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MODALIT DI DIALOGO
PROBLEMI INTERPRETATIVI E DI DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Di fatto nelle stesse Premesse generali (n. 17), che accompagnano il Rito degli
esorcismi (De Exorcismis et Supplicationibus quibusdam), troviamo il medesimo
invito a rivolgersi, al bisogno, a uomini di scienza "qui sensum habeant rerum
spiritualium".
Riguardo al ruolo del medico in una prospettiva di guarigione, gi nella Sacra
Scrittura e, in particolare, nel libro sapienziale del Siracide (Capitolo 38) si ricorda
che il medico " stato creato dal Signore; dall'altissimo viene la guarigione...". "Il
Signore ha creato medicamenti dalla terra, l'uomo assennato non li disprezza". Ed
ancora vi si dice di seguito, a proposito dei medici: "Ci sono casi in cui il successo
nella loro mani, anch'essi infatti pregano il Signore perch conceda loro di dare
sollievo e guarigione per salvare la vita".
D'altro canto, Papa Francesco, durante la sua meditazione mattutina, nella
Cappella della Domus Sanctae Marthae (venerd 11 ottobre 2013), ci ha messo in
guardia dal pericolo di confondere ci che viene dal Maligno, con i fenomeni
naturali, quali sono le malattie psichiche:
"Ci sono preti, che quando leggono questo brano, (Lc 11,15-26, Ges scaccia un
demonio N.d.R.) e altri brani del Vangelo, dicono: Ges ha guarito una persona da
una malattia psichica. vero che in quel tempo si poteva confondere un'epilessia con
la possessione del demonio" - continua il Papa - "ma anche vero che c'era il
demonio. E noi non abbiamo il diritto di fare tanto semplice la cosa, come per dire:
Tutti questi non erano indemoniati; erano malati psichici' ".
Riguardo alla distinzione tra fenomeni preternaturali e malattie d'interesse
psichiatrico, la Chiesa ha da sempre dimostrato un notevole senso critico. Basti
ricordare la seguente dichiarazione del Sinodo nazionale di Reims del 1583: "Pi
volte coloro che si ritengono preda del demonio hanno pi bisogno del medico che
del ministero degli esorcisti".
Ancora, nel 1614, due secoli prima che nascessero la psicologia, la psichiatria e la
psicoanalisi, il Rituale romano, all'articolo 3, ricordava: "Prima di tutto l'esorcista
non creda facilmente che qualcuno sia posseduto dal demonio. A tale scopo sia bene
a conoscenza di quei sintomi dai quali si distingue un posseduto da coloro che sono
affetti da una qualche malattia, soprattutto psichica".
Ancora oggi, il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1673) ci fa presente che
" importante accertarsi, prima di celebrare l'esorcismo, che si tratti di una presenza
del maligno e non di una malattia".
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Pertanto, chiaro che ogni esorcista o vescovo, che sia alla ricerca di un
consulente, dovr tener presente che molti uomini di scienza sono atei, agnostici
o, semplicemente, indifferenti alla realt dello spirito. Di conseguenza daranno
la loro interpretazione, spiegando unicamente in termini naturali, tutto ci che,
invece, riconducibile ad una realt preternaturale, escludendola a priori. Per
altri versi, sarebbe altrettanto biasimevole il sopravvalutare la presenza dell'attivit
demoniaca straordinaria al punto da dimenticare che la maggior parte dei disturbi che
vediamo noi medici sono, in realt, di origine naturale e come tali vanno considerati e
curati, seguendo, di prassi, le vie ordinarie.
Non basta, comunque, solo affermare di credere in Dio. Tra gli uomini di
scienza, quanti credono nell'esistenza di Satana e, di conseguenza, nell'attivit
demoniaca ordinaria e straordinaria? E, tra quelli che ci credono, quanti hanno una
formazione di base in demonologia ed esorcistica? Il medico che non crede
all'esistenza dei fenomeni di natura diabolica, tender ad escludere il ricorso
all'esorcista o a vederlo solo come parte di un contesto socio-religioso, che, a suo
modo di vedere, "ha prodotto" il fenomeno preternaturale stesso. Auspico, allora,
anche sotto l'egida dell'A.I.E., la formazione di medici psichiatri, al servizio dei
vescovi e degli esorcisti, in grado di cogliere quegli aspetti tipici dell'attivit
demoniaca straordinaria, considerando l'uomo come persona.
E l'uomo, come sappiamo, persona grazie allo spirito. Pertanto, dovremo
sempre prendere in considerazione la sua dimensione pneumo-psico-somatica o,
meglio ancora, come ci ricorda l'apostolo Paolo, l'unit inscindibile di spirito-animacorpo (1Ts 5, 23). Non possibile considerare nell'uomo ciascuna di queste tre
dimensioni, come a se stante, senza creare un artefatto. Non possibile, in altre
parole, considerare solo il corpo, solo la psiche o solo la dimensione spirituale
dell'uomo, specie nell'ambito dei disturbi preternaturali. In tal senso, non possiamo
delegare al medico l'ambito psicosomatico, scorporandolo dalla dimensione spirituale
con la quale intimamente interconnesso. Ugualmente il sacerdote non pu
estrapolare la parte spirituale dell'uomo dalla parte psicofisica, senza cadere in una
pura astrazione.
Tutto ci si evince, in maniera molto chiara, se consideriamo, ad esempio, il
concetto ufficiale di salute. L'Organizzazione Mondiale della Sanit (OMS) la
definisce semplicemente uno "stato di completo benessere fisico, psichico e sociale".
Anche se nella realt tale definizione riveste un carattere utopistico, rappresenta
nondimeno un punto di riferimento, verso il quale orientare i nostri sforzi. Manca,
peraltro, in tale definizione, quello che potremo chiamare benessere spirituale.
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l'accoglienza ed il rispetto;
la capacit di attenzione e di osservazione, affinata dall'esperienza
professionale: il c.d. "occhio clinico";
la capacit d'ascolto: il primo discernimento avviene, infatti, proprio
nell'ascolto partecipe, non giudicante. Un'esperienza di vicinanza, ma anche
una capacit che ci permette, in condizioni normali, di condividere, con gli
altri, le gioie ed i dolori della vita, di accompagnare e sostenere coloro che
presentano un disagio esistenziale e di consolare);
la disponibilit, attenta ai bisogni umani, psicologici e spirituali fondamentali
della persona;
l'empatia;
l'intuizione, capace di cogliere quel quid che si colloca ai confini
dell'ineffabile;
una serie di attitudini o, meglio, di atteggiamenti esistenziali e di sentimenti,
che consentono d'instaurare un rapporto umano e, quindi, terapeutico ottimale;
l'agire con rettitudine di cuore, con profonda umilt e con carit;
il farsi carico della precariet umana e spirituale della persona;
l'amore per la Verit: solo Dio, infatti, rende l'uomo davvero libero (Gv 8,
32). Al contrario, le malattie mentali, al pari dell'attivit demoniaca
straordinaria, rendono l'uomo schiavo del male e del Maligno.
chiaro, dunque, che non basta soltanto il sapere, cio il possesso di un
bagaglio pi o meno vasto di conoscenze, o la capacit di applicarle correttamente
alla pratica (il saper fare), ma si richiede al consulente, soprattutto, l'empatia, cio
il saper essere con/accompagnare quel fratello o quella sorella, lacerati ed umiliati
dal male e dal Maligno e, talvolta, anche vittime anche dell'incomprensione e
dell'indifferenza di chi, invece, dovrebbe andare in loro aiuto.
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Del resto, l'etimologia stessa del verbo assistere (dal latino "ad-sistere", stare
accanto) ci ricorda l'esigenza inalienabile di fermarci materialmente e spiritualmente
accanto ad ogni persona essendo, sia il medico che lesorcista, operatori della
misericordia di Dio; entrambi chiamati ad un servizio ecclesiale di carit, nello stesso
"ospedale da campo, che cura le ferite di tutti", per usare un'immagine figurata cara a
Papa Francesco.
Tra le modalit d'intervento da parte del consulente, ricordiamo: il primo
contatto, il colloquio o visita psichiatrica p.d.
Il primo contatto, per lo pi telefonico (vedi, ad esempio, i Centri d'Ascolto) o
vis--vis, molto importante, in quanto il momento nel quale riceviamo e diamo la
prima impressione. Si dovrebbe spendere pi tempo e risorse per formare validi
operatori di primo ascolto. Infatti, proprio in questo primo contatto - talvolta,
ahim, fin troppo frettoloso e distaccato! - che si creano quelle giuste premesse con le
quali veniamo ad accogliere la richiesta d'aiuto della persona interessata e/o di
coloro che la portano alla nostra attenzione, per una eventuale presa in carico.
Dalla stessa richiesta che ci viene fatta, analizzandone correttamente i contenuti ma,
soprattutto, gli aspetti "formali" della comunicazione (messaggi non verbali e
paraverbali), possiamo gi ricavare una prima impressione e formulare nella nostra
mente delle ipotesi da verificare, nel modo pi opportuno, in fase di colloquio.
Ricordo, en passant, che l'aspetto paraverbale della comunicazione rende
conto del modo in cui qualcosa viene detto (per esempio, volume, timbro, tono,
velocit della voce, ecc.). L'aspetto non verbale p.d. dato, invece, dalla postura,
dalla posizione e dall'orientamento del corpo, dalla distanza fisica dall'interlocutore
(oggetto di studio della prossemica), dalla mimica facciale, dai movimenti e
dall'aspetto esteriore (ricercato, trasandato, caratterizzato dalla presenza di tatuaggi,
piercing, particolari acconciature, presenza di amuleti o di oggetti di superstizione,
ecc.). Ovviamente, durante il colloquio telefonico, non avremo - e, pertanto, non
potremo utilizzare - questi importanti elementi di valutazione, che rimanderemo al
primo incontro.
E veniamo, adesso, al colloquio psichiatrico o colloquio tout court. Si tratta di
una situazione interpersonale riguardante principalmente lo psichiatra ma, la
conoscenza di questa tecnica di colloquio, pu essere di grande utilit anche a tutti
coloro che, in ragione del loro status, sono chiamati a condurre inchieste personali
(operatori di Centro d'ascolto, educatori, sacerdoti, esorcisti, ecc.) nonch, pi in
generale, a tutti coloro che mirano ad una migliore comprensione dei problemi e dei
rapporti interpersonali in qualunque situazione sociale.
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Per quanto riguarda l'antica (e mai sopita) diatriba tra epilessia e possessione,
pu essere utile prendere in considerazione il quadro clinico di questa patologia
neurologica e confrontarlo con l'episodio narrato nel Vangelo di Marco (Mc 9, 1429), nel quale molto chiaro - come sempre in questi casi - l'atteggiamento di Ges a
riguardo.
L'equivoco all'origine della disputa, nasce dal fatto che l'epilessia
(nell'antichit, chiamata anche mal di luna, mal caduco o morbo sacro) rimandava a
quell'epoca ad una credenza popolare riconducibile ad uno stadio certamente
prescientifico della cultura ebraica del I secolo, piuttosto propenso a considerare in
modo numinoso tale manifestazione. Per questo, molti autori ritengono oggi
anacronistico parlare di possessione, considerando in modo del tutto aprioristico (e
riduttivo!), l'episodio narrato dai Vangeli. Al di l dei sintomi presentati da quel
giovane, i quali descrivono, peraltro molto bene, una crisi epilettica, l'analisi attenta
del testo, della fenomenologia (che si evince dal racconto) e... l'esperienza di chi
pratica esorcismi, a rivelare la vera natura preternaturale di quel male. D'altro canto,
l'atteggiamento di Ges (l'interrogazione, il dialogo, l'imposizione del silenzio e di
abbandono) non lascia dubbi sull'esorcismo da Lui compiuto, scacciando il demonio
e guarendo, istantaneamente, quel ragazzo dal suo male. Infine, a ribadire la prassi,
Egli ricorda ai discepoli, i tre requisiti fondamentali richiesti nel combattimento
spirituale: fede, preghiera e digiuno.
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