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Lo Star System americano

Divismo: infatuazione collettiva per i divi del cinema e sfruttamento di


tale fenomeno da parte delle case cinematografiche, a fini
pubblicitari.

Quando nasce il divismo in America?


Gli storici del cinema forniscono una data ben precisa: il 1910, quando Florence Lawrence passa
dalla nota casa di produzione Biograph alla Indipendent Motion Pictures Company (IMP).
La gente, in quegli anni, comincia infatti ad abituarsi ad alcuni volti che appaiono sul grande
schermo. Benché i primi film – per esplicito volere delle case cinematografiche – evitino di
pubblicare i nomi degli attori, proprio per evitare che questi ultimi diventino anelli indispensabili
dell’ingranaggio, le case di produzione cominciano a ricevere tonnellate di lettere indirizzate a
questi “proto-divi”.

E’ evidente che la ragione primigenia della glorificazione di un attore, o più spesso di un’attrice, è
direttamente riconducibile alla celebrità e al potere economico-evocativo che una componente del
genere può esercitare.
La star è un “oggetto significante” semiologicamente ben connotato: esso viene svuotato per poi
essere ri-creato modellandolo su misura dei desideri del pubblico, in modo da offrire a quest’ultimo
quello che vuole e da garantire ai produttori un “ritorno-minimo” dell’investimento intrapreso.
Agenzie pubblicitarie vennero assoldate dalle case di produzione per fare della “cosmesi” o della
pura e semplice invenzione del passato di personaggi spesso provenienti dall’anonimato e originari
di un mondo tutt’altro che affascinante.
Lo star system è un sogno ideale in cui tutti sono felici (l’attore ottiene fama e successo – oltre che
compensi esorbitanti -, il produttore è economicamente appagato e il pubblico è felicemente
intrappolato in quella “prigione dorata” di sogno e fascinazione in cui lui stesso ha voluto
consapevolmente rinchiudersi) che può trasformarsi, improvvisamente, in un orribile incubo.

Intorno all’inizio degli anni Venti c’è un grande sviluppo di periodici espressamente rivolto ai
“fan”, il cui obbiettivo primario è quello di vendere le star, modificandone così la reale identità: i
confini tra personaggio e interprete andavano sempre più assottigliandosi.

La percezione dell’attore come esempio sociale subì un colpo decisivo negli anni Venti: alcuni
grossi scandali stavano a dimostrare che questi signori non avevano saputo dominare l’incredibile
successo piovutogli addosso.
Suicidi (destò scalpore quello di Olive Thomas), delitti (il processo a “Fatty” Arbuckle, che uccise
la giovane diva Virginia Rappe), abusi di alcool e droghe, contatti con la malavita locale ed altri
accadimenti diedero vita alla creazione del Motion Pictures Producers and Distributors (MPPDA).
Di lì a poco venne redatto il “codice Hays”, da Will Hays, un insieme di regole e di norme che
indicava ciò che era morale e ciò che non lo era. Ebbe inizio così un periodo di perbenismo puritano
che, legittimato dal potere morale e purificatorio della censura, toccherà punte di ipocrisia senza
eguali.

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