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STORIA DELLA CARTOGRAFIA

Le prime raffigurazioni della realtà circostante su superficie piana risalgono alla preistoria. Sto parlando
degli affreschi dipinti sulle pareti delle grotte, per fini non del tutto chiari, alcuni dei quali testimoniano di
una capacità di delineare uomini, animali, edifici percorsi e oggetti con l’uso di segni grafici.

Ma sono le grandi società del passato ad aver lasciato significative testimonianze relative alla concezione
del mondo. Alcuni papiri egiziani evidenziano la descrizione grafica di ristretti territori, così anche alcune
tavolette di argilla risalenti alla civiltà mesopotamica.

La tradizione individua in Anassimandro, filosofo greco del VI secolo a.C., il primo autore noto di una
“carta”, della quale però ci giungono solo testimonianze. Il pinax di Anassimandro è la prima di una serie di
rappresentazioni dell’ecumene (terra abitata) attribuite alla cultura greca.

Erede della cultura greca, Strabone – contemporaneo di Augusto – redige la propria Geografia in ben 17
libri, e dedica ampio spazio al problema della “rappresentazione”: discute quanto realizzato in precedenza
e avanza precise proposte ma probabilmente non riesce a realizzare una propria mappa.

Intorno al 200 d.C. fu realizzata, in marmo, la


Forma Urbis: un ampia pianta della città di
Roma esposta su un muro di un edificio
pubblico. Il ritrovamento di alcuni frammenti
ha permesso di ricostruirne le caratteristiche
principali: 18 x 13 m e una scala media di
1:250. La Forma Urbis, grazie all’enfatizzazione
degli edifici e al dettaglio per i particolari è
stata definita la più accurata pianta di Roma
fino alle realizzazioni del Settecento.

La figura di geografo più significativa dell’età


romana è quella di Claudio Tolomeo (90-168
d.C.), vissuto ad Alessandria d’Egitto. Egli espone con chiarezza che lo scopo della geografia è il disegno
della totalità della terra in contrapposizione alla corografia, descrizione grafica di una parte di una regione.

La più nota “carta” di età romana è sicuramente la Tabula Peutingeriana, giunta a noi tramite una copia
medievale del XII o XIII secolo. La tavola si presenta come una lunga striscia di dimensioni 675x34 cm. Vi
sono rappresentati i continenti
conosciuti (Europa, Asia e Africa):
l’orbis terrarum è a sua volta
racchiuso nell’Oceano. La
figurazione complessiva,
adeguandosi alla forma della
carta, ha dato luogo ad
un’energica compressione delle
dimensioni nord-sud e alla
dilatazione di quelle est-ovest. A
fronte delle deformazioni che ne
seguono la carta risulta invece
precisa e dettagliata nel fornire informazioni sulla fitta rete stradale e sulle distanze fra le varie città. Inoltre
sono rappresentati elementi fisici e antropici.

Durante il medioevo la cartografia risulta fortemente condizionata dalla tradizione religiosa. Sembra ormai
abbandonata l’acquisita consapevolezza della sfericità della Terra. L’unico settore che finiva per sfuggire al
severo giudizio era quello
della cartografia nautica:
questa si concentrava
infatti su di una specifica
tematica, quella di
delineare la topografia
delle coste mediterranee.
La prima carta nautica a
noi nota è la Carta Pisana
(XIII secolo). Gli elementi
che la caratterizzano
sono l’essenzialità e la
precisione delle
informazioni geografiche,
in sostanza limitate alla
linea di costa, la cui evidenza è rinforzata dalla presenza dei toponimi allineati sul margine costiero.

In seguito alla scoperta dell’America, compaiono le prime carte che riportano i contorni del Nuovo Mondo.
Da qui prende il via la sempre maggiore accuratezza e importanza delle carte, divenute fondamentali per le
grandi potenze marittime europee.

Alla metà del Quattrocento l’umanista Leon Battista Alberti introdusse la tecnica della triangolazione, che
permise un’esatta misurazione delle distanze, e mise appunto la “prospettiva”. Tecniche queste di
fondamentale importanza per le rappresentazioni successive.

Nel Cinquecento grande fama acquisì Gherard Kremer, meglio noto come Mercatore. Produsse numerose
carte, raccolte poi in un atlante dal figlio. Fu un uomo dai molti talenti, ben versato in matematica,
astronomia, geografia, teologia, ma anche un grande artista i cui contributi alla calligrafia e alla tecnica di
stampa influenzarono molte generazioni successive di artigiani. Mercatore fece molte nuove carte e
mappamondi, ma il suo contributo più grande alla cartografia è senz’altro la “proiezione di Mercatore”.
Mercatore si rese conto che i marinai avevano presupposto in modo errato che seguendo la direzione
indicata dalla bussola avrebbero viaggiato in linea retta. Una nave che navigasse sempre lungo la stessa
direzione indicata dalla bussola seguiva invece una curva denominata lossodromica (anche detta elica
sferica). Nel 1541 venne prodotto da Gerardo
Mercatore un nuovo mappamondo, il primo ad
avere indicate le lossodromiche. Mercatore
utilizzò una proiezione cilindrica, tangente
all’Equatore, in cui i meridiani e i paralleli erano
delle linee rette, intersecantisi
perpendicolarmente. In questa proiezione
anche le lossodromiche diventavano linee rette
e per piccole aree si mantenevano le lunghezze.
Coetaneo di Mercatore fu Abraham Ortelius il cui nome si lega al Theatrum Orbis Terrarum (1570), una
raccolta di 70 carte, poi aumentate a 87, che ottenne grandissimo successo grazie all’impiego delle
informazioni e dei dati più aggiornati. Se la cartografia diviene sempre più attendibile e scientifica, non per
questo scompaiono informazioni e territori che costituiscono un’eredità fantastica. E’ questo il caso della

Terra Australis, un continente ipotetico illustrato sulle mappe risalenti al periodo compreso fra il XV e il
XVIII secolo. La paternità della definizione è attribuibile ad Aristotele, e in seguito fu ripresa da Tolomeo; il
cartografo greco del I secolo era infatti convinto che l'Oceano Indiano fosse delimitato a meridione da un
continente. Le dimensioni e l'aspetto della Terra Australis furono corrette in seguito ai viaggi di Matthew
Flinders e di James Cook.

A partire dal Seicento l’intervento del potere pubblico diviene sempre più rilevante, a causa delle esigenze
di ordine militare: difesa del territorio e attestazione del potere statuale.

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