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INDICE
PREMESSA
CAPITOLO PRIMO
LORIGINE DELLE SPECIE DA UN FILO DI FUMO
1.
Il romanzo-officina
2.
Glosse a un glossario
3.
4.
CAPITOLO SECONDO
GIOCHI INTERTESTUALI E IMPEGNO CIVILE
1.
La Biblioteca di Vigta
2.
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E IL LETTORE DI
F AULK-
NER
3.
4.
CAPITOLO TERZO
DALLE BOLLE AI PIZZINI.
LO SPIRITO LAICO DI CAMILLERI
1.
Lo start di Verga
2.
3.
4.
BIBLIOGRAFIA
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Andrea Camilleri.
Ritratto dello scrittore
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Premessa
Nelle Postille a Il nome della rosa del 1983, Umberto Eco, citando scherzosamente Woody Allen, ricordava
che, se si scrive un romanzo, bisogna pur scegliersi dei
modelli. Lo stesso, credo, vale anche se si lavora a un
saggio su uno scrittore di romanzi.
Quando lEditore mi ha proposto di scrivere un volume monografico su Andrea Camilleri, ha insistito soprattutto su ci che esso non avrebbe dovuto essere: una tesi
accademica, cio un trattatone onnicomprensivo o unanalisi dettagliata e infarcita di note a pie di pagina di unopera in particolare o di un particolare aspetto delle opere, destinata agli specialisti. Insomma, avrebbe dovuto essere
qualcosa di immediatamente accessibile al pubblico sia dei
lettori accaniti di Camilleri sia di quelli che ancora non si
sono cimentati con le sue opere. Questi ultimi avrebbero
dovuto sentirsi stimolati ad avvicinarsi finalmente alluniverso camilleriano, mentre i primi, generalmente espertissimi, avrebbero dovuto avere la piacevole impressione di
trovarsi coinvolti in una sorta di gioco spassoso ed erudito
a chi ne sa una in pi sul Maestro. Del resto, considerato il
numero ormai notevolissimo delle opere camilleriane,
pressoch impossibile racchiuderle tutte nello spazio di una
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monografia contenuta e di carattere divulgativo. Aggiungendo infatti ai 47 titoli tabulati da Gianni Bonina nel suo
monumentale Il carico da undici, pubblicato nellottobre
del 2007, le quattro opere nuove uscite fino al luglio 2008,
cio Il tailleur grigio, Il campo del vasaio, Il casellante e
La tripla vita di Michele Sparacino, nonch la stessa seconda parte del libro di Bonina, costituita da unintervista a
Camilleri di circa 230 pagine, si arriva a cinquantadue titoli, escludendo la mole sterminata e ancora non integralmente censita n tanto meno raccolta di articoli, interviste brevi, prefazioni a libri altrui, sceneggiature, riduzioni e adattamenti per il teatro, la televisione e la radio, poesie e altri
scritti doccasione. Un primo importante tentativo di sistemazione bibliografica del Camilleri operatore teatrale, televisivo e radiofonico opera di Roberto Scarpa e si trova in
appendice a Lombrello di No, uscito nel 2002, mentre la
pi ampia e dettagliata bibliografia delle opere e degli scritti vari di Camilleri, continuamente aggiornata, quella che
si trova nel sito www.vigata.org del Camilleri Fans Club.
Nellaccettare la sfida, mi tornato subito in mente
il passo di Eco sui modelli evocato sopra e mi sono chiesto,
con un senso di smarrimento, a quale santo votarmi.
Il primo lo avevo proprio sotto il naso, ed era lo
stesso Camilleri, il quale nella Nota in calce alla sua Biografia del figlio cambiato (2000) scrive: Questo libro ambisce ad essere la trascrizione di un mio racconto orale sulla vita di Luigi Pirandello da un punto di vista limitato e del
tutto personale. (...) Il racconto non destinato agli accademici, agli storici, agli studiosi di Pirandello ch queste
cose per loro son risapute, ma al lettore pi che comune. I
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Realizzare in tutta tranquillit questo paradosso, linnocente volont di ogni biografia (in Borges, Tutte le opere,
I Meridiani Mondadori, 1984, vol. I, p. 200).
Borges, per, riuscito, seppur indirettamente, ovvero del tutto borgesianamente, a risolvere il mio problema
del modello, perch nel Borges del filosofo spagnolo Fernando Savater (2002) che trovo le precise parole che avrei
voluto scrivere in una normale premessa al mio saggio su
Camilleri: in queste pagine potr raccontare soltanto
leffetto che Borges ha avuto su di me, uno dei suoi tanti
lettori: in che modo mi colp ci che lessi e seppi di lui,
quali piaceri e quali riflessioni gli devo, qual stato il mio
Borges e in che senso sono stato trasfigurato dalla sua frequentazione, dal suo contagio. Come si pu ben vedere, in
ci non vi nulla che possa aumentarne la gloria, e io non
sono cos idiota (sebbene paghi anchio il mio obolo alla
vanit, non arrivo allidiozia) da pretendere di attirare su di
me lattenzione che si deve a lui (ediz. Laterza 2005, p.
8). Per parafrasare, dunque, il titolo dellintroduzione di
Camilleri alla sua antologia di pagine pirandelliane, quello
che presenter qui solo n potrebbe essere altro, in fondo il mio Camilleri.
E visto che ci sono, poich Savater ha frequentato e
tradotto Cioran, subendo anche il suo mortale e insieme vivificante contagio, concludo augurandomi che questo mio
omaggio a Camilleri possa costituire, se non altro, unumile
e apocrifa appendice agli Esercizi di ammirazione del
sommo pensatore franco-rumeno.
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CAPITOLO PRIMO
1. Il romanzo-officina
Lo scrittore italiano vivente pi letto in assoluto,
oggi ottantatreenne, diventato un caso letterario senza
precedenti dopo aver superato i settantanni, nella seconda
met degli anni Novanta del secolo scorso. Tuttavia, Andrea Camilleri aveva esordito giovanissimo nel secondo
dopoguerra con poesie e racconti usciti su riviste e in raccolte poetiche ed aveva alle spalle una lunga carriera come
regista teatrale, televisivo e radiofonico, sceneggiatore e
docente di regia allAccademia Nazionale di Arte Drammatica di Roma.
Data la fama da lui raggiunta negli ultimi anni, sono
gi disponibili diverse e dettagliate schede bio-bibliografiche, tra le quali sono da segnalare soprattutto quelle contenute nei due Meridiani Mondadori dedicati allo scrittore
(Storie di Montalbano, a cura di Mauro Novelli, uscito nel
2002; Romanzi storici e Civili, a cura di Salvatore Silvano
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Nei primi due paragrafi di questo capitolo, basandomi in parte sulla ricerca condotta da una mia studentessa
nella sua tesi di laurea, da me proposta e seguita da vicino
(Eleonora Cerro, Indagine su Un filo di fumo di Andrea
Camilleri, Universit di Catania, 2006), cercher di illustrare soprattutto il ruolo estremamente significativo giocato nellambito della successiva produzione camilleriana dal
romanzo Un filo di fumo, edito da Garzanti nel 1980 e premiato a Gela nel 1981. Questo riconoscimento, seppur ottenuto nellambito di un Premio letterario minore e senza
futuro (era il Premio Nazionale di Narrativa Citt di
Gela, indetto dalla locale Accademia Eschilea), ricordato
sempre con grande affetto da Camilleri. In unintervista apparsa sul Corriere di Gela del 14 febbraio 2004, concessa
al Direttore del settimanale Rocco Cerro, Camilleri ha dichiarato: C una cosa che mi lega a questa citt. Ricordo
che il primo premio letterario che ho ricevuto in assoluto
lho avuto proprio a Gela, con Un filo di fumo. Ad assegnarmelo nei primissimi anni Ottanta fu lAccademia
Eschilea, presieduta appunto dallamico Federico Hoefer e
con giuria presieduta da Giacinto Spagnoletti. Per questo
conservo una perenne gratitudine verso questa citt. In
questa occasione, peraltro, Camilleri ebbe lunico contatto
diretto, ancorch telefonico, con Gesualdo Bufalino. Lo
racconta ne La linea della palma: Ebbi una sua telefonata
quando pubblicai Un filo di fumo e vinsi il Premio Gela.
Presidente della giuria era Giacinto Spagnoletti, ma il premio era stato organizzato da un mio amico poeta, Federico
Hoefer. Mentre stavamo cenando, telefon Bufalino da
Comiso per congratularsi. Aveva letto il libro e gli era pia-
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stesso motivo ai dieci magazzinieri di Vigta; Stefanuzzo, figlio tardivo bacchettone e incapace, marito cornuto di Helke, prega, si autoflagella, fa voto alla Madonna, chiuso in una stanza santuario piena di
immagini sacre e lumini.
Gli eventi desiderati o temuti (a seconda dei punti di vista)
non si verificano: i Barbabianca non riescono ad ottenere il prestito
della quantit di zolfo che loro necessita, gli avversari non vedono
arrivare il battello russo perch, come sappiamo, questo naufraga sulla
secca. Le due soluzioni antitetiche non si realizzano; il che sottopone
unaltra volta a decezione i lettori (e gli attori). Tra p. 94 e p. 101 delledizione Sellerio, cio a quattro quinti dellopera, si genera levento
inatteso e improvviso del naufragio che imprime un movimento contrario alla ruota della Fortuna: questa, infatti, girando ora a riversa,
risolleva le sorti dei Barbabianca e getta lo scompiglio nel variopinto
campo dAgramante di nobili e magazzinieri, che cedono le armi passando con la massima facilit dallopposizione allossequio smaccato.
Il vecchio Tot pu cos, la mattina del giorno successivo 19 settembre, celebrare il suo trionfo offrendo alla chiesa matrice di Vigta una
tavoletta votiva fatta dipingere la notte; mentre il figlio bacchettone
scioglie il suo voto personale lustrando con la lingua il pavimento della stessa chiesa.
Le due cerimonie hanno per il lettore, il quale addentro alle
motivazioni dei fatti, un significato: sono di egoistico ringraziamento
per il disastro economico evitato in extremis. Ma possono averne anche un altro, di facciata, almeno per i vigatesi: svolgendosi in occasione delle solenni onoranze funebri celebrate per il naufragio del battello russo, appaiono un ringraziamento per lo scampato pericolo dei
superstiti. La tavoletta di rame raffigura, infatti, ambiguamente
nella parte centrale, una nave che affondava spaccata a met
e una poco di marinai sparsi qua e l con le braccia alzate al cielo
che domandavano salvezza; in un tondo in alto a destra cera la Madonna che benignamente si sporgeva da alcune nuvole per salvarne
certi e altri no secondo un criterio di scelta negato ai mortali; in basso a sinistra cera un cartiglio che portava la scritta: Salvatore Barbabianca & Figli per grazia ricevuta (pp. 117-118).
Il voto di Stefanuzzo pu avere anche una terza motivazione:
di ringraziamento per la miracolosa erezione fallica che, contraddicendo una normalit di miseria sessuale, meraviglia lui non meno del-
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in una raccolta da lui curata per Mondadori; di uomo di teatro dedito per decenni alla regia e allinsegnamento; e infine di anziano romanziere arrivato a un successo di pubblico
tanto inusitato quanto ormai insperato.
Il volume contiene anche il saggio Lo stile della traduzione: Camilleri in Spagna di Maria de las Nieves
Muiz Muiz, in cui lautrice mostra i limiti di resa stilistica delle numerose traduzioni catalane e castigliane delle
opere di Camilleri, che a suo dire sacrificano il groviglio
espressivo della prosa camilleriana in nome di una falsa
chiarezza. Per esemplificare la sua tesi, Maria de las Nieves Muiz Muiz si concentra proprio su Un filo di fumo e
il suo contributo assume laspetto di una interessante analisi del romanzo, di cui viene messo in evidenza soprattutto
il particolare ritmo narrativo. La concordia discorde fra la
profonda immobilit del sistema e liperattivit del movimento innescato, osserva lautrice, rappresentano la cifra
stilistica del libro. Tradurre il ritmo di Un filo di fumo
dunque cos importante quanto riprodurne gli incastri dialettali e i dislivelli di registro che ne tramano il discorso
(). Di qui una specie di corsa alla rovescia che gattopardianamente esprime limmobilit col movimento. Il ritmo,
unito alla densit dei sottintesi linguistici, esprime tutto
ci.
Nonostante i pregevoli saggi citati, mi sembra per
che solo grazie al lavoro dindagine da me suggerito due
anni fa a Eleonora Cerro (che ringrazio per avermi dato il
permesso di attingere a piene mani dai primi due capitoli
della sua tesi di laurea) sia stata finalmente sottolineata
limportanza di Un filo di fumo in quanto vero e proprio
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dItalia anche da chi, in teoria, dovrebbe avere notevoli difficolt linguistiche per una piena comprensione del testo.
Una interessante analisi di questa quasi miracolosa forma
di comunicazione culturale tra un autore e il suo vasto
pubblico per mezzo di un codice linguistico apparentemente inadatto proposta da Antonino Buttitta nella sua Introduzione al citato volume Il caso Camilleri. Letteratura e
storia. Scrive Buttitta: Il dilemma che alcuni si sono posti:
ma come fanno i lettori ad apprezzare un autore come Camilleri del cui originale e personale linguaggio, dalle incerte referenze italosicule, spesso capisce poco e talora nulla,
di fatto non si pone, per la semplice ragione che la decodifica del lettore va oltre la codifica dellautore, e questa
come quella traggono la loro forza comunicativa da fatti
che pur in rapporto con il testo lo tracimano: promuovono
latto della scrittura e della lettura, ma rispetto a queste ritengono una loro autonomia. La scrittura sempre meno di
quanto lautore voleva dire, la lettura sempre di pi. Ogni
volta che un lettore legge un testo lo riscrive e in questa riscrittura agiscono una serie di fatti che, pur non essendo
immediatamente comunicativi () di fatto rappresentano
la materia della comunicazione, lessenza della fascinazione da essa esercitata, senza la quale la stessa comunicazione perderebbe la sua forza comunicativa.
Lammissione di Camilleri che il Glossario sia ormai
diventato superfluo forse allorigine del fatto che gli
studiosi non abbiano prestato ad esso la dovuta attenzione.
Come si vedr, invece, una sua attenta analisi risulta davvero illuminante, perch consente di valutare appieno il fatto
che Un filo di fumo contiene in embrione tutta larte di
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nel protagonista con il quale proceder a braccetto, qui invece il narratore onnisciente mancando in realt un vero
artefice della vicenda. Che non neppure il maresciallo
Corbo, come non lo Vito. Protagonista , semmai [...] il
paese sicch il romanzo integra un dcoupage non soltanto
della serie di Montalbano ma anche dei cosiddetti romanzi
civili.
Nel terzo paragrafo ci concentreremo sulla vera e
propria filosofia del linguaggio, peraltro di origine pirandelliana, che Camilleri assume come criterio estetico e che
alla base delle sue particolari e ben note invenzioni linguistiche. Lultimo paragrafo di questo capitolo, invece,
unampia ricognizione dei molteplici volti (anche mediatici) di Vigta.
Bench arrivato alla grande notoriet nel corso degli anni Novanta del secolo scorso, il Camilleri romanziere nasce infatti circa trentanni prima. Furono lesperienza della lunga agonia del padre in una clinica ed il
confronto culturale e generazionale tra padre e figlio (il padre era stato fascista, mentre il figlio era vicino alla sinistra
marxista) ad innescare quel processo di recupero della memoria e delle radici siciliane che si tradurr nel bisogno irresistibile di raccontare. Questo rapporto che si cre fra
noi, ricorda Camilleri ne La linea della palma (p. 232),
quel comune viaggio nella nostra memoria, provoc quello che oggi si chiamerebbe un effetto collaterale: la voglia di raccontare una certa esperienza mia di vita. E raccontarla nei modi in cui la sapevo raccontare: scrivendo un
romanzo. Non un caso che il mio primo romanzo Il corso delle cose sia dedicato a mio padre. E il futuro com-
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si ritrov al punto di partenza. Dal 1968 al 1978 non trovai un cane di editore che me lo pubblicasse, ricorda Camilleri ne La linea della palma, incassando rifiuti variamente motivati da Laicata, Marsilio, Bompiani, Garzanti,
Feltrinelli e dagli Editori Riuniti. Nel 1978, per, la situazione si sblocc grazie alla televisione, nel cui mondo Camilleri gravitava come produttore, regista e sceneggiatore,
e soprattutto grazie a Dante Troisi, un amico scrittore e
magistrato: Dante Troisi propose il romanzo come soggetto cinematografico a Sergio Amidei che lo giudic inadatto
perch poco violento (testuale). Torn alla carica in televisione e la sua proposta fu accettata. Cominci a sceneggiarlo con Nin Suriano, in arte Antonio Saguera, pure lui magistrato. Qualche giornale ne diede notizia e si fece avanti
un editore a pagamento, Lalli, facendomi la proposta di
pubblicare il libro senza che io sborsassi una lira (del resto
non lavrei mai fatto) purch nei titoli di coda apparisse il
nome della sua casa editrice. La riduzione televisiva in tre
puntate, diretta da Pino Passalacqua, venne intitolata La
mano sugli occhi: parve pi accattivante delloriginale. Il
romanzo, col suo vero titolo, Il corso delle cose, venne
stampato da Lalli nel settembre 1978, dopo quasi dieci anni
che avevo finito di scriverlo. Anni nei quali, a parte le due
interviste impossibili, ero stato io nellimpossibilit di scrivere altro (Il corso delle cose, p. 145).
Le due interviste impossibili cui si fa riferimento
nel passo sono quelle a Stesicoro e a Federico II di Svevia,
che Camilleri compose per un programma radiofonico di
Radio Rai andato in onda tra il 1973 e il 1974. Si trattava di
un programma - poi diventato celebre e ancora oggi un cult
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per gli amanti del genere - in cui degli scrittori contemporanei immaginavano di intervistare personaggi del passato.
Famose sono rimaste le interviste di Umberto Eco a Pitagora, Muzio Scevola e Beatrice, quelle di Edoardo Sanguineti a Socrate e a Francesca da Rimini e quelle di Italo Calvino a Montezuma e allUomo di Neanderthal. A leggere i
nomi di altri partecipanti alla trasmissione c da rimanere
allibiti per il livello della squadra: Sermonti, Manganelli,
Ceronetti, Del Buono, Malerba, Arbasino, fino a Sciascia,
la cui intervista a Maria Sofia regina di Napoli non venne
per registrata e fu realizzata dalla Rai solo nel 1998, con
la voce di Camilleri al posto di quella di Sciascia. Le ottantadue Interviste impossibili, di cui Camilleri cur quattordici regie, furono poi pubblicate in due volumi da Bompiani
tra il 1975 e il 1976 a cura di Umberto Eco e nel 2006 la
casa editrice Donzelli le ha riproposte in un unico volume
curato e introdotto da Lorenzo Pavolini, preceduto da
unintervista a Camilleri e accompagnato da due CD audio
che contengono la versione radiofonica originale di sette
interviste (Calvino allUomo di Neanderthal, Ceronetti ad
Attila e a Jack lo Squartatore, Sanguineti a Francesca da
Rimini, Eco a Beatrice, Manganelli a Fregoli e Del Buono
a Dostoevskij).
Il corso delle cose era un giallo di mafia nello
stile di Sciascia (Il giorno della civetta, il primo romanzo
di mafia della letteratura italiana, era uscito nel 1961), ambientato in una non precisata ma riconoscibile e contemporanea Porto Empedocle con il suo porto e la sua Scala dei
Turchi. la futura Vigta, che comparir proprio con Un
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manzo, come visto, racconta una serie di avvenimenti accaduti in massima parte in un solo giorno, il 18 settembre
1890. Gli ultimi due paragrafi sono dedicati alle due cerimonie religiose in due diverse chiese il funerale delle
dieci vittime del naufragio della Tomorov e il teatrale ringraziamento votivo di Tot Barbabianca e della sua famiglia (il penultimo) e alla morte del vecchio don Angelino
Villasevaglios (lultimo), avvenute la mattina dopo. Nel
raccontare la vicenda corale del romanzo i paragrafi sono
disposti a mosaico, al punto che ciascuna delle microstorie
dei vari personaggi si ramifica e si spezza in diversi paragrafi distanti tra loro. In tal modo il lettore chiamato a ricostruire un puzzle i cui vari pezzi vanno prendendo forma
lentamente e, nellassistere a storie che si intrecciano e si
sovrappongono a spezzoni, ha la percezione della contemporaneit degli eventi. Questa costruzione polifonica una
delle caratteristiche pi salienti del romanzo e non a caso
spesso sottolineata ed elogiata dalla critica. Ma su altro
che punteremo ora lattenzione, perch qui che il romanzo mostra la sua capacit di fungere da modello per la produzione successiva di Camilleri. Del resto, la costruzione a
incastro, ulteriormente raffinata e portata alle estreme conseguenze combinatorie, la si ritrover nel Birraio di Preston (1995).
Gli elementi del romanzo che intendo sottolineare sono quattro e rappresentano delle costanti che percorrono in vario modo le opere successive.
1) In primo luogo, linvenzione di Vigta.
Nella Nota dellautore posta in calce a Il ladro di merendine (1996) Camilleri scriver: Un critico, recensendo il
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mio Cane di terracotta, ha scritto che Vigta, il paese geograficamente inesistente nel quale ambiento tutti i miei romanzi, il centro pi inventato della Sicilia pi tipica. E
lo ribadir ancora nellintervista a Bonina che si trova ne Il
carico da undici: Vigta una sorta di buco nero che ingloba tutto. Tutto ci che succede dentro i confini della Sicilia (p. 396). Come si gi rilevato, in Un filo di fumo
che per la prima volta fa la sua apparizione questo nomemaschera per Porto Empedocle, la cui fortuna nelle opere
successive ben nota.
Su Vigta e i suoi molteplici volti torneremo alla
fine di questo capitolo.
2) In secondo luogo, linvenzione della lingua. Si gi accennato al fatto che la lingua di Un filo di
fumo sensibilmente diversa da quella del romanzo precedente ed gi la lingua inconfondibile di Camilleri come la
conosce e riconosce ogni lettore abituale. Da questo punto
di vista acquista notevole significato il Glossario, perch in
esso come se Camilleri avesse fissato un vero e proprio
codice, poi mantenuto e ampliato nelle numerosissime
opere che seguiranno. Anche su questo si torner pi avanti.
Come si vede, i due punti precedenti mettono
in luce elementi del romanzo che poi si ritroveranno in
quasi tutta la produzione di Camilleri. I due punti successivi, invece, sono allorigine di caratteristiche ben precise di
molti dei futuri romanzi storici e civili.
3) Un filo di fumo, come visto, si svolge nellarco di due giorni del settembre 1890. Il momento storico
particolarmente significativo per la Sicilia. Una trentina
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danni dopo lo sbarco di Garibaldi e il raggiungimento dellUnit, la crisi economica e le tensioni sociali e politiche
non sono affatto attenuate. Riprendendo motivi presenti ne
I vicer di De Roberto, ne I vecchi e i giovani di Pirandello
e ne Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, Camilleri traccia un quadro desolato della delusione post-unitaria e della
stagnazione socio-economica della Sicilia di quegli anni. Il
classismo feudale, le angherie dei signorotti nostalgici dei
Borboni (il Circolo dei nobili), collusi da un lato col
nuovo ordine piemontese e dallaltro col potere mafioso,
la nascita di una borghesia imprenditoriale corrotta (di cui
emblema Tot Barbabianca) e le prime avvisaglie delle tensioni sociali che sfoceranno di l a poco nellavventura dei
Fasci Siciliani, sono aspetti della Sicilia dellepoca che attraggono Camilleri, poich acquistano un valore simbolico
che ancora si riverbera sul presente e ne permette una comprensione pi penetrante. Quindici anni prima si era avuta
la quasi farsesca inchiesta parlamentare sulle condizioni
economiche e sociali della Sicilia, accompagnata dalla parallela ricerca di Franchetti e Sonnino (entrambe esplicitamente citate nel romanzo alle pagine 35-37), e proprio da
queste fonti Camilleri trarr spunto per altri suoi romanzi
storici ambientati nella Sicilia di fine Ottocento (La stagione della caccia, Il birraio di Preston, La mossa del cavallo,
ecc.). Questo per dire che in Un filo di fumo creata
unimpalcatura storica (e anche ideologica) che funger da
sostegno per tutta una parte consistente dellopera successiva di Camilleri.
4) Lo spunto da cui nasce Un filo di fumo un volantino anonimo trovato da Camilleri tra le carte del nonno,
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2. Glosse a un glossario
Per le considerazioni che seguono utile avere sottocchio il Glossario di Un filo di fumo, che qui di seguito si
riporta integralmente. Il lettore paziente che non ha ancora
familiarit con i testi camilleriani vi trover un concentrato
di suoni, espressioni e quadretti che costituiscono una prima introduzione alluniverso linguistico e antropologicoculturale dello scrittore.
Adenzia: darisi adenzia: badare a se stesso. Senza sapirisi dari
adenzia: non sapendo risolversi.
Ammammaloccuti: stupefatti, sbalorditi, come mammalucchi.
Appinnicunato: pinnicuni la romana pennichella, il sonnellino pomeridiano. Appinnicunato: semi-addormentato.
Larca e lamerca: modo di dire intraducibile che significa
ogni ben di Dio oppure, come nel nostro caso, uno di tutto.
Arrimino: arriminarsi: muoversi.
Assuppato: inzuppato.
Astutare: spegnere. Ma anche ammazzare, uccidere.
Attagna: attagnari: interruzione della fuoriuscita di un liquido.
Azzalori: frutti del lazzeruolo, o la pianta stessa.
Babbaluci: lumaca. Detta cos in siciliano perch lascia dietro
di s una striscia di bava luccicante.
Balte: la forma rettangolare (una sessantina di cm. di lunghezza, per quaranta di larghezza, per trenta di altezza) in cui veniva confezionato lo zolfo in raffineria. Prima misura di terziatura
dello zolfo; le altre due erano il tocco e il tocchetto. La balta
anche la pietra da lastricare: dari lu culu a la balta: ridursi sul
lastrico.
Bsola: bsola una grossa pietra lvica che serve per pavimentare le strade, durissima. Facci di bsula sta per sfacciato o
per impassibile mentitore.
Borgise: borghesi, benestanti.
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Cantoni: pietre squadrate di tufo che servono per la costruzione dei muri perimetrali di una casa. La cantunera langolo esteriore di una casa che d inizio a una strada. Fimmina ca fa cadiri
cantuni: donna straordinariamente bella.
Carico di undici: , nel gioco della briscola, la carta di pi alto
punteggio, cio lasso. Mettiri u carricu di unnici significa attizzare una lite portando argomenti che esasperano gli animi, in genere
peggiorare in qualche modo una situazione.
Caruso: ragazzino. Il diminutivo caruseddu implica un certo
disprezzo. Il bambino invece laddevu, lallievo.
Catafottere: scaraventare e anche cadere, ma sempre con violenza. Il cata iniziale spesso un rafforzativo. Vatti a fari futtiri e
catafuttiri.
Catamini: cataminarsi: muoversi. Nun ti cataminari (non fare
il pi piccolo movimento). Se in Sicilia uno ti dice mviti, tu resta
assolutamente immobile, a scanso di guai: significa infatti stai
fermo.
Catojo: abitazione, in genere di una sola stanza, posta al piano
terra. Quasi sempre senza finestra, ha come unica bocca daria e di
luce la porta dingresso.
Chiummo: piombo. Testa di chiummu: testardo. Mentre aviri i
pedi di chiummu, avere i piedi che sembrano di piombo, segno di
estrema stanchezza.
Ciruso: indurito come la cera. Ovu cirusu: uovo sodo.
Coffa: canestro non rigido, fatto di foglie di palma selvatica,
adatto a trasportare per lo pi commestibili. Dari la coffa sta per
togliersi uno di torno piuttosto bruscamente. Pigliarselo nella coffa significa rimanere fottuto, prenderlo in quel posto.
Compare di sangue: si diventa cumpari in tanti modi: per aver
tenuto a battesimo o a cresima il figlio di un amico, per essere
stato testimone di nozze (cumpari daneddu: compare danello),
per lunga dimestichezza o per atto di fratellanza (che appunto u
cumpari di sangu). In questultimo caso bisogna, praticando delle
piccole incisioni al braccio o alla mano, mischiare insieme il sangue dei due che decidono il cumparaggiu.
Criata: la servente di casa: dallo spagnolo criado, servo. La
criata sparrittera: sonetto celeberrimo di Martoglio dove una domestica sparla dei padroni.
Cucco: il cuculo. Anche stupido e, nel nostro caso, albino.
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dire una madre con due fglie, deve dirsi in siciliano: una matri cu dui figghi fimmini.
Sgonocchier: sgonocchiare: sconnettere. Un cavallo sgonocchia quando per stanchezza cade sulle zampe anteriori.
Signo: cenno, segnale.
Si ingiarma: sincanta, si stupisce.
Smirciarlo: smirciari latto, proprio del miope, che socchiude gli occhi per meglio vedere.
Sparagnavano: sparagno, risparmio, non voce solo siciliana:
dialettale s, ma registrata nei vocabolari italiani.
Sparluccicho: il brillare: ci sparluccicano locchi. Sparluccicanti: brillanti.
Sperto: esperto, pratico. Ma in realt significa furbo. Chi ti
senti, spertu? (Vuoi fare il furbo con me?)
Sponza: spugna.
Squasciarata: eccessivamente larga, quasi squartata.
Squieto: inquieto. Squieto no sonnu oppure squieto no drmiri
equivale ironicamente a donnaiolo, a chi non riesce a dormire se
nel letto non ha compagnia.
Stcchio: la vulva. Chi si sticchiuta! si dice a una donna prepotente.
Stracangiarsi: stracangiarisi a facci: scurirsi in volto.
Strammaria: stranezza. Stramma: strana, inconsueta.
Strascinuni: trascinandosi per terra.
Struppiare: storpiare.
Supra a pasta minnulicchi: sulla pasta, mandorlette la traduzione letterale, e il suo equivalente italiano pu essere in qualche modo: piove sul bagnato. E cio disgrazia su disgrazia. In
questo senso, la Sicilia ha una fioritura di proverbi impressionante. Tre esempi fra centinaia: Allannigatu, petri dincoddu (Allannegato, pietre addosso); Passari i gu do linu (Patire i guai del
lino: taglio, battitura, triturazione, ecc.); Allannu cci muru lu
mulu e supra lannu cci fitu lu culo (Entro lanno gli mor il
mulo e dopo un anno gli puzzo il culo: anche il proprietario del
mulo cio tir le cuoja).
Svacantato: svuotato.
Tabbto: bara, cassa da morto.
Talano: talire guardare.
Tanger: dal francese tagre, scaffale. Ma uno scaffale basso, di solito con un ripiano di marmo nella parte superiore.
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lalfabeto solamente unagevolazione alla lettura (Il gioco della mosca, p. 11). Questi abbozzi narrativi si trovano
poi disseminati e variamente sviluppati nei romanzi e nei
racconti coevi e successivi, ma interessante osservare
come essi siano gi in parte presenti in Un filo di fumo e
nel glossario, se non addirittura nel primo romanzo (si confrontino ad esempio le pp. 31-32 e 57 de Il corso delle cose
rispettivamente con le voci Amminchi cu pupu e A risata do zu Manueli quannu pird u caiccu de Il gioco della
mosca).
Anzi, si potrebbe dire che Il gioco della mosca non
altro che una rielaborazione e un ampliamento del Glossario, come dimostrano le numerose corrispondenze tra i
due testi. Si prenda ad esempio la voce Catamini del
glossario e la si confronti con la voce Moviti de Il gioco
della mosca, dove tra laltro si legge: Un non siciliano, al
suono di questa ingiunzione, pensa che debba cominciare a
muoversi in fretta, commettendo un errore che pu essere
fatale (non so, ad esempio nel caso che gli stiano puntando
unarma contro). Il suono quello, certamente, ma il senso
locale decisamente lopposto: stai perfettamente immobile, non battere ciglio (cfr. anche la voce Sfondapiedi del
Glossario con la voce Sfunnapedi de Il gioco della mosca).
Ancora pi interessante, dal nostro punto di vista,
un confronto tra la voce Calatina del glossario e la stessa
voce ne Il gioco della mosca, che comincia cos: Companatico. Cos chiamata forse perch aiutava il pane a calarsene. La voce poi prosegue con un elenco di tipiche calatne del popolo, recuperate dalla memoria personale e di
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onfernu, mur u parrinu Imburnuni. Si faceva cio premura davvertire i compaesani che avessero parenti allinferno, e volessero mandar loro qualche fagottello, di cogliere
al volo loccasione, perch sulla destinazione di Padre Imbornone dubbio non sussisteva (p. 63). Si confronti ora
questo passo con la fine della voce Cu avi a mannari trusciteddri ombernu, mur u parrinu Arnuni de Il gioco della mosca, relativa a un prete descritto nella sua dissolutezza
in termini pressoch identici a quelli con cui viene descritto
padre Imbornone poco prima del passo citato (p. 62):
Quando si sparse la notizia che padre Arnone aveva tirato
le cuoia, uno dei tanti al quale il prete aveva fatto torto
ebbe una geniale ispirazione. Assold il banditore comunale perch andasse di strada in strada gridando: Cu avi a
mannari trusciteddri ombernu, mur u parrinu Arnuni!.
Chi aveva da mandare pacchetti e fagottini ai propri familiari allinferno, approfittasse subito delloccasione, perch
sulla destinazione di padre Arnone nellaldil non potevano
sussistere dubbi.
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Per i suoi scopi espressivi e di poetica, Camilleri insegue esplicitamente lideale regolativo di una raffigurazione il pi possibile aderente alla realt delle strutture linguistico-cognitive e dellorizzonte simbolico-culturale dei
personaggi del suo mondo narrativo (costituito da una serie
di tipi ideali di una certa Sicilia nelle sue varie fasi storiche
dal 700 a oggi). Come egli dichiara in La testa ci fa dire,
riferendosi nella circostanza a Il re di Girgenti, per me il
dialetto, meglio sarebbe dire i dialetti, sono lessenza vera
dei personaggi. () Nel romanzo storico, un certo lavoro
di ricerca indispensabile: se devo raccontare un contadino
siciliano del 700, ho bisogno di capire come parlava ai
suoi tempi. E mentre cerco di capirlo, il personaggio comincia a prendere forma; nasce, quasi, dalle parole che
deve dire. () La sua lingua il suo pensiero (pp.
120-121).
A tal proposito pu risultare illuminante un rapido
raffronto tra Gadda e Camilleri, perch si tratta di una questione gi emersa nel dibattito sul caso Camilleri. In effetti, a uno sguardo superficiale sembra che Gadda sia uno
dei pochi autori italiani cui Camilleri possa far pensare per
il suo caratteristico uso di una lingua mista in cui litaliano
convive con varie gradazioni del dialetto siciliano, con altri
dialetti (come ad esempio il genovese ne La mossa del cavallo) e con altre lingue (come ad esempio lo spagnolo ne
Il re di Girgenti). Tuttavia, come ha pi volte sottolineato
lo stesso Camilleri, anche se il modello di Gadda gli presente, il confronto con lui fuorviante se incentrato sulla
questione della lingua, mentre non lo se si considera il
ricorso pretestuoso al meccanismo del giallo. La speri-
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Ma nello stesso contesto, ed quello che qui ci interessa maggiormente, Frege distingue nettamente il senso dalla rappresentazione (Vorstellung) connessa a un
segno. Il senso ha una dimensione oggettiva, perch ci
che parlanti diversi afferrano quando comunicano e si
comprendono, e inoltre ci che rimane invariato nella traduzione da una lingua allaltra (per un italiano cavallo ha
lo stesso senso che per un inglese ha horse). La rappresentazione connessa a un segno invece, per Frege, qualcosa di soggettivo e di mutevole, perch coincide con
limmagine interna che un individuo associa al segno e che
dipende dai ricordi di impressioni sensibili, dalle attivit
interne ed esterne esercitate, nonch dai sentimenti. Ecco
perch, sostiene Frege, un pittore, uno zoologo e un cavaliere saranno portati ad associare rappresentazioni diverse
alla parola Bucefalo. Secondo il famoso esempio di Frege, dunque, se si guarda la luna col cannocchiale, la luna
stessa la denotazione (reale), limmagine restituita dallobiettivo (oggettiva e accessibile a diversi osservatori) il
senso, mentre limmagine che si imprime sulla retina (soggettiva e propria a ciascun osservatore) la rappresentazione.
Alla luce di tutto ci, evidente che la distinzione
pirandelliana tra concetto e sentimento in gran parte
sovrapponibile a quella fregeana tra senso e rappresentazione. Ma c di pi. Camilleri sfrutta abilmente la possibilit di allargare le nozioni soggettiviste di sentimento
e rappresentazione a unintera comunit chiusa di parlanti nativi e giustificare cos il fatto che la sua peculiare lingua dialettale in grado di catturare le specificit antropo-
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logico-culturali del suo microcosmo vigatese. In questo microcosmo, infatti, chi perde il lavoro non rimane disoccupato, ma va a minarsela, perch il concetto astratto evocato
dalla parola in lingua non ha nulla a che vedere con la sfumatura sessuale suggerita dallespressione dialettale, che
rimanda a un mondo arcaico e maschilista in cui il lavoro e
la vana masturbazione sono roba per soli uomini. Una memorabile messa in scena di questo contrasto espressivo tra
la lingua e il dialetto si trova in Horcynus Orca (1975) di
Stefano DArrigo. Qui il Signor Monanin, lo smidollato
veneziano che per culla aveva una gondoletta imbottita e
tutta foderata di trine e pizzi e aveva ricami e svolazzi,
nappe e nappine, cappotte e tendine, veli e velari per non
farlo bruciare dal sole o sporcare dalle cacatine di mosche,
sulla nave militare se la prende con i sottoposti come Ndrja Cambra e Crocitto violentandoli linguisticamente (e riproducendo cos la guerra del fascismo contro i dialetti locali) e obbligandoli a chiamare con leffeminato termine
italiano delfino lanimale che per il loro dialetto di Cariddi e per la loro vita di pescatori umili e verghianamente
vinti labominevole fera (cfr. Horcynus Orca, ed.
Rizzoli 2003, pp. 193-203). In tal senso, ecco allora che
pu tornare utile il riferimento al secondo Wittgenstein, di
cui andrebbe ricordata non la generica e generalmente
fraintesa teoria del significato come uso ma tutta lanalisi
pragmatica e antropologica dei giochi linguistici e delle
connesse forme di vita, di cui Pirandello ha gi chiara
contezza con qualche decennio danticipo soprattutto laddove osserva che un dialetto esprime particolari usi e
particolari costumi, ovvero, in una parola, una particolar
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Contiene:
Dizionarietto vigatese italiano oltre 600
voci. Il dizionarietto stato curato dal Camilleri
Fans Club
10 giochi interattivi
20 schede di approfondimento
10 ricette
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Della geografia arcaica, feudale e quasi fiabesca della Vigta-Montelusa de Il re di Girgenti merita attenzione un elemento che per Camilleri sembra costituire
una sorta di luogo dellanima. Padre Uh Ferlito, lo sciamano spiritato mentore di Michele Zosimo, abita in una
grotta situata nella montagna del Crasto (p. 82), e questa
grotta ha due ambienti separati da un corridoio, uno dei
quali contiene una sorgente magica. Questo piccolo rilievo
oggi quasi circondato dai quartieri popolari della zona di
espansione di Porto Empedocle, e la grotta di padre Uh,
usata fino alla Seconda guerra mondiale come rifugio antiaereo da alcune famiglie, crollata ormai da molti anni.
Ebbene, la cosa interessante che la grotta del Crasto anche quella in cui Montalbano trover prima un deposito
darmi della mafia e poi, nel vano pi piccolo, il quadro
magico e arcaico costituito dai cadaveri dei due innamorati sul cui sonno, che dura dalla tragica estate del 1943,
veglia il cane di terracotta.
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lo aveva minacciato); scoperto, luomo viene alla fine freddato con un colpo di moschetto al cuore davanti allingresso della farmacia dallo stesso figlio del vecchio capo ucciso. Ebbene, Fof la Matina arriva al porto di Vigta da Palermo a bordo del postale Re dItalia (che i siciliani continuano a chiamare Franceschiello, per rispetto del re
borbone che aveva istituito il servizio) il primo gennaio
1880. Manca da molti anni e in paese ci si interroga sullidentit e sulle intenzioni del misterioso personaggio, che
tuttavia in seguito apre una farmacia e conquista la fiducia
dei compaesani, soprattutto dei membri del Circolo dei nobili. Quando Fof scende dal postale osserva le basse case
di Vigta pittate di giallo, bianco, verde e azzurro (p. 10),
cio quelle del vivace popolino, ma il suo sguardo carico
di odio e di fosche intenzioni. Anche il Caravaggio era
sbarcato con lanimo tormentato, ma la vista del Tempio
della Concordia lo aveva riempito di emozione estetica, al
punto che lindomani, dopo aver passato la notte ai piedi
delle colonne, il sole gli era apparso col suo vero colore e
non pi nero. Fof, invece, arrivato nella piazza di Vigta,
fotografa un panorama desolato di fine Ottocento, dello
stesso colore tra il grigio e il marrone delle foto dellepoca:
Al forasteri bast traversare due strade completamente
prive di vita per trovarsi sulla piazza principale di Vigta.
Nello slargo si affacciavano la Chiesa Madre, il Circolo
dei nobili, il palazzo a tre piani del barone Uccello, quello a due del marchese Peluso, cinque scagni di magazzinieri di zolfo, trita e fave, la Banca Sicula di Credito e
Sconto e il Municipio. Tra la Chiesa Madre e il Circolo
dei nobili si partiva il corso, una stradina come le altre
ma un poco meno a torciglione. Magari nella piazza forma desistenza non cera, fatta eccezione per un cane
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innalzare lattivit sessuale a canone, a paradigma e a sistema di vita; di indurre allidentificazione tra la potenza
sessuale e lautorit politica attraverso la propaganda, complice il fatto che la voce esaltata dagli amplificatori si staglia prepotentemente distinguendosi dalla massa, diventando un potente richiamo sessuale, mezzo di conquista, strumento di regno; di solleticare nelle deboli e influenzabili
femmine i pi bassi istinti animali e di indurle al tradimento mentale, se non carnale dei propri mariti; di aver mandato al massacro masse incolpevoli e manipolate fin dallinfanzia. Molta parte della critica ha individuato in Gadda
uno dei possibili padri putativi di Camilleri, fin dai primi
libri da lui pubblicati, soprattutto riguardo alla variet dei
registri linguistici e alla dissacrazione del romanzo giallo.
Il sottotitolo di Eros e Priapo, da furore a cenere, che ben
si appropria al rogo della casa e della famiglia di Michilino
che costituisce la tragica conclusione del romanzo del narratore siciliano, non fa che alimentare le somiglianze fra
due autori per altri versi agli antipodi (disponibile su
www.vigata.org).
Ma insieme a quelle di Gadda, a Camilleri arrivano
senza dubbio anche le suggestioni di DArrigo, che a sua
volta non era stato insensibile a certi echi gaddiani. Allinizio di Horcynus Orca, ad esempio, Mussolini, quello che
chiamavano duce ed era invece amaro, semplicemente
Grantesta, ed ridotto simbolicamente a un mascherone
cavo di gesso bronzato, raccattato a Reggio Calabria dopo
il parapiglia del 25 luglio, dentro il quale le femminote
fanno i loro bisogni per consumarlo. Nel nono quadro del
suo lunghissimo racconto al figlio Ndrja (le famose due
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Il pi recente Maruzza Musumeci (2007) un cunto che si inarca su quasi un secolo di storia e di vita siciliane, dal 1850, anno di nascita di Gnazio Manisco, il protagonista maschile, allestate del 1943, quando Gnazio
muore e la Sicilia viene liberata nella distruzione. Questo
romanzo il primo di una trilogia non ancora ultimata.
Ecco come Camilleri ne ha anticipato il disegno complessivo in unintervista a Salvo Fallica apparsa su LUnit del
4 marzo 2008: Ho unidea che voglio realizzare. Ho pensato ad una trilogia dei romanzi fantastici. Il primo della
serie gi stato pubblicato, ed Maruzza Musumeci. Ora,
dopo la storia della donna sirena, ho pensato ad una donna
che tenta di trasformarsi in albero. Le anticipo anche il titolo del libro: Il casellante. (...) In questo caso, i protagonisti
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coloriture espressive, cariche ciascuna di significati simbolici precisi, che ne fanno una citt a pi dimensioni, ovvero
una sorta di iper-spazio narrativo che si distende nel tempo
comunicando di volta in volta un diverso umore estetico,
sentimentale e concettuale dellautore. La Vigta del commissario Montalbano, invece, oltre ad accentuare gli echi
sciasciani dellimpegno civile e della denuncia di certe logiche politico-affaristiche del nostro tempo (e in tal senso
metafora della Sicilia, se non dellItalia tutta), si apre addirittura alle occasioni offerte dalla multimedialit ed esplode, con la complicit divertita dello stesso Camilleri, in un
pulviscolo di linguaggi che vortica nella stessa direzione
del vento dellodierna comunicazione globale e ipertestuale.
Sui rapporti tra la mappa narrativa camilleriana e la provincia di Agrigento e tra i luoghi delle riprese
della fiction televisiva e la provincia di Ragusa (con qualche incursione in quelle di Trapani e Siracusa) esiste unottima guida pubblicata da Sellerio nel 2006: I luoghi di
Montalbano. Gli autori, Maurizio Clausi, Davide Leone,
Giuseppe Lo Bocchiaro, Alice Pancucci Amar e Daniela
Ragusa, hanno opportunamente fatto una distinzione netta
tra i luoghi letterari e i luoghi televisivi della geografia di Montalbano, entrambi ormai sovrapposti nellimmaginario collettivo. Il volume, riccamente illustrato con
foto dei luoghi dei romanzi e della fiction televisiva, contiene due altre sezioni molto interessanti, che contribuiscono a trasformarlo in una praticissima guida turistica per appassionati. Analizzando gli otto romanzi della serie di
Montalbano disponibili fino al 2004 La forma dellacqua,
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Il cane di terracotta, Il ladro di merendine, La voce del violino, La gita a Tindari, Lodore della notte, Il giro di boa e
La pazienza del ragno gli autori aprono il volume con
altrettanti Itinerari in cui al lettore-turista viene mostrato
come seguire passo passo il Commissario, nei suoi spostamenti imposti dallindagine in corso, sulla cartina reale di
Porto Empedocle e dintorni, invitandolo di volta in volta a
spostarsi a piedi, in bici o in macchina. Questa operazione
dimostra che lo spazio letterario di Camilleri sta in un rapporto di isomorfismo piuttosto dettagliato con quello reale,
come si vede anche nella sezione finale del volume, costituita da cinque belle carte dedicate nellordine a La Sicilia del commissario Montalbano (A), I dintorni di Vigta (B), Montelusa Agrigento (C), Vigta Porto Empedocle (D) e infine a Ragusa e dintorni (E), questultima utile per il giro turistico nei luoghi televisivi.
Il lettore-turista che non ha familiarit con la costa
dellagrigentino scopre cos, ad esempio, che la famosa
Marinella, in cui Montalbano ha la sua casetta sulla spiaggia, una localit reale che si trova fuori Porto Empedocle
sulla statale 115 verso Sciacca e che Camilleri si limitato
a ricreare modellandola sui suoi ricordi giovanili, perch
oggi Marinella molto cambiata per via dello sviluppo urbanistico. Come ha dichiarato lo stesso Camilleri in unintervista, Marinella, infatti, che era formata da quattro, forse cinque case, diventato un vero e proprio paese. Un
tempo cerano pochissime abitazioni, sviluppate tutte in
orizzontale. Si trattava di villette, regolarmente abusive.
Montalbano, il mio Montalbano, si sceglie una villetta di
queste, e non quella lussuosa che si trova a Punta Secca, a
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(palazzo del Comune). Per raggiungere la questura di Montelusa bastano pochi minuti, quelli necessari per andare da
Via Francesco Mormino Penna a Piazza Italia nellangolo
tra il Palazzo Penna e il Palazzo Mormino (oggi Iacono)
entrambi a Scicli. Pranzare alla Trattoria San Calogero
significa raggiungere il ristorante La Rusticana a Ragusa
Ibla, mentre lo scoglio piatto sotto il faro non altro che
una delle panchine della piazzetta della Torre davanti la
casa del commissario a Punta Secca. Per un caff nel cuore
di Vigta il nostro commissario dovr raggiungere la Piazza
Duomo di Ragusa Ibla (pp. 260-261). In tal senso, la Vigta televisiva una citt invisibile non tanto nel preciso
senso calviniano quanto piuttosto nel senso in cui lo fu
Mussolinia, la citt dellentroterra siciliano progettata in
onore del Duce ed esistita solo in fotomontaggi beffardi e
incongruenti di cui parl Sciascia e di cui parla anche Camilleri in Privo di titolo, come vedremo alla fine del prossimo capitolo.
La compresenza nellimmaginario collettivo della
Vigta televisiva e di quella romanzesca, con la prima inevitabilmente dotata di maggiore forza persuasiva e di penetrazione, ormai un fatto con cui tutti gli appassionati delle
storie del commissario Montalbano devono fare i conti, indipendentemente dallopinione che possono avere al riguardo. Riprendendo la vecchia distinzione di Umberto
Eco tra apocalittici e integrati, potremmo distinguere
nel panorama dei possibili atteggiamenti culturali dei lettori-telespettatori due posizioni fondamentali, naturalmente
dai confini non ben definiti e costellati da diverse sfumature. Da un lato c latteggiamento di chi lamenta il disastro
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apocalittico arrabbiato, questo sicuramente il Montalbano romanzesco, il quale, in un gioco intertestuale vertiginoso sperimentato dallultimo Camilleri, comincia a scassrisi i cabasisi per la presenza ingombrante del suo doppio televisivo impersonato da Luca Zingaretti, come vedremo meglio nel corso del prossimo capitolo.
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CAPITOLO SECONDO
1. La Biblioteca di Vigta
S gi avuto modo di notare di passaggio, nel capitolo precedente, che la scrittura di Camilleri, oltre ad essere
attraversata da unironia ora giocosa ora amara, piena di
ammiccamenti intertestuali al lettore e raramente allenta la
tensione di un impegno civile militante di stampo illuministico e sciasciano sempre vigile, lucido e non di rado tagliente.
In questo capitolo prenderemo in esame questi due
aspetti della scrittura camilleriana, il cui intreccio non casuale. Per Camilleri, infatti, il gioco dei rimandi ad altri testi ha spesso lo scopo di avvertire il lettore che ci che sta
leggendo si staglia su una trama di riferimenti letterari che
egli farebbe bene a tentare di ricostruire per entrare pi a
fondo nelle intime intenzioni dellopera e dellautore. Lapparente facilit di Camilleri non deve trarre in inganno.
Come nota giustamente Bonina nellEpilogo de Il carico da
undici, giusta losservazione di Fogazzaro secondo cui il
romanzo una lettura leggera riguardo ai lettori e mai agli
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autori, per Camilleri vale ancora di pi lenunciato del Castiglione circa la forza della sprezzatura, di un esercizio che
mostra la semplicit di esecuzione mentre ne nasconde le
reali difficolt: come una ginnasta che sorrida serena mascherando uno sforzo estremo.
Dietro la grazia di una prosa che sembra danzare sulle punte c lo sterminato repertorio di letture, esperienze e
pensieri personali di uno scrittore variamente attivo ininterrottamente dagli anni 40 del secolo scorso. Camilleri, per
giunta, non ha mai fatto mistero delle proprie idee politiche
che, sebbene oggi in disuso nel nostro curiosissimo Paese
precario, proletario e nel contempo votato alla destra e al
populismo mediatico, forse proprio per questo sono da lui
continuamente rivendicate e manifestate nei libri con un
supplemento di orgoglio ferito e deluso.
Nel sito www.vigata.org del Camilleri Fans Club c
addirittura una sezione dedicata alla continua tabulazione
di tutte le citazioni letterarie pi o meno esplicite disseminate nei romanzi e nei racconti di Camilleri, e in particolare
in quelli della serie del commissario Montalbano. I titoli e
gli autori segnalati sono centinaia e tuttavia ne mancano
allappello molti altri, non ancora censiti o sfuggiti agli appassionati cacciatori di citazioni. Lo stesso sito ospita
uninteressatissima intervista a Camilleri di Antonio De
Benedetti risalente al 2001 e intitolata La biblioteca di
Camilleri, dove lo scrittore mette a nudo la propria biblioteca. Riferendosi a Montalbano, confessa: Montalbano
legge gli stessi libri che leggo io ma li legge dopo di me. Se
a me piace un romanzo di Faulkner si pu star certi che,
prima o poi, anche lui se ne innamorer. andata cos con
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re avesse fatto un concorso nella polizia, sarebbe diventato meglio di Maigret e di Pepe Carvalho messi assieme.
E poich era fatto cos, appena sceso dalla vettura-letto
che laveva portato a Trieste, una poesia di Virgilio Giotti, in dialetto, principi a risonargli dintra.
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scrivere Il birraio: cominciai da un punto e costruii attorno. C di pi. Il nome del mio commissario, quando mi
resi conto che quel modo di procedere era ideale per il romanzo giallo, un omaggio proprio a Montalbn (Il carico da undici, p. 326). La forma dellacqua (1994), infatti,
che apre la serie di Montalbano, nasce durante la lunga gestazione de Il birraio di Preston, che uscir un anno dopo.
per questo preciso rapporto di figliolanza, forse, che gi a
partire dal secondo episodio della serie, Il cane di terracotta (1996), Montalbano presentato come lettore esperto di
Montalbn: stava leggendo un romanzo giallo di uno scrittore barcellonese che lintricava assai e che portava lo stesso cognome suo, ma spagnolizzato Montalbn (p. 10);
Pens che in fatto di gusti egli era pi vicino a Maigret
che a Pepe Carvalho, il protagonista dei romanzi di Montalbn, il quale sabbuffava di piatti che avrebbero dato
foco alla panza di uno squalo (pp. 41-42).
Nelle storie di Montalbano ricorre spesso lespressione listinto della caccia. Ma Listinto della caccia non
altro che il titolo italiano di una celebre raccolta postuma
(The Big Knock-over, 1966) di dieci storie di Dashiell
Hammett gi uscite a partire dai primi anni Venti sulla rivista Black Mask, dove esordirono autori come Raymond
Chandler e lo stesso Hammett, i quali diedero vita cos al
genere poliziesco hard boiled (la raccolta era gi stata edita
in italiano da Mondadori nel 1967 e nel 2008 stata riproposta da Feltrinelli in una nuova edizione). Hammett, infatti, uno dei numi tutelari di Camilleri, come egli stesso
ha dichiarato nellintervista a De Benedetti: Hammett, fra
i creatori del cosiddetto stile hard-boiled, uno dei miei
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Me ne affrunterei.
Allora scrivili e basta.
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tervista apparsa su Diario del 30 marzo 2001, dove il riferimento del titolo a Berlusconi, perch si era alla vigilia
delle elezioni politiche poi effettivamente vinte dal Cavaliere.
A proposito di Manzoni, Ermanno Paccagnini, autore dellampio e dettagliatissimo commento alla Colonna
Infame contenuto nel secondo tomo del secondo Meridiano
dedicato ai Promessi sposi (a cura di Salvatore Silvano Nigro, Mondadori 2002), ha scritto nel 2004 un importante
saggio su Il Manzoni di Andrea Camilleri, incluso nel gi
citato volume Il caso Camilleri. Letteratura e storia. Segnalo il saggio di Paccagnini sia perch vi sono analizzati
nel dettaglio i riferimenti manzoniani contenuti ne La strage dimenticata, La bolla di componenda (opere, queste, in
cui ad agire dietro le quinte soprattutto la Colonna Infame, che in tal modo si configura come modello per eccellenza delle inchieste storiche di Camilleri, come gi era accaduto per Sciascia) e Il re di Girgenti (opera che invece
riprende ampiamente diversi punti de I promessi sposi), sia
perch basato esplicitamente su un metodo articolato che
mi ha guidato qualche volta nella ricerca delle citazioni
camilleriane. I riferimenti di cui Paccagnini va in cerca, infatti, sono di tre tipi, come egli dichiara in apertura: a.
come espresse presenze e volute citazioni o richiami a passi
dellopera manzoniana; b. come suggestioni manzoniane
in Camilleri (...); c. ma pure nel significato pi ampio di
suggestioni da parte mia, in quanto taluni passaggi di
Camilleri mi evocano immagini, situazioni, paesaggi, momenti manzoniani (p. 111). Ma sul suo rapporto con Manzoni stato lo stesso Camilleri, nella Conclusione del vo-
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lume Il caso Camilleri, a mettere le carte in tavola, prendendo spunto da un episodio davvero singolare: capitato
che in una scuola di Ispica, in Sicilia, il consiglio di classe,
cio quando si mettono assieme padri e professori, abbia
deciso di cacciare via I promessi sposi di Manzoni come
libro di testo e di mettere al suo posto Il birraio di Preston,
il che ha scatenato il doveroso macello che prevedibile in
questi casi. (...) Gianni Riotta mi telefona e dice: perch
non gliela scrivi una lettera ad Alessandro Manzoni e gli
spieghi la situazione!? E, allora, glielho scritta questa lettera su La Stampa cominciandola con Caro collega..., ho
scritto questa lettera per dirgli del mio amore per lui e per il
fatto che ce lo insegnano male a scuola. Io infatti a scuola,
ho detestato quel ramo del lago di Como... sta cosa che
non finiva mai; poi, a trentadue anni, me lo sono letto per i
fatti miei, me ne sono innamorato, lho riletto tre o quattro
volte e... la Colonna infame assai di pi... faccio delle citazioni magari non accorgendomi e certe volte, quando me ne
accorgo, attribuendole ironicamente al notaio Minzoni,
come dire, mi spavento delleccesso mio di citazioni da don
Lisander (pp. 222-223).
Per quanto riguarda Conrad, si tratta sicuramente di
una delle letture preferite di Montalbano, oltre che di Camilleri. Cuore di tenebra (1902), in particolare, ha trovato
nei testi camilleriani unulteriore reincarnazione, dopo
quelle notevolissime che si trovano nello scrittore e poeta
angloamericano Thomas S. Eliot (la celebre poesia Gli uomini vuoti, del 1925, porta come epigrafe il passo di Cuore
di tenebra in cui viene annunciata la morte di Kurtz), nel
regista americano Francis Ford Coppola (nel film Apoca-
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prio nel 1985, anno in cui a Madrid appare anche una sua
raccolta di poesie, Los conjurados. Sempre nel 1985 in italiano escono altri titoli borgesiani. Morir il 14 giugno dellanno dopo. E dunque: quale libro deve comprare Montalbano? Non si sa. Ecco come prosegue il racconto: Misteriosamente, il nome dello scrittore, una volta trasutogli in
testa, non volle pi nesciri. Borges, Borges continu a
ripetere. E tutto nzmmula gli torn alla memoria una
mezza pagina, o meno ancora, dellargentino liggiuta tempo avanti. Borges contava la trama di un romanzo giallo
indovi tutto nasceva dallincontro assolutamente casuale, in
treno, tra due giocatori di scacchi che prima non si erano
mai accanosciuti. I d giocatori organizzavano un delitto,
lo portavano a compimento quasi con pedanteria, arriniscivano a non essere sospettati. Borges scriveva insomma un
soggetto plausibilissimo, logicamente concatenato, senza
una crepa. Solo che alla fine lo scrittore metteva un post
scriptum, una domanda, questa: e se lincontro in treno tra i
due giocatori non era stato casuale? Ecco, nellindagine che
stava facenno, una domanda accuss non gli era manco passata per il ciriveddro. Quelle poche righe di Borges erano
una grannissima lezione sul modo di fare uninchiesta. E
perci macari in questo caso abbisognava farsi una domanda in grado di rimettere tutto suttasupra, tutto in discussione (pp. 218-219).
In effetti il giovane Montalbano far tesoro della lezione di Borges, perch in seguito molte sue indagini
avranno buon esito grazie alla sua capacit di porre la domanda giusta e di capovolgere con unilluminazione interiore (linsight di cui parlano gli psicologi) una versione o
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smentite, che io abbia avuto tra le mani documenti autografi del Caravaggio (Il carico da undici, p. 433).
Certo, nei mondi possibili delle finzioni narrative
pu accadere di tutto, e non ci si potrebbe sorprendere se
un giorno Montalbano trovasse nella Biblioteca di Vigta
proprio The God of the Labytinth di Herbert Quain. In almeno uno di tali mondi possibili, infatti, questo gi accaduto. Ne L'anno della morte di Ricardo Reis (1984) di Jos
Saramago, dove il gioco di specchi non meno vertiginoso
di quelli visti fin qui, a un certo punto, mentre si trova sulla
nave che lo trasporta da Rio de Janeiro a Lisbona, Ricardo
Reis, che a sua volta uno degli alter ego di Fernando Pessoa (quindi una finzione di Saramago sulla finzione di Pessoa), prende nella biblioteca un libro poliziesco, The God
of the Labyrinth di Herbert Quain, appunto. E se vogliamo
chiudere il cerchio di questa giostra intertestuale, possiamo
osservare che Sostiene Pessoa il titolo del quarto dei
venti racconti che costituiscono Gli arancini di Montalbano (1999), dove Pessoa, attraverso il suo investigatore Quaresma, citato in un modo che fa chiaramente il verso a
Sostiene Pereira (1994) di Antonio Tabucchi, grande esperto e traduttore italiano di Pessoa, e che consente di riprendere la questione della logica dellosservazione investigativa che Montalbano ha gi trovato e trover ancora (come
vedremo subito sotto) in Borges: il commissario principi
a pensare a una lettura fatta qualche giorno prima. Sostiene
Pessoa, attraverso le parole che mette in bocca a un suo
personaggio, linvestigatore Quaresma, che se uno, passando per una strada, vede un omo caduto sul marciapiede,
istintivamente portato a domandarsi: per quale motivo
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Compiaciuto per le vertiginose altezze filosofiche raggiunte, sent che gli smorcava il pititto. Allora telefon
alla trattoria (pp. 240-241).
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una perfetta sintesi di quella che si chiamer Theory-ladenness of perception (cio lidea che le percezioni siano cariche di teoria, ovvero di aspettative e precomprensioni) e
che proprio in quegli anni Karl Popper, allievo di alcuni
psicologi delle scuole suddette, andava delineando in campo epistemologico. Anche Camilleri esprime dei luoghi
comuni, soprattutto quando punta lattenzione sui processi
di elaborazione logica soggettiva che avvengono al livello
delle informazioni cognitive. Tuttavia, con ogni probabilit
egli in errore quando sostiene lesistenza di una percezione assolutamente oggettiva di un fatto, perch cos facendo va a riesumare inconsapevolmente un vecchio mito
positivistico che lepistemologia e la psicologia hanno
smascherato gi nella prima met del 900, cio prima ancora che le scienze cognitive e le neuroscienze si affermassero e si sviluppassero esponenzialmente grazie anche alla
rivoluzione informatica.
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loco nfami, cio dal campo del vasaio, il luogo per eccellenza del tradimento, perch consapevole che egli stesso
un traditore (cfr. p. 198).
In questo paragrafo cercher di ripercorrere le tappe
di questo progressivo ripiegamento di Montalbano su se
stesso e di questo concomitante e articolato sdoppiamento
del suo S attraverso alcune situazioni esemplari disposte
in ordine cronologico. Certo, se fosse valida la celebre definizione fornita da Platone nel Sofista (263e), stando alla
quale il pensiero il discorso dellanima con se stessa, potremmo dire che in questo suo percorso verso una personalit un po schizoide Montalbano in cammino verso quella
saggezza della vecchiaia tanto celebrata dai filosofi antichi.
Lallusione hegeliana nel titolo di questo paragrafo potrebbe addirittura indurre nel lettore laspettativa e la speranza
di un approdo del commissario verso una forma di sapere
assoluto. Ma difficile immaginare qualcosa di pi lontano
dal vero. La definizione di Platone vacua, perch definisce una cosa che non si sa bene cosa sia (il pensiero) tramite unaltra cosa (lanima) che non si sa per nulla cosa sia, e
lallusione a Hegel ironica. Per rispetto della lucida e disincantata consapevolezza di Montalbano e di Camilleri, i
quali da sani materialisti sanno benissimo che la vita un
gioco a perdere, con perdita di tutto, cio, non solo del senno, descriver le tappe principali di questa fenomenologia
dello sdoppiamento tenendo sempre presente che al termine
della strada ci sono comunque il rimbambimento senile e la
morte, se tutto va bene.
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1.
MONTALBANO E ANDROCLO
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dal passamontagna. Uno di bassa statura e laltro un colosso. Dalle parole del primo risulta subito chiaro che il
bersaglio dei due killer proprio Montalbano, il quale, contrariamente al luogo comune che vuole che in punto di
morte si veda scorrere in un lampo nella mente tutta la propria vita, rimpiange solo i polipetti che Filippo sta preparando. E allora successe lincredibile: mentre il killer
bassotto sta per sparargli, quello colossale, che non gli ha
mai staccato gli occhi di dosso, toglie il mattarello dalle
mani di Filippo e colpisce violentemente alla testa il compagno, che stramazza a terra. Poi simula una sparatoria,
sparando un colpo a una parete e un altro a quella opposta,
chiede a Montalbano Ci siamo capiti? e, ricevuta la risposta affermativa del commissario, recupera il compagno
svenuto e se ne va, consentendo al commissario di consumare il tanto agognato piatto di polipetti alla napoletana.
Questi i fatti, e Montalbano per giorni non riesce a capire
perch il killer colossale gli abbia salvato la vita, peraltro
correndo un rischio enorme per la propria. Ma quattro giorni dopo, una domenica, Montalbano legge sullinserto culturale di un giornale economico (lallusione chiaramente
a Il Sole 24 ore) la recensione di unantologia appena
pubblicata delle Notti attiche di Aulo Gellio, una vasta opera compilativa e miscellanea del secondo secolo in venti
libri, che ci pervenuta mutila solo dellottavo e che costituisce una fonte importantissima di informazioni grammaticali, lessicografiche, filologiche, storiche, letterarie, filosofiche e di costume relative sia al tempo di Aulo Gellio
che ai secoli precedenti. Lautore dellarticolo, dopo aver
ricordato che Aulo Gellio ha raccolto le sue note erudite per
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far passare le lunghe notti invernali trascorse nel suo campicello dellAttica (linformazione, peraltro, si trova nella
prefazione dellopera e serve a spiegarne il titolo), aggiunge, direi in maniera abbastanza avventata, che lopera merita di essere ricordata solo per il racconto della storia di Androclo e del leone (che si trova nel capitolo 14 del quinto
libro). Ma il riassunto dellaneddoto fa trasalire Montalbano, perch gli sembra che lavventura capitatagli nellosteria di Filippo sia una versione ammodernata e vera della
leggenda scritta da Aulo Gellio.
Vale la pena riportare per intero il riassunto del riassunto fornito nel racconto, anche perch contiene, come
vedremo, diverse e non trascurabili inesattezze rispetto alla
versione originale di Aulo Gellio. Contava lo scrittore latino che uno schiavo romano dAfrica, Androclo, scappato
dal suo padrone che langariava, era andato ad ammucciarsi
dintra a una grotta nella quale cera un leone ammalato. Invece di levare lincomodo e cercarsi unaltra grotta pi abitabile, Androclo cera rimasto e aveva curato il leone che
pativa di uninfezione causata da una grossa spina a una
zampa. Poi il leone, guarito, era corso via e Androclo, dopo
molte storie che gli erano capitate, si era convertito al cristianesimo ed era arrivato a Roma. Arrestato perch cristiano e condannato a morire sbranato dai leoni, Androclo si
era fatto il segno della croce ed era trasto nella pista. Qui
di subito un leone, pi grosso degli altri, aveva fatto un
balzo verso di lui con la bocca spalancata, ma poi, tra la
maraviglia degli spettatori, si era accucciato e aveva leccato
le mani al cristiano. Era lo stesso leone che Androclo aveva
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Chiedo venia per questa digressione forse un po pignola, ma essa ci permette di fare alcune considerazioni
interessanti. Abbiamo visto che la parte della Biblioteca di
Vigta frequentata da Montalbano piuttosto ricca, ma essa
non contiene le Notti attiche, cui il commissario pu avere
accesso solo indirettamente e tramite le pagine culturali di
un giornale. Questo spiega perch Montalbano pu qui avviare un processo di sdoppiamento ancora acerbo attraverso
lidentificazione a posteriori con uno schiavo romano basandosi non su ricordi di letture fatte (come avverr normalmente negli altri casi) ma su un resoconto di seconda
mano incontrato casualmente. Significativamente, le zeppe
inserite nel resoconto della storia di Androclo indeboliscono notevolmente lanalogia tra Androclo e Montalbano. Lo
schiavo-martire cristiano di Camilleri che davanti al leone
si fa il segno della croce non ha nulla a che vedere con
lAndroclo di Aulo Gellio, che suscita simpatia per lasciuttezza e lessenzialit del suo racconto, del tutto privo di
qualsiasi fronzolo religioso, pagano o cristiano che sia (non
vi nominato alcun dio, n si accenna a interventi soprannaturali o miracolosi di alcun tipo). Ed a questultimo
Androclo che assomiglia davvero Montalbano quando, di
fronte alla morte, si rammarica per i polipetti alla napoletana.
Lattivazione della memoria a partire da questo input
accidentale consentir a Montalbano di completare il quadro dello straniamento storico-letterario. Se infatti lui
Androclo, il leone chi ? Per capirlo, Montalbano dovr
passare la sera e gran parte della notte a ripa di mare passeggiando, fumando, ricordando e sfidando la tramontana e
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2.2.
PERSONA E PERSONAGGIO
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cercando di far confessare un vecchio porco che ha stuprato una bambina di nove anni e lha poi ridotta in fin di
vita colpendola in testa con una pietra. Luomo si dichiara
innocente e Montalbano, che conduce linterrogatorio secondo le regole, non riesce a farlo crollare. Alle cinque del
pomeriggio si allontana per andare a darsi una rinfrescata
in bagno e quando torna trova luomo col volto tumefatto e
la bocca sanguinante. Evidentemente Fazio passato alle
maniere forti in sua assenza, ma luomo resiste. Alle dieci
di sera, stanco e affamato, Montalbano lo affida a Mim
Augello e si reca alla trattoria San Calogero per godersi un
antipasto di mare, ma prima che il piatto ordinato arrivi
raggiunto da Gallo, il quale lo informa che Mim riuscito
a far confessare lo stupratore. Tornato in commissariato,
Montalbano apprende da Mim che riuscito a far confessare luomo in bagno, dove lo aveva accompagnato, prima
ferendolo al pene con un rasoio e poi minacciandolo di evirarlo. Il commissario torna in trattoria ripromettendosi di
convocare lindomani mattina i suoi uomini per stigmatizzare il loro operato poco ortodosso. Consumate le sue triglie al sughetto, si dirige verso casa, ma il percorso notturno segnato da due incontri. Vedendo un uomo che sta urinando sopra un barbone ubriaco addormentato dentro uno
scatolone, Montalbano scende dalla macchina e lo colpisce
con un calcio ai testicoli che lo fa crollare nello scatolone.
Poco prima di arrivare a casa scorge una scena che sulle
prime gli sembra innocua: vicino a una fuoristrada Nissan
ferma, tre sagome sembrano danzare nel buio sul lato opposto della strada. Entrato in casa, un lampo gli esplode
dentro come un flash un attimo prima di premere linterru-
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lettori o spettatori, possiamo essere fittizi (in Tutte le opere, vol. I, p. 952).
Allinizio del terzo paragrafo del saggio Labduzione in Uqbar (che nel titolo evidentemente allude a Peirce e
al famoso racconto Tln, Uqbar, Orbis Tertius, che apre le
Finzioni di Borges), Eco scriveva: Mi pare un buon procedimento borgesiano assumere che i libri si parlino tra
loro e non necessario che gli autori (che i libri usano per
parlare una gallina lartificio che un uovo usa per produrre un altro uovo) si conoscano lun laltro (Sugli specchi e altri saggi, Bompiani 1985, pp 165-166). Ebbene, per
parafrasare Eco, cos come le galline possono essere considerate artifici creati dalle uova per produrre altre uova, allo
stesso modo anche i lettori, e non solo gli scrittori, possono
essere considerati solo come degli artifici che i libri creano
per parlare tra di loro. Ed esattamente questo rischio di
finzionalit che ci turba come lettori-spettatori di personaggi che scatenano in noi meccanismi di identificazione
proiettiva e che a loro volta risultano scissi nella finzione in
inquieti lettori-spettatori di s stessi.
NER
2.3.
Ne Lodore della notte assistiamo a una variante interessante del tipo di sdoppiamento che abbiamo
visto in opera nel racconto basato sulla storia di Androclo.
Montalbano, compiuti i cinquantanni, comincia a sentire il
peso della vecchiaia e la sua razionalit stanca tende a de-
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ragliare dal principio di realt e a proiettarsi verso una dimensione surreale e fantasmagorica. Lo vediamo ricostruire narrativamente e con largo anticipo le dinamiche reali
del caso con cui alle prese e presentarle a Fazio e a Mim
Augello come se si trattasse di un romanzo (il mio un
romanzo. Nel senso che non ho manco lmmira di una
prova di quello che dir, p. 178) o addirittura di uno sceneggiato televisivo (cfr. p. 184). Questa visionariet profetica sfocer addirittura nellallucinazione, perch il commissario smascherer lautore del delitto-chiave trascrivendo con una parte di s tutta la vicenda sul palinsesto di un
ricordo letterario nel momento stesso in cui lazione della
progressiva scoperta si svolge davanti a lui come in un incubo ad occhi aperti. In questa simultaneit la differenza
fondamentale con lo sdoppiamento cui abbiamo assistito
nel caso di Androclo. L linput che scatena nel commissario il processo di sdoppiamento e identificazione proviene
dallesterno, e soprattutto si tratta di un prestito culturale
parassitario che sopraggiunge casualmente dopo lesperienza drammatica oggetto di reinterpretazione. Notti attiche,
come detto, non fa parte della sezione della Biblioteca di
Vigta accessibile a Montalbano, il quale pu al massimo
trovarne uneco frammentaria e indebolita tra le pagine del
supplemento culturale di un giornale. Ne Lodore della notte, invece, il racconto di Faulkner fa parte a pieno titolo
della sua memoria letteraria e pu irrompere prepotentemente nella coscienza nel momento stesso in cui il commissario alle prese con un caso che ne richiama la trama.
Il ricordo, in questa circostanza, essendo concomitante allazione, ha come un effetto performativo, nel preciso sen-
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pi ambizioso, eroico, impareggiabile, segreto e apparentemente assurdo, rimasto per incompiuto, era un altro.
Probabilmente sognando una forma estrema di applicazione
del calcolo combinatorio, di cui era un cultore, Pierre Menard voleva rifare il Chisciotte, non nel senso di trascriverlo o di copiarlo, ma di riconcepirlo identico al precedente.
Il nuovo Chisciotte sarebbe risultato per semanticamente
altro, ancorch letteralmente identico a quello di Cervantes,
per via del diverso contesto storico e culturale in cui sarebbe riapparso. Pierre Menard non si sarebbe immedesimato
in Cervantes (nella sua lingua, nei suoi pensieri, nel suo
tempo), ma sarebbe arrivato a riscrivere il Chisciotte rimanendo Pierre Menard e basandosi sulla propria esperienza
personale del mondo, non su quella di Cervantes. Borges
fornisce un esempio perfetto (che anche una straordinaria
lezione di esegesi) di come un passo del Chisciotte di Pierre Menard, scritto nel XX secolo, possa acquistare un significato diverso e infinitamente pi ricco del passo gemello
del Chisciotte di Cervantes, scritto allinizio del XVII secolo:
Il raffronto tra la pagina di Cervantes e quella di Menard senzaltro rivelatore. Il primo, per esempio, scrisse
(Don Chisciotte, parte I, capitolo IX):
... la verit, di cui madre la storia, emula del tempo, deposito
delle azioni, testimone del passato, esempio e notizia del presente, avviso dellavvenire.
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La storia, madre della della verit; lidea meravigliosa. Menard, contemporaneo di William James, non vede
nella storia lindagine della realt, ma la sua origine. La
verit storica, per lui, non ci che avvenne, ma ci che
noi giudichiamo che avvenne. Le clausole finali esempio e notizia del presente, avviso dellavvenire sono
sfacciatamente pragmatiche (in Tutte le opere, vol. I, pp.
656-657).
Borges non lo dice, ma interessante osservare che il passo del Chisciotte da lui preso in esame un
calco quasi letterale di un celebre luogo ciceroniano sulla
storia che si trova nel De Oratore (Historia vero testis
temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae,
nuntia vetustatis, II, IX, 36), per cui il gioco di specchi si
complica ulteriormente. Si noti, inoltre, come lallusione di
Borges al pragmatismo americano di William James, per
cui ad esempio la verit storica coincide non con la ricostruzione di ci che effettivamente avvenuto ma con ci
che noi giudichiamo che sia avvenuto (la verit storica
come creatura del pensiero storico), assomigli alla memoria
performativa di Montalbano cui si faceva cenno sopra. Tutta la sequenza finale de Lodore della notte, infatti, costruita come se i fatti cui Montalbano assiste scaturissero
magicamente dalla sua evocazione del loro archetipo letterario, o se non altro come se i fatti andassero misteriosamente ad adattarsi al loro modello sgorgante dalla memoria
del commissario. Tali finzioni sono lessenza stessa della
letteratura, che esiste proprio per nutrire la nostra propensione a dar corpo alle nostre fantasie, come sapevano bene
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poco pi di trentanni prima nellultimo capoverso del breve saggio Una rosa per Matteo Lo Vecchio, poi incluso
ne La corda pazza. Per inciso, come apprendiamo dal racconto Amore e fratellanza de Gli arancini di Montalbano, La corda pazza unopera che il commissario legge e
rilegge forse per capirci qualcosa di pi di se stesso (p.
181). Il pezzo su Lo Vecchio datato 1969, lanno delluscita della Recitazione della controversia liparitana, che si
conclude proprio con la morte di Lo Vecchio. Sciascia vi
racconta la triste fine del cadavere dellufficiale di polizia
coinvolto per conto del Regno nella controversia liparitana
(evocata da Camilleri ne Il re di Girgenti come omaggio a
Sciascia). Lo Vecchio venne ucciso per vendetta da sicari
curialisti la sera del 21 giugno 1719, dopo la componenda (come direbbe Camilleri) tra la Chiesa e gli spagnoli,
tornati a impadronirsi della Sicilia lanno prima in violazione del trattato di Utrecht del 1713: E mentre guardiamo
la casa che forse fu sua ricordiamo lo straziante racconto di
Faulkner che sintitola Una rosa per Emily: di Miss Emily
che per anni dorme accanto al cadavere delluomo amato.
Una rosa per Matteo lo Vecchio: per questo cadavere che
esattamente da un secolo e mezzo [sic!] dorme, in fondo al
pozzo secco, accanto al cadavere dello Stato.
4.
Il commissario Montalbano un raffinato epistolografo. Tuttavia, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il fatto che leterna fidanzata viva a Boccadasse, in Li-
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rata,, Livia,: cfr. pp. 238-239) lascia perdere e si ripromette di comunicarle a voce quello che ha da dirle.
Negli ultimi anni, per, il ricorso allepistolografia
ha assunto un aspetto un po patologico, perch Montalbano ha cominciato a scrivere lettere a se stesso. Dal punto di
vista puramente narrativo, questo artificio serve al narratore
per fare il punto della situazione soprattutto a beneficio del
lettore, perch spesso i casi seguiti da Montalbano sono
non solo ingarbugliati e affollati di personaggi ma anche
composti da due o tre tronconi diversi che allinizio sembrano procedere in parallelo per poi convergere improvvisamente e rivelarsi come fili di ununica trama contorta
come i rami di un ulivo saraceno (un simbolo pirandelliano,
questo dellulivo saraceno, spesso sfruttato da Camilleri).
Ma lartificio della lettera a se stesso serve anche a Camilleri per teatralizzare letteralmente il declino fisico e mentale di Montalbano.
La prima lettera il commissario se la scrive in un
episodio del 2005, La luna di carta (cfr. pp. 145-150), in
cui messo a dura prova da due donne maestre della dissimulazione e ciascuna a suo modo pericolosissime: una perch assassina del fratello, laltra perch seduttrice e in grado di fare sangue persino a Montalbano. Il modo in cui
Camilleri introduce questa modalit nuova di sdoppiamento
tutto interno alla psiche del commissario (non vi sono infatti suggestioni letterarie o occasioni estrinseche del tipo di
quelle viste in precedenza) molto interessante. Montalbano non ha mai usato appunti, contrariamente ad esempio al
tenente Colombo, che non si separa mai dal suo taccuino.
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6.
MONTALBANO E ZINGARETTI
Nel corso di questa piccola fenomenologia pseudohegeliana dello sdoppiamento di Montalbano abbiamo incontrato cinque figure della dissociazione. Abbiamo visto
il commissario prendere coscienza della sua parentela con
un antico schiavo-gladiatore grazie a una suggestione letteraria occasionale, e in questa figura abbiamo scorto la sua
capacit di orientarsi, adattarsi e sopravvivere in un mondo
pieno di belve. Lo abbiamo poi visto polemizzare con il
suo stesso autore attraverso un gesto impossibile nella finzione narrativa ma che in teatro sarebbe plausibile: un attore potrebbe teoricamente abbandonare il palcoscenico in
nome del suo stesso personaggio, se dovesse ritenere che la
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parte non fa onore alla percezione che si ha della sua personalit e del suo repertorio di azioni possibili. In tale occasione Montalbano ha guadagnato lautocoscienza di s
come persona e come personaggio. Nella terza tappa abbiamo assistito allo scontro tra il suo principio di realt cosciente e una ragione in qualche modo superiore: quella
della memoria letteraria profonda che improvvisamente fa
irruzione nella coscienza e si pone come chiave di lettura e
persino come creatrice dellesperienza. In tal senso Montalbano scopre la forza generatrice degli archetipi letterari,
rispetto ai quali quello che accade nella realt quotidiana ne
una pallida e prevedibile esemplificazione. Il Montalbano
che scrive lettere a se stesso agisce direttamente sul proprio
spirito, coagulando nel proprio io informe una sorta di intelletto separato che funge da principio guida autocritico e
ordinatore. Quello, infine, che dialoga con se stesso si avvicina a un tipo di dissociazione che evoca Socrate alle prese con il suo demone, una figura religiosa, questultima,
che si laicizza nella cosiddetta voce della coscienza. Il conoscere s stessi, infatti, presuppone la capacit di far dialogare lanima con se stessa, e in ci consiste, stando a Platone, lintima natura del pensare.
Davvero, allora, il nostro commissario in cammino
verso una forma di sapere filosofico? Dove vuole arrivare
Camilleri? Il punto di approdo di questo processo noto
per grandi linee sin dal 2005, quando lo scrittore ha annunciato di aver gi scritto e consegnato ad Elvira Sellerio
lultimo episodio di Montalbano e ne ha resi noti il titolo
provvisorio e lincipit. Non si creda che lironico schema
dellevoluzione della coscienza di Montalbano appena ri-
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percorso per grandi linee sia del tutto arbitrario. Come abbiamo visto, esso ampiamente sostenuto dai testi ed inoltre trova una qualche conferma nel modo in cui Camilleri,
per sua stessa ammissione, ha costruito e distribuito gli ultimi quattro-cinque episodi della serie. Guardiamo le date.
Il gi famoso e tuttavia ancora inedito Riccardino stato
terminato nel 2005, e gi il 21 giugno di quellanno il primo capitolo venne pubblicato in anteprima su Stilos. Ma
nel giugno del 2005 uscito proprio La luna di carta, cio
lepisodio in cui per la prima volta Montalbano si scrive
una lettera e inizia quel processo di sdoppiamento della
personalit che culmina ne Il campo del vasaio, dove abbiamo tanto la lettera a se stesso quanto il dialogo con il
proprio alter ego, inaugurato nel 2006 con Le ali della
sfinge. del tutto evidente, allora, che dal 2005 Camilleri
ha cominciato a calibrare le storie di Montalbano in vista
dellartificio post-moderno escogitato in Riccardino, in cui
il Montalbano romanzesco incontra addirittura il suo doppio televisivo interpretato dallattore Luca Zingaretti. Riccardino, cos, si pone come esito ultimo proprio di quel
processo graduale che abbiamo descritto sopra. In sostanza,
lultimo episodio di Montalbano ha esercitato una pressione selettiva sullevoluzione della personalit del commissario, costringendolo a percorrere un binario abbastanza definito sulla strada di una progressiva schizofrenia. Ecco una
dichiarazione illuminante dello stesso Camilleri apparsa su
Il Venerd del 15 settembre 2005: Lultimo romanzo di
Montalbano si chiama provvisoriamente Riccardino. Nella
cassaforte di Elvira Sellerio ci sono due romanzi, Il campo
del vasaio quello che prepara la dipartita di Montalbano,
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con nuove crisi. Per arrivare allo sdoppiamento di Riccardino, quando Montalbano ha problemi con lo stesso Luca
Zingaretti, diventato pi noto di lui. Il commissario arriva
sul luogo di un delitto e un gruppetto di curiosi grida:
Tal! Tal! U commissariu arriv!. Montalbano !.
Cu? Montalbanu? Chiddru di la televisioni?. No, chiddru veru. E a lui gli girano le scatole. Cos comincia una
sfida con il suo alter ego, una sfida a perdere, perch si
sente sempre pi diviso. Si mette anche a leggere La scomparsa di Pat di Camilleri. Ma Il campo del vasaio e Riccardino non usciranno a breve da quella cassaforte della
casa editrice. Il campo del vasaio sarebbe uscito nel marzo del 2008, ma le parole di Camilleri del 2005, come si
vede, confermano molte delle cose dette qui sulla base di
una semplice ispezione dei testi editi dal 2005 ad oggi, che
dunque hanno incorporato davvero un disegno intelligente
come quello evidenziato dalla nostra pseudo-fenomenologia, per poter tendere coerentemente alla situazione surreale raccontata in Riccardino. Gi due settimane prima, su
La Stampa del primo settembre del 2005, Camilleri aveva fatto altre rivelazioni sulla trama dellultima storia di
Montalbano: In quel cassetto c il mio Montalbano terminale, ci sto lavorando in questi giorni. Sar la fine del
personaggio. Il fatto che Montalbano a differenza di altri
personaggi seriali, come Sherlock Holmes o Maigret invecchia, partecipa alla vita di tutti i giorni, mi rende sempre
pi difficile stargli dietro. Cos ho deciso di scrivere il romanzo finale. Mi venuta lidea e non me la sono fatta
scappare. Ma non che finisce sparato o va in pensione o si
sposa Livia, come piacerebbe ai lettori: ci voleva una trova-
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scussione incentrata su La pazienza del ragno, che indubbiamente contiene spunti molto interessanti per capire
come Camilleri intenda il giallo e come si rapporti con la
fase storica che lItalia sta attraversando negli ultimi anni.
Il prossimo paragrafo, invece, prendendo spunto da
un romanzo storico come Privo di titolo, esibisce attraverso
un altro dispositivo di scrittura creativa la sintesi tra gioco
intertestuale e impegno ideologico che caratterizza le opere
di Camilleri. Come il lettore noter facilmente, i due romanzi usati come esemplari, uno della serie di Montalbano
e uno storico, hanno in comune il tema della mistificazione
nelle sue varie forme, da quella messa in atto dagli oppressi
per sopravvivere a quella praticata sistematicamente dagli
oppressori.
A. Hai letto La pazienza del ragno?
B. S, ma non mi piaciuto.
A. Molto bene. Visto che labbiamo letto entrambi e che
ce labbiamo tra le mani, proviamo ad applicare il metodo
dellosservazione meticolosa e della deduzione intelligente.
Che coshai da dire contro La pazienza del ragno? Che
cosa noti?
B. Noto che sempre la stessa musica: niente di nuovo
sotto il sole. E poi noto che lautore di questo dialogo ci sta
usando per citare qualcuno. Stiamo scimmiottando altri dialoghi, credo.
A. Beh, s, ad esempio linizio del Dialogo sul metodo
del filosofo della scienza Paul Feyerabend
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de Il mastino dei Baskerville, cio il terzo romanzo di Conan Doyle dedicato a Sherlock Holmes. Non credi?
A. Elementare, Watson. Ma qui che ti volevo: Camilleri sa benissimo che per certi versi deve pagare un tributo
alla serialit, e del resto i lettori stanno al gioco. Ricordi
cosa dicevano a tal proposito Fruttero & Lucentini? I consumatori abituali di Sherlock Holmes non si annoiavano a
ritrovarlo sempre identico a se stesso, anzi ne godevano: e
la delizia suprema quando leroe sembra cambiato, ma
poi si scopre che non era vero, che era solo per finta. un
rapporto affettuoso.
B. Sento odore di fregatura dialettica. Dove vuoi arrivare?
A. Voglio arrivare a farti ammettere la grande astuzia di
Camilleri, il quale fa continuamente i conti con Conan
Doyle. Egli vuol portare i suoi lettori pi attenti alla delizia
opposta: il mondo delleroe non sembra cambiato, ma poi
si scopre che leroe cambiato. Catarella continua a sbattere la porta quando entra e a parlare una lingua assurda;
Mim il solito fimminaro, anche se si sposato; la
zita Livia e la cammarera Adelina continuano a evitarsi
e a detestarsi tacitamente; il Questore Bonetti-Alderighi
sempre il burocrate-superiore un po tonto per ruolo istituzionale e il suo untuoso ed eternamente democristiano capo
di gabinetto, il dottor Lattes, sempre Lattes e Mieles,
anzi, ora semplicemente Latte e Miele, come apprendiamo a pagina 189; ecc. Tuttavia Montalbano diverso: ha
scatti di commozione, di paura, di banale saggezza senile,
ma altamente se ne frega, perch la ferita alla spalla ereditata dal precedente episodio quel Giro di boa che rappre-
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chi vuole essere Montalbano, perch in tal modo scopriremo che in Camilleri il giallo un puro espediente di genere per parlare daltro.
B. Ho capito, vuoi arrivare allabate Vella. In effetti,
devo ammettere che la pagina 239 ha colpito anche me.
Anzi, se devo essere sincero, lunica cosa di questo romanzo che mi abbia dato, come dire, unemozione culturale.
A. Bene, vedo che sei di palato fine. Del resto si tratta
di uno dei libri pi amati da Montalbano, e alla pagina 231
de Il ladro di merendine, cio in quello che appena il terzo episodio della serie, si dice che lo sta rileggendo per la
ventesima volta. Ma rifletti: cosa significa quel riferimento
al Consiglio dEgitto? Intendo dire, al di l dellennesimo
omaggio allamatissimo Sciascia.
B. Significa che Montalbano, poich sta per
togliersi un peso dalla coscienza facendo sapere al dottor
Mistretta e a Susanna che lui ha capito tutto, che ha visto la
ragnatela geniale che loro hanno saputo tessere nel loro
teatro del sequestro ed pronto a mantenere pietosamente il segreto, si sente finalmente riposato, sereno, affrancato, per poi rendersi conto che questi tre aggettivi che gli
sono venuti in mente provengono da un episodio preciso
del libro tanto amato, cio da quella straordinaria pagina
122 della prima edizione del 1966 (tra parentesi, cito alla
lettera per segnalarti quella che mi sembra una svista: la
prima edizione del 1963, e comunque la pagina si trova
nellottavo capitolo della parte terza) in cui labate Vella,
prima di andare a rivelare a monsignor Airoldi che il famoso codice arabo una sua geniale falsificazione e impostura
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A. Vedi, egli con questo romanzo ha praticamente messo le carte in tavola, rendendo esplicito ci che
era gi implicito nei testi precedenti. Il giallo un pretesto,
un dispositivo narrativo che serve a esprimere qualcosa di
profondamente attuale: il disagio, lumore nero suscitatogli
dal momento storico che stiamo attraversando, dallItalia
berlusconiana, in cui sembrano ritornare, amplificati dalla
sfacciataggine mediatica, i peggiori incubi della prima Repubblica. E lo rivela il fatto che questo romanzo un giallo
doppiamente finto: finto innanzi tutto perch un giallo
senza il morto, cio senza il fatto che tradizionalmente mette in moto il meccanismo investigativo, dato che si tratta
solo di un rapimento; ed finto soprattutto perch il rapimento stesso una finzione, una simulazione di rapimento,
una messinscena, un teatro, una tela di ragno tessuta per
vendetta, una vendetta che i buoni, sconvolti dallodio,
mettono in atto per colpire il cattivo, lintrallazzista ingegner Peruzzo, cio lesponente tipico della nuova classe
imprenditoriale coccolata e cooptata dal nuovo ordine politico con la compiacenza di certe leggi, di certi avvocati e di
certi funzionari dello Stato. Pensa per esempio allinsistenza sul suo essere in odore di una candidatura con Forza Italia, cio la DC del nuovo secolo, almeno in Sicilia. E la
vendetta condotta con la stessa arma del potere che essa
vuole colpire: larma della manipolazione mediatica dellimmagine, larma che usa lapparire al posto dellessere,
il lifting al posto della verit. Lingegner Peruzzo sar perduto non tanto per quello che ha fatto, ma per quello che si
riesce a far credere che abbia fatto. E qui lanalogia con Il
Consiglio dEgitto si approfondisce ulteriormente, perch
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cos come labate Vella si serve di unimpostura, di un imbroglio filologico, per smascherare limpostura e limbroglio storico, politico e sociale su cui si regge lordine anarchico-feudale della distribuzione patrimoniale e del sistema
di privilegi nobiliari della Sicilia borbonica, allo stesso
modo Susanna e il dottor Mistretta si servono di un finto
rapimento per mettere a nudo i loschi meccanismi affaristici e le complicit politico-giuridiche su cui si regge e prospera la nuova classe imprenditoriale che in Italia diventata forza egemone e che ha a Palazzo Chigi il suo pi emblematico rappresentante.
B. Vuoi dire che questa la chiave di lettura
per il Camilleri degli ultimi anni? Intendi cos, ad esempio,
tutta quella tirata sui fatti di Genova durante il famigerato
G8 allinizio del Giro di boa? In effetti l Montalbano stava
quasi per dare le dimissioni per la vergogna di essere un
poliziotto, per la vergogna, cio, di appartenere allo stesso
corpo che si macchi dellinfamia della scuola Diaz. Ci
sar poi quella illuminante pagina 35 de Il campo del vasaio in cui Montalbano, facendo zapping, realizza un blob
dellattuale populismo mediatico, dellirresponsabile propaganda governativa e dellipocrisia indecente che emerge
da certe presunte battaglie ideologiche dei politici clericali,
in realt dei semplici pretesti per solleticare a fini elettoralistici la sub-cultura pi retriva del pubblico. Vogliamo
leggerla?
A.
Prego.
B.
Cangi canale. Il capo del governo
spiegava pirch leconomia del nostro pasi annava a scatafascio: la prima ragione era lattacco terroristico alle torri
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fronte una sorta di cartolina in cui la stessa citt un ridente porto di mare.
Questa incredibile e grottesca messinscena uno dei
due fatti di cronaca poco noti su cui costruito Privo di titolo (2005). Laltro fatto di cronaca la misteriosa uccisione a Caltanissetta, il 24 aprile 1921, del diciottenne patriota Gigino Gattuso (Lillino Grattuso nel romanzo), nel
corso di una rissa tra fascisti e comunisti. Gattuso fu poi
elevato dal regime, con una tipica montatura mistificatoria
fatta di retorica patriottica e di opportunismo politico, al
rango di unico martire del fascismo in Sicilia, e in quanto
tale celebrato con un monumento, con adunate commemorative ad ogni anniversario della morte e con intitolazioni
di strade e scuole. Dopo la caduta del fascismo, dice Camilleri, lex via Arco Arena in cui avvenne il fatto di sangue si
chiam via Gigino Gattuso, Martire e non pi Martire
Fascista, come una volta: e gi questo la dice lunga sul
metodo italiano della chiarificazione delle cose, perch se
prima Gattuso era stato un falso martire fascista, in seguito
divenne un vero martire di niente. Oggi, addirittura,
scomparsa pure la dicitura Martire e quasi nessuno, a
Caltanissetta, soprattutto tra i giovani, ha idea di chi sia
questo Gattuso.
In un paese come lItalia ormai appiattito su una
permanente e provincialissima campagna elettorale, tutto
questo spiega perch il romanzo abbia scatenato discussioni e polemiche sui principali quotidiani e settimanali nazionali gi un mese prima delluscita. Il Secolo dItalia, per
esempio, pubblic l11 febbraio di quellanno (il romanzo
sarebbe uscito a marzo) un lungo articolo di Massimiliano
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Mazzanti in cui si accusava Camilleri di falso storico e sostanzialmente di bassa propaganda politica mirata al cambiamento del nome della via di Caltanissetta dedicata
allunico mito del fascismo rivoluzionario dellintera Sicilia. Accusa alla quale un perplesso Camilleri dovette rispondere in unintervista pubblicata su La Sicilia del 23
febbraio, anticipata dallAnsa del giorno prima, con queste
parole: Come si pu pensare che uno come me scriva un
romanzo per far cambiare il nome di una strada a Caltanissetta? Come si fa a discutere? Io non mistifico nulla, riporto le cose come stanno. Un attacco cos - sottolinea riferendosi alle critiche del quotidiano di An - della peggiore destra. Tutta la polemica basata su una loro non conoscenza
di questo libro, che non hanno letto. quindi difficile parlare per me. In unintervista uscita su Il Mattino del 16
marzo Camilleri fu esplicito sui nessi del romanzo con
lattualit: Il romanzo racconta di grandi falsificazioni. E
oggi distinguere tra realt virtuale e realt vera diventato
sempre pi difficile. Le faccio un esempio clamoroso: la
guerra in Iraq. Ci avevano detto che era un atto dovuto,
preventivo, perch Saddam aveva delle armi di distruzione
di massa. Poi stato accertato che queste armi non cerano,
ma si continuato a propagandare e a credere che quella in
Iraq fosse una guerra giusta. diventato un atto di fede,
tanto che George W. Bush, che ha raccontato questa gigantesca frottola, stato rieletto. Bisognerebbe ricordare, in
questi casi, una frase di Stanislaw Jerzy Lec, che le cito a
memoria: se una menzogna diventa duso comune non significa che non sia pi una menzogna.
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delle sue visite ad alcune citt del vastissimo impero dallarchitettura improbabile, surreale e simbolica (e pertanto
invisibili). E se pure lastratta, geometrica e lirica figurativit delle citt calviniane, restituite da una prosa limpida,
essenziale e speculativa, ha ben poco a che vedere con il
farsesco aspetto di Mussolinia (la letteratura conoscenza,
mentre la storia solo un incubo tragicomico), tuttavia la
prima pagina delle Citt invisibili pu aiutarci a capire
lineluttabile dramma dei tiranni prigionieri dei loro stessi
sogni di grandezza, si chiamino essi Kublai Kan o Benito
Mussolini:
Non detto che Kublai Kan creda a tutto quel che dice
Marco Polo quando gli descrive le citt visitate nelle sue
ambascerie, ma certo limperatore dei tartari continua
ad ascoltare il giovane veneziano con pi curiosit e attenzione che ogni suo altro messo o esploratore. Nella
vita degli imperatori c un momento, che segue allorgoglio per lampiezza sterminata dei territori che abbiamo conquistato, () in cui si scopre che questimpero
che ci era sembrato la somma di tutte le meraviglie uno
sfacelo senza fine n forma, che la sua corruzione troppo incancrenita perch il nostro scettro possa mettervi
riparo, che il trionfo sui sovrani avversari ci ha fatto
eredi della loro lunga rovina. Solo nei resoconti di Marco
Polo, Kublai Kan riusciva a discernere, attraverso le muraglie e le torri destinate a crollare, la filigrana dun disegno cos sottile da sfuggire al morso delle termiti.
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CAPITOLO TERZO
1. Lo start di Verga
ben noto che la mafia fa il suo ingresso nella letteratura italiana del XX secolo nel 1961, anno in cui esce Il
giorno della civetta di Sciascia. Meno noto il fatto che i
due colpi squarciati che in apertura del romanzo si sentono dallautobus sono leco lontana delle due schioppettate che la sera del 31 agosto 1859 risuonano nella casina di
campagna del Canonico protagonista de La chiave doro di
Verga. Si tratta di una novella poco nota in cui Verga, per la
prima e lultima volta, sfiora il tema della mafia agraria e
della struttura socio-economica su cui si innesta, bench la
parola mafia non vi ricorra mai. Fu pubblicata su rivista
nel 1883 e lanno dopo conflu nella raccolta Drammi intimi. importante prendere in considerazione questo breve
testo perch, per parafrasare la celebre battuta del filosofo
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dini dietro, si arrischi ad andare a vedere quel chera stato. Le donne strillavano: - Non andate, vossignoria!
Ma appena fuori del cortile si trovarono fra i piedi Luigino, che era sgattajolato fra la gente.
- Portate via questo ragazzo - grid lo zio canonico. - No! voglio andare
a vedere anche io! - strillava costui. E dopo, finch visse, gli rimase impresso
in mente lo spettacolo che aveva avuto sotto gli occhi cos piccolo.
Era nel frutteto, fatti pochi passi, sotto un vecchio ulivo malato, steso a
terra, e col naso color fuliggine dei moribondi. Sera trascinato carponi su di
un mucchio di sacchi vuoti ed era rimasto l tutta la notte. I suoi compagni
nel fuggire serano portati via i sacchi pieni. L presso cera un tratto di terra
smossa colle unghie e tutta nera di sangue.
- Ah! signor canonico - biascic il moribondo. - Per quattro ulive mhanno ammazzato! Il canonico diede lassoluzione. Poscia, verso mezzogiorno, arriv il
Giudice con la forza, e voleva prendersela col Canonico, e legarlo come un
mascalzone. Per fortuna che cerano tutti i contadini e il fattore con la famiglia testimoni. Nondimeno il Giudice si sfog contro quel servo di Dio che
era una specie di barone antico per le prepotenze, e teneva al suo servizio
degli uomini come Surfareddu per campari, e faceva ammazzar la gente per
quattro ulive. Voleva consegnato lassassino morto o vivo, e il Canonico giurava e spergiurava che non ne capiva nulla. Tanto che un altro po il Giudice
lo dichiarava complice e mandante, e lo faceva legare ugualmente dagli sbirri. Cos gridavano e andavano e venivano sotto gli aranci del frutteto, mentre
il medico e il cancelliere facevano il loro ufficio dinanzi al morto steso sui
sacchi vuoti. Poi misero la tavola allombra del frutteto, pel caldo che faceva,
e le donne indussero il signor Giudice a prendere un boccone perch cominciava a farsi tardi. La fantesca si sbracci: maccheroni, intingoli dogni sorta,
e le signore stesse si misero in quattro perch la tavola non sfigurasse in quelloccasione. Il signor Giudice se ne lecc le dita. Dopo, il cancelliere rimosse
un po la tovaglia da una punta, e stese in fretta dieci righe di verbale, con la
firma dei testimoni e ogni cosa, mentre il Giudice pigliava il caff fatto apposta con la macchina, e i contadini guardavano da lontano, mezzo nascosti fra
gli aranci. Infine il Canonico and a prendere con le sue mani una bottiglia di
moscadello vecchio che avrebbe risuscitato un morto. Quellaltro intanto
lavevano sotterrato alla meglio sotto il vecchio ulivo malato. Nellandarsene
il Giudice grad un fascio di fiori dalle signore, che fecero mettere nelle bisacce della mula del cancelliere due bei panieri di frutta scelte; e il Canonico
li accompagn sino al limite del podere.
Il giorno dopo venne un messo del Mandamento a dire che il signor Giudice avea persa nel frutteto la chiavetta dellorologio, e che la cercassero
bene che doveva esserci di certo.
- Datemi due giorni di tempo, che la troveremo - fece rispondere il Canonico. E scrisse subito ad un amico di Caltagirone perch gli comprasse una
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chiavetta dorologio. Una bella chiave doro che gli cost due onze, e la
mand al signor Giudice dicendo:
- questa la chiavetta che ha smarrito il signor Giudice?
- questa, sissignore - rispose lui: e il processo and liscio per la sua
strada, tantoch sopravvenne il 60, e Surfareddu torn a fare il camparo dopo
lindulto di Garibaldi, sin che si fece ammazzare a sassate in una rissa con dei
campari per certa questione di pascolo. E il Canonico, quando tornava a parlare di tutti i casi di quella notte che gli aveva dato tanto da fare, diceva a
proposito del Giudice dallora:
- Fu un galantuomo! Perch invece di perdere la sola chiavetta, avrebbe
potuto farmi cercare anche lorologio e la catena.
Nel frutteto, sotto lalbero vecchio dove sepolto il ladro delle ulive,
vengono cavoli grossi come teste di bambini.
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tavolata di delizie imbandita da donne devote al prete-padrone e nel contempo esercita una concussione opportunamente misurata; c la componenda, il mettersi daccordo
tra galantuomini per uscire dallimbroglio rappresentato
dal cadavere di un poveraccio, della cui morte atroce dopo
unagonia durata tutta la notte nessuno si cura; e c infine
il totale disprezzo delle leggi e della giustizia umane in
nome di quellimpostura ideologica del rapporto diretto con
un legislatore e un giustiziere sovrumano che di fatto maschera il privilegio sociale ed economico (su questo punto
fondamentale torneremo, perch lo ritroveremo nel ritratto
culturale di Provenzano fornito da Camilleri).
In questo capitolo esamineremo in particolare
il modo in cui Camilleri affronta il tema del rapporto tra
mafia e religione in due testi molto significativi, La bolla di
componenda e Voi non sapete, nonch in una prolusione
ricavata dallampliamento di alcune voci di questultimo.
bene precisare subito che qui user il termine religione
per indicare soprattutto la pratica sociale ritualista e supersiziosa e limpalcatura culturale oscurantista sostenuta e
indotta da un certo clero, soprattutto siciliano. Una sua definizione sintetica in relazione a un altro tipo di clero la si
trova nel gi citato pezzo de La corda pazza intitolato Una
rosa per Matteo Lo Vecchio. Sciascia osserva che nella
fase della controversia liparitana svoltasi durante la breve
gestione del Regno di Sicilia da parte dei Savoia, si svilupp in Sicilia un effimero clero che credeva in Dio e propugnava il diritto dello Stato contro la temporalit della
Chiesa, grazie anche a influenze gianseniste e a contatti
pi stretti con una cultura francese gi attraversata da
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bolla di componenda e che per difendere la roba consente che si ammazzi un povero cristo per quattro ulive
senza rimorso e senza conseguenze giudiziarie, anzi coprendo lassassino, seppellendo alla meglio il cadavere sotto un vecchio ulivo malato e aggiustando limbroglio con
un piccolo regalo in oro al giudice.
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Oggi la Chiesa spesso accusata, tra laltro, di responsabilit morale per lalta mortalit di bambini e delle
donne che ricorrono allaborto clandestino in certi paesi
cattolici del Terzo Mondo a causa del suo appoggio pi o
meno diretto a politiche governative contrarie alla diffusione nella popolazione delle pratiche contraccettive. In questo caso, per, si tratta al massimo di conseguenze non intenzionali che scaturiscono da principi astratti di etica sessuale di per s non malvagi (il valore della castit, laccoppiamento finalizzato solo alla procreazione, ecc.), applicati magari con miopia e con scarso senso pratico. Almeno
fino al XIX secolo, invece, soprattutto in Sicilia, la Chiesa
isolana ha introdotto credenze, pratiche e costumi per taluni
versi criminogeni che hanno costituito un terreno di coltura
ideale per la diffusione e il radicamento della mentalit mafiosa. La violenza, lestorsione, lomert, la connivenza,
lidea di una legalit alternativa fondata sul patteggiamento
e sullintimidazione al di fuori dellordine legale istituzionale, ecc., tutti tratti tipici del sistema mafioso, hanno ricevuto un avallo influentissimo da parte dello stesso clero
presso le masse ignoranti e abituate a un rispetto acritico
nei confronti della Chiesa, come dimostra soprattutto la cosiddetta bolla di componenda e come facevano notare gi
nel periodo immediatamente successivo allUnit dItalia
alcuni spiriti critici e laici del tempo.
Ma che cos la bolla di componenda? Procedendo a coda di porco (p. 31), cio con digressioni, svolte,
esempi, spostamenti casuali lungo lasse del tempo, ritorni,
attorcigliamenti e persino invenzioni narrative (il racconto
finale su Tano Fragal), Camilleri ricostruisce lesistenza di
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un documento scandaloso venduto dalla Chiesa in certi periodi dellanno (da Natale allEpifania) basandosi su alcune
pagine degli atti dellInchiesta sulle condizioni sociali ed
economiche della Sicilia, compiuta da unapposita Commissione parlamentare dal 6 novembre 1875 al 29 gennaio
1876. Tali atti, come gi abbiamo avuto modo di osservare,
costituiscono una fonte preziosa per il Camilleri storico,
che ha potuto consultarli sia in originale presso lArchivio
di Stato sia nellampia silloge in due volumi pubblicata nel
1968 dalleditore Cappelli.
Prima di spiegare la natura della bolla di componenda Camilleri deve chiarire che cos la componenda
e che cos una normale bolla delle indulgenze, o bolla dei
luoghi santi. La voce Componenda del Dizionario storico della mafia di Gino Pellotta (1977), riportata da Camilleri, recita: Forma di compromesso, transazione, accordo
fra amici. Veniva stipulata tra il capitano della polizia a cavallo e i malviventi o i loro complici in una data et storica
della Sicilia. Grazie alla componenda, il danneggiato poteva rientrare in possesso di una parte di ci che gli era stato
sottratto; in cambio ritirava ogni denuncia. Tutto veniva
dimenticato, magari in cambio di cortesie formali, di dichiarazioni di rispetto. In tal modo lufficiale di polizia sistemava le cose, creando una prassi, una forma di giustizia
al di fuori delle leggi ufficiali. Si formava, anche per questa
via, una legge, una legalit diversa, e anche questi elementi, seppure marginali, tornano nel discorso generale di ci
che pu essere la mentalit mafiosa. E daltronde chi pu
sostenere che sia del tutto scomparsa? Piuttosto da pensare che al posto dellufficiale di polizia possa intervenire la
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ma si limitavano a vendere la tessera di socio di una figliolanza che, a sua volta, godeva dellindulgenza. Ogni
rapporto diretto era cos eliminato, non cera causa, non
cera effetto (p. 39). Tale bolla, quindi, era una specie di
talismano che, se in stato di grazia, garantiva messe gratuite e indulgenze e preservava dai flagelli divini. In caso di
calamit naturali, per esempio, bastava strapparne dei pezzettini e lasciarli portar via dal vento per placare la furia
degli elementi.
In questo caso, evidentemente, si tratta di semplice
sfruttamento a fini di lucro della credulit popolare, perpetrato dalle chiese e da altri ciarlatani da quando esiste il
mondo. Non pare sussistere alcun rapporto, inoltre, tra la
componenda e la bolla dei luoghi santi, che sono effettivamente cose diverse. In Retablo (1987) di Vincenzo Consolo, poi, Camilleri trova ulteriore conforto, perch vi vengono citate sia la componenda che le bolle suddette, e siccome Consolo non mette in rapporto le due cose, la ricerca di
Camilleri ha ancora un senso, perch c da scoprire il terzo
oggetto misterioso: la bolla di componenda.
A questo punto della sua ricerca, Camilleri ricorda
finalmente che della bolla di componenda aveva letto
qualcosa tra le 1410 pagine dellInchiesta sulle condizioni
sociali ed economiche della Sicilia. Mettendo insieme le
parole bolla e componenda si profila allorizzonte il
pi infame documento mai prodotto dalla Chiesa, che
cosa ben diversa dalla quasi innocua bolla dei luoghi santi,
comprata in genere da donnette superstiziose.
Tra le persone attentamente selezionate sentite dalla
Commissione parlamentare cera il comandante generale
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diceva un prete, quanto a questo bisogna essere giusti, bisogna dire che linfamia loro (p. 62). Avogadro di Casanova, infatti, considera questa pratica causa determinante di
pervertimento morale nella popolazione, che viene educata
allidea che basti una vera e propria tangente alla Chiesa
per essere autorizzati a commettere reati con la coscienza
tranquilla e senza paura di cadere in peccati non emendabili. Ma la Commissione, dando prova di miopia intellettuale
e metodologica forse non del tutto inintenzionale, ritenne
irrilevanti le osservazioni fuori dal seminato del Tenente
Generale, al punto da smarrire la copia della bolla da lui
acclusa alla relazione sulla dislocazione delle truppe dellesercito nellisola. Chiosa Camilleri: diciamolo subito, a
chiare lettere, prima di andare oltre: la componenda (e cio,
ripetiamolo, laccordo illecito tra briganti e poliziotti) non
altro che la versione laica e in un certo senso addomesticata dellautentica e originaria bolla di componenda. La quale
invece consiste in un incredibile tariffario a stampa, emesso
ufficialmente dal clero (bolla) con le percentuali da pagare alla Chiesa per i reati commessi. La compera della bolla
da parte dei malfattori viene automaticamente a costituire
sottoscrizione di patto. Questo spiega perch Casanova,
quando ne parla, nutre il timore dellincredulit altrui (p.
79). In altre parole, con questo documento la Chiesa si inseriva come soggetto attivo nelleconomia e nel fatturato
della criminalit, che in tal modo era incoraggiata, preventivamente assolta nel confessionale e in ultima analisi autorizzata nellambito di un sistema legale alternativo a quello
dello Stato. Un sistema legale, cio, coincidente con quello
della mafia, non a caso da sempre spiritualmente pi vicina
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di fatalismo, che inseparabile da qualunque religione positiva, egli trova una scusa e quasi una sua giustificazione
alla sua ritrosia al lavoro e al darsi attorno; poi perch le
turpi condiscendenze e larghezze di un sacerdozio ignorante, corrotto e insaziabile, gli addormentano la voce e i rimorsi della coscienza, prodigandogli assoluzioni e benedizioni per qualunque colpa o delitto, e lo incoraggiano ai
vizi e ai misfatti a cui tanto proclive. Qui la prima radice di ogni male. I facinorosi pi famigerati cominciano
sempre col furto e con la componenda. Ora il furto e la
componenda sono non solo tollerati e perdonati, ma autorizzati e incoraggiati dal cattolicismo come lo intende e lo
pratica il sacerdozio e il laicato siciliano. E difatti sapete
voi di dove viene il nome stesso di componenda? Viene
dalla bolla di componenda (tale il suo titolo ufficiale e
popolare insieme) che ogni anno si pubblica e si diffonde
larghissimamente per espresso mandato dei vescovi, in tutte le borgate e le citt della Sicilia (pp. 84-85). Stocchi
passa poi a specificare il prezzo di ciascuna bolla (1,13 lire)
e il corrispondente valore (32,80 lire) della refurtiva che
essa permette di trattenere con tranquilla coscienza, nonch
il tetto massimo di roba o denaro rubati (1.640,50 lire) che
pu essere composto a suon di bolle, come abbiamo visto.
Ma se le cose stanno cos, osserva Stocchi, la Chiesa, con
la sua enorme influenza soprattutto sulle donne e sui bambini e con questa sua partecipazione agli utili della criminalit, costituisce un cancro etico e culturale che imprigiona i
siciliani come tra le spire del boa in un incantesimo cognitivo e pratico moralmente perverso: Ora che cos il
prezzo della bolla di componenda? Al tempo stesso che una
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Vi auguro un Felicissimo Santo Natale, che sia portatore di bene, di salute, di pace, di serenit e di soddisfazione. Questa bottiglia la dovete aprire quando siete tutti
presenti, tutta la famiglia. Due gocce luno alla mia salute.
Dio insomma sempre presente nei pensieri dello scrivente, egli certe volte se lo sente a fianco che lo protegge
e in una lettera lo ringrazia addirittura per averlo aiutato a
trovare un nuovo luogo dove stare, migliore di quello di
prima.
pi che naturale quindi che lettere e biglietti siano
ricchi di buoni insegnamenti, di preziose regole di vita,
sia pure un po allantica:
Ti prego di essere calmo, e retto, corretto e coerente,
sappi sfruttare lesperienza delle sofferenze sofferte, non
screditare tutto quello che ti dicono, e nemmeno credere a
tutto quello che ti dicono, cerca sempre la verit prima di
parlare, e ricordati che non basta mai avere una sola prova per affrontare un ragionamento, per essere certi in un
ragionamento occorrono tre prove, e correttezza, e coerenza.
E ancora:
Ricordati che sbagliare umano, basta dirlo e si chiarisce.
E ancora:
Bisogna impegnarsi per portare a termine gli studi magari con qualche sacrificio: la laurea sar meglio delleredit di un feudo.
E ancora:
Bisogna sempre sentire laltra campana.
un uomo che pur avendo un immenso potere anche
sul destino individuale delle persone che per motivi
daffari o altro vengono in contatto con lui, non impartisce ordini, non impone mai la sua volont di numero uno
dellimpresa della quale il capo indiscusso.
Il mio fine pregarvi - scrive.
E ancora:
Io con il volere di Dio voglio essere un servitore, comandatemi e se possibile con calma e riservatezza andiamo avanti.
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Oppure:
Sono nato per servire.
E infine:
Tu mi chiedi se io ho qualche consiglio in merito, cerco lo stesso da te, che tu potessi consigliare a me.
A questo punto credo che tutti avrete capito che lautore
delle missive Bernardo Provenzano e che le frasi da me
citate sono estrapolate dai famosi pizzini.
Cos comincia la Lectio Doctoralis su La religiosit di Provenzano tenuta da Camilleri il 3 maggio 2007
a LAquila in occasione del conferimento della Laurea Specialistica Honoris Causa in Psicologia Applicata, Clinica e
della Salute (indirizzo Psicologia Applicata allAnalisi
Criminale), il cui testo disponibile tra laltro allindirizzo
web http://www.vigata.org/laurea/lectio_aq.shtml. Il rapporto di questo testo con Voi non sapete. Gli amici, i nemici, la mafia, il mondo nei pizzini di Bernardo Provenzano,
lalfabeto mafioso in sessanta voci uscito presso Mondadori nellottobre dello stesso anno, cos spiegato da Camilleri a Bonina: La lectio doctoralis tratta dal libro che stavo
scrivendo ed esamina solo il curioso aspetto della religiosit di Provenzano. Dato che la laurea era in criminologia,
cadeva a taglio. Per la lectio un po diversa e pi lunga
della voce contenuta nel libro (Il carico da undici, pp.
450-451). In effetti, la Lectio si potrebbe definire una sintesi a tema (quello della religiosit dei mafiosi, appunto) di
Voi non sapete, di cui a ben vedere utilizza, oltre a Religiosit, anche altre voci, tra cui soprattutto Ammazzare,
Giustizia, Preti e Croce.
Una cosa da sottolineare subito il fatto che
in questi due testi Camilleri fa un interessante riferimento a
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La bolla di componenda, fornendo anche delle informazioni nuove rispetto a quelle contenute nel saggio pubblicato
quattordici anni prima. Loccasione fornita dallaccenno
ai preti definiti intelligenti dai mafiosi, a quei preti, cio,
che non considerano la mafia un peccato e che non di rado
sono consiglieri e padri spirituali dei mafiosi, anche se latitanti. Citiamo dalla Lectio, perch nel passo parallelo di Voi
non sapete (voce Religiosit, pp. 152-153) c qualche
dettaglio in meno: Apro una piccola parentesi. Dunque
esistono preti intelligenti, disposti cio a capire e a perdonare la mafia e i suoi delitti, e preti non intelligenti che finiscono col fare la fine di don Pino Puglisi e di altri. Il problema che, almeno in Sicilia, troppi preti hanno avuto voglia di mostrarsi intelligenti con il malaffare. Ne ho parlato
ampiamente nel mio saggio La bolla di componenda, bolla
che risale addirittura al 1477 e allora si chiamava Taxae
cancelleriae et poenitentiariae romanae, dove, tanto per
fare due esempi, allarticolo 6 si perdonava la falsa testimonianza in tribunale e allarticolo 10 la subornazione dei
giudici. Anche il furto veniva condonato dietro versamento
di tar due, grana 12 e piccioli 5, dopodich, recitava latto,
rimanendo libero e perdonato in foro coscientiae potevasi
tenere il danaro come sua cosa propria giustamente guadagnata e acquistata. Chiusa la parentesi. In Voi non sapete,
la dicitura latina della bolla originaria taxa cancelleriae et
poenitentiariae romanae, ma quella esatta dovrebbe essere
Taxae cancellariae et poenitentiariae romanae, come si
legge a pagina 30 di Mafia & Mafiosi: Origin, Power and
Myth di Henner Hess (edizione inglese a cura di Ewald
Oser, Londra 1998), che sicuramente la fonte di Camilleri
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vale la pena rileggerla alla luce di quello che si sta illustrando qui:
Ecco il nostro caro dottor Montalbano! fece gioioso e
con voce squillante Guttadauro.
Mi deve scusare se non mi suso disse don Balduccio
con un filo di voce ma ho le gambe che non mi tengono
pi.
Non accenn a pruire la mano al commissario.
Questo don Sciaverio, Sciaverio Crucill, che stato
e continua ancora a essere il patre spirituale di Japichinu,
il mio niputuzzo santo, calunniato e perseguitato dagli
infami. Menu mali che un picciotto di grande fede, che
patisce la prosecuzione che gli fanno offrennula al Signuri.
La fede una gran cosa! esal patre Crucill.
Se non taddorme, ti riposa complet Montalbano (p.
116).
Tutta la scena un gioco di finzioni. Lo scopo del
capomafia far capire a Montalbano che intende consegnargli il nipote latitante per proteggerlo dallinfluenza della nuova mafia, a suo dire pi efferata e lontana dal suo
vecchio codice donore. E sar proprio il prete a farsi da
tramite conducendolo nel covo, dove Japichinu verr trovato morto, fatto ammazzare proprio dal vecchio, il quale
aveva allestito il teatro dellincontro con il commissario
proprio per costruirsi un alibi. Padre Crucill, dunque, incarna quella figura di prete intelligente che frequenta abitualmente i mafiosi, ne raccoglie le confidenze e si fa da
tramite per la gestione di alcune relazioni esterne. Per questa categoria di ecclesiastici la fede davvero una gran
cosa, perch essa fornisce quel paravento indispensabile,
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Questo episodio della vita di Camilleri persino entrato un un volume sulla storia della mafia, Cosa nostra di
John Dickie, pubblicato nel 2004 e tradotto da Laterza nel
2005 (cfr. pp. 222-223). Ed interessante a tal proposito
osservare che Camilleri cita in maniera poco corretta la pagina di Dickie a lui dedicata in Cosa nostra sia in Voi non
sapete sia nella Lectio, dove si legge: Commentando questo incontro e queste parole nel suo Cosa nostra (Bari
2005), John Dickie scrive che Gentile si sforza di presentarsi () come qualcuno che () ha sempre cercato la via
della pace e della giustizia. Ma qui il grave errore di
giudizio di molti. Gentile non si sforza di presentarsi, Gentile profondamente convinto dessere un uomo che ha
sempre cercato la via della pace e della giustizia (cfr. Voi
non sapete, voce Ammazzare, p. 22, dove peraltro il passo di Dickie citato senza la segnalazione dei tagli; una
terza parentesi coi puntini di sospensione andava inoltre
messa tra si sforza e di presentarsi). In realt, per, in
quel passo (Cosa nostra, p. 222) Dickie non sta commentando il racconto di Camilleri, ma sta parlando dellautobiografia di Nick Gentile, e solo dopo fa riferimento allincontro di Camilleri con il mafioso, riportando il racconto
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nella versione offerta da Camilleri nella citata conversazione con Deaglio e commentandolo alla luce di quanto ha appena detto sugli sforzi di Gentile compiuti nella sua autobiografia. Questo lapsus memoriae di Camilleri, poi, ha
tratto in inganno Bonina, il quale, basandosi solo su quanto
detto in Voi non sapete, sostiene addirittura che Camilleri
critica la (in realt inesistente) teoria di John Dickie sullincontro tra il giovane duttureddru e il boss (cfr. Il carico
da undici, p. 237).
I mafiosi, dunque, ostentano un grande attaccamento
alla religione cattolica. Provenzano, addirittura, teneva nel
suo ultimo covo un vero e proprio arsenale religioso:
Quando il commissario Cortese e i suoi uomini fanno irruzione nella casupola di Pian dei Cavalli vi trovano un
quadro rappresentante lUltima Cena, due quadretti raffiguranti la Madonna, innumerevoli rosari di cui uno persino in
bagno, tre bibbie, un calendario del 2000 con leffige di
Padre Pio, un piccolo presepe, un libriccino intitolato Pregate, pregate, pregate, 91 santini vari di cui 73 tutti eguali,
raffiguranti Cristo in croce con la scritta Ges io confido
in Te (Lectio; cfr. Voi non sapete, voce Religiosit, p.
155). La religiosit di Provenzano, come quella di altri mafiosi e di molti siciliani, caratterizzata da coreografia,
esteriorit, idolatria e superstizione, come gi notava nel
1945 Sebastiano Aglian in Che cos questa Sicilia?, citato da Camilleri sia nella Lectio che in Voi non sapete. Ed
curioso notare che, mentre qui Camilleri si limita solo a
fare il nome del professor Stocchi come precursore ottocentesco di Aglian insieme a Pitr, nella Lectio cita anche il
bellissimo passo di Stocchi gi riportato nella Bolla di
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di Dio. In base al primo, le leggi umane sono intrinsecamente infondate e perci stesso eludibili, se non addirittura
spregevoli nella misura in cui la giustizia pretende di
scimmiottare Dio o addirittura di farne a meno. In base al
secondo, solo Dio il vero giudice e legislatore, e la Chiesa, ovvero il clero, ne linterprete della volont. Queste
vacue sottigliezze di filosofia del diritto sono intrinseche a
certi settori del pensiero cattolico, com ben noto, e il clero le instilla nei fedeli sotto forma di semplici nozioni di
fede e pratiche di devozione. La proliferazione della mentalit mafiosa nelle strutture cognitive dei siciliani stata favorita dal modo in cui queste ultime sono state plasmate
per secoli da certi articoli dellinsegnamento cattolico,
come gi avevano intuito Avogadro di Casanova e il professor Stocchi.
Un sostegno ulteriore a questa tesi gi implicita in
Camilleri lo troveremo in luoghi inaspettati, che costituiscono comunque, come abbiamo visto, una parte significativa dello sfondo culturale su cui si staglia lesperienza letteraria e intellettuale dello scrittore di Porto Empedocle.
Attraverso Sciascia e Borges, infatti, vedremo che il primo
e involontario ideologo dellomert e della connivenza con
la mafia nientemeno che il povero e cattolicissimo
Don Chisciotte.
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gentina. Il quasi mitologico racconto borgesiano della fondazione di Palermo instaura un nesso etnico e culturale tra
argentini e siciliani che per il lettore italiano si fa evidentissimo proprio nella pagina che costituisce il contesto del
passo citato da Sciascia:
largentino, a differenza dellamericano del Nord e di
quasi tutti gli europei, non si identifica con lo Stato. Ci
pu attribuirsi al fatto generale che lo Stato unastrazione inconcepibile per lui; * [* Lo Stato impersonale;
largentino sa concepire solo relazioni personali. Per questa ragione, per lui, rubare denaro pubblico non un crimine. Constato una realt, non la giustifico n la difendo.
(Nota a pie di pagina)] un fatto che largentino un
individuo e non un cittadino. Aforismi come quello di
Hegel: Lo Stato la realt dellidea morale gli sembrano scherzi sinistri. I film elaborati a Hollywood propongono ripetutamente alla nostra ammirazione il caso di
un uomo (di solito un giornalista) che cerca lamicizia di
un criminale per consegnarlo poi alla polizia; largentino,
per il quale lamicizia una passione e la polizia una mafia, sente che un simile eroe una incomprensibile canaglia. Sente con Don Chisciotte che laggi se la veda
ciascuno col suo peccato e che non bene che uomini
donore siano i giustizieri di altri uomini dai quali non
ricevettero danno (Don Chisciotte, I, XXII). Pi di una
volta, davanti alla vana simmetria dello stile spagnolo, ho
pensato che fossimo irrimediabilmente diversi dalla Spagna; queste due righe del Chisciotte sono bastate per
convincermi dessere in errore; sono come il simbolo
tranquillo e segreto di una affinit (in Tutte le opere, vol.
I, pp. 270-271).
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gli argentini rivelano una certa anima siciliana nel loro rapporto con lo Stato; ma gli argentini, attraverso Don Chisciotte, si rivelano intimamente spagnoli, e gli spagnoli, per
chiudere il cerchio, hanno lasciato molto di s nella mentalit siciliana, com noto. In questo gioco di specchi e di
popoli viene da pensare a quello che sosteneva uno degli
eresiarchi di Uqbar, secondo il quale gli specchi e la copula
sono abominevoli perch hanno il potere di moltiplicare gli
uomini...
Scopriamo cos che gli argentini e i siciliani, e
non solo gli spagnoli, sono figli culturali di Don Chisciotte,
nella misura in cui condividono un sentire intorno allo Stato ed alle sue leggi che costituisce quello che Camilleri,
come visto, chiama campo di coltura per la mafia. Ma
com possibile? Per capirlo a fondo, dobbiamo dare uno
sguardo pi attento allepisodio (peraltro celebre) che costituisce loccasione del passo del Chisciotte citato da Borges
e Sciascia, i quali, come abbiamo visto, evitano di farvi
cenno. Sciascia, addirittura, che pure solitamente rigorosissimo nelle indicazioni bibliografiche, evita persino di
riprendere da Borges lindicazione esatta del luogo del Chisciotte, su cui ora ci dovremo fermare.
Il capitolo ventiduesimo della prima parte
quello in cui si racconta Come Don Chisciotte rese la libert a parecchi sciagurati, che eran condotti, loro malgrado, dove non avrebbero voluto andare (qui si utilizzer
la classica traduzione italiana di Ferdinando Carlesi del
1933, riprodotta nel Meridiano del 1974). Don Chisciotte e
Sancio si imbattono in un corteo costituito da una dozzina
di galeotti incatenati come grani di un rosario e condotti
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a lui; e lui, prendendo le parti del debole, forz il prepotente a finirla, a riparare il mal fatto, a chiedere scusa; o, se
stava duro, gli mosse tal guerra, da costringerlo a sfrattar
dai luoghi che aveva tiranneggiati, o gli fece anche pagare
un pi pronto e pi terribile fio (I promessi sposi, XIX, 39
e 46-47). Nel corso della famosa notte dei tormenti,
lInnominato preso dalla paura dellinferno esattamente
come il siciliano ignorante di cui parlava il professor
Stocchi nellarticolo citato da Camilleri ne La bolla di
componenda, e proprio per questo dubbio amletico lascia
cadere la pistola con cui sta per spararsi. Subito dopo, il
ricordo delle parole di Lucia (Dio perdona tante cose, per
unopera di misericordia) lo consola e allalba la gioia
contagiosa dello scampanare e il corteo di gente in festa
che andava incontro al cardinale Borromeo lo spingono a
recarsi dallalto e prestigiosissimo prelato (cfr. XXI,
53-61).
Che il pentimento e la conversione religiosa possano
riscattare una vita di crimini non esattamente un articolo
di fede che la Chiesa insegna da sempre e che i mafiosi accolgono a braccia aperte? Ritorniamo a Voi non sapete e
alla Lectio. Qui Camilleri scrive: Ho gi detto che, secondo gli investigatori, la svolta di Provenzano risale alla met
del 1993. Prima che avvenga la svolta, il 9 maggio dello
stesso anno, Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi di
Agrigento pronunzia la sua forte condanna della mafia:
Dio ha detto una volta: Non uccidere! Non pu luomo,
qualsiasi uomo, qualsiasi umana agglomerazione, qualsiasi
mafia, non pu cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio. Queste parole sembrarono passare inosserva-
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te; in realt, come annotano Salvo Palazzolo e Michele Prestipino nel loro Il Codice Provenzano (Bari 2007), scavarono un solco profondo negli ambienti mafiosi. (...) Ma le parole di Giovanni Paolo II per Provenzano ebbero un significato diverso da tutti gli altri; furono, ma questo un mio
parere assolutamente personale, una conferma, suonarono
come un avallo se non addirittura come uninvestitura. Non
era la conferma della politica delladdio alle armi che lui
aveva praticato e predicato da un certo momento della latitanza in poi? Non bisognava tornare allantica autodefinizione mafiosa che gli uomini donore erano portatori di
pace e di giustizia?. E nel passo parallelo della voce Religiosit di Voi non sapete, Camilleri aggiunge: Da allora,
le manifestazioni della religiosit di Provenzano diventano
di giorno in giorno pi evidenti. assodato che, dietro sua
richiesta, due sacerdoti si recarono a trovarlo negli ultimi
anni di latitanza. A un certo punto egli arriva a manifestare
apertamente la convinzione che tutti i suoi atti godano del
sostegno divino. Dio con lui. Gott mitt uns (p. 154). La
stretta confidenza di Dio con i peggiori criminali chiarissimamente teorizzata anche dal cardinale Borromeo nel
primo colloquio con lInnominato, che anchesso un perfetto esempio di componenda, questa volta quasi nel senso
della bolla: - cosa pu far Dio di voi? cosa vuol farne?
Un segno della sua potenza e della sua bont: vuol cavar da
voi una gloria che nessun altro gli potrebbe dare. Che il
mondo gridi da tanto tempo contro di voi, che mille e mille
voci detestino le vostre opere... - (linnominato si scosse, e
rimase stupefatto un momento nel sentir quel linguaggio
cos insolito, pi stupefatto ancora di non provarne sdegno,
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naro da parte dellInnominato del perdono ottenuto da Lucia: cento scudi doro (...) per servir di dote alla
giovine (XXVI, 33), che nel Fermo e Lucia (III, IV, 61)
erano addirittura dugento.
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