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Pagina 8 Il fuoriclasse

DUE GATTI E UN CAN E

Il
primo animale con il quale feci amicizia fu la gatta di mia nonna Virginia. Era di pelo rosso con macchie
bianche e il suo nome era semplicemente “Micia”. Grande cacciatrice di topi li catturava nel cortile e nel ma-
gazzino, dove mio nonno Legria teneva la farina per il pane che vendeva nel negozio di via Verdi, angolo via
Roma. Uccideva i topi e poi li poneva sullo zerbino esterno del prestino, come se fossero trofei di guer-
ra.Allora io ero un bambino e alla vista del topastro morto lanciavo un urlo di terrore, mio nonno lo raccoglieva e lo
buttava nella rüera, una fossa in cortile dove si buttavano tutti i rifiuti. Una volta vidi Micia immobile fissare il buco
nel muro dove si inseriva la “stanga” di legno che serrava dall’interno la porta d’ingresso del negozio. Mi accorsi che
nel buco si era rifugiato un topo e che la sua coda pendeva nel vuoto. Chiamai allarmato il nonno che prese per la coda
il topo e lo mostrò a Micia pronta a scattare da gran felino. Ma il topo tentò di mordere la mano del nonno ed allora lui
lo stritolò con la sua mano d’acciaio, ferita durante la guerra di Libia del 1911 e risanata più forte di prima.
Fu, per me, una visione orribile, ma il mio vecchio non aveva mezze misure: chi tentava di fargli del male finiva ma-
le, anzi malissimo. Avevo un nonno “guerriero”.
Micia partoriva i suoi piccoli in luoghi appartati, poi li portava sotto il bancone del negozio, dove mia
nonna le preparava un caldo giaciglio e in quel rifugio li accudiva con amore.
La gatta ormai vecchia andò a morire sotto il tavolo di granito del giardinetto dei nonni e fui io a sco-
prire il doloroso evento con uno dei miei soliti urli di disperazione.
Il mio secondo amico fu Tito, un gatto nero come il carbone trovato ed adottato da
mio padre. Se Micia era rapida e veloce come una tigre, Tito era flemmatico e
sornione e camminava “felpato” come una pantera. Il banco di ven-
dita della drogheria di mio padre aveva in tutta la sua lun-
ghezza, appena sotto il ripiano principale,
tanti cassetti che finivano esternamente in vetrinet- te.
Erano le vetrinette delle caramelle di tutti i tipi,
dalle “Moretto” al cioccolato, a quelle al liquore, a
quelle al limone e all’arancia. L’insieme forniva
un bellissimo aspetto cromatico. Tito era abilissimo
nel saltare in un cassetto, “catturare” una caramella,
con la zampa buttarla per terra, scartarla e mangiarla in un ba-
leno. Le sue preferite: le “Moretto” al cioccolato. Quando studiavo, ormai frequentavo le scuole superiori e poi
l’Università, il mio gatto mi veniva a trovare nel mio studio al secondo piano della casa. Dopo una solenne miagolata,
saltava sulla mia scrivania e lì si sedeva ad osservarmi per almeno un quarto d’ora. Io leggevo a bassa voce ciò che
studiavo e probabilmente quel mormorio affascinava Tito. Ma sono convinto che lui amasse soprattutto le poesie ed in
particolare Leopardi. Dopo un miagolio che era una richiesta di carezze, se ne andava, lento e flemmatico come sem-
pre. Probabilmente un quarto d’ora di studio per lui era già molto. Quando i miei lasciarono il negozio e la casa di
Corso Garibaldi, Tito fu affidato alle cure di Luigi, il macellaio, ma mio padre spesso andava a fargli visita ed anch’io
chiedevo sempre sue notizie. E dopo due gatti ecco un cane: il mio cane Igor, un cocherino color miele che ora ha tre-
dici anni. Aveva circa un anno quando lo accolsi in casa per sottrarlo al canile. Subito si rivelò tremendissimo: dispet-
toso e disubbidiente, accanito nemico dei gatti della zona, ma anche molto affettuoso. Diventammo ben presto amici
ma anch’io ero vittima dei suoi dispetti. Un giorno, prima di uscire di casa, mi tolsi una scarpa per eliminare un noioso
sassolino. Igor afferrò tra i denti la scarpa e fuggì lontano. Quando gli sottrassi “la preda” era talmente malridotta che
dovetti gettare il paio di scarpe. Il mio terribile cocherino ha due specialità: fuggire attraverso il cancello, quando
qualcuno entra o esce, per avventurarsi per la strada, rischiando la vita, e catturare piccioni. Ho tenuto il conto ed al 4
settembre 2009, in dodici anni, ne ha “giustiziati” 106. Poiché i piccioni sono spesso malsani e “inquinati” è assoluta-
mente necessario sottrarglieli. Solo io posso farlo, ma anche con me Igor ringhia come il miglior Gattuso.
Il mio cane è anche un grande ”amatore” o meglio è un abile “fecondatore” di cagnette. Così molte signore mi portano
le loro cockerine per essere ingravidate ed Igor non tradisce mai le attese. La cosa più bella è l’accoglienza che mi ri-
serva quando torno a casa. In particolare era felice di vedermi arrivare con la bicicletta e la cartella da scuola: iniziava
una pazza corsa lungo la cancellata, poi si fermava all’improvviso e cominciava ad abbaiare di gioia.
Era invece un problema l’uscita: la mia “belva” si infilava tra le due ruote della bicicletta per uscire con me. Una volta
non mi accorsi della sua fuga e arrivò fino nei pressi della scuola, accolto dalle grida dei ragazzi. Dovetti caricarlo nel
cestino della bicicletta e riportarlo a casa. Il suo luogo preferito è davanti alla porta d’ingresso di casa: lì riceve i raggi
del sole del pomeriggio e, soprattutto in inverno, rimane immobile, come una statua per ore tanto che guardandolo da
lontano la gente si domanda se è vero o di porcellana.
Marco Brugola

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