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Lezione N^25 18-10-2005

L’ELETTROCARDIOGRAMMA

Allora, oggi parliamo dell’elettrocardiogramma.

Quello che vedete lì è uno dei primissimi elettrocardiografi, quello sviluppato da Einthoven, e
tramite questo strumento che risale ai primi del ‘900, tutto sommato si ottiene una traccia che non è
molto diversa da quella che potete ottenere oggi con i moderni elettrocardiografi, anche portatili. La
differenza è l’elettronica dello strumento e l’interfaccia tra lo strumento e il paziente.
Le cose in realtà da allora ad adesso non sono molto diverse, è cambiata la tecnologia: questi erano
dei catini che contenevano una soluzione fisiologica arricchita di ioni per mediare la
conduzione elettrica, adesso si usano

invece gli elettrodi con il gel, però tutto sommato l’idea di base è questa, è stata semplicemente
migliorata dal punto di vista tecnico.
Quello che mi preme farvi vedere oggi non è tanto fare diagnosi sulla base di un
elettrocardiogramma, ma quale parte della fisiologia cardiaca sta alla base
dell’elettrocardiogramma, per capire come mai viene utilizzato e come ci può aiutare a comprendere
meglio la fisiologia del cuore che è piuttosto complessa perché mette insieme da una parte l’aspetto
elettrico, e dall’altra un aspetto meccanico.
Quindi il principio di funzionamento dell’elettrocardiogramma è che l’attività elettrica del cuore
può essere registrata da degli elettrodi posti all’esterno del corpo.

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Questa già è un’idea che era difficilmente visualizzabile agli inizi del ‘900 quando è stato
Principio:
Principio:
il funzionamento del cuore produce dei segnali elettrici
che possono essere registrati da elettrodi cutanei

COMPRENDERE come funziona il sistema = CONOSCERE la fisiologia cardiaca

1. Chi genera il segnale elettrico cardiaco


2. Quali caratteristiche di questo segnale vengono registrate
3. Con che strumento e come è possibile registrarlo
4. Analisi “funzionale” dei tracciati
5. Attenzione agli artefatti

sviluppato l’elettrocardiogramma: pensare che un organo piccolo come il cuore potesse sviluppare
un attività elettrica tale da essere registrata da degli elettrodi cutanei, quindi posti sulla superficie
del corpo.
Quindi se noi comprendiamo come funziona il sistema, cioè paziente più elettrocardiografo, e come
è possibile andare a registrare l’elettrocardiogramma, miglioriamo la comprensione della fisiologia
cardiaca, per lo meno la parte riguardante la fisiologia elettrica del cuore.
Per riuscire a capire come funziona questo sistema dobbiamo innanzi tutto riuscire a capire:
- Chi genera questo segnale elettrico cardiaco. Il cuore è composto da tutta una serie di
strutture e di tessuti, dobbiamo capire quali sono gli eventi che generano il segnale elettrico.
- Di questo segnale elettrico cardiaco,qual è la caratteristica che può essere registrata
dall’elettrocardiografo: non possiamo registrare tutto ma registriamo solamente una certa
caratteristica.
- Come è fatto per grandi linee lo strumento che viene utilizzato e come è possibile registrare
questa attività elettrica
- Vedremo un’analisi, considerata “funzionale”, dei tracciati. In realtà non tanto in termini di
intervalli tra le varie onde, tanto già avete un’idea di come è fatto un elettrocardiogramma,
ma vedremo una tecnica un po’ più sofisticata che è quella di andare ad analizzare il vettore
cardiaco medio, che ha delle implicazioni biofunzionali notevoli
- Un’ultima nota:attenzione agli artefatti, che se andate a considerare dei fenomeni elettrici
sono sempre dietro l’angolo e possono portare a dei risultati inattesi.
Quindi cominciamo cercando di capire qual è la sorgente di questo segnale elettrico nel cuore.
Il cuore è composto da DUE tessuti muscolari differenti:

Fibre di CONDUZIONE Fibre di CONTRAZIONE

Entrambi partecipano alla generazione del segnale elettrico,


in tempi e modi differenti

Indipendentemente dal tipo di fibra, chi genera il segnale elettrico è


la cellula miocardica

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Voi sapete che esistono due tipi di fibre muscolari nel cuore, un tessuto di conduzione e un tessuto
deputato invece alla contrazione del cuore, mentre il primo tipo di tessuto è deputato essenzialmente
alla conduzione. Conduzione di cosa?
Conduzione di un segnale elettrico che viene propagato da un certo punto del cuore ad un altro
punto del cuore. Entrambi questi tessuti partecipano a quella che è la generazione del segnale
elettrico, però in tempi e modi differenti poiché le funzioni dei due tessuti sono leggermente
differenti ed entrano in attività in tempi successivi.
Indipendentemente dal fatto che si tratti del tessuto di conduzione o delle fibre di contrazione,
l’unità funzionale di base di entrambi i tessuti è la cellula miocardica, dunque chi genera il segnale
elettrico è la cellula miocardica. Avete visto il potenziale d’azione della cellula miocardica, con la
sua particolare forma. Quindi il segnale elettrico è questo potenziale d’azione.
Quello che però noi andremo a misurare qui NON è il potenziale d’azione.
Su alcuni testi c’è scritto che l’elettrocardiogramma è una registrazione extracellulare del potenziale
d’azione delle cellule miocardiche. Ecco, non è così e poi vi farò vedere la dimostrazione di questo,
hanno una faccia completamente diversa!
Allora vediamo cosa succede in una fibra del tessuto di conduzione, che è quello che da origine alle
onde che noi vediamo sull’elettrocardiogramma.

Qui in altoavete una rappresentazione di come può essere misurato: un elettrodo posto sulla
superficie di una cellula da una parte e uno sulla superficie di una cellula dall’altra parte.

~ -90 mV

- +
++++++ ++++++
------------------ 0

Ma questo schema (parte sotto) rende meglio l’idea: questo tubo è diciamo il sincizio di cellule che
forma il tessuto di conduzione e noi all’esterno andiamo ad applicare due elettrodi, che però
rimangono tutti e due all’esterno della fibra. Gli elettrodi sono sulla superficie del paziente, quindi
sono esterni alla fibra cardiaca, e abbiamo qui uno strumento che semplicemente fa la differenza del
potenziale che viene letto dai due elettrodi.
Quando la fibra è a riposo, sapete che il potenziale di membrana è circa -90mV, il muscolo è
leggermente più polarizzato rispetto al neurone, ed è – 90mV lungo tutta la fibra, tutta la fibra è a
riposo. Quindi l’esterno della fibra, che ha un potenziale che non possiamo conoscere in termini
assoluti, è però identico lungo tutta la fibra. Quindi di fatto lo strumento, che poi è
l’elettrocardiografo, non legge nessuna differenza di potenziale all’esterno.
Quindi noi non possiamo conoscere qual è la differenza di potenziale vera, assoluta, esterna,
possiamo conoscere solo un’eventuale differenza tra un punto e un altro della fibra.
In questo momento, in cui la fibra è a riposo, non c’è differenza. Quindi l’elettrocardiografo registra
zero.

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~ -90 mV

- +
-------+++++++
+++++----------- >0

Quando ad un certo momento un tratto della fibra del tessuto di conduzione comincia a
depolarizzarsi, e quindi è interessato da un potenziale d’azione, la carica all’esterno in quella
regione si modifica, si ha cioè un’inversione delle cariche sulla membrana, e allora c’è una
differenza tra la carica esterna che registra questo elettrodo che si trova dove la fibra si sta
depolarizzando (elettrodo -), e la carica esterna che invece è presente qui nella parte di fibra di
conduzione che ancora deve essere depolarizzata.
Quindi c’è una linea immaginaria che divide la regione che si sta depolarizzando da quella che si
deve depolarizzare ed è il fronte di depolarizzazione. E’ un’onda di depolarizzazione che in questo
momento sta percorrendo le fibre del tessuto di conduzione. A questo punto, di nuovo noi non
conosciamo esattamente qual è il valore del potenziale in questa regione della fibra, però il
potenziale qui è diverso, e allora lo strumento comincia a registrare una differenza. Legge un
qualcosa che è maggiore di zero, perché laddove la fibra è a riposo il potenziale è più positivo,
laddove la fibra è depolarizzata, all’esterno della fibra che è la parte che noi stiamo guardando e che
ci interessa, è più negativo.
La differenza fra i due è un valore positivo.

~ -90 mV

- +
-----------------
++++++++++++ 0

Di nuovo quando tutta la fibra è depolarizzata, il potenziale si è invertito tra esterno ed interno
rispetto alla condizione di partenza, quindi la fibra è totalmente depolarizzata e all’esterno il
potenziale è totalmente più negativo rispetto a prima. Però siccome è tutto negativo, lo strumento
non rileva nessuna differenza tra le due regioni.
Attenzione: rispetto a prima il segno del potenziale all’esterno è diverso, la fibra quindi si trova in
uno stato funzionale diverso, adesso è totalmente depolarizzata, lo strumento però continua a
rilevare lo stesso valore di prima, cioè zero, perché rileva solo la differenza che esiste nel potenziale
esterno tra un punto e l’altro della fibra, non il suo valore assoluto. Questo è da tenere a mente

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perché poi quando andremo a vedere il tracciato elettrocardiografico ci saranno due regioni del
tracciato che sono a prima vista identiche, ma funzionalmente sono molto diverse dal punto di vista
della funzione cardiaca.

Poi arriva il fonte di ripolarizzazione: passato il potenziale d’azione, la fibra si ripolarizza.


Che cosa succede? Succede che questo tratto comincia a ripolarizzarsi, quindi il potenziale

~ -90 mV

- +
++++++ --------
---------++++++ <0

all’interno della fibra torna ad essere negativo, quello all’esterno torna ad essere più positivo.
questa regione è ancora depolarizzata, perché abbiamo di nuovo questa linea immaginaria che sta
avanzando verso destra, che è il fronte di ripolarizzazione e la presenza di questo fronte divide
all’esterno il potenziale in una zona dove il potenziale è più positivo e un’altra dove il potenziale è
più negativo. Lo strumento a questo punto legge una differenza e questa volta è minore di zero,
perché i segni all’esterno sono invertiti rispetto a prima, quindi avrò un valore negativo.

~ -90 mV

- +
++++++ ++++++
------------------ 0

Dopodiché ritorna di nuovo tutto a riposo, di nuovo il potenziale all’esterno si fa tutto positivo una
volta che è passato il fronte di ripolarizzazione e lo strumento di nuovo legge zero.
Quindi questo è il sistema con cui viene registrato il potenziale elettrico tramite gli elettrodi cutanei:
non un valore assoluto, ma un valore relativo del potenziale all’esterno della fibra (non
all’interno!!) tra due regioni del cuore.
Questo alternarsi delle cariche elettriche sulla superficie della fibra, specialmente quando si vede un
fronte di depolarizzazione o di ripolarizzazione che attraversa la fibra, di fatto fa si che in due punti
diversi della fibra del tessuto cardiaco esistano due cariche differenti, due potenziali differenti.
Questo genera quello che viene chiamato vettore elettrico, e che è l’oggetto registrato
dall’elettrocardiografo.
Questo si chiama vettore elettrico. Perchè vettore elettrico? Perché ha tutte le proprietà di un
vettore, ovvero: ha un verso, che in questo caso è questa riga orizzontale, quindi è diretto secondo
una certa linea; ha una direzione, che punta verso la parte della fibra che è positiva all’esterno; e poi
ha un’intensità (o modulo) che è la lunghezza del vettore che ci dice quanto differenti sono le
cariche in intensità tra una regione e l’altra della fibra all’esterno.

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Quindi ogni volta che c’è un fronte di depolarizzazione o di ripolarizzazione che sta percorrendo il
tessuto cardiaco, di fatto si viene a creare questo che si chiama vettore elettrico cardiaco, che come
tutti i vettori possiede le proprietà dei vettori. E ovviamente un cuore che funziona normalmente
genererà dei vettori cardiaci normali, mentre un cuore che non funziona normalmente genererà dei
vettori cardiaci che non sono normali: da qui l’interpretazione dell’elettrocardiogramma per capire
se quello che avete davanti è un cuore che sta generando vettori cardiaci normali oppure no.
Allora come facciamo a catturare questo vettore cardiaco? Il metodo utilizzato è quello sviluppato
da Einthoven agli inizi del 900 ovvero è quello di utilizzare una coppia di elettrodi, in realtà sono
tre coppie di elettrodi posizionati in punti ben precisi del corpo umano, per delimitare un piano
frontale.

Allora gli elettrodi sono accoppiati all’interno dell’elettrocardiografo stesso, per cui
l’elettrocardiografo ha un selettore, noi non facciamo altro che posizionare gli elettrodi in posizioni
fisse nel corpo e poi girando la rotellina del selettore accoppiamo diversamente gli elettrodi.
Ma comunque il principio è che questi tre elettrodi sono posizionati sulle due braccia e sulla gamba
sinistra; la gamba destra non collabora all’elettrocardiogramma, ma serve ad un altro scopo, ad un
circuito particolare che vedremo dopo. Questi tre elettrodi vengono uniti a due a due e vanno a
formare quelle che si chiamano le derivazioni, prima seconda e terza derivazione.
La prima derivazione è quella che unisce le due braccia, con l’elettrodo positivo verso il braccio
sinistro e quello positivo verso il braccio destro.
La seconda derivazione unisce braccio destro e gamba sinistra, con il terminale positivo a livello
della gamba sinistra e il terminale negativo a livello del braccio destro.
La terza derivazione unisce braccio e gamba sinistra, con l’elettrodo positivo sulla gamba sinistra e
l’elettrodo negativo sul braccio sinistro.
Anche qui, avendo due elettrodi, uno positivo e uno negativo, di fatto le derivazioni sono anch’esse
dei vettori elettrici, perché posseggono un orientamento spaziale e infatti vengono rappresentate
come frecce e la freccia punte sempre verso l’elettrodo positivo. Quindi abbiamo: il cuore che
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genera tramite la sua attività elettrica una entità chiamata vettore cardiaco, e le derivazioni che sono
l’unione di coppie di elettrodi e quindi sono anch’esse dei vettori elettrici.
Quindi di fatto quello che adesso risulterà dall’elettrocardiogramma sarà il confronto fra questi due
tipi di vettori elettrici, il vettore cardiaco e quello noto che noi utilizziamo per andare a vedere come
è fatto quello cardiaco.
Questa freccetta qui indica la direzione del vettore cardiaco medio del vettore di sistole ventricolare,
che poi vedremo.
Allora come è possibile catturare il vettore cardiaco tramite queste tre derivazioni? (esistono anche
altre derivazioni, poi le vedremo, ma il principio che sta alla base è sempre lo stesso).
DI

Piano Frontale
3D

D II D III

Piano Trasversale

2D

Vc
α

Vx
v6
2D
v5
 
v1 v2 v3
v4
Vx = Vc cos(α )

Il problema non è banale, perché il vettore cardiaco è un oggetto tridimensionale che si muove in
uno spazio tridimensionale istante per istante. L’elettrocardiografo invece dispone di un pennino e
deve disegnare una linea su un foglio di carta, quindi è monodimensionale.
Quindi il punto è cercare di catturare questo vettore tridimensionale e riportarlo su uno spazio
monodimensionale, cioè un foglio di carta e una linea che viene scritta.
Questo che vedete qui (in alto a sinistra!) è il vettore cardiaco medio, quello a cui normalmente ci si
riferisce, ossia quello della sistole ventricolare e ovviamente si trova in uno spazio tridimensionale.
L’idea iniziale è quella di proiettare questo vettore su due piani, un piano frontale e un piano
trasversale. Questo (in alto a destra!) è il piano frontale e come abbiamo visto prima è delimitato
dalle derivazioni di Einthoven, è definito dalle tre derivazioni di Einthoven. Questo è il piano
trasversale (in basso a sinistra) e vedremo che sarà definito da altre derivazioni. Quindi il primo
punto è proiettare questo vettore tridimensionale su due piani, un piano frontale e un piano
trasversale. Quello che si ottiene adesso è un vettore bidimensionale, quindi abbiamo già rimosso
una dimensione. Però non ci basta perché alla fine noi abbiamo un pennino che scrive sulla carta
una linea, quindi dobbiamo ancora rimuovere un’altra dimensione.
Allora come facciamo? Proiettando questo vettore su ciascuna delle derivazioni che definiscono il
piano frontale. In questo modo noi, istante per istante, se mettiamo insieme le informazioni di tutte
e tre le derivazioni riusciamo a ricostruire il vettore originale, perché questo vettore proiettato su
questa derivazione, che è la prima, avrà una certa grandezza e una certa direzione, proiettato sulla

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seconda avrà una certa grandezza e direzione, proiettato sulla terza avrà una certa grandezza e
direzione e istante per istante le varierà nel tempo.
Allora se noi istante per istante andiamo a ricostruire facendo il processo inverso otteniamo di
nuovo il nostro vettore cardiaco proiettato su questo piano. Se mettiamo insieme anche le
informazioni che contemporaneamente otteniamo dal piano trasversale, possiamo fare il processo
inverso e ricostruire il vettore cardiaco tridimensionale originale, che è quello che ci dice come sta
funzionando il cuore in quel momento, se in maniera normale oppure no.
Noi non potremmo vedere direttamente come è orientato il vettore tridimensionale, non c’è nessuno
strumento che ci consente di fare questo, però creando questi due piani di proiezione, uno frontale e
uno trasversale, e delimitandoli ciascuno con delle derivazioni, quindi delle linee su cui proiettare
questo vettore, possiamo alla fine ricostruire facendo il percorso inverso il nostro vettore di
partenza.
La ricostruzione è abbastanza semplice e ha a che fare tutta con la geometria.

Questo è il nostro vettore cardiaco, Vc ,questa è la proiezione su una qualsiasi delle derivazioni.
Per sapere quanto è lungo il vettore originale conoscendo solo le proiezioni, perché questo è quello
che conosciamo noi, semplicemente applichiamo una formula banale di trigonometria:
→ →
Vx = Vc × cos α

e riusciamo ad ottenere l’intensità del vettore. Facendo questo per ogni derivazione si costruisce il
vettore cardiaco originale. Infatti noi conoscendo Vx e α, possiamo facilmente ricavare Vc:


Vx
Vc =
cos α
alfa lo conosciamo perché, e adesso lo vedremo, ciascuna derivazione ha un angolo ben preciso, e
quindi si ricava il nostro vettore.
La diapositiva 13 (della presentazione del prof che si può scaricare dal sito dell’e-learning!) è un
filmatine che vi fa vedere un vettore tridimensionale, la sua proiezione nel piano trasversale e la sua
proiezione nel piano frontale e quello che viene fuori a livello dell’elettrocardiografo. Quindi vedete
si muove istante per istante, non è sempre puntato in una direzione, e lascia dietro di se una scia, più
o meno complessa a seconda della fase del cuore, in questo momento state vedendo l’onda di
depolarizzazione dei ventricoli, e quindi il suo riflesso nell’ecg è un’onda particolare. Vedete che la
situazione è abbastanza complessa, quindi quello che voi registrate con l’elettrocardiogramma, è
una situazione che si evolve temporalmente istante per istante. Quello che poi si fa ricostruendo il
vettore cardiaco a posteriori è fissare un istante preciso di questo ciclo e andare a considerare
quell’istante. Adesso sono disponibili dei software di analisi che mettendo insieme in tempo reale le
informazioni che vengono prese da tutte le derivazioni ricostruiscono più o meno fedelmente questi
andamenti, quindi danno un’idea un po’ più precisa di come è la variazione del vettore cardiaco.
Allora vediamo due o tre note su come è fatto lo strumento per poter registrare questi fenomeni
elettrici. Ciascuna derivazione è un VETTORE ELETTRICO

Amplificatore
Differenziale

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200 mA di
corrente sono
sufficienti per far
fibrillare il
miocardio
ventricolare Circuito della gamba
destra
Prima di tutto sono delle
differenze di potenziale
registrate a livello cutaneo
molto piccole, bene che vada la
ddp è circa 1mV, e anche le caratteristiche della pelle del soggetto influiscono notevolmente sulla
possibilità di vedere questo milliVolt di differenza di potenziale. Le pelli più scure, quelle con un
maggior contenuto di melanina, hanno una maggiore resistenza elettrica, perché la melanina funge
da isolante, mentre la pelle glabra ha un minore resistenza rispetto a quella dotata di peli, quindi alle
volte può essere difficile riuscire ad ottenere dei segnali perché le caratteristiche dell’epidermide
sono tali da disperdere molto il segnale elettrico che è possibile registrare.
Lo strumento sostanzialmente è quello che si chiama amplificatore differenziale, cioè prende due
letture,ne fa la differenza e amplifica questo valore rendendolo leggibile da un altro tipo di
strumento, che in questo caso sarà quello che poi scriverà sulla carta la traccia vera e propria.
Ci sono due caratteristiche che però non devono essere sottovalutate.
La prima si chiama isolamento ottico: ogni volta che voi dovete collegare una persona ad un
apparecchio medicale elettrico, quindi collegato a sua volta alla corrente, non potete prescindere dal
fatto che lo strumento sia isolato otticamente.
Cosa vuol dire? Vuol dire che non deve esserci una continuità nei fili, proprio fisicamente, tra lo
strumento e il paziente. Ovvio perché se succede qualcosa allo strumento e si fulmina e voi avete
una continuità di fili con il paziente, fulminate anche il paziente. Quindi tutti gli strumenti
elettromedicali hanno quello che si chiama isolamento ottico, che divide la sezione dello strumento
che si interfaccia con il paziente da quella che invece è attaccata alla corrente elettrica. Si tratta
semplicemente di due lead(?), tipo quelli del telecomando, che si scambiano informazioni; una parte
del circuito è collegata al paziente, quindi nel nostro caso leggera il potenziale sulla superficie del
paziente, l’altra parte del circuito è quella che poi lo elaborerà. Però assolutamente non c’è
continuità tra una sezione e l’altra del circuito. Questo è un punto fondamentale! Quindi controllate
di non rischiare di arrostire un paziente un domani userete un elettrocardiografo della dubbia
provenienza!
Poi il circuito della gamba destra. Come vi dicevo prima, la gamba destra non prende parte alle
derivazioni di Einthoven, però è fondamentale per ottenere una buona registrazione. Il circuito della
gamba destra viene anche chiamato di modo comune ed è quello che serve a togliere tutti i disturbi
elettrici esterni al soggetto che vengono captati all’interno dello strumento. Noi siamo, tutto
sommato, un conduttore e quindi fungiamo da antenna: tutte le radio frequenze, i disturbi elettrici
che ci sono in una stanza passano attraverso di noi e se voi collegate degli elettrodi ad una persona,
tutti questi disturbi vengono portati all’interno dello strumento. Come fare ad eliminare questi
disturbi? Utilizzando questo circuito di modo comune. La gamba destra, così come gli altri tre arti,
è soggetta ad un certo tipo di interferenze, però non prende parte alla misura della differenza del
potenziale elettrico. Allora questo circuito cosa fa? Confronta quello che legge dalla gamba destra
con quello che legge dalle altre derivazioni; tutto ciò che è comune è il disturbo e quindi viene
eliminato. Quello invece che non è comune è il segnale elettrico che viene invece preso da ciascuna
derivazione. Quindi fa semplicemente un confronto fra tutto il segnale elettrico che arriva dalla
gamba destra e quello che arriva da ciascuna derivazione: l’unica differenza è la forma

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dell’elettrocardiogramma, perché tutto il resto sono disturbi e sono comuni a tutti quanti gli arti e
quindi vengono eliminati o fortemente attenuati.
Quindi se il circuito della gamba destra funziona, avrete un tracciato pulito, se non funziona non
avrete un tracciato pulito, ovviamente, perché c’è dentro troppo rumore elettrico, fondamentalmente
sui 50Hz di rete, però non solo: i neon sono una fonte di rumore elettrico non indifferente, telefonini
e tanti altri apparecchi riescono a buttare nell’elettrocardiografo segnali abbastanza forti.
Allora cominciamo ad avvicinarci a vedere come è fatta la traccia, comunque già avete un’idea, è
fatta da un insieme di onde, alcune positivi, che quindi deflettono verso l’alto, altre invece verso il
basso.
Vediamo qual è la logica che sta dietro a queste deflessioni

Derivazione e vettore cardiaco sono


CONCORDI

Derivazione e vettore cardiaco sono


a 90°

Derivazione e vettore cardiaco sono


DISCORDI

Qui avete l’asse della derivazione, che è un vettore elettrico, e il vettore elettrico cardiaco. Allora
quando l’asse della derivazione e il vettore elettrico cardiaco sono concordi, quindi quando
entrambi vanno nella stessa direzione, entrambi vanno verso il polo positivo quindi quando
entrambi i poli positivi guardano nella stessa direzione, la traccia dell’elettrocardiografo viene
deflessa verso l’alto. Questa è una convenzione, mondiale ovviamente, tutti i costruttori di
elettrocardiografi seguono questa convenzione, quindi la traccia viene deflessa verso l’alto. Quando
vedete una deflessione verso l’alto vuol dire che il vettore elettrico cardiaco e la vostra derivazione
sono concordi, puntano tutti e due nella stessa direzione.
Quando l’asse della derivazione e il vettore elettrico cardiaco sono a 90° l’uno rispetto all’altro, non
si ha deflessione della traccia. Perché non si ha deflessione della traccia? Perché l’ampiezza della
deflessione è data da quanto è grande la proiezione del vettore sulla derivazione, è la formulache
abbiamo visto prima, se sono perfettamente paralleli, come nel primo caso, noi avremo la massima
deflessione possibile: il coseno di 0, che è l’angolo compreso fra i due vettori paralleli, è 1, quindi
abbiamo che Vx, che è la nostra proiezione, è uguale a Vc, la massima deflessione possibile.
Se sono a 90° uno rispetto all’altro, il coseno di 90° è 0, quindi Vx è zero: non abbiamo deflessione.

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Ecco a cosa serviva la formula di prima: a capire quanto è ampia la deflessione. Il verso della
deflessione lo da il verso della derivazione del vettore cardiaco, l’ampiezza della deflessione viene
dato invece dalla formula e quindi dall’angolo tra il vettore cardiaco e la nostra derivazione.
L’ultimo caso, se la derivazione e il vettore sono discordi abbiamo invece una deflessione verso il
basso. Quindi se il vettore cardiaco se ne va a sinistra e la nostra derivazione verso destra, la
deflessione è verso il basso. Questa è la convenzione; ovviamente l’ampiezza della deflessione
dipende sempre dall’anglo tra i due. Qui di nuovo sono paralleli, il coseno di 0 è 1, quindi Vx è
uguale a Vc, che è la massima ampiezza registrabile possibile.
Quindi detto questo vediamo finalmente un ciclo che voi potete registrare nell’elettrocardiogramma.
Partiamo qui con una linea dritta.

Questa linea dritta non uno zero di potenziale, si chiama linea isoelettrica perché una linea dritta
vuol dire che lo strumento non sta registrando nessuna differenza di potenziale fra due punti diversi
del tessuto cardiaco all’esterno. Quindi di nuovo noi non possiamo sapere qual è il potenziale
assoluto, però
sappiamo che non c’è differenza, quindi linea iso-elettrica, non c’è differenza di potenziale elettrico
all’esterno della fibra in due punti.
Dopodiché comincia ad accadere qualcosa: abbiamo una deflessione verso l’alto. (Allora
solitamente quella che si fa vedere è la seconda derivazione, che è quella che da informazioni
migliori per un cuore normale.) allora la traccia comincia a deflettere verso l’alto e abbiamo l’onda
P. Deflessione verso l’alto vuol dire che il vettore cardiaco in questo momento si sta orientando
verso l’asse della derivazione, in questo caso è la seconda derivazione quindi si sta orientando verso
il suo asse,vedremo di quanto. L’onda P corrisponde alla depolarizzazione degli atri, poi vediamo
momento per momento questo ciclo, adesso vediamo la traccia e poi l’associamo con gli eventi
elettrici nel cuore. L’onda P corrisponde alla depolarizzazione degli atri e dura circa 60millisecondi,
più o meno. Poi vedete di nuovo che c’è un intervallo di tempo di circa 40millisecondi dove la linea
torna ad essere isoelettrica; questo non vuol dire che non c’è una differenza di potenziale all’esterno
della fibra, vedremo dopo cosa vuol dire questo livello isoelettrico, perché andremo ad associare la
traccia a cosa sta succedendo nel tessuto cardiaco.
Poi abbiamo una deflessione verso il basso, che è l’onda Q ed è sostanzialmente dovuta alla
depolarizzazione del setto interventricolare.

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Poi il picco dell’onda R che è la depolarizzazione ventricolare, S che è la depolarizzazione della
base del cuore, di nuovo una linea isoelettrica, e poi un’onda molto larga, che è l’onda T, dovuta alla
ripolarizzazione dei ventricoli. La ripolarizzazione dell’atrio non si vede perché si sovrappone al
complesso QRS, e siccome il complesso QRS, che è l’attività elettrica dei ventricoli, è molto
maggiore rispetto a quella degli atri, ovviamente vince la prima e quindi noi vediamo l’onda QRS e
non vediamo l’equivalente di questa onda T per gli atri, cioè l’onda di ripolarizzazione. Alle volte
può essere presente o no un’ultima onda U, la cui origine ancora non é certa, ma ve la faccio vedere
per dovere di cronaca, perché da qualche perte troverete quest’onda U, quindi alcuni registrano
anche un’ulteriore onda che è l’onda U, però è ancora dibattuto che cosa dia origine all’onda U.
Quindi l’elettrocardiogramma classico è questo: P-QRS-T, l’onda U è uno sviluppo recente.
Questo invece è quello che vi dicevo all’inizio:

qui a sinistra avete un ciclo dell’elettrocardiogramma, qui a destra invece il potenziale d’azione di
una cellula miocardia. Non possiamo dire che sono la stessa cosa, quindi l’elettrocardiogramma
NON è la registrazione extracellulare di un potenziale d’azione di una cellula miocardica, perché
sono due fenomeni completamente diversi. Questa(elettrocardiogramma) è la forma di un a traccia
che descrive un’onda di depolarizzazione che si propaga nel cuore, questo è un potenziale d’azione
non propagato, registrato nella singola cellula. Sono due fenomeni COMPLETAMENTE diversi.
Allora, qual è il circuito di conduzione del cuore? (che in ultima analisi è quello responsabile della
corretta sincronizzazione di tutte le fasi della meccanica cardiaca.)

E’ composto da due nodi e una serie di fibre. Quindi il segnale parte da qui, dal nodo seno atriale, si
sposta lungo il tessuto di conduzione fino al nodo atrio ventricolare, da qui scende lungo il setto
interventricolare attraverso il fascio di His, poi si suddivide nelle due fibre del Purkinje che girano
in su, nel ventricolo sinistro e in quello destro, dall’apice verso la base.
Tra atri e ventricoli, e questa è una cosa importante, esiste una sorta di separazione, che è data da
questo layer fibroso, tutto il resto del tessuto cardiaco è un sincizio funzionale, quindi sono tante
cellule unite insieme, biochimicamente, funzionalmente ma anche e soprattutto elettricamente, che è
quello che ci interessa. Però questo strato fibroso divide il sincizio degli atri da quello dei ventricoli,
dal punto di vista elettrico, e questo è molto importante per una corretta funzione cardiaca. Quindi
teniamo a mente questa divisione.

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Allora, adesso rivediamo questa traccia associandola con quello che succede all’interno del cuore.
Si parte da qui: la depolarizzazione è partita dal nodo seno atriale e comincia ad interessare gli atri.
Noi cominciamo a registrare l’onda P, quindi deflessione positiva. La depolarizzazione ha raggiunto
tutti gli atri, si è portata al nodo atrio ventricolare e sta passando attraverso quello strato fibroso che
divide gli atri dai ventricoli. Noi abbiamo finito di registrare l’onda P e torniamo ad un livello
isoelettrico. Attenzione, questo nuovo livello isoelettrico non vuol dire che non c’è una differenza di
potenziale tra due punti della fibra. In questo punto preciso la situazione è un po’ particolare.
In questo punto, quando il segnale elettrico deve passare tra gli atri e i ventricoli, si ritrova a dover
passare attraverso un numero molto piccolo di fibre di conduzione ad altissima resistenza infilate in
un tessuto fibroso che da questo punto di vista è perfettamente inerte, è quasi un isolante. Quindi
quello che succede è che il segnale elettrico è troppo debole per poter essere registrato dagli
elettrodi, anche i migliori elettrodi in assoluto. Questo segnale elettrico è molto debole, quindi di
fatto non è possibile registrarlo: ecco perché la linea torna ad un livello isoelettrico. Ma il fronte di
depolarizzazione si sta propagando, solo che non riusciamo a vederlo, a registrarlo con gli elettrodi.
Questo fenomeno è fondamentale per poter rallentare la progressione della depolarizzazione, perché
prima si devono contrarre gli atri e successivamente si devono contrarre i ventricoli. Se non ci fosse
questa sorta di strozzatura elettrica, di rallentamento la velocità di conduzione del fascio è talmente
elevata che di fatto atri e ventricoli si contrarrebbero pressoché all’unisono, e questo ovviamente
non va bene per quanto riguarda la funzione cardiaca. Quindi per poter rallentare la conduzione che
cosa utilizziamo? È lo stesso principio che sostanzialmente viene utilizzato per la velocità di
conduzione delle fibre nervose, utilizziamo delle fibre piccole, di piccolo diametro, a bassa velocità

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di conduzione ma ad altissima resistenza. Questo da quei 4 millisecondi di ritardo, anche di più, che
consentono algi atri di contrarsi prima dei ventricoli.
Dopodiché la depolarizzazione comincia ad interessare il setto interventricolare e allora noi
registriamo l’onda Q, che è una deflessione verso il basso perché di fatto il setto non si depolarizza
simmetricamente a destra e a sinistra, ma si depolarizza prima la metà di sinistra e poi quella di
destra, e quindi si ha quest’onda verso il basso, in alcune derivazioni, non in tutte, dipende
dall’angolo.
Dopodiché la depolarizzazione interessa le fibre del Purkinje, e queste molto molto velocemente
portano questo fronte di depolarizzazione a tutti i ventricoli, perché ovviamente i ventricoli devono
contrarsi tutti quanti, e abbiamo il grosso picco dell’onda R, che la depolarizzazione ventricolare.
La depolarizzazione prosegue dall’apice verso la base, e qui abbiamo l’onda S, che è quello che
rimane del vettore cardiaco quando la depolarizzazione sta raggiungendo la base del cuore.
E poi abbiamo di nuovo una linea isoelettrica, e questa volta perché tutto il ventricolo è
depolarizzato, quindi non ci sono fronti di depolarizzazione in movimento, e quindi il potenziale
all’esterno del tessuto cardiaco è uguale in tutti i punti. Però,come vi dicevo, funzionalmente questa
linea isoelettrica dopo l’onda S non ha niente a che vedere con la linea isoelettrica che si trova
prima dell’onda P, sono due stati funzionali completamente diversi. Qui il ventricolo è contratto,
siamo in sistole. Prima dell’onda P siamo in diastole, quindi sono due stati funzionali
completamente diversi che danno luogo allo stesso tipo di segno grafico, però di fatto non sono
assolutamente la stessa cosa, proprio per come viene misurato questo segnale. Qui, dopo l’onda S
non c’è differenza di potenziale perché tutto il ventricolo è depolarizzato, quindi non ci sono fronti
che avanzano, qui prima dell’onda P non c’è nessuna differenza di potenziale perché il vettore
cardiaco è a riposo, anche qui non ci sono fronti di depolarizzazione che stanno avanzando.
Dopodiché, dopo il complesso QRS e dopo la linea isoelettrica, abbiamo l’onda T.
L’onda T è un’onda di ripolarizzazione ventricolare. Dal momento che l’onda R è l’onda di
depolarizzazione ventricolare e l’onda T è il suo reciproco, l’onda di ripolarizzazione, voi vi
aspettate di trovare l’onda T dall’altra parte rispetto l’onda R, verso il basso. Se l’onda R mi dice
che c’è un fronte di DEpolarizzazione che avanza e l’onda T mi dice che c’è un fornte di
RIpolarizzazione che avanza, uno si aspetta che di trovarsi l’onda T dalla parte opposta rispetto
all’onda R perché funzionalmente la cellula sta passando esattamente nello stato opposto. E invece
l’onda T è positiva, tanto quanto l’onda R. come mai avviene questo fenomeno? Questo succede
perché la ripolarizzazione del tessuto cardiaco avviene in una maniera molto particolare per
collaborare ad una corretta meccanica cardiaca. Allora la depolarizzazione, dopo essere passata
attraverso il setto, parte dall’apice e va verso la base, la ripolarizzazione parte di nuovo dall’apice e
va verso la base. Quindi di fatto la polarità delle cariche lungo il tessuto cardiaco è la stessa della
depolarizzazione, perché la depolarizzazione scende giù così, la ripolarizzazione sale su, ma dal
punto di vista delle cariche all’esterno guardando le fibre la situazione è la stessa.
Quando la depolarizzazione scende, questa regione(colorata nella figura onda R)è depolarizzata,
all’interno ha una carica positiva, all’esterno una carica negativa, questa regione (parte non
colorata) che deve ancora depolarizzarsi, all’interno ha una carica negativa, fuori una positiva.
Quindi dal punto di vista esterno, qui si sta depolarizzando, quindi l’esterno è negativo, qua si deve
ancora depolarizzare quindi l’esterno della fibra è positivo.
Quando si ripolarizza il cuore, qui 8(parte rossa figura onda T) si è ripolarizzato, qua deve ancora
ripolarizzarsi. Quindi qui dentro l’interno della fibra è negativo e all’esterno è positivo, qui dentro,
che è ancora depolarizzato, all’interno della fibra è positivo e all’esterno è negativo. Le cariche
esterne sono disposte nello stesso modo.
Ecco perché l’onda T ha lo stesso verso dell’onda R. Perché questo complesso sistema di
depolarizzazione e ripolarizzazione? Dovete ricordarvi quello che abbiamo fatto lo scorso semestre
sulla refrattarietà delle fibre eccitabili. L’impulso, cioè la contrazione, parte dal nodo seno atriale,
va al nodo atrio ventricolare e scende giù. Per poter scendere deve trovare davanti a se una fibra che
non sia refrattaria, ma che possa dare origine ad un potenziale d’azione che possa essere propagato.

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Quando il cuore comincia a ripolarizzarsi, questa regione ripolarizzata (parte rossa) è disponibile a
ricontrarsi nuovamente. Per evitare che le regioni già disponibili del ventricolo si contraggano
perché parte un impulso sovranumerario che le raggiunge, sempre fra la regione in cui viene
generato l’impulso e quella disponibile c’è una regione di fibre che è refrattaria, che è quella ancora
depolarizzata (parte blu). Quindi immaginate la situazione: questa metà del cuore (parte rossa) è
ripolarizzata, quindi è pronta per essere contratta nuovamente se arriva uno stimolo, di qui (nodo
seno atriale) parte uno stimolo sovranumerario, in più, che non doveva esserci, ma il nodo seno
atriale chissà perché ne fapartire uno di più, l’impulso arriva fin qui(inizio parte blu), dove c’è una
fibra depolarizzata refrattaria, e l’impulso si arresta qui, non arriva giù. In questo modo la
tempistica delle contrazioni ventricolari viene mantenuta, ovvio che il sistema non è infallibile, e di
fatti ci sono varie patologie in cui la depolarizzazione invece che percorrere questa via se ne va
all’esterno del cuore e arrivano dove non devono. Però il sistema è organizzato in modo tale da
interporre sempre una regione di fibre refrattarie tra il nodo seno atriale e la regione del ventricolo
che si sta ripolarizzando, quindi che potenzialmente può ricontrarsi in maniera erronea, il che
chiaramente influirebbe negativamente sulla funzione del cuore.
Quindi finita l’onda T si è ripolarizzato tutto il ventricolo e di nuovo la linea è isoelettrica. Cosa
succede dal punto di vista meccanico al cuore mentre si sta svolgendo questo ciclo elettrico?
In corrispondenza dell’onda P, non simultaneamente ovviamente perché c’è uno sfasamento tra
attività elettrica e attività meccanica, bisogna dare tempo alle fibre di contrarsi, abbiamo la
contrazione degli atri, che dura più o meno fin tanto che si ha il livello isoelettrico; dopodiché
abbiamo il rilasciamento, la distensione degli atri ma non lo vediamo perché si attiva il complesso
QRS. Più o meno dal picco dell’onda R e per tutto l’inizio dell’onda T abbiamo la sistole
ventricolare, che dura quindi circa 300 millisecondi, più o meno, e quindi la distanza corretta fra Q
e T è di circa 300millisecondi, NON più lunga di 400 millisecondi altrimenti andiamo nel
patologico. Deve essere compresa fra gli 0,2 e gli 0,4 secondi (200-400 millisecondi), e questaè la
contrazione ventricolare. Dopodiché, dall’onda T fino ad una nuova onda P, abbiamo un periodo di
diastole, e questo periodo è variabile e dipende dalla frequenza cardiaca, perché per aggiustare la
frequenza cardiaca si lavora sul tempo di diastole e non su quello di sistole, che è obbligato dalla
durata del potenziale d’azione delle cellule miocardiche, quindi voi dovete aspettarvi di avere un
intervallo Q-T costante, tra gli 0,2 e gli 0,4 secondi, che corrisponde alla sistole ventricolare, più un
pezzettino prima che è l’attività elettrica pura, e un periodo di diastole, che è l’intervallo fra l’onda
T e l’onda P successiva, che può variare a seconda della frequenza cardiaca.

Allora ridicevo le derivazioni di Einthoven non sono le uniche derivazioni con cui si va ad esplorare
il vettore cardiaco: esiste anche un piano trasversale. Il piano trasversale è esplorato tramite le
derivazioni unipolari di Wilson.

Allora qui c’è una piccola differenza rispetto ad Einthoven: le tre derivazioni di Einthoven sono
bipolari, c’è una coppia di elettrodi che viene utilizzata per ciascuna derivazione. Qui invece c’è un
solo elettrodo che viene via via posizionato in punti ben precisi del tronco e con questo si va a

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rilevare l’attività elettrica cardiaca. Dove è finito l’altro elettrodo per riuscire a misurare un vettore
cardiaco? L’altro elettrodo è virtuale, non esiste nella realtà, ma è la somma dei tre elettrodi
posizionati sugli arti del paziente. Quindi Wilson, poco dopo Einthoven, ha sviluppato la tecnica per
riuscire ad andare ad esplorare un piano diverso da quello frontale e ha costruito elettronicamente
questo elettrodo centrale di riferimento, che è il nostro elettrodo negativo, mettendo insieme
fisicamente i tre elettrodi delle tre derivazioni di Einthoven, quindi delle due braccia e della gamba
sinistra. Questo elettrodo centrale di riferimento più o meno viene collocato qui, nel piano
trasversale. E’ un elettrodo virtuale, non esiste, però il centro di massa elettrico di tutto il sistema
all’incirca è qui. Quindi quello è il terminale negativo, quello che voi un domani avrete in mano e
che dovrete posizionare in questi punti per esplorare il piano trasversale, è l’elettrodo positivo.
quindi il vettore della vostra derivazione è sempre diretto
verso di voi, parte da qui, che il terminale negativo, e va
verso V1,V2,V3,V4,V5,V6, che sono le 6 posizioni del
piano trasversale. Quello che voi ottenete è quindi analogo a
quello che si ottiene sul piano frontale, riportato però in
questi termini.
L’anormalità del vettore cardiaco registrato in questo modo
sta che tra V3 e V4 vi è un’inversione del picco dell’onda R.
siccome il vettore cardiaco normale è orientato più o meno
secondo la direzione delle frecce (vedi figura precedente!),
passando da V3 a V4 il picco dell’onda R si inverte, proprio
per come è disposto il vettore cardiaco nel piano trasversale.
La nota per il funzionamento normale del cuore è proprio
questa inversione.
(le posizioni giuste le vedrete successivamente, negli anni prossimi in cui vi diranno esattamente
dove posizionare l’elettrodo. E’ un po’ meno banale con queste derivazioni riuscire a essere
riproducibili-???- perché con le derivazioni di Einthoven basta applicare gli elettrodi su un braccio e
indipendentemente da dove lo mettete il punto di misura è sempre la spalla o l’anca, qui invece se
sbagliate a posizionare l’elettrodo il vostro collega non può leggere l’elettrocardiogramma perché se
sbagliate a posizionare l’elettrodo rispetto al punto canonico ovviamente andate a vedere qualcosa
che non standard. Quindi bisogna allenarsi a mettere gli elettrodi esattamente in questi punti.).
Queste però non sono le uniche derivazioni unipolari. In realtà c’è un altro sistema di tre derivazioni
unipolari inventato da Goldberger, più o meno parallelamente ad Einthoven. Questa invenzione di
fatto doveva servire allora ad uno scopo molto semplice: lo strumento che abbiamo visto all’inizio
era sì preciso, ma aveva molti disturbi elettrici. Goldberger ha inventato queste derivazioni
unipolari per cercare di migliorare l’ampiezza del segnale registrabile. Tutto qui, ha fatto
un’artificio elettronico per cercare di migliorare l’ampiezza del segnale. Al giorno d’oggi ciò non è
più necessario, con i circuiti che abbiamo. Però la cosa ci torna utile perché le derivazioni unipolari
di goldberger ci permettono di esplorare il piano frontale in tre nuove direzioni, rispetto a quelle di
Einthoven. Quindi in totale sul piano frontale abbiamo sei direzioni in cui viene esplorato il vettore
cardiaco. L’idea originale di Goldberger non era questa, era quella di ottenere un sistema che
riuscisse a registrare un tracciato migliore, però di fatto per come ha ottenuto questi elettrodi ci è
venuto in aiuto perché ha aggiunto tre nuove derivazioni al piano frontale. Come ha fatto?
Semplicemente unendo due elettrodi ed ponendoli uguale al terminale negativo e utilizzando un
terzo elettrodo come terminale positivo.

Quindi non più coppie di elettrodi, ma c’è un elettrodo


negativo formato in questo caso (aVR, che è il braccio
destro) dalla gamba sinistra e dal braccio sinistro, e
l’elettrodo positivo è il braccio destro.

aVR
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In aVL invece l’elettrodo positivo è il braccio sinistro,
l’elettrodo negativo è formato dall’unione del braccio destro
e della gamba sinistra. Quindi crea un elettrodo negativo
virtuale, che non esiste fisicamente ma esiste solo nei
circuiti della macchina, e un elettrodo positivo che di volta
aVL in volta è posizionato su uno dei tre arti. In questo modo
abbiamo tre nuove derivazioni che sono quelle tratteggiate
nelle figure. Quelle continue sono quelle di Einthoven, che
formano il triangolo equilatero di Einthoven, quelle di
Goldberger sono queste tratteggiate e consentono di avere
altri tre punti di osservazione del vettore cardiaco.

aVF

Questa immagine forse vi fa vedere


meglio la differenza fra i due sistemi:
in Einthoven ogni derivazione è data da
una coppia di elettrodi, Goldberger invece
non è una coppia di elettrodi, ma sono
due elettrodi messi insieme, in comune e
un elettrodo positivo.
La derivazione di Golberger prende il
nome dal nome dell’arto che in quel
momento è il terminale positivo. a sta per
Aumented, è aumentata come segnale,
VR vuol dire braccio destro. R per right, L
per left e F per foot ed è sempre il piede
sinistro.
Quindi aVR dispositivo sul braccio
destro, aVL dispositivo sul braccio
sinistro, aVF dispositivo sul piede; e gli
altri due elettrodi sono messi insieme e in comune formano il terminale negativo.
Quindi in totale abbiamo un sistema a 12 elettrodi, perché sono 6 sul piano frontale 6 sul piano
trasversale. E qui vedete quindi come viene esplorato il cuore con i 6 elettrodi sul piano frontale e i
6 elettrodi sul piano trasversale.

Le 6 derivazioni frontali

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Le 6 derivazioni trasversali

Analisi del tracciato: il vettore cardiaco

- -

- 0°
I

+
60°

120°

+
+ II

Quindi nonostante gli elettrodi siano posti sulla superficie del corpo, di fatto è come se noi
andassimo a vedere il cuore lungo tutte queste rette, queste direzioni e vediamo appunto in che
punto si trova il vettore cardiaco.

Allora come vi dicevo, analisi funzionale del tracciato. Le anomalie del tracciato le studierete nel
dettaglio in seguito nelle cliniche, qui andiamo a vedere invece la costruzione del vettore cardiaco
perché un cuore normale ha il vettore cardiaco normale orientato in una certa maniera. Quindi
ricostruendo il vettore cardiaco cerchiamo di capire se questo cuore che abbiamo davanti è normale
oppure no. Allora come si fa? Si fa ricostruendo su carta le tre derivazioni di Einthoven, nella forma
più classica (poi ovvio uno può prendere anche tutte e sei le derivazioni del piano frontale, però
normalmente è sufficiente fare questo tipo di lavoro.)

Le tre derivazioni di Einthoven hanno degli angoli ben precisi nel piano frontale: la prima
derivazione, che è quella che coinvolge le due braccia, è orientata a zero gradi ed è questa retta
orizzontale, per convenzione è “lo zero gradi”; la seconda derivazione, che è quella che va dal
braccio destro alla gamba sinistra, è orientat a 60° verso il basso, per convenzione; la terza
derivazione, invece, che è braccio e gamba sinistri, è orientata a 120° verso il basso. Questa è la
gradazione attraverso cui la derivazione vede il cuore.

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Quindi bisogna costruire questo sistema di assi su un foglio. Dopodiché si prendono due
derivazioni, si costruisce una figura e si ottiene il vettore cardiaco.

Allora di solito quello che si fa è andare a misurare dov’è il vettore cardiaco medio che si riferisce
all’onda R, che è la sistole ventricolare, l’evento forse fondamentale della meccanica cardiaca,
perché chi ha fibrillazione striale tutto sommato sopravvive, chi ha fibrillazione ventricolare no,
quindi tra le varie onde quella più importante è la R perché da l’idea dell’attività elettrica del
ventricolo. Allora cosa si fa?

Si prende la traccia che avete registrato, e si va a misurare l’ampiezza del picco dell’onda R a
partire dal livello isoelettrico.
Quindi si misura questa distanza e la si riporta partendo dall’origine degli assi, su ciascuna
derivazione.

- -

- I

+
+ II
III

Quindi prendo la traccia della prima derivazione, vado a misurare l’ampiezza dell’onda R e la
riporto sulla prima, della seconda e la riporto sulla seconda, della terza e la riporto sulla terza.
Di solito si usa la prima e la terza, e poi la seconda per confronto una volta che si è ottenuto il
vettore cardiaco. Perché facciamo questo lavoro? Noi abbiamo detto che quest’ampiezza è il
modulo del vettore cardiaco moltiplicato per il coseno dell’angolo compreso fra il vettore cardiaco e
la derivazione. Quindi questa distanza è la proiezione del vettore cardiaco su quella derivazione.
Noi adesso stiamo ricostruendo il vettore cardiaco, quindi partiamo da una traccia
monodimensionale, arriviamo ad un vettore cardiaco bidimensionale.

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Dopodiché cosa si fa? Noi abbiamo detto che la proiezione si ottiene tirando a 90° una linea dal

- -

+
+ II
III
vettore verso la derivazione

noi qui ovviamente facciamo il processo inverso, quindi da ciascun punto della nostra proiezione
tiriamo una retta perpendicolare alla derivazione e queste si incroceranno in un punto.

Se adesso noi uniamo l’origine degli assi con questo punto otteniamo il nostro vettore cardiaco
medio.

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- -

+
+ II
III
Se il tutto funziona perfettamente il vettore cardiaco medio giace sulla seconda derivazione, perché
la seconda derivazione è a 60° verso il basso e il vettore cardiaco medio dell’onda R è diretto
proprio così, a 60° verso il basso. Ovviamente non è mai così, perché ci sono vari errori, quindi
ottenete una certa incertezza di misura. Però se la misura fosse perfetta e il cuore fosse perfetto
avreste una figura di questo tipo, quindi con un vettore cardiaco medio orientato a 60° verso il
basso. Non è difficile costruire il vettore cardiaco, e soprattutto aiuta a ragionare su qual è la
fisiologia cardiaca, su come si susseguono le varie fasi.
Dove si trova il vettore cardiaco normale, dove lo possiamo trovare?

Allora, normalmente quello che viene detto in tutti i testi è che il vettore medio cardiaco riferito
ovviamente al complesso QRS e quindi alla sistole ventricolare, è orientato sostanzialmente a 60°
verso il basso e verso sinistra leggermente dall’anteriore verso il posteriore, quindi sul piano
trasversale lo si trova parallelo a V5 o V6. però normalmente si accetta un vettore cardiaco che cada
da +90 gradi, quindi parallelo ad aVF, a -30°, tra la prima derivazione e aVL circa, un po’ più verso
l’alto. Quindi questo ambito, da -30 (30gradi verso l’alto) a +90, è un ambito normale. Quindi se
trovate un vettore cardiaco che rientra in questo ambito è considerato normale, cioè la
depolarizzazione procede in maiera corretta.
Una zona dove non deve MAI essere, ed è un campanello di allarme se lo trovate e in quello che si
chiama territorio di nord-ovest, lassù in alto, perché un vettore cardiaco spostato verso questa zona
vuol dire che la depolarizzazione invece di andare dall’atrio verso i ventricoli fa il viaggio opposto,
quindi è molto pericolosa e bisogna intervenire.

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Ultimi punti: vi dicevo Artefatti. Se ci dimentichiamo di collegare il circuito della gamba destra o se
il circuito non funziona correttamente ottenete questa traccia:

che non vuol dire che il nostro paziente sta fibrillando, ma semplicemente avete il disturbo elettrico
di tutto ciò che il vostro paziente e i fili hanno catturato. Quindi basta rimettere a posto il circuito
della gamba destra e ottenete una traccia più pulita.

Rumore elettrico di linea (50-60Hz)


Attenzione perché l’artefatto alle volte può assomigliare ad una forma patologica, però dovete stare
attenti e pensare a quello che avete fatto per capire se avete sbagliato voi a mettere gli elettrodi o se
effettivamente la persona a cui state facendo l’elettrocardiogramma ha qualche problema.
Questo invece è un Drift della linea di base:

quindi non è il cuore impazzito, ma semplicemente uno dei contatti elettrici dell’elettrodo non è
costante, la resistenza cambia nel tempo, il potenziale che viene letto quindi non è costante ma varia
nel tempo e questo vi fa spostare la linea di base. Il tracciato è normale, però è soggetto a questo
genere di artefatto.

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Questo è un altro punto che non si può eliminare con il circuito della gamba destra e sono i

tremori,volontari o meno, del paziente.


I muscoli contraendosi generano un’attività elettrica. Questa attività elettrica ovviamente è
registrabile come tutto il resto dell’attività elettrica umana. Quindi se sto registrando un
elettrocardiogramma e il paziente si muove e contrae dei muscoli, questa attività voi la registrate
sovrapposta al vostro elettrocardiogramma. E qui il circuito della gamba destra non può venirvi in
aiuto, perché non è un’interferenza esterna, è un’attività elettrica del soggetto, quindi l’unico
rimedio è cercare di tranquillizzare la persona, di farla rilassare in modo tale che non muova
assolutamente nessun muscolo e quindi evitate questo che di fatto è un miogramma che va a
sovrapporsi all’elettrocardiogramma.
Quindi non è che qui improvvisamente la frequenza cardiaca è schizzata ad 8000, semplicemente il
paziente si è mosso.
Questa invece è una vera fibrillazione ventricolare. Quindi attenzione a capire in quale condizione
vi trovate: o perché il paziente si muove, o perché avete sbagliato a mettere gli elettrodi, o perché il
circuito di terra non funziona o perché veramente il vostro paziente è in fibrillazione ventricolare,
quindi bisogna farci l’occhio ed essere sicuri al 100% della manovra che si sta facendo.

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L’ultimissima nota è una nota storica: perché le onde si chiamano PQRST? Non potevano chiamarsi
ABCDE o in qualsiasi altro modo?
Il motivo è storico: Einthoven, che ha sviluppato il sistema, registrava l’elettrocardiogramma non su
carta, ma con quello che si chiama galvanometro, che è uno strumento piuttosto complesso ma
anche piuttosto impreciso per allora, e otteneva dei tracciati di questo tipo(traccia in alto):
questo è un tracciato originale di Einthoven dei primi del 900. Queste onde erano chiamate
effettivamente ABCD. Solo che per ottenere un qualcosa di decente come questo in figura (in
mezzo), che era ottenuto tramite un altro galvanometro,che lui stesso ha inventato, leggermente più
perfezionato, e vedete che tutto sommato non ha molto da invidiare alle nostre tracce attuali, questa
traccia comunque doveva essere elaborata matematicamente per tirar fuori un tracciato che fosse
leggibile. Da questa traccia(in alto) si passava a quella sotto dopo l’elaborazione e allora per
differenziare i picchi prima e dopo l’elaborazione ha assegnato le lettere della seconda metà
dell’alfabeto, partendo dalla P, quindi PQRST. (O era l’origine del tratto).
Questo è semplicemente il motivo per cui si chiamano in questo modo, perché ABCD erano i picchi
registrati dallo strumento prima dell’elaborazione matematica. Dopodiché i picchi elaborati, dalla
seconda metà dell’alfabeto PQRST.

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