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Dal nostro punto di vista, cioè nella prospettiva di un'analisi decisamente formale e
sistematica, i limiti temporali e di riferimento certo si restringono, consentendoci di
risalire al massimo agli anni `50, ma non per questo ci semplificano il lavoro. Solo
per citare i nomi più significativi, infatti, non si può non menzionare V. Propp,
linguista ed appassionato di folklore, con cui questi studi hanno praticamente inizio.
E dopo di lui riprendono ed approfondiscono le stesse ricerche sia etnologi come
Levi-Strauss, che teorici della letteratura come Genette, Bremond, Todorov e Segre,
od ancora linguisti (è il caso di Greimas ed Uspenskij) e sociologi, come Goffmann,
o, in tempi più recenti, semiologi come Chatman o ermeneuti come Ricoeur.
Ma procediamo con ordine e cerchiamo di annodare prima con cura i fili della
riflessione.
1F.CASETTI - F.DI CHIO, L'analisi del film, Bompiani, Milano 1990, pp. 164-213.
Cosa è narrazione? Le risposte a questa domanda, probabilmente sono infinite. Per
economia metodologica ci limitiamo a due che ci sembrano suggestive di alcuni
interessanti rilievi: quella di Segre, secondo cui la narrazione è "una realizzazione
linguistica mediata, avente lo scopo di comunicare a uno o più interlocutori una serie
di avvenimenti, così da far partecipare gli interlocutori a tale conoscenza, estendendo
il loro contesto pragmatico"2, e quella di Casetti e di Chio che invece la intendono
come "un concatenarsi di situazioni, in cui si realizzano eventi, e in cui operano
personaggi calati in specifici ambienti"3. Riflettendo su queste due definizioni ci
rendiamo conto di come esse siano, in un certo senso, tipologiche e richiamino la
nostra attenzione su aspetti diversi ma ugualmente importanti del fatto narrativo. Ve-
diamo quali.
2C.SEGRE, Avviamento all'analisi del testo letterario, Torino, Einaudi, 1985, p.265.
6Ibidem.
3
2. si può prestare attenzione alla comunicazione (aspetto pragmatico) o a ciò che
viene comunicato (aspetto sistemico);
3. si deve distinguere il racconto agito dal racconto fabulatorio;
4. si deve distinguere il racconto verbale da quello non verbale.
Ma quale prospettiva faremo nostra nel proporre una metodologia di analisi della
narrazione? Nella impossibilità di affrontare il problema da più punti di vista ed in
maniera esauriente diciamo che presteremo attenzione più al narrato che al narrare e
di conseguenza il nostro approccio sarà più di tipo strutturale che di tipo pragmatico.
A livello applicativo, poi, i testi cui faremo riferimento saranno soprattutto di tipo
audiovisivo (ma questo non esclude la praticabilità del modello che elaboreremo
anche a testi letterari).
1) qualcuno (o a qualcuno)
2) fa capitare (o capita) qualcosa
3) che produce dei cambiamenti.
A questo qualcuno (e all'ambiente entro cui si trova ad agire) viene dato nome di
esistente, il fatto che faccia capitare ( o gli capiti) qualcosa viene indicato con la
categoria dell'evento, il prodursi dei cambiamenti, infine, è categorizzato nel concetto
di trasformazione. In sostanza ogni narrazione si costruisce su degli esistenti, implica
che vi si realizzino eventi, prevede il verificarsi di trasformazioni. E questo è quanto,
tutto sommato, lo stesso Aristotele rileva analizzando la struttura della tragedia,
quando osserva che:
Come si vede, c'è un'azione (l'evento, nella terminologia di Casetti-di Chio), condotta
da dei personaggi (gli esistenti) che prevede uno svolgimento - finalizzato, in questo
Dunque restano fissati gli elementi strutturali della narrazione: ma come è possibile
sottoporli ad analisi? Quali strade risultano essere concretamente praticabili a questo
riguardo?
Tutto quanto siamo venuti dicendo è utilmente visualizzabile (cfr. TABELLA 1):
sarà così possibile cogliere, anche graficamente, le diverse direzioni che il percorso di
analisi può assumere.
8 Il problema della catarsi costituisce senza dubbio uno dei più interessanti temi teorici della
riflessione drammaturgica occidentale. Per un approfondimento si vedano: A.CASCETTA, Alle
origini della tragedia, in A.CASCETTA, a cura di, La tragedia inattuale, Vita e Pensiero, Milano
1986, p.41 ss.; P.C.RIVOLTELLA, La scena della sofferenza, in A.CASCETTA, a cura di, Forme
della scena barocca, Vita e Pensiero, Milano 1993, pp.101-155.
5
livello / elemento personaggio evento trasformazione
Alla luce di tutto questo proviamo ora a vedere più da vicino in cosa consistano le
diverse tappe dell'analisi, quali operazioni prevedano, prima di applicare l'intero
modello, in conclusione, ad un testo narrativo per verificarne il funzionamento
all'opera. Nel fare questo, lasciandoci guidare dal percorso descritto dai nostri due
Autori, cercheremo di integrarlo con spunti provenienti da altre proposte analitiche e
di mediarlo opportunamente in chiave didattica.
9 K.ELAM, The Semiotics of Theathre anda Drama, London and New York, Methuen, 1980 (tr.it.
Semiotica del teatro, Il Mulino, Bologna 1988, p.135.
10 Molti sono i criteri che a livello metodologico si possono indicare al fine di questa ricognizione
fenomenologica sul personaggio: Richard Dyer, ad esempio (Stars, British Film Institute, London
1979), suggerisce di far riferimento ad una serie di marche di riconoscimento come il nome del
personaggio, l'aspetto, gli oggetti ad esso riferiti, ciò che dice, i suoi gesti, l'azione. L'analista, in
ordine a questo punto, può muoversi con la massima libertà, scegliendo di adottare una qualsiasi
delle metodologie disponibili o di creare una propria griglia di elementi definitori del personaggio:
6
Quando dall'attenzione per ciò che contraddistingue il personaggio nella sua identità
(il profilo psicologico di Norman in Psyco di Hitchcock è unico ed irriducibile, come
lo è quello del Carmagnola nell'omonima tragedia manzoniana) si passa a quella
verso il ruolo che esso gioca all'interno della vicenda, scatta in questo cambio di
prospettiva un processo generalizzante attraverso il quale quel personaggio perde i
contorni che lo rendevano riconoscibile fra mille altri, per assumere un ruolo che è
possibile riscontrare identico in pressoché tutte le strutture narrative (in questo senso,
in quanto entrambi protagonisti della propria vicenda, Norman ed il Carmagnola
rivestono lo stesso identico ruolo). Anche in questo caso all'indicazione di forma
facciamo seguire delle prescrizioni concrete. Ci sembra di poterle sintetizzare nelle
seguenti tre: anzitutto il ruolo d'azione globale11 del personaggio, che corrisponde
alla classica coppia protagonista-antagonista ed indica la capacità del personaggio di
orientare l'azione in un determinato senso; in secondo luogo, il suo ruolo come
agente o paziente, che configura il personaggio o come colui che è responsabile
dell'azione, o come colui che passivamente la subisce; infine, la sua possibile
classificazione in uno stereotipo (è il caso dei racconti di genere, soprattutto) secondo
coppie ormai codificate quali quelle di buono-cattivo, vittima-carnefice, ecc.
Soggetto e Oggetto
l'unico criterio che dovrà rispettare sarà quello della maggior completezza possibile. In ordine, poi,
allo studio psicologico del personaggio, si possono vedere le bellissime analisi di Raymond Bellour
(L'analyse du film, Paris, Albatros, 1979).
12 Le ragioni di questa scelta sono soprattutto due: anzitutto il modello greimasiano è dinamico, cioè
non si limita ad esibire la funzione del singolo attante ma la colloca all'interno del contesto narrativo
indicando anche le sue relazioni con le altre strutture attanziali; in secondo luogo, è dotato di un
elevato valore di universalità, cioè non risulta applicabile solo ad alcuni tipi di testi (come succede,
ad esempio, per i modelli di Propp e Souriau, validi rispettivamente per la fiaba russa di magia e per
i testi drammatici) ma, ingenerale, a qualsiasi testo dotato di struttura narrativa.
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L'asse Soggetto-Oggetto costituisce la direttrice diegetica principale di qualsiasi
narrazione e si esprime sinteticamente col dire che c'è qualcuno che vuole
realizzare/conseguire/raggiungere qualcuno (o qualcosa). In schema, semplicemente:
soggetto oggetto
Adiuvante e Opponente
Questo asse diegetico principale, che costituisce la struttura più scarna ed essenziale
della fabula, si arricchisce di due assi di supporto che lo intersecano
perpendicolarmente specificando ulteriormente le funzioni narrative che lo
caratterizzano. Il primo di questi assi è quello che si organizza attorno alla coppia
attanziale di Adiuvante ed Opponente e che si esprime sinteticamente col dire che c'è
qualcuno che vuole realizzare/conseguire/raggiungere qualcuno (o qualcosa) e
qualcuno lo aiuta, mentre altri lo ostacolano. In schema, semplicemente:
oggetto
8
Facile intuire il ruolo che queste due nuove figure attanziali occupano. L'Adiuvante
ha il compito di collaborare attivamente con il Soggetto perché riesca a realizzare il
proprio mandato; l'Opponente, al contrario, che spesse volte nel corpo della
narrazione viene a rivestire il ruolo di un vero e proprio Antieroe (il "cattivo" di tante
fiabe o plot cinematografici) agisce in direzione simmetricamente opposta,
ostacolando il Soggetto nelle proprie intenzioni. Ancora una volta, in sintesi,
potremmo dire che l'Adiuvante collabora con il Soggetto nella ricerca
dell'Oggetto, l'Opponente lo ostacola.
Destinante e Destinatario
E siamo al secondo asse, per così dire, ausiliario. Su di esso si dispongono i due ruoli
attanziali del Destinante e del Destinatario. Il primo è il "punto d'origine
dell'Oggetto"13, l'istanza che, da una parte può essere depositaria della competenza
del Soggetto, dall'altra si pone a dispensatrice nei suoi confronti di premi o punizioni.
Il Destinatario, invece, è colui cui il Destinante si rivolge, sia in quanto mandante,
che in quanto dispensatore della sanzione (in questo senso nulla esclude che esso
possa essere lo stesso Soggetto). Alla luce di questo terzo ed ultimo asse diviene
allora possibile completare il quadro delle funzioni attanziali. In schema:
Con questo si può dire che la nostra analisi del personaggio sia conclusa e diventa
possibile occuparsi delle altre due variabili (eventi, trasformazioni) che abbiamo
indicato come caratteristiche dell'universo narrativo.
9
Il primo e più immediato livello al quale l'azione14 si organizza è il comportamento.
Anche questo termine, come quello precedentemente focalizzato di persona, è
mutuato dalla psicologia, in particolare dalla psicologia sociale. L'analogia di fondo
che rende possibile il recupero è l'affinità profonda, ben evidenziata tra gli altri da
Goffman, tra la società e l'universo del racconto in quanto entrambi sistemi di
relazioni. Come in un sistema sociale l'individuo è chiamato a mettere in atto
opportune strategie al fine di raggiungere la soddisfazione dei propri bisogni
(condizionamento biologico), integrarsi al sistema (conformismo sociale) realizzare
valori (motivazione valoriale), così, nel microuniverso sociale del racconto, il
personaggio, che è depositario di un vissuto proprio, come abbiamo visto, si rende
protagonista di una serie di atti, a breve o lungo termine, che gli consentano di attuare
una dinamica analoga: "Gli uomini sviluppano dei sistemi di azione a lunga scadenza:
essi vincono la resistenza delle cose osservandone le caratteristiche, modificandole ed
inventando degli utensili. La loro azione crea delle condizioni nuove che danno vita a
nuovi bisogni ed a nuovi fini che servono come sprone ad altro lavoro e ad altre
invenzioni. Nel corso di tali attività gli uomini modificano l'ambiente circostante e,
nello stesso tempo, modificano se stessi"15. Alla luce di questi rilievi, dunque, la
descrizione del comportamento del personaggio nel testo dovrà consistere nella
registrazione delle concrete modalità del suo agire all'interno del racconto. Si tratterà,
allora, di fissare: il tipo di azione realizzata, specificando i caratteri di essa distintivi
(volontaria, cosciente, singola, individuale,...) e il suo rilievo sociale, e cioè il peso
da essa esercitato in funzione dell'adattamento sociale del personaggio (secondo il
modello di Merton16 può rispondere a conformismo, innovazione, ritualismo, ritiro e
ribellione17).
14 Casetti e di Chio distinguono l'azione, di cui ci stiamo per occupare, dall'avvenimento, facendo
notare come gli "eventi si possano dividere in due grandi categorie, sulla base dell'agente che li
provoca: se questi è un agente animato, si parla più specificamente di azioni; se invece l'agente è un
fattore ambientale o è una collettività anonima, si parla di avvenimenti"(CASETTI - DI CHIO,
L'analisi..., p.182). Semplificando abbiamo scelto di concentarci esclusivamente sull'azione, in
quanto meglio caratterizzante l'universo narrativo.
15S.ASCH, Psicologia sociale, SEI, Torino 1963.
16R.K. MERTON, Social Theory and Social Structure, Free Press of Glencoe, 1957 (tr.it. Teoria e
struttura sociale, Il Mulino, Bologna 1966).
17Per conformismo si intende il comportamento conforme agli schemi culturali ed agli atteggiamenti
socialmente condivisi all'interno di un determinato organismo sociale. Quando questo
comportamento viene attuato da un individuo particolarmente insicuro, può evolvere in ritualismo,
cioè in quella forma di conformismo che sacrifica qualsiasi idealità ed aspirazione ad una routinaria
ripetizione di gesti rassicuranti ("quello che ho mi basta", "chi me lo fa fare...", ...). Innovazione e
ribellione, invece, dicono della messa in opera di un cambiamento. Il comportamento innovatore è
quello dello scaltro, che cambia le regole del gioco al fine di trarne un vantaggio personale; il ribelle,
invece, è il rivoluzionario, colui che con i propri atteggiamenti mira a sostituire alla struttura sociale
vigente una struttura alternativa. In nessuno di questi atteggiamenti si può riconoscere quello di
rifiuto, incarnato emblematicamente nel cinema dal personaggio di Charlot: "Il prototipo, nel
cinema, è il personaggio di Charlot; egli rappresenta in un certo senso l'uomo medio del nostro
tempo di fronte alla società urbana e tecnologica, diviso tra il timore di essere schiacciato se
partecipa alla lotta e quello di cadere in una rassegnazione senza speranza se la rifiuta. Il vagabondo
di Charlot è di grande conforto perché trionfa delle forze perniciose che fan lega contro di lui e ci fa
10
Quando dalla descrizione del valore psicologico e sociale delle azioni del
personaggio, necessariamente particolare, ci spostiamo a considerare la possibilità di
una sua generalizzazione, non parliamo più del comportamento del personaggio, ma
della funzione che esso svolge all'interno della narrazione. Il termine è tecnico ed è
entrato nell'uso grazie al linguista russo V.Propp18, che è stato il primo teorico a
fornirne una definizione - l'azione del personaggio in quanto descritta a partire dal
punto di vista del significato che essa riveste in rapporto allo svolgersi della vicenda
narrata - ed a stilare un elenco completo dei diversi tipi di funzione analizzando la
raccolta di favole russe di magia curata da Afanàs'ev. Il lavoro di Propp, che gli ha
consentito di rintracciare in tutti i testi riconducibili al genere "fiaba di magia" il
ricorrere di trentuno di queste funzioni, ciascuna suscettibile di descrizione,
denotazione ed indicazione formalizzata mediante un apposito segno convenzionale,
non è evidentemente applicabile con sufficiente semplicità al nostro tipo di analisi.
Più facile - ed efficace - sembra invece seguire Bremond19, il cui modello appare
sicuramente più lineare. Lo si può ridurre, semplificando, a tre funzioni fondamentali
che potremmo chiamare stato iniziale, modificazione dello stato iniziale, stato finale.
La funzione intermedia, poi, a sua volta può essere intesa nel senso di un
miglioramento o di un peggioramento. A questo schema, estremamente semplice
possono essere ricondotte le grandi metafore che hanno caratterizzato i grandi
racconti di tutte le epoche: così, l'occasione alla mutazione della situazione iniziale
può essere offerta da una privazione, che assume la forma sia della mancanza iniziale
che si tratta di colmare (I predatori dell'arca perduta di Spielberg), sia della
sottrazione di qualcosa che si dovrà riconquistare (Qualcuno volò sul nido del cuculo
di Forman); in seguito a questa privazione, poi, la vicenda può assumere la forma
dell'allontanamento, cioè della separazione che dice anche di una ricerca del nuovo
(Barry Lindon di Kubrick) e prender corpo nel viaggio, inteso come dislocazione
fisico-geografica, ma anche come tragitto psicologico-conoscitivo (Paris Texas di
Wenders). In questo viaggio-itinerario il protagonista potrà poi confrontarsi con
divieti, obblighi, prove, passando attraverso i quali potrà rimuovere la mancanza
iniziale, raggiungere il proprio oggetto, celebrare il proprio ritorno (Ulisse).
Siamo così al terzo livello di analisi che ci riconduce al quadro attanziale disegnato
da Greimas. Su questo piano non abbiamo più a che fare con comportamenti o con
funzioni ma, in termini ancora più astratti, con atti, cioè, come dice Greimas, con
"ciò che fa essere"20. Con questo sono già indicate le due forme fondamentali
(enunciati elementari, li chiama Greimas) che gli enunciati narrativi possono
assumere: si parlerà così di enunciati di fare e di enunciati di essere. I primi mettono
pensare che il rifuggire dalle ambizioni sociali sia il risultato di una scelta piuttosto che il segno di
una sconfitta" (A.KARDINER, The Psychological Frontiers of Society, Columbia University Press
1945, tr.it. Le frontiere psicologiche della società, Il Mulino, Bologna 1973, p.369).
18V.PROPP, Morfologija skazki, 1928 (tr.it. Morfologia della fiaba, Einaudi, Torino 1966).
19C.BREMOND, Logique du récit, 1973 (tr.it. La logica del racconto, Bompiani, Milano 1977).
20A.GREIMAS, Du Sens II. Essais sémiotiques, Editions du Seuil, Paris 1983 (tr.it. Del senso II,
Bompiani, Milano 1984, p.65).
11
capo ad una relazione di giunzione, che "è la relazione che determina lo "stato" del
soggetto in rapporto ad un oggetto di valore qualunque"21, i secondi, invece,
presiedono all'istituzione di relazioni di trasformazione, cioè rendono conto "di ciò
che avviene nel passaggio da uno stato all'altro"22. Cerchiamo di vedere
concretamente gli effetti che queste due forme di relazione comportano sull'analisi
del racconto.
Se torniamo a considerare le grandi metafore della narrativa di tutti i tempi cui sopra
abbiamo accennato - la mancanza, la perdita, ecc. - sarà facile osservare come esse
siano trascrivibili, sul piano formale, proprio nei termini proposti dai diversi tipi di
giunzione.
S→O
D1 → O → D2
12
lo stabilirsi di una nuova situazione, formalizzabile con: S ∧ O (ogni trasformazione,
cioè, presuppone uno stato e ne produce un altro). A queste due modalizzazioni (la
competenza è un essere che modalizza un fare, nel senso del saper fare, del voler
fare, del poter fare; la performanza è un fare che modalizza un essere) ne vanno
aggiunte, a completare il quadro, altre due: quella in cui l'essere modalizza l'essere
(tipica della sanzione) e quella in cui il fare modalizza l'essere (mandato)25.
Quando dal piano fenomenologico si passa a quello formale, anche il punto di vista
da cui si considerano le trasformazioni cambia: non si parlerà più, così, di semplici
cambiamenti, ma di processi, in quanto tali non riconducibili alle occorrenze
particolari delle singole narrazioni, ma tipici dell'universo narrativo in senso proprio,
qualsiasi forma esso possa assumere. Mutuando dai diversi modelli narratologici
proposti è possibile pensare ogni storia come un itinerario in tre tappe che prima
stabilisce un problema, in seconda istanza lo elabora ed infine lo risolve; l'insorgere
del problema, solitamente coincide con la rottura di un equilibrio iniziale che di
conseguenza deve essere ripristinato. Se lo stato di equilibrio viene nuovamente
raggiunto si potrà leggere la storia in questione alla luce della categoria todoroviana
del miglioramento; se non viene più raggiunto, anzi, se la storia è occasione del suo
definitivo smarrimento, la categoria da utilizzare sarà invece quella del
peggioramento. A questo proposito potranno tornare utili all'analisi alcune domande-
chiave, come suggerisce David Lusted: Cosa è cambiato nel mondo della storia? Cosa
è stato trasformato? Cosa è stato guadagnato o perso nel processo? Come hanno
25 Ci fermiamo qui nella nostra analisi, sebbene il discorso greimasiano sia molto più complesso ed
articolato. Si vedano in proposito, nel già citato Del senso 2, i due saggi: Gli attanti, gli attori e le
figure (pp.45-63) e Per una teoria della modalità (pp.65-88).
13
modificato i personaggi le loro posizioni reciproche di status e di potere? Tutto
questo potrà consentire di formalizzare i cambiamenti realizzati nella storia, venendo
a capo delle trasformazioni generali cui esssa è andata soggetta.
26Per un'analisi della tragedia classica costruita proprio sulla centralità della categoria del paradosso
intesa nei termini accennati si vedano i contributi di Alexander Nicev: L'enigme de la catharsis
tragique dans Aristote, Sophia, Editons de l'Academie Bulgare des Sciences, 1970; La catharsis
tragique d'Aristote, Nouvelles contributions, Sophia, Editions de l'Université de Sophia "Kliment
Ohridski", 1982.
27 Esempi di analisi analoghi a quello che stiamo per fornire si possono trovare in CASETTI-DI
CHIO, L'analisi..., dove gli Autori conducono una bella analisi narrativa di Ombre rosse di John
Ford, e in SEGRE, Avviamento..., pp.111-118, in cui viene sottoposta ad analisi la famosa novella di
Andreuccio da Perugia.
14
livello / elemento personaggio evento trasformazione
L'esempio d'analisi che abbiamo scelto di elaborare riguarda una novella famosissima
di Luigi Pirandello, La giara28, interessante sia perché la sua brevità ne consente
un'analisi rapida, anche se attenta, sia perché fatta oggetto di riduzione
cinematografica dai fratelli Taviani che vi hanno dedicato uno degli episodi del loro
film Kaos. Proprio per questa duplice matrice, letteraria e cinematografica,
cercheremo nell'analisi di tenere in considerazione sia l'originale letterario che la sua
riduzione cinematografica.
28Pubblicata già il 20 ottobre del 1909 sul Corriere della Sera, poi comparsa nel 1928 a dare il titolo
al volume delle Novelle per un anno di cui fa parte, La giara fornì a Pirandello anche lo spunto per
trarne una riduzione teatrale, pubblicata da Bemporad a Firenze nel 1925 ma già rappresentata in
prima nazionale a Roma, al Teatro Nazionale, dalla compagnia Angelo Musco il 9 luglio del 1927.
15
Tre sono di fatto i personaggi che, nel racconto di Pirandello e nel film dei Taviani,
popolano l'universo narrativo: don Lollò Zirafa, Zi' Dima Licasi e la folla dei
lavoranti, dei popolani, delle donne e dei bambini che si ritagliano sullo sfondo della
vicenda di cui essi sono protagonisti funzionando ad un tempo da scenario naturale
(si parlava in introduzione di ambiente) e da vero e proprio catalizzatore di tutta la
narrazione. Cerchiamo di dirne qualcosa ai diversi livelli che abbiamo individuato
per l'analisi.
Detto questo risulta subito chiaro anche quale sia il gioco dei ruoli che tra i due
personaggi si innesca: un gioco, lo anticipiamo, decisamente dialettico. Infatti don
Lollò, da protagonista responsabile dell'azione e capace di catalizzarla quale si
presenta all'inizio della novella, diventa antagonista e paziente alla fine, quando è Zi'
Dima, inizialmente succube della sua azione, a proporsi quale vero protagonista
agente. Una struttura a chiasma, dunque, in cui dialetticamente il signore diviene
servo ed il servo signore.
16
Un primo modello infatti si ottiene riconoscendo a Don Lollò il ruolo di protagonista
agente della vicenda. In questo caso Don Lollò (Soggetto) per riparare la giara,
inavvertitamente spaccata in due parti (Oggetto), ricorre ai servizi di Zi'Dima Licasi
(Adiuvante), nei confronti del quale funge anche da mandante, sia affidandogli il
compito di riparare la giara, sia disponendosi a dispensatore della sanzione per il
lavoro eseguito (in un primo tempo positiva, poi, dopo la scoperta che Zi'Dima è
rimasto chiuso nella giara, negativa!).
Alternativo a questo primo modello è quello in cui è Zi'Dima ad essere pensato quale
protagonista agente della vicenda: in questo caso il "conciabrocche" (Soggetto e
Destinatario dell'azione) riceve mandato da Don Lollò (Destinante) di aggiustare la
giara, consentendogli di mettere alla prova il suo mastice miracoloso (Oggetto). Lo
stesso Don Lollò, in questo secondo schema, funge poi anche da opponente all'azione
di Zi'Dima esigendo da lui i "punti" alla brocca, cioè impedendogli di realizzare il
proprio obiettivo.
Sullo sfondo di questa dialettica, come già abbiamo anticipato, si ritaglia la folla
anonima dei lavoranti di Don Lollò, vero e proprio protagonista della vicenda, come
di tutta l'arte pirandelliana, se per un momento tralasciamo il filo rosso della nostra
indagine narratologica per raccogliere in sintesi alcune riflessioni di carattere ideale.
Come diceva bene Massimo Bontempelli: "L'umanità del mondo pirandelliano è
veramente - per servirmi d'una parola venuta in grande uso alcuni anni più tardi, cioè
con la guerra - massa". Una massa in cui lo scrittore siciliano trova concretizzata
quella "smania di vivere", quella vitalità istintiva che fa da sfondo alla grande
letteratura europea del periodo, quella di Joyce e Proust per fare i due nomi più
significativi.
Se ora abbandoniamo l'analisi dei personaggi per occuparci dei comportamenti che
essi sanno far scattare nell'economia della narrazione, ci rendiamo subito conto di
come la dialettica polarizzata nelle due figure di Don Lollò e Zi'Dima si esprima in
una corrispondente dialettica dell'azione. Tale dialettica è possibile leggerla nei
termini di un conflitto tra conformismo e innovazione che si organizza ad almeno due
livelli di senso, l'uno più universale dell'altro. Anzitutto, sul piano delle relazioni
individuali, il racconto contrappone a Don Lollò, nevroticamente attaccato alle
proprie ricchezze e preoccupato di mantenerle29, Zi'Dima, nativamente entusiasta
della propria creazione ed ansioso di vederla all'opera: uomo del dovere il primo,
pragmaticamente fermo alla logica dei fatti, uomo dell'ideale il secondo,
utopicamente lanciato dietro alle proprie aspirazioni. Questa prima dialettica, ad un
livello ulteriore, cessa di farsi leggere solo nei termini della contrapposizione tra due
caratteri individuali ed implica il riferimento alle istanze sociali che essi sono in
grado di portare in gioco. Così la preoccupazione di Don Lollò per i propri beni
29 Una preoccupazione questa che prende corpo in una clinica coazione a ripetere rintracciabile nel
rituale del consulto legale.
17
diviene rinvio efficace all'atteggiamento conformistico e conservatore della classe
aristocratico-borghese, volta alla legittimazione e perpetuazione del proprio potere,
mentre l'idealistica ambizione di Zi'Dima esemplifica l'atteggiamento del subalterno,
scaltro, che proprio perché tale cerca di cambiare le regole del gioco per trarne un
vantaggio personale. E' in sostanza il mondo popolare della creatività e della fantasia
di contro al mondo borghese della prassi e della routine.
Volendo leggere tale conflitto dal punto di vista funzionale potremmo dire che lo
schema del racconto si presenta come costruito in forma di chiasma, caratterizzato
com'è da un duplice percorso. Da una parte Don Lollò fa aggiustare la sua giara
nuova (modificazione dello stato iniziale), misteriosamente rotta (stato iniziale), da
Zi'Dima ed ottiene - non volendo prestare fede alle qualità del suo mastice
miracoloso - che la giara si rompa di nuovo ed irrimediabilmente (stato finale).
Dall'altra Zi'Dima, frustrato da Don Lollò nelle sue ambizioni (stato iniziale) proprio
attraverso la sua arguzia (modificazione) riesce ad ottenere alla fine quel
riconoscimento sociale che Don Lollò gli aveva negato (stato finale). Volendo
formalizzare dal punto di vista logico questo doppio percorso (e passiamo dall'analisi
delle funzioni all'analisi degli atti) potrebbe risultarne la seguente espressione:
Dove:
S1 = Don Lollò
O1 = la giara
S2 = Zi'Dima
O2 = riconoscimento sociale.
Detto in termini discorsivi: mentre Don Lollò, col suo agire, non riesce a porre
rimedio alla perdita della giara (¬ [S1 ∧ O1] ), Zi'Dima, invece, che all'inizio del
racconto vuole dimostrare il suo valore cercandone riconoscimento a livello sociale
( [S2 ∨ O2] ) riesce alla fine ad ottenerlo (¬ [S2 ∨ O2] ).
Muovendo ancora una volta, inizialmente, dal piano fenomenologico, possiamo dire
che la differenza già riscontrata tra Don Lollò e Zi'Dima sul piano della tipologia del
carattere, si possa indefinitiva rilevare anche al livello dei cambiamenti cui essi
vanno soggetti nel corso della vicenda. Don Lollò, dall'inizio alla fine del racconto,
non evolve, non modula il proprio carattere, anzi, se vogliamo, è sua caratteristica
peculiare di insistere a reiterare il proprio atteggiamento prevaricante ed ossessivo:
questo decreterà la sua sconfitta! Zi'Dima, invece - ed è sintomatico dell'arguzia
18
tipica dello stereotipo che egli incarna - si adatta alla situazione nuova che viene ad
incontrare e questo alla fine è sintomatico del fatto che risulti vincente dal confronto.
Ora, a ben vedere, questo doppio itinerario trova conferma anche a livello dei
processi attivati all'interno del racconto. Infatti lo schema todoroviano di
miglioramento/peggioramento vale in maniera inversa nei due casi: mentre Don
Lollò parte con una giara spaccata in due metà e si ritrova alla fine del racconto con
una giara in mille pezzi, Zi'Dima, invece, oltre ad aver dato prova che la giara, dopo
il suo trattamento, veramente risuona come una campana, si ritrova investito dalla
folla dei braccianti di un ruolo socialmente positivo.
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