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Speusippo Frammenti

Edizione, traduzione e commento


Margherita Isnardi Parente

Istituto Italiano per gli Studi Filosofici


Serie La Scuola di Platone 1
ISBN: 8870880117

Bibliopolis
Naples 1980

Margherita Isnardi Parente


SPEUSIPPO. TESTIMONIANZE E FRAMMENTI

INTRODUZIONE
Vita,
Dottrina
Le diverse interpretazioni dei frammenti
Le raccolte esistenti
La raccolta attuale

p. 1
5
12
15
19

1. Vita.
Della vita di Speusippo sappiamo in verit poco. Due sono le biografie antiche, quella di Filodemo
nellIndex Academicorum ( non una biografia in senso proprio, ma una serie di notizie sulla
partecipazione di Speusippo alla vita dellAccademia) e quella di Diogene Laerzio, che ci d, oltre a
questi dati, qualche notizia di tipo pi vario, desunta, come al solito, a pi antichi biografi
ellenistici. Segue una breve notizia di Suida, o del Lessico Suda, che non aggiunge nulla di
sostanziale. Sappiamo che doveva essere nato, allincirca, nel 410/8 a.C., e che mor nel 339 dopo
essere stato otto anni a capo della scuola. Come nipote, allievo e primo successore di Platone
rimasto nella tradizione filosofica della tarda antichit, e non molte sono le note caratteristiche che
lo distinguono.
Filodemo, dopo averci indicato Speusippo insieme con gli altri discepoli, ci dice di aver saputo
da Filocoro che questi ricevette la scuola da Platone. Il nome di Filocoro incerto: ma la
testimonianza sarebbe di grandissimo rilievo, essendo Filocoro uno dei primi e pi attendibili
attidografi1. Dello stesso Filocoro sarebbe la notizia che Speusippo dedic le immagini delle Cariti
che esistono ancora nellAccademia, quando si trovava a capo del Museo: non sarebbe stato
quindi Platone stesso a fare questa dedica importante, ma Speusippo dopo la sua morte. Le Cariti, o
Grazie, sono per la scuola le Muse; ci non vale in particolare per lAccademia, in quanto molte
scuole erano dedicate alle Muse; ma servirebbe a dare un tocco di religiosit alla scuola stessa in
quanto istituzione2. Ancora Filocoro avrebbe scritto che egli aveva gi allora le membra paralizzate,
e che non fu a capo della scuola che per otto anni .
Ci che segue per non imputabile tutto a Filocoro, n Filodemo ci sa dire da chi gli siano giunte
le testimonianze sullelezione di Senocrate, che fu scelto soprattutto per la sua swfros nh, ossia
la sua mitezza di carattere, essendo stato Speusippo kratsteroj, ossia incapace di dominarsi, e
debole di fronte al piacere; Gomperz, che ha integrato cos il passo, si basava sulla testimonianza
di Diogene Laerzio, che vedremo fra poco3. Del resto, Aristotele era gi partito per la Macedonia,
per il suo compito di educatore del giovane Alessandro; quanto agli altri, Menedemo di Pirra,
Eraclide di Eraclea, furono superati per pochi voti4. Poich non si parla di elezione a proposito di
1

Filodemo. Storia dei filosofi. Platone e l Accademia, ,ed.trad. comm. a cura di T.Dorandi, p.136; Dorandi conserva il
Fil[ coroj] integrato a col.VI, r.32 dal Buecheler e conservato dagli altri editori; ma avverte (p.226) che lestratto di
Filocoro non pu estendersi oltre VI, r.38. Filocoro lattidografo del III secolo a:C., cfr. Jacoby, FGrHist 228 F 59.
2
Cfr. infra, Test.1.
3
Cfr. ancora VII, !4 e 17, e Dorandi, op. cit., p.227.
4
Cfr. VII, 1-5.

Speusippo, siamo di fronte a un problema: Speusippo fu veramente eletto dalla scuola, o Platone
lasci a lui questa come suo possesso privato, in quanto era il nipote pi versato in diatribe
filosofiche? E questa una domanda alla quale non sapremmo dare una risposta precisa; nessuno
degli autori che pi tardi tornano sulle medesime vicende pu illuminarci in proposito5. Ma una
domanda che non possiamo non porci, e che ha le sue ragioni per sussistere.
Il diedxato di Diogene Laerzio(Vitae Philosophorum, IV, 1) non molto chiaro; un verbo
che indica solo la successione in una determinata diadoc o successione filosofica. Significa solo
che Speusippo successe a Platone a capo dellAccademia; Diogene o le sue fonti non ci dicono che
sia stato eletto, e ci rafforza le nostre supposizioni che la prima elezione in seno alla scuola sia
stata quella di Senocrate. Cicerone, che una delle fonti pi antiche, negli Academici (I, 4, 17-18)
nomina Speusippo quasi di scorcio, per parlare poi degli altri , soprattutto Senocrate ed Aristotele:
nam cum Speusippum, sororis filium, Plato philosophiae quasi heredem reliquissetE non a caso
Speusippo detto heres philosophiae, perch probabilmente a un altro, al giovane Adimanto,
erede in linea maschile di Platone, andava leredit effettiva dellAccademia, secondo le leggi
ateniesi che escludevano leredit per i parenti in linea femminile6. Senza contare che qui Cicerone
sembra dare ascolto a una delle molte voci denigratorie in seno alla storia del platonismo, che cio
Speusippo fosse lasciato a capo dellAccademia solo in quanto legato a Platone da rapporto stretto
di parentela, e non per altre ragioni.
Ma torniamo a Diogene, le cui notizie sono alquanto pi ricche di quelle dellIndex. Speusippo
appare citato subito come ateniese del demo di Mirrine, figlio di Eurimedonte e della sorella stessa
di Platone, Potone. Dopo averci detto anchegli che fu a capo della scuola otto anni, e che eresse
nella scuola (il mouseon fondato da Platone) le statue delle Cariti, ci d particolari della sua
attivit. Egli rimase alle dottrine di Platone, e fu da Platone per diverso per temperamento,
tendente allira e -questa volta con certezza - ttwn donn, debole di fronte ai piaceri. Che
Speusippo sia rimasto del tutto fedele alla dottrina di Platone, non in realt vero, e ce ne
accorgeremo fra poco. La notizia pu dipendere da scarso interesse filosofico della fonte oppure
pu essere una nota malevola, come malevolo, in genere, appare latteggiamento di Diogene nei
confronti del filosofo: unosservazione di eccessiva fedelt a Platone e di scarsa originalit
filosofica. Ma del tutto incerto quale possa essere la fonte di questa notizia. Diodoro, che viene
citato poco dopo, sembra aver messo in rilievo una tendenza originale di Speusippo stesso, quella
di aver per primo colto il fondo comune delle scienze: n toj maqmasin qesato t koin n
(IV,2)7. E dunque difficile attribuirgli questa affermazione di totale adesione di Speusippo alle
dottrine platoniche senza creare una contraddizione interna.
Circa il viaggio in Macedonia per le nozze di Cassandro le difficolt si fanno ancora pi serie:
Cassandro, figlio di Antipatro, noto per il suo matrimonio con Tessalonice nel 316, quando
Speusippo era gi morto da un pezzo, e bisogna pensare o ad un fratello di Antipatro dello stesso
nome o a un primo e a noi ignoto matrimonio di Cassandro; la cosa stata tentata da filologi
diversi, come Stahelin e Maas, ma resta ipotetica8. Le allieve prima di Platone e poi di Speusippo,
Lastenia di Mantinea e Assiotea di Fliunte, sono citate da Diogene stesso (III, 46) e poi da diversi
altri autori, Clemente Alessandrino, Temistio, lanonimo pseudo-Olimpiodoro della Vita Platonis; e
Lastenia quella che appare legata da pi stretti rapporti con Speusippo, come appare anche dalla
Epist.Socr. XXXIV (XXXVI Orelli) e da Ateneo, Deipnosoph.VII, 279 e-f 9, il quale conferma la
testimonianza di Diogene sui cattivi rapporti epistolari fra Speusippo e Dionisio II; n c da
5

Forse diadexmenoj ( che indica una eredit piuttosto che non una elezione) si trovava gi nellIndex, secondo
linterpretazione del Gaiser, V,35-38; cfr. Gaiser, Philodems Acad., pp.181 e 440.
6
Leo, Biographie, p.56 sgg., ha parlato a ragione di due fonti di Diogene Laerzio, una anti- e laltra filoaccademica; ma
la prima senzaltro la prevalente. Cfr. pi oltre, Test.2.
7
Sulle incertezze per la identificazione di Diodoro cfr. ugualmente pi oltre, Test.1..
8
In proposito F.Sthelin, Kassandros, Real-Encycl. X 2 (1919) , col.2293; P.Maas, ANQUGONAS QUGAQHR,
Rivista Filologia Istruzione Classica 55 (1927), pp.68-70, e infine .Merlan, Biographie, p.210 sg.
9
Cfr. pi oltre, Test.. 15

stupirsi: nella letteratura ellenistica si deve essere formato presto una sorta di vero e proprio
romanzo epistolare fra quelli che appartennero alla cerchia di Platone in Sicilia, romanzo che
coinvolse Platone stesso, se guardiamo a diverse delle lettere conservate sotto il suo nome. In questa
lettera, che Diogene Laerzio ha sottocchio o riporta citata da altri, si rimproverava Speusippo per la
sua avidit di esigere tributi par/k ntwn ka k ntwn per sostenere la sua scuola, alla maniera
di Epicuro, di cui la corrispondenza di scuola era stata resa nota dalla raccolta di Filonide, poi
passata a far parte delle Pragmateai di Filodemo; ma il rapporto con la discepola Lastenia resta
enigmatico10.
Ancora, Speusippo accusato di aver propalato i cosiddetti segreti, p rrhta,di Isocrate, come
dice Ceneo; cio propalato le dottrine che Isocrate destinava ad una cerchia intima; e ci fa pensare
allappartenenza iniziale di Speusippo stesso alla cerchia isocratea; ma non dato saperne di pi, e
Ceneo indicazione discussa e non chiara11. E a tradizione schernevole sembra improntata la
notizia circa labilit nellintrecciare canestri, che segue subito nel testo, come anche lepigramma
di IV, 3, che risponde ad una abitudine di Diogene nel trattare dei suoi filosofi, ma significativo
del suo atteggiamento verso di loro proprio per il carattere di volta in volta assai diverso; esso
consegue alla notizia che alfine, stanco della sua vita divenuta miserabile, avrebbe deciso di
togliersela. Ma prima della notizia abbiamo lepisodio dellincontro con Diogene in Atene, e su
questo occorre ancora spendere qualche parola. Speusippo si sta facendo portare alla scuola in
lettiga; segno che la scuola non costituiva la sua abitazione, come poi sembra essere stato invece
abitudine di altri filosofi e scolarchi12. Vede Diogene il cinico, e lo saluta; quello gli risponde: tu
piuttosto sta bene, che continui a vivere cos ridotto. Lepisodio narrato qui totalmente in
negativo, mentre in positivo ci viene dato da Giovanni Stobeo nella sua raccolta (Flor.IV, 52, 17),
secondo il quale Speusippo, a Diogene che gli consigliava di uscire volontariamente dalla vita,
avrebbe risposto:non con le gambe viviamo, ma con lintelletto13. Segno che dello stesso episodio
correvano due versioni diverse; e quella di Diogene Laerzio pu ben dipendere dallopera di
Timoteo , pi volte addotta da lui nelle sue Vite , volta a porre in rilievo la scarsa coerenza dei
filosofi alle proprie dottrine, oppure al libello pseudo-aristippeo Per palai j truf j, del III
secolo a.C., fra laltro violentemente antiaccademico14. Lopera di Timoteo viene subito citata in
IV, 4, a proposito dello stato di salute disastroso del filosofo, che Plutarco avrebbe detto dovuta a
pediculosi acuta; ma nella Vita di Silla plutarchea, anchessa qui citata, non abbiamo tale notizia.
In complesso abbiamo qui una pittura biografica aspra, che, se viene in parte confermata da
autori di intonazione malevola, come Ateneo o Filostrato, anche parzialmente accettata, ma con
intonazione pi mite, da altri autori quali Plutarco di Cheronea, platonista egli stesso e non solito a
negare i motivi di preferibilit di quella scuola. Nel De fraterno amore (491f-492a) Plutarco
racconta come Platone riuscisse a distogliere Speusippo fanciullo dalla sua irosit e dallavversione
verso i propri genitori col semplice comportamento, il che prova che anche in seno alla tradizione
accademica erano rimaste testimonianze di questo atteggiamento. Ancora, nel De liberis
educandis, legato alla tradizione plutarchea se non di Plutarco, si racconta che Platone chiamasse
Speusippo per punire uno schiavo; Platone non intendeva farlo lui stesso perch iroso (10 d). Ma
10

Cfr. per questo G.Arrighetti, Epicuro, Opere, pp.421-476 (Epistularum Fragmenta), in part. per quel che deriva dalle
Pragmateiai filodemee p. 442 sgg. Arrighetti cita dalledizione di C. Diano, Epicuri Ethica, Florentiae 1946. Pi di
recente le Pragmateiai sono state edite da C. Militello, Filodemo. Memorie epicuree, La Scuola di Epicuro XVII,
Napoli 1997.
11
Sulle questioni riguardanti il rapporto di Speusippo con la cerchia isocratea cfr. M.Gigante, Aphareus,, pp.47-49; ma
cfr. anche successivamente i dubbi di Tarn, Speus. of Ath., p.182. Pi ampiamente infra,Test. 2..
12
Cfr. anche per questo infra..
13
Test.36 I.P., T.40 T. Stenzel, Speus., col.1638, ha escluso il suicidio in base ad una simile risposta; analogamente
Tarn, Speus. of Ath., p.186..
14
Per Timoteo cfr. Wilamowitz, Antigonos von Karistos,, p.107, nt.5; e pi di recente J.Radicke, fasc.7, in Continuation
of Fr Gr Hist., 1988. Per il libello pseudo-aristippeo per palai j truf j cfr. ancora Wilamowitz, ibid., p.48 sgg.
Sullantiacademismo, e antiplatonismo, di et ellenistica vedi oggi M.Baltes in H.Drries, Platonismus II,, pp.2-30,
223-264.

Plutarco assai pi interessante per quanto ci dice dellattivit di Speusippo in Sicilia; e questa la
testimonianza pi specifica che lo caratterizza; testimonianza che risale indietro, a quelle
contemporanee agli avvenimenti : di Eforo, di Timeo, soprattutto di Timonide di Leucade, un
accademico amico di Speusippo stesso e compartecipe degli avvenimenti che lo riguardano15; per
cui necessario seguirlo in queste vicende.
Le vicende sono narrate quasi tutte nella Vita di Dione. Plutarco si basa essenzialmente sulla VII
Epistola di Platone, ma su pi punti integratore delle notizie contenute in quella. Parlando del
soggiorno di Dione in Atene dopo la cacciata da parte di Dionisio II, racconta che Platone accolse
Dione nell Accademia; e che questi prima fu ospite di Callippo (quel Callippo che poi doveva, a
Siracusa, ucciderlo), poi acquist un terreno per suo conto, e pi tardi, partendo per la Sicilia nella
spedizione contro Dionisio, lo don a Speusippo, che era stato il pi intimo e legato a lui degli
amici di Atene (Dio, 17,3). Questo sembrerebbe contrastare con le accuse di irosit attribuite dallo
stesso Plutarco a Speusippo, poich egli aggiunge che Platone voleva con ci addolcire il carattere
( qoj) di Dione, e che Speusippo non a caso era definito da Timone scettico, nei Silloi, buono a
scherzare, skyai gaq j16. Ma ci dice anche qualcosa di pi importante, e cio che Speusippo
sarebbe restato in Atene allatto della spedizione di Dione; che fu certamente patrocinata da lui, ma
non poi seguita di persona, forse a causa dellet gi alquanto avanzata o della salute malferma17.
Del resto lo stesso Plutarco (Dio, 22, 1 sgg.) ci dice che Speusippo e altri amici erano con Dione e
ne peroravano la causa, ma non che Speusippo labbia seguito. Si diffonde invece a parlare di un
periodo precedente, quando Platone era in Sicilia, e Speusippo, verosimilmente accanto a lui, si
informava circa il reale atteggiamento dei Siracusani nei riguardi di Dione, riferendone poi a questi
per incitarlo allimpresa; e quando parla dei filosofi che parteciparono alla spedizione non cita
Speusippo, ma altri, come Eudemo di Cipro (il dedicatario del dialogo giovanile di Aristotele per
yuc j) o il gi citato Timonide di Leucade. Questi risulta alfine vincente in un confronto con
Eforo; il quale parla del suicidio di Filisto sulla nave catturata, mentre Timonide racconta di aver
visto con i suoi occhi Filisto scendere vivo dalla nave (35,4).
Da altra opera che non la Vita di Dione deriva invece una notizia che stata causa di confusione
circa un punto delle Epistole di Platone, e cio dal De adulatore et amico (70a). Ivi Plutarco
racconta che Speusippo avrebbe scritto a Dione di non inorgoglirsi troppo per la sua vittoria, ma di
pensare piuttosto a ornare la Sicilia di giustizia e di ottime leggi, rendendo cos lAccademia
famosa, e kle . Il passo pu esser confuso con quello della IV Epistola, in cui Platone (lo pseudoPlatone) raccomanda a Dione di non inorgoglirsi troppo per la sua vittoria, perch lorgoglio
eccessivo porta alla solitudine; e del resto questo passo ricordato qui anchesso18; ma ci ha fatto
s che alcuni abbiano attribuito la lettera in questione a Speusippo senzaltro19.
Nella tarda antichit non c altro di valido per cogliere qualche motivo autentico del carattere o
della vita di Speusippo. Suida ripete, com ovvio, Diogene Laerzio, e aggiunge tuttal pi che egli
era a sthr j t n gnmhn, rigido nelle sue opinioni, cosa che Diogene non ci dice
espressamente20. Le testimonianze sulla chiamata di Senocrate a dirigere la scuola al suo posto, che
si trovano nello pseudo-Galeno e in Temistio, derivano certamente dalla tradizione accreditata dalle,
certamente apocrife, Epist.socr.XXX (XXXII Orelli) e XXXI (XXXIII Orelli), secondo le quali

15

Cfr. per Timonide lo stesso Diogene Laerzio,IV,5, e Plutarco, Dio, 22, 15, 35,4; Capelle, RE VI A 2, 1937,
coll.1305-1306.
16
Timone, Sylloi, apd. Plut., Dio, 17, 4 (fr.56 Di Marco, Roma 1989).
17
Il nome di Speusippo non figura infatti fra gli aderenti alla spedizione: fra i quali Plutarco non cita, oltre a Eudemo e
a Timonide, che Milta il Tessalo, indovino, non noto se non da questa citazione e da unaltra detto stesso Plutarco,
Dio,24.. Cfr. K.v.Fritz, Real-Encycl. XV,2, 1932, coll.1678-79.
18
Cfr. De adul. et amico, 69 f: a qdeia remv s noikoj.
19
Cfr.C.Ritter, Neue Untersuch. pp.374 sgg.; confutato giustamente dal .Novotny, Platon. epist. comm. illustr., p.114
sgg.
20
Suida, Lexikon, s.v. Spe sippoj, 928, IV, p.417 Adler (fr.3 I.P., T 3 T.).

Speusippo morente avrebbe richiamato a s Senocrate per porlo alla guida dellAccademia21; di esse
si dir adeguatamente a parte; basti qui dire che esse contrastano del tutto con la pi vicina
testimonianza dell Index Academicorum sullelezione di Senocrate.
2. Dottrina
a) Le idee e i principi
Le opere di Speusippo sono da considerarsi fra quelle certamente andate perdute nellincendio
che lassedio di Silla caus alla citt di Atene e alla sede dellAccademia22. Si ritiene che quasi
tutte le opere di Accademici antichi siano andate perdute in quella circostanza, dal momento che
non resta niente di esse, o quasi, nella letteratura tardo-antica, ma solo citazioni di seconda mano.
Eppure il quasi dobbligo: di Speusippo si conoscevano ancora il trattato Sui numeri
pitagorici, e forse, ancora al tempo di Ateneo, gli Omoia, cos come Dercillide, in et di Augusto,
poteva ancora citare direttamente dalla Vita di Platone di Ermodoro23. Opere di maggiore interesse,
anche al di l degli stretti confini della filosofia, esistevano dunque, e ci aveva la sua parte nella
selezione che il mondo tardo-antico fece della tradizione relativa al filosofo. Pur tuttavia noi
ignoreremmo quasi tutto della dottrina specifica di Speusippo, almeno in fatto di metafisica e
ontologia, se non fosse per la polemica che Aristotele condusse costantemente, almeno nella
Metafisica, contro di lui.
Questo d alla nostra conoscenza della sua opera un carattere del tutto particolare, che va subito
sottolineato. Essa costantemente inserita in una generale polemica di parte: quella contro Platone
(in particolare la dottrina delle idee), contro Senocrate e contro altri Accademici, e, nellambito di
tale polemica, appare confrontata, ma anche sensibilmente deformata. Aristotele deve costruire la
sua propria dottrina, e lo fa in contrapposizione con i condiscepoli di Platone nonch con lo stesso
maestro. Cosicch una raccolta dei frammenti di Speusippo, come del resto di Senocrate o di altri
dei primi discepoli di Platone, dovrebbe necessariamente subordinarsi a una raccolta delle
testimonianze su Platone offerte dallo stesso Aristotele; testimonianze spesso tali da offrirci
unimmagine di Platone alquanto diversa da quella cui siamo abituati dalla lettura dei dialoghi24.
Un altro discorso preliminare va fatto alla nostra ricerca. I primi discepoli di Platone, fra i quali
ovviamente Speusippo, non sembrano ancora conoscere un corpus Platonicum gi costituito: essi
sembrano semplicemente voler reagire ad alcune aporie emergenti dai dialoghi pi tardi, quali
soprattutto il Parmenide, il Timeo, il Sofista, il Filebo (e questa pu essere unaltra prova
cronologica relativa alla produzione di Platone, che non va trascurata25). Se veramente questo si
accetta, ne deriva come conseguenza una data leggermente, ma significativamente, pi tarda della
formazione di un corpus Platonicum, o di un insieme, ordinato come si voglia, degli scritti di
Platone: e forse tale raccolta non poteva essere fatta prima che fosse riemerso anche, accanto al
Platone metafisico, il Platone vero e primitivo, quello del socratismo aporetico; prima, cio, della
fase scetticheggiante iniziata nellAccademia da Arcesilao26.
21

Su di esse cfr. M.Isnardi Parente, Due epistole socratiche e la storia dellAccademia antica, La Cultura 18 (1980),
pp 274-282..
22
Su questo H.Drrie, Xenokrates, Real-Encycl. IX A 2 (1967), coll.1511-1528. Glucker, Antiochus and the Late
Academy, oggi il maggior sostenitore di questa tesi di una scarsa e deformata conoscenza delloriginaria Accademia
platonica da parte delle generazioni successive.
23
Per Dercillide cfr. Simplicio, In Arist. Phys., p.247,30 sgg. Diels (fr.7 Isnardi Parente); Simplicio cita da Porfirio, ma
sembra che questi disponesse ancora dellopera De Platonis philosophia di Dercillide, e citasse Ermodoro da questa;
Dercillide quindi trasmettitore di Ermodoro alla tarda antichit. Per i due trattati di Speusippo cfr. pi oltre, frr.95 e 96
sgg.I.P.
24
Per un tentativo fatto in questo senso posso rimandare a Isnardi Parente, Testimonia platonica I. , pp.373-487.
25
Si veda come la cronologia delle principali opere platoniche sia ormai fissata, con criteri stilometrici o meno; ultima
prova ne H.Thesleff, Studies in Platonic Chronology, Helsinki (Societas Scientiarum Fennica) 1982 e Studies in
Platos Two-Level Model, ibid. 1999, avverso per suo conto a criteri stilometrici, ma portato alla conferma, per altra via,
di quanto essi hanno stabilito.
26
Cfr. A.Carlini, Studi sulla tradizione antica e medievale del Fedone, Roma 1972, pp.29-30; a questo mi sono
riallacciata di recente, Isnardi Parente, Storia filos.Accad., pp.146-167, in part. p.163.

Di Speusippo in particolare Aristotele ci dice che egli rifiutava la dottrina delle idee, vedendola
come un insieme tale da arrecare alla dottrina platonica duscreia ka plsij, difficolt e
artificiosit (Metaph. M, 1086a 2 sgg. = fr.42 Lang, 46 Isnardi Parente, 35 Taran); ritenendo
invece che i numeri fossero di per s un elemento sufficiente a fornire ci che le idee sarebbero state
incapaci a darci. Siamo qui costretti a compiere la prima integrazione, cosa cui la difficile ricerca
sulla dottrina dei primi Accademici ci condurr spesso; giacch Aristotele non ci dice mai
chiaramente che Speusippo ritenesse che i numeri debbano svolgere la funzione che hanno, nel
sistema di Platone, le idee27. E per integrazione necessaria, dal momento che egli ci dice che i
numeri sono il primo e fondamentale tipo di essere, e che sono separati dai sensibili, il che significa
che ne costituiscono il tratto trascendente di unificazione (Metaph.M. 1080b 13b sgg.). La
distinzione che Aristotele pone costantemente fra Speusippo e i Pitagorici, fautori anchessi
dellassoluta priorit dei numeri, che questi ritengono i numeri immanenti al sensibile, mentre
Speusippo li ritiene separati o trascendenti alluniverso28. Speusippo ci si dimostra cos
immediatamente indipendente rispetto a Platone, a differenza di Senocrate o di altri, che non
osavano abbandonare la dottrina delle idee.
C peraltro un aspetto della dottrina di Platone che divenuto ormai, per gli Accademici, il
modello primo e la stessa questione pi importante con cui fare i conti. Nellultima parte della
dottrina di Platone, si va sempre pi affermando un sostanziale atteggiamento: un principio
fondamentale sottost, senza peraltro trascenderle, alla dottrina delle idee. Questo gi noto dalla
presentazione di essa che Platone fa nella Repubblica, ove lidea del Bene il primo grande
concetto unificatore: ogni idea , in primo luogo, bene, in quanto modello perfetto di un molteplice
sconnesso, e quindi lidea del Bene la prima e fondamentale fra tutte le idee (Resp.509 c-d)29. Ma
si accentua nei dialoghi pi tardi, quelli cui i nostri Accademici fanno capo direttamente: diviene
dottrina dellessere e delle sue differenze nel Sofista; dottrina dellimmobilit e autoidenticazione
delle idee nel Filebo, contrapponendosi a quello che, con linguaggio pitagorico, Platone chiama in
questo dialogo lo peiron; dottrina del Vivente in s nel Timeo30. In Aristotele e negli Accademici
questo si ipostatizzer in dottrina dei principi, con esiti, lo vedremo di volta in volta, diversi.
Speusippo parte dal Parmenide, interpretandolo come una difesa della dottrina delle idee intesa
come unificazione assoluta del molteplice. Che egli parta dal Parmenide e che questo sia per lui il
pi importante dei dialoghi tardivi di Platone, intuibile da Aristotele, Metaph.N, 1091a 30 sgg.:
tutte le cose sensibili, nelle loro differenziazioni infinite, partono da un uno primitivo, ma questo
uno tale da non potersi dire neanche un essere, mhd n ti enai t n a t . Su questo
frammento (34e L., 25 I.P., 43 T.) si spesso speculato al di l del significato del testo: il quale
indica solo che Speusippo era ben conscio dellestrema difficolt di indicare lessere come causa
suprema del tutto, non essendo questo che un riferimento ultimo,e che a scoprire questo il testo di
Platone gli bastava.31 Non dice forse proprio nel Parmenide Platone che luno, a prescindere dal
suo contrario, cio dai molti, alcunch di inafferrabile, n mobile n immobile, n possibile n
impossibile, n uguale n disuguale, n giovane n vecchio, infine, a ben vedere, qualcosa che non

27

Di integrazioni da farsi nel testo di Aristotele, e di un aiuto, una boqeia, da richiedersi ad autori pi tardivi per
completare gli accenni datici da lui, ho parlato in Storia filos. Accad.., p.146. E questo il compito gravoso e difficile
che si pone a quanti intendano far raccolta sistematica di filosofi della prima Accademia, e non solo di quella.
28
..Cfr. p.es. Aristotele, Metaph.M, 1076a 32 sgg., 1080b 11 sgg., N, 1090a 20 sgg., e in altri luoghi consimili.
29
Non vorremmo rifarci a tutte le interpretazioni di questo celeberrimo passo. Ci basti qui citare due saggi cui il nostro
punto di vista aderisce sensibilmente: L.Brisson, Presupposs et consequences dune inteprtation soteriste de Platon,
in Lectures de Platon, p.83 sgg.; M. Baltes, Is the Idea of Good in Plato's Republic beyond Being?, in Studies on
Plato and the Platonic Tradition, Essays Whyttaker, Andelshot 1997, p.3-28.
30
Anche qui le interpretazioni da citarsi potrebbero essere infinite. Sui dialoghi pi tardivi di Platone la letteratura
diventata ingente: cfr.semplicemente Los dialogos tardios de Platon, I Symposium Platonicum, ed.C.Eggers Lan,
Ciudad de Mexico 1986.
31
Cfr. pi oltre quanto si dir a proposito di una errata interpretazione di Speusippo che prende il via da questo testo:
infra, note 82-83.

32? Il primo essere o, in senso pi specifico in linguaggio aristotelico, la prima o sa, sono i
numeri, che hanno lunit a loro principio; lunit non nel senso di unit numerica, perch questa fa
parte semplicemente della serie, ma nel senso di unit prima e indeterminata, che si sviluppa poi
nelluno numero e negli altri e seguenti (Metaph.H, 1028b 18 sgg.= fr.33a L., 16 I.P., 62 T.).
Come si sviluppa il numero? Si sviluppa, sempre seguendo, almeno relativamente,Aristotele, con
andamento progressivo: Speusippo, partendo dalluno ( p to n j rxmenoj), procede verso
la pluralit delle o sai.. Ma il semplice uno non basta a questo scopo, perch il numero misto di
unit e di molteplicit, pl qoj, e gi raggiungere la prima delle sostanze implica lesistenza di
due fattori; giacch le idee non si compongono, in quanto sono entit assolutamente semplici, ma i
numeri non lo sono. Questo ci ripetuto pi volte: in M, 1083a 20 sgg., 1085b 5 sgg., N, 1092a 35
sgg. (42d L., 46 I.P., 34 T.; 48c L., 53 I.P.,40 T.; 48a L., 51 I.P., 38 T.) ; ed la prova che
Speusippo comincia a pensare le entit di cui parla in una sorta di successione ideale, che va dai
numeri a realt la cui composizione pi complessa, prima le grandezze, poi lanima (ancora
Aristotele, H, 1028 b 21-22 :ka rcj ksthj o saj llhn mn riqmn, llhn d
megeqn, peita yuc j, dal gi citato F16 I.P.). Si pu pensare che la composizione del reale
nella visione filosofica di Speusippo conoscesse anche momenti ulteriori, e su questo avremo
occasione di tornare pi tardi33. Per il momento basti dire questo: che le diverse entit o sostanze
sono legate fra di loro da un rapporto di analogia; e ci non piace ad Aristotele, che trova venirsi a
formare in tal modo una realt discontinua (peisodidhj... sper mocqer tragwda, fr.50 L.,
57 I.P., 37 T.)34.
La seconda delle realt cos prese in considerazione sono le grandezze, i cui principi sono
lequivalente fisico delluno, il punto, e lestensione spaziale pura, la cra del Timeo; che in
Speusippo riceve piuttosto il nome di t poj, luogo(Aristotele, Metaph. N, 1092 a 17-20 = fr.52
L., 63 I.P., 53 T.); per quanto lo stesso Aristotele ci susciti dei dubbi in proposito, quando, in M,
1085b 31, ci propone la parola disthma ( k diastmatoj ka a t j stigm j). Quindi, uno ed
estensione, talvolta vista come il luogo stesso nella sua forma indeterminata, ci si presentano come i
principi delle grandezze. Ma quanto allanima la questione si fa pi complessa, e dobbiamo
ricorrere ad altri testi, in parte di Aristotele e in parte non di Aristotele ma di altri, che in qualche
modo conoscevano la dottrina speusippea. Il testimone pi antico fra questi Posidonio, un autore
di et ellenistica che pu ancora aver conosciuto da Speusippo direttamente la dottrina; e che per
non cita Speusippo, e presenta tale teoria come propria: lanima da to pnth diastato,
forma di ci ch generalmente esteso (Plutarco, De procreatione animae in Timaeo, 22, 1023 b =
fr.141a Edelstein)35. Che la teoria sia speusippea, lo dice invece la raccolta di Giovanni Stobeo, ma
citando in particolare Giamblico (Flor.I, 49, p.363, 26 sgg. Wachsmuth = fr.40L., 67 I.P., 54a
T.)36.Non difficile immaginare come essa sia potuta piacere a Posidonio, che ne dette
uninterpretazione probabilmente materialistica. Speusippo si rifaceva con essa alla teoria di Platone
sullanima del mondo, esposta nel Timeo, ove si dice che lanima copre esattamente tutta
lestensione delluniverso, e non a caso Plutarco cita tale definizione proprio allo scopo di dare una
32

Parm.141a-142c. In proposito L.Brisson, Platon. Le Parmnide, Paris 1994, p.43 sgg., e F.Fronterotta, Guida alla
lettura del Parmenide di Platone, Roma-Bari 1998, p.83 sgg., 100 sgg.
33
Tarn, Speus. of Ath., p.47, nega che lanima in Speusippo abbia qualcosa a che vedere con entit matematiche,
numeri o grandezze; questi non si muovono mentre lanima si pone cone oggetto in movimento. Fra i numeri immobili
ed eterni, simili alle idee, e tutto ci che si muove esiste un rapporto che abbiamo visto essere analogo a quello fra le
idee e i sensibili in Platone. Per lanima cfr. del resto pi oltre.
34
Sul concetto di analogia in Speusippo cfr. J.Stenzel, Speus., Real-Encycl. III A 2, 1929, col.1664; lo Stenzel tende di
fatto a unificare i due concetti di naloga e di moi thj, che in realt rispondono a motivi diversi.
35
Cfr. in proposito I.G.Kidd, Poseidonios, Commentary, II,I, Cambridge 1988, p.533 sgg.; ma da vedersi anche
W.Theiler, Poseidonios I, Die Fragmente, II, Erluterungen, Berlin-New York 1982, in particolare II, pp.323-326
(commento al fr.391 a-b).
36
Cfr. Tarn, Speus.of Ath.,370-71: ma la deduzione che Speusippo abbia interpretato cos Platone nel Timeo non
affatto in contrasto con la teoria dellanima che gli attribuisce Aristotele in Metaph.1028 b 21-24, perch anima e
grandezze hanno differenti principi; e quelli dellanima sono uno sviluppo della teoria della grandezza. Cfr. per questo
pi ampiamente infra, commento a F16.

spiegazione di quella teoria, che poteva suonare strana alle orecchie di un platonico.Non poteva per
contro non piacere a Posidonio lintento, da lui letto in Platone in quella sede, di dare allanima
anche un elemento di corporeit, dal momento che essa, di natura intellegibile, pure collabora
strettamente con il corporeo e lo comprende37. Ma vi anche un passo di Aristotele che
presumibilmente riferito alla stessa teoria, e che occorrer esaminare attentamente a tale scopo.
In De anima,I, 404b 18 sgg.(= F69 I.P., non compreso n dal Lang n dal Tarn nelle loro
raccolte) Aristotele, citando probabilmente un suo passo del Per filosofaj, riporta una
singolare definizione dellanima. Essa sarebbe formata da quattro numeri fondamentali, luno
corrispondente allintelletto, il due al conoscere discorsivo o dinoia, il tre allopinione o d xa, il
quattro alla sensazione. Egli si affretta ad aggiungere che i numeri rappresentano gli stessi edh e
addirittura i principi, il che corrisponde almeno in parte alla dottrina speusippea, mentre sembra
corrisponderle del tutto la conclusione del passo, che i numeri sono gli edh tn pragmtwn, le
forme ideali delle cose; dopo di che (ma con un ben preciso o altrimenti), passa a parlare della
teoria di Senocrate, lanima come numero che muove se stesso 38.
La ipotesi che la teoria citata in 18-26 sia di Speusippo appare probabile. In primo luogo, perch
Aristotele cita assai spesso prima Platone, poi Speusippo e poi, come terzo e il peggiore, Senocrate,
anche se qualche volta inverte lordine della citazione e d a Speusippo il terzo luogo. Ma in
sostanza perch di Speusippo sembrano essere le conclusioni; e perch la teoria di una formazione
dellanima sul numero fondamentale, che sarebbe qui il quattro, appare assai poco platonica.
Una simile teoria, noi la troviamo in un passo di opera non conosciuta, e a noi non data dal
catalogo di Diogene Laerzio39, che ci riportata dallo pseudo-Giamblico dei Theologoumena
arithmetices, 61-62, pp.82-85 De Falco. Ivi, con riferimento allopera Per puqagorikn
riqmn, si attribuisce a Speusippo la teoria che il quattro il numero fondamentale del reale,
formato di piramidi. Chi accetti lautenticit di questopera40, non pu non rimanere colpito da
questo dato fondamentale: il quattro numerico corrisponde alla figura solida che si fonda appunto
sul quattro, la piramide, gi considerata da Platone e dai pitagorici il primo dei solidi. Nel De
caelo (III, 307a 29- b 3 = Supplementum Academicum, 122a, qui F70) Aristotele gi attribuiva a
qualcuno, accademico o pitagorico che fosse, la teoria secondo cui tutta la realt sarebbe formata di
piramidi, e non delle varie figure che Platone aveva ipotizzate. E, anche questa, una combinazione
di fonti assai diverse, anche come epoca; ma una combinazione, peraltro, plausibile.
Torniamo, dopo questo, ai principi dellanima, e chiediamoci quali essi debbano essere. E
chiaro, anzitutto, che Speusippo si riferisce qui allanima come totalit, e solo secondariamente ad
anime individuali. La tetrj , in essa, il primo principio, per cui il mondo appare come un
universo tetradicamente ordinato; ma tale tetrade informa di s il diastat n, il corpo generalmente
esteso delluniverso stesso; s che distasij pu dirsi il principio per mezzo del quale esso a sua
volta ordinato.
Rimangono ancora gli oggetti della sensazione. Essi non risultano dalla presentazione che della
teoria fa Aristotele, eppure esistono, e devono avere i loro principi che li determinino anchessi. Per
questo dobbiamo lasciare definitivamente Aristotele ed inoltrarci nella descrizione di unaltra, e
37

Kidd, Commentary II,I, p.531.


Vedi infra, F 69..
39
Sulle lacune del catalogo di Diogene Laerzio cfr. pi oltre, Test.2.
40
Oggi si tende per lo pi ad accettarla; vedi per Saffrey, Le per philosophias d Aristote, p.40, nt.2 (confutato da
Tarn, Speus. of Ath., pp.297 sgg.). La questione non tanto lautenticit dello scritto, ma il fatto che si tratti di teoria
autenticamente speusippea; dal testo in questione sembrerebbe di poterne dedurre piuttosto il carattere filolaico. Si
possono citare, fra gli autori inclini a leggere Filolao (pur in versione speusippea) nel Per Puqagorikn riqmn,
.Frank, Plato sogen Pythagoreer,pp.132, 242 sg., App.XVIII; Cherniss, Arist. Crit. presocr. Philos., pp.242 nt.111,
390-91 ; ancor pi decisamente Mondolfo in Zeller-Mondolfo, Filos. dei Gr., I,2, pp.500-501 ; Timpanaro Cardini,
Pitagorici II, p.126. I pi moderni sono per propensi a leggere in essi Speusippo, come W.Burkert, Weisheit und
Wiss.p.229.; e in genere gli autori delle ultime raccolte. La dipendenza da Filolao sostenuta del resto con argomenti
non diversi da quelli usati in periodo ellenistico per affermare anche la dipendenza di Platone da questo autore, se non
che non esiste alcun elemento antiplatonico o antiaccademico in questa ipotesi.
38

diverso, opera di Speusippo, concernente le similitudini nel campo delluniverso fisico. Questa
opera, largamente attestata da Ateneo (ma in Aristotele non ne manca peraltro un ricordo, cfr. De
partibus animalium I, 642b 4-20 = FF120 I.P., 67 T.41), gli Omoia, che fanno valere per le cose
delluniverso fisico il principio della somiglianza e della dissomiglianza. Sono i due principi che
Platone applicava alle idee; ma per Speusippo non ci sono pi idee cui applicarli. Di essi parleremo
di nuovo assai presto.
b) Conoscenza, logica, epistemologia.
Sesto Empirico, Adversus logicos I, 145-146 ( fr.29 L.,1 I.P., 75 T.) ci riporta un interessante
passo di Speusippo che parla di un pisthmonik j l goj valido a chiarire i problemi delle realt
noetiche e di una pisthmonik asqhsij valida a chiarire i problemi delle realt soggette a
sensazione. E continua con un esempio, tratto dallabilit propria del suonatore di cetra di trarre
suoni armonici da strumenti fisici; un esempio che sembra, e in effetti , di carattere pitagorico. La
testimonianza, certamente di seconda mano, tende a reagire alla assoluta teoretict della posizione
platonica, ed stata da me stessa analizzata in tal senso42. Ma pur vero che Speusippo subiva
influenze pitagoriche, e che i pitagorici non posero mai i sensibili come subordinati alle idee; non i
pitagorici pi antichi, come Filolao, e nemmeno i pitagorici della cerchia di Archita, che Speusippo
conobbe certamente di persona, ma dai quali altrettanto certamente non trasse nulla di valido per la
propria dottrina.
Proclo, In pr. Euclidis elementorum librum, pp. 77,7 sgg., 179,8 sgg.,181,6 sgg. Friedlein
(frr.46,30,47 L., 2-4 I.P., 72-74 T.) ci dice ripetutamente che Speusippo escludeva il nome di
problema dalle operazioni dei processi matematici, preferendo per questi il nome di qerhma; e
che preferiva il nome di xwma per tutti i processi fondamentali del pensiero, riservando quello di
teoremi alle realt che abbisognano di dimostrazione43. E una questione di linguaggio, e non di
estensione del pensiero a un determinato tipo di enti; stiamo per vedere come la questione del
linguaggio e quella della conoscenza fossero strettamente unite in Speusippo fino a fondersi quasi
insieme.Ci conferma per anche che egli dava ai numeri un particolare valore di eterno e non
transeunte, e ci fortifica nella convinzione che le idee, integralmente quantificate e private del loro
contenuto empirico, fossero per lui divenute nientaltro che lespressione numerica del reale.
Negli Analitica post. II, 97a 6 sgg. (fr.31a L., 5 I.P., 63a T.) Aristotele ci dice, contro qualcuno
(saranno i commentatori a riconoscere in questi Speusippo), che colui che d definizioni e fa
divisioni fra le varie realt non deve necessariamente conoscerle tutte; la conoscenza delle
differenze fra le cose si ottiene anche a prescindere dalla totalit delle cose conosciute44. Si presenta
a questo punto un serio problema: se, cio, dobbiamo riconoscere in Speusippo una sorta di almeno
tendenziale scetticismo, oppure al contrario dobbiamo considerarlo libero da un simile
atteggiamento. Chi, in realt, professi una teoria di questo tipo, pu facilmente da un avversario
solerte venir accusato di nutrire tendenze scettiche sulla possibilit della conoscenza umana, dati i
limiti necessariamente imposti a questa dalle condizioni prime del conoscere. La totalit degli enti
sensibili tale da poter essere abbracciata da un unico,individuale atto conoscitivo? E non sono
invece gli enti sensibili innumerevoli nella loro totalit, e tali da sfuggire sempre in parte a
41

In questo passo si fa relazione a gegrammnai diairseij senza far riferimento a particolari autori, e queste
divisioni potrebbero essere quelle del Sofista e del Politico. Tarn, Speus. of Ath., p.396 sgg., ha supposto che questo
autore non nominato sia senzaltro Speusippo. Rimando allulteriore commento del passo per la prova del mio assunto
che Aristotele stia tuttal pi parlando insieme di Platone e di Speusippo; pi probabilmente, egli ha in mente loperetta
che troviamo ma non sappiamo se autenticamente cos in Diogene Laerzio, III, e si conosce comumente col nome di
Diairseij, o Divisiones aristoteleae.
42
Isnardi Parente, Sesto, Platone ecc., pp.. 125-137.
43
Soprattutto in base al fr. 2 I.P. Mi sembra che sia sicuramente affermabile che qewrmata sia il nome dato da
Speusippo agli enti matematici, dal momento che Proclo ci dice che egli dava questo nome a ci che eterno e privo di
movimento.
44
L anonimo commentatore degli Analitici posteriori, p.584, 17 sgg. Wallies, ci indica anche la fonte da cui questo
risulta, che Eudemo di Rodi (cfr. fr.6 I.P.).

qualsiasi, il pi ampio possibile tipo di conoscenza, pur lasciando intatta la possibilit di una
conoscenza parziale di essi?
In realt Speusippo ha tentato pi volte e in pi modi di collegare fra di loro i singoli aspetti della
conoscenza umana, e non solo sul piano intellegibile,ove ogni processo unificatore si presenta come
necessario e si raggiunge con maggior facilit, ma anche su quello della conoscenza sensibile. Il suo
ideale di pansofa si basa su un rapporto analogico da stabilirsi fra le diverse realt soggette a
conoscenza, che costituisce in definitiva un tentativo di portare la conoscenza sensibile a una sorta
di unit. Tale rapporto analogico dipende strettamente, anchesso, da Platone,e ci offerto dal
metodo diairetico, inteso come possibilit di stabilire un rapporto di moi thj e diafor fra le
singole realt tale da costituire una sorta di legame unificatore fra di esse. I commentatori di
Aristotele (l Anonimo del commento In Arist.Anal.Post., p.584, 17 sgg. Wallies = fr.31b L.,6 I.P.,
63a T.; e vedi altri, il Filopono, Eustrazio45) hanno pi o meno riconosciuto questa tendenza, pur
negando a Speusippo ogni riconoscimento della validit della dimostrazione.
Sul legame di moi thj sussistente fra tutta una variet di realt sensibili proprio lo stesso
titolo di unopera di Speusippo, gi sopra citata, I simili, a renderci edotti. Il Lang, seguito
parzialmente da Stenzel, ha cercato di ricostruire questopera, per lo pi citata da Ateneo nel suoi
Deipnofisti (frr.11-25 L., 96-119 I.P., 7-26 T.), come un tentativo speusippeo di fondare la prima
serie di generi e specie fra le categorie del mondo animale46 ; i poveri e schematici dati offertici da
Ateneo non ci offrono la possibilit di giungere a tanto, ma certo, una volta messa da parte la
dottrina delle idee, la possibilit di tradurre i vari processi diairetici di Platone in serie di generi e
specie di carattere logico quelli di Aristotele nei Topici era divenuta ormai una possibilit
concreta.
Vi sono, inoltre, alcune citazioni di Simplicio sulle ricerche di Speusippo relative alla possibilit
di classificare le cose a seconda del loro nome, citazioni singolari, dato che nessuno dei
commentatori di Aristotele, tanto meno Simplicio ch fra i pi tardi, aveva la possibilit di
attingere direttamente allopera del filosofo; per Speusippo era certamente a lui tramite Boeto di
Sidone, il peripatetico autore di un trattato Sulle categorie, ma forse a sua volta giunto a Simplicio
attraverso il Pr j Gedleion di Porfirio47. Simplicio, o Boeto, nota che,anzitutto, Speusippo usa
lappellativo di sinonimo secondo luso antico, ossia secondo luso di Platone anzich secondo
quello di Aristotele; ma in Aristotele ci sono ancora tracce di questo uso, ad es. in Top.107b 4, 17, e
forse anteriormente alluso del termine fatto in Cat.1a 6 sgg.48. In ogni caso egli d uno schema che
si pu riportare al seguente:
tautnuma (cose che portano lo stesso nome)
mnuma (un solo nome, concetti di varie realt)
sunnuma (un nome, riferimento allo stesso
concetto)
ternuma
dwj ternuma
polunuma
parnuma
intendendo con questi pi nomi e pi concetti, pi nomi e un concetto, parole differenti nella
flessione che per si riferiscono allo stesso concetto (In Arist. Categorias, p.38, 11 sgg. Kalbfleisch
= fr.32a L., 13 I.P., 68a T.). Tutto questo ci pu dire ben poco circa i caratteri della divisione che
Speusippo poneva fra i nomi; troppe sono le fonti che si interpongono fra il suo testo e quello di
Simplicio per permetterlo con certezza49. Ma indica come oggetto della sua speculazione sia stato
largamente il linguaggio; quel linguaggio che in uno dei suoi scritti pi tardi, lexcursus filosofico
45

Cfr. ancora FF8-10 I.P.


Lang, De Speus. Acad.scriptis, pp.7-26, che tuttavia si fonda in buona parte su E.Hambruch, Logische Regeln,
passim.. Cfr. per una critica a questi Tarn Homonymy and Synonymy, pp.73 sgg.
47
Cfr. gli assai discussi FF13-14 I.P.(= 68a-c T.), ove J.Barnes, Homonymy, pp.65-80, ha voluto leggere solo Boeto e
non Speusippo; ma tali frammenti non escludono la possibilit di una fonte pi antica, come non escludono la
possibilit di un tramite pi recente.
48
Ove, com noto, egli parla di omonimia nel senso di uguaglianza di nome e diversit di essenza (es. il cane,
costellazione e animale).
49
Cfr. pi oltre, commento a F15 I.P.
46

10

della VII Epistola, Platone aveva detto esser la prima forma della comunicazione della conoscenza
per ogni singola cosa50. Quanto si detto serve a dimostrare che anche il linguaggio doveva essere
per lui dominato dai soliti criteri di somiglianza e dissomiglianza posti a base dei sensibili, dal
momento che, nella gradazione posta da Platone, si rivela chiaramente un elemento di natura
sensibile. Ed notevole chegli venisse ancora citato per questo da Boeto, un peripatetico di et
augustea.
Ma c ancora un ultimo, essenziale problema. Pu Speusippo aver conosciuto le Categorie di
Aristotele, ed essersi opposto ad esse? E ancora Simplicio che ci illumina su questo punto, ma con
un cos dicono, j fasin, che rende incerta la sua citazione (In Arist. Categ.,p.29,5 Kalbfleisch
= fr.32b L.,14 I.P., 68b T.): a proposito del passo Categ. 1a 1-2, ove Aristotele sinterroga sulla
omonimia e sinonimia, cercando di mettere in rilievo il l goj, o la definizione concettuale, che
caratterizza le realt omonime e quelle sinonime51. La cronologia delle Categorie una delle cose
pi discusse nellambito della critica aristotelica; e, bench non manchino ragioni per ritenerla, con
Krmer, arretrata nellambito della produzione di Aristotele, la morte di Speusippo si colloca assai
presto per poter ritenere che si tratti veramente di una polemica circa lo stato dellopera come essa
giunta fino a noi52. E si tratta poi, veramente, di polemica, e non pu essere invece leco di qualche
commentatore che consideri insieme lopera di Speusippo e quella di Aristotele? Domande tutte alle
quali non possibile dare una risposta adeguata. Se non forse quella che anche per Speusippo il
primo atto dellargomentare era quello di distinguere fra di loro le realt omonime e quelle
sinonime, cio in definitiva compiere unindagine sui nomi, e per questa ragione egli stato
accomunato con Aristotele dai tardi successori di entrambi. Ma laccenno di Simplicio troppo
rapido per darci qualunque certezza sulla questione.
c) Etica.
Anche sulletica di Speusippo Aristotele a offrirci i dati pi precisi. Quanto egli dice nellEtica
Nicomachea, avendo apertamente o presumibilmente di mira nella polemica Speusippo, dimostra
soltanto che tutte le posizioni etiche degli Accademici, compresa la propria, si modellavano sulla
teoria platonica del mson, pur diversamente interpretandola. Anche nella teoria aristotelica
delletica il mson, intermedio fra eccesso e difetto, peroc e lleiyij, rappresenta nientaltro
che la virt, il coraggio fra la vilt e la temerit, la correttezza nel donare fra lavarzia e la
prodigalit e cos via53.
In Eth.Nicom. VII, 1153b 1 sgg. (=fr. 60a L., 73 I.P., 80a T.) Aristotele argomenta che il piacere,
in quanto si oppone al dolore, che un male, dovrebbe essere un bene, e che largomentazione di
Speusippo errata: egli viene a dire in sostanza che il pi si contrappone insieme al meno e
alluguale, cio che una realt pu avere due opposti. E in Eth.Nicom. X, 1173a 5 sgg. (fr.60b L., 74
I.P., 81a T.) riprende il tema, ma senza pi fare il nome di Speusippo, del piacere contrapposto al
dolore: non esiste solo la contrapposizione di bene e male, che renderebbe plausibile un
ragionamento quale quello speusippeo, ma esiste anche la contrapposizione di un male ad un altro
male. Aristotele ragiona in base a due differenti posizioni che intende entrambe contestare, quella
edonistica di Eudosso e quella antiedonistica di Speusippo. Che egli sia pi vicino a Eudosso che
non a Speusippo non inficia la sua posizione in merito alla non validit del ragionamento
speusippeo 54.
50

Platone, Epist.VII, 342b 1 sgg.


Cfr. Tarn, Speus.of Ath., p.408 , e C. Luna,Fragm. Speus., pp. 159-164.Per lespunzione di t j o saj dalla
citazione di Aristotele cfr.R.Bodes, Aristote, Catgories, Paris, Belles Lettres, 2001, p.2, e infra, F15.
52
Krmer, Platonismus hell. Philos., p.91 sgg., ha cos argomentato in base ad analogie con la dottrina di Senocrate
sulla sostanza; tuttavia si tratta pur sempre del successore di Speusippo.
53
Cfr. Krmer, Arete, pp.177-181, .341-347.;accettabile nonostante la rigidezza nellinterpretazione di Aristotele, che
va temperata.
54
E.Berti, Dibattito sul piacere, pp.135-158, fa notare questo, senza in sostanza negare la somiglianza fra Speusippo e
Aristotele circa la validit dello schema. Cfr. per Eudosso i frr.D 3-4, in .Lasserre, Fragmente Eudoxos..
51

11

Speusippo ha in realt condotto una polemica anti-eudossiana che probabilmente continuava


quella platonica del Filebo (a meno che la polemica platonica non sia adirittura da considerarsi
polemica antispeusippea, incentrata com sul concetto di kaqar don, piacere puro55). Il
piacere per lui un male in quanto incapace di raggiungere una realt compiuta e stabile, di
diventare una entit completa. Fra il piacere e il dolore, mali opposti, esiste quello che il bene vero
per luomo, lassenza di dolore, oclhsa, secondo un testimone tardo ma assai attento, Clemente
Alessadrino (Stromata II,122, p.186, 9 Sthlin =57 L., 83 I.P., 77 T.). Se pu esser dubitato che il
termine sia un primum dictum di Speusippo stesso (se ne trova gi qualche testimonianza fra gli
Epicurei, e di l pu averlo attinto Clemente56) , non pu esser messo in dubbio che questo sia un
primo tentativo di indicare agli uomini il vero piacere e la vera felicit, posto in uno stato neutro
ch lassenza totale di turbamento.
Ebbe Speusippo una sua autentica vita politica, o elabor mai dottrine politiche per suo conto? Il
catalogo, come si gi detto incompleto, che delle sue opere ci d Diogene Laerzio, porta titoli che
potrebbero far pensare a opere di teoria politica, come Polthj o Per nomoqesaj; ma nulla
sappiamo di esse. Ci restano due citazioni che potrebbero farci pensare ad alcunch di simile, come
quella dello stesso Diogene Laerzio, a proposito di Parmenide (IX,23= fr.1 L., 91 I.P., 3 T.), di cui
si dice che diede leggi ai propri cittadini, o quella di Clemente Alessandrino, dal Cleofonte
(Strom.II,4,19, p.122 St.= 2 L.,92 I.P., 4T.), ove vengono date definizioni simili a quelle di Platone
(a detta dello stesso Clemente) su concetti quali il regno, il re, la legge. Sulla prima, poco c da
dire, ma forse molto ci sarebbe se possedessimo lopera Il filosofo: Speusippo dava la sua
interpretazione dei filosofi antichi rivalutandone gli atteggiamenti pratici, e forse si contrapponeva
in questo ad Aristotele, il quale aveva invece una visione in termini teoretici della filosofia anteriore
a Socrate57. Sulla seconda, forse c da dire qualcosa di pi: Speusippo non si differenziava da
Platone nella lettera, ma nello spirito; il suo ideale del saggio come solo basile j ka rcwn era
ormai pi somigliante a quello dellottimo re del Minos unoperetta falsamente attribuita a Platone
- che non allideale di n r politik j (o basilik j) proprio di Platone nel Politico.58 Qui egli ci
appare, per quel poco che possiamo dire in proposito, del tutto dipendente e passivo rispetto alla
realt di fatto.
3. Le diverse interpretazioni dei frammenti.
Dellopera di Speusippo non abbiamo che poche parole in tutto: qualche espressione tipica,
qualche termine, un brano isolato di unoperetta di dubbia identificazione, forse (ma solo forse) una
lettera59. Tutto il resto, com stato del resto chiaro dalla nostra ricostruzione, lo dobbiamo a
citazioni di altri, che pur significative sono sempre citazioni. E una di quelle dottrine che
55

Cfr. il modo come, nel Filebo, Platone conduce la sua polemica, contro ambienti non lontani da lui come quello dei
Cirenaici,ma al contrario assai vicini e a lui strettamente legati. U.v.Wilamowitz- Platon, I, , pp.272-273, Taylor, Plato,
p.400 ssg., Friedlander, Plato, III, pp.339 e 540, e altri fra i pi illustri studiosi di Platone hanno fatto propria questa
ipotesi, che non in alcun modo da tracurarsi. Per lanalogia col termine duscreia usato da Aristotele cfr.
M.Schofield, Duscerej, pp.2-20, di cui si dir meglio pi oltre.
56
Epicuro, Epist. ad Menoeceum, in Diogene Laerzio, X,127, usa gi il termine, ma con significato limitato (oclhsa
to smatoj). Altrove (ancora Epicuro, fr.526 Usener) lo si trova usato come oclhsa t j yuc j. E, in sostanza,
un termine epicureo minore, che richiede una qualche specificazione. Nulla impedisce che sia stato Speusippo a usarlo
per primo in senso assoluto. Ed da notarsi che Clemente Alessandrino , in genere, testimone assai attento.
57
Per questo aspetto del Protreptico cfr. Jaeger, Aristoteles., p.80 sgg.,ma ancor pi in Ursprung und Kreislauf,
(larticolo, uscito nel 1928, si trova riprodotto in calce alla traduzione italiana, di G.Calogero, Firenze 1935, e alla
traduzione inglese, Oxford 1934, 1948, nonch in Scripta Minora, Romae 1960). Cfr. Protrepticus, fr.11 Ross (da
Giamblico, Protr.9, pp.49-52 Pistelli) con le presentazioni di Pitagora e Anassagora in chiave di vita teoretica.
58
Sul Minos, che ancora qualcuno ritiene autentico (cfr. ad es. G.R.Morrow, Platos Cretan city, Princeton 1960,
pp.35-39), cfr. Isnardi Parente, Una nota al Minosse pseudoplatonico, La Parola del Passato 9 (1954), pp.35-53; e pi
recentemente Storia filos.Accad., pp.156-157.
59
E la Epist. Socr. XXVIII (XXX Orelli) = fr.130 I.P., a Filippo il Macedone, che E.Bickermann e J.Sykutris,
Speusipps Brief an Knig Philipp, pp.1-86, attribuirono a Speusippo con successo; per dubbi rinati di recente cfr.
commento al frammento citato.

12

ricostruiamo attraverso la lettura meditata di una serie di frammenti, di varia origine e di diverso
valore. Dobbiamo vedere anzitutto quali sono le differenti tradizioni che ci rendono partecipi di
questa dottrina, e quali sforzi abbiamo dovuto fare per ottenerne una ricostruzione dinsieme.
Si detto prima che le pi importanti fra queste citazioni sono quelle del contemporaneo
Aristotele. Egli non a noi noto in realt in questa veste: lAristotele che noi possediamo, e sul
quale ben pi tardi si fonder ledizione del Becker, gi l Aristotele riveduto, corretto e messo
insieme da Andronico di Rodi, e come tale esso alla base di tutti i commenti tardo-antichi60.
Poich Aristotele nella Metafisica non cita quasi mai espressamente Speusippo (e mai, in assoluto,
Senocrate) fra i seguaci del maestro Platone ai quali intende contrapporsi, sono per lo pi i
commentatori che ci aiutano a scoprire Speusippo fra gli nioi o nel tij che parlano di cose
platoniche; e ci spiega quindi perch al nome di Aristotele, nella nostra come nelle altre raccolte,
seguano sempre quelli di Alessandro dAfrodisia, Aspasio,Simplicio e altri personaggi del genere,
quando lintento sia quello di individuare un singolo argomento.
Per esempio, si detto allinizio della nostra presentazone della dottrina di Speusippo che luno
appare per lui alcunch di amorfo e indefinito fino a che non riesca ad accordarsi col molteplice per
formare il numero. Qui ( F16 I.P.) Speusippo espressamente citato, e non abbiamo dubbi circa il
richiamo polemico. Ma non citato l dove ( FF25-26 I.P.) Aristotele afferma che (fr.35d L.,35
I.P., 46a T.) alcuni asseriscono che il bene e il male non sono nelle rca, ma solo nello sviluppo
progressivo dellessere; e, abbiamo visto sopra, il culmine di questo sviluppo si pu indicare nella
tetrj. E poco importa che altrove (Eth.Nicom. I, 1096c 5-7= fr.37a L.,31 I.P., 47a T.) Speusippo
venga citato esplicitamente per una posizione tendente a porre luno nella posizione del bene, n t
tn gaqn sustoicv; ci non vuol dire che luno sia di per s bene in quanto principio, ma solo
che luno si trova, nella divisione generale della realt, dalla parte del bene61. Ora, c un altro
passo della Metafisica che ci serve senza ombra di dubbio a identificare Speusippo fra quanti
attribuiscono a quello chessi chiamano il secondo principio la forma del pl qoj; ed N, 1091b
30 sgg. (fr.35a L.,32 I.P., 45a T.), ove si afferma che quello stesso che ha negato alluno la
caratteristica specifica di essere bene lo ha fatto proprio per la necessit di unire luno al
molteplice, in quanto la genesi si determina mediante la commistione di contrarii. E una prova
evidente che lo stesso Accademico indica alla stessa maniera due caratteristiche fondamentali del
reale: che luno non coincide col bene (come far, invece, Senocrate62) e che alluno si contrappone
come contrario il molteplice, formando la prima e fondamentale coppia di opposti.
Vi nella Metafisica un passo famoso, in cui sono prese in considerazione le varie forme che gli
Accademici hanno in uso a indicare il secondo principio. Tale passo( che nella mia raccolta del
1980 stato indicato solo assai sommariamente, mentre compare completo nella raccolta del 1982
dedicata a Senocrate63), N, 1087b 4-33: e in esso si fa menzione di quel problema che doveva
porsi come dominante e primario nellAccademia immediatamente postplatonica, forse gi negli
ultimi anni prima della morte del filosofo: che cosa deve intendersi, e di conseguenza quale nome
da darsi a ci che la fonte ultima del sensibile, ci che varia e non perennemente uguale a s
stesso? Fra le varie altre ipotesi, che non cesseranno di porsi, Aristotele dice che ad alcuni fra quelli
che fanno della lh un altro, teron, rispetto al bene e allessere sembra che questo altro sia da
identificarsi in particolare nella molteplicit, pl qoj ; e aggiunge che i numeri nascono per costoro
dalluno e dal molteplice (= fr.48b L.,32 I.P.,39 T.). Proseguendo nel discorso, ritorna su questi (b
26-33), e infligge loro una condanna meno grave che agli altri: essi hanno se non altro compreso
che non lo teron, ma il molteplice lopposto delluno, e quindi il loro errore meno grave sul
60

La storia della tradizione di Aristotele assai nota fra gli studiosi, e non vale la pena di fermarsi qui sul tema..
Cfr. il commentoa F31 I.P., infra.
62
Senocrate-Ermodoro, Frammenti, La Scuola di Platone III, Napoli 1982, ed.tr.comm. di M.Isnardi Parente, pp.3640; e vedi, nel commento, tutto ci che si riferisce alla interpretazione del Parmenide, di cui Senocrate forse il primo a
individuare lidentificazione delluno con lidea del Bene della Repubblica, poi divenuta luogo comune della tradizione
platonica
63
Cfr. Isnardi Parente, Speusippo, fr.82a (qui dato come F52), e Senocrate, fr.99; commento pp.330-333.
61

13

piano della logica. Qui Speusippo non citato, ma Aristotele parla di lui senza alcun dubbio, e gli
fa un notevole sconto nella sua critica.
Fra le testimonianze seguenti a quella di Aristotele ( i commentatori, tutti, anche Alessandro di
Afrodisia, che pur conosce ancora qualcuna fra le opere di Aristotele scritte quando questi faceva
ancor parte dellAccademia64, non sanno di Speusippo pi di quanto Aristotele non dica) vi la sola
di un contemporaneo, o quasi, di Speusippo, Teofrasto, che possa dirci ancora qualcosa di lui
direttamente. Ne abbiamo due testimonianze, tratte entrambe dalla Metafisica, operetta, o
frammento di opera , probabilmente scritta a spiegazione non della Metafisica di Aristotele quale
noi oggi la possediamo, ma di parte di essa, e non ci oggi facile comprendere di quale parte si
tratti65. Luna delle due parla di Speusippo solo in senso negativo, mettendolo insieme
genericamente con molti altri che del cielo, ossia della realt fisica delluniverso nel suo insieme,
non hanno dato una trattativa specifica (Metaph.11, VIa 23 sgg. Usener, p.6 Laks-Most = fr.51 L.,
58 I.P., 59 T.). Laltra, pi significativa, dice che Speusippo poneva t tmion, il valore, nella
parte centrale delluniverso, riservando alle due parti ultime gli estremi (32, XIa 19 sgg. Us., p.21
Laks-Most = 41 L., 40 I.P., 83 T.); ed stata oggetto di pi interpretazioni, a cominciare da quella
cosmologica, dal Ravaisson al Burkert, fino a che linterpretazione che Merlan d di Giamblico, De
communi mathematica scientia 4, p.15 sgg. Festa, non venuta a render pi difficili le cose66. L
dove si vedeva generalmente una allusione alla teoria pitagorica del fuoco centrale, che sarebbe
stata accolta da Speusippo, Merlan ha infatti sostituito uninterpretazione neoplatonizzante, volta a
vedere in Speusippo un uno non pi semplicemente ancora incerto nella sua qualifica di essere, ma
al di sopra del reale, pernw, come ci dice appunto Giamblico, principio supremo; il che
darebbe nuova luce allinterpretazione dello stesso frammento teofrasteo 67.
Dellinterpretazione del Merlan si dir pi oltre a suo luogo; essa stata, ed , molto seguita, e
non manca certo di validit entro certi limiti, come quando sottrae a Speusippo linterpretazione
puramente cosmologica per garantirgliene una ontologica in generale. E da contestarsi
semplicemente in quanto riguarda uno sviluppo discendente del reale, che non attribuibile a
Speusippo senza gravi fraintendimenti storici. La realt per Speusippo non discende da un principio
primo e supremo, ma si articola in pi forme ciascuna dominata da una coppia di principi, che
hanno fra di loro un rapporto di analogia; e da questo al neoplatonismo c un abisso. Cos il
tmion, il valore, pu trovarsi al centro del reale senza che per questo si debba sospettare una
discesa graduale dellessere: abbiamo gi visto sopra come si proceda in senso progressivo dalluno
iniziale alla tetrj per poi riassestarsi su valori inferiori al termine del processo68. In questo senso
il breve passo dellopera di Teofrasto pu acquistare per noi un valore altamente significativo.
Dopo Teofrasto, un lungo silenzio scende sullAccademia antica, per non ricominciare che con
Numenio, Giamblico, Proclo. Ci non fa meraviglia, e c solo da chiedersi che cosa possiamo
utilizzare per conoscere veramente Speusippo da questi tardi e indiretti suoi conoscitori. Di
Numenio, abbiamo una storia romanzata dell'Accademia, che per i primi autori di essa d una
visione alquanto pi esatta di quella data dal contemporaneo, o quasi, Diogene Laerzio: ci dice che
sotto Speusippo, Senocrate, Polemone cominci la prima divisione della scuola, e il primo effettivo
strazio dei principi platonici (De Academiae a Platone defectione, apd. Eusebium, Praep.Evang.
XIV,5,1 sgg.= test.1c L., Test.50 I.P., T20 T.: td streblontej) . Di Giamblico, possiamo far
fede al testo solo quando questo mostra di darci espressamente le parole di un testo speusippeo: il
caso del gi citato pseudo-giamblicheo Theologoumena arithmetices, che ci presenta uno Speusippo
in chiave pitagorica e filolaica; il De numeris pythagoricis (61 sgg., pp.82-85 De Falco) sarebbe uno
64

Come il De bono o il De ideis; cfr. in proposito P.Moraux, Aristotelismus II, pp.335 sgg., ma cfr. gi, dello stesso
autore, Listes anciennes, p.39.
65
Vedi la Notice a Thophraste, Mtaphysique, ed..Laks- Most, pp.IX-XVIII.
66
Cfr. Ravaisson, Speus.pr.princ., p.44, Zeller, Philos.d.Gr. II, I, p.1000; Frank, Plato sog.Pythagoreer, p.252, e cos
via fino a Burkert, Weish.Wiss., pp.305-306, nota 17. Di contro Merlan, From Plato to Neopl., pp.96 sgg.,110 .
67
Cfr. FF 49 e 59.
68
Cfr. quanto gi supra, pp. 7-9. Quanto allinterpretazione in termini etici data da Tarn, Speus.of Athens, p.448, cfr.
infra, comm.a F40.

14

scritto di Speusippo ricavato da un precedente scritto di Filolao da lui acquistato, il che foggiato
su una testimonianza gi precedentemente data su Platone, e non desta stupore69. Se non che a un
certo punto (p.83 De Falco) il nostro testo sembra costituire una citazione precisa: l dove parla
della perfezione del numero, e del suo culminare nei numeri che rappresentano la piramide, si ha
limpressione che lautore legga veramente qualcosa che ha di fronte a s, e non abbiamo motivi
plausibili per denunciare il carattere spurio della sua testimonianza.
Di Proclo, poi, abbiamo un curioso testo, pervenutosi in latino per la perdita del testo greco della
seconda parte del Commento al Parmenide, e in greco ricostruito dal Klibanski e dalla Labowski (In
Platonis Parmenidem comm., pp.38-40 K.L.= FF.30 I.P., 48 T.)70. Ci si pu chiedere che cosa
veramente di Speusippo ci dia questo testo,e la risposta negativa. Speusippo compare allinizio di
esso, narrans tanquam placentia antiquis, per poi introdurre la dottrina dei principi e la tesi che
luno da solo sarebbe incapace di generare alcunch di altro senza la interminabilis dualitas; ma
questa dottrina senocratea, avendo noi da Aristotele appreso che Speusippo poneva accanto al
luno, e giustamente, il molteplice, essendo il suo contrario. Non vi quindi ragione per ritrovare
alcunch di speusippeo nel breve nostro brano; se Proclo scriveva veramente come la traduzione di
Guglielmo di Moerbeke ci dice, egli non si faceva pi scrupolo nel confondere le diverse versioni
accademiche del secondo principio71. Quanto agli antiqui, non dimentichiamo che qui Proclo
che parla, e non Speusippo, e che gli antiqui si pongono in relazione al primo e non al secondo72.
4. Le raccolte esistenti.
Nel 1838 F.Ravaisson, studioso noto soprattutto per lo Essai sur la Mtaphysique d Aristote
(1837-1846), scriveva un De Speusippi primis rerum principiis, senza un vero e proprio intento di
comporre una raccolta, ma tuttavia apponendo tutta una serie di passi aristotelici a un suo breve
saggio sul pensiero speusippeo, il che d allopera ai nostri occhi il significato di un primo tentativo
di porre insieme quanto di Speusippo si sapesse73. In questo saggio gi troviamo una prima
interpretazione in chiave neoplatonizzante, curiosamente combinata con la fedelt ad Aristotele; a
p.9 il Ravaisson scriveva: nec fortasse absurdum, si quis prima hic tam celebratae a Neoplatonicis
pro dou initia deprehendere sibi videatur, e alla pagina seguente tornava il motivo del
progressivismo speusippeo in una singolare forma schellinghiana74. Linterpretazione neoplatonica
perci ben anteriore al 1928, anno dal quale la si fa partire con larticolo di E.Dodds di cui si dir
pi oltre75.
Per avere una prima organica raccolta degli scritti di Speusippo, occorre arrivare al 1911, anno in
cui P.Lang diede alle stampe il suo De Speusippi Academici scriptis. Accedunt Fragmenta76; nel
quale, fatta debita memoria di due autori precedentemente occupatisi di Speusippo, quali Fischer e
Zeller, ricordava anche F.A.Mullach, Fragmenta Philosophorum Graecorum, ma si affrettava a
dire che troppo mancava ancora alla nostra conoscenza di questautore perch non si avvertisse il

69

Per questa vedi .Swift Riginos, Platonica., pp.169-174, e Baltes, Platonismus II, p.223 sgg. La leggenda su Platone fu
usata in senso antiplatonico, e la sua origine sembra da ravvisarsi in Aristosseno, il discepolo filopitagorico e
antiplatonizzante di Aristotele.
70
Cfr., a proposito di questo testo, Isnardi Parente, Speus. in Proclo, , pp.293-310; poi in Supplementum Acad., cit.,
pp.282-294 (con alcune aggiunte). Rimando anche qui a F 30 infra.
71
Proclo, In Parm., p.38 K.-L..le unum melius ente putantes, cio la riattribuzione a Platone, consueta, che lUno
pi ricco di dignit rispetto allessere, posizione che si crede di leggere nella Repubblica e nel Parmenide interpretati
nella stessa chiave. Tutto ci ha ben poco a che vedere con Speusippo.
72
Vedi per questo Cherniss, in una comunicazione epistolare a me stessa, e Tarn, Speus.of Athens, p. 355.
73
Il titolo nella sua integrit, gi dato sopra, Speusippi de rerum principiis placita qualia videntur ex Aristotele,
Parisiis 1838.
74
Ravaisson, Speus.de rer.pr., pp.9-10.
75
Ma bene citare subito qui .Dodds, Parm.of Plato , che risale al 1928.
76
P.Lang, De Speus. Acad. script., gi sopra citato:; quella del Lang era una dissertazione tenuta a Bonn, come spesso
accadeva trattandisi di prime raccolte o di temi particolari. Ha avuto una ristampa fotostatica ad Hildesheim nel 1965.

15

bisogno di una edizione particolare di esso77. Coerentemente alle norme delle raccolte dellepoca,
Lang si attenne agli scritti di Speusippo, tralasciando le testimonianze di natura biografica, e
cominci da questi per compiere poi un confronto col catalogo laerziano, del quale denunciava la
provvisoriet e la mancanza di completezza.
La dotta trattazione del Lang, peraltro, non prende in considerazione se non quei libri di cui il
titolo ci rimasto, o pur sempre dato in qualche forma: nella sua introduzione non presa in
considerazione in alcun modo la produzione di tipo ontologico che Aristotele abbondantemente cita
e confuta nella Metafisica, e anche, abbiam visto, in un passo della Nicomachea, o laltra
produzione di carattere etico. Questi passi riguardanti Speusippo compaiono bens nella raccolta, in
una terza parte di essa, riuniti sotto il titolo Incertae sedis fragmenta e regolarmente suddivisi a
secondo degli argomenti; ma non ricevono dallautore nessun specifico commento78.
Prima di arrivare a vere e proprie raccolte di tipo moderno, con commento relativo a ciascun dato
di natura biografica e a ciascun frammento esistente, vi sono per pi studi sullautore di cui non
possiamo tacere. Essi sono serviti ad una certe interpretazione del pensiero di Speusippo che
sarebbe stata, senza di essi, impossibile.
Nel 1929 usciva il vol.IIIA della Real- Encyclopdie contenente la voce Speusippos di Julius
Stenzel. Per la prima volta si aveva cos la delineazione completa dellautore, nella sua indubbia
platonicit ma anche nella sua controversa e tormentata adesione al maestro. Per quello che
riguarda lontologia, Stenzel si atteneva particolarmente ai dati offerti da Aristotele, senza cercare
di interpretarli pi a fondo: anche l ove Aristotele fa di Speusippo quasi un antesignano dei due
principi potenza e atto, i soli che a lui veramente interessino e che ritenga tali, nel gi pi volte
citato passo di Metaph. N, 1092a 30 sgg., egli riprendeva fedelmente il punto di vista dellautore
senza porsi particolari problemi sulla validit del riferimento aristotelico79. Ma anche Stenzel dava
la pi grande importanza agli Omoia, non solo come opera in s stessa, ma in quanto la riteneva
offrire un importante criterio per il giudizio di tutta lopera di Speusippo nel suo insieme: essa era in
effetti dominata dal criterio `omoi thj- nomoi thj, il che rendeva la metodologia di Speusippo
strettamente unitaria con la metodologia diairetica del tardo Platone.Enota limportanza data dallo
Stenzel alla diaresij, oggi alquanto superata nel corso della critica80.
Nel 1953, molto dopo i suoi importanti saggi del 1934 su Philologus, Ph.Merlan scriveva il suo
From Platonism to Neoplatonism, riprendendo alcuni temi speusippei a lui cari (lo avrebbe riedito,
con aggiunte, nel 1960). In particolare la sua attenzione era attratta dal gi citato passo di Giamblico
De communi mathematica scientia, 4: sulla scorta di quanto gi fuggevolmente affermato dal Dodds
nel suo articolo del 1928, di cui stata fatta pi volte la citazione, Merlan riteneva che il passo di
Giamblico chiarisse definitivamente Aristotele, in quanto luno, per Speusippo, non essere, ma al
di sopra rispetto allessere, aprendo cos di lontano la via alla speculazione neoplatonica81. Tale
interpretazione ha avuto poi la sua continuazione in H.J.Krmer, soprattutto in Der Ursprung der
Geistmetaphysik, del 196482, in cui la figura di Speusippo divenuta quella di un precoce
neoplatonico, s che lo stesso Merlan ha dovuto prendere in proposito le sue distanze83.
77

Si veda Fischer, De Speus. vita, che risale al 1845. Molto noto ovviamente Zeller, Philos.d.Griechen II, I, pp.99
108. I Fragmenta Philosophorum Graecorum di F.A.Mullach, usciti nel 1881 in edizione Didot, erano lopera pi vasta,
sebbene farraginosa, di quanto si conoscesse allinizio del secolo in fatto di filosofia antica,
78
Cfr. Lang, Speus. script., p.61 sgg., di cui gli ultimi sono Varia Fragmenta; essi non riportano che le deduzioni
speusippee circa il nome di Platone e circa la sua nascita apollinea, vedi infra, fragm. 2, p. 26. Seguono Epigrammata,
fra cui una brevissima testimonianza dallIndex Academicorum.
79
Stenzel, Speusippos, col. 1661 sgg.
80
Si vedano in particolare, fra le opere riguardanti Platone, Stud. zur Entw. (ristampata poi da K.Gaiser, Darmstadt
1961); e Zahl und Gestalt bei Platon und Aristoteles, Leizig-Berlin 1924, 1932 (anchesso ristampato dal Gaiser,
Darmstadt 1959).
81
P.Merlan, From Plat to Neopl.;p.120 sgg.; le osservazioni sul Commento al Parmenide non compaiono che nel
secondo volume, pp. 130-133.
82
H.J.Krmer, Urspr. Geistmetaph.; cfr. anche il profilo di Speusippo dato in Aeltere Akademie, in H.Flashar,
Grundriss , pp.24-38.
83
Ci soprattutto in Der Ursprung der Geistmetaphysik, Philosophische Rundschau 15 (1968), pp.97-110.

16

Dopo la sobria e sintetica, ma precisa, voce Speusippos a cura di Heinrich Drrie del 1965, su
Kleiner Pauly84,due raccolte moderne dei frammenti di Speusippo sono alfine uscite nel 1980 e nel
1981, quella di M.Isnardi Parente e quella di L.Tarn. Si tratta di due opere assai diverse fra loro,
che hanno in comune solo la negazione dellinterpretazione neoplatonica di Speusippo, pur sentita e
vissuta dai due autori in maniera assai differente85. La prima delle due raccolte stata seguita da un
Supplementum Academicum destinato a rivederne alcune impropriet e a colmarne alcune lacune86.
La raccolta di L.Tarn si presenta pi completa sotto laspetto filologico, e costituisce una vera e
propria edizione critica dei testi offerti; ci non era nelle intenzioni dellautrice della prima raccolta,
che si limitava a presentare quei testi con scarse note di chiarimento l dove si verificava la
possibilit di un cambiamento di significato. Questo stato chiarito, contro le obiezioni di alcuni
critici, nel Supplementum, e viene qui riveduto. Ma ci che diversifica fra di loro maggiormente le
due raccolte la diversa interpretazione dei testi che in esse sono compresi. Tarn dominato
dalla volont di liberarsi dellinfluenza di Aristotele, cos come lo erano Merlan e Krmer, ma in
senso diametralmente opposto rispetto al loro. La dottrina dei principi per lui una mera
speculazione di Aristotele, e non in alcun modo un tentativo dei discepoli di Platone di porre un
ordine ai principi speculativi del maestro. Questa la differenza fondamentale che separa fra loro
le due raccolte di frammenti speusippei.
Se il concetto fondamentale di Speusippo il numero, ragiona Tarn, non esiste una differenza fra
numeri e principi, principio potendosi dire solo la realt minimale che si pone allinizio di una
certa serie numerica. Quindi non esiste un uno che sia anteriore alluno numerico, e i due
principi unit-molteplicit si identificano immediatamente con il numero uno e la molteplicit
definita87. La relazione che si pone fra i numeri e le altre realt , inoltre, del tutto concettuale, ed
solo in tal senso che i numeri vengono detti da Aristotele trascendenti rispetto alle altre realt: non
c traccia alcuna di derivazione o emanazione nella dottrina di Speusippo. N c traccia di una
dottrina dellanima del mondo, perch il mondo si muove di un movimento puramente
meccanicistico88.
Si pu quindi affermare che per Speusippo la realt si fonda su una biological Analogy, su di uno
sviluppo nel corso del quale il bene e il bello emergono gradualmente. Il bene, secondo Tarn, si
identifica s per Speusippo con lindivisibile, ma non con luno, ed questo un difetto del suo
pensiero, in quanto luno rappresenta la totale indivisibilit. Ci ha un immediato riflesso sulletica,
giacch in essa i piaceri e i dolori sono considerati come mali, in quanto realt implicanti forme di
divisibilit e indefinitezza89.
Tarn ricorre allo pseudo-Giamblico, e cio alla testimonianza sul Per puqagorikn riqmn,
per giustificare questa sua interpretazione speusippea, con un notevole sforzo, perch lo pseudoGiamblico usa la parola rca nel senso improprio di prata o limiti90. Ma soprattutto in
difetto nellinterpretazione di Aristotele: il quale ha certamente forzato i termini della questione,
ma si sforzato di dare una sua interpretazione su di un dibattito effettivamente esistente
nellambito dell Accademia antica, quello che pone gli accademici tutti, e non il solo Speusippo, di
84

H.Drrie, Speusippos, KP V, 1975, coll.304-306. Drrie considera con grande ponderatezza la Vita di Diogene
Laerzio, precisando approssimativamente lanno della fondazione dell Accademia come il 385 a. C. Considera, sulla
scorta del Bickermann, autentica la Lettera XXVIII ( XXX Orelli); cfr. F 130 infra.
85
Cfr. i gi pi volte citati M.Isnardi Parente, Speusippo, Frammenti, e L.Tarn, Speus. of Ath.; la differenza
dimpostazione critica fra le due raccolte sar spesso messa in evidenza nel corso del commento.
86
Supplementum Academicum,.1995, pp.250-311.
87
Tarn, Speus. of Ath., pp.35, 45, 301, 313 (il primo principio, luno, non si distingue dal numero uno); pp.39, 331 (il
molteplice pari a quella molteplicit definita che propria di ogni numero); pp.52, 55, 317 (laffermazione che i
numeri sono entit puramente concettuali).
88
Tarn, Speus. of Ath., pp. 48, 386-88. Ma egli stesso riconosce che non avendo grandezza per Speusippo non
sonophysical magnitudes e sono quindi incapaci di generare movimento.
89
Cfr. ancora Suppl. Acad., p. 270 sgg.
90
Cfr. per questo quanto gi osservato altrove, Isnardi Parente, Suppl.Acad., pp.276-77: Tarn compie qui una
confusione fra prata, numero che alla base di un concetto di grandezza come suo punto dinizio, e rc vera e
propria. Ma bisogna considerare che su questa confusione si regge tutta la sua interpretazione.

17

fronte alla teoria di Platone nei suoi ultimi sviluppi. Aristotele,insomma, non inventa egli stesso la
dottrina dei principi. E quando Aristotele ci dice che tutti gli Accademici erano in cerca del modo
specifico come definire quel secondo principio su cui Platone non aveva mai dato una definizione
precisa, ravvisandolo di volta in volta o nel grande-piccolo, o nel disuguale, o nell altro, o nella
diade indefinita, e pone fra di essi il nostro filosofo come sostenitore della forma molteplice
desunta dal Parmenide e liberamente reinterpretata (ancora il passo Metaph.N, 1087b 4 sgg.), egli
non parla di un molteplice definito, ma di quello che, da Platone in poi, la seconda, e mutevole, e
suddivisa forma dellessere: quello che poi metter capo a una realt definita una volta raggiunto
un primo ordine, nel nostro caso, appunto, i numeri.
In alcuni casi la nascita di questo Speusippo pre-moderno, con tendenze decisamente scientifiche,
nasce dalle attribuzioni fatte gratuitamente allautore. E il caso della dichiarata mancanza di una
teoria dellanima del mondo, e dellattribuzione a Speusippo di Aristotele, De motu animalium
699a 12-14, ove Aristotele parla, senza nominarlo com spesso suo costume, di un autore che
avrebbe visto la causa del movimento della terra in due punti, privi di grandezza ma dotati di
d namij91. La teoria del Merlan, che vide nella definizione dellanima data dal nostro autore una
prosecuzione della teoria dellanima del mondo del Timeo di Platone, viene del tutto soppiantata da
questa attribuzione basata sul semplice fatto che Speusippo avrebbe sostenuto la teoria del punto
come dotato di sostanza ma non di grandezza. Il che mi sembra assai poco per garantire la esattezza
dellattribuzione: che il punto fosse sostanziale era teoria generale dei Pitagorici, anche se non
sembra esserlo stato di Platone92; che il punto fosse poi altra cosa rispetto alla grandezza era teoria
professata generalmente, o quasi.
Chi ci rid uno Speusippo metafisico, sulle orme di quello del Merlan, infine Dillon, che nelle sua
ultima opera (Heirs of Plato) riprende il tema dellAccademia con una serie di brevi ed efficaci
monografie93. Speusippo il filosofo che ha affermato lUno assoluto, ma accanto allUno anche il
molteplice o la diade indefinita, come attesta un passo di Proclo, Commentarium in Parmenidem,
nella traduzione latina di Guglielmo di Moerbeke, ed. 1953 Klibanski-Labowski. Il passo, che
vedremo appositamente a suo luogo, appare al Dillon centrale per la caratterizzazione di Speusippo,
e di ci andr tenuto debitamente luogo.
Abbiamo infine una ulteriore precisazione in E.Theys, Speus.of Ath., nella Continuation di
Jacoby, Fragmente der Griechischen Historiker(1998)94.Essa si riferisce non a tutte le
testimonianze su Speusippo, ma in particolare ad alcune di carattere biografico, su Parmenide o su
Platone, in coerenza con il carattere (Biography) del volume in cui inserita; e costituisce una
ulteriore messa a punto critica e soprattutto bibliografica. Latteggiamento della Theys
particolarmente critico nei riguardi di posizioni troppo particolarmente tese a proclamare la
propria preferenza per una soluzione definita; ma ci non toglie chesso non lasci qua e l posto
per una risposta positiva. Si vedr ci pi nettamente nei singoli passi presi in considerazione.
Ci troviamo quindi di fronte, sulla base di pochi frammenti riconosciuti, a una serie di
interpretazioni in chiave del tutto differente; tra le quali le pi responsabili e meditate non possono
essere se non quelle che tengono conto non solo della singola posizione di uno Speusippo visto in
chiave propria e del tutto indipendente, ma della posizione particolare che lega il nostro autore, pur
nella sua originalit, a Platone e al dibattito intorno al suo insegnamento.

91

Tarn, Speus. of Ath., F 62, pp.386-388. Vedi anche qui Isnardi Parente, Suppl.Acad., p.280.
Almeno stando a Metaph.B, 992a 20 sgg., in cui si dice che Platone non considerava il punto altro che un
gewmetrik n d gma e che fu iniziatore di fatto a Senocrate della teoria delle linee indivisibili..
93
J.Dillon, Heirs of Plato, per Speusippo pp.30-88; cfr. infra, F 30.
94
In FrHistGr. Continued, part Four (Biographian and Antiquarian Literature), IV A (Biography), fasc.1, pp.218-237.
92

18

5. La raccolta attuale.
La raccolta attuale delle testimonianze e dei frammenti (se tali possono chiamarsi) di Speusippo
la seconda cui lautrice si accinge. Essa risulta del tutto diversa dalla prima raccolta, pur ripetendosi
chiaramente in essa i criteri interpretativi gi usati in passato.
Ho parlato dubitativamente di frammenti. Infatti, pur essendomi decisa a segnare una differenza
fra le testimonianze di natura biografica e quelle di natura teorica, mi rendo conto pur sempre che di
frammenti in senso proprio non possibile parlare. Si tratta in ogni caso di osservazioni fatte da un
altro autore sullautore considerato; solo forse nel caso del Dei numeri pitagorici ci trovamo di
fronte a una pagina speusippea. Se si accetti la tesi di E. Bickermann e J.Sykutris dellautenticit
dellEpistola a Filippo (oggi accettata, pur con un atteggiamento pi soffice, da Natoli, Letter to
Philip, del 2004), ecco che unaltra importante opera dinsieme, e questa volta non un semplice
frammento, viene ad accrescere la nostra conoscenza dellautore. Questo, pur essendo probabile, e
in questo caso sarebbe assai importante, tuttaltro che certo; una felice ipotesi basata
sullapparenza di autenticit che la lettera presenta, ma nulla toglie, in assoluto, al fatto che essa non
possa essere anche opera di un assai abile falsario.Tuttavia esiste, come Natoli afferma, una likely
Proof of authenticy, della quale in questo caso dobbiamo contentarci95
A parte la divisione fra testimonianze e frammenti, essi sono qui reperibili in una forma diversa
rispetto alla precedente edizione, e cio corredati di un maggiore apporto filologico. La mia
convinzione continua ad essere quella che si pu fino a un certo punto presentare in maniera
filologicamente completa una raccolta di autori cos diversi fra loro come quelli che insieme
concorrono a formare la raccolta: basti pensare alla differenza fra le molte edizioni moderne di
Aristotele e la sola ed unica edizione della maggior parte dei commentatori, in cui molto sarebbe da
rivedere e precisare. Chi potrebbe confrontare fra di loro ledizione aristotelica della Metafisica ad
opera, poniamo, di W.Jaeger e ledizione di Aspasio o del Filopono, o la stessa di Simplicio del
Kalbfleisch, per non dire quella della Fisica del Diels, come uscite dalla stessa opera di
consultazione e di critica dei manoscritti? 96 Tuttavia bisogna pur sempre indicare, in ogni caso, il
massimo raggiunto, e questa edizione si ripromette di fare qualcosa di pi di quanto non sia stato
gi fatto in precedenza a tale proposito. I testi dei vari autori consultati sono indicati di seguito a
questa introduzione.
La diversa forma delle due edizioni non si limita a questo. In questa nostra edizione elettronica
dei vari testi in questione data solo lindicazione; essi sono tutti facilmente reperibili al lettore, e
possono essere consultati direttamente. In questo senso lindicazione delle edizioni moderne di essi
offerta dallindice delle fonti essenziale. Rispetto al primo commento a Speusippo, il commento
contiene, o cerca di contenere,tutti i risultati pi rilevanti della ricerca speusippea degli ultimi
venticinque anni..
Non mi resta, da ultimo, che ringraziare il collega prof. Tito Orlandi per avermi data la possibilit
di questa pubblicazione.

95

Cfr. Natoli, Speusipps Letter to Philipp II, in part. p.19.


La stessa edizione dellIn Aristotelis Physicorum libros di Simplicio, compiuta dal Diels, appare oggi (come, del
resto, varie altre dei CAG) da sottoporsi a nuova revisione critica. Cfr. L. Tarn, The Text of SimpliciusCommentary on
Aristotle Physics, in Simplicius: Sa vie, son oeuvre, sa survie, Coll.Intern.Paris 1985, ed. Ilsetraut Hadot, Paris 1987,
pp.246-266.

96

19

Margherita Isnardi Parente


SPEUSIPPO. TESTIMONIANZE E FRAMMENTI

COMMENTO

Test. 1. Philodemi ,Vita Speusippi Herculanensis (1)


Col.VI, p.135 136 Dorandi
29 par/ato (Pltwnoj) labn Bucheler
30-32 t/osaj naqenai fhsn Mekler Jacoby Isnardi Tarn
32-33 sic Jacoby Isnardi Dorandi , ka kaqecosaj Mekler, Tarn 38 scen dh t mlh dialuqnta Mekler
Jacoby Isnardi Tarn, ecen d t rqra di/ suggnmen paraluqnta Gaiser; paraluqnta solum Dorandi
VII, 12, p.136-137 D. prokrin(s)i tn Mekler Jacoby Isnardi Tarn
T 9-10 p.135 D. integravit Mekler
XV, 16 , p.147 D. Pltwnoj o Gigante

Speusippo da lui (Platone) ebbe in eredit(2) la scuola quando era gi malato. Filocoro ci dice che
Speusippo edific le immagini delle Grazie quando gi era a capo dellistituzione(3), immagini
sulla quali stava scritto: queste immagini delle dee Cariti Speusippo dedic alle dee Muse,
offrendole in dono a contraccambio delle loro rivelazioni.(4). (Dice) che aveva gi le gambe
paralizzate(5); e scrive che tenne lo scolarcato per otto anni. I giovani (6), mettendo ai voti la scelta
di chi dovesse guidarli, elessero Senocrate di Calcedone, giacch Aristotele era gi partito per la
Macedonia; Menedemo di Pirra e Eraclide Pontico furono vinti per pochi voti; Menedemo dopo
poco apr unaltra scuola. Gli Accademici si dice che avessero scelto Senocrate perch amavano la
sua saggezza; Speusippo invece aveva lanimo alquanto iroso di quelli che non sanno dominarsi, e
aveva perduto le gambe perch era stato debole nei confronti dei piaceri (7).
Scrisse di lui Diodoro ( che, sebbene facesse storia sotto Teofrasto, proveniva da Speusippo)(8),
che egli era di una natura acre e di una grande memoria, s che non si occup solo di cose ordinarie
ma parl di tutto esaurientemente (9).
(Arcesilao) dicevadi avere appreso tutto da Platone, non da Speusippo o da Senocrate(10)
1) Cfr. in proposito Dorandi, Philod. Vita Herc, p.39 sgg. La Vita, ripresa poi da Filodemo e
Diogene Laerzio, costruita sui dati di Filocoro, lattidografo del III secolo, e integrata (col.T)
dalle memorie di Diodoro: per lattribuzione della col.T a Speusippo cfr. Gaiser, Academica,
p.118 sgg, e 453-458; Gigante, Polemon, p.15; Dorandi, Vita Herc., pp.40 e 225-226.
2) Di Speusippo si parla gi probabilmente nellaccenno al Pltwnoj perdeipnon (col.VI,10a12a) ma solo per citare alcuni Accademici che venivano ivi nominati; la congettura di W.
Crnert (cfr. fr.153 Isnardi Parente) non pi accolta dagli editori successivi. Ricevette per
successione, ci che indica di per s il verbo diedxato; chi ha scritto la vita di Speusippo non
parla quindi di elezione, ed probabile che una elezione di Speusippo non ci sia stata, ma egli
abbia ricevuto lAccademia per semplice successione da Platone. Filodemo e poi Diogene
Laerzio ripetono senza commentare. Nosn indica che Speusippo si trovava gi in condizioni
precarie di salute, ed stato letto da Gaiser e accettato da Dorandi. .
3) LAccademia (fondata da Platone presumibilmente dopo il suo primo ritorno dalla Sicilia, verso
il 380, nella sede dedicata in precedenza alleroe Academo o Ecademo, Diogene Laerzio,III, 7-8)
la pi ampiamente trattata fra le scuole antiche. In quanto prima vera scuola dellEllade, stata
modello di organizzazione alle altre: al Liceo prima di tutto, sua diretta filiazione, e poi alle
ellenistiche, anzitutto al Kpos. Wilamowitz, Antigonos von Karistos. Excurs 2, Die recthliche
Stellung der Philosophenschulen, p.281 sgg., ha sostenuto la sua realt di associazione cultuale o
tiaso delle Muse, e ci stato precisato sotto laspetto giuridico da F.Poland, Geschichte des
griechischen Vereinwesens, Leipzig 1909, pp.206, 209, 250. P.Boyanc, Culte des Muses , in

Pag. 2 - Commento
part. p.249 sgg., ma passim per tutta lopera, ha sostenuto ampiamente la tesi del Wilamowitz,
descrivendo in termini prevalentemente religiosi lo sviluppo dellAccademia. Ma che ad essa sia
da darsi la struttura del tiaso e la personalit giuridica di unassociazione cultuale stato
messo in discussione da studi pi recenti, che riprendono alcune obiezioni gi avanzate a suo
tempo da .Gomperz (Die angebl plat. Schulbibl., 1889): cfr. per questo soprattutto:Lynch,
Aristotles School, e di seguito Glucker,Antiochus and the Late Acad. Lynch sostiene in primo
luogo che si sia equivocato sulle condizioni giuridiche del periodo: la situazione giuridica in
Atene era abbastanza fluida da consentire ad una associazione filosofica di sussistere senza dover
per questo assumere la configurazione di una corporazione religiosa; quanto alla presenza in essa
di un tempio dedicato alle Muse (mouseon), ci si spiega gi per la sua precedente funzione di
ginnasio, essendo il culto delle Muse collegato alla musica e allistruzione primaria in cui questa
aveva gran parte.
Su questultimo punto vi senzaltro qualcosa da dire in particolare: lIndex ci parla di uno
Speusippo katconta t mouseon, a capo, alla direzione del tempio delle Muse, compiendo
quasi una sorta di identificazione fra questo e la scuola, ch tuttaltra cosa dal mouseon
dellAccademia come il Lynch vorrebbe, portando cos un sostegno alla centralit, in essa, di un
culto delle Muse. Quanto alle Grazie, a parte la tradizionale associazione cultuale Muse-Grazie ,
o Cariti ( A.Furtwngler, s.v. Charis, Chariten, in Roscher-Lexicon fur Mithologie I, 1884-86,
coll.873-884; J.Escher, Charites, in Real-Encycl.III,2, 1889, coll.2150-2167, in particolare per il
culto delle Grazie nellAttica col.2154-55), vi sono motivi di accentuazione del culto allinterno
della stessa tradizione socratica: una tradizione raccolta da Diogene Laerzio, Pausania, Plinio,
Suida attribuisce a Socrate, nella sua attivit giovanile di scultore accanto al padre Sofronisco,
limmagine delle Cariti esistente in Atene sullAcropoli (D.L. II,19; Pausania, Perieg.I, 22,8;
Plinio, Nat.Hist.XXXVI, 32; Suida, s.v. Socrates, IV, p:403 Adler). Il riferimento di Scholia in
Aristoph.Nubes, v.773, serve forse a spiegare la singolare espressione che Aristofane mette in
bocca a Socrate ( un giuramento alle Grazie, n tj Critaj) insolito in un cittadino attico, ma
che trova un riscontro nel prj Cartwn che fa esclamare a Socrate Platone, Theaet.152c. E
lassociazione Grazie-Muse torna del resto nel dialogo platonico, cfr.Leges III, 682a.
I motivi giuridici di dare alla scuola la forma di unassociazione cultuale non mancano certo, e
rimando per questo a .Isnardi Parente,Accademia platonica, pp.350-378, in part. 368 sgg. Essi
riguardano in particolare la posizione dello scolarca straniero in Atene o meteco, che dovette
verificarsi assai presto dopo la morte di Platone e Speusippo, con lelezione di Senocrate; il
quale difficilmente avrebbe potuto porsi a capo di una propriet comprendente anche una
porzione di territorio, acquistata dallo stato. Forse perci da spostare a Senocrate questa
iniziativa, essendosi la scuola trasmessa a Speusippo in forma naturale per la sua stretta relazione
di parentela con Platone ( anche se a questo riguardo i problemi non mancano, essendo il legame
giuridico con Platone di natura femminile; cfr. il testamento di Platone, Diogene L. III,44, in cui
lAccademia non nominata, e che reso in favore di Adimanto il giovane, figlio di un fratello).
In ogni caso il problema sussiste, n va sottovalutato, o considerato inesistente. Per Tarn, Speus.
of Ath:, p.9, non ha rilevanza un simile problema, essendo lAccademia una istituzione privata,
il che non ci detto da alcuna parte, a prescindere dal fatto che privato epubblico hanno una
diversa accezione nel caso che si riferiscano al mondo antico o al mondo moderno
(lassociazione privata rischiava troppo di avvicinarsi alleteria politica, e i motivi per voler
evitare la cosa dovevano essere pi che evidenti in Platone e nei suoi). Il parere di Tarn ha fatto
peraltro scuola: da ultima si associa a lui la Theys, Speus.of Ath., p.218.
4) Lestratto di Filocoro va fino alla l.38 del testo. Il testo proposto dal Gaiser pi verosimile;
le immagini che ancora vi sono, come fu ipotizzato dal Mekler e per lo pi seguito dagli altri
editori, non tiene conto di fatti come lincursione macedone del 200 e lassedio di Silla.
5) Il passo cui appartiene dialuqnta lacunosissimo. Si capisce che si riferisce alla paralisi di
Speusippo, e non escludo la mia precedente integrazione, desunta dal Mekler.

Commento - Pag. 3
6) E la prima volta che si parla apertamente di elezioni in seno allAccademia. Neanskoi sono
qui i membri pi giovani dellAccademia, cui erano contrapposti i presbteroi e i
presbtatoi (Gaiser, Academica, p.466); vorrebbe forse dire che la scelta di Senocrate fu
voluta dai pi giovani della scuola? In ogni caso, Aristotele era assente perch presso Filippo,
per leducazione di Alessandro, in Macedonia, Menedemo di Pirra e Eraclide del Ponto furono
superati di pochi voti; ci sembra sia stata per Menedemo loccasione di abbandonare la scuola;
Eraclide lo troviamo pi tardi fra i discepoli di Aristotele. La podhma di Aristotele bene
scelta: il motivo della sua assenza determinato anche da Ermippo (Diogene L. V, 2).
7) Sembra di poter oggi leggere ttwn genmenoj; ma il resto della frase appare ripetizione di
quanto gi detto; o dobbiamo leggere diversamente il dialuqnta di pocanzi? Cfr. anche
Diogene Laerzio, IV, 1.
8) Il testo si riferisce probabilmente a un Diodoro discepolo di Speusippo, a noi peraltro ignoto; cfr.
Gaiser, Academica, pp.24 e 454, ove fa il rimando a col.XXXVI, 16 (p Pltwnoj). Le
precedenti integrazioni avevano valore temporale (cfr. Crnert, berlieferung, p.356); accetto
oggi, con Dorandi (p.225), il significato dato ad essa dal Gaiser. Questo inserto di Diodoro va
probabilmente posto dopo le notizie principali su Speusippo orora viste; unaggiunta di
Filodemo copiata dallo scriba sul verso del papiro (cfr.ancora Dorandi, p.225).
9) Gaiser (pp. 188, 456) ricostruisce ancora [t par] toj P[uqagoreoij], assai incerto peraltro,
pur avendo Speusippo accettato molto dalla scuola di Pitagora.
10) Si parla qui di Arcesilao; Speusippo nominato solo allo scopo di mostrare lindirizzo della
scuola dominante fin da lui e Platone stesso. Accetto il non di Gigante.
Test.2 Diogene Laerzio, Vitae Philosophorum, IV, 1-5
:
IV,1, 2 dieilsasi BP, dieilosi F
3 d delevit Dorandi, mn emendavit P
4 tn d dmon B uj d n , j n uj BF , n uj P
5 n tei B
9 kundion a, kunrion f
2,4 tn sofan F , tn filosofan kP
11 Kainej , 'Idomenej dub.Jacoby, 'Afarej Gigante
3,7 metllaxe BP , dillaxe F
8 qannta Richards
4, 3 Per filosofaj an filosfwn ? dub. Long
5 emorfteron Marcovics
Grllon fr. , glaon B, glon F, gllon P
5,1 Arstippojdelevit Menagius
10, dilogoi delevit Tarn
4 Mkb/ doe / Ritschl kbm/ gdoe/ BrcP mg/ kb/ d oe/ F kb/ doe/ Taran, Dorandi om B Stcoi m(uridej) Marcovics
10 Timwndhj Westermann Simwndhj codd
12 te ka Bwnoj delevit Mueller

Queste son tutte le notizie che abbiamo potuto raccogliere circa Platone, dopo aver fatto accurato
esame di ci che di lui si racconta. Gli successe Speusippo, figlio di Eurimedonte (1), ateniese, del
demo di Mirrinunte; era figlio della sorella di Platone stesso, Potone. Fu a capo della scuola per otto
anni, a cominciare dalla olimpiade 108 (2). Pose statue dedicate alle Cariti nel recinto sacro alle
Muse che Platone aveva costruito nellAccademia (3). Si mantenne fedele alla dottrina stessa di
Platone (4), ma non serb fedelt ai suoi costumi; era, infatti, proclive allira e debole di fronte al
piacere (5). Si racconta che in uno scatto dira gettasse nel pozzo il suo cagnolino, e che per suo
piacere andasse alle nozze di Cassandro in Macedonia (6).
Si dice che fossero sue discepole Lastenia di Mantinea e Assiotea di Fliunte, che erano state anche
discepole di Platone (7). In quel tempo, Dionisio gli scriveva con sarcasmo:Dalla tua discepola
arcade lecito apprendere la tua sapienza: Platone esentava da tributi tutti quelli che partecipavano
alla sua scuola, ma tu esigi tributi da tutti, che lo vogliano o no.
Diodoro (8), nel libro I dei Commentarii, dice che intu il fondo comune delle discipline, e che
tent di metterle in rapporto le une con le altre. Per primo, a quanto ci dice Ceneo (9), rese noti

Pag. 4 - Commento
quelli ch Isocrate chiamava i segreti. E fu anche il primo a inventare il modo con cui fabbricare da
fuscelli cesti facilmente portabili (10).
Sul punto di morire, ormai completamente immobilizzato dalla paralisi, fece chiamare Senocrate,
invitandolo a venire a raccogliere la successione della scuola (11). Si narra che un giorno che
veniva portato allAccademia in una lettiga a rotelle incontrasse Diogene, e gli dicesse:salute!; e
che Diogene gli ripondesse.non posso dire altrettanto a te, che ti ostini a rimanere in vita in quelle
condizioni (12). Finalmente, in estrema vecchiaia, preso da sconforto, pose volontariamente fine
alla sua vita.
Gli abbiamo dedicato un epigramma:
Se non avessi saputo che Speusippo mor in tal modo,
mai alcuno mi avrebbe persuaso a dire
che era legato a Platone per sangue; non doveva
morire cedendo a sconforto, per causa s tenue.
Nella Vita di Lisandro e di Silla, Plutarco racconta che mor di morbo pediculare (13). In realt il
suo corpo era minato dalla dissolutezza, come ci dice Timoteo nel suo Delle vite. Lo stesso
Timoteo ci racconta che, a un ricco innamoratosi di una donna brutta, avrebbe detto: che te ne
fai? Te ne trovo io una pi bella, per dieci talenti.
Lasci moltissimi commentarii e parecchi dialoghi (14). Tra di essi si possono enumerare:
Aristippo di Cirene, Della ricchezza I, Del piacere I, Della giustizia I, Della filosofia I,
Dellamicizia I, Sugli di I, Il filosofo I, A Cefalo I, Cefalo I, Clinomaco e Lisia I, Il cittadino I,
Dellanima I, A Grillo I, [Aristippo I ], Confutazione delle arti I, Dialoghi ipomnematici,
Dellarte I, [Dialoghi] sulla scienza dei simili I-X, Divisioni e ipotesi sui simili, Esempi di
generi e specie, Contro lorazione Senza testimoni , Encomio di Platone, Lettere a Dione,
Dionisio, Filippo, Della legislazione, Lo scienziato, Mandrobulo, Lisia, Definizioni,
Commentarii distribuiti in ordine.
Tutto questo nel suo insieme fa righe 224.075.
Timonide (15) dedic a lui la storia delle imprese di Dione [e di Bione].
Favorino (16) racconta, nel libro II dei Commentarii, che Aristotele compr tutti i suoi libri per tre
talenti.
C, infine, anche un altro Speusippo, di Alessandria, un medico della scuola di Erofilo.
1) Eurimedonte, padre di Speusippo, a noi ignoto, giacch non sembra lecito identificarlo
con lomonimo citato nel testamento di Platone (Diogene L.,III,43) come fu tentato da Fischer,
Speus. Ath. Vita, p.8. Quanto a Potone, sorella di Platone, lincertezza sulla sua posizione nella
serie dei fratelli: Platone stato creduto a lungo il primogenito di Perittione, dato il racconto
speusippeo della nascita apollinea (cfr.infra, F 121) ma Wilamowitz, Platon I, Berlin 1919, p.35
sgg. e K.v.Fritz, Periktione (1), Real Encycl. XIX,1 (1937), col.794, hanno dimostrato che ci non
un motivo sufficiente per ritenere valida questa notizia; Platone, sulla base di Apol.Socr.33c-34a,
appare sicuramente minore dei fratelli Adimanto e Glaucone. Incerto se Potone debba considerarsi
lultima, come vogliono Stenzel, Speus., col.1636, e oggi Tarn, Speus. of Ath., p.176, o intermedia
fra Glaucone e Platone, come vorrebbe Merlan, Biographie, p.199. La data di nascita di Speusippo
non si posta di molto per questo, 408 a.C, o al pi 410.
2) Lolimpiade 108 va dal 348 al 344 a. C., quindi linizio della direzione della scuola nel 348-47,
data della morte di Platone. Tarn, Speus.of Ath., pp.7, 176-177, 209-210, ha supposto per che
ci sia stata una pausa fra lo scolarcato di Speusippo e quello di Senocrate, il quale fu eletto sotto
larcontato di Lisimachide, nel 339-38 (cfr. Diogene L., IV,4).
3) Completa la notizia data dallIndex Academicorum, cfr. supra, Test.I, ma con una precisazione:
al tempio delle Muse, gi esistente nellAccademia per opera di Platone, Speusippo avrebbe
aggiunto le immagini delle Grazie. Cfr. lepigramma votivo dello stesso Speusippo,Philod.
rr.34-37 = F 129 infra, che d credibilit alla notizia..
4) Tarn, Speus.of Ath., p.177, vede in questo unasserzione della dogmaticit di Speusippo.

Commento - Pag. 5
5) La fonte di Diogene Laerzio la stessa di Filodemo; una fonte qui sicuramente antiaccademica.
La filhdona collegata con la figura della discepola Lastenia, di cui si dir meglio pi oltre.
6) A proposito di questo viaggio in Macedonia cfr. lipotesi di Sthelin, Kassandros (1), RealEncycl. X,2, 1919, cit., che il Cassandro qui citato sia un fratello di Antipatro, anzich il figlio;
accettata da Merlan Biogr., p.210; o laltra di P.Maas, ANTIGONAS QUGATEHR, cit., pp.6870,di un precedente matrimonio di Cassandro. Scettici Tarn, Speus. of Ath., p.181, e Dorandi,
Diogene Laerce, Vie de Speusippe et de Xenocrate, p.23 (in corso di pubblicazione).
7) A proposito di Lastenia di Mantinea e di Axiotea di Fliunte cfr: Dorandi, Assiotea e Lastenia:
due donne allAcademia, Atti Accademia TC, LIV, 1989, pp.53-66, test.9. Sono le due allieve
di Platone di cui anche Filodemo ci d notizia; Lastenia in particolare citata come amante di
Speusippo ( Epist.Socr 34, in proposito Koehler, Briefe Sokr., p.124 sgg. ). Della lettera , con
ogni probabilit pseudoepigrafa, di Dionisio a Speusippo da una notizia analoga Ateneo, infra,
Test.15.
8) Eprobabilmente lo stesso Diodoro di cui parla Filodemo nellIndex (.cfr. supra, p. ),e cio un
discepolo altrimenti ignoto di Speusippo, il quale avrebbe espresso su di lui, secondo Filodemo,
questa medesima opinione. Potrebbe appartenere alle scarse fonti filoaccademiche di Diogene L.;
per esse cfr. Leo, Biographie, p.56. Cfr. tuttavia in proposito T.Dorandi,Diodoros, in
Dict.Philos.Ant. II, 1994, p.778.
9) Ceneo difficilmente identificabile. Aristotele,Anal.Post.I, 78a 2, parla di un personaggio
mitologico di una commedia di Antifane chiamato Kaineus, ed stato malamente interpretato da
Filopono, In Anal .post., p.159, 17 Wallies. Si pensato a un testo corrotto, per cui Jacoby, Fr
Gr Hist III B, p.195, proponeva Idomenej e M.Gigante,cit., p.47 sgg., pi convincentemente,
lo stesso nipote di Isocrate Afarej. Incerto che cosa siano gli prrhta di Isocrate; Merlan,
Biogr., p.202, nota 4, parla di una allusione fatta a questi da Platone in Phaedr.271b con
ndeiknmena, distinto da lgoi. Certamente non si trattava di dottrine politiche, ma di detti o
parole dordine. Ci farebbe supporre un legame assai stretto di Speusippo, e forse una sua
primitiva appartenenza, a ambienti isocratei, cfr. Stenzel, Speus., col.1636; ma di ci non esiste
altra testimonianza.
10)
La tradizione circa i canestri oscura; esiste una congettura di F. Heinimann, Museum
Helveticum XVIII (1961), pp.114-115, ripresa da W.Fiedler, Analogiemodelle bei Aristoteles,
Amsterdam 1978, che dice trattarsi di una tcnh, attribuita dallo stesso Diogene anche a
Protagora, IX, 53, sullautorit di Aristotele.
11) Diogene si accosta qui alla tradizione, certamente inautentica, in base alla quale sono state
foggiate le due epistole socratiche XXXII e XXXIII. Cfr. gi in proposito Leo, Griech.rm.Biogr.,
p.57, e O.Gigon, Interpretationen, p.160.
12)
Sullepisodio dellincontro con Diogene, qui dedotto certamente da fonte antiaccademica,
cfr. quanto detto in Intr., note 123-13, e infra,Test..36. Sia questo riportato da fonte avversa sia
da fonte favorevole, esso toglie valore di autenticit alla successiva notizia sul suicidio; cfr. gi
Zeller, Philos.d.Gr. II,1, p.987, e Stenzel, Speus., col.1638. Tarn, Speus.of Ath., p.183, accetta
che Speusippo si sia lasciato morire.
13)
Niente si trova nelle Vite di Lisandro e Sulla (Plutarco,Sullas 36,5) che possa suffragare tale
notizia. La fonte Timoteo, autore particolarmente malevolo contro i filosofi, di cui usava
mettere in rilievo la morte indecorosa in contrasto con le belle parole; su questo autore
ellenistico, del III sec.a.C.,autore di un Per bwn, cfr. Laqueur, Timotheos (15), Real-Encycl.VI
A 1, 1937, coll.1338-39. Ziegler (Plut.III,2, p.207, nota)ha creduto sia da aggiungersi al testo
plutarcheo un <ka Spesippon tn platwnikn>.
14)Il Catalogo delle opere di Speusippo stato oggetto di studio particolare da parte di Lang,
Speus. Acad.scr., pp.42-47, ma cfr. per questo tutta lIntroduzione premessa dal Lang alla
sua raccolta . Lang ritiene che il disordine del catalogo sia dovuto a un difetto
fondamentale nella trasmissione filologica di Diogene Laerzio, e ritiene che in esso si
debbano intendere per dialoghi tutte le opere antecedenti al titolo Upomnhmatiko

Pag. 6 - Commento
dilogoi e per opere non dialogiche tutte le seguenti a questo titolo; cfr. M Gigante,
Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, Nota catalogica e stilometrica, p.579-80, e oggi Tarn,
Speus.of Ath., p.188 sgg. Anche se ci pu trovare un riscontro in altri cataloghi laerziani
(VI, 80, per Diogene cinico, VII,166, per Erillo stoico), lo stesso Lang deve riconoscere
che opere quali Maqhmatikj, Mandrbouloj, Lusaj devono avere carattere dialogico
per il carattere del loro titolo,secondo luso platonico; egli cos costretto a ricorrere alla
soluzione di uno spostamento erroneo di questi titoli dalla prima alla seconda parte del
Catalogo (al posto dello, alquanto inusitato, titolo Kleinmacoj Lusaj sarebbe da
supporsi un Kleinmacoj per nomoqesaj. seguito dai titoli anzidetti).
Lipotesi si presta a dubbi o richiede ulteriori complicazioni; cfr. oggi il rifiuto di Dorandi, Vies
de Speus. Xen., nt.19.
Il catalogo di Diogene Laerzio non completo: la mancanza pi notevole, in esso, quella del
Per puqagorikn riqmn, per cui cfr. infra, F 125; da altra fonte conosciamo anche dei Nmoi
basiliko ( o sumpotiko?) scritti da Speusippo, ancora infra, Test.49. Non vi si parla inoltre degli
epigrammi. Delle epistole sono date confusamente insieme quelle a Dione, a Dionisio, a Filippo,
che risultano essere per lo pi pseudepigrafi, forse solo una autentica (cfr. infra, F 130).
Sui singoli titoli si possono fare le seguenti osservazioni:
Arstippoj Kurhnaoj ripetuto due volte, ed per questo espunto la seconda volta nella
edizione Long, mentre conservato da Marcovics. I.Bywater, The Cleophon of Aristotle, Journal
of Philology XII, 1883, pp.17-30, in part.p.27, nt.1, e Hirzel, Dialog , p.313, proponevano gi
lunione col seguente Per plotou, ipotesi oggi ripresa da Mannebach, Aristippi et Cyren., p.84.
Ma il tema della ricchezza non particolare di Speusippo nella sua polemica antiedonistica;
Dorandi, Vies, nt.20, considera oggi la frase come estranea al Catalogo. Si noti laccusativo della
prima citazione: potrebbe esser caduto il prj iniziale.
Il Filsofoj citato in Diogene Laerzio (IX, 23) come Per filosfwn. Potrebbe trattarsi della
stessa opera, e in questo caso la forma citata qui nel Catalogo sarebbe la preferibile, come la pi
rispondente allideale platonico di educazione del filosofo. La forma qui data alquanto
anacronistica se considerata come speusippea. Si potrebbe considerare invece la forma, pure data in
esso, Per filosofaj.
Prj Kfalon a/ e Kfaloj a/ sono secondo Dorandi (Vies, nt.22 ) la stessa opera; Cefalo
probabilmente il padre delloratore Lisia.
Grillo probabilmente il figlio di Senofonte, morto nella battaglia di Mantinea del 362; quello di
Speusippo sarebbe un Grllou gkmion, fra i moltissimi altri che furono scritti in proposito. Si
pensi alla probabile influenza di Isocrate.
Al Tecnn legcoj Stenzel, Speus., col.1648, gi dava carattere antiretorico; ripreso oggi da
Tarn, Speus., p.195. Diverso, probabilmente, il contenuto del Tecnikj, che potrebbe riferirsi alle
arti in senso pi ampio. Lo legcoj potrebbe forse riferirsi alla notizia circa la propalazione degli
prrhta di Isocrate, che nellEpistola a Filippo (infra, F 130) nominato con lespressione n
taj tcnaij.
La trattazione da Speusippo dedicata agli Omoia, I simili, appare qui divisa in due parti, una
chiamata Dilogoi e laltra Diairseij. Lang, pp.21-22, ritiene che si trattasse in effetti di
unopera divisa in due parti, la seconda offerta in realt come una sorta di giusticazione circa le
premesse (il significato dato a poqseij da Platone, Resp.511b) in base alle quali Speusippo
avrebbe scitto gli Omoia.. Stenzel, per suo conto (col.1649), tenta di unificare le due versioni,
notando che in alcuni passi platonici (es.Charm.160d) il verbo potqhmi viene usato per indicare
la subordinazione di un edoj in una successione logica di concetti, di modo che diaresij e
pqesij vengono in certo modo a coincidere: la swfrosnh, ad esempio, subordinata al
concetto di kaln; i Simili sono in stretta relazione perci col successivo Per genn ka edn
paradeigmtwn. Totalmente diversa la posizione di Tarn, Speus.of Ath., p.66 sgg., secondo cui
lopera, analogamente divisa in due, ha i titoli di Omoia ( come dicono i frammenti in nostro

Commento - Pag. 7
possesso, cfr. infra, FF 102-122) e di Diairseij ka prj t omoia poqseij; lespressione
Dilogoi non si addice affatto a una simile opera. Si vedano le note di Dorandi, Vies, ntt. 27-30:
per tj pragmateaj sarebbe ispirato da una confusione con D.L.IV, 13, relativo ad unopera
senocratea.
Il Per genn ka edn paradeigmtwn non in realt tenuto in nessun conto da Tarn, Speus.,
p.68, in quanto Speusippo non compirebbe alcuna vera classificazione in generi e specie,
limitandosi a una divisione del reale puramente dicotomica. Ma il solo fatto che tra le opere di
Speusippo compaia unopera di questo titolo indica che Speusippo, come del resto Senocrate ( del
quale Diogene Laerzio, IV, 13, d unopera dal titolo fortemente affine), intendeva porre una
differenza fra edoj e gnoj, epiteti che per Platone si riferivano quasi omonimamente allo stesso
genere di realt, lidea. Non possiamo quindi ignorare lesistenza di un problema nascente, anche se
esso risolto in maniera del tutto diversa da ci che avrebbe poi fatto Aristotele. Cfr.per questo pi
ampiamente infra, F 122.
Prj 'Amrturon probabilmente unopera scritta contro Isocrate, e in particolare contro lopera
intitolata appunto Prj Equnon 'Amrturon (or.21) e chiamata appunto 'Amrturoj; cfr.
M.Gigante, 'Afarej, pp.47-49; Dorandi, Vies, nt.31, il quale ricorda che la stessa orazione era
stata attaccata da Antistene, D.L.VI,15.
Altrove ( D.L. III,2) Diogene Laerzio cita un Pltwnoj perdeipnon; si veda infra, F 127. Ma
Boyanc ( Culte des Muses, p.257) ha probabilmente ragione nel ritenere che il secondo sia il titolo
pi esatto, e che Speusippo, sedendosi al banchetto funebre in onore di Platone, abbia voluto
pronunziare una laus, un particolare solenne elogio del Maestro, che poi passata nella tradizione
in questa forma.
Maqhmatikj stato considerato da Zeller (Philos.d.Gr. II,1, p.1006,nt.3) una delle due parti
dellopera Per puqagorikn riqmn, qui nel Catalogo assente; ma cfr. il rifiuto del Lang,
Speus.Acad.scr., p.30, per il presumibile carattere dialogico della prima opera. E da aggiungere a
ci che Maqhmatikj ha carattere pi generico di quanto non si possa intendere con la traduzione
matematico e abbraccia un ambito di ricerca pi vasto; Speusippo pu essersi riferito in
questopera largamente alluomo che fa esercizio di scienza.
Sulla base dello pseudo-Olimpiodoro (infra, Test.35) gli Oroi platonici, operetta contenuta nel
Corpus ma considerata generalmente spuria, potrebbero identificarsi con le Definitiones qui citate
come speusippee. Ci risulta peraltro impossibile data la frequenza di contaminazioni con la
dottrina stoica che questopera contiene; il contenuto delle Definitiones pseudo-platoniche da
considerarsi da rivendicare in prevalenza allAccademia, come bene ha visto H.G.Ingenkamp,
Untersuch. Pseudo-platon. Defin., ma a unAccademia pi tardiva, influenzata dalla Stoa (per
Speusippo vedi pp.5, 106 sgg.).
Quanto a Txeij pomnhmtwn, Dorandi (Vies, nt.34) accetta linterpretazione di Tarn, pp.197198, chesso sia da intendere insieme col numero di stcoi che segue. Il senso del tutto sarebbe: la
somma dei trattati di duecentoventiquattro mila linee e settantacinque.
15)
Per Timonide, di cui del resto si gi parlato, cfr.Capelle, Real-Encycl. VI A 2, 1937,
coll.1305-06. La sua storia sembra fosse dedicata a Speusippo, cfr. Plutarco, Dio, 35..
16)
Favorino di Arelate (Arles), autore molto pi tardo; in proposito E.Mensching, Favorin von
Arelate. Der erste Teil der Fragmente, Berlin 1963, p.75 sgg., che nega la storicit della notizia,
ritenendola relativa alla compera della biblioteca di Speusippo, non vendibile: La notizia quasi
certamente malevola, dovuta alla somiglianza degli Homoia con la Historia animalium
aristotelica. La stessa notizia data da Gellio, Noctes Atticae, III, 17,3, cfr.infra, Test. 43. .
Test.3
Diogene Laerzio III,46
10 'Eugwn Ath.Deipnosoph. XII, 508f Peqwn FP

Pag. 8 - Commento
Furono suoi (di Platone) discepoli Speusippo di Atene, Senocrate di Calcedone, Aristotele di
Stagira, Filippo di Opunte, Estieo di Perinto, Dione di Siracusa, Amiclo di Eraclea, Erasto e
Corisco di Scepsi, Timolao di Cizico, Eveone di Lampsaco, Pitone ed Eraclide di Aino,
Ippotale e Callippo di Atene, Demetrio di Amfipoli, Eraclide Pontico e numerosi altri, fra cui
anche due donne, Lastenia di Mantinea e Axiotea di Fliunte, la quale, come ci racconta
Dicearco, vestiva abiti virili (1).
.
1) E un sommario elenco dei primi discepoli dellAccademia, che prende inizio dal nome
di Speusippo. Per lindice degli Accademici vedi ancora Zeller, Philos.d.Gr. II,1, pp.982984, e a commento Isnardi Parente, in Zeller-Mondolfo, Filos.d.Gr., II,3, , pp.861-891.
Per Filippo di Opunte, probabile autore dellEpinomide, cfr.oggi K.v.Fritz, Real-Encycl
XIX,2, 1938, coll.2351-67;. Tarn, Academica, passim; Lasserre, De Lodamas etc.,
pp.157 -188 (testi), 591-659 (commentario). Per Estieo cfr. P.Natorp, Real-Encycl. VIII,2,
1903, col.1315, e pi di recente Lasserre, cit., pp.97 sgg. (testi), 529 sgg.(comm.); per
Dione siracusano cfr. le seguenti testimonianze da Plutarco, 28-30.Per laccademico qui
citato come Amiclo (ma Amicla altrove, Eliano, Varia Hist.III, 19; Proclo, In
pr.Eucl.Elem.librum, p.67 Friedlein) e che forse da identificarsi con lAmyntas
dellIndex, col.VI,4, cfr.Natorp, Real-Encycl. I,2,1894, col.1631, e Lasserre, cit., pp.87
sgg. e 519 sgg.. Su Erasto e Corisco esiste una bibliografia pi ricca, per la loro
collaborazione con Ermia di Atarneo e per la loro presenza nella VI Epistola attribuita a
Platone: cfr. Jaeger, Aristoteles, p.112 sgg.; H.Berve, Die Tyrannis bei den Griechen,
Mnchen 1967, I, pp.332 sgg.; Dring, Arist.anc. biograph. Trad., pp.272 sgg.; Lasserre,
cit., pp.103 sgg., 537 sgg.; da vedersi anche la letteratura critica riguardante la VI Epistola
platonica, ai due filosofi diretta, della quale oggi si propende per a riconoscere la non
autenticit, cfr. Brisson, Platon, Lettr., e Isnardi Parente, Platone e l Epistola VI, Riv.di
Storia della Filosofia LV, 2001, pp.547- 559. Per Timolao di Cizico cfr. v.Fritz, RealEncycl. VI A 1, 1936, col.1273; per Eveone di Lampsaco Natorp, Real Encycl. VI,1, 1907,
col.836. Per Pitone (altrove dato come Pirrone, forse per confusione col filosofo) ed
Eraclide di Ainos (questultimo spesso confuso con Eraclide Pontico nella tradizione
dossografica) di cui restano puramente e semplicemente notizie sullattivit politica in
base al malevolo racconto di Ateneo, Deipnosoph.XI, 508d-509d, cfr. Schuhl, Platon
activ. Polit.Acad., pp.46-53, poi in Le merveilleux, la pense et laction, Paris 1952;
Isnardi Parente, St.Accademia ant., pp.274 sgg.; Eredit di Platone, , p.63 sgg.,in part.67.
Non vengono qui citati da Diogene altri, ugualmente implicati nellattivit politica, degli
Accademici, quali Clearco di Eraclea, Leone, o Leonide, di Bisanzio, Eufreo di Oreo ecc.
(ma vedi, per Chione e per Eufreo, infra). Per Ippotale e Callippo rispettivamente Natorp,
Real-Encycl. VIII,2, 1913, col.1924, e F.Sthelin, ibid., X,2, 1919, coll.1664-65; ma
Callippo luccisore di Dione, quello cui Platone (VII Epist., 333d-334a ) nega la stessa
qualit di membro della scuola. Per Demetrio (di Amfipoli) ancora Natorp, Real- Encycl.
IV,2, 1901, col.2488. Per Eraclide Pontico, passato poi alla scuola di Aristotele,
cfr.Wehrli, Schule des Arist. VII, 1969, e Real-Encycl. Suppl. XI, 1968, coll.675-826. Per
le testimonianze su Lastenia e Axiotea cfr. supra, Test.2; quanto alluso di abiti virili, esso
testimoniato anche dallIndex, col:VI, 26-27.
Test.4
Suidas, s.v. Spesippoj, 928, IV, p.417 Adler
Pwtnhj Taran,Potnhj codd.
Speusippo. Figlio di Eurimedonte, nipote del filosofo Platone da parte di madre, Potone, sorella
di lui. Fu discepolo dello stesso Platone e ne divenne poi successore nellAccademia intorno

Commento - Pag. 9
allolimpiade 78. Scrisse molte opere, per la maggior parte filosofiche. Era duro nei suoi
giudizi e altamente proclive allira (1).
1) Suida ripete passivamente quanto intorno a Speusippo ci fa sapere Diogene Laerzio, salvo
questultima osservazione, che non si accorda con quanto Diogene ed altri raccontano circa
la facilit di Speusippo agli scherzi. Vi la possibilit che Suida abbia fatto anche uso di
Esichio di Mileto (cfr. H.Schulz, s.v.. Real.Encycl. VIII 2, 1913, coll.1322-27),
combinando le notizie di questi con quelle di Diogene.
Test.5
Diogene L., III,4
(Platone) ebbe a fratelli Adimanto e Glaucone, e a sorella Potone, dalla quale nacque
Speusippo.(1).
1) E la testimonianza pi completa sulla famiglia di Platone, che si riallaccia a quelle su
Speusippo date in Test.2, supra.
Test.6
Diogene L., V, 86
(Eraclide Pontico) in Atene fu inizialmente vicino a Speusippo; ma fu a scuola anche dai
Pitagorici e ascolt anche Platone.(1).
1) Cfr.Wehrli, Schule d. Arist. VIII, pp.60-61: notizia dossografica che pu significare o un
particolare legame di assistenza e di collaborazione con Speusippo, o lascolto di lezioni
tenute in particolare da Speusippo. Non si dimentichi che Eraclide usc presto dalla scuola
di Platone per aderire alla aristotelica, e Speusippo era portatore di un tipo particolare di
platonismo.Wehrli opina fra laltro che il loro particolare legame possa esser giudicato in
base al comune interesse per il pitagorismo.
.

Test.7
Philod. Index Acad.Hercul. col.V, additamentum II, p.180 Gaiser, 222 Dorandi
(come) voleva Neante. Ma quelli che si attengono al nipote (riporta)no a loro volta che egli
(Platone) esal l(ani)ma durante il sonno, (nel cuor della) notte (1)..
1) Il Mekler (Index.Acad., p.15) pubblic senza alcuna integrazione questa aggiunta marginale
alla col. V dellIndex. Essa appare invece fortemente integrata nel volume del Gaiser, pp.180
e p.437; il quale ritiene che il passo di riferisca al Pltwnoj perdeipnon speusippeo, e ci
sulla base della lettura del nipote, delfido[]; in contrasto con Neante di Cizico (sul quale
cfr. oggi W.Burkert, Neanthes von Cyzikos ber Platon, Museum Helveticum LVII, 2000,
pp.76-80), che riflette il racconto di Filippo di Opunte; una versione della morte di Platone,
aderente al racconto di Speusippo, direbbe che Platone morto nel sonno. Dorandi aderisce
alla lettura del Gaiser in base a nuovo esame autoptico (p.222). Ci contro la differente e in
realt pi debole opinione di F.Lasserre, De Lodamas de Thasos etc., p.610, propenso a
leggere sulla via gi indicata dal Crnert - delfid[n] , e a pensare alle nipoti di Platone
(cfr.Diogene Laerzio III,2 = Ermippo, fr.41 Wehrli: Platone sarebbe morto conversando con
le nipoti, durante un banchetto nuziale).
Test.8
Pap.Oxy.12, col.1,21 sgg. (The Oyrinchus papyri, I, pp.25-26 Grenfell-Hunt)

Pag. 10 - Commento
Nel primo anno di questa (olimpiade) il filosofo Platone (mo)r, e Speusippo prese la sua
successione nella scuola.(1)
1) Breve tratto relativo allAccademia di una serie cronologica di fatti della storia greca e
romana, di cui il testo conservato si riferisce agli anni 355-315 a.C. Da notarsi che Speusippo
vi nominato col solito diedxato, senza alcun accenno a elezione. La dipendenza , come
altrove, dalla Storia dei filosofi di Filodemo. Cfr. in proposito Jacoby, FrHistGr 255, comm.
in II B, p.831.
Test.9
Eusebius-Hieronymus, Chronicon, pp.118-126 Helm
p.118, Speusippo si ritiene insigne (olimp.96,2)
p.122, Platone muore. Dopo di lui Speusippo regge lAccademia (olimp.108, 4)
p.122, Speusippo muore. Gli succede Senocrate (olimp.110,2)
p.126, Speusippo e Menedemo sono ritenuti filosofi insigni (olimp.116,1)
1) Tutti i dati cronologici qui offerti risultano errati. La Olimp.96,2 (395 a.C.) non pu ritenersi
la data di nascita di Speusippo, n il 345 (Olimp.108,4) data di morte di Platone. Nel 316
(Olimp.116,1) Speusippo, che qui viene associato curiosamente con Menedemo, era gi
morto da un pezzo. Merlan, Biographie, p.199, nt. 3, e p.211, ha cercato di individuare le
ragioni di questi errori, ma le sue proposte restano altamente ipotetiche.
.
Test.10
Elias, In Categ., pp.112, 17-23; 112,28-113,4
p.112, 21 Pwtnhj Tarn, Prwtnhj codd.
30 Lkeioi Brandis, lkioi codd. p. 113, 4
kat perpaton Busse, kat periptwn codd.
Settimo modo per chiamare le sette filosofiche pu esser quello tratto da un dato particolare, come
peripatetici per la scuola di Platone,per il fatto che essi facevano filosofia passeggiando, per
esercitare il corpo insieme con lanima. Degli uomini che cos si comportavano ebbe in eredit la
scuola Speusippo,il figlio di Potone, sorella di Platone; essa non tocc ad Aristotele, allora non
presente; si trovava,chiamato da Filippo, in Macedonia, per leducazione del figlio di questi
Alessandro
Tornato di l, Aristotele eredit la scuola di Speusippo insieme con Senocrate,e tutti e due furono
detti peripatetici, pur essendo differenti quanto a luogo: gli uni furono detti peripatetici del Liceo, e
questi erano gli aristotelici veri e propri, gli altri, quelli di Senocrate, accademici. Nel tempo in cui
questo accadde furono poi chiamati peripatetici senza bisogno dellaggiunta del Liceo; quanto ai
senocratici, venne meno loro nel nome la nozione del movimento,e furono chiamati semplicemente
Accademici. Furono chiamati insomma peripatetici non perch passeggiassero, ma perch , tramite
Speusippo, avevano ereditato la scuola da Platone, che faceva passeggiando le sue esegesi
filosofiche.
Test.11
Ps. Elias, In Porph. Isag., 29, 41-43 (pp.69-70 Westerink))
2
Spesippoj Westerink, pesippoj codd.; Pwtnhj Tarn, Potnhj Westerink
Si deve sapere che dopo la morte di Platone, non essendo presente Aristotele (era allora Aristotele
con Alessandro), Speusippo, nipote di Platone da parte della sorella, eredit la scuola. Morto poi
questo, gli Ateniesi richiamarono Aristotele, e questi insegn in essa insieme con Senocrate; ma
Aristotele insegn nel Liceo, Senocrate nellAccademia. E allinizio presero il loro nome da

Commento - Pag. 11
questi luoghi, Licei quelli che discendevano da Aristotele, Accademici da Senocrate; da ultimo
prevalse il nome preciso della scuola di Aristotele e questi si chiamarono Peripatetici, quelli che
discendevano da Senocrate si chiamarono solo Accademici, come era il luogo del loro
insegnamento (1).
1) I due brani si corrispondono pressa poco. Essi dipendono probabilmente dalla biografia siriana
di Aristotele per cui cfr. I.Dring, Arist. in anc. Biograph. Trad. pp.116 sgg., 137 sgg. e altrove.
Tale biografia dipende a sua volta da fonti classiche che saranno date pi oltre, in quanto
relative alla dottrina speusippea e non solamente a notizie su Speusippo. Sullimportanza del
termine peripathtiko, che dipenderebbe da Speusippo in quanto indicato come il filosofo che
introdusse il metodo dellinsegnare passeggiando, cfr. invece K.O. Brink, s.v. Peripatos,
Real.Encycl. Suppl.VII, 1940, coll.899-949, in part.900-03: se perpatoj come spazio riservato
alla scuola, ove si pu anche insegnare passeggiando, termine anteriore ad Aristotele (cfr.
Senofonte, Memor.I,10,1), peripathtikj compare la prima volta in Ermippo, fr.96 Wehrli
(Schule des Aristoteles, Supplementarband 1, 1974) e non legato necessariamente al
significato di insegnare passeggiando, ma a quello di appartenente alla scuola cos chiamata
(Werhli p.7, nel Vorwort). Per Ermippo anche J.Bollanse, Hermippos of Smyrna and his
biographical Wrintings: a reappraisal, Peters- Louvain 1999, pp.60-63: a Ermippo pu essere
tuttal pi attribuita la notizia che Aristotele si colloc per la sua scuola nel peripato del
gymnasium collocato nel precinto di Apollo Lykeios, e non di pi, come Dring ha cercato di
fare.
Le due testimonianze ignorano totalmente la notizia dellelezione di Senocrate data dallIndex
Academicorum (cfr. supra, Test.1). Cfr. per questo Isnardi Parente, Senocrate successore, p.385-86:
la notizia dellIndex si pone come la pi antica e sicura.
Test. 12-14
Vita Aristotelis latina, 13-14, 24 (pp.153-154 Dring)
Dopo la morte di Platone Speusippo raccolse la sua scuola. Egli era figlio di Potone, sorella di
Platone; Aristotele era stato mandato in Macedonia, per insegnare ad Alessandro, figlio di
Filippo Morto Speusippo, nipote di Platone, i discepoli di questo furono raccolti da Senocrate
ed Aristotele, uomini sapientissimi; e Aristotele fu a capo della scuola nel Liceo, Senocrate
invece nellAccademia, ove aveva fatto scuola lo stesso Platone.
Vita Aristotelis Marciana, 13 (p.99 Dring)
13, 2 Pwtnhj Tarn, Potnhj codd.
Dopo la morte di Platone la scuola tocc in eredit a Speusippo, figlio di Potone, la sorella di
Platone. Aristotele era stato mandato in Macedonia, chiamato da Filippo per educare suo figlio
Morto poi Speusippo, i membri della scuola chiamarono Aristotele; ed ebbero in eredit la
scuola questi e Senocrate, nella maniera pi saggia; Aristotele nel Liceo, Senocrate
nellAccademia, ove era stato anche Platone.
Vita Aristotelis Vulgata, 13-14 e 18 (p.133-134 Dring)
13, 3 Pwtnhj Tarn, Potnhj codd 14, 1 PllV suppl.Dring
Dopo la morte di Platone eredit la scuola Speusippo, suo nipote; era questi figlio di Potone,
sorella di lui. Aristotele era andato a <Pella> , la citt dei Macedoni, ove insegnava ad
Alessandro il fondatore Dopo di ci, morto Speusippo, gli Ateniesi richiamarono Aristotele, e
ambedue raccolsero in eredit la scuola di Platone, Aristotele e Senocrate; senonch Senocrate
insegnava nellAccademia, Aristotele nel Liceo.

Pag. 12 - Commento

1) Non c alcun accrescimento dovuto alle povere notizie di queste Vite su quanto gi finora
conosciuto su Speusippo; comune ad esse lerrore di credere Aristotele in Macedonia allatto
della prima successione dellAccademia, che non altro che una confusione con lelezione di
Senocrate. Queste Vite risentono della tradizione intorno ad Aristotele e i suoi rapporti con
Platone vigenti nel tardo neoplatonismo; non manca per in esse una lontana origine ellenistica
di unit fra Accademia e Peripato, che ci sar pi chiara viste le testimonianze di Cicerone
(infra, Test.44 e sgg.).
Test.15
Athenaeus, Deipnosoph., VII, 279e-f
279 e 'Arkadikj Menagius, ad Diog.L. III,46; 'Ardikj A, sardikj C
Non lontano da ci era anche Speusippo, discepolo e parente di Platone. Il tiranno Dionisio, nelle
sue lettere a lui (2), parlando a lungo del suo attaccamento ai piaceri e al denaro, lo accusa di
prendere pagamento da molti discepoli; e gli rimprovera il suo amore per letera arcade Lastenia;
e gli dice infine: sei proprio tu che rinfacci agli altri lamore per il denaro, tu che da parte tua
non sei esente da nessuna cupidigia? Che cosa mai non hai fatto? Non tenti forse di raccogliere
tributi per rifarti di quanto hai pagato per i debiti che aveva fatto Ermia?
1) Si riallaccia a Diogene L., IV, 2, ove analogamente si parla di una lettera inviata da Dionisio
II a Speusippo in tono schernevole, e con accuse circa la sua filhdona e filargura.
Queste lettere, di cui abbiamo un esempio nella XXXIV (XXXVI Orelli) Epistola Socratica,
sono probabilmente anche una delle fonti di Diogene L. stesso.La sola nota nuova del passo
di Ateneo laccenno ai debiti di Ermia, per pagare i quali Speusippo sembra sia stato
costretto a imporre una quota di tassazione sulla partecipazione alla scuola. Merlan,
Biographie, pp.208-209, ha particolarmente studiato il passo in questione: Ermia con ogni
verosimiglianza il personaggio strettamente legato ad Aristotele, morto in unimboscata
persiana nel 341 a.C. (cfr. per questo soprattutto Jaeger, Aristoteles, p.112 sgg., e Wormell,
Liter. Trad. Hermias,, pp.55-92). I debiti di Ermia sono inventati a somiglianza di quelli di
Dionisio II stesso, cfr.ps.Platone, Epist.XIII.
Test.16
Athenaeus, Deipnosoph. , XII, 546d
3 pexin Kaibel
Era amante del piacere Speusippo, il parente di Platone che fu a capo della sua scuola. Dionisio,
tiranno di Sicilia, nella lettera diretta a lui, parlando del suo amore per il piacere e per il denaro, gli
rimprovera offensivamente anche lamore per larcade Lastenia, che aveva ascoltato anche Platone
(1).
1) Ripete sostanzialmente la testimonianza precedente, con un richiamo alla compagna
arcadica o arcade di Speusippo, gi stata discepola del suo stesso maestro..
Test.17
Athenaeus, Deipnosoph., XI, 506e-f
506 f 3 Perdkkv Gomperz
Questi Platone, che secondo Speusippo, proprio per il suo legame di amicizia con Archelao (?),
fu causa del potere di Filippo. E perci Caristio pergameno, nei suoi Commentarii storici(1),
scrive cos: Speusippo, avendo udito che Filippo sparlava di Platone, gli scrisse in una sua

Commento - Pag. 13
lettera parole di questo tenore: come se non sapessimo tutti che Filippo deve a Platone
linizio del suo regno! Platone infatti aveva mandato Eufreo di Oreo presso Perdicca; e fu
proprio Eufreo a convincere il re a dividere con Filippo, per una certa parte, il territorio in suo
possesso. Egli attinse di l la sua forza; e alla morte di Perdicca, avendone la possibilit gi in
mano, simpadron del potere.
.
1) La notizia del biografo Caristio di Pergamo ( cfr. FHG IV, 356-57 ) dipende da una fonte quasi
certamente autentica, la XXVIII (XXX) Epistola socratica, cfr.infra, F 130: la lettera di Speusippo
a Filippo che venne cos giudicata da E:Bickermann e J.Sykutris, Speusipps Brief an Knig Philipp,
nel 1928. Un sostenitore della tesi opposta (Bertelli, Lettera di Speusippo, , p.76 sgg.) ha avanzato
dubbi sulla rispondenza della notizia di Caristio con il contenuto dellEpistola: da questa sembra
che Speusippo polemizzi direttamente con Filippo, mentre in realt sarebbe Teopompo ad essere
oggetto della polemica. Losservazione non manca di esattezza, ma non un argomento valido
contro lautenticit della XXVIII Socratica: la frase riportata da Ateneo, che dovrebbe essere
allocuzione diretta a Filippo, in terza persona; quindi, oltre allesser Caristio non sempre persona
attendibile, si ha qui anche una citazione imperfetta o distorta da parte di Ateneo. O forse Caristio
ha portato alla luce scopertamente, nel suo testo, ci che Speusippo intendeva dire, e non ha detto, a
Filippo.
Il problema della stesura della lettera di Speusippo si intreccia con quello della V Epistola
platonica, in cui viene raccomandato al monarca di Macedonia Perdicca Eufreo, quellEufreo che
morr combattendo contro Filippo per la sua patria, lEubea (cfr. P.Natorp, Euphraios, in RealEncycl. VI,I, 1907, col.1190). E probabile che la lettera sia stata formata nella cerchia di
Speusippo; e C.Ritter, Neue Unters,, attribuendo la XXVIII Socratica a Speusippo, si mostra
propenso ad attribuirgli anche questa, notando tuttavia che essa dovrebbe avere il suo posto fra le
Socratiche. Per lipotesi che la V Platonica sia stata scritta nel 341, cio subito dopo la morte di
Eufreo, per giustificarne implicitamente la memoria, e ricordare tacitamente a Filippo quanto la sua
casa dovesse a tale Accademico, cfr..Isnardi Parente, Filos. e polit., p.40 sgg., e Platone. Lett.,
p.XXIV sgg.
Alla XXVIII Socratica troviamo aggiunta di seguito una lettera pi breve, la XXIX, in cui lautore
presunto ammonisce il giovane Filippo a comportarsi in maniera degna della generosit di Perdicca,
che gli ha concesso una met dei suoi beni. Pu esser verosimile la supposizione del Sykutris,
Briefe des Sokr., p.89, che un falsario abbia voluto apporre alla lettera autentica di Speusippo una
lettera inventata, come documento atto a provare la validit dei rapporti fra Platone e il giovane
Filippo. Ma si tratta di ipotesi pura e semplice, che non va sopravvalutata.
Test.18
Philostratus, Vita Apoll. Tyan., I, 35 (= Suidas, s.v Ascnhj to Lusanou, II p.184, 22 sgg,
Adler)
2 Makedonan Philostratus, Makednaj Suidas
Ma per non dover parlar male ancora di altre persone, dicono che Speusippo di Atene fosse cos
avido di ricchezza che, andato in Macedonia al banchetto per le nozze di Cassandro, compose
dei frigidi poemi, e poi, una volta tornato in patria, li spacci recitandoli per fare denaro (1).
1) Il testo di Filostrato chiarisce ancor meglio la tradizione formatasi intorno al viaggio
macedone di Speusippo, con linformazione relativa ai poemi da lui composti per loccasione
e venduti a caro prezzo. Rientra nel filone di accuse a Speusippo di amore smodato per il
denaro.
Test.19
Epist.Socr.XXXIV (XXXVI Orelli), 1

Pag. 14 - Commento

ma per godere ci di cui Speusippo e Lastenia si sono valsi, Speusippo, lui che si vanta di essere
stato la causa della spedizione in Sicilia (1).
1) Eil passo di unepistola spuria che si immagina scritta da Dionisio a Speusippo, e che
corrisponde in pi dati a quella scritta da Speusippo a Dione, spuria anchessa (cfr. infra,
F134 )..R. Hercher, Epistolographi Graeci, p.LXXI, lha considerata come la risposta di
Dione a Speusippo, ma ci non regge; cfr. Kohler, Briefe Sokr., pp.124-126, e.Sykutris,
.Briefe des Sokr., pp.97-98. Con mologen si intende qui la finzione di Speusippo che si
atteggia a vero autore della spedizione siciliana.
Test.20
Ps.Platonis Epist. II, 314e
2 fehj Hermann, fhj AO, fseij O
Quanto a Filistione, se ne hai bisogno servitene tu; per, se ti possibile, prestacelo e mandalo a
Speusippo. Anche Speusippo te ne prega (1).
1) E una delle testimonianze relative alla scarsa salute di Speusippo. Per Filistione cfr.
M.Wellmann, Die Fragmente der sikeliker Aerzte, Akron, Philistion und des Diokles von
Karistos, Berlin 1901, pp.68 e 109 sgg. Il falsario autore della lettera immagina una
situazione che ben quadra con la tradizione corrente sulla salute cagionevole del filosofo. Per
lEpistola II vedi il mio Filos. polit. lett. Platone,, con i dati ivi offerti, e pi di recente
Platone. Lett., pp.192 sgg. LEpistola sembra in realt riferirsi a un periodo in cui fra Platone
e Dionisio correvano ancora rapporti accettabili, fra il secondo e il terzo viaggio a Siracusa.

Test.21
Aelianus, Varia Hist., III,19
In quel periodo Speusippo era ammalato, e non gli era possibile accompagnare fuori Platone.
E un accenno riferentesi a Speusippo in un passo che sostanzialmente concerne i difficili rapporti
fra Platone e Aristotele, e che mette in rilievo piuttosto la funzione di Senocrate; se ne parla perci
in relazione ad esso. Di Speusippo , una volta di pi, posta in rilievo la scarsa possibilit di
sostenere attivamente Platone per la sua situazione di continua carenza fisica. Il testo proviene
ovviamente da una tradizione filoaccademica, ostile ad Aristotele, ma ampiamente romanzata. Cfr.
in proposito Gigon, Interpretationen, p.160.

Test.22
Ps.Platonis Epist. XIII, 361 d-e
361 d 2 'Oktatij AO
4 pibi A, ex em.O
Aldina

5 eportatoj AO, eporteroj

Sono a mio carico le figlie delle mie nipoti, quelle che morirono nel tempo che tu volevi chio
prendessi la corona, ma io rifiutai. E sono quattro: la prima in et da marito, delle altre una ha
otto anni, unaltra poco pi di tre, lultima non ha ancora un anno. Devo far una dote, e chiedo
per questo laiuto degli amici, almeno a quelle che si mariteranno durante la mia vita; pazienza
per le altre! Luna di esse sposa Speusippo, ch fratello di sua madre. Non ha bisogno, come
dote, di pi di trenta mine; , questa, gi una dote sufficiente per noi (1)

Commento - Pag. 15

1) Lincongruenza della lettera stata gi ampiamente notata dal Pasquali, Lettere di Platone,
p.203. Ma per lentit della dote cfr. gi R.Hackforth, The Autorship of Platos Epistulae,
Menchester 1913 p.175, e Novotn, Plat. Epist., p.296: troppo se si guarda al Platone ideale (cfr.
Leges, V, 742c,ove si vieta di dare una dote, appena temperato da VI, 774d) e troppo poco se si
pensa alla reale situazione di Platone: la dote di una famiglia ricca di 100 mine. Difficile dire se
dobbiamo interpretare come storica, in un contesto cos dubbio, la notizia che si riferisce a
Speusippo.
Test. 23
Ps.Chio, Epist. X,1-3, 10-11, p.60 Dring
3 pefmpei Aldina
Platone ha quattro nipotine, e ha dato in moglie la pi grande a Speusippo, con la dote di trenta
mine che Dionisio gli ha mandata Speusippo uomo assai gentile, ma povero (1).
1) Lautore di questa tardiva e spuria epistola (cfr. I.Dring, Chio of Heraclea. A Novel in
letters, Gteborg 1951) ha su questo punto copiato lasserzione di Platone circa la dote. Egli
ci precisa che questa fu mandata da Dionisio, forse per dare maggior coerenza allentit di
essa. Quanto alla notizia secondo cui Speusippo sarebbe stato povero, essa unica nelle
nostre fonti. Da notarsi che Speusippo chiamato caristeroj, il che sar ripetuto da altri
autori.
Test.24
Plutarchus, De frat. am., 21, 491f 1 492a 2
f 4, lgcontaj G, lgcontaj atn ceteri ka om.NRha
Cos anche Platone seppe distogliere Speusippo, che era suo nipote, dalla grande licenza e
sfrenatezza che gli era propria, senza dire n fare nulla che fosse aspro nei suoi confronti, al
contrario, col mostrarglisi benevolo e tranquillo mentre egli rifuggiva dai suoi genitori, i quali
invece lo riprendevano aspramente e inveivano contro di lui; in tal modo riusc a infondere in lui
riverenza e ad ispirargli il desiderio di imitarlo, e di darsi anche lui alla filosofia. Molti fra i suoi
amici gli rimproveravano di non ammonire pi severamente il fanciullo; ma egli rispondeva che era
gi un ammonimento in tutto e per tutto sufficiente loffrirgli, con lesempio stesso della sua vita e
della norma che la reggeva, materia di riflessione circa la differenza fra ci ch onesto e ci ch
turpe (1).
.
1) Si riferisce, con gli altri successivi, alla notizie negative circa lirosit di Speusippo, riportateci
da Diogene L. pi estesamente, a quanto pare assai vive nella tradizione circa Speusippo, se
anche un platonico come Plutarco accetta di citarle. Cfr. in proposito Stenzel, Speus.,col.1636.
Test. 25
Ps.Plutarchus, De lib. educ., 14, 10d 5-8
Platone, una volta chera adirato contro un servo ghiottone e impudente, chiamato il figlio di sua
sorella, Speusippo, battilo tu disse andandosene giacch io son posseduto dallira (1).
1) Fa parte di unaneddotica particolare circa Platone, e Speusippo non vi che citato di
rincalzo. Cfr.Swift Riginos, Platonica, p.155, con losservazione che altrove citato, al
suo posto, Senocrate

Pag. 16 - Commento
Test.26
Plutarchus, Adv. Colotem, 1108a
4 kmize EB, corr.Reiske
Ma Aristodemo, tu sai bene, disse, quel fatto di Platone,che, irato col suo servo, non gli diede
colpi egli stesso, ma,chiamato Speusippo, gli disse di farlo, perch egli era posseduto
dallira(1).
1) Ancora una volta qui, in questo rapido accenno allepisodio, viene citato Speusippo.
Test.27
Seneca, De ira, III, 12,5-7
5,4 sua manu A ( in fine versum A) 6 interrogatus A
7,1 cecidit A' ( sed t postea erasa)

6,6 Speus. ipse ut videtur A', corr. A

Non pot aspettare Platone , essendo adirato contro un suo servo, ma gli comand di togliersi
subito la tunica e offrire le spalle alle percosse; con lintento di colpirlo di sua mano; tuttavia,
poich si rese conto di essere adirato, trattenne sospesa la mano e stava quasi in atto di
percuotere. Interrogato da un amico, intervenuto l per caso, che cosa facesse, disse:esigo
punizione per un uomo iracondo.E tratteneva quel gesto di infierire su qualcuno, cos
difforme dallatteggiamento di un uomo saggio, gi dimentico del servo, perch aveva trovato
un altro che lo castigasse al suo posto. Quindi si priv del potere che aveva sui suoi e, mosso
come da un senso di colpa, tu, disse, Speusippo, da percosse a questo piccolo servo; io
infatti sono caduto in ira verso di lui. E perci non colp perch un altro colpisse a sua volta.
Sono adiratodissefar di pi di quanto non occorra, e lo far volentieri: non sia questo
servo in potere di colui che non in potere di se stesso. E ci sar qualcun altro che vorr
commmettere da s la propria vendetta, quando Platone stesso rinunci al proprio diritto a
colpire? Nulla ti deve esser lecito finch sei in ira. E perch? Perch tu, in quello stato, vuoi
che tutto ti sia lecito (1).
1) E un esempio di come gli autori romani, nel ripetere fatti appresi dai greci, li rendessero pi
ricchi con laiuto della retorica. Il passo di Seneca non contiene nulla di pi di quanto non sia in
Plutarco e dipende dalle stesse fonti. Che in esso sia uneco del divieto pitagorico di punire gli
schiavi (Swift-Riginos, Platonica, pp.155-56) pu esser senzaltro vero, ma ci non toglie nulla
alla sua relativa credibilit.
Test.28
Valerius Maximus, Ext., IV, 1,15
4 Speusippo C, Pseusippo AL, Pleusippo Pac
Troppo liberale la moderazione di Archita, pi temperante di Platone. Infatti questi, essendo
acceso dira pi del giusto per la colpa di un servo, temendo di non poter egli stesso regolare
la misura della punizione, commise allamico Speusippo di esser arbitro della pena, ritenendo
di poter essere egli stesso incolpato se avesse fatto in modo che la colpa del servo e la
punizione di Platone fossero state considerate di pari grado (1).
1) Ripete a un dipresso la testimonianza di Seneca, in forma abbreviata. Esaminata anchessa,
con lo stesso sospetto, dalla Swift-Riginos, Platonica, pp.155-56. Ma a ben vedere
lespressione di Valerio Massimo piena di cautele di natura giuridica.
Test.29

Commento - Pag. 17
Plutarchus, Dio, 17, 2-4
3, 4 fhdnesqai Bernardakis, fhdnesqai codd.
Questo cerc di fare Platone, e trattenne anche presso di s Dione nellAccademia, avendolo
convertito alla filosofia(1). Egli abitava nella citt presso Callippo, uno dei compagni nella
ricerca filosofica (2); poi comper un terreno proprio, per farvi soggiorno; e quando part
nuovamente per la Sicilia lo don a Speusippo, il quale, fra gli amici di Atene, era stato il pi
intimo e il pi legato a lui. E ci perch Platone desiderava di veder contemperato e addolcito
il carattere di Dione mediante relazioni piene di gentilezza e di quel piacevole garbo che sa
adattarsi alle circostanze. Tale era infatti Speusippo: tanto vero che Timone, nei Silli, lo
chiama bravo nello scherzare(3).
1) Plutarco, che ha messo a confronto fra loro le fonti relative allimpresa siciliana di Dione (cfr.
infra, Test.30), ci d col suo racconto dei fatti una essenziale integrazione della VII Epistola
platonica, dalla quale pure dipende. Latteggiamento verso Speusippo, che ne mette in rilievo
lavversione al tiranno, non pu esser peraltro derivato da fonte isocratica, come Eforo o
tanto meno Teopompo. Ne deduciamo che sia derivato da fonte filoplatonica, senza che
Platone che non cita mai Speusippo nellEpistola- debba esserne considerato parte.
2) Callippo, che viene citato, pur senza esser nominato, nellEpistola VII (333a, 334a),
laccademico che sar poi traditore e uccisore di Dione a Siracusa; cfr. per queste vicende
E.Meyer, Geschichte des Altertums, V, pp.511, 522 sgg., e H.Berve, Dion,
Akad.d.Wissenschaften, Mainz 1956, pp.740-881.
3) Plutarco sembra dare un valore positivo alla definizione di Timone di Fliunte ( H. Diels,
Potarum philosophorun Fragmenta, Berolini 1901, fr.56); e cfr. il commento dello stesso
Diels, ibid., p.183. Dubbioso in proposito Tarn, Speus. of Ath., p.219.
Test.30.
Plutarchus, Dio, 22, 1-4
2 mn.: d kpodn:. mpodn L P
Ma Dione fu da ci spinto alla guerra; se Platone si teneva lontano da essa, per un certo riguardo
che aveva dellospitalit avuta da Dionisio e per ragioni connesse alla sua et avanzata,
Speusippo e gli altri amici si raccolsero intorno a lui in suo aiuto, e si impegnarono a liberare
la Sicilia, che tendeva a lui le mani ed era pronta ad accoglierlo con slancio(1). Nel tempo in
cui Platone aveva dimorato a Siracusa, Speusippo e i suoi, a quanto sembra, mischiandosi di
frequente con gli abitanti del luogo, si andavano informando circa i loro intendimenti.
Allinizio la gente aveva paura di parlare liberamente, temendo di esser presa in un tranello
dal tiranno; ma poi, col tempo, prese fiducia. Il discorso di tutti era lo stesso: tutti pregavano
Dione e lo invitavano a venire, senza navi n opliti n cavalli, imbarcandosi piuttosto su di un
brigantino; e a dar loro la sua vita e il prestigio del suo nome per la lotta contro Dionisio.
Quando Speusippo e i suoi ebbero riferito a Dione tutto questo, egli prese coraggio, e si diede
a raccogliere milizie straniere anche tramite altri, nascondendo le sue intenzioni. Delle sue
imprese politiche furono a parte molti fra i filosofi, e Eudemo di Cipro (quello per la cui
morte Aristotele doveva poi scrivere il dialogo Dellanima) (2) e Timonide di Leucade; gli
posero a fianco anche Milta il tessalo, un indovino, lui pure discepolo dellAccademia.
1) Plutarco accoglie qui la tradizione che fa in primis Speusippo ispiratore della spedizione di
Dione; concorde con Platone (Ep.VII, 350b-c) sul fatto che questi rifiut di aderire
personalmente alla spedizione, ma lasci i suoi liberi di parteciparne. In effetti Platone non fa
mai parola di Speusippo, e qui Plutarco ci dice qualcosa di pi, forse appreso da Timonide,

Pag. 18 - Commento
del quale si parler fra poco.Che Speusippo fosse con Platone nel terzo viaggio in Sicilia
noto; forse anche nel secondo, se si vuol credere almeno alla II Epistola (cfr. supra, Test.19).
2) In realt Speusippo non viene citato fra i partecipanti alla spedizione. Fra i personaggi
spicca Eudemo di Cipro, amico di Aristotele, cui questi, a morte avvenuta, avrebbe
dedicato il dialogo per yucj; cfr.Jaeger, Aristoteles, pp.37-38.
Test.31
Plutarchus, Dio, 35,4
Eforo dice che, catturata che fu la nave, egli si uccise; ma Timonide, che fin dallinizio aveva
partecipato allimpresa con Dione, e che dedic poi i suoi scritti al filosofo Speusippo, scrive
invece che Filisto scese ancor vivo dalla nave che era stata trascinata a terra (1).
1) Plutarco qui rivela il confronto da lui fatto fra le fonti: in realt Eforo e Timonide sono in
contraddizione reciproca circa la fine di Filisto (o Filistide, cfr.ps.Platone, Ep.III, 315e;
per il personaggio siracusano generale di Dionisio, cfr. Laqueur, Real-Encycl. XIX 2,
1938, coll. 2409-29). Su Timonide, cfr.lo stesso Plutarco,Dio, 22,5 e 30,10, che lo
considera probabilmente il testimone migliore; gi citato supra, Intr., nt.15 . Dalle
citazioni non sembra peraltro trattarsi veramente di storie quanto piuttosto di un tipo
particolare di lettere con racconto di avvenimenti: cos Jacobi, Fr.Gr.Hist. III B, 561 T 3
b, e Komm., III B, p.306; A.Momigliano, Developm. Greek Biography, p.62. Questo
conforta lipotesi dellassenza del filosofo dal corpo di spedizione.

Test.32
Plutarchus, De adul. et am., 29, 70a 1-5
E anche Speusippo gli scrisse di non insuperbirsi per il fatto che si parlasse tanto di lui, anche
presso ragazzi e donnicciole, ma di adoprarsi piuttosto, ornando la Sicilia di santit e giustizia
e ottime leggi, a rendere illustre lAccademia.
1) E il brano di una lettera inviata da Speusippo a Dione dopo la sua vittoria su Dionisio. Su di
essa sono state foggiate la IV Epistola platonica e la XXXIII (XXXV Orelli ) Socratica, che ne
riprendono pressa poco il motivo. La differenza cronologica fra le due lettere certamente
assai evidente, e non qui necessario far paragoni. Lepistola speusippea per probabilmente
autentica, anche se perduta.

Test.33
Ps.Galenus, Philosoph.Hist.,3, Dox.Gr: p.599
p.599, 16 ato B, athj A arsewj A, proairsewj B
rqritikoj B

16-17, rqritikoj A,

Speusippo, rimasto per breve tempo a capo della scuola, giunto alla fine a causa di una malattia
agli arti, volle porre al suo posto Senocrate, come continuatore delle dottrine platoniche (1).
1) Non si riallaccia a Speusippo se non per indicare il breve tempo passato da lui dopo
Platone a capo della scuola, ma sembra conoscere bene il tipo di male che lo affliggeva.
La continuazione delle dottrine platoniche per tarda invenzione dellautore, chiunque
esso sia, avendo gi per suo conto Speusippo rinunciato alla pi importante di queste

Commento - Pag. 19
dottrine, quella delle idee. Sulla Philosophos Historia dello pseudo-Galeno cfr..Diels,
Doxographi Graeci,, pp.233-258.
Test.34
Ioannes Italos, Quaestio 91, p.137, 5-25 Joannou
Platone dopo il quale Speusippo, e poi a sua volta, essendo questi venuto rapidamente a morte,
Senocrate, divenne esegeta delle dottrine platoniche(1).
1) Questo passo di autore bizantino, che non una testimonianza significativa ma che denota
pur sempre unattenzione alla prosecuzione esegetica della dottrina platonica, stato
notato da Romano, Nuove test. Speus. , pp.165-167, che lo pone in relazione con
ps.Galeno, Hist. Philos., 3, Dox.Gr. p.599, senza comunque che nel passo ci sia alcun
accenno alla malattia di Speusippo.
Test.35
Proleg. in Platonis Philosoph., 24,6, p.38 Westerink
Tutti sono daccordo che siano spurii il Sisifo, il Demodoco, lAlcione, lErissia, e le Definizioni
che vengono attribuite a Speusippo(1).
1) Questa attribuzione degli Oroi pseudoplatonici a Speusippo considerata oggi da
scartarsi; cfr.Ingenkamp, Unters. Pseudoplat. Defin., pp.112-113. Le Definizioni a noi
giunte sotto il nome di Platone attestano la presenza di molto materiale stoico, anche se
non mancano di addentellati accademici, il che fa pensare a unAccademia tardiva,
influenzata dalla Stoa, forse quella di Antioco di Ascalona.
Test.36
Ioannes Stobaeus, Florileg., IV, 52, 17, V, p.1077 Hense
2 to bou del. Meineke
Diogene sugger a Speusippo, chera paralizzato negli arti, di andarsene volontariamente dalla
vita: ma quegli gli rispose:non con le gambe viviamo, ma con la mente (1).
1) Cfr. Diogene L., IV, 3, che riporta questo aneddoto nella forma negativa, mentre in forma
filoplatonica giunto a Stobeo.
Test.37
Tertullianus, Apologet., 46,10, p.96 Waltzing
Ho appreso che anche uno della scuola di Platone, un certo Speusippo, mor in atto di adulterio
(1).
1) Daccordo nel non dare valore a questa testimonianza tutti i critici, da Fischer, Speus.ath.vita,
p.48, a Zeller, Philos.d.Gr. I,4, p.987, a Merlan, Biographie, p.214. Oltre tutto, Tertulliano non
conosce Speusippo se non per tradizione assai vaga, e ci sintuisce facilmente dal modo come
lo cita.
Test.38
Gregorius Nazianz., Poem.moral., PG X, 306, col.702

Pag. 20 - Commento
Che pu dirti Platone, pur essendo il pi sapiente degli uomini? Che Aristippo, dico lamico del
piacere? Che, io credo, il gentile Speusippo? (1)
1) Laggettivo careij apposto al nome di Speusippo, che deriva forse dallo ps.Chione, ep.X,
indica una tradizione positiva ancora sensibile, che tende a presentare Speusippo come uomo
piacevole anzich dedito ai piaceri. In proposito di Gregorio di Nazianzo cfr.I.Dring,
Herodicus the Cratetean. A Study in anti-platonic Tradition, Stockholm 1941, p.167.
Test.39
Themistius, Oratio XXI,255b
1 pesippoj AHS
E per questo Aristone amava Cleante, e lo faceva partecipe della comunanza dei discepoli, e cos
Cratete Crantore; e per questo Speusippo richiam da Calcedone Senocrate (1).
1) Si basa anchessa sulla tradizione che fa Speusippo, in punto di morte, richiamante Senocrate
per affidargli la scuola, tradizione dubbia, che riposa su due tardive lettere socratiche (cfr.
F131 e 132 ). Ma questa testimonianza dice espressamente che Senocrate fu richiamato da
Calcedone, e sembra presupporre un soggiorno di questi in patria durante lo scolarcato di
Speusippo. Quanto alle relazioni che qui Temistio pone fra gli altri filosofi, esse destano
perplessit. Tra Aristone di Chio e Cleante abbiamo solo il titolo di unopera del primo, Prj
Klenqhn (D.L.VII, 163), in cui il prj di significato incerto. Di legami fra Accademici
Diogene parla a proposito di Cratete e Polemone, Cratore e Arcesilao (IV, 22).
Test.40
Themistius, Oratio XXXI, 353c-d
Per me lautorit che viene dai discorsi pi alta di quella delle trombe dargento o degli araldi
dalla voce pi forte; non si pu n darla n toglierla ai re.Questautorit domina fino ad ora,sia
essa di Aristone, o di Aristotele, o di Speusippo, o di Senocrate (1).
1) Temistio parla qui di una rc superiore che viene dalla capacit di saper tenere discorsi
rispetto a quella degli strumenti risonanti, e cita Aristone, Aristotele, Speusippo, Senocrate. Il
passo riguarda Speusippo solo per lesemplificazione che vi viene condotta.
Test.41
Themistius, Oratio XXXIV, VII
5 gnmhn Jacobs, Dindorf; tn gnmhn Gasda, Schneider, Tarn; gnmV A suntrcousan
coniecit Jacobs, sumprpousan A
E se qualcuno chiama Platone nunzio del pensiero divino, non cos vanno chiamati Speusippo o
Senocrate, ma piuttosto va chiamato cos colui che da forza alla sentenza di lui (1).
1) E qui, al contrario, un confronto fra Platone, degno di essere chiamato nunzio di pensieri divini,
e la minore figura di Speusippo o di Senocrate, che non comporta simili appellativi.

Test.42
Plutarchus, Quaest. conviv., I, 612 d 7-e 2
d 11 'Aristotlhn ceteri

Commento - Pag. 21
Quanto al fatto che, in stato di ebbrezza, si perda totalmente la memoria, non solo esso
contrario a quanto si dice del banchetto, cio che questo buono a procurare amicizie, ma ha
contro di s la testimonianza dei filosofi pi illustri, Platone, Senocrate, Senofonte, Aristotele,
Speusippo (1), Epicuro, e ancora Prtani e Ieronimo e Dione Accademico (2); i quali tutti
ritennero che fosse opera degna di qualche cura lo scrivere discorsi simposiaci .

1) Speusippo compare in una abbastanza lunga lista di personalit filosofiche dedite a celebrare col
vino in banchetti la loro dedizione ai discorsi. Non neanche questa una testimonianza
significativa, ma va peraltro registrata. Potrebbe dar forza alla lezione sumpotiko del seguente
Test.49.
Ci sono incertezze circa i filosofi citati: Se per Epicuro i frr.54-65 Usener (21,1-5 Arrighetti)
sono una testimonianza sufficiente, poco sappiamo di Ieronimo di Rodi in proposito (D.L.IV, 41;
R.Daebritz, Real. Encycl. VIII,2, 1913, coll.1561-1564; Wehrli, Schule des Aristoteles, X, pp.7-44,
in part.35-36) e meno ancora di Pritani, peripatetico del III secolo a:C., Athenaeus, Deipnosoph.XI,
477e, Ziegler, Real-Encycl. XXIII,1, 1957, col.1158). Quanto a Dione, potrebbe trattarsi
dellAccademico Dione Alessandrino, discepolo di Antioco di Ascalona (Cicerone, Acad. II, 12)
forse identificabile con il personaggio di cui ci parla sempre Athenaeus, Deipnosoph.I, 34b; cfr, von
Arnim, Real -E V,1,1903, col.847.
Test.43
Gellius, Noct. Att., III,7,13
Si dice che Aristotele comprasse i pochi libri di Speusippo dopo la morte di lui per tre talenti
attici; il che nella nostra moneta settantadue mila sesterzi.(1).
1) Il passo si inserisce nella consueta tradizione dellacquisto di libri da altro filosofo, ma questa
volta si pu essere in dubbio se si tratti di accusa di inautenticit o di plagio, dati i personaggi di
cui si tratta, Speusippo e Aristotele, e la stima che Gellio fa di essi. Si pu piuttosto prendere in
considerazione lipotesi di un calcolo del valore dei testi citati; che qui Gellio sembra
considerare scarsi di numero, in contrasto col catalogo laerziano, peraltro, come si gi detto,
incompleto.
Test.44
Cicero, Academ. post., I, 4, 17
2 constituta G
7 prestantissimos mn
Da Platone, chera filosofo di dottrina varia e ricca e molteplice, deriv una forma di filosofia in
realt una e congruente con se stessa, ma con due differenti denominazioni, degli Accademici e
dei Peripatetici; daccordo sulla sostanza, essi differivano nel nome(1). Avendo Platone lasciato
quasi erede della sua filosofia Speusippo, il figlio di sua sorella (2), ma anche altri due discepoli
di grandissimo zelo e di alta dottrina, Senocrate e Aristotele di Stagira, ecco che quelli che si
raccoglievano intorno ad Aristotele si chiamarono peripatetici, per il fatto che trattavano di
filosofia passeggiando per il Liceo, mentre quelli cherano soliti tenere i loro ritrovi e i loro
discorsi nella sede della scuola istituita da Platone, ch un altro ginnasio, trassero da questo
luogo la loro denominazione
1) E una testimonianza che si concepisce nellatmosfera di unit fra Accademia e Peripato
ristabilita da Antioco di Ascalona, il maestro di Cicerone ad Atene nel 98-97; cfr. per questo
Hirzel, Untersuchungen, III, p.500; Luck, Der Akad. Antiochos, p.21 sgg.; Glucker, Antiochus
late Academy, pp.28 sgg., 55 sgg. E questo del resto un ritorno agli inizi delle due scuole; cfr.

Pag. 22 - Commento
Ind.Acad., col.V, 11, ove esse sono trattate come una, e si giustifica in Antioco come
polemica contro lAccademia pi recente.
2) Dring, Aristotle anc.biogr.Trad., p.260, sottolinea linsistenza su Speusippo heres Platonis:
Nessuna allusione al motivo pi tardo del carattere di philosophus deambulans legato alla sua
figura, come avverr in certo letteratura filosofica pi tardiva. Cfr. supra, Test.13-15.
Test.45
Cicero, De orat.,. III,18,67
6 Speusippus, Speusippus vulg.

7 certe add. Bornecque

Restano ancora i Peripatetici e gli Accademici; bench si possa dire che il nome di Accademici
uno, le posizioni dottrinali sono due. Infatti Speusippo, figlio della sorella di Platone, e
Polemone e Crantore, discepoli di Aristotele, non ebbero dottrine radicalmente diverse da quelle
di Aristotele, il quale analogamente, e insieme con loro, aveva ascoltato Platone. Non gli furono
forse per pari per labbondanza e la variet della trattazione filosofica (1).
1) Non si distingue molto dallaltro brano, in quanto afferma che Speusippo e i suoi successori
alla direzione dellAccademia nihil magnopere dissenserunt da Aristotele;la distinzione
posta su piano piuttosto oratorio che filosofico.
Test.46
Cicero, Academ. Post., I, 9,34
9 Cratero g 10 eis pc 11 utebantur D
Speusippo e Senocrate, i quali per primi raccolsero in eredit linsegnamento di Platone, e dopo di
loro Polemone e Cratete e insieme Crantore, riuniti nellAccademia, tennero fede con scrupolo a
ci che avevano ricevuto dai loro maestri. (1).
1) Di nuovo sullunit dellAccademia antica, in omaggio allinterpretazione di Antioco.
Test.47
Cicero, De fin., IV, 2,3
1 auditores Platonis E 5 Ephorum (pro eorum) L
Credo per, dissi, o Catone, che quegli antichi discepoli di Platone, Speusippo, Aristotele,
Senocrate, e poi i discepoli di questi, Polemone, Teofrasto, avessero una dottrina articolata in
forma elegante e varia; s che Zenone non aveva alcuna ragione, dopo essere stato discepolo di
Polemone, per allontanarsi da lui e dai precedenti discepoli della scuola (1).
.
1) Lunit qui prende un significato e una prospettiva pi ampia, includendo anche la Stoa; di cui
poi Cicerone, contrapponendosi allinterlocutore Catone, metter in rilievo la scarsa sensibilit a
problematiche politiche. Eancora linterpretazione di Antioco, che tendeva ad avvicinare Stoa e
Accademia-Peripato, e Zenone a Polemone.; e avremo modo di veder meglio ci pi oltre. Ma
Speusippo, citato qui come iniziatore, viene poi taciuto in seguito, ove si porr piuttosto in
rilievo Senocrate (cfr.6, 15).
Test.48
Epicrates apud Athenaeum, Deipnosoph. II, 59d-f (Epikrates fr:11 Kock; fr.10 B. Kassel- C.Austin,
Poetae Comici Graeci, Berlin-New York 1984-2001, V, pp.161-63 )
2 Mendhmoj Musurus, Dindorf; menqumoj BCE
3nun Erdfurdt, nn codd. 4 totoisin
Dindorf, tosin CE 7 prj gj codd., prj Aqhnj Cobet 12 naudoi Kaibel, naudej CE

Commento - Pag. 23

18 tajde del. Wilamowitz


tn koloknthn Meineke

prepj Casaubonus, eprepj CE 33 x rcj add.Porson,

A. Che dire di Platone,


e di Speusippo e Menedemo?
A che attendono ora?
Quali cure, quale discorso
oggetto del loro investigare?
Questo saggiamente, se qualcosa ne sai,
dimmi, per la terra(1)
B. So chiaramente che dire di loro:
vidi infatti alle Panatenee la schiera
di quei giovani
nei ginnasii dellAccademia,
tenervi discorsi indicibili, assurdi.
Dando definizioni sulla natura
separarono la natura degli animali
e poi quella delle piante, e le specie dei vegetali.
Poi fra questi la zucca
presero in esame, di che genere sia.
A. E che definizione diedero del genere
cui appartiene la pianta? Spiegamelo, se lo sai.
B. Dapprima tutti, muti,
stettero, intenti e curvi,
e rifletterono per lungo tempo.
Poi,dimprovviso, mentre erano ancora curvi
e investigavano i giovani,
uno di loro disse ch un vegetale rotondo,
uno ch verdura, laltro ch albero.
Ascoltando ci, un medico
venuto dalla Sicilia,
si rivolt contro di loro, dicendo che deliravano (2)..
A. Si adirarono allora per la derisione, e gridarono?
Far cos in una riunione sconveniente.
B. Non se la presero molto i giovani.
Platone poi, chera presente, molto dolcemente
fece loro di nuovo (dallinizio la zucca)
esaminare, per definirne il genere;
ed essi procedettero alla divisione.
1) Ateneo cita qui Epicrate, fr.11, II, pp.287-88 Kock. Si tratta di un comico contemporaneo a
Speusippo, ed era uso costante dei comici (si pensi allesempio pi famoso, quello di
Aristofane nei riguardi di Socrate) di dar la loro valutazione, per lo pi irrisoria, dei filosofi
dellepoca. Il passo ha interessato vivamente la critica moderna: cfr. in proposito Wilamowitz,
Antig.v.Kar., Exc.II, p.283 sgg:, e, fra molti altri citabili, P.Friedlnder, Platon I: Eidos,
Paideia, Dialogos, Berlin 1928, 1954, p.110; Dring, Arist. in anc.Biogr.Trad., pp.355 sgg.,
Aristoteles, p.525. Jaeger, Arist:, pp.16-18, ha notato come la testimonianza, per il suo
carattere diretto, ci attesti le ricerche fisico-naturalistiche dellAccademia almeno nel senso
ampio di applicazione del metodo diairetico a realt di ordine naturale. Diversamente
Cherniss, Riddle, p.63, che basandosi sulla probabile imitazione di Aristofane da parte di

Pag. 24 - Commento
Epicrate, ritiene non potersi dare a questi pi affidamento per Speusippo di quanto lo si possa
dare ad Aristofane per Socrate; analogamente oggi Tarn, Speus., pp.220-21. Dring, al
contrario, cita una serie di comici (Amphis, Alessi, Fidippide, forse Antifane per Aristotele,
II, fr.122 Kock) che non si peritano di mettere in gioco lo stesso concetto platonico
fondamentale di gaqn, dissertando variamente su Platone e la sua scuola..
Questa testimonianza di un non filosofo sulla scuola filosofica di Platone pu dar lidea di come
laccesso ad essa non fosse riservato strettamente agli adepti, e come linsegnamento dei
filosofi fosse noto fuori di una cerchia ristretta. Ne del resto una prova ben pi rilevante il
famoso passo di Aristosseno ( Harmonica II,1, pp.30-31 Macran) che parla di sgomento, o
irrisione, di auditori impreparati di fronte a un difficile passaggio delletica di Platone, passo
che ha ricevuto varie interpretazioni non pertinenti ( rimando a Isnardi Parente, Akroasis,
pp.146-162, e Testimonia platonica II, pp.1-9), e che ci suggerisce efficacemente come un
pubblico non filosoficamente preparato potesse adire liberamente le lezioni dei filosofi, e cio
come queste fossero, in Atene, tenute liberamente in gymnasia e largamente aperte a retori,
sofisti, uomini di varia cultura.
2) Il medico siciliano che assiste infastidito alle esercitazioni divisorie degli Accademici fu da
M;Wellmann ( Die Fragmente der sikelischen Aertze, Berlin 1901, p.69) identificato con
Filistione di Locri. Accetta ci con qualche riserva Jaeger, Aristoteles, p.16, ma pi
decisamente in Diokles von Karistos, Berlin 1938, pp.9-10; cfr. poi Dring, Arist., p.525, nt.
100; Gaiser, Pl.ung.Lehre, Test.plat., p.451 nt.6.Il Menedemo di cui qui si parla certamente
Menedemo di Pirra, per cui cfr.v.Fritz, Real-Encycl. XV,I, 1931, col.788.
Test.49
Athenaeus, Deipnosoph., I, 3f
F 8, basilikoj codd., sumpotikoj Scheiwghauser, Dindorf, Boyanc
Senocrate di Calcedone,e anche Speusippo accademico e Aristotele, scrissero leggi valide per
organizzare i banchetti (1).
1) Accetto la correzione di Schweighauser che stata ampiamente motivata da Boyanc, Culte des
Muses, p.167 sgg., 264 e note. Sumpotiko risponde assai meglio sia al carattere
dellargomentazione di Ateneo nel luogo citato, sia a quello dellAccademia antica come luogo
di culto delle Muse. Accetta invece il basilikoj consacrato dalla tradizione del testo oggi
Tarn, Speus.of Ath., p.326-27.
Test.50
Numenius, De Academic. a Platone defect.,I (apud Eusebium, Praep.evang.XIV,5,1)
5 delfidon Estienne, delfn codd. 6 tn codd., omisit ON; to Estienne 7 kdexmenon
ID, klexmenon ON
Sotto Speusippo, nipote di Platone, e Senocrate, successore di Speusippo, e Polemone che ricev la
scuola in eredit da Senocrate, il carattere della dottrina si mantenne pi o meno lo stesso (1), fino a
che non sopravvenne poi la famosa sospensione del giudizio e altri principi del genere. Tuttavia,
abbandonando certi principi e altri torturandone, essi non si attennero fedelmente allinsegnamento
antico: a partire da lui (Arcesilao) cominciarono, prima o dopo che fosse, a dividersi (2); non saprei
ben dire se per proposito determinato o senza rendersene conto, o forse per qualche altra ragione cui
lambizione non era estranea.
1) Questa testimonianza di Numenio cita Speusippo, Senocrate e Polemone come facenti tuttuno
nella relativa fedelt a Platone; relativa perch in realt non mantennero lunanimit con la
dottrina del maestro n fra di loro, e di ci Numenio fa loro carico. Sulla posizione di Numenio
e sullopera da cui si cita vedi Des Places, Numnius, Notice, pp.13-14, 62 sgg..

Commento - Pag. 25
Il giudizio critico di Numenio valutato da Krmer,Ursprung der Geistmetaphysik, p.65 sgg.,
come il vero e proprio tentativo di restaurare la dottrina platonica, intesa peraltro sulla base della
testimonianza orale e del Per tgaqo di Aristotele in Alessandro dAfrodisia; Krmer inoltre
instaura una sorta didentit fra lopinione di Senocrate e quella di Numenio ch senzaltro da
respingersi.
2) Con poc ci si riferisce a quellAccademia di mezzo e nuova ch in realt il vero bersaglio di
Numenio, come effettivo tradimento di Platone. Pi avanti (55 sgg.) si d a Platone una certa
responsabilit di questo col suo nascondersi (pikruymenoj), con un atto di fedelt
allinterpretazione ellenistica pitagorizzante.
Test.51
Eusebius, Praep. Evang,, XIV,4. 13-14
Dopo Platone, tennero la scuola Speusippo, figlio della sorella di Platone stesso, Potone, e poi
Senocrate, e successivamente Polemone. Questi, cominciando dalle radici stesse della scuola,
si dice che dissolvessero la dottrina platonica, torturando le opinioni del maestro con
lintroduzione di principi estranei; s che non cera da aspettarsi altro se non che la mirabile
efficacia di quei dialoghi si spegnesse, e che leredit delle dottrine venisse meno insieme con
la morte del loro autore (1).
1) E qui ripetuta con accentuazione la testimonianza di Numenio, e si fa iniziare senzaltro dalla
prima Accademia la degenerazione della filosofia platonica. Eusebio pu parlare pi
chiaramente perch non ha alcun patrimonio filosofico tradizionale di scuola da difendere.
Test.52
Porphyrius, Vita Pythag., 53
12 krpima Bpc, krphma W, krphma Bac VL
naskeun Burkert, diaskeun codd.,
diasurmn vel diastrofn Shorey (Class.Philol. 27, 1932)
15 basknwj BMLPcW,
basknwn VLac
Inoltre i Pitagorici dicono che Platone e Aristotele, Speusippo, Aristosseno, Senocrate, si
appropriarono di tutto ci chera fruttuoso nella dottrina con poca fatica, mentre invece raccolsero
insieme e aggiudicarono alla scuola pitagorica, come suo proprio, tutto quello chera superficiale e
vano, o tutto quello chera stato affermato da maligni calunnatori per dileggiare la scuola stessa (1).
1) I pitagorici di cui parla qui Porfirio sono nessunaltro che Moderato di Gades (Capelle, RealEncycl. XV,2,1932, coll.2318.20) al quale risale la descrizione dellantico pitagorismo nella
forma che leggiamo appunto in Porfirio, Vita Pyth.,48-53. Cfr. per questo brano in particolare
Burkert, Weis. Wiss., p.84 e 158-59. Ci pu sorprendere in questa sede la citazione del
pitagorizzante Aristosseno; a proposito del quale cfr.Wehrli, Schule des Aristoteles II, frr.11-41
e commento pp. 49-62 . E un segno che il pitagorismo tardo respinge anche questo particolare
tipo di pitagorismo ellenistico, intendendo rifarsi alla pura tradizione pitagorica antica. Cfr.
Thesleff, Introd. pythag. Writings, p.71 sgg.
Test.53
Simplicius, In Aristot. Phys., p.151, 6 10 Diels
8 par (ante Xenokrtouj) om.D 9 to Pltwnoj EF
Alessandro dice che per Platone i principi di tutto, e anche delle stesse idee, sono luno e la
dualit indefinita, chegli chiamava anche grande-e- piccolo; cos dice Aristotele nello scritto
Del bene; e lo si potrebbe apprendere analogamente da Speusippo e Senocrate e da tutti gli

Pag. 26 - Commento
altri che furono presenti alla lezione di Platone sul bene; tutti, infatti, trascrissero e
conservarono la sua dottrina, e dicono tutti che Platone aveva questi principi (1).
1) E una citazione di Speusippo fatta molto in fretta, come uno degli ascoltatori delle, o
della, lezioni di Platone sul bene e della trattazione della sua dottrina orale. Altrove (p.45,
22 sgg.Diels) lo stesso Simplicio citer piuttosto Aristotele, Eraclide, Estieo e altri, fra i
quali Speusippo potrebbe essere compreso. Per il passo in questione cfr. Gaiser,
Testimonia Platonica, in Platons Ungeschrieb. Lehre, pp.481-483, e, con atteggiamento
opposto, Isnardi Parente, Testimonia platonica II, p.80, non propensa a dare effettivo
valore storico a queste citazioni tardive.

Margherita Isnardi Parente


SPEUSIPPO. TESTIMONIANZE E FRAMMENTI

FRAGMENTA

Logica e gnoseologia
F1
Sextus Adv.math.VII (Logicos I), 145-146
1 stin N, om. LE$ 7 to ante yltou om. $
nrgeian G

9 k N, om.LE$

10 nrgeian Bekker,

Speusippo diceva che, dal momento che le cose sono parte sensibili, parte intellegibili, criterio
delle intellegibili la ragione scientifica, criterio delle sensibili la sensazione scientifica (1). E
supponeva che la sensazione scientifica sia quella che partecipa della verit razionale. Cos come le
dita del flautista o del citaredo hanno una capacit tecnica, non per perfezionata essenzialmente in
s stessa, ma precisata dal coesercizio della ragione (2), e cos come la sensazione del musico ha
una capacit che gli permette di afferrare ci che armonico e ci ch disarmonico, facolt che
tuttavia non innata, ma derivata dal ragionamento, cos anche la sensazione scientifica per natura
partecipa, per opera della ragione,dellesercizio della scienza, in vista di una distinzione non erronea
degli oggetti (3).
1) Sesto attribuisce a Speusippo una distinzione fra un pisthmonik n l gon ed una
pisthmonik n asqhsin. Mentre la gnoseologia di Platone, descritta in VI1, 141 sgg., non
riconosce carattere scientifico di sorta alla sensazione, Speusippo portato a riconoscere una
pregnanza scientifica anche in ci ch soggetto a questa, individuando per essa una scientificit
espressa, e vedremo meglio fra poco in che cosa essa consista. Ci stato messo in rilievo da
Zeller, Phil.d.Gr. II,1, pp.997-98, che insiste sulla rottura decisa con la gnoseologia platonica,
mentre stato visto da Stenzel, Speusippos, col.1655 sgg., come una continuazione della teoria
tardo-platonica delltomon edoj (cfr.dello stesso Studien zur plat. Dial., p.73 sgg.); impostazione
questa continuata da Krmer, Arist.akad. Eidoslehre, pp.172-73. Se Speusippo parlava di una
sensazione scientifica, in ogni caso, la novit della sua teoria appare assai marcata. Dubbi in
proposito in Tarn, Speus.of Ath., p.432, mentre assai pi convincente Delattre, Speus., Diog. etc.,
p.83 sgg.: la sensazione scientifica, per Platone, pu far parte tuttal pi della rq d xa, mentre in
Speusippo si riattacca direttamente al l goj. Delattre ritiene tuttavia che laggettivo pisthmonik j
sia dovuto a Diogene di Babilonia, che riprende la teoria accademica in un tentativo di fondare la
propria teoria della musica su quella accademico-platonica; su questo si pu nutrire dei dubbi..
1) La teoria speusippea doveva consistere a un dipresso in questo: la sensazione non tutta e
soltanto a tofuj, originaria, ma pu essere anche di carattere scientifico in quanto
partecipante alla verit intellegibile, come il tocco tecnicizzato della mano del flautista. La
teoria, soprattutto per il paragone, fa pensare a una reale dipendenza di Sesto da Speusippo, con
il suo tendenziale pitagorismo. Ma chiaro che vi tutta una serie di passaggi, e che Sesto non
deriva da Speusippo direttamente, ma attraverso una mediazione ellenistica. Lo fa pensare il suo
linguaggio filosofico, che si pone a un livello ulteriore rispetto a quello accademico. La parola
prohgoumnwj, anzitutto, denota una fonte probabilmente pi tarda: osservata per la prima
volta presso Teofrasto (De igne, 14; cfr. H.Dirlmeier, Die oikeiosislehre des Theophrastos,
Philologus Suppl.XXX, 1931, p.15 sgg.), essa ricorre poi ampiamente nei testi platonici pi
tardi, n esiste una ragione per attribuirla a fonte vetero-accademica. La parola partizomnhn

Pag. 2 - Fragmenta
conduce al vocabolario filosofico di Antipatro di Tarso, e il significato che qui le vien dato
(perfezionata in connessione con la ragione) corrisponde a quello che Antipatro usa per
proprio conto a definire la stessa definizione (l goj phrtismnwj kfer menoj, Diogene L.,
VII,60 = SVF III, Antipatros, fr.23). Infine, la teoria di una sensazione scientifica, per esigenze
particolari connesse alla teoria stoica, recuperata, come si gi detto sopra, da Diogene
Babilonio (Filodemo, De musica,I, p.11 Kemke = SVF III, Diogenes Bab., fr.61); anche
Diogene si valeva probabilmente di paragoni musicali. Si risale quindi a Speusippo attraverso
una ricca tradizione ellenistica.
W.Theiler, Die Vorbereitung des Neuplatonismus, Berlin 1930, p.55, nota 1, suppone che la
citazione sia fatta tramite Antioco di Ascalona come fonte diretta. Non c ragione di negarlo, e la
probabilit sussiste, nonostante Tarn, Speus., pp.431-32, che non porta alcun argomento valido a
sostegno della sua negazione. Cfr. per questo Isnardi Parente, Sesto, Plat. etc.,.pp.129-30.
3) La frase denota una non assoluta e autonoma scientificit della sensazione, ma la sua
dipendenza dalla ragione per la conoscenza empirica; non pi il l goj a raccogliere in s
anche la sensazione, in quanto questa gli premessa necessaria a dare il suo giudizio, ma ,
al contrario, la sensazione a raccogliere in s elementi dellesercizio razionale e
connaturarseli.
F2
Proclus, In prim. Eucl. element. librum, p.179,8-21 Friedlein
12 pr ekrine G, dikrine C 15 qewran G 20 a ren Mullach, arein Friedlein
p/kenwn G 20-21 diabanousa M supra lineam , diabllousa M

sic C,

La conoscenza evidente e non dimostrativa e la comprensione senza bisogno di argomentazioni


contraddistinguono i principi e gli assiomi, cos come la conoscenza dimostrativa e la comprensione
degli oggetti dei quali si fa ricerca con strumenti argomentativi distinguono i teoremi dai problemi.
Sempre e in ogni caso i principi devono differire da ci che da essi dipende per la loro semplicit,
non dimostrativit, credibilit immediata (1). Infatti Speusippo dice che le cose di cui il pensiero va
a caccia (2) le une, senza fare alcuna artificiosa digressione, le premette e predispone come base per
la ulteriore ricerca, e di queste ha una conoscenza per contatto, pi chiara di quel sia la vista per
tutto ci ch visibile; delle altre, poich gli impossibile afferrarle direttamente, raggiungendole
con un procedimento di traslazione, tenta di conpierne ugualmente la caccia secondo il loro ordine
conseguente (3).
1) Proclo si rif qui anzitutto alla distinzione fra conoscenza intuitiva e conoscenza discorsiva, gi
chiara in Platone, ma cui Speusippo sembra aver portato integrazioni. La parte relativa ai
principi pu esser riferita a Speusippo; anche Speusippo pu e deve considerarsi fra i fondatori
di questa ipostatizzazione della teoria platonica. Non sono invece riferibili a Speusippo le righe
seguenti della trattazione, come vorrebbe Cherniss, Arist.crit.Plato Acad., p.396 sgg., nt.322,
che alludono chiaramente alla teoria matematica della sij, concezione dinamica che vede le
figure nascere per scorrimento: che questa non sia attruibile a Speusippo cosa su cui si
discuter pi oltre.
2)La distinzione che Speusippo fa fra conoscenza intuitiva e discorsiva prende le mosse da Platone,
Resp. VI, 510 b- 511d, ove posta esattamente la questione di una conoscenza intuitiva, sintende
intellettuale, che coglie la realt salendo ad essa in modo chiaro e immediato, e di una conoscenza
discorsiva, che discende da quelle premesse a forme di conoscenza secondaria. Nel pensiero di
Speusippo non si trova per traccia di una katbasij come caratteristica della conoscenza di
secondo tipo. Anzitutto Speusippo utilizza largamente il concetto di qra, caccia, anchesso di
uso platonico e a torto malcompreso da un amanuense, ma di cui Platone si vale per altre
espressioni (si vedano Phaedo 66c 2, per qra to ntoj, e altri casi analoghi in Gorgias, 500d 1,

Fragmenta - Pag. 3
Theaet.198a 7); per questo uso cfr. Des Places, Lexicon, s.v., e C.J. Classen, Untersuchungen zu
Platons Jagdbildern, Berlin 1960; errata senzaltro lipotesi di C.Viano, La selva delle somiglianze,
Torino1985, pp.177, 191-2, secondo cui Speusippo si riferirebbe col termine a una forma di
conoscenza casuale e sporadica, dal momento che esso riferito proprio alla forma pi alta
delloggetto conoscitivo. Platonico senzaltro luso che qui fa Speusippo di dixodoj (lassenza
della quale caratterizza la prima e fondamentare forma del conoscere) e dalla presenza della paf,
il contatto diretto che proprio della nosi (in Phaedo, 79d, la fr nhsij, ch qui il termine usato
per n hsij, definita un fptesqai to ntoj). Di nuovo, Speusippo aggiunge laggettivo
nargj, non ignoto a Platone seppur usato raramente (cfr.ad es. Resp.511a 8) e non mai, come qui,
con paf.
Differentemente si pone la cosa per il verbo probllein, mai usato da Platone in senso conoscitivo
n filosofico (cfr.Ast, Lexicon, e Des Places, Lexique, s.v.) ma ora rivalutato da Speusippo in
considerazione dei problmata che costituiscono una forma essenziale della conoscenza
matematica e di cui si parler fra breve. Al verbo probllein, usato per la proposta che la
conoscenza fa in vista del suo adempimento, si unisce un verbo pi singolare, che
proeutrepzein. Difficilmente tale verbo pu dirsi di provenienza speusippea: esso, nel significato
di preparare, di uso filosofico pi tardo, n dato trovarlo prima di Giamblico, Protr.1. E
perci da pensarsi che Proclo a questo punto amplii per suo conto la citazione.
Speusippo sembra dire che la qra degli oggetti condotta dalla conoscenza inferiore compiuta per
una sorta di metbasij o trasposizione, e non direttamente. Luso della parola in questo senso non
certo platonico, indicando essa sempre per Platone un cambiamento in senso generico. Se
Speusippo lha usata per primo, ci pu illuminarci sulluso che del termine vediamo fatto
frequentemente nelle teorie filosofiche del primo ellenismo. Secondo gli stoici, per via di
metbasij vengono acquisiti alla conoscenza sensibile gli incorporei (Diocle di Magnesia in
Diogene L.,VII,52 = SVF II,87): da una trasposizione di elementi dei corpi viene cio concepito il
luogo dove essi dovrebbero trovarsi. Epicuro conosce anchegli un significato gneoseologico di
metbasij nel senso di inferenza (cfr.Per f sewj, 26.30 Arr., e Arrighetti, commento, pp.59495). Speusippo potrebbe aver anticipato questuso del termine, non concedendo alla conoscenza
sensibile se non un impiego secondario dei procedimenti.
2) La conclusione di Speusippo che la conoscenza sensibile diabanei dalluno allaltro dei suoi
oggetti. Il suo movimento dunque rettilineo, e non prevista nessuna discesa dai presupposti
alloggetto specifico del conoscere, come Platone assegnava al procedere delle realt
matematiche. Queste del resto nel pensiero di Speusippo sono divenute primarie, ed naturale
che non procedano per katbasij; inoltre, la Repubblica ormai lontana dalla speculazione
dei primi accademici (vedi per questo Introduzione,nt.26).
F 3 Proclus, In prim.Eucl Elem.librum, pp.77,7-78,9 Friedlein
10 proqseij M, G 18 okei teron G, okeiotran C 20 poioumnaij ex G Grynaeus,
poiontai M 78,4 tata Tannery, tutFriedlein 7 romen G
Ci che viene dopo i principi, poi, si divide in problemi e teoremi Gi fra gli antichi alcuni, come
Speusippo e Anfinomo con le loro scuole, vollero dare a tutti questi procedimenti il nome di
teoremi, ritenendo che tale definizione fosse pi appropriata alle scienze teoriche che non quella di
problemi, se non altro per il fatto che esse conducono tutti i loro procedimenti intorno ad oggetti che
sono di natura eterna (1). Nelle realt che sono eterne non vi processo di genesi, e perci la
nozione di problema non pu avere in esse spazio alcuno, giacch indica un venire allessere e una
costruzione di qualcosa che prima non esisteva; cos, per esempio, la costruzione di un triangolo
isoscele, oppure quella del quadrato, una volta che ne sia dato il lato, o la costruzione di una linea a
partire da un dato punto. Sostengono quindi che tutte le realt del genere sono in assoluto, e che noi
cogliamo latto della loro genesi non nel suo effettivo farsi, ma solo sotto laspetto del processo

Pag. 4 - Fragmenta
conoscitivo, prospettandoci la realt di cose che sono eterne come se fossero in divenire (2); e
perci diciamo che tutto questo deve essere inteso nella sua essenza di teorema e non di problema.
Ci sono invece altri matematici, per esempio quelli della scuola di Menecmo, che ritengono giusto
chiamare problemi tutti questi procedimenti (3).
1) Il passo riguarda la distinzione fra teorema e problema, che assai decisa in Speusippo.
Anfinomo viene da Proclo accompagnato a lui in questo, ma Anfinomo un matematico del IV
secolo, contemporaneo quindi di Speusippo, di cui assai poco sappiamo: cfr. P.Tannery, La
gometrie grecque, Paris 1897, pp.24, 137-39; K.v.Fritz, Real-Encycl. Suppl.VII, 1940, coll.3839. La distinzione fra teorema e problema risale a Enopide, o, secondo altre testimonianze, al
suo scolaro Zenodoto (cfr. ancora K.v.Fritz, Real-Encycl. XVII,2, coll.2267-68): la distinzione
fra un ragionamento che enuncia una propriet delloggetto e uno che, data una certa
propriet,costruisce in base a quella loggetto.
Speusippo ha considerato primaria la scienza matematica, sostituendola alla stessa dottrina delle
idee; egli deve quindi distinguerla in forma pi rigorosa di quanto non abbia fatto Platone stesso
dalla pohsij. Nella definizione di problema egli avverte qualcosa di inadeguato al carattere di
assoluta uguaglianza a s e di assoluta immobilit che contraddistingue il procedere matematico,
che esclude da s qualsiasi procedimento costruttivo; la dizione di problema matematico va
dunque eliminata.
Secondo Lang, Speus.Acad.scr., pp.28-30, il passo trova un complemento nel seguente p.161,16
sgg. Fr. (qui F 4), in cui viene precisato, senza pi far nomi, che alcuni, matematici e filosofi
matematizzanti, dividono il campo della disciplina in ximata e qewrmata: i primi sono i
postulati intuitivi che stanno alla base degli altri. E questo certamente unaffermazione che, se
riguarda in primo luogo le scienze matematiche, ha una portata pi vasta; ma ci non toglie che
sia il campo matematico loggetto primario di discussione e considerazione. Analizzata da
O.Bekker, Mathematische Existenz, Jahrbuch f.Philosophie und phaenomenologische
ForschungVIII, 1927, pp.539-809, in part.637 sgg. e ricostruita da K.v.Friz, Archai, 67-68, 9697 (poi Grundprobleme der antiken Wissenschaft, pp.392, 422-239) , nonch, per chiarimento di
qualche ambiguit rimasta, in Nachtrag a Platons Theaetetus, Darmstadt 1969, p.84 sgg., la
questione rimane assodata su questo punto fondamentale, cio quella del riferimento primario al
campo della scienza dei numeri e delle figure, fino a Tarn, Speus. of Ath., pp.443 sgg., il quale
nega tale condizione e ritiene che la questione si allarghi ad altri campi che non al solo
matematico. Per Tarn Proclo ha una sua propria concezione di qerhma dovuta a influenza
della matematica pi tarda, e che non coincide con quella di Speusippo, per il quale la parola
(ignota in Platone nel suo senso filosofico) si allarga al significato di una procedura per mezzo
della quale attingiamo la conoscenza di qualcosa che sia di per s eterno (cfr.in part.p.424, nt.
241). Ma di eterno, nel senso di costantemente uguale a se stesso, non c per Speusippo che
numero e figura, come sar meglio chiarito pi tardi; e lespressione n taj qewrhtikaj
pistmaij non pu che riferirsi ai procedimenti della scienza matematica, ogni altra scienza
ponendosi come subordinata a questa; n a teoretichepu darsi qui un significato aristotelico,
che non si addirebbe ad esse. La abbondanza di esempi che Proclo reca, del resto, tutta quanta
racchiusa nellambito dei vari problemi posti da questa (cos la costruzione del triangolo
isoscele, o quella del quadrato una volta che sia dato il lato, o la costruzione della linea a partire
da un dato punto).
Che fonte di Proclo, per Speusippo, sia Gemino, astronomo e matematico della prima et
imperiale, fra primo secolo a.C. e primo secolo d.C. (cfr.Tittel, Real-Encycl. VII,1, 1910,
coll.1026-1050), cosa riconosciuta da tutti i critici, dopo la dimostrazione datane dal Tannery
(Gom.gr., pp.18,38)ed questione che non rimette in causa quanto detto precedentemente; anzi
indirettamente ne conferma, la teoria speusippea essendo passata nel campo degli studiosi di
questa disciplina.

Fragmenta - Pag. 5
2) Una volta di pi messo in luce come Speusippo si rifiutasse di concepire cone divenienti in
atto procedimenti che sono di loro natura eterni. La distanza che separa Speusippo da Platone
qui radicale; si gi visto prima, dal passo di Sesto (F 2) come nel pensiero di Speusippo non
esista traccia di katbasij, contrapposta a un tipo di conoscenza superiore.
3) Proclo contrappone Speusippo a Menecmo, matematico allievo di Eudosso, per il quale
cfr.Kliem, Real-Encycl. XV,1, 1931, coll.700-701 e Heath, A History of Greek Mathematics,
Oxford 1921, I, pp.251-55 e II, 110.16. Si tratta di vedere se il contrasto semplicemente di
linguaggio matematico o qualcosa di pi, il che non ci dato in base al semplice passo di
Proclo.Poich appare problematica lipotesi di K.v.Fritz,Archai, p.79 (Grundpr., p.394) che
alcuni postulati euclidei possano risalire a Speusippo (Becker, Zum 4. u. 5. Euklidischen
Postulat, Archiv f.Begriffsgeschichte VIII, 1927, pp.210-16), dobbiamo pensare che lipotesi
del linguaggio matematico, che rimanda a un altro linguaggio, quello pi specificamente
filosofico, sia la pi valida, ed anche la pi coerente al carattere della speculazione speusippea.

F.4
Proclus, In pr.Eucl.Elem.librum, p.181,21-24. F.
20 ka toioto G
Alcuni vogliono chiamare tutti questi procedimenti postulati, e problemi tutti quelli che invece
implicano ricerca. Vi sono per di quelli che li chiamano tutti quanti assiomi, e cos pure
teoremi quelli che necessitano di dimostrazione. Evidentemente, valendosi della stessa analogia,
trasferiscono i nomi dei procedimenti specifici a quelli generali (1).
1) Si gi fatta menzione di questo passo supra, F 3. In esso Proclo non cita pi Speusippo, ma
insiste su quanti non vedono nella scienza o nelle scienze matematiche che qewrmata,
eliminando lambigua parola di problemi; aggiunge anzi che quegli stessi considerano poi
teoremi tutti quei dati per i quali occorre approntare una dimostrazione (t de mena
podexewj), il che pu offrirci anche una precisazione ulteriore per il significato di
qewrmata; gli ximata, in quanto identificantisi con i principi, non abbisognano di
dimostrazione. Proclo pone prima di questo passo losservazione che alcuni intendono
chiamare tutto ci di cui si fa ricerca, compresi i problemi, atmata; ci non riguarda
Speusippo ma la matematica ellenistica (viene infatti citato infatti Archimede) ma serve a
delimitare una volta di pi la sua posizione.

F5
Aristoteles, Anal.Post, II, 13, 97 a 6 -14
7 pan n 10 enai toto B o Ad
Non per necessario che chi definisce e divide conosca tutte le cose esistenti. Alcuni, infatti,
dicono che impossibile che conosca le differenze fra le realt singole chi non conosce tutte le
realt singolarmente prese(1). Dicono, infatti, che senza le differenze non posibile conoscere le
realt individue: per ci in cui una realt non si differenzia da unaltra, la medesima rispetto a
questa; per ci in cui si differenzia, invece unaltra rispetto ad essa (2). Ma questo, in primo
luogo, ch erroneo (3).
1) Che il passo sia diretto contro Speusippo lo dicono alcuni commentatori, ma sarebbe facile
supporlo. Aristotele qui polemizza contro chi mira a un panorama estensivo, anzi esaustivo in
senso contenutistico, di tutte le realt esistenti, distinte fra di loro per mezzo del criterio della

Pag. 6 - Fragmenta
diafor. Ritiene tale criterio evidentemente inadeguato, n tiene conto del fatto che in
Speusippo, che ne usava largamente, come meglio si vedr, nello studio di quelle specie
infime che sono i simili ( moia), il criterio della diafor si accompagnava a quello della
moi thj. Ci rende conto del fatto che la diaresij platonica costituiva per Speusippo uno
strumento fondamentale del conoscere, anche se, in pari tempo, denota in Aristotele una
conoscenza di Speusippo assai approssimativa. Speusippo qui considerato lestensore di una
metodologia che in realt presupporrebbe una conoscenza di tutte le singole cose, che non pu
darsi con la diaresij cos come non pu darsi con la induzione (An.Post. II,23, 68b 28-29 e
24,69a 16-19: che la induzione riguardi i singoli nella loro totalit, pagwg dipntwn,
ci che ne costituisce in definitiva il limite).
2) La diaresij definita da Platone secondo criteri diversi. In Soph.235e viene caratterizzata
come mqodoj kaq/kasta ka p pnta, sembrerebbe quindi un metodo di indagine
riferito puramente agli individui sensibili; in Polit.278c si parla per di stoicea to pant j,
ch definizione pi generale, e in Polit.286a si parla di l goj kstou, il che la riferirebbe
piuttosto alla specie. E, in definitiva, piuttosto un metodo euristico di approccio agli edh,
come lha considerata Cherniss, Riddle, pp. 54-55, che non un metodo di conoscenza diretta
degli oggetti intellegibili; e il suo fine ultimo piuttosto un edoj considerato ultimativo nella
ricerca specifica che non un oggetto sensibile. Speusippo accentua questo carattere
nellassumere il metodo dallultimo Platone; se Zeller, Philos.d.Gr.II,1,p.996, nt. 2, ha
considerato questo passo nel senso di una individuazione del tentativo speusippeo di
padroneggiare, per mezzo del metodo diairetico, il campo delle realt sensibili, e Stenzel,
Speus.,col.1650 sgg., insiste ancor di pi sulla ricerca speusippea volta alla conoscenza del
sensible determinato, forse pi esatto pensare, con Cherniss (Riddle, p.37 sgg.), alla volont
del filosofo di inserire tutti i singoli esseri in una trama ordinata e razionale di relazioni. La
conoscenza dei sensibili dunque in Speusippo non una pansofa impossibile di singole
realt, ma il punto darrivo di una teoria del conoscere che, partendo dallordine astratto dei
numeri, giunge a propettare un ordine anche dei singoli aspetti del reale per mezzo della
sensazione scientifica, come gi prima si visto, senza tuttavia cadere e perdersi nella pura
conoscenza sensibile.
Risulta perci impossibile, con Krmer (Arist. akad. Eidoslehre, p.166 sgg., e oggi pi
sistematicamente in ltere Akademie, in Grundr. Gesch. Philosophie, ed. H.Flashar, p.24
sgg.), interpretare la teoria speusippea nel senso di una sinistra accademica in cui sia
compiuta pienamente la rivalutazione dellindividualit. Tale individualit sarebbe presente
ad ogni livello, dei numeri come dellanima o dei corpi sensibili, e caratteristica di Speusippo
sarebbe la elementarizzazionedei motivi principali della filosofia platonica. Come poi possa
conciliarsi questa assoluta individualit con il pre-neoplatonismo speusippeo attestato da
Giamblico in De communi mathematica scientia, 4 (cfr.infra, F 41, e ancora Krmer, ltere
Akad., p.32 sgg.), sar nostro oggetto di indagine pi oltre: ma si pu dire nondimeno che, da
una simile interpretazione, la figura di Speusippo resta contrassegnata in senso
contraddittorio.
3) Nel De part.anim. I, 639a 1 sgg., Aristotele completer questa sua critica a fondo della
pansofa speusippea, chiarendo meglio il suo punto di vista con lideale del pepaideumnoj, e
cio delluomo capace non di abbracciare la totalit del conoscere, ma di saper giudicare
rettamente t kalj m kalj poddwsi lgwn. Si tratta certo di un ideale di cultura
pi raffinato, che avr grandissima importanza per la cultura successiva; ci non toglie che la
posizione di Speusippo sia qui francamente disconosciuta.

Fragmenta - Pag. 7

F 6 Anon. in Arist.Anal.post., p.584, 17 85,1 Wallies


17 Spe sippoj R 19 esfrein om.Ua 21 mn Ua, moi R
otoj R 28 j U 29 sic Wallies, to tJ Rua

22 dioriz men n U

25 (1)

Eudemo ci dice che questa era lopinione di Speusippo, che cio impossibile che possa definire
alcunch delle cose che sono chi non conosca tutte le cose che sono. E poich, a sostegno di ci,
bisogna offrire una qualche argomentazione credibile, egli ne d una. Il discorso che si crede possa
dimostrare ci il seguente: chi definisce deve conoscere tutte le differenze che una realt presenta
rispetto alle altre che sono diverse da essa; ci per cui una realt non differisce da unaltra, infatti,
il medesimo, ci per cui ne differisce, laltro. Colui che definisce qualcosa come distinguentesi
dalle altre realt, deve conoscere ci che la differenzia dalle altre; se non conosce questo, scambier
il medesimo con laltro e laltro con il medesimo. Cos non sar capace di intendere lessenza
propria di una determinata cosa; e qualora ci avvenga, nulla vieta che la definizione chegli ne d
sia comune anche ad altre realt. E quindi impossibile che conosca la differenza di una
determinata cosa dalle altre chi non conosce anche tutte quelle cose rispetto alle quali un dato
oggetto differisce. Quindi, necessario che chi definisce una singola cosa conosca anche tutte
quante le realt: quella che definisce (e come, altrimenti, potrebbe definirla?) e tutte quelle altre
rispetto alle quali ha posto come differente la realt definita.
1) Lanonimo commentatore (per una sua identificazione parziale, come autore almeno anteriore al
Filopono, cfr. M.Wallies, CAG XIII,3, Praef., p.V, nt. 4) ci d la preziosa notizia che la citazione su
Aristotele risale a Eudemo di Rodi; cfr. per gli scritti logici di Eudemo Wehrli, Schule des
Aristoteles VIII, p.84, comm. al fr.24, e per la derivazione dei commentatori da Eudemo anche
P.Moraux, Le commentaire dAlexandre dAphrodise aux Seconds Analytiques dAristote, Berlin
1979, p.138. Si presume che questa indicazione sia sottintesa nei passi di Giovanni Filopono e di
Eustrazio.Ai frr. riportati dal Lang si pu aggiungere ancora quello del Filopono, In Anal.post.II,
13, 97-109, p.407, 31 sgg. Wallies, che non aggiunge alcun elemento di novit.
.
F 7 Themistius, In Arist.Anal.post., p.58, 4-11 Wallies
4 pusippon AC 5 an riz menon ti ? Wallies 7 ed ta coniecit Spengel
9 diafrontai AC 10 esin W Xoqoj C
Non dice bene Speusippo, quando afferma che necessario che il definiente conosca tutte le realt:
egli dice infatti che deve conoscere tutte le differenze che ha inferito in rapporto alle altre cose, ma
impossibile che conosca le differenze che riguardano ogni singola cosa chi non conosce una per
una tutte le singole cose (1).
1) E unaffermazione che denota pieno scetticismo in Speusippo quanto a teoria della definizione,
una forzata interpretazione di Aristotele. Cfr. infra, F 9.
F 8 Ioannes Philoponus, In Arist.Anal.post., p.405, 27-406,2. Wallies
30 to ppou a, om. CFE
Dice questo per confutare i ragionamenti con i quali Speusippo cerca di distruggere il metodo
dialettico e le definizioni. Quegli infatti cerca di dimostrare che non possibile dare una
definizione di sorta di alcunch affermando che chi, mediante ragionamento, cerchi di
stabilire quale sia la natura delluomo o del cavallo o di qualsiasi altra realt deve conoscere
anzitutto tutte le realt, e tutte le differenze che le contraddistinguono le une rispetto alle altre;
cos infatti pu stabilire quale sia la natura delluomo o del cavallo o di qualsiasi altra cosa,
nel separarla da tutte quante le altre; giacch ci che si separa deve essere separato in base a
certe differenze. Ma poich impossibile che un singolo conosca tutte le realt esistenti e le

Pag. 8 - Fragmenta
loro differenze, ne consegue che impossibile stabilire una qualsiasi verit per mezzo della
definizione (1).
1) Anche qui, mentre nel passo dellAnonimo linterpretazione di Aristotele si mantiene
nellambito della moderazione, dal Filopono il passo di Aristotele interpretato come un
rimprovero a Speusippo, netto e incondizionato, di avere fissato condizioni impossibili per
la definizione di ogni singola entit, una attribuzione di puro scetticismo. Su questa
posizione errata cfr. Stenzel, Speus., col.1650; Cherniss, Arist.crit.Pl.Acad., p.59, nt.49.
F9
Ioannes Philoponus in Arist.Anal.Post., p.406, 16-22 Wallies
18 nairn a 19 pnta ginskein a 21 rismo a
Esposto il ragionamento mediante il quale Speusippo vanificava le definizioni e il metodo
diairetico, procede poi alla confutazione di tutte le sue argomentazioni. Quegli diceva infatti:
chiunque definisca e proceda per metodo diaretico, ha la necessit di conoscere tutte le realt
esistenti e in che cosa esse differiscano reciprocamente: se la definizione, infatti, tale da
separare una certa realt da tutti gli altri esseri, chi definisce deve necessariamente conoscere
le differenze per via delle quali ciascuna delle realt esistenti altra rispetto a quella definita;
tutto ci che differisce da qualcosa, infatti, altro rispetto ad esso.(1).
1) La nota sulla diaresij da parte del Filopono denota la sua non conoscenza diretta di
Speusippo, che del metodo diairetico si invece servito riccamente. Cfr. in proposito
A.Falcon, Arist. Speus. Division, pp.402-414; il quale per fraintende le mie espressioni in
Speusippo, Frammenti, pp.256-260, ove si trova scritto semplicemente che la diaresij di
Speusippo altra cosa che non quella di Platone, almeno intendendo come tale la
diaresij del Sofista e del Politico. La diaresij speusippea si esercita fra le realt
sensibili in base al criterio di taut thj-ter thj, o, secondo un altro modo di espressione
di questi concetti, moi thj-diafor, ed quindi ben diversa dalla ricerca platonica, che
non appare lasciar mai il piano delle realt intellegibili, pur affrontandole da un punto di
vista euristico. Falcon sembra in definitiva attribuire a Speusippo un uso, e non una teoria
della divisione, il che pu lasciar il campo aperto a dubbi.
F 10 Eustratius, In Arist. Anal.post., p.202, 16-33. Hayduck
18 deikn ein E 23 diastsh Aa m corr. Hayduck, codd . 25 a tAa
Ma poich Speusippo sembra aver voluto sostenere con un ragionamento credibile il principio col
quale tentava di distruggere alle radici la scienza della definizione, e dimostrare come sia
impossibile definire alcunch, occorre non trascurare il suo discorso senza esaminarlo, come se non
fosse altro che uno scherzo gettato l a intralcio del procedere della scienza, ma rimuoverlo dal
nostro cammino, con confutazioni basate sulla verit. Lo scopo del definire, egli dice, consiste nello
stabilire lessenza specifica delloggetto definito; e questo in nessun altro modo potrebbe avvenire
se non col distinguerlo, per via di ragionamento, da tutte le altre cose. Non potrebbe per fare
queste distinzioni chi non conoscesse tutte le differenze nella loro singolarit. E non potrebbe
conoscere tutte le differenze nella loro singolarit chi non conoscesse tutte le realt individue.
Perci chi definisce una singola cosa deve, in pari tempo, conoscere tutte le singole realt. Ma
chiaro che deve necessariamente sapere tutte le differenze dei singoli oggetti colui che voglia
distinguerli gli uni dagli altri mediante definizione. Se non vi differenza delle realt individue fra
di loro, non vi alcuna differenza reciproca ( per la differenza che il differente tale); e se non vi
alcuna differenza reciproca, ne consegue che le realt individue sono tutte uguali luna allaltra.
Al contrario, esse sono altre reciprocamente, e quindi la differenza esiste. E se esiste, si deve

Fragmenta - Pag. 9
poterla conoscere: altrimenti non si sapr come le cose differiscano le une dalle altre, n alcuno
potr formulare un ragionamento che separi il medesimo dall altro. Ecco che perci, per poter
definire qualcosa, bisogna conoscere tutte le cose. Questo il ragionamento di Speusippo, mediante
il quale sembra chegli negasse la stessa possibilit di definire (1).

1) Per Eustrazio, commentatore bizantino (XI-XII secolo) cfr. M.Cacouros, Dict.Philos.Ant. III,
2000, p.382-388. A maggior ragione, pur abbondando nellesegesi, mostra anchegli di basarsi
puramente su Aristotele, Anal.post.II, 97a 13 (o gr katp san diaforn teron) che va
daltronde confrontato con Metaph.X, 1054b 23 (diafor ka ter thj llo, cfr. Ross,
Arist. Anal., p.660, con richiamo a Cherniss, Riddle, pp.59-63. Speusippo avrebbe di fatto
identificato il processo dello stabilire le differenziazioni fra i singoli enti come una sorta di
processo allinfinito. Con il che il commentatore allarga, ma anche snatura i termini della
polemica aristotelica.

F 11 Eustratius, In Arist.Anal.post., pp.203, 35-204,4 H.


204,2 ntitqhsin-rizomnw om.E
Egli (Aristotele), dandoci un metodo per la ricerca della definizione, e insegnandoci come il
procedimento della divisione debba metter capo a questa, risolve la questione sollevata, circa la
divisione e la definizione, da Speusippo, che pretendeva distruggerle entrambe. Perch, questi dice,
si possa fissare una definizione, bisogna conoscere tutte le realt; ma questo impossibile, e quindi
lo anche il dividere e il definire (1).
1) La dimostrazione sembra qui orientarsi particolarmente sulla diaresij, con i soliti limiti
caratterizzanti la dipendenza di questi autori dalla semplice lettura del testo aristotelico.
F 12 Eustratius, In Arist.Anal.post., p.205, 15-16 H.
16 diafrein E
E un errore quello che fa Speusippo, con lidentificare in assoluto lesser altro per natura con il
differire (1).
1) Insiste sullo stesso tema, con variazione di argomentazione logica.
F 13 Simplicius, In Arist.Categorias, p.38, 19-30. Kalbfleisch
22 lacuna in L , nn shmasan L 23 teron mwn plin v enai JKA, stin
v 26 mcaira spqh fsganon L
Boeto ci dice che Speusippo accettava questa divisione, tale da comprendere tutti i nomi (1).
.Diceva infatti che dei nomi alcuni sono tautonimi, altri eteronimi, e dei tautonimi alcuni sono
sinonimi, altri omonimi (intendendo sinonimi secondo luso antico) (2); quanto agli eteronimi,
alcuni sono tali in senso proprio, altri polionimi, altri ancora paronimi. Dei primi, si gi detto;
quanto ai polionimi,sono quelli che presentano denominazioni varie e differenti ma relative a una
stessa realt (per esempio spada, pugnale, coltello, daga); eteronimi sono quelli reciprocamente
altri quanto a nome, oggetto e concetto (per esempio grammatica, uomo, legno).
1) Il dibattito intorno a questo passo ha preso inizio da Hambruch, Logische Regeln,p.27 sgg.,
seguito poi sostanzialmente da Lang, Speus.Acad.Scr., p.25 sgg. Il piano di esso risulta formulato
nel modo seguente:

Pag. 10 - Fragmenta
tautnuma
mnuma
sunnuma
(un nome, concetti diversi) (un nome, concetti di realt simili)
ternuma
dwj ternuma polunuma parnuma
(pi nomi, pi concetti) (pi nomi, un concetto) (parole differenziate nella flessione,
che si riferiscono per a un concetto)
Hambruch ha studiato (pp.27-29) la presenza delluso antico, platonico-speusippeo, nei Topici
(Top.107b 4, b 17) ipotizzando che luso di questi termini sia ancora, in Aristotele, non ben
differenziato da quello di Speusippo, come poi in Categoriae, 1a 6 sgg..Cfr. sulla stessa linea
Stenzel, Speus., col.1664, e Cherniss, Arist.crit.Plato Acad., pp.57-58 e nt.47, di cui per si dir
meglio nelle note di commento agli Omoia. La posizione del Cherniss (e cio la presenza di un
dibattito con Speusippo in Top.I,15) oggi accettata da Anton, The Aristotelian Doctrine of the
Homonyma in the Categories and its Platonic Antecedents, Journ.Hist.of PhilosophyVI,-VII,
1968-169, pp.315-26 e 1-18, e da Tarn, Speus.,pp.414-15, mentre accolta con limiti da G.E.L.
Owen, A proof in Peri ideon, Journ.of Hell.StudiesLXXVII, 1957, pp.103-111 (cfr.poi Studies in
Platos Metaphysics, London 1965, p.295, nt.1) e con scetticismo da Barnes,Homonymy Arist.
Speus., pp.65-80.
Simplicio, ovviamente, non attinge direttamente a Speusippo,e forse neanche a Boeto (peripatetico
del I sec.a.C., autore di un trattato sulle categorie, su cui cfr.Gercke, Real-Encycl. III,I, 1897,
coll.603-604, pi di recente Moraux, Aristotelismus II, 143 sgg., e Schneider in Dict.Philos.ant., II,
1994, pp.126-130) ma a Porfirio, sua fonte abituale, e al, per noi perduto,Pr j Gedleion, il quale
pu avere a sua volta attinto a Boeto; questa la convinzione di Tarn, Speus., p.406 sgg.. E chiaro
per che il passo riporta la distinzione fra i nomi foggiata da Speusippo sulla base, al solito, di
ta t n e qteron; e Speusippo poteva ancora esser conosciuto da Boeto direttamente. Guthrie,
History of Greek Philosophy, V, p.464, nota 5, parla di una tricotomia e non di una dicotomia per
gli ternuma; losservazione notevole, perch il metodo diairetico non consiste nel creare
dicotomie, ma semplicemente nel dividere, e quella della dicotomia soltanto una delle forme
della diaresij, la forma usata nel Sofista e nel Politico. Loperetta chiamata pi tardi Divisiones
aristoteleae e resa a noi da Diogene Laerzio conosce diairseij formate da tre o quattro membri.
Una tricotomia dunque pensabile per Speusippo senza alcuna difficolt; in tal modo il discusso
parnuma (vedi Tarn, p.413) apparterrebbe senzaltro a Speusippo.
Lopinione dello Hambruch, Logische Regeln, p.25 sgg., secondo il quale una differenza
fondamentale fra Speusippo e Aristotele che Aristotele si riferisce a enti concreti mentre
Speusippo fa puramente una divisione fra nomi (seguita da Stenzel, Speus., col.1654), stata
meglio precisata dal Merlan, Beitrge Gesch. ant. Plat. I, p..47: i due ragionamenti, piuttosto che
operare su due piani diversi, vanno in due direzioni diverse, dai nomi alle cose quello di Speusippo,
dalle cose ai nomi quello di Aristotele. Tale diversit oggi negata dal Barnes, p.72 sgg., e in senso
opposto, anche da Tarn, soprattutto in Speus. Arist. Homon. Synon.,.pp.88 sgg. In realt essa non
essenziale per la comprensione della dottrina speusippea dei nomi, che ha la sua chiave di
comprensione nella metafisica di Speusippo. Speusippo ha rifiutato la dottrina platonica delle idee,
non ha per rifiutato linsegnamento del tardo Platone (Epist.VII, 342b) in cui il nome si pone come
una prima forma di conoscenza delloggetto, fra le entit sensibili che hanno una loro proiezione
esterna; esso quindi da lui considerato una di quelle realt cui si applicano di preferenza i criteri di
medesimo e altro, moi thj e diafor. In tal modo anche per lui i nomi delle cose vengono
considerati alla stregua delle cose stesse, come ci cui si possono applicare quei parametri che li
ricollegano allunit articolata delle o sai. Cfr. peraltro da ultima la Seminara, Omon. Pl. Speus.,
p.294, propensa a negare che da Simplicio sia possibile trarre, per Speusippo, qualsiasi decisione
circa il riferinento dei sinonimi alle realt o ai loro nomi.
2) Luso antico della sinonimia sembra qui esser quello segnalato da Aristotele in Categ.1a, o
almeno cos sembra ragionare Simplicio. Ma non detto sia quello sostenuto da Speusippo, che

Fragmenta - Pag. 11
poteva seguire invece luso ancora pi antico di sinonimia per Platone. Su questo punto la
testimonianza particolarmente ambigua.
F 14
Simplicius, In Arist.Categ., p.36,25-30. K.
28 lacuna in L, suppl.L
29 tp tn naiotrwn L ka ttoiata polunuma sunnuma
kalo mena add. v
Quando ci si occupa di una pluralit di esporessioni e del modo molteplice di denominare una cosa
singola, ci occorre un altro che sia sinonimo, o, come lo chiamava Speusippo, polionimo. Non
giusto ci che afferma Boeto, che cio Aristotele ha trascurato quelli che dai pi recenti sono
detti sinonimi, mentre polionimi li chiama Speusippo (1).
1) E un passo importante perch qui si parla esattamente di Porfirio e del suo Pr j Gedleion, e
perch ci chiarisce meglio quale fosse la differenza fra Speusippo e Aristotele nellintendere la
sinonimia; il che pu chiarire anche la testimonianza di F 13. Boeto viene citato semplicemente
per far comprendere come i neteroi (gli stoici) intendessero la sinonimia; cfr. SVF II, fr.150.
Ma anche qui probabilmente una falsa fonte.
F 15 Simplicius, In Arist.Categ., p.29,5 K.
5 fhsn A sic JL, Kalbfleisch rkei t A , rketo Kv
Speusippo, dicono, si limitava a dire: il discorso altro(1).
1) A tutta prima sembrerebbe un passo di contrapposizione alla Categorie di Aristotele, il che
assai difficile da sostenere. Anzitutto vi lestrema difficolt di stabilire una datazione per le
Categorie, problema per cui cfr. Dring, Aristotle, pp.54-55 e Real-Encycl. Suppl.XI, coll.203204. Pur considerando lopera di datazione primitiva nella vita filosofica di Aristotele, Krmer
(Arist.akad.Eidoslehre, pp.122-124) stato costretto ad ipotizzare una parte pi antica ancora
reperibile in essa..La questione di una critica di Speusippo alle Categorie rimane peraltro assai
dubbia.
Il passo iniziale delle Categorie di Aristotele, 1a 2,4,7, 9-10, nei mss. giunti fino a noi, d
katto noma l goj t j o saj teroj. Resta da vedere il fatto se esistessero manoscritti pi
antichi senza almeno una delle due espressioni che mancano nel passo speusippeo; si veda per
questo Simplicio, In Categ., pp.29,2830,3 K., che sembra conoscere, o aver piuttosto sentito
parlare, di un manoscritto non contenente t j o saj ( in proposito Tarn, Speus.Arist.Homon.,
p.84, nt. 36). I testi filologici moderni mantengono per lo pi lespressione nella sua integrit, ma
cfr: R.Bodes, En relisant le dbut des Catgories: lexpression litigieuse l goj t j o saj,
Revue Etudes GrecquesCIX, 1996, pp.707-16, che torna al testo di Th. Waitz (Leipzig 1844)
espungendo t j o saj (ci trova conferma nella sua edizione di Aristotele, Catgories, Paris,
Belles Lettres, 2001, p.2).Lespunzione convincente, ma le questioni principali del nostro passo
non ne sono toccate: in primo luogo, la questione se il passo sia o no legato, e quanto strettamente, a
quello che abbiamo or ora esaminato, e quale ne sia il preciso significato.
La espunzione di t j o saj ha il merito di chiarire che Aristotele non restringe l omonimia alla
sola sostanza. Ma come concepiva Speusippo la sua personale definizione? Tarn,
Speus.Arist.Homon., p.85, e Speus., pp.408-09, considera la frase come la seconda parte della
definizione data da Speusippo in precedenza: la frase nella sua integrit sarebbe mnuma n
noma m non koin n, oppure mnuma lgetai ta t n mata, con la conclusione d l goj
teroj. Lo segue Luna, Fragm.Speus., pp.159 sgg. Pur avendo, in Speus', p.265, espresso
lopinione contraria, tutto ci mi sembra ora rivedibile, conservando la mia preferenza per la

Pag. 12 - Fragmenta
seconda versione, che si accorda pi strettamente alla teoria speusippea della contrapposizione
ta t n - qteron. Il passo pu dunque congiungersi con il precedente F 14.
Esso una prova di come Speusippo giudicasse per suo conto lomonimia; e lomissione di kat
to noma indica semplicemente come egli ritenesse inutile la precisazione, vertendo la questione
semplicemente sul nome e non sulloggetto stesso. Tuttavia si tratta probabilmente di una versione
dello stesso problema da parte di due filosofi dellAccademia, e non specificamente di una critica di
Speusippo alle Categorie di Aristotele.
Per un altro caso della citazione di una divisione dei discorsi argomentativi in pr j to noma e
pr j t n dinoian in Aristotele si pu vedere Soph.Elenchoi, 170b 12-171b 2. Non credo
necessario fermarmi su questo testo, anche se Cherniss, Ar.Crit.Pl.Acad., p:47, lo considera come
da attribuirsi a Speusippo, e Tarn, Speus: of Ath., p.414, accetta questo punto di vista (considera
per di contro Barnes, Homon. Arist. Speus., pp.65-80). Il passo troppo chiaramente dato come di
alcuni che non possono essere che retori, e non ha in s nulla di tipicamente speusippeo.

Metafisica: uno, principi, bene.


.
F 16 Aristoteles, Metaph.VII,2, 1028b 18-25
21 ka om.Ab
Inoltre vi sono alcuni i quali ritengono che, al di l dei sensibili, non vi sia niente di tutto questo,
mentre altri ritengono che vi siano pi realt eterne e dotate di unessenza superiore; cos per
esempio Platone, il quale pone tre essenze, le due delle idee e degli enti matematici, e la terza
delle realt sensibili (1). Speusippo invece pone pi essenze a partire dalluno e, quali principi di
ciascuna di esse, pone un principio per i numeri, uno differente per le grandezze e
successivamente per lanima (2); in tal modo estende il numero delle essenze.
1) Il passo prende inizio da Platone, ma per passare subito a Speusippo. E noto come per
Aristotele Platone abbia concepito gli enti numerici come intermedi fra le realt prime,
le idee, e i sensibili; su questo punto, che molto ricco nella storia della critica,
cfr.Isnardi Parente, in Zeller-Mondolfo II,3, pp.753-758 (per una raccolta dei passi
critici in proposito) e Testimonia platonica I, pp.410 sgg.
2) In contrasto con Platone, Speusippo sembra aver posto le sostanze, cos come Aristotele le
intende, in senso triplice: a partire dalluno (cui non qui nemmeno contrapposto il secondo
principio, quello del molteplice, come si far costantemente altrove), i numeri, le grandezze,
lanima. Alla base di queste o sai, o sostanze, o realt, vi sono, per ciascuna, due differenti
principi. Come nel successivo Metaph. L, 1075b 37-38 (infra,.F 15), Aristotele sembra
preoccuparsi della pluralit dispersiva dei principi posti da Speusippo alla base della realt; e
che luno, in effetti, sia solo il primo termine e non abbia principi, detto rapidamente nel p
to n j rxmenoj della r.22.
Si possono compiere due differenti errori di valutazione di questo passo, ed entrambi sono stati in
effetti compiuti dalla critica. Luno quello di accettare troppo alla lettera la critica aristotelica, e di
fare delle realt qui prese in considerazione delle sostanze differenti e mancanti di una razionale
correlazione; laltro, quello di considerare tali realt appartenenti a diversi piani dellessere e a
stabilire fra di esse un significato derivativo alla maniera neoplatonica.

Fragmenta - Pag. 13
Il primo critico moderno che si occupato del passo, F.Ravaisson (Speus. princ. Plac., p.36 sgg.) ,
lo ha valutato alla luce di uninterpretazione neoplatonico-schellinghiana, in senso derivativo. Non
stato seguito a tutta prima dalla critica perch essa veniva a urtare con unaltra interpretazione
dipendente, e con maggior chiarezza, da Aristotele stesso, secondo cui la realt si evolve in senso
costruttivo a partire da un uno che si pone quasi al di sotto del piano dellessere(cfr. infra, F 53 ).
.Frank, Plato sogen. Pythagoreer, nelle note a pp.249-251, ha creduto di poter risolvere la questione
in senso cosmologico pitagorizante: la concezione speusippea del reale sarebbe sintetizzabile nella
maniera seguente: 1) assoluta unit 2) assoluta pluralit 3) numero 4) grandezza spaziale 5) corpi
percettibili 6) anima 7) ragione 8) impulsi 9) movimento 10) Bene. Il numero 10 sarebbe richiesto
dallimpostazione pitagorica del pensiero di Speusippo, sulla quale il Frank porta riferimenti
numerosi, come si vedr meglio pi oltre. Tutto ci tiene per assai scarso conto del passo
aristotelico, e larbitrariet di questa ricostruzione stata fatta notare ampiamente dal Ross, Arist.
Metaph.. ,p.163; limitativo anche Krmer, Ursprung Geistmetaph., p.207. Stenzel, Speus., col.1664,
senza riconoscere alcun elemento derivativo nella gradazione istituita da Aristotele, si
preoccupato anzitutto di stabilire un s ndesmoj fra i diversi piani e i diversi principi dellessere,
ma ha finito col riconoscerlo come sempre nella moi thj, intendendo questa come un analogia di
natura matematica, valida a collegare luna allaltra le diverse forme della realt.
E.Dodds ( Parm. of Plato, pp.129-142) aveva gi ripreso per suo conto lipotesi di
uninterpretazione neoplatonica di Speusippo, il cui uno sarebbe da comprendersi , come del resto
Aristotele sembra dire altrove (cfr. F 25 infra) , al di sopra dellessere. Ma questa interpretazione ha
ripreso maggior vigore dalle analisi di Ph.Merlan e dal confronto da questi fatto con Giamblico, De
communi mathematica scientia,4, 15-18 Festa, e con Proclo, Comm.in Parmenidem, p.39 KlibaskyLabowsky (F 41 e 30 infra). In From Plat. to Neopl. (1953, 1960) pp.96-140, nellintero capitolo
Speusippus in Iamblichus, il Merlan si pronuncia in favore di uno Speusippo lontano fautore di una
concezione di tipo neoplatonico, in cui luno si trova al di l e al di sopra dellessere, che ne
discende. Se in Merlan tale posizione viene attenuata in Mon. Dual. (Parusia, Festgabe
Hirschberger, pp.143-154) ove la posizione di Speusippo viene considerata non assolutamente
monistica (cfr. in part.p.147), essa viene invece ripresa e accentuata da Krmer,
Urspr.Geistmetaph., pp.31-32, 208 sgg., 214-15: usando i non equivoci termini di Stufenschema e
Derivationsystem , egli utilizza Metaph.1028b 18 sgg. ai fini della ricostruzione di un sistema
derivativo cos concepito: Uno suprasubstanziale (berseiendes) numeri trascendenti figure
geometriche trascendenti immobili- figure geoemtriche in movimento, o anima corpi in
movimento. Per far ci, Krmer deve valersi non solo dei passi gi utilizzati dal Merlan, ma anche
ricorrere al Timeo per il concetto di knhsij nella definizione senocratea (infra, F 69) e a
Giamblico presso Stobeo, Ecl.I, 49, p.363,26 Wachsmuth (infra, F 67 ), per la concezione
geometrizzante dellanima.
Cherniss, Arist.crit.Plato .Acad., p.510 sgg., ha criticato la concezione del Merlan soprattutto per
ci che si riferisce alla concezione speusippea dellanima, e Rabinowitz, Arist. Protr., p.87 sgg., ha
accentuato la critica di questa ricostruzione di Speusippo: nel passo citato Aristotele si preoccupa
anzitutto della pluralit delle sostanze, e la sua critica volta farci comprendere come sia
impossibile concepirle come indipendenti luna dallaltra. Ma la critica di questa interpretazione
venuta soprattutto da Tarn nel suo Speusippus del 1981 (pp.300-02). Tarn ritiene infatti, per
prima cosa, che luno qui citato da Speusippo non sia altro che il principio della serie numerica,
cio luno-numero. Qui Aristotele non nominerebbe il secondo principio, il pl qoj, perch gli
interessa solo, per il momento, denunciare la pluralit delle sostanze speusippee. Ma in generale
rc, principio, ha puramente questo significato nel suo linguaggio. E se numeri e grandezze hanno
qualche somiglianza reciproca, nessuna somiglianza ha con essi lanima, a partire dalla quale
soltanto comincia per Speusippo il problema della vita. Di un ulteriore coppia di principi che
Speusippo deve aver posto per completare il suo quadro, quella che serve a spiegare gli enti
sensibili, Tarn non si preoccupa qui in alcun modo.

Pag. 14 - Fragmenta
In realt Speusippo sembra, in base a questa testimonianza (che sar suffragata da altre,
ugualmente aristoteliche) , aver concepito la realt in senso costruttivistico anzich derivativo.
Ognuna di queste realt poggia su due diversi principi, che qui Aristotele non spiega perch se ne
riserva altrove la critica. Ma alle realt cos considerate manca quella di fondo, che qui Aristotele
sembra negare trattarsi di una o sa allo stesso modo delle altre. Tutta la sua preoccupazione qui
volta a sottolineare come la pluralit delle o sai renda poco coerente il sistema speusippeo, cos
come sar ancora pi chiaro dal successivo passo 1075 b 37 sgg.
Due cose occorre peraltro mettere in chiaro fin da ora di fronte alle affermazioni del Tarn.
a) Luno da cui Speusippo prende il suo inizio non il primo numero come semplice inizio della
serie numerica. Esso principio da cui il numero deriva, e, anche se qui Aristotele non si sofferma
su questo punto, ha il suo corrispettivo nel molteplice da cui il numero formato. Si gi
nellIntroduzione citato il passo aristotelico (Metaph.M, 1087a 3) in base a cui, senza possibilit di
fraintendimento, egli afferma che principio non il prton di una serie, ma il pr teron, ci che
sta a suo fondamento obiettivo .
b) Fra serie numerica e serie delle figure, come nota lo stesso Tarn, c una analogia
fondamentale che la differenza dei relativi principi non pu togliere. Allo stesso modo va
detto per la serie delle grandezze e lanima; si vedr pi oltre, soprattutto in base al gi citato
passo di Simplicio in Stobeo (I, 49), come la grandezza sia una componente essenziale di
questa.
F 17 Asclepius, In Arist.Metaph., p.379,12 15 Hayduck
14-15 toton t n tr pon dubitanter Hayduck, <di> to twn Lang, o twj Tarn
Speusippo suppone che vi siano pi essenze a partire dalluno, e pricipi oltre che essenze; dice
che una lessenza dei numeri, unaltra quella delle grandezze, unaltra ancora quella
dellanima; per mezzo di questi concetti, estende il numero delle essenze (1).
1) Asclepio vuol dire qui Ammonio, dato che questo discepolo (V-VI sec.d.C.) dichiara che egli
riporta il commento di Ammonio p fwn j (cos H.D.Saffrey, Dict. Philos. Ant. I, pp.633-34). In
questo passo il commento segue Aristotele fedelmente, semplicemente abbreviandolo.
F 18 Asclepius, In Arist.Metaph., pp.377, 34 378,3 H.
36 enai (2) om.D
Similmente Speusippo e Senocrate e le loro scuole. Speusippo dice che vi sono molte essenze: una
per lui lessenza delle grandezze e laltra quella dei numeri, e ancora altra lessenza dellanima e
quella dellintelletto, altra quella del punto e altra ancora quella della linea e cos pure quella della
superficie (1).
1) In questo passo la arbitrariet interpretativa di Asclepio molto pi marcata. La citazione di
Senocrate gratuita. Inoltre egli attribuisce a Speusippo principi non per ogni genere di essere,
ma per le specie appartenenti al genere stesso (il punto, la linea, la superficie per le figure; ma
Aristotele, nel seguito del passo, ha distinto queste posizioni da quelle speusippee). Il noj
viene inoltre separato dallanima in generale e rappresentante una nuova o sa Cfr. gi in
proposito i rilievi di Zeller, Philos.d.Gr.II, I, p.1000, nt. 2.
F 19 Ps.Alexander, In Arist.Metaph., pp.462,34-63,1 H.

Fragmenta - Pag. 15
Il discepolo di questi Speusippo dice che le essenze intellegibili sono anche pi di tre: la prima
luno in s, unaltra il principio dei numeri, unaltra ancora il principio delle grandezze, unaltra
ancora il principio dellanima; cos estende in quantit i generi delle essenze (1).
1) Per lo pseudo-Alessandro cfr. anzitutto I.Freudenthal, Die durch Averroes erhaltenen
Fragmente Alexanders zur Metaphysik des Aristoteles, Diss.Berlin 1885: Freudenthal ha
sostenuto con prove inoppugnabili che nel Commento alla Metafisica quello ai libri E-N di
altro autore rispetto a quello, autentico, di Alessandro. Lautore stato identificato da K.
Praechter con Michele di Efeso nel 1906, e tale identificazione stata ripresa da I.Hadot,
Simplicius, 1987, p.229 nt. 12, nonostante L.Tarn, Syrianus and Pseudo-Alexanders
Commentary on Metaph.E-N, in Aristoteles. Werk und Wirkung (Mlanges P.Moraux), ed.
J.Wiesner, Berlin 1987, II, pp.215-232. Cfr. in proposito R.Goulet-M.Aouad,
Dict.Philos.Ant.,I, p.129, e Luna, Trois tudes, pp.53-71, con le sue precise obiezioni a
Tarn, che sono poi da lei inserite in un contesto sistematico riguardante la tradizione antica
dei Commentarii.
Linterpretazione di questo passo un saggio di come i passi di Aristotele possano essere
liberamente alterati. Lo pseudo-Alessandro fraintende totalmente laristotelico comiciando
dalluno e al posto di esso pone uno a ton, del tutto neoplatonico e ignoto a Speusippo; in
Aristotele troviamo lespressione, in apparenza affine ma sostanzialmente diversa, a t n
insieme con a t n (Metaph. 1001a 30) o questa volta in specifico riferimento a Speusippot n a t (Metaph. N, 1092a 15). Fra i moderni, Guthrie (Hist. Greek Philos., I, 249, V, 459
sgg.) ha pensato che sia possibile lattribuzione dellespressione a Speusippo, ma in questo caso
a torto. Forse lespressione si formata su quella di a tozon, che Alessandro usa, e che
vedremo pi oltre. Il commentatore trascendentizza e sostanzializza luno speusippeo, in scarsa
coerenza con altri passi della Metafisica, e intende tutto il discorso rigorosamente delimitato alle
o sai nohta, in questo caso tuttavia seguendo pedissequamente la limitazione posta
allenumerazione da Aristotele stesso.
Ma esiste, in Speusippo, una distinzione fra uno principio e uno numero? A parte ogni
metafisicizzazione indebita delluno-principio, crediamo che a questa domanda si debba
rispondere affermativamente. Abbiamo gi visto pocanzi, e continueremo a constatare, come
Speusippo non possa parlare di numeri senza accennare almeno a una loro condizione, che ne
principio: i numeri sono, come del resto vedremo meglio fra poco (cfr.F 25 infra) i primi veri
esseri. Daltra parte, esiste anche un uno concepito puramente come numero: nel passo del Per
puqagorikn riqmn, cui dovremo pi volte riferirci (infra, F 94 ), luno viene considerato
come un dispari. Nellambito di questa duplice realt si colloca in qualche modo lo a ton dello
ps.Alessandro.
F 20 Arist. Metaph.L 10, 1075b 37 - 76a 4
1076a 4, sic codd. Al ; post koranoj add. stw E
Quelli che dicono che la prima realt il numero matematico, e che poi vengono tutte le altre
essenze ciascuna con i suoi particolari principi, rendono episodica la realt del tutto (nessuna di
queste essenze si pone in rapporto con laltra, n quanto al suo essere n quanto al suo non essere) e
i principi diventano molti (1).
1) Linizio rende il passo riferibile senza alcun dubbio a Speusippo; anche se lo ps.Alessandro,
p.721, 11 sgg.Hayduck, lo intende riferito ai pitagorici. Ma qui, oltre che riprendere il discorso di
Metaph.1028b 18 sgg., Aristotele si preoccupa anzitutto di dichiarare che chi pensa cos finisce per
ritenere episodica la realt tutta; e cfr. lespressione analoga in Metaph.1090b 19 (infra, F 57 ).

Pag. 16 - Fragmenta
Quanto a ricalco dello stile speusippeo, cfr. il to pant j o saj che sembra ricalcare lo lh
o sa attribuito a Speusippo da Teofrasto, Metaph.XI a 23-24 Usener, infra, F 40 ).
F 21 Arist.Metaph. L 7, 1072b 30-1073a 1
Quelli che, come i pitagorici e Speusippo, suppongono che ci ch pi bello e pi buono non sia
posto nel principio, per il fatto che anche degli esseri viventi e delle piante i principi sono s la
causa, ma il bello e il perfetto si rivelano in ci che poi deriva dai principi, non parlano rettamente.
Il seme deriva infatti da altri precedenti esseri perfetti, e ci ch primo non il seme, ma lessere
perfetto.(1).
1) Linterpretazione progressivistica di questo passo non stata messa in forse dai critici del XIX
secolo se non dal Ravaisson, di cui gi si detto supra, F 16. Pi importante fra questi
Schwegler, Metaph. des Aristot., IV, pp.40, 268-270, per il suo vedere la progressione
dellessere speusippea culminante nella tetrj, e dovremo ricordarcene quando si esaminer il
passo dei Theologoumena arithmetices, cui Schwegler si richiama per questa sua ipotesi. Zeller,
Philos.d.Gr. II,I, p.999, nt 1, seguito pi di recente da Stenzel, Speus., col.1666, insiste invece
sullargomentazione fondata sul seme, che attribuisce a Speusippo, mentre essa invece tipica
di Aristotele.
F 22 Themistius, In Arist.Metaph. Paraphrasis, p.24,24-29 Landauer
Speusippus corr. Krische, Landauer,Tarn; Leucippus codd.
Ma gi alcuni hanno ritenuto che ci ch pi bello e pi buono non si trovi nel principio delle
realt; cos la setta dei pitagorici e <Speusippo> hanno ritenuto che i principi degli esseri
viventi siano s le loro cause, come in effetti sono, ma che ci ch pi bello e pi perfetto non
stia nel seme, ma nella realt quando sia giunta alla sua perfezione.
1) Non dimostra maggior conoscenza di quanto Aristotele non dica nel passo Metaph.1072b 30
sgg.; lo interpreta tuttavia rettamente. Il passo ci giunge attraverso traduzione latina.
F 23 Ps. Alexander, In Arist.Metaph., p.699, 28-33 H.
Dopo aver dimostrato che la divinit, primo principio, un essere vivente eterno e perfetto, accusa i
pitagorici e Speusippo di errare quando dicono che ci ch pi bello e pi buono non posto nel
principio, e che non possibile dire che il principio il sommo bene; per esempio, il seme e il
mestruo sono principi dellessere vivente, ma non ne sono lottimo; pi elevato nellordine dei beni
ci che deriva dal seme e dal mestruo. La loro opinione, egli dice, non giusta (1).
1) E una pi lunga ed esatta interpretazione del testo aristotelico, che ci aiuta a comprenderlo pur
senza offrirci nulla di nuovo.
F 24 Ioannes Philoponus, In Arist.Metaph., trad.Francesco Patrizzi, Ferrara 1583, fol.51v, col.a
Speusippum Lang, Tarn, Leucippum Patrizzi
E quindi accusa <Speusippo> il quale dice che non bisogna porre lottimo fra i principi; i principi
sono sempre imperfetti, in quanto sono in potenza (1).
1) Anche qui non abbiamo il passo che in traduzione latina: la traduzione di questo commento a
noi giunta solo attraverso Francesco Patrizzi. Cfr. in proposito H. Reiner, Der MetaphysikKommentar des Iohannes Philoponus, HermesLXXXII, 1954, pp.480-82 (ma non propenso ad
attribuire la traduzione al Patrizzi O.Hiltbrunner, s.v.Iohannes Philoponus, in KP II,1967, coll.1430-

Fragmenta - Pag. 17
31). Il ms. da cui essa deriva lo stesso di Temistio, F 22, come denota il medesimo scambio di
Speusippo con Leucippo. Tuttavia il passo introduce, con il ricorso al concetto aristotelico di
d namij,potenza, qualcosa di pi, che non abbiamo nellaltro.
F25 Arist.Metaph.N, 5, 1092a9-17
11 a om.E 12 ti E 13 te Ravaisson, Ross, Jaeger; d codd Al

14 fhsn P Ab, fasn Al.

Se impossibile insieme porre e non porre il bene nei principi, chiaro che non sono individuati
rettamente n i principi n quelle che sono le essenze prime. N suppone rettamente chi paragoni
fra di loro i principi del tutto e quelli degli esseri animati e delle piante, per il motivo che da
indefiniti imperfetti derivano realt sempre pi perfette, e quindi deve esser lo stesso anche per le
realt prime: s che luno in se stesso finisce col divenire qualcosa che neppure esiste (1). Invece, i
principi perfetti da cui derivano tali cose esistono: luomo che genera luomo, e non vero che la
realt prima sia il seme.
1) Laffermazione nuova e importante che troviamo in questo passo che per Speusippo luno si
pu dire in certo senso privo di essere (mhd n ti). Il primo problema che tale affermazione pone
fino a che punto possiamo considerarla una sorta di illazione tratta da Aristotele stesso o fino a
che punto essa possa essere stata da Aristotele effettivamente trovata nel discorso di Speusippo che
egli va criticando.
Si possono considerare fra i primi Schwegler, Metaph. des Arist., IV, p.361; Lang, Speus.Acad.Scr,,
p.69; Ross, Arist.Metaph., II, p.489; Reale, Aristotele, Metaf.,III, pp.440-42. Zeller, Philos.d.Gr.
II,I, p.1000,nt.1, ritiene per che Speusippo, per affermare ci, possa avere avuto antecedenti
platonici diretti, che crede di poter ravvisare nel Parmenide. Robin, Thorie plat. Ides nombres,
p.656, attribuisce anchegli questa teoria delluno a Speusippo, con varie riflessioni sulle difficolt
filosofiche di essa. Si adegua a questa opinione Frank, Plato sogen.Pythag., p.132, ma per la gi
citata convinzione che per Speusippo luno sia semplicemente, come i pitagorici, punto di partenza
della realt, e non realt esso stesso. Ma Dodds, Parm.Plat., p.140, ritiene che Aristotele si sia
espresso cos perch, per Speusippo, luno no sion pi ancora e prima che pero sion; e
questa forma sar ripresa da A.H.Armstrong, The Architecture of the Intelligible World in the
Philosophy of Plotinus, Cambridge 1940, pp.17 sgg., 22, che la applica anche al secondo principio,
il molteplice, daltronde non citato da Aristotele in questo passo. Si pu ancora citare qui D.Pesce,
Idea, numero, anima. Primi contributi a una storia del platonismo, Padova 1961, p.55, il quale
ritiene che Aristotele riporti una dottrina, pur nelle successive differenziazioni, insieme sua e
speusippea quando afferma che luno non un ente, ma solo una struttura formale dellessere.
Una svolta alla ricerca si ha con Merlan, che individua materiale speusippeo in Giamblico, De
communi mathem.scientia 4 (F 41 ; Plat. Neoplat., p.96 sgg., in part.100 sgg. ) e in base a ci
ritiene che la presentazione di Aristotele sia ambigua, e che al posto delluno non ancora essere
Speusippo abbia professato la teoria delluno pernw, al di sopra dellessere. Pi oltre (p.132)
Merlan si vale anche di un altro passo, Proclo, Comm.in Parm.p.40,1 Klibansky-Labowsky (F 30
infra) che confermerebbe la teoria di cui parla Giamblico, parlando di uno al di sopra dellessere e
citando per questo Speusippo.Come si gi anticipato pocanzi, queste ricerche sono alla base di
quella del Krmer, Urspr.Geistmetaph., pp. 31sgg., 208 sgg. ecc., ove luno speusippeo
considerato superessenziale; Krmer accentuer questa sua interpretazione in Epekeina tes ousias,
p.11 sgg., sottolineandone la coerenza con il pensiero di Platone, cos come almeno egli ritiene di
interpretarlo nel discusso e sempre in definitiva misterioso passo Resp..509 c-d..
Tarn, Speus. of Ath., pp.336-339, in part.338, ritiene oggi che la teoria sia merely an inference of
Aristotle; insiste nel dichiarare luno realt concreta, in Speusippo, in quanto numero iniziale, e
inoltre ritiene ci accertato dal fatto che la frase introdotta con un ste. Due critiche gli sono
state mosse, da Dillon, Speus. in Jambl., p.326, e da M.Isnardi Parente, Archiv
f.Gesch.d.Philos.LVII, 1985, pp.102-108, poi in Suppl.Acad., pp.274-281, in part. p.276. Dillon si

Pag. 18 - Fragmenta
muove nella prospettiva del Merlan, opponendo a Tarn lo o d n pw del testo di Giamblico; per
mio conto, mi son limitata ad osservare che luno non unentit concreta per il fatto di essere un
numero, perch questa posizione in Speusippo tuttaltro che oppugnabile; ma luno di cui qui si
parla principio e non numero. Aristotele ha quindi le sue ragioni per contestare a Speusippo che il
suo uno non ha alcuna di quelle caratteristiche che dnno la possibilit di chiamarlo essere
definito, essendo i primi esseri definiti per lappunto i numeri.
F 26 Aristoteles, Metaph.N 4, 1091a 29- b 3
33 lgein delevit Christ b 2 e JA Al , n E
C una difficolt, ed sempre fonte di obiezioni per chi indaghi in proposito, concernente il
rapporto che intercorre fra gli elementi primi e i principi da una parte, e il bello e il bene dallaltra:
e laporia questa, se si voglia sostenere che in quelli stia il bene e lottimo, oppure che non sia
cos, ma che il bene e lottimo siano frutto di svolgimento ulteriore (1). Oltre agli antichi cosmologi
(2), alcuni dei nostri contemporanei sembrano daccordo che il bene non nel principio, ma che
solo nel procedere ulteriore della realt (3) compaiano il bene e il bello. Affermano ci per evitare
quella seria difficolt che affligge coloro che affermano, come alcuni fanno, essere luno il principio
. La difficolt non sta tanto nellindicare il bene nel principio, come inerente ad esso, ma nel porre
luno come principio, e il principio come elemento primo, e il numero come derivato dalluno (4).
1) Per tutta la discussione sul passo, che viene per lo pi riferito a Speusippo, cfr.Robin,
Thor.plat.ides nombres, p.507 sgg.
2) Non sono rari nella Metafisica gli accenni ad antichi teologi; cfr. B, 1000a 9 sgg., e
Untersteiner ( Aristotele. Della filos., p.82 sgg.), che tende a rilevare come, per Aristotele, la
dottrina dei principi sia stata interpretata come inizialmente propria della sapienza poetica.
3) Sulle parole proelqo shj t j tn ntwn f sewj Tarn, Speus., p.42 sgg., 449 e altrove si
sofferma a lungo, affermando che il bene, per Speusippo, deriva da un processo naturale, non da
numeri e grandezze, che sono realt immobili. Pi interessante mi sembra il fatto che tali parole
indichino la tendenza progressivistica del sistema speusippeo: il bene non escluso da princpi ed
enti matematici a causa della loro immobilit, come indica del resto Eth.Nicom.I, 1096b 5 sgg.
(infra, F 73 ), ma trova la sua pienezza nella realt (f sij) a un grado ulteriore del suo sviluppo.
4) Stoiceon parola usata qui da Aristotele in senso accademico. Egli in realt il primo filosofo,
di nostra conoscenza, che distingua ormai bene quelli che sono gli stoicea, o rca
nuprcousai, dalle rca vere e proprie (Metaph.D, 1013 b). Il pensiero accademico non ha
invece elaborato questa distinzione, e usa liberamente i due termini, s che la rc pu dirsi anche
stoiceon e viceversa. Solo nel linguaggio ellenistico, e in particolare stoico, la distinzione di
Aristotele trover un valido campo di applicazione. Per gli Stoici cfr. in particolare M.Lapidge,
'Arc and stoicea. A problem in Stoic Cosmology, Phronesis XVIII, 1973, pp.240-278.
F 26a Pseudo-Alexander, In Arist.Metaph., p.717, 39-718,5 H.
Platone e i suoi posero il bene e il male nei principi stessi; altri, come i pitagorici , affermano invece
che il bene non principio. Come essi si rifiutino di considerare principio il bene e lottimo, lo
dice nel presente libro spiegando la frase quelli che ritengono, come i pitagorici e Speusippo, che
il bello e il bene supremo non stiano nei principi (1).
1) Si limita a identificare il passo di Aristotele con la condanna della teoria del bene in Speusippo e
nei Pitagorici, senza nulla aggiungere.

Fragmenta - Pag. 19

F 27 Aristoteles, Metaph.M, 8, 1084 b 27-30


Lunit un punto senza posizione. Cos questi, e anche alcuni altri, considerano tutte le realt
come costituite da ci ch pi piccolo; di conseguenza, lunit diventa materia dei numeri e, allo
stesso tempo, diventa anteriore alla diade, ma insieme anche posteriore, perch la diade un tutto,
ununit e una forma (1).
1) E verosimilmente allusivo a Speusippo; Aristotele ha parlato finora dei Pitagorici, cui si riferisce
la definizione di monj come punto senza posizione, stigm qetoj, e aggiunge un rapido
accenno a alcuni altri , che fanno anchessi gli esseri composti di minimi. Che il passo possa
riferirsi a Speusippo lo dice il confronto con Metaph.N, 1087b 31 sgg. (infra, F 52) oltre che col
seguente F 28.
F 28 Damascius, De primis princ. I, p.2,25 Ruelle
Luno non infatti il minimo, come sembra aver detto Speusippo (1).
1) Zeller, Philos.d.Gr., II,I, p.1001, nt.6, ha ritenuto questa di Damascio una falsa interpretazione di
Aristotele. La cosa possibile, se teniamo conto in particolare dello lciston di Metaph.1084b
27 sgg., e anche di Phys.III, 206b 32, ove la monj detta appunto lciston. E comunque
interpretazione incompatibile con laltra che, lo vedremo fra poco, sar data da Proclo e da
Giamblico (F 30 e F 41 ), che si basano probabilmente entrambi su unintermedia fonte
neopitagorica.
F 29 Palimps.Taur., I, 20 -24., p.602 Kroll (1)
20 m tij Baeumker 21 sic editores omnes, an legendum Amhlioj? n hta coniecit Studemund,
n nta (non entia) suspicavi dubitanter 24 ko sai MS, sic Usener
A meno che, in considerazione della sua piccolezza, non ci sia qualcuno, come Speusippo e Timalio
(?) (2), che riduca luno, nel suo modo di intenderlo come minimo e indivisibile, a qualcosa di
assolutamente estraneo alla divinit (3)
1) La teoria delluno come minimo in Speusippo sostenuta anche dallautore del commento al
Parmenide platonico contenuto nel Palinsesto Torinese edito dal Kroll in Rheinisches
MuseumXLVII, 1892, pp.599-627, e riedito oggi da A.Linguiti in Corpo dei Papiri Filosofici
greci e latini, III , pp.63-202. Il commento stato attribuito a Plutarco di Atene dal Beutler, RE
XXI,I, 1951, coll.974-75, e a Porfirio da P.Hadot, Porphyre et Victorinus, Paris 1968, II, p.61
sgg.; ritiene trattarsi forse di un autore indubbiamente posteriore a Porfirio, ma non sempre
coerente con questi, Linguiti, pp. 78-91
2) Il nome Timalio assolutamente ignoto; data lestrema incertezza dei caratteri, si potrebbe
leggere forse Amelio, soprattutto considerando valida lattribuzione a Porfirio.
3) Il passo contiene un nont di difficile comprensibilit. Sarebbe forse ardito supporre qui un
n nta, non essenti, che esce fuori dal linguaggio filosofico ordinario; eppure poco sopra
abbiamo un o damj nta. Cos ho sospettato in Speus., p.282.

F 30 Proclus, In Plat. Parm. Comm., pp.38-40 Klibansky-Labowski (1).


1 Et ut codd., ut et Klibansky 2 ante CV 4 bonum CV 5 ponat Klibansky 7 induxerunt Klibansky,
inducens L

Pag. 20 - Fragmenta
Cos interpreta Speusippo, esponendo lopinione degli antichi. Che cosa dice? Che essi,
considerando considerando luno superiore allessere, e tale che da esso deriva lessere (2), resero
questo libero dalla condizione propria di un principio. Ma ritenendo in pari tempo che, se luno
fosse considerato assolutamente isolato e di per s, e tale da porre se stesso senza ricorrere ad
alcunaltra realt (3), non avrebbe potuto dare origine a nulla di ulteriore, posero anche, come
principio delle cose esistenti, la dualit indefinita. Perci anche questi attesta che tale era lopinione
degli antichi circa luno, che cio esso si innalza al di sopra di ci che , e che dopo luno viene
subito la dualit indefinita.
1) Il passo deriva da quella parte del Commento al Parmenide che esiste solo in latino nella
traduzione di Guglielmo di Moerbeke, e che fu edita da R.Klibansky- C.Labowsky nel 1953 (Plato
latinus III) e riedito poi da C.Steel, Proclus, Commentaire sur le Parmenide de Platon, Leuwen,
1985. Va esaminato con attenzione in quanto ha dato luogo a interpretazioni diverse e spesso
contrastanti.
2) A p.86 Klibansky dava la sua riedizione greca del brano. Lespressione da lui ritradotta bltion
to ntoj ka f/o t n era da lui considerata speusippea, e giunta a noi dal Per tn
puqagorikn riqmn tramite Nicomaco di Gerasa; egli ammetteva dunque una ritraduzione
neopitagorica del passo. Pi decisamente, Merlan, Plat. Neopl:, pp.132-133, ha considerato
neoplatonizzante la dottrina di Speusippo trovando nel passo citato la teoria di un Uno superiore
allessere che lo porrebbe in stretta comunione con le espressioni di Plotino, e che sarebbe attestata
anche da Giamblico (infra, F 41). Linterpretazione del Klibansky seguita oggi da J.Dillon, The
Middle-Platonists, London 1973, pp.12-14.; cfr. poi pi ampiamente Heirs of Plato, pp.56-59.
Burkert, Weish. Wiss., p.56, ha dato particolare importanza alla frase iniziale tamquam placentia
antiquis: negli antichi egli vede la tradizione pitagorica, e trova che ci si adatta alla tendenziale
pitagoricit di Speusippo. Ma gli antiqui sono tali anche per il tramite, neopitagorico o meno
chesso fosse; e tramite ci si risale forzatamente a Platone, sintende al Platone reinterpretato dai
neoplatonici. Gi in Dottrina delle idee e dottrina dei principi nellAccademia antica, Annali
Sc.norm.Sup.,1979, p.1039, nt. 48,e poi in St.Accad. plat., p.39, nt. 48, ho avuto modo di
esprimermi, sulla base di una opinione di Cherniss avuta per via epistolare, circa questo singolare
riferimento; gli antichi in questo caso non possono essere i Pitagorici, ma Platone e forse Speusippo
stesso.
Melius ente viene ritradotto da Klibansky bltion to ntoj ( ma forse pero sion sarebbe
sufficiente). Accettando la traduzione del Klibasky, siamo assai vicini a Plotino ma assai lontani da
Speusippo, che, pur ponendo luno nella serie del bene, n t to gaqo sustoica, non lo
considera di per s il bene (F26 e F 31 ). Ora, che luno sia il Bene ben certo in Plotino, ma non
viene meno nella tradizione ulteriore del neoplatonismo: cfr. ad esempio Siriano, In Arist.Metaph.,
p.183, 12 Kroll (per Brotino), Simplicio, In Arist.Phys., p.207, 27 Diels (per Moderato).
Lattribuzione della teoria sic et simpliciter a Speusippo non solo contrasterebbe con i passi
aristotelici da noi citati, ma anche con lo stesso passo di Giamblico, De communi mathematica
scientia 4 (F 41 ) secondo cui lUno superiore allo stesso bene, non per, a quanto ivi si dice,
superiore allessere. Rende ancor pi problematica lattendibilit del passo la sua conclusione, che
sembrerebbe attribuire a Speusippo stesso la dottrina del secondo principio nella forma di
interminabilis dualitas, diade indefinita; Speusippo non sembra affatto aver accettato questa
definizione per il secondo principio, ma averlo invece identificato col molteplice, pl qoj (cfr. F 55
infra ). Se dobbiamo quindi in qualche modo rifarci a Speusippo, si tratta di uno Speusippo che cita
altri.
Tarn (Speus. of Ath., pp.352-56) ha interpretato diversamente. Alluno Speusippo avrebbe negata
la stessa condizione di principio, intendendo il primo ipsum non riferentesi a le ens ma al
soggetto della frase che precede, cio a le unum, Ci porterebbe immediatamente alla conclusione
che la interminabilis dualitas venga ad esser considerata principio unico del reale. Per evitare
questo, che di per s assurdo e insostenibile, bisogna, secondo Tarn, considerare

Fragmenta - Pag. 21
uninterpolazione lo interminabilem del testo, e supporre che qui Speusippo possa alludere alla
teoria neopitagorica delluno e della dualit che consegue alluno, una duj rcn , una seconda
unit contrapposta a dualit, che insieme formano poi il reale successivo. Per un esempio di questa
dottrina, assai diffusa fra i neoplatonici, nello stesso Proclo, cfr. Commentarium in Timaeum, I,
p.76, 11 sgg. Diehl, che parla di una prima causa cui consegue una dualit di principi atta a generare
il reale. Ma il primo a sostenerla (o a riferircela, le due cose essendo strettamente intrecciate)
certamente Eudoro, in Simplicio, In Arist.Phys., p.181,7 sgg. Diels = fr.3 Mazzarelli), quando parla
di una rc prima e di due successive rca, de terai ka stoiceideij. Non si pu dunque
negare che la teoria esista o sia difficilmente reperibile; lessenziale vedere se sia qui verosimile
riscontrarla.
Questa interpretazione seguita da Graeser,Plato and Speusippus, p.180 e nt.4 p.183. Graeser la
ritiene importante a fondamento della sua interpretazione dei principi speusippei, in particolare a
garanzia del loro carattere immanentistico piuttosto che trascendentistico, con rovesciamento della
posizione di Platone. Ci fondamentalmente giusto, ma non richiede questa singolare posizione
dei rapporti fra luno e la diade.
Per le mie obiezioni alla interpretazione del Tarn, cfr. M.Isnardi Parente, Speus. in Proclo,
pp.293-310, poi riprodotto con alcune aggiunte in Suppl.Acad., pp.282-294. In questa sede baster
ricordare alcuni punti che mi sembrano decisivi. Il primo, la lettura iperrazionalistica di ab ea que
secundum principium habitudine ipsum liberaverunt: troppo spesso la lettura di un testo medievale
secondo criteri umanistici, vale a dire ciceroniani, ha portato a errori di questo tipo, e sta per certo
che ci che stato liberato dalla funzione di principio nella tradizione neoplatonica lo ens e non
certo lo unum. Questo resterebbe la rc suprema anche nel caso che si trattasse della teoria
pitagorica gi citata pocanzi. Non si mai visto un neoplatonico che possa negarle questa funzione;
la cosa resta chiara per lo stesso Damascio, che, parlato della prima rc ineffabile, indica poi
luno come la deutra rc ( De pr.princ., I, pp.43-45 Ruelle).
N, in secondo luogo, pu darsi il caso che Proclo, come vorrebbe Tarn, separi qui il concetto di
causa, e causa di tutte le realt, da quella di principio. Che luno sia principio dovunque fuori
discussione in Proclo. Basterebbe a indicarlo quello pero sioj pntwn rc con cui egli lo
designa in Theol. Plat. I, 10 ( I, p.42,3-6 Saffrey-Westerink); e tanto pi ci chiaro in quanto egli
indica spesso luno supremo come, insieme, principio e causa (Elem.Theol.I, 11, p.12, 30 Dodds, o
ancor pi chiaramente I,12, p.14 D). Nel Commentario al Parmenide di cui qui ci stiamo occupando
casomai dubbio che luno sia causa; esso definito da Proclo proation, precausa (In
Plat.Parm.VII, col.1210, 11 Cousin), in quanto allinizio di ogni altra cosa.
3) Il sine aliis che sembrato espressione dubbia a Tarn invece espressione assai generica, che
equivale a un senza nullaltro, e viene del resto spiegato dallaltra, alterum elementum, che
sembra alludere a una seconda rc piuttosto che a una coppia di opposti. Che il primo principio
sarebbe immobile senza un secondo principio attestante movimento, cangiamento, alterit, lo dice
significativamente fra gli altri un passo di Plotino, in cui questi pur lettore anzitutto dei dialoghi di
Platone- si sforza in qualche modo di reintrodurre, in omaggio ad Aristotele, il concetto di diade
indefinita nel suo orizzonte filosofico (Enn.V, 1,5,3 sgg.): Plotino parla l di un Uno assolutamente
semplice, che non resta per in s perch la duj ne consegue; indefinita di per s, essa si definisce
poi come numero in virt delluno, e si fa essenza (o sa in quanto numero) e intelligenza. Ecco un
caso ma solo uno dei molti- in cui la collaborazione dialettica della dualit con lUno
concepibile anche quando precedentemente si data dellUno una definizione in termini di assoluta
trascendenza.
J.Annas, Books M and N, p.34, ritiene che Speusippo possa aver aderito inizialmente alla
formulazione platonica per poi passare al pi vago pl qoj. Questa seconda, per, pi
correttamente platonica che non laltra, se si pensa al Parmenide platonico, da cui Speusippo
prendeva certamente le mosse. Dillon, Heirs of Plato, p.56 sgg., ritiene che il passo sia importante
per lattribuzione dellespressione duj ristoj a Speusippo; ma le possibilit di questa
attribuzione sono tutte da discutersi. La mia impressione che Proclo si sia trovato di fronte a una

Pag. 22 - Fragmenta
fonte intermedia, probabilmente neoplatonica, in cui Platone veniva citato tramite Speusippo, e che
il nome di questultimo nella citazione sia poco pi che casuale. A Platone si riferisce la teoria dello
ens liberato dalla condizione di principio e considerato derivante dalluno; ma certamente a un
Platone passato attraverso lesegesi neoplatonica e formulato sulla base della discutibile
testimonianza aristotelica.
F 31

Aristoteles, Eth.Nicom. I,4, 1096b 5 7

Cosa pi credibile sembrano dire i pitagorici circa il bene stesso, quando pongono luno nella serie
(1) dei beni; e sembra che Speusippo li abbia seguiti (2).
1) Delle cosiddette sustoicai, o serie contrapposte delle realt, Aristotele ha parlato in
Metaph.A, 986a, attribuendole senzaltro ai Pitagorici, anzi facendo una precisa distinione fra
questi e il medico Alcmeone, vicino ai Pitagorici ma non confondibile con questi. E perci
fuori luogo il pensare, con Frank (Plato sog.Pyth., p.255 sgg., Burkert, Weish.Wiss., pp.45-46)
che le sustoicai siano da attribuirsi a Speusippo; cfr. Moldolfo in Zeller-Mondolfo, Filos.dei
Greci, I 2 , p. 346 sgg.,.Raven, Pythag. and Eleat., p.12 sgg., Timpanaro Cardini, Pitagorici
III, pp.80-81, Isnardi Parente, Pitag. di Crotone, pp.6-21. Aristotele d qui una conferma di ci
parlando di una imitazione speusippea dei Pitagorici.
2) Non una contraddizione con Metaph.N, 1091a 30 sgg., come bene ha visto J.Burnet, The
Ethics of Aristotle, Cambridge 1900, p.27, polemizzando con Zeller, II I, p.999, nt.3: dire che
luno si pone nella serie positiva non assolutamente dire che il bene si identifica con luno n
che il bene iniziale. Per la coppia n-pl qoj nella sustoica pitagorica, collocata al terzo
posto, cfr. Metaph.986a 23.
F 32 Aristoteles, Metaph.N, 1091b 30-35
Le cose che derivano da ci sono assurde, e cio che il principio opposto, sia esso la molteplicit,
sia lineguale, sia il grande-piccolo, diventerebbe il male di per s (1). E per questa ragione quegli
non volle rapportare il bene alluno: perch, in virt dellpposizione, ne sarebbe derivato leffetto
che il male consista nella stessa molteplicit (2).
1) E un passo fondamentale per lattribuzione a Speusippo dei principi nella forma unomolteplice; in esso infatti si identifica questi con lo stesso che ha negato al bene la funzione di
realt prima e iniziale. Cfr.Schwegler, Metaph. des Arist.,V, p.359; Bonitz, Arist.Metaph.,
p.588; Zeller, Philos.d.Gr.II,I, p.1001, nt. 2; Ross, Arist.Metaph.,II.p.489; Reale,Arist.,Metaf.
III, p.696; Annas,.Books M a.N, p.216.
2) Speusippo ha identificato il secondo principio con il molteplice, pl qoj, e non gi un molteplice
in qualche modo determinato, come sarebbe la dualit, sia pure indefinita, o una qualsiasi coppia
come il grande-piccolo, o altra forma analoga. Anche se, come opina Robin (Th.plat.ides nombres,
pp.654-655), egli non lunico fra i platonici nelleffettuare una simile scelta (anche Senocrate, pur
dando la sua preferenza al concetto di diade indefinita, non nasconde che essa principio della
molteplicit; cfr. Senocrate, fr.101-102 I.P., e commento in Isnardi Parente, p.336 sgg.), purtuttavia
ha preferito porre il secondo principio in questa forma generalissima. Ma cos come si era rifiutato
di identificare il primo dei principi col bene, cos in pari tempo si rifiuta di considerare male il
secondo principio. Il bene si verifica a un dato punto, quando la natura del tutto abbia avuto un dato
sviluppo; e come luno , sotto un certo aspetto, mhd n ti, anche il secondo principio lo
analogamente. Il principio del molteplice adiaforo: potr ingenerare il male solo nei suoi effetti
ulteriori di divisione e di dispersione, ma di per ser s la divisibilit non un male.
Diventa perci difficile accettare la concezione positiva del molteplice che presenta Tarn, Speus.,
pp.39, 313 e altrove) secondo cui il pl qoj non altro che la molteplicit definita propria del

Fragmenta - Pag. 23
numero. E da ricordarsi che Speusippo dipende sotto questo aspetto in particolare dalla teoria del
Parmenide, che gli offre lopposizione n-pl qoj come la primitiva e fondamentale,
unopposizione reale, di due termini che si pongono alle estremit opposte del reale; e togliergli
questo suo radicamento in Platone, in particolare nel Platone dei dialoghi avanzati, significa
ignorare la ragione pi sensibile del suo ragionamento ( cfr. per questa dipendenza dal Parmenide,
p.es. da Parm.151a sgg., Tarrant, Speus. ont. Classification,, pp.130-145, in part.139 sgg.). La
interpretazione di Tarn perci una semplice conseguenza della propria volont di unificare il
problema dei principi con quello dei numeri,dalla quale consegue anche la riduzione del
molteplice speusippeo, un molteplice assoluto, al molteplice definito dellessenza del numero.
F 33 Syrianus, In Arist.Metaph., p.164, 22-24 Kroll
E chi colui che si difende? Perch offende laureo Speusippo? E come dice che da simili opposti
nasce la sostanza delle cose divine? (1)
1) E una difesa generica dellaureo Speusippo, a torto offeso da Aristotele, secondo luso proprio
di Siriano, neoplatonico fervente, in tutto questo suo commento.
F 34 Pseudo-Alexander Aphr., In Arist.Metaph., p.823,9-14 Hayduck
Inoltre, se luno il bene, ci che non uno, lo si chiami pure dualit o ineguale o molteplicit, sar
di necessit il male: s che la generazione delle idee dovrebbe verificarsi da questi due opposti,
dalluno ch il bene e dal non uno ch il male. Costatato ci (dico essendosi accorto che, se luno
il bene, il non uno il principio materiale, negativo), Speusippo sfugg alla difficolt negando
alluno il carattere di bene (1).
1) La sola indicazione di una certa utilit fornitaci dallo pseudo-Alessandro il nome di
Speusippo, alluso semplicemente da Aristotele. Ma molto incerto che la fonte di Siriano sia
questo passo, come vorrebbe Tarn, Speus. of Ath., p.345, seguendo la sua ipotesi di
identificazione dello ps.Alessandro.
F 35 Aristoteles, Metaph. L, 10, 1075a 31-37
34 arc Lasson min Al ma codd., Ps.Alexander

37 kal n Robin

Dei due principi opposti alcuni considerano secondo il principio materiale, che dicono essere
lineguale contrapposto alleguale o i molti contrapposti alluno(1) Ma ve ne sono altri che
ritengono che il bene e il male non siano principi (2).
1) Per il commento di questo passo cfr.Ross, Arist.Metaph., II, p.402, richiamato con
approvazione da Reale, Arist.,Metaf., III, p.609. Ross si richiama a numerosi altri passi, quali
N, 1087 b 5, 1088b 32, 1089b 6, 1091b 32, che parlano della posizione dei seguaci di Platone
nei riguardi del secondo principio; Speusippo viene qui contrapposto a platonici di dubbia
identificazione. Ma che con nison Aristotele voglia riferirsi a Senocrate (cfr.Tarn, p.345)
del tutto escluso, dato che Senocrate ha esplicitamente rifiutato questa identificazione del
secondo principio (cfr.Senocrate, fr.99, e Isnardi Parente, commento a p.331). Aristotele
potrebbe piuttosto aver pensato a Ermodoro, che d allo nison un particolare rilievo nella sua
esposizione della dottrina dei principi (cfr. fr.7 I.P.).
2) E inutile il cambiamento di Robin, Thorie plat. ides nombres, p.558, nt. 2, di kak n in
kal n quando chiaro che qui Aristotele vuole semplicemente riferirsi alla teoria speusippea
secondo la quale il bene e il male vanno distinti dai principi.

Pag. 24 - Fragmenta
F 36 Aristoteles, Analytica Posteriora, II,6, 92a 20-25
20 to (1), t Adn t (2) , t d 21 suppl.Bonitz 22 diairet n t diairtw d 25 lambanei B
Themistios , lambnein Abdn
E per ipotesi si potrebbe dimostrare che, se il male consiste nellessere divisibile, e se ogni termine
che ha un contrario definibile per mezzo del contrario, dal momento che il bene contrario al
male e lindivisibile al divisible, ne deriva che il bene consiste nellessere indivisibile. Chi cos
proceda, compie la dimostrazione avendo assunto come principio una certa determinata essenza, e
cos, nellintento di dimostrarla, in pari tempo la assume preliminarmente (1).
1) Il passo in questione stato rivendicato a Speusippo dal Cherniss, Arist.Crit.Pl.Acad., pp.34-38;
analogamente poi Ross, Arist.Anal., Oxford 1949, pp.623-624, e Tarn, Speus., pp.443-444.
Aristotele insiste qui sulla impossibilit di dimostrare alcunch k to nantou, per esempio il
carattere di divisibilit del male dalla indivisibilit assoluta del bene; e che il bene sia un indivisibile
sembra essere teoria di Speusippo. La tesi sembra comprovata dal passo speusippeo dellopera Sui
numeri pitagorici, in cui luguale viene dichiarato sciston ka noeidj (cfr. infra, F 94 ). Ma
che luno sia indivisibile, e quindi lindivisibilit propriet del bene, non del solo Speusippo, per il
quale fra laltro luno si pone solo nella serie del bene (cfr. supra, F 31).
F 37 Aristoteles, Metaph.X,3, 1054a 20-32
29 ti A 31 t EA Al , om.J
32 to A Al , om.P
Luno si oppone al molteplice in pi modi, da un lato nella forma di uno-molteplice come
divisibile-indivisibile, in quanto come diviso si pone ci ch molteplice, luno come indiviso e
indivisibile (1) Come gi scrivemmo nella Divisione dei contrarii, luno il medesimo, il
simile, luguale, mentre proprio del molteplice lessere altro, dissimile, disuguale (2).
1) Linsistenza di questo passo sulla coppia n-poll fa pensare a Speusippo, anche se i
commentatori non dnno alcuna indicazione in proposito, anzi uno di essi, Elders (Arist. Theory
One, p. 93 ), sembra voler escludere Speusippo proprio per aver questi respinto il concetto di
nison. Il passo che Elders cita per in proposito, 1088b 28, si riferisce al sostenitore della
duj ristoj, che Speusippo non , ma semmai Senocrate; cfr. supra, F 35.
2) La formulazione qui ancor pi evidentemente speusippea che non allinizio, anche se
dellirrazionalit del pl qoj pi Accademici possono esser considerati convinti.
F 38 Alexander Aphr.,In Arist.Metaph., p.250, 13-22 H.
Allinizio dice che la contrapposizione fondamentale quella delluno e dei molti, che sono ci che
si oppone alluno; luno infatti qualcosa di medesimo, mentre laltro molteplice o nel molteplice:
cos tutto quello ch simile o uguale sotto luno, tutto ci ch disuguale e dissimile sotto il
molteplice (1). E cos ci rimanda alla convinzione che tutti i contrarii si rapportino alla
contrapposizione uno-molteplice, espressa nella trattazione Sui contrarii (2), come ad una
trattazione specifica gi data; per una simile trattazione la fece anche nel secondo libro della scritto
Sul bene.
1) E un passo che vorrebbe essere di commento al Per tgaqo platonico, e si pu fortemente
dubitare chesso si riferisca a Speusippo. Gaiser, Platos ung.Lehre, pp.516 e 518, Test.Plat.39 e
41B (nota a p.517) lha riportato insieme col seguente dello ps.Alessandro, avvertendo che la teoria
non si riferisce esplicitamente a Platone, ma pi genericamente allAccademia. Pur tuttavia la
formula n-pl qoj fa pensare, nellambito dellAccademia, tipicamente a Speusippo. Sul Per
tgaqo, opera giovanile di Aristotele che forse Alessandro sarebbe stato lultimo a leggere

Fragmenta - Pag. 25
(Moraux, Listes anciennes, p.39, nt. 64), cfr. i dubbi di Isnardi Parente, Alessandro e il Per tg.,
pp.245-270: si potrebbe trovare, al posto dellopera di Aristotele, un rifacimento in stile
pitagorizzante della medesima, che Alessandro avrebbe preso per questa.
2) Per la Eklog tn nantwn cfr. O.Guariglia, Quellenkritische und logische Untersuchungen
zur Gegensatzlehre des Aristoteles, Hildesheim-New York 1978.
F 39 Ps.Alexander, In Arist.Metaph., pp.616, 14-19 H.
Fece questa divisione nello scritto Sul bene, come gi si detto altrove; e per mezzo di essa
ricondusse tutte le opposizioni alla coppia uno-molteplice. E proprio delluno essere il medesimo,
il simile, luguale, e del molteplice essere laltro, il dissimile, il diseguale (1).
1) Mentre il brano precedente parlava schiettamente di principi, lo pseudo-Alessandro generalizza,
fino a dar limpressione che si tratti dellappartenenza di uno e molteplice a due differenti
sustoicai. Che tale teoria fosse ripresa e trascendentizzata nellAccademia lo vedremo meglio
esaminando Teofrasto, Metaph.VI A 23 sgg.; cfr.per questo Isnardi Parente, Thophr. Metaph.VI A
23 ss., pp.49-74, e infra, F 59.
F 40 Theophrastus, Metaph.32, XI A 18-25 Usener, p.21 Laks-Most
19-20 plqei Laks-Most, pl qoj codd.; pl qoj enai Ald, Ross-Fobes 20 to kako coni.
Usener
21 sic w, kaqptesqai coni.Usener, kaqairen t coni.Usener
22 ek gr
coni.Sylburg, sic Ross-Fobes 24 kra w, qr a Usener
25 katrwqen R CL, katrw A;
add. m toiata J
Vanamente parlano della natura del tutto alcuni, come Speusippo, che affermano esser raro il valore
e posto nella parte centrale, mentre gli estremi stanno da una parte e dallaltra (1).
1) Il passo speusippeo stato interpretato inizialmente in senso cosmologico;ma gi limpostazione
data alla questione da Teofrasto porterebbe a dubitarne. Teofrasto parla di coloro che vedono nella
realt scarso e raro il bene, e di coloro che pensano diversamente; fra questi sembra concedere una
certa ragione a chi lo vede n orista ka oon lhj edei, e con ci accenna presumibilmente
a Platone. Per il resto, considerare il male prominente rispetto al bene di chi non sa niente della
realt naturale. Il discorso mira ad affermare la superiorit di ci che ha anima, myucon, a ci che
yucon, ma in pari tempo peiron (XI A 16 sgg. Us.) e quindi inferiore di valore, non tuttavia
di spazio.
Secondo quanti hanno dato interpretazione cosmologica al passo, Speusippo avrebbe inteso
combinare la sua concezione del bene con la dottrina pitagorica del fuoco centrale, a noi resa nota
da Aristotele, De caelo, II, 293a 15-b 15, e probabilmente da riferirsi a Filolao: cos Ravaisson,
Speus.pr.princ., p.44; Zeller, Philos.d.Gr. II,I, p.1000; Frank, Pl.gen.Pythag., p.252; Cherniss,
Arist. Crit. Presocr. Philos. p.394 (ma cfr. meglio per questo pi oltre); Elders, Arist.Th.One, p.10.
In Arete, p.237, nota 187, Krmer si dichiara ancora propenso a seguire questa interpretazione,
mentre Burkert, Weish.Wiss., pp.305-306, inserisce ancora in un contesto cosmologico lintero
passo teofrasteo.
Ph.Merlan, Plat.Neoplat., p.110, stato il primo a respingere linterpretazione cosmologica del
passo. Teofrasto ci direbbe qui che per Speusippo il bene si pone al centro del reale, mentre alle
estremit vi sono i principi che non sono n bene n male. Tkra sarebbero quindi nientaltro
che i principi del reale, n- pl qoj. Ma combinare questa interpretazione con quella che lo stesso
Merlan d del passo di Giamblico (vedi il seguente F 41) non del tutto agevole n coerente.
Peraltro, in Urspr.Geistmetaph., p.214, nt. 57, Krmer si dichiara propenso a questa interpretazione,
cos pure Happ, Hyle, p.142, nt. 339.

Pag. 26 - Fragmenta
Ritengono linterpretazione da darsi in senso pi generico Cherniss, Arist.Crit.Pl.Acad., p.559;
Tarn, Speus., pp.447-448 (questi ritiene anche che linterpretazione data da Merlan di kra nel
senso di principi sia frutto di una cattiva interpretazione araba del testo, cfr. per questa
D.S.Margoliouth, Journ.of Royal Asiatic Society 1892, pp.192-201); infine oggi Laks-Most,
Thophr., Metaph., p.85. Teofrasto non intenderebbe dire di Speusippo altro che tutto ci che si
allontana dal centro, ch il bene, tende ad andare verso gli estremi da una parte e dallaltra, senza
intendere con ci minimamente i principi.
Una simile limitazione di senso e di contenuto non soddisfa tuttavia integralmente. Speusippo ha
inteso tracciare una sorta di sviluppo delle o sai di cui si compone il reale promovendo la
centralit della proporzione aritmetica valida a comporre la piramide, come ci accorgeremo dai
frammenti seguenti (F 70, 94) ed da considerare che con essa coincide il bene in assoluto;
dunque difficile che Teofrasto, ottimo conoscitore dellAccademia, trascuri questo particolare
essenziale. Nelle sue parole pur sintetiche deve essere compreso tutto il sistema di Speusippo, che
va dai principi adiafori ai numeri, alle grandezze, a quella forma matematica ch il simbolo
delluniverso stesso e che corrisponde, vedremo (ancora F 94), allanima del tutto, per comprendere
poi, come termine ultimo, le specie infime e le forme del sensibile; un sistema che, quindi, prevede
il bene al suo centro, e ha per estremi da un lato i principi, dallaltro la forma ultima cui lo sviluppo
del reale mette capo, il sensibile nella sua indefinita molteplicit.
Come vedremo pi oltre, la teoria del bene come intermedio fra due estremi ha il suo corrispettivo
nella teoria etica di Speusippo (infra, F 73 e sgg.): anche sotto questo aspetto il bene si pone come
intermedio fra un eccesso e un difetto costituenti estremit negative. Questo schema di equilibrio
quindi considerato da lui come genericamente riferibile al reale non solo sotto laspetto metafisico,
ma anche sotto laspetto della stessa pr xij. Non privo di interesse il fatto che Aristotele (che si
presenta, pur con dissensi su punti singoli, come il continuatore di questa etica della mes thj) abbia
usato per questo elemento intermedio, in cui consiste il bene come equilibrio, espressioni simili a
quelle che qui Teofrasto riferisce a Speusippo: cfr. Eth.Nic.II, 1109a 29-30, di per t e spnion.
Lespressione lh o sa, inoltre, non ha di necessit carattere cosmologico; basti pensare a
Platone, Epist.VII, 344b 2, che ne fa uso in un contesto di tipo metasifico, intendendo con essa
lessere nella sua totalit, sostanza singola o realt generale del tutto (t yedoj ma ka lhqj
t j lhj o saj). Se Teofrasto ha qui di mira la teoria speusippea dellanima del cosmo, allude ad
essa come a una teoria della perfezione e del bene anche nei suoi riflessi cosmologici, ma non dal
punto di vista cosmologico o astronomico, bens da un punto di vista pi ampio, in cui ontologia e
cosmologia si saldano luna allaltra.
F 41 Iamblicus, De comm. mathem. scientia, 4, pp.15, 6-16,14 ; 18,1-13 Festa (1)
p.15, 12 vel kaqa t n? p.16,8 <teron> paineto apographus 10, con coniecit Festa 14
mgeqoj corruptum visum est Festa
p.18,8 [o te] delevit Festa
Dei numeri matematici bisogna porre a presupposti due principi, che sono assolutamente primi e
superiori a tutto, luno ( che in certo modo non si deve chiamare neppure qualcosa che , per il suo
essere assolutamente semplice e per il suo esser principio di tutte le cose che sono; e si sa che il
principio non in alcun modo della stessa natura delle cose di cui principio), e poi, come altro
principio,quello della molteplicit, o principio della divisione che si pu ottenere per via di essa; e
per questo potremmo dimostrare, procedendo convenientemente secondo le nostre possibilit, che
simile in tutto e per tutto a una materia umida e ben plasmabile (2). Da questi principi, quello
delluno e quello del molteplice, nasce il primo genere, quello dei numeri, i quali, secondo una
certa credibile necessit, si devono intendere composti delluno e dellaltro. Occorre, facendo la
rassegna dei numeri, applicare tutta la divisione a tutto il numero, e affermare in generale che la
grandezza presenta questa natura, e che ciascuno di essi numeri e grandezze- in una certa
forma, e che il fatto che ciascuno di essi abbia una certa qualit, e sia definito e uno, lo produce per
impressione, quasi esercitando la funzione di un sigillo, il principio che indifferente e indivisibile.

Fragmenta - Pag. 27
Non sembra quindi che convenga porre come brutto o come male una realt siffatta, una realt alla
quale di per s compete lesser causa di grandezza, divisione, moltiplicazione: in nessuna delle altre
realt, infatti, si suole porre un genere siffatto dalla parte del male; e forse saremmo addirittura nel
vero se dicessimo che il grande causa di ci ch grandioso e liberale, qualora si trovi congiunto
con lelemento qualitativo -.caso, questo, in cui siamo ben lungi dal chiamarlo un male. E se
lodiamo la natura delluno per la sua autosufficienza e per lesser causa del bello, in certo modo, nei
numeri, non sarebbe poi forse assurdo dire che il male e il turpe per natura sono di per s suscettibili
di ricevere in s tali caratteristiche? Non possibile che accada che il brutto e il turpe siano
biasimevoli, quando poi sono suscettibili di accogliere in s cose lodevoli e sono quindi tali da
dover essere dichiarati essi stessi lodevoli.
Cos insomma noi dobbiamo concepire il principio. Luno, non possibile chiamarlo n bene n
bello; in realt esso sta al di sopra del bello e del bene; solo quando la realt ha compiuto un certo
processo di allontanamento dai principi che si manifesta prima il bello e poi, fattasi ancor maggiore
la distanza dagli elementi primi, il bene (3).
.Ci dunque stabilito da noi. Gli elementi primi, dai quali derivano i numeri, non sono in alcun
modo n belli n buoni; ma dallunione delluno e della materia, causa di molteplicit, si genera il
numero, e in esso per la prima volta si rivelano lessere e il bello; poi, sempre a partire dagli
elementi primi, si rivela lessenza geometrica della linea, nella quale ugualmente appaiono lessere
e il bello, e in essi non vi nulla di turpe n di cattivo; da ultimo, nelle realt che si determinano in
quarta e quinta derivazione a partire dagli elementi estremi, si verifica infine il male, che non di
per s stesso, ma deriva da una sorta di fallimento e di incapacit di padroneggiare alcuni elementi
propri della realt naturale (4).
1) Il passo in questione stato attribuito per la prima volta a Speusippo, o perlomeno visto come
rielaborazione di un brano speusippeo, da Merlan, Plat.Neopl., p.96 sgg. Giamblico, p.15,7-8
Festa, richiama Aristotele, Metaph.N, 1092a 15: entrambi ci dicono che luno non , per
Speusippo, neanche essere, e Merlan stesso (ivi, p.101) mette in guardia contro la diversa
interpretazione giamblichea dellUno, che ci fa pensare a un riferimento di teoria altrui. Merlan
intende questo non essere nel senso piena del termine, contro J.Moreau, che, nella sua
recensione alla prima edizione dellopera (Revue Belge Philos.Histoire, 1956, pp.1164-1167),
aveva ridotto il valore del pw indeterminato, vedendo in esso un non ancora, e ne difende il
senso forte (Plat.Neopl., p.133). Tuttavia, lo stesso Merlan, di fronte allutilizzazione fatta della
sua interpretazione da Krmer (Urspr. Geistmetaph., pp.208 sgg., 214 sgg., 351 sgg.), stato
forzato a prendere le sue distanze da uninterpretazione in termini troppo forti di essa (cfr. Der
Ursprung der Geistmetaphysik, Philos.RundschauXV, 1968, pp.97-110, e gi in Bemerkungen
zum neuen Platobild, Arch.Gesch.Philos.LI, 1961, pp.111-126).
2) Merlan, Plat.Neopl., p.122, sostiene che il termine, generalmente considerato aristotelico,
potrebbe essere di formazione speusippea, il che non in alcun modo provabile, pur se non da
escludersi totalmente, dato che abbiamo indizi della peculiarit terminologica speusippea in pi
casi. Il brano ricorda invece da vicino Aristotele, De gener.animal.III, 761a 34, ove i termini
gr n e e plast n sono rettamente attribuiti non alla materia in senso metafisico, ma ad
elementi fisici di essa.
3) Merlan prosegue la sua interpretazione dando un forte accento neoplatonico alla concezione
speusippea dei principi. Parlando del secondo principio, considera in primo luogo il suo sviluppo
in risultati positivi (la grandezza, ad esempio, non in alcun caso un male) e , dal momento che
Aristotele ci dice chiaramente che esso per Speusippo non il principio del male, arriva a
considerarlo, poich luno al di sopra dellessere, come al di sopra del non essere, un
bernichts (cfr. p.100 sgg.); il che sembrato a Krmer, pur propenso ad accettare
linterpretazione in questione, eine philosophische Monstrositt (Urspr. Geistmetaph., p.212,
nt. 55). Che luno, peraltro, si collochi, come in Plotino, al di sopra dellessere, Merlan lo deduce
dal fatto che, nel brano in questione, dalluno sembri derivare il bello, kal n, che si rivela

Pag. 28 - Fragmenta
dapprima negli enti matematici, e poi, in secondo luogo, quando maggiore si sia fatta la distanza
dei principi, il bene (p.16, 12-14 Festa; Merlan, Plat.Neopl., p.107 sgg.). Egli fa il preciso
raffronto con passi aristotelici in cui fra il bello e il bene corre una divisione sostanziale, passi
che crede poter riferire a Speusippo: Metaph.M, 1078a 31 sgg., Eth.Eud.I, 1218a 16 sgg., b 5
sgg., ove si dice in realt che il bene si manifesta come klloj nelle forme matematiche, come
o neka nella pr xij.
Il termine cui Merlan d particolare valore quello di pernw; termine che non platonico, e
per reperire il quale occorre arrivare a una data molto pi recente (lIndex Aristotelicus del
Bonitz lo d in significato extrafilosofico). Lo si trova invece in un frammento di Eudoro, presso
Simplicio, In Arist.Phys., p.181, 10 Diels; e su questo termine ha dato interpretazioni decisive
H.Drrie, Der Platoniker Eudoros, Hermes LXXIX, 1944, pp.25-39, in part.33-34, Ammonios,
der Lehrer Plotins, Hermes LXXXIX, 1955, pp.439-477, in part.456 sgg., poi entrambi in
Platonica Minora, Mnchen 1976. Eudoro sembra avere, con esso, trascendentizzato
ulteriormente la divinit platonica (forse in un eventuale commento al Fedro) facendone una
unit prima e assoluta, superiore alle stesse rca. Per poter ottenere, in Speusippo, un uno al di
sopra dellessere in questo senso assoluto bisogna combinare (cosa che Merlan fa in effetti) il
nostro passo col gi visto F 30, che alla nostra analisi per risultato irrilevante in questo senso.
E nessun neoplatonico ha dichiarato luno di per s superiore al bene: non certo Plotino, per cui
luno pero sion si pone anche in pari tempo come Bene supremo; basti guardare Enn.II, 9,1,18, e allinterpretazione che questi d del platonico pkeina t j o saj di Resp.509d; oppure
ad alcuni dei grandi trattati VI,9 (5), VI,7 (38), in cui lUno, unificato con il Bene della
Repubblica, si pone come tgaq n o peragaq n.
Il secondo principio, opposto alla diforoj ka tmhtoj rc (nelltmhtoj, indivisibile, c
qualcosa di autenticamente speusippeo) , non pu venir detto di per s un male;infatti esso
anche principio della grandezza, in senso generico stavolta e non matematico, e lautore scivola
impropriamente dal concetto di pl qoj a quello di mga: il grande causa di valore morale
(cos, per esempio, si parla di grandezza danimo) cio una causa di bene nel campo dei valori
etici. Cos pure il molteplice permette leffettuarsi di operazioni matematiche, essendo alla radice
dellaccrescimento, della divisione, della moltiplicazione (mgeqoj, diaresij, a xh), nessuna
delle quali si pone come un male (p.15 Festa). Inoltre, se il secondo principio sostrato, esso non
pu n deve identificarsi col male,in quanto necessario a formare una certa realt. Questo ci
riporta in particolare ad Aristotele, e a quanto egli stesso ci riferisce per Speusippo (supra, 1091b
31 sgg.),ma con unaccentuazione particolare: perch, se l Aristotele ha detto che uno dei
platonici (Speusippo) non arrivava a concepire il secondo principio come il male o la sua origine,
laffermazione che esso si rende necessario al reale come sostrato poi esclusivamente sua e si
riconosce in pieno come tale. Il testo di Giamblico accentua qui la funzione di sostrato propria
del secondo principio con lespressione dektik n, che accoglie, che riceve (p.16,4 sgg.Festa).
E unespressione che troviamo anche in Platone, quando, nel Timeo, egli ci parla della cra
come di una f sij pnta decomnh (50b 6), e che ricorre nella stessa, usata pi di una volta,
espressione podoc; ma qui in Giamblico essa usata in senso propriamente aristotelico,
indicante un preciso sostrato ilico (cfr.ad esempio Metaph.D, 1023a 13, ove, con dektik n, ci si
riferisce al nesso materia-forma nel suo aspetto pi elememtare, quello del bronzo che accoglie
la forma della statua).
Linterpretazione del Merlan di notevole importanza, ed stata seguita da pi studiosi; a parte
Krmer, di cui si gi detto sopra, cfr. anche Happ,Hyle, p.208 sgg.(nel paragrafo Das MateriePrinzip Speusipps), e Dillon, Speus.in Jambl., p.325 sgg. (entrambi ritengono accettabile anche
lh come termine speusippeo, cfr.rispettivamente Happ, p.221, nt 711 e Dillon,p.330). Estata
da me sottoposta a critica (Isnardi Parente, Proodos in Speus. pp.88-110) ed oggi rifiutata
integralmente da Tarn, il quale, pur citandola (Speus. of Ath., Intr.,pp.14-18), non pone il passo
nella serie dei frammenti. F.W.Kohnke,GnomonXXVII, 1955, p.157 sgg., ritiene che il tramite

Fragmenta - Pag. 29
sia Posidonio, ma la sua interpretazione pi valida per il precedente cap.3 che per questo di cui
ci stiamo occupando, realmente poggiante su teoria posidoniana. La nostra impressione che alla
base del passo giamblicheo ci sia la lettura dei passi di Aristotele riguardanti Speusippo, ma con
una accentuazione dei medesimi e con una notevole trascendentizzazione delluno, che fa
pensare piuttosto a un tramite pi tardo, neopitagorico o platonico-pitagorizzante, che non a un
tramite ellenistico. Il termine pernw, se veramente attruibile a Eudoro, potrebbe essere
indicativo in proposito.
La conclusione del passo giamblicheo interessante non solo perch riassume sinteticamente il
contenuto, ma per una nuova indicazione che d circa il verificarsi del male nella realt. Esso si
verifica in quarto o quinto luogo a partire dai principi, per una deficienza di potere: k to
kpptein ka m katakraten tina to katf sin (p.18, 9-11 Festa). Si verifica, inoltre,
o prohgoumnwj, cio non di per s e in primo luogo, ma come evento secondario del reale,
una sorta di prodotto accidentale di esso. Per questa stessa teoria cfr.Aristotele, Phys.II, 199a 30b 7, e De gener.anim.IV, 767b 5-23, 770b 9-17; materiale speusippeo rielaborato, come Merlan
vorrebbe (p.114), o ci troviamo con Giamblico di fronte a una semplice rielaborazione di
materiale aristotelico?
4) Sul preciso significato di prohgoumnwj in questa pagina cfr. la discussione intercorsa fra
A.Grilli, Contributo alla storia di prohgoumnwj in Studi linguistici in onore di Vittore Pisani,
Brescia 1969, pp.409-499; M.Isnardi Parente, Speusippo in Sesto Empirico,adv.math.VII, 14546, in La Parola del PassatoXXIV, 1969, pp.213-14 e Ancora su prohgoumnwj in Speusippo,
ivi XXVI, 1971, pp.120-28. La parola significa qui non di per s stesso, o piuttosto non
primariamente; essa usata numerosissime volte nella letteratura platonica tardiva; la troviamo
per la prima volta in Teofrasto, De igne, 14, e a questi stata attribuita senzaltro da
F.Dirlmeier,Die Oikeiosislehre des Theophrastos, Philologus Suppl.XXX,1, 1937, p.15 sgg.
Supporre che in Speusippo essa abbia un particolare significato equivale ad attribuirgli una
gradazione di forme dellessere che non corrisponde n ad Aristotele rettamente interpretato, n
a quanto sappiamo su di lui da altri testimoni.
Infine, il modo specifico nel quale si verificherebbe il male nella realt fa fortemente pensare a
certi passi di neoplatonici preoccupati del problema di chiarire come il brutto, la malattia,
lazione malvagia non nascano da idee di valore negativo, ma da una sostanziale dunama, una
incapacit di padroneggiare rettamente la natura, e cio il reale: cos ad esempio Plotino,
Enn.VI,1 (42), 9, 18-19, 10, 26-28, quando scarta decisamente lidea del male, una forma di
trascendenza negativa, che invece Platone per suo conto (e basti vedere Theaet.176e) aveva
accettata. Un tale modo di concepire la dottrina delle idee si verifica in realt assai presto
nellAccademia, e Plotino non fa che raccoglierla e trasmetterla. Ma per Speusippo, che alla
tematica delle idee contrappone quella, a lui pi cara, dei numeri, difficile sostenere una simile
interpretazione
F 42 Aristoteles, Metaph. L, 1069a 30-36
30-31 j mn fqart ps.Alexander, j mn adioj d fqart Themistius n pntej
mologosin
post 30 asqht cum Alexandri citatione et Themistio transp. Bonitz 32
d/adioj secl..Freundenthal
35 maqhtik J
Vi unaltra sostanza, ch priva di movimento, e questa alcuni dicono che separata; gli uni la
dividono in due, gli altri fanno di idee e enti matematici una sola natura; ma ci sono alcuni i quali
dicono che, di tali realt, esistono solo gli enti matematici.
1) I commentatori del passo riconoscono per lo pi nel primo dei filosofi citati Platone,nel secondo
Senocrate, nel terzo (dalla riga 33 in poi) Speusippo. Cos Bonitz, Arist.Metaph., p.471; Robin,

Pag. 30 - Fragmenta
Th.plat.ides nombres, pp.205-206, nt.214; Ross, Arist.Metaph., II, p.350; Reale,
Arist.,Metaf.,III, p.556. La o sa knhtoj, consistente in entit matematiche (insieme numeri e
grandezze), per Speusippo la sola che si ponga come trascendente, cwrist. Altrove per
Aristotele non mancher di specificare meglio questa assolutizzazione delle entit matematiche,
qui data come scontata.
F 43 Aristoteles, Metaph.M,1, 1076a 19-22, 32-35 (1)
Giacch vi sono alcuni che fanno di queste due realt due generi distinti, idee e numeri matematici;
altri li considerano una sola natura, e altri poi ancora dicono che solo quelle matematiche sono vere
sostanze Ma, se vi sono in realt solo gli enti matematici, essi devono essere inerenti ai sensibili,
come vogliono alcuni, oppure separati da questi, come dicono certi altri (2); oppure, se non n
luna cosa n laltra, si deve ammettere che non siano, o che siano in altro modo (3).
1) Linizio ripetizione del fr.precedente: cfr. ancora per tutti Bonitz, Arist.Metaph., p.527, con
rimando a 1080b 19 sgg., ivi, p.545.
2) Viene qui fatta la distinzione di Speusippo dai pitagorici, per i quali le entit matematiche sono
s assolute e primarie, ma non si differenziano dai sensibili su piano metafisico, cio li
trascendono. Cfr.Metaph.A, 998a 7-9 (ove gli enti matematici, per i pitagorici, sono detti
sussistere n toj asqhtoj) e in proposito gi Robin, Th.plat.ides nombres, p.204 sgg.,
nt.213, e la nt..261, in part.p.650, per il quale i numeri trascendenti sono propri di platonici
pitagorizzanti.
3) Si pu chiedere quale fondamento gnoseologico Speusippo intendesse dare a questa singolare
teoria dei numeri che trascendono il reale, su cui tanto insiste Aristotele in senso critico (cfr. anche
infra, commento a F 49). Ma questo era stato gi il problema di Platone per le idee, essenze separate
dal sensibile. Esse, come i numeri per Speusippo, sono vere in quanto reali: la loro verit razionale
dipende dalla loro posizione metafisico-ontologica, che ne fa la realt essenziale e quindi
gnoseologicamente privilegiata. Questa posizione filosofica avr pi tardi il nome di realismo.
Significativo il Parmenide (132b sgg.) ove posto il problema stesso del fondamento nel reale
ontologico dello stesso n hma, ch impossibile esista senza un suo corrispondente oggettivo. Il
carattere ancora sostanzialmente parmenideo di questo atteggiamento chiarito bene da
G.Calogero, Studi eleat p.19 sgg., e St. log. Ant., I, p.113 sgg.
F 44 Aristoteles,Metaph.M. 6, 1080b 11-18, 23-29
15, ton secl. Ross; coniecit dubitanter < ka to >ton Jaeger
kecwrismnon Al ,corr. E;
kechrismnwn P Ab
22-23 nioi et na secl. in annotationibus Jaeger
Alcuni dicono che i numeri sono di due nature diverse: luno quel numero che ha un antecedente e
un conseguente e si identifica con le idee (1), laltro il numero matematico, distinto da esse, e che
luno e laltro sono entrambi separati dai sensibili. Ma vi sono alcuni che ritengono esservi solo il
numero matematico, primo fra gli esseri, separato dai sensibili Anche i pitagorici ammettono solo
il numero matematico, non lo considerano per separato Similmente, a proposito delle lunghezze,
delle superfici e dei solidi, gli uni dicono che vi sono realt matematiche che sono altre dalle idee e
vengono dopo di esse (2); tra quelli che la pensano diversamente, gli uni parlano degli enti
matematici in termini matematici, e sono quelli che ritengono non esservi idee-numero, e neanche
idee in generale(3); gli altri pongono anchessi enti matematici, ma dnno a questi un sginificato
non matematico (4).
1) Che le idee abbiano un pr teron ka steron, dando a questi termini il senso di Metaph.
1019a 1-4 (ove citato lo stesso Platone come autore di una simile diaresij) , affermato in

Fragmenta - Pag. 31
pi parti da Aristotele, e torner negli scritti di Plotino. Perci qui Platone chiaramente
riconoscibile.
2) Speusippo stato qui chiaramente riconosciuto da quasi tutti gli interpreti moderni , sia pure
con incertezze fra Speusippo e Senocrate da parte di Bonitz, Arist.Metaph., p.544; ma cfr.
.Ravaisson, Mtaph. Aristot., p.177, 338; Schwegler, Arist.Metaph., IV, p.313; Robin,
Th.plat.ides nombres, pp.216 sgg., 225 sgg., 269 sgg., in part. p.274; Ross, Metaph.II, p.428:
Reale, Arist.,Metaf.,III, p.641; torna a parlare di Speusippo e Senocrate Annas, Books M a. N.,
p.164, ma in un discorso dinsieme su tutto il passo. Da ci che abbiamo scorporato da esso,
Senocrate non compare, almeno fino a questo punto.
3) La certezza che si tratti. del solo Speusippo data in particolare dal confronto consueto con la
dottrina pitagorica; si ripete qui come altrove che, a differenza dei platonici, i pitagorici
ritenevano le realt matematiche totalmente immanenti al reale sensibile.
4) Vi qui un ulteriore confronto fra Platone, Speusippo e a questo punto anche Senocrate, che
rappresenta agli occhi di Aristotele la terza via e la peggiore. Platone ha parlato di idee, di entit
matematiche e (Aristotele usa qui una misteriosa espressione ellittica) t met tj daj ; ma vi
sono altri che hanno parlato entrambi di entit matematiche come prime fra le realt dellessere, e di
questi alcuni parlano di entit matematice ancora rettamente in senso matematico, altri non in senso
matematico. A Senocrate si riferisce lultimo tratto della frase, e sar ulteriormente delucidato nella
trattazione di questultimo: Senocrate, unificando idee e oggetti matematici, viene a perdere le
distinzioni precise, e finisce col negare la matematica autentica in pi cose essenziali. Diversamente
si pu dire di Speusippo, che nega le idee ma non fa scempio delle scienze matematiche con
confusioni arbitrarie.
Lespressione t met tj daj sembra qui applicata a Platone, mentre altrove (N, 1090b 21
sgg.) sembra piuttosto applicarsi a Senocrate; cfr. Isnardi Parente, Fig.idal., p.264. Anche
considerandola in questo caso applicata a Platone, essa non parla affatto di grandezze ideali, come a
certa critica sembrato sulla scorta di Robin, Theor.plat.ides nombres, pp.286 sgg., 291-93, 472474 e altrove , ma semplicemente di grandezze: esse sono sembrate ad alcuni platonici e ad
Aristotele stesso diverse dai veri e propri maqhmatik (i numeri, le figure) per la loro incapacit di
entrare in operazioni complesse di carattere aritmetico o geometrico. Se Aristotele li considera
posteriori alle idee, ci risponde alla sua tendenza alla moltiplicazione delle essenze,
moltiplicazione chegli rimprovera in pi luoghi a Platone e agli Accademici; i quali non solo hanno
raddoppiato lessenza di una determinata realt separando lidea dal sensibile, ma hanno anche
creato una serie di essenze intermedie, in questo caso separando le grandezze dai puri enti
matematici.
Quanto a Speusippo, che egli parli dei numeri maqhmatikj e che egli non crei idee che siano in
pari tempo numeri non significa che egli identifichi quei numeri che sono primi fra tutti gli esseri
semplicemente con i numeri matematici delluso comune, come gi sopra si detto, e questo passo
non pu servire in alcun modo di prova. Cherniss, Riddle, p.37 sgg., afferma che la matematica
per Speusippo il modello relazionale del reale, le cui proporzioni egli trova tutte sussistenti nel
numero matematico e soprattutto nella decade. Ci ben accettabile a patto che non si arrivi agli
estremi cui giunge Tarn, Speus. of Ath.,p.40 sgg., 311 (ove parla, a proposito di questo passo, di
numeri come realt astratte, frutto di astrazione): i numeri sono, per il platonico Speusippo, entit
reali e non puramente concettuali, ma aventi una loro superiorit metafisico-ontologica. O altrimenti
si arriva a confondere la teoria di Speusippo con quella di Aristotele, per il quale veramente i
numeri sono pura astrazione, ottenute dalla realt per atto di faresij.

Pag. 32 - Fragmenta
F 45 Arist.Metaph.M, 8, 1083 a 20-35.
20 tinj om. Al 23 maqhmatikA 25 ti om.Al 33 duda A A ; tina duda E, t n duda J
Non va bene nemmeno quello che altri dicono circa i numeri. Vi sono alcuni che ritengono non
esservi idee n in assoluto n nella forma di idee-numero, ma che primi fra tutti gli esseri siano gli
enti matematici e i numeri, e che luno in s stesso sia il loro principio. E tuttavia assurdo che vi sia
un uno che prima delle unit, mentre non si dice che la dualit lo sia delle dualit e la triade delle
triadi; eppure per tutte queste realt dovrebbe valere lo stesso discorso (1). Se le cose stanno cos
circa i numeri, e si afferma che esista il solo numero matematico, non si pu poi pi dire che luno
principio. In questo caso, luno dovrebbe differire da tutte le altre unit, ma allora anche la prima
dualit da tutte le altre dualit, e cos di seguito per tutta la serie dei numeri. Se si pone luno come
principio, poi pi logico affermare ci che Platone affermava dei numeri, e porre una diade e una
triade che siano prime, e i numeri come non sommabili reciprocamente.
1) Si tratta come al solito di Speusippo, per la questione della non-esistenza delle idee e per la
priorit assoluta, al loro posto, dei numeri; Lang, Sp.acad.scr., pp.73-74, confuta gli errati
commenti sia di Siriano (In Metaph., p.141, 22 sgg. Kroll) sia dello ps.Alessandro (ibid.,
pp.766,7 sgg. H.), che parlano insieme alquanto confusamente di Senocrate e Speusippo. I
numeri sono prtoi tn ntwn ; il che conferma di Metaph.N, 1092 a 14, secondo cui il
dominio degli nta (o, come si dir pi spesso altrove, delle o sai) si inizia a partire da una
entit definita.
Se lo n-rc primo rispetto alle ndej, argomenta Aristotele, non differentemente da
come il due o il tre ideali lo sono rispetto al due o tre empirici, vuol dire che esso si pone in un
rapporto speciale rispetto al numero. Aristotele per non si accorge di applicare cos a Speusippo un
principio puramente platonico; dal canto suo, Speusippo non avrebbe accettato alcun concetto di
nj o duj. E certo tuttavia che questa differenziazione doveva essere in certo modo implicita e
non sufficientemente spiegata: Speusippo si preoccupa delluno-principio come condizione ancor
sfuggente della determinazione, e parla poi delluno sotto laspetto puro e semplice di numero, ch
gi realt determinata. Questo sar pi chiaro dal commento di F 94 (cfr. ad loc.).
F 46 Arist.Metaph.M, 9, 1086a 2- 5
Coloro che ritengono che non esistano altro che gli enti matematici al di l dei sensibili, vedendo le
difficolt e le artificiosit che si verificano a proposito delle idee, lasciarono cadere il numero ideale
e posero solo quello matematico. (1).
1) Per il riferimento a Speusippo, con il rifiuto delle ipotesi di commentatori antichi, cfr. Zeller,
Philos.d.Gr.II,I, pp.1014-15, Ross, Arist.Metaph., II, p.459 e altri. E questo filosofo che per primo
ha trovato lipotesi delle idee destinata a causare infinite difficolt e artificiosit alla costruzione di
un sistema coerente, e le due parole devono essere tratte dal suo testo. Cherniss, Riddle, p.39 sgg.,
ritiene che la principale difficolt sia quella fra le idee e la diaresij, e trova la chiave di questo
problema in altri passi della Metafisica, come M, 1085a 23-31,o Z, 1039a 24-b 12, ove
sottolineata lincompatibilit del metodo diairetico con la divisione in generi e specie; cui si ripara
soltanto non accettando la diaresij in senso assoluto, ma semplicemente dal punto di vista
euristico.
F 47 Ps. Alexander Aphr., In Arist.Metaph., p.782, 31-37 Hayduck
Detto ci, afferma che coloro che pongono i soli numeri matematici, come Senocrate e Speusippo,
in pari tempo considerandoli separati dai sensibili e altri rispetto a questi, accorgendosi delle
difficolt e della conseguente artificiosit e assurdit che si verifica a proposito delle idee,

Fragmenta - Pag. 33
preferirono supporre che esse siano solo concetti e non enti reali; lasciarono quindi cadere il numero
ideale e ammisero solo quello matematico (1)
1) Si riporta qui solo questo, fra i vari commenti al passo di Aristotele, allo scopo di dimostrare la
sua scarsa attinenza al passo; cfr.per tutti Zeller, II,I, pp.1015-15. In particolare lespressione
che d alle idee la definizione m non dianoaj ll/o prgmata risente del posteriore
vocabolario stoico (Aezio, Plac.I, 10,5, Diogene Laerzio VII, 61= SVF I, 65, II, 360) : ma
questo era ormai genericamente diffuso.
F 48 Arist. Metaph. N, 4, 1091b 13-25
11 enai om Al. post o mn desiderabant o d Alexander et Zeller, def. Bonitz 21 ge
coniecit Christ, te E A
Di quelli che ammettono esservi sostanze immobili, alcuni affermano che luno in s il bene:
ci perch hanno la convinzione che lunit sia lessenza stessa del bene. Il problema dunque
questo, che cosa effettivamente si debba credere. E sarebbe strano che a ci ch primo ed
eterno e sommamente autosufficiente tutte queste propriet lautosufficienza,la capacit di
conservarsi in eterno fossero pertinenti non in quanto bene. Per nessunaltra ragione una
simile realt incorruttibile e beata se non per il fatto che bene: s che sarebbe vero e
ragionevole dire che una simile realt il principio. Ma al tempo stesso impossibile dire che
tale principio luno, o, se non esso, lelemento primo e il principio dei numeri. Deriva da tutto
ci una grande difficolt: per evitarla, alcuni hanno respinto tutto il ragionamento (1), e dicono
s che luno principio ed elemento primo, ma solo del numero matematico (2).
1) Zeller, Plat.Studien, p.277, e Philos.d.Gr., II,I, p.999, nt.3, sosteneva che la frase caduta
introdotta da o d fosse qualcosa come o d toto mn fugon , ma Bonitz, Arist.Metaph.,
p.586, ha ritenuto che la frase sia gi cos completa: Aristotele ha riassunto il resto nella
particella mntoi.
2) Ross, Arist.Metaph., II, p.488, ritiene che siano qui da individuarsi insieme i pitagorici e
Speusippo, abbastanza generica essendo la teoria delluno posto insieme come principio ed
elemento. Tuttavia anche qui Aristotele presenta la teoria come tentativo di sottrarsi a unaporia
intrinseca al pensiero platonico, il che non pu riferirsi che allesegesi della scuola. Speusippo
ha dato alluno una sua funzione primaria, ma in pari tempo circoscritta, riservando ad altri
principi le altre forme del reale. Cfr.per questo la critica di W.G.Rabinowitz, Arist. Protr., p.87,
a proposito dellinterpretazione neoplatonizzante di Speusippo, e della limitatezza del principio
uno.
F 49 Arist. Metaph. N, 2, 1090 a 2-13, 20-38
12 ation add. Jaeger j om.E 22 n add. Jaeger smasin om. Alc
narm nia J Ab

24 n rmona E Alc;

Si potrebbe estendere la ricerca al problema dei numeri. A chi ritiene che vi siano le idee, i numeri
appaiono essere una sorta di causa delle cose che sono, dal momento che ciascuno dei numeri
unidea. Ma chi, nel caso specifico, non crede che vi siano le idee, per ledifficolt che vede derivare
dal fatto di ammetterne lesistenza, non collega lesistenza dei numeri a quella delle idee, e ammette
solo il numero matematico (1). Ora, come credere che esista un numero siffatto e in che modo
questo numero servir a garantire lessere delle altre cose? Del resto chi sostiene che esista un
numero di questo tipo non lo pone in relazione con nessuna altra cosa,ma ne parla come di una
natura esistente di per s stessa; esso non si manifesta come causa di alcunch (2)
I pitagorici, vedendo come molte propriet dei numeri siano pertinenti anche ai sensibili, ritennero
che tutte le cose che sono siano numeri; non numeri separati, ma quei numeri stessi che sono alla
base della loro sussistenza. E perch ci? Perch le propriet pertinenti ai numeri sono anche

Pag. 34 - Fragmenta
pertinenti allarmonia,al cielo,a molte altre realt. Quelli per che sostengono che vi solo il
numero matematico,ma non immanente alle cose, non possono dire lo stesso in base alle loro
premesse: hanno detto, al contrario, che dei sensibili non si d scienza (3). Noi, al contrario, come si
detto prima, affermiamo che vi scienza di essi. E diciamo anche che le entit matematiche non
possono esser separate, giacch altrimenti, se lo fossero, le loro propriet non potrebbero inerire ai
sensibili. Quelli che dnno al numero unesistenza separata ritengono che sia tale perch non vi
sono assiomi che riguardano i sensibili; la conoscenza di esso una conoscenza vera, che blandisce
lanima; e lo stesso si pu dire delle grandezze matematiche (4).
1) Linizio del passo riguarda Platone, ma si passa poi rapidamente a Speusippo. Il passo assai
importante perch pone decisamente il problema di come gnoseologicamente possa ammettersi
lesistenza di un numero separato. Il termine duscreia , nuovamente introdotto, fa pensare
una volta di pi che sia effettivamente desunto al linguaggio speusippeo.
2) Aristotele nota che Speusippo non dice il numero causa di alcunch, ma che ne fa una sorta
di natura sussistente di per s (a thn kaq'a t n f sin). Ci in contrasto con Platone, per
il quale lidea numero solo sotto un certo aspetto, ma causa di essere alle realt sensibili.
Per lidentificazione delle idee con una sorta di numero rimando a Testimonia platonica I,
pp.442-445, ove si cercato di porre in luce le contraddizioni di Aristotele su questo punto; il
quale peraltro ritorna in tutta la Metafisica come una caratteristica dellultimo Platone.
3) Che qui ci si riferisca a Speusippo confermato dal consueto paragone con i Pitagorici, per i
quali il numero da considerarsi immanente al sensibile. Cos concordano sul nome di Speusippo
tutti i critici, da Schwegler, Metaph. des Arist., IV, pp.351-52, a Zeller, Philos.d.Gr. II,I, pp.10034, a Ross, Metaph.II, p.480 ed altri. Ma qui Aristotele ci dice di pi di quanto in genere non ci
dicesse, e fa capire come al nostro filosofo la trascendenza degli enti matematici fosse fondata
anche su una ragione di carattere gnoseologico: dal loro carattere razionale puro si inferisce anche
la loro esistenza separata dal sensibile. Al tempo stesso il filosofo di cui qui si parla nega quella
sorta di contaminazione ch insita nel concetto di numero ideale, o di idea numero , quegli
s mblhtoi riqmo che sfuggono alle leggi comuni proprie dei numeri matematici; e non a caso
Aristotele ha potuto altrove affermare che egli parla dei numeri maqhmatikj (cfr. supra, F 44).
Il rimprovero fatto a Speusippo di non aver preso in considerazione come causa queste entit e
di averne fatto una sorta di nature sussistenti di per s, quindi in realt isolate nellambito del
reale, tipico del procedimento aristotelico, e richiama il rimprovero gi fatto a Platone altrove
(Metaph. a, 997 b) ove le idee appaiono criticate per esser destituite di ogni funzione rispetto al
sensibile.
Pi singolare il rimprovero di 1090a 25-28, di aver cio affermato che delle cose sensibili non si
d scienza: Aristotele cos preoccupato di dimostrare che la teoria speusippea dei numeri
trascendenti finisce con il dare a tali numeri tutti gli inconvenienti gi denuciati per le idee che
finisce con lapplicare anche a Speusippo lassioma platonico secondo cui si d scienza solo di ci
che ha natura puramente razionale. Per Speusippo al contrario attesta lesistenza di una
pisthmonik asqhsij (cfr. supra, F 1), o di una sensazione di carattere tecnico-scientifico; e
vedremo meglio fra poco come fosse per lui importante la diaresij quale identificazione degli
enti sensibili sulla base della loro reciproca moi thj e diafor. La testimonianza di Aristotele
dunque forzata e parzialmente distorta.
4) La frase pu essere effettivamente tratta dal contesto speusippeo. La parola sanei
letteraria, e risponde scarsamente al linguaggio aristotelico; Ross,II, p.480, richiama in proposito
Sofocle, Oed.Col. v.319.
F 50 Arist.Metaph.N, 3, 1090 b 5-7
Vi sono alcuni che ritengono esser confini e termini ultimi il punto della linea, questa della
superficie, quest'ultima del solido (1); e credono che di necessit queste cose siano entit reali

Fragmenta - Pag. 35

1) Intesero il passo come riferentesi puramente ai Pitagorici Schwegler, IV, p.352; Zeller, I,1,
p.584; Bonitz, pp.580-81; e hanno inserito il passo fra i frammenti dei Pitagorici Diels, 58b 24
DK; Timpanaro Cardini, III,.pp.144-45. Boniz, e pi tardi Ross, II, p.481, fanno riferimento a
1028b 15 sgg., ma Ross vede in questo secondo passo un riferimento pi ampliato, anche a
Platone; eppure il riferimento pu leggersi senza difficolt anche nellaltro. Di Accademici
parla oggi semplicemente Annas, p.209. Tuttavia, se la teoria dei prata, o limiti, applicata
alle forme matematiche, di per s probabilmente pitagorica e preplatonica, essa stata
assunta da Platone e successivamente da Speusippo come propria.
La teoria presa qui in considerazione da Aristotele una delle due teorie geometriche che si
contendevano il campo nel IV secolo. Sesto Empirico, molto pi tardi, ne parler con maggior
chiarezza (Adv.phys.II, 280 sgg.; cfr. anche Adv.geom.18-21). Esse sono la teoria statica delle
dimensioni, e quindi delle figure, e la teoria dinamica: quella della delimitazione reciproca
delle dimensioni fondamentali, ciascuna delle quali un praj nei confronti della successiva,
e di conseguenza delle figure e dei corpi, e quella della genesi dei corpi geometrici per
flussione ( sij) luno dallaltro. Aristotele ci parla qui della prima, ma conosce anche la
seconda (De anima, 409a 3-7: kinhqesan grammn ppedon poien, stigm n d
grammn), e ci ci dice con indubbia chiarezza che essa era ai suoi tempi gi nota. Frank,
Plato sogen.Pythag., pp.102, 105, 370 (nt.282) e 378 (nt.363) ha attribuito questa teoria ad
Archita, sulla base di Diogene Laerzio VIII, 83, e di un passo di Eutocio, In Archimedis de
sphaera et cylindro, II, p.64 Heiberg (47 A 14 DK,Eudemo, fr. 141 Wehrli). Si vedr perch
ancor oggi questa ipotesi appare la pi probabile. Se dalla Metafisica non compare alcun
accenno alla teoria dinamica della genesi delle figure, vi stato chi ha attribuito a Speusippo
questa teoria. Cherniss, Arist.crit.plato Acad., p.396 sgg., nt.322, ritiene che siano allusive a
Speusippo anche le parole seguenti di Proclo, In primum Eucl.Elem.librum, p.279 Friedlein
(supra, F 2).Queste parole (t gr mal sei to s hme
ou s unkinoumnV ka
sumproio sv ktl.) renderebbero certa, per il loro carattere esplicito, lappartenenza della
teoria a Speusippo; a proposito del quale Cherniss chiama in causa anche il frammento del
Per puqagorikn riqmn che pi oltre prenderemo in esame, ove appare semplicemente
per la successione delle dimensioni, nessun processo di genesi dinamica delle medesime.
Tarn, Speus.of Ath., pp.362-63, 427-28, difende oggi questa attribuzione senza aggiungere
niente di nuovo alla questione.
Lattribuzione della teoria dinamica a Speusippo non sembra per sostenibile per alcune
questioni di fondo. Speusippo ha tenuto la knhsij in assai scarsa considerazione nella fissazione
dei differenti stadi dellessere, e il seguito della nostra analisi dei suoi frammenti ce ne convicer
ulteriormente. Di knhsij si parla solo a proposito del tempo, definito da lui t n kinsei pos n
(F 64 infra), e questo ci fa capire come il movimento fosse concepito da lui come puramente
accidentale e legato alla pura realt fenomenologioca, non certo da porsi fra i principi matematici
dellessere. Egli ha escluso inoltre nella maniera pi netta (F 4 supra) ogni tipo di knhsij dagli
enti matematici, chiarendoli come realt assolutamente immobili, per le quali ogni atto di gnesij
in quanto costruttivismo operativo semplicemente apparente. Sulla base di tutto questo non
possibile attribuirgli il passo del De anima kinhqesan gramm n ktl. senza con ci cadere in una
sostanziale contraddizione.
Quando Aristotele dice che f o k stin n toj riqmoj, non c alcun contatto fra i
numeri( Metaph.M, 1085a 3 sgg.), egli sembra proprio con ci riferirsi ad una teoria matematica
che non si basi su di una successione continua di numeri e quindi figure; e cfr. anche, per questo,
Phys.V, 227a 10-15. Tale la matematica per gli Accademici, e fra questi Speusippo gli sembra
particolarmente da citarsi in proposito.
Il fatto che laccenno alla teoria della sij, nel passo di Proclo, segua ad una citazione speusippea
non significa che anchesso sia da attribuirsi allo stesso filosofo. Proclo, dopo aver citato Speusippo
per la distinzione, ch di natura eminentemente gnoseologica, fra intuizione e conoscenza

Pag. 36 - Fragmenta
discorsiva, passa poi ad una abbastanza lunga disquisizione in termini matematici, che dovremmo
considerare, nel caso, tutta quanta attribuibile a Speusippo, poich non si nota alcuna cesura
nellambito del discorso matematico. Cesura, semmai, c fra il discorso gneoseologico che
precede, che si rif a Speusippo, e il discorso matematico che inizia successivamente.
E quindi del tutto probabile che Speusippo abbia raccolta e sviluppata una determinata teoria
statica delle dimensioni di origine pitagorica, la teoria dei prata, lasciando da parte ogni
contaminazione con quei processi dinamici di formazione delle figure e dei corpi che si
avvicinerebbero pericolosamente a procedimenti di tipo meccanico-artigianale. La teoria qui
esposta da Aristotele con ogni probabilit speusippea, ma ci non toglie chessa sia unitaria.
A conclusione di tutto questo, si pu ribadire che la teoria statica della genesi degli enti matematici
in realt applicabile anche a Platone; tenendo sempre conto del differente luogo che agli enti
matematici riservato nei sistemi dei due filosofi. La teoria dinamica, al contrario, appare del tutto
compatibile col dinamismo tipico di Archita pitagorico; un autore in cui lo studio delle forme
geometriche si accompagnava strettamente a quello dei processi fisici con risultati radicalmente
diversi da quelli propri di Platone e del platonismo (cfr. ps.Aristotele, Probl. Phys., 915a 25 sgg.=
47 A 23 DK, sul carattere circolare delle forme naturali, o anche 47 A 19 DK=18 b Timpanaro
Cardini, relativo allarmonia che deriva dalla plhg, percossa (cfr. M.Isnardi Parente, Sesto,
Platone ecc., pp.160-62).

F 59 Iamblichus, De communi mathematica scientia, 4, p.16,15- 17,29 Festa


12 mgeqoj corruptum iud. Festa
19 poqseta tij Villoison
20 fortasse t j <to>
Festa podocn Villoison, podocn codd.
17,3 a t ex transl.Arcerii Festa (in s),
a t codd.
12 di kon emendationem proposuit Vitelli
Dunque, quanto al primo ricettacolo, o prima grandezza, o come altro si voglia chiamarla, esso
viene a formare la specie dei numeri, che secondo la molteplicit indefinita, secondo la forma
invece finita, in virt del suo trovarsi dalla parte dell'uno. Ora, se per ogni realt si supponesse
una stessa materia e uno stesso ricettacolo, sarebbe unassurdit che, essendo la forma delluno
in tutte presente e in tutte simile, ne derivassero poi generi non uguali fra di loro(1).
Succederebbe che tutti i generi che ne derivano non potrebbero esser altro che numeri: non
avremmo infatti da applicare una differenza conveniente, e tale che da essa si potessero supporre
derivati in primo luogo i numeri, poi secondariamente le linee, le superfici, le figura, generi tutti
diversi fra di loro; che si potessero supporre, dico, derivati da elementi simili e combinati fra loro
di volta in volta nello stesso modo. Se per si supponesse per tutti una sola causa prima del
molteplice della grandezza, ma tale che presenti in s differenze tali da esser capaci di dar luogo,
per tutta la realt, a generi diversi fra di loro giacch luno, pur essendo simile per tutto il reale,
non pu ovunque rivelare la sua esatta realt per la crassit della materia, cos come una figura
che si realizzi in legni volgari in questo caso si pu dire che ne deriverebbero conseguenze
assurde. Ma daltro canto, tuttavia, ci si potrebbe rifiutare di ammettere che lelemento primo
avesse in s divisioni interne in tante differenze, soprattutto se si scorrano tutti i possibili esempi:
dappertutto infatti elemento primo quella realt ch la pi semplice. Non ci resta, quindi, se
non porre unaltra causa della grandezza: per esempio, dei numeri la monade in funzione di uno,
delle linee il punto, e in relazione a linee, superfici, solidi la dimensione spaziale; e allo stesso
modo ecco poi apparire il luogo, secondo la differenziazione del ricettacolo, e presentare
qualcosa di proprio che serva alla formazione del genere di questo.
Se qualcuno dicesse che la causa di tutto ci sta nel fatto che vi nei numeri un elemento
continuo, e in certo qual modo contaminato e reso pi crasso dal ricettacolo stesso (2), forse non
sbaglierebbe, e troverebbe la via per arrivare dai principi al secondo genere: nel quale pongo le
linee, i solidi, le superfici. La prima materia quella dei numeri, la seconda quella delle linee e

Fragmenta - Pag. 37
delle figura piane e solide. E per ognuna delle scienze, di quante il ragionamento ne ha scoperte,
occorre di volta in volta supporre ricettacoli che siano propri e specifici.
1) E la continuazione del brano di Giamblico cui Merlan ha prestato particolare attenzione ai
fini di attribuzione a Speusippo(supra, F 41). Come il brano precedente parlava dellUno e delle
o siai, cos qui si parla del secondo principio, la lh, che Merlan considera anchessa, come si
visto, principio riconducibile a Speusippo anche nellespressione terminologica: se il primo
principio ammette in s una serie di differenziazioni, anche il secondo principio, quello ilico,
deve ammetterne. Questo , almeno,il senso a noi suggerito dalle testimonianze aristoteliche, non
per lindirizzo che il brano di Giamblico segue, se non forse alla fine; esso non approfondisce il
concetto fondamentale di analogia, e si concentra invece sul carattere crasso della materia, sulla
sua pac thj che, a partire dai numeri che sono esenti da qualsiasi spessore, contamina
gradualmente in maniera sempre pi pesante limmaterialit delle forme. Nella sua controversia
col Rabinowitz (Arist.Protr., p.87 sgg.), che aveva gi polemizzato con la sua interpretazione,
Merlan non addita mai nella moi thj, o piuttosto nella naloga, la causa precipua della
articolazione del reale, ma il suo discorso condotto, seguendo il testo commentato, in termini
piuttosto fisicizzanti che matematizzanti: pur se detto che il principio razionale si imprime sul
ricettacolo ilico, questo in definitiva a dar forma alle pi varie realt, sempre pi affette da
spessore mano a mano che si procede nello sviluppo dellessere. La concezione del substrato
ilico sembra per di pi contrassegnata da una caratterizzazione fisica definita in termini
relativamente ingenui: non si tratta di materia in quanto irrazionalit o indefinitudine, ma in
quanto pura crassit o spessore. In realt il termine pac thj sembra assumere assai tardi un
significato matematico; non lo ha in Aristotele (Bonitz, Index, s.v.) mentre lo troviamo molto pi
tardi, ad esempio in Nicomaco di Gerasa (Intr.arithm. II,12,1).
Difficile quindi ritrovare il matematismo tipico speusippeo in tutto il nostro brano, il quale va da
una concezione dei numeri come entit razionale pura, che blandisce lanima (supra, F 49), alla
tetrade come perfezione pienamente realizzata, come vedremo fra poco, attraverso una fisicit
anchessa pura, in quanto la sua parte ilica rappresentata da t poj e distasij (anche per
questo infra, F 63 e 69 ). Questi concetti sono, vero, richiamati anche nel brano in questione,
ma considerati facenti parte di un processo di inspessimento che ci porta forse pi vicini alla
concezione della materia nel medioplatonismo: nel quale questa concepita come l h eust,
materia fluida e scorrevole, confondendo le distinzioni aristoteliche, e in definitiva accademiche,
di materia intellegibile e materia sensibile in un unico concetto, e considerando certe
caratterIstiche proprie della fisicit valide a indicare il sostrato anche a livello intellegibile. Basti
citare per questo Numenio, fr.11 Des Places, che definisce metaforicamente la materia potam j
odhj ka xr r opoj .
Si direbbe in sostanza che la pagina speusippea, della quale sussiste qui (p.17,5 Festa ) solo un
tenue ricorso alla originaria moi thj, (che lautore poi incapace di sviluppare in senso
matematico) sia contaminata con teorie stoicheggianti che portano alla risoluzione della
matematica nella fisica: questo ci conduce a unet molto pi tarda, e pi decisamente ancora
che non la prima parte del brano- allintroduzione di materiale non speusippeo per spiegare
Speusippo, materiale da distinguere con precisione nel corso dellargomentazione. Esso potrebbe
provenire da fonte neopitagorica, che per impossibile precisare.
2) Merlan, Plat.Neoplat., pp.120-121, ha dato grande importanza al termine summemolusmnon,
che si trova in forma analoga anche nella XXVIII (XXX Orelli) Epistola Socratica, da
Bickermann e Sykutris ritenuta autenticamente speusippea (infra, F 130 ); ci condurrebbe
tanto pi ad attribuzione a Speusippo o a trascrizione abbastanza fedele dal suo scritto.
Rimando in proposito a quanto gi detto in Prodos in Sp., cit., Con maggior decisione cfr.
oggi Tarn, Speus. of Ath., p.100, n.447, che adduce a prova la sua negazione dellepistola a
Speusippo. Una posizione recente affine alla mia in Natoli, Letter Speusippus, pp.159-160.

Pag. 38 - Fragmenta

F 52 Arist. Metaph. N, 5, 1092 a 35-1092b 2


Giacch gli uni pongono luno come opposto alla molteplicit, altri allineguale, come uguale
ponendo luno; s che il numero risulterebbe di opposti (1).
1) I critici (Bonitz, p.588; Ross, II, p.489-90, ecc.) sono inclini a vedere Speusippo contrapposto
qui insieme a Platone e Senocrate. Speusippo senzaltro presente nella prima parte del
passo, con la consueta contrapposizione di uno e molteplice; non direi altrettanto almeno di
Senocrate, dato 1088a 26 sgg., che sembra negare per questi la possibilit di definire con un
concetto unitario come lo nison il secondo principio. Cfr. Isnardi Parente, Senocrate, p.331.

F 53 Arist.Metaph.N, 1, 1087b 6; 27-33


6 P o Ab Alp 28-29 E et ut vidit Alp; eper mlei J Ab Lat 30 ta t E Ab Alc, a t
P Alc ; pr j t a t Ab; t a t Christ
Gli uni fanno laltro dei contrarii la materia, altri oppongono alluno lineguale, avendo questo la
natura del molteplice; altri ancora alluno oppongono il molteplice altri ( considerano principi)
il molteplice e luno. Ma se, come vogliono, le cose che sono derivano da contrarii, alluno
niente contrario o, se proprio si vuole, il molteplice, e il diseguale alluguale, e laltro al
medesimo; per cui solamente quelli che oppongono luno al molteplice ragionano con una certa
accettabilit, non per completamente: luno, infatti, il poco; la molteplicit si oppone quindi
alla piccolezza, il molto al poco (1).
1) Il passo in questione concerne limitatamente Speusippo, e presenta invece una serie di diverse
definizioni del secondo principio da parte di pi Accademici, alcuni dei quali a noi ignoti.
Speusippo rientra in esso come colui che contrappone alluno il molteplice. Vi per qualcosa
di pi: per Aristotele egli lunico che abbia saputo almeno una risposta non errata (o non del
tutto errata) al problema dei termini della contraddizione, contrapponendo alluno ci che di
fatto pu esser chiamato il suo opposto. Speusippo dunque si salva sotto laspetto logico, non
metafisico (la realt non nasce da contrapposizione, questa non pu che essere autodistruttiva).

F 54 Arist.Metaph.M, 9, 1085b 5 12, 21-27


11 a a ta Alp Bonitz, atai P Ab
Come poi il numero derivi dalluno e dalla molteplicit, non tentano di spiegarlo; e, per quanto
possano dire, si ripresentamo a loro le stesse difficolt che incontrano gli altri, che lo fanno
derivare dalluno e dalla diade indefinita. Luno di essi fa derivare il numero da qualcosa che si
predica come universale, e non da un certo molteplice; un altro invece lo fa derivare da un certo
molteplice, e precisamente dal primo molteplice: la diade, infatti, il primo molteplice (2). S che
fra le loro dottrine non vi poi differenza alcuna, e tutti vanno incontro alle stesse difficolt, sia che
parlino di mescolanza (3), o di posizione, o di combinazioone, o di generazione e altre cose di
questo tipo
Chi sostiene una tale dottrina non fa che porre un altro numero a principio del numero: la
molteplicit formata da entit indivisibili si identifica infatti col numero. E bisogna inoltre chiedere
a chi sostiene una tale dottrina se tale numero sia finito o indefinito.Ci dovrebbe essere, sembra, una
molteplicit finita, dalla quale, insieme con luno, dovrebbero derivare le unit finite. Ma poi c
unaltra molteplicit, che molteplicit in s e indefinita. Quale dunque quella molteplicit che fa
da elemento insieme con luno? (4)

Fragmenta - Pag. 39

1) Aristotele afferma che il filosofo (Speusippo) che sostiene la derivazione immediata del numero
dai principi uno-molteplice non ne ha saputo dare una spiegazione adeguata. Si pone il
problema in che modo questi ritenesse il numero composito; Rabinovitz, Arist.Protr., p.87 sgg.,
e nt.137, ha negato che ci fosse, sulla base della concezione del numero come entit
trascendente. Ma la composizione uno-molteplice risulta alla base della concezione del numero
speusippea; cfr. gi in proposito Ross, II, p.458. Possiamo dire che il numero sia, per
Speusippo, un ente composito sulla base dei principi.
2) La polemica di Aristotele si appunta qui sul concetto di pl qoj, a proposito del quale
Speusippo non avrebbe saputo fare le debite distinzioni fra il pl qoj assoluto e quella
molteplicit determinata che costituisce il numero. Tarn, Speus.of Ath., pp.39 sgg., ha negato
che in Speusippo ci fosse un concetto generale di molteplicit, attribuendogli solo quello di una
molteplicit determinata. Ci deriva dalla sua negazione assoluta della dottrina dei principi, e
dalla sua affermazione che luno assoluto , per Speusippo, nientaltro che linizio della serie
dei numeri; chi accetti invece tale teoria non pu non vedere il molteplice determinato, in
Speusippo, come derivato immediatamente dal molteplice assoluto.
3) Il concetto di mxij sembra andar oltre a quanto si riferisce a Speusippo; Aristotele, De ideis,
ap.Alex..In Metaph., p.97, 27 sgg. Hayduck (=fr.5 Ross), ne parla in relazione a Eudosso di
Cnido, per la sua tentata interpretazione di Platone in base a questo concetto.Il passo non
riguarderebbe quindi il solo Speusippo, e laccenno resta problematico.
4) Che il numero sia un peperasmnon pl qoj, quantit delimitata, obiezione di Aristotele, ma
ci per sgombrare del tutto la via da quella molteplicit assoluta che invece Speusippo sembra in
quialche modo riconoscere. Non si dimentichi che Speusippo dipende sempre dall peiron plqei
t m n di Soph. 258 , che costituisce il legame posto da Platone fra i due concetti.
F 55 Arist.Metaph.M, 9, 1085a 31-34
33 pl qoj Alp
Gli uni fanno derivare le grandezze da una materia di questo tipo, gli altri dal punto (e il punto
sembra ad essi non essere luno, ma qualcosa di simile alluno) e da una materia simile alla
molteplicit, non per dalla molteplicit stessa (1).
1) A proposito di questo passo cfr. Zeller, Philos. d.Gr. II, I, p.1002, nt.2; Ross, II, pp.455-57;ma
soprattutto Stenzel, Speus., col.1664. Stenzel ha dato ad esso la massima importanza, identificando
in queste parole quel desm j posto da Speusippo fra le varie rca che presiedono alle varie
manifestazioni del reale, quel s ndesmoj che lo salva dallaccusa di episodicit e sconnessione
nella sua visione del reale, pi di una volta rimproveratagli da Aristotele. Le rca e le o sai che
dipendono da esse sono collegate fra loro da un rapporto di tipo analogico; questo rapporto
costituito dalla moi thj reciproca, e non a caso Stenzel pone in relazione questo passo con Top. I,
108b 26 (ka ti stigm n gramm ka monj n riqm : kteron gr rc), un passo che
in effetti avrebbe potuto essere scritto da Speusippo. Questa interpretazione sar ripresa dal
Cherniss, Arist.Crit.Pl.Acad., p.131, e Riddle, pp.42-43; sostanzialmente, pur nel mutato quadro
dinsieme, anche da Krmer, Urspr.Geistmetaph., p.211, nt. 50.
Si comincia ora a vedere delinearsi pi chiaramente la portata della teoria speusippea dei principi,
nella quale uno emolteplice non sono+ i principi generali del tutto, ma solo quelli dei numeri,
prime realt; i loro primi analoghi, riguardanti le figure, sono il punto, come equivalente ( moion)
delluno, e la proiezione spaziale della molteplicit, intesa platonicamente da Speusippo come
t poj (cfr. meglio infra, F 62), o luogo. Questo luogo proprio degli enti matematici diversi dal
numero, cio la grandezze e le figure, che hanno uno loro propria e specifica dimensione nello
spazio.

Pag. 40 - Fragmenta
F 56 Arist.Metaph.M, 5, 1085b 26-31
26 ti te teron pl qoj Alc.
Vi un altro molteplice in s stesso, ed la molteplicit indefinita; ma quale molteplicit quella
dellelemeto primo e delluno stesso? (1) Similmente qualcuno indagherebbe circa la linea e
lelemento primo con cui essi costruiscono le grandezze. Non vi una sola linea in s stessa; e da
che deriva ciascuna delle altre linee? E non certo da una certa dimensione e dalla linea in s (2)
.
1) E probabile che anche qui Aristotele polemizzi con Speusippo (Ross, Arist.Metaph,II, p.458):
Speusippo non ha detto in verit se il pl qoj, quello di cui parla come principio, sia
determinato o indeterminato; ed esistono ambedue i tipi di pl qoj. Non per che un tentativo
di porre Speusippo in contraddizione con se stesso, e da questa frase non si deduce che il
molteplice di cui Speusippo parla come principio debba intendersi come definito.
2) La definizione del secondo principio per quanto riguarda le grandezze qui data da Aristotele e
con ogni probabilit attribuita a Speusippo quella di disthma; dovremo ricordarcene quando
gli attribuir la definizione di t poj, infra, F 63.
F 57 Arist.Top.I, 18, 108 b 23 28
Cos pure, anche se si tratta di realt molto differenti fra di loro, utile, in vista della definizione,
prendere in considerazione la similitudine (1): per esempio lo stesso la bonaccia che nel mare e
la stasi dei venti nellaria (luna e laltra sono tranquillit) cos come il punto nella linea e lunit nel
numero: luno e laltra sono principio (2)..
1) Lespressione moioj, rispetto allo oon della Metafisica, acquista in precisione e sfugge alla
genericit; per il rapporto reciproco fra i due passi cfr. supra, F 55. Ci probabilmente dovuto
al matematismo di Eudosso di Cnido; per il termine in Platone, ancora generico, cfr. Mugler,
Platon et la rcherche matmatique de son poque, Strasburg-Zrich 1948, p.51 sgg., e ancora
Physique de Platon, p.31 sgg., mentre con Eudosso che, in virt della riduzione delle figure
luna allaltra per via del metodo della induzione, viene ad assumere un sgnificato di
equivalenza matematico-geometrica (cfr.Lasserre, Fragmente des Eudoxos, p.166 sgg.).
Eudosso si pone quindi fra Platone e Speusippo.
2) Non documentato che Speusippo usasse lespressione analogia egli stesso, anche se
analogico il termine che rende meglio questa sua connessione dei principi. Cfr. tuttavia
lespressione aristotelica di naloga come s thj l gwn (EN V, 1131a 31) che potrebbe
riferirsi altrettanto bene a Speusippo come a Eudosso (ancora Lasserre, p.150).
F 58 Arist.Metaph.N, 3, 1090 b 13-20
Chi non si contenti troppo facilmente, si porr il problema di come nessuno degli enti matematici e
dei numeri in generale siano in relazione reciproca, quelli che vengono prima con quelli che
vengono dopo; coloro che dicono esistere solo gli enti matematici, anche se non ci fosse il numero,
dovrebbero ammettere le grandezze; e se non ci fossero queste dovrebbero pur sempre ammettere
che esistano lanima, i corpi, gli enti sensibili. Ma la realt del tutto non somiglia a una cattiva
tragedia, fatta di episodi slegati.
1) Che la polemica sia antispeusippea fu gi sostenuto da Schwegler, IV, p.352; cfr. Zeller,
Philos.d.Gr. II,I, p.1002, nt.1, Ross, II, p.481 ecc. Se non si ammette che tutte le realt derivino
da determinati principi e siano impensabili se non posti questi come loro condizioni, le realt
risultano slegate fra di loro: Cfr. per una polemica omologa Metaph.Z, 1028b (supra, F 16 ); ma

Fragmenta - Pag. 41
Aristotele stesso ci ha indicato come Speusippo, col criterio dello moion, sfuggisse di fatto a
tale aporia.
F 58 Theophrastus, Metaph. 12, VI A 23-B 7 Us., p.8 Laks-Most
24 ante t n add. o L
26 tlla A, tlla R tlla JCL
27 son PCL A swn J 6B
2 yuc P CL A , yuc i J 3 lltta P JL A; tllta C 3-4 cr non - plew secl. Usener,
Jaeger, Reale; def. Ross, Isnardi Parente, Taran, Laks
4 o rano w, nqrpou dubitanter in
annotationibus Laks
5 o demnwn A 6 spe sippon PJ A B Nz Tiph. pssippon C,
pssipon L
Molti si fermano a questo punto, di quelli che pongono luno e la diade indefinita (1): dopo aver
fatto derivare i numeri, le superfici, i corpi solidi, trascurano quasi tutto il resto se non
toccandolo appena, e si limitano a dimostrare che le une cose derivano dalla diade indefinita,
come il luogo, il vuoto, lindefinito stesso, le altre dai numeri e dalluno, come lanima e altre
realt del genere, e insieme il tempo e il cielo e molte altre ancora (2). Ma quanto al cielo e alle
altre realt di questo tipo, non ne fanno poi ulteriormente menzione: ugualmente Speusippo, n
alcun altro, se si eccettui Senocrate.
1)Linizio non riguarda affatto Speusippo, giacch vi si parla di t n ka riston duda
poiontej, e si capisce che Teofrasto applica questa espressione ai seguaci di Platone in
generale. E laccenno a Speusippo breve e frettoloso, e anche, parzialmente, non esatto. Ma il
passo molto importante per questioni che riguardano il rapporto fra pitagorismo e Accademia
in generale. Teofrasto qui ci dice in sostanza che, una volta fissati i principi e le due serie (il
termine sustoicai evitato con cura) che dipendono da essi, gli Accademici si disinteressano
per lo pi della possibile estensione di tali serie fino allosservazione particolareggiata delle
realt di ordine cosmologico; Speusippo non fa eccezione a ci; fa eccezione il solo Senocrate,
per il quale ogni entit filosofica assume un rilievo cosmologico. In ogni caso, luno e laltro di
questi filosofi sono riallacciati a una tendenza ben definita a fissare due principi contrapposti del
reale, e a considerare luna o laltra forma delle realt come appartenenti precipuamente alluno
o allaltro campo. Le realt indicate come tipiche per la loro appartenenza alla serie dominata dal
principio irrazionale sono il luogo, il vuoto, linfinito; mentre quelle contrassegnate dalla
razionalit, e quindi recanti in s il contrassegno di quellunit ch ordine, uguaglianza e
ragione, sono lanima, il tempo, il cielo col suo moto ordinato.
E essenziale, per comprendere il passo in tutta la sua portata, accettarlo per intero, senza
espungere la frase cr non- plew, come fece gi Usener, sia nel suo Theophr.Bruchstuck,
pp.259-281, in part. 270, sia nella sua edizione dellopera, Theophrasti de prima philosophia
libellus, del 1890. Non a caso la frase viene rivalutata dagli interpreti pi recenti: Ross-Fobes,
Theophr.Metaph., p.12 e p.55 per il commento, giustificano il testo non solo ipotizzando una
constructio ad sensum, per cui si pu ricavare un gennsi dal gennsantej di A 5, secondo un
procedimento che Teofrasto usa altre volte (cfr.VI A 27, e Ross stesso, ibid., p.48) ma
mettendolo a confronto con Metaph.1072 a 2 ( steron gr, ka ma t oran, yuc)
che d ad esso tutta la sua pregnanza filosofica. Per il confronto con questo passo (che dipende
strettamente da Timeo, 34b, 37d-38b) cfr. Isnardi Parente, Thophr. Metaph. VI a 23 ss., pp.5455.
Una volta detto questo, si aprono nuove prospettive. Le sustoicai di cui ci parla Aristotele in
Metaph.A, 986b sgg., e che ci descrive come un sistema decadico di contrapposizioni
caratterizzante il reale, sono da lui date come pitagoriche, e come tali sono state intese fino a che
il Frank, Plato sogen.Pyth., p. 257 sgg., non ha inteso riferirle, piuttosto che allautentico
pitagorismo antico, alla rinascita pitagorizzante propria dellAccademia, e in particolare a
Speusippo. Dopo le polemiche condotte in proposito dagli studiosi del movimento pitagorico

Pag. 42 - Fragmenta
(preplatoniche e pitagoriche ha ritenuto le sustoicai Mondolfo, in Zeller-Mondolfo, Filos. dei
Greci, I,2, pp. 349 sgg., 450-53, 500-03, seguito poi da Timpanaro Cardini nel suo commento
sistematico, Pitag.III, pp.76-85; non solo pitagoriche, ma arcaiche e decisamente risalenti al di l
del V secolo le riteneva Guthrie, Hist.Gr.Philos.I, The earlier Presocratics and the
Pythagoreans, Cambridge 1962, p.245 sgg.), la tesi del Frank stata ripresa dal Burkert,
Weish.Wiss., pp.45-46: lopposizione bene-male e quella della coppia quiete-moto nella serie
decadica descritta da Aristotele sembrano al Burkert sufficenti ad attribuire a Speusippo tutta la
serie, e la presentazione stessa che Aristotele d di essa viene considerata una ragione sufficiente
per tale attribuzione. Ma la presentazione in questione data da Aristotele in forma
notevolmente scorretta, accentuando il carattere accademico di alcuni passaggi: vi in lui una
sostanziale e tendenziosa volont di ridurre tutta la serie alla sustoica del bene a quella,
opposta, del male, come dimostrano i passi ulteriori Metaph.N, 1093b 11 sgg., e K, 1066a 14
sgg., insieme con un passo della Fisica, Phys.III,201b 25 sgg., che pu utilmente esser posto a
confronto (cfr.per questo Isnardi Parente, Pitagor. di Crotone, p. 14 sgg.). Questo non inficia il
carattere della testimonianza, che si riferisce indubbiamente al pitagorismo preplatonico, per lo
meno a quello del tempo di Filolao, cui assegnata infatti una parte nellambito della
testimonianza stessa.
Ora, esattamente Aristotele che pi di una volta ha posto a confronto Speusippo e i pitagorici
per la immanenza dei numeri al reale, negli uni, e la trascendenza ad esso, nellaltro; e questo
passo di Teofrasto vale a darci una ulteriore prova di ci. La tendenza a far derivare i diversi
aspetti della realt da due principi opposti non che la trascendentizzazione delle sustoicai;
che non sono pi viste quali un sistema decadico di opposizioni inerenti al reale, ma come una
discendenza e dipendenza del reale da due forme diverse e opposte. Senonch Teofrasto nota che
Speusippo, pur accettando in questa forma le opposizioni pitagoriche, non fa poi nessuno sforzo
per individuarle nella realt del cosmo. E ci del tutto coerente con la diversa impostazione
chegli ha poi dato, nel suo sistema, alla posizione dei principi: che non sono due, in assoluto,
per il reale nel suo insieme, ma si ripetono secondo analogia nei diversi aspetti del reale.
2) Sposto la sospensione del punto in alto dopo la parola plew, facendo slittare invece la virgola
dopo tta; perch ritengo che le realt di cui si parla, il tempo e il cielo, siano da intendersi
come spiegazione di questo termine. Quanto ad nqrpou, non ritengo sostenibile la variante,
che non lessicalmente facile n concettualmente accettabile, mentre cielo e tempo,
soprattutto se si pensi al Timeo, hanno una loro connessione (Speus., p.107, nt.52). Il termine in
questione non un apax, ma un termine abbastanza comune, usato in primo luogo da Sofocle
(fr.693 Pearson), da Aristotele (Meteor.379a 2, 381b 14), da numerosi medici nei loro scritti
(cfr.Liddell-Scott, s.v.)..
Teologia, cosmologia, psicologia
F 60 Aetius, Placita, I,7,20, p.303b Diels
qe n F, a t n ceteri
Speusippo dice che la divinit lintelletto (1), non simile n alluno n al bene, dotato di natura
propria (2).
1) E la testimonianza pi precisa che abbiamo sulla concezione del divino in Speusippo, perci
assai preziosa pur essendo di carattere dossografico. E stata intesa assai diversamente dai
diversi interpreti. Zeller, II, p.713, nt.1, la ha intesa come una polemica contro Platone e la
identificazione della divinit col bene in s e questo con luno, mentre Guthrie, Hist.Gr.
Philos.,V, p.463 nt.2, portato a credere che Speusippo, come Platone, identificasse dio con il
noj e che questo costituisca un altro di quei principi di cui Aristotele parla in Metaph.1028b

Fragmenta - Pag. 43
18 sgg. Chi, con Cherniss (Arist.crit.pl.Acad., app.XI, p.603 sgg.), sia portato a identificare la
divinit platonica con il noj, soprattutto in virt della sua subordinazione alle idee (il che
sembra risultare chiaramente dal dialogo platonico), sar piuttosto portato a sottolineare le
somiglianze del pensiero di Platone con quello di Speusippo su questo punto specifico:
giacch questi non nega lidentificazione della divinit col noj, pur differenziandola dal
bene in s e dalluno.
Di altro avviso stato Krmer, Urspr.Geist.Metaph., pp.214-217, 376 sgg., e nel successivo
'Epk.t j o s., p.15 sgg. (soprattutto, in questultimo caso, per i rapporti con Platone). Per
una serie di deduzioni speculative, Krmer arriva ad assegnare al noj speusippeo un
determinato posto nella scala dellessere, che corrisponderebbe non a quello dellanima
universale (collegata piuttosto al concetto di gaq n) ma, scartata la possibilit
dellidentificazione con luno posizione ripresa invece da Senocrate- , a quella degli enti
matematici trascendenti. Sulla base di Aristotele, per e c j, fr.1 Ross ( da Simplicio, In de
caelo, p.485, 19 sgg. Heiberg), Krmer giunge a vedere nel concetto platonico-speusippeo di
divinit, contrapposto a quello senocrateo ed anche, con la debite differenze, aristotelico, non
semplicemente lintelletto, ma qualcosa al di l dellintelletto stesso, un Nicht-Nous,cos
come luno detto da Aristotele m n per indicare la superessenzialit del concetto:
lespressione pkein ti to no che l Aristotele usa a indicare una delle possibili
definizioni del divino non pu che riferirsi a Speusippo. Kramer ritiene che lAccademia, e in
essa particolarmente Speusippo, abbia con ci compiuto una radicale trascendentizzazione del
demiurgo del Timeo, liberandolo definivamente dalla sua veste mitizzante. Egli si vale anche
del paragone con il riferimento dei Theologoumena arithmetices dal Per puqagorikn
riqmn (infra,F 94 ) della decade come modello divino del cosmo, n trascura il passo del
de comm.math.sc.,4 (supra, F 41 ) identificando la sfera del divino con quella del kal n, sulla
scorta di quanto Giamblico afferma circa lanteriorit di questo allo gaq n stesso, che
contraddistinguerebbe la sfera dellanima.
Anche a prescindere dalla ulteriore interpretazione data dallo stesso Krmer di Speusippo,
linterpretazione qui descritta non regge alla critica per pi ragioni, e non solo perch il passo
del nostro dossografo sembra semplicemente indicare una concezione del divino come noj,
ma perch forzata, al riguardo, linterpretazione di Aristotele: nel luogo citato del Per
e c j questi accenna semplicemente alla possibilit che il divino sia da intendersi o come
n hsij (ed questa, sappiamo da Metaph.1074b 33 sgg., la soluzione chegli adotta) o come
qualcosa che si pone come superiore allintelletto, qualcosa che questo contempla da una
posizione subordinata, in altri termini le idee; s che ci ci porterebbe a pensare chegli, in
questo suo passo, polemizzasse con Platone. La soluzione di Krmer semplicemente un
indice della sua necessit di fare un posto alluno e al numero nellambito di un sistema
speusippeo, l dove in realt impossibile ricostruire un simile sistema in termini
rigidamente neoplatonizzanti.
Con ci non occorre cadere nel rovesciamento di questa posizione che compie Tarn ( Speus.
of Ath.,pp.377-78) identificando il noj speusippeo con una parte dellanima e negando in
assoluto la presenza di una concezione dellintelletto propria di Speusippo al di fuori di questo
senso specifico, interpretando cio ancora in altra maniera il passo aristotelico Metaph.1028b
21-24, ove Aristotele non pone fra le o sai speusippee un intelletto a s stante. In realt la
posizione di Tarn viziata dalla sua convinzione che in Speusippo non sia presente alcune
concezione dellanima del mondo, s che lintelletto ha semplicemente una parte assai
modesta, riferendosi semplicemente a una singola parte dellanima dellindividuo. Di ci
dovremo occuparci pi ampiamente infra, F 94 ; si pu qui anticipare che le differenze fra
Platone e Speusippo non possono esser portate cos oltre da negare a questultimo la
definizione di platonico. Perci, a proposito della concezione speusippea del noj, si pu una
volta di pi ribadire la sua vicinanza a Platone. Il noj la parte pi alta dellanima del

Pag. 44 - Fragmenta
mondo, o in altri termini il demiurgo uscito dalla sua veste mitizzante, come farebbe
prevedere gi Legg.XII, 966a: lanima del mondo diretta e guidata dal suo intelletto sovrano.
E appena inutile ribadire che questo noj , o n hsij che sia, sar intesa del tutto
diversamente da Aristotele.
2) 'Idiofuj ha dato luogo a una precisazione in Tarn, Speus. of Ath., p.378: la parola pu
significare qualcosa di particolare e proprio anche allinterno di realt aventi la stessa natura. Al
nos, insomma, possono venire applicati predicati di unit e bont, anche se la sua natura
specifica diversa dallessere uno o dallessere bello. Ci compatibile con quanto detto finora,
e pu essere accettato, anche se delloggetto in questione si dia unaccezione pi larga di quanto
Tarn non sia disposto a darle.
F 61 Cic, De nat.deor.. I, 13, 32
N molto diversamente Speusippo, seguendo suo zio Platone, col suo dire che la divinit una forza
animata che governa tutto luniverso, cerca di strappare dalle anime la conoscenza degli di (1)
1) Il passo non degno di molta considerazione, in quanto rappresenta il punto di vista di un
oppositore epicureo, Velleius; ma rappresenta pur sempre una testimonianza che la teoria
platonica dellanima del mondo continua a vivere in Speusippo, come del resto in genere nei
platonici. Per la genericit del passo e lincertezza del riferimento (allintelletto divino?
allanima del mondo?) cfr. Krmer, Urspr.Geistmetaph., p.216, nt.65.; ma si tratta
preferibilmente del secondo dei due concetti. Linterpretazione stoicheggiante, dal momento
che si parla di una vis animalis o di una forza vitale che governa il cosmo
F 62 Minucius Fel., Octavius, 19,7, p.29 Beaujeu
[naturalem] del. Davisius
E noto che Speusippo riconosceva per divinit una forza animata che regge il tutto (1).
1) Per la dipendenza dellOctavius dal De natura Deorum cfr. V.Geisau, Real-Encycl. Suppl.xi,
coll.952-1002, in part.975-76, e J.Beaujeu, Minuce Felix, 0ctavius, coll. Bud, Paris 1964,
pp.lxxxii-lxxxvi . Pease, Cic.de nat.deor., I, p.239, ha inteso porre in relazione il passo con
Filodemo, De pietate, p.72 Gomperz, se non altro per la ragione che qui Filodemo parla delle
yuca kaln kgaqn come qeai dunmeij; ma linterpretazione, accettata con dubbio dal
Lang (fr.56, p.80) , si regge solo su una supposizione del Diels, Dox.gr., pp.538-39.
F 63 Arist.Metaph.N, 5, 1092a 17-21
17 t n t pon P 18 ka toj E Al

20 tj Alr

E assurdo anche il porre il luogo insieme con quegli enti matematici che sono i solidi (1), giacch
il luogo piuttosto proprio degli esseri individuali, i quali sono separati fra di loro appunto per via
del luogo, mentre gli enti matematici non sono in un luogo; ed assurdo anche dire che essi sono in
un qualche luogo, ma non dire poi quale questo luogo sia (2).
1) Speusippo fu gi ricosciuto dallallusione di questo passo in Ravaisson, Speus.pr.princ., p.44, e
da Zeller, Philos.d.Gr.,II,I, p.1007, nt. 3, cfr. poi Ross, Arist.Metaph., II, p,488, ed altri.
Aristotele gli fa carico qui di intendere le grandezze matematiche in luogo, in base alla sua
determinata concezione del luogo stesso (Phys.IV, 209b, 211b, 214a); ma probabilmente
Speusippo intendeva una prima forma fisica di estensione come principio delle forme
matematiche, e a questa dava talvolta il nome di t poj (altre volte, probabilmente, di

Fragmenta - Pag. 45
disthma, come sembrerebbe dire lo stesso Aristotele altrove: cfr. M, 1085 30-31, anchesso
diretto presumibilmente contro Speusippo).
2) Il punto (monj qsin cousa, secondo la definizione che Aristotele ne d, forse riprendendola
dai pitagorici, cfr. Z, 1026b 31 e altrove) e quel luogo o spazio che permette lestensione
geometrica sono, per Speusippo, i principi della realt spaziale. Aristotele non ammette per
che si parli di luogo senza dire anche esattamente dove; fra le Categorie non rientra il t poj,
bens il dove (po). La critica che egli fa qui a Speusippo ripete quella fatta a Platone a
proposito della cra.
F 64 Plutarchus, Plat. Quaest.,8, 1007a-b
1007a 10, tn cr nwn J,g
11, <t > pr teron ka steron Bernardakis, t pr teron ka t
steron Escorial T.11.5
Si dovrebbe dire dunque che sono stati fuorviati da costoro per ignoranza quelli che hanno ritenuto
che il tempo sia misura del movimento' o numero che procede per antecedente e conseguente,
come disse Aristotele (1), o quantit in movimento, come Speusippo(2), o intervallo del
movimento e niente di pi, come alcuni fra gli stoici (3).
1) Per Aristotele cfr. Phys.219b 1, 220a 4, 24-25; 221b 7,questultimo passo per la definizione del
tempo come mtron kinsewj. Fra tutti gli allievi di Platone Aristotele quello che sembra aver
dato una definizione pi strettamente matematica del tempo; Platone, nel Timeo, dice soltanto che il
tempo unimmagine delleternit, eterna anchessa, ma che procede secondo ritmo numerico
(Tim.37c-d; cfr. Taylor, Comm. Timaeus, App.IV, pp. 678-691, e Callahan, Four Views of Time,
p.22 sgg., che accentua il prevalere della knhsij sul numero). Ma si veda differentemente lo stesso
Aristotele in Categ.4b, ove il tempo definito pos n sunecj, con avvicinamento alla posizione
speusippea.
2) In Speusippo manca ogni concetto di riqm j nella definizione del tempo, mentre presente
quello di quantit indeterminata; egli aggiunge n kinsei proprio per chiarire la sua diversit dalla
grandezza spaziale, ch immobile. Ma la definizione ci giunge troppo isolata perch possiamo
stabilire in quali termini di relazione si ponessero per lui il tempo, preso come realt a s stante, e
gli altri aspetti della realt espressi in termini quantitativi.
3) Cfr. a questo proposito, per Crisippo, SVF II, fr.515.
F 65
Arist.De caelo I, 10, 279b 32-280a 2
32 frein ES, Philopon.Aetern.mundi 216,16; pifrein JH
E se alcuni cercano di offrire una giustificazione a s stessi per poter sostenere che il cosmo in
pari tempo indistruttibile e ingenerato, non dicono nulla di vero (1). Essi sostengono che il loro
procedere simile a quello di chi traccia figure e parla del loro prodursi non intendendo che
queste abbiano in effetti un inizio nel tempo, ma solo a mo di esempio, perch colui che
apprende capisca meglio, vedendo la figura nel suo stesso prodursi (2).
1) Per lindividuazione di questi interpreti cfr. lo scolio del frammento seguente: si tratta di
Speusippo e Senocrate (per questultimo cfr. il fr.54 I.P.). Aristotele intende qui la descrizione
della genesi del Timeo in senso realistico. Per linterpretazione del carattere realistico o meno
della genesi del mondo fisico nella tradizione platonica cfr. Baltes, Weltentstehung plat.
Timaios , I e II, passim.
2) Lesegesi speusippea pu trovare la sua ragione teorica nella concezione matematica
delluniverso sensibile data da Speusippo stesso; cfr. in proposito Stenzel, Speus., col. 1660, il
quale pone in rilievo come la costruzione del mondo sia per questautore unoperazione
matematica, escludente qualsiasi processo di gnesij o di pohsij. Sotto questo aspetto cfr.

Pag. 46 - Fragmenta
ancora Cherniss, Arist.Crit.Plato Acad., p.145, nt.87 (ma con particolare riferimento a
Senocrate piuttosto che a Speusippo), e Krmer, Urspr.Geistmetaph., p.379, nt.22. E,
sintende, unesegesi che tende a modificare profondamente lorizzonte del Timeo e ad
accentuarne lallegoricit; ma, quanto a Platone, la questione ancora aperta; cfr., con validi
argomenti, G.Vlastos, Creation in Timaeus,, in Studies in Platos Metaphysics, pp.401-437.
F 66

Scholion in Aristoteles De Caelo, p.489, 9-12 Brandis

Senocrate e Speusippo, cercando di offrire una giustificazione a Platone, dissero che questi non
aveva insegnato che il cosmo generato, ma che ingenerato; e che lo aveva descritto come
generato solo a mo di esempio, e per far meglio capire e presentare la trattazione in modo pi
esatto (1).
1)

Linterprete, oltre a darci i nomi dei filosofi oggetto della polemica aristotelica, tende a
chiarire il carattere di boqeia o aiuto offerto a Platone da questi testi, che intendono
liberare il detto del maestro da ogni possibile contraddizione.

F 67 Iamblichus apd. Stobaeum, Ecl.I, 49, p.363, 26-364, 5 Wachsmuth


p.364,1 katalgwsin e krmnenwj R, katalgwmen e krinj Heeren 2, n ti F, ti R
a t in a t corr. P 4 a t n fwrsato om. Heeren 5 diasttou Ravaisson

3,

Dopo di ci, passer in rassegna coloro che estendono allessenza dellanima lessenza
matematica. Per costoro un genere di essa, in certo senso, la figura, in quanto limite
dellestensione, ed essa stessa estensione (1). Fra di essi vi il platonico Severo, che la defin in
tal modo (2); e Speusippo, che la defin con la formula forma di ci che generalmente esteso
(3).
1) Per distasij viene intesa qui certamente la figura, ch estensione anchessa, o parte
dellestensione, ma si distingue chiaramente da disthma, usato in genere per le grandezze.
2) Per il platonico Severo cfr. Praechter, Real-Encycl. II A 2, coll.2007-2010, in particolare per
lanima 2007, e Cherniss, Arist.Crit.Pl.Acad., p.510, col rimando a Proclo, In Timaeum I,
p.204,17 e II, pp.152,27-28, 153, 21-25 Diehl: La definizione di Severo era probabilmente
formulata in un suo commento al Timeo.
3) La definizione attribuita a Speusippo ha dato luogo a molti dubbi interpretativi, a cominciare dal
Ravaisson, che proneva (Speus.pr.princ., p.40) di leggere qui diasttou; giustamente stato
criticato da Zeller, Phil.d.Gr. II,I, p.1000 nt.3, da Wachsmuth nelledizione di Stobeo, da Lang,
Speus.Acad,scr., p.71 (ritenendo tuttavia che la definizione geometrizzante dellanima fosse
riferibile alla sola anima del mondo e non allanima in generale, sulla base di Platone, Tim.36e 2). Il
problema dellinterpretazione del passo si posto invece in tutta la sua pregnanza a partire da
Merlan, Beitr.Gesch.Plat.II, p.200 sgg.; il quale, partendo dallinterpretazione che Posidonio (oggi
F141a Edelstein) ne dfacendone non solo la pi alta perfezione numerica, ma, in ogni caso, il
pardeigma tecnik n delluniverso deduce che lautore non pu essere che Speusippo. Non
del resto a caso che Aristotele, in Metaph.1028b 18 sgg., facesse seguire, alle grandezze
geometriche, per lappunto lanima ( peita yuc j).
Al principio della tetradicit in Speusippo hanno dato rilievo Burkert, Weish.Wiss,, pp.61-65,
229-30 e Krmer, Urspr.Geistmet., p.218, il quale costruisce analogamente la dottrina platonica
dellanima in termini matematico-geometrici (si veda la sua interpretazione di Plutarco ,De
procr.an., 1023b). Ma Burkert vede nella successione delle varie facolt dellanima piuttosto un
rapporto con Senocrate, fr.5 Heinze, 83 I.P., che non con altri platonici, mentre, come abbiamo
gi notato, noj ed pistmh sono entrambi a Speusippo gi noti, n la d xa poteva mancare
nella successione di un platonico.

Fragmenta - Pag. 47
Alla parola da, secondo Merlan, non pu darsi linterpretazione platonica pi comune, dato il
rifiuto della dottrina delle idee da parte di Speusippo; ma nel Timeo la parola compare anche la
parola nel significato di forma, in questo caso forma geometrica, non certo estraneo alla
tradizione preplatonica e allo stesso linguaggio platonico. Cherniss si espresso in senso
contrario in Arist.crit.Pl.Acad., App.X, p.509 sgg.: egli ritiene che non ci si trovi qui davanti a
teoria speusippea, ma di fronte a una semplice esegesi speusippea del Timeo, la parola da
riferendosi a Tim.35a (sunekersato ej man dan); Speusippo avrebbe inteso difendere
Platone dallaccusa, mossagli da Aristotele (De an.407a 2-3) di aver confuso lanima con una
grandezza spaziale, puntualizzando il fatto che per Platone lanima non grandezza, ma idea
della grandezza. Egli tende ad escludere che lanima per Speusippo possa avere struttura
geometrica sulla base di Aristotele, Metaph.10238b 21-24 (supra, F 16) , passo dal quale sembra
attribuita a Speusippo la teoria secondo cui lanima avrebbe principi diversi da quelli delle
grandezze. Ma Merlan, Plato neopl., compie una accurata difesa delle sue precendenti tesi;
minimizzando la pretesa contraddizione fra la testimonianza di Aristotele (1028b 21 sgg.) e
quella di Giamblico, compie in pari tempo una minuta analisi della parola idea, nel senso di
praj, limite formale che distingue loggetto da ogni altro circostante, secondo il significato che
la parola praj ha nei passi aristotelici De caelo, 293b 12-15, e De gen.anim., 335a 21, ove con
praj si intende lo edoj o la o sa dei corpi estesi. Come meglio vedremo pi oltre (F 95 ),
Merlan giunge, sulla base di Theol.arithm.61 sgg., allipotesi che in Speusippo vi sia una vera e
propria identificazione dellanima con la piramide, simboleggiante la tetractide, numero perfetto,
cfr. anche Hermet. Pyram., p.100-105.
La polemica continua con un ribadimento delle proprie posizioni da parte di Cherniss, Plutarchs
Moralia XIII,I, pp.219-220; sulla linea del Cherniss, ma senza sostanziali innovazioni, cfr.oggi
Tarn, Academica, p.150, nt.642, e pi ampiamente in Speus..of Ath. ,pp.366-371. Nellultima opera
Cherniss offre alcuni spunti per la ridefinizione di Posidonio, con attribuzione a Platone, della
definizione dellanima speusippea, cfr. peraltro su questa Untersteiner, Posidonio nei Plac. di
Plat.etc., pp.31-34, che rileva la decisa coloritura stoica dellespressione presente in Posidonio,
lampliamento stoicheggiante to pnth diastato pne matoj , probabile apporto posidoniano
alla definizione speusippea; e H.Tarrant, Platos first Interpreters, London 2000, p.63, che segue
Merlan nellinterpretazione della frase e ritiene Posidonio indebitato fortemente a Speusippo..
La proposta interpretazione in chiave rigorosamente matematica dellinterpretazione della realt, e
quindi dellanima del mondo, nella filosofia di Platone, che Speusippo avrebbe fedelmente ripresa,
sostenuta da Gaiser, Plat. ung. Lehre, pp.51, 347, 546-47, e ripresa da Krmer,
Urspr.Geistmetaph.,pp.33, nt.43, 118, nt.328; non per in questo senso specifico che si intende
qui approvare sostanzialmente linterpretazione del Merlan; cfr.Isnardi Parente, in ZM II,3, pp.90405, e la precedente interpretazione di Metaph.1028b 21 sgg., supra, F 16. Aristotele non ha mai
sostenuto in realt che i principi della grandezze e quelli dellanima in Speusippo siano
sostanzialmente differenti, ma anzi legati da un rapporto di analogia; non quindi in alcun modo
strano che alla forma del numero come una indivisibile unit e alla forma del punto come principio
della grandezza spaziale corrisponda una forma (da) geometrica ulteriormente perfezionata, ma
anchessa unitaria e organica, al superiore livello della formazione psichica. Linterpretazione
dellanima data da Speusippo si colloca quindi nel pieno del matematismo accademico, e sar
confermata dallinterpretazione di Senocrate dellanima come numero movente s stesso (De
anima I, 404b 27-28; cfr.Isnardi Parente, Senocrate, p.382-83)
.
F 68 Iamblichus, De comm, math. scientia, 9, p.40, 15-19 Festa
E perci di essa non va data definizione come forma di ci ch generalmente esteso, n di
numero che muove s stesso, n di armonia che consta di determinate ragioni (1), o in altri modi
simili a questi; ma come di qualcosa ch degno di comprendere in s tutto questo insieme; perch
lanima la forma del numerico, e consta di numeri che comprendono in s larmonia.

Pag. 48 - Fragmenta

1) Si riferisce a Speusippo solo la prima delle definizioni giamblichee; per il resto cfr. Merlan,
Herm. Pyram., pp.103-04, e Plat.Neopl., pp.40-48, che riconosce citate successivamente le
teorie di Senocrate, Moderato ( cfr.per questi Giamblico in Stobeo, Ecl.I, 49, p.364,10 e 20-23
Wachsmuth ) e Posidonio , il quale avrebbe affermato esser lanima il plrwma di ogni forma
matematica, non limitabile ad alcuna di esse in senso esclusivo.
F 69 Aristoteles, De anima, I, 2, 404b 18-27
21 td lla Rc Sc S tj dllaj Pp Tp
CES, om.UX a om.CS

23 fn EUTpS gnetai X, om.C

24 a t

E similmente si detto nel nostro scritto sulla filosofia: lessere animato, vivente di s, composto
delle forme delluno e della prima lunghezza, larghezza e profondit; e le altre realt sono composte
in maniera simile ad esso. Inoltre lintelletto corrisponde alluno, la scienza al due (in essa infatti si
procede univocamente verso un oggetto), il numero della superficie corrisponde poi
allopinione,quella del solido alla sensazione. I numeri sono stati l definiti come le forme stesse e i
principi, e sono costituiti dagli elementi primi; quanto alle varie realt, le si giudica quali con
lintelletto, quali con la scienza, altre con lopinione, altre ancora con la sensazione; e ci perch
questi numeri sono le forme stesse delle cose (1).
1)
Nel corso della critica, dallantichit ai nostri giorni, questo passo ha conosciuto
prevalentemente la sorte dellattribuzione a Platone; per la tarda antichit cfr. Giamblico in Stobeo,
Ecl.I,49, 32, p.364, 10 sgg. Wachsmuth. Tuttavia numerosi sono stati anche i tentativi di attribuirlo
a Senocrate, e da alcuni stato visto come un riferimento a dottrina pitagorica; e lipotesi della
possibile attribuzione a Speusippo stata avanzata da chi scrive, per esser poi negata radicalmente
da altri. Occorrer rivederlo alla luce di ulteriori considerazioni.
Lattribuzione a Platone di tutto il passo, prima nella forma di un riferimento al Timeo (404b 15-18)
e poi di un riferimento alla dottrina orale platonica, stata sostenuta da numerosi interpreti. Per la
critica ottocentesca cfr. Robin, Th.plat.ides nombres, p.304 sgg., nt.273 III; importante, per il
Robin, la critica data pochi anni prima da G. Rodier, Aristote, Trait de lme, Paris 1900, II, p.55
sgg. Egli si basa per la sua attribuzione a Platone non solo dellattribuzione a questi della dottrina
delle idee-numeri, ch la condizione primaria, ma anche della platonicit di quella teoria
dellanima come t poj edn che troviamo in Aristotele, De anima, 429a 27, contestata al
contrario da Cherniss, Arist.crit.Pl.Acad., p.565, e da W. Ross, Aristotelis De anima, Oxford 1961,
p.292.
Fra gli interpreti che attribuiscono il passo a Platone nel XX secolo si possono citare Frank,
Pl.sogen.Pythag., pp.113-114, 116 sgg.; Taylor, Plato, p.514, e, pur con alcune esitazioni,
Comm.Tim., pp.110-111; Ross, Arist.Metaph.I, p.LXX, e Platos Th. Ideas, pp.214-15, nonch
Arist.de an., pp.177-179; Merlan, Beitr.Gesch.Plat. II, p.210; .De Vogel, Later Platon. II, pp.299318, in part. 304 sgg.;.Saffrey, Le Per philosoph. dAristote, p.24 sgg. e passim; Burkert,
Weish.Wiss., pp.23-25; Lasserre, Nombre et connaissance, p. 25; Krmer, Arete, pp.414 nt.68, 431
nt.191, con maggior decisione in Urspr.Geistmetah., pp.202-207; Gaiser, Platons ung.Lehre, p.44
sgg.; Untersteiner, Arist. Della filos., pp.147-162, e Platone. Rep. X, p.189 sgg.; Watson, Platos
Unwr. Teaching, p.43; Pierris, Rep. Laws of Plato, pp. 136-37. Lelenco potrebbe accrescersi, ma
con scarsa rilevanza per i vantaggi dellinterpretazione. Basti qui notare non solo che esso
presuppone la credibilit delle notizie riferentisi a una vera e propria dottrina orale sistematica di
Platone non coincidente con la filosofia dei dialoghi, ma poggia anche su una particolare lettura e
interpretazione di alcune parole del testo aristotelico, non peraltro cos facilmente accettabili.
Ad es. alle linee 19-21 del passo lespressione .a t t zon viene per lo pi interpretata nel senso
dello a t esti zon del Timeo, alla luce dellinterpretazione di esso data da antichi
commentatori; cfr.Simplicio, In de anima, p.29, 15-20 Hayduck (mentre diversamente interpreta

Fragmenta - Pag. 49
Giovanni Filopono, In de anima, pp.77,5-11,79, 13-16, 81, 9-11 Hayduck , in proposito Cherniss,
Gnomon XXXI, p.39, nt.2). Alla linea 20, da significa necessariamente idea in senso
platonico, ma nella forma di idea-numero; cos pure alla linea 27 la parola edh.
Lattribuzione a Senocrate sostenuta invece da Cherniss, Arist.crit.pl.Acad., p.565 sgg., e
Gnomon XXXI, pp.36-51; De Strycker, First section Protrepticus, pp..94-95; Theiler,
Aristoteles.Ueb. Seele, pp.93-95; E.Dnt, Platons Sptphilosophie, pp..74-75; Tarn, Speus.of Ath.,
pp.458-59, di cui si dir meglio pi oltre. In questo caso determinante il presupposto che la
dottrina delle idee-numeri non sia attribuibile a Platone e sia puro frutto di esegesi senocratea; ma
non c alcuna variazione di significato nelle parole citate rispetto ai critici della prima tendenza.
Per trovare una variazione occorre riferirsi a P.Kucharsky, Doctrine pythag. de la ttrade (1952), e
poi pi ampiamente in Frontires pyth. plat., pp.7-43. Il Kucharsky ha avanzato lipotesi che qui ci
troviamo di fronte a un riferimento ad una non ben nota dottrina pitagorica (e ha ricevuto
lapprovazione sostanziale della sua interpretazione da parte di E.B.Van der Waerden, Gnomon
XXV, 1953, p.420, e di E.Wolf, Anzeiger fr die Altertumswissenschaft, IX, 1953, p.44); la sua
attribuzione si basa su una diversa interpretazione delle espressioni sopra indicate. Lespressione
a t t zon pu semplicemente riferirsi allanima, nella tradizione platonica pi volte indicata
come a tozon (cfr. Front.plat.pythag., p.31 nt.1, con la citazione dello stesso Aristotele,
Metaph.1043a 34 sgg.); lespressione da, e ancor pi lespressione edoj, non hanno
necessariamente il senso di idee nel senso platonico o senocrateo (ibid., p.33; viene citato in
proposito F.Solmsen, Class. World XL, 1947, p.166). Kucharsky trova nella storia del
pitagorismo un preciso aggancio al passo nella teoria, attestata in Teone di Smirne (Expos.rer.math.,
pp.97-98 Hiller (ma gi prima cfr. Aezio, Plac.I,3,8, pp.282-83 Diels) di una tetractide noht, in
cui figurano, come nel passo aristotelico, i quattro termini di noj, pistmh, d xa, asqhsij.
Per la possibilit di andare pi oltre, attribuendo a Speusippo questo tratto di dottrina platonico
pitagorizznte dellanima, che concilia i quattro cardini fondamentali della conoscenza con i numeri
fondamentali della tetractide, rimando a Isnardi Parente, Aristotele, De anima I,404b 18 ss., p.146
sgg., e Speusippo, pp.342-346. Gli argomenti per sostenere questa ipotesi non mancano e si potr
brevemente elencarli.
Il passo in questione si pone fra un riferimento a Platone nel Timeo (considerato come
continuazione di Empedocle, secondo cui lanima conosce di volta in volta ci cui si apparenta, fr.B
109 DK) e un riferimento a Senocrate con la gi citata teoria dellanima come numero movente s
stesso. Nella parte intermedia di esso, Aristotele non cita ulteriormente, allapparenza, accademici
di sorta, perch ha trattato gi della questione nellopera chiamata Per filosofaj, e a questa
intende qui semplicemente riferirsi (r.18). Per lindividuazione di questopera ( che stata pi volte
oppugnata nello n toj per filosofaj legomnoij ) cfr. Untersteiner, Arist. Della filos., p.
153-154, con un ricco status quaestionis delle opinioni riportate.
Dal discorso relativo a Platone e al Timeo, nel testo del De anima ci distacca con lo mowj d ka
di 404b 18; quanto a Senocrate, si parla sicuramente di lui solo in 404b 27, con deciso stacco da
quanto precede, e come dellautore che ha inteso conciliare le due dottrine dellanima, quella
dellanima che intende s stessa e quella dellanima come numero, nella propria, combinatoria
(nioi sunplexan x mfon). E la successione Platone-Speusippo-Senocrate in Aristotele assai
frequente, anche a volte alternata con la citazione Platone-Senocrate-Speusippo, talvolta complicata
dallinserzione dei pitagorici ( cfr. Metaph.1028b 18 sgg., 1069a 33 sgg., 1076a 19 sgg., 1080b 22
sgg.). C, vero, una testimonianza di Temistio che sembrerebbe a tutta prima dar ragione a
Cherniss e a quanti son propensi a attribuire il passo a Senocrate, e si trova nel commento In
Arist.de anima,, p.11, 18 sgg. Hayduck =fr.39 Heinze, 260 Isnardi Parente. Ma testimonianza
dubbia, e vale soltanto a indicare come non tutta lantichit fosse propensa a leggere Platone in tutto
il passo. Per Saffrey, Le p.philos.d Arist., p.38 sgg., si tratta probabilmente di una rielaborazione
pitagorizzante di Senocrate; di contro Cherniss, Gnomon XXXI, pp.41-42, secondo il quale si
tratta di unautentica lettura di Temistio; ma in realt, per il problema se opera senocratee potessero
esser lette direttamente gi fin dallinizio della nostra era, cfr., negativamente, H.Drrie,

Pag. 50 - Fragmenta
Xenokrates, Real-Encycl. IX A 2, 1967, coll.1511-1518, in part. 1517. Temistio ha probabilmente
voluto indicare quella che gli sembra essere linterpretazione pi coerente di Platone, o, in altri
termini, lesegesi senocratea, senza che si possano dalla sua pagina evincere attribuzioni precise.
Una teoria dellanima come tetractide noetica non si trova nellambito del platonismo antico, n per
Platone, che ha somma cura di distinguere lanima da una qualsiasi combinazione numerica, n
espressamente per i suoi discepoli pi vicini. Ereperibile, invece, nel neopitagorismo; ma ci non
ci induce necessariamente a riportarla a questo: date le ben note combinazioni fra la tradizione
neopitagorica e quella accademica, del tutto normale che essa si ritrovi a un certo punto anche
nella tradizione neopitagorica. Aristotele per la conosce di gi, e si esprime su di essa in un
contesto certamente accademico.
Nessuno dei termini usati nel nostro passo interpretabile esclusivamente nel senso platonico del
Timeo. Si pu citare in proposito lo stesso Aristotele, Top.137b 11, ove si afferma che allo
a tozon proprio lessere composto di anima e di corpo; la parola qui evidentemente
equivalente a myucon, o a zon zon, e vi implicita la polemica contro lAccademia che
tendeva a identificare lo zon con la sua anima, o meglio a vedere lanima come riassumente in s
lessere vivente nella sua totalit ( per Senocrate in particolare considera le espressioni dei
commentatori, in particolare Giovanni Filopono, In Arist.De an., p.165, 16-28 Hayduck= fr.65
Heinze). Da vedersi anche Aristotele, Anal.post.II, 91a 37, ove lanima definita a t a t
ation to z n, ed probabile un riferimento a Senocrate, in quanto subito dopo lanima viene
definita numero che muove s stesso. Ora, se si legge il nostro passo dando al termine a tozon,
essere vivente in s o di per s, il significato di anima, ne risulta una teoria ben diversa da
quella considerata dai pi. Ne risulta la teoria pitagorico-platonica secondo cui lanima si formata,
secondo le sue facolt conoscitive, su base tetradica.Quanto alle facolt conoscitive, per il noj e la
pistmh potremmo dire di esser direttamente rimandati a Platone: giacch lintellezione
concepita come unit assoluta, e la scienza come la facolt che procede monacj f/ n, in senso
univoco verso luno (rr.21-22). Ma le due seguenti contengono una variante: la d xa, opinione,
per Platone, contiene in s la sensazione, asqhsij. E, se lopinione vista e sentita come
rispondente al tre, per quellincertezza fondamentale che regna nel numero, ancor pi decisamente
speusippeo il raffigurarsi la sensazione come riferita al quattro: il quattro il numero proprio della
piramide, e la lettura (F 94 ) che faremo a suo tempo del passo del Per puqagorikn riqmn ci
dice chiaramente come sia piramidale nella sua essenza tutto ci che soggetto a sensazione.
Quanto allespressione da, per spiegarla in questo contesto rimando a quanto detto sopra a
proposito di Giamblico, F 67: essa esiste in Speusippo anche senza una accettazione della dottrina
delle idee nel senso caro a Platone, come indica chiaramente la definizione dellanima nel senso di
da to pnth diastato. Cfr. in proposito le osservazioni del Kucharsy, Front.plat.pythag.,
p.31 sgg., e anche prima, p.28, quelle relative alluso di prtoj, non necessariamente riferibile a
Platone; che esso sia usato in riferimento a Speusippo senza allusione alla dottrina delle idee ce lo
dice fra laltro Aristotele, Metaph.1083a 21. Quanto allespressione edoj, analogamente si
potrebbe dire di essa se non intervenisse qui una difficolt, rilevata da Berti, Aristotele dial. filos.
prima, p.166, nt.32: lespressione prima lunghezza e le altre non fanno perno sullattribuzione a
chi scrive di una teoria delle grandezze ideali? Questo un punto da meditare particolarmente, ed
stato per molti il motivo fondamentale della loro attribuzione del passo a Senocrate; ma esso
richiede la verifica se in questo filosofo sia veramente individuabile una teoria delle grandezze
ideali; per i dubbi in proposito non posso che rimandare a Isnardi Parente, Fig. idal., p.272 sgg., e
Senocrate, pp.344-346.
Tornando alla tetractide, notiamo che in altri due testi essa ha un valore di modello perfetto
delluniverso, ossia di edoj dellanima cosmica. Il primo di questi il gi pi volte nominato passo
speusippeo Per puqagorikn riqmn, che ci particolarmente presente nella parte finale del
passo del De anima: in ambedue i passi i numeri 1,2,3,4 sono detti prta ka rca
(Theol.arithm.,62, p.84, 12 De Falco); se il secondo di questi termini, rca, ha in questo passo
una particolare ambiguit che sar rilevata a suo luogo, la tetrj nel suo complesso vi detta

Fragmenta - Pag. 51
edoj, presumibilmente rispetto alla struttura del cosmo, o pardeigma (p.83, 2 e 4 D.F.). Laltro
testo, che stato posto in rilievo soprattutto dal Merlan (Herm.Pyram., pp.103-104), Sesto
Empirico, Adv.math.IV, 2-9, in part.8, l dove si parla della da t j yuc j in rapporto con la
tetractide, o anche 6, ove si afferma essere la tetractide stessa il l goj t j yuc j, presumibilmente
in quanto modello del tutto.Questo secondo passo appartiene alla tradizione neopitagorica, e il suo
rapporto con Speusippo certamente, se vi , assai pi lontano e mediato. Sta di fatto che, se vi un
autore che si sia attenuto alla dottrina pitagorica della tetractide, questi Speusippo; Sesto, tuttavia,
inserendola in ogni caso nellorizzonte neoplatonico, vede nella tetractide speusippea il modello
delluniverso ponentesi nello stesso intelletto divino, ch un tratto di esegesi neoplatonizzante o
nedioplatonizzante, non suffragato in alcun modo dai nostri testi. In Speusippo la tetrj, per
quanto ci dato di sapere, semplicemente un analogo dello n e della monj intesa come punto:
come il quattro nello spazio la relazione fondamentale, cos lanima, che muove e anima quello
spazio, lo fa mediante la sintesi delle quattro facolt conoscitive, intelletto-scienza-opinionesensazione. Ed essa quella forma matematica perfetta ch principio formale delluniverso
vivente.
Tarn, Speus.of Ath., pp.459-60, ha sostenuto le tesi di Cherniss supinamente e senza alcuna
variazione. Un ribadimento della mia tesi, in relazione con la dottrina di Senocrate e lestrema
difficolt che tutto il passo di Aristotele possa riguardare questo filosofo (cfr. tutto il passo De an.,
409a), in Isnardi Parente, Tmoign. Speus. Xnocr.,. pp.110-14.
F 70 Aristoteles, De caelo, III,4, 303a 29-b 3
29 ti EJS : ti d H 30 eper JEH, in ras.Sp ; pe E
mn gr E4

31 toj scmasi H

32 ka tH

In base alla loro concezione non sembra che il numero degli elementi sia infinito, perch i corpi
differiscono per figura; ma tutte le figure si compongono di piramidi, di piramidi rettilinee quelle
rettilinee; e la sfera consta di otto parti (1).
1) Dopo aver ipotizzato che il passo De an.404b 18 sgg. sia attribuibile a Speusippo, e in attesa
di vedere, a suo tempo, il passo dei Theologoumena arithm., si pu avanzare lipotesi di una
attribuzione allo stesso autore anche di questo breve passo del De caelo. Per lo pi esso
ricollegato a Senocrate; cfr. Heinze, Xenokrates, p.70 nt.1, e Cherniss, Arist.crit.Pl.Acad.,
p.143; ma manca del tutto ogni accenno alle idee-numeri. H.Drrie, Der Platonismus in der
Antike, I, Die geschichtliken Wrzeln des Platonismus, Stuttgart-Bad Cannstadt 1990, p.344,
si mostrato al contrario propenso ad attribuire la teoria a un esegeta del Timeo quale
Teodoro di Soli, il che urta cronologicamente con la testimonianza di Aristotele (Teodoro di
Soli contemporaneo di Crantore, cfr. in proposito K.v.Fritz, Real-Encycl. V A, 1934,
col.1811). Da non attribuire a Speusippo, in ogni caso, il passo del De motu animalium 699a
123-14, in cui Aristotele polemizza con un autore il quale avrebbe visto la causa del
movimento del cosmo nei due poli della sfera cosmica, due punti senza grandezza ma dotati
di d namij (Tarn, Speus. of Ath., pp.386-88); ci implicherebbe labbandono della teoria
platonica dellanima del mondo, che Speusippo ha senzaltro condivisa.
F 71 Ps. Olympiodorus, In Platonis Phaedonem, II, p.27 Westerink(1)
13 y cou Bernays, Thedinga (De Numenio, p.71), Lang
Poich alcuni rendono immortale la parte che va dallanima razionale fino alla vitalit, come
Numenio(2); altri fino alla natura, come Plotino in qualche luogo; alcuni fino alla parte
irrazionale, come, fra gli antichi, Senocrate e Speusippo, fra i pi recenti Giamblico (3) e
Plutarco (4).

Pag. 52 - Fragmenta
1) Il nostro testo, un tratto di esposizione dossografica delle dottrine sullanima, un
excerptum delle letture di Damascio dal Fedone ( cfr. Beutler, Real-Encycl. XVIII 1,
coll.207-227, in part. 217; Tarn, Speus. of Ath., p.371-72, il quale nota come Damascio
fosse a sua volta ampiamente debitore del commento di Proclo al Fedone) .Westerink pone
il II volume sotto il nome di Damascio.
2) Per Numenio oltre a questo accenno (fr.46a Des Places) cfr. anche Stobeo, Ecl.I,49, 25,
p.350 Wachsmuth = fr.44 Des Places; per Plotino Enn.IV, 7, 14. Plutarco Plutarco
dAtene, cfr. Beutler, Real-Encycl. XXI,1, 1951, coll.972-75; ma una glossa marginale fa il
nome di Paterios, per cui cfr. ancora Beutler, Zu Paterios, Hermes LXXVIII, 1943,
pp.106-108. Paterios, neo- o medioplatonico scarsamente noto, viene citato talvolta da
0limpiodoro.
3) . Per Giamblico cfr. J.Dillon, Iamblichi Chalcidensis in Platonis dialogorum
commentariorum Fragmenta, Leiden 1973, , pp.373-77, con richiamo in particolare a De
mysteriis, VIII, 6, 269, ov la distinzione delle due anime, luna di natura intellegibile e
divina, .laltra sottomessa alle vicissitudini cosmiche e al ciclo della necessit.
4) Il passo interessa in primo luogo per quanto riguarda il concetto di loga, con il quale
Olimpiodoro, o piuttosto Damascio, pu aver inteso la parte arazionale dellanima; e questa volta si
tratta di anima individuale, e non di anima del cosmo, che conosce moti o affetti estesi fuori del
campo delle realt razionali. Polemizzavano, Speusippo e Senocrate, contro la rigida limitazione
posta da Platone in Tim.69c sgg. allimmortalit dellanima, di cui la sola parte razionale ritenuta
immortale? O semplicemente compivano un atto di esegesi conciliatoria, dimostrando la teoria
doversi accogliere in accordo con altre espressioni platoniche, in senso sfumato e traslato, e
tentando di spiegare entro certi limiti lespressione edoj qnht n? H.Drrie, Kontrov. um
Seelenwand., pp..417 sgg., 420-22, ha tentato di analizzare il riferimento, ma sfiorando appena il
problema, n ci stupisce, data la povert della notizia. E certamente difficile non porre in
relazione questa serie di indicazioni dossografiche con la teoria pitagorica, accademica,
neopitagorica, e passata poi nel medio e neoplatonismo, della metensomatosi; cfr. per questo Zeller,
Philos.d.Gr. III,2, p.240: rendere immortale lanima fino alla myucoj xij significa in altri
termini ritenere che la metensomatosi esiga la conservazione di forme psichiche puramente vitali
oltre la morte del corpo. NellAccademia antica, una teoria del genere stata presa in
considerazione soprattutto per ci che riguarda Senocrate, di cui maggiormente nota la religiosit
orientata in senso pitagorico; cfr.Heinze, Xenokr., p.138. Ma Damascio poteva trovare questi
riferimenti ai pitagorici e allAccademia antica in Giamblico, se si pensa al passo di questi da
Stobeo riportato in Ecl.I,49, 43 (p.384, 25 sgg. Wachsmuth) ove si attribuisce ai palai tatoi tn
erwn la teoria secondo cui la logoj yuc, anche separata dal suo elemento intellegibile,
sopravvive di per s nel cosmo.
In ogni caso, lo logon o la loga si caratterizza di per s come arazionale o come ci che
esce dai limiti dello strettamente razionale, come pqoj, rexij, come tendenza psichica e non
come vita psichica pi elementare; e la posizione qui data come antico-accademica e in pari
tempo giamblichea sembra distinguersi da quella pi ampiamente pitagorizzante, che parifica
nella vita psichica e nella trasmigrazione delle anime tutto luniverso fino alle stesse piante.
Non si riferisce allelemento vitale di per s considerato, ma a quel complesso di facolt
psichiche che si differenzia dal logik n. Anche precisato questo, tuttavia, non possiamo
sottrarci alla sensazione che laccenno alla dottrina di Speusippo e di Senocrate si inserisca qui
in un contesto ad essa profondamente estraneo, e che lo scoliasta abbia utilizzato uno spunto
che probabilmente gli giungeva gi avulso dal suo contesto e dalle motivazioni sue proprie,
attraverso tradizione dossografica ulteriore.

Fragmenta - Pag. 53
F 72 Philodemus, De pietate, fr.C, 7b 1, p.72 Gomperz (nuova ed. D.Obbing, Oxford 1996)
1 laeipo saj R
il quale dice che le anime dei buoni sono delle vere e proprie forme divine, ma sono molto scarse
e in piccolo numero (1).
1) Sulla scorta di una supposizione del Diels, Dox.Gr., p.258, il passo viene attribuito a Speusippo
dal Lang, Speus.acad.scr., p.80. Ma la supposizione si basa solo sulla posizione del passo, che
immediatamente precedente ad uno sul Per filosofaj di Aristotele, e deve quindi essere
antico-accademico; e infatti Diels si richiama al passo gi citato di Olimpiodoro (F 71) che cita
tuttavia anche Senocrate.
La dottrina qui richiamata platonica: cfr. Leges, III, 691 e, ove si parla di qea d namij
commista a f sij nqrwpnh. Platonica anche la convinzione che pochissimi siano i buoni,
quelli che conoscono il bene, cio i filosofi (Resp.VI, 491a sgg., 494a). Speusippo pu aver raccolto
e fatto sua tale posizione, ma la questione dellattribuzione resta incerta.

Margherita Isnardi Parente


SPEUSIPPO. TESTIMONIANZE E FRAMMENTI

FRAGMENTA

Etica
F 73 Aristoteles, Eth.Nicom. VII,13, 1153b 1-7
1 ka (1) om. Kb Mb 3 pro ti, te Lb post kak n add. pr.Kb, corr.Kb G
Che il dolore sia un male, tutto lo ammettono concordemente, e anche chesso da fuggirsi. Ma il
dolore pu essere un male in assoluto, oppure solamente in quanto dimpedimento a qualcosaltro.
E quello ch opposto a qualcosa che da fuggirsi, e da fuggirsi in quanto male, deve essere un
bene: quindi, il piacere deve essere un bene. Speusippo (1) argoment di contro che il pi opposto
al meno cos come alluguale; ma largomentazione non regge: egli non potrebbe ammettere, infatti,
che il piacere sia un male (2).
1) Il passo di Aristotele non si differenzia nella sostanza dal frammento seguente, se non per il
fatto che qui Speusippo citato con precisione. La conclusione di esso, che cio Speusippo non
avrebbe potuto ammettere il carattere negativo, sempre e in ogni caso, del piacere, deduzione
di Aristotele, mentre il secondo passo ci assicura che Speusippo ha negato al piacere la qualifica
di bene Berti, Dibattito sul piacere, pp.135-158, ha segnalato altri passi probabilmente
riferentisi a Speusippo nella Nicomachea, VII, 1152b 16-19, 1153b 19-21, X, 1173b 20-1174a
1. Di essi si dir meglio nel corso della nota.
2) Aristotele in polemica nel primo caso con Speusippo, mentre nel secondo caso difende
Eudosso dagli attacchi di Speusippo. Ma procediamo con ordine nella contrapposizione non solo di
Speusippo a Eudosso, ma in quella, gi prima, di Speusippo a Platone.
Nellorizzonte di Platone, infatti, vi spazio per una kaqar don, piacere puro (Phileb.52c
sgg., 66b-c); un piacere che si riscatta dalla sua condizione di pura gnesij e che gi in realt
totalmente nella mora del bene, perch consegue al raggiungimento della conoscenza. Joachim.Rees, Aristotle. Nicomach. Ethics, p.234 sgg., hanno esposto e puntualizzato con esattezza la
posizione di Speusippo: questi ritiene che il piacere sia pura gnesij o processo, e un processo non
pu esser mai un bene; che il saggio debba evitare e fuggire i piaceri; che ogni bene non possa altro
che esser prodotto di tcnh, e che quindi il piacere non sia un bene; e non pu esserlo anche perch
ad esso aspirano esseri inferiori, come bambini o animali. In ogni caso, questi doveva ritenere il
piacere uno stato fluido, quindi peiron o riston, o, in altri termini, negativo. La sua differenza
dalla dottrina di Platone quindi marcata. Ma Platone e Speusippo si contrappongono ancor pi
decisamente a Eudosso.
La contrapposizione Speusippo-Eudosso stata posta in luce in una fase relativamente recente
della critica, a mano a mano che linteresse degli studiosi si andata concentrando sulla portata
filosofica delle tesi eudossiane. Zeller, Philos.d.Gr. II,1, p.1009 nt.4, si dimostra ancora
dellopinione che il bersaglio fosse piuttosto Aristippo, pur se indicazioni relative a Eudosso fossero
gi state temporaneamente avanzate. La critica posteriore non lo ha tuttavia seguito, ravvisando
sempre pi in Eudosso lavversario edonistico di Speusippo: cfr. Burnet, The Eth.s of Arist., pp.330
sgg., 444 sgg.; Dring, Eudox. Speus. und der Phil., pp.113-129; Philippson, Akad. Verhandl.
Lustlehre, p.468 sg; .Bignone, Aristotele perduto,,I, p.177 sgg.; E.Antoniadis, Aristippos und die
Kyrenaiker, Gottingen 1916, p.88 sgg.; Frank, Begrnd.mathem. Naturwiss. p.148 sgg.; H.Karpp,

Pag. 2 - Fragmenta (II)


Untersuchungen der Philosophie des Eudoxos von Knidos, Wurzburg 1933, p.21 sgg.; fino alle pi
recenti posizioni di F.Dirlmeier, Aristoteles, Nikomachische Ethik, Berlin 1964, p.503, e Lasserre,
Fragmente des Eudoxos, pp.151-156, che pone a confronto sistematico i passi di Aristotele sulluno
e laltro autore. Ipotesi particolarmente sottile quella del Philippson, secondo il quale Speusippo
non farebbe che riutilizzare contro Eudosso argomenti gi usati contro Aristippo il Metrodidatta;
uneco di questa polemica ci sarebbe resa da Diogene Laerzio, II, 87-89, il quale nelle sue
testimonianze sulledonismo cirenaico usa la parola tipicamente speusippea di oclhsa (per cui
cfr. F 83 infra). Che la contrapposizione Eudosso-Speusippo sia uneco di un simposio accademico
credette di poterlo sostenere Frank, Begrndung, p.149 sgg., ma trova scarsa accoglienza in
Lasserre, Eudoxos, p.155. R.A.Gauthier e J.Y.Jolif, Ethique Nicomaque,, intendono la teoria
della don-gnesij come una teoria formulata da Aristippo e sfruttata da Speusippo a scopo antiedonistico, dimenticando per il carattere tutto platonico di essa.
C per altro da dire e di pi importante. Sulla base di questo passo aristotelico come dellaltro
che segue, lo schema delletica speusippea stato ricostruito nella forma kak n- gaq n - kak n;
in altri termini don e l ph, come due diversi mali opposti fra loro, sono entrambe contrapposte a
quel vero bene che , vedremo fra poco (F 83 ) la assenza di dolore, la oclhsa. Sulla base di
Divisiones arist. 68 cod.marc., p.66 Mutschmann, gi lo Hambruch, Log.Reg., p.14, not questa
caratteristica formale, reperibile sia nelle Divisiones, sia nelle argomentazioni antispeusippee di
Aristotele. Philippson, Akad.Verhand., p.447 sgg., fu gi attratto da questo principio cos simile a
quello che governa letica di Aristotele, secondo la quale il bene si pone sempre come mson,
intermedio fra peroc e lleiyij, e cio fra due infrazioni della misura. Ma in Philippson questa
tesi si accompagna ancora alla tesi dellopposizione a Platone (Akad.Verhandl., p.468) e
allinterpretazione del Filebo come polemico nei riguardi di Speusippo (cfr.anche Wilamowitz,
Platon, II, pp.270-73). Krmer, Arete, p.178 sgg., 345 sgg., in unampia analisi delletica della
mes thj come derivata dalla ontologia platonica, ha puntualizzato invece, come si vedr meglio pi
oltre, la assoluta continuit, sotto questo punto di vista, di Platone con Speusippo e Aristotele.
In Phileb.44a sgg., Platone ha polemizzato contro certi duscerej che non riconoscono al piacere
nemmeno lo stato di una realt esistente. Il passo stato dapprima interpretato come diretto contro
Antistene e i Cinici (Zeller, Philos.d.Gr. II,1, pp.308-309), poi contro Democrito ( Natorp, Die
Ethica des Demokritos, Marburg 1904, pp.110, 179; cfr. gi prima R.G.Bury, The Philebus of
Plato, Cambridge 1897). Ma pi di recente la polemica si spostata sullAccademia, e si posto in
rilievo come Platone spesso sia duro verso la sua scuola, e non la risparmi. Mentre Dis, Platon,
Phil. p.LX-LXII, e ancor pi R.Hackforth, Platos Examination of Pleasure, Cambridge 1945,
1968, p.87, esprimono dubbi sulla possibilit questa identificazione, la segue Gauthier
(cfr.Gauthier-Jolif, Eth.Nicom., II, p.800-02), giungendo anche a infirmare per questa via lo
schema tripartito delletica speusippea: se in Platone vi la posizione di due situazioni reali, la
l ph che male, e la pallag tn lupn, che un bene e anche piacere (Phileb.44b 1 sgg.), in
Speusippo vi sarebbe invece la posizione di due realt analoghe e di un piacere che non una vera
situazione reale, ma una pura gnesij, un passaggio dalluna allaltra. Posizioni vicine a queste,
con qualche sfumatura di differenza, troviamo in Schofield, Duscerej, pp.2-20; saggio di cui
interessante soprattutto la parte terminologica con lanalisi del termine duscerej, che lautore
pone in relazione con la duscreia come difficolt logica di pi passi aristotelici relativi a
Speusippo (Metaph.1086a 2-5, 1090a 7-10, 1091a 33); non si pu ricavare alcuna prova certa da
queste analogie terminologiche, ma non nemmeno il caso di respingerle decisamente come fa
Tarn, Speus.of Ath., p.80, nt.382, basandosi su diverse traduzioni del passo nel suo insieme. Tarn,
per suo conto, ritiene che Speusippo non abbia concepito il piacere puramente come un male, e ci
risulterebbe dalla forma stessa del passo di Aristotele (EN 1153b 6-7, o k n fah). .
A chi peraltro conduce in questa forma lanalisi del passo del Filebo, si pu obiettare come la
ricostruzione della dottrina speusippea del bene e del piacere su base bipartita anzich tripartita non
appaia accettabile, per pi ragioni. Non , anzitutto, una forma sufficiente di distinzione fra Platone
e Speusippo. Anche per Platone la gnesij, nella sua contrapposizione alla o sa, uno stato di

Fragmenta (II) - Pag. 3


non vero essere, ma Platone non conduce mai le sue posizioni alle estreme conseguenze,
affermando in questo caso la non esistenza del piacere: il piacere uno stato di natura sensibile, e
pu riscattarsi solo in quanto piacere puro, cio collegato allintellegibile. In ogni caso, gnesij
non solo un passaggio, ma uno stato, e come tale pu costiture una parte di realt accanto allo
stato puro e reale di sussistenza.. Se Speusippo riconoscibile come sostenitore di un msoj boj,
come ragionevole opinione di Stenzel (Speus., coll.1666-67), piuttosto da sottolinearsi
ladesione di Speusippo allo schema platonico del Filebo, e con ci il contrasto fra uno stato
assolutamente neutro (la oclhsa) e il contrasto peroc- lleiyij, piacere-dolore; in
definitiva, unetica fondata sulla metriopaqa piuttosto che su un antiedonismo rigoroso. In questo
caso si pu aderire allanalisi di Krmer, Arete, p.178 e nt.67, che ritiene letica di Speusippo
fondata saldamente sullontologia platonica; lontologia platonica tardiva, aggiungiamo, quella
appunto del Filebo, la teoria della misura equilibrante gli opposti pi-meno, caratterizzati dal
proprio contrapporsi. E rispetto a questa fondamentale somiglianza anche aspetti minori, come una
maggiore accentuazione dello stato di irrilevanza del piacere o di negativit di esso, sono in
definitiva secondari. Allesigenza suddetta non si nega neppure Tarn, Speus.,p.438 sgg., quando
afferma essere la oclhsa un bene in quanto indivisibile e gli stati di piacere e dolore un male
non di per s, ma solo in quanto stati di divisibilit.
Beninteso, Krmer accetta come platonico anche il discussissimo passo di Sesto Empirico,
Adv.phys.II, 268 sgg., passo nel quale ritorna certamente il rapporto peroc- lleiyij, ma in uno
stadio di rielaborazione certamente ulteriore di tradizione accademica e neopitagorica: rimando per
questo al gi citato Isnardi Parente, Sesto, Platone, p.143 sgg., e anche a Gaiser, Quellenkrit Probl.,
passim, che, pur aderendo allinterpretazione platonica del passo, mostra una maggiore cautela
nellindividuarne le fonti neopitagoriche.
Il rapporto si colloca molto sottilmente nellAccademia stessa, che mostra chiaramente per pi punti
limmediata esegesi sistematizzante di Platone. NellEpinomide stessa, forse ad opera di Filippo
dOpunte, si impone la presenza di una teoria operante gi in seno alla primissima Accademia
(990e-991a), la teoria di un rapporto fondamentale di uno a due (n pr j d o katl gon) posto
dalla natura alla base della realt, che si risolve, nello sviluppo complessivo dellessere, in un
complesso rapportarsi di pi a meno, di mezon a latton, di percon a perec menon (ma
anche qui vi da citare la diversa opinione del Tarn, Academica., p.333, che esclude radicalmente
dallEpinomide ogni riferimento alla dottrina dei principi; contro di ci cfr. Isnardi Parente,
Riv.Filol.Istr.Class.CIV, 1976, p.338). Letica speusippea, con lindividuazione di un valore
intermedio fra due non-valori rappresentati da eccesso e difetto, in questo caso da piacere e da
dolore, si inquadra dunque senza difficolt nellambito dellassiologia platonico-accademica. La
teoria aristotelica della mes thj mostrer quanto questa applicazione sia stata feconda in seno al
platonismo.
F 74 Aristoteles, Eth.Nic. X, 2, 1173a 5-9
8 ka post gr add. Lb G mhdetrJ G, mhdtera Kb Lb, mhdteron Mb
Non sembra che si sia argomentato rettamente intorno ai contrari. Essi dicono: non vero che, se il
dolore un male, necessariamente il piacere sia un bene; infatti possono essere opposti un male a un
altro male, ed entrambi a qualcosa che non n bene n male (1).
1)
In questo contesto Aristotele polemizza prevalentemente contro Eudosso, il quale riteneva
che il piacere fosse un bene (supra, F 73), ma pi debolmente, come ha notato di recente Berti,
Dibattito sul piacere, p.135 sgg. Il passo in questione riguarda Speusippo. Il significato del passo
per di carattere logico: un opposto pu contrapporsi ad un altro, il piacere al dolore, senza inficiare
lo stato medio, in cui consiste il bene. E una volta di pi ci ribadisce la posizione delletica della
mes thj, comune nellAccademia, scambiandosi per i termini del rapporto.

Pag. 4 - Fragmenta (II)


F 75 Aspasius, In Arist.Eth.Nicom., p.150,3-8, 19-26 Heylbut
4 gaq Heylbut, gaq n N, gaqo Z
7, feukt feukt n gaq n ZN
Diels epoi Heylbut, eph ZN

8 <n> add.

Si dice che Speusippo dimostrasse cos che il bene piacere: ci ch lopposto di un bene, un
male; ora, il dolore, ch un male, contrario al piacere; e quindi questo un bene. MaAristotele
non argomentava cos; corresse invece largomentazione, dicendo: il contrario di una cosa che da
fuggirsi, in quanto questa da fuggirsi, un bene; il piacere lopposto del dolore, che da
fuggirsi, e non un male nessuno potrebbe dire che il piacere un male quindi un bene E
afferma: cos Speusippo argomenta, ma largomentazione non regge. O con argomentazione
intende la dimostrazione, o realmente egli ha risolto largomentazione di quelli che dicono il
piacere essere un bene. Non sembra per risolverla a sufficienza quando dice: lopposto di un male
un bene. Infatti il piacere lopposto del dolore, che un male, e quindi bene; per al male non
opposto solo il bene, vi pu infatti essere anche un male che sia opposto a un altro male: per
esempio, alla temerit non opposto solo il valore, che un bene, ma anche la vilt, che un altro
male; e cos rettamente si pone il principio che non solo il bene opposto al male, ma che anche un
male pu essere opposto ad un altro (1).
1) Aspasio il pi antico commentatore dellEtica Nicomachea di cui lopera ci sia pervenuta (II
sec.d.C., cfr. A.Gercke, Real-Encycl. II 2, 1896, coll.1722-23). Egli si basa sullo o k n fah di
Aristotele per negare che Speusippo abbia identificato il piacere con un male, in quanto opposto
al bene; e, per quanto la sua interpretazione sia errata, ha trovato un certo successo fra critici
moderni diversi (cfr. supra, F 74).
F 76 [Heliodorus], In Ethica Nicomachea, p.158, 20-30 Heylbut
E chiaro che, per assoluta necessit,il piacere lopposto del dolore, e che luno da fuggirsi in
assoluto, mentre laltro solo in determinati casi; quindi si dovr dire che a quello ch male in
assoluto si oppone quello ch bene in assoluto, a quello ch male in certi casi quello ch bene in
certi casi. Non risponde quindi a verit la soluzione che Speusippo cerc di dare a questo problema.
Infatti egli dice che, cos come il pi e il meno sono opposti alluguale, e delle virt le une sono
opposte alle altre, allo stesso modo anche allassenza di dolore sono opposti sia il piacere sia il
dolore: il piacere come pi, il dolore come meno; e cos lassenza di dolore bene, mentre sia il
dolore che il piacere sono mali. Ma questo discorso privo di senso: a nessuno, infatti, il piacere
sembra essere un male; nessuno direbbe che il piacere, cos com, un male (1).
1) Il commentatore stato identificato dal Rose, e sulle sue orme dallo Heylbut, con Eliodoro di
Prusa, contro lidentificazione pi antica e certamente falsa di Andronico di Rodi; cfr.V.Rose,
ber eine angebliche Paraphrasis des Themistios, Hermes II, 1867, pp.191-213, e di seguito
Heylbut, Praefatio a CAG XIX 1, pp.V-VIII; in prop.Lang, Speus.Acad.scr., p.83. Egli segue lo
schema tripartito, senza per usare il termine tipico di oclhsa e valendosi invece del termine
pi comune di lupa; termine, fra laltro, di uso sofistico, cfr. Antifonte, 87 A 35 DK. Questa
osservazione del resto valida per tutti i commentatori del passo.
F 77 Eustratius, In Ethica Nicomachea, p.452,26- 453,2 Heylbut
30, kak Aldina, kak n B
32, lupa B
Se dunque il dolore un male ed da fuggirsi, e di. ci che da fuggirsi, in quanto tale o perch
un male, lopposto il bene, ne consegue che il piacere deve essere un bene. Infatti, nel caso di
contrarii che non ammettono un medio termine, se uno dei due un male, laltro sar un bene. Si

Fragmenta (II) - Pag. 5


ammetta pure che vi sia compreso anche un male: ad esempio, se poniamo insieme il valore, la
vilt e la temerit, ecco che vilt e temerit risultano entrambe opposte al valore. Ed ecco qui
lobiezione mossa a Speusippo. Speusippo diceva che il pi si oppone al meno e alluguale, e che i
punti estremi, cio il pi e il meno, sono male, mentre il mezzo, ch luguale, il bene. Perci
anche il piacere si oppone sia allassenza di dolore che al dolore; e i punti estremi, cio il piacere e
il dolore, sono mali, mentre il medio, cio lassenza di dolore, il bene."Come Speusippo ha
argomentato, cio che piacere e dolore sono mali, lassenza di dolore bene, argomentazione
che non regge, nel senso cio che non pu essere universalmente approvata. Tutti infatti
concordano nel dire che il piacere un bene, e nessuno direbbe che il piacere, in quanto tale, un
male; sia nel senso che si prenda il male come genere e si consideri il piacere una specie del male,
sia che lo si identifichi senzaltro col male, cosa cui nessuno vorrebbe consentire (1)
.
1) Espressione tipica di questo Anonimo, che si voluto identificare con Eustrazio, quell kra
di p.452, 32 Heylbut; che troviamo tuttavia anche in Michele Efesio, p.539, 10 Heylbut, e nello
Scoliaste, p.219,20 Cramer. Trovammo gi unespressione del genere in Teofrasto, F 40 supra; e
questa dei commentatori pu aiutarci a comprenderne il significato. I commentatori non
leggevano pi direttamente Speusippo, leggevano per loperetta teofrastea, di cui gi Nicola
Damasceno (I sec.a.C.) aveva riconosciuto lautentica paternit, contro lerrata tesi
dellattribuzione ad Aristotele.
F 78 Scholion in Eth.Nicom., p.239, 16 21 Cramer
Speusippo diceva che il piacere e il dolore sono mali opposti, e che lassenza di dolore uno stato
intermedio fra luno e laltro; ma confutato (da Aristotele) per aver male argomentato; non ogni
piacere, infatti, vile, e vi sono anche i piaceri buoni, per esempio quelli dei saggi; n lo
dovunque, o altrimenti si dovrebbe dire in generale che tutte le cose intermedie sono buone, e che
il caso di consigliare sempre, fuggendo gli estremi, di attenersi al medio (1).
1) Interessante per le dona tn swfr nwn, i piaceri dei saggi, che ricordano le kaqara
dona del Filebo.
F 79 Michael Ephesius, In Eth.Nicom., p.538,35-539, 19 Heylbut
Il discorso che argomentava essere il piacere un bene era questo: se il dolore, ch lopposto del
piacere, un male, ne consegue che il piacere un bene. Ma da che si arguisce che il dolore un
male? Dal fatto che tutti lo fuggono. Ma contro questo discorso che argomenta, in base al contrario,
che il piacere un bene, Speusippo ne avanzava un altro, che dice cos: non necessariamente, per il
fatto che il dolore sia un male, ne consegue che il piacere, ad esso opposto, sia un bene. Alla
temerit, ch un male, si oppone la vilt, e la vilt non certo un bene, ma un altro male. E cos
pure alla pusillanimit, ch un male, si oppone la tracotanza, ch anchessa ugualmente un male; e
la meschinit si oppone alla prodigalit senza freni, ed entrambe sono mali. Perci, diceva ancora
Speusippo, un male contrario a un altro male, e i due mali si contrappongono a qualcosa che non
lun n laltro, ossia entrambi i mali si contrappongono al bene. Diceva infatti che il bene non n
luna cosa n laltra: le virt, essendo mediet, non ricadono n sotto luno n sotto laltro degli
estremi. Il valore non n vilt n temerit; la assennatezza non n pusillanimit n sfrenatezza; e
cos ugualmente si pu dire di tutte le altre virt.
Ora, tutto questo giusto: infatti vero che un male si oppone a un altro, e entrambi al bene.
Questo, Speusippo e i suoi lo dicono giustamente; ma non dicono giustamente che il piacere si
opponga come un male a un altro male. Il piacere infatti non si oppone al dolore come un male a un
altro male, ma come un bene a un male; giacch, se veramente il piacere fosse un male, sarebbe da

Pag. 6 - Fragmenta (II)


fuggirsi e da odiarsi come il dolore. Ora, tutti gli esseri fuggono il dolore e lo respingono come un
male, mentre inseguono e rincorrono il piacere come un bene (1).
1) Questa volta si tratta di un commento a Eth.Nicom.1173a 5 sgg. Espressione tipica mes thtej
per indicare le virt, che sono appunto in Aristotele stati medi ( cfr. il ricorrere frequente della
parola in Eth.Nicom. II, 1108b 11 sgg.). Il commentatore la applica liberamente a Speusippo,
modellandosi per sul testo aristotelico.
F 80 [Heliodorus], In Eth.Nicom., p.211, 37- 2121 Heylbut
Fanno questa obiezione al primo discorso di Eudosso, e questaltra al secondo, che argomenta per
contrari; non necessariamente, dicono, se il dolore un male, il piacere un bene. Non detto che,
se una cosa un male, il suo opposto ia un bene; vi sono anche mali opposti fra loro: per esempio la
pusillanimit opposta alla tracotanza, e tutte e due sono mali; luna e laltra poi sono opposte alla
moderazione. Non parlano quindi rettamente n dicono il vero circa il piacere (1).
1) E il seguito del commento di Eliodoro gi visto supra. Riguarda per soprattutto il testo di
Eudosso, a commento di Eth.Nicom.1173a 5 sgg.; nonostante ci Lang ha creduto di porlo come
fr.60h della sua raccolta.
F 81 Aulus Gellius, Noctes Atticae IX, 5,4
5 autem esse Fg tamen esse Q
Speusippo e tutta lAccademia antica dicono che il piacere e il dolore sono due mali opposti fra
loro, e che tuttavia bene ci che si ponga come termine medio fra di essi.
1) Passo assai chiaro e semplice, che riassume, senza nulla aggiungerle, letica di Speusippo, cos
come la vedeva la tradizione dossografica.
F 82 Aristoteles, Metaph. I,6, 1056a 30-35
31 sesqai: lgesqai E gr
33 eper P dit Alr 34 to om.Ab
N sono nella retta opinione quelli che credono che tutto si predichi similmente (1). Essi dicono
che intermedio fra il vestito e la mano ci che non vestito n mano, cos come intermedio fra il
bene e il male ci che non n bene n male; come se fra tutte le cose dovesse esserci sempre di
necessit un intermedio, mentre invece non cos (2).
1) E assegnato a Speusippo da Elders, Arist. Theory One, p.133 sgg., e respinto da Tarn, Speus.
of Ath., che non lo segnala fra i frammenti. Lidentificazione si basa sul termine mowj, 1056a
31; ma la frase viene tradotta per lo pi genericamente (Ross, Metaph.II, p.293, Carlini, Metaf.,
p.339; Reale, Metaf., II, p.1123; Viano, Metaf., p.453). E in realt vedere nellmowj lgesqai
di questo passo un accenno a chi sostiene la teoria dei simili per lo meno azzardato: essa non si
riferisce, come qui, allambito delle distinzioni categoriali, ma allambito della definizione degli
esseri singoli; cfr. infra, F 95.
2) Sulla base di Metaph.1088b 32, Elders ritiene di poter affermare che, nella divisione categoriale
che distingue entit per s, in opposizione, relative ( Simplicio, In Arist.Phys., p.247, 30 sgg.
Diels = Ermodoro, fr.7 I.P.), Speusippo avrebbe eliminato i relativi come categoria, daltra parte
identificando le entit per s con gli esseri determinati, e ravvisandoli nei numeri. Non ci risulta
per descritto in alcun modo un simile schema, n esso coincide in realt con quello fissato con
ben altra precisione da Eth.Nicom.1153b.

Fragmenta (II) - Pag. 7

F 83 Clemens Alexandrinus, Stromata, II, 22, 133, p 186, 19-23 Sthlin (1)
Speusippo, il nipote di Platone, dice che la felicit una disposizione perfetta alle cose che sono
secondo natura, oppure una disciplina relativa ai beni( 2); a questa disposizione tutti gli uomini
hanno una certa tendenza, ma i buoni cercano in particolare lassenza da affanni (3). Le virt
sarebbero per lui produttrici di felicit.
1) E un passo importante anche se di carattere tardivo: Clemente doveva attingere a fonte antica,
anche se non direttamente a Speusippo. La felicit per Speusippo una xij ( xij telea o
xij gaqn) mentre per Aristotele una nrgeia ( Eth.Nicom. X, 1176b 33 sgg., cfr. anche
Eth.Eud., II, 1219b 36-39), ma comune alluno e allaltro il concetto di telei thj,
perfezione, che definisce questo stato. Antico-accademica probabilmente la definizione che
ne compare negli Oroi pseudoplatonici, 412d (telei thj kat/ retn).
2) L origine antico-accademica del naturalismo etico stoico stata posta da Cicerone con qualche
enfasi per accentuare lunit originaria che era sostenuta da Antioco di Ascalona, e, nonostante
le incertezze degli studiosi, ipotesi che in definitiva regge (cfr.Pohlenz, Stoa, I, p.251 sgg.; ma
vedi conunque F 84). Cfr., per i molti motivi speusippei presenti in Antioco, Luck, Der Akad.
Antiochos, pp.59, 62, in base a passi ciceroniani quali Acad.pr.38, post. 19, De fin.II,34, V,86,
V,44, Tusc.Disp.V,48, non senza tuttavia qualche esagerazione. Non si pu affermare
comunque in assoluto che lo n toj katf sin di Clemente risalga direttamente a Speusippo.
3) Il termine qui indicato come speusippeo oclhsa, e la cosa accettabile; termine e concetto
avranno la loro importanza nella storia del Peripato, con Critolao e Ieronimo di Rodi, e la
questione torner poi ad essere dibattuta nella opposizione di Posidonio alletica di Panezio
(cfr.Grilli, Vita contempl., pp.101 sgg., 123-133). Il problema della felicit come assenza di
dolore ha una lunga storia nel pensiero greco; ma la differenza che caratterizza Speusippo dagli
autori dellellenismo (dalla kataplhxa di Nausifane alla taraxa di Epicuro o degli
Stoici) che la oclhsa non per lui uno stato edonico, ma di felicit vera, che, come
abbiamo visto, si differenzia nettamente dal piacere ( cfr., pur se lantiedonismo di Speusippo
risulta da tale autore eccessivamente accentuato, Bignone, Arist. perd., II, pp.320-21).
F 84 Cicero, Tusc.Disp.V, 10, 30
Non concedo dunque facilmente n al mio Bruto, n ai nostri comuni maestri, n a quegli antichi
filosofi come Aristotele, Speusippo, Senocrate, Polemone, che si possano collocare fra i mali tutte
quelle cose che ho sopra enumerate e allo stesso tempo si possa affermare che il sapiente sempre
felice (1).
1) E tema antiocheno, che Cicerone riprende. La teoria dei beni esterni come beni autentici,
seppur minori, attribuita insieme ad Aristotele e agli Accademici antichi; cfr. anche pi
oltre, Tusc.Disp.V, 30,85; in ci essi vengono contrapposti a Pitagora, Socrate, Platone. Le
cose che egli ha sopra enumerato sono mali esterni, come la povert, loscurit, la solitudine,
la perdita dei propri cari, ecc. Per la derivazione da Antioco cfr. R.Hirzel, Untersuchungen zu
Ciceros Philosophischem Schriften, Berlin 1883-1887 (Hildesheim 1964) II, p.715 sgg.;
Pohlenz, Stoa, I, p.251 sgg.; Luck, Akad.Antiochos, pp.21 sgg., 42 sgg.; W.Grler,
Untersuchungen zu Ciceros Philosophie, Heidelberg 1974, pp. 162 sgg., 198-200; Goerler fa
per bene intendere come la concezione della sostanziale unit fra le tre scuole filosofiche sia
concepita da Cicerone in netto contrasto con quella antiochena, dando cio alla Stoa il posto
preminente (cfr.soprattutto p.199, nt.28). C da chiedersi, inoltre, se qui Speusippo sia

Pag. 8 - Fragmenta (II)


nominato puramente e semplicemente come una sorta di simbolica allusione allAccademia
antica.
F 85 Cicero, Tusc.Disp.,V, 13, 39
8 omnes Bf omnis cet.
Se felice tutto ci cui nulla manca, ci ch completo e perfetto nel suo genere, e se ci proprio
della virt, certo che tutti noi che possediamo la virt siamo felici. In ci sono daccordo con
Bruto, ma anche con Aristotele, Senocrate, Speusippo, Polemone. A me per sembra che siano
anche sommamente felici. Che cosa manca per vivere felice a colui che si affida a quei beni che
sono veramente suoi propri? E non si affida del tutto ad essi, necessariamente, chi divide i beni in
tre categorie (1).
1) Lenumerazione anche qui troppo completa perch si debba considerare il passo come una
sicura attribuzione a Speusippo. Diversa pu essere la cosa per Polemone, filosofo fra quelli
dellAccademia antica che Antioco sembra aver prediletto (Luck, Akad.Ant.,p.21). Ma un
problema storico reale quello della distinzione fra vita beata e beatissima; cfr. lo stesso
Cicerone altrove, Acad.post .6, 22, e Clemente Alessandrino, Strom.II, 22, 11, p.185, 17 sgg.
Sthlin. Il possesso della virt felicit assoluta e suprema, che annulla la qualifica di beni per
ogni altra realt che con la virt non coincida; questo il passo che lAccademia antica, con
Aristotele e il Peripato ulteriore, non si decisa a compiere.
F 86 Cicero, Tusc.Disp., V,31,87
1, horum f, honorum X
4, nimiis blandimentis Schiche minimis F
Pohlenz

minis blandimentisve

A giudizio di costoro, conseguir da ci che la vita felice possa anche coesistere coi tormenti e che
la virt discenda con essa nel toro di Falaride ci secondo lopinione di Aristotele, Senocrate,
Speusippo, Polemone n mai, per corrotta che sia da blandizie, potr separarsi da essa (1).
1) Il motivo del saggio felice anche nel toro di Falaride, cio fra i peggiori tormenti, stato
sfruttato abbondantemente dallellenismo, ma anteriore ad esso, dato che in Aristotele,
Eth.Nicom.VII, 1153b 17 sgg., abbiamo una polemica esplicita contro tale teoria (dal Bignone,
Arist.perd., I, pp.161 sgg., 212-215, considerata polemica contro s stesso, ma con scarsa
probabilit). Cfr., per Epicuro, fr.601 Us., Cic. Tusc.Disp.II,7,17, V,10,31 , De fin.II, 27,88,
oltre al passo qui citato, in cui un difensore di Epicuro a parlare; Seneca, Epist.66,18; 67,15;
Lattanzio, Div.Inst.III, 27,5. Per la Stoa Gregorio di Nazianzo,Epist.32= SVF III, 586.
F 87 Cicero, De legibus, I, 13, 37 38
4 expetenda H, expectanda AB 9 cum H, dum AB
E perci mi guardo dal far s che si pongano principii non ben vagliati ed esaminati in precedenza,
n tali che possano essere approvati da tutti, il che non possibile; ma piuttosto tali da essere
approvati da coloro che hanno sempre ritenuto che ci ch retto e onesto sia da desiderarsi di per s
stesso, e ci che non di per s lodevole non sia affatto da annoverarsi fra i beni, oppure, in ogni
caso, non possa esser ritenuto grande bene se non ci che di per s possa essere veramente e
unicamente lodato. Da tutti, dico, siano essi rimasti nellAccademia antica (1) con Speusippo,
Senocrate, Polemone (2), o abbiano invece seguito Aristotele e Teofrasto.

Fragmenta (II) - Pag. 9


1) Accademia e Peripato sono considerati due rami della stessa scuola, e questo un altro tratto
proprio di Antioco, da cui il De legibus dipende infatti strettamente. Ma il linguaggio filosofico
stoico, di derivazione aristotelica: il motivo del di/a t a ret n, da Aristotele nellEtica
Nicomachea usato per caratterizzare la vita teoretica e la virt teoretica e passato poi largamente
nella Stoa a caratterizzare la virt in generale (cfr., di contro, la polemica epicurea attestata da
Diogene Laerzio, X,138, e da Cicerone, De fin.I, 12-17, 42-55).
2) Il riferimento a dottrine speusippee qui pi generico che altrove, affidato solo allaccenno
finale, del tutto eclettizzante e vago.
F 88 Seneca, Epist.85, 18
Senocrate e Speusippo ritengono che si possa essere felici per opera della sola virt; per non
ritengono che lunico bene sia ci ch onesto (1).
1) E probabilmente desunto da Cicerone stesso, e non fa che ripeterne i termini, in contrasto con
lassolutismo etico della Stoa.
F 89 Plutarchus, De commun. notit. adv.stoicos, 13, 1065a
1 pj o to Leonicus pj pou EB o to edid. Basiliensis
Vale la pena di riportare il discorso con le stesse espressioni di costui (Crisippo) (1) per capire bene
dove essi pongano il vizio e quali discorsi facciano intorno ad esso, loro che accusano Senocrate e
Speusippo di non aver considerato la salute un indifferente e di non aver considerato inutile la
ricchezza (2).

1) C qui leco di una polemica stoica contro lAccademia antica, e la trattazione pi ampia del
tema si ha in Cicerone, De fin.IV, 17, 49 sgg., dove per non compare il nome di Speusippo. La
Stoa ha precisato il concetto di diforon, e in base a questo rimprovera allAccademia di aver
applicato a valori estrinseci, come la salute o la ricchezza, la qualit di beni. Cfr. per questo
Pohlenz, Stoa, I, p.21, II, pp.69-70.
2) Platone ha definito beni la salute e la ricchezza, o affermato che salute e ricchezza possono esser
definite in tal modo, in Leges, II, 661a 5 sgg. e V, 728d 6 sgg., e ci forse allorigine della
scelta degli Accademici, la problematica comunque diversa, piuttosto la teoria della mes thj
come optimum che non quella della assoluta diafora, concetto ignoto a Platone.

Pag. 10 - Fragmenta (II)

DA OPERE CERTE
F 90

Il filosofo

Diogenes Laertius, IX, 23


1-2
j ... filos fwn om.F
E si dice che egli (Parmenide) pose leggi per i suoi concittadini, come dice Speusippo nellopera
Dei filosofi (1).
1) Fra i titoli del catalogo speusippeo lopera non compare, mentre compare un
Fil sofoj, ed probabile che questa sia lindicazione pi esatta. Speusippo non era
un autore di boi, ma un discepolo di Platone che intendeva trattare un certo modello
teorico di vita filosofica. Anche se Momigliano ( Greek Biography, , capp.III e IV
passim) ha precisato che la biografia comincia, in Grecia, prima delle raccolte
peripatetiche di boi, contro la classica tesi di Leo ( Biographie, 1901), improbabile
lattribuzione a Speusippo di una raccolta sistematica di vite di filosofi.
2) La notizia relativa a Parmenide assai importante. Da parte di Speusippo, la scelta di un
Parmenide politico, e anzi legislatore, assume un particolare rilievo. La nomoqetik come la
parte pi elevata della vita politica, fondata sui N moi platonici, un motivo speusippeo che
troveremo presto di nuovo ( F 92), e torna in Aristotele, Eth.Nicom.VI, 1141b 25, ove la
troviamo come rcitektonik, direttiva rispetto al resto dellattivit politica in generale.
F 91
A Cleofonte.
Clemens Alexandrinus, Strom.II, 4, 19,3, p.122 Sthlin
Speusippo, nel suo A Cleofonte, libro I (1), sembra aver fatto un dicorso simile a quello di
Platone,con queste parole: se, infatti, il regno una cosa nobile, e solo il sapiente veramente re
e capo, anche la legge, essendo un discorso retto, cosa nobile, il che, in effetti, (2).
1) Neanche il pr j Kleofnta compare fra le opere di Speusippo registrate da Diogene Laerzio
nel suo catalogo. Eppure Clemente lo cita come unopera a pi libri, quindi ampia e
relativamente importante. Cfr. quanto si detto sui limiti del catagolo laerziano, supra, Test. 2..
.A proposito di questo dialogo Lang, Speus.scr., p.41, pensa che lamanuense abbia scritto, in
suo luogo, Pr j Kfalon, ma pura ipotesi.
2) Clemente ci parla di detti simili a quelli di Platone; ma con ci che leggiamo qui (e sembra
trattarsi di citazione precisa) siamo riportati, piuttosto che al Politico, al Minos, e cio allo pseudoPlatone. In questa operetta pseudoplatonica (cos oggi considerata da quasi tutti i critici, con
leccezione di G.R. Morrow, Platos cretan City, Princeton 1960, p.35-39) non tracciata tanto la
figura del filosofo, solo degno di essere re, e uomo regio per natura, qualunque sia la sua effettiva
posizione, ma piuttosto la figura del re saggio e del suo rapporto con la legge. Cos come il Minos
parte da unassunzione di fatto (i n moi giusti sono quelli del re, 317a, 318a), piuttosto che
dallaffermazione che solo chi sa veramente degno di essere re, basilik j, cos anche il discorso
di Speusippo sembra aprirsi sulla assunzione di fatto della superiore bont del potere monarchico,
della bont naturale della basilea, dalla quale si passa poi alla positiva valutazione della legge: il
n moj, che l goj rq j spoudaoj, deve intendersi di fatto come il n moj to basilwj.
Anche nel Minos abbiamo unaffermazione come o basiliko pstantai (317a) che sembra

Fragmenta (II) - Pag. 11


quasi un rovesciamento immediato delle affermazioni del Politico e un travisamento del testo
platonico. Potrebbe essere di Speusippo anche il Minos, ma non possiamo fare attribuzioni precise,
ci basti dire che anchesso, come lEpinomide, si pone a conclusione delle Leggi, alle quali peraltro
non corrisponde ( cfr. Isnardi Parente, Sul Minosse pseudoplatonico, Parola del PassatoIX, 1954,
pp.45-53).
Lespressione ora citata riprende in parte espressioni della tradizione sofistica e socratica; si
ricordi il dialogo fra Ippia e Socrate in Senofonte, Memor. IV,4, 14, ove la legge definita
spoudaon prgma, ed Socrate, il Socrate senofonteo, in base al suo assoluto lealismo politico, a
riaffermare il carattere positivo di essa. Ma essa anche definita nel Minos xe resij to ntoj,
con unaltra parola che nella Sofistica appare assai usata ( cfr. lo e rmata di Protagora in Platone,
Protag.326d, Gorgia, B 11a DK, lo xeuren di Crizia, B 25 Dk ). In questo caso per non si tratta
di legge della citt, ma se veramente il concetto cos strettamente collegato a quello di regno,
come Clemente ce lo presenta la legge propria del re. Il che non significa ovviamente la legge
emanata dal potere supremo del monarca, concetto che ci porterebbe nellambito di una concezione
del diritto assai pi tarda e tipica del periodo imperiale romano, ma la legge tradizionale di cui il
buon re, il re saggio, come saggio stato Minosse, non far mai a meno, valendosene di norma e
regola nellagire. Questo concetto del potere monarchico stato del resto tipico del programma
politico perseguito da Platone e da Speusippo a Siracusa (Epist.III,315d, VIII, 354a, ove si esprime
lesigenza di mutare la tirannide in vero regno) e allideale di legalit che lAccademia, e Speusippo
in particolare, vedevano incarnato nella monarchia legittima e tradizionale di Filippo in Macedonia
(cfr.infra, F 130).
La teoria stata ripresa dagli Stoici, come nota lo stesso Clemente Alessandrino, s che Gigante
(Nomos basileus, p.108, nt.2) ha fuggevolmente avanzato la supposizione che in questo testo si
possa leggere Cr sippoj anzich Spe sippoj; sembra per che nel testo la distinzione fra gli
Stoici e i loro predecessori accademici sia posta da Clemente stesso. Per gli Stoici cfr. soprattutto
Stobeo, Ecl.II,7, p.103,9 sgg. Wachsmuth (SVF III, 328) e in genere i frr. III,327-332 raccolti
dallArnim; per questa eredit platonica Pohlenz, Stoa, I, pp.139-140.
Mandrobulo
F 92
Aristoteles, Sophist.Elenchoi, 15, 174b 19-27
20 penantimata u a to L 22 pr j to j pntaj u

24 lgcqesqai Ccu L toto Ac

Inoltre, come nella retorica cos nei discorsi confutatorii, occorre studiare bene le argomentazioni
che sono in contrasto o con le cose stesse che lavversario dice, o con gli argomenti di quelli con i
quali egli concorda quanto a dire e procedere; e anche di quelli che sembrano parlare e procedere
rettamente, o di quelli che sono simili a lui, o della grande maggioranza degli uomini, o di tutti gli
altri uomini (1). E cos come coloro che subiscono una confutazione spesso, nel rispondere, fanno
una distinzione, se si avvedono che la confutazione sta per riuscire nel suo scopo, cos anche coloro
che interrogano dovranno usare lo stesso sistema contro coloro che fanno obiezioni; nel caso poi
che lobiezione parte raggiunga lo scopo, parte no, dovranno dire che hanno inteso la cosa in
questo secondo senso, come fa Cleofonte nel Mandrobulo (2).

1) Nel passo si fa una distinzione procedurale circa la possibilit di non rispondere alle obiezioni
mosse da altri. Tarn, Speus. of Ath., p.243, ha notato giustamente la somiglianza con la
classificazione delle parole fatta da Speusippo e la sua attenzione agli errori; ma il passo era
ritenuto speusippeo da tempo; cfr. I.Bywater, The Cleophons in Aristotle, Journal Philology
XII, 1883, pp.17-30 (citato dallo stessoTarn).

Pag. 12 - Fragmenta (II)


2)Chi Cleofonte? E si identifica o si pu identificare lopera speusippea con la precedente di cui ci
parla Clemente Alessandrino? Cos suppose R. Hirzel, Der Dialog, , p.314, nt.2; ma Lang, Speus
acad. scr., p.40, stato piuttosto dellopinione di Bywater: Cleofonte indica piuttosto un
personaggio dellopera di Speusippo intitolata Mandrobulo. La figura storica di Cleofonte pu
identificarsi con quella di un poeta epico di cui parla Aristotele stesso negli Elenchi, come vorrebbe
Bywater, Cleofons, p.28 sgg., ma anche ed pi probabile dato largomento del demagogo
Cleofonte, caduto vittima della reazione filospartana del 404 a.C.
F 93

Anonymos, In Arist.soph.el.paraphrasis, p.40, 8-14 Hayduck


13 poien N 14 mandrabo lw codd

Inoltre, come nelle trattazioni che riguardano lomonimia fanno spesso coloro che sono soggetti a
confutazione e debbono dare una risposta (accorgendosi dellinganno fanno una distinzione
ulteriore e affermano di aver voluto intendere qualcosa di diverso da quello cui giunto chi
interroga nella sua conclusione), cos anche quelli che interrogano devono valersi dello stesso
sistema contro coloro che fanno obiezioni allinterrogazione, affermando di non essere stati
confutati: se poi lobiezione parte raggiunga lo scopo, parte no, dovranno dire che hanno inteso la
cosa in questo secondo senso, e insistere nel ripresentare le loro conclusioni, come fa Cleofonte nel
Mandrobulo, dialogo platonico (1).
1)
LAnonimo, che parafrasa semplicemente Aristotele, non aggiunge di suo che la
precisazione del dialogo come platonico. Ci pu essere un autentico errore - aver considerato il
Mandrobulo un dialogo platonico - ma pu significare anche che il dialogo scaturisce da fonte assai
vicina a Platone, e in questo caso possiamo benissimo esser ricondotti a Speusippo.
Dei numeri pitagorici
F 94 .pseudo-Iamblichus , Theologoumena arithmetices, 61,10-63,23, pp.82-85 De Falco
1 potnhj M 2 pr Boeckh, par M Xenokrtou M, Xenokrtouj Ast
6 sic Ast,
kmelstata M 6-7 sic Ast, polugwnoij stereoj M
8-9 sic Tannery, proj llhla ka
koin thtoj M
9 nalogaj M, <per> nalogaj Tannery, De Falco ntakolouqaj M,
nakolouqaj Ast, Tannery
11-12 sic codd., tn kosmikn potelesmtwn Ast 12 sic
Cherniss, f/ M
13 sic Diels, qemnwn M, Tarn
14 sic Diels, proekkeimnh M 15 t
dka M, dka Usener <riqm j> Diels
18 polltleion secl. Ast, Tannery, Diels tleion
< nta> De Falco in adnotationibus 20 teromerej Ast
21 ti Lang, eta Diels 27 plin
M, plin <souj> Lang
30 [o ] secl. Ast
32 <prosqeton> Tannery
33 [de] secl. Diels
Lang, def. Tarn 35 tssara De Falco 37 t son M, son A, t n son R; t sw Ast 41
stigm j ka gramm j Ast, stigm ka gramm MA 43 skeptomnJ MA, skeptomnJ
<ta t > Lang
49 td pnta Lang in adnotationibus , t d p n Ast
50 proin MA,
Tarn, proi n Lang 52-53 sic De Falco, Tarn; lacunam varie Ast, Tannery, Lang 58 gwnaj
Lang, gwnan MA
59 ta tLang, tata MA mitetragnw MA, mitrignw Tannery
Speusippo, figlio di Potone sorella di Platone, scolarca dellAccademia prima di Senocrate, fu
ascoltatore delle teorie eccellentemnente esposte dai pitagorici, e soprattutto fu lettore degli scritti di
Filolao; e, avendo raccolto uno splendido libretto sulla base di questi insegnamenti, gli mise a titolo
Dei numeri pitagorici (1). Dopo aver discorso, dallinizio fino alla met del libro, delle figure
lineari a pi angoli e di tutte le figure superficiali e solide che esistono nella scienza dei numeri,
cio delle cinque figure che si assegnano rispettivamente agli elementi del cosmo (2), descrivendo

Fragmenta (II) - Pag. 13


la loro propriet specifica e la somiglianza che le accomuna reciprocamente (3), in seguito e cio
nella seconda met del libro si occupa direttamente della decade, dimostrando come essa sia il pi
naturale e perfetto di tutti gli esseri (4) in quanto da essa deriva la forma razionale a tutti gli eventi
che si verificano nel cosmo, in forma oggettiva e non posta a nostra credenza o a puro capriccio,
ma, al contrario, quale esemplare perfetto al pi alto grado, posto dinanzi alla divinit autrice del
tutto. Intorno ad essa parla in questo modo:" Il numero dieci perfetto, ed giusto e secondo
natura che tutti, sia noi Greci sia gli altri uomini, ci imbattiamo in esso nel nostro numerare, anche
senza volerlo: esso ha molte propriet sue specifiche, com giusto che abbia un numero cos
perfetto; molte altre, invece, le ha non di sue esclusive, ma, in quanto numero perfetto, deve
possedere anche queste (5). In primo luogo deve essere pari, in modo che si siano ugualmente in
esso il pari e il dispari senza che preponderi una parte; dal momento che il dispari deve essere
anteriore al pari, se non fosse pari il numero che delimita, laltro sarebbe in sovrabbondanza. Inoltre
deve avere uguali i numeri primi e non composti, e i numeri secondi e composti: il dieci li ha in
effetti uguali, e nessun numero minore del dieci ha queste sue stesse caratteristiche; quelli superiori
al dieci possono averle (cos per esempio il dodici e alcuni altri) ma la radice di questi il dieci; e
questo, essendo il primo e il minore di quelli che possiedono tali propriet, ha un certo suo fine, ed
sua propriet che in esso si constati un numero uguale di composti e di semplici (6). Cos essendo,
ancora possiede uguali i multipli e i sottomultipli in quanto tali: infatti ha in s i sottomultipli fino
al cinque, e i loro multipli dal sei fino al dieci. Poich per il sette non multiplo di niente, esso
da escludersi; e il quattro, in quanto multiplo del due, < da aggiungersi>, s che tutti siano
eguali. Nel dieci ci sono quindi tutti i rapporti numerici, quello delluguale, del meno-pi, del
numero epimorio e di tutti i tipi; i numeri lineari, i quadrati, i cubici. Infatti luno equivale al punto,
il 2 alla linea, il 3 al triangolo, il 4 alla piramide: e tutti questi numeri sono principi ed elementi
primi delle realt ad essi omogenee (7) Quella che si pu riscontrare fra di essi, la prima delle
progressioni: essa supera luguale, ha la sua somma nel dieci.
Nelle superfici e nei solidi gli elementi primi son questi: punto, linea, triangolo, piramide. Tutti
contengono in s il dieci e lo hanno come termine. La tetrade domina negli angoli e nelle basi della
piramide, la esade nei lati e negli angoli del triangolo, il che fa di nuovo dieci. Ci si presenta
chiaramente anche a chi esamini le figure sotto laspetto del numero: primo infatti il triangolo
equilatero, che in certo mdo si pu dire abbia un solo lato e un solo angolo, in quanto li ha uguali
fra loro, e luguale sempre indivisibile ed uniforme; secondo il semirettangolo, il quale,
presentando una sola differenza negli angoli e nei lati, si pu considerare sotto laspetto della
dualit; terzo lequilatero dimezzato o semi-triangolo, che, preso nei singoli elementi, da ogni
parte diseguale, e nel suo insieme risponda quindi al tre. Ma nei solidi puoi vedere come si possa
procedere fino al quattro, s da raggiungere in tal modo la decade. Nasce infatti la prima ed
elementare piramide, che in certo modo ha un solo lato e una sola superficie, in base a ragioni di
uguaglianza, costruita su un triangolo equilatero. La seconda, che ne ha due e si innalza su base
quadrangolare, quanto agli angoli intorno alla base formata di tre piani, e quanto allangolo della
sommit racchiusa fra quattro, si che per questo motivo rassomiglia alla dualit; la terza somiglia
alla triade, costruita com su una semirettangolo di base: oltre alla differenza, che abbiamo gi
vista, del semirettangolo, ne ha anche unaltra che riguarda langolo al vertice, si che si potrebbe
paragonare alla triade, in quanto ha langolo posto sulle perpendicolari che cadono a met
ipotenusa; e per gli stessi motivi si pu paragonare alla tetrade la quarta, che costruita su base
semitriangolare. Tutte le forme che si sono descritte hanno il loro termine ultimo nella decade. Lo
stesso avviene anche nel processo della generazione delle figure: il primo principio nellordine delle
grandezze il punto, poi viene la linea, terza la superficie, quarto il solido.
1) Che questo lungo passo contenga materiale speusippeo, non pi oggi dubitato dai critici.; ma
varia molto linterpretazione del medesimo, ed anche il rapporto di relazione che si voglia stabilire
con linsieme dellopera pseudo-giamblichea. Cominciamo perci dal chiarire il carattere e gli
intenti di questa.

Pag. 14 - Fragmenta (II)


Essa parla essenzialmente della decade e della sua applicazione alla realt cosmica. Attribuita a
Giamblico in base a una citazione di Siriano, In Metaph., p.140, 15 Kroll oltre che al fatto che
Giamblico stesso, nel suo commento alla Isagoge di Nicomaco, promette che parler egli stesso
della decade, cfr. pp.118,14 e 125,4 Pistelli e ancora citata come giamblichea dal Lang, p.53, poi
negata a Giamblico dal Kroll, Real-Encycl. IX,1,1914, coll.650-51. Quella che noi conserviamo in
realt un centone di passi dal Per dekdoj di Anatolio e da Nicomaco di Gerasa; da vedersi De
Falco, Praefatio alledizione teubneriana del 1922. Il passo che qui ci interessa ha avuto una
puntuale traduzione dal Tannery, Hist. science hellne, pp.386 sgg., 400 sgg., e di recente da
Tarn, Speus. of Ath.,pp.257-98. La notizia che Speusippo avrebbe desunto la dottrina qui scritta da
Filolao ha fatto s che esso compaia in raccolte di frammenti dei Pitagorici antichi, cfr. Diels-Kranz,
Vorsokrat. I, pp.400-402 (come fr.44 A 13 di Filolao) o Timpanaro Cardini II, pp.126-137; lo stesso
Tannery parla per esso di Filolao, e solo in ultimo di Speusippo. Ma autori attenti ad attribuire ad
elaborazione accademica tutto ci che va sotto il nome di Pitagorici antichi, quali Frank, Plato
sog.Pyth., p 140 sgg,, e pi decisamente Burkert, Weish.Wiss., p.229 sgg.(e cfr. K.v.Fritz,
Philolaos, Real-Encycl., Suppl.XIII, 1973, pp.453-484, in part.464-65), non hanno mancato di
rivendicare come speusippeo tutto il contenuto di questo squarcio di esaltazione della tetractide; e
almeno sotto questo aspetto sembra di dover accettare questa interpretazione, dato che in Filolao
ancora non possono trovarsi concetti che, come meglio vedremo, presuppongono la stesura del
Timeo.
Anche questopera manca nellindice laerziano (cfr.supra, Test. 2), ma laccenno che viene fatto
inizialmente a due parti dellopera permette di supporre che almeno una di esse fosse indicata in
quella sede col titolo Maqhmatik j, anche se il presumibile carattere dialogico dellopera rende poi
difficile lidentificazione. I Theologoumena ci dicono peraltro che la prima parte trattava di cinque
corpi cosmici (non diversamente, in ci, dal Timeo) e delle varie figure geometriche, piane e solide,
mentre nella seconda parte Speusippo parlava della decade, o tetrade, o pi esattamente tetractide di
modello pitagorico, come perfezione dellessere e modello cosmico. Il trattatello doveva quindi
presentarsi come una sorta di rifacimento del Timeo, privo del modello artigianale (il demiurgo) e
quindi razionalizzato con la liberazione dalla veste mitologica e ridotto in termini pi
coerentemente pitagorici, con rimozione di tutta una serie di elementi fisici o di carattere
qualitativo, nonch con alcune importanti modifiche.
Tarn, prima in Academica., p.151, poi assai pi ampiamente in Speus. of Ath., p.257 sgg., afferma
non esser possibile attribuire a Speusippo la connessione fra elementi cosmici e corpi poliedrici. Ci
porterebbe ad attribuirgli, sulla base delle espressioni dei Theologoumena, una teoria simile a quella
che conosciamo per Senocrate o per Filippo, un abbandono cio della fedelt di Platone alla teoria
tradizionale del tetrstoikon. In realt la frase del nostro testo (per tn pnte schmtwn,
toj kosmikoj poddotai stoiceoij) assai generica, e pu applicarsi, data lormai accettata
presenza dei cinque corpi classici, ad ogni autore che abbia speculato sul cosmo, anche se poi le
frasi da lui in effetti riportate smentiscano lattribuzione generale; e nel Timeo esiste pur sempre
lambiguit sostanziale di cinque corpi geometrici regolari che vanno adattati a quattro corpi fisici.
Alla attribuzione dei cinque corpi va quindi accostata una descrizione dei medesimi che ci riporta
una indiscussa teoria della tetradicit; questa una anomalia del nostro testo, ma la cosa non ci
sorprende, dato che chi scrive un neopitagorico.
Riteniamo quindi possibile (cfr. gi Isnardi Parente, Speus., pp.368-377) attribuire a Speusippo
una teoria della tetrade come armonia generale delluniverso che in definitiva coincida con la stessa
anima del mondo. Tale attribuzione rende plausibile la frase di Aristotele spesso nemmeno
commentata in De caelo, 303b 29 sgg. (F 70), secondo cui una sola figura sarebbe fondamentale per
la struttura delluniverso, la piramide, struttura fondata sul numero quattro. Si tratterebbe della
forma fisica corrispondente a quella forma ideale-cosmica che rappresentata dalla tetrade-decade.
Ci renderebbe anche plausibile laffermazione di Aristotele che gli Accademici non
comprendevano fra i veri numeri se non quelli che rientrano nei primi dieci (Metaph.1084a 12-13),

Fragmenta (II) - Pag. 15


frase che potrebbe anchessa riferirsi a Speusippo, come a lui potrebbe anche attribuirsi la frase che
la decade non primaria, ma secondaria in quanto generata (1084a 31).
2) Ha probabilmente ragione Lang, p.53, nel considerare i numeri presi in considerazione da
Speusippo lineari, piani (che includono i poligonali) e solidi, con il che il numero dinsieme si
riconduce a tre. Quanto a grammiko, Tarn, p.264, nota come qui lespressione sia usata per la
prima volta come riferita ad autore antico, ma si dichiara incapace di spiegare in che modo questi
numeri lineari venissero intesi; egli adduce in ogni caso la spiegazione di Nicomaco di Gerasa,
Intr.arithm., II, 7,3, che pu essere attribuita senza difficolt a Speusippo. Per i cinque corpi che si
attribuiscono alla struttura del cosmo cfr. E.Sachs, Die fnf platonischen Krper, Berlin 1917, che
non richiede prove di sorta; anche Speusippo, come Platone, doveva esser legato alla teoria dei
quattro corpi cosmici. Ma tale teoria, dopo il quinto corpo di Aristotele, aveva subito un rapido
mutamento; e se qui Speusippo abbandona la trattazione dei numeri geometrici e passa agli
stereometrici, con ogni probabilit, dato il seguito del suo discorso, la pentadicit non sua, ma del
riferitore.
3) Tannery, Science hell., p.387, leggendo nakolouqaj, traduce de la proportion continue et
discontinue, e avverte (nt.2) che il termine non usato come tecnico nella geometria greca. Ma se
si segue la lezione attestata dal ms.M, ntakolouqaj, invece che la correzione apportata da Ast,
ne consegue un significato pi coerente, quello di connessione reciproca, o, come vuole Tarn,
correspondence (p.268), in quanto alle somiglianze di una classe del numero corrispondono le
somiglianze di unaltra classe ( il punto simile a uno come la linea al due ecc.).
4) Si giunge alla decade, oggetto della seconda parte del libro, che il pi secondo natura di
tutti i numeri, e quello che d insieme la maggior perfezione agli esseri (fusikwtth ka
telestikwtth). Che esso possa appartenere gi alla prima tradizione accademica, anche se
ignoto a Platone, ce lo dice un suo uso gi presente in ps.Aristotele, Physiognom.813b 31. Anche
terminologicamente, quindi, pu esser attribuito a Speusippo, pur se non presentata ancora come
riferimento verbale, giacch la citazione vera e propria non ancora iniziata. Poco pi oltre lidea
della perfezione della decade, o tetrade, richiamata dal platonico pardeigma pantelstaton, e
l ove dovrebbe comiciare il puntuale riferimento verbale dalloperetta speusippea- dallaggettivo
tleioj (p.83,6 De Falco). Sembra quindi che essa sia riconosciuta da Speusippo come il culmine
della perfezione dellessere. Occorre far richiamo per questo a F 16 (Metaph. 1028b 18 sgg.) in cui
si chiarisce come, ai principi posti per i numeri e per le forme geometriche spaziali, ne vadano
aggiunti altri per le altre forme dellessere, in primo luogo per lanima ( peita yuc j, senza che in
quel luogo Aristotele chiarisca in quali termini Speusippo continui il suo discorso). La tetrade il
principio organizzativo dellanima del mondo; si vedr presto che cosa corrisponda ad essa sul
piano fisico.
La tetrade-decade il concetto principale che qui Speusippo desume dalla tradizione
pitagorica a lui anteriore. Essa da lui elevata a modello, prcousa come edoj ti toj
kosmikoj potelsmasi tecnik n, avendo cio assunto quella funzione che nel Timeo, e in
genere nella concezione platonica, avevano le idee. Si pensi che per Speusippo il numero modello
relazionale del reale (Cherniss, Riddle, pp.42-43) e in quanto tale la decade insieme immanente e
trascendente; modello della realt cosmica, ma, in quanto struttura relazionale di essa, assume
unimmanenza nella realt assai pi marcata che non le idee, mai concepite da Platone come
struttura portante della realt stessa.
4) Va qui letto, con Cherniss (Arist.crit.Pl.Acad., p.257, nt.169), f/ aut j, che legittima luso
di prcousa..
5) Come numero tleioj, perfetto, la tetrade identica a quel klliston ka riston che si
rivela nel reale non allinizio, ma prohlqo shj tn ntwn f sewj (cfr.supra, Metaph.1072b 30
sgg., 1091a 30 sgg., F 26). La sua perfezione affidata a un assoluto suo equilibrio interno, che le
conferisce una condizione di s thj, quindi di perfezione e di bene. Quali siano i fattori che le

Pag. 16 - Fragmenta (II)


assicurano questo equilibrio, ci che Speusippo, nel seguito dello scritto, mira a descrivere e
commentare; qui le citazioni si fanno pi precise.
6) La tetrade-decade contiene in s le caratteristiche seguenti, che Speusippo si sforza di
dimostrare.
a)
D inizio alla decade il numero 1, dispari, ed essa culmina nel 10, che un pari. Qui dunque
Speusippo si pronuncia per il carattere dispari delluno-numero, non accettando la teoria filolaica
delluno come pari-dispari, rtiopritton, e ritorna alla teoria pitagorica pi antica delluno
come semplice dispari ( cfr. Raven, Pythag. Eleat., pp.116-118). Se questa teoria pitagorica ha
avuto realmente luogo, Speusippo non eccezionale fra gli autori pre-ellenistici a considerare
luno e il due come i primi fra i numeri (cos Tarn, Speus. of Ath., p. 276). Speusippo distingue
qui un uno-numero, che un dispari, da un uno-principio, del quale ha avuto modo altrove di
discutere la relativa adiaforicit (Metaph.1092a 9 sgg., supra, F 25). Luno in quanto principio,
nella sua correlazione con il molteplice, ha una sua adiaforicit di partenza, che non ne fa neanche,
in stretto senso, un essere vero e proprio, ma solo la condizione prima dellessere; mentre luno in
quanto numero principio puramente nel senso di inizio, ed ha perci la stessa natura degli altri
membri della serie. Principio nel senso di condizione prima e nel senso di semplice inizio vanno
distinti e non confusi indiscriminatamente, e ci serve a spiegare quella che, nel caso di
Speusippo, pu sembrare una posizione duplice e sospetta.
b) Allinterno della decade sussiste un equilibrio di numeri primi o non composti, e di numeri
secondi o composti. Heath, An History of Greek Mathematics, Oxford 1921, I, pp.72-73, nota che
qui i numeri primi sono citati per la prima volta come antichi, risalenti a Filolao e alla sua cerchia,
il che possibile (cfr. anche Manual of Greek Mathematics, Oxford 1931, p.40). Intende gi
numeri primi nel comune senso aritmetico Tannery, Science hell., p.402, nt.3; cos pure per primi e
secondi o compositi intendono P.H.Michel, De Pythagore Euclide, Paris 1950, pp.330-32, O.
Becker, Das mathematische Denken der Antike, Gttingen 1957, p.46; infine Tarn, Speus.,
pp.277-78 , secondo cui la concezione del numero composito in Speusippo la stessa che in
Euclide, Elem., VII, def.14. Fa eccezione Krmer, Urspr. Geistmet., p.409, nt.128, che traduce con
Primrzahlen, numeri primari anzich primi: si tratta sempre di numeri dispari, ma considerati
sotto un determinato aspetto, come dimostra Aristotele, Metaph.987b 33 col suo famoso xw tn
prtwn. Non ci sembra per che sia necessario togliere qui allespressione il significato aritmetico
pi tardi invalso chiaramente, siano o no i numeri primi risalenti a Filolao.
b) Nella decade si trovano i l goi, le ragioni del pi e del meno oltre che delluguale, il che le
conferisce la sua completezza; essa contiene infatti sottomultipli fino al 5 e multipli dal 6 al 10
(cfr. Tannery, Science hell., pp.401-402; Raven, Pyth.Eleat., pp.141-142. Essa contiene in s il
rapporto mezon - son - latton, che risulta comprensivo della realt tutta, e questo rapporto
le garantisce la sua funzione cosmologica. Non le estraneo neanche il numero pim rioj, che
Tannery (p.403) fa consistere nel senso di rapporto di due numeri interi consecutivi, n+1 e n, il
che non viene negato da Tarn, Speus., p.280.
c) La decade, infine, contiene in s la totalit dei rapporti spaziali: costituita da 1=punto, 2=linea,
3=triangolo, 4=piramide, risulta formata da un complesso organico risultante dal punto e dalle
tre dimensioni, lineare, superficiale, solida. Puntualizzata con rigore da Krmer,
Urspr.Geistmet., p.410, nel suo carattere di totalit organico-strutturale, non si conosce con
esattezza quanto questa concezione della decade sia strettamente e originariamente speusippea,
o se Speusippo la desuma a sua volta dal pitagorismo pi antico. Certamente appartiene a
questultimo la nozione di tetrakt j (Mondolfo, in Zeller-Mondolfo, Filos.dei Greci, I,2,
pp.367-382 , contro Frank, cit.; Timpanaro Cardini, Pitag.II, p.87, e passim per Filolao); non
sappiamo per fino a qual punto le testimonianze, tutte tardive, ci consentano di far coincidere
questa concezione con le caratteristiche qui attribuite da Speusippo ad essa. La TimpanaroCardini. Pitag. II, p.126 sgg., 148 sgg., attribuisce troppo a Filolao, per il quale vedi pi di
recente i dubbi di Huffman, Philolaus, pp.349-356. Probabilmente la prima nozione di
tetractide includeva in s la valutazione dei numeri e del loro significato spaziale; ma

Fragmenta (II) - Pag. 17


Speusippo, facendone il modello organico delluniverso, ha dato ad essi una connotazione
platonica decisa.
7) Allespressione prta ka rca bisogna vedere quale significato occorra qui attribuire.
Tarn, Speus. of Ath., p.45 sgg., p.281, crede di poter trovare qui una giustificazione per la sua
convinzione che rc, per Speusippo, non significhi altro che principio come inizio: ogni
forma di grandezza per lui semplicemente linizio della serie di grandezze omogenee. In questa
convinzione c un equivoco fondamentale. Come gi si visto, egli attribuisce a Speusippo una
teoria della successione matematica che in realt non gli compete, quella dinamica, ignorando la
teoria dei limiti ( Proclo, In Euclid.elem.I, p.77 Friedlein, supra, F 3; cfr. Speus. of Ath., p.363,
ove viene commentato il passo di Aristotele De anima 409a 3-7). Ma la teoria dei limiti
pitagorica prima che accademica, ed desunta e fatta propria da Platone e da Speusippo. Il
prta ka rca di De Falco, p.84,12, in riferimento a questa teoria: ogni numero primo e
punto di inizio rispetto a questa concezione, luno-punto rispetto alla linea, il due-linea rispetto
alla figura piana, il tre-figura piana rispetto alla prima e fondamentale forma di questa che il
triangolo, il quattro-figura solida rispetto alla prima e fondamentale forma di questa che la
piramide. Non sussiste alcuna flussione dinamica fra le varie figure, ed vano ricercarla proprio
nel passo sulla decade, ove ci troviamo di fronte alla concezione opposta..
La parte finale del passo di Speusippo dedicata alla teoria del secondo principio della realt
cosmica, la forma materiale, per esprimerci in termini aristotelici, che corrisponde alla tetradedecade. Essa appare presentarsi come un tentativo di integrazione-correzione esegetica del
Timeo, con la sostituzione della tetrade al triangolo quale base per la formazione della realt: la
tetrade che, nella sua forma materiale o in base al suo secondo principio, non quadrato, ma
puramj. In base alla tetradicit che domina il tutto, Speusippo formula la teoria di quattro
piramidi che sussistano ognuna per ogni elemento. Egli nota che nella posizione dei triangoli,
cos come Platone laveva descritta nel Timeo (equilatero, semi-quadrato o isoscele, semitriangolo o scaleno, cfr. Tim.54a-c) non si procede oltre il numero tre, mentre quella che ci d la
pienezza della perfetta tetradicit la progressione fino al quattro, e ci non si ottiene che con la
posizione di quattro forme piramidali alla base del tutto.
La prima forma quella del tetraedro regolare, che Platone aveva gi posto alla base
dellelemento fuoco. Se la terza ha per base un semi-triangolo isoscele, e la quarta un semitriangolo scaleno (occorre qui sostituire, come vide giustamente Tannery, p.404, un mitrignJ
allo mitetragnJ dei codici, che renderebbe la frase priva di significato), la seconda una
novit singolare introdotta da Speusippo: la piramide a base quadrata, che non un tetraedro n
una figura regolare (ancora Tannery, Science hell., p.404) ma stata suggerita a Speusippo dalla
figura della piramide egizia; e pu ben riferirsi alla figura della terra.
Questultima parte della trattazione sembra essere lintroduzione a una trattazione ulteriore,
rispondente alliniziale accenno alla corrispondenza fra corpi geometrici e corpi fisici (p.82,18
De Falco) rimasto in sospeso. Cos come Platone, nel Timeo, aveva supposto triangoli atomi alla
base dei poliedri regolari, e questi a loro volta alla base degli elementi fisici, Speusippo pu aver
supposto piramidi-atomi al posto dei triangoli, per rispondere alle esigenze della tetradicit del
tutto. Il fatto che qui in questo ragionamento luno e il quattro si avvicendino in maniera
intrinseca (luno come modello cosmico primario, il quattro come suo correlato secondario,
esprimentesi nella piramide) penso possa giustificare quanto da me affermato in precedenza,
Studi Accad.plat., p.173 sgg., contro laccusa di Tarn, p.289, nt.73. E chiaro che, mancando di
fatto il seguito di questo discorso, quanto ho scritto resti allo stato di ipotesi: non sappiamo n
sapremo mai se realmente Speusippo abbia tentato questa esegesi correttiva di Platone. Se si
accetta per come speusippeo De caelo, 303a 29-b 3 (t d scmata pnta s gkeitai k
puramdwn ), la probabilit di questa esegesi diviene pi marcata, e ci si offre la possibilit di
comprendere meglio il perch delloperetta Sui numeri pitagorici.

Pag. 18 - Fragmenta (II)

I simili
F 95 Athenaeus, Deipnosophistai, II, 61c
1 Omown Musurus, Dm E, mion C
Speusippo, nel libro II dei Simili, dice che il sio nasce nellacqua, ed simile, nelle foglie, al
prezzemolo di palude (1).
1) Da F96 a F120 ci troviamo di fronte a una serie di passi, quasi tutti riferiti da Ateneo, relativi
allopera di Speusippo TOmoia, I Simili, passi che converr commentare insieme. Del titolo
presumibile dellopera si gi detto supra. Essa particolarmente interessante, perch ci
chiarisce quello che finora ci rimasto oscuro nel sistema speusippeo, la funzione delle realt
sensibili nellinsieme di una visione del reale sulla base di principi validi a definirne i singoli
aspetti. Ateneo fa alcuni accostamenti di maggiore o minore interesse, Aristotele, ma anche
Diocle di Caristo, che vedremo di volta in volta.
Sugli Omoia si vedano soprattutto Lang, Speus.acad.scr., pp.7-20 e Stenzel, Speus., coll.16381649. Lang ha tentato per suo conto una vasta ricostruzione sistematica dellopera,che doveva
dividere in generi e specie il vasto materiale raccolto, relativo a piante e animali; egli ipotizza ci in
base al gnh due volte ripetuto da Ateneo, che per usa due sole volte il termine in occasione dei
malak strata e dei pol podej; lo stesso Lang nota come questi due generi si ritrovino anche
nella Historia animalium di Aristotele, peraltro subordinati ai due generi superiori e
onnicomprensivi di naima za, animali con sangue, e naima za, animali senza sangue, che
in Speusippo non compaiono, almeno stando ai cenni di Ateneo. Ci fa pensare subito a una
differenza fondamentale fra lopera aristotelica e quella speusippea, e induce a credere che le varie
citazioni di Ateneo possano essere interpolate da citazioni aristoteliche. Stenzel, nella sua
ricostruzione della teoria speusippea, si vale soprattutto del suo interesse per lunit metodologica
fra il tardo Platone, il Platone della diaresij, e Speusippo (cfr. soprattutto le coll.1640-41, con la
conclusione a 1645). Sulla base di Parm.127e, Phaedr.261d, ma anche di Polit.285a sgg.,
Soph.231a sgg., egli ricostruisce una analogia fra il concetto di moion , usato da Platone, e quello
di nlogon tipico della ricerca speusippea, e ritiene di poterne stabilire come la ricerca di
questultimo sia anchessa basata, come quella platonica, su una teoria delle relazioni matematiche
fra gli esseri; egli d perci allo moion di questi passi il carattere strettamente matematico di
proporzionale, e inserisce totalmente la ricerca apparentemente empirica di Speusippo nella sua
concezione matematico-metafisica del reale. A base di tutto questo c, ovviamente, una
determinata concezione della diarerij platonica in termini matematico-metafisici,di cui gi pi
volte si parlato, per la quale da vedersi soprattutto Zahl und Gestalt, pp.11-23 (supra, F 5 ).
Cherniss, Arist.crit. Pl.Acad., pp.54-58, ha avanzato alcune ipotesi per lidentificazione di
Speusippo quale sostanziale bersaglio della polemica di Aristotele in De part.anim., 642b 5 sgg.,
cfr. oggi Tarn, Speus. of Ath., fr.67 (642b 5- 644a 11), e commento pp. 496-406, con sostanziale
adesione e con una serie di adduzioni a testimonianza. Di questo ci occuperemo ulteriormente a
commento di F 122: basti dire finora che il fatto che lapplicazione della dicotomia alla realt
naturale appaia qui indicata in forma sistematica, scarsamente coerente al metodo platonico, e che
mal si addica allo stesso Politico, ma anche allo stesso Sofista, pu esser dovuto semplicemente a
forzatura aristotelica dello stesso verbo platonico. In sostanza ci dice che, in base ad
uninterpretazione radicalmente differente della diaresij, si pu ottenere praticamente lo stesso
risultato: ricollegare strettamente Speusippo al tardo Platone e alla metodologia da questi adottata.
Senonch i passi che Ateneo ci riporta non comprendono sempre la parola moioj, come di volta
in volta si vedr , e cade quindi in primo luogo la necessit di riagganciare la moi thj qui

Fragmenta (II) - Pag. 19


considerata alla similitudine-analogia dei testi speusippei da un punto di vista pi generale. N si
riesce a comprendere perch mai la ricerca delle similitudini fra esseri viventi del mondo empirico,
cadenti sotto la conoscenza dei sensi, legati a tutta la approssimazione indefinita che tipica del
sensibile, possa essere stata concepita da Speusippo allinsegna del generale quantitativismo
matematico, prescindendo dalla qualit, che invece in questo campo determinante. La stessa
approssimativit della terminologia da lui usata - e crediamo che questo sia un tratto che lo
identifica- sembra indicare piuttosto come egli dovesse rendersi conto del fatto che, abbandonato il
terreno di quelle realt che soggiacciono al puro metodo quantitatvo-matematico e inoltrandosi nella
ricerca intorno alla struttura generale della specie, anche il criterio della similitudine o somiglianza
perde il suo carattere rigorosamente analogico-proporzionale e accede a quella approssimazione che
caratterizza il campo del qualitativo-sensibile.
Si visto gi dallanalisi di altri frammenti (supra, F5, da Aristotele, Anal.post.II, 97a 6 sgg.) che
cosa Speusippo intenda esattamente parlando di diaresij: un procedimento in cui il carattere gi
tendente allempiria della dicotomia platonica tende a trasferirsi, da pura esercitazione su terreno
logico, a metodo di classificazione sistematica scientifica. La scientificit di questo metodo consiste
soprattutto nella sua esaustivit, quella che stata biasimata da Aristotele e portata fino allo
scetticismo nella accentuazione dei commentatori, Eustrazio, Giovanni Filopono: essa permette di
abbracciare, estendendo la ricerca il pi possibile, la quasi totalit delle specie esistenti. Che per
Speusippo ci conoscesse un punto darresto e non cadesse nella cattiva infinit aristotelica o non
desse luogo allo scetticismo assoluto dei commentatori un dato di fatto che non va confutato;
chiaro per che la sua ricerca quella dell tomon edoj o species infima, oltre la quale non si
pone pi altro che la dispersa e infinita molteplicit degli individui. In questo finale misurarsi con le
realt singole, il rigoroso matematismo che domina la costruzione delluniverso speusippeo, dai
principi agli enti matematici alla elaborata costruzione della yuc, intesa come organizzazione
razionale della spazialit cosmica, cede infine alla commisurazione con lelemento qualitativo e con
il pieno dispiegarsi della molteplicit. Crediamo sia questa la ragione per cui, nellormai famoso
passo Metaph.1028b 18 sgg., Aristotele non abbia proseguito il suo discorso fino alla realt
sensibile, lasciando ci ad altri suoi passi significativi .
C per, anche in questo campo, un sistema unitario capace di dar ordine e di concludere in
qualche modo la ricerca. Esso consiste in uno sforzo di riduzione allunit per mezzo di una
individuazione delle moi thtej e diafora che caratterizzano il reale cos inteso, e che sono il
fondamentale criterio metodologico della pansofia speusippea. Tale riduzione allunit pu essere,
nel campo della molteplicit individua, semplicemente parziale; non solo ad ogni somiglianza si
oppone una differenza, ad ogni taut thj una ter thj differenziante fra di loro i singoli oggetti,
ma la stessa moi thj non pu assumere il carattere di rigorosa proporzionalit che caratterizzava
gli altri aspetti dellessere, e deve tener conto delle condizioni cui sottost ci ch oggetto della
conoscenza empirica. Il procedimento mentale che soggiace alla ricerca speusippea dei simili non
indefinitiva molto lontano da quello che, in Epin. 990d, tende ad esaltare la ricerca fra numeri e
figure f sei o ta t, con laggiunta di un elemento pi decisamente tendente allempiria ( nell
Epinomide la ricerca pur sempre di carattere matematico, sentita come opera divina, non umana).
Le somiglianze e differenze introdotte da Speusippo fra gli enti singoli qualitativamente
considerati si traducono quindi in termini di koin thtej-di thtej, divisione classificatoria in
generi e specie, resa ormai possibile dalla trasformazione che labbandono deciso della dottrina
delle idee ha fatto compiere alla diaresij platonica. Ma si pone a questo punto il problema di
come veramente Speusippo intendesse il rapporto gnoj- edoj; e a questo punto non abbiamo che
una risposta concernente Senocrate: a lui che Alessandro dAfrodisia, in un trattato che
conosciamo in traduzione araba, attribuisce la teoria secondo cui lo edoj si pone prima del gnoj,
come nel rapporto di parte al tutto, di mroj a lon (Pines, New fragment Xenocrat., pp.3-34;
cfr.Isnardi Parente, Senocrate, fr.121, e pp.350-53).
Krmer, Arist.akad.Eidoslehre, p.130 sgg., ha voluto applicare questo passo anche a Speusippo,
assimilando totalmente il suo pensiero a quello di Senocrate; egli ha compiuto tale assimilazione

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senza lapporto di testi decisivi, basandosi totalmente sullinterpretazione di passi quali
Metaph.1028b 18 sgg. e 1075b 37 sgg., ove la parola o sa viene da lui intesa nel significato di
Categ.5a, cio nel senso forte, di prth o sa; Speusippo, come gi si detto, tenderebbe a
imprimere ad ogni realt una individualit concreta,s che il rapporto edoj-gnoj non sarebbe altro
che una Depotenzierung dei generi (p.145, nt.104). In base a questa interpretazione, gli edh
vengono quindi ad assumere la configurazione di elementi-principi, stoicea-rca, rispetto ai
gnh, cos come luno insieme stoiceon e rc. Cfr. pi tardi lo stesso Krmer, con una certa
volont di conciliazione fra due sue interpretazioni di Speusippo che in realt mal si accordano
luna con laltra, in Aeltere Akademie, pp.26-27.
Ad una simile interpretazione vi sono da obiettare pi dati in contrario. Anzitutto, non motivata
linterpretazione del termine o sa, altro nel contesto della Metafisica da quello che nelle
Categorie. Oltre ad usare, in altri passi (1080b 11 sgg., 1083a 20 sgg. e altrove) lespressione
analoga di nta, soprattutto per ci che riguarda i numeri, Aristotele si vale nello stesso passo,
1028b 18 sgg., del termine o sa in senso assai generico, applicandolo a Platone insieme che a
Speusippo, e, nella dottrina platonica, indifferentemente alle idee e ai sensibili, che hanno un ben
diverso stato ontologico (1028b 20-21). Non potremmo, quindi, attribuirgli un significato
particolarmente individualizzante nel passaggio che egli fa poi alla dottrina di Speusippo. Una volta
caduta questa premessa, v anche da chiedersi se, nellambito dei rapporti fra edoj e gnoj o fra
di thj e koin thj, il principio dellunit stia per Speusippo dal lato delle singole unit
qualitativamente definibili oppure dal lato di quella moi thj o koin thj che serve di criterio
unificante alla loro tendenziale possibilit di dispersione. Esse non rappresentano tanto il principioelemento uno che alla base della composizione quanto piuttosto la molteplicit da ricondurre
allunit, lindeterminato pl qoj, principio della molteplicit e della dispersione. In tal caso il vero
principio uno rappresentato dal gnoj e non dalledoj.
E chiaro che la molteplicit fatta poi a sua volta di infinite unit; e noi abbiamo forse un pi
sicuro modello teorico per individuare che cosa Speusippo intendesse per rapporto genere-specie se
teniamo conto di come egli dovesse intendere il numero, in cui il principio uno rappresenta la
struttura unificante rispetto a quel pl qoj che pure costituito da molte mondej. Gli edh
assumono quindi per lui il carattere di quei numeri singoli in cui ogni molteplice viene ridotto a
unit formale dal numero nel quale racchiuso. La spiegazione matematica che Speusippo d alla
composizione e alla struttra dellessere viene cos a riflettersi anche nel campo della classificazione
qualitativa.
Si pu dar ragione a Krmer l dove ( Arist. akad. Eidosl., p.172) identifica lorgano conoscitivo
che Speusippo adibisce al compito della raccolta classificatoria con la gi nota pisthmonik
asqhsij, che abbiamo gi vista da lui posta chiaramente in rilievo nel campo delle conoscenze
sensibili. Indirizzata dal l goj, di cui partecipa ( Sesto Empirico, VII,145-146. = supra, F 1) la
sensazione scientifica offre la base a una conoscenza sistematica della qualit del sensibile e
riscatta i singoli casi dalla possibilit di una loro caduta nella dispersione, da quello cio che si
potrebbe dire il male radicale delle realt nellorizzonte speusippeo.
F 96 Athenaeus, Deipnosoph., II, 68e
Speusippo, nei Simili, chiama popone una sorta di zucca. Ma Diocle, nominando il popone, non lo
chiama mai zucca; e lo stesso Speusippo non chiama questa popone quando ne parla
espressamente.
F 97

Athenaeus, Deipnosoph.,III, 86 c-d

Speusippo, nel II libro dei Simili, dice essere affini fra di loro le buccine, le madrepore, le
conchiglie, le conchiglie a chiocciola Inoltre Speusippo enumera singolarmente luna dopo laltra

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le conchiglie a chiocciola, quelle a pettine, i mitili, le madreperla, i soleni, e in unaltra parte le
ostriche, le patelle (1).
1) Il termine qui usato per indicare la moi thj sembra essere quello di paraplsioj, che indica
vicinanza nello spazio ma anche similitudine. Se Speusippo usava simili termini nella sua
classificazione, anche la tecnicit dellespressione viene meno; non possiamo per sicuramente
accertarlo. Il fatto che la cosa avvenga in varii frammenti ( F 99, 102, 103, 111, 113, 116)
potrebbe essere una prova a favore della variet di termini. Cfr. Tarn, Speus.of Ath., p.265.
F 98 Athenaeus, Deipnosoph., III, 105b
Nel II libro dei Simili, Speusippo dice essere simili fra loro, degli animali a guscio molle, laragosta,
il gambero, il mollusco, il granchio marino, il gamberello, il paguro.
F 99 Athenaeus, Deipnosoph., III, 133b
trugwnJ AC d/ codd., corr. Kaibel, Lang
La cercope (cicala) un animale simile a quelli che chiamiamo tettige o titigonio, come dice
Speusippo nel II libro dei Simili.
F 100 Photius, Lexicon, s.v. penon, II, p.88 Naber
La falena un animale simile alla zanzaraChe sia della stessa specie della zanzara, lo dice
Speusippo nei II libro delle Similitudini, enumerando in questo modo: falena, tafano, zanzara(1).
1) E il solo frammento dellopera conservato da Fozio e da Suida ( IV, p.126 Adler) sotto la voce
omonima.
F 101 Athenaeus, Deipnosoph., VII, 300e
Aristotele, nel suo Degli animali, e Speusippo dicono che sono affini fra di loro il fagrio, il rubello,
lepato (1).
1) Vengono qui accomunati Aristotele e Speusippo nella citazione; ci non significa peraltro molto
circa la somiglianza effettiva delle due opere, Ateneo non essendo filosoficamente esatto nelle
sue citazioni. Cfr. Tarn, Speus. of Ath., p.248.
F 102 Athenaeus, Deipnosoph., VII, 327c
Speusippo, nel II libro dei Simili, dice che sono affini fra di loro il fagro, il rubello, lepato.
F 103
Athenaeus, Deipnosoph., VII, 301c
Speusippo dice che il fagro simile allepato.
F 104 Athenaeus, Deipnosoph., VII, 303d
Speusippo nel II libro dei Simili distingue il tonno femmina dal tonno maschio.

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F 105 Athenaeus, Deipnosoph., VII, 308d


Speusippo nel II libro dei Simili dioce che sono affini il melanuro e il coricino (1).
1) Il termine usato per indicare la similitudine qui mferj, unespressione del linguaggio
comune, cfr. anche F 115; ci accresce la probabilit di una variazione terminologica
speusippea.
F 106 Athenaeus, Deipnosoph., VII, 313a
Speusippo, nel II libro dei Simili, dice che sono simili alla sardella il boaga e la smaride
F 107 Athenaeus, Deipnosoph., VII, 286f
Speusippo e gli altri autori attici chiamano il boga boaga (1).
1)

Evidentemente esemplato sul frammento che si fa qui precedere, anche se non c


lindicazione di una somiglianza.

F 108 Athenaeus, Deipnosoph., VII, 313e


Dice Speusippo, nel II libro dei Simili, che il melanuro simile al cosiddetto psiro, quello che
Numenio chiama psoro.
F 109 Athenaeus, Deipnosoph., VII, 318e
bolbot nh A, corr. Rose
Appartengono alla specie dei polipoidi la eledona, il polpo, il polipino, losmodo, come dicono
nelle loro ricerche Aristotele e Speusippo.
F 110 Athenaeus, Deipnosoph.,VII, 319b-c
Delle perche d notizia Diocle, e anche Speusippo nel II libro dei Simili, dicendo che sono affini fra
di loro la perca, la canna, il ficie di questa fa menzione anche Epicarmo nelle Nozze di Ebe, e
Speusippo nel II libro dei Simili.
F 111 Athenaeus, Deipnosoph., VII, 319d
Speusippo chiama languilla aguglia.
F 112 Athenaeus, Deipnosoph., VII, 323a
Speusippo, nel II libro dei Simili, presenta come simili il pesce martello, languilla, il pesce
lucertola.
F 113 Athenaeus, Deipnosoph., VII, 323f
Questo da segnalarsi intorno a Speusippo, che dice esser simili la seppia e il totano.

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F 114 Athenaeus, Deipnosoph., VII, 324f


Speusippo dice che sono affini il pesce cuculo, il pesce rondine, la triglia.
F 115 Athenaeus, Deipnosoph., VII, 329f
Speusippo, nel II libro dei Simili, dice che sono affini il rombo, la sogliola, il pesce tenia.
F 116 Athenaeus, Deipnosoph., IX, 369b
Speusippo, nel II libro dei Simili, dice : sono simili il ravanello, la rapa, il rapino, il crescione
F 117 Athenaeus, Deipnosoph., IX, 387c
Dei fagiani fa menzione Speusippo nel II libro dei Simili (1)
1) Speusippo viene qui accomunato con Aristotele e Teofrasto.
F 118 Athenaeus, Deipnosoph., IX, 391d
E Speusippo, nel II libro dei Simili, scrive il nome dei gufi (skpaj) senza la s (kpaj)
F 119 Hesychius, Lexicum, s.v. subtaj
Il filosofo Speusippo dice che un animale (1).
1) La parola non occorre in nessun altro testo, tuttavia non c ragione di mutarla in altra, come fa
Mullach, Fragm. Philosoph. Graec. III, p.73b, che propone trofaj. Gilles, Mnages
(Diogenes Laertius, I, p.530 Hbner) ha proposto una ingegnosa spiegazione di questa
espressione che Omero usa come guardiano di porci: essa sarebbe un titolo dato
ingiuriosamente a Speusippo (spiegazione gi respinta dal Fischer, Speus.ath.Vita, p.50, vedi
poi Lang, p.60, nt. al fr.26).
F 120 Aristoteles, De part .animal., I,2, 642b 4-20.(1)
2 sciz poun poun EPUSSUD, sciz poun P 10 diairesqai PUS S, dihreknai D
Vi sono alcuni che ottengono la realt singola col dividere il genere in due differenze. Ma ci da
un lato non facile, dallaltro impossibile a conseguirsi. Di certe cose esiste una sola vera differenza,
le altre sono trascurabili; cos per esempio per ci che riguarda lessere fornito di piedi, bipede, coi
piedi separati, senza piedi: una sola la differenza fondamentale, laver piedi o non averli. Facendo
altrimenti, di necessit si viene a dire spesso la stessa cosa. E inoltre opportuno non dilacerare i
singoli generi, mettendo per esempio gli uccelli ora in una divisione ora nellaltra, come fanno i
trattati scritti sulle divisioni (2): avviene infatti che l una volta essi siano messi in una divisione
insieme con gli animali che vivono nellacqua, a volte con quelli di altro genere. E in questa
divisione una certa realt ha nome uccello, in unaltra pesce. In altre ancora, si tratta di realt
anonime, per esempio esseri dotati di sangue e esseri privi di sangue: n agli uni n agli altri
dato un determinato nome. Dunque, poich non il caso di dilacerare entit dello stesso genere, la
divisione in due stolta; per forza, cos dividendo, si separa e si dilacera: dei polipodi, per esempio,
certo alcuni sono fra gli animali terrestri, gli altri fra gli acquatici.

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1) Il fr.67 Tarn presenta una estensione assai maggiore, come si gi detto, sulla scorta di
Cherniss, Arist.crit.Pl.Acad., p.54 sgg. Tarn ritiene che tutto il passo 642b-644a sia attribuibile
a polemica antispeusippea, mentre in realt non altro che un passo in cui Aristotele si schiera
contro chi ritiene che un gnoj possa dividersi in due diafora e accusa costoro di aver preso a
volte per autentiche differenze specifiche quello che non altro che un perergon del gnoj
stesso. Il passo pu riferirsi a Speusippo, ma altrettanto bene a Platone, nelle divisioni del quale
sono frequenti quelle che per Aristotele sono nientaltro che pererga. Inoltre Aristotele si
riferisce qui a unaesaustiva classificazione animale solo perch tratta degli animali nella sua
opera, e non per altre ragioni. Siamo di fronte a una di quelle deformazioni aristoteliche che
Cherniss ha cos efficacemente indicate nella sua opera, non solo in relazione a Platone.
2) Tarn, Speus., pp 66 sgg.,.403 sgg., ritiene di poter identificare con gli Omoia di Speusippo le
gegrammnai diairseij indicate in questo punto da Aristotele. Lespressione generica, e
farebbe pensare, piuttosto che al Sofista o al Politico, a forme scritte di esercizio diairetico
quale le cosiddette Divisiones, che Aristotele conosce certamente (sebbene forse in una versione
non identica a quella a noi offerta da Diogene Laerzio, III, 82 sgg.) e alle quali ha forse
collaborato in giovinezza. Cfr. supra, F 13, da Simplicio, In Arist.Categorias, p.38, 11 sgg.
Kalbfleisch; e C. Rossitto, Aristotele ed altri autori, Divisioni, Padova, 1984, pi ampiamente
ora Milano, 2005, pp. 38-45.
Il banchetto funebre di Platone
F 121 Diogenes Laertius, Vitae Philosophorum, III,2
3 Anaxiladhj Cobet, Anaxiledhj Lang naxildhj FPpc nxildhj B naxidhj Rac
4j BF, om.P n FP, om.B
Speusippo, in quellopera che si intitola Il banchetto funebre di Platone (1), e Clearco nel suo
Encomio di Platone (2), e Anassilaide nel II libro dellopera Dei filosofi (3), dicono che in Atene
corresse voce che Aristone cerc di far sua con la forza Perittione, che era una giovinetta assai
bella; ma poi, ripresosi dallimpeto, ebbe la visione di Apollo; e allora si astenne da ogni rapporto
con lei fino a che ella non ebbe partorito.
1) Dellincertezza circa il titolo dellopera in cui Speusippo d la notizia si gi detto in parte, cfr.
Test.2; potrebbe trattarsi, anzich di un Pltwnoj gkmion, di un banchetto funebre in onore di
Platone, Pltwnoj perdeipnon, cos il titolo accettato dal Boyanc, Culte des Muses, p.257,
che sottolinea il carattere funerario di questo discorso, opera avente certo per sfondo il banchetto
funebre dellAccademia per la morte di Platone; lipotesi di Martin, Symposium, p.162 sgg., che si
trattasse cio di un discorso pronunciato da Speusippo in quelloccasione (opinione cui si associa
poi K.P.Schmutzler, Die Platon-Biographie in der Schrift des Apuleius De Platone et eius dogmate,
Kiel 1974), non si differenzia da questa se non dal punto di vista formale.
Il culto di Apollo gi presente nella scuola pitagorica, in cui la figura di Pitagora viene posta in
relazione con quella di Apollo nelle sue varie forme ed espressioni cultuali. Cfr. gi per questo
A.Delatte, tudes sur la littrature pythagoricienne, Paris 1915, p.279; A.Rostagni, Il verbo di
Pitagora, Torino 1924, p.227 sgg.; per loriginario legame del samio Pitagora con il culto di Apollo
delio A.E.Taylor, Varia Socratica, Oxford 1911, ma cfr. pi di recente M.Nilsson, Geschichte der
griechischen Religion, Mnchen 1941-50, 1955, I, p.707. Le testimonianze antiche sono assai
ampie, anche se tutte piuttosto tarde: basti qui citare Giamblico, Vita Pythagorae, 140 sgg. (e in 1-9
accenni alla nascita apollinea dello stesso Pitagora, non si saprebbe dire quanto esemplati su quella
dello stesso Platone); Eliano, Varia Historia, II, 26 = fr.191 Rose; Diogene Laerzio, VIII, 11, che
mette in relazione il nome di Pitagora con lepiteto di Apollo Delfico, Pythios.

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Il delficismo di Platone poi molto chiaro e aperto: cfr. Reverdin, Religion cit platon., pp.10005, 139-45; Nilsson, Gesch.d.gr.Rel. I, pp.629-31, 819 sgg.; per laccentuarsi del delficismo dalla
Repubblica alle Leggi, E.Des Places, La religion grecque, Paris 1969, pp.246-48. Ma da notarsi
come siano strettamente uniti Apollo e le Muse, cui l Accademia era dedicata; cfr.Leges, 654a, e in
proposito, per Apollo Musagete, Boyanc, Culte des Muses, p.267 sgg.; Reverdin, Rel.cit platon.,
p.139 sgg. Per il culto funebre reso agli e qunoi, legati al culto di Apollo e di Helios, ancora Leges,
947a, e in proposito Boyanc, Culte des Muses, p.100 sgg.
C da chiedersi quale tipo di culto sia stato tributato a Platone nellAccademia, se eroizzazione o
vera e propria divinizzazione. Mentre Reverdin, Rel. cit platon., p.141 sgg., 149 sgg., sembra
propendere a una vera e propria divinizzazione ( Platone sembra essere stato venerato come un
damwn, anche se poi in sostanza questa divinizzazione viene ad avvicinarsi ad una sorta di culto
degli eroi), Boyanc, Culte des Muses, p.267 sgg., parla di una vera e propria eroizzazione da parte
della scuola: essa si ispirava allinsegnamento stesso di Platone; nel corso della sua opera, egli vede
questa sorta di culto preannunciato nel Pltwnoj perdeipnon di Speusippo, che ne poneva le basi
facendo di Platone il classico eroe figlio di una mortale e di un dio, per poi svilupparsi ulteriormente
nella vita dellAccademia. Si parla, in essa, di un altare elevato a Platone, ma forse in combinazione
con il culto dellAmicizia; per le ipotesi circa questo tipo di venerazione cfr. diversamente Jaeger,
Aristoteles, p.106 sgg., e poi Aristotles Verse in praise of Plato, Classical Quarterly XXI, 1927,
pp.13-17 = Scripta Minora, Romae 1960, I, pp.339-345, e K.Gaiser, Die Elegie des Aristoteles an
Eudemos, Museum Helveticum XXIII, 1966, pp.84-106.
Tutto questo oggi rimesso in discussione da Tarn, Speus., pp.232-35, il quale (dopo una prima
analisi critica della Swift-Riginos, Platonica,pp.5-14) propende per la fonte tardiva di Diogene
Laerzio ( Anassilide, cfr. infra, nt.3) e per un esame critico in senso negativo della notizia che,
esaminata nella sua esattezza, si rivolge contro se stessa: Speusippo, troppo vicino alla famiglia di
Platone per poter disconoscere che questi non era il primo, ma ben il terzo figlio di Perittione, non
avrebbe fatto che citare una leggenda (l goj n 'Aqnhsin) secondo cui si attribuiva la genesi del
filosofo ad Apollo, senza per suo conto prestarle fede. Per sostenere ci, Tarn deve negare
anzitutto che la notizia provenga da un discorso funebre e aderire ai dati che dnno il passo sulla
nascita apollinea di Platone derivato piuttosto da un pi generico encomio (cfr. infra, F 125). Ma
anche in tal modo un razionalismo cos marcato non ha molta presa. La nascita di Platone si poneva
assai lontana nel tempo, e Speusippo poteva equivocare su di essa. Inoltre, il problema che si
poneva era quello di autorizzare linizio di un vero e proprio culto di Platone nellAccademia, che
propendo a credere, con Boyanc, di eroizzazione, con tutti quei caratteri mitologici che sono propri
di questa. Tutte le circostanze pratiche inducono a ritenere che da Speusippo cominci quella
tradizione che continuer a caratterizzare Platone nella antichit tardiva
La Theys, Speus.of Ath., p.228-229, ha notato giustamente a) che Speusippo non mirava con ci a
dare una versione storica della nascita di Platone, ma a sostenere e far valere una sua tesi specifica
b) che la parola l goj pu appartenere al linguaggio di Diogene Laerzio, e non necessariamente a
quello di Speusippo.
2) Per Clearco di Soli, discepolo di Aristotele, cfr. W.Kroll, Real-Encycl.XI,1, 1921, coll.575-83,
e Wehrli, Schule des Arist., fr.2, Komm. pp.45-6 (cfr. anche le notizie circa una sua opera sulle
espressioni matematiche della Repubblica, fr.3, da Ateneo, Deipnosoph. IX, 393a). Lang,
Speus.Acad.scr., pp.32-38, ha pensato a uno scambio fra encomio di Speusippo e discorso
funebre di Clearco, il che oggi rifiutato da Tarn, Speus.of Ath., pp.230-32. Cfr. quanto gi
osservato in proposito in Riv.Filol.Istr.Class. 1986, p.357, nt.2.
3) Anaxileides, o Anaxilides, un autore ignoto, se non forse da identificarsi con Anassilao di
Larissa ( E.Schwartz, s.v. Anaxilaides, Real-Encycl. I, 2, 1894, col.2083), neopitagorico espulso
da Augusto dallItalia poich sospetto di magia secondo Eusebio, Chron., Ol.88,1; vedi per
oggi di contro Tarn, s.v.Anaxilaos on Larisa, in Dictionnary of Scientific Biography I, 1969,

Pag. 26 - Fragmenta (II)


p.150, e Speus. of Ath., p.233, nt.20. Lopera citata da Diogene Laerzio data come Dei filosofi.
Cfr. R.Goulet, Anaxilaides, in Dict.Philosophes Ant., I, Paris 1989, p.191.
F 122 Hieronymus, Adversus Jovinianum, I, 42 (p.384, 27-30)
2 Anaxilides AC, Amaxilides ESj
phasmatae ES, phantasmate jAC
Anche Speusippo, figlio della sorella di Platone, e Clearco nel suo Encomio di Platone, e
Anassileide nel II libro Della filosofia, dicono che Perittione, madre di Platone, fu ricoperta
dallapparizione di Apollo (1).
1) Girolamo si vale della stessa fonte di Diogene Laerzio, ma introduce qualche mutamento: non
parla pi del vero padre di Platone, Aristone, e incentra tutta la sua storia sul rapporto
prodigioso fra Perittione e Apollo; dellopera in cui Speusippo parla di ci tace il titolo, e
chiama lopera di Clearco De laude Platonis, confortando cos lipotesi che Clearco fosse in
effetti autore di un encomio; sbaglia inoltre il titolo dellopera di Anassilide (in secundo
libro philosophiae). Il racconto di Diogene , nel complesso, pi preciso. Che Diogene non sia
fonte di Girolamo opinione della Theys, Speus.of Ath., p.227. Da notarsi che Apollo dato
come autentico padre di Platone da autori che non nominano Speusippo come fonte; cfr. Drrie,
Platonismus I, p.412, che riporta Origene, Contra Celsum 6,8 (Origene riferisce la notizia a d
Aristandros, forse lastrologo di Alessandro Magno).
F 123 Philodemus, PHerc.1005, fr.111 Angeli
7-8 [ka Ar]istppou tj pe[r tinwn t]o Pltwnoj [diatrib]j Sbordone 14 [lg]omen
Sbordone
(Mandami) lo scritto di Aristippo su Socrate e (lencomio) di Speusippo su Platone, e di
Aristotele la Fisica e gli Analitici; questi appunto abbiamo scelti.
1) Per questo passo del Pr j toj di Filodemo ( per cui F.Sbordone, Napoli 1947 ,aveva
ipotizzato un Pr j toj Sofistj) cfr. oggi A.Angeli, p.Herc. 1005 , in particolare testo
p.167, commento p.239. Crnert, in precedenza, aveva ipotizzato un Pltwnoj t n
Apologan [ to Sokr]touj; Arrighetti, Epicuro, fr.127, segue la lettura di Sbordone. La
lettura autoptica permette un riferimento allopera di Speusippo su Platone; da notarsi che lo
spazio del papiro permette la lettura 'Egkmion e non quella Perdeipnon. Ci pu avere un
certo significato se si pensa che si tratta della pi antica citazione dellopera in nostro possesso.
Ma le due parole possono ben significare la stessa opera, intesa come orazione funebre o come
encomio.
F 124 Anonymus, Vita Platonis, p.9 Westermann
Visse ottantuno anni, dimostrando con ci di essere di natura apollinea; il nove, numero delle Muse,
moltiplicato per se stesso, d infatti luogo allottantuno, n alcuno potr negare che le Muse siano il
corteggio di Apollo. Questo numero si dice quadrato del quadrato perch, essendo tre il numero
primario, in quanto ha in s linizio, la met, la fine, moltiplicato per s stesso esso d luogo al nove
(che , appunto, tre per tre); e a sua volta il nove, moltiplicato per s stesso, da luogo allottantuno
(1).
1) La notizia della nascita apollinea di Platone riportata dallAnonimo allinizio dellopera (p:1
Westermann) ma con un generico fasn e senza alcun accenno a Speusippo: ma la notizia che
la vita di Platone viene meno nell81 anno ha la stessa dipendenza, come lautore ben nota, dal
suo essere Apollwniak j, avere carattere apollineo, perch 81 il quadrato di 9, numero

Fragmenta (II) - Pag. 27


delle Muse, figlie di Apollo, oltre che il cubo di 3, numero perfetto. A Speusippo, e con ogni
probabilit nella stessa opera, va quindi ascritta la notizia; cfr. Boyanc, Culte des Muses, p.259
sgg., e Reverdin, Rel.cit platon, p.139 sgg.
F 125 Seneca, Epist.58, 31
Credo che tu sappia come a Platone, in virt della sua perfezione, fu dato di morire lo stesso giorno
in cui era nato, e di compiere cos perfettamente gli ottantuno anni, senza che nulla mancasse ad
essi (1).
1) E la stessa notizia del frammento precedente, riportata da Seneca in forma pi stringata, ma
senza novit di sorta.
F 126 Apuleius, De Platone et eius dogmate, I,2
3 acre codd. in percipiendo edd., in perciendo codd.

5 pubescentes B MV

Tale fu dunque Platone, e per virt di questa sorta solo super gli eroi, ma si rese uguale persino
alle potest divine. E perci Speusippo, che apprendeva tutto ci da racconti di famiglia, esalta
lintelligenza che egli dimostrava fino da fanciullo, acuta nellapprendere, e la sua indole
ammirevole per compostezza; e riferisce le prime fasi della sua giovinezza, tutte ispirate
allassiduit nello studio e allamore per esso, attestando con ci come in quelluomo si unissero
queste grandi virt con altre ancora (1).
1) Conferma lattribuzione di un vero e proprio culto degli eroi, se non addirittura quello di una
divinit, a Platone da parte dellAccademia, e in particolare di Speusippo, di cui riporta in
sintesi citazioni biografiche, che sono, nel caso di questi, particolarmente dobbligo.
Probabilmente si riferisce sempre al Pltwnoj perdeipnon, che dava su Platone indicazioni
varie di carattere biografico, ma senza che sia necessario supporre una dipendenza effettiva di
Apuleio da questo. Lang, Speus.Acad.scr., pp.35-38, attribuisce tutto ci a influenza dell
Evagora di Isocrate.
F 127 Macrobius, Saturnalia, I, 17, 7-8
Da molte interpretazioni il nome di Apollo ricondotto al soleSpeusippo dice che si chiama cos
perch la sua forza deriva da molti fuochi ( p polln) (1).
1) Potrebbe forse esser considerato anchesso pertinente al Banchetto funebre di Platone questo
tentativo di interpretazione etimologica del nome di Apollo fatto da Speusippo, con una non
inconsistente modifica della definizione platonica; se Platone considera il nome derivato dal
gettito dei raggi (tenendo conto in primo luogo dellidentificazione di Apollo con Helios, il pi
luminoso degli astri), Speusippo, subito dopo di lui, lo ha considerato un astro di fuoco, e di
fuoco dai molti aspetti (: creatore, distruttore ecc.). Anche qui le fonti sono per tardive: cfr. in
proposito J.Flamant, Macrobe et le noplatonisme latin la fin du IVme sicle, Leiden 1977,
pp.655 sgg.
Epigrammi ed epistole.
F 128 Index Herc Acad. col:VI, 34-38, p.136 Dorandi
Queste immagini delle de Grazie Speusippo dedic alle de Muse, offrendo doni in cambio delle
loro rivelazioni (1).

Pag. 28 - Fragmenta (II)

1) Per questo epigramma cfr.supra, Test.1: esso ci viene trasmesso da Filocoro, e tutto fa pensare
che sia autentico. Pu essere interessante notare come il culto delle Muse fosse penetrato in
Macedonia, ove, a Pella, era stato eretto un tempietto in loro onore; cfr. lesatta lettura
dellepigramma riportato in ps.Plutarco, De lib. educ., 14b-c, in Wilamowitz, Hermes LIV,
p.71. Tuttavia, se il Wilamowitz vede ci legato alla politica ellenizzante di Filippo (e da
Filippo sarebbe facile il passaggio allinfluenza accademica) , non va dimenticato che il nome
dellofferente quello della madre di Filippo, Euridice: Momigliano, Fil.il Mac., p.134,
suppone che la dedicazione possa gi risalire al periodo di Archelao.
F 129 Anth.Planudea, 31 Dbner (1)
1 k lpoij Anth.Plan:, k lpJ E 2 soqwn Anth.Plan:, s qeoj Bergk
La terra nel suo seno raccoglie il corpo di Platone,
lanima ha il suo posto fra gli eroi immortali (2).
1) LAntologia Planudea attribuisce lepigramma a Speusippo: Ma lepigramma dato da Diogene
Laerzio, III,44, come esistente sulla tomba di Platone, senza alcuna attribuzione; vi sono
aggiunti due versi, peraltro di limitato interesse e di maniera. Tarn, Speus. of Ath., p:454,
ritiene fortemente improbabile la paternit speusippea di esso.
2) Reverdin, Rel. cit platon:, p.146, ha fatto notare come n qnatoj n mkarej, parole
entrambe generiche, ci possano aiutare a comprendere che tipo di culto fosse dallAccademia
tributato a Platone. Diversamente per s qeoj, che risale a Omero ( Il. II, 165; Od.I, 324, ecc) e
che termine spesso usato per leroe; generalmente esso indica una stirpe di esseri intermedi fra
uomini e dei, che possono essere anche divinit inferiori ( Euripide, Iphig.Aul., v.626, lo uso per
le Nereidi). In Platone cfr: Resp.II, 360c, usato per indicare una forma di eccellenza tale che
rende simile al divino.
F 130 Epist.Socr. XXVIII (XXX Orelli), pp.1- 12 Bickermann-Sykutris
1,1 inscriptionem speciminis causa addidit Sykutris FilppJ coniecerat Lascaris
2,7 metran codd., corr. Allatius 3,9 stasiaz ntwn V 4,3 ek to ej t n pr gonon qouj
con.Sykutris 6, 5 Nhlwj V, Sulwj Mullach 10,1 dikaaj Allatius, dikawj V
10,7 stsin ek qej V, corr. Sykutris
11,9 suppl.Maas, Qeraouj ntaj con. Sykutris
13,2 misn Sykutris, kn V, j paridn Wilamowitz 13,4 add.Westermann 14,7 kai servat
Cobet
<Speusippo a Filippo>(1).
Antipatro, luomo che ti porta questa lettera, per stirpe di Magnesia, ma gi da un pezzo in Atene
va scrivendo la storia della Grecia (2). Dice che, in Magnesia, gli stato fatto un torto; ascolta
quindi le sue vicende, e aiutalo benignamente, come puoi. E giusto che tu lo aiuti, fra le molte altre
ragioni perch, quando nella nostra cerchia si letto il discorso che Isocrate ti ha indirizzato, egli ne
ha s lodato lintento, ma ha biasimato il fatto che siano in esso ignorati molti benefici da voi resi
alla Grecia (3). Prover a enumerarne alcuni. Isocrate, per esempio, non ha spiegato quali siano i
benefici resi alla Grecia da te e dai tuoi antenati, n ha confutato a dovere le calunnie che da alcuni
sono state mosse contro di te, e non si astenuto dallattaccare Platone nemmeno nella lettera
inviata a te. In verit egli non avrebbe dovuto ignorare la parentela che c' fra te e la nostra citt, ma
avrebbe dovuto chiarirla anche per i posteri. Eracle, infatti, poich vigeva fra noi una vecchia legge
secondo la quale nessuno straniero poteva essere affiliato ai misteri, a questo scopo si fece adottare
da Pylio. E in base a questo racconto Isocrate avrebbe ben potuto rivolgersi a te come a un
concittadino, dal momento che la tua stirpe discende da Eracle (4), e poi avrebbe dovuto anche
narrare i benefici fatti alla Grecia dal tuo antenato Alessandro e da altri tuoi antenati. Invece ha

Fragmenta (II) - Pag. 29


taciuto di tutte queste cose, come se si trattasse di azioni nefande. Alessandro uccise i legati di
Serse, che erano venuti in Grecia a chiedere acqua e fuoco; poi, quando i barbari mossero verso di
noi con lesercito e i Greci si radunarono al nostro tempio di Eracle, fu lo stesso Alessandro a
svelare loro il tradimento di Alevas e dei Tessali, e per suo merito i Greci furono salvi (5). Di questi
benefici avrebbero dovuto far menzione non solo Erodoto e Damaste (6), ma anche questuomo,
che mostra di volerti conciliare la massima benevolenza degli uditori con il suo discorso, cos
esaltando il tuo antenato (?). Bisognava poi anche parlare di quanto avvenuto a Platea con
Mardonio; e poi di seguito tutti gli altri benefici dei tuoi antenati; in questo modo il discorso scritto
per te avrebbe attratto a te maggiore affetto da parte dei Greci che non un discorso che in realt non
dice nulla di buono intorno al vostro regno. E allet di Isocrate ben si addirebbe parlare di antiche
cose, anche se, comegli stesso dice, ha ancora verde il pensiero (7). Ma poteva poi anche confutare
le calunnie che vengono mosse contro di voi da quelli di Olinto. Chi potrebbe essere cos sciocco
da credere che, mentre ti muovono contro la guerra Illiri e Traci, sia tu che ti metti a fare la guerra
contro Olinto? Ma inutile dilungarsi ancora su tutto questo in una lettera diretta a te. Piuttosto,
quelle cose che non sono facilmente accessibili agli oratori e che da molto tempo si tacciono da
parte di tutti, ma che bene tu sappia, prover io a dirtele, perch anche solo per la rivelazione di
esse tu possa rendere ad Antipatro la grazia dovuta.
Circa il paese che ora degli Olintii, solo colui che ti porta questa lettera ha narrato in maniera
degna di fede come un tempo appartenesse agli Eraclidi, non ai Calcidesi. Allo stesso modo egli
narra che Neleo a Messene e Sileo presso Amfipoli furono entrambi uccisi daEracle, perch erano
dei violenti; e come pegno fu data da custodire Messene a Nestore figlio di Neleo, il paese di Fillide
a Diceo fratello di Neleo; poi, dopo molte generazioni, alla fine Cresfonte ebbe in sorte Messene,
mentre la Amfipolitide, che era degli Eraclidi, la conquistarono gli Ateniesi e i Calcidesi. Allo
stesso modo, da Eracle furono soppressi dei malfattori nemici di ogni legge, quali Ippocoonte
tiranno di Sparta, Alcione tiranno di Pellene; e Sparta fu concessa a Tindareo, Potidea e laltra parte
di Pellene a Sitone, figlio di Posidone; e la terra laconica venne in possesso dei figli di Aristodemo,
col ritorno degli Eraclidi, metre Pellene, chera anchessa degli Eraclidi, la possedettero gli Eretriesi
e i Corinzii e gli Achei tornati da Troia. Allo stesso modo quest'uomo narra che Eracle tolse di
mezzo presso Toronea i tiranni protidi Tmolo e Telegone; e dopo aver ucciso, presso Ambracia,
Clide e i suoi figli diede in custodia Toronea ad Aristomaco, figlio di Sitone; ivi i Calcidesi, nel
tempo in cui era ancora in vostre mani, dedussero una colonia. Egli affid poi la regione di
Ambracia a Lacide e a Caratte, convinto che essi avrebbero poi reso quelle terre loro affidate ai suoi
discendenti. E anche i paesi che di recente sono venuti in mano di Alessandro degli Edoni, tutti
sanno che in origine erano dei Macedoni. Queste non sono le vanterie di Isocrate n puro suono
verbale: sono discorsi che possono recar vantaggio al tuo dominio.
Ma poich ora tu sei tutto impegnato nella contesa con lAmfizionia, voglio raccontarti questa
storia cos come la narra Antipatro (8); il quale dice in che modo lAmfizionia stessa sia sorta, e
come membri dellAmfizionia, quali i Flegii, i Drioni, i Crisei stessi siano stati eliminati
rispettivamente da Apollo, da Eracle, dagli altri amfizioni. Tutti costoro, che erano stati amfizioni,
furono privati del voto, e altri, cui furono passati i loro voti, vennero in vece loro a far parte
dellAmfizionia. Egli racconta pure che tu, a imitazione di questi, ottenesti dagli amfizioni come
premio pitico, per via della spedizione a Delfi, i due voti dei Focesi. Di tutte queste cose quel tale,
che si vanta di insegnare cose antiche in modo nuovo e cose nuove in modo antico, non dice nulla,
non parlando n delle imprese pi antiche, n di quelle che tu hai compiute recentemente, e neanche
delle cose avvenute in periodo intermedio. Sembra che alcune non le abbia mai sentite, altre non le
sappia, altre ancora le abbia dimenticate.
Oltre a ci, quel sofista, nellesortarti a nobili azioni, ti porta ad esempio, esaltandola, la fuga e il
ritorno di Alcibiade, e trascura le ben pi grandi e pi belle imprese compiute da tuo padre (9).
Alcibiade, dopo essere andato in esilio per accusa di empiet, e aver fatto molto male alla sua
patria, alfine vi torn; Aminta, vinto da una rivolta che aveva per oggetto la conquista del regno,
ritiratosi per qualche tempo, torn poi in Macedonia da dominatore; laltro invece, di nuovo andato

Pag. 30 - Fragmenta (II)


in esilio, fin poi malamente la sua vita, mentre tuo padre, al contrario, ha finito i suoi anni a capo
del regno. Ti ha portato ad esempio perfino la monarchia di Dionisio, come se fosse conveniente
per te imitare i pi empi e non i pi saggi, essere in gara con i peggiori e non con i pi giusti (10). E
dice, nel suo discorso, che bisogna portare esempi che siano convenienti e illustri; ma poi, poco
curandosi di quanto ha detto, si serve di esempi che sono del tutto contrarii a questo. Ci che pi
ridicolo, dopo aver scritto tutto questo, afferma di essersi dovuto amabilmente difendere dagli stessi
discepoli che lo attorniano, alcuni dei quali gli facevano obiezioni, e che poi, vinti dalla forza
delleloquenza, non sapendo pi cosa dire, hanno finito col lodare il suo discorso, al punto tale di
ritenere che sia da porsi, fra tutte le sue orazioni, al posto pi alto. Ma potresti vedere in breve
quale sia lesattezza e quale la cultura di Isocrate dal fatto stesso che d Cirene, fondata da Batto,
per una colonia fondata dagli Spartani (11); e che ha posto come suo successore, nella sua arte, il
discepolo Pontico, uomo del quale non potresti trovare molti sofisti pi impudenti (12).
So che c tra di voi anche Teopompo (13); un uomo molto acre, che ha sparso voci calunniose
contro Platone, dicendo che non vero che sia stato Platone ad aver posto inizialmente le basi del
tuo regno, n che vero che egli si affliggeva se fra di voi avvenisse qualcosa di spiacevole e di
meno che fraterno. E tu quindi, per mettere un freno alla tracotanza di Teopompo, comanda ad
Antipatro di leggergli la sua storia della Grecia; e Teopompo capir che meritatamente respinto da
tutti e immeritatamente gode la sorte di far parte del tuo seguito (14). Non altrimenti Isocrate, quello
stesso che da giovane, insieme a Timoteo, scrisse contro di voi epistole ingiuriose, adesso da
vecchio, appositamente e per malevolenza, tace della maggior parte dei benefici da voi compiuti. Il
discorso che ti ha indirizzato, poi, lo stesso che ha scritto prima per Agesilao (15), poi, cambiando
solo alcune cose qua e l, lo ha venduto al tiranno siciliano Dionisio; successivamente, alcune cose
togliendo e altre aggiungendo, lo ha aggiustato per Alessandro di Tessaglia (16); ed ecco che da
ultimo, meschinamente, lo indirizza a te .
Vorrei che la capienza del mio papiro fosse sufficiente a far menzione di tutte le simulazioni che
egli fa nel discorso a te dedicato. Dice che la pace di Amfipoli gli ha impedito di scrivere un
discorso sullimmortalit di Eracle, ma che di ci ti parler poi meglio in seguito; ritiene di doverti
chiedere scusa se ha scritto alcune cose senza vigore, a causa della sua vecchiaia, e che non si
meraviglia se Pontico, col leggerti il suo discorso, lo render in qualche modo pi da poco e vile
(17); dice di sapere con certezza che farai una spedizione contro i Persiani! (18) Ma non ho pi
papiro sufficiente per scrivere tutte le altre cose che mi proponevo; tanta la penuria di papiro in
cui ci ha gettati il Gran Re, occupando lEgitto! (19) Sta bene, e, dopo esserti preso cura di
Antipatro, fa in modo di rimandarmelo qui al pi presto.
1) La lettera considerata oggi di discussa autenticit. E.Bickermann e J.Sykutris, Speusipps Brief
an Knig Philipps, .Ber. der Schsischen Akademie der Wissenschaften 1928, pp.1-86, lhanno
dichiarata autentica luno dal punto di vista storico, laltro dal punto di vista stilistico, e occorre in
ogni caso misurarsi con la loro opinione: il loro apporto in favore dellautentica appartenenza a
Speusippo ha un peso notevole, che non pu essere trascurato.
Gli autori fanno seguire alla lettera una rassegna di opinioni critiche. Dopo una prima attribuzione
a Speusippo, sulla base di un confronto con Caristio presso Ateneo (supra, Test.18), compiuto gi
nel XVII secolo da L.Allatius ( Allatius, Socr. Epist., 1637) , molti critici sono stati propensi a
negarne lautenticit: fra di essi A.Westermann, De epistularum scriptoribus Graecis
commentarius, Lipsiae 1855, pp.15-19; Bernays, Phokion, p.116 sgg.; W. Obens, Qua aetate
Socratis et Socraticorum, quae dicuntur, scriptae sint epistulae, Diss. Mnster 1912, p.31 sgg.; O.
Schering, Symbola ad Socratis et Socraticorum epistulas explicanda, Diss. Greifswald 1917, p.61
sgg.; Wilamowitz, Platon I, p.725 e II, p.280, e sulle sue orme Jacoby, FGrHist. II A 69, pp.35-37,
II C, p.21 sgg.; ancora la Koehler, Briefe d.Sokr:, pp.116-123. Ma tra XIX e XX secolo non sono
mancati peraltro critici propensi a riconoscere lautenticit dellEpistola, quali Mullach,
FrPhilosGr. III, pp.82-90, o Ritter, Neue Untersuch. b. Plato, pp.387-392; e della rapida
accettazione della tesi Bickermann-Sykutris sono fra laltro documento Pohlenz, Philipps

Fragmenta (II) - Pag. 31


Schreiben, pp.41-62, in part.55; Momigliano, Fil.il.Mac., p.132; pi tardi Merlan, Isocr., Arist.
etc.,.p.60, e Markle III, Supports Ath. Intell., pp.92-93. Da ultimo si veda Natoli, Letter of
Speusippus, Intr., pp.23-31, con la sua accettazione dellautenticit seppur moderata da una
probabilit a favore.
E tuttavia da notarsi che un autore tuttaltro che contrario al riconoscimento di autenticit quale
:Pasquali (Lett. Platone, p:251, nt.1) afferma di conservare ancora, in proposito, qualche dubbio.
Oggi una revisione della tesi dellautenticit quella compiuta da Bertelli, Epistola di Speusippo
(1976), pp.275-300, e Lettera di Speusippo (1977), pp.75-111. Nella raccolta del Tarn la lettera
non compare neppure, ma annunziato uno scritto dedicato a refutarne lautenticit.
Continuo a conservare la sensazione che lepistola sia effettivamente autentica. La raccolta delle
lettere dei Socratici , nellinsieme, pi tarda di quella delle lettere di Platone; la Koehler, pp.4-5, la
ritiene non anteriore al II secolo d.C. Eppure anche le lettere di Platone si sono raccolte intorno a
una (o forse due, lVIII oltre alla VII) che oggi la critica moderna, nonostante notevoli eccezioni,
esita fortemente a dichiarare spurie: cfr. per questo Brisson, Lettres, p.20, e Isnardi Parente,
Platone.Lett., Intr., p.XII.. Non insomma caso raro n particolarmente notevole che un insieme di
opere nella maggioranza spurie possa formarsi sulla base di un nucleo autentico.
Sykutris, Speus.Brief, pp.47 sgg., si assunto il compito di sgombrarci la strada da possibili
obiezioni di carattere stilistico. La lettera dimostra una possibile influenza isocratea se non altro per
alcuni termini, come quell stora che lautore usa in 11,8 (Sykutris, pp.51-52), come lo
e ergesa usato pi volte soprattutto nella prima parte, e pure assai noto a Isocrate (ibid., p.58; per
Isocrate cfr, Philipp. 116, 140, 154) e per il carattere di un uso della metafora moderato e contenuto,
come del resto in tutta la buona letteratura attica del IV secolo. Nellinsieme, la lettera rivela una
perizia stilistica notevole, un uso calibrato e retoricamente dotto delle espressioni e delle clausole
retoriche, tale da farci comprendere che ci troviamo di fronte a un autore non esente, nonostante
lanti-isocratismo del contenuto, da educazione retorica di buona marca isocratea. Tuttavia, il
riconoscimento del carattere attico, e non atticistico, dello stile della lettera solo una delle
condizioni per lattribuzione a Speusippo, potendo trattarsi anche di un falso assai antico; e inoltre il
compito di dimostrarne in maniera relativamente sicura lautenticit reso difficile dal fatto che non
possediamo alcuna opera speusippea che possa servire adeguatamente di confronto.
E lanalisi storica dellEpistola quella che ci d maggior sicurezza in merito al problema
dellautenticit: e in merito a questa possiamo, nelle note che seguono, fare alcune affermazioni che
ci portano vicini a risolvere tale problema positivamente. Per la natura e il carattere della lettera
cfr.oggi Natoli, Letter of Speusippus, p.22, che tende a riconoscerle carattere privato e non pubblico
n ufficiale: la lettera non fu pubblicata se non molto oltre il tempo in cui fu scritta. Se accettato,
come sembra sia da accettarsi, ci rende ancor pi notevole la questione del ricoscimento della sua
autentict.
2) Non conosciamo Antipatro se non da questa pagina: dovrebbe trattarsi di uno storico che ha
scritto su Atene. Pur inclinando a ritenere inautentica la lettera, Jocoby, nel gi citato FGrHist. II A
69 e II C p:21 sgg., d notevole spazio a questi frammenti di storia partigiana e cortigiana ; sembra
comunque difficile chegli possa venir identificato col futuro diadoco, in base a unipotesi avanzata
da F.Blass, Die attische Beredsamkeit,zweite Ablegung, Leipzig 1892 e J.Kaerst, Antipatros, RealEncycl. I,2, !894, col.2502. Cfr. Natoli, Letter of Speusippus, p.110, anchegli incline a rifiutare
questa associazione.
3)Comincia qui la polemica anti-isocratea che si protrarr per tutto il resto delle lettera., e si
accrescer a un dato punto (12, 1 sgg.) con laccenno al suo allievo Teopompo. Che essi siano
tradizionalmente denigratori di Platone, verit storica su cui non necessario tornare qui; meno
probabile che in una lettera attribuita a Speusippo a vari secoli di distanza si tenesse ancora conto
di questo. Speusippo denuncia un vero e proprio Anti-Filippo scritto dai suoi avversari; ci spiega
perch la lettera possa essersi conservata, trattandosi di una lettera aperta, cio di un vero e proprio
libello polemico in forma epistolare, secondo un uso non certo ignoto alla scuola di Platone (la
stessa VII Epistola sembra avere questo carattere). Natoli, Letter of Speusippus, pp.64-66, contrario

Pag. 32 - Fragmenta (II)


a porre Spesippo in amichevole rapporto con Filippo (lantimacedonismo dellAccademia per lui
un dato di fatto incontrovertibile; ma su questo, per quanto riguarda Speusippo, si possono nutrire
dubbi), ritiene che Speusippo abbia semplicemente osato tastare le acquecol sovrano, difendendo
Platone ai suoi occhi, contro Isocrate e la scuola.
4) Con latteggiamento tradizionale dei monarchi macedoni ( Erodoto, Hist.V, 22, VIII, 137; cfr.
poi Isocrate, Phil.,176), Filippo si vantava di discendere da Eracle; anche noto come si sforzasse
di apparire llhniktatoj, contro le accuse a lui frequentemente rivolte di non essere un vero
greco e di regnare su un popolo barbarico (Demostene, De falsa legatione, 309; De corona, 31; e
altrove). Nelle storie di Antipatro era puntualizzato non solo il filellenismo degli antenati di Filippo
ci che Demostene considera tradimento qui visto come benemerenza verso gli Elleni ma
anche il legame particolare della stirpe dei sovrani macedoni verso Atene, per via delladozione di
Eracle da parte dellateniese Pylios (non sembra necessario supoporre qui, con la Kohler, p.117,
limitazione di Apollodoro,II,5,12). Bickermann, Speus.Brief, p.23 sgg., ha notato numerosi altri
esempi di simili finzioni mitologiche volte a giustificare a posteriori posizioni politiche e
aggressioni belliche.
5)La figura di Eracle e la sua attivit antirannica servono a giustifica le accuse rivolte a Filippo per
il suo assoggettamento della parte nordorientale della Grecia: cfr. Demostene, or.VI,8, 11-12.
Loccupazione di Amfipoli, di Ambracia, della Calcidica vengono giustificate ricorrendo a titoli di
legittimazione consistenti nellazione di Eracle contro pano rgoi e parnomoi. Questi motivi
costituiscono per il diritto greco reali e validi titoli giuridici: cfr. Andocide, De pace,13, Eschine,
or.II, 117, e, con diversa applicazione, lo stesso Demostene, or.XV, 29. Cfr.Bickermann,
Speus.Brief, pp.28-29, sulle orme di J.Lipsius, Attisches Recht, Leipzig 1905-1915, II, p.450.
6) Damaste di Sigeo; cfr. Dionisio di Alicarnasso, Thucidides, 5 ( e FGH 5). Lopera cui
Speusippo allude deve essere il Per tn n `Elldi genomnwn (Natoli, Lett. Speus.,p.120).
7)Isocrate, nato nellolimpiade 86,1 (436a.C.allincirca) , ha gi unet considerevole quando
questa lettera , o si presume che sia, scritta. Cfr. K.Mnscher, s.v.Isokrates, Real-Encycl. IX, 1916,
coll.2146-2227, in part.2150.
Dallesame di tutta questa parte della lettera Bickermann (p.30 sgg.) trae la convinzione che essa, se
autentica, sia stata scritta nellinverno 343-342, prima che lintervento ateniese costringesse Filippo
ad astenersi dalla conquista di Ambracia (cfr. Demostene, Phil. III, 27,34). La lettera di Speusippo
non ha senso se non in un contesto nel quale Filippo si prepara alla conquista di Ambracia, e mal si
giustifica una tarda falsificazione che non tenga conto di questi successivi eventi. Egli giustifica
lunico errore storico che nellEpistola, lo scambio fra Dario e Serse, con lesempio di altri
consimili errori di retori greci, per esempio Andocide, De pace, 316 (scambio di Cimone con
Milziade), Eschine, or.II, 172 ( meno calzante laltro esempio, di Elio Aristide, Panathenaiks, a
proposito di confusioni consimili fra Dario e Serse, data la lontananza dellautore dagli eventi e il
carattere ormai puramente erudito del richiamo). Vi sono poi, per il Bickermann, due dati
importanti per la fissazione cronologica, e sono uno laccenno allattivit di Platone presso Perdicca
in favore del giovane Filippo che sarebbe maldestro e inopportuno gi soltanto nel 341, dopo la
morte, nel corso della lotta antimacedone in Eubea, di quellEufreo discepolo accademico chera
stato lo struimento pratico di Platone per tale operazione presso la corte macedone - ,laltro la
significativa frase finale circa la mancanza di papiro derivato dallo stato bellico che regna in Egitto,
frase che ci riporta inequivocabilmente allanno della spedizione di Artaserse Ochos per lappunto
in Egitto, nella seconda met del 343: la datazione della lettera dunque da non riportarsi a dopo
quella data. Su questo aspetto ci proponiamo di tornare a tempo debito: un accenno prezioso che
ci dice molto circa lautenticit della lettera.
La Koehler parla invece, genericamente, di uno scritto che dovrebbe porsi in ogni caso dopo il 346,
anno della composizione del Filippo isocrateo (Briefe Sokr., pp.118-119), in base a cui potrebbero
rivelarsi equivoche e inattuali laccenno ai Focesi e lingresso di Filippo nellAmfizionia, per cui
cfr. infra, nota seguente. E dubbi pi notevoli intervengono a Bertelli, Epist.Speus., p.279 sgg., circa
il modo con cui la lettera di Speusippo viene a inserirsi nelle vicende relative a Eufreo: se la fine di

Fragmenta (II) - Pag. 33


Eufreo cade nella seconda met del 342, la cronologia del Bickermann fuori luogo, dato che la
lettera, dopo la morte di Eufreo, non ha pi ragione di essere. Ma Bertelli non sembra aver preso in
considerazione unaltra ipotesi, che cio la lettera di Speusippo possa essere stata scritta non a
conclusione di una certa serie di avvenimenti, ma durante questi stessi, cio durante la rivolta
dellEubea e nel corso dellopposizione antimacedone di Eufreo stesso. Seguendo la cronologia
offerta da U.Kahrstedt ( Forschungen zur Geschichte des ausgehenden fnften und des vierten
Jahrhunderts, Berlin 1910, p.73 sgg.), gli avvenimenti della rivolta in Eubea si pongono
esattamente nello stesso lasso di tempo in cui Bickermann ritiene scritta la lettera speusippea; e il
rigoroso silenzio di essa su Eufreo potrebbe apparire, a questa luce, significativo. La lettera ha quasi
il tono di voler ricordare al monarca latteggiamento di Platone e della sua scuola e i suoi debiti
verso di essa, nonostante il diverso atteggiamento assunto poi da singoli suoi membri, in particolare
da parte di uno, il cui nome si tace volontariamente ( cfr. Isnardi Parente, Filos.e polit.,p.42, nt.51, e
Speusippo, pp.397-398).
Recentemente tornato sulla questione della datazione Natoli, Letter of Speusippus, p.29 sgg., con
la fissazione di un terminus ante quem al 341; il che non porta niente di realmente nuovo alla
questione: si oscilla semplicemente fra 343 e 341, senza che i problemi siano essenzialmente mutati.
8) La questione dellAmfizionia e della sconfitta dei Focesi appare ancora tuttaltro che chiusa nel
343, come attesta lorazione di Demostene sulla falsa ambasceria (or.XIX, 111, 132, 327):
Antipatro, colloffrire al re pretesti e giustificazioni per le sue imprese amfizioniche, gli d anche
una patente di delficit, il che di particolare importanza per una scuola e uno scolarca che fanno
aperta professione di delficismo, e si richiamano ad Apollo delfico a protettore e patrono.
9)Si riferisce certamente a Isocrate, Phil., 58 sgg. Linesattezza circa Aminta, scacciato
temporaneamente dal regno per un assalto degli Illiri, mentre qui sembra che lo sia stato per una
sedizione, notata dalla Kohler, Briefe Sokr., p.118; ma pu dipendere da cattiva informazione di
Speusippo circa le vicende macedoni.
10) Ancora Isocrate, Phil., 65-66. Operare una sorta di parificazione fra un buon re e un tiranno
particolarmente criticabile da parte dellAccademia, e in particolare di Speusippo; cfr: supra, F 92,
ove troviamo la teoria del re come n r gaq j.
11) Ancora Isocrate, Phil., 5-6.
12) Non si sa nemmeno se Pontico sia il nome proprio di questo allievo,o se occorre leggere qui
pontik j, un allievo venuto dal Ponto; in ogni caso un personaggio fantasma, e ci fa presenti
tutte le difficolt create dalla letteratura epistolare. Per la Koehler (pp.119-120) un ricordo di
Ant.224, passo in cui si parla di allievi venuti dal Ponto; ma per Bertelli potrebbe trattarsi di
Isocrate, figlio del platonico Amicla, di Apollonia (Lettera Speus., p.91).
13) Teopompo si trovava in Macedonia nel 342 ( cfr.R.Laqueur, Theopompos aus Chios, RealEncycl. V A 2, 1937, coll.2176-2223, in part.2185, 2187. Che si desse da fare per stornare la
benevolenza di Filippo da Platone e dalla sua scuola comprensibile: suo infatti lo scritto
Katadrom t j Pltwnoj diatrib j (FrGrHist II B 115, fr.259, cfr. anche 275). Momigliano,
Phil.il Mac., p.132, nt.2, pensa che lEncomio di Filippo scritto da Teopompo sia una risposta
polemica al Filippo di Isocrate: Teopompo avrebbe esortato Filippo ad occuparsi della Europa,
piuttosto che interessarsi a combattere i barbari. Quanto allaccusa di essere uomo yukr j, essa
in coerenza con quanto la tradizione ci riporta intorno a Teopompo (cfr. ancora Laqueur, coll.218586).
14)Non va trascurata lipotesi di Markle III, Supp.Ath.Intell., pp.93-94, che la lettera possa essere
stata scritta da Speusippo con il preciso intento di evitare un precettore isocratico, anzich un
precettore accademico, per il giovinetto Alessandro. La lettera sarebbe quindi indirizzata a Filippo
per sollecitarlo indirettamente a far cadere sugli allievi di Platone, piuttosto che sulla cerchia
isocratea (e Teopompo si trovava gi presso Filippo) tale importante scelta. Al contrario Bertelli,
Lett.Speus., p.83, ritiene che una delle ragioni che pu indurre a dubitare dellautenticit della
lettera linverosimiglianza di una azione di propaganda antiaccademica svolta da Teopompo alla
corte del sovrano proprio mentre Aristotele si trovava a esercitare la sua funzione di precettore

Pag. 34 - Fragmenta (II)


presso Alessandro. Senonch largomento non regge, e soprattutto si basa sullipotesi che Aristotele
sia stato chiamato a Pella gi dal luglio 343, quando ancora la stesura della lettera non si dava come
imminente; non sembrano suffragare tale ipotesi n le citazioni degli studiosi chegli apporta a suo
sostegno (Jaeger, Arist., p.117; Wormell, Liter.Trad.of Hermias, p.58; Dring, Arist., p.12) n
soprattutto la fonte antica, Diogene Laerzio, V,10: parlandoci dellinizio della funzione di educatore
di Aristotele sotto larcontato di Pitodoto, Diogene ci rimanda semplicemente allanno 343/42, n
su questa base lecito voler precisare date ulteriori. Si pu dire tuttal pi che la lettera di
Speusippo sia stata scritta immediatamente prima della chiamata di Aristotele, anzi la abbia
sollecitata:
Non si dimentichi che la lettera non un esempio di filomacedonismo coerente e impegnato: pi
che un libello di propaganda filo-macedone, un libello di propaganda anti-isocratea ( cfr.gi lo
stesso Bickermann, Speus.Brief, p.45, e infine p.81 per la sfavorevole valutazione dinsieme
dellethos speusippeo). E della gara puntigliosa fra le due diverse tradizioni scolastiche non il caso
di tornare a parlare qui di nuovo; si pu oggi rimandare a A.Masaracchia, Isocrate: retorica e
politica, Roma 1995, cap.1 (Le scienze nella paideia), pp.17-45, ove questo dibattito molteplice
viene efficacemente raccolto..
15) Il discorso, o la lettera, che Isocrate avrebbe indirizzato ad Agesilao ci ignoto: G.Mathieu,
Les ides politiques dIsocrate, Paris 1925, 1966, pp.100-101, ipotizza uno scambio fra Agesilao e
il figlio di questo Archidamo, cui diretta una lettera di Isocrate, la Epistola IX (cfr. poi anche
Mathieu-Brmond, Isocrate, IV, Coll.Bud, 1942, Notice, pp.163-164).
16)Nulla sappiamo di Alessandro di Fere: Schering, Symbola, p.38, pensa a uno scambio con
Giasone, il che comporterebbe una incongruenza cronologica, essendo questi morto nel 370. Ma
Bickermann, pp.35-36, ipotizza una lettera ad Alessandro verosimilmente scritta fra il 367, anno in
cui Isocrate scriveva la lettera a Dionisio, e il 363.
17) Per le osservazioni sul termine mwl teron cfr. supra, F 51.
18) La previsione di una guerra di Filippo contro i Persiani rafforza Bickermann, p.35 sgg., circa la
sua fissazione cronologica della lettera prima della morte di Ermia (341) quando latteggiamento
antipersiano di Filippo comincia a rivelarsi pienamente, mentre suscita dubbi in Bertelli,
Epist.Speus., p.288, secondo il quale limpostazione antipersiana della politica di Filippo doveva gi
considerarsi precedente, legata in qualche modo allazione di Aristotele presso la corte macedone.
Si ricordi per che anche in Aristotele esse non diviene chiara se non quando Ermia torturato e
ucciso dai Persiani, e quindi dopo la data presumibile di questa lettera.
19) Contro la conclusione della lettera come ulteriore prova dellautenticit Pasquali, Lett. Pl.,
p.251, nt.1) e pi decisamente Bertelli, Epist.Speus., p.279 sgg. (ma contro di lui cfr.
giustamente Natoli, Letter of Speusippus, p.28). Mi trovo ancora una volta daccordo col
Bickermann: gli storici antichi non sono soliti a fare attenzione ai fatti economici minuti, e
lattribuire importanza, da parte di un falsario, a un fatto storico come la carenza di papiro
desterebbe difficolt, non solo per linsensibilit corrente a registrare fenomeni di questordine,
ma anche per la difficolt obiettiva di trovarli registrati nelle fonti a disposizione.
Pseudepigrafi
F 131 Epist.Socr:XXX (=XXXII Orelli)
1,8 corr. Allatius 2, 8 corr. Hercher; ntoln Allatius, pistoln P
3,5 corr. Orelli

3, 3e 4 suppl. Koehler

<Speusippo a Senocrate>
Ho creduto che fosse mio dovere non trascurare nessuna di quelle cose che bene fare, sia per il
mandato che ho da Platone, sia per lamicizia che sussiste fra me e te. E ho creduto perci di
doverti scrivere per avvertirti quali siano attualmente le mie condizioni fisiche, e per dirti che credo

Fragmenta (II) - Pag. 35


opportuno che tu venga nellAccademia a reggere la scuola. Mi accingo a dirti questo perch lo
ritengo giusto e doveroso. Platone, come tu ben sai, giudicava cosa di non scarso rilievo il far parte
dellAccademia, ritenendo che ci fosse importante ai fini di una vera gloria, della propria vita,
della propria futura memoria fra gli uomini. E, con siffatte convinzioni, lalta stima in cui ti teneva
la prov con la sua morte stessa: comand infatti a tutti noi amici che, quando tu fossi venuto a
morte, dovessimo seppellirti presso di lui; ci perch pensava che non ti saresti allontanato mai
dallAccademia. Perci credo che ti convenga sommamente rendere onore a Platone, in vita e in
morte: giusto che un uomo come si deve onori gli di, i genitori, i benefattori, e la nostra
convivenza con Platone si adatta perfettamente a quanto ora ho detto: Platone era infatti per alcuni
un padre, per altri un benefattore che si prende cura di noi, e per tutti quanti poi teneva il luogo vero
e proprio di una divinit. Ti consiglio quindi, poich lo credo cosa buona e giusta, di rendere a
Platone la grazia pi grande e pi degna; il che potrai fare se, venendo nellAccademia, <reggerai
la scuola>; la coerenza e la lealt possono esser dette a buon diritto vera sapienza. Noi dobbiamo
eccellere in queste molto pi che gli altri uomini; e tu credo che le avrai a cuore pi ancora di
quanto si conviene (1)
.
1) LIndex Academicorum, che ci riporta notizie molto pi antiche e attendibili, parla (supra,
Test.1) di una regolare elezione di Senocrate da parte dei discepoli neanskoi, presupponendo
lassenza del solo Aristotele. Se la notizia dellelezione di Senocrate e quella di una preventiva
chiamata da parte di Speusippo non sono in s assolutamente contraddittorie, resta lincertezza circa
la residenza di Senocrate (Atene o la sua patria Calcedone, da cui avrebbe fatto ritorno?), e sta di
fatto che la notizia circa una chiamata indubbiamente molto pi tarda dellaltra. Essa d
limpressione di una notizia conciliatoria, che tenda ad accordare fra loro le due figure dei primi
scolarchi dellAccademia e ad istituire un legame fra di esse. Simili notizie sono sempre da
accettarsi con grande cautela, anche se non rifiutarsi a priori.
Diogene Laerzio (IV,3), lo pseudo-Galeno (Hist.Philos.,3), Temistio (Or.XXI, 255b) riportano la
notizia della chiamata ricevendola o dal falsario, o dalla stessa tradizione sulla quale il falsario ha
costruito questa epistola e la seguente. Si tratta della tradizione che, nellantichit ormai tardiva, ha
fatto dimenticare il dato pi sicuro dellelezione.
LEpistola socr. XXX costruita in maniera da porre particolarmente in risalto la figura di
Senocrate. A Senocrate si d una legittimazione fondata sulla stessa parola di Platone; il quale
avrebbe addirittura predisposto la sua tomba accanto a quella del discepolo prediletto. Non sono
quindi tanto i condiscepoli accademici quanto il medesimo Platone ad eleggere il proprio
successore. C anche una sorta di velato rimprovero: Platone non avrebbe mai supposto che
Senocrate potesse allontanarsi dalla scuola; quindi a suo nome che Speusippo ve lo richiama,
ricordandogli in pari tempo il dovere degli onori a Platone come personaggio divino e la sua
funzione di continuatore. Cos, con questa lettera, riconosciuta a Speusippo una funzione di
tramite e stabilita una assoluta continuit ideale fra i due scolarcati di Platone e di Senocrate.
La Koehler, Briefe Socr:, p.124, ha creduto di notare echi della IV Epistola platonica: la
conclusione della lettera richiamerebbe Epist.IV, 320c, a sua volta modellata su Phaedr. 279a (cfr.
Souilh, Platon, Lettres, p.22). Ci deriva dalla convinzione che la IV Epistola platonica scaturisca
da ambiente speusippeo; cfr. Isnardi Parente, Platone.Lett., p.205-07: il falsario, in qualche modo
riferendosi ad essa, avrebbe fatto una ragionevole scelta del suo modello. A parte tutto ci,
laccentuazione della concordia interna dellAccademia induce a pensare che la lettera sia pseudospeusippea e che scaturisca da una tradizione conciliatoria tardo-antica.
F 132 Epist.Socr. XXXI (XXXIII Orelli)
1, 3 < ti> Hercher 1,5 sic Herter, kecarismnon codd. 1,7 paragen menoj P
<Speusippo a Senocrate>

Pag. 36 - Fragmenta (II)


Mi sembrato bene scriverti questa lettera per informarti del mio stato fisico. Le forze del corpo mi
hanno abbandonato in grande misura; non posso pi valermi di alcuna delle mie membra. Si d il
fatto, per, che la lingua e la testa continuino a funzionare: forse perch sono organi separati dal
resto del corpo, e le parti pi divine di esso. Gi prima avrei voluto averti qui: farai bene, adesso, se
verrai e ti porrai a capo dei miei, come ben so che tu farai, prendendoti cura delle cose
dellAccademia (1).
1) E modellata sulla lettera dellultimo giorno, che Diogene Laerzio (X, 22= fr.138 Usener, 52
Arr.) attribuisce a Epicuro: lautore pu conoscerla da Diogene Laerzio stesso, anche se la
traduzione datane da Cicerone (De fin.II,30, 96) attesta la conoscenza e la diffusione di essa ben
da prima. Assai simile la struttura: una breve introduzione, le notizie sulle disperate condizioni
fisiche, il richiamo a un elemento di vitalit persistente, la conclusione finale. Platonico
soprattutto il motivo della superiorit del capo rispetto al resto del corpo (Tim.44d); la
correzione di Hercher, kecwrismnon, rende meglio comprensibile tutta la frase (cfr. gli sforzi
di traduzione compiuti, in base alla lezione trdita, dalla Koehler, Briefe Sokr:, p:91). La
conclusione riprende il motivo della XXX, e ci rende propensi a credere che le due lettere siano
della stessa mano.
F 133 Epist.Socr. XXXIII (XXXV Orelli)
1,6 nemenoj Hercher 2,2 corr.Orelli; ballntia tk ntia Hercher
2,6 corr. Allatius, t
te xion P 2, 8-9 sic Ritter, to j kalo j genomnouj Koehler
2,11 sic P in margine 3,7
corr. Hercher; porqasoij (?) P
3, 10 dikaj codd., corr. Allatius et Hercher, ex Hom., Od.,
XIX, 11 3,13 cerej pleonej corr.Hercher
4,1 asteriscos post man posuit Orelli 4,3
corr.Allatius, f bou P
<Speusippo a Dione>
Ho creduto bene di scriverti due lettere, luna in tono pi solenne, laltra scritta invece nel
linguaggio usuale della vita domestica (1). Comprendo bene, infatti, che le lettere che si mandano
possono talvolta esser ricevute in momenti poco propizi: ci sono dei momenti in cui uno di noi
serio, altri in cui si trova tutto teso alla piacevolezza e in condizioni di maggior allegria, e gode
allora di comportarsi con maggiore libert di parole. In primo luogo, mi rallegro con i Siracusani di
averla fatta finita di chiamare il maiale iacco e il bue aratore della terra, e altre piacevolezze del
genere, per esempio fruttigeno il mese in cui nascono i frutti (2); e di scrivere sofismi e mandarli a
Delfi (3); tanto pi che Apollo non sembra essersi comportato da padre dopo averli ascoltati, e aver
visto il carro che corre da solo nellippodromo al contrario, mi sembra proprio che abbia voluto
far cessare costui dal venire di persona a offrirgli tutti questi giochi dingegno. Forse proprio il
caso di dire che solo quelli che aspirano al bello sono amati dagli di.
Mi ricordo della lettera che mi scrivesti, dicendomi che per mia iniziativa era stata preparata
questa impresa, e non era stata differita; e dicevi che avrei fatto bene a sostenerne tutte le difficolt
e tutte le vicissitudini. Un altro, forse, ricordandoti una simile lettera, si affretterebbe a
raccomandarti di voler contraccambiare tutto questo; ma io aspetter, per chiedertelo, loccasione
propizia. Terrei invece in gran conto il fatto che tu, dopo limpresa, ti mantenessi cos come sei
stato sempre nel tuo comportamento verso di noi, anzich divenire con noi altezzoso e superbo (4),
come vanno raccontando di te i bambini per le strade, e Polisseno nelle sue navigazioni, e i pastori
sui monti (5). E proprio il caso di comportarsi in un modo cos fanciullesco? No certo. Ma ora
mostrerai quali capi ci siano fra i Danai tali da sostenere giuste cause: da ci che deriva ogni
buon successo. E darai cos lustro allAccademia, s che la gloria di questa vada per quanto si
diffonde laurora.
A me spuntano arti e piedi pi numerosi che quelli di Gerione; se mi manderete Filistione, o
chiunque altri possibile, non farete che accrescere le mie forze (6). Mandami una poich so da

Fragmenta (II) - Pag. 37


Meride e da Echecrate delle lezioni fatte nella cerchia di Dionisio (7): credo bene che siano degne
in tutto e per tutto di essere ascoltate, giacch vengono da un uomo che rampollo di stirpe febea.
Mandami a dire se devo provvedere a qualcosa di cost privatamente, o valendomi dei mezzi
pubblici della citt; o anche procurandomene da fuori di essa, giacch quelli che vi hanno
accompagnato nella spedizione sono pronti a farlo. Sappi che credo siano molti quelli che sono ben
disposti a prendersi cura di tutto insieme con te, se a te sembra che le cose siano state condotte da
noi come si deve. Qui da noi, tutto va pi o meno come quando voi eravate qui. Sta bene.

1) Questa lettera si immagina scritta da Speusippo a Dione poco dopo la sua vittoria su Dionisio II;
dato dunque per scontato che egli non abbia preso parte alla spedizione. Insieme con la curiosa
risposta indiretta che appare scritta da Dionisio anzich da Dione, lEpistola XXXIV, appare
studiata esaurientemente dal Ritter, Neue Unters., p.382 sgg.; dal Sykutris, Briefe Sokr:, p.92
sgg.; qualche precisazione porta anche la Koehler, Briefe Sokr., p.124 sgg.
2) Le notizie relative allattivit poetica di Dionisio il Vecchio, che forse qui lautore confonde con
Dionisio II, sono date da Ateneo, Deipnosoph.III, 98d; fonte, probabilmente, i Sikelik di
Athanis.
3) Plutarco, De Alexandri fortuna, 338a, ci parla dellepigramma delfico, non per delle singolari
offerte (ad esempio il carro automoventesi) inviate al santuario di Delfi. La notizia per
probabilmente vera: Diodoro (XIV, 42) ci dice del carattere mirabile della tecnica siracusana, di cui
Dionisio voleva farsi vanto agli occhi di tutta al Grecia (cfr: Sykutris, Briefe Sokr., p.94). Plutarco,
Dio, 9, ci parla delle grandi abilit tecniche di Dionisio; ma che questi stesso sia andato a darne
prova a Delfi in qualit di offerente forse derivato dalla pseudo-platonica Epist.III, 315b sgg.,
lettera che in ogni caso stata scritta assai prima della XXXIII Socratica.
4) Evidentemente lautore dellEpistola non si contentava delle Epistole platoniche, perch rafforza
le raccomandazioni fatte a Dione di non insuperbire per la vittoria, foggiate sulla base di Epist.IV,
320b, e cfr. a sostegno Epist.VII, 336a; cfr. Plutarco, De adul. et amico, 69f-70a. Tali
raccomandazioni venivano certamente anche da parte speusippea, ma non possediamo su di esse
che un accenno di Plutarco (cfr.supra, Test.32). Anche la fine della lettera si modella su Epist.IV,
321a:
5) Polisseno certamente il sofista allievo di Brisone e autore dellargomento del terzo uomo, per
cui cfr. Epist.plat.II, 310c, 314c. Per la sua presenza a Siracusa in quel periodo cfr. V.Stegemann,
s.v.Polyxenos, Real-Encycl. XXI,2, 1952, coll. 1857-59. Laccenno presente alla fuga di
Polisseno dopo la caduta di Dionisio.
6) Per ci che riguarda il medico Filistione e la scarsa salute di Speusippo cfr. supra, Test.20.
Anche lesempio mitologico di Gerione risente di influenza platonica (cfr. Euthyd.299a).
7)Per le sunousai con Dionisio II cfr. ancora Epist.VII, 341b; luomo di stirpe febea
ovviamente Platone. Anche il nome di Echecrate noto, per Echecrate di Fliunte, forse il pitagorico
cui legato il Fedone platonico ( notizie in Timpanaro Cardini. Pitag.II, pp.426-27). Ma pu darsi
che si tratti di un altro Echecrate, a noi ignoto, giacch Platone ed poi uno pseudo-Platone parla di lui come del giovinetto Echecrate( Epist.IX, 358b): forse Echecrate di Taranto, di cui ci
parla Giamblico nel suo Catalogo. Cfr. Isnardi Parente, Platone.Lett., p.266.

Pag. 38 - Fragmenta (II)

Indice delle testimonianze e dei frammenti:


Testimonia
Test.1 Vita Speusippi Herculanensis (pap.herc.1021), p.135-136 Dorandi
2 Diogenes Laertius, Vitae Philosophorum, IV, 1-5
3 D.L. III, 46
4 Suidas, s.v.Speusippos, 928, IV, p.417 Adler
5 D.L.III, 4
6 D.L. V, 86
7 Philod.Ind.Acad. col.V, additamentum II, p.222 Dorandi
8 Pap.Oxy.12, col.1, 21 sgg.
9 Eusebius-Hieronymus, Cronicon, pp.118-126 Helm
10 Elias, In Aristotelis Categorias, p.112, 17-23; 112,28-113,4
11 Ps.Elias, In Porphyrii Isagogen, 29, 41-43, pp.69-70
12 14 Vita Aristotelis latina, 13-14, 24 - Vita Aristotelis Marciana, pp.3,69-73, 4, 112-117 Vita Aristotelis vulgata, 13-14 e 18
15 Athenaeus, Deipnosoph.VII, 279 e-f
16 Athen. Deipnosoph.XII, 546d
17 Athen. Deipnosoph. XI, 506e
18 Philostratus, Vita Apollonii Tyanensis,1,35
19 Epist.Socr.XXXIV,1
20 Ps.Platonis Epist.II, 314e
21 Aelianus, V.H. III,9
22 Ps.Platonis Epist.XIII,361 d-e
23 Ps.Chio, Epist.X, p.60 Dring
24 Plut. De fraterno amore, 21, 491f l-492a 2
25 Ps. Plut. De liberis educandis, 14, 10d 5-8
26 Plut. Adv.Colotem, 1108a
27 Seneca, De ira, III, 12, 5-7
28 Valerius Maximus, IV, 1, 15
29 Plut. Dio, 17, 2-4
30 Plut., Dio, 22, 1-4
31 Plut:, Dio, 35,4
32 Plut., De adulatore et amico, 29, 70a 1-5
33 Ps.Galenus, Hist.Philos., 3, Dox.Gr. p.599
34 Ioannes Italos, Quaestio 91, p.137, 5-25 Joannou
35 Prolegomena in Platonis Philos., 24,6, p.38 Westerink
36 Ioannes Stobaeus, Florilegium, IV, 52,17, V, p.1077 Hense
37 Tertullianus, Apolog. adv. gentes, 46,10, p.96 Waltzing
38 Gregorius Nazianzenus, Poemata moralia, PG X, 306, col.702
39 Themistius, Oratio XXI, 255b
40 Themistius, Oratio XXXI, 353 c-d
41 Themistius, Oratio XXXIV, VII
42 Plutarchus, Quaestiones Convivales, I, 612 d7-e2
43 Gellius, Noctes Atticae, III,7,13
44 Cicero, Academici Post., I,4,17
45 Cicero, De oratore, III, 18, 67
46 Cicero, Acad.post., I,9,34

Fragmenta (II) - Pag. 39


47
48
49
50
51
52
53

Cicero, De finibus, IV, 2,3


Epicrates apd.Athen. Deipnosoph.II, 59d-f
Athenaeus, Deipnosoph. I, 3f
Numenius, De Acad.a Plat.defectione I, apd.Eusebium, Praep.Evang. XIV,5,1
Eusebius, Paepr.Evang.XIV, 4, 13-14
Porphyrius, Vita Pythag., 53
Simplicius, In Arist.Phys., p.151,6 sgg. Diels

Pag. 40 - Fragmenta (II)

Fragmenta
1 Sextus Empiricus, Adv.log.I, 145-146
2 Proclus, In pr.Eucl.Elem.librum, p.179, 8-21 Friedlein
3 Id., ibid., pp.77,7-78,9 F.
4 Id.,ibid., p.181, 21-24 F.
5 Aristoteles, Anal.post.,II, 13, 97a 6-14
6 Anon.In Arist.Anal.post.,pp.584, 17-585 ,1 Wallies
7 Themistius, In Arist.Anal.post., p.58, 4-11 W.
8 Ioannes Philoponus, In Arist.Anal.post., pp.405,27-406,2 W.
9 Id., ibid., p.406,16-22 W.
10 Eustratius, In Arist.Anal.post., p.202, 16-33 Hayduck
11 Id., ibid., pp.203,35-204,4 H.
12 Id., ibid., p.205, 15-16 Hayduck
13 Simplicius, In Arist.Categorias, p.38, 19-30 Kalbfleisch
14 Id., ibid., p.36, 25-30 K.
15 Id., ibid., p.29,m 5 K.
16 Aristoteles, Metaph.Z, 2,1028b 18-25
17 Asclepius, In Arist.Metaph., p.379, 12-15 Hayduck
18 Id., ibid., pp.377,34-378,3 H.
19 Ps.Alexander, In Arist.Metaph., pp.463,34-464,1 Hayduck
20 Arist.Metaph L, 1075b 37-76a4
21 Id., ibid., 1072b 30- 73a 1
22 Themistius, In Arist.Metaph. Paraphrasis, p.24, 24-29 Landauer
23 Ps.Alexander, In Arist.Metaph., p.699, 28-33 H.
24 Ioannes Philoponus, In Arist.Metaph.,trad.F:Patrizzi, fol.51v, col.a
25 Aristoteles, Metaph. N,5, 1092a 9-17
26 Aristoteles, Metaph.N,4, 1091a29-b 3
26a Ps.Alexander, In Arist.Metaph., pp.717,39-718,5 H.
27 Aristoteles, Metaph.M, 8, 1084 b 27-30
28 Damascius, De primis principiis, I, p.2, 25 Ruelle
29 Palimps.Taurinense, I, 20-24, p.602 Kroll
30 Proclus, In Platonis Parmenidem comm., pp.38-40 Klibansky-Labowsky
31 Aristoteles, Eth.Nicom., I,4, 1096b 5-7
32 Aristoteles, Metaph.N, 4 , 1091b 30-35
33 Syrianus, In Arist.Metaph., p.164, 22-24 Kroll
34 Ps.Alexander, In Arist.Metaph., p.823, 9-14 H.
35 Aristoteles, Metaph. L , 10, 1075a 31-37
36 Aristoteles, Anal.Post., II,6, 92a 20-25
37 Aristoteles, Metaph.I, 3, 1054a 20-32
38 Alexander Aphr., In Arist.Metaph., p.250, 13-22 H.
39 Ps.Alexander, In Arist.Metaph., p.616, 14-19 H.
40 Theophrastus, Metaph., 32, XI A 18-25 Usener, p.21 Laks-Most
41 Iamblichus, De comm.math.scientia, 4, pp.15,6-16,14, 18, 1-13 Festa
42 Aristoteles, Metaph. L , 1, 1069a 30-36
43 Aristoteles, Metaph.M,1, 1076A 19-22, 32-35
44 Aristoteles, Metaph. M, 6, 1080b 11-18, 23-29
45 Aristoteles, Metaph.M, 8, 1083a 20-35
46 Aristoteles, Metaph. M, 9, 1086a 2-5
47 Ps.Alexander, In Arist.Metaph., p.782, 31- H.

Fragmenta (II) - Pag. 41


48 Aristoteles, Metaph. N,4, 1091b 13-25
49 Aristoteles, Metaph. N, 2, 1090a 2-13, 20-38
50 Aristoteles, Metaph. N, 3, 1090b 5-7
51 Aristoteles, Metaph. N,5, 1092a35- 1092b
52 Aristoteles, Metaph. N, 1 ,1087b 6, 27-33
53 Aristoteles, Metaph.M, 9, 085b 5-12, 21-27
54 Aristoteles, Metaph.M, 9, 1085a 31-34
55 Aristoteles, Metaph. M, 5, 1085b 26-31
56 Aristoteles, Topica, I, 18, 108b 23-28
57 Aristoteles, Metaph.N, 3, 1090b 13-20
58 Theophrastus, Metaph. 12, VI A 23-B 7 Us., p. 8 Laks-Most
59 Iamblichus, De comm.math.scientia, 4, pp.16,15-17, 29 Festa
60 Aetius, Placita, I,7,20, Dox.Gr. p.303b
61 Cicero, De nat.deor., I,13, 32
62 Minucius Felix, Octavius, 19,7, p.29 Beaujeu
63 Aristoteles, Metaph.N, 5, 1092a 7-21
64 Plutarchus, Platonicae quaestiones, 8, 1007 a-b
65 Aristoteles, De caelo, I, 10, 279b 32-280a 2
66 Scholion in Arist.De caelo, p.489, 9-12 Brandis
67 Iamblichus apd. Stobaeum, Ecl.I, 49, pp.363,26-364,5 Wachsmuth
68 Iamblichus, De comm.math.scientia, 4, p.40, 15-19 Festa
69 Aristoteles, De anima, I,2, 404b 18-27
70 Aristoteles, De caelo, III, 4, 403a 29-b2
71 Olympiodorus, In Platonis Phaedonem, p.124, 13-18 Norvin
72 Philodemus, De pietate, fr.C, 7b 1, p.72 Gomperz
73 Aristoteles, Eth.Nic., VII, 13, 1153b 1-7
74 Id., ibid., X,2, 1173a 5-9
75 Aspasius, In Arist.Eth.Nicom., p.150, 3-8, 19-16 Heylbut
76 [Heliodorus], In Arist.Eth.Nicom:, p.158, 20-30 H.
77 Eustratius, In Arist.Eth.Nicom., pp.452,26-453,2 H.
78 Scholion in Eth.Nicom., p.239, 16-21 Cramer
79 Michael Ephesius, In Arist.Eth.Nicom., pp.538,35-539,19 Heylbut
80 [ Heliodorus], In Arist.Eth.Nicom., p.211,37- H.
81 Aulus Gellius, Noctes Atticae, IX,5,4
82 Aristoteles, Metaph. I, 6, 1056a 30-35
83 Clemens Alexandrinus, Stromata, II, 22,133, p.186, 19-23 Sthlin
84 Cicero, Tusculanae Disputationes, V,10,30
85 Id., ibid., V, 13, 39
86 Id., ibid., V, 31, 87
87 Id., De legibus, I, 13, 37-38
88 Seneca, Epist.85, 18
89 Plutarchus, De comm.not.adv.Stoicos, 13, 1065a
90 Diogenes Laertius, IX, 23
91 Clemens Alexandrinus, Strom. II,4, l9,3, p.122 S.
92 Aristoteles, Soph.Elenchoi, 15, 174b 19-27
93 Anon., In Arist.Soph.El. paraphrasis, p.40, 8-14 Hayduck
94 ps.Iamblichus, Theologoumena arithmetices, 61,10- 62,23, pp.82-85 De Falco
95 Athenaeus, Deipnosophistae, II, 61c
96 Id,ibid., II, 68e
97 Id.,ibid., III, 86 c-d
98 Id., ibid., III, 105b

Pag. 42 - Fragmenta (II)


99 Id., ibid., III, 133b
100 Photius, Lexicon, s.v. penion, II, p.88 Naber
101 Athenaeus, Deipnosoh., VII, 300e
102 Id., ibid., VII, 327c
103 Id., ibid., VII, 301c
104 Id., ibid., VII, 303d
105 Id., ibid., VII, 308d
106 Id., ibid., VII, 313a
107 Id., ibid., VII, 286f
108 Id., ibid., VII, 313e
109 Id., ibid., VII, 318e
110 Id., ibid., VII, 319b-c
111 Id., ibid., VII, 319d
112 Id., ibid., VII, 323a
113 Id., ibid., VII, 323f
114 Id., ibid., VII, 324f
115 Id., ibid., VII, 329f
116 Id., ibid., IX, 369b
117 Id., ibid., IX, 387c
118 Id., ibid., IX, 391d
119 Hesychius, Lexicon, s.v. sybotas
120 Aristoteles, De partibus animalium, I,2, 642b 4-20
121 Diogenes Laertius, III,2
122 Hieronymus, Adv.Iovinianum, I, 42, p.384, 27-30
123 Philodemus, Pap.hercul.1005, fr.111 Angeli
124 Anonymus, Vita Platonis, p.9 Westermann
125 Seneca, Epist.58, 31
126 Apuleius, De Platone et eius dogmate, I, 2
127 Macrobius, Saturnalia, I, 17,7-8
128 Index Herc Acad col.VI, 34-38, p.136 Dorandi
129 Anthol.Planudea, 31 Dbner
130 Epist.Socr.XXVIII (XXX Orelli), p.1 sgg. Bickermann-Sykutris
131 Epist.Socr.XXX (XXXII Orelli)
132 Epist.Socr. XXXI (XXXIII Orelli)
133 Epist.Socr. XXXIII (XXXV Orelli)

Margherita Isnardi Parente


SPEUSIPPO. TESTIMONIANZE E FRAMMENTI

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