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PRINCIPI

Patrimonio, persona e nuove tecniche di Governo

Lottica rimediale si libera sia dalle maglie della produzione del diritto, sia dalla produzione dellazione. Autorino ha scelto il termine rimedio non di sanzione perch dal suo punto di vista il rimedio ingloba la sanzione. Neanche la sanzione da intendersi entro gli angusti confini della sanzione. Nel terreno del diritto di famiglia e delle persone i margini dellapplicazione della sanzione negativa sono assai limitati. Basti pensare alle incursioni del diritto penale nel diritto di famiglia laddove la norma deve necessariamente rivestire carattere sanzionatorio. Gli esempi in questo caso possono essere svariati per esempio la legge del 2006 sui maltrattamenti in famiglia o nelle mutilazioni dei genitali. Ma volgendo uno sguardo al diritto anglosassone un esempio pu essere lo Stalking che recentemente stato preso in considerazione anche dai giuristi italiani. Il compito dei comparatisti quello di garantire gli interessi delle persone e di offrire un modello spesso cogente di comportamenti. Basti riflettere nellevoluzione che hanno avuto gli istituti della separazione e del divorzio con labbandono del concetto
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di colpa e il progressivo trasferirsi dellantica disciplina delle causeeffetti. Nel nostro ordinamento sin dalla riforma del 1975 lessenziale gravit dei comportamenti che originano laddebitabilit della separazione tale da ripercuotersi sullesistenza di una residua solidariet familiare. Un caso emblematico costituito

dallordinamento tedesco, dove, nellattuale dimensione pressoch irrilevante il concetto di colpa sostituito quasi per intero dal principio di autoregolamentazioni della crisi matrimoniale. Anche quando si consente di sciogliere il matrimonio per lesistenza di cause che risiedono nella persona dellaltro coniuge, non il concetto di compatibilit che viene in conto bens quello dellinesigibilit della prosecuzione della convivenza. Caso emblematico ladulterio. Le corti tedesche evitano il sillogismo adulterio <-> impossibilit di proseguire la vita coniugale. Limitano la rottura del vincolo matrimoniale ad alcuni casi particolarmente gravi quali, quello delle mogli prostitute oppure il marito che decide di convivere con la nuova compagna nella casa familiare. Lo stesso si intravede nellare del Common Law inglese dove gi il Matrimonial Acts del 1937 ammetteva una causa di divorzio che prescindesse dalla colpa. La prospettiva dellabbandono dellelemento sanzionatorio non pu e non deve comportare
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labdicazione

da

parte

dellordinamento al potere di intervento. La tesi del non intervento non pu trovare accoglimento nel diritto di famiglia. Ormai sono superate le tesi di un intervento mite o non intervento addirittura che sarebbero dettate dalla necessit di rispettare la compresenza delle diversit nellunit di luogo o di tempo. Il multiculturalismo non pu significare critica attenzione dellaltro ma al contrario deve tradursi alla ricerca di posizioni condivise che si muovano allinterno di una gamma di valori e di tutele costituzionali. Vanno in tal senso le posizioni pi recenti della Corte di Cassazione Francese, quando negano applicazione ad alcune decisioni dei tribunali algerini sullammissibilit del ripudio in nome del principio di eguaglianza e parit dei coniugi riconoscendo allordinamento nazionale di porre vincoli allintroduzione di disposizioni capace di sovvertire il complesso valoriale garantito a livello costituzionale. Lo stesso vale in Inghilterra dove si ribadito il principio di monogamia. Occorre operare una bipartizione tra i rimedi tipici

dellordinamento distinguendo tra volontari e coercitivi. Nel primo caso il rimedio determinato dalle parti e, quindi rimesso alla loro autonomia, ma comunque il diritto non abdica ma poi la natura degli interessi in gioco fa un passo indietro. Un esempio nel diritto di famiglia pu essere rappresentato nel nostro ordinamento

nellarticolo 145 2c.c. che ammette che i coniugi in disaccordo


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rimettono al giudice delle decisioni come la fissazione della residenza o determinati affari essenziali. Questo punto discusso in dottrina, secondo alcuni lintervento del giudice di carattere giurisdizionale e quindi di ricollegarsi al 316 c.c. in materia di richiesta di intervento del giudice concernenti la potest dei genitori. Per lAutorino un atto a valenza negoziale. A prescindere dallindirizzo al quale si vuole aderire che nella fattispecie in questione, lintervento del giudice sia solo eventuale o comunque dipenda dallaccordo tra coniugi. Cos si comprende che il rimedio in questione abbia natura mista tra autonomia dei coniugi e intervento del giudice. Una scelta che pare essere imitata dallarticolo 171 del codice civile svizzero che consente ai coniugi di rivolgersi alla mediazione del giudice in caso di disaccordo su affari importanti del governo della famiglia. La scelta italiana che lascia ampia autonomia ai privati si contrappone ad esempio dellarticolo 70 del codice civile spagnolo come riformato nel 1981 consente un intervento autoritativo del giudice in caso di disaccordo sulla scelta della residenza familiare. Ma questo sembra un caso sporadico rispetto alla scelta effettuata dagli altri Stati in questa vicenda. Invece i rimedi di tipo coercitivi sono in realt di varia natura e rispondono ad interessi tra loro contrastanti. I rimedi coercitivi seppure pi numerosi di quelli volontari hanno natura sussidiaria, cio trovano spazio laddove
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lautonomia privata non trova la possibilit di dirimere situazioni configgenti allinterno della famiglia e non vi sia concordia in ordine alle scelte dassumere. I rimedi coercitivi non possono distaccarsi dagli altri rimedi tipici. Basti pensare allarticolo 333 c.c. che autorizza il giudice a prendere dei provvedimenti convenienti. Questo fa capire che i rimedi nel diritto di famiglia hanno un altro grado di elasticit, cio significa che molto spesso il legislatore si rimette alla sensibilit del giudice e che la scelta del rimedio non aprioristicamente determinata dal legislatore ma si preferisce una soluzione aperta. noto che, per quanto riguarda il diritto di famiglia, il modello italiano ha subito una forte influenza soprattutto dallordinamento statunitense, nel quale la legislazione riconosce fino ai primi anni 70 i protection orders. In tale processo fondamentale labbandono del modello colposo e la necessit di provvedere a soluzioni nuove che consentono al giudice ampia discrezionalit. In questo senso si spiega la scelta di qualificazione in maniera molto generica il concetto di family offense o di abuso familiare come nella legislazione degli Stati di New York e della California. Il diritto degli Stati Uniti (soprattutto quello Californiano) in materia di diritto di famiglia se pur vero che si inquadra in una gamma di ordini di protezione legislativamente predeterminato hanno un alto grado di
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duttilit e elasticit che consentono al giudice il miglior rimedio per ogni caso specifico. Un analogo diritto, simile a quello statunitense, lo troviamo anche in quello tedesco in cui ritroviamo dei presupposti mobili per lapplicazione della disciplina che trover spazio non solo nei casi di azioni violente o di minacce ma anche in presenza di limitazione delle funzioni esistenziali ossia ogni disturbo alle funzioni fisiche, spirituali e psicologiche. La disciplina negli ordini di protezione quindi chiara espressione della necessit che il diritto entri, in taluni casi, tra le mura domestiche, riaffermando la tutela del singolo allinterno del proprio nucleo familiare. In tutti i principali sistemi giuridici europei, si assiste ad una progressiva accettazione das parte della corte di risarcire un membro della famiglia del danno causato da un altro membro della famiglia. Si tratta ancora di un cammino in action atteso sia dai sistemi di Common e Civil Law. Gli itinerari percorsi dalla giurisprudenza, sono molteplici. Tanto nellordinamento francese che in quello italiano si ammessa la cumulabilit dei rimedi prospettata per il divorce aux torts exclusifs ex art. 256 code civil con il risarcimento dei danni per tutte le violazioni non connaturate al momento del divorzio ma conseguente ad esso. Lordinamento non pu riconoscere una sorta
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di immunit ai comparenti della famiglia per gli illeciti da loro commessi. Non bisogna confondere il principio di solidariet con linammissibile avallo di una zona franca nella quale il diritto non potrebbe entrare. Per importante ricordare che non sembra che la mera violazione di un dovere familiare possa dar luogo al risarcimento in caso di adulterio. Secondo lAutorino in caso di adulterio gi vi previsto un rimedio tipico quale la separazione invece secondo lautrice il risarcimento del danno dovrebbe essere pronunciato solo nel caso in cui vi sia violazione di un altro interesse meritevole di tutela come il diritto allonore e alla reputazione ovvero quando il tradimento ingeneri un danno ulteriore di natura biologica o esistenziale. Concludendo, un aspetto emerge prepotente nel settore del diritto di famiglia, la sanzione repressiva del comportamento pur non perdendo tutte le sue funzioni si accompagna sempre un aspetto restitutivo, di conservazione e del recupero del rapporto di crisi e ci vale anche per laspetto patrimoniale. In questo settore il profilo sanzionatorio si mortifica e il decorso in questo campo si collega alla prevenzione e alla promozione del rimedio.

I fondamenti costituzionali dellunione europea

Le norme giuridiche vivono sempre una singolare parabola, nascono con determinate finalit ma poi possono subire

accelerazioni evolutive improvvise anche per opera della dottrina e giurisprudenza. Nessuno, infatti, avrebbe mai potuto pensare che una piccola cellula istituzionale, dallimpatto circoscritto al settore dellenergia (la CECA) avrebbe generato un processo istituzionale di cui il Trattato costituzionale una rilevantissima, sebbene non definitiva, tappa finale. La costituzione, in primo luogo abolisce la distinzione tra Comunit Europea e Unione Europea, attribuendo a questultima personalit giuridica. LUnione Europea, dunque, sar pleno jure il soggetto operante sulla scena internazionale. Tutto ci trova concretizzazione nellarticolo I-1 che istituisce lUnione Europea ispirata alla volont dei cittadini e degli Stati dEuropa di Costruire un futuro comune. La formula prescelta per la Costituzione Europea ad istituire lunione Europea non di poco conto, non pi come per gli attuali trattati le altre parti contraenti. Il cambiamento non solo linguistico ma soprattutto sostanziale. Seppur racchiuso in poche parole vi riportato il risultato di una secolare, variegata e contraddittoria tradizione
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costituzionalistica Europea. il caso di ricordare come il progetto europeo post-bellico nella spinta contrapposta della visione prospettica degli Stati Uniti dEuropa e delle ragioni di Real politik, fin per privilegiare il modello gradualista e langolo di visuale del processo di integrazione economica. Nellevoluzione della CECA al MEC e quindi alla CEE, gli Stati europei non rinunciarono a dotarsi di un ordinamento giuridico con caratteristiche analoghe ad uno stato propriamente detto. Un apporto decisivo a questo processo di formazione venuto dalla giurisprudenza comunitaria, che si incarnata in una serie di norme tra le quali la superiorit del diritto comunitario nei confronti degli Stati medesimi e lapplicabilit diretta del diritto comunitario da parte dei giudici statali. Dottrina e giurisprudenza portano alla ribalta il diritto costituzionale europeo, un diritto condiviso e applicabile in tutti gli Stati aderenti che vada al di l del diritto internazionale. possibile affermare che linterazione tra il legislatore europeo, secondo il progresso dei trattati, con il giudice europeo e con gli autori della Western Legal Tradition ha prodotto lhumus nel quale il trattato-Costituzione del 2004 ha avuto modo di svilupparsi. Un passo verso lUnione Sostanziale ormai irreversibilmente compiuto. La scelta dei valori dellUnione Europea oggi formalizzati
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nellArt. I-2 stata tuttaltro che la disputa su pi o meno norme manifesto. Lart. I-2 rappresenta comprensibilmente la difficile composizione di evoluzione del continente europeo. In questottica il quesito sulloggetto della Costituzione si ridimensiona, evidente che la costituzione ha optato per un modello di carta fondamentale quale progetto integrale. Di qui lelencazione n neutra n neutrale dei valori dellUnione quelli della dignit umana, della libert, della democrazia, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani compresi quelli delle minoranze. Questi sono valori che accomunano ogni Stato membro, se dovessimo fare unermeneutica al contrario va semmai segnalata lassenza delle radici cristiane. Sembra per corretto sostenere che il diritto, nel suo significato di opera di razionalizzazione

sistematizzante ha fatto la sua parte, allorch si ritenuto che i valori di cui alla norma in questione costituiscono il parametro per misurare il rispetto di valori condivisi da parte degli aderenti. Infatti larticolo II-70 consacra espressamente la libert di religione, e lart. II-52 prevede il rispetto dello Status previsto nelle legislazioni nazionali quanto alle chiese e alle associazioni o comunit religiose degli stati membri. Venendo al contenuto positivo dellart. I-2 dove va a collocarsi come primo, al vertice la dignit umana. Vuol dire che sotto la
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cenere di un processo di integrazione europea nato come processo di integrazione economica covava il fuoco della dignit della persona umana, oggi valore fondante della neonata Unione Europea. La rubrica dellart. I-2 Valori dellUnione Europea induce a ritenere che tutti i valori della norma partecipino ad un medesimo disegno costituzionale rappresentata dalla dignit della persona umana, criterio ordinatore degli altri valori. A met strada tra i valori e i principi si collocano gli Obiettivi dellUnione, che il Trattato individua nella pace e nel benessere dei suoi popoli. LUnione si prefigge di offrire ai suoi cittadini uno spazio di libert, sicurezza e giustizia nonch un mercato unico nel quale la concorrenza sia libera e non distorta. Sempre tra gli obiettivi si colloca il perseguimento di uno sviluppo estensibile, frutto di una crescita economica equilibrata, di una stabilit dei prezzi, in uneconomia sociale competitiva, di alto livello di tutela ambientale. Del pari obiettivi valori principi sono la lotta alle esclusioni ed alle discriminazioni, il progresso tecnico scientifico, la giustizia e la promozione sociale, la tutela dei diritti dei minori ed infine la coesione economica, sociale e territoriale e la solidariet tra gli Stati membri. Lattuale assetto del capitolo dei principi e dei valori soltanto lultima, ma non definitiva, tappa di un processo iniziato con
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il Trattato di Roma, che ha visto sciogliersi il progresso dei diritti civili e sociali della Comunit Europea e dei suoi cittadini tramite lunificazione economica. Trascorrendo allesame dei principi intesi strettamente in senso organizzativo-costituzionale, bene sottolineare che la descrizione non si ricava soltanto da una singola disposizione del Trattato, bens emerge dal complesso del testo del 2004 a sua volta erede di una pluriennale tradizione del costituzionalismo europeo. il caso del principio di attribuzione, consolidata regola alla cui stregua lunione pu assumere iniziative entro i limiti delle competenze ad essa attribuite dai Trattati e pi in generale, dalle basi giuridiche della propria azione. Il riferimento allarticolo 308 del Trattato CE che ha abilitato la Comunit Europea ad adottare atti giuridici, pure in assenza di unattribuzione specifica, se necessari per il conseguimento di uno degli scopi prescritti dal trattato. chiaro che una simile disposizione ha favorito un esteso judge made in law e che ha portato addirittura problemi inerenti alla certezza del diritto. Nel circuito virtuoso delle relazioni tra diritto interno e quello europeo, nellordinamento italiano, a titolo esemplificativo si collocano la storica sentenza 170/84 della Corte Costituzionale, con il suo assunto circa lobbligo del giudice comune di applicare la norma comunitaria
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disapplicando ogni contrastante norma nazionale, anteriore e necessaria che sia. E al culmine della segnalata evoluzione, la riformulazione dellarticolo 117.1 con la legge costituzionale 3/2001. I fattori di incertezza sia pure in questa nuova impostazione permangono, principalmente connessi alla sindacabilit da parte della corte costituzionale degli atti comunitari lesivi di principi costituzionali fondamentali. Il modo rilevantissimo e si perviene al termine delliter sin qui assecondato. 1) 2) lUnione opera nellambito delle competenze ad esse attribuite; il catalogo delle competenze esplicito ma si alimenta, per via pretorienne, di competenze implicite o indirette; 3) il principio di certezza del diritto posto in discussione dallampliamento descritto e dal concorrente controllo di costituzionalit interno dei singoli ordinamenti degli Stati membri, che n pu dirsi superato dal Trattato del 2004, n va ritenuto non operante per il judge made law. Tutto lascia presagire, in realt che la dilatazione del principio di attribuzione non subir rallentamenti e che sar sempre pi la sola sede europea a garantire della certezza del diritto. Nella stessa dinamica interpretativa ed esplicativa si inseriscono i principi di sussidiariet e di proporzionalit. La Costituzione rende pi
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efficace lapplicazione di questi due principi, innestandoli, nel corpo del meccanismo istituzionale, ed infatti, nel presentare una proposta la Commissione deve tener conto di questi due principi. Elemento innovativo che ciascun Parlamento nazionale potr esprimere le proposte, rendendo, se lo ritiene, un parere motivato circa la violazione del principio di sussidiariet. Quando almeno un terzo dei parlamentari nazionali emetta un simile parere, la Commissione tenuta a riesaminare la proposta. Una riflessione conclusiva, sempre per quanto riguarda i principi, va riservata ai fondamenti democratici dellUnione Europea. Non si pu sottacere che sulle istituzioni europee ha pesato spesso laccusa di deficit democratico. risaputo che ad una crescita esponenziale delle prerogative dellUnione, sempre pi penetranti nella vita dei singoli ordinamenti nazionali non ha fatto riscontro ladozione di strumenti istituzionali atti a garantire lidoneo controllo democratico delle politiche e delle normative comunitarie. La Costituzione fornisce una risposta convincente non definitiva alla segnalata domanda di democrazia. La partecipazione democratica viene, in concreto, assicurata dalla fissazione di nuovi obblighi a carico delle istituzioni in tema di meccanismi di consultazione della societ civile, trasparenza, eccesso di documenti e protezione dei dati di carattere personale. La
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Costituzione, poi, consacra il ruolo delle parti sociali e lUnione favorisce relazioni dialogiche con le Chiese e le organizzazioni non confessionali. Nuova altres la previsione di leggi su iniziativa dei cittadini in numero di almeno un milione, provenienti da un numero rilevante di Stati membri. Anche i Parlamentari nazionali rafforzano il proprio ruolo, non soltanto attraverso learly warning system (il meccanismo di allarme preventivo nel rispetto del principio di sussidiariet) ma anche attraverso lincremento della trasparenza dei lavori in sede di Consiglio. Tuttavia il discorso sulla democrazia sostanziale. Una delle grandi tematiche che restano sullo sfondo della Costituzione il diritto europeo. Civil Law e Common Law rischiano di restare formule descrittive o magari di ricostruzione storica di fronte allos viluppo inarrestabile di un nuovo jus commune europeo,

specialmente di rilevanza privatistica.

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Ricerca scientifica, consenso, tutela della persona

La questione delle tecniche di regolamentazione si colora sempre pi di travaglio man mano che si prende atto delle continue, profonde e inarrestabili innovazioni della scienza e delle relative tecniche le quali sembrano porre in grave crisi le categorie dogmatiche elaborate dal diritto civile. Il giurista in approssimazione al nuovo per sua natura indotto a tentare di inglobare linnovazione nel rassicurante universo delle regole vigenti, garantendo in questo modo continuit alle stesse. Sembra possibile individuare almeno tre modelli, tra loro contrapposti. Il primo modello quello del Diniego. Il diritto vieta aprioristicamente tutto ci che non pu essere assoluto nelle categorie vigenti. Il diritto, per si sostiene, non potrebbe imparare unetica se etica condivisa non v. Pu essere promozionale o espressiva di taluni comportamenti ma non pu spingersi ad imporre un modello giuridico delegittimando gli altri. Ci nonostante possibile individuare delle ipotesi operazionali in cui trova attuazione questo modello di diritto. Modello nel quale sembra essere escluso un attivo intervento dellautonomia privata. Il paradigma offerto dalle tecniche di cassazione riproduttiva. Nella visione comunitaria vi stato subito il rifiuto da parte del diritto
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della fecondazione assistita che stato il primo passo verso la ricerca della clonazione, perch andava contro il principio etico e contro quello che era la libera combinazione dei geni. ovvio che quanto accade a livello comunitario non altro che il riflesso speculare delle generiche previsioni nei singoli ordinamenti Statali, tra i quali molti gi conoscevano espliciti divieti. Basti pensare allarticolo 6 della legge tedesca del 1990, allarticolo 20.2 della legge spagnola del 1988 oppure all0articolo 3.3 della legge inglese del 1990. Importanza fondamentale in questa questione va attribuita al protocollo addizionale alla convenzione sui diritti delluomo e la biomedicina. Questultimo documento proibisce in maniera specifica qualsiasi intervento che abbia lo scopo di creare un essere umano geneticamente identico ad un altro, vivo o morto. La Carta europea dei diritti fondamentali (approvata dal Parlamento Europeo il 14.11.2000 e proclamata ufficialmente dal Consiglio Europeo di Nizza il 7.12.2000 prevede nel settore dedicato alla biologia ed alla medicina, accanto al diritto al consenso informato nonch al divieto di commercializzazione del corpo umano e delle sue parti, la proibizione alla clonazione riproduttiva e di pratiche genetiche (Art. 3). Il secondo modello di diritto quello del Diritto che attende. Laccusa che viene certe volte mossa al diritto quella di dare giudizi
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e di appurare questioni che non comprende appieno. Si afferma che la necessit di uno spazio che sia svincolato dal diritto, nel quale il legislatore potrebbe entrare in casi marginali se non addirittura eccezionali. Emblema di questa seconda prospettiva la ricerca sulla clonazione cos detta terapeutica. La Carta di Nizza vieta procedimenti clonativi finalizzati alla produzione di individui con caratteristiche genetiche identiche e sottace sugli altri interventi destinati esclusivamente alla ricerca o allattuazione di nuove terapie. il diritto che attende, che lascia spazi, zone franche dove la scienza libera di esprimersi. Analoghe considerazioni possono essere fatte per le esperienze giuridiche nazionali che seguono la medesima strada. Ne sono autorevoli esempi la legislazione francese ed inglese. In Francia, sin dal 1994 il legislatore vieta la clonazione riproduttiva, ma si esprime in favore tanto delluso degli embrioni sovranumerari per fini di ricerca quanto dellimpiego della clonazione per finalit terapeutiche. Allo stesso modo in Gran Bretagna, nel 2000, si approva il rapporto Donaldson e si chiude definitivamente la porta alla clonazione di embrioni umani per scopi scientifici. Una soluzione di compromesso tra le due opzioni analizzate potrebbe essere definito dallAutonomia amministrativa. Un esempio in questo senso offerto dalle tecniche di fecondazione
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assistita e di maternit surrogata. Il diffondersi delle tecnologie contraccettive e la legislazione sullinterruzione della gravidanza hanno educato la coscienza sociale allidea di una sensualit senza riproduzione, alla cessione di questo binomio. Con lanalisi comparativa possibile distinguere, in argomento, tre tipi di indirizzi di politica legislativa, che segnano e circoscrivono il ruolo dellautonomia privata nella vicenda procreativa. Il primo modello si racchiude nella soluzione adottata negli Stati Uniti: esso riconosce un vero e proprio right to autonomy in procreative decisions, per di pi ricondotto in ambito costituzionale. Il sistema si caratterizza per una disciplina aperta delle tecniche di fecondazione artificiale ponendosi in alternativa (o meglio, in antitesi) rispetto a quello classico fondato sulla famiglia nucleare, si dovrebbe cos riconoscere ad ogni individuo, senza distinzione di sesso, la pi ampia libert possibile nellauto-determinazione delle scelte, anche giuridiche, in tema di paternit e maternit con compunta attuazione del right of privacy. Il secondo indirizzo di politica legislativa costituisce uno schema chiuso incentrato sul ruolo preminente della

configurazione classica del modello familiare. Esso caratteristico dellEuropa continentale in particolar modo della Francia dove trova la sua prima chiara definizione nellAvant project de Loi sur les
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sciences de la vie et les drots de lhomme: Rapport de prsentation del 1989 (cosiddetto Rapport Braibant), in due importanti leggi del 1994: la 94-653 in tema di bioetica e di atti a disposizione del corpo umano e la numero 94-654 concernenti lassistenza medica alla procreazione. La normativa dispone che laccesso alla procreazione artificiale sia esclusivamente riservato alle coppie formate da uomo e donna, entrambi viventi e in et fertile, sposati o che siano in grado di fornire prova di convivenza da almeno 2 anni. Ai requisiti essenziali la legge del 1994 aggiunge lattribuzione allassistenza medica in campo procreativo di una finalit esclusiva: quella di rimediare allinfertilit, il cui carattere patologico sia stato accertato da uno specialista della materia. Unica eccezione, lobiettivo di evitare la trasmissione al bambino di una malattia particolarmente grave. Nella materia, dunque, lordinamento statunitense si presenta flessibile ed estremamente liberale, mentre quello francese pi rigido e legato ad unidea classica del modello familiare e della procreazione in genere.

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PARTE TERZA: LA FAMIGLIA

Attribuzione del cognome. Profili comparatistici

Il cognome il principale segno distintivo di una persona e per questo motivo rientra nella schiera dei diritti costituzionalmente garantiti. Tale garanzia costituzionale dovrebbe essere data sia al cognome della madre che a quello del padre. Ma in mancanza di una precisa normativa si usa tradizionalmente solo il cognome paterno. Soccorre tale tradizione la norma n. 237 del Codice Civile che, annoverando tra gli elementi costitutivi del possesso di Stato la circostanza che la persona abbia portato il cognome del padre che essa pretende di avere avvalora con il tempo luso del patronimico. A livello europeo si sta cercando in maniera pressoch uniforme qualsiasi discriminazione in campo sessuale e non solo tra moglie e marito. Fonte ispiratrice di questa nuova tendenza sono la Convenzione di New York del 18.09.1979, ratificata in Italia con la legge n. 132/85 sia sul versante europeo attraverso la risoluzione del Consiglio dEuropa n 37/78 e le raccomandazioni del Parlamento europeo n. 1271/95 e n. 1362/98 in cui si afferma che il mantenere di
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previsioni discriminatorie tra uomo e donna riguardo al nome della famiglia viola il principio di eguaglianza. In Francia la nuova normativa in vigore dal 01/01/05 consente ai genitori di attribuire al proprio figlio sia il cognome paterno che quello materno, sia i loro due cognomi posti nellordine scelto da loro nel limite di un cognome per ciascuno. In caso di disaccordo, il figlio assume il cognome del genitore nei cui riguardi la filiazione sia stata stabilita per prima ed il cognome di entrambi se la filiazione sia stata stabilita simultaneamente nei loro riguardi. Qualora i genitori portino un doppio cognome, essi possono, con dichiarazione scritta congiunta, trasmetterne uno soltanto. In caso di nascita allestero di un figlio di cui almeno un genitore sia francese, i genitori che non abbiano usufruito della facolt di scelta del cognome alle condizioni di cui sopra possono effettuare la dichiarazione al momento della trascrizione dellatto, entro i tre anni dalla nascita del figlio. Il cognome attribuito al primo figlio con le suddette modalit (ex art. 311-21 code civil) si estende obbligatoriamente a tutti i figli comuni. Dal tenore delle predette disposizioni, si evince che, rispetto alla questione del cognome la completa parificazione tra figli

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legittimi e figli naturali stata pienamente realizzata almeno per coloro che siano riconosciuti da entrambi i genitori. Diversa , infatti, la situazione in caso di riconoscimento tardivo da parte di uno dei genitori. Per lart. 311-22 code civil nella sua attuale formulazione (l. 4 marzo 2002, n. 304 e ord. 4 luglio 2005, n. 759) nel caso in cui la filiazione al momento della dichiarazione di nascita sia stabilita nei confronti di un solo genitore, il bambino prende il cognome di questi soltanto. Tuttavia se il legame di filiazione viene accertato nei confronti dellaltro durante la minore et del figlio, i genitori possono chiedere, con dichiarazione congiunta allufficiale di stato civile, di sostituire o di aggiungere (nellordine scelto dai medesimi e nel limite di un solo nome ciascuno) il cognome del secondo genitore. Per i nati prima dellentrata in vigore delle indicate riforme, lart. 334-1 prevedeva che il cambiamento del cognome al figlio naturale potesse essere richiesto allufficiale di stato civile per domanda congiunta dei genitori, oppure al giudice degli affari familiari (JAF) su domanda di uno dei due genitori. Se invece vi accordo tra i genitori, a garanzia dellinteresse del minore, lart. 311-23 code civil prevede attualmente che qualora il figlio abbia compiuto tredici anni, per il cambiamento del cognome sempre necessario il suo consenso.
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Resta ancora applicabile ai figli nati prima dellentrata in vigore delle leggi citate, la disposizione dellart. 334-3 che consentiva al figlio naturale, entro due anni dal compimento della maggiore et, di chiedere la sostituzione del cognome di uno dei genitori con quello dellaltro attribuitogli secondo lordine del riconoscimento. Ci che desta maggiore interesse , tuttavia, la disposizione secondo cui il cambiamento del cognome ha pieno effetto nei confronti dei figli del beneficiario che abbiano meno di tredici anni. Diversamente, lart. 61-3 code civil stabilisce che per qualsiasi cambiamento del cognome del minore ultratredicenne, necessario il suo consenso qualora tale cambiamento non risulti dalla statuizione o dal mutamento del rapporto di filiazione. Daltro canto, per, queste stesse circostanze, non comportano il mutamento del cognome dei figli maggiori, salvo il loro consenso. Sembrerebbe, dunque, che il cambiamento del cognome, in seguito ad unazione di contestazione di stato, sia automatica, salvo che per i maggiorenni. Se la filiazione adottiva, lart. 363 code civil, nellattuale formulazione, per ladozione semplice conferisce il cognome che delladottante alladottato, in aggiunta al cognome di questultimo; nel caso in cui adottante ed adottato, o uno soltanto dei due, abbiano doppio cognome, il cognome da attribuire alladottato risulta dallaggiunta del nome delladottante al suo proprio cognome,nei
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limiti di un solo cognome per ciascuno dei due. La scelta appartiene alladottante, che tuttavia dovr ottenere il consenso delladottato qualora questi abbia compiuto i tredici anni; in caso di disaccordo o in mancanza di scelta, il primo cognome delladottante si aggiunge al primo cognome delladottato. Se adottano entrambi i coniugi, per lart. 363 code civil, il cognome da aggiungere a quello delladottato pu essere sia quello del marito che quello della moglie, nel limite di un cognome soltanto; in difetto di accordo prevale il primo cognome del marito. Il ritorno alla tradizionale prevalenza del patronimico si giustifica, per i redattori della riforma, nellesigenza di certezza delle situazioni giuridiche e di stabilit del nome. La disciplina pi recente abroga altres lart. 334-5, introdotto dalla legge del 2002: la norma rendeva possibile attribuire il cognome del marito al figlio nato da un precedente matrimonio ovviamente, con persona diversa sciolto o annullato. Una simile disposizione apparsa pregiudizievole sia per il rischio di un successivo, ulteriore divorzio; sia per il timore di agevolare pratiche illecite di sostituzione della maternit. Infine, per il coniuge il cui cognome non stato scelto come nom de famille, il legislatore francese predispone une petite

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solution: egli potr aggiungere o anteporre al proprio il cognome dellaltro, ma solamente titre dusage. In Germania, gi dalla EhereformG del 1976, il 1355 BGB imponeva ai coniugi di scegliere tra i loro cognomi indicandolo al momento della celebrazione allufficiale di stato civile quello destinato ad essere il nome familiare comune. In mancanza di accordo, era prevista la prevalenza del cognome paterno per i figli comuni, mentre ai coniugi veniva lasciata la possibilit di aggiungere o di posporre al cognome comune quello proprio di nascita. In Spagna, lart. 109 c.c., nella sua attuale formulazione, stabilisce che i genitori possono decidere, di comune accordo, lordine dei cognomi dei figli (tra i rispettivi primi cognomi) in assoluta equiparazione dei sessi. In mancanza di esercizio di tale opzione si applica la disciplina della legge generale. Larticolo 108 del Cdigo Civil pone, inoltre, lequiparazione a tutti gli effetti della filiazione matrimoniale alla filiazione fuori dal matrimonio e alladozione. Infine relativamente allarea di Common Law, in Gran Bretagna, vige la regola dellattribuzione di un solo cognome scelto fra quello materno e paterno. Tuttavia, in generale, nei Paesi Anglosassoni, il problema della scelta del cognome viene affrontato con estrema elasticit sia in sede giudiziale che in sede
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amministrativa ed riconosciuta unampia libert a ciascun individuo di modificare il proprio cognome, una volta raggiunta la maggiore et, purch non si rechi pregiudizio a terzi.

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Forma, autonomia privata e negozio giuridico

Lapproccio allart. 1350 c.c. pu avvenire almeno in due modi distinti. Da un lato, infatti, non si pu ignorare che la disposizione apre e, in un certo senso segna la sezione IV del capo II del titolo III, Dei contratti in generale, dedicata alla forma del contratto. In altre parole, difficile sottrarsi alla tentazione, che, in realt, corrisponde ad un percorso obbligato, di ricollegare lesegesi della norma a ci che dietro di essa, sul piano della visione storica dello strumento contrattuale, del dibattito dottrinale sulla forma della manifestazione di volont e, in ultima analisi, sul ruolo stesso dellautonomia privata in s considerata. Apertis verbis, si tratta di prendere in considerazione la disciplina degli atti che devono farsi per iscritto, avendo, altres, lattenzione rivolta ai quesiti di fondo sulla forma del contratto, sulla natura della norma, sulla sua portata e sulleventuale sua estensione a fattispecie affini. Sotto questo profilo occorre muovere dalla valenza sistematica dellart. 1350 allinterno dellelaborazione pi risalente e complessiva sul c.d. principio di libert della forma. Dal punto di vista storico il termine forma ha assunto via via significati diversi.
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appena il caso di ricordare che gli ordinamenti pi risalenti erano contraddistinti da un accentuato formalismo, laddove la formula veniva a coincidere con lelevazione del factum al rango del giuridico e, di poi, garantiva la realizzazione degli effetti stabiliti per legge. al rango del giuridico e, di poi, garantiva la realizzazione degli effetti stabiliti per legge. soltanto con la Pandettistica che si consum il divorzio tra la forma e la volont, nel senso che la prima venne relegata al ruolo di veicolo della seconda, vero elemento fondante della teorica del negozio giuridico. Daltro canto, sempre alla Scuola delle Pandette e nel medesimo clima culturale, prima ancora che giuridico, che si deve latteggiamento di diffidenza verso lelemento formale, considerato in termini strumentali rispetto alla voluntas e, pertanto, da guardare con sospetto tutte le volte che il legislatore oppure gli altri formanti del diritto vi attribuissero uno spazio eccessivo o di limitazione della volont. Per questa strada, il legame tra la c.d. teoria volontaristica del negozio giuridico ed una dimensione quasi ancillare della forma pu dirsi saldato; ma laver strettamente legato i destini di forma e volont determina il successivo ripensamento dellelemento formale in coincidenza con la crisi del principio, se lecito dire, sola voluntas obligat.
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Nella

prospettiva

volontaristica

ritorna

la

concezione

funzionale dello strumento-forma, mentre la volont, espressione della signoria dellindividuo dotato di auto-nomia, le gibus soluta anche in ordine alla scelta della modalit considerata pi idonea a manifestarsi allesterno. Per la teoria dichiarazionista, invece, lintimo valore diventa produttivo di effetti giuridici soltanto divenendo dichiarazione, cio volont che si manifesta e si dirige ad extra; non esiste, secondo tale logica, un contenuto disgiunto da una forma, laddove la seconda non pu mai mancare, potendo, al pi, differentemente atteggiarsi in relazione alle opzioni che le parti e, in primis, la legge compiono sullefficienza del requisito formale richiesto. Nella Relazione al codice civile si legge espressamente che con riguardo allargomento della categoria degli atti soggetti a trascrizione, stato accresciuto il numero di quelli soggetti alla solennit della forma scritta e che [] vi parallelismo, riguardo ai contratti, tra lart. 2643 e lart. 1350. In altre parole, emerge una visione principalmente

funzionale dellelemento formale, non nel solo senso, innanzi segnalato, della forma come strumento di emersione della volont, bens in una dimensione tecnica, nella quale la scelta del legislatore del pi o meno accentuato rigore formale risponde ad uno scopo
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pratico, piuttosto che ad unopzione di base in tema di prerogative dei privati. Per oltre un trentennio largomento in oggetto parso vivere di certezze consolidate, quasi intercluso, se lecito dire, nei confiniPer oltre un trentennio largomento in oggetto parso vivere di certezze consolidate, quasi intercluso, se lecito dire, nei confini del dogma della forma libera e dellintervento eccezionale dellordinamento, sia con le previsioni codicistiche, sia tramite le ipotesi (spesso incoerenti) dettate dal legislatore speciale. La forma, dunque, non un requisito in s indispensabile; al contrario, essa , sul piano extragiuridico, una necessit logica dellesprimersie; al contrario, essa , sul piano extragiuridico, una necessit logica dellesprimersi, mentre assurge al rango del diritto soltanto se prescritta in maniera vincolata. Ma, in questo caso il n. 4 dellart. 1325 la relativa norma non esprime un principio generale, anzi, il principio di libert delle forme esprime soltanto lassenza di una norma, e serve a designare le fattispecie o strutture deboli, non a fissare uno schema generale di regola-eccezione. Nello stesso alveo di lettura di fondo della tematica in oggetto si colloca la posizione di chi accosta, non senza critiche, la riflessione sulla demolizione della libert della forma a quella su le
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droit sans letat; ci nel senso che il rifiuto dellalternativa regolaeccezione in materia di forma e lesaltazione del mero momento strutturale nella ricostruzione sistematica della previsione dellart. 1325, n. 4, corrispondono allidea di perdita di centro, cio di un diritto che ricerca sempre di pi in s la giuridicit, abbandonando il postulato 4, corrispondono allidea di perdita di centro, cio di un diritto che ricerca sempre di pi in s la giuridicit, abbandonando il postulato della necessaria associazione di idee tra diritto e ordinamento giuridico dello Stato. Ma sotto il profilo degli interessi in gioco che si registrano gli esiti pi significativi in ordine alla disputa sulla forma e sulla sua pretesa libert. Ci si evince a partire dal ripensamento della derogabilit e inderogabilit delle norme. Infatti, la vexata quaestio sulla forma imposta come regola o eccezione alimentata anche dallaspetto pratico-applicativo della portata da attribuire alle disposizioni in tema di procura legale, della loro derogabilit, della possibilit di estenderle in via analogica. Ecco perch v chi correttamente prende le mosse dallaggiramento dellaltro (e consolidato) idolum, secondo cui le norme sulla forma sono necessariamente di ordine pubblico e di natura inderogabile.

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Se la stessa derogabilit o

inderogabilit soltanto una

tecnica legislativa, che non risponde ad esigenze e a simmetrie dommatiche ma a scelte di politica legislativa in coerenza con le esigenze e gli interessi protetti nelle singole fattispecie, il problema esce fortemente ridimensionato nella sua ipotetica valenza

sistematica. Il primo risultato di una siffatta impostazione il passaggio dal formalismo ai formalismi; ogni disposizione in materia di forma ha una sua logica propria, risponde a finalit differenti e, spesso, sul piano strutturale esprime una stratificazione di diverse legislazioni frutto di varie epoche storiche. Il secondo che il fenomeno della derogabilit-inderogabilit non sempre uguale a se stesso, bens va visto secondo graduazioni ed intensit molteplici, alla stregua dei pi disparati fondamenti: ora vi linderogabilit espressa, di solito contrassegnata dal marchio sanzionatorio della nullit: ora, invece, grava sullinterprete, in relazione al dato testuale ed al contesto ove collocata la norma, esprimere il carattere di inderogabilit. No credibile che la difesa dellinderogabilit, id est della tassativit, preclusiva dellapplicazione analogica delle relative disposizioni, nasconda una prospettiva lato sensu ideologica

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dellautonomia privata,non sufficientemente permeata dai valori costituzionalmente rilevanti. In altre parole, lintero dibattito pare segnato dalla visione della forma quale lacciuolo dellautonomia, questultima ancora in prevalenza coincidente con lo spazio possibilmente ampio ed in suscettibile di regolazione nel quale i privati disciplinano i propri interessi, non condizionati da ci che interest rei. Viceversa, il programma costituzionale dellautonomia privata, a mente dellart. 41, commi 2 e 3 Cost., non postula alcuna assoluta libert delle forme negoziali, si tratter di appurare, case by case, gli interessi sui quali si fondano le prescrizioni formali, senza cedimenti n a simpatie verso forme legali emanazione di una potest selettiva statualistica, n a crociate antiformalistiche, pronte a bollare ogni regola di forma come mero rigorismo. Cos vi saranno le forme legali poste a presidio diretto di valori costituzionalmente rilevanti, in suscettibili di deroga e la cui violazione comporta automaticamente nullit. In altre ipotesi, pur postulata linderogabilit delle norme sulla forma, non detto che ne discenda la nullit dellatto: in queste prospettive va ripensato il ruolo dellart. 1423 c.c., che mentre afferma il principio questa volta s dellinammissibilit della

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convalida del negozio nullo, lascia aperta la strada dellintervento legislativo (se la legge non dispone diversamente).

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Responsabilit civile e dovere di mitigare il danno

In generale, la norma giuridica e la stessa sanzione contengono, o dovrebbero contenere, in re ipsa questa

predisposizione di

disincentivo, costituita dalla minaccia di

conseguenze negative che possono incidere sul patrimonio, ma anche sulla persona in caso di violazione del precetto. In un organismo complesso e flessibile come quello della responsabilit civile, abituato a profondi mutamenti di prospettiva nel tempo, tuttavia, il paradigma degli incentivi/disincentivi non immutabile e segue anchesso una sua parabola o addirittura pi parabole. Le due funzioni incentivanti per eccellenza della responsabilit civile, sanzionatoria e preventiva, attraversano, da tempo, una profonda crisi. In tale prospettiva, la minaccia dellobbligazione risarcitorio dovrebbe indurre lautore di condotte potenzialmente dannose ad astenervisi oppure a realizzare le massime misure di sicurezza atte ad evitare incidenti, internalizzandone, in questo modo, i costi. In realt, limpossibilit di controllare capillarmente le fonti dei rischi e la difficolt di accollare esattamente il prezzo per le conseguenze dannose agli effettivi responsabili finisce per agevolare la diffusione
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di comportamenti dannosi, segnando uninsufficienza della finalit preventiva. Cos, mentre in Europa si moltiplicano nuove tipologie di danni risarcibili e di diritti ed interessi da proteggere con la responsabilit civile, negli Stati Uniti si discorre di damage lotteries e spinte di overdeterrence ed overcompensation, che

compromettono il funzionamento equilibrato della regola dei torts. Questi fenomeni indicano che i nuovi danni finiscono sovente per essere liquidati abdicando a qualsiasi compito di prevenzione e trascurando il profilo dellautoresponsabilit della vittima, a volte in modo arbitrariamente penalizzante per il responsabile. Tali derive creano precedenti giurisdizionali, rischiando, in concreto, di condizionare negativamente limpianto della

responsabilit civile. Una delle possibili direzioni di indagine potrebbe riguardare il dovere di mitigare il danno da parte della vittima, con particolare riferimento alla responsabilit extracontrattuale. In questo senso, un originale effetto preventivo, non del tutto sondato, si gioca sul territorio del trattamento giuridico dei comportamenti della vittima diretti a evitare o diminuire il pregiudizio. Il dovere di mitigare il danno (Duty to mitigate demages Obgliegenheit zur Schadensminderung)
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consiste,

infatti,

nel

considerare giuridicamente tenuta la vittima a mettere in atto tutti i comportamenti utili, nei limiti dellordinaria diligenza, per attutire il danno. Leventuale passivit od inerzia rilevano ai fini di uneventuale esclusione o decurtazione, in parte qua, del

risarcimento del danno, mentre le spese, affrontate per adempiere allobbligo suddetto, dovrebbero essere pienamente ristorate da parte del danneggiante. Nella recezione italiana del principio si possono segnalare essenzialmente tre diversi approcci. Originariamente nei primi decenni successivi allentrata in vigore del codice civile il problema del dovere di mitigare il danno era pressoch ignorato- Si discuteva invece circa il dovere di non aggravare il danno gi avvenuto c.d. obbligo di non aggravare il danno che cosa ben distinta, in quanto si richiede che la vittima si limiti a tenere un comportamento passivo, di non compromissione. Nel sistema della responsabilit civile, la norma positiva, cui la funzione descritta stata progressivamente ricondotta, lart. 1227, 2 co., c.c., richiamato in materia di responsabilit extracontrattuale dallart. 2056 c.c.. Sulla scorta di tale disposizione il risarcimento non dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando lordinaria diligenza. Nulla naturalmente si rinviene nella

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lettera della norma sulleventuale rifusione al danneggiato delle spese eventualmente anticipate per temperare il danno. La norma, a ben vedere, formulata in chiave negativa (il risarcimento non dovuto), trattando di danni che la vittima avrebbe potuto evitare e non di danno gi subito che debba preoccuparsi di attenuare, non considerando alcuna cesura tra una fase anteriore al danno ed una posteriore e, soprattutto, trattando di un danno integralmente da evitare. Per questo motivo, il comma in questione stato naturalmente trattato come una species del genus concorso di colpa, previsto invece, dal primo comma dellart. 1227 c.c., riguardante il fatto concorrente della vittima, talmente grave da tradursi in una monopolizzazione del nesso causale in capo a questultima. Perch si potesse configurare una violazione dellobbligo in discorso occorreva dimostrare che la vittima era intervenuta nella sequenza causale, aggravando il danno con un suo comportamento gravemente colposo. La conseguenza estrema di questa lettura era quella dellesclusione in toto del risarcimento, a patto che tale

aggravamento fosse stato debitamente provato dal convenuto con apposita eccezione in senso stretto, non proponibile per la prima volta in appello.
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Il principio vero e proprio, della mitigazione, invece, era relegato tradizionalmente al settore assicurativo, dove prende le sembianze degli obblighi di avviso e di salvataggio di cui agli artt. 1913-1915 c.c.. Annoverabile tra i correttivi degli effetti di deresponsabilizzazione tipici dello strumento assicurativo,

lobbligo di salvataggio vincola il danneggiato, nel quadro di un pi generale dovere di correttezza contrattuale, a fare quanto

ragionevolmente possibile per evitare e minimizzare il danno di cui dovr rispondere lassicuratore. Una delle pi recenti tesi della dottrina italiana postula che, una volta verificatosi il danno, si potrebbe definitivamente archiviare il problema della causalit e della colpa di cui allart. 1227, 1 co., c.c., giocando interamente la questione del duty to mitigate sul terreno dellart. 1227 capoverso. Questultima norma, espressione di un principio di equit, prefigura sostanzialmente la necessit di operare una selezione, interna alle conseguenze casualmente riconducibili alla condotta del danneggiante e perci risarcibili, tra quelle che siano risarcibili in quanto inevitabili e quelle che non lo siano, in quanto avrebbero potuto essere elise e neutralizzate dal danneggiato mediante il contegno di attiva e fattiva salvaguardia. Ma, a parte la contraddictio in terminis che potrebbe essere giustificabile in termini di coordinamento sistematico con la previsione ormai
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assurta a vera e propria clausola generale del anno ingiusto di cui allart. 2043 c.c., una rilettura basata sulla esclusiva rilevanza del comportamento della vittima post dannum non sembra, alla prova dei fatti, apportare sostanziali trasformazioni in chiave propositiva alloriginaria funzione del non aggravamento del danno. La scarsa attenzione al principio della mitigazione del danno, soprattutto in chiave di obbligo positivo a carico della vittima e sue conseguenze patrimoniali, sembra avere radici ben precise. La regola della riparazione integrale ha posto, infatti, in primo piano la preoccupazione di accollare la responsabilit per il danno allautore dellillecito (favor creditoris), concentrandosi innanzitutto sul problema della sanzionabilit della sua colpa, nel tempo divenuta, in molti casi, sostanzialmente presunta. Il nuovo principio veicolabile nel corpus della responsabilit civile potrebbe consistere, insomma, nella mitigazione del danno, quale limite al concetto di riparazione integrale. Lobbligo di attenuare i danni trae la sua pi profonda ispirazione da considerazioni di carattere economico, ampiamente recepite dai sistemi giuridici anglosassoni, sotto il profilo

dellinteresse generale ad incentivare comportamenti importanti a criteri di diligenza.

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qui che la figura del duty to mitigate damages or losses ha ricevuto anche le sue applicazioni pi avanzate, dovute senza dubbio anche ad una casistica di giurisprudenza commerciale ed industriale molto sviluppata e complessa, meno frenata da talune elaborazioni concettuali presenti negli ordinamenti di civil law. Anche nel common law possono evidenziarsi due fasi temporali nellevoluzione del duty to mitigate. Nella prima fase, di emersione della nuova figura, laccento posto sul disincentivo verso atteggiamenti di passivit della vittima, soprattutto in contesti commerciali, dove linteresse quello allefficienza degli scambi. Uno dei primi interventi in tal senso, riscontrabile nel XIX secolo, quando la regola del duty to mitigate damages enunciata nella sentenza Staniford v. Lyall (1830), mentre la sua recezione in un testo di legge si deve al Sale of Goods Act del 1979 in materia di vendite di beni mobili. Negli Stati Uniti, il principio del duty to mitigate origina dal Case Law. Se da un lato il danneggiante pu eccepire che la parte danneggiata non ha sofferto integralmente i danni per cui chiede il risarcimento, parallelamente pacifico che essa non debba essere risarcita per quei danni che avrebbe potuto non soffrire (avoidable consequences), esercitando il reasonable care per ridurre le conseguenze derivanti dallillecito. La prova di questo elemento deve
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essere fornita a cura del danneggiante come sua difesa in senso stretto. Nel contesto del civil law europeo, il principio esaminato stenta a trovare quellautonomia attribuita nel common law, consolidandone lapplicazione in specifici settori. In Germania il 254 BGB cpv. sul Mitverschulden, di contenuto sostanzialmente analogo al nostro art. 1227 c.c., riguarda, in prevalenza, casi di inadempimento contrattuale e la fictio iuris del dovere di cercarsi unoccupazione lavorativa Erwerbsobliegenheit per arginare i danni derivanti dalla perdita di una fonte di reddito. Paradigmatica dei contrasti che suscita lidea di una recezione nel civil law del principio in discorso, risulta lesperienza francese, nella quale, nonostante limpulso della dottrina, n il code civil n la giurisprudenza hanno riconosciuto espressamente diritto di

cittadinanza ad unautonoma obligation de limiter le dammages, ammettendola a certi fini solo con uninterpretazione estensiva del concorso di colpa del danneggiato. La possibilit di limitare la regola della reparation integrale di cui allart. 1382 code civil attraverso listituto di origine anglosassone , di recente, al centro di un intenso dibattito, incontrando ulteriori critiche ed ostracismi da parte della giurisprudenza. Si ricorda che, in base alla clausola generale dellart. 1382 code civil: Tout fait
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quelconque de lhomme qui cause altrui un dommage, oblie celui par la faute duquel il est arriv le rparer.

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