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RIASSUNTI FILOSOFIA: ARISTOTELE

IL PROBLEMA DEGLI SCRITTI


Le opere che ci sono giunte comprendono scritti che Aristotele chiama acroamatici,
in quanto destinati agli ascoltatori o esoterici, ovvero che racchiudono una dottrina
segreta. Oltre a questi scritti, compose anche quelli in forma dialogica chiamati da lui
stesso essoterici, cio destinati al pubblico, dove si serv di miti e di altri ornamenti
vivaci; ma di questi scritti ci sono pervenuti solo pochi frammenti. Gli scritti
acroamatici iniziarono a essere conosciuti solo nel I secolo a.C., quando furono
pubblicati da Ludovico di Rodi, dove, secondo il racconto di Strabone, erano stati
trovati nella cantina della casa dei discendenti di Neleo. Per sta di fatto che dopo la
pubblicazione degli scritti acroamatici, questi presero il sopravvento sui dialoghi. In
questo modo, nasce il problema del rapporto tra dialogo e scritti scolastici. Nei trattati
scolastici il pensiero di Aristotele appare perfettamente chiaro e definito, il che sembra
escludere che lui abbia avuto dei dubbi; mentre nei dialoghi emerge il fatto che la
dottrina di Aristotele ha subito mutamenti, infatti, nei frammenti che possediamo di
questi dialoghi ci mostrano un Aristotele che aderisce prima al pensiero platonico, ma
poi si allontana e lo modifica.
GLI SCRITTI ESSOTERICI (DESTINATI AL PUBBLICO)
Tra i dialoghi di Aristotele ci sono il Simposio, un Sofista, il Protrettico, ecc.
Questultimo unesortazione alla filosofia, in quanto lui afferma che filosofare
necessario, questo perch, anche per decidere di non filosofare, necessario
filosofare. Nel Protrettico il filosofare concepito ancora in senso platonico, ossia come
abbandono del mondo sensibile; il dialogo ''Sulla filosofia'' delinea il primo distacco di
Aristotele al Platonismo.
LE OPERE ACROAMATICHE (DESTINATE ALLINSEGNAMENTO)
Gli scritti esoterici vengono classificati in:
-scritti di logica, noti con il nome di Organon, (ossia strumento di ricerca) e vengono
organizzati in: Categorie (1 libro), Sullinterpretazione (1 libro), Analitici primi (2 libri),
Analitici secondi (2 libri), Topici (8 libri) e Elenchi sofistici.
- Metafisica (14 libri) un insieme di scritti diversi e composti in epoche diverse. Nei
libri I e II Aristotele include anche se stesso tra i platonici. I libri XIII e XVI
appartengono allo stesso periodo e sono una rielaborazione dei precedenti. Il XII
contiene la teologia aristotelica,ossia la teoria del primo motore immobile. I libri VII,
VIII e IX, espongono la teoria della sostanza.
-scritti di fisica, storia naturale, matematica e psicologia, (sarebbero le dottrine
scientifiche) organizzate in: Lezioni di fisica, Sul cielo, Sulla generazione e la
corruzione, Sulle meteore, Storia degli animali, Sulle parti degli animali, Sul
movimento degli animali.
-scritti di etica, politica, economia, poetica e retorica, (sarebbero le dottrine di
carattere ''pratico''). Di Aristotele ci sono giunte tre trattazioni di etica: lEtica
nicomachea, lEtica eudemia e la Grande Etica. Questultima un estratto dalle
due precedenti. LEtica eudemia deve il suo nome a Eudemo di Rodi, che la pubblic;

questultima pi antica rispetto allEtica nicomachea, che lo scritto pi completo


del filosofo e venne pubblicato da suo figlio Nicomaco. Inoltre abbiamo: la Politica, la
Costituzione degli ateniesi, lEconomia, la Retorica, la Retorica ad Alessandro, la
Poetica.

IL DISTACCO DA PLATONE E LENCICLOPEDIA DEL SAPERE


LA DIVERSA CONCEZIONE DEL SAPERE E LA REALTA
Il contrasto tra Platone e Aristotele rispecchia il differente indirizzo culturale dellet
classica e dellet ellenistica, in quanto Aristotele, pur collocandosi cronologicamente
nella prima per le sue idee, figlio della seconda.
Platone crede nella finalit politica e vede il filosofo nella sua massima incarnazione.
Aristotele fissa invece lo scopo della filosofia nella conoscenza disinteressata del reale
e vede il filosofo come un sapiente, uno scienziato- professore, che si dedica quindi,
alla ricerca e allinsegnamento. Da ci emerge il fatto che, se in Platone prevale la
politica, in Aristotele prevale la scienza. Platone guarda il mondo secondo unottica
verticale e gerarchica, che distingue da un lato le realt vere e apparenti, e
dallaltro distingue le conoscenze superiori e inferiori.
In un primo tempo Aristotele, segue le idee del maestro, ma nella maturit del suo
pensiero e negli ultimi anni, guarda il mondo secondo unottica tendenzialmente
orizzontale e unitaria, che considera tutte le realt allo stesso piano di dignit
ontologica, e tutte le scienze allo stesso piano di dignit gnoseologica; infatti, egli
ritiene che la realt si divida in varie regioni.
LENCICLOPEDIA DELLE SCIENZE IN ARISTOTELE
Aristotele ritiene che la filosofia, intesa come metafisica, si differenzi dalle altre
scienze in quanto essa si interroga sullessere o sulla realt in generale, studiandole in
quanto tali, senza prenderne in considerazione le varie facce. Cos la filosofia diviene
la scienza prima, ossia la disciplina che studia loggetto comune a tutte le scienze
(lessere), e i principi comuni a tutte le scienze (principi dellessere). Vedendola in
questo modo, la filosofia appare come lanima unificatrice e organizzatrice delle
scienze, in quanto studia il loro comune fondamento. dunque, nellottica di Aristotele
la filosofia continua a essere la regina delle scienze.
I DIVERSI METODI E INTERESSI DEI DUE FILOSOFI E LE ANALOGIE
Mentre in Platone vi un sistema aperto e un filosofare diplomatico, che ripropone
svariati interrogativi e soluzioni, in Aristotele vi un sistema chiuso, cio un insieme
fisso e immutabile di verit. Inoltre, mentre Platone fa uso di miti e si sforza di
recuperare la sapienza politica in quella filosofica, Aristotele concepisce la filosofia
come una speculazione razionale e specialistica. Unaltra grossa differenza tra i due
filosofi risiede nel fatto che Platone ha interesse per la matematica, e non per le
scienze naturali e empiriche, mentre Aristotele ha poco interesse per la matematica, e
notevoli passioni verso le scienze naturali.

Tali differenze, per, non devono far pensare a una contrapposizione tra i due filosofi.
Infatti, non bisogna dimenticare che Aristotele pur sempre il discepolo di Platone.
LA METAFISICA
Aristotele distingue tre tipi di scienze: le scienze teoretiche, quelle pratiche e quelle
poietiche.
Le scienze teoretiche hanno come oggetto il necessario (ossia ci che non pu essere
diverso da com), come scopo la conoscenza disinteressata della realt e come
metodo quello dimostrativo. Esse sono la metafisica, la fisica e la matematica.
Le scienze pratiche e poietiche hanno come oggetto il possibile (ossia ci che pu
essere diverso da com), come scopo lorientamento dellagire e come metodo quello
non dimostrativo.
Esse sono letica e la politica. Le scienze poietiche invece sono le arti belle e le
tecniche, e hanno come scopo la produzione di opere o la manipolazione di oggetti.
IL CONCETTO DI METAFISICA
Aristotele per indicare il termine di metafisica usava lespressione filosofia prima.
Nella sua opera Aristotele afferma che questultima studia:
-le cause e i principi primi;
-lessere in quanto essere;
-la sostanza;
-Dio e la sostanza immobile.
Tra questi quattro significati, quello su cui ha insistito maggiormente Aristotele il
secondo. Dire che la metafisica studia lessere in quanto essere equivale a dire che
essa non ha per oggetto una realt particolare, bens la realt in generale, ovvero
l'aspetto fondamentale e comune di tutta la realt. Infatti il dominio dellessere
diviso tra le singole scienze: ad esempio, la matematica ha come oggetto lessere
come quantit, mentre la fisica lessere come movimento. Solo la metafisica considera
lessere in quanto tale e studiando le caratteristiche universali che strutturano lessere
come tale e quindi tutto lessere e ogni essere. Per questo motivo la metafisica
la scienza prima, mentre le altre scienze filosofie seconde.
Quindi, l'idea della metafisica come ''scienza dell'essere in quanto essere''
veramente la grande scoperta di Aristotele.
I SIGNIFICATI DELLESSERE E LA SOSTANZA
La metafisica dunque lo studio dellessere. Aristotele giunge alla conclusione che
lessere pu venire inteso in modi diversi e considerato in modo univoco quando in
tutte le sue occorrenze inteso sempre nello stesso senso, ovvero come esistere. In
questo caso si incorre in un problema: se con il verbo essere si indicasse in modo
univoco lesistenza allora laggiunta di una negazione alla predicazione porterebbe a
negare non solo lattributo ma la stessa esistenza del soggetto.
Altrettanto insostenibile il carattere equivoco dellessere, ovvero laffermazione che
lessere vada inteso ogni volta in senso diverso a seconda del contesto, ma se si
intendono le parole in modo sempre differente, si arriva allimpossibilit di
comunicare, poich chi ascolta o chi legge una parola non sapr mai in quale
accezione essa sia impiegata in quella particolare occorrenza.

Resta un ultima possibilit, cio che lessere vada inteso in parte nel medesimo senso
e in parte in senso diverso (polivoco). Si giustifica in tal modo il fatto che noi vi
attribuiamo significati particolari e diversi ai quali riconosciamo un comune significato
di fondo: gli studiosi medievali parleranno di significati analoghi.
Dalle categorie alla sostanza
Per Aristotele lessere ha una molteplicit di aspetti e di significati. Tra tutti i modi
possibili dellessere, Lui cerca di mettere in luce quelli basilari raccogliendoli in una
apposita tavola:
-lessere come accidente;
-lessere come categorie o essere per se;
-lessere come vero;
-lessere come atto e potenza.
Per categorie Aristotele intende le caratteristiche fondamentali dellessere, ossia
quelle determinazioni generali che ogni essere ha e non pu fare a meno di avere.
Esso sono: la sostanza, la qualit, la quantit, la relazione, lagire, il subire, il dove e il
quando. A queste otto Aristotele aggiunge lavere e il giacere. Se dal punto di vista
ontologico le categorie sono i generi supremi dellessere, ossia i modi fondamentali in
cui la realt si presenta, dal punto di vista logico sono i vari modi con cui lessere si
predica delle cose, ossia quei predicati fondamentali che fungono da caselle dove si
collocano tutti gli altri predicati possibili.
Di tutte le categorie la pi importante la sostanza, in quanto tutte le altre in qualche
modo la presuppongono. Infatti la quantit sempre la quantit di qualche cosa, la
qualit sempre la qualit di qualche cosa, la relazione sempre la relazione tra
qualche cosa, ecc., e questo qualche cosa appunto la sostanza, che il centro di
riferimento delle categorie e raccoglie tutti i significati dell'essere, poich ogni cosa
pu venir detta 'essere' in quanto esprime la sostanza, o qualche aspetto di essa.
Dal principio di non-contraddizione alla sostanza
Le varie scienze procedono per astrazione, ossia spogliano le cose da tutti i caratteri
che sono diversi da quelli che esse prendono in considerazione. Il matematico spoglia
le cose di tutte le qualit sensibili per ridurre alla quantit. Il fisico considera lessere
solo in quanto movimento. A questo punto, il matematico e il fisico determinano certi
principi generali o assiomi che riguardano la specifica natura delloggetto della loro
indagine. La filosofia deve procedere allo stesso modo, riducendo tutti i significati
dellessere a uno solo, considerando lessere solo in quanto essere. Per fare questo la
filosofia ha bisogno di un principio, o assioma fondamentale: ossia il principio di noncontraddizione. Aristotele esprime questo principio in due modi:
- impossibile che la stessa cosa insieme inerisca e non inerisca alla medesima
cosa e secondo il medesimo rispetto; tale formula esprime limpossibilit logica di
affermare e negare nello stesso tempo un qualcosa a uno stesso soggetto. Ad
esempio, non si pu affermare contemporaneamente che luomo un animale
ragionevole e che luomo non un animale ragionevole.
- impossibile che la stessa cosa sia e insieme non sia; tale formula esprime
limpossibilit ontologica che un determinato essere sia e insieme non sia quello che .
Ad esempio, se luomo un animale ragionevole, a ogni uomo bisogna riconoscere la
natura di animale ragionevole.

Dunque, il principio di non-contraddizione afferma: ogni essere ha una natura


determinata necessaria, tale natura necessaria viene chiamata da Aristotele sostanza.
LA SOSTANZA ( l'essere dell'essere)
Per sostanza Aristotele intende l'individuo concreto e autonomo, che ha vita propria.
Aristotele chiama la sostanza anche con il termine tod ti, ossia questo qui. Lessere
non altro che un insieme di sostanze e qualit. Ognuna di queste sostanze forma un
sinolo, ossia ununione di due elementu che non si pu scegliere, che sono: la forma e
la materia. Per forma Aristotele intende la sua natura propria, ossia la struttura che
la rende quella che , e quindi un elemento ricettivo. Per materia, invece, intende
il soggetto di cui una cosa fatta, ossia il quid,e quindi un elemento attivo. La
sostanza lessenza necessaria di una cosa, la struttura fissa e immutabile che la
definisce e la organizza. Da essa dunque si deve distinguere laccidente, che indica
una qualit che una cosa pu o non pu avere, senza per cessare di essere quella
determinata cosa o sostanza.
LE QUATTRO CAUSE
La teoria della sostanza strettamente connessa alla dottrina delle quattro cause:
materiale, formale, efficiente e finale.
-La causa materiale la materia, ossia ci di cui una cosa costituita;
-La causa formale la forma, ossia lessenza necessaria di una cosa;
-La causa efficiente il principio del movimento;
-La causa finale lo scopo del movimento.
Queste quattro cause sono specificazioni della sostanza in generale, che la vera
causa dellessere. Inoltre nei processi naturale la causa efficiente, formale e finale
sono la stessa cosa, mentre in quelli artificiali possono essere distinte tra loro.
LA DOTTRINA

DEL DIVENIRE

Le tipologie del movimento


Aristotele divide 4 tipi di movimento o divenire:
a) movimento locale: spostamento di un corpo da un posto allaltro;
b) movimento qualitativo: differenza da una qualit ad un altra;
c) movimento quantitativo: differenza da una quantit ad unaltra;
d) movimento sostanziale: nascita e morte (generazione e corruzione).
I tre tipi di movimento avvengono in una sostanza che resta immutata che ospita il
movimento. Si tratta, dunque, di un passaggio dallessere in un modo o in un luogo
allessere in un altro modo o in un altro luogo. Mentre il quarto tipo di movimento
riguarda la sostanza ed della sostanza e in questo caso nasce o muore il soggetto
stesso. La sostanza proviene dal non essere, ritenendo la nascita e morte come
passaggi da un tipo di essere ad un altro tipo.
Potenza e atto
La dottrina delle quattro cause connessa al problema del divenire, che ai tempi di
Aristotele era molto discussa. Che il divenire esista un fatto, mentre come il divenire

debba essere pensato un problema, infatti Parmenide aveva dichiarato che il


divenire non pu essere pensato, perch implica un passaggio dallessere al non
essere, comportando il nulla. Aristotele, invece, ritiene che il divenire non implichi un
passaggio da un certo tipo di essere a un altro tipo di essere, dunque ritiene che il
divenire sia una modalit dellessere, per questo elabora i concetti di potenza e
atto. Per potenza intende la possibilit, da parte della materia, di assumere una
determinata forma, invece, per atto, intende la realizzazione di tale capacit.
Dunque la potenza sta alla materia come latto sta alla forma. Il punto di partenza
quindi la materia intesa come pura potenza di una certa forma, mentre il punto di
arrivo lassunzione di tale forma. Latto viene chiamato anche entelechia parola
greca che significa realizzazione o perfezione attuata. Aristotele sostiene che latto
possiede una priorit gnoseologica, cronologica e ontologica nei confronti della
potenza. Inoltre latto viene prima della potenza, in quanto, ad esempio, il seme deriva
da una pianta gi in atto. La potenza aristotelica dunque una possibilit a senso
unico, cio la necessit a costituire la modalit fondamentale dellessere.
La materia prima
Il movimento oltre alla materia e forma, potenza e atto, presuppone anche la causa
efficiente, che linizio al divenire, e la causa finale, che la fine del divenire. Spesso
ci che forma, ossia punto di arrivo di un movimento, diventa materia, ossia punto di
partenza di un altro movimento. Perci una stessa cosa pu essere sia forma che
materia, a seconda da dove la si osserva. Secondo Aristotele, in questa catena vi da
un lato la materia pura o materia prima ossia la materia-madre di cui aveva gi
parlato Aristotele nel Timeo, e dallaltro vi la forma pura o atto puro, ossia la
perfezione completamente realizzata.
LA CONCEZIONE ARISTOTELICA DI DIO
Metafisica e teologia
Unaaltra fascia sul concetto della metafisica lo getta la teologia, che ha il compito di
indagare lessere pi alto, ossia Dio. Molti studiosi hanno ritenuto che il concetto di
metafisica come teologia, quindi scienza di Dio in quanto essere supremo, fosse
contradditorio rispetto al concetto di metafisica come ontologia, quindi scienza
dellessere in quanto essere. Per evitare tale contraddizione alcuni hanno fatto risalire
la concezione teologica alla prima fase del pensiero aristotelico, e la concezione
ontologica al periodo della maturit. Ma al di l di tale considerazione, se la metafisica
mette allapice lo studio dellessere in quanto essere e concepisce la teologia come
il suo culmine, di conseguenza questi due significati possono coesistere.
La dimostrazione dellesistenza di Dio
Nella metafisica Aristotele fornisce una prova allesistenza di Dio, la quale tratta
dalla cinematica, ossia dalla teoria del movimento come possibilit di assumere nuove
condizioni o forme. Aristotele afferma che tutto ci che in moto
necessariamente mosso da altro. Questaltro, se a sua volta in moto,
necessariamente mosso da un altro. Per, ovviamente, non possibile risalire
allinfinito, in quanto il movimento iniziale sarebbe inspiegato. Pertanto ci deve essere
assolutamente un principio assolutamente primo o immobile.

Gli attributi di Dio


Aristotele identifica il primo motore immobile con Dio. Innanzitutto Dio atto puro,
ossia atto senza potenza, in quanto dire potenza equivale a dire possibilit di
movimento, mentre Dio, essendo immobile, non pu essere soggetto al divenire.
Inoltre, esso non pu contenere in s alcuna materia, questo perch la materia sta
alla potenza come la forma sta allatto, di conseguenza Dio sar pura forma, o
sostanza incorporea. Inoltre Aristotele considera Dio una realt eterna. Secondo il
filosofo Dio viene concepito anche come causa finale, ossia come oggetto damore, in
quanto Dio una perfezione che pur rimanendo impassibile, esercita una forza
calamitante sul mondo, comunicandogli il movimento. Per Aristotele i protagonisti
della storia delluniverso sono: la materia, che priva di forme, e Dio, che essendo
perfezione assoluta attrae verso di s la materia prima. Questo significa che luniverso
un desidero incessante di prendere forma. Nelluniverso aristotelico, quindi, non
Dio che ordina o forma il mondo, ma il mondo che, aspirandosi a Dio, si auto-ordina
e auto-determina. Lessere dunque il tentativo di avvicinarsi al modo di essere di
Dio. Questultimo essendo un essere perfetto penser la perfezione, e quindi lui
stesso, perci Dio sar pensiero di pensiero o metapensiero e la vita divina sar
la pi eccellente e felice tra tutte.
Monoteismo e politeismo in Aristotele
Nella fisica Aristotele descrive Dio come il motore del primo cielo, ma il
ragionamento che dimostra lesistenza di Dio pu essere preso in considerazione per
tutti i cieli. I movimenti degli altri cieli sono continui ed eterni come il movimento del
primo cielo, e perci presuppongono anchessi dei motori immobile, di conseguenza le
sostanze immobili saranno tante quanti sono i cieli. Il rapporto tra i motori immobili e il
primo motore immobile non chiaro. In ogni caso, anche se il pensiero aristotelico
appare monoteista, lui tendenzialmente politeista. Ci non appare strano, in quanto,
in Aristotele come in Platone o nei Greci in generale, il termine divino corrisponde al
concetto di eterno, e di conseguenza ci saranno una molteplicit di enti divini.
LA LOGICA
Nella classificazione delle scienze di Aristotele vi senza dubbio la logica, che un
scienza comune a tutte le scienze, e che quindi non autonoma. Per indicare la
propria dottrina di ragionamento, lui utilizza il termine analitica, in quanto la logica si
serve del linguaggio, che si suddivide in tre livelli: il discorso, le proposizioni e i
termini, infatti lui analizza il discorso in proposizioni, e le proposizioni in termini,
o partendo dai termini, analizza i questultimi in proposizioni, e le
proposizioni in discorso.
LOGICA E METAFISICA
Gli studiosi si sono chiesti: se la logica venga prima della metafisica e se la logica
debba essere considerata una costruzione formale oppure un legame tra i modi di
pensiero e i modi della realt. Per quanto riguarda il primo punto, sembrano ipotizzare
che la logica e la metafisica si siano mosse parallelamente. Per quanto riguarda il
secondo punto, dal punto di vista aristotelico, la logica ha un oggetto, ossia la
struttura della scienza in generale. Inoltre, per Aristotele, tra le forme del pensiero e le

forme della realt esiste un rapporto necessario, tale rapporto si fonda non solo sul
realismo gnoseologico, ossia la verit delle forme del pensiero, ma anche la
precedenza ideale della metafisica rispetto alla logica.
LE PROPOSIZIONI
Combinando pi termini otteniamo le proposizioni, che sono apofantiche (o vero o
falso). Aristotele distingue le proposizioni in:
-affermative e negative, a seconda che attribuiscano o separino qualcosa da
qualcosa.
-universali, nella quale il soggetto universale, come nel caso di tutti gli uomini
sono mortali.
-particolari, nella quale il soggetto si riferisce a una classe particolare, come nel caso
di alcuni uomini sono bianchi.
-singolari, dove il soggetto un ente singolo.
Aristotele ha soffermato la sua attenzione soprattutto ai rapporti tra le proposizioni
universali e quelle particolari. Questi rapporti vengono illustrati nel quadrato degli
opposti, dove le universali affermative vengono indicate con la lettera A (prima
vocale di adfirmo), le universali negative con la lettera E (prima vocale di nego), le
particolari affermative con la lettera I (seconda vocale di adfirmo), le particolari
negative con la lettera O (seconda vocale di nego). Viene detta contraria
lopposizione tra luniversale affermativa e luniversale negativa, in quanto sono
quantitativamente identiche e qualitativamente diverse; contraddittoria
lopposizione tra luniversale affermativa e la particolare negativa e tra
luniversale negativa e la particolare affermativa, che differenziano tra loro sia
quantitativamente che qualitativamente; sub-contraria lopposizione tra la
particolare affermativa e la particolare negativa, che sono quantitativamente identiche
e qualitativamente diverse; subalterna la relazione tra luniversale affermativa e la
particolare affermativa o luniversale negativa e la particolate negativa, che sono
qualitativamente identiche ma quantitativamente differenti. Due proposizioni contrarie
non possono essere entrambe vere, ma possono essere entrambe false. Infatti
logicamente possibile affermare che tutti gli uomini sono bianchi e nessun uomo e
biancosiano delle proposizioni false, mentre vero dire alcuni uomini sono bianchi
e alcuni uomini non sono bianchi. Le proposizioni contraddittorie devono essere
necessariamente una vera e una falsa; quelle sub-contrarie possono essere entrambe
vere, ma non entrambe false. Inoltre Aristotele considera anche la modalit della
predicazione, distinguendo lasserzione ( A B), la possibilit (A possibile che sia B)
e la necessit (A necessario che sia B) e sviluppando cos una serie di considerazioni
logiche e filosofiche. Secondo Aristotele, non si pu dire che dei termini o concetti
singoli siano veri o falsi, infatti attribuiamo il vero e il falso a una qualche
combinazione. Questo significa che il vero e il falso nascono con la proposizione e con
il giudizio, da ci nascono due teoremi: il primo che la verit nel pensiero, il
secondo che la misura della verit lessere.
IL SILLOGISMO
Aristotele afferma che noi quando ragioniamo passiamo da giudizi a proposizioni che
abbiano tra loro dei punti di contatti e che siano le une le cause delle altre. Il
sillogismo il ragionamento per eccellenza. Il sillogismo-tipo composto da tre

proposizioni, le quali due fungono da antecedenti e una la conseguente. Nel sillogismo,


inoltre, si hanno tre elementi: il maggiore, nella prima premessa, il minore, nella
seconda premessa e il medio, in entrambe le premesse. Il termine medio lelemento
che connette gli altri due termini, e inoltre risulta incluso nel termine maggiore e
include in s il termine minore, di conseguenza, la caratteristica espressa dal termine
maggiore appartiene al termine medio. Tutto ci pu essere espresso anche mediante
una formalizzazione di tipo simbolica, dove Aristotele ha fornito una sorta di algebra
del discorso. Infatti, sostituisce ai termini del sillogismo le lettere dellalfabeto e
indica rispettivamente il termine maggiore, minore e medio, generalizzando il
sillogismo, ad esempio: se ogni se B A, e ogni C B, ogni C A. le caratteristiche del
sillogismo aristotelico sono il suo carattere mediato e la sua necessit. Facendo
lesempio luomo mortale, la nozione animale funge da termie medio del
sillogismo, in quanto rappresenta la sostanza, o causa, o ragione, che rende possibile
la conclusione del concetto: luomo mortale solo perch animale. La connessione
tra la sostanza e il sillogismo spiega perch le premesse di questultimo siano sempre
universali, questa universalit emerge dal fatto che le premesse devono sempre
riferirsi alloggetto nella sua totalit, e quindi allessenza necessaria. In base alla
posizione del termine medio, Aristotele distingue varie figure di sillogismo: nella
prima il termine medio soggetto della premessa maggiore e predicato della
minore; nella seconda predicato di entrambe le premesse; nella terza soggetto di
entrambe le premesse; nella quarta il termine medio predicato della maggiore e
soggetto della minore.
IL PROBLEMA DELLE PREMESSE
Negli Analici primi Aristotele studia la struttura del sillogismo dal punto di vista
formale, ed consapevole del fatto che la validit di un sillogismo non si identifica con
la sua verit, in quanto un sillogismo, pur essendo correttamente logico, pu partire da
premesse false e arrivare quindi a una conclusione falsa. Ad esempio, il sillogismo
ogni animale immortale, ogni uomo animale, ogni uomo immortale, pur
essendo un formalmente logico, per materialmente falso. Negli Analici secondi
Aristotele si sofferma invece sul sillogismo scientifico che da premesse prime.
LA DIALETTICA
La dialettica si identifica con il procedimento razionale, ma non dimostrativo e si
distingue dalla scienza per la natura dei suoi principi che sono probabili. Aristotele
vede la dialettica come un ragionamento debole, che non arriva a conclusioni perch
parte delle premesse son probabili.
LA RETORICA
Aristotele definisce la retorica come larte generale di produrre discorsi convincenti
mediante entimemi, cio sillogismi nei quali una premessa viene omessa in ragione
della sua ovviet. Essa appartiene allambito del probabile e pu sostenere una tesi e
anche convincere, ma non dimostrare. Largomentazione della retorica non pu
prescindere dal contesto e dallauditore, questo significa che la retorica deve tener
conto anche degli aspetti emozionali che invece non hanno spazio nella dimostrazione.
La rivalutazione della retorica operata da Aristotele si fonda sulla convinzione che
comunicazione e argomentazione sono entrambe connaturate alla razionalit umana.

LA FISICA
I movimenti Le sostanze in movimento, che sono percepibili con i sensi, costituiscono
loggetto della fisica. Secondo Aristotele, questultima la seconda scienza teorica,
ossia quella scienza che viene subito dopo la filosofica prima e quindi la metafisica. La
fisica aristotelica essenzialmente una teoria del movimento, dove il filosofo
classifica le sostanze fisiche a partire dalla natura del loro movimento. Aristotele
distingue quattro tipi di movimenti:
-il movimento sostanziale, ossia la generazione e la corruzione;
-il movimento qualitativo, ossia il mutamento;
-il movimento quantitativo, ossia laumento e la diminuzione;
-il movimento locale, ossia il movimento propriamente detto.
Questultimo per Aristotele quello fondamentale, in quanto tutti gli altri movimenti in
qualche modo la presuppongono. Il movimento locale si suddivide a sua volta in tre
specie:
-movimento circolare intorno al centro del mondo;
-movimento dal centro del mondo verso lalto;
-movimento dallalto verso il centro del mondo.
Gli ultimi due movimenti sono reciprocamente opposti e possono appartenere alle
stesse sostanze, le quali saranno soggetti al mutamento. Il movimento circolare non
ha contrari, e per questo le sostanze che si muovono con questo movimento sono
immutabili, ingenerabili e corruttibili. Aristotele ritiene che letere, ossia lelemento
che compone i corpi celesti, sia lunico capace di muoversi con il movimento circolare.
I LUOGHI NATURALI
I movimenti dallalto verso il basso e dal basso verso lalto sono propri dei
quattro elementi che compongono le cose terrestri, ossia lacqua, laria, la terra e il
fuoco. Per spiegarli, Aristotele ricorre alla teoria dei luoghi naturali, secondo la quale
ognuno di questi ha nelluniverso un proprio luogo naturale,e se una parte di essi
viene allontanata, essa ha la tendenza a ritornarvi mediante un moto naturale. I luoghi
naturali dei quattro elementi sono determinati dal loro peso. Al centro de mondo vi la
terra, lelemento pi pesante; intorno alla terra ci sono le sfere degli altri elementi,
posti nel seguente modo:acqua, aria e fuoco; al di sopra del fuoco vi la luna, ossia la
prima sfera celeste. Aristotele era stato portatore di questa teoria attraverso delle
esperienze semplici: la pietra immersa nellacqua, affonda; una bolla daria rotta
nellacqua sale in superficie, quindi laria si posiziona sopra dellacqua; il fuoco
fiammeggia sempre verso lalto e quindi tende a connettersi alla sua sfera, che si
posiziona sopra laria.
LA CONCEZIONE TEOLOGICA DELLA NATURA
Nel cosmo aristotelico i movimenti non hanno mai luogo a caso o in base a una cieca
necessit di tipo meccanico, ma sempre in vista di uno scopo. La natura persegue per
dei fini che le sono intrinseci e che rendono superflua un intelligenza divina esterna
che la regoli (come il nous di Anassagora o il Demiurgo del Timeo platonico).
Nella prospettiva finalistica occorre distinguere due diversi casi:
1) quello dei corpi inanimati: tendono a raggiungere ciascuno il proprio luogo naturale;

2) quello dei corpi animati: compiono il proprio movimento in vista della loro piena
attuazione (diventare adulto o maturo) chiamato ENTELECHIA.
PERFEZIONE E FINITEZZA DELLUNIVERSO
Luniverso fisico secondo Aristotele perfetto, unico, finito e eterno. La perfezione
del mondo viene dimostrata da Aristotele cos: egli invoca la teoria pitagorica della
perfezione del numero 3 e afferma che il mondo, avendo tutte e tre le dimensioni
possibili, ossia altezza, larghezza e profondit, perfetto e non manca di nulla, in
quanto tale, esso anche finito. Se fosse infinito sarebbe incompiuto, in quanto
infinito ci che manca di qualcosa, il mondo invece non manca di nulla, di
conseguenza esso finito. Secondo Aristotele ogni cosa esiste in uno spazio, e ogni
spazio ha un centro, un basso, un alto e un limite estremo. Ma nellinfinito non pu
esistere niente di tutto ci, quindi nessuna realt fisica realmente infinita, e la sfera
delle stelle fisse segna i limiti delluniverso, al di la dei quali non c spazio. Da ci
deriva che non esistono altri mondi oltre al nostro.
LO SPAZIO E IL TEMPO
In natura non pu esistere nemmeno lo spazio vuoto, in quanto, lo spazio concepito
come realt indipendente dai corpi. Tale teoria tende a negare non solo il vuoto
intracosmico, ossia il vuoto tra oggetto e oggetto, ma anche il vuoto extracosmico,
ossia il vuoto che ospita luniverso. Dunque, tutte le cose sono nello spazio, tranne
luniverso. Inoltre Aristotele osserva che il tempo non il mutamento delle cose, ma la
misura del loro divenire, e siccome ogni misura possiede una mente misurante la
mente si configura come la condizione imprescindibile del tempo. Il mondo eterno in
quanto una totalit perfetta e finita. Ci vuol dire che esso non ha avuto ne un inizio
ne una fine. Alleternit del mondo si unisce leternit di tutti gli elementi fondamentali
che lo costituiscono, ossia sono eterne le specie animali, e in particolar modo la specie
umana.
LA FISICA NELLA STORIA DELLA SCIENZA
Della fisica aristotelica emerge unimmagine globale del mondo che influenzer per
secoli la scienza doccidente. Il trionfo della mentalit di Aristotele e la sua vittoria
presentano tuttavia delle sconfitte:
-la sconfitta dellatomismo democriteo, ossia il maggior sistema scientifico greco;
-il ritardo della nascita della scienza.
La contrapposizione tra Democrito e Aristotele netta. Democrito crede nel
movimento degli atomi e nel vuoto e arriva a intuire il principio dinerzia; Democrito
crede che il movimento sia una propriet della materie, mentre Aristotele crede che il
movimento dipenda da qualcosa che esiste al di fuori della materia. Democrito ritiene
che il cielo e la terra siano costituiti dalla stessa materia, mentre Aristotele ritorna alla
gerarchia tra mondo celeste e mondo sublunare. Democrito crede nel mondo aperto
costituito da una molteplicit di mondi, mentre Aristotele crede in un mondo chiuso
costituito da un unico mondo. Democrito cerca di ridurre le differenze qualitative a
differenze quantitative, mentre Aristotele ignora questo tentativo, intraprendendo una
fisica qualitativa. Democrito vuole spiegare il mondo mediante le cause naturali e
meccaniche, mentre Aristotele utilizza le cause finali. Come si pu notare alcuni motivi

che separano Democrito da Aristotele, sono gli stessi motivi che separano
questultimo dalla scienza moderna.
PSICOLOGIA E GNOSEOLOGIA
Lanima e le sue funzioni
La Psicologia una parte della fisica che studia lanima. Lanima ha la vita in relazione
alla forma che occupa, definita come la forma che fa si che il corpo risulti vita in
atto. Il corpo in quanto strumento ha come propria funzione quella di vivere e di
pensare. Ci implica il rifiuto dei due principali modelli (naturalistico - materialistico e
orfico - pitagorico) in cui i filosofi precedenti avevano tentato di spiegare lanima.
Aristotele fa valere lidea dellanima come principio o struttura formale contro gli orfico
- pitagorici sottolinea la connessione anima corpo.
Aristotele distingue tre funzioni fondamentali dellanima:
1) La funzione vegetativa: la potenza nutritiva e riproduttiva propria di tutti gli esseri
viventi;
2) La funzione sensitiva: comprende sensi e movimento propria degli animali e luomo;
3)La funzione intellettiva o razionale: propria delluomo
Sensibilit, immaginazione e intelletto
Per quanto riguarda la teoria della conoscenza Aristotele comincia la propria analisi
dalla sensibilit affermando che oltre ai 5 sensi c un senso comune a cui attribuisce
una duplice funzione:
1) quella di costituire la coscienza della sensazione, cio il sentire di sentire che non
pu appartenere ad alcun senso particolare;
2) quella di percepire le determinazioni sensibili comuni a pi sensi come il
movimento.
La sensazione in atto coincide con loggetto sensibile ad esempio ludire un suono
coincide con il suono stesso. Si pu quindi dire che se non ci fossero i sensi non ci
sarebbero gli oggetti sensibili e quindi non ci sarebbero in atto ma ci sarebbero in
potenza.
Dal senso si distingue limmaginazione che la facolt di produrre immagini
indipendentemente dagli oggetti. Pur derivando dalla sensibilit limmaginazione si
distingue da essa per la sua autonomia. Tra le sue possibilit limmaginazione ha
anche quella di fondere insieme le molteplici immagini di oggetti affini in un'unica
immaginazione generale capace di fungere da rappresentazione schematica.
Limmagine generale costituisce una sorta di antecedente sensibile delluniversale.
Tuttavia luniversale non verrebbe mai alla luce se non intervenisse lintelletto (passivo
o potenziale). Questultimo lavorando sui dati offerti dalla sensibilit e
dallimmaginazione riesce a costruire concetti universali su cui si basa tutta la nostra
conoscenza. La riflessione di Aristotele si configura come una forma di empirismo
poich si radica nella convinzione che la conoscenza intellettuale non possa
prescindere dai dati della sensibilit, e dunque dallesperienza, e di anti innatismo in
quanto non ammette altre conoscenze.
Tuttavia poich il concetto esiste nel sensibile solo a livello potenziale, e poich
lintelletto in quanto tabula rasa pura capacit di cogliere tali concetti, occorre che
si sappia far diventare intelligente lanima intellettiva. Per far ci serve lintelletto
attivo o attuale, una facolt che contiene in atto tutte le verit e tutti gli intellegibili.

Lintelletto attuale agisce sullintelletto potenziale in modo analogo a quello in cui


agisce la luce sui colori: cos come questultima fa passare allatto i colori che
nelloscurit sono solo in potenza, permettendo alla vista di vedere, allo stesso modo
lintelletto attuale fa passare in atto le verit che nellintelletto potenziale risultano
solo in potenza, permettendo a questultimo di passare dalla non-conoscenza alla
conoscenza. Lintelletto attuale non muore e dura in eterno, mentre lintelletto passivo
o potenziale si corrompe.
LETICA
Felicit e ragione
Ogni arte, ogni ricerca fatta secondo Aristotele in vista di un fine che appare buono e
desiderabile, dunque il fine e il bene coincidono. I fini delle attivit umane sono
molteplici e alcuni di essi sono desiderati soltanto in vista di fini superiori: ad esempio
la ricchezza e la buona salute si desiderano per la soddisfazione e i piaceri che
possono dare. Ma ci deve essere un fine supremo, desiderato per se stesso, che sar il
bene sommo, quello dal quale tutti gli altri dipendono. Questo fine la felicit. La
ricerca della felicit costituisce loggetto primo e fondamentale della scienza politica.
Ognuno felice in quanto svolge bene lattivit che gli propria (ES: costruttore
quando costruisce oggetti perfetti).
Il compito delluomo vivere la vita della ragione. Luomo sar felice solo se vivr
secondo ragione: in ci consiste la virt umana. Alla vita secondo virt congiunto il
piacere. Essa la vera attivit delluomo e il piacere accompagna qualsiasi attivit
umana alimentandola e motivandola. I beni esteriori secondo Aristotele possono
facilitare o renderla pi difficile. Non possono per determinarla.
La virt e la malvagit dipendono solo dagli uomini e dalle loro scelte. Aristotele
chiama libero ci che ha in se il principio dei propri atti, ovvero ci che principio di se
stesso. Luomo libero in quanto il principio e il padre dei suoi atti come dei suoi figli
e si ha la virt che il vizio son manifestazioni di questa libert.

Le due virt fondamentali


Aristotele ammette due virt fondamentali:
1) la virt intellettiva, razionale o dianoetica che consiste nellesercizio stesso della
ragione;
2) la virt morale o etica che consiste nel dominio della ragione sugli impulsi
sensibili per determinare la buona condotta.
Le virt etiche
La virt morale determina il dominio della ragione sugli impulsi e consiste nella
disposizione a scegliere il giusto mezzo adeguato alla nostra natura, tra due estremi
viziosi, di cui uno pecca per eccesso, laltro per difetto (ES. coraggio il giusto mezzo
tra temerariet e vilt, temperanza giusto mezzo tra intemperanza e insensibilit). La
virt etica pi importante la giustizia, che pu essere:
- distributiva: distribuisce onori e vantaggi in base ai meriti;
- commutativa: presiede ai contratti che possono essere volontari (acquisto, vendita,
mutuo) e involontari, fraudolenti e violenti (furto, tradimento, uccisione, rapine),
pareggiando vantaggi e svantaggi.

Le virt dianoetiche
La virt intellettiva o dianoettica propria dellanima razionale. Essa comprende:
- larte (techne) che produce oggetti;
- la saggezza (phronesis) che dirige il comportamento;
- lintelligenza che coglie i primi principi;
- la scienza che deduce dai principi ed effettua le dimostrazioni;
- la sapienza (sophia) che conosce i principi, le dimostrazioni e studia le realt pi alte
e sublimi.
Poich la virt come attivit propria delluomo la stessa felicit, la felicit pi alta
consister nella virt dianoettica pi alta = LA SAPIENZA.
La vita del sapiente fatta di serenit e pace la cui raggiungibilit problematica, ma
per un fine che coincide con la stessa attivit della sua intelligenza. La vita
contemplativa o teoretica dunque una vita superiore a quella tipicamente umana.
Letica di Aristotele si conclude con laffermazione netta della superiorit della vita
teoretica.
La dottrina dellamicizia
Nell Etica troviamo anche un analisi dellamicizia. Per Aristotele lamicizia o una
virt o strettamente congiunta con la virt. Essa risulta quanto mai indispensabile
alla vita, giacc senza amici nessuno sceglierebbe di vivere anche se possedesse tutti
gli altri beni. Lamicizia non solo una cosa necessaria alla vita, ma anche una cosa
bella. Esistono tre tipi di amicizia:
1-2) amicizia di utilit e di piacere: gli uomini che si amano reciprocamente in ragione
dellutile non si amano per se stessi, ma in quanto deriva loro un qualche vantaggio
reciproco. Tali amicizie sono facili a rompersi non appena cessi lutilit o il piacere;
3) amicizia di virt: stabile e ferma in quanto fondata sul bene. Chi buono ama
lamico per se stesso e non per i vantaggi superficiali che da tale amicizia possono
derivare. Queste amicizie sono assai rare poich rari sono i buoni, inoltre tali amicizie
hanno bisogno di tempo. Il desiderio di amicizia sorge rapidamente, ma lamicizia no.
In senso forte e primario, lamicizia soltanto quella di virt mentre le altre lo sono in
senso debole e secondario. Aristotele puntualizza che soltanto coloro i quali vivono in
intimit di rapporti possono esercitare lamicizia. Infine secondo Aristotele essa una
forma di concordia che per funzionare adeguatamente presuppone una sostanziale
uguaglianza tra gli individui. Lamicizia tipica si realizza soprattutto tra uguali.
Aristotele si interroga intorno al numero degli amici e dice che coloro che hanno
molti amici e che si legano intimamente con tutti quelli che capitano comunemente
riconosciuto che non sono amici di nessuno. Lamicizia una forma di comunit basata
su unuguaglianza di rapporti e fondata su di unintesa solidale e virtuosa fra persone
che perseguono reciprocamente il bene altrui. Essa va distinta dalla benevolenza e
dallamore
La catarsi e le sue interpretazioni
Aristotele finisce per riconoscere all'arte uno specifico ruolo educativo e formativo.
Sulla catarsi non fornisce elementi sufficienti che consentono di intendere la natura
effettiva, favorendo cos dibattiti tra studiosi. Alcuni critici hanno ritenuto che
Aristotele parlasse di purificazione delle passioni in senso etico, come se l'arte
"sublimasse" le passioni, cio trascurando ci che esse hanno di peggiore. Altri
studiosi hanno invece interpretato la catarsi come liberazione psicologica temporanea

delle passioni, intendendo dire cos che l'uomo vedendo rappresentata artisticamente
una passione, la contempla dall'alto, smorzando l'effetto emotivo che pu suscitare
immediatamente nella vita pratica. Altri affermano invece che la catarsi una forma di
de-rimozione, cio la scarica emozionale delle passioni nocive che portiamo
inconsciamente dentro di noi.

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