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ATTRAVERSANDO IL GIARDINO DEL DIAVOLO CON NAN GOLDIN

Una volta il mondo dei bigotti avrebbe definito Nan Goldin, come la Fotografa
maledetta o Fotografa del diavolo, tant che lei ha pubblicato Il Giardino Del Diavolo,
che rappresenta la summa della sua produzione artistica.
Nan nasce a Washington D.C. nel 1953 da famiglia ebrea, ma cresce a Boston, dove la
sua passione per la fotografia nasce all'et di quindici anni grazie un insegnante che
prestava le macchine fotografiche Polaroid agli studenti della Satya Community School di
Boston, che lei frequentava.
La sua vita fu profondamente segnata dal tragico episodio del suicidio della sorella
Barbara, diciottenne, nel 1965. La mancata elaborazione del lutto da parte sua e
soprattutto della famiglia, che, per vergogna, si rifiut sempre di affrontare largomento
(anche con lei), la traumatizz profondamente. Ella inizi il suo approccio con la fotografia
riprendendo i suoi genitori e parenti, con un atteggiamento puramente documentale,
cercando di fissare i suoi ricordi di famiglia; in seguito, emergendo il suo spirito ribelle e
incline alla scoperta dellumanit emarginata, si spinse ad avvicinare e frequentare gruppi
di omosessuali e persone ai confini della societ, con le quali non solo ne condivise il
modo di vivere, ma ne assorb anche le condizioni sociali e umane, tanto da instaurare un
rapporto affettivo e profondo con David Armstrong, omosessuale, con il quale frequent
quegli ambienti iniziando un percorso fotografico in cui il documento del vissuto sincarna
profondamente nella sua iconografia.
Molto importante anche il suo rapporto con Brian, che sfoci in atti di violenza, tanto
che ella sub un tentativo di omicidio, e che Nan immortal nel famoso autoritratto Nan
after being battered, 1984
Qui cito una sua frase che ci riassume molto bene il background del suo essere
fotografa:

Il mio lavoro si basa sulla memoria. Per me fondamentale avere un ricordo di chi mi
stato vicino, per consentirgli di vivere per sempre..

Nan ha di fronte alla fotografia un atteggiamento prettamente femminile, tanto che le
sue fotografie, nella loro apparente semplicit, assomigliano a quelle di un album
fotografico di famiglia.
In esse, per, non troviamo attimi di felice intimit familiare, ma momenti di un vissuto
non certo convenzionale o perbenista, anzi in quegli ambienti, che il comune senso del
pudore, espressione di una diffusa ipocrisia puritana propria del nord-est americano, tende
a relegare nell'ultimo angolo di un mondo considerato come il ghetto dellamoralit, quello
dove, di solito, l'occhio della gente per bene non arriva.
Cos la Goldin, ci guida per mano, come Dante nellInferno, mossa non certo dallo
spirito voyeuristico di chi osserva con intima soddisfazione carnale, per poi emettere
sentenze di condanna, ma piuttosto mossa dalla voglia di ricordare frangenti di vita ai quali
fu parte e comprimaria.
Tanto comprimaria da produrre molte immagini dove appare lei stessa: non dietro, ma
davanti al mirino, divenendo direttamente parte del ricordo, della storia, anche come
protagonista. I suoi amici, amiche e parenti sono ripresi in attimi di vita intima, dove Nan
non si sente estranea, ma attiva partecipe e non prende mai le distanze da chi le sta di
fronte, l'obiettivo non funge da filtro ma quasi scompare grazie alla grande intimit che
intercorre fra la fotografa e i soggetti ritratti, a proposito dei quali la stessa ammette:

"Non sono un'imbucata. Questa la mia festa. Questa la mia famiglia, la mia storia".

Famiglia e storie che tante volte narrano di sofferenza e disadattamento e che lei ci
racconta con la ferma crudezza della realt documentale. Omosessualit, malattia,
violenza sono affrontati con grande coraggio sia in termini di forza danimo, che
iconografici. Ma la sua fotografia non solo ricordo di violenza, bens anche momenti di
dolcezza, di un istinto materno che lei non ha mai potuto riversare su un suo figlio; ecco
che i figli di amici, in tante sue riprese, divengono come suoi. Ella se ne appropria in un
abbraccio di amore attraverso scatti che riescono pienamente ad esprimere sentimenti
profondi.
Quella della Goldin quindi una fotografia che possiamo ontologizzare tra la fotografia
documentale. Ma proprio cos semplice? Vediamolo analizzando le sue immagini.
Questa volta vi propongo la lettura simultanea di ben tre fotografie, che per il loro
contenuto, sono, a mio parere, assolutamente assimilabili, non solo, ma inserisco un
nuovo elemento nella lettura delle fotografie: linterculturalit. Ovvero come la lettura di
una fotografia ci porti a usare gli stessi parametri per la pittura e a comprendere il legame
profondo tra queste due arti, che spesso sincontrano sia sul piano semiologico, che
interpretativo e analitico.











Nan and Brian in Bed


















Greer and Robert on the bed, NYC 1982


















Bea-with-Framed-Photo-of-Bernie-2001


















Excursion into Philosophy, 1959 Edward Hopper

Osservando le tre immagini salta subito allocchio che sono accomunate da alcune
semplici, ma significative, caratteristiche semiologiche: in tutte sono riprese due persone,
una verticale e una orizzontale; tutte le scene rendono la sensazione che tra i due
protagonisti vi sia stato un rapporto carnale, ormai esaurito, e che aleggi tra loro un senso
di indifferente insoddisfazione; la luce proviene da un unico punto, verosimilmente una
finestra; tutte rimandano in modo impressionante al dipinto di Hopper.
A questo punto, considerando la lettura interculturale, devo fare una breve digressione
su Hopper.
Edward Hopper fu un pittore della corrente realista e acerrimo critico dellarte astratta e
delle avanguardie, contro le quali dichiar:

La grande arte l'espressione visibile della vita interiore di un artista, e da questa vita
interiore nascer la sua personale visione del mondo. Nessuna abile invenzione pu
rimpiazzare un elemento fondamentale come l'immaginazione. Una delle debolezze di
tanta pittura astratta il tentativo di sostituire le invenzioni dell'intelletto a una concezione
derivante dalla pura fantasia. La vita interiore di un uomo un regno vasto e variegato e
non riguarda solo piacevoli accordi di colore, forma e disegno.

I suoi quadri, apparentemente semplici e dimmediata lettura, in realt nascondono un
continuo slittamento del senso per via di significati costruiti dal suo subconscio, che si
rivela in quel non so che di spietato e di amaro che sprigiona da molte delle sue
raffigurazioni.
Dal suo quadro ne esce unumanit sconfitta, una distanza nei rapporti umani che
lamore fisico non riesce a colmare e la depressione lo stato danimo che aleggia tra i
protagonisti.
Analogamente, ritornando alle fotografie di Nan, sembra di rivivere le stesse sensazioni.
Analizzando lindifferenza nei rapporti tra gli attori, sindovina anche uno stato di quasi
disperazione e che lunico rifugio di un rapporto non concluso o deprimente, sia
levasione o lignorarsi: delusa evasione altrove o indifferenza sembrano le uniche
conseguenze possibili del rapporto di coppia.
La rappresentazione di coppie bloccate nelle loro relazioni e, come scrisse Burchfield,
pervase da un silenzio quasi mortale, esprime un certo pessimismo della Goldin nei
confronti dellumanit: se nemmeno nella sfera pi intima possibile una comunicazione e
lapertura allaltro, come pensare che ci sia possibile nei rapporti sociali?
Ecco quindi come unanalisi psicologica dei rapporti tra i soggetti ritratti e un
accostamento a un dipinto ci possono aiutare nellinterpretazione di fotografie e come
risulti estremamente stretto il rapporto interculturale tra forme artistiche diverse.
Spingendoci in unanalisi iconopoietica, le tre fotografie narrano proprio questi
sentimenti, che si ritrovano anche nel dipinto di Edward.
Entrando pi nel dettaglio scopriamo che nella prima fotografia, che una delle pi
famose della Goldin, sopra il letto, campeggia il ritratto di Brian, nello stesso
atteggiamento attuale: un uomo che fuma, incurante e indifferente nei confronti degli altri
e, in fondo, della vita. Ma Nan, che ancora prova affezione, afferma cos il sentimento
profondo che la lega a questuomo, verso il quale prova ancora unincondizionata
venerazione, tanto da trasformarlo in unicona quasi da adorare. Nel suo sguardo, tuttavia,
troviamo un senso di rimprovero misto a paura non dimentichiamoci che lui tent di
ucciderla -, ma anche la consapevolezza di un rapporto finito. La tensione tra i due
palpabile, in un realismo documentale sconcertante, essa travalica lo spazio topologico e
penetra direttamente nellintimo dellosservatore rendendolo presente e partecipe. Una
capacit narrativa sicuramente non comune e di grande spessore.
Analogamente nella seconda fotografia, che forse si avvicina pi delle altre, al
contenuto del dipinto di Hopper, troviamo un rapporto interrotto. Tra i due non corre alcuno
sguardo, nessuna interazione, cos ci viene trasmesso il senso di vuoto affettivo proprio di
un amore finito. Anche gli sguardi, assolutamente divergenti, sottolineano con grande
enfasi questo stato danimo. La mano che lei tiene sul polso, come a massaggiare una
zona dolente, ci richiama a qualcosa di violento, a una lite; analogamente la posizione
delluomo ci porta a immaginare lo sfogo dopo unaccesa discussione. Anche qui troviamo
la sofferenza e la depressione di un sentimento finito, lansia dellabbandono e la paura
della solitudine, tutte immagini proprie di un impulso interiore comune anche alla
raffigurazione di Hopper.
La terza fotografia si discosta un po dalle altre due. Pur sottolineando il disinteresse dei
due soggetti, luno nei riguardi dellaltro, qui non si respira unaria pesante di tensione
violenta, sottolineata dallinversione dei ruoli, cio la donna verticale e luomo orizzontale.
Anzi qui lindifferenza non trova il suo punctum quale estrinsecazione di un sentimento
esausto, ma d la sensazione della conclusione di un formale rapporto di meretricio: lei
che si veste e sta per uscire, lui che rovista alla ricerca dei suoi abiti. Si avverte la totale
mancanza di trasporto affettivo, come avviene in incontri occasionali e tale percezione
rafforzata proprio da una serenit quasi surreale.
Tre fotografie e un dipinto, uniti da una chiave interpretativa comune, un interscambio di
sensazioni affettive che pone tutti sullo stesso piano ermeneutico.
Ma come possiamo noi leggere tanti sentimenti in queste immagini? Quali sono i vari
punctum che ci guidano?
Innanzitutto il contrasto introspettivo tra verticalit e orizzontalit, la verticalit evoca
antigravit, fatica, reazione, ansia; lorizzontalit quiete, remissione, accettazione. Lo
scontrarsi di questi elementi acuisce la percezione della tensione, in particolare se
lelemento verticale il maschio, che rappresenta la forza, la violenza e il dominio. Tale
sensazione invertita se a essere verticale la donna, come appunto nella terza foto.
Gli altri elementi sono gli sguardi, che ci comunicano una serie di dati precisi su gli stati
danimo dei personaggi, cos come gli atteggiamenti degli arti: un linguaggio corporeo che
il nostro encefalo, confrontandolo con un nutrito background culturale in grado di
interpretare agevolmente.
Infine bisogna avere chiaro in mente che tutti questi elementi, che io ho sezionato quasi
anatomicamente, non sono parti staccate che vengono poi ricomposte in ununica
intuizione, ma fanno parte di un unicum che il nostro encefalo elabora assimilandoli tutti
contemporaneamente e ricavandone uninformazione finale che supera, da un punto di
vista esegetico, la somma delle singole parti, come ben descritto nella psicologia della
Gestalt.
Con le sue fotografie, Nan, non ci restituisce soltanto una registrazione documentale di
episodi della sua quotidianit o dellintimit, a volte controversa dei suoi amici, ma ci rende
partecipi in prima persona di forti emozioni, ci spinge al limite di un mondo dove la
degenerazione e la pi sfrenata libert di sentimenti divengono prassi e stile di vita. Cos
la nostra Nan infrange quel sottile diaframma che separa la banalit dal capolavoro, lovvio
dal geniale. E lo stesso vale per Edward Hopper.

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