altre granulomatosi
Neoplasie infiltranti diffuse
Proteinosi e amiloidosi
Tesaurismosi
Edema alveolare Scompenso cardiaco cronico
Alterazioni vascolari Tromboembolie ricorrenti
Ipertensione polmonare
Vasculiti
Malattie pleuriche Pleuriti costrittive
Versamenti massivi

Alterazioni di parete Deformita del torace (cifoscoliosi)
Grave obesita
Malattie del SNC Farmaci, tossici, traumi
Poliomielite bulbare
Malattie dei nervi Poliomielite spinale, Guillain-Barr, Sclerosi lat. Amiotrofica
Neuropatie tossiche e metaboliche
Patologie muscolari Distrofia muscolare, polimiosite, amiotonia, miastenia grave



Cause di insufficienza respiratoria acuta
Ostruzione delle vie aeree Attacco asmatico
Epiglottite, edema della glottide
Corpo estraneo
Infiltrazione parenchimale Polmoniti e broncopolmoniti

Edema alveolare Edema polmonare acuto cardiogeno
Edema da alte quote o da ipossia
Sindrome da distress respiratorio delladulto
Inalazione di tossici e irritanti
Alterazioni vascolari Tromboembolie polmonare massiva
Ipertensione polmonare acuta da rotture valvolari o del setto

Malattie pleuriche Versamenti massivi (emotorace)
Pneumotorace iperteso
Traumi
Alterazione dei gas atmosferici Altitudine, aumento del CO o CO2
Alterazioni di parete Traumi
Malattie del SNC Intossicazioni (etanolo, oppioidi), traumi
Poliomielite bulbare
Malattie dei nervi S di Guillain-Barr, neuropatie tossiche


25. SINDROME MEDIASTINICA E MEDIASTINITE

25.1 GENERALITA
Come linsufficienza respiratoria, anche la s. mediastinica non una patologia a se stante, ma un
insieme di sintomi variamente associati dovuti allimpegno meccanico del mediastino. Il
mediastino lo spazio racchiuso tra i due polmoni lateralmente, sterno e articolazioni
condrosternali anteriormente, colonna e muscoli paravertebrali posteriormente, diaframma
inferiormente e prima costa/clavicola superiormente, ove si continua direttamente con il collo. Il
mediastino contiene, immersi nel tessuto lasso:
grossi vasi (aorta, vene cave e azygos)
vie nervose e gangli (n.frenico, n.vago, nn ricorrenti)
esofago
trachea ed i bronchi principali (vie extrapolmonari)
cuore e pericardio
timo e tiroide
linfonodi e collettori linfatici
Il mediastino solo una cavit, o meglio una regione anatomotopografica che contiene organi,
ma modificazioni delle strutture in esso contenute possono alterare la meccanica respiratoria. Per
contro, alterazioni dellapparato respiratorio possono coinvolgere le strutture del mediastino
(frequentemente infiltrazione da neoplasia).




25.2 PATOGENESI E CLINICA
Considerate le strutture del mediastino, si possono avere diverse principali sindromi che
coinvolgono lapparato respiratorio e le sue funzioni: sindromi respiratorie, digestive,
neurologiche e vascolari. La presenza di una di queste associazioni cliniche di sintomi deve
sempre indirizzare la diagnostica alla ricerca della patologia che la causa. Infine, le alterazioni
degli apparati possono manifestarsi insieme e parzialmente sovrapposte.





SINDROME MECCANISMO CLINICA
Respiratoria Compressione/occlusione delle
vie resp. extrapolmonari.
Dispnea inspiratoria, stridore, tirage,
tosse secca

Neurologica Irritazione Simpatico cervicale
Deficit simpatico cervicale
Irritazione plesso brachiale
Compressione/infiltrazione vago
Compressione/irritazione frenico
Compressione/infiltrazione
ricorrenti
Esoftalmo, retraz. palpebra sup. (Parfour-Petit)
Miosi, ptosi, enoftalmo (Bernard-Horner)
Algie spalla e arto superiore. (Ciuffini-Pancoast)
Tachicardia/bradicardia
Singhiozzo, paralisi del diaframma
Disfonia, voce bitonale
Digestiva Compressione dellesofago
Trazione sullesofago
Disfagia ortodossa e paradossa
Diverticoli, rigurgito
Circolatoria Ostruzione della vena
cava superiore e/o sbocco della
vena azygos
Edema a mantellina, turgore delle giugulari
Circoli venosi collaterali superficiali e
profondi


La sindrome mediastinica sostanzialmente causata nella maggior parte dei casi da fattori
meccanici, quindi da lesioni occupanti spazio, cio solitamente masse neoplastiche. I tumori
del polmone, delle pleure e dellesofago sono quelli che pi frequentemente causano tali
sindromi, mentre i tumori della tiroide, del timo i disembriomi e i mielomeningoceli sono cause
di s. mediastinica molto pi rare.

Possibili cause di s.mediastinica
Carcinomi broncogeni e adenopatia secondaria Tumori neuroectodermici: neurofibroma,
ganglioblastoma, neuroblastoma, paraganglioma.
Gozzo retrosternale Timoma, cisti timica, iperplasia timica
Tumori dellesofago Adenoma e cisti delle paratiroidi
Adenopatie da sarcoidosi o linfoma Seminoma, disgerminoma, coriocarcinoma
Cisti pericardiche Cisti del dotto toracico
Cisti broncogene Linfangioleiomioma
Mediastinite

I tumori dellapice polmonare, data la localizzazione anatomica causano frequentemente le
sindromi neurologiche da interessamento del simpatico cervicale e del plesso brachiale con le
note sindromi di Petit, Claude Bernard-Horner e Pancoast-Ciuffini, le quali anche se rare
sono estremamente suggestive e diagnostiche. I tumori pi mediali possono invece coinvolgere il
nervo frenico, vago e ricorrente. A tal proposito occorre ricordare limportanza diagnostica del
singhiozzo cronico ed incoercibile e delle alterazioni della voce (disfonia e voce bitonale). La
paralisi di un emidiaframma unevenienza pi rara e di solito si osserva nelle fasi avanzate.
I tumori a sviluppo prevalentemente mediale possono anche dare una compressione estrinseca
sullesofago di entit tale da causare disfagia franca, ortodossa e paradossa.
Dal punto di vista cardiocircolatorio, la vena cava superiore (costituita dallunione delle due
anonime) la struttura pi frequentemente coinvolta da tumori a sviluppo mediastinico antero-
superiore. Lostruzione della cava causa edema a mantellina e turgore delle giugulari, ma
bisogna tenere conto che si sviluppano di frequente efficienti circoli collaterali che consentono il
deflusso del sangue. Se lostruzione sopra lo sbocco della vena azygos, i circoli anastomotici
sono profondi (mammarie interne, intercostali). Se lostruzione sullo sbocco dellazygos nella
cava il sangue deve invertire la corrente e passare attraverso le intercostali, le mammarie,
lazygos/emiazygos e le lombari fino alle iliache; in questo caso i circoli collaterali sono anche
superficiali e si osservano sulla parte anteriore e laterale del torace (reticolo venoso cava-cava).
Se lostruzione al di sotto dello sbocco della azygos, i circoli collaterali sono ancora una volta
prevalentemente profondi.
La sindrome respiratoria la pi rara, poich la trachea ed i grossi bronchi hanno una struttura
cartilaginea robusta e difficilmente si possono realizzare ostruzioni tali da alterare la
ventilazione. In caso di compressione sulla trachea o bronchi principali si avr dispnea con
stridore inspiratorio e tirage visibile agli spazi intercostali e fosse sovraclaveari.

25.3 DIAGNOSTICA E CENNI DI TERAPIA
Nella maggior parte dei casi la sindrome mediastinica si instaura dopo che gi stata posta la
diagnosi di base, e rappresenta un indice aggiuntivo di gravit. In una minoranza di casi una
malattia neoplastica che esordisce solo con aspetti di sindrome mediastinica (disfonia,
singhiozzo, dolore allarto superiore, disfagia). La diagnostica fondamentalmente morfologica
e topografica e si avvale quindi della TAC; in alcuni casi selezionati si impiega anche
langiografia. La mediastinoscopia pu essere utile nella diagnosi delle lesioni espansive del
mediatino antero-superiore; i suoi limiti sono dovuti allimpossibilit di raggiungere lesioni
coperte da strutture vascolari (come i linfonodi della finestra aortopolmonare). La toracoscopia,
attraverso finestre eseguite sulla pleura mediastinica pu consentire laccesso e lesplorazione di
lesioni posteriori. La terapia di elezione chirurgica, quando possibile. Una terapia radicale
possibile solo nei casi di neoplasie non invasive e a bassa malignit. Nel caso delle neoplasie
polmonari centrali o dellapice, la radioterapia, associata o meno a terapie mediche pu ridurre
la massa neoplastica e alleviare i sintomi.


25.4 MEDIASTINITI
Sono processi infiammatori acuti o cronici del tessuto connettivo del mediastino. Classicamente si
suddividono, in base alla presentazione clinica in acute e croniche

FORME ACUTE FORME CRONICHE
DIFFUSE
infezioni dentarie
infezioni del collo (tonsilliti, ascessi
retrofaringei)
ferite esterne
suppurazione di tiroide, sterno, polmone
perforazione esofago e trachea
DIFFUSE
emomediastino
radioterapia
sclerodermia
morbo di Hodgking (forma scleroatrofica)
ergotamina
idiopatica
CIRCOSCRITTE
linfadenite suppurativa
perforazioni dellesofago (spontanea, traumatica,
tumorale, iatrogena)
CIRCOSCRITTE
esiti cicatriziali e sclero-atrofici di linfadeniti
(TBC, istoplasma, miceti)


Le mediastiniti acute sono generalmente dovute ad una diffusione di un infezione batterica
(solitamente cocchi G+). La forma diffusa spesso si accompagna a pleurite con versamento pleurico
purulento ed a pericardite, con tendenza a diffondersi per via linfatica nelle varie logge
mediastiniche. Dal punto di vista clinico si ha dolore vivo retrosternale con irradiazione posteriore a
livello paravertebrale, febbre di tipo settico intermittente o remittente, dispnea, cianosi, enfisema
mediastinico, enfisema sottocutaneo al collo (tipico delle perforazioni dellesofago), segni precoci
dello shock (ipotensione, tachipnea, tachicardia, agitazione psicomotoria, etc.), talvolta sintomi di
sindrome mediastinica (tosse, disfagia, congestione della rete venosa cervico-brachiale). Per la
diagnosi importante un accurato esame clinico del paziente, gli esami di laboratorio (leucocitosi,
PCR), ed infine gli esami strumentali come RX torace, TC torace, esofagoscopia ed esofagografia
con contrasto idrosolubile. La terapia prevede essenzialmente il drenaggio della raccolta mediante
toracotomia (destra o sinistra) con o senza cervicotomia. Importante anche impostare unadeguata
copertura antibiotica e quando possibile la rimozione della causa.
Le forme croniche sono caratterizzate dalla sclerosi fibrosa dello spazio mediastinico, con
importanti conseguenze funzionali a carico dell apparato circolatorio e respiratorio. Clinicamente
sono possibili diversi quadri sintomatologici che comprendono: sindrome mediastinica (vedi sopra)
sindrome di Menetrier per compressione del dotto toracico (edemi arti inferiori, arto superiore
sinistro, chilotorace, chiloperitoneo), sindrome di Pick con un quadro di mediastino-pericardite
La diagnosi viene fatta con TC, RM, PET, cavografia e mediastinoscopia, soprattutto per escludere
il linfoma Hodgkin. La terapia prevede il drenaggio delle raccolte purulente nelle forme circoscritte,
e la decorticazione del cuore nella S. di Pick (in circolazione extracorporea)

26. MALFORMAZIONI POLMONARI, MALATTIE DELLA
GABBIA TORACICA E DIAFRAMMA

26.1 MALFORMAZIONI POLMONARI
Le malformazioni polmonari derivano da difetti di sviluppo intrauterino dell'apparato
respiratorio. Incidenza e prevalenza sono difficili da valutare perch le malformazioni sono
asintomatiche e di riscontro occasionale o autoptico. Le malformazioni vascolari,
broncopolmonari gravi e le fistole tracheoesofagee si manifestano gi alla nascita e vengono
diagnosticate subito. Le alterazioni congenite di pi frequente riscontro clinico nell'adulto sono il
sequestro polmonare, le cisti broncogene e la fistola arterovenosa.
L'apparato respiratorio si abbozza a partire dalla IV settimana e si sviluppa lentamente fino alla
fine del quinto mese quando inizia a proliferare la superficie epiteliale degli alveoli. Alla nascita
si hanno 15-18 suddivisioni bronchiali, che arrivano alle ordinarie 23-24 intorno al 12mo anno.
Anche la rete vascolare assume la sua struttura definitiva a partire dal 5 mese. Qualsiasi noxa
intervenga prima del 5-6 mese di gestazione pu causare una malformazione dell'AR; tra queste
ricordiamo:
- cause infettive: rosolia, varicella, toxoplasma, parotite
- cause meccaniche
- cause tossiche e farmacologiche
- cause carenziali

MALFORMAZIONI POLMONARI MALFORMAZIONI VASCOLARI
Minori: anomale scissurali, bronchi soprannumerari,
cisti broncogene
Sequestro polmonare
Atresie e/o stenosi tracheobronchiali Fistola arterovenosa
Tracheobroncomalacia Sbocco anomalo delle vene polmonari
Fistole tracheo- o broncoesofagee Ipoplasia di unarteria polmonare
Malformazioni anatomiche (grado I-IV) Coartazione della polmonare

26.1.1 Sequestro polmonare
Uno o pi segmenti (o zone subsegmentarie) di un polmone sono esclusi dal normale piccolo
circolo e dalla ventilazione e vengono irrorati soltanto dal circolo sistemico. Tali zone sono
indipendenti: non hanno una superficie alveolare funzionale, non sono servite dalla circolazione
arteriosa polmonare e scaricano il sangue refluo direttamente nel circolo venoso azygos-
emiazygos. In pratica si tratta di masse di parenchima polmonare non funzionante incluso in
parenchima normale (solitamente nelle zone inferiori). Il sequestro polmonare pu rimanere
asintomatico ed essere reperto RX occasionale (massa opaca ben delimitata, spesso con
formazioni cistiche allinterno). Pu infettarsi, con i segni e i sintomi dellascesso polmonare
(compresa la vomica se si crea una comunicazione con lalbero bronchiale). Oppure pu
provocare emottisi ricorrenti o, pi di rado, comprimere strutture circostanti (bronchi, esofago,
nervi ricorrenti).

26.1.2 Fistola arterovenosa (FAVP)
la comunicazione diretta tra un ramo arterioso e uno venoso allinterno del polmone.
frequentissima nella telangectasia emorragica ereditaria, ma rara di per s (0.5% delle casistiche
cardio-pneumologiche). Pu essere dovuta ad una fistola a pieno canale, ad angiomi o ad
aneurismi cirsoidi. Si realizza comunque uno shunt destro-sinistro, per cui una quota di sangue
non ossigenato arriva al grande circolo. Si avranno pertanto ipossia arteriosa cronica (non
correggibile con la somministrazione di O2), dispnea da sforzo, cianosi, poliglobulia
compensatoria. Lentit di tali manifestazioni ovviamente dipendente dallimportanza dello
shunt. Clinicamente si passa dalla semplice dispnea da sforzo, al cuore polmonare, alla cianosi.
Sono complicanze gravi lemottisi massiva e lemotorace. La diagnosi di certezza si effettua con
langiografia.

26.1.3 Malformazioni anatomiche di sviluppo (rarissime). Classificazione di Monaldi:
I grado: mancanza completa di un polmone; II grado: presenza del solo moncone di un bronco
principale; III grado: sviluppo fino ai bronchi lobari o segmentari; IV grado: formazioni cistiche
a valle di bronchi subsegmentari, con parenchima areato circostante.
Le forme dal I al III grado hanno esordio precoce e sono di competenza della pediatria. Le
malformazioni di IV grado, a seconda della loro estensione possono manifestarsi anche
nell'adulto, in conseguenza di processi infettivi che cronicizzano o presentano carattere di
particolare gravita'. Il quadro spirometrico in questi casi restrittivo o misto e viene precisato
dalla diagnostica per immagini (RX, TC, RMN, angiografia, scintigrafie, broncografia).
Le cisti broncogene sono dilatazioni congenite anche massive di un tratto di parete di un bronco
che possono comprimere le strutture adiacenti, infettarsi o dare origine ad emottisi.

26.2 ALTERAZIONI DELLA GABBIA TORACICA
La gabbia toracica (compreso il diaframma) il mantice responsabile della meccanica
ventilatoria. La sua integrit anatomica e funzionale necessaria per il movimento dei polmoni.
Qualsiasi alterazione della forma, delle dimensioni o del movimento della gabbia toracica
implica difetti della ventilazione. Solitamente tali alterazioni causano o ipoventilazione alveolare
e/o sindrome restrittiva. Le malformazioni congenite sono molto rare e solitamente non sono
isolate, ma parte di sindromi malformative complesse. Alcune deformit acquisite invece si
possono osservare pi di frequente, come ad esempio le cifoscoliosi (deformit della colonna
vertebrale) e gli esiti di vecchi interventi di asportazione di parte dei polmoni (toracoplastica).

CONGENITE ACQUISITE
Coste soprannumerarie Cifoscoliosi
Petto carenato ed scavato Spondilite anchilosante
Coste bifide Policondrite recidivante
S. della schiena dritta M.di Pott
Iperostosi sternoclavicolare Toracoplastica
Agenesia del grande pettorale (s. di Poland)
S. dello stretto superiore del torace

La scoliosi (deviazione del rachide sul piano coronale) e la cifosi (deviazione sul piano sagittale)
sono le piu' frequenti deformit, spesso associate tra di loro (cifoscoliosi). Nella maggior parte
dei casi sono precocemente acquisite, quindi a lenta insorgenza e decorso. Pi raramente
possono essere causate da traumi o da malattie neuromuscolari. Se la deformit sinstaura e
peggiora lentamente (nel corso di anni), la meccanica polmonare si adatta e compensa, tanto che
nelle forme a lento decorso si pu mantenere per anni una funzione respiratoria globalmente
buona. Nella scoliosi, le coste sono distanziate e formano un gibbo dalla parte convessa, mentre
sono affastellate dalla parte concava. Nelle scoliosi gravi, il polmone dal lato della concavit di
volume ridotto, e dal lato opposto (a causa della rotazione delle coste e delle vertebre)
l'escursione ventilatoria limitata. Si evidenziano quindi riduzione della CVF e della CPT. Il VR
pu anche essere poco modificato. Generalmente il quadro di sindrome restrittiva pura o quasi
pura. In assenza di altre malattie del polmone, le deformit della gabbia toracica sono comunque
fattori favorenti l'insorgenza di infezioni e di bronchiectasie. La deformit toracica importante
se coesiste una patologia broncopolmonare (BPCO, enfisema, fibrosi): qualsiasi scompenso della
malattia di base produce grave ipoventilazione alveolare perch la meccanica respiratoria non
pi sufficiente a compensare.
Il torace carenato e ad imbuto sono forme ormai rarissime, mentre le coste sovrannumerarie,
bifide o fluttuanti sono quasi sempre asintomatiche e di rilievo occasionale.

26.3 PATOLOGIA DEL DIAFRAMMA
Il diaframma responsabile, a riposo, del 75% della ventilazione. La sua contrazione abbassa le
basi polmonari, espande la parte inferiore della gabbia toracica e aumenta la pressione
addominale. costituito per il 50% da fibre muscolari poco sensibili allaffaticamento, ed
innervato dai nervi frenici. Nel soggetto normale lemidiaframma SX piu basso di 1-2 cm del
DX; sotto allemidiaframma SX si trova la bolla gastrica, mentre sotto al DX si trova la cupola
epatica. Nel Rxgramma standard, le due cupole diaframmatiche delimitano i seni costofenici.
Linnalzamento abnorme di una cupola diaframmatica puo essere dovuto o a paralisi del
muscolo o retrazione del polmone sovrastante.

Patologie del diaframma
Paralisi uni- o bilaterale Ascesso subfrenico
Ernie: di Bochdaleck
Di Morgagni
Post traumatiche
Movimenti anomali: flutter diaframmatico
spasmo tonico
singhiozzo
Eventratio e relaxatio Tumori (sarcomi) RARISSIMI

26.3.1 Paralisi del diaframma
Nella pratica clinica si pu osservare allRX linnalzamento anomalo di un emidiaframma, ma
risulta difficile stabilire se sia realmente una paralisi. Pu essere dirimente losservazione in
fluoroscopia. In ogni caso, linnalzamento di un emidiaframma deve far sospettare in prima
istanza la lesione del frenico corrispondente, che di solito neoplastica (carcinoma broncogeno),
ma pu essere anche dovuta a compressione (gozzo, ascesso, tumore mediastinico), a trauma, a
patologia primitiva del diaframma o cause di origine neurologica. La paralisi di un
emidiaframma pu anche non dare segni o sintomi, ed essere un riscontro occasionale e magari
precoce di altra patologia (infiltrazione/compressione del frenico). La CV infatti ridotta solo
del 20-30% nel caso di paralisi unilaterale.
26.3.2 Eventratio e relaxatio
Sono patologie rare e quasi sempre unilaterali. La eventratio spesso congenita: il diaframma
ridotto ad un sottile fascio aponeurotico. La relaxatio spesso acquisita (paralisi del frenico) e
comporta normale struttura ma ipotonia delle fibre. In entrambi i casi si ha risalita degli organi
addominali, con ostacolo alla ventilazione. La sindrome restrittiva e la TC permette immediata
diagnosi. La terapia, ove indicato, chirurgica.
26.3.3 Ernie diaframmatiche
Le ernie di Bochdaleck sono posterolaterali (interruzione tra le fibre costali e lombari). Si pu
avere risalita in torace di: intestino tenue, duodeno o milza e raramente del fegato. Per la
maggior parte vengono diagnosticate nel neonato; nell'adulto causano problemi meccanici
(dispnea, dispepsia ecc.). Le ernie di Morgagni, anterolaterali, sono rare e spesso restano silenti
a lungo. Le ernie dello hiatus esofageo vengono distinte come: da scivolamento (sliding), da
rotolamento (rolling) e da esofago corto. In tutti i casi si ha risalita della parte terminale
dell'esofago e/o del fondo gastrico in torace con disturbi digestivi, pi raramente cardiaci
(aritmie) o respiratori. RX con pasto baritato e TC sono solitamente sufficienti a confermare la
diagnosi

27. MALATTIE NEUROMUSCOLARI

27.1 GENERALITA
Come accennato nel capitolo 3, il respiro controllato da gruppi di cellule pacemaker
bulbopontini, che forniscono gli impulsi ritmici della respirazione spontanea. Gli stimoli nervosi
emergono dal tronco encefalico a livello di C3-C6, con le radici del frenico. Il frenico decorre
nel collo e nel mediastino e innerva poi il diaframma che il principale muscolo inspiratorio
(figura 1). Naturalmente, le lesioni dei centri bulbopontini (eventi vascolari acuti, sostanze
tossiche) o le lesioni del frenico (trauma cervicale alto) inducono arresto respiratorio immediato.





Perch il mantice respiratorio funzioni occorre lintegrit dei centri bulbopontini, delle fibre
nervose e delle fibre muscolari striate. Le malattie neuromuscolari degenerative colpiscono
essenzialmente le ultime due componenti. Sia che limpulso non venga trasmesso, sia che il
muscolo non sia pi in grado di contrarsi, il risultato finale una riduzione della ventilazione
alveolare, associata a inefficacia del riflesso della tosse. Alla riduzione della ventilazione
concorrono lipostenia della muscolatura dorsale e le atelettasie che si generano per il ristagno di
secrezioni. Inoltre, linefficacia della tosse favorisce il ristagno di secrezioni e rende il paziente
vulnerabile alle sovrinfezioni. Il ridotto tono muscolare delle vie aeree superiori pu generare
apnee ostruttive del sonno, che concorrono allipossiemia. Lipoventilazione alveolare genera
dapprima ipossiemia e successivamente ipercapnia. Ovviamente, la rapidit dellinstaurarsi delle
alterazioni dei gas diversa da patologia a patologia e le alterazioni funzionali si instaurano
gradualmente. Non di rado, lo stadio iniziale costituito dalla sola ipossiemia notturna, dovuta
alla fisiologica riduzione dellattivit respiratoria nel sonno.
Un riassunto dei principali meccanismi fisiopatologici riportato in figura 2.






FIGURA 2: MECCANISMI FISIOPATOLOGICI





27.2 LE PRINCIPALI ENTITA CLINICHE
Le malattie neuromuscolari sono state da sempre appannaggio della neurologia. La pneumologia
intervenuta solo quando si sono rese disponibili tecniche accessibili di ventilazione meccanica.
Tali tecniche hanno consentito di migliorare la qualit della vita dei pazienti, almeno fino ad un
certo limite.
Tra le pi note malattie neurologiche ricordiamo: poliomielite, sclerosi laterale amiotrofica
(SLA), sclerosi multipla, mielite traversa, S.di Guillain-Barr, atrofia muscolare spinale di
Werdnig-Hoffmann. La SLA si distingue per la rapidit della progressione, portando alla grave
insufficienza respiratoria nel giro di pochi anni dallesordio. La sclerosi multipla fortunatamente
interessa la respirazione abbastanza di rado e solo nelle fasi terminali di malattia.
Tra le malattie muscolari ricordiamo la miastenia grave e le varie distrofie muscolari
progressive (Duchenne, Becker, Landouzy-Dejerine). Mentre la forma classica grave di
Duchenne esordisce nellinfanzia e conduce abbastanza rapidamente a insufficienza respiratoria,
le altre forme sono pi lente ed esordiscono in maniera conclamata solo nella vita adulta.
Come accennato sopra, le alterazioni funzionali e cliniche si instaurano gradualmente, pi o
meno rapidamente a seconda della patologia. La prima alterazione lipossiemia (inizialmente
solo notturna), che causa progressiva riduzione della tolleranza allo sforzo, fino alla dispnea a
riposo. Lipercapnia sopravviene sempre in un secondo tempo e quando conclamata provoca
alterazione della coscienza, sopore e coma. Il ristagno delle secrezioni causa tosse, la quale
per via via insufficiente ad allontanarle. Per tale motivo i pazienti sono predisposti alle infezioni
respiratorie (bronchiti e polmoniti) che peggiorano ulteriormente lo scambio dei gas. Nelle fasi
terminali, la morte avviene o per infezione o per arresto respiratorio.




27.3 CENNI DI TERAPIA
Nelle fasi iniziali essenziale conservare la funzione respiratoria residua e drenare le secrezioni.
A tale scopo sono indispensabili la fisiocinesiterapia e la ginnastica respiratoria. Lipossiemia
pu essere corretta con la somministrazione di ossigeno supplementare. Allorch la funzione
respiratoria gravemente compromessa (ipercapnia), necessaria la ventilazione meccanica di
supporto. Tale ventilazione pu essere fatta inizialmente con metodiche non invasive (maschere
facciali) e poi in maniera invasiva (mediante tracheotomia).


28. DISTURBI RESPIRATORI DEL SONNO

28.1 SINDROME DELLE APNEE OSTRUTTIVE DEL SONNO

28.1.1 GENERALITA
La sindrome delle apnee ostruttive durante il sonno (OSAS) caratterizzata da episodi ricorrenti di
ostruzione delle vie aeree superiori, che portano ad una riduzione marcata (ipopnea) oppure
allassenza (apnea) di flusso aereo al naso ed alla bocca, pur essendo presenti gli sforzi respiratori.
Questi episodi sono generalmente accompagnati da russamento e da ipossiemia, e terminano con dei
brevi risvegli (di cui il paziente non si accorge), con conseguente frammentazione del sonno ed
eccessiva sonnolenza diurna. LOSAS ha una prevalenza dell1.4% nella popolazione generale (3%
nei bambini prescolari) ed pi frequente nel sesso maschile tra i 40 ed i 59 anni (4-8%).
I principali fattori di rischio sono oltre al sesso maschile e allet (40 - 60 anni): lobesit, la
circonferenza del collo, la suscettibilit genetica, i farmaci sedativi, labuso di alcool ed il fumo.
LOSAS ha conseguenze cliniche a lungo termine sullapparato cardio-circolatorio e respiratorio. E
nota la correlazione tra OSAS e ipertensione arteriosa o cardiopatia ischemica, aritmie e patologia
cerebrovascolare. E infine nota la correlazione biunivoca fra OSAS e scompenso cardiaco
congestizio. Molti studi mettono in evidenza un aumentato rischio di morbilit e mortalit
cardiovascolare in pazienti con OSAS di grado moderato-grave non trattati adeguatamente rispetto
ai pazienti trattati. La probabilit di sopravvivenza per i pazienti con OSAS di grado moderato e
grave di circa il 75% a 5 anni, mentre, di circa il 100% se opportunamente trattata.

28.1.2 CLINICA
Nell adulto, i sintomi principali che caratterizzano il quadro clinico e che alterano fortemente la
qualit della vita, sono la sonnolenza diurna ed il russamento. La sonnolenza diurna dovuta alla
frammentazione del sonno, a causa delle frequenti fasi di sonno molto superficiale, di solito senza
ripresa effettiva dello stato di veglia e senza percezione cosciente (microrisvegli) e allipossiemia
cerebrale. La sonnolenza diurna pu essere molto variabile, da una lieve tendenza ad addormentarsi
in situazioni poco stimolanti (guardando la televisione, leggendo) alladdormentamento improvviso
durante qualsiasi attivit. Nei casi gravi, molti aspetti della vita sociale sono compromessi, come ad
esempio la vita coniugale. Al russamento si pu aggiungere infatti una compromissione della
funzionalit sessuale (calo della libido ed impotenza, forse da diminuiti livelli di testosterone, e
disinteresse dovuto alla sonnolenza). Anche i rapporti interpersonali possono subire un
deterioramento. Importante infine, anche laspetto legato allattivit lavorativa: questi soggetti
spesso presentano cali dellattenzione e della concentrazione, difficolt di memoria (la pi colpita
quella a breve termine) ed episodi di addormentamento durante luso di macchinari, con possibili
danni. I soggetti con apnee nel sonno hanno un rischio 2-3 volte maggiore rispetto ai normali di
provocare incidenti stradali. Nei casi pi gravi pu manifestarsi una vera e propria compromissione
cognitiva, la cui differenziazione con gli esordi di una demenza pu essere difficile.

28.1.3 APPROCCIO DIAGNOSTICO
Liter diagnostico prevede:
- Lanamnesi (russamento, risvegli, sonnolenza diurna). Ha una limitata sensibilit (50%), che viene
migliorata fino al 78% se si interpella anche il partner di letto. Lesame obiettivo deve essere volto
ad identificare la presenza di fattori favorenti quali macroglossia, ipertrofia tonsillare, ridondanza
dei tessuti del palato molle, retrognazia, micrognazia, rinite allergica.Luso di questionari utile per
identificare leccessiva sonnolenza diurna (scala di Epworth) ma non diagnostica.
- Esame dirimente il monitoraggio polisonnografico notturno: vengono registrati durante il sonno
naturale diversi parametri contemporaneamente attraverso appositi elettrodi. La cosiddetta
poligrafia cardiorespiratoria notturna registra di solito: saturazione, flusso aereo oronasale,
posizione del corpo, movimenti respiratori, frequenza cardiaca e rumori respiratori. La
polisonnografia completa, oltre ai parametri valutati nella poligrafia cardiorespiratoria analizza
anche EEG, ECG, elettrooculogramma ed elettromiografia.
Il monitoragio cardiorespiratorio notturno consente di identificare il numero di apnee/ipopnee e la
loro influenza sulla saturazione. Ovviamente nel caso di OSAS, si registreranno dei periodi di
assenza del flusso aereo oronasale, con presenza di movimenti respiratori e addominali. In relazione
allindice di apnea-ipopnea (apnea-hypopnea index, AHI = numero di apnee/ipopnee per ora)
lOSAS viene definita lieve (10 <AHI< 20), moderata (20 <AHI< 40) o grave (AHI > 40).
La terapia consiste ovviamente nella riduzione di tutti i fattori favorenti (obesit, fumo, alcool) e
nella rimozione di eventuali difetti anatomici (ipertrofia delluvula, adenoidi). A queste si associa la
ventilazione notturna con CPAP (continuous positive airways pressure), che si fa con maschera
oronasale. Mantenere una pressione positiva costante nelle vie aeree ne impedisce il collabimento e
le mantiene pervie eliminando le ostruzioni ricorrenti. 28.1 APNEE CENTRALI DEL
SONNONel caso delle apnee centrali, viene a mancare a tratti il drive respiratorio dei centri
bulbopontini. Se lapnea di tipo centrale (ipofunzione dei centri respiratori), ovviamente in
concomitanza della cessazione del flusso aereo cesseranno anche i movimenti della gabbia toracica
e delladdome. Un apnea centrale si pu avere per svariati motivi:
- Ipercapnia cronica (come nella BPCO). Durante il sonno, il drive respiratorio si riduce
fisiologicamente. Se gi presente di base una ipercapnia, questa di aggraver durante il
sonno inducendo apnee
- Danno dei centri respiratori: compressione/infiltrazione (solitamente neoplastica) o danno
vascolareSindrome di Ondina: grave e rara malattia genetica in cui i centri del respiro
cessano di funzionare durante il sonnoUso cronico di oppiaceiScompenso cardiaco
congestizio. Questa condizione, a causa di meccanismi complessi che coinvolgono sia il
circolo sistemico che polmonare si associa spesso ad apnee centrali con respiro periodico di
Cheyne-Stokes (figura 1)

Figura 2
Polisonnogramma: respiro di Cheyne-
Stokes con apnee intercalate

29. OSSIGENOTERAPIA E VENTILAZIONE MECCANICA

Linsufficienza respiratoria (IR) una condizione caratterizzata da alterata pressione parziale di O
2

(ed eventualmente CO
2)
nel sangue arterioso. Criteri necessari per porre diagnosi di IR sono una
PaO
2
< 60 mmHg durante respirazione in aria ambiente (o da un rapporto fra PaO
2
e frazione
inspiratoria di ossigeno (FiO
2
) (PaO
2
/FiO
2
) <300), accompagnata o meno da ipercapnia (PaCO
2
>
45 mmHg).
La diagnosi di IR, quindi non clinica ma richiede sempre la misurazione della pressione parziale
dei gas nel sangue arterioso ed il suo trattamento deve prevedere:
- la valutazione della gravit dellepisodio (sulla base di criteri clinici e strumentali) con particolare
attenzione ad eventuali condizioni pericolose per la vita.
- lidentificazione della causa e sua terapia specifica.
- la somministrazione controllata di ossigeno e la ventilazione meccanica quando necessaria.

29.1 OSSIGENOTERAPIA

29.1.1 GENERALITA
La somministrazione di O
2
deve essere tale da correggere lipossiemia e deve dunque utilizzare una
Frazione inspiratoria di Ossigeno (FiO
2)
tale da mantenere la Saturazione di Ossigeno (SaO
2)
fra
90% e 95% (o una PaO
2
compresa fra 60 e 70 mmHg). La somministrazione di ossigeno sempre
indicata in caso di ipossiemia (accertata con saturimetria o EGA) acuta o cronica. I casi pi comuni
in cui si richiede la somministrazione di ossigeno in acuto sono lasma, lembolia polmonare, la
polmonite grave. Tra le malattie che richiedono somministrazione cronica di O2 la pi comune la
BPCO, seguita dalle interstiziopatie e dalle malattie neuromuscolari. Unica condizione che richiede
particolare attenzione nella somministrazione di O2 linsufficienza respiratoria ipercapnica (tipica
del BPCO). In questi pazienti, lipossiemia lunico stimolo efficiente per la ventilazione. Se viene
somministrato troppo ossigeno, lo stimolo ipossico viene meno e i centri respiratori rallentano o si
fermano, con conseguente ulteriore aumento della capnia e conseguente coma.
Le fonti di Ossigeno sono rappresentate da:
Bombola per ossigeno gassoso: ha limitata capienza e quindi non pratica per la OTLT. Si
utilizza per terapie a breve termine e nellemergenza.
Contenitore criogenico di ossigeno liquido: comunemente usato nella OTLT per la sua alta
capacit (durata di circa 20-30 giorni)e la possibilit di utilizzo della bombola portatile ricaricabile
(stroller).
Concentratori di ossigeno: necessitano di fonte di energia elettrica per il loro funzionamento ma
rappresentano una valida alternativa al concentratore criogenico.La somministrazione pu essere
fatta con
Maschera di Venturi: copre naso e bocca e consente di somministrare una percentuale fissa di O2.
A seconda dellugello che si usa (ogni ugello richiede uno specifico flusso) si pu somministrare
O2 al 24%, 28%, 35%, 50% (nellaria ambiente la percentuale di O2 del 21%)
Cannule nasali (occhialini): molto meglio tollerate dal paziente, che pu anche mangiare, ma
erogano concentrazioni di O2 variabili e non prefissabili.
La prescrizione di ossigeno gassoso in bombole pu essere fatta da qualsiasi medico del SSN. La
prescrizione dellossigeno liquido (e quindi lattivazione dellOTLT) deve essere eseguita dal
medico specialista ed il SSN la eroga attraverso indicazione di uno pneumologo

29.1.2 OSSIGENOTERAPIA A LUNGO TERMINE (OTLT)
Oltre ad essere un presidio salvavita nellinsufficienza respiratoria acuta, nella IR cronica
secondaria a BPCO lossigenoterapia a lungo termine (protratta per almeno 18 h/die) consente di
aumentare la sopravvivenza, rallentare levoluzione verso lipertensione polmonare, ridurre gli
episodi di desaturazione arteriosa nel sonno o sotto sforzo, migliorare la qualit di vita e le
performance, ridurre i costi gestionali grazie alla riduzione del numero di ricoveri e delle giornate di
degenza.
Lossigenoterapia a lungo termine trova indicazione in caso di:
! ipossiemia con valori di PaO
2
continuativamente inferiori 55 mmHg (indicazione assoluta)
! PaO2 compresa tra 55 e 60 mmHg (indicazione relativa) purch sia presente almeno uno dei
seguenti criteri aggiuntivi: policitemia (Hct > 55%), ipertensione polmonare, edemi periferici da
scompenso cardiaco, cardiopatia ischemica.
Al fine di individuare la necessit di OTLT, il flusso ottimale e la buona tolleranza allO
2

necessario eseguire:
1.Emogasanalisi (EGA) in aria ambiente con pz a riposo da almeno 30
2.EGA con flussi progressivamente crescenti di O
2
fino a ottenere il flusso considerato ottimale
o in alternativa monitoraggio con pulsossimetro e, una volta raggiunta la SpO
2
desiderata, conferma
mediante EGA (il flusso considerato ottimale deve essere erogato da almeno 30). Il valore ottimale
di PaO
2
da raggiungere di 60-70mmHg (senza eccessivo aumento della PaCO
2
).
Tutte le linee guida raccomandano che la OTLT sia somministrata per almeno 18h/die, ma i suoi
benefici aumentano proporzionalmente al tempo di somministrazione che preferibile sia il pi
possibile vicino alle 24h/die.


29.2 CENNI SULLA VENTILAZIONE MECCANICA (VM)

Linsufficienza respiratoria (IR) pu essere indotta sia patologia del parenchima polmonare sia da
un deficit del mantice ventilatorio (alterazione di muscoli respiratori o controllo nervoso). Si ha una
IR da deficit di mantice quando il Volume/minuto non pi sufficiente a soddisfare le richieste
metaboliche dellorganismo.
La ventilazione meccanica provvedimento terapeutico mirato a mettere a riposo i muscoli
respiratori affaticati o a vicariarli in caso di necessit. E un provvedimento terapeutico che non
sostituisce la terapia farmacologica ma si associa ad essa.

La ventilazione meccanica viene classicamente distinta in:
- Invasiva: con introduzione di tubo tracheale per via nasale, orale o tracheostomica
- Non invasiva (NIMV): praticata mediante maschere a tenuta nasali od oronasali o appositi
caschi (scafandri)
La ventilazione meccanica pu essere inoltre distinta in:
- Positiva (cio attraverso linsufflazione di aria nellalbero tracheobronchiale)
- Negativa (cio applicando una pressione negativa allesterno del torace che ne determini la
ritmica espansione).

Attualmente la VM si effettua praticamente solo con pressione positiva. Unico esempio di
ventilazione a pressione negativa (ormai poco usato) il polmone dacciaio.
La modalit positiva pu essere pressometrica (quando viene insufflata una pressione costante,
per un determinato tempo inspiratorio, con un certo flusso, erogando un dato volume corrente)
o volumetrica (quando viene erogato un volume predeterminato, per un determinato tempo
inspiratorio, con un certo flusso, erogando la pressione necessaria). A seconda che sia presente o
meno attivit ventilatoria spontanea la VM si distingue anche in
- assistita: il paziente inizia spontaneamente latto inspiratorio, la macchina lo percepisce e
somministra un supporto di pressione. In questo caso la macchina che segue lattivit del
paziente e si adatta ad essa.
- controllata: il paziente non ha attivit spontanea (coma, curarizzazione) e la macchina
effettua tutto il lavoro, con frequenza, volumi e pressioni predeterminate. La ventilazione
completamente controllata si fa solitamente in via invasiva.

I ventilatori pi moderni consentono di attuare a scelta le varie modalit di ventilazione.

Le possibili indicazioni allutilizzo della ventilazione meccanica non invasiva (NIMV) nellIR acuta
sono: BPCO riacutizzata, asma, malattie neuromuscolari, patologie della gabbia toracica, ARDS,
polmoniti, edema polmonare acuto.
Le possibili indicazioni allutilizzo della NIMV nellIR cronica sono rappresentate da: cifoscoliosi,
sindrome postpolio, amiotrofia spinale, sclerosi multipla, distrofie muscolari, sclerosi laterale
amiotrofica, s. di Guillain-Barr, miastenia gravis, e casi selezionati di BPCO.
Nell IR acuta da riacutizzazione di BPCO la NIVM trova indicazione in caso di frequenza
respiratoria >35 atti/min, SO2 < 88 %, PaCO2>45mmHg, pH <7.35, alterazioni del sensorio (no
coma), segni di distress respiratorio (dispnea, cianosi, uso dei muscoli accessori, respiro paradosso).
Nella BPCO in fase stabile la NIMV a lungo termine trova indicazione in caso di sintomi non
controllati dal trattamento farmacologico (fatica, ipersonnolenza, dispnea).

Criteri di esclusione allutilizzo della NIMV (e quindi spesso indicazione alla ventilazione invasiva)
in tutte le patologie sono: arresto respiratorio, condizioni cliniche instabili (shock, aritmie o
cardiopatia ischemica incontrollate), secrezioni eccessive, tosse inefficace, agitazione psicomotoria,
traumi faciali, anomalie anatomiche che impediscono luso di maschere orali e nasali, mancanza di
collaborazione da parte del paziente.















30. APPENDICE

Indichiamo qui le maggiori riviste mediche del settore pneumologico o affini, ed una lista di libri di testo pi
completi. I testi specialistici di pneumologia e medicina interna sono utili per avere una visione di insieme della
materia ed una trattazione completa, organica e dettagliata delle patologie. Per chi volesse approfondire le
conoscenze su determinati argomenti di pneumologia, o aggiornarsi in materia di fisiopatologia, diagnosi e
terapia suggeriamo le riviste specialistiche pneumologiche specializzate, solitamente consultabili via Internet.
La tecnologia informatica consente di fare riferimento alle riviste citate per avere i pi recenti aggiornamenti e
stati dellarte in materia, semplicemente collegandosi al sito MedLine (www.ncbi.nlm.nih.gov/entrez/query)

RIVISTE SPECIALISTICHE (tra parentesi e indicata labbreviazione ufficiale)

American Journal of Respiratory & Critical Care Medicine (Am J Respir Crit Care
Med) (fino al 31/12/1994 American Journal of Respiratory Diseases)
Organo ufficiale dellAmerican Thoracic Society. (www.ajrccm.org)

Chest
Organo ufficiale dell American College of Chest Physicians (www.chestjournal.org)

Thorax
Organo ufficiale della British Thoracic Society (thorax.bmjjournals.com)

European Respiratory Journal (Eur Resp J)
Organo Ufficiale dell European Respiratory Society (erj.ersjournals.com)



TESTI DI CONSULTAZIONE

Carratu-Catena-Grassi. Manuale di malattie dellapparato Respiratorio. Masson ed., 1993.
Crofton & Douglas. Malattie dellApparato Respiratorio. McGraw-Hills Italia, 1991
Harrison. Principi di Medicina Interna. McGraw-Hills Italia, 1994
Gramiccioni-Loizzi. Malattie dellapparato respiratorio. Minerva Medica 1999

















EPONIMI
Molte malattie e sindromi, non solo polmonari sono tradizionalmente conosciute con leponimo dellAutore che
le ha individuate o descritte. Gli eponimi sono rimasti in uso per molte malattie o reperti clinici. Forniamo una
lista alfabetica degli eponimi ancora in uso, anche per rendere piu facilmente individuabili le patologie sui testi
di medidcina generale .

Abt-Letterer-Siwe (malattia): istiocitosi X
Assmann-Redeker: infiltrato tisiogeno precoce
della TBC primaria, escavato
Biot (respiro interciso): respiro superficiale
interrotto da brevi pause
Birbeck (granuli)
Bochdalek (forame): zona debole postero-
laterale del diaframma attraverso cui possono
formarsi le omonime ernie.
Bourneville (malattia di, Sclerosi tuberosa):
facomatosi neuroectodermica con possibile
evoluzione in fibrosi polmonare.
Caplan (sindrome): artrite reumatoide con
nodulazioni polmonari e silicosi
Cardarelli (segno): spostamento della trachea
sincrono col polso
Cheyne-Stokes (respiro): gli atti respiratori
diventano ciclicamente sempre piu profondi
poi si riducono fino allapnea. Tipico dei comi
metabolici e delle patologie del SNC
Churg-Strauss (granulomatosi allergica):
vasculite necrotizzante dei vasi di piccolo/medio
calibro esclusivamentepolmonare, con rinite
asma ed eosinofilia periferica
Claude Bernard-Horner (sindrome). Deficit
del simpatico cervicale: miosi, ptosi, enoftalmo
variamente associati
Curshmann (spirali)
Damoiseau-Ellis (linea di): delimitazione a
concavita inferiore dei versamenti pleurici
essudativi.
De La Camp (segno): ottusita percussoria a
livello della III-V toracica, indicativo di
adenopatia ilare
Erasmus (sindrome): asbestosi + artrite
reumatoide
Fleischner (strie): opacita lineari brevi
sovradiaframmatiche che si possono osservare
in corso di congestione del piccolo circolo
(tromboembolia polmonare)
Garland: triangolo di suono iperchiaro a base
superiore che si puo percuotere tra la linea di
Damoiseau-Ellis ed il rachide nei versamenti
pleurici
Goodpasture (sindrome): malattia da
autoanticorpi anti membrana basale dei
glomeruli e degli alveoli con nefrite ed emottisi
ricorrenti
Grocco: triangolo di suono ottuso a base
superiore opposto al versamento pleurico, in
continuazione della linea di Damoiseau-Ellis,
percuotibile talvolta nei versamenti pleurici.
Hamman-Rich: fibrosi polmonare idiopatica
nella forma acuta e rapidamente progressiva
Hand-Schuller-Christian: istiocitosi X
Heerfordt (sindrome): sarcoidosi con
interessamento parotideo e uveite
Hering-Brauer: riflesso da iperinflazione
polmonare
Hinson (malattia) Aspergillosi
broncopolmonare allergica
Jha (segno): radiologia del galleggiamento di
dtriti celliulari in una cisti idatidea
Jungling (sindrome): associazione di sarcoidosi
polmonare con cisti osse multiple e artralgie
Kartagener (sindrome): forma della discinesia
ciliare primitiva con situs viscerum inversus
Kerley (strie): opacita lineari brevi basali
visibili nelle fasi precoci delledema polmonare,
dovute ad imbibizione dellinterstizio.
Kuss-Ghon (focolaio) dellla TBC primitiva
Kussmaul (respiro grosso di): respirazione
grossolana con iperpnea, bradipnea e lunghe
pause. Caratteristico dei comi metabolici
Kveim-Siltzbach (test): inoculazione
intradermica di omogenato sarcoideo. Non
disponibile in Italia
Liebow (granulomatosi linfomatoide): rara
vasculite a prevalentemente interessamento
polmonare e renale con aspetto intermedio tra la
Wegener ed il linfoma.
Loffler (sindrome): infiltrati eosinofili fugaci
parenchimali febbrili, primitivi o da farmaci.
Lofgren (sindrome): associazione di adenopatia
ilare sarcoidea + eritema nodoso
MacLeod (sindrome di Giano bifronte)
Mendelson (sindrome): polmonite chimica da
spirazione massiva di contenuto gastrico
Mantoux (cutireazione): intradermica con PPD
per verificare la sensibilizzazione al BK
Monge (sindrome) ipoosia/poliglobulia da alte
quote
Morgagni-Larrey: zona debole antero-mediana
del diaframma attraverso la quale si possono
formare ernie.
Motley (indice): rapporto VR/CPT
Mounier-Kuhn I (sindrome): Alterazioni
anatomiche dei seni paranasali e bronchiectasie
Mounier-Kuhn II (sindrome): Megatrachea,
megaesofago, megacolon, fistola
tracheosesofaea e bronchiectasie
Ondine (sindrome): ipoventilazione primitiva
centrale
Paul-Aschoff (focolaio): reinfetto medio-
apicale della TBC postprimaria
Parfour-DuPetit (sindrome). Irritativa del
simpatico cervicale: midriasi, retrazione
palpebrale, esoftalmo; variamente associati.
Pierre-Marie: osteopatia pneumica
ipertrofizzante o dita a bacchetta di tamburo.
Presente nelle malattie che danno ipossia
cronica di lunga durata.
Pott (malattia): osteomielite tubercolare
cronica, solitamente delle vertebre.
Rasmussen (aneurismi): microaneurismi che si
formano in corso di processi tisiogeni primitivi
e che causare emottisi anche gravi.
Raynaud (fenomeno o malattia): ischemia
acuta seguita da vasodilatazione, a carico delle
dita. Presente come malattia o come sintomo
dellas sclerodermia.
Reid (indice): rapporto tra lo spessore
dellepitelio e delle ghiandole mucipare;
aumentato nella bronchite cronica.
Sharp (sindrome): connetivite mista o sindrome
indifferenziata delle connettivopatie.
Simon: focolai nodulari apicali sparsi della
TBC primaria
Sjogren (sindrome sicca): malattia autoimmune
con distruzione delle ghiandole esocrine
salivari, lacrimali e sudoripare.
Skoda (suono): timpanismo delle caverne o del
pneumotorace
Sturge-Weber-Krabbe: Angiomatosi
encefalotrigeminale con possibile evoluzione in
fibrosi polmonare.
Valleix (punti): corrispondenti alle
condrocostali anteriori, dolorabili in caso di
patologia di parete ma non di patologia cardiaca
o polmonare.
Wegener (granulomatosi): angioite
granulomatosa destruente a localizzazione
polmonare e renale. Sinusite, otite media,
polmonite.
Westmark (segno): iperdiafania polmonare
raramente corrispondente ad aree di
ipoperfusione nella tromboembolia polmonare.
Williams-Campbell (sindrome): displasia delle
cartilagini con interessamento bronchiale
Ziehl-Nielsen (colorazione): per
lidentificazione micobatteri gram+ alcool acido
resistenti.

Vous aimerez peut-être aussi