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L’Uomo Qualunque:

Cenni e storiografia

Il secondo dopoguerra in Italia

Per comprendere adeguatamente il Fronte dell’Uomo Qualunque, ma in generale anche


tutte le altre forze politiche che hanno contribuito alla “ricostruzione” dell’Italia in
seguito alla seconda guerra mondiale, è necessario osservare il panorama italiano tra la
caduta del fascismo e l’istituzione del CLN - Comitato di Liberazione Nazionale.
A titolo di premessa, è doveroso ricordare che l’Italia esce dalla seconda guerra mondiale
come paese sconfitto e duramente provato.
L’Italia del dopoguerra 1 si trova davanti danni considerevoli sul fronte dell’agricoltura,
che determinano lo scarso approvvigionamento alimentare. Non solo: l’economia è
infatti in profonda crisi, segnata da una forte inflazione. Il sistema dei trasporti in buona
parte disarticolato, determina l’aggravarsi delle difficoltà di comunicazione tra nord e
sud, già precarie. L’ordine pubblico è minato dalla fame, dalla mancanza di alloggi e
dall’elevata disoccupazione nonché dalla presenza di gruppi di partigiani riluttanti a
deporre le armi. Al centro-sud i contadini occupano le terre incolte e i latifondi, ma
soprattutto si assiste all’espandersi delle attività mafiose di contrabbando e di borsa nera.

Con la nascita del CLN, tornano sulla scena le forze politiche dello stato pre-fascista ma
prendono forma nuovi rapporti di potere, espressione di una nuova Italia. In questo
contesto, si consolidano fortemente le già presenti fratture all’interno della popolazione
stessa.
Dal settembre 1943 la penisola italiana è un territorio diviso. Una divisione che è innanzi
tutto materiale: la linea Gustav divide il centro-nord, in cui i tedeschi intensificano la
presenza militare dopo l’arresto di Mussolini, dal sud, in cui gli alleati organizzano la
risalita. L’8 settembre del ’43, data dell’armistizio con gli alleati, segna l’inizio di un
periodo dai confusi risvolti che vede accentuarsi l’instabilità già minata dalla guerra.
L’Italia è divisa in due entità profondamente diverse: al sud il vecchio Stato monarchico,
controllato interamente dagli alleati, al nord una nuova espressione del fascismo. Infatti il
12 settembre del ’43 i tedeschi liberano Mussolini ponendolo a capo della Repubblica di
Salò (Repubblica Sociale Italiana - RSI), che è, sotto tutti i punti di vista, totalmente
dipendente da Hitler. Di fatto l’unica funzione svolta dai cosiddetti

1 G. Sabbatucci - V.Vidotto, Il mondo contemporaneo. Dal 1848 a oggi, Laterza, Roma-Bari, 2008, p. 503.

Altieri Gianmarco - Seminario “Miti vs Analisi Storica?” - Prof.ssa Lomellini 1


“repubblichini” (dirigenti militari della Repubblica Sociale) è reprimere e combattere il
movimento partigiano che nasce nell’Italia occupata.
Durante i cosiddetti “quarantacinque giorni” - ovvero il periodo che decorre tra la caduta
di Mussolini il 25 luglio e la firma dell’armistizio con gli alleati (3 settembre, ma
comunicato pubblicamente solo l’8) - si ricostruiscono tutti quei partiti antifascisti che il
regime aveva violentemente represso. In pochi giorni la scena politica italiana conosce
l’emergere di sei partiti: Partito d’Azione, Democrazia Cristiana, Partito Liberale, Partito
Repubblicano, Partito Socialista (PSIUP), Partito Comunista (PCI). Questi si riuniscono
a Roma costituendo il CLN, che si oppone all’occupazione tedesca e ai fascisti, ma anche
al Re e al capo del governo Badoglio, ritenuti responsabili della situazione precaria in cui
si trova l’Italia.
Il CLN, così configurato, non ha però la forza necessaria per imporsi a livello politico.
Solamente con la svolta di Salerno ad opera del leader comunista Togliatti (rientrato da
un esilio di vent’anni in URSS) si ha, in data 24 aprile, il primo governo di unità
nazionale, comprendente i partiti del CLN.
I sei partiti antifascisti del CLN presentano numerose differenze l’uno con l’altro ma si
uniscono per riformare l’Italia e depurarla dal passato fascista. La necessità di un
profondo rinnovamento è sentita anche da quei partiti tendenzialmente tradizionalisti.
Rinnovamento che può avvenire solamente in modo “legale” e non rivoluzionario, data
la massiccia presenza delle forze anglo-americane che reprimerebbero, probabilmente nel
sangue, qualsiasi tentativo di rivoluzione sul modello sovietico. Proprio per questo
motivo, Togliatti decide di avviare una politica di collaborazione con il Re e il governo
Badoglio, da molti compagni visti come istituzioni corrotte dal Duce e dunque non
degni di un accordo comune.
Nel giugno del ’44, dopo che Roma viene liberata dagli alleati (4 giugno 1944), Badoglio
si dimette, lasciando il posto a Bonomi, emanazione diretta del CLN. Il governo Bonomi
nasce dalla unanime volontà dei sei partiti antifascisti contro l’intento della monarchia di
riaffermarsi.

Il contesto alla base del qualunquismo

In un paese, come l’Italia, dominato da distruzione e fame, vanno dilagando fenomeni di


isolamento individualista: la gente cerca di arrivare a fine giornata come può, ignorando i
propri doveri di membro della comunità 2 . Questo stato d’animo, legato decisamente a
necessità materiali e pratiche, è fortemente in contrasto con lo slancio idealistico dei
partiti antifascisti e si diffonde soprattutto nell’Italia meridionale. Al sud infatti, secoli di
dominazione straniera, diseducazione politica e civile e sfiducia nelle istituzioni, hanno
reso la popolazione diffidente nei confronti di tutto e tutti, preoccupata solo per il
proprio vivere quotidiano. Va ricordato inoltre che il meridione non ha vissuto
l’esperienza della lotta di Liberazione, e quindi la cosiddetta “epurazione” degli aderenti

2 Sandro Setta, LʼUomo qualunque 1944-1948, Laterza, Roma-Bari, 1995, p.28.

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al fascismo con l’intransigenza moralistica e idealistica del CLN contro i “cattivi fascisti”,
è vista con ostilità 3 .
Scrive Setta : «Il problema che avrebbe dovuto affrontare la classe politica antifascista per
avviare l’effettivo rinnovamento della nazione, era quello della riconquista alla
democrazia di tali ceti (ceti portatori di questo individualismo e disimpegno politico e
sociale), maggioranza, allora come oggi, della popolazione italiana. Un governo di
emergenza che si fosse preoccupato principalmente della ricostruzione materiale, avrebbe
costituito forse il migliore esordio per tale opera di riconquista. Invece era giunto al
potere l’antifascismo, col suo moralismo intransigente che finiva col colpire a destra e a
manca tra i piccoli lasciandosi sfuggire i veri e grossi “complici” della dittatura, inquinato
dal doppio gioco e dal trasformismo, dalle prepotenze e dall’arrivismo» 4.
La gente era abituata al linguaggio volutamente semplice del regime fascista e si trova
davanti a concetti figli di miti e ideologie poco comprensibili. I ceti medi temono queste
correnti antifasciste, leggendovi un chiaro pericolo ai danni delle loro proprietà.
Sempre Setta scrive 5 : «la rinascita democratica dell’Italia iniziava dunque con un dato
preoccupante, quello del confuso distacco tra paese legale e paese reale e del vuoto di
rappresentatività, a livello di classe politica antifascista, delle istanze “moderate” di larghi
strati del popolo italiano: tale vuoto sarebbe stato provvisoriamente colmato, con
conseguenze importanti, da destra».
Il Fronte dell’Uomo Qualunque riesce a indirizzare questo vuoto e questa mancanza di
rappresentanza della classe medio borghese, fortemente minacciate dalle forze che si
proclamavano degli “uomini nuovi”, da quel “vento del Nord” che prometteva
rinnovamento ed una nuova Italia, e che mirava ad una intransigente epurazione
(considerato sicuro artefice di una confisca delle ricchezze tutt’altro che democratica).

L’Uomo Qualunque

Guglielmo Giannini, classe 1891, è un giornalista che si occupa, con discreto successo,
anche di teatro 6 . Un po’ per la necessità di esprimersi in prima linea sugli avvenimenti
dell’Italia in guerra, e un po’ per motivi economici (i suoi romanzi e le sue
rappresentazioni iniziavano ad essere poco redditizi), decide di fondare un proprio
giornale. Il settimanale, dal titolo “l’Uomo Qualunque” debutta a Roma il 27 dicembre
1944, in una Italia ancora devastata dalla guerra a Nord, e immersa in un clima surreale
di una nuova quanto difficile vita che ricomincia a Sud.

3 Ibid.
4 Ibid. (Il corsivo è mio)
5 Ivi, p. 29.
6 Gino Pallotta, Il Qualunquismo e lʼavventura di Guglielmo Giannini, Bompiani, Milano, 1972.

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Quella di Giannini è la prima contestazione della classe politica antifascista 7 che ha
rimpiazzato il regime di Mussolini, una classe politica definita corrotta e del tutto
paragonabile ai predecessori di regime.
L’Uomo Qualunque si propone come voce di protesta per tutti coloro che si sentono
soffocati dalle discussioni continue dei partiti del dopoguerra, interessati soltanto alle
loro poltrone in Parlamento, ai loro interessi. Giannini si schiera con fermezza contro i
politici professionali 8 , che vivono di politica e altro non hanno. Da un articolo di
Giannini, pubblicato nel primo numero, emerge un messaggio chiaro: «Gli uomini
politici professionali costituiscono un gruppetto d’una scarsa decina di migliaia di
persone che tengono a soqquadro l’Italia litigando intorno a cinquecento posti di
deputato, quasi altrettanti di senatore, circa mille altri cadreghini e canonicati diversi, che
vanno da quello di primo ministro a quello di sindaco di centro importante [...]» E
ancora «La sproporzione è troppo forte. Da una parte 45 milioni di esseri umani,
dall’altra 10.000 vociatori, scrivitori, sfruttatori, iettatori (si dirà poi pettegoli). L’enorme
massa dei primi non deve più soffrire per colpa ed a causa della infima minoranza dei
secondi». La chiave del pensiero qualunquista viene presentata con il concetto di
amministratore che si sostituisce a quello di politico: «noi non abbiamo bisogno che
d’essere amministrati: e quindi ci occorrono degli amministratori, non dei politici. Ci
vogliono strade, mezzi di trasporto, viveri, una moneta modesta ma seria, una politica
rispettabile che ci renda sicuri dello scarso bene rimasto, e ci incoraggi a crearne
dell’altro, liberandoci dal timore di potere esserne spogliati da nuovi brigantaggi di stato-
partito. Per fare questo basta un buon ragioniere: non occorrono né Bonomi né Croce né
Selvaggi né Nenni, né il pio Togliatti né l’accorto De Gasperi. Un buon ragioniere che
entri in carica il primo di gennaio, che se ne vada al 31 di dicembre, che non sia
rieleggibile per nessuna ragione» 9.

Il Fronte dell’Uomo Qualunque

Giannini fonda l’Uomo Qualunque alla ricerca di una valvola di sfogo che lo soddisfasse,
dopo diversi tentatativi di avvicinamento a partiti che parvero però, in primis a lui stesso,
un ripiego.
Già il primo numero del settimanale riscuote un consenso immediato: 80.000 copie
vendute. Il linguaggio utilizzato è semplice ed efficace, arricchito da vignette e dalla
sezione delle Vespe (massime che rappresentano un embrionale programma del futuro
partito).

7 Sandro Setta, LʼUomo qualunque 1944-1948, Laterza, Roma-Bari, 1995, p. 6.


8Guglielmo Giannini, in «LʼUomo Qualunque», 27 dicembre 1944, cit. in Sandro Setta, LʼUomo qualunque
1944-1948, Laterza, Roma-Bari, 1995, p. 3.
9 Ibid.

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«Nella sua polemica, Giannini condannava il potere in quanto tale, quale che ne fosse la
colorazione ideologica. Ma, in quel momento, il potere era dell’antifascismo, ed era
naturale che fosse esso il bersaglio principale» 10 .
Da molti egli viene considerato filofascista, tant’è che nel febbraio del 1945 il
Commissario per l’epurazione Ruggero Grieco, comunista, lo sospende dall’esercizio
della professione giornalistica. Contemporaneamente, il prefetto di Roma sopprime il
settimanale, revocando l’autorizzazione a pubblicarlo. Per Giannini è il momento d’oro
per imporsi all’opinione pubblica come martire dell’antifascismo, simbolo del paese
sofferente sotto la nuova dittatura 11 . Il 28 febbraio ’45 scrive: «è la nazione intera che,
con Giannini, è sotto epurazione: è la maggioranza stragrande della gente perbene, degli
onesti, dei lavoratori, che è sul banco degli accusati col giornalista che, primo e solo, ha
osato sfidare il comunfascismo, e dire alto e forte che esso non deve più rompere le
scatole a nessuno in Italia» 12 . In poco tempo Giannini acquista fama e solidarietà e,
grazie all’intervento del suo avvocato, tra l’altro anch’egli antifascista, ottiene nuovamente
l’autorizzazione alla pubblicazione. Il 25 aprile torna a far parlare di sé, come non mai,
l’Uomo Qualunque, forte di una nuova ventata di popolarità. Da quel 25 aprile 1945
l’opinione pubblica inizia a discorrere su questo fenomeno qualunquista. Si va
rapidamente formando quella che lo stesso Giannini chiama “la Folla”: «galantuomini,
gente di buon senso, buon cuore e buona fede, onesta laboriosa e pacifica che forma
l’enorme maggioranza della popolazione in tutti i paesi del mondo, il cui unico scopo è
essere libera di essere buona, pacifica, amante del proprio lavoro e del proprio
benessere»13 e dunque una “opinione qualunquista” capitanata dallo stesso giornalista,
che condanna il professionismo politico (causa di tutte le disgrazie umane), la corruzione
istituzionale, l’illegittimità del potere dei capi 14.
Giannini si trova ben presto davanti ad una scelta che fa riemergere una percepibile
contraddizione: trasformare l’Uomo Qualunque, sulla scia della popolarità riscossa, in
partito politico. Dopo tentativi di avvicinamento a partiti esistenti, che avrebbero
potuto, sulla base di una minima comunanza di idee programmatiche, fornirgli un
supporto organizzativo già consolidato, Giannini decide nel novembre del ’45 di entrare
in gioco da solo: sarà il 18 febbraio 1946, in occasione del primo congresso nazionale, la
data ufficiale di costituzione del Fronte dell’Uomo Qualunque. A partire dall’8 agosto
1945 le sorti dell’UQ cambiano decisamente: dopo la pubblicazione in questa data del
Grido di dolore, nel giro di una settimana si organizzano “basi qualunquiste” in tutta

10 Sandro Setta, LʼUomo qualunque 1944-1948, Roma-Bari, Laterza 1995, p. 61.


11 Ivi, p. 64.
12Guglielmo Giannini, Squadrismo da tavolino, in «LʼUomo Qualunque», 28 febbraio 1945, cit. in Sandro
Setta, LʼUomo qualunque 1944-1948, Roma-Bari, Laterza 1995, p. 64.
13Guglielmo Giannini, La Folla: seimila anni di lotta contro la tirannide, Faro, Roma, 1945, cit. in Sandro
Setta, LʼUomo qualunque 1944-1948, Laterza, Roma-Bari, 1995, p. 44.
14 Guglielmo Giannini, Primo bilancio dellʼUomo Qualunque, in «LʼUomo Qualunque», 19 settembre 1945,
cit. in Sandro Setta, LʼUomo qualunque 1944-1948, Roma-Bari, Laterza 1995, p. 91.

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Italia. Giannini vuole mantenere l’organizzazione nazionale priva di gerarchie e formalità,
in nome della lotta alle “inutili burocrazie” tanto acclamata. Sarà questa, in futuro,
un’ingenuità che minerà la stabilità dell’intero partito. In poco tempo «il partito degli
antipartito avrà tessere e distintivi, organi gerarchici e consigli di disciplina per far
rispettare la loro volontà, sarà insomma in tutto e per tutto simile agli altri, compresa la
brama di potere dei suoi massimi dirigenti» 15 . All’Uomo Qualunque aderiscono
monarchici, nostalgici del regime fascista, “generici scontenti” 16 ma il vero protagonista
doveva essere, nella visione dell’ideatore, la classe borghese. Proprio la classe borghese e la
sua ovvia predisposizione liberale, offrono lo spunto per formulare alcune considerazioni.
Giannini punta i propri discorsi ad effetto verso la piccola e media borghesia, invitandola
a reagire ad un CLN tirannico 17 e a ribellarsi ad un Partito Liberale cieco. L’UQ presenta
fin dagli esordi molte analogie con il Partito Liberale di Croce, tant’è che inizialmente vi
sono tentativi, falliti in toto, di avvicinamento da parte del commediografo. Ad
accomunare i due partiti, liberale e qualunquista, non sono solo i destinatari, in sostanza
la media borghesia, ma anche il concetto di liberismo. Più di una volta però i liberali
avevano preso le distanze, in alcuni casi con comportamenti “snob”, dalla neonata
corrente qualunquista 18, troppo populista agli occhi dei vecchi liberali d’élite.
Al Fronte dell’UQ aderiscono numerosi neofascisti che avevano interpretato i discorsi del
Fondatore (così era chiamato Giannini) contro il CLN e gli antifascisti come un chiaro
schierarsi a favore del regime. I nostalgici potranno solo nel 1946 riconoscersi in un
partito dichiaratamente filofascista: l’MSI - Movimento Sociale Italiano.
Nel novembre del ’45 il capo del Governo Parri, successore di Bonomi e diretta
espressione di quel CLN ormai morente, si dimette, sotto la pressione di liberali e
democristiani che revocano la fiducia al governo, ritenuto semplice esecutore del CLN
orientato a piani decisamente “giacobini”. In altre parole, si stava sgretolando quell’intesa
che inizialmente si era accordata per accerchiare il nemico comune, il fascismo. Caduto il
regime, finita la guerra, ogni partito è attento alle minime sfumature programmatiche e
rigidamente intransigente ad aperture estranee. Giannini, soddisfatto per la caduta di
Parri, critica democristiani e liberali, accusati d’essersi impadroniti dei principi messi in
luce dai qualunquisti.
In vista delle elezioni del giugno ’46, Giannini decide di pubblicare il programma
politico dell’UQ già a partire dal novembre del ’45: alla base vi era la preoccupazione per
le “incursioni nostalgiche” e dunque la necessità di mostrare un chiaro segnale
antifascista e liberale. Protagonista dell’intero programma è la libertà dell’individuo.
Punto cardine è la realizzazione di uno stato amministrativo (alludendo al già citato
ragioniere che tiene la contabilità) impegnato a non influenzare la cosiddetta “Folla”.
Giannini, nello stesso programma, scrive: «Il governo non deve avere altro compito che
15 Sandro Setta, LʼUomo qualunque 1944-1948, Laterza, Roma-Bari, 1995, p. 87.
16 Ibid.
17 Ivi, p. 88.
18 Ivi, p. 92.

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quello di procurare e incrementare il benessere comune, con esclusione assoluta e totale
di ogni ingerenza nel campo del pensiero. I cittadini debbono essere assolutamente e
totalmente liberi di pensare, credere, desiderare tutto ciò che a essi piace [...]»
Alle elezioni del 2 giugno 1946, il Fronte dell’UQ diventa il quinto partito d’Italia,
registrando 1.211.956 voti (il 5,3%) e ottenendo trenta seggi. E’ d’obbligo una breve
analisi dei voti ricevuti. Quello del qualunquismo è un fenomeno, dati alla mano,
essenzialmente meridionale. I voti provengono da nostalgici del regime e da quelle
“oligarchie agrarie e industriali timorose del rinnovamento”. Il vero protagonista del
fenomeno qualunquista è però, ancora una volta, il ceto medio, ovvero la piccola
borghesia poco disposta, se non avversa, alla nuova Italia. E’ un fenomeno meridionale
perchè l’Italia del sud non ha conosciuto la lotta di Liberazione ma anzi, mentre al nord
si organizzavano i partigiani contro i nazi-fascisti, il sud era diventato terreno della
vecchia monarchia e del vecchio governo, controllati dallo sguardo vigile delle forze
anglo-americane. Ci sono altri motivi che rendono l’Uomo Qualunque una realtà
dominante al sud 19 : qui molti erano gli impiegati pubblici a cui era cara la lotta
gianniniana all’epurazione promossa dal CLN; diffusa era la figura dei liberi
professionisti e commercianti individualisti. Inoltre, al sud, dove l’economia è ancora
prettamente agricola, l’UQ riceve i consensi della stragrande maggioranza di popolazione
rurale, soprattutto dei piccoli e medi proprietari terrieri. Essi infatti, guardavano con
timore alle iniziative dei partiti di sinistra e al loro rinnovamento (il Vento del Nord),
determinati con forza a tener stretto il proprio, per dirla alla Guicciardini, “particulare”.
Un altro sostenitore-tipo del partito è il “generico insoddisfatto”, stanco della politica e
dei politici, ribelle verso tutti i “famosi pettegoli”.
Guglielmo Giannini aveva portato la massa di insoddisfatti, solitamente anima
dell’astensionismo, al voto.
Dopo le elezioni, si fanno vivi alcuni problemi interni che minano la stabilità del partito
su scala nazionale. Giannini, da leader del movimento anti-politico, era diventato leader
del quinto partito d’Italia. La contraddizione di fondo era destinata a produrre
conseguenze sempre più determinanti.
Per mantenere organizzata quella enorme macchina che andava creandosi, ben presto, si
decide di darle una struttura interna, abbandonando quel sistema a base spontanea di cui
tanto, agli inizi, Giannini stesso si vantava. Gli ingressi e le partecipazioni nel partito
iniziano ad essere regolati e controllati: diversi furono i casi di personalità
dichiaratamente neofasciste che entravano nel partito reputandolo un furbo ripiego in
vista di tempi migliori (in vista cioè di quel futuro MSI). Tra i dirigenti di partito si
insediano poi dispute e avversioni personali. Giannini è costretto ad attuare un rigido
sistema di nomine, accerchiandosi di ispettori e consigli disciplinari. Com’è chiaro
dunque, andava definendosi una situazione che lo stesso Giannini, nei suoi primordiali
intenti, aveva da sempre combattuto.

19 Ivi, p. 162.

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Egli confessa «il pericolo più grave lo abbiamo ‘dentro’ e non ‘fuori’ di noi, ed è il
professionismo politico» 20 , quello stesso professionismo tanto detestato sin dalle prime
Vespe e vignette del settimanale.
Il rischio di essere inteso come partito di destra, a causa di questo “vento nostalgico”
continuamente diretto ad insediarsi nel Fronte, era palpabile e il fondatore ne avverte da
subito la pericolosità: inizia un periodo di «deciso processo di chiarificazione» 21 , dopo il
2 giugno ’46. Viene lanciato il cosiddetto Grido di Speranza, pubblicato nell’edizione del
7 agosto 1946, con lo scopo di affermare la distanza dal fascismo e di conquistare
aggiuntivi consensi provenienti da altri partiti. L’idea di fondo era infatti il tentativo di
un nuovo approcio al partito liberale: un accordo liberal-qualunquista, avrebbe senza
dubbio messo a tacere le voci che dipingevano il Fronte come roccaforte fascista.
Benedetto Croce, padre del partito liberale e da Giannini considerato come maestro, che
già non aveva accolto la proposta di un accordo in passato, rifiuta nuovamente
l’avvicinamento al qualunquismo. Seguendo il vecchio detto “se Maometto non va alla
montagna, la montagna va da Maometto”, Giannini decide di avviare l’avanzata liberale,
che porterà, nel dicembre del ’46 al nuovo nome “Fronte Liberal-democratico dell’Uomo
Qualunque” 22. Non si tratta di un semplice artificio formale bensì di una nuova strategia
politica: dietro quel nome di celano le due correnti verso cui Giannini e il suo Fronte
avrebbero orientato i loro interventi. Liberali, come in parte già visto, e democristiani
saranno l’obiettivo dell’approcio qualunquista, con toni più e meno ricattatori. Il 3
novembre del 1946 al teatro San Carlo di Napoli, Giannini lancia l’anatema contro
Benedetto Croce con lo slogan «Abbiamo creato il nuovo liberalismo» 23 . «Mentre Croce
aveva avuto il torto di credere nelle élites, il qualunquismo rivalutava la Folla. Croce era
rimasto al passato, né poteva essergli perdonato il gran rifiuto opposto all’UQ. Chi
interpretava meglio il liberalismo? L’UQ, che voleva portarlo alle masse, alla Folla, o
Croce che lo limitava ad alcune conventicole intellettuali?» 24.
L’UQ allarga dunque i suoi orizzonti. Se al sud faceva concorrenza ai liberali, al centro si
dimenava in discorsi contro Democrazia Cristiana, ritenuta il partito del compromesso
con i comunisti che portano solo nuove rivoluzioni 25 e affermando il qualunquismo
come una diretta valvola di sfogo per i cattolici.
Con le amministrative dell’autunno del ’46 l’UQ ottiene un consenso maggiore rispetto
al 2 giugno: è il partito più forte del Mezzogiorno 26 ed era riuscito a convogliare

20Guglielmo Giannini, Rivelare il Fronte al Nord, in «LʼUomo Qualunque», 2 ottobre 1946, cit. in Sandro
Setta, LʼUomo qualunque 1944-1948, Laterza, Roma-Bari, 1995, p. 165.
21 Sandro Setta, LʼUomo qualunque 1944-1948, Laterza, Roma-Bari, 1995, p. 169.
22 Gino Pallotta, Il Qualunquismo e lʼavventura di Guglielmo Giannini, Bompiani, Milano, 1972, p. 113.
23 Ivi, p. 115.
24 Ibid.
25 Sandro Setta, LʼUomo qualunque 1944-1948, Laterza, Roma-Bari, 1995, p. 180.
26 Gino Pallotta, Il Qualunquismo e lʼavventura di Guglielmo Giannini, Bompiani, Milano, 1972, p. 117.

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consensi provenienti da elettori democristiani e liberali. In una vignetta del 27 novembre
1946, nel settimanale qualunquista, appare la scritta “Vento del sud”: era la marea
qualunquista che si contrapponeva all’ormai stanco e immobile vento del Nord 27 . Il
disegno politico di Giannini era sempre lo stesso: diventare un partito di governo. Fallito
il tentativo di avvicinamento con i liberali, tenta una fase di accerchiamento della
Democrazia Cristiana di De Gasperi che però non accetta: resta solo la via del PCI di
Togliatti, che assieme a DC e PSIUP, costituiva la coalizione al governo. Un accordo
comunisti-qualunquisti era ben visto anche da Togliatti che scorgeva una nuova via per
giungere a settori della popolazione mai raggiunti, e roccaforte dell’UQ.
Questo accordo però determinerà, assieme alle già citate dispute interne, la fase di
declino del Fronte: «Giannini aveva offerto un’arma preziosa a liberali, monarchici,
neofascisti e, soprattutto, ai democristiani, che dell’anticomunismo andavano facendo la
loro sventolante bandiera, per strappare al Fronte dell’Uomo Qualunque i consensi di
quell’opinione pubblica moderata che aveva creduto di affidare ad esso la difesa dei
propri valori» 28 . Già dal 1947 l’opinione pubblica qualunquista, disorientata dai
numerosi “cambi rotta” del leader, inizia l’emigrazione altrove, e la “Folla gianniniana” si
perde in altre identità politiche. Giannini passa così, in meno di due anni, dall’essere
considerato filofascista, alle dure critiche del suo filocomunismo. Vedremo, nella sezione
dedicata alla storiografia del qualunquismo, la centralità di questo aspetto: l’UQ è una
entità fascista o antifascista? L’intero scenario socio-politico del dopoguerra italiano, e
così per molti anni successivi, si divide con decisa intransigenza tra fascisti e antifascisti,
senza lasciare spazio a posizioni, non tanto intermedie, quanto alternative, come l’UQ
che condanna allo stesso modo il Ventennio e il CLN, in quanto entrambi figli del
professionismo politico.
Come Setta ricorda, «il desiderio di quieto vivere ha spinto la maggioranza dei ceti medi
ad aderire, dopo il fascismo e la breve simpatia per il partito di Giannini, alla Democrazia
Cristiana [...]» 29 . Il desiderio di una vita ordinata, tranquilla e indisturbata nonché priva
di attriti rivoluzionari, proprio della classe borghese, dopo la parentesi gianniniana,
troverà accoglimento presso i democristiani, organizzati in un partito dalle basi
certamente più salde rispetto al Fronte dell’Uomo Qualunque.

Dibattito storiografico e sulla stampa intorno al qualunquismo

I primi giudizi sul fenomeno qualunquista si registrano a partire dalla stampa che,
assieme all’opinione pubblica, si dimostra incuriosita dall’UQ fin dai suoi primi passi
sulla scena politica e sociale. Il quotidiano «l’Unità», che già nel 1945 aveva denunciato
la minaccia fascista nascosta tra le vignette del settimanale “l’Uomo Qualunque”, il 16

27 Ivi, p. 190.
28 Sandro Setta, LʼUomo qualunque 1944-1948, Laterza, Roma-Bari, 1995, p. 215.
29 Ivi, p.284.

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febbraio 1946 scrive 30 : «Ora, che il qualunquismo sia movimento di tipo e di ispirazione
fascista nessuno lo mette oramai più in dubbio. Un anno fa eravamo i soli ad averlo
capito. Più tardi se ne sono progressivamente accorti tutti, in Italia e all’estero» alludendo
anche agli articoli che tra il ’45 e il ’46 erano stati pubblicati da testate inglesi 31 e
francesi 32 (Setta, riguardo l’articolo francese, parla di una “variazione sul tema”, tipica
dei parigini nel descrivere le sorti italiane 33 ). L’articolo prosegue spiegando la triste
vicinanza tra qualunquisti e fascisti: «La linea politica fondata su una critica disgregatrice
che tende a screditare la democrazia, mostrandola come un regime necessariamente
caratterizzato dal disordine e dall’impotenza, è di impostazione fascista. Fascista il
richiamo demagogico al buonsenso e alla gente comune, della quale si vogliono sfruttare
i giusti risentimenti e i motivi di malcontento e di esasperazione, per metterli al servizio
dei veri ispiratori del movimento che sono i grandi capitalisti e i profittatori del fascismo
[...] Fascista il metodo di creare un movimento anti-partito (torna la contraddizione di
fondo 34 ) per trarne poi gli elementi di un nuovo partito. Fascista persino l’intonazione
volgare della propaganda e gli atteggiamenti plateali e plebei 35 [...]». L’articolo
pubblicato dall’«Unità» il 19 febbraio 1946 36 , durante il primo Congresso Nazionale
dell’UQ (nel quale si decide la costituzione del Fronte), porta il titolo “Fascismo
Qualunquista”. L’autore, non firmatosi, esordisce così: «Tra i vari aspetti del cosiddetto
congresso dell’uomo qualunque che hanno disgustato o divertito i presenti, tra il
turpiloquio di Giannini, gli atteggiamenti grotteschi, la confusione, il disordine, il
dilettantismo, due elementi si impongono all’attenzione: l’ingenuità di buona parte dei
congressisti, l’orientamento nettamente fascista di alcuni dei dirigenti». Lo svilupparsi
dell’articolo porta poi ad un chiarissimo messaggio 37 : «[...] Il pensiero del qualunquista
Patrissi 38 appare chiarissimo: sono stati un bene gli incendi delle Camere del Lavoro, un
bene gli assassinii di Ferrero, di Don Minzoni, di Amendola, di Gobetti, di Gramsci, di
Rosselli, un bene le guerre di Etiopia e di Spagna e l’alleanza con Hitler. Sono stati un

30 Non firmato, Monarchia fascista, in «lʼUnità», 17 febbraio 1946.


31Non firmato, The Observer, 11 novembre 1945, cit. in Sandro Setta, LʼUomo qualunque 1944-1948,
Laterza, Roma-Bari, 1995, p. 146.
32Non firmato, Le Figaro, gennaio 1946, cit. in Sandro Setta, LʼUomo qualunque 1944-1948, Laterza, Roma-
Bari, 1995, p. 146.
33 Sandro Setta, LʼUomo qualunque 1944-1948, Laterza, Roma-Bari, 1995, p. 146.
34 Mio il testo tra parentesi.
35 Ci si riferisce qui al tipico linguaggio eufemisticamente definibile come colorito, tipico di Giannini.
36 Non firmato, Fascismo qualunquista, in «lʼUnità», 19 febbraio 1946.
37 Ibid.
38Dirigente del Fronte dellʼUomo Qualunque, uomo chiave per lʼascesa del Qualunquismo. Emilio Patrissi fa
parte di quelle personalità neofasciste che Giannini cerca di espellere dal partito. Egli avvia una deleteria
secessione, successiva allʼaccordo Giannini-Togliatti, che sottrae al Fronte personalità assai necessarie.

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male la caduta del fascismo e la vittoria delle democrazie. Di quel bene il Patrissi esalta
dispensatore il fascismo, di quel male accusa gli antifascisti».
Analogo era il giudizio del Partito d’Azione che, mediante il suo quotidiano «L’Italia
Libera», il 20 febbraio 1946 dalla penna di Claudio Rocchi scrive: «E’ venuto il
momento di opporre una intransigenza concreta, operosa, assoluta, e d’impedire che il
nostro avvenire possa essere compromesso dal propagarsi di un virus che ripete i caratteri
del fascismo e che può procacciarci tutto il danno che il fascismo ci ha già procurato [...]
Il fenomeno qualunquista costituiva la secrezione purulenta di un fascismo cadaverico
che tentava di sopravvivere come farsa recitata da pochi recidivi commedianti [...] il
fenomeno poteva essere trascurato, ignorato e magari preso a burlette. Oggi i termini
non sono più quelli di una farsa, siamo entrati ormai nel vivo di un dramma, e
drammatiche possono essere le conseguenze che il qualunquismo può riservare al paese»
39.

Anche i socialisti, che con gli azionisti rappresentano i più avversi a Giannini 40 ,
giudicano l’UQ come una “reincarnazione” cinica del fascismo 41 . Nel gennaio del 1946
Armando Barth scrive, sulla rivista socialista “Critica Sociale”, un lungo articolo sul
qualunquismo, criticandolo duramente e giungendo ad una conclusione: «Francamente,
al programma dell’Uomo Qualunque, preferisco quello dell’uomo cosciente, che mira
non solo al bene proprio, ma a quello della patria e dell’umanità»42 .
Se la critica proveniente da partiti di sinistra è prevedibile, risulta interessante verificare il
giudizio espresso dal periodico di matrice neofascista «La Rivolta ideale» 43 : viene
rovesciata la visione delle sinistre dell’UQ come di un fenomeno con chiari riferimenti al
regime. Il qualunquismo sarebbe quindi espressione di «atavico agnosticismo imbelle ed
anarcoide, insofferente di ogni disciplina»44 finendo per l’identificarsi con il “piede di
casa” che lo stesso Mussolini definisce il contrario del fascismo 45 : qualunquismo come
una vita condotta in modo statico e all’insegna del “dolce far niente” 46 .

39A. Claudio Rocchi, Eʼ ora di dire basta!, in «LʼItalia libera», 20 febbraio 1946, cit. in Sandro Setta, LʼUomo
qualunque 1944-1948, Laterza, Roma-Bari, 1995, p. 145.
40 Sandro Setta, LʼUomo qualunque 1944-1948, Laterza, Roma-Bari, 1995, p. 145.
41 A. Corona, Classe dirigente, in «lʼAvanti!», 12 novembre 1946.
42 Gino Pallotta, Il Qualunquismo e lʼavventura di Guglielmo Giannini, Bompiani, Milano, 1972, p. 80.
43Non firmato, Lʼinventore del cavallo, in «La Rivolta ideale», 8 agosto 1946, cit. in Sandro Setta, LʼUomo
qualunque 1944-1948, Laterza, Roma-Bari, 1995, p. 147.
44 Ibid.
45Benito Mussolini in Opera Omnia, XXXIV, 1932 (Enciclopedia Treccani, voce “fascismo” scritta dallo
stesso Mussolini) definisce il “piede di casa” il contrario del fascismo.
46Non firmato, Lʼinventore del cavallo, in «La Rivolta ideale», 8 agosto 1946, cit. in Sandro Setta, LʼUomo
qualunque 1944-1948, Laterza, Roma-Bari, 1995, p. 147.

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Il settimanale democristiano «Popolo e libertà», con un tono controllato e volutamente
indulgente 47 (e ambiguo), descrive Giannini ponendo l’accento sui suoi toni sarcastici e
definendolo «volgarizzatore di una falsa scienza e di una falsa iniziazione politica [...]
malgrado ciò bisogna tenerlo d’occhio: anche il programma fascista, sul nascere, era un
insieme di luoghi comuni e di male parole» 48.
Alcuni gruppi della destra monarchica, che si riunivano attorno al Partito Democratico
Italiano di Selvaggi, e la testata giornalistica «Il Tempo» reputano l’UQ un fenomeno
positivo di protesta contro quel tirannico CLN 49 .
Anche Aldo Moro si esprime sul fenomeno qualunquista, descrivendo, da un lato il
merito di Giannini d’aver denunciato una politica corrotta e distante dalla base reale
dell’opinione pubblica, dall’altro il pericolo derivante dal germe del qualunquismo che
porta al disintegrarsi della società causato da una visione totalmente individualistica.
Egli scrive: «Vorremmo poter essere benevoli con la politica dell’uomo qualunque, la
quale non è poi purtroppo una tattica contingente, ma una forma mentale e un abito di
vita decadente. Vorremmo essere indulgenti, perchè comprendiamo le profonde ragioni
di stanchezza, di esasperazione, di disperazione nelle quali questa corrente trova motivo
di successo e sostanziale giustificazione. Questi stati d’animo sono così naturali dopo
tanto e inutile soffrire (il soffrire è mai inutile?), che sembrerebbero da compatire e lasciar
svolgere per il loro verso. Ma è tale e tanto il pericolo di diseducazione e di rovina
spirituale e sociale che un tale stato di cose porta con sé che non si può compatire più
che per un istante e si deve subito passare dall’umano riconoscimento al monito severo
ed urgente. Il quale, forse, per la situazione spirituale cui si riferisce, ha da avere più che
altro il carattere di una illuminazione delle intelligenze, di un richiamo a considerare
spassionatamente il significato remoto e il pericolo che essa determina.
Non ci piace ripresentare, neppure a scopo di esempio, la vecchia realtà che
immaginiamo e speriamo superata. Ma bisogna pur dire che questo che è oggi indicato
come ideale di vita dell’uomo qualunque è quello stesso che era richiesto ieri come
comodo fondamento di una fedeltà incondizionata, tranquilla e irresponsabile. Ma
bisogna pur dire che questa quiete rinunciataria dello spirito è una radicale apostasia del
cristianesimo e quindi un rinnegamento della dignità umana. La vita non è un riposo, è
una cosa seria, impegnativa, responsabile in ogni suo aspetto. L’esperienza politica ed
ogni altra che sia umana, si nutre del pensiero libero, del contributo autonomo, in una
parola della suprema e nobile fatica di essere sé stessi. Anche la comunità sociale si fonda
a questo patto e nasce perciò da una responsabilità amorosamente portata con fatica.
L’uomo qualunque non è appunto sé stesso, è altri da sé, disposto a tutto pur di
conservare quella sua quiete che è una terribile perdita, la perdita dell’umanità che
acquista con il lavoro la gioia di vivere. L’uomo qualunque, per non essere sé stesso, è

47 Sandro Setta, LʼUomo qualunque 1944-1948, Laterza, Roma-Bari, 1995, p. 151.


48Non firmato, Qualunquismo: poche idee, molta boria, in «Popolo e libertà», 22 dicembre 1946, cit. in
Sandro Setta, LʼUomo qualunque 1944-1948, Laterza, Roma-Bari, 1995, p. 151.
49 Sandro Setta, LʼUomo qualunque 1944-1948, Laterza, Roma-Bari, 1995, p. 148.

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pronto a tutto, così ad accettare qualsiasi dittatura, che nasce fatalmente dove al posto
della ansiosa libertà dello spirito c’è il vuoto» 50.
Il contributo di Alberto Moravia, che firma la prefazione all’opera di Pallotta 51 , ritiene
che il qualunquista sia «un uomo che si serve della cultura defunta per negare la cultura
viva; di qualità storiche per giustificare difetti contemporanei; di una rivoluzione del
passato per promuovere la reazione nel presente. Non pare dubbio che, storicamente, il
qualunquismo sia il discendente diretto del “particulare” guicciardiniano. Infatti è con il
“particulare”, cioè con l’abbandono della vita pubblica troppo disperata e con
l’asserragliamento dentro la fortezza della vita privata, che ha inizio l’esclusione della
cultura tradizionale italiana dal contesto della cultura moderna» 52.
Nell’ambito dell’analisi storiografica si ricorda il contributo fornito da Luigi Volpicelli,
nel volume “Storia critica dei partiti italiani” del 1946, in cui si pone l’accento sulla
vocazione decisamente “anti-CLN” che fin da subito assume l’UQ 53 . Nella prima metà
degli anni Settanta viene pubblicato il testo di Sandro Setta, L’Uomo Qualunque
(1944-1948) e ristampato più volte nei due decenni successivi.

Conclusioni

L’Uomo Qualunque e il suo eccentrico fondatore hanno saputo catalizzare il consenso di


un’opinione pubblica stremata dalla guerra, in cerca di leader, e non omogeneamente
soddisfatta dal Comitato di Liberazione Nazionale. L’UQ ha saputo parlare, prima che
alle persone, ai loro istinti primordiali, alle loro passioni. L’italiano aveva bisogno di
qualcuno che difendesse quel poco che gli era rimasto. Giannini si è fatto portatore degli
interessi di quella parte di popolazione solitamente distante dalla politica, impegnata
nelle proprie faccende private; quella stessa popolazione che, uscita dal dopoguerra, vuole
tornare alla propria vita perfetta, fatta di individualismo e “di paese”, tranquillità e
ordine. L’UQ si oppone all’antifascismo perchè portatore di una fisiologica ansia
rivoluzionaria e poco controllabile. Il Fronte dell’Uomo Qualunque finisce anche per
essere il partito di chi è solamente avverso all’antifascismo e dunque dei nostalgici del
regime.
I qualunquisti portano agli occhi di tutti, anche se estremizzando e appunto
qualunquizzando, la corruzione della politica professionale, i giochi di potere attorno a
pochi ruoli di egemonia, le lotte di partito ai danni della “brava gente”.
Il qualunquismo avrebbe potuto determinare l’apertura della scatola dei giochi sporchi,
delle magie istituzionali, del cilindro del potere e invece si è spinto oltre, lottando
continuamente per un mondo privo di comunità e società, un semplice aggregato di
50 Ibid.
51 Gino Pallotta, Il Qualunquismo e lʼavventura di Guglielmo Giannini, Bompiani, Milano, 1972.
52 Ivi, p. VII
53Alberto Guasco, La storiografia sul qualunquismo, in AA.VV., Storia della storiografia, vol. 45, Rivista
Internazionale di Storia della Storiografia, Milano, Jaca Book 2004, p. 85.

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individui liberi di pensare e agire, purché quel pensare a agire sia orientato esclusivamente
a loro stessi. L’uomo qualunque è finito per essere l’uomo “particulare”, del “vivi e lascia
vivere” determinando un modello di società che è stato evitato. L’affermarsi del
qualunquismo a livello politico, ma soprattutto sociale, sgretolerebbe i concetti stessi di
società e solidarietà, che necessitano di una visione molto più alta rispetto al proprio
interesse. Il qualunquismo però, come ricorda Moravia 54 , si traveste e muta. E’ stato
qualunquismo anche il fascismo, dotatosi di una ideologia. E mai, forse, se n’è realmente
andato.

54 Gino Pallotta, Il Qualunquismo e lʼavventura di Guglielmo Giannini, Bompiani, Milano, 1972, p. VIII.

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Bibliografia

A. Corona, Classe dirigente, in «l’Avanti!», 12 novembre 1946;


A. Guasco, La storiografia sul qualunquismo, in AA.VV., Storia della storiografia, vol. 45, Rivista
Internazionale di Storia della Storiografia, Milano, Jaca Book 2004;
G. Pallotta, Il Qualunquismo e l’avventura di Guglielmo Giannini, Bompiani, Milano, 1972;
G. Sabbatucci - V.Vidotto, Il mondo contemporaneo. Dal 1848 a oggi, Laterza, Roma-Bari, 2008;
S. Setta, L’Uomo qualunque 1944-1948, Laterza, Roma-Bari, 1995;
Non firmato, Monarchia fascista, in «l’Unità», 17 febbraio 1946;
Non firmato, Fascismo qualunquista, in «l’Unità», 19 febbraio 1946;

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