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L'ESAME OBIETTIVO IN ORTOPEDIA

L'ESAME OBIETTIVO IN ORTOPEDIA L'esame obiettivo rappresenta una delle tappe fondamentali nella diagnosi e quindi nella terapia di qualsiasi patologia; tuttavia, in ambito ortopedico, il legame con altri momenti diagnostica quali unattenta anamnesi del paziente e dell'eventuale trauma e la diagnostica strumentale, che trae dallesame obiettivo delle preziose indicazioni, ancora pi inscindibile. I momenti salienti di un preciso ed attento esame obiettivo di tipo ortopedico possono essere cos riassunti: - ispezione intesa anche come valutazione dell'atteggiamento - palpazione - misurazioni e valutazione della motilit - semiotica del segmento in valutazione - valutazione di eventuali deficit vascolo-nervosi Dopo avere valutato latteggiamento del paziente o del segmento che, in condizioni fisiologiche, definito indifferente, mentre in situazioni patologiche, causa anchilosi dolore contratture, definito obbligato; nellispezione viene valutata la normale morfologia del segmento corporeo in esame. Pertanto vengono annotate deviazioni nei vari piani quali varismo e valgismo, procurvazione e recurvazione, intra ed extrarotazione, scoliosi iperlordosi e ipercifosi, supinazione e pronazione. Vengono altres osservate la presenza di eventuali reperti quali ecchimosi, edemi, aree eritematose, ferite che possono aiutare lesaminatore nella comprensione della dinamica traumatica o ad identificare la sede della sintomatologia. Nelleffettuazione della palpazione requisito fondamentale la conoscenza anatomica della struttura in esame, onde potere riconoscere i vari reperi anatomici cos da ricondurre a precise strutture il riscontro obiettivo. Vengono inoltre raccolti dati relativi al tono-trofismo muscolare, alla temperatura cutanee, alla presenza di versamenti articolari e non, alle dimensioni, consistenza e mobilit di eventuali neoformazioni. Nellesame degli arti risulta fondamentale la misurazione completa dei due segmenti onde accertare eventuali dismetrie. I reperi usualmente utilizzati per la misurazione dell' arto superiore sono: il trochite omerale e lepicondilo per la misurazione del braccio; l'epicondilo e lo stiloide radiale per quella dellavambraccio. I reperi dell' arto inferiore sono la spina iliaca antero-superiore e la rima articolare mediale del ginocchio per la misurazione della coscia; l' emirima articolare mediale ed il malleolo interno per la gamba. La misurazione va effettuata prima per l'intero arto quindi per i singoli segmenti. Oltre alla misurazione di eventuali dismetrie segmentarie, a livello articolare vengono valutate la mobilit delle singole articolazioni, appurando cos la presenza di eventuali deficit dovuti a impedimenti meccanici quali la

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perdita dei normali rapporti articolari o a contratture antalgiche, rapportando i valori ottenuti a quelli fisiologici riportati successivamente unitamente alle principali manovre di semiotica ortopedica. Proseguendo nella valutazione l'esaminatore dovr ponderare la presenza di eventuali deficit vascolo-nervosi da ricondurre all'evento traumatico o alla patologia ortopedica in atto oppure a concomitanti patologie. Ecco perci l' importanza dell' attento esame dei riflessi nervosi osteoarticolari, dei vari tipi di sensibilit nervosa, della presenza o meno dei polsi arteriosi, del decorso dei principali fasci vacolo-nervosi. Esistono infine alcuni accorgimenti fondamentali nella esecuzione di un accurato esame obiettivo che sono: - essenziale mettere a nudo completamente la parte da esaminare - le articolazioni portanti dovrebbero essere esaminate con il paziente in piedi e in posizione seduta - necessario esaminare sempre le articolazioni a monte e a valle di quella sintomatica - si possono mettere in evidenza sottili modificazioni se si confronta sempre l' articolazione controlaterale. Di seguito vengono analizzati i singoli distretti osteo-muscolari riportando i fisiologici valori di motilit articolare, i principali gruppi muscolari con le relative innervazioni e le principali manovre di semiotica ortopedica. LE MANI E I POLSI Movimenti: Polso: Estensione: 70 (C 6,7) m. estensore lungo e breve radiale del carpo, m. estensore ulnare del carpo (N. Radiale) Flessione: 80 m. flessore radiale del carpo (N. Mediano), m. flessore ulnare del carpo (N. Ulnare) Deviazione radiale: 20 Deviazione ulnare: 30 Mano: Estensione delle dita: MCF 30, IFP: 0, IFD: 5: m. estensore comune delle dita, dell' indice e del V dito ( N. Radiale) Flessione delle dita: (C8) - IFP: 110 m. flessore superficiale delle dita (N. Mediano) - IFP: 90 m. flessore profondo delle dita (N. Mediano) - MCF: 90 2 m. lombricali mediali (N. Ulnare). 2 m. lombricali laterali (N. Ulnare) Adduzione delle dita: (T1) m. interossei palmari (N. Ulnare) Abduzione delle dita: (T1) m. interossei dorsali, abduttore del V dito (N. Ulnare) Estensione del pollice: - MCF 50, m. estensore breve del pollice
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- IF 5, m. estensore lungo del pollice (N. Radiale) Flessione del pollice: - MCF 50, m. flessore breve del pollice (N. Mediano e Ulnare) - IF 5, m. flessore lungo del pollice ( N. Mediano) Abduzione: 70, m. abduttore breve e lungo del pollice (N. Mediano) Adduzione: m. adduttore del pollice (N. Ulnare) Tests speciali: Sindrome del tunnel carpale: - Test di Tinel: percussione sopra il nervo mediano con la mano supinata - Test di Phalen: il paziente deve flettere i polsi e tenerli uniti per 60 secondi Ambedue i tests sono positivi se provocano dolore e/o parastesie nel territorio del nervo mediano. Tenosinovite di de Quervain: - Test di Finkestein: il pollice viene flesso attraverso la superficie palmare del polso e poi viene formato il pugno. la mano poi deviata verso il lato ulnare, provocando dolore distalmente al processo stiloideo del radio. I GOMITI Movimenti: Flessione: 135 m. brachiale, m. bicipite (C 5,6) Estensione: 0-5 m. tricipite (C7-8) Supinazione: m. bicipite, m. supinatore Pronazione: m. pronatore rotondo e pronatore quadrato. Tests Speciali: - Epicondilite: l' estremit superiore del braccio bloccato dall' esaminatore e, con l' estremit inferiore del braccio flessa a 90, viene effettuata una dorsiflessione del polso contro resistenza. Se il test positivo, viene percepito il dolore all' epicondilo laterale sede d' inserzione dei muscoli estensori del polso. LA SPALLA Movimenti: Adduzione:45, m. gran pettorale, m. gran dorsale Abduzione: 180, m. deltoide, m. sopraspinato (C 5,6) Rotazione interna: 55, m. sottoscapolare, m. gran pettorale Rotazione esterna: m. piccolo rotondo, m. sopraspinato, m. sottospinato Flessione: 90, m. deltoide, m. coracobrachiale

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Estensione: 50, m. gran dorsale, m. gran rotondo, m. deltoide Tests Speciali: Segni di instabilit dell' articolazione scapolo omerale: - Segno del cassetto antero-posteriore: a paziente supino impugnando la testa omerale e mantenendo fissa con l' altra mano la spalla omolaterale alla manovra di traslazione sul piano antero-posteriore dell' epifisi omerale si apprezza una motilit ipernaturale. Tale manovra pu essere ripetuta su diversi piani in caso di instabilit multidirezionali. - Segno dell' apprensione: all' abduzione ed extrarotazione della spalla il paziente riferisce dolore nel timore di una manovra analoga a quella lussativa Patologie a carico della cuffia dei rotatori: - Arco doloroso: all' abduzione del braccio il paziente riferisce dolore tra i 60 e 120 e nei casi di estese rotture tale movimento impedito - Segni di conflitto acromion-claveare: esistono numerose manovre cliniche (segno di Neer, di Jobe, di Yocum etc.) in cui l'esaminatore cerca di accentuare l' "impigment" tra trochite omerale e acromion con relativo trauma a carico delle strutture interposte (cuffia e borse) - Segno di Neer: l' esaminatore posto dietro al paziente che seduto. La rotazione della scapola bloccata con una mano, mentre l' altra solleva il braccio del soggetto in avanti, producendo una flessione anteriore e abduzione che creano un conflitto tra il trochite ed il bordo antero-inferiore dell' acromion. - Segno di Yergason: a paziente seduto con il gomito flesso a 90, una ulteriore flessione effettuata contro resistenza causer un vivo dolore localizzato in corrispondenza del capo lungo del bicipite identificandone una sofferenza. L' ANCA Movimenti: Estensione: 5-20, m. grande gluteo (S1) Flessione:120, m. ileopsoas (L1,2,3) Abduzione: 60 m. gluteo medio (L5) Adduzione: m. adduttore lungo (L2, 3, 4 N. Otturatorio) Tests Speciali: Lussazione congenita dell' anca: - Segno di Ortolani: a paziente supino si esegue un movimento passivo combinato di flessione, abduzione e rotazione esterna della coscia: in caso di dislocazione della testa femorale, questo movimento provoca una riduzione della lussazione, per cui la testa del femore scivola sopra il bordo dell' acetabolo e rientra nella cavit,
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producendo un tipico "click" o rumore di scatto. Insufficienza degli abduttori dell' anca: - Segno di Trendelemburg: in ortostatismo in posizione monopodaliaca, la contrazione degli abduttori dell' anca controlaterale solleva la pelvi. In alcune patologie a carico dell' anca, gli abduttori sono indeboliti e la pelvi controlaterale non si solleva. Deformit in flessione: - Test di Thomas: il malato posto in posizione supina su di un lettino elimina la fisiologica lordosi lombare tramite la flessione dell' anca sana. Se l' anca controlaterale si solleva dal lettino, presente una deformit in flessione fissa di quell' anca. Accorciamento: - Test di Allis: il paziente supino ad anche flesse con i piedi ad uno stesso livello sul lettino. L' altezza delle ginocchia dovrebbe essere uguale. se il lato malato pi basso, ci indica o uno spostamento posteriore della testa del femore o un accorciamento del femore o della tibia. IL GINOCCHIO Movimenti: Estensione:0-5 m. quadricipite (L 2,3,4) Flessione: 135 m. bicipite (S1), m. semimenbranoso (L5), m. semitendinoso (L5) Tests Speciali: Segni di lassit legamentosa: - Cassetto antero-posteriore: a paziente supino con il ginocchio da esaminare flesso a circa 90 con il piede appoggiato al lettino, impugnando la parte prossimale della tibia con ambo le mani si cerca di provocare una traslazione anteriore (Leg. crociato anteriore) e posteriore (Leg. crociato posteriore) della gamba indice di una eventuale lassit legamentosa. - Test di Lachman: a paziente supino impugnando contemporaneamente con le mani sia il femore distale sia la tibia prossimale si sollecita la traslazione della tibia sul femore a ginocchio lievemente flesso sul piano anteroposteriore per la valutazione dei 2 Leg. crociati - Stess in varo-valgo: a paziente supino vengono valutati i due legamenti collaterali mediale e laterale, sollecitando una deviazione mediale e laterale della tibia impugnata con una mano dall' esaminatore a livello sovramalleolare e mantenendo il femore fisso con l' altra mano. La manovra va ripetuta a completa estensione e a 30 di flessione del ginocchio. Segni Meniscali:

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- Digitopressione delle emirime articolari: paziente supino con il ginocchio flesso a circa 90 si effettua una digitopressione dell' emirima mediale e laterale dell' articolazione femoro-tibiale in corrispondenza dei due menischi, alla ricerca di dolorabilit, segno di sospetta lesione meniscale. - Test di McMurray: a paziente supino, si sollecita la gamba in intra ed extrarotazione mantenendo il ginocchio in massima flessione. In caso di patologia meniscale si desta dolorabilit associata a volte a sensazione di scatto in corrispondenza dell' emirima mediale o laterale. - Test di Appley: a paziente prono con ginocchio flesso a 90 in caso di patologia meniscale, si causa dolore localizzato alla emirima articolare corrispondente esercitando una intra o extrarotazione della gamba mantenendo contemporaneamente una modica pressione sulla pianta del piede. Segni di patologia a carico dell' articolazione femoro-rotulea: - segno della raspa: a paziente supino con il ginocchio esteso, si imprime alla rotula un movimento di "va e vieni" sia in direzione prossimo-distale sia latero-mediale: Il movimento provoca una sensazione di una pialla rugosa accompagnata da dolore retrorotuleo nei soggetti in cui esiste un attrito femoro-rotuleo. IL PIEDE E LA CAVIGLIA Movimenti: Dorsiflessione della caviglia: 15 m. tibiale ant., m. estensore lungo dell' alluce, estensore lungo delle dita (L4,5) Flessione plantare: 55 m. gastrocnemio, soleo, peroneo lungo e breve (S1, 2) Inversione: 35 m. tibiale ant. (L4, 5) Eversione: 25 m. peroneo lungo e breve (S 1) Tests Speciali: Segni per la valutazione del tendine achilleo: - Test di Thompson: a paziente prono si stringe con una mano il polpaccio del paziente con conseguente flessione plantare del piede. nel caso di rottura tendinea la compressione non provoca alcun movimento del piede Segni di instabilit della tibio-tarsica: - Segno del cassetto antero-posteriore: a paziente seduto sul bordo del lettino a gamba pendente, si impugna posteriormente il calcagno con una mano, mentre con l' altra si impugna anteriormente la parte distale della tibia: Si sollecitano quindi delle traslazione in avanti e indietro dei 2 piani ossei, nei casi di instabilit capsulolegamentosa si apprezzer un movimento preternaturale del calcagno (ed astragalo) sul piano antero-posteriore rispetto alla tibia. - Test della corregibilit spontanea dell' avampiede nei neonati: impugnando e mantenendo fisso il retropiede con una mano, viene valutata con l' altra mano la corregibilit dell' avampiede deviato in alcune patologie del

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bambino (metatarso varo, piede torto). Questo suggerisce all' esaminatore indicazioni sulla terapia da intraprendere: dall' astensione da qualsiasi terapia nelle facili riducubilit, all'intervento chirurgico nelle persistenti e gravi deformit. IL RACHIDE Movimenti: Flessione anteriore: il paziente dovrebbe essere capace di appoggiare il mento sul torace Flessione laterale: 30 sia a destra sia a sinistra Estensione: 30 il paziente dovrebbe essere capace di guardare il soffitto Rotazione: 80 sia a destra sia a sinistra (linea della spalla) Tests Speciali: Segni di deviazione della normale curvatura fisiologica della colonna: - Asimmetria dei triangoli della taglia: in soggetti affetti da scoliosi si osserver una aimmetria degli spazi delimitati dal profilo mediale dell'arto superiore e dal profilo laterale del torace e del fianco. - Segno dello strapimbo: calando un filo a piombo dal rilievo cutaneo della prima vertebra cervicale, in condizioni naturali questo deve passare nel solco intergluteo. - Segno del gibbo: alla flessione anteriore del rachide si apprezza un gibbo costale indice della grave componente rotatoria nella deviazione scoliotica. Segni di sofferenza radicolare: - Test di Lasegue: a paziente supino, si flettono anca e ginocchio a 90, estendendo quindi la gamba sulla coscia si provoca cos na trazione sul nervo sciatico. - Test di Valleix: a paziente prono si effettuano delle pressioni in corrispondenza del decorso del nervo sciatico ( recione glutea, colletto del perone, malleolo esterno) provocando dolore. - Manovra di Valsalva: il paziente viene invitato ad un' espirazione forzata a glottide chiusa con un relativo aumento della pressione endorachidea. - Segno di Wasserman: a paziente prono con ginocchio flesso a 90 viene sollecitato lo stiramento delle radici del nervo femorale iperestendendo l'anca. - Segno di Dandy : a paziente supino con ginocchio esteso viene saggiata la validit della flessione dorsale dell' alluce contro resistenza, che risulta ipovalida nei casi positivi. - Valutazione dei riflessi steotendinei: la valutazione di alcuni riflessi nervosi localizzati all' arto inferiore pu indicare una sofferenza ( ipo- ed iper-riflessia ) nervosa come : il riflesso rotuleo (L4), il riflesso achilleo (S1) ed il riflesso medioplantare (S1). Segni a carico della sindrome dello toracico:
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- Test di Adson: viene palpato il polso radiale ed il aziente viene istruito a fare una inspirazione profonda e mantenuta con il capo verso la parte affetta. Il segno positivo se c' una riduzione del polso radiale dal lato affetto e/o parestesie nell' estremit superiore.
BIBLIOGRAFIA HOPPENFIELD S. L' esame obbiettivo dell' apparato locomotore Aulo Gaggi Editore, Bologna 1976 MANCINI A., MORLACCHI C. Clinica Ortopedica Piccin Editore Padova, 1977 RANDELLI M., ROSSI P. Valutazione della motilit articolare O.I.C. Medical Press Firenze, 1984 MCMINN R.M.H., HUTCHINGS R.T. Atlante di anatomia umana Harofarma U.K. Ltd. London, 1992

AGRIFOGLIO E. Manuale di oropedia e traumatologia Societ Editrice Universo Roma, 1987

GLI ESAMI STRUMENTALI IN ORTOPEDIA E TRAUMATOLOGIA

Nel 1895, un secolo fa il fisico tedesco Wilhelm Conrad Roentgen metteva a punto il primo apparecchio che consentiva la visione dell'interno del corpo umano, su lastre opache di materiale impressionabile, mediante radiazioni. La prima prova che esib come risultato dei suoi esperimenti fu una "fotografia" della sua mano in cui era chiaramente apprezzabile lo scheletro; per i suoi studi ricevette il primo premio Nobel per la fisica nel 1901. Da allora questa tecnica ha avuto un grande sviluppo sia per le metodiche sia per quanto riguarda la sicurezza di medici e pazienti, non dimentichiamo infatti come i primi radiologi abbiano costituito una categoria ad altissimo rischio professionale, fino a che non si compreso interamente il pericolo dell'esposizione ai raggi X. A questo tipo di indagine sono stati affiancati molti altri mezzi diagnostici. Attualmente in Ortopedia e Traumatologia vengono utilizzate le seguenti tecniche di diagnostica strumentale: - roentgendiagnostica

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- raggi X - radioscopia, intensificazione di brillanza, radiografia e xeroradiografia - diagnostica con isotopi radioattivi - raggi gamma e alfa - ecografia - ultrasuoni - ecografia Doppler - termografia - raggi infrarossi - risonanza magnetica nucleare - emissioni per risonanza Alcune di queste metodiche oltre ad un significato diagnostico vengono attualmente utilizzate a scopo antiflogistico (ultrasuonoterapia e roentgenterapia) in campo specialistico ortopedico, mentre la radioterapia, che trova un suo razionale nel trattamento di forme neoplastiche, non viene adoperata nelle neoformazioni di origine muscolo scheletrica.
Roentgendiagnostica Questa metodologia si fonda sul rilevamento, su di uno schermo fluoroscopico o su di una pellicola fotografica, delle radiazioni residue che non avvengono assorbite dal passaggio attraverso un corpo solido. Si ottiene cos una proiezione bidimensionale di un oggetto tridimensionale; bisogna tenerlo sempre presente quando si legge un esame di questo tipo. Si tratta di esami che comportano l'assorbimento di radiazioni e perci nocivi. L'immagine che si ottiene presenta aree opache costituite da tessuti come lo scheletro, aree ad opacit media come le parti molli ed infine aree radiotrasparenti come l'aria o organi cavi. Radiografia Si potr eseguire un esame radiologico diretto con proiezioni in anteroposteriore, in obliquo e in laterale; a queste si aggiungono le proiezioni assiali con cui possibile mettere in evidenza segmenti ossei che altrimenti non vengono visualizzati per sovrapposizioni proiettive. L'esame pu essere eseguito con un decubito prono o supino oppure con il soggetto in ortostatismo. Si possono utilizzare mezzi di contrasto variamente associati. Dato che l'ingrandimento non costante si deve effettuare l'esame con repere noto nel caso si voglia ottenere una lastra da utilizzare per un piano preoperatorio corretto.
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Oltre alla radiografia le altre modalit di indagine che sfruttano i raggi X sono la tomografia , la tomografia assiale computerizzata, l'esame ad ingrandimento diretto (utile per lo studio delle dita della mano), l'artrografia, la arteriografia, la fistolografia, la mielografia. Con la lastra tradizionale si possono studiare le alterazioni scheletriche congenite ed acquisite (processi osteodisplasici, disostosici ed osteodistrofici, disturbi dell'accrescimento e malformazioni isolate), alterazioni infiammatorie acute e croniche nonch alterazioni di origine traumatica (fratture e loro evoluzione), cambiamenti del metabolismo osseo in rapporto a malattie sistemiche o a processi accrescitivi benigni o maligni. A livello articolare verranno evidenziate modificazioni della rima articolare, dei capi, dell'apparato legamentoso e capsulare, ottenendo talvolta informazioni sullo stato delle parti molli endo e paraarticolari. Si potranno inoltre rilevare calcificazioni muscolari, elaiomi. Tomografia Questa tecnica permette di ottenere una lastra con i tessuti che si trovano su di un preciso piano predeterminato dall'operatore, cancellando tutto ci che si trova in piani differenti. Risulta molto utile per lo studio delle fratture. Mielografia Per mezzo dell'iniezione di un mezzo iodato nello spazio subaracnoideo si pu studiare la morfologia delle guaine radicolari, e ci assume una certa importanza nello studio della patologia degenerativa discale (ad esempio nelle lesioni dei plessi per stabilirne la sede). Artrografia Si realizza con l'immissione di un mezzo di contrasto nella cavit articolare; viene utilizzata generalmente per lo studio delle grandi articolazioni e per la valutazione di lesioni traumatiche dell'albero artero - venoso. Arteriografia Pu rivelarsi di grande utilit nel precisare la natura istologica di lesioni di sospetta origine neoplastica. Radioscopia Attualmente viene utilizzata la radioscopia con intensificazione di brillanza, che viene impiegata generalmente durante gli interventi chirurgici per la minore esposizione alle radiazioni ionizzanti a cui sottopone paziente e medico permettendo inoltre di eseguire esami dinamici, estremamente utili nel caso si voglia controllare il posizionamento di un mezzo di sintesi o la riduzione di una frattura. L'immagine pu essere registrata o modificata sul visore; i tessuti risultano colorati in modo inverso rispetto ad una radiografia tradizionale, quindi le parti scheletriche appaiono pi scure rispetto agli altri tessuti, comunque esame con un potere risolutivo nettamente inferiore rispetto ad una lastra tradizionale.

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Xeroradiografia Costituisce una particolare modalit di rilevazione dell'immagine prodotta dalle radiazioni ionizzanti, sfruttando la propriet dei raggi X di annullare la carica elettrostatica di una piastra con un sottile strato di selenio. Si ottengono immagini molto suggestive, soprattutto per quanto riguarda le parti molli, a scapito per di una notevole dose di radiazioni e di una minore sensibilit; perci un esame che attualmente viene prescritto sempre pi raramente. Fornisce un'eccellente riproduzione delle protesi in silicone e delle miositi ossificanti. Tomografia assiale computerizzata(TAC) Si utilizza un elaboratore elettronico per raccogliere e processare un gran numero di misure relative all'assorbimento di fotoni X per volumi minimi di una sezione corporea. In Ortopedia ha assunto grande importanza la mineralometria ossea computerizzata (MOC) che consente la monitorizzazione del metabolismo osseo. E' di grande utilit inoltre nello studio della colonna vertebrale (ernia del disco), e del ginocchio (patologia meniscale). Con lo sviluppo notevole della chirurgia protesica viene utilizzata anche per lo studio della morfologia del collo omerale o femorale. Diagnostica con isotopi radioattivi Si somministrano al paziente isotopi radioattivi (radionuclidi omologhi al calcio)e si rilevano con una gamma camera l'emissione di radiazioni per mezzo di cristalli scintillatori; si parla in questo caso di scintigrafia. E' un esame che trova vasta applicazione in Ortopedia per la possibilit di rilevare neoplasie a livello scheletrico, zone ad aumentato metabolismo osseo o zone dove sia in atto un'infezione. E l'esame che pi precocemente mostra questo tipo di alterazioni. Ecografia Per la rilevazione ultrasonografica si sfrutta la qualit fisica del suono di propagarsi con una resistenza diversa a seconda della densit del corpo che attraversa. Questa diversa impedenza causa una diversa rifrazione che viene infine rilevata da una sonda. Esistono diversi tipi di sonda a seconda dell'organo che si vuole studiare. E' una metodica estremamente sicura, non essendo riportati danni da esposizione a questo tipo di onda nella letteratura internazionale. L'indicazione all'esame ecografico viene posta in pazienti con sospette sinoviti o versamenti articolari, nei neonati per la valutazione della displasia e della lussazione congenita dell'anca (l'esame pu cos essere effettuato anche nei primi sei mesi di vita quando il nucleo di ossificazione dell'epifisi prossimale del femore non ancora radiopaco), e per tutte le patologie che riguardano le parti molli e in particolare i traumatismi a carico di tendini, muscoli e legamenti, evidenziando calcificazioni, la presenza di ematomi o corpi estranei, le patologie infiammatorie (mettendo in evidenza il carattere essudativo, stenosante o batterico) e neoplastiche.
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Ultrasuonografia Doppler+ Con questo esame si pu verificare la perviet di un vaso e l'entit di un flusso vascolare sia arteriosa che venoso; ci di interesse in Ortopedia nel caso si abbia un sospetto di trombosi venosa profonda, e nel caso si voglia effettuare interventi in elezione per verificare la normalit del circolo vascolare (questo soprattutto importante a livello della mano). Termografia Questa tecnica rileva l'emissione di energia da parte di un corpo, evidenziando anche minime differenze di temperatura. Consente di rilevare stati infiammatori a livello del sistema muscolare, o al contrario lesioni ischemiche, sempre per in aree superficiali. Pur essendo un esame scarsamente invasivo, non viene utilizzato per la relativa sensibilit di cui dotato. Risonanza magnetica Nucleare E' una tecnica di indagine diagnostica relativamente recente, e come tale in continuo divenire, ma che offre delle prospettive estremamente interessanti. Le informazioni vengono in questo caso ottenute stimolando un corpo con onde elettromagnetiche dopo averlo posto in un potente campo elettromagnetico. Sono rilevate grazie ad apparecchiature computerizzate, immagini caratterizzate da una finezza e da un dettaglio al momento senza eguali in medicina. I tessuti possono essere analizzati in ogni piano dello spazio. Un altro pregio costituito dall'utilizzo di campi elettromagnetici che non vengono attualmente considerati dannosi anche se prove conclusive sono ancora al vaglio dei ricercatori. I limiti di questa metodica sono da ricercare nella lunghezza dell'esecuzione dell'esame stesso unita alla necessit di mantenere il paziente immobile per lunghi periodi di tempo (possono evidenziarsi problemi di claustrofobia), nell'impossibilit di eseguire l'esame in determinate classi di pazienti (pace-maker, protesi di cristallino, portatori di impianti metallici, tatuaggi). E' un esame di difficile lettura ed interpretazione per la necessit di confrontare tra loro diverse sequenze di ripresa (T1,T2, Spin echo). In sintesi ricordiamo che lo studio delle componente scheletrica utilizzer: esame radiografico diretto,

xeroradiografia, tomografia, tomografia assiale computerizzata, arteriografia, mineralometria. Verranno adoperate: esame radiografico diretto, xeroradiografia, tomografia, tomografia assiale computerizzata, artrografia semplice e con doppio contrasto, arteriografia, ecotomografia, termografia e risonanza magnetica per lo studio delle articolazioni. Le metodiche utilizzate per lo studio di muscoli e tendini sono: esame radiografico diretto, xeroradiografia, tomografia assiale computerizzata, arteriografia, ecotomografia e termografia.
BIBLIOGRAFIA
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L'ESAME OBIETTIVO IN ORTOPEDIA

</CENTER< B> New Grolier Multimedia Encyclopedia Martinenghi C., Martinenghi C. Radiologia e diagnostica per immagini Raffaello Cortina Editore Milano, 1991 De Flaviis L., Scaglione P. Ecografia e xeroradiografia in ortopedia , traumatologia e reumatologia vol I e II Ce.d.ri.m., Milano

I MUSCOLI Inizio documento I muscoli striati o dello scheletro sono costituiti da fibre muscolari longitudinalmente e trasversalmente striate ed ad essi sono dovuti i movimenti volontari e riflessi coi quali l'organismo si pone in relazione con l'ambiente in cui vive. Il muscolo volontario (scheletrico) l'organo pi grande del corpo umano e conta per il 40% o anche pi del peso corporeo: in un uomo di 70 kg si ha una media di 30 kg, cio il 42,85%. Il numero dei muscoli che possono essere contati nel corpo umano dipende dal grado di suddivisione che viene utilizzato per valutare un dato muscolo e dal numero di muscoli considerati. Secondo Sappey sarebbero circa 501 i muscoli presenti nel corpo umano, 500 per il Chiarugi. Bardeen, riferendosi alla Basle Nomina Anatomica, elenca 347 muscoli pari e 2 impari, per un totale di 696 muscoli. Non contando i capi, i ventri e le altre parti dei muscoli, la Nomina Anatomica citata dal Comitato Internazionale della Nomenclatura Anatomica in base alla Convenzione di Berna, elenca 200 muscoli pari, per un totale di 400 muscoli. Generalit sui muscoli Nei muscoli scheletrici si distinguono due estremit: l'origine e la inserzione. L'origine quella situata sulla parte ossea che non viene mossa dal muscolo, l'inserzione sulla parte che viene spostata. Negli arti l'origine sempre prossimale, l'inserzione distale. In corrispondenza dell'origine si trova il capo muscolare, al quale segue il ventre, che termina con il tendine. I muscoli, contraendosi, compiono un lavoro meccanico che consiste generalmente nell'avvicinamento di un segmento scheletrico ad un altro. Il segmento che si muove corrisponde a quella macchina semplice conosciuta in meccanica con il nome di leva. Nell'uomo sono rappresentati tutti e tre i tipi di leva, ma predomina quella di terzo genere, pur essendo la meno economica, per il fatto che le possibilit di accorciamento di un muscolo sono limitate. La forza del muscolo dipende dal suo diametro, che risulta dalla somma di tutti i diametri delle fibre muscolari; in tal modo si pu determinare la forza muscolare assoluta. La forma del ventre muscolare dipende dalla spazio a sua disposizione. Per la funzione

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importante la parte terminale, effettrice. Il tendine del muscolo pu essere piegato, per esempio, intorno ad una parte scheletrica, troclea muscolare, che serve da punto fisso di riflessione. Un tendine lungo

pu essere vantaggioso qualora la parte scheletrica cui destinato il muscolo sia di piccole dimensioni. L'esempio pi tipico rappresentato dai muscoli lunghi delle dita dove i ventri muscolari sono situati nell'avambraccio e l'effetto visibile solo sulle dita. A seconda del modo con il quale le fibre muscolari si portano verso il tendine, si distinguono varie forme muscolari. Il muscolo fusiforme costituito da fibre lunghe che permettono movimenti estesi ma con poca forza; il tendine relativamente breve. Un'altra forma il muscolo semipennato che ha un tendine lungo dove si inseriscono fibre muscolari brevi; quindi si ottiene un diametro fisiologico alto con una forza muscolare maggiore. Il muscolo bipennato corrisponde nella sua morfologia a quello semipennato, solo che l'inserzione delle fibre muscolari sul tendine bilaterale. Esistono, inoltre, i muscoli multipennati con fibre muscolari orientate in varie direzioni. Un muscolo pu originare in pi punti e quindi si parla di muscoli con due, tre o quattro capi, i quali si uniscono in un solo ventre e terminano con un tendine unico. A questo tipo muscolare appartengono per esempio il muscolo bicipite o il tricipite brachiale. Se un muscolo ha un solo capo di origine, ma presenta uno o pi tendini intermedi, inserzione tendinea, lo si chiama un muscolo con due o pi ventri. Un muscolo con due ventri, muscolo biventre, ha due corpi muscolari all'incirca uguali. A seconda della forma si distinguono anche i muscoli larghi, forniti di un tendine piatto, aponeurosi. Tali muscoli possono essere triangolari o quadrati. I muscoli possono essere estesi su di una, due o pi articolazioni e si parla di muscoli uni-, bi- o pluriarticolari. Questi possono provocare nelle articolazioni singole vari movimenti qualche volta anche opposti. Cos ad esempio, i muscoli interossei della mano sono flessori dell'articolazione metacarpofalangea ed estensori delle articolazioni interfalangee. I muscoli che collaborano in un movimento sono sinergici e quelli che si oppongono nello stesso movimento sono antagonisti . La combinazione di sinergici ed antagonisti pu variare per i diversi movimenti. Ad esempio, pi muscoli sono sinergici nella flessione del carpo, ma diventano antagonisti nella abduzione radiale. Per la loro funzione, importante che i muscoli conservino, anche a riposo, uno stato di semi contrazione detto tono muscolare. Il muscolo si pu trovare in stato di insufficienza attiva o passiva. Nell'insufficienza attiva il muscolo insufficiente perch ha raggiunto il suo massimo accorciamento. Nell'insufficienza passiva gia stata raggiunta la posizione terminale dal lato opposto (per esempio impossibilit di chiudere il pugno con la mano estesa al massimo). Si distingue nella funzione muscolare una funzione attiva di movimento ed una passiva di postura. Un muscolo pu funzionare sia passivamente come muscolo posturale, che attivamente come muscolo di movimento. Per la funzione dei muscoli sono necessari vari dispositivi ausiliari. Tra queste sono: a) fasce, cio guaine connettivali che avvolgono muscoli singoli o gruppi muscolari e quindi permettono lo

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scivolamento dei vari muscoli b) guaine tendinee (vagine sinoviali tendinee) che migliorano le capacit di scorrimento dei tendini. Esse sono costituite da due strati: lo strato interno, strato sinoviale, formato da una lamina viscerale, avvolta direttamente intorno al tendine, ed una lamina parietale collegate tra loro mediante il mesotendine. Tra queste due lamine si trova la sinovia che migliora lo scivolamento. Verso l'esterno lo strato sinoviale rivestito dallo strato fibroso. c) borse di scivolamento (borse sinoviali) che hanno la funzione di proteggere il muscolo nei punti ove esso ha maggior attrito con l'osso. d) ossa sesamoidi che si trovano nei punti dove i tendini sono sottoposti a fenomeni di pressione. Il pi voluminoso osso sesamoide la patella. e) cuscinetti adiposi, situati tra i vari muscoli ed anch'essi favorenti lo scivolamento; sono distribuiti in numero variabile in tutto il corpo (per esempio il corpo adiposo ascellare). Richiami di istologia Il muscolo pu essere considerato una macchina che trasforma energia chimica in lavoro meccanico. Questa trasformazione ha luogo durante la contrazione muscolare ed iniziata e mantenuta dagli impulsi nervosi che arrivano al muscolo attraverso il suo nervo motore. Ogni muscolo formato da un elevato numero di unit motorie, ciascuna della quali comprende: - un neurone la cui cellula trovasi nel tronco encefalico o nel midollo spinale e il cui cilindrasse decorre nei nervi di moto sino a raggiungere la placca motrice, una struttura nervosa terminale di collegamento con il muscolo - le fibre muscolari subordinate a quello specifico neurone. Le fibre striate dei muscoli volontari hanno forma cilindrica; il loro diametro varia da 10 a 100 micron. In molti animali alcuni gruppi muscolari scheletrici appaiono di colorito giallo pallido, altri di colorito rosso: si parla, perci, di muscoli bianchi e di muscoli rossi. In taluni specie, come nell'uomo, uno stesso muscolo pu presentare fibre bianche e fibre rosse. Lo studio di queste caratteristiche viene effettuato su sottilissime sezioni di tessuto muscolare ricavate da frammenti prelevati con agobiopsia o biopsia chirurgica estemporanea. Le sottilissime sezioni di muscolo vengono colorate con ATPasi a differenti pH di incubazione e con NADH-TR. Si ottiene una suddivisione in fibre di tipo I (o rosse, o lente; STF) e di tipo II (o bianche, o veloci; FTF), ulteriormente suddivise nei tipi IIa (FTF di tipo intermedio), IIb (FTF di tipo esplosivo o veloci assolute) e IIc di tipo embrionale, il cui riscontro definito occasionale dalla letteratura accreditata e sta generalmente ad indicare una vivace attivit rigenerativa, indice di sofferenza muscolare da esercizio. Il criterio di tipo metabolico conduce ad un diverso inquadramento delle denominazioni
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delle diverse fibre muscolari, con una definizione di significato funzionale certamente pi specifica TIPO I (STF o rosse)= a contrazione lenta, ad alta capacit ossidativa e bassa attivit glicolitica TIPO II (FTF o intermedie)= a contrazione rapida, ossidativa, glicolitica TIPO II (FTF o bianche)= a contrazione rapida, alta capacit glicolitica, bassa attivit ossidativa Ben nota la strutturazione microscopica e submicroscopica della fibra muscolare striata (sarcolemma, sarcoplasma , reticolo sarcoplasmatico, miofibrille, etc.) e gli eventi che conducono all'accopiamento fra la eccitazione nervosa del muscolo e la sua contrazione. La massima forza contrattile del muscolo strettamente correlata alla sua superfice di sezione, mentre la velocit di contrazione si correla al tipo di fibre muscolari coinvolte ( veloci o lente ) ed alla capacit di reclutamento neuro-muscolare. Anche le caratteristiche elastiche del muscolo sono fondamentali per lo sviluppo di tensioni elevate ed elevati impulsi di forza, in un movimento breve di tipo balistico. Semeiotica del muscolo L'esplorazione clinica delle masse muscolari realizzabile attraverso i comuni procedimenti dell'esame obbiettivo. Le fasi principali di questo (ispezione , palpazione) vengono integrate dallo studio funzionale dei segmenti scheletrici, esaminandone la motilit attiva e passiva. La semeiotica speciale del muscolo comprende quel complesso di esami strumentali e di prove farmacologiche (prostigmina) e di laboratorio attraverso i quali realizzabile, per lo meno in parte, una diagnosi di natura della lesione muscolare. Tra gli esami strumentali ricordiamo i mezzi grafici (ergografia, miografia e l'elettromiagrafia nelle sue diverse forme), l'ecotomografia, l'esame TAC, la RMN, la xeroradiografia. Le determinazioni di laboratorio (VES, tests reumatici, T3 T4, CPK, LDH ed altri enzimi serici, elettroliti, etc.) consentono in molti casi specificazioni che sono molto utili dal punto di vista diagnostico differenziale; utilissimo il ricorso alla biopsia muscolare nei casi dubbi.

LE ARTICOLAZIONI
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Le articolazioni sono dispositivi giunzionali che assicurano la mobilit dei diversi segmenti corporei e possono essere suddivise in sinartrosi (articolazioni per continuit) e in diartrosi (articolazioni per contiguit). Nelle SINARTOROSI, la giunzione tra i capi scheletrici garantita dall'interposizione di tessuto fibroso (sindesmosi), cartilagineo (sincondrosi) o fibrocartilagineo (sinfisi) che permette solo movimenti reciporoci.
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Nelle sindesmosi si identificano le suture, quando si ha contatto osseo per margini sottili (suture craniche), le gonfosi o articolazioni per infissione di una componente nell'altra (denti - cavit alveolari), le schindelesi o suture ad incastro (rostro - vomere). Tra le sincondrosi si ricordano le articolazioni costo - sternali. Nelle sinfisi (sinfisi pubica) sono presenti le anfiartrosi (articolazioni intersomatiche vertebrali), che contrariamente alle altre sinartrosi, grazie al disco intervertebrale, presentano un certo grado di motilit. Nelle DIARTOSI i capi ossei si affrontano con superfici rivestite di cartilagine ialina e la loro connessione mantenuta dalla capsula articolare che racchiude i capi ossei nella cavit articolare. La capsula articolare rivestita internamente dalla membrana sinoviale ed lubrificata dal liquido sinoviale. La stabilit articolare garantita dall'apparato legamentoso e tendineo che con la forma dei capi articolari consentono ben precisi tipi di movimento. Tra le diartrosi si distinguono: le artrodie che presentano superfici di contatto piane (tarso metatarsiche); le enartrosi che pesentano i capi ossei a forma di segmento di sfera, uno convesso e l'altro concavo (coxo - femorale ) e presentano il piu' alto grado di motilit; le condiloartrosi , i cui capi articolari sono segmenti di ellissoide, uno pieno (condilo) ed uno cavo (cavit condiloidea), (temporo - mandibolare); le pedartrosi o articolazioni a sella: una delle superfici articolari convessa in una direzione e concava in direzione ortogonale alla prima e la superficie articolare contigua ha curve inverse (trapezio - metacarpale); le articolazioni a ginglimo: i capi articolari sono a segmento di cilindro uno convesso e l'altro concavo. Ginglimo parallelo, o laterale, o trocoide: gli assi longitudinali sono paralleli (atlo - odontoidea); ginglimo angolare o troclea: gli assi dei cilindri sono ortogonali (interfalangee). L'innervazione articolare assicurata da fibre somatiche e viscerali di cui ricca la capsula articolare. In alcune articolazioni si trovano i menischi, strutture fibrocartilaginee che facilitano l'adattamento dei capi ossei articolari. Lo scorrimento fra strutture muscolo-tendinee e piano osteo-legamentoso assicurato anche dalle guaine sinoviali di scorrimento tendineo e dalle borse sinoviali periarticolari.
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CARTILAGINE ARTICOLARE E' un tessuto connettivo con il compito di diminuire lo stress meccanico dei capi articolari e di facilitare lo scorrimento. La cartilagine articolare formata da tessuto di origine mesenchimale (cartilagine di incrostazione o cartilagine ialina per l'aspetto translucido). E' presente in tutte le diartrosi, con spessore variabile e con un colore azzurrognolo, presentando una superficie che ad occhio nudo appare liscia. La nutrizione garantita dal liquido sinoviale, infatti la cartilagine non vascolarizzata e solo gli strati pi profondi fruiscono del plesso subcondrale. La componente cellulare rappresentata dai condrociti che si trovano nella sostanza fondamentale o matrice, nella quale si ritrovano le fibre collagene. L'architettura della cartilagine articolare presenta piu' strati: - lamina splendens - strato superficiale o tangenziale - strato intermedio o di transizione - strato profondo o radiale - strato calcifico Al microscopio elettronico si evidenzia che la superficie della cartilagine articolare non liscia, ma presenta irregolarit, nei cui avvallamenti si trova il liquido sinoviale, che favorisce la lubrificazione delle superfici articolari; questi avvallamenti aumentano con l'et. Nella cartilagine articolare si trovano: la componente cellulare (condrociti), la componente fibrillare (fibre collagene) e la sostanza fondamentale (essenzialmente proteoglicani).I condrociti: sono pi numerosi e metabolicamente pi attivi nella cartilagine fetale e giovanile e la loro attivit metabolica sembrerebbe essere stimolata dalle sollecitazioni meccaniche della struttura fibrillare che avvalorerebbe quindi l'importanza del movimento per il normale trofismo cartilagineo. Fibre collagene: nei vertebrati sono state riconosciute almeno venti diverse catene che caratterizzano 11 tipi di collagene con diversa localizzazione tissutale. Il collagene di tipo II quello pi rappresentato a livello di cartilagine articolare sana. Sostanza fondamentale: composta essenzialmente dai glicosaminoglicani ( composti polisaccaridici ), che contribuiscono alle doti di elasticit e di resistenza della cartilagine.Questi glicosaminoglicani sono rappresentati da: condroitinsolfato, cheratansolfato e acido ialuronico. Le catene di glicosaminoglicano si legano covalentemente ad una catena proteica centrale (core protein) e formano una catena di proteoglicano (unit proteoglicanica). Le catene di proteoglicani hanno una rete di cariche elettronegative che per reciproca repulsione danno rigidit
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al sistema e mantengono legata una elevata quantit di molecole di acqua, che protegge questi complessi macromolecolari da eccessive deformazioni. Queste interazioni spiegano come una noxa patogena possa alterare le doti di elasticit e resistenza alla pressione della cartilagine articolare. Membrana sinoviale: ricopre la cavit articolare all'interno delle strutture fibrolegamentose della capsula senza raggiungere le superfici cartilaginee dei corpi articolari. La vascolarizzazione maggiore a livello della inserzione periostale, zona in cui la membrana sinoviale assume una struttura villosa, per i piu' rapidi ed intensi scambi che si hanno tra liquido sinoviale e letto capillare. E' formata da un sottile strato connettivale, che nei punti di scorrimento separato dalla capsula da materiale adiposo, che pu aggettarsi verso il cavo articolare, creando cos vegetazioni intraarticolari. La membrana sinoviale svolge tre funzioni essenziali: 1) ha propriet fagocitarie grazie a sinoviociti di tipo A ed ai macrofagi subsinoviali che depurano il cavo articolare da cataboliti e materiale estraneo; 2) in grado di filtrare le sostanze isciolte nel sangue per il loro passaggio nel liquido sinoviale 3) una membrana secretrice che produce acido ialuronico che garantisce viscosit al liquido sinoviale. Liquido sinoviale: un dializzato del plasma, di colore citrino, contenente il 2% di proteine costituite in gran parte da albumina (75%). Questo liquido ha due funzioni fondamentali: 1) nutrizione cartilaginea ; 2) lubrificazione articolare di tipo idrodinamico e per strati molecolari.

Il tipo idrodinamico si realizza durante la deambulazione, in cui il liquido sinoviale viene continuamente fatto scorrere sulle superfici articolari; mentre la lubrificazione per strati si ha se l'articolazione ferma in carico, infatti il film va progressivamente diminuendo fino ad uno strato praticamente monomolecolare, in queste condizioni i capi articolari si muovono per scivolamento di uno strato molecolare sull'altro. ARTRODIE (TARSO - METATARSICA) L'articolazione tarso-metatarsica o interlinea di Lisfranc, in una visione dall'alto, mette a contatto da una parte i tre cuneiformi in dentro ed il cuboide in fuori, dall'altra parte la base dei cinque metatarsi. Questa articolazione formata da una successione di artrodie. La base del II metatarso si incastra nel mortaio dei tre cuneiformi. Si possono distinguere: in dentro il leg. di Lisfranc che decorre dalla faccia esterna del I cuneiforme alla faccia interna della base del II metatarso; in fuori un sistema legamentoso con fibre dirette fra C2 e M2 e fra C3 ed M3 e con fibre crociate fra C3 ed M2 e fra C2 ed M3. La solidit articolare garantita anche da numerosi legamenti tesi dalla base di ciascun metatarso all'osso del tarso corrispondente e alla base dei vicini metatarsi.
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ENARTROSI (ANCA) I suoi movimenti si hanno solo a livello dell'articolazione coxofemorale; si tratta di una enartrosi, dotata di un movimento inferiore della scapolo-omerale (compensata dal rachide lombare) ma con una stabilit maggiore, quindi minor episodi di lussazione. L'articolazione dell'anca caratterizzata da tre assi e tre gradi di libert: 1) asse trasversale: su un piano frontale su cui si effettua la flesso-estensione 2) asse posteriore: su un piano sagittale passante per il centro dell'articolazione su cui si effettua la abduzioneadduzione 3) asse verticale: se l'anca in asse si confonde con l'asse longitudinale dell'arto inferiore, su cui si ha extraintrarotazione La testa femorale formata per i 2/3 da una sfera di 40-50 mm. di diametro ed connessa alla diafisi tramite il collo. L'asse del collo femorale forma con l'asse diafisario un angolo di "inclinazione" di 125 nell'adulto e con il piano frontale un angolo di declinazione o antiversione di 10-30. Il cotile ha la forma di una semisfera circondata dal ciglio cotiloideo. La cartilagine ricopre il cotile solo perifericamente (faccia semilunare) mentre la parte centrale pi' profonda e non ha contatto con la testa. La cavit cotiloidea non orientata direttamente in fuori, ma guarda anche in basso ed in avanti: l'asse cotiloideo forma un angolo di 30-40 con l'orizzontale quindi la parte superiore del cotile deborda la testa femorale in fuori (angolo di copertura di Wisberg che normalmente di 30). La testa femorale esercita la maggior pressione a livello del tetto cotiloideo. Nella retrocavit cotiloidea si trova il legamento rotondo, che una listarella fibrosa di circa 30-35 mm. di lunghezza, che decorre dall'incisura ischio-pubica alla testa femorale. La funzione del legamento rotondo, pur avendo un carico di rottura di Kg 45, non principalmente meccanica, ma vascolare, infatti dalla branca posteriore dell'arteria otturatoria parte l'arteria del legamento rotondo, che con le arterie capsulari branche delle circonflesse anteriori e posteriori, collaterali della femorale profonda, vascolarizzano la testa ed il collo femorale. Il cercine cotiloideo, in sezione, si presenta triangolare ed ha tre facce: una interna, inserita al ciglio ed al legamento trasverso, una centrale, ricoperta di cartilagine e rivolta verso il centro dell'articolazione ed una faccia periferica alla quale si fissa la capsula articolare. La capsula articolare si presenta come un manicotto cilindrico teso fra ileo ed estremit superiore del femore. L'estremit interna del manicotto capsulare si fissa sul ciglio cotiloideo, sul legamento trasverso e sul lato periferico del cercine ed ha rapporti con il tendine del retto femorale; mentre l'estremit esterna si inserisce alla base del collo seguendo una linea di inserzione che passa in avanti lungo la linea intertrocanterica anteriore ed in dietro non segue la linea intertrocanterica posteriore ma si inserisce all'unione del terzo esterno e dei due terzi interni della superficie posteriore del collo. La capsula articolare presenta anteriormente e posteriormente dei potenti

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legamenti. Anteriormente: il legamento ileo-femorale (Bertin) il legamento pubo-femorale Posteriormente: il legamento ischio-femorale Movimenti dell'anca Flessione attiva: ginocchio esteso (90) ginocchio flesso (> 120) Flessione passiva: supera sempre i 120, per a ginocchio flesso supera i 140 Estensione attiva: ginocchio esteso (20) ginocchio flesso (10) Estensione passiva: nell'affondo arriva a 20, raggiungendo i 30 quando l'arto fortemente esteso indietro. Abduzione - Adduzione: (45-0-30). PEDARTROSI O ARTICOLAZIONI A SELLA (TRAPEZIO-METACARPALE) L'articolazione trapezio metacarpale ha un ruolo fondamentale nei movimenti del pollice perch permette di orientarlo in rapporto al resto della mano. La superficie articolare del trapezio guarda in basso ed un po' in fuori, di forma grossolanamente ellittica, presenta un asse maggiore orientato in senso postero-anteriore, convesso e presenta una lieve concavit in senso trasversale. La superficie articolare del I metacarpo di forma grossolanamente ellittica, di dimensioni maggiori, presenta una concavit dall'avanti all'indietro e la convessit in senso traseversale maggiore di quella del trapezio. Questo tipo di articolazione presenta due gradi di libert di movimento della superficie superiore in rapporto all'inferiore; per nella realt solo la superficie inferiore mobile infatti il movimento della trapezio metacarpale determinato dal movimento della base metacarpale nei due piani di libert, mentre il trapezio bloccato dall'artrodia dello scafoide. L'articolazione trapezio metacarpale lavora in compressione assiale il che permette di orientare il metacarpo in tutte le direzioni dello spazio. La stabilit della trapezio metacarpale data dalla capsula articolare, dai legamenti, in particolare il legamento postero interno e dai tendini motori della colonna del pollice. Movimenti della trapezio metacarpale:
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Anteposizione - retroposizione: il pollice, partendo dalla posizione di riposo, si porta rispettivamente al davanti ed ortogonalmente al piano della mano (anteposizione) ed al contrario il pollice si porta indietro sullo stesso piano della mano (retroposizione); escursione compresa tra i 50 ed i 90. Adduzione - abduzione: il pollice si avvicina o si allontana dall'asse anatomico della mano; l'ampiezza di questo movimento di circa 40 - 50. GINGLIMO ANGOLARE O TROCLEA (INTERFALANGEE) Le articolazioni interfalangee sono delle trocleoartrosi (o ginglimo angolare sec. gli antichi Autori) dotate di un solo movimento attivo di flesso - estensione. Questa articolazione costituita: - dalla testa della falange superiore che si presenta appiattita dall'avanti all'indietro, con una superficie articolare convessa a forma di troclea e con un solco mediano e due condili laterali - dalla base della falange inferiore, appiattita, con una superficie concava a grande asse trasversale, con due cavit glenoidee corrispondenti ai condili e una cresta smussa corrispondente alla gola della troclea. I mezzi di unione sono rappresentati dalla capsula (sottile, ispessita anteriormente dalla placca volare), dai legamenti collaterali e dalla sinoviale. Movimenti delle interfalangee Sono dotate di un solo movimento: la flesso-estensione. La flessione palmare circa 100-120 nella prima interfalangea e circa 50-60 nella seconda interfalangea con variazioni individuali, costituzionali ed attitudinali.

BIBLIOGRAFIA
Balboni Anatomia Umana B. Colombo, L.Sinigaglia Reumatologia I. A. Kapandji Fisiologia Articolare Volume I e Volume II

GENERALITA' SULLE FRATTURE OSSEE

FRATTURE
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Per frattura si intende una soluzione di continuit della struttura ossea che pu essere di origine traumatica o spontanea ( patologica ). Nel caso in cui vi sia un trauma, questo pu essere diretto, cio un osso pu fratturarsi nel punto in cui vengono applicate forze di entit tale da superare i limiti di resistenza dell'osso stesso; oppure pu essere indiretto, in cui forze ( di torsione, di flessione, di compressione, di strappamento ) applicate ad una leva scheletrica possono determinare frattura ad una certa distanza dal punto della loro applicazione. Vi sono fratture da fatica ( o da stress ) determinate da ripetuti stress e sollecitazioni esercitati sull'osso ( tipico esempio la frattura da marcia o dei marciatori che interessa il secondo metatarso ). La frattura spontanea o patologica si instaura su un osso morfologicamente anormale o interessato da un processo patologico che ne determina una minore resistenza; perci forze di lieve entit o irrisorie possono causare una frattura. In base all'integrit o meno del tegumento cutaneo vi sono fratture chiuse, in cui la cute rimane integra, e fratture esposte , in cui vi lacerazione delle parti molli e quindi esposizione esterna dell'osso; tutte le fratture esposte sono ad elevato rischio di infezione. La frattura pu essere completa, in cui vi interessamento a tutto spessore dell'osso da parte della rima di frattura, o pu essere incompleta e presentare quindi una semplice infrazione dell'osso. Vi un tipo di frattura caratteristico nei bambini in cui l'osso sottoposto a flessione si interrompe nella zona di maggiore convessit mantenendo per integro il periostio nella zona concava ( frattura a legno verde ). La rima di frattura pu essere unica o multipla se l'interruzione ossea determina due frammenti o pi frammenti (frattura pluriframmentaria). In base al decorso della rima di frattura si distinguono: a) fratture trasversali: la rima di frattura disposta ad angolo retto rispetto all'asse longitudinale dell'osso b) fratture oblique: la rima di frattura forma un angolo inferiore a 90 rispetto all'asse longitudinale dell'osso (fratture a becco di clarino) c) fratture spiroidi: la rima di frattura compie un decorso a spirale lungo il segmento osseo
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d) fratture longitudinali: la rima di frattura parallela all'asse longitudinale dell'osso e) fratture complesse: si hanno due rime di frattura f) fratture comminute: si hanno pi rime di frattura per presenza di pi frammenti.
In rapporto all'eventuale spostamento dei segmenti fratturati si distinguono fratture composte, in cui i segmenti di frattura hanno conservato la loro posizione anatomica, e fratture scomposte in cui si verificato uno spostamento dei frammenti che pu avvenire: a) ad latus: scomposizione laterale b) ad longitudinem: scomposizione longitudinale con variazione della lunghezza dell'osso c) ad axim: scomposizione angolare d) ad peripheriam: scomposizione rotatoria assiale del frammento distale Vi sono inoltre le fratture ingranate in cui un frammento si inserisce nell'altro; queste interessano solitamente l'osso spugnoso.Le fratture da schiacciamento avvengono per eccessiva compressione (es. compressione dei corpi vertebrali). Nella frattura doppia o segmentaria l'osso fratturato a due diversi livelli; nella frattura multipolare l'osso interrotto a pi livelli. Caratteristiche sono le fratture da avulsione provocate cio da un'improvvisa contrazione muscolare che determina un distacco osseo a livello inserzionale del muscolo stesso (es. Base quinto metatarso - m. peroneo breve; tuberosit tibiale e polo superiore della rotula - m. quadricipite; piccolo trocantere - m. ileo psoas). Si ha frattura articolare quando vi interessamento della rima di frattura a livello articolare. Una frattura stabile quando non subentrano forze deformanti (es. forze muscolari) che impediscono il contatto reciproco e l'immobilit dei frammenti ossei; altrimenti si avr una frattura instabile. Il quadro clinico per la diagnosi di frattura, oltre ai dati anamnestici riguardanti il tipo, la violenza del trauma e la sua sede di applicazione, comprende: SEGNI DI CERTEZZA e SEGNI DI PROBABILITA'.. a) i primi consistono nella deformit del segmento scheletrico (accorciamento, rotazione, angolazione), nella motilit preternaturale per discontinuit dei segmenti ossei, nello scroscio o crepitazione per sfregamento reciproco delle superfici fratturate. b) i segni di probabilit consistono nel dolore a livello del focolaio di frattura, nella tumefazione e nell'ecchimosi del distretto interessato, nell'impotenza funzionale e nell'atteggiamento caratteristico di difesa o di riposo dell'arto traumatizzato. Alla diagnosi clinica va sempre affiancata una diagnosi strumentale per una conferma dei segni di certezza con un'indagine radiografica nelle due proiezioni ortogonali. DISTACCHI EPIFISARI
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Per distacco epifisario si intende una separazione traumatica del nucleo epifisario dalla sua sede metafisaria di impianto; interessa esclusivamente soggetti in et infantile e adolescenziale perch a livello metafisario presentano la cartilagine di coniugazione che rappresenta una zona di minore resistenza alle forze traumatiche indirette. Vi un Distacco Epifisario Puro quando si ha interessamento a livello della sola cartilagine di coniugazione, vi Distacco Epifisario Misto quando si distacca anche un frammento di osso metafisario. Classificazione di Salter e Harris secondo criteri radiografici: Tipo 1 : L'intera epifisi completamente distaccata (distacco epifisario puro) Tipo 2 : Distacco epifisario con un frammento metafisario; la lesione pi comune (distacco epifisario misto) Tipo 3 : Distacco epifisario incompleto Tipo 4 : Distacco epifisario incompleto con un frammento metafisario Tipo 5 : Schiacciamento di tutta o parte dell'epifisi Se tempestivamente trattati, mediante riduzione e immobilizzazione con tutori gessati, i distacchi epifisari guariscono senza esiti. Le principali localizzazioni si hanno a livello dell'epifisi distale del radio, del capitello radiale, del condilo omerale esterno, dell'epitroclea, dell'epifisi prossimale dell'omero, dell'epifisi distale della tibia, dell'epifisi prossimale della tibia e dell'epifisi distale del femore.

FRATTURE LUSSAZIONI
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Si ha frattura-lussazione quando vi lussazione di una articolazione associata alla frattura di uno dei componenti ossei dell'articolazione. Tipiche sono le lussazioni d'anca con frattura della parete cotiloidea e le fratture del collo anatomico o del collo chirurgico dell'omero con lussazione della testa; il trattamento essenzialmente cruento e prevede la sintesi ossea previa la riduzione della lussazione. Le complicanze pi frequenti consistono nelle lesioni nervose, nella rigidit e nella necrosi avascolare. Menzioniamo qui tre fra le fratture-lussazioni di maggiore riscontro clinico: Frattura - lussazione di Monteggia Caratterizzata dalla frattura dell'ulna nel terzo prossimale con concomitante lussazione del capitello radiale la cui dislocazione pu determinare come complicanza principale un danno pressorio del nervo radiale. Il trattamento preferibilmente chirurgico nell'adulto

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Frattura - lussazione di Galeazzi Consiste nella frattura della diafisi radiale nel terzo distale, nella frattura del processo stiloideo ulnare e nella lussazione dell'articolazione distale radio-ulna.

Frattura - lussazione di Bennett Consiste nella frattura della base del primo osso metacarpale con lussazione della prima articolazione carpometacarpale; si verifica come conseguenza di caduta sulla mano flessa con pollice abdotto; la rima di frattura determina la formazione di un frammento della base del primo metacarpale sul lato ulnare e la lussazione radiale del primo osso metacarpale. Il trattamento pu essere cruento previa manovra riduttiva per mezzo di una forte estensione e abduzione del pollice e immobilizzazione in apparecchio gessato. Il trattamento cruento prevede la riduzione e sintesi con filo di Kirschner o con vite.

BIBLIOGRAFIA
Mancini-Morlacchi Clinica Ortopedica Manuale - Atlante Kuner Traumatologia Pietrogrande Lezioni di Clinica Ortopedica e Traumatologica Mc Rae

FRATTURE DELLA ESTREMITA' SUPERIORE DEL FEMORE

Con questo termine intendiamo le fratture del collo del femore e del massiccio trocanterico escludendo le fratture sottotrocanteriche che tratteremo nel capitolo dedicato alle fratture diafisarie del femore. Sono fratture molto gravi perch, come vedremo, sono quanto mai sfavorevoli al processo di riparazione; possono colpire tutte le et essendo per, maggiormente frequenti nell' et senile. Per generarsi, nel giovane, richiedono traumi di notevole intensit mentre nell'anziano, si verificano comunemente per semplici cadute o comunque per l'azione di forze di scarsa entit. Ci determinato dalla particolare struttura anatomica del collo del femore che qui di seguito ricordiamo; la struttura costitutiva del collo del femore prevede una disposizione trabecolare nella quale si possono distinguere essenzialmente tre sistemi traiettoriali di resistenza importanti; compreso tra questi sistemi si distingue una zona triangolare, detta zona di Ward, nella quale l'impalcatura scheletrica risulta meno

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resistente. Tale zona determina un "locus" di minore resistenza ove pu generarsi la frattura. La frattura risulta maggiore come frequenza nell'anziano per la presenza concomitante di una riduzione del tono calcaneare e del numero delle trabecole, caratteristiche queste, dell'osteoporosi senile. Per quel che riguarda la vascolarizzazione dell'epifisi necessario ricordare che essa deriva essenzialmente dalle seguenti arterie: - l'arteria circonflessa anteriore che irrora il gran trocantere e manda un ramo alla testa femorale, essa decorre nella parte anteroinferiore del collo; - l'arteria circonflessa posteriore che d un ramo all'epifisi femorale oltre che per il grande trocantere; - l'arteria del legamento rotondo, nutre la regione della fovea, decorre nel legamento rotondo ed ha un ruolo secondario ai fini della vascolarizzazione della testa. Questo vaso in et avanzata solitamente obliterato.
La frattura del collo determina inevitabilmente una lesione a carico di questi rami, che decorrono lungo il collo, dalla base trocanterica del collo alla testa interrompendo cos la circolazione ematica. Volendo classificare le fratture del collo dobbiamo innanzitutto dividere le: - fratture mediali, interessano il collo fino alla sua base: 1) sottocapitata, al limite tra testa e collo e totalmente intraarticolare 2) transcervicale o mediocervicale, parzialmente articolare - fratture laterali 1) basicervicali (cio alla base del collo) 2) pertrocanteriche, con rima che decorre dal piccolo al grande trocantere 3) isolate dei trocanteri Questa divisione corrisponde ad una diversa prognosi oltre che ad un differente trattamento. Questo legato al fatto che: a) l'inserzione capsulare, differente in quanto la capsula copre una porzione del collo, perci le fratture mediali saranno quasi totalmente intracapsulari, quelle laterali del tutto extracapsulari; b) in base alla descrizione dell'irrorazione sanguigna possiamo affermare che la regione della testa e del collo supportata solo dai rami circonflessi e quindi da una circolazione di tipo terminale, mentre il trocantere dotato di pi sistemi; quindi quest'ultimo meno sensibile al danno provocato da una eventuale frattura. c) la muscolatura altrettanto importante, di fatti nelle fratture mediali manca un manicotto contentivo e

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protettivo d) gli aspetti meccanici spiegano poi, come siano estremamente rare le fratture della testa in quanto ben protetta nell'acetabolo e siano pi frequenti quelle del collo ove minore la protezione e maggiore la forza muscolare che agisce determinando scomposizione dei monconi medesimi. Importante anche analizzare lo spostamento dei monconi, infatti nelle fratture mediali abbiamo che: - la testa resta fissa - il moncone prossimale soggiace all'azione del carico che tende a: a) spostarlo in basso se la rima trasversa (valgo) b) compattarlo se la rima orizzontale (varo) - il moncone distale soggiace alle forze muscolari che tendono a: a) a far risalire il frammento distale b) a farlo ruotare all'esterno Detto questo si pu concludere che le fratture mediali hanno cattiva prognosi e lunghi tempi di consolidazione anche in considerazione dell'et del paziente. Le manifestazioni cliniche sono caratterizzate da: - dolore: all'anca, alla coscia ed eventualmente al ginocchio, non di rado esso limitato o addirittura assente - atteggiamento dell'arto: accorciato ed extraruotato; l'extraruotazione tipica delle fratture della base del collo in quanto in quelle pi prossimali, cio capulari, la presenza di quest'ultima agisce da freno all'extrarotazione che non supera di norma i 60 - impotenza funzionale: impossibilit a sollevare attivamente l'arto dal piano del letto - ematoma, tardivo La diagnosi oltre che alla clinica affidata alla radiologia convenzionale che attraverso la proiezione panoramica del bacino ed una proiezione assiale rende la diagnosi sicura.Per quel che riguarda la terapia vari sono i parametri di cui tenere conto: il tipo di frattura, ovvero se mediale o laterale, le caratteristiche meccaniche e biologiche della frattura e l'et del paziente. Per quel che riguarda le fratture mediali dobbiamo partire dalla valutazione dell'et del paziente considerando che tanto pi avanzata , tanto minore dovr essere il tempo di immobilizzazione del paziente al letto, evitando cos tutte quelle complicanze tipiche della lunga degenza; il trattamento sar, quindi, mirato a sostituire la testa del femore con una protesi (endoprotesi). Per quel che riguarda poi la tipologia della frattura dobbiamo ricordare che una frattura mediale interrompe l'irrorazione ematica alla testa e che tale interruzione sar tanto maggiore quanto pi la frattura sar vicina
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all'epifisi e tanto maggiore sar lo spostamento relativo dei monconi; le fratture sottocapitate e gravemente scomposte saranno quelle a peggiore prognosi mentre quelle basicervicali e composte avranno migliore prognosi. Quindi nelle fratture biologicamente pi sfavorevoli si preferir un trattamento che prevenga il rischio di pseudoartrosi e necrosi sostituendo la testa del femore con una protesi (endoprotesi). L'osteosintesi, cio l'immobilizzazione della frattura mediante viti o chiodi previa riduzione, ha il vantaggio di essere meno invasiva rispetto alla protesi e di consentire una precoce mobilizzazione senza per consentire una rapida ripresa del carico. Sar da utilizzare quindi nei soggetti giovani e che presentano fratture laterali (basicervicali o pertrocanetriche) o comunque ben ingranate. E' necessario comunque fare riferimento anche all'eventuale trattamento mediante trazione ed immobilizzazione (incruento) da riservarsi a casi di fratture incomplete e ben ingranate o a casi non operabili. Le fratture della testa del femore presentano spesso complicazioni; esse sono sia di ordine generale, in riferimento all'et del paziente ed alla prolugata immobilizzazione, sia di ordine locale, quasi esclusivamente a carico delle fratture mediali e che sono la pseudoartrosi e la necrosi epifisaria. FRATTURE DELLA DIAFISI FEMORALE Sono fratture frequenti, soprattutto nei giovani, sono determinate da traumi semplici o di notevole intensit e possono essere di vario genere. Per la lunghezza della leva scheletrica spesso sono multiple anche a pi livelli potendo cos essere responsabili di una intensa sintomatologia dolorosa. Circa il 15 % di tali fratture sono esposte; rare sono le lesioni vascolari importanti, al contrario, spesso coesiste un rischio di shock legato all'imponente perdita ematica che si verifica. Altro importante rischio collegato a questo tipo di fratture l'embolia adiposa legata al rilascio in circolo do microparticelle grasse dai tessuti circostanti lesionati. Le embolie che ne derivano possono essere polmonari o renali, e possono provocare gravi necrosi e fatti flogistici. L'azione della muscolatura gioca poi un ruolo importante nella scomposizione della frattura che in questo caso quasi inevitabile. Distinguiamo schematicamente: - le fratture del terzo superiore ( o prossimale) mostrano, per l'azione traente della muscolatura, una deviazione ad axim: il moncone prossimale per l'effetto della muscolatura glutea viene abdotta e flessa, mentre il moncone distale, sollecitato dalla muscolatura adduttoria, si sposta medialmente - le fratture del terzo medio mostrano una predominanza all'accavallamento dei monconi, ad latus, ove per l'azione dello psoas e dei muscoli pelvi trocanterici si mette in flessione, abduzione e rotazione esterna, mentre il moncone distale per la contrazione degli adduttori e dei muscoli lunghi della coscia, si porta in alto.
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- le fratture del terzo inferiore ( o distale ) lo spostamento sar ad axim con uno spostamento mediale ed in avanti del moncone prossimale, mentre il moncone distale per l'azione del gastrocnemio, si porta in in flessione, che tanto pi accentuata quanto pi bassa la rima di frattura. Nel bambino sono frequenti le fratture subperiostee di tipo spiroide che comportano una minore scomposizione. La sintomatologia di queste fratture caratterizzata dal dolore, intenso, dall'impotenza funzionale, costante e dalla deviazione assiale. Tipicamente l'arto si presenta accosciato e deviato generalmente in varo. Frequente un quadro di shock anche molto grave, dovuto alla vasta perdita ematica. Vaste possono essere le ecchimosi.Le complicazioni delle fratture oltre a quelle sopraddette sono: scomposizione con esposizione e rischio di infezioni; lesioni vascolari della femorale e della poplitea; l'irriducibilit per la interposizione di muscoli; vizio di consolidazione e pseudoartrosi. Il trattamento, che un tempo si basava sull'uso di apparecchi gessati di tipo pelvipodalico con l'impedimento cos della flessione del ginocchio e lo sviluppo di una precoce ipotrofia muscolare, prevede, oggi, una iniziale trazione al fine di ridurre la frattura e la successiva contenzione cruenta che consente cos una precoce mobilizzazione e una riduzione delle complicanze. La contenzione della frattura potr essere ottenuta mediante: - placche e viti, si tratta di un sistema di sintesi ampiamente utilizzata di tipo molto stabile, che consiste nell'apertura del focolaio di frattura e nella successiva immobilizzazione con placca e viti; l'eccessiva stabilit e lo scollamento del periostio, necessario per l'applicazione della placca, fanno s che il callo periosteo, il pi importante per la consolidazione, sia scarso e che quindi l'uso di questo tipo di sintesi sia spesso associato a ritardi di consolidazione ed infezioni. Per ridurre queste complicanze sono in studio delle placche semirigide od elastiche in materiali nuovi; di fatto la sintesi con placca sta' subendo una evoluzione concettuale che porta alla ricerca di una placca ideale formata da materiale biocompatibile, sufficientemente elastico da consentire le sollecitazioni eutrofiche e nello stesso tempo resistente per impedire sollecitazioni abnormi durante la consolidazione. - chiodo endomidollare, in questo caso si ottiene dapprima la riduzione a cielo chiuso della frattura e successivamente si introduce, dalla porzione prossimale del femore, un lungo chiodo, a sezione differente, per tutta la lunghezza della diafisi ottenendo cos la stabilizzazione; ideato negli anni '40 con indicazione per le fratture oblique del terzo medio del femore oggi viene, dopo sviluppi nei disegni e nell'applicazione utilizzato per il trattamento di varie fratture anche comminute; vari sono i tipi di chiodi utilizzati, quelli di Rush e di Ender ( elastici ), quello di Kuntscher ( meno elastico) e quello di Grosse-Kempf ( rigido ). L'inchiodamento endomidollare consente una rapida mobilizzazione del paziente, non disturba la circolazione periostea ed di facile rimozione.
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-fissatore esterno, di tipo assiale o circolare, si applica a cavallo della rima di frattura, con fissazione all'osso mediante grossi chiodi (fisches) o fili trapassanti, posti a monte e a valle del focolaio. Tale sistema consente di dosare la rigidit dell'intero sistema agendo sulla stabilizzazione degli elementi di presa sull'osso, poco invasivo nell'applicazione, non comporta l'apertura del focolaio di frattura, rendendo questo sistema insostituibile nel trattamento delle fratture infette, esposte o dove coesistano perdite di sostanza a carico dei tessuti molli. FRATTURE DELLA ESTREMITA' INFERIORE DEL FEMORE Le tipiche fratture del terzo inferiore della diafisi sono a rima trasversale od obliqua e l'interruzione della diafisi avviene in un tratto compreso tra la base dei condili e circa 10 cm. prossimalmente a questi.Le fratture dell'estremit distale del femore possono essere molto difficili da trattare, a prescindere dalla scelta di metodi conservativi o chirurgici. Esisitono difficolt oggettive, come, ad esempio tenere un paziente anziano in trazione, e successivamente in un apparecchio gessato, sia problemi di sintesi e di infezione quando si seguono metodi chirurgici.Recenti miglioramenti, sia dal punto di vista chirurgico sia dal punto di vista conservativo, hanno permesso di ottenere migliori risultati nel trattamento delle fratture dell'estremit distale del femore. Queste fratture possono essere classificate in: - sovracondiloidee, senza interessamento della articolazione che a loro volta possono essere con spostamento e senza spostamento. - condiloidee, con interessamento dell'articolazione che possono essere monocondiloidee o bicondiloidee. Nelle fratture condiloidee il quadro clinico dominato dai segni della compromissione articolare; per la presenza dell'emartro i rilievi ossei del ginocchio sono scomparsi; l'ecchimosi imponente e si estende a distanza nel cavo del poplite e lungo la faccia posteriore della gamba. Il ginocchio pu essere deviato in varismo od in valgismo a seconda che la frattura sia al condilo interno o a quello esterno. La deformit pi accentuata la si ha nelle fratture bicondiloidee in cui pu rilevarsi un evidente accorciamento dell'arto. Le fratture senza spostamento possono essere trattate con una trazione di alcuni giorni seguita dall'applicazione di un apparecchio gessato. La trazione attuata mediante filo di Kirschner in prossimit della tuberosit tibiale, successivamente viene applicato un apparecchio gessato di tipo pelvi-podalico (dal bacino al piede). Per quel che riguarda le fratture condiloidee, al fine di ottenere dei risultati funzionali buoni, ci dobbiamo preoccupare di garantire un'accurata riduzione della frattura. Per questo il trattamento generalmente di tipo chirurgico utilizzando delle lame-placca o placche condiliche ove, comunque, il successo del trattamento dipende dall'accuratezza della tecnica chirurgica e dalla presenza di tessuto osseo con sufficiente resistenza.E' importante che la placca venga applicata al lato esterno del femore e che sul lato mediale i frammenti ossei
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costituiscano un puntello osseo, questo per evitare rotture dei mezzi di sintesi. Qualora mancasse sufficiente resistenza del sistema, come nel caso di gravi fratture comminute ci si pu servire di trapianti ossei.Le fratture isolate dei condili vengono efficacemente trattate mediante l'uso di viti da spugnosa o placche e viti. Successivamente il trattamento prevede il precoce inizio di una terapia di movimento attiva che pu essere iniziata poco dopo l'intervento chirurgico cui fa seguito una ripresa del carico che dipender dal tipo di osteosintesi e dal mezzo di sintesi usato. FRATTURE DELLA ROTULA Le fratture della rotula, osso sesamoide compreso nello spessore del tendine rotuleo, rappresentano circa l'1 % di tutti i traumi dello scheletro; possono essere causate da traumi indiretti, soprattutto nei casi in cui il quadricipite si contrae violentemente nel tentativo di estendere il ginocchio che si trova in flessione forzata. Queste fratture sono generalmente trasversali o comminute e non risparmiano i legamenti alari del ginocchio che possono essere in questo modo lesionati e determinare l'entit della diastasi dei monconi.La rotula per anche esposta anche a fratture derivanti da traumi diretti, di fatti la posizione sottocutanea in cui si trova la rende vulnerabile a tali traumi; l'urto violento contro il cruscotto della autovettura o una caduta a terra spesso determinano fratture gravemente comminute; in genere il grado di scomposizione minimo.Clinicamente tali fratture si manifestano con una emorraggia notevole con il sangue che si riversa sia nell'articolazione sia attraverso le lacerazioni della capsula e della fascia nel tessuto sottocutaneo. Il dolore sempre presente soprattutto ai movimenti dell'articolazione del ginocchio e alla pressione della rotula. Il trattamento differente in funzione della composizione dei monconi: le fratture composte vengono trattate immobilizzando il ginocchio in estensione completa con una ginocchiera gessata; la consolidazione richiede circa sei settimane al termine di tale periodo se la consolidazione sufficiente possibile iniziare una cauta mobilizzazione attiva e passiva.Le fratture trasversali con diastasi (scomposizione) dei monconi richiedono il trattamento chirurgico; dunque i frammenti devono essere ridotti in posizione anatomica e fissati mediante cerchiaggi, cos detti, ad "8" avvolti intorno a chiodi conficcati nel corpo della patella.Anche in questo caso la mobilizzazione deve essere intrapresa solo dopo una buona consolidazione della frattura. Nel caso di severe fratture comminute a carico del polo superiore od inferiore della rotula si proceder ad una patellectomia subtotale con conservazione di almeno una met della superficie articolare. FRATTURE DEL PIATTO TIBIALE

Le fratture del piatto tibiale sono fratture articolari e, coinvolgendo un'articolazione che sopporta importanti carichi di lavoro, hanno prognosi incerta. Il meccanismo traumatico a volte di difficile comprensione anche se solitamente di tipo indiretto e
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si realizza per compressione del condilo femorale sull'emipiatto tibiale sottostante. L'emipiatto tibiale esterno si frattura pi frequentemente di quello interno; questo dovuto al fisiologico valgismo del ginocchio, alla trabecolatura dell'osso che nell'emipiatto esterno meno resistente di quello interno e perch i traumi si realizzano pi spesso in valgo. Si possono verificare anche fratture bicondiloidee la cui incidenza inferiore rispetto alle precedenti.
CLASSIFICAZIONE

Distinguiamo tre differenti tipi di frattura: - fissurazione; - compressione; - fissurazione-compressione.


La fissurazione porta alla formazione di un cuneo osseo che si stacca dalla estremit prossimale di tibia; sono pi frequenti nei giovani perch provocate da traumi ad alta velocit.La frattura per compressione produce un'impronta sull'emipiatto per impattamento del condilo femorale; si realizza prevalentemente in persone anziane soprattutto se affette da osteoporosi. La fissurazione-compressione presenta entrambe le caratteristiche.

CLINICA Il dolore sempre presente, viene esacerbato dalle manovre semeiologiche e pu essere diffuso a tutta l'articolazione. La tumefazione solitamente importante e pu richiedere l'esecuzione di artrocentesi. La diffusione del versamento articolare negli spazi periarticolari prova la lacerazione della capsula. Difficilmente si hanno complicazioni vascolari e/o nervose (paralisi del nervo sciatico-popliteoesterno). Le lesioni legamentose sono rare mentre pi frequenti sono le lesioni meniscali associate.
ESAMI STRUMENTALI

La diagnosi Rxgrafica viene posta con l'esecuzione di proiezioni standard (antero-posteriore e laterale); la proiezione obliqua pu essere d'aiuto nel caso in cui vi sia un dubbio diagnostico. L'anatomia della frattura viene studiata sottoponendo il paziente a Stratigrafia e T.C. capaci di informare accuratamente sulle caratteristiche della frattura.
TRATTAMENTO
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Il trattamento pu essere conservativo, chirurgico a cielo aperto o in artroscopia. Quest'ultima metodica consente di trattare agevolmente eventuali lesioni meniscali e/o legamentose associate. Il trattamento conservativo pu essere eseguito mediante l'applicazione di un apparecchio gessato femoro-podalico per un periodo di 3-6 settimane, oppure mediante la tecnica di trazione e mobilizzazione che consente di mantenere una corretta riduzione e allineamento della frattura pur mobilizzando passivamente e attivamente l'articolazione. Il paziente dovr mantenere la trazione per un tempo variabile dalle 4 alle 18 settimane. Il trattamento conservativo indicato nelle fratture composte o poco scomposte. Il trattamento chirurgico a cielo aperto prevede l'utilizzo di viti e/o placche metalliche a seconda del tipo di frattura. Nei gravi infossamenti e nelle importanti scomposizioni pu essere richiesta una zappatura dell'osso.
FRATTURE DI GAMBA

Le fratture di gamba sono fratture extra-articolari e per definizione interessano contemporaneamente entrambe le ossa della gamba. Sono frequenti, spesso esposte e pertanto ad alto rischio infettivo. Il meccanismo traumatico pu essere sia di tipo indiretto sia di tipo diretto. Nel primo caso si realizzano per brusche torsioni o flessioni della gamba con la caviglia immobilizzata (trauma da sci); la rima di frattura solitamente di tipo spiroide od obliqua ed localizzata ad un livello diverso rispetto al punto in cui avvenuto il trauma. Le fratture per trauma diretto si verificano frequentemente negli incidenti automobilistici; la rima di frattura pu essere trasversale, obliqua o comminuta e si trova nel punto in cui avvenuto il trauma. L'80% delle fratture interessa 1/3 medio di gamba.

CLASSIFICAZIONE Inizio documento

Da un punto di vista anatomo-patologico distinguiamo fratture semplici e fratture complesse; nelle

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fratture semplici si realizzano due frammenti ossei mentre nelle fratture complesse pi di due frammenti.
Le fratture semplici possono essere: - fratture trasversali ed oblique corte provocate principalmente da traumi in flessione; - fratture spiroidi od oblique lunghe; sono secondarie ad un trauma indiretto in torsione esterna, pi raramente per torsione interna. Le fratture complesse si distinguono in: v fratture a tre frammenti: - ad ala di farfalla per torsione: sono determinate da un trauma importante raramente sono esposte e il perone sempre fratturato; - ad ala di farfalla per flessione: sono pi frequenti delle precedenti e sono esposte; - fratture bifocali: caratterizzate dalla presenza di due rime di frattura isolate da un frammento intermediario; sono dovute a traumatismi violenti e diretti; - fratture comminute; - per torsione; date da un trauma indiretto; - per flessione: risultano da un traumatismo diretto, sono pi gravi delle precedenti e spesso accompagnate da lesioni dei tessuti molli. LESIONI ASSOCIATE
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Lesioni cutanee Le lesioni cutanee sono frequenti nelle fratture di gamba e se presenti condizionano il trattamento iniziale della frattura che deve essere considerata a rischio per infezioni.Si distinguono tre tipi di lesioni cutanee: - Tipo1: ferite semplici, facili da suturare; - Tipo 2: ferite lacero contuse a bordi larghi relativamente piccole con cute ecchimotica e abrasa per il trauma che possono andare incontro a necrosi ma che tuttavia possono essere suturate immediatamente; - Tipo 3: perdita di sostanza cutanea, sicura necrosi, sutura immediata impossibile.
Lesioni muscolari
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Solitamente sono modeste e si riducono ad una semplice contusione anche se possono verificarsi lacerazioni muscolari nel caso di una importante esposizione del focolaio di frattura. Lesioni vascolari e nervose Rare (0,5%) le lesioni arteriose; possono interessare l'arteria poplitea, il tronco tibio peroneale, la tibiale anteriore e posteriore. Le lesioni nervose (1,4%) possono essere dovute a una sezione, contusione o compressione del nervo sciaticopopliteo-esterno del nervo tibiale anteriore o di entrambi. Il nervo tibiale posteriore pu essere interessato nel caso in cui il traumatismo si realizzi nella loggia posteriore. CLINICA

Sintomatologia modesta nelle fratture incomplete e sottoperiostee, mentre importante nelle fratture complete e/o esposte che sono sempre accompagnate da impotenza funzionale e frequentemente da extrarotazione del piede. E' importante osservare la cute sovrastante il focolaio di frattura e ricercare una eventuale lesione vascolare e/o nervosa (osservando la colorazione del piede, palpando il polso pedidio e tibiale posteriore, saggiando la motilit delle dita e la sensibilit del piede).
ESAMI STRUMENTALI

Per confermare la diagnosi sufficiente l'esecuzione di Rxgrafia in proiezione antero-posteriore e laterale. Nel caso in cui vi sia solo il sospetto di una lesione vascolare si impone l'esecuzione di un'arteriografia d'urgenza.
TRATTAMENTO

Il trattamento delle fratture di gamba dipende dal tipo e dalla localizzazione della frattura e pu essere conservativo o chirurgico. Il trattamento conservativo prevede l'applicazione di un apparecchio gessato previa riduzione manuale o su telaio di Bohler quando necessario. l trattamento chirurgico pu eseguirsi mediante: - viti metalliche; si usano raramente nelle fratture spirioidi; - placche metalliche; utilizzate nelle fratture oblique lunghe e spiroidi; - chiodo endomidollare; fratture oblique e trasverse prevalentemente se localizzate al 1/3 medio. Il posizionamento del chiodo pu avvenire sia a cielo aperto sia a cielo chiuso. - fissatore esterno; indicato nelle fratture esposte, fratture comminute chiuse e nel trattamento di
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pseudoartrosi. Il trattamento delle fratture di gamba non scevro da complicazioni tra cui le pi frequenti sono il ritardo di consolidazione e la pseudo-artrosi che si manifestano con dolore in appoggio e durante la deambulazione; l'esame Rxgrafico confermer il sospetto diagnostico.
FRATTURE DELLA TIBIO-TARSICA
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L'articolazione tibio-tarsica formata da tibia, perone e astragalo in modo tale che tibia e perone formino un'estremit ad incastro per la troclea astragalica (pinza tibioperoneale). Mezzi d'unione di questa articolazione sono rappresentati dalla capsula articolare e da legamenti (legamento deltoideo, peroneo-astragalico anteriore, peroneo-astragalico posteriore e peroneocalcaneare).
FRATTURE DEL PILONE TIBIALE

Sono fratture importanti perch coinvolgono l'articolazione tibio-tarsica. Il meccanismo traumatico di difficile ricostruzione perch complesso e determinato dall'azione sinergica di molte forze (compressione, torsione, flessione o trazione). Frequentemente si realizzano per traumi da sci.
CLASSIFICAZIONE

Secondo Weber si distinguono tre tipi di frattura: - formazione di un frammento anteriore e posteriore; - formazione di un frammento anteriore; - formazione di un frammento posteriore. In associazione possiamo avere interessamento della pinza malleolare (il malleolo esterno e pi coinvolto) dei legamenti (principalmente i laterali esterni) e dell'astragalo.
ESAMI STRUMENTALI

Si devono eseguire Rxgrafie in proiezione antero-posteriore e di profilo centrate sull'interlinea. Pu essere utile l'esecuzione di una T.C. per studiare la frattura.

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TRATTAMENTO

Il trattamento principalmente chirurgico e pu essere preceduto da un periodo di trazione transossea se sono associate lesioni cutanee importanti. Sono fratture instabili e la riparazione chirurgica deve ripristinare la normale superficie articolare. Complicanze tardive sono rappresentate da processi infettivi (pi frequenti nelle fratture esposte), pseudoartrosi, sindrome algodistrofica (interessano pi frequentemente le forme trattate con trazione e immobilizzazione) .

FRATTURE DEI MALLEOLI

Anche per le fratture malleolari il meccanismo tarumatico complesso. E' determinato da tre principali meccanismi di frattura: adduzione, abduzione e rotazione. Considerando il meccanismo traumatico abbiamo quattro differenti tipi di frattura: - tipo I: si realizza per un meccanismo traumatico in adduzione e comporta una frattura trasversale del perone sotto la sindesmosi (che rimane intatta) e verticale della tibia. - tipo II: il meccanismo di frattura in abduzione e determina frattura del perone sopra alla sindesmosi e frattura del malleolo tibiale con dislocamento del frammento per azione del L.L.I. che spesso lesionato. - tipo III: frattura per rotazione esterna con frattura obliqua o spiroide del perone, lesione del legamento peroneo-tibiale anteriore e frattura a rima trasversale della tibia con possibile dislocamento del frammento per azione traente del L.L.I. - tipo IV: frattura del perone per rotazione esterna con rima obliqua o spiroide alla sindesmosi, lesione del legamento peroneo tibiale posteriore e rima di frattura trasversale alla tibia. Il tipo III e Il tipo IV rappresentano il 75% di tutte le fratture, in particolare il tipo IV ne rappresenta da solo il 50%. Esistono anche fratture monomalleolari interessanti il solo malleolo interno o esterno e fratture trimalleolari che oltre ad interessare i due malleoli coinvolge anche il margine posteriore della tibia (frattura di Cotton).
CLINICA

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L'esame obiettivo di primaria importanza per diagnosticare la frattura ed evidenziare le complicanze immediate. I segni e sintomi sono quelli classici delle fratture. Nelle fratture in abduzione il piede solitamente atteggiato in rotazione esterna, mentre atteggiato in rotazione interna nelle fratture per adduzione.
COMPLICANZE

Frequentemente ritroviamo segni del trauma nella regione posteriore della caviglia sotto forma di ecchimosi e/o ematoma. Raramente si hanno lacerazioni cutanee, lesioni vascolari e/o nervose.
ESAMI RADIOLOGICI

In urgenza una Rxgrafia in proiezione antero-posteriore e laterale sono le uniche realizzabili. Se la frattura molto scomposta sar necessario ripetere l'indagine radiografica a riduzione avvenuta (l'asse della tibia deve passare per il centro dell'astragalo). E' importante osservare la larghezza dell'interlinea articolare tibio-perone-astrogalica che deve essere costante per escludere un infossamento del pilone tibiale. 'indagine tomografica riservata ai casi difficili. TRATTAMENTO Il trattamento pu essere conservativo o chirurgico: - il trattamento conservativo prevede, a riduzione avvenuta, il confezionamento di un gesso femoropodalico modellato con il piede a 90 e il ginocchio a 20 per un periodo di 45 gg; - il trattamento chirurgico prevede la riduzione e sintesi della/e frattura/e mediante l'uso di placche metalliche e/o viti. La riparazione chirurgica delle lesioni legamentose associate non deve essere sistematica ma affidata alla gravit della lesione. Il trattamento chirurgico preferito nei soggetti sportivi e si impone nelle fratture di tipo I, tipo II e negli infossamenti del pilone tibiale.
FRATTURE DI CALCAGNO

Le fratture di calcagno si presentano frequentemente complesse ed il trattamento chirurgico difficile. Sono le fratture pi frequenti del tarso. Si realizzano principalmente per cadute dall'alto sui talloni, pi raramente per traumatismi diretti o per

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importanti contrazioni del tricipite della sura (frattura della grande tuberosit).
FISIOPATOLOGIA

Il calcagno soggetto a due forze parallele dirette in senso opposto; Il peso del corpo trasmesso dall'astragalo alla parte antero-interna e la resistenza del suolo trasmessa sul tubercolo posteriore. La posizione del piede e la direzione della risultante delle forze determiner il tipo di frattura che potr essere: - fratture isolate delle apofisi (extratalamiche) - fratture isolate del corpo: talamica, pretalamica e retrotalamiche - fratture pluriframmentarie - lussazione
CLINICA

All'esame obiettivo comparato si osserva ecchimosi e abbassamento apparente dei melleoli. Il paziente lamenter impotenza funzionale. Il tendine di Achille deteso deve far sospettare una frattura dell'angolo postero-superiore o una frattura della grande tuberosit.
ESAMI STRUMENTALI

I rapporti articolari che calcagno e astragalo contraggono normalmente sono radiograficamente definiti dall'angolo di Bohler dato dall'incrocio di due rette, una tangente al punto pi elevato del talamo e al punto pi prominente della grande apofisi e l'altra tangente al punto pi alto del talamo e al punto pi prominente della grossa tuberosit. In condizioni fisiologiche questo angolo compreso tra i 25 e i 40. La misurazione radiografica dell'angolo di Bohler consente di classificare le fratture secondo tre differenti stadi di gravit: - Stadio I: angolo a 10-15 - Stadio II: annullamento dell'angolo - Stadio III: inversione dell'angolo.
TRATTAMENTO
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Pu essere conservativo o chirurgico.La consolidazione buona grazie alla valida vascolarizzazione ed avviene in 6-8 settimane tuttavia tra le complicazioni tardive menzionamo i vizzi di consolidazione soprattutto sotto il malleolo esterno e sulla tibio-tarsica che sono responsabili di conflitto doloroso e/o di limitazione funzionale, l'artrosi post-traumatica (che trova all'esame obiettivo un punto doloroso elettivo sotto il malleolo esterno) e l'osteoporosi.
FRATTURE DEL TARSO, METATARSO E DELLE DITA

I traumatismi all'avanti piede sono frequenti e si realizzano principalmente per traumi diretti. La sintomatologia caratterizzata da dolore, ematoma, tumefazione in regione dorsale e da limitazione funzionale.
ESAMI STRUMENTALI

L'Rxgrafia deve eseguirsi in proiezione antero-posteriore, laterale e dorso-plantare. Se dovessero persistere dei dubbi potr ripetersi la proiezione di profilo variando la prono-supinazione del piede ed eseguirsi un a Rxgrafia comparata.
FRATTURE DEL TARSO ANTERIORE

Le fratture isolate di scafoide, cuboide e cuneiforme sono solitamente secondarie a un traumatismo indiretto (Caduta sul piede atteggiato in flessione plantare). I traumi diretti provocano fratture multiple e lesioni cutanee. La contrazione dei muscoli della gamba e l'atteggiamento del piede condizionano il tipo di frattura.
FRATTURE DI SCAFOIDE

Si distinguono 4 tipi di fratture: - frattura del tubercolo interno; - frattura superficiale dorsale; - frattura totale di scafoide: la rima di frattura pu essere verticale, ad Y, comminuta ma abitualmente la rima orizzontale. Soventemente instabile e richiede stabilizzazione con filo percutaneo; - lussazione di scafoide: fequentemente associata a lussazione medio-tarsica. All'esame obiettivo pu risultare cavismo plantare o sporgenza dell'osso sul dorso del piede
FRATTURA CUBOIDE
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Sono rare e secondarie a un trauma diretto sulla faccia esterna del dorso del piede.
FRATTURA DEL CUNEIFORME

Eccezionalmente sono fratture isolate. Per la diagnosi si richiede un'attenta osservazione delle Rxgrafie.
FRATTURA DEI METATARSI

Sono frequenti, per lo pi determinate da trauma diretto o a un movimento forzato in equino e torsione dell'avanti-piede. I sintomi sono caratterizzati dal dolore precoce, l'ecchimosi dorsale ed interdigitale. Le fratture possono interessare: - diafisi: possono essere semplici (trasversale od obliqua), multiframmentarie, chiuse o aperte; - collo (testa) del metatarso: possono essere singole o multiple. Si osserva movimento della testa verso la pianta del piede; - base del V: fratture da strappamento per azione del peroneo breve che qui si inserisce. Il trattamento per lo pi ortopedico con gesso o bendaggio elastico. Il trattamento chirurgico riservato alle fratture complesse della diafisi metatarsale .
BIBLIOGRAFIA
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Encycl. Md. Chir., Paris, Appareil locomoteur, 14099 A10, 9-1983 Zahlaoui J. et Witvoet J. Fractures de jambe. Encycl. Md. Chir., Paris, Appareil locomoteur, 9-1981, 14086 A10 et A20. Vives P., De Lestang M. et Hourlier H. Anatomie, phisiologie de la tibio tarsienne. Encycl. Md. Chir., Paris, Appareil locomoteur, 14088 A10, 5.1986, 4 p. Lestang M., Hourlier H. et Vives P. Fractures du pilon tibial de l'adulte. Encycl. Md. Chir., Paris, Appareil locomoteir, 14088 D10, 5-1986, 12 p. Insall Chirurgia del ginocchio Verduci Editore G.C. Balboni e coll. Anatomia Umana. edi-ermes I.A. Kapandji Fisiologia articolare Marrapese editore demi

LE FRATTURE VERTEBRALI

Le fratture vertebrali costituiscono il 4% delle lesioni fratturative dell'apparato scheletrico e hanno maaggiore incidenza nel sesso maschile nel III-IV decennio di vita. Il segmento pi interessato il tratto dorso-lombare seguito dal tratto cervicale, lombare e toracico. In ambito classificativo generale va sottolineata la principale evenienza che si pu associare alla frattura ovvero l'interessamento delle strutture neurologiche strettamente legate alla colonna vertebrale. Si distinguono pertanto: - fratture senza interessamento neurologico (fratture amieliche) - fratture con interessamento neurologiche (fratture mieliche).
La frattura mielica pu aversi per una compressione dei frammenti ossei direttamente sulle formazioni nervose midollari e radicolari ed anche per un'azione di taglio pi o meno completa del midollo. Si ha compressione anche per altre due cause che sono il formarsi di un ematoma extra od intra- murale (ematomielia posttraumatica) ed il realizzarsi di una angolatura del canale midollare. Si devono ricordare inoltre nell'evento

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traumatico vertebrale le lesioni delle strutture osteo-disco-legamentose. In considerazione della localizzazione anatomica distinguiamo: - fratture anteriori isolate o fratture del corpo vertebrale - fratture della porzione posteriore o fratture arcali - fratture totali che interessano sia il corpo che gli archi posteriori. Sulla base del meccanismo traumatico si evidenziano inoltre quadri anatomo-patologici differenti: - fratture da schiacciamento a cuneo: rapopresentaano il tipo pi frequente realizzandosi nei traumatismi con compressione assiale del rachide (caduta dall'alto) e determinando uno schiacciamento vertebrale della parte anteriore del corpo tanto che la vertebra assume un aspetto cuneiforme. - frattura comminuta o da scoppio completa ed incompleta: si realizza con un meccanismo di iperflessione associata o meno alla rotazione. In tali fratture si pu avere spostamento dei frammenti ossei e di parti del disco tale da determinare un interessamento midollare centrale o centro-laterale. - fratture-lussazioni vertebrali: sono dovute a traumi con forze di distrazione-flessione, traslazione e distensione che realizzano una dislocazione della vertebra superiore sulla sottostante condizionandone lo schiacciamento. Sono fratture che comportano complicazioni neurologiche precoci o tardive che consistono in semplici irritazioni radicolari ma pi spesso compressioni midollari o paralisi da sezione trasversa. Il quadro clinico in caso di frattura vertebrale dato da: - dolore in corrispondenza della sede di frattura, ev. irradiantesi nei corrispondenti territori metamerici. - rigidit della colonna conseguente alla contrattura antalgica della muscolatura paravertebrale - impotenza funzionale al carico sul rachide direttamente correlata alla gravit della lesione in atto. - pu esserci deformit scheletrica del rachide (gibbo). Alla valutazione clinico-radiografica (Rx in bending laterale, TAC, RNM) si dovr testare in prima istanza il mantenimento o meno della stabilit a carico del segmento interessato dalla lesione traumatica in quanto tale dato fondamentale per un corretto criterio terapeutico in quanto la prognosi di una instabilit discoligaamentosa si presenta nella maggiorparte dei casi sfavorevole. In caso di frattura mielica oltre al quadro clinico sopra descritto si pu evidenziare una sintomatologia caratteristica delle sindromi spinali con la sola differenza della sua transitoriet. In particolare nelle lesioni spinali si distinguono 4 gradi di gravit d'interessamento neurologico: - commozione del midollo spinale (reversibile). - contusione del midollo spinale ( non completamente reversibile) - compressione spinale (in genere irreversibile)
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- sezione trasversa del midollo (shock spinale comprendente una triade di disturbi sensitivi, motori e vegetativi). La lesione midollare parziale o totale una evenienza prognosticamente assai grave e la sua sintomatologia pu esordire immediatamente o dopo intervallo libero (paralisi flaccida completa - automatismi midollari - spasticit con comparsa nel tempo di contratture articolari difficilmente vincibili). In relazione al tratto di rachide interessato varia la sintomatologia, il decorso clinico e la terapia delle fratture vertebrali. FRATTURE DEL RACHIDE CERVICALE

A questo livello la lesione ossea si accompagna spesso a gravi lesioni neurologiche o all'exitus per lesioni bulbari. Nelle fratture di C1 e C2 senza compromissione neurologica vi dolore precoce, irradiato lungo il n. grande occipitale, rigidit da contrattura ed impotenza funzionale. - La frattura del dente dell'epistrofeo con lussazione anteriore dell'atlante pu sospettarsi se vi una dolorosa instabilit del capo per cui il paziente si regge il capo con le mani (segno di Putti); si associa a torcicollo, difficolt alla deglutizione, dolorabilit alla masticazione, disartria, scialorrea, e paralisi del velopendulo. Possono inoltre distinguersi tre forme di fratture dell'epistrofeo diverse per stabilit, terapia e prognosi a seconda dell'altezza di localizzazione della frattura (apice, base e corpo dell'epistrofeo). - La frattura isolata del processo odontoideo pu sospettarsi per una rachialgia cervicale alta con limitazione della motilit attiva, dolore alla digitopressione in corrispondenza della fossetta nucale e sul corpo vertebrale raggiunto attraverso il faringe. la terapia di tali fratture amieliche viene realizzata mediante immobilizzzione e contenzione previa ev. riduzione incruenta tramite trazione applicata al capo( trazione transossea di Crutchfield).
Nelle fratture del restante tratto cervicale si pratica una volta ottenuta la riduzione una immobilizzazione con Minerva gessata. Esiste una particolare lesione del rachide cervicale che si produce per caduta diretta sulla testa detta frattura di Jefferson in cui l'anello dell'atlante si frattura a causa della forza compressiva sui condili trasversi del suboccipite e le superfici articolari dell'epistrofeo. Nelle fratture cervicali indicazioni all'intervento chirurgico sono l' irriducibilit, la presenza di diastasi, l' et avanzata, la mancata guarigione ossea dopo 20 settimane ed ev. associazione con lesioni nervose.

FRATTURE DEL RACHIDE DORSO LOMBARE

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Si realizzano in genere a causa di movimenti in iperflessione e sono per lo pi localizzate a livello del passaggio dorso-lombare(D12-L1) poich tale regione anatomica costituisce il fulcro su cui avviene il movimento di flessione forzata del rachide. Seguono come frequenza le fratture di D5 ed L3. la sintomatologia si manifesta con dolore esacerbato dalla digitopressione, contrattura della muscolatura paravertebrale corrispondente al tratto interessato, associato talvolta ad alterazioni neurovegetative quali la ritenzione urinaria e l'ileo paralitico. Se la frattura interessa il rachide dorsale il dolore pu essere irradiato anteriormente lungo gli spazi intercostali. Le fratture vertebrali totali con notevole lesione capsulo-legamentosa sono particolarmente instabili e pericolose perch posono facilmente interessare il midollo. Il trattamento delle fratture dorso-lombari amieliche prevede il mantenimento di una posizione che non modifichi le fisiologiche curve attraverso l'applicazione di cuscini e supporti da usare subito dopo il trauma ed al ricovero del paziente in ambiente ospedaliero. In un secondo tempo verr confezionato un corsetto gessato in stazione eretta a paziente seduto od in piedi utilizzando una trazione cervicale a fionda. Per le fratture di D1-D2-D3 il corsetto gessato viene modellato facendo presa a livello del mento e dell'occipite; per le fratture dorsali basse, il corsetto deve invece estendersi dallo sterno alla sinfisi pubica lasciando libere le ascelle e permettendo una flessione dell'anca a 90. Qualunque sia il livello del segmento di colonna interessato da una frattura o frattura lussazione occorre instaurare al pi presto alcuni provvedimenti terapeutici fondamentali quali l'attivit muscolare isometrica della muscolatura del tronco e paravertebrale oltre che quella dell'arto superiore, l'assistenza respiratoria e dietetica. Nelle lesioni mieliche inoltre dovr essere prevenuta la possibilit di piaghe da decubito sacrali e monitorato il controllo della vescica e dell'intestino. Se il paziente presenta un deterioramento neurologico progressivo, se la frattura francamente instabile o se esposta, se presente in un politraumatizzato, se il paziente scarsamente collaborante il trattamento di scelta dovr essere chirurgico e prevedere una sintesi con placche o viti translaminari od altri dispositivi di fissazione interna (Harrington, Cotrel-Dubusset et alia) con o senza l'utilizzo di innesti ossei omologhi per via anteriore o posteriore. Nelle fratture toraco-lombari mieliche, l'interessamento midollare pu essere
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causato dall'azione lesiva dei frammenti ossei o a trauma indiretto. Il loro trattamento prevede l'utilizzo di interventi sul midollo di pertinenza neurochirurgica di natura esplorativa e decompressiva e/o interventi diretti sulle lesioni radicolo-midollari seguita dalla riduzione della frattura con le tecniche sovraesposte per il trattamento delle frattire dorso-lombari amieliche.
Bibliografia Fratture e Lussazioni. Watson-Jones Ed. Vol II. Piccin, Padova 1991. Manuale dell'osteosintesi. M.E Muller, M. Allgower. Springer-Verlag 1993 Handbook di Traumatologia. E. Kuner, V. Schlosser. Mediserve 1992.

LE LUSSAZIONI

Principi Generali La lussazione la completa perdita della congruit fra le superfici articolari di un' articolazione solitamente causata da un trauma. Pertanto i capi ossei che prendono parte ad una articolazione risultano essere completamente dislocati l' uno rispetto all' altro. Nella sublussazione la perdita di contatto fra le superfici articolari incompleta; tale situazione, tipica di patologie ortopediche quali le infezioni articolari, l'artrite reumatoide e le displasie congenite, potrebbe evolvere verso una lussazione completa. Da un punto di vista cronologico possiamo suddividere le lussazioni in: a) recenti, se si sono verificate nelle precedenti 24-36 h, b) inveterate, se si sono verificate in un periodo precedente, c) recidivanti, se si sono ripetute nel tempo.
Se oltre a ripetersi per nuovo evento traumatico, si ripetono anche in assenza di traumi si parla di lussazioni abituali. La sintomatologia caratterizzata principalmente da dolore e impotenza funzionale, con tipica deformit
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della regione interessata e resistenza elastica ai tentativi di mobilizzazione della articolazione. La diagnosi indirizzata dalla valutazione anamnestico-clinica confermata dal reperto radiologico che deve precedere qualsiasi tentativo di riduzione. Le complicanze possono essere immediate, qualora la lesione comporti anche la frattura del capo lussato e/o coinvolga le strutture vascolo-nervose. Responsabili delle complicanze tardive sono invece le lassit articolari, da insufficiente riparazione dei sistemi legamentosi (lussazioni abituali), la necrosi asettica del capo lussato da interruzione dei vasi nutritizi e i problemi di rigidit legati alle ossificazioni periarticolari. Dal punto di vista terapeutico determinante ottenere una riduzione per via incruenta entro le prime 24-48 h e quindi immobilizzare l'articolazione per un periodo che dipende dalla localizzazione della lesione. La terapia cruenta diventa necessaria qualora ci si allontani dal tempo indicato per la riduzione incruenta oppure ogniqualvolta intervengano complicanze (associazione con fratture, interposizione dei tessuti molli, ect.) che rendono irriducibile la lussazione. Le lussazioni pi frequenti sono quelle di spalla (lussazione della scapolo-omerale e lussazione della acromio-claveare), seguite da quelle di gomito, di dita, d' anca e di ginocchio (lussazione della femoro-rotulea). 1) Lussazione della spalla (scapolo-omerale) La struttura anatomica dell' articolazione scapolo-omerale (il rapporto tra grandezza della superficie articolare della testa dell' omero e la cavit glenoidea di 3/1) responsabile dell' alta frequenza della lussazione traumatica di spalla. La mancanza di continenza ossea sebbene consenta un ampia articolarit alla spalla, ne riduce la stabilit che garantita dall' apparato capsulo-legamentoso e dalla muscolatura. Nel caso di lussazione la concomitante ampia lacerazione dei tessuti molli responsabile della frequenza di recidiva. La lussazione di spalla si realizza per caduta sul braccio in estensione, sul gomito o direttamente sulla spalla. Quando la spalla lussa, la testa dell' omero pu portarsi davanti alla glenoide (lussazione anteriore), dietro la glenoide (lussazione posteriore) oppure sopra la glenoide (luxatio erecta). La lussazione anteriore (di gran lunga la pi frequente) risulta da una caduta con braccio in abduzione e rotazione esterna. La deformit tipica "a spallina" del profilo della spalla per sporgenza dell' acromion si associa ad un reperto palpatorio di assenza della testa omerale nella sua normale cavit e dolore ai tentativi di mobilizzazione. Tra le complicanze immediate, da identificare prima di ogni trattamento, l' associazione con la frattura della testa omerale e la lesione del nervo circonflesso con conseguente paralisi del deltoide sono le pi temibili. Tra quelle tardive la lussazione abituale rappresenta il quadro pi frequente. Dopo aver eseguito un' attenta valutazione clinico-neurologica e le opportune indagini radiografiche si deve rapidamente ottenere la riduzione. Nel caso di lussazione anteriore indicata la manovra di Kocher caratterizzata da trazione dell' arto verso il basso con gomito flesso a 90 , rotazione esterna, leggera adduzione e rotazione interna. E' necessario naturalmente un completo rilasciamento muscolare che generalmente si ottiene in anestesia generale. L' avvenuta riduzione si apprezza con un netto rumore di scatto dovuto al rientro della testa omerale nel cavo

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articolare. Ottenuta la riduzione un nuovo controllo clinico-radiologico necessario prima dell' immobilizzazione; quest' ultima realizzata tramite una fasciatura alla Desault dovr essere mantenuta per una ventina di giorni. Eventuali complicanze andranno tempestivamente valutate e trattate; la lussazione abituale di spalla prevede un trattamento chirurgico. 2) Lussazione della spalla (acromio-claveare) L' articolazione acromio-claveare stabilizzata dal robusto legamento coraco-claveare (legamento conoide e trapezoide) che spesso limita la dislocazione dei capi articolari, rendendo tale lussazione incompleta. La lussazione acromioclaveare ha origine in genere da una caduta sulla spalla o da un trauma diretto. Il capo clavicolare si sposta nella maggior parte dei casi in senso craniale per azione del muscolo trapezio, mentre l'acromion tirato verso il basso dal peso dell' arto. Nelle lussazioni complete ad una salienza tipica del profilo superiore della spalla si associa il segno patognomonico del "tasto di pianoforte" dovuto all' immediata recidiva dopo riduzione manuale ottenuta premendo sul capo acromiale della clavicola. L' indagine radiografica comparativa delle spalle, eseguita facendo sostenere due pesi al paziente, completa il quadro diagnostico mettendo in evidenza una risalita dell' estremit acromiale della clavicola. Dal punto di vista terapeutico il tipo di trattamento si basa sull' entit della lesione. In caso di lussazione incompleta si propone immobilizzazione della spalla in fasciatura di Desault per 15-20 giorni. Qualora invece la lussazione sia completa l' indicazione al trattamento chirurgico imposta dalla difficolt di contenzione del capo clavicolare; a tale scopo diversi tipi di osteosintesi sono utilizzati e a questi deve seguire l' immobilizzazione per 25-30 giorni in bendaggio tipo Desault. 3) Lussazione del gomito. Si verifica generalmente per caduta sulla mano con gomito in iperestensione che determina una lussazione posteriore di entrambe le ossa dell' avambraccio con frequente frattura dell' apofisi coronoidea. La sporgenza posteriore dell' olecrano si associa ad una posizione in atteggiamento obbligato di semiflessione dell' avambraccio e qualsiasi tentativo di mobilizzazione evoca dolore. Da tener sempre in considerazione la possibilit di lesioni vascolari e nervose (i nervi mediano ed ulnare decorrono nelle vicinanze) prima e dopo le manovre riduttive. Dirimente per la diagnosi l' esame radiografico. La riduzione si ottiene in narcosi trazionando distalmente l' arto e flettendolo successivamente. Il tutto deve esser seguito da controllo radiografico e immobilizzazione in apparecchio gessato di tipo brachio-metacarpale flesso a 90 per 15-20 giorni. Una lussazione molto frequente nei piccoli bambini la sublussazione della testa del radio che prende il nome di "pronazione dolorosa". Essa si realizza quando il bimbo, tenuto per mano, inciampa e l' accompagnatore per evitarne la caduta esercita un movimento di trazione e supinazione dell' avambraccio. L' atteggiamento che ne deriva una pronazione forzata e dolente, con arto cadente lungo il fianco. Per ridurre la sublussazione necessaria una semplice manovra di supinazione dell' avambraccio e flessione del gomito. Frequente la recidiva.

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4) Lussazioni delle dita Relativamente frequenti hanno origine da traumi diretti o indiretti. Clinicamente si rileva un errore di posizione ed una fissit elastica e l'esame radiografico conferma la diagnosi. La riduzione della lussazione avviene trazionando il dito interessato e nella maggior parte dei casi non presenta complicazioni; solamente l'associazione con fratture pu rendere difficoltosa la riduzione e la contenzione. Nella lussazione isolata l'immobilizzazione avviene in posizione di flessione, di circa 90 per l' articolazione della interfalangea e di 5 per l'articolazione distale. In questa posizione i legamenti laterali delle articolazioni delle dita sono tesi e non possono retrarsi, in modo da scongiurare il pericolo di una perdita permanente di funzione. Il periodo d' immobilizzazione relativamente breve e comprende una o due settimane. 5) Lussazioni dell' anca La struttura anatomica dell' articolazione coxo-femorale, a causa della sua alta capacit contenitiva, dovrebbe rendere poco frequente la lussazione. Tuttavia la posizione da seduti a gambe accavallate (la pi instabile per l'articolazione dell' anca) quella responsabile della lussazione d' anca che interviene nei pi comuni incidenti automobilistici: in seguito all' urto del ginocchio sul cruscotto si produce una forza lungo l'asse del femore che ne determina la lussazione posteriore. Dal punto di vista clinico nel caso di una lussazione posteriore (la pi frequente) la gamba appare flessa, addotta ed intraruotata. Una tipica resistenza elastica presente ai tentativi di mobilizzazione passiva.Temibili sono le complicanze associate che vanno da lesioni vascolari (da controllare attentamente i polsi periferici e la presenza di un concomitante stato di shock), nervose (nervo sciatico) fino alle frequenti associate fratture del cotile. La riduzione, da eseguire sempre in narcosi per poter vincere la resistenza delle grosse masse muscolari dell'anca, si ottiene con manovre incruente che mirano a far percorrere alla testa femorale il tragitto inverso a quello seguito durante l' evento traumatico; spesso

l'irriducibilit della testa per interposizione di frammenti ossei o tessuti muscolari rappresenta un ostacolo alla riduzione incruenta ed pertanto necessario intervenire chirurgicamente. Al trattamento riduttivo deve seguire controllo radiografico ed l'immobilizazione in apparecchio gessato pelvi-podalico per circa 20-30 giorni. Tra le complicanze tardive la lesione delle arterie che irrorano la testa del femore (a.del legamento rotondo e a. circonflesse) possono creare una profonda turba circolatoria che pu condurre, dopo alcuni mesi, alla necrosi ischemica della testa. Questa si deformer sotto l' azione del carico e sar sede di gravi fatti artrosici. Un

periodo di circa due mesi di completo scarico pu evitare queta complicanza. 6) Lussazioni del ginocchio (femoro-rotulea) Pur verificandosi in seguito ad evento traumatico (improvvisa contrazione del muscolo quadricipite con l'articolazione del ginocchio in flessione e gamba in rotazione esterna), riferibile generalmente a fattori predisponenti., quali un minor sviluppo del condilo femorale esterno, aplasia rotulea, ipotrofia muscolare, ect. La rotula si lussa sempre lateralmente e non di rado si riduce da sola se l'estremit viene riportata nuovamente in posizione d'estensione. Il trattamento consiste nella riduzione e nell' immobilizzazione in apparecchio gessato per circa due settimane. La lussazione della rotula pu tuttavia

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recidivare. Si parla allora di lussazione abituale di rotula, il cui trattamento di competenza chirurgica. Cenni a parte meritano le lussazioni della colonna vertebrale, che, sebbene rare, possono esser causa di gravissime lesioni midollari. Il tratto colpito quasi esclusivamente il rachide cervicale, in seguito a colpo di frusta da incidente della strada. Pi frequentemente la lussazione incompleta, ma in questo caso l'associata lesione legamentosa, pu esser causa di instabilit vertebrale e per questo di cervicalgie e cervicobrachialgie. Quando invece la lussazione completa possono comparire gravi lesioni midollari fino alla tetraparesi. In modo particolare se sono interessate le prime due vertebre cervicali la lesione dei centri vitali del midollo allungato pu esitare nella morte dell' individuo. La terapia generalmente la riduzione con opportune metodiche e poi l' immobilizzazione in minerva gessata inizialmente e quindi in collare di Schwanz.
Bibliografia 1) Watson-Jones. Fratture e lussazioni. 2) V. Pietrogrande. 3) A. Mancini-C. Morlacchi. Clinica ortopedica 4) E.H.Kuner. Traumatologia

LE DISTORSIONI

Si definisce distorsione la perdita parziale e temporanea dei rapporti tra i capi ossei di una articolazione con lesione dei tessuti molli periarticolari conseguente ad una brusca ed esagerata sollecitazione nei piani della fisiologica motilit o in direzione anomala. Le articolazioni pi frequentemente colpite sono quelle che consentono ampi movimenti in un solo piano come ad esempio la tibio-tarsica, il ginocchio, le metacarpo-falangee.

Fattori diversi possono essere visti quali causa predisponente le distorsioni, tra queste ricordiamo le anomalie congenite o acquisite dei capi ossei, le lassit capsulo legamentose, i difetti di statica, gli esiti di precedenti distorsioni dell'articolazione interessata o di altre articolazioni. La causa determinante sempre un trauma che obbliga ad una escursione articolare maggiore del fisiologico range di movimento la cui conseguenza diretta lo stiramento con lacerazione pi o meno manifesta delle strutture capsulari e legamentose e a volte lesioni della cartilagine articolare.
Sintomatologia e Segni clinici

Dolore, impotenza funzionale,tumefazione ed ecchimosi sono sintomi e segni costanti nelle distorsioni che si possono per manifestare con caratteristiche variabili. Il dolore pu comparire immediatamente con lo stiramento e la lesione delle strutture algosensibili periarticolari, pu instaurarsi progressivamente oppure rendersi manifesto tardivamente consentendo
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talvolta anche il proseguimento di un esercizio fisico intenso. Il dolore sordo, pulsante ed esacerbato dalla ripetizione del movimento che ha provocato la lesione, dalla pressione sulla rima articolare e lungo il decorso dei legamenti e alla loro inserzione. L'impotenza funzionale legata prevalentemente alla sintomalogia dolorosa ma, nei traumi di entit pi elevata, anche all'instabilit articolare conseguente al danno legamentoso. La tumefazione sempre presente ed dovuta in parte all'edema derivante dalla reazione infiammatoria locale e in parte dal versamento endoarticolare. Quest'ultimo pu avere caratteristiche ematiche derivante della lacerazione di vasi capsulari, essere rappresentato dall'essudato sieroso conseguente alla flogosi reattiva della membrana sinoviale o da entrambi questi componenti. L'ecchimosi che spesso accompagna le distorsioni superficiale, compare a 24-48 ore dal trauma ed sempre limitata a differenza degli stravasi ematici secondari a frattura che si presentano solitamente pi diffusi e con tendenza ad estendersi verso le zone pi declivi.
Classificazione

Seguendo un criterio generale le distorsioni possono essere classificate in tre gruppi a seconda della gravit del quadro clinico e anatomo-patologico. GRADO 1 - Lesione di lieve entit ove il trauma ha causato solo la distensione delle strutture capsulolegamentose. La sintomatologia caratterizzata da dolore modesto, sensazione di impastamento articolare, movimento ridotto, clinicamente si rileva spesso un modesto edema. GRADO 2 - Lesione di media entit causano lacerazione parziale dei legamenti, stiramento e a volte piccole lesioni della capsula articolare; Si evidenzia soffusione ecchimotica, dolore vivo alla pressione sulle strutture lese, edema, simpotenza funzionale antalgica; talvolta presente emartro ed iniziali segni di instabilit. GRADO 3 - Le distorsioni gravi sono caratterizzate da rottura di uno o pi legamenti e da ampie lacerazioni capsulari; i sintomi sono sostanzialmente analoghi a quelli delle lesioni di media entit ma, all'esame clinico appare pi evidente l'instabilit articolare.
Diagnosi

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La diagnosi di trauma distorsivo si basa su tre punti: l'anamnesi, l'esame clinico e gli esami strumentali. Nell'anamnesi vanno ricercati i precedenti traumatici dell'articolazione in esame e di sedi diverse. Va sempre richiesto al paziente di ricostruire la dinamica del trauma per indirizzare il medico alle manovre semeiologiche pi adatte al riconoscimento della lesione. Obiettivamente vanno valutati la sede e l'entit dell'ecchimosi, la tumefazione articolare, i punti dolorosi alla palpazione. Con specifici test dinamici si ricerca poi l'instabilit articolare. Nella pratica spesso difficile eseguire una corretta valutazione immediata dell'entit della lesione per la contrattura antalgica e per la distensione capsulare causata dal versamento. L'esame obiettivo sar quindi ripetuto dopo un periodo di riposo quando lo stato locale e una sintomatologia dolorosa meno intensa consentiranno un pi corretto inquadramento delle lesioni. Nei traumi distorsivi l'indagine radiologica sempre d'obbligo per escludere lesioni fratturative associate. Nelle distorsioni con interessamento legamentoso spesso osservabile l'avulsione di una piccola porzione ossea nella sede di inserzione del legamento. Oltre ai radiogrammi standard, che nel caso della distorsione vera e propria non evidenziano lesioni, possono essere eseguite radiografie dinamiche con l'articolazione sollecitata nel senso del movimento causato dal trauma che possono evidenziare, per la mancata azione delle strutture legamentose lese, una abnorme mobilit dei capi articolari. Ulteriori indagini possono essere rappresentate dall'ecografia (solo in casi particolari), dall'artrografia e dalla RMN. Quest'ultima consente di identificare con precisione superiore a qualsiasi altra metodica l'entit e la qualit delle lesioni ma non certo applicabile routinariamente per i costi elevati.
Prognosi e Terapia

La prognosi delle distorsioni generalmente buona ed il trattamento conservativo nella maggior parte dei casi. Nelle fasi iniziali la cura si avvale del ghiaccio, dei FANS e del riposo funzionale dell'articolazione. L'immobilizzazione, ottenuta con apparecchi gessati o con bendaggi, il momento principale della terapia che, oltre a ridurre il dolore, detende le strutture capsulo-legamentose e ne consente la cicatrizzazione. Il periodo di riposo, variabile in base alle caratteristiche dell'articolazione e all'entit della lesione, non supera generalmente i 15- 20 giorni onde evitare l' insorgenza di rigidit
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articolare ed importante ipotrofia muscolare. Il trofismo muscolare fondamentale per la stabilit articolare e contribuisce a prevenire gli episodi distorsivi. Il trattamento chirurgico trova indicazioni limitate. Esso solitamente riservato a gravi lesioni distorsive con interessamento legamentoso in soggetti giovani che praticano sport o svolgono attivit lavorative che richiedono elevato impegno funzionale dell'articolazione lesa. Il trattamento, chirurgico o conservativo, completato da un periodo dedicato alla graduale ripresa della funzione articolare e del tono muscolare. I traumi distorsivi sono un'evenienza comune soprattutto nella pratica sportiva a cui va riservata una terapia idonea. Il mancato trattamento o un trattamento non corretto pu esitare in una instabilit articolaree in lassit legamentosa cronica che pu impedire al soggetto il completo recupero della performance atletica, essere causa di ripetuti ulteriori traumi e precoce usura dei capi articolari.
BIBLIOGRAFIA TRAUMATOLOGIA Metodologia diagnostica e trattamento Eugen H. Kuner 1994 Mediserve LEZIONI DI CLINICA ORTOPEDICA U. Del Torto 1990 Piccin Lesioni capsulo legamentose del collo del piede A. Tulli ORTOPEDIA E TRAUMATOLOGIA 1993 Verduci editore Lesioni capsulo legamentose del ginocchio V. Sansoni ORTOPEDIA E TRAUMATOLOGIA 1993 Verduci editore FRATTURE E LUSSAZIONI Watson Jones 1991 Piccin RMN dinamica nella diagnostica delle lesioni legamentose della tibio-tarsica R. Zorzi e al. Le giornate vimercatesi di traumatologia dello sport 1995 atti Lesioni acute dell'apparato capsulo legamentoso laterale della tibiotarsica Malerba F. e al. Le giornate vimercatesi di traumatologia dello sport 1995 atti TRAUMATOLOGIA DELLA MANO NELLO SPORT M. Lanzetta 1992 Ciba-Geigy editore

Le Lesioni Tendinee I tendini sono formazioni anatomiche di colorito madreperlaceo, consistenza fibro-elastica interposte tra ossa e muscoli attraverso la giunzione osteotendinea (entesi) e la giunzione muscolo-tendinea.
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Possono presentare in alcuni casi (ad es. nella mano) delle strutture satellitari (guaine tendinee, pulegge) che ne coadiuvano l'azione. Dal punto di vista ultrastutturale il tendine appare costituito da una modesta componente cellulare differenziata (tenociti) circondata da abbondante matrice extracellulare formata da fibre collagene di tipo 1, proteoglicani ed elastina. Dal punto di vista fisiologico il tendine ha la funzione di trasmettere gli impulsi meccanici derivanti dalla contrazione muscolare alle leve scheletriche. Dal punto di vista classificativo le lesioni tendinee possono essere raggruppate, a seconda della loro eziologia, atraumatiche e traumatiche.
Lesioni tendinee atraumatiche

Tra le lesioni tendinee atraumatiche distinguiamo quelle secondarie a patologie di natura dismetabolica e quelle secondarie a patologie infiammatorie croniche o iatrogene. Nei pazienti affetti da insufficenza renale cronica (soprattutto se aggravata da un quadro di acidosi metabolica ed iperparatiroidismo) possiamo riscontrare con una certa frequenza lesioni tendinee da aumentato riassorbimento osseo e conseguente ipecalcemia cronica. Tale condizione dismetabolica pu provocare nel tendine, col tempo, degenerazione ialina, mucoide, grassa e calcifica che ne aumentano la possibilit di rottura traumatica. Altre condizioni dismetaboliche frequentemente associate a lesioni tendinee sono il diabete mellito e la gotta. Le lesioni tendinee secondarie a patologie infiammatorie croniche si riscontrano pi frequentemente in ambito reumatologico nei pazienti affetti da Artrite reumatoide e LES. Tali malattie sistemiche infatti possono determinare attraverso processi infiammatori cronici o per uso cronico di farmaci lesivi per il tessuto tendineo (glicocorticoidi per via sistemica o infiltrativa locale) vari gradi di degenerazione tissutale fino a alla completa alterazione ultrastrutturale del tendine e sua conseguente distruzione. La flogosi cronica infatti comporta localmente la liberazione di enzini proteolitici ed edema con conseguente danno sia a livello tissutale che del suo microcircolo (ischemia). La sede anatomica di gran lunga pi colpita la mano, seguita in ordine di frequenza dal tendine di Achille e dal tendine del capo lungo del bicipite brachiale. Nei tendini muniti di guaina sinoviale, nei punti in cui essi decorrono in tunnel osteo-fibrosi o al di
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sotto di bendelette fibrose, il processo infiammatorio provoca il tipico quadro clinico della tenosinovite stenosante. Caratteristica clinica comune la difficolt allo scorrimento del tendine nella propria guaina che all'inizio causa esclusivamente dolore ma che nel tempo pu dare luogo a fenomeni di scatto fino al completo blocco articolare. Da ricordare tra le pi comuni forme di tenosinoviti stenosanti quella a carico dell'estensore breve e dell'abduttore lungo del pollice (Malattia di De Quervaine) e la tenosinovite stenosante dei flessori delle dita della mano (dito a scatto).
La rottura dei tendini dell'estensore lungo del III, IV e V dito della mano di solito vanno incontro a rotture simultanee dovute generalmente alla sublussazione dorsale dell'estremit distale dell'ulna. L' estensore del II dito della mano invece subisce invece delle rotture a livello del legamento trasverso del carpo, mentre il tendine estensore lungo del pollice si rompe generalmente a livello del tubercolo di Lister. La diagnosi clinica in questi pazienti talvolta pu essere molto difficoltosa per la gravit del quadro e per la scarsit dei sintomi e segni ma va comunque sempre sospettata di fronte ad una deformit delle dita (dita a martello, ad asola, a dbottoniere) o del polso (ulnarizzazione , dorsalizzazione del carpo). La tecnica riparativa della rottura dei tendini estensori di una mano artritica varia a seconda se la diagnosi viene fatta pochi giorni dopo il trauma (sutura diretta) o pi tardivamente. In questo caso il curante pu scegliere tra varie tecniche di trattamento ( innesto segmentario, trasposizione tendinea, sutura latero-laterale tra tendine leso e tendine integro adiacente etc.). La rottura dei tendini flessori nei pazienti reumatoidi non cos comune come quella dei tendini estensori ma senza dubbio pi difficile da trattare chirurgicamente. La rottura pu verificarsi all'interno di un dito, come conseguenza di una tenosinovite infiltrante o a livello del polso a causa dell'usura tendinea provocata dall'osso specialmente a carico del tendine flessore lungo del pollice. La rottura di una bandelletta del tendine superficiale pu causare un dito a scatto; la rottura del tendine profondo o del superficiale possono causare, se non diagnosticate, delle rigidit articolari secondarie difficilmente trattabili in seconda istanza se non con una chirurgia di salvataggio (artrodesi) Generalmente si preferisce non usare la tecnica degli innesti tendinei (ad eccezione del polso dove possono essere usati in casi selezionati degli innesti segmentari) per la scarsit di risultati ottenibili nella mano reumatoide ma si opta per l'artrodesi interfalangea. Tendinopatie da sport Definite anche lesioni da sovraccarico si intendono classificare con questo termine tutte quelle lesioni tendinee dovute ad atti motori specifici od eccessivamente ripetuti od attuati con una intensit tale da determinare in genere nell'individuo praticante attivit sportiva un'azione meccano-traumatica. Rappresentano il 30-50% di tutte le lesioni da sport e sono dovute a fattori intrinseci del soggetto (difetti torsionali od angolari degli arti, dismetrie, squilibri muscolari tra agonisti e antagonisti etc.) ed estrinseci
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(errori di allenamento, anomale risposte elastiche da parte di attrezzature e/o attrezzi sportivi etc.). Dal punto di vista clinico il sintomo comune il dolore locale ad insorgenza acuta o cronica esacerbato per lo pi dai movimenti del tendine all'interno della guaina infiammata, l'edema peritendineo e, in casi ormai cronici, dalla modificazione delle caratteristiche fisiche del tendine (dimensioni, forma, consistenza etc.). A seconda del grado anatomo-patologico d'interessamento del processo infiammatorio e degenerativo, distinguiamo tra: - Peritendinite - Tenosinovite associata a tendinosi Colpisce i tendini ricoperti dal peritenonio, il foglietto tissutale differenziato che riveste il tendine (formato dall' endotenonio e dall' epitenonio) e dal paratenonio che consente al tendine di muoversi liberamente nei confronti dei tessuti circostanti. Dolore rapidamente ingravescente, edema ed ipertermia locale, impotenza funzionale sono i tipici segni clinici di questo stato infiammatorio. Caratteristicamente al controllo ecografico il tendine comunque appare ancora sano dal punto di vista ultrastrutturale. Le peritendiniti in genere regrediscono dopo alcuni giorni con la sospensione dell'attivit sportiva, riposo relativo, ghiaccio locale e somministrazione sistemica di FANS. Pu inoltre risultare utile associare un ciclo di fisioterapia mediante ionoforesi con farmaci antiinfiammatori e correnti antalgiche. Una volta superata la fase acuta, opportuno iniziare un programma di riabilitazione (allungamento e potenziamento muscolare, esercizi propiocettivi) che ha il duplice scopo di stimolare ulteriormente i processi di guarigione e di prevenire eventuali recidive. La terapia deve essere tempestiva ed efficace cos da evitare possibili cronicizzazioni del processo infiammatorio (tendinosi). Il tendine pi colpito dalla peritendinite sicuramente il Tendine di Achille. Tendinosi

Col tempo se trascurati i quadri clinici tenosinovitici fanno posto a veri e propri quadri anatomopatologici di tendinosi. In essi il tessuto tendineo appare ormai degenerato ed alterato nelle sue caratteristiche istologiche ed ultrastrutturali presentando aree pi o meno estese di degenerazione ialina e grassa, focolai di metaplasia condroide e calcifica nonch piccole aree di necrosi fibrinoide che intaccano e sovvertono le qualit di resistenza meccanica del ventre tendineo. Clinicamente il profilo tendineo appare chiaramente modificato ed irregolare ma caratteristicamente la sintomatologia dolorosa modesta presentando periodicamente ed in modo del tutto anarchico delle fasi di acuzie a risoluzione pi o meno rapida. In questi casi il programma terapeutico, fermi restando i

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principi generali della riabilitazione, prevede l'uso di applicazioni locali di ultrasuono terapia pulsata alla potenza do 0.75 Watt per la durata di 10 minuti o ultimamente l'uso di Laser terapia. Nei casi, fortunatamente non frequenti, di completo insuccesso della terapia conservativa verr intrapresa l'ipotesi del trattamento chirurgico allo scopo da un lato di eliminare i tessuti degenerati, ev. calcificazioni o borsiti sierose e dall'altro di stimolare una rivascolarizzazione del tessuto danneggiato tenendo comunque sempre presente l'impossibilit di una completa restitutio ad integrum.
Entesopatie o tendinopatie inserzionali

Affezioni della giunzione osteo-tendinea che si manifestano clinicamente con dolore a livello dell'area giunzionale interessata ed impotenza funzionale del segmento scheletrico colpito, ipotrofia da disuso del gruppo muscolare interessato, fino a quadri di vera e propria rottura traumatica dell'entesi. Alcune localizzazioni sono molto frequenti (extrarotatori della spalla o capsulite adesiva della cuffia dei rotatori, adduttori della coscia o pubalgia, tendinopatia del rotuleo, estensori della mano o epicondilite, dell'Achilleo o Tallodinia), altre molto rare. Il trattamento prevede per lo pi un approccio conservativo ( FKT ) ed in casi altamente selezionati e al massimo 2-3 volte una terapia infiltrativa locale ( Depomedrol 5mg nelle piccole articolazioni e 15-40mg nelle grandi articolazioni).
Tenosinoviti ipertrofico-essudative

Interessano i tendini rivestiti di guaine sinoviali (tenovaginiti, tenovaginaliti) e possono essere causate da fattori meccanici, idiopatici o infiammatori cronici ( LES, Artrite reumatoide, tubercolosi, sarcoidosi) o acuti (tenosinoviti settiche). Le localizzazioni pi frequenti, oltre alla mano, interessano i peronei, gli estensori delle dita del piede, del tibiale anteriore e posteriore, del bicipite brachiale. Clinicamente sono caratterizzate da tumefazione locale, dolore evocabile alle manovre di contrazione muscolare attiva contro resistenza e, nelle forme fibrinose, da crepitio locale.
Lesioni traumatiche dei tendini

Sono dovute a traumi occasionali (per lo pi durante attivit sportiva) in tendini comunque gi sofferenti e malacici per cause microtrumatiche o iatrogene oppure lesioni dirette (da taglio etc.). Le
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lesioni tendinee pi frequenti colpiscono gli arti ed in particolare i tendini flessori ed estensori della mano, il tendine rotuleo (per rotture traumatiche della rotula) ed il tendine di Achille.
Lesione dei tendini flessori della mano

Si verifica per lo pi a carico dei tendini flessori profondi in corrispondenza dell'inserzione del tendine, prevalentemente nel sesso maschile ed in un'et compresa tra i 30-40aa. Clinicamente di fronte ad un trauma della mano in cui vi sia il sospetto di una lesione tendinea indispensabile una completa ed attenta anamnesi e valutazione delle condizioni vascolo-nervose dell'arto superiore. Inoltre attraverso delle semplici manovre semeiologiche potremo discernere se stato danneggiato soltanto il tendine flessore superficiale o solo quello profondo od entrambi: - se l'interfalangea distale (IFD) si pu flettere attivamente mentre si mantiene bloccata l'interfalangea prossimale (IFP) il tendine flessore profondo non stato leso - se l'interfalangea prossimale si flette attivamente mentre le altre dita sono mantenute completamente in estensione, il tendine superficiale non stato leso. Attualmente molti Autori hanno riferito risultati sovrapponibili tra le suture primarie in urgenza (prime 48h) e le suture primarie differite( dopo le 48h). I vantaggi del trattamento differito sono rappresentati dal fatto che si pu sottoporre il paziente ad un'accurata pulizia dell'area interessata. Viene usato per lo pi in presenza di gravi fratture multiple della mano o delle dita, di contaminazione della ferita da parte di materiale potenzialmente infetto, di ampia perdita di sostanza cutanea. Controindicazioni relative alla sutura primaria diretta sono le fratture e la presenza di concomitanti deficit vascolari e/o nervosi.
Dal punto di vista anatomo-patologico e riabilitativo Bunnel ha distinto la superfice palmare della mano in 5 differenti zone topografiche: Zona I: si estende dalla zona distale d'inserzione del tendine flessore superficiale fino alla zona d'inserzione del tendine flessore profondo. In questa zona si preferisce la reinserzione del tendine flessore profondo alla base della falange e l'excisione del troncone tendineo superficiale. Zona II: detta anche no man's land, si estende tra la plica palmare distale e l'inserzione del flessore superficiale. Tale zona contiene le guaine tendinee per cui non si deve mai effettuare delle suture termino-terminali ma delle libere plastiche tendinee.
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Zona III: compresa tra il margine distale del legamento trasverso del carpo e l'inizio della zona critica delle pulegge. In questa zona le lesioni del tendine flessore superficiale non vengono suturate mentre in caso di lesioni del tendine flessore profondo indicata l'anastomosi termino-terminale con escissione del troncone tendineo superficiale. Zona IV: rappresentata dall'area ricoperta dal legamento trasverso del carpo. La sutura primaria termino terminale non provoca problemi. Zona V: posta prossimalmente al legamento trasverso del carpo. Anche in questo caso pu essere effettuata la sutura termino terminale primaria diretta. Nelle lesioni inveterate (l diagnosi stata posta dopo alcuni mesi dall'evento traumatico), se il moncone prossimale meno di 1cm rispetto al distale, si pu effettuare un avanzamento tendineo, se > di 1cm si pu effettuare un innesto tendineo.

Lesione tendini estensori della mano

Le lesioni da strappamento del tendine estensore nella falange distale di un dito rappresenta in genere una lesione chiusa provocata da un trauma sul dito flesso sulla falange distale o a livello osseo o direttamente all'attaccatura del tendine.
Rottura traumatica del Tendine di Achille

Essa rappresenta l'episodio terminale di un processo degenerativo che, decorrendo in modo quasi del tutto asintomatico, coinvolge in maniera pi o meno estesa la compagine tendinea. Il quadro clinico abbastanza caratteristico: dolore acuto, sensazione di strappo nella regione posteriore del collo del piede, impossibilit immediata alla deambulazione ed al carico. All'esame obiettivo si riscontra una modificazione del profilo cutaneo con la presenza di un avvallamento in sede di rottura mentre alla palpazione possibile individuare la presenza di una vera e propria soluzione di continuit nel decorso del tendine di Achille. A distanza di qualche ora si assiste alla comparsa di una discreta tumefazione locale secondaria allo stravaso ematico e all'edema che rende pi difficile il riscontro obiettivo della lesione. In questi casi il Test di Thompson ( in posizione prona con i piedi sporgenti dal lettino, la compressione del tricipite evoca la flessione plantare del piede) appare negativo.
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La diagnosi clinica pu essere confermata strumentalmente dalla valutazione ecografica che se positiva mostrer un'area di "vuoto acustico" in corrispondenza della diastasi tendinea. Il trattamento della rottura sottocutanea del tendine di Achille chirurgico e consiste nella sutura termino-terminale del tendine associata (a seconda dell'estensione del danno tendineo e alle condizioni istopatologiche del tendine) ad una plastica di rinforzo utilizzando il tendine del plantare gracile. Solo nei casi in cui la rottura non sia completa pu essere presa in considerazione l'eventualit di un trattamento conservativo. Lo stivaletto gessato dovr comunque in entrambi i casi essere confezionato in equino e mantenuto per almeno 30 giorni. Tale fase dovr poi essere seguita da un'accurata rieducazione funzionale comprendente esercizi di mobilizzazione articolare e potenziamento della muscolatura posteriore della coscia nonch di ricondizionamento propiocettivo della tibiotarsica.
Bibliografia Le lesioni muscolari e tendinee nella traumatologia dello Sport. G. Santilli, S. Dragoni. Documenta Geigy, 1995. Incomplete rupture of the tendon of triceps brachii. C.F.A. Bos, R.G.H.H. Nelissen, J.L. Bloem. International Orthopaedics (1994) 18: 273-275. Flexor Tendon Injures: I. Foundations of Treatment. J. W. Strickland. Journal of the American Academy of Orthopaedic Surgeons. Vol 3., 1, 44-54, 1995. Flexor Tendon Injures: II. Operative Technique. J. W. Strickland. Journal of the American Academy of Orthopaedic Surgeons. Vol 3., 1, 55-62, 1995.

LESIONI LEGAMENTOSE DELL'ARTICOLAZIONE ACROMION - CLAVEARE


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La lesione dei legamenti dell'articolazione acromion-claveare pi frequente nei giovani adulti atletici. Il meccanismo traumatico pi frequente la caduta sul moncone della spalla. La lesione va da una lussazione minima ad una rottura completa e pu presentarsi sotto forma di sublussazione o
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lussazione franca. Nella sublussazione la rottura interessa in modo parziale o completo solo la capsula ed il legamento aacromion-claveare risparmiando i legamenti conoide e trapezoide. Nella lussazione lo spostamento delle superfici articolari notevole per una completa lacerazione dei legamento acromion-claveare e dei legamenti conoide e trapezoide spesso accompagnata da lacerazione del menisco fibrocartilagineo. Gli spostamenti sono tipici: l'estremit laterale della clavicola si porta in alto sporgendo in vario modo dal sotto cute. A seconda dell'intensit delle forze in azione pu risultare una di queste tre lesioni: - stiramento: sono stirate o lacerate poche fibre dei legamenti acromio-claveari; l'articolazione rimane stabile - sublussazione: rottura della capsula e dei legamenti acromio-clavicolari; l'articolazione appare instabile con lassit; - lussazione: rottura dei legamenti coracoclavicolari, della capsula e dei legamenti acromioclavicolari.
Segni clinici: - presenza di un gradino tra la faccia superiore dell'acromion e la faccetta articolare della clavicola - presenza del segno del " tasto del pianoforte": alla pressione digitale l'estremit lussata della clavicola si mobilizza per ritornare in posizione iniziale non appena cessa la pressione. - dolore locale - Al controllo radiografico si nota la perdita della congruenza articolare. Trattamento Nelle sublussazioni sufficente il trattamento conservativo tramite bendaggio tipo Desault per 3 settimane. Nelle lussazioni franche in soggetti ancora giovani ed in et lavorativa si preferisce l'intervento chirurgico di riduzione e stabilizzazione dell'articolazione acromion-claveare con metodiche diverse a seconda dell'esperienza peronale del curante (fili di Kirschner, sindesmopessi coraco-claveare etc.). La restitutio ad integrum in genere facilmente ottenibile. LESIONI LEGAMENTOSE DELL'ARTICOLAZIONE METACARPO - FALANGEA

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La pi frequente senza dubbio la rottura del legamento ulnare collaterale del I raggio. Questa lesione causata da una abduzione forzata del pollice o dalla sua iperestensione e, se non riconosciuta, provoca una progressiva lussazione della articolazione metacarpo-falangea (MCF) con compromissione del meccanismo della pinza (pollice-indice) ed instabilit alla prensione. Tale lesione si pu presentare come semplice o completa a seconda della presenza o meno della interposizione di parti molli. L'esame clinico deve essere accompagnato da un accertamento radiografico di conferma.
Trattamento Nelle lussazioni semplici il trattamento scelto la riduzione incruenta: la manovra riduttiva prevede l'iperestensione della falange lussata , e spingendo sulla faccia dorsale della falange, si flette. Dopo controllo radiografico post-riduttivo e clinico della tenuta della riduzione si immobilizza in un gesso antibrachiometacarpale per corca 10 giorni. Se la riduzione incruenta fallisce o nel caso delle lussazioni complesse si interviene chirurgicamente. Nel caso di lesione parziale del legamento collaterale ulnare si immobilizza in lieve flessione il I dito per almeno 4 settimane per rilasciare il legamento collaterale , se invece abbiamo una lesione totale del legamento collaterale ulnare accompagnata clinicamente da notevole instabilit, si opta per il trattamento chirurgico.

LESIONE DEL LEGAMENTO TIBIO - PERONEALE DISTALE

Raramente isolata, generalmente prodotta da una rotazione esterna della caviglia supinata. Con una certa frequenza associata ad una frattura del collo del piede. La parte anteriore del corpo dell'astragalo allontana il perone dalla tibia soprattutto in extrarotazione. I segni clinici sono generalmente modesti non presentando segni di sublussazione laterale, il movimento attivo e passivo della caviglia non esacerba la sintomatologia dolorosa tranne che in dorsiflessione esterna. La digitopressione dell'articolazione tibio-peroneale distale provoca dolore. L'esame Rxgrafico standard pu apparire per lo pi negativo. Se associata ad altre lesioni del comparto laterale della caviglia la sintomatologia dolorosa appare pi evidente, ed il quadro radiografico presenta una diastasi del mortaio tibio-astragalico. Regola fondamentale per un corretto trattamento il ripristino completo della pinza tibio-peroneale ottenibile

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attraverso una sintesi con una vite obliqua o un filo di Kirschner.

LESIONE DEL LEGAMENTO TRASVERSO DELL'ATLANTE

Il legamento trasverso dell'atlante teso in alto tra i due tubercoli ossei adiacenti alle faccette articolari dei condili dell'osso occipitale ed in basso tra i processi articolari che si uniscono all'epistrofeo. Il dente dell'epistrofeo si articola con l'arco anteriore in avanti e con il legamento trasverso posteriormente. Questo legamento pu lacerarsi nelle gravi lesioni avvenute in flessione improvvisa del rachide cervicale o rompersi a causa di eventi pi o meno traumatici nei paazienti affetti da affezione infiammatorie croniche(artrite reumatoide). In caso di rottura traumatica del legamento trasverso dell'atlante possibile avere un interessamento compressivo del midollo spinale nell'area compresa tra l''arco posteriore dell'atlante ed il processo odontoideo. Tale lesione pu essere sospettata in base all'anamnesi, al dolore locale in regione cervicale e nucale ed alla presenza di una spiccata contrattura della muscolatura cervicale. Il quadro radiografico presenta in proiezione laterale un allargamento dello spazio tra la faccia posteriore dell'arco anteriore e l'odontoide che normalmente non supera i 4mm. Il trattamento sempre chirurgico(artrodesi C1-C2 o tra occipite e C1) preceduto o meno da un periodo di trazione cranica.
Bibliografia
Fratture e lussazioni De Palma Verducci Editore 1982 Trattamento pratico delle fratture Ronald Mc Rae Documentazione Scientifica Rorer Traumatologia Scapinelli Cedam, Padova 1984 Manuale dell'osteosintesi Muller, Allgower, Schneider, Willenegger Piccin Editore 1993

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LE LESIONI LEGAMENTOSE DEL GINOCCHIO

Il ginocchio un'articolazione complessa, dotata di notevole mobilit, ma di una stabilit propria molto scarsa. Per questi motivi il complesso capsulo-legamentoso assume notevole importanza. Le strutture capsulo-legamentose vengono distinte in centrali e periferiche. Il pivot centrale rappresentato dai due legamenti crociati anteriore e posteriore che presentano decorso obliquo e si incrociano tra loro nei tre piani dello spazio al centro dell'articolazione. Il legamento crociato anteriore si inserisce sul femore in corrispondenza delle parete mediale del condilo femorale esterno, sotto forma di un arco di cerchio, la cui porzione anteriore pressoch rettilinea a quella posteriore concava. La sua inserzione tibiale si trova al davanti e di lato alla spina tibiale anteriore e alcuni fasci possono prendere contatto con l'inserzione anteriore del menisco laterale. Il legamento crociato posteriore caratterizzato da una struttura a due fasci: una anterolaterale e una posteromediale. L'inserzione femorale, che si configura come un arco di cerchio, localizzata a livello della parete laterale del condilo femorale interno nella gola intercondiloidea; l'inserzione tibiale avviene posteriormente alla superficie superiore intra-articolare della tibia e un piccolo fascio si fonde con il corno posteriore del menisco laterale. I legamenti crociati sono determinanti nella stabilizzazione del ginocchio nel piano frontale e nel limitare la rotazione tibiale interna ed esterna. Il legamento crociato posteriore ha come funzione principale la stabilizzazione primaria della rotazione del ginocchio mediante il controllo della dislocazione posteriore della tibia; il legamento crociato anteriore si oppone all'iperestensione del ginocchio e alla rotazione interna tibiale. Le strutture periferiche sono rappresentate dalla capsula e da alcuni elementi di rinforzo quali i legamenti collaterali mediale e laterale, dal punto d'angolo postero-interno (PAPI) e dal punto d'angolo posteroesterno (PAPE). Il legamento collaterale mediale unisce la tibia all'epicondilo femorale ed costituito da due fasci: superficiale e profondo, quest'ultimo risulta essere in rapporto con il menisco. Il punto d'angolo postero-interno (PAPI) corrisponde alla porzione di capsula localizzata posteriormente al legamento collaterale mediale rinforzata da espansioni del muscolo semimembranoso. Queste due strutture si oppongono alle sollecitazioni in valgismo e rotazione esterna quando il ginocchio flesso. Il legamento collaterale laterale unisce l'epicondilo femorale alla testa del perone e si fonde con il
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tendine del bicipite femorale ed in grado di opporsi alle sollecitazioni in varo a ginocchio esteso e a quelle in rotazione interna a ginocchio flesso. Il punto d'angolo postero-esterno (PAPE) costituito dal legamento arcuato e dal tendine del muscolo popliteo ed impedisce la sublussazione posteriore della tibia e quella laterale in extrarotazione. Le lesioni legamentose del ginocchio sono prodotte da traumi distorsivi e sono quasi sempre monolaterali, e in base alle caratteristiche dell'evento traumatico la loro rottura pu essere totale o parziale, isolata o associata. I meccanismi traumatici pi frequenti sono: - valgismo-rotazione esterna che il pi frequente e conduce, a seconda dell'intensit del trauma, alla lesione del collaterale mediale che pu associarsi a lesione del PAPI fino ad avere interessamento del legamento crociato anteriore con una rottura parziale o completa per traumi di maggiore entit - varismo-rotazione interna; questo meccanismo provoca l'interessamento delle seguenti strutture: il LCA, il PAPE; quando si abbina anche l'iperestensione si ha la lesione del LCP - iperestensione: attraverso la quale si ha frequentemente la rottura completa ed isolata del LCA - iperflessione: anche questo meccanismo porta alla rottura del LCA - brusca contrazione del quadricipite: pu portare alla rottura del LCA
Nella diagnosi delle lesioni legamentose notevole importanza rivestono l'anamnesi e un esame clinico ben condotto. L'anamnesi fornisce indicazioni circa l'evento traumatico e ci permette di riconoscere una lesione acuta da una cronica. E' inoltre di grande aiuto ci che il paziente ci riferisce circa le sensazioni di instabilit o cedimento e localizzazione del dolore, che pu essere evocato mediante la digito-pressione su precise aree quali l'inserzione femorale e tibiale del legamento collaterale mediale e le inserzioni e il decorso del legamento collaterale esterno. Molto pi subdola la sintomatologia soggettiva di una lesione dei legamenti crociati, poich in genere il paziente non riesce ad indicare esattamente la sede del dolore. L'ispezione si basa esclusivamente sulla valutazione della presenza di un versamento endoarticolare che non sempre corrisponde alla sensazione di "gonfiore" denunciata dal paziente; quindi importante la ricerca del ballottamento rotuleo che dovrebbe essere quasi sempre presente in caso di lesione acuta dei legamenti crociati. L'esame obiettivo di una lesione legamentosa affidata a specifici test. I test per la valutazione dei legamenti crociati sono:

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- test di Lachman: viene eseguito con il ginocchio a 20-30 di flessione con paziente in posizione supina. E' un test specifico per il LCA, con il quale viene valutato il movimento di dislocazione anteriore della tibia e il "punto d'arresto" confrontandolo con il ginocchio controlaterale. - test del cassetto: il ginocchio posizionato in flessione a 90 a paziente supino; viene sollecitata la traslazione della tibia in avanti rispetto al femore per valutare l'integrit del LCA (cassetto anteriore) e indietro per verificare l'esistenza di una lesione del LCP (cassetto posteriore). Il test viene eseguito col piede in posizione neutra, ed in extrarotazione ed in intrarotazione per valutare rispettivamente lassit antero-mediali e anterolaterali. - tests del pivot shift: sono un gruppo di manovre cliniche che vengono utilizzate per la diagnosi di lesione dei legamenti crociati. Questi tests provocano una sublussazione anteriore e una rotazione interna della tibia in lieve flessione in presenza di rottura del legamento crociato anteriore. Diversi Autori li hanno descritti. Il test di MacIntosh viene eseguito, a paziente supino, applicando una pressione posterolateralmente e una sollecitazione in valgo a ginocchio flesso; il piede viene lievemente intraruotato. Se il test positivo, intorno ai 30 di flessione si apprezza uno scatto ("shift") della tibia sul femore, che indica l'avvenuta riduzione della tibia. Questo test di difficile esecuzione nei pazienti acuti per la presenza di contrattura antalgica del paziente. - test in abduzione e adduzione: sono manovre eseguite, sia a ginocchio esteso che flesso a 30, per valutare la presenza di lesione del legamento collaterale mediale (abduzione) e del legamento collaterale laterale (adduzione). Anche l'artrocentesi, che va generalmente effettuata in caso di versamento articolare cospicuo, pu aiutare nella diagnosi, in quanto ci permette di differenziare un versamento ematico (emartro), che presente nei traumatismi acuti del ginocchio, da versamenti di altra natura. In caso di lesioni legamentose l'esame radiografico, pur essendo generalmente negativo, indicato in quanto vi pu essere avulsione ossea parcellare in corrispondenza dell'inserzione ossea del legamento (esempio il distacco della spina tibiale in caso di disinserzione del crociato anteriore). Vi pu essere indicazione alle radiografie sotto stress in varo e in valgo che ci permettono di quantizzare la lassit dei legamenti collaterali. Validissimo strumento per la diagnosi delle lesioni legamentose del ginocchio oggi rappresentato dalla risonanza magnetica nucleare data la sua non invasivit, la sua accuratezza, la mancanza di radiazioni ionizzanti e la possibilit di avere immagini in pi piani. La terapia delle lesioni legamentose acute consiste in un trattamento conservativo immobilizzando il ginocchio in lieve flessione (20 -30 ) per 10-15 giorni. Il trattamento di scelta nelle rotture isolate dei legamenti collaterali quello conservativo con rapida mobilizzazione. La chirurgia del legamento collaterale mediale pu essere intrapresa durante la ricostruzione

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combinata di una lesione del crociato anteriore e di una grave lesione del LCM. Le lesioni gravi del collaterale laterale si associano alla rottura di uno o di entrambi i legamenti crociati per cui generalmente richiesto un trattamento chirurgico. Il trattamento delle lesioni dei crociati ancora controverso. Un trattamento di tipo conservativo, seguito da un intenso programma di potenziamento muscolare, indicato nei casi di lesioni isolate e non complete dei legamenti crociati in pazienti con un livello di attivit normale e di et media e avanzata. Nei pazienti giovani con un elevato livello di attivit che non in grado o non vuole modificare il suo stile di vita e in presenza di lesioni capsulo-legamentose combinate indicato il trattamento chirurgico. Il trattamento chirurgico della lesione del LCA offre diverse possibilit di scelta tra le numerose tecniche di ricostruzione con l'utilizzo di legamenti biologici e artificiali. Allo stato attuale il trapianto biologico autologo quello preferito; in particolare si utilizza il 3 centrale del tendine rotuleo prelevato con le proprie inserzioni ossee cortico-spongiose posizionato con la tecnica a cielo aperto o con tempo articolare artroscopico. Il trattamento postoperatorio volto al recupero di un buon trofismo articolare mediante un programma di potenziamento sia del quadricipite femorale che degli ischio-crurali.
BIBLIOGRAFIA Beck CL, Paulos LE, Rosenberg TD Anterior cruciate ligament reconstruction with the endoscopic technique Operative Tech in Orthop 2: 86-98, 1992 Chick R, Jackson D Tears of the anterior cruciate ligament in young athletes J Bone Joint Surg 60A: 970, 1978 Galway RD, Beaupre A, MacIntosh DL Pivot shift: a clinical sign of syntomatic anterior anterior cruciate insufficiency J Bone Joint Surg 54B: 763, 1972 Giove T, Miller S, Kent B, et al Non-operative treatment of the torn anterior cruciate ligament J Bone Joint Surg 65A: 184, 1983 Hoppenfeld S L'esame obbiettivo in ortopedia Aulo Gaggi Editore, Bologna, 211-213, 1978 Insall JN, Windsor RE, Norman Scott W, et al Chirurgia del ginocchio. Vol I Verduci Editore, Roma, 50-73, 380-399, 1994 Jokl P, Kaplan N, Stovell P, et al Non-operative treatment of severe injures to the medial and anterior cruciate ligaments of the knee J Bone Joint Surg 66A: 741, 1984 Muller W

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The Knee: Form function and ligament reconstruction Berlin: Springer-Verlag, 1983 Frignani R, Cremonini L I bendaggi funzionali Piccin, Padova, 235, 1985 Van Dommelen BA, Fowler PJ Anatomy of the posterior cruciate ligament Am J Sports Med, 17: 24-9, 1978

LE LESIONI LEGAMENTOSE DELLA CAVIGLIA Introduzione Con il termine caviglia si intende l'entit anatomo-funzionale formata dalle articolazioni tibio-tarsica, sotto-astragalica e medio-tarsica e dai relativi mezzi di fissit: capsula articolare e legamenti di rinforzo. La distorsione rappresenta il pi frequente momento lesivo di tali strutture legamentose. Essa provocata da traumatismi torsionali tangenziali e da trazione; si verifica sopratutto in corso di attivit sportive, ma frequentemente anche occasionale. Nella articolazione tibio-tarsica, in condizioni fisiologiche, & consentito solo il movimento di flessoestensione; qualunque forza trasmessa dal piede, dovuta a sollecitazioni dello stesso, che tende a fare ruotare l'astragalo attorno al suo asse pu provocare lesioni della articolazione. I traumi coinvolgono pi frequentemente il comparto capsulo-legamentoso esterno, biomeccanicamente pi esposto e meno robusto, generalmente per un movimento estremo di varosupinazione (inversione del piede).
CENNI di ANATOMIA e BIOMECCANICA L'articolazione tibio-tarsica una articolazione a troclea in cui le superfici articolari distali di tibia e perone formano un incastro "a mortaio" per la troclea astragalica. Questa articolazione consente solo movimenti di flesso-estensione in quanto le porzioni laterali del mortaio (malleoli tibiale e peroneale) ed i mezzi di unione impediscono movimenti di lateralit se non di minima entit. Ci risulta tanto pi vero quando il piede in flessione dorsale in quanto la troclea astragalica pi larga anteriormente e quindi viene saldamente incuneata tra i malleoli; in flessione plantare il blocco operato dai malleoli meno stretto ed i movimenti laterali sono in piccola misura possibili.

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I mezzi di fissit sono rappresentati dalla capsula articolare e dai legamenti. La capsula articolare si inserisce sui bordi del mortaio tibio-peroneale e sulla superficie articolare dell'astragalo; sottile anteriormente e posteriormente e pi spessa ai lati per la presenza dei legamenti. Questi possono essere distinti in due comparti: mediale e laterale. COMPARTO MEDIALE: E' costituito dal LEGAMENTO DELTOIDEO, di forma triangolare, piatto e robusto: si distinguono nel suo contesto 5 fasci distribuiti in due piani. Il piano profondo, il pi importante per la tenuta meccanica, si inserisce sulla porzione profonda del malleolo tibiale e sul corpo del'astragalo. I rimanenti 4 fasci disposti sul piano superficiale sono il tibio-navicolare ed il tibio-astragalico anteriore (parte anteriore), il tibio-calcaneare (parte centrale) ed il tibio-astragalico posteriore (parte posteriore). COMPARTO LATERALE I legamenti del comparto laterale possono presentare frequenti variabili anatomiche individuali, ma la rappresentazione pi comune cos riassumibile: - L. PERONEO-ASTRAGALICO ANTERIORE ; Dal bordo anteriore del malleolo peroneale al collo dell'astragalo. E' il meno robusto dei 3 - L. PERONEO-CALCANEARE: Dall'apice del malleolo peroneale alla superficie laterale del calcagno. E' l'unico extracapsulare - L. PERONEO-ASTRAGALICO POSTERIORE ; Dalla fossa digitale del perone al margine posteriore dell'astragalo. E' il pi robusto Tra i mezzi di unione della caviglia dobbiamo considerare anche quelli della TIBIO-PERONEALE DISTALE, molto importanti per la stabilit, rappresentati da: - L. TIBIO-PERONEALI (Inferiore, Anteriore, Posteriore) - L. TRASVERSO INFERIORE - L. INTEROSSEO (il pi robusto) PATOGENESI Traumi distorsivi in eversione-abduzione possono determinare lesioni a carico del comparto mediale; viceversa traumi in inversione possono produrre danni a carico del comparto laterale. La sollecitazione in inversione la pi frequente causa di lesione per due ragioni anatomiche: a) il malleolo tibiale pi corto del peroneale e quindi l'astragalo pu essere spinto pi facilmente in inversione; b) le formazioni legamentose esterne sono tra loro separate e non sono cos robuste come il massiccio legamento deltoideo. La compromissione delle strutture legamentose pu essere di diversa entit ed il corretto inquadramento del
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trauma di estrema importanza, poich condizioner le scelta terapeutiche che varieranno a seconda del grado di lesione. DIAGNOSI Nei quadri clinici intermedi, quelli di pi frequente riscontro, spesso difficile fare un bilancio preciso dele lesioni. La diagnosi si basa su dati clinici e strumentali. La prima tappa per un corretto esame clinico una accurata indagine anamnestica; questa ci fornir indicazioni sulle modalit di avvento del trauma indirizzandoci cos verso la sede della lesione.L'esame obiettivo evidenzier una TUMEFAZIONE perimalleolare di grado variabile; potremo infatti passare da quadri di modesto gonfiore (talvolta assenza completa) fino ad importanti ematomi. Pressoch costante sar il DOLORE; variabile anche in questo caso da una dolenzia palpatoria locale sino ad un vivo dolore anche a riposo. La LIMITAZIONE FUNZIONALE potr essere assente o potremo avere lieve impotenza funzionale sino ad una vera e propria zoppia. Resta comunque importante eseguire un bilancio preciso di lesione attraverso una analisi dei singoli legamenti. Il legamento Peroneo-Astragalico Anteriore (PAA) va esaminato portando il piede in flessione plantare ed inversione, il dolore durante l'esecuzione di tale manovra indice di possibile lesione. Viceversa in caso di lesione singola del PAA questa manovra non in grado di evidenziare una eventuale instabilit. Questa va ricercata mediante il Test del CASSETTO ANTERIORE; il legamento PAA infatti la principale formazione che impedisce la sublussazione anteriore dell'astragalo. Il Test del casseto anteriore va eseguito trazionando in avanti il calcagno e spingendo indietro la tibia (afferrata a livello del suo 1/4 inferiore). In condizioni fisiologiche non vi deve essere spostamento che si verifica invece (talvolta in associazione ad un rumore sordo che indica la dislocazione dell'astragalo) in caso di lasit. Una instabilit laterale in supinazione (inversione) deve quindi fare supporre una lesione contemporanea sia del legamento PAA che del legamento Peroneo Calcaneare (PC). Il legamento Peroneo Astragalico Posteriore, infine, pu essere leso solo in associazione agli altri due legamenti laterali (rarissima la lesione singola) ed necessario un trauma distorsivo di grande entit perch ci avvenga. Per la valutazione del legamento Deltoideo si deve portare il piede in eversione; una apertura dela articolazione dal lato mediale indice di lesione. L'esecuzione di queste manovre frequentemente di difficile attuazione a causa dell'intenso dolore evocato, talora quando si renda necessario eseguire una diagnosi precisa si ricorre all'impiego di anestetici locali al fine di consentire l'esecuzione dei tests. Fondamentale resta la comparazione con l'arto controlaterale sano per determinare il normale grado di apertura. La diagnosi strumentale si basa su: Radiografie dinamiche (con stress in inversione/eversione e/o in antero/
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posteriore) ed Artrografie. a) Eversione: la sublussazione laterale dell'astragalo si pu verificare, oltre che per lesione del legamento deltoideo, anche per lrottura della sindesmosi tibio-peroneale. In questo caso l'esame clinico sar importante per fare diagnosi differenziale. b) Inversione; si calcola in questo caso il cosidetto "tilt astragalico" (basculamento con formazione di un angolo tra la superficie superiore dell'astragalo e la superficie inferiore tibiale). Anche in questo caso importantissimo il confronto con il lato sano. c) Antero/posteriore (cassetto anteriore); uno spostamento anteriore dell'astragalo indicativo di lesione del legamento PAA. Sulla base della valutazione sia clinica che strumentale e vista la necessit di porre indicazioni al trattamento possiamo classificare 4 gradi di lesione (da GRADO 0 a GRADO 3) Grado 0: Stiramento temporaneo dell'apparato capsulo-legamentoso con soffusione emorragica perimalleolare. Talvolta piccolo ematoma laterale. Dolenzia locale. Cassetto anteriore inferiore a 10 mm. Rx dinamiche in inversione: tilt astragalico inferiore a 10. Grado 1: Rottura isolata del PAA. Tumefazione laterale importante. Dolore. Parziale impotenza funzionale. Cassetto anteriore inferiore a 10 mm. Rx dinamiche in inversione: tilt astragalico inferiore a 15. Grado 2: Rottura del PAA e del PC. Ematoma sia laterale che mediale. Dolre.Impotenza funzionale con zoppia. Cassetto anteroposteriore:15 mm. Rx dinamiche in inversione: tilt astragalico oltre20. Grado 3: Rottura del legamento PAA, del PC, del PAP, della capsula articolare e frequentemente della sindesmosi. Importante ematoma in sede perimalleolare posteriore per rottura di una arteriola terminale della peroneale. TRATTAMENTO Nelle lesioni di Grado 0 e 1, nella maggior parte dei casi il trattamento incruento con immobilizzazione in tutori od apparecchi gessati permette un adeguato affrontamento dei legamenti e consente una corretta consolideazione. Nelle lesioni di Grado 2 e 3 la soluzione chirurgica. Importante anche la eventuale ricostruzione della pinza malleolare; dimostrato infatti che una semplice apertura di solo 1 mm porta ad una diminuzione dell'area di contatto tibia-astragalo del 42% con conseguente aumento della forza di carico per unit di superficie condizione che pu condurre ad una artrosi post-traumatica. Resta comunque fondamentale al termine del trattamento un progarmma di riabilitazione basato sul recupero della propriocettivit articolare, persa a causa del trauma e del periodo di immobilzzazione, al fine di prevenire eventuali recidive.
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EPIFISIOLISI DELL'ANCA ( COXA VARA DELL'ADOLESCENZA) Considerazioni generali

L'epifisiolisi del femore una evenienza che rientra nel capitolo delle osteo-condro-trofopatie dell'accrescimento ed caratterizzata dallo scollamento e dal successivo scivolamento e distacco della cartilagine epifisaria superiore sulla metafisi femorale tale da costituire la cosiddetta coxa vara dell'adolescenza. E' una malattia poco frequente ( 0,1% di tutti i ricoveri in reparti Ortopedici ) di cui, attualmente, non se ne conosce la causa principale. Esistono, per, delle condizioni predisponenti che sono: - l'et: colpisce tra i 10 - 16 anni, e cio il periodo del rapido accrescimento scheletrico con una incidenza particolare verso l'11 anno di vita - il sesso: maggiormente colpito risulta essere quello maschile (58%) - il lato: l'anca di sinistra risulta essere la pi colpita rispetto alla controlaterale, mentre solo nel 25% dei casi si ha un interessamento bilaterale.
Eziopatogenesi

Il fenomeno riconosce come primo evento una sofferenza della cartilagine di coniugazione. Le alterazioni istologiche che sono responsabili del distacco epifisario compaiono in tutte le cartilagini di accrescimento, ma il fatto che si manifestino clinicamente solo nell'epifisi femorale dovuto alla particolare conformazione dell'anca ed alle forze meccaniche a cui essa sottoposta. E' giusto considerare l'epifisiolisi come una manifestazione a molteplice eziologia, ma il fatto di riscontrare molto frequentemente tale patologia in adolescenti affetti da obesit e da ipogonadismo, in soggetti a rapida crescita con statura e peso corporeo superiore all'et corrispondente, sembra avvalorare, da una parte, l'influenza del fattore prettamente meccanico di sovraccarico e, dall'altro, quello endocrino specie di tipo gonadico; non un caso, infatti, che in letteratura non sia mai stato descritto un solo caso di epifisiolisi in ragazze dopo la prima mestruazione. Alcuni autori ritengono che anche una anomalia vascolare locale, nella fattispecie ora una lesione dell'arteria del legamento
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rotondo, ora una probabile stasi metatraumatica dei tessuti molli circostanti, ora una dilatazione delle anse vascolari a livello della zona epifisaria-metafisaria possa considerarsi come causa scatenante. Una teoria riconosce nel trauma, non come unico ed isolato su di una cartilagine normale, ma inteso come una serie di microtraumatismi che si ripercuotono su di una cartilagine con problemi di resistenza meccanica, una delle cause della patologia in questione. In pratica l'epifisiolisi del femore riconosce due eventi fondamentali: 1) la diminuzione di resistenza della cartilagine di coniugazione 2) l'intervento di fattori statici e dinamici (traumi compresi) che determinano la dislocazione della epifisi femorale, proprio per la particolare conformazione anatomica dell'articolazione stessa.
Anatomia patologica

La testa femorale slitta posteriormente ed in basso, il collo risale in alto e ruota in avanti. L'esito di questa migrazione una deformazione in varismo del collo femorale, una rotazione esterna e adduzione del femore. Lo slittamento avviene nel punto in cui le cellule cartilaginee mature ed ipertrofiche incontrano lo strato di cartilagine in via di calcificazione. Lo spazio che si viene inevitabilmente a creare dalla separazione tra le due strutture incomincia a riempirsi di tessuto fibroso e di cartilagine di tipo embrionario; viene a formarsi anche callo osseo, specie nella zona posteroinferiore. Quindi la testa rimane ancorata al collo femorale attraverso tessuti molli, in particolare il periostio posteriore, attraverso il quale passano i vasi pi importanti per la vascolarizzazione epifisaria. Nelle prime fasi la membrana sinoviale appare molle, edematosa, iperemica e villosa. Microscopicamente si nota tessuto abbondantemente vascolarizzato con la presenza di ammassi di piccole cellule che circondano a manicotto i vasi. Dopo parecchie settimane la membrana sinoviale perde la sua elasticit per la scomparsa quasi totale dei vasi e diviene fibrotica. La giunzione epifisaria cicatrizza solo dopo parecchi mesi e la porzione che rimane esposta del collo femorale viene ricoperta da fibrocartilagine. Uno spesso periostio e la nuova fibrocartilagine fissano posteriormente la testa al collo femorale. La cartilagine di coniugazione si chiude al termine del periodo di accrescimento e se lo scivolamento persiste negli anni si assiste a mutazioni in senso degenerativo.
Clinica e radiologia
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Dal punto di vista clinico e radiografico si distinguono uno stadio iniziale, detto di pre-epifisiolisi, ed un secondo di scivolamento vero e proprio. Nella prima fase di pre-epifisiolisi la sintomatologia clinica non sempre costante: il paziente accusa un dolore sordo all'anca, a volte irradiato verso il ginocchio, mostra una modesta claudicatio alla deambulazione; i sintomi peggiorano con gli sforzi fisici e spariscono del tutto con il riposo. Alcune volte si pu riscontrare una lieve limitazione dell'abduzione e dell'intrarotazione dell'anca. Dal punto di vista radiologico lo scivolamento della testa rappresentato dalla diminuzione di altezza della epifisi rispetto a quella controlaterale in proiezione antero-posteriore. Solo la proiezione laterale permette di meglio evidenziare l'alterazione in quanto l'asse della testa femorale e del collo si incrociano tra di loro formando un angolo aperto posteriormente. Dallo stato di pre-epifisiolisi si pu passare alla epifisiolisi conclamata che pu evolvere in modo acuto o cronico. L'epifisiolisi cronica l'evenienza che si presenta pi frequentemente: la zoppia tende ad aggravarsi, il dolore all'anca a non scomparire solo con il semplice riposo e l'arto viene atteggiato in adduzione ed extrarotazione. L'arto pu risultare accorciato di 1 o 2 cm e la muscolatura della coscia presenta diminuzione del trofismo e del tono muscolare. L'indagine radiologica mostra la dislocazione posteriore ed in basso della testa femorale. Nell'epifisiolisi acuta, evenienza pi rara, il quadro clinico si instaura improvvisamente: la causa da ricercarsi un un traumatismo che interessa il collo femorale gi displasico. Dolore improvviso e totale impotenza funzionale caratterizzano la sintomatologia clinica.
Prognosi

La prognosi molto riservata specie per le forme acute rispetto a quelle croniche. Si soliti considerare dei buoni risultati solo per le forme iniziali, ma capita di riscontrare forme di artrosi in soggetti trattati anche dopo 10 - 15 anni senza avere mai avuto dolore e problemi funzionali.
Complicanze

1) Necrosi avascolare della testa: avviene per la torsione a cui sottoposta la porzione posteriore epifisaria che determina lo starngolamento dei vasi, anche nelle manovre di riduzione incruenta in narcosi (60%).
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2) Condrolisi: condizione caratterizzata dalla degenerazione ed erosione della cartilagine articolare, infiammazione cronica, fibrosi capsulare e sinoviale fino alla anchilosi totale dell'articolazione.Pu essere causata anche da un chiodo malposizionato che entri in articolazione. 3) Grave deformazione in varismo del collo femorale con segni precoci di artrosi in et giovanile che limitano la funzionalit dell'anca e condizionano fortemente la deambulazione.
Trattamento

Innanzitutto per poter visualizzare correttamente il grado di scivolamento della testa indispensabile una radiografia dell'anca in proiezione assiale per permette di dividere i pazienti in due gruppi al fine di una scelta di trattamento: 1) scivolamenti leggeri che richiedono l'inchiodamento in situ per via extra-articolare 2) scivolamenti gravi in cui si rende necessaria una epifisiodesi primaria (cio introduzione di trapianto osseo prelevato dalla cresta iliaca in una fenestratura dell'epifisi femorale appositamente preparata) attraverso un accesso chirurgico anteriore all'articolazione.
Comunque, indipendentemente dalla scelta chirurgica, bisogna impedire al giovane paziente il carico sull'anca interessata costringendolo ad un lungo periodo di riposo a letto preferibilmente con trazione longitudinale per allentare lo spasmo muscolare. Nell'epifisiolisi acuta l'associare la trazione lungo l'arto ad una manovra di intrarotazione del femore pu ridurre la dislocazione della testa. Bisogna evitare assolutamente l'immobilizzazione in abduzione ed in exrtarotazione. L'introduzione di fili filettati per via extra-articolare, in una epifisiolisi grave, pu risultare molto difficile anche in mani esperte in quanto essendo l'epifisi dislocata posteriormente rispetto al collo. si rischia che le punte dei fili finiscano nel margine anteriore dell'epifisi o, addirittura, mancarla. Nei casi di evoluzione in grave varismo del collo si pu rendere necessaria una osteotomia cuneiforme sottocapitata del collo del femore per ripristinare il corretto asse cervico cefalico. L'intervento di artroprotesi nei giovani non da prendere in considerazione.
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OSTEOCONDROSI

Il termine osteocondrosi indica un gruppo di affezioni di interesse ortopedico caratterizzate da una alterazione degenerativo-necrotica di nuclei di ossificazione epifisari od apofisari in accrescimento. La patologia colpisce durante il periodo di maggiore attivit osteogenetica dell'adolescente.Pur rimanendo
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ancora oscura la precisa causa del processo di necrosi ossea asettica, si ammette per la teoria vascolare una turba della nutrizione del nucleo di ossificazione a causa di un disturbo vascolare ( spasmi vascolari, occlusioni vasali, minor apporto ematico...). Il deficit vascolare determina una necrosi cellulare pi o meno diffusa nel nucleo, costituito da una parte centrale ossea e da un mantello periferico cartilagineo. La conseguente diminuzione delle resistenze meccaniche del nucleo predispone alla sua stessa deformazione per azione del carico e dell' azione traente delle inserzioni muscolari. Tutte le osteocondrosi possiedono un decorso relativamente benigno e lento, nel quale il processo necrotico regredisce spontaneamente per far posto ad una successiva riparazione e definitiva ossificazione del nucleo con o senza alterazioni morfo-anatomiche. Ogni nucleo di ossificazione pu essere sede di un processo osteocondrosico , spesso con decorso clinico asintomatico. Vi sono sedi invece dove tale processo si riscontra con maggiore frequenza e dove assume importanza clinica. Le varie osteocondrosi vengono contrassegnate anche mediante un eponimo, dal nome dell'autore, che per primo le ha osservate.
OSTEOCONDROSI DELL'EPIFISI PROSSIMALE DEL FEMORE: MORBO DI LEGG-CALVE'- PERTHES OSTEOCONDROSI DELL'APOFISI TIBIALE ANTERIORE: MORBO DI OSGOOD-SCHLATTER OSTEOCONDROSI DELL'APOFISI POSTERIORE DEL CALCAGNO: MORBO DI HAGLUND OSTEOCONDROSI DELLO SCAFOIDE TARSALE: MORBO DI KOHLER 1 OSTEOCONDROSI DELL'EPIFISI PROSSIMALE DEL 2 METATARSALE: MORBO DI KOHLER 2 OSTEOCONDROSI DEL SEMILUNARE: MORBO DI KIENBOCK OSTEOCONDROSI DELLA COLONNA VERTEBRALE: MORBO DI CALVE' - MORBO DI SCHEUERMANN

OSTEOCONDROSI DELL'EPIFISI PROSSIMALE DEL FEMORE MORBO DI LEGG-CALVE'-PERTHES Nel 1910 questa alterazione stata descritta separatamente negli Stati Uniti , in Germania e in Francia dai medici Legg, Perthes e Calv, i quali accettarono senza alcuna evidenza scientifica la genesi di necrosi avascolare della testa del femore con conseguente sua frammentazione, collasso e deformit.
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Soltanto nel 1921 Phemister ha evidenziato radiologicamente questa necrosi avascolare. La malattia si manifesta fra i 3 ed i 12 anni (et media 7 anni) con maggior frequenza nei maschi rispetto alle femmine. La localizzazione bilaterale presente nel 10-15% ed in questo caso la manifestazione clinica compare in un'anca circa un anno pi precocemente che nella controlaterale.La necrosi pi o meno diffusa del nucleo di ossificazione cefalico del femore secondaria all'interruzione della vascolarizzazione nel territorio dell'arteria cinconflessa posteriore. Il risultato dell'ischemia un ciclo "naturale" e costante per tutte le forme di osteocondrosi, composto da quattro fasi successive che conducono a guarigione spontanea anche se non viene effettuato alcun trattamento.
FASE DI NECROSI con interruzione dell'ossificazione encondrale sia nella cartilagine epifisaria che in quella metafisaria del collo femorale, dove si ha una prematura chiusura del piatto di accrescimento e perci della crescita longitudinale. FASE DI RIASSORBIMENTO (frammentazione) l'osso necrotico viene lentamente riassorbito; la neoformazione di capillari determina la ripresa dell'ossificazione encondrale epifisaria. L'osso neoformato si deposita su quello avascolare con netto aumento della massa ossea per unit di superficie ( incremento della densit ossea evidenziabile con la rx-grafia in fase iniziale) FASE DI RICOSTRUZIONE FASE DI RIMODELLAMENTO : la testa femorale pu venir modellata con aspetto sferico normale oppure alterato (con coxa magna o plana) ; la eccentrazione o la sublussazione della testa favorisce una coxartrosi secondaria. Inoltre l'alterazione della regione metafisaria causa l'accorciamento del collo femorale (coxa vara). Nella fase iniziale le manifestazioni cliniche possono essere sfumate con modica algia intermittente sul versante anteromediale della coscia e con gonalgia sotto sforzo; successivamente si evidenzia una zoppia di fuga , una contrattura muscolare antalgica ed una ipotrofia della muscolatura della coscia e della natica. All'esame obiettivo caratteristica la retrazione dei muscoli adduttori della coscia ed una limitazione funzionale dell'abduzione e della rotazione interna dell'articolazione colpita. Le ricerche bioumorali sono negative ad eccezione della velocit di sedimentazione degli eritrociti, che pu essere leggermente aumentata. Il decorso della malattia della durata media di 18-24 mesi pu essere studiato in tutto il suo decorso con molte metodiche diagnostiche. L'indagine radiografica di bacino in A-P ed assiale di anca, evidenzia i diversi momenti evolutivi comuni a tutte

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le osteocondrosi : - negli stadi precoci vi un leggero allargamento dello spazio articolare ed una osteoporosi della regione metafisaria del collo femorale, immediatamente adiacente alla linea epifisaria. - nella fase di arresto di accrescimento il nucleo appare ovalare e di minor dimensioni del controlaterale; la fase di metallizzazione o addensamento necrotico con aumento della densit radiologica. - nei 3-6 mesi successivi compaiono i processi di riassorbimento del tessuto osseo subcondrale necrotico; la fase del nucleo tigrato e l'immagine rx-grafica tende a frammentarsi con aree di radiotrasparenza connesse con la scomparsa dell'osso morto. Ma contemporaneamente vi una neoformazione ossea con la fase della rigenerazione; il nucleo appare meno radiopaco. - nella fase riparativa con formazione di nuovo osso la testa assume la conformazione finale. Pu residuare una deformazione ed una sublussazione laterale rispetto all'acetabolo con:rapporto di congruenza sferica, non associata ad artrosi secondaria rapporto di congruenza non sferica che predispone ad alterazione artrosica in et matura rapporto di incongrueza con precoce coxartrosi La stima dell'estensione della necrosi della testa femorale importante per il trattamento e la prognosi ed a ci concorrono anche l'artrografia dinamica, la scintigrafia ossea , la TAC e la RMN. Il trattamento verte a prevenire la deformit della testa e perci la coxartrosi secondaria. Se la malattia esordisce prima dei sei anni di et e se non vi sono limitazioni funzionali articolari, sublussazione laterale e collasso della testa , preferibile solo l'osservazione con eventuali periodi di trattamento mediante trazioni dell'arto inferiore e scarico. Se l'esordio avviene dopo i 6 anni opportuno il riposo assoluto a letto per 1-2 settimane con trazione dell'arto inferiore in abduzione e successivo contenimento della testa con apparecchi gessati in abduzione (Petrie e Bitenc) per un periodo medio di 19 mesi od ortesi di abduzione (staffe di scarico di Thomas, Chicago, Atlanta ....) che abducono l'anca e centrano la testa nell'acetabolo sottraendola al carico per 18 mesi. Nelle forme pi gravi con la testa lateralizzata , il contenimento di tipo chirurgico mediante : - osteotomia di varo-derotazione con varizzazione del collo femorale ed osteosintesi con placca e viti ed immobilizzazione in doppio pelvi podalico mantenuto per due mesi. - osteotomia di bacino secondo Chiari - osteotomia di bacino secondo Salter Questa osteotomia innominata preferibile nei bambini pi grandi con forme gravi, perch fornisce maggior copertura anterolaterale della testa senza un accorciamento del collo.

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OSTEOCONDROSI DELLA TUBEROSITA' TIBIALE ANTERIORE MORBO DI OSGOOD-SCHLATTER Nel 1903 Osgood e Schlatter descrissero un disturbo dello sviluppo del tubercolo tibiale anteriore, con una sua possibile parziale avulsione per la sollecitazionio tendinea in trazione. Successivamente venne classificato come una osteocondrosi. La malattia , spesso bilaterale, compare all'et di 8-13 anni per le femmine e di 10-15 anni per i maschi, che risultano pi frequentemente affetti. Clinicamente viene riferito un dolore locale con una tumefazione in corrispondenza della tuberosit tibiale, che migliora con il riposo e peggiora con l'attivit sportiva, soprattutto la corsa ed il salto. All'esame obiettivo raramente presente una zoppia, ma pi spesso una limitazione funzionale dell'estensione del ginocchio contro resistenza e sempre una dolenzia alla digitopressione sull'inserzione del tendine rotuleo. Il decorso naturale necessit di circa 2 anni e l'evoluzione benigna ; la complicanza peraltro rara , il distacco della tuberosit tibiale per azione traente del tendine rotuleo. La diagnosi si basa normalmente sui segni clinici e sui sintomi. L'esame radiologico mostra il nucleo apofisario "sofferente" , sclerotico, frammentato e parzialmente diastasato dalla tibia; la xeroradiografia permette di riconoscere la tumefazione delle parti molli , che coesiste sempre nella fase acuta iniziale della malattia.L'ecografia consente una diagnosi gi nella fase precoce con una alterazione della borsa sierosa infra-patellare profonda ed un inspessimento del tratto inserzionale del tendine rotuleo. Il trattamento di questa osteocondrosi che si autolimita, necessita dell'astensione del paziente dalla ginnastica e dalla attivit sportiva fino alla scomparsa del dolore in 3-6 mesi. E' inoltre utile un ciclo di FANS per attenuare il dolore nei periodi di riacutizzazioni ed inoltre della FKT strumentale con ultrasuoni o magnetoterapia. Se il dolore notevole, si pu confezionare una ginocchiera gessata per 2-3 settimane per mantenere a riposo il muscolo quadricipite. Nel caso di persistenza della sintomatologia dolorosa pu essere anche indicato un intervento di perforazioni multiple del nucleo di ossificazione per favorire la vascolarizzazione dell'osso spugnoso
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sottostante.

OSTEOCONDROSI DELL'APOFISI POSTERIORE DEL CALCAGNO MORBO DI HAGLUND O DI SEVER-BLENKE La malattia insorge fra gli 8 e i 13 anni , con dolore localizzato nella parte posteriore del calcagno, dove presente un centro secondario di ossificazione su cui si inserisce il tendine calcaneare ( tendine di Achille). Anche il contatto con le scarpe diviene doloroso specie dopo cammino prolungato. L'evoluzione sempre benigna e non causa deformit locale. La durata pu anche essere lunga (circa 2 anni). L'immagine radiografica mostra le tipiche alterazioni osteocondrosiche con un apofisi addensata e frammentata. E' necessario limitare il carico calcaneare mediante un plantare che limiti gli urti posteriori e contemporaneamente somministrare antiflogistici nei periodi di acuzia.

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OSTEOCONDROSI DELLO SCAFOIDE TARSALE MORBO DI KOHLER I Il morbo di kohler I insorge all'et di 3-8 anni ed pi comune nel sesso maschile. La necrosi avascolare interessa il nucleo di ossificazione dello scafoide del piede ed di solito monolaterale. Se clinicamente manifesto, il bambino si lamenta per un dolore al carico localizzato nella regione del mesopiede; esso pu influire sulla deambulazione determinando una lieve zoppia, con il piede atteggiato in varismo per ridurre la pressione sull'arco longitudinale. La radiografia mostra lo scafoide appiattito, sottile, sclerotico o frammentato (eseguire la radiografia del piede controlaterale). La prognosi favorevole e in 18-24 mesi si ha la ricostituzione completa e spontanea dello scafoide. Se invece il dolore particolarmente intenso e duraturo, si consiglia uno stivaletto gessato da deambulazione per 4-6 settimane. Poich possibile la genesi di un piede piatto e doloroso, causato da
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un progressivo appiattimento della volta longitudinale del piede , possibile utilizzare un plantare morbido longitudinale ad arco per sollevare la volta stessa e scaricare dal peso l'osso compromesso.
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OSTEOCONDROSI DELLA TESTA DEL SECONDO METATARSO MORBO DI KOHLER II O DI FREIBERG Questa osteocondrosi si manifesta pi frequentemente nel sesso femminile tra i 18-30 anni. La sintomatologia caratterizzata da un dolore all'appoggio del secondo metatarso durante la deambulazione ( spt. con scarpe col tacco), da rigidit dell'articolazione metatarso-falangea e dolenzia locale alla digitopressione della testa metatarsale deformata e slargata. Queste stesse caratteristiche si evidenziano con l'esame radiografico.E' necessario utilizzare un plantare per sottrarre il carico alla testa metatarsale.

OSTEOCONDROSI DEL SEMILUNARE MORBO DI KIENBOCK La necrosi avascolare di questa osteocondrosi determina la deformazione e lo schiacciamento del semilunare carpale.Insorge pi frequentemente a destra, fra i 15 ed i 40 anni , soprattutto nelle persone predisposte per motivi di ordine meccanico (es. compressioni ripetute nei lavoratori con martelli pneumatici). La malattia esordisce con dolore al polso, irradiato all'avambraccio, rigidit e dolenzia alla palpazione locale; caratteristico un aumento della sintomatologia algica all'estensione dorsale del polso e del dito medio. Contemporaneamente vi una diminuzione della presa di forza. I reperti radiografici mostrano una sclerosi del semilunare , una sua frammentazione , immagini cistiche ed un suo appiattimento; inoltre l'alterazione del semilunare si riflette sulle ossa del carpo causandone una instabilit globale. L'evoluzione della malattia cronica , senza guarigione spontanea .Nella fase iniziale opportuno immobilizzare con un gesso il polso a scopo antalgico e per favorire la rivascolarizzazione dell'osso. E' possibile l'escissione chirurgica del semilunare e l'inserzione di una protesi acrilica oppure

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l'artrodesi limitata tra capitato e uncinato per prevenire le alterazioni secondarie delle ossa carpiche.

OSTEOCONDROSI DELLA COLONNA VERTEBRALE MORBO DI SCHEUERMANN La malattia ha decorso progressivo e si manifesta in eta puberale (12-14 anni) pi frequentemente nei maschi. E' caratterizzata macroscopicamente da una accentuazione della normale cifosi della colonna toracica ; infatti vengono coinvolti dalla necrosi ischemica i nuclei epifisari dei corpi vertebrali, predisposti all'accrescimento in altezza della regione anteriore e laterale del soma vertebrale. Questa necrosi deforma a cuneo i corpi vertebrali. L'adolescente presenta un aumento della cifosi dorsale, un iperlordosi cervicale e lombare compensatoria, una contrattura della muscolatura flessoria, un habitus astenico e spalle spioventi per protrusione anteriore del cingolo scapolare. La cifosi, raramente sintomatica in corrispondenza della regione apicale della deformit, fissa e persiste anche quando il paziente viene disposto in decubito prono con colonna estesa. Al controllo radiografico si evidenzia una cifosi dorsale ad ampio raggio con corpi vertebrali contigui deformati a cuneo; i nuclei di accrescimento risultano frammentati addensati e schiacciati. Il trattamento precoce, utilizzando dei corsetti gessati o corsetti ortopedici (es.Milwaukee), arresta la progressione della deformit della colonna vertebrale in accrescimento. Se al contrario non viene utilizzato un trattamento incruento, possibile una accentuazione grave della cifosi fino al termine della crescita; le indicazioni ad un trattamento chirurgico con un'artrodesi dorso-lombare strumentata, sono il dolore lombare e/o dorsale associati ad una cifosi di 65 gradi Cobb. Un ulteriore osteocondrosi ad interessamento vertebrale la VERTEBRA PLANA O MORBO DI CALVE'; una forma rara con insorgenza nella prima infanzia . La necrosi ischemica colpisce il nucleo di ossificazione di un solo corpo vertebrale ed in particolare della prima vertebra lombare. Si genera un gibbo acuto , spesso asintomatico, che viene trattato con corsetti gessati.

OSTEOCONDRITE DISSECANTE Questa osteocondrosi caratterizzata da una lesione osteocartilaginea della superficie articolare del ginocchio e, meno frequentemente, del gomito, dell'astragalo e dell'anca. La lesione di tipo necrotico
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ed determinata da un disturbo locale del circolo vascolare per continui microtraumi. I frammenti osteocartilaginei possono staccarsi dall'osso sotto forma di pastiglie coniche endoarticolari mobili. Il morbo di Konig la forma che colpisce il ginocchio soprattutto sul condilo femorale mediale. La sintomatologia correlata alle dimensioni della lesione, alla sede ed alla presenza di un corpo mobile endoarticolare; infatti il paziente si pu lamentare per una modica gonalgia diffusa sotto sforzo, oppure per rigidit articolare, intensa algia improvvisa e cedimenti del ginocchio in occasione dell'interposizione della "pastiglia" sufficientemente grande fra condilo e piatto tibiale. Questi episodi causano versamenti sinoviali subentranti ed anche blocchi articolari. La diagnosi si avvale della radiografia standard e della proiezione per la gola intercondiloidea e della TAC per lo studio della dimensione della lesione. La terapia nelle fasi iniziali necessita soltanto dello scarico con stampelle dell'arto affetto per un periodo variabile di 6-8 mesi; se invece la lesione di grosse dimensioni o se presente un corpo mobile, si effettua per via artroscopica la cruentazione della lesione per favorirne la cicatrizzazione oppure la rimozione della pastiglia stessa.

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ARTROSI
PRESENTAZIONE

Definendo la patologia artrosica si vuole intendere un'affezione degenerativa cronica a carico delle strutture ossee e delle componenti articolari (cartilagine,sinovia, capsula). Si pu definire inoltre
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l'artrosi, osteoartrite poich frequentemente sono presenti fenomeni flogistici a livello delle articolazioni. La caratteristica principale dell'artrosi o osteoartrosi la perdita della cartilagine ialina associata a reazione subcondrale che porta ad una fibrillazione della cartilagine, con proliferazione condrocitaria e formazioni di agglomerati cellulari. Il tutto, in aumentato afflusso sanguigno nell'osso subcondrale con incremento secondario della pressione ossea e relativa sclerosi, che conduce a formazioni cistiche ed osteofitosiche marginali.
CLASSIFICAZIONI Secondo la classificazione dalla Societ Italiana di Reumatologia riconosciamo due forme principali di artrosi, artrosi primaria o idiopatica; artrosi secondaria a fattori locali e generali ed a eventi traumatici. ARTROSI PRIMARIA Nelle forme di artrosi primaria (ora in disuso), generalizzata o localizzata consideriamo: Noduli di Heberden (tumefazioni di consistenza cartilaginea ed ossea delle interfalangee distali delle dita delle mani) Noduli di Bouchard (simili ai precedenti noduli di H. ma che interessano le articolazioni interfalangee prossimali) Rizoartrosi di Forestier (artrosi primo raggio dell'articolazione trapezio-metacarpale) Gonartrosi Coxartrosi ARTROSI SECONDARIA Nell'artrosi secondaria a fattori locali e generali consideriamo: Artrosi senile Artrosi sec. a malformazioni scheletriche Artrosi sec a osteocondritri e osteodistrofie Artrosi sec. ad artriti Nell'artrosi secondaria ad eventi traumatici consideriamo: Emartrosi post-traumatica Idroartrosi post-traumatica Artrosinovite post-traumatica Artrosi professionali

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EZIOPATOGENESI ED ALTERAZIONI ANATOMO-PATOLOGICHE L'eziologia dell'artrosi primaria oggi pressoch sconosciuta . Nelle forme di artrosi secondaria, evidenziamo diverse cause meccaniche e di altra natura: Et (aumenta con l'et dopo i 50 anni) Sesso (sotto i 50 anni maschi; femmine sopra i 50 anni Metabolismo (artrosi associata ad obesit, ipertensione, diabete) Genetica (ereditariet autosomica dominante nell'artrosi generalizzata) Secondo ad alcuni dati epidemiologici e statistici enunciati da Ciocci, la patologia artrosica annoverata all'interno delle malattie reumatiche, assume un ruolo predominante. Tenendo conto infatti della prevalenza dell'artrosi nelle svariate forme reumatiche, l'artrosi stessa ricopre il 9,4 % di tutte le patologie ed la causa pi frequente di invalidit transitoria o permanente nella popolazione italiana. Alla base del meccanismo patogenetico si ha un'alterazione biochimica degenerativa della composizione della sostanza fondamentale (ex. proteoglicani) della cartilagine articolare. Alcune ricerche biochimiche sulla cartilagine dimostrano infatti una precoce diminuzione di proteoglicani, una loro insufficiente polimerizzazione ed una scarsa resistenza ai processi catabolici. Inoltre spesso si pu avere una diminuzione di cheratan-solfato, come avviene nella cartilagine fetale. Tali considerazioni portano a definire la patogenesi dell'artrosi come un difetto di biosintesi dei proteoglicani da parte del condrocita (elemento vivente della cartilagine preposto alla sintesi ed al catabolismo della sostanza fondamentale). I condrociti infatti sintetizzano sia fibrille colllagene "rete di sostegno della cartilagine artricolare", sia proteoglicani che riempiendo la rete di collageno donano corpo ed elasticit alla cartilagine stessa. Nel processo artrosico si notano uno stato di sofferenza del condrocita con aumento dei filamenti perinucleari che occupano il citoplasma, un accumulo citoplasmatico di glicogeno e lipidi ed una diminuzione di mitocondri, di reticolo endoplasmico liscio e rugoso. Un'altra delle possibili alterazioni biochimiche precoci della cartilagine articolari la aumento dell'idratazione della stessa (idroartrosi). Tale aumento dovuto alla frammentazione ed alla perdita di resistenza della rete di collageno; il quale non pu pi contrastare l'espansione dei proteoglicani che assorbono quindi una maggiore quantit di acqua. Negli stadi pi avanzati di artrosi si riscontra: Aumento del collageno di tipo 1 Aumento della condrolisi per azione di proteasi, catepsine e collagenasi (aumentate a dismisura nel processo artrosico) Sequestro cartilagineo di enzimi e mediatori rilasciati da cellule granulocitarie, macrofagiche e linfocitatria (linfociti T attivi) , che espletano un' azione distruttiva nei confronti dei tessuti articolari (a cui fa' seguito una proliferazione condrocitaria amitotica ossea di tipo riparativo). Le alterazioni anatomo-patologiche pi frequenti sono: Alterazioni cartilaginee (colorito giallastro delle
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articolazioni; assotigliamento e fissurazioni; ulcerazioni, che possono mettere a nudo l'osso subcondrale) Osteofiti marginali (cercini ossei a becco) Osteosclerosi subcondrale (addensamento di tessuto osseo nelle zone di maggiore carico alternato a quadri di rarefazioni ossee "cavit pseudocistiche o geodi") Alterazioni della membrana sinoviale e della capsula artricolare. Tutte queste alterazioni si sviluppano progressivamente, infatti, nelle fasi iniziali della malattia si parla di piccole erosioni cartilaginee e modesta osteofitosi, mentre nelle fasi avanzate della patologia stessa si ha osteosclerosi, formazioni di cavit geodiche e marcata osteofitosi marginale. CLINICA Il quadro sintomatologico della patologia artrosica dominato da un dolore di tipo gravativo che insorge generalmente all'inizio del movimento, raggiunge un acme al carico massimo dell'articolazione, cessa con il riposo ed il calore o la sottrazione al carico. Esso costante ed ingravescente anche se con il movimento cede. La malattia alternata da periodi di remissione e periodi di riacutizzazione della sintomatologia. Il dolore spesso associato ad una importante contrattura muscolare, che determina alterazioni della postura facendo assumere una notevole limitazione dei movimenti con crepitii articolari come segni tardivi della patologia. A questo punto si pu capire come i pazienti, frequentemente lamentano rigidit articolare. Tale rigidit si manifesta al mattino "al risveglio" e si risolve dopo qualche movimento di flesso-estensione. All'obiettivit le articolazioni colpite dall'artrosi, durante la palpazione, possono esacerbare dolore, possono apparire tumefatte e calde localmente,per la presenza di sinovite reattiva secondaria. LOCALIZZAZIONI ANATOMICHE Tra le principali localizzazioni anatomiche in ordine di frequenza riconosciamo: Artrosi vertebrale Artrosi dell'anca o coxartrosi Artrosi del ginocchio o gonartrosi 1) Nell'ambito dell' artrosi vertebrale studiamo una forma: - giovanile (secondaria ad osteocondrosi dell'accrescimento) - secondaria a discopatie o dismorfismi del rachide - a carattere prettamente degenerativo - artrosica che porta all'irrigidimento di gran parte della colonna per ossificazione dei legamenti vertebrali (spondiloartrite anchilopoietica) Si pu parlare dopo quanto esposto di discopatia artrosica (quando viene interessato il disco intervertebrale ed i piatti del corpo articolare) oppure di artrosi vertebrale posteriore (quando vengono colpite le articolazioni

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intervertebrali posteriori). Difficilmente si riesce ad effettuare una distinzione radicale, tra invecchiamento e modificazioni degenerative del nucleo intervertebrale. In ambedue le situazioni il nucleo si disidrata, diminuisce il suo contenuto in glicoproteine ed aumenta quello di collageno, a discapito dell'elasticit del nucleo stesso. A questo punto esercitando una grande forza sul disco si pu produrre una sua erniazione attraverso un difetto dell'anello e quindi si pu parlare di protrusione posteriore o laterale, che determina comprimendo la radice di un nervo spinale, radicolopatia e quindi dolore. a) Artrosi della colonna cervicale.La sindrome di Barr-Liou si manifesta con cefalea occipito-cervicale irradiata verso le regioni mastoidee e temporo-orbitali associata a sintomi quali: vertigini; disturbi visivi; cefalea; sudorazione; disfonia; disfagia. Le sindromi cervicali superiori si accompagnano a cefalea ed a nevralgie cervicali. Nelle sindromi cervicali inferiori si ha cervicobrachialgia. In entrambe le condizioni si associano disturbi di tipo radicolari (dolore locale, irradiazione radicolare, disturbi della sensibilit). b) Artrosi della colonna dorsale.Studiamo una forma giovanile secondaria agli esiti di una osteocondrosi dell'accrescimento. In questo caso predomineranno le formazioni osteofitosiche. c) Artrosi della colonna lombare.Clinicamente il sintomo pi frequente la lombalgia acuta (il cui epifenomeno rappresentato dal "colpo della strega") oppure lombaggine con blocco della colonna lombo-sacrale fino alla totale impotenza funzionale, oppure lombalgia cronica come l'esito di diversi episodi acuti. Gli sforzi e la prolungata stazione eretta aggravano le manifestazioni artrosiche con periodi di remissione alternati a periodi di riacutizzazione della sintomatologia algica. Si hanno inoltre forme di discopatia con migrazione del disco intervertebrale e sua estrusione nel canale vertebrale con conseguente compressione radicolare (sintomatologia di tipo sciatalgico per interessamento delle radici del nervo sciatico, oppure per sofferenza del nervo ischiatico). 2) Nell'ambito dell' artrosi dell'anca o coxartrosi. L'anca una delle articolazioni pi frequentemente coinvolte dall'artrosi (patologia di questa articolazione estremamente invalidante). Infatti l'artrosi pu colpire tutte le articolazioni, ma in modo speciale quelle sottoposte al carico. L'artrosi dell'anca si manifesta clinicamente con coxalgia che si accentua con lo sforzo, e zoppia. L'irradiazione del dolore all'linguine alla faccia interna della coscia ed al ginocchio; limitazione dei movimenti di flessione, estensione, rotazione interna, rotazione esterna, abduzione ed adduzione. 3) Nell'ambito dell' artrosi del ginocchio o gonartrosi.Possiamo parlare di gonartrosi del compartimento mediale o laterale con deformit secondarie in varismo o valgismo delle ginocchia. Artrosi femoro-rotulea secondaria a

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quadri di sublussazione-lussazione e condromalacia della rotula. ALTERAZIONI RADIOGRAFICHE L 'immagine radiologica di artrosi comprende: Diminuzione della rima articolare, per degenerazione e assotigliamento della cartilagine. Sclerosi dell'osso subcondrale. Cavit geodiche. Osteofiti articolari (accumulo di materiale catabolico che favorisce il precipitare di sali di calcio). Progressiva deformazione dei contorni articolari, per fenomeni regressivi (ulcerazioni della cartilagini) e fenomeni produttivi (osteofiti) Anchilosi ossea subtotale e totale. TRATTAMENTO La terapia dell'artrosi si basa su diversi criteri fondamentali: - Somministrare all'organismo sostanze che possono reintegrare la sostanza fondamentale (mucopolisaccaridi, acido condroitin-solforico, aminoacidi). - Somministrare sostanze antinfiammatorie che diminuendo la flogosi dell'articolazione ed il dolore migliorano anche il movimento della stessa (FANS e cortisonici). - Calo ponderale (riduzione del peso per allegerire il carico articolare) - Riposo - FKT (fisiochinesiterapia) che trova nell'artrosi un grande campo di applicazione. Il movimento sotto qualsiasi forma esso sia, senza raggiungere l'affaticamento, consigliabile in tutte le forme artrosiche. Anche il calore efficacie nell'attenuare il dolore e lo spasmo muscolare ed in molti casi amplifica i risultati dati dall'attivit fisica (Marconi-terapia, Radar-terapia ed Ultrasuono-terapia). Quando viene riconosciuto il completo insuccesso della terapia medicamentosa, fisica ed ortopedica, e quando il quadro radiologico tale da compromettere il movimento articolare, facendo assumere un aspetto di tipo anchilotico dell'articolazione interessata (anca e/o ginocchio), la terapia chirurgica trova una sua applicazione fondamentale: Variazioni meccaniche o statiche dei rapporti articolari. Anchilosi chirurgica e stabilizzazione dell'articolazione al fine di eliminare il dolore (osteotomia sottotrocanterica; artrodesi vertebrale e laminectomia). Protesizzazione del paziente ossia sostituzione dell'articolazione colpita mediante artroprotesi (gonartrosi e
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coxartrosi).

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Osteopetrosi.

Per ostopetrosi si intende una patologia ereditaria a carico del tessuto osseo che viene comunemente inclusa nelle osteopatie congenite sclerosanti iperostosanti e dismodellanti, caratterizzate da un

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aumento del tessuto osseo a spese degli spazi midollari, associate ad un aumento dei sali minerali ed a cui corrisponde sul piano radiologico un aumento della densit dell'immagine ossea. Si tratta di una malattia caratterizzata da osteosclerosi, fragilit ossea ed anemia. Alla base della condizione morbosa sta un mancato riassorbimento della spongiosa primaria mentre l'accrescimento della cartilagine proliferativa e la maturazione ossea sono normali. La frequenza di tale patologia non ben nota mentre gravit ed evoluzione differiscono a seconda dell'epoca di insorgenza. Entrambi i sessi sono colpiti, con una netta prevalenza per quello maschile. Anche se non esclusiva, la malattia tipica dell'et pediatrica.
L'etiologia incerta: sono state proposte numerose teorie tra le quali si possono ricordare: - teoria carenziale come nel caso di un'avitaminosi multipla; - teoria endocrina o neuroendocrina; - teoria biochimica o di eccesso di fosforo nel sangue; 2- teoria disontogenetica. Fino ad ora per nessuna delle suddette ipotesi causali stata universalmente accettata. Attualmente si ritiene che esistano due modalit di trasmissione: - recessiva: allo stato omozigote si ha osteosclerosi intensa con grave anemia e metaplasia mieloide (forma congenita maligna); - dominante: allo stato eterozigote si ha sclerosi intensa senza sindrome anemica (forma tarda benigna). Anche la patogenesi ha dato adito a svariate ipotesi: - parziale o totale inibizione del riassorbimento osseo; - ruolo della calcitonina e delle cellule parafollicolari della tiroide; - alterazione del metabolismo del calcio con aumento del suo assorbimento a livello intestinale; - impossibilit alla formazione di tessuto osseo. L'unico dato certo che l'osso di nuova formazione non si integra normalmente in un tessuto osseo in cui non sono ancora state riassorbite le strutture primitive, e si sovraccarica cos di sali di calcio, sopprattutto laddove il ritmo di accrescimento pi intenso, e cio a livello delle metafisi e dei nuclei epifisari. Quadro clinico: - forma recessiva: compromissione dello stato generale; accrescimento anomalo dello scheletro con cranio grande, torace stretto e deformit degli arti; alterazioni neurologiche come conseguenza delle alterazioni ossee (es. lesioni del nervo ottico); aumentata fragilit con fratture, in genere poco dolorose e talvolta misconosciute.
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- forma dominante: ha decorso benigno e talvolta asintomatico con fratture determinate dall'aumentata fragilit ossea, che si manifestano con maggiore frequenza rispetto alla forma recessiva, ed alterazioni neurologiche. Il quadro radiologico caratterizzato da quattro reperti fondamentali: osteosclerosi; alterazioni pseudorachitiche; difetto del modellamento diafisario; segno dell'osso nell'osso (inserto osseo). La diagnosi prevalentemente radiologica. La prognosi quoad vitam infausta nelle forme maligne per il grave danno a carico degli organi emopoietici, che abitualmente conduce a morte nei primi due anni di vita, mentre favorevole per le forme tardive, la cui sopravvivenza praticamente normale. La terapia esclusivamente sintomatica.

Osteoporosi. Si tratta di una patologia ad etiologia incerta caratterizzata da una rarefazione del tessuto osseo con una normale struttura dell'osso presente, alla quale sono state attribuite differenti fattori causali, che permettono di distinguere tra differenti forme di osteoporosi, come illustrato nello schema seguente. Circa il 95% dei pazienti soffre di osteoporosi postmenopausale, mentre nel restante 5% l'osteoporosi dovuta ad altre cause. - Osteoporosi idiopatica
- Osteoporosi infantile e giovanile - Osteoporosi premenopausale - Osteoporosi postmenopausale - Osteoporosi senile - Osteoporosi secondaria a malattie di interesse internistico, per esempio malattie epatobiliari, iperparatiroidismo primitivo, malattie reumatiche, malattie polmonari croniche - Osteoporosi di origine endocrina:BR> 1- deficit ormonale, per esempio ormoni sessuali 2- eccesso di ormoni, per esempio nell'ipercortisolismo e nell' ipertroidismo - Osteoporosi nel quadro di osteopatie complesse: 1- cause intestinali: malassorbimento, maldigestione 2- forme particolari di osteopatia renale 3- malattie neoplastiche, per esempio mieloproliferative e linfoproliferative, nonch malattie sistemiche maligne, come plasmocitoma e mastocitosi 4- malattie infiammatorie
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- Osteoporosi nel quadro di malattie ereditarie del tessuto connettivo, per esempio osteogenesi imperfetta. - Riduzione del carico statico, per esempio immobilit, assenza di gravit. Oltre alla perdita di ormoni sessuali, esistono altri fattori associati a rischio pi elevato di osteoporosi e presenti nello stesso soggetto che andr incontro in seguito alla malattia. Tali fattori, che possono essere comunque prevenuti, sono rappresentati da una dieta povera di calcio o ricca di fosfati, dall'uso/abuso di sostanze alcoliche, dal fumo di sigaretta e dalla scarsa attivit fisica. Alla rarefazione del tessuto osseo seguono caratteristiche alterazioni anatomopatologiche: allargamento dei canali vascolari con ridotto numero ed ampiezza di trabecole; aumento del numero di osteoni incompleti; aumento del numero di lacune osteocitarie disabitate; aumento della superficie di riassorbimento. Quando tali lesioni superano un punto critico l'osso pu non resistere alle normali sollecitazioni meccaniche e pu subire una frattura. A questo punto l'osteoporosi diventa un problema clinico manifesto. La presentazione clinica dellla malattia dipende dalla sede di frattura: nella maggior parte dei casi si ha un interessamento del collo femorale (con una frequenza di 1 donna su 3 e di 1 uomo su 7 con et superiore ai 70 anni) e/o un interessamento vertebrale, soprattutto a livello dorsale basso o a livello lombare. La malattia colpisce pi frequentemente una donna che ha passato da qualche anno la menopausa. L'iter diagnostico da seguire viene illustrato successivamente. FATTORI DI RISCHIO anamnesi familiare positiva corporatura snella menopausa precoce alcool fumo di sigaretta dieta povera di calcio scarsa attivit fisica QUADRO CLINICO dolori limitazione dei movimenti dorso incurvato riduzione di statura fratture traumatiche o atraumatiche DENSITA' OSSEA
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riduzione RADIOLOGIA radiotrasparenza disegno trabecolare deformaz. dei corpi vertebrali vertebra a telaio LABORATORIO ves calcemia fosforemia fosfatasi alcalina creatinina reperti normali Al laboratorio, calcemia, fosforemia, fosfatasi alcalina e livelli di paratormone sierici sono normali cos come calciuria e fosfaturia. La perdita di calcio deve essere superiore al 25% perch si abbiano modificazioni dell'aspetto osseo significative dal punto di vista radiologico. Sono molto importanti le alterazioni a livello dei corpi vertebrali con rarefazione del tessuto spongioso, con striatura verticale dovuta alla ristrutturazione dell'osso con perdita di trabecole orizzontali ed inspessimento di quelle verticali. Conseguentemente, le vertebre dapprima appaiono biconcave ed a ci pu seguire un vero e proprio collasso caratterizzato da deformazione a cuneo trapezoidale o appiattimento della vertebra. Una riduzione delle trabecole compare anche a livello femorale e viene quantificata mediante l'indice di Singh. La valutazione della densit ossea tramite la mineralometria ossea computerizzata (MOC) permette di determinare l'entit della perdita ossea e di monitorizzare l'efficacia della prevenzione e del trattamento. La terapia farmacolgica varia a seconda del tipo di osteoporosi da trattare; indispensabile quindi un preliminare corretto orientamento diagnostico: esso consente, infatti, di evitare che la diagnosi di osteoporosi rappresenti una diagnosi "di comodo" per altre patologie di difficile inquadramento, e permette, in secondo luogo, di impostare una terapia adeguata, scegliendo in modo opportuno le dosi e le modalit di impiego dei vari composti. - Osteoporosi postmenopausale: il trattamento di prima scelta rappresentato dalla associazione di estrogeni, calcio ed eventualmente vitamina D. In tutti i casi di trattamento estrogenico consigliabile associare anche un progestinico. Quando l'osteoporosi progredisce e compaiono nuove fratture si pu ricorrere alla calcitonina.
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- Osteoporosi senile: la terapia di prima scelta rappresentata dalla supplementazione di calcio con aggiunta di vitamina D, mentre risultati poco soddosfacenti sono stati ottenuti con l'impiego di calcitonina. La terapia delle forme secondarie si basa invece sul controllo della malattia di base. A tutto ci si deve aggiungere l'esercizio fisico, essendo l'immobilizzazione un fattore favorente l'osteoporosi, ed un'alimentazione equilibrata.

Rachitismo ed osteomalacia. Questo gruppo di malattie comporta un indebolimento diffuso ed alterazioni strutturali dell'osso causati da una inadeguata mineralizzazione della matrice osteoide. Si parla di rachitismo se si verifica nell'et pediatrica e di osteomalacia nell'et adulta. Nel rachitismo si assiste ad un difetto di mineralizzazione non solo a carico dell'osso ma anche a carico della matrice cartilaginea epifisaria con le conseguenti deformazioni presenti in questa malattia. Lo studio dell' etiopatogenesi comprende differenti cause: affinch si abbia l'ossificazione non sufficiente l'attivit osteoblastica, ma necessaria un'adeguata quantit di calcio e fosforo nel sito di mineralizzazione. Diverse situazioni possono determinare rachitismo od osteomalacia: - deficit o alterato metabolismo della vitamina D (rachitismo comune): ridotto apporto alimentare o alterata sintesi endogena o difetto nella idrossilazione a 1,25 diidrocolecalciferolo. Una insufficiente quantit o funzione di vitamina D determina un ridotto assorbimento intestinale di calcio e una ridotta mobilizzazione di calcio dall'osso con conseguente ipocalcemia; quest'ultima a sua volta stimola la produzione di PTH che tende ad aumentare la calcemia stessa con contemporaneo aumento dell'escrezione renale di fosforo. L'abbassamento della fosforemia oltre un certo livello impedisce una normale mineralizzazione dell'osso. - rachitismo vitamino D-resistente: si tratta in gran parte di forme "secondarie" a malattie a carico del fegato, dell'intestino, del rene (insufficienza renale e tubulopatie primitive con sindrome di De ToniDebr- Fanconi, acidosi renale, ipercalciuria idiopatica) e del metabolismo (cistinosi, malattia di Wilson, tirosinosi), a tumori, alla neurofibromatosi di Recklinghausen, alla displasia fibrosa di Albright, ad intossicazioni. Esistono inoltre delle forme "primitive", rappresentate dall'ipofosfatemia ereditaria, dal rachitismo pseudocarenziale familiare e dal rachitismo vitamino D-resistente tardivo.
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Fisiopatologia: la continua produzione da parte degli osteoblasti di matrice organica ossea che non viene adeguatamente mineralizzata determina la formazione di un tessuto che viene detto "osteoide" non calcificato, pi leggero e deformabile di quello normale. Da ci derivano le deformazioni scheletriche come tumefazioni delle cartilagini di accrescimento ipertrofiche, curvature patologiche a livello delle diafisi delle ossa lunghe dovute alle influenze meccaniche sull'osso non pi sufficientemente rigido, difetti di sviluppo e, nelle forme pi gravi, l'insorgenza di fratture spontanee. Inoltre quando l'ipocalcemia presente, si possono avere ipotonia, debolezza muscolare e, nelle forme pi gravi, tetania. Per quanto riguarda le caratteristiche cliniche si devono distinguere quelle del rachitismo da quelle dell'osteomalacia: - rachitismo: alterazioni scheletriche a carico del cranio con caratteristiche zone di rammollimento e ritardo nella chiusura delle fontanelle ed a carico degli arti inferiori, in correlazione con l'inizio della deambulazione, con cuvatura del femore e della tibia (a volte anche a carico di avambraccio e pelvi). A ci si devono aggiungere le conseguenze di una eventuale grave ipocalcemia (tetania fino a quadri di laringospasmo e convulsioni). - osteomalacia: si insatura su uno scheletro gi maturo e quindi pu avere un decorso subdolo. Spesso si hanno dolori ossei, debolezza muscolare e difficolt di movimento, fratture spontanee e collasso di corpi vertebrali. Rara la tetania. La diagnosi clinica, di laboratorio e strumentale. Gli esami di laboratorio, nel caso di deficit di vitamina D sono caratterizzati da calcemia normale, fosforemia e 1,25 diidrossicolecalciferolo bassi, fosfatasi alcalina elevata, calciuria bassa e fosfaturia elevata. All'esame radiologico l'opacit dell'osso di solito ridotta in modo abbastanza omogeneo con ritardo nella comparsa dei nuclei di ossificazione (rachitismo) oppure si pu osservare una diminuzione delle trabecole ed assottigliamento della corticale (osteomalacia). Nel rachitismo si evidenziano inoltre l'assottigliamento delle ossa craniche e la eventuale craniostenosi, la cifosi dorso-lombare con corpi vertebrali a doppio contorno, l'allargamento delle estremit costali, che appaiono concave, a cupola (aspetto a "pagoda"), nonch sfrangiate, la riduzione della densit e della struttura trabecolare diafisaria, l'aspetto lamellare del periostio. La terapia diversa a seconda delle cause: la vitamina D per es corregge i deficit alimentari. Nel caso di un difetto della sua idrossilazione si pu somministrare il calcitriolo (o 1,25 diidrossicolecalciferolo). Malattia di Paget.

Si tratta di una patologia cronica, diffusa o localizzata, a carico dello scheletro adulto, caratterizzata da un eccessivo riassorbimento osseo, a cui fa seguito una reazione riparativa fibrosa o ossea disordinata e riccamente vascolarizzata, con conseguenti dolori diffusi ed alterazioni della struttura ossea. L'etiologia sconosciuta anche se recenti studi hanno permesso di ipotizzare un'etiologia virale: nelle
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cellule osse di pazienti affetti da morbo di Paget si sono infatti evidenziati inclusi cellulari costiutiti dall'mRNA nucleocapsidico del virus del morbillo. In altri casi tali inclusi verrebbero attribuiti ad un virus respiratorio sinciziale. In alcune aree dell'Inghilterra si evidenziato che molto pi frequentemente i pazienti affetti da Paget possedevano uno o pi cani, rispetto ai soggetti sani, e questo suggeriva l'ipotesi che la malattia potesse essere determinata da un virus trasmesso dal cane all'uomo. Nella malattia di Paget si ha un accelerato turnover osseo (fino a 20 volte superiore al normale). Dapprima si ha un riassorbimento circoscritto dell'osso a cui segue la deposizione di osso abnorme. Questo avviene in zone ossee vicine, dando origine a quadri intermedi detti a "mosaico". Conseguentemente si verifica una minore resistenza dell'osso al carico ed una sua facile deformabilit, clinicamente manifesti soprattutto a carico di tibia e femore con una tipica curvatura a "parentesi" degli arti (a concavit mediale nel femore e posteriore nella tibia). Clinicamente la malattia esordisce con un dolore osseo spontaneo, profondo, mal localizzato, spesso accentuato dall'attivit fisica. A ci si associa alterata deambulazione. L'incremento volumetrico a carico del cranio pu determinare vertigini e/o ipoacusia; raramente si hanno disturbi neurologici fino alla tetraplegia da danno midollare a livello del grande forame occipitale, provocata dalla neoproduzione di osso pagetico in tale sede. La diagnosi puramente radiologica (1a fase: osteoporosi circoscritta -- 2a fase: mista con alterazioni a "mosaico" -- 3a fase: sclerosi con aumento omogeneo della densit ossea). A ci si associano una calcemia e fosforemia normali con fosfatasi alcalina elevata. Non esiste terapia etiologica ma solo sintomatica.

Bibliografia.
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MALFORMAZIONI CONGENITE DELLA COLONNA SPODILOLISI E LISTESI La spondilolisi un processo litico a livello dellistmo vertebrale; nel caso che oltre alla lisi vi sia la presenza di uno scivolamento del corpo vertebrale anteriormente si parla di spondilo-olistesi mentre se lo scivolamento posteriore si parla di retro-olistesi. Questo processo pu riguardare tutti i segmenti vertebrali nelle forme di origine traumatica, mentre nella forma congenita il tratto pi spesso interessato quello lombare con particolare incidenza a livello del passaggio L5-S1 (lisi dellistmo di L5 con scivolamento di L5 sopra S1). Il riscontro di questa patologia avviene tra i 5-8 aa det quando in seguito ad un trauma lieve compare un dolore, esacerbato dagli sport ed alleviato dal riposo, a livello lombare. Allesame obiettivo si pu risvegliare un dolore alla palpazione in regione lombare con limitazione alla flessione laterale. A differenza del paziente adulto nel bambino assistiamo raramente allipostenia muscolare, alle alterazione dei riflessi osteo-tendinei e alla presenza di zone di

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disestesia caratteristiche dello scivolamento. E necessario indagare coscienziosamente la regione sacrale e la funzionalit vescico-urinaria prime avvisaglie di unaggravamento delle condizioni. La radiologia convenzionale permette la diagnosi di questa malattia con relativa facilit nelle proiezioni laterali ed oblique, tipica limmagine a cagnolino di Hensinger, formato dal processo articolare superiore, quello inferiore, listmo (il collo del cane), il processo trasverso, quello spinoso e la lamina. Nel caso di sola spondilolisi avremo il cagnolino con collare mentre nella spondiloolistesi displasica (congenita) il collo del cagnolino appare disteso; nella grave spondilo-olistesi il collo appare troncato al terzo medio (cagnolino decapitato). Appendice della radiologia standard sono i radiogrammi dinamici ottenibili con pose in flessione ed estensione del rachede (soprattutto lombare) che permettono una pi precisa indicazione terapeutica. Un utilissimo contributo viene da T. A.C. e R.M.N. che evidenziano con sufficiente precisione eventuali sofferenze del sistema nervoso periferico. Il trattamento varia da esercizi per il rinforzo del torchio addominale, naturale aiuto biomeccanico della colonna, alla stabilizzazione chirurgica, passando attraverso luso di corsetti semirigidi e tutori.
EMISPONDILO Lemispondilia una condizione malformativa congenita del rachide causata dalla sofferenza o dallagenesia dei nuclei di ossificazione di met di tutta una vertebra talch questultima si presenter come un cuneo sul piano frontale (ben visibile allRx in proiezione a/p). Questo tipo di malformazione provoca una notevole alterazione dei normali rapporti vertebrali e la statica della colonna risulta irrimediabilmente compromessa con lorigine di una scoliosi congenita. Esiste una simile alterazione congenita, lemisoma, causato dallagenesia o sofferenza dei nuclei di accrescimento del corpo vertebrale con formazione di una vertebra a cuneo anteriore (nella maggior parte dei casi). Nel caso dellemisoma lalterazione della colonna risultante la cifosi congenita. La diagnosi anche in questo caso oltre che dallesame obiettivo possibile grazie alla radiologia tradizionale con proiezioni laterali del rachide. In entrambe queste due forme sono da ricercare attentamente i segni di sofferenza neurologica poich accade che il canale midollare presenti decorso irregolare. La cifoscoliosi una patologia causata dalla contemporanea presenza di emispondilo ed emisoma; questa accompagnata da alterazioni neurologiche nel 15% dei casi (ad es. diastametomelia e cisti neuroenteriche). La cifoscoliosi tende ad aggravarsi con la crescita, fino a 10 per anno, inoltre se lapice della curva si trova a livello toracico vi rischio di paraplegia a causa delle ridotte dimensioni del canale vertebrale in quel tratto. La RMN e

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la TAC sono importantissime nello studio della possibile evoluzione di queste alterazioni. La terapia di tutte queste forme principalmente chirurgica con associazione di decompressione, nel caso in cui vi sia una sofferenza midollare, ad artrodesi e stabilizzazione del tratto di colonna interessato. SCHISI La schisi della colonna vertebrale caratterizzata dalla mancata fusione dellarco vertebrale posteriore, assai raramente questa malformazione si presenta a livello anteriore. Nella maggior parte dei casi colpisce il tratto lombo-sacrale. La schisi di per s non rappresenta una grave alterazione; diventa invece rilevante nel momento in cui vi sia un coinvolgimento neurale. SPINA BIFIDA E la condizione creata dal coinvolgimento neurale nel caso di schisi; si esprime in cinque forme principali: il meningocele, il mielomeningocele, mielocistomeningocele, la spina bifida con tumore, la spina bifida occulta. Si presenta pi frequentemente a livello lombare, ugualmente distribuito tra i due sessi e non sembra avere i caratteri dellereditariet. Meningocele: dovuto allestroflessione e alla dilatazione attraverso il segmento della schisi di dura madre e aracnoide. Non presenta, se non raramente, dei sintomi neurologici proprio per la sua struttura simil-cistica senza lesione di continuo delle meningi. Da un punto di vista clinico questa variet di spina bifida risente delle variazioni di pressioni del liquor, la protrusione infatti aumenta di tensione con la tosse, il pianto e manovre tipo quella di Valsalva. Mielomeningocele: maggiore in dimensioni e sintomatologia rispetto al precedente, di consistenza molle, fluttuante ricoperto da cute traslucida e distrofica. Al centro di questarea presente la cosiddetta area medullo-vascolosa di Recklinghausen in cui possibile rilevare una fossetta polare superiore da cui geme il liquor. Dallarea medullo-vascolosa nei giorni seguenti in seguito allazione macerante del liquor si viene a creare una vasta area secernente con grave rischio di meningiti. La prognosi di un paziente con tale patologia spesso infausta con morte entro i primi mesi di vita. Mielocistomeningocele: in questa variet oltre alle caratteristiche del mielomeningocele si ha la dilatazione cistica del canale ependimale con stiramento delle radici. Cos come nel mielomeningocele vi sono associate gravi deformit dei piedi e sindromi neurologiche a carico degli sfinteri e degli arti inferiori. Il trattamento consiste nellapertura del sacco con lisi degli elementi nervosi e loro riposizionamento; si esegue quindi una plastica della breccia ed una plastica cutanea. Il trattamento migliora la prognosi quoad vitam ma non quella quoad valetudine in quanto i danni neurologici sono praticamente irreversibili e non possibile impedire lidrocefalia con incuneamento nel forame occipitale della sostanza ponto-cerebellare. Spina bifida con tumore: una condizione meno grave delle precedenti in cui la breccia ossea colmata da un lipoma, ben apprezzabile palpatoriamente, senza sequele neurologiche e che viene trattato con asportazione del lipoma e plastica della breccia. Spina bifida occulta: appare allesaminatore come zona di ipertricosi ed
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iperpigmentazione cutanea senza alcuna tumefazione. La schisi vertebrale colmata da una colata fibrosa o fibro-cartilaginea che sostituisce larco occultando la malformazione. Anche in questo caso rara la presenza di sequele neurologiche con deficit della sensibilit mentre possibile la presenza di lombalgie, impotenza e disturbi trofici a livello dellappoggio plantare. COSTA CERVICALE Parliamo di costa cervicale quando vi la presenza di una costa soprannumeraria articolata con la VII vertebra cervicale che di fatto diviene dunque simile ad una vertebra dorsale. Nell 80% dei casi essa asintomatica e viene riscontrata casualmente, quando sintomatica essa provoca dolore monolateralmente. E pi frequente nel sesso femminile. Alla costa cervicale si associa unipertrofia del processo trasverso usualmente descritto con il termine di megapofisi. Morfologicamente possiamo distinguere diversi tipi di megaapofisi trasverse: le coste cuneiformi, le coste corte e quelle complete. Nelle coste cuneiformi si ha una semplice ipertrofia del processo costale mentre nel caso delle coste corte abbiamo la formazione di coste, lunghe circa 3-4 cm, che sono ancorate al loro estremo con la prima costa attraverso ponti fibrosi (questa la variet pi frequente). Le coste complete sono quelle che arrivano ad articolarsi con lo sterno. La sintomatologia, scarsa in gran parte dei casi, a carico del sistema nervoso periferico il 75% delle volte, nel 20% dei casi si ha compromissione vascolare mentre nel 5% si hanno alterazioni miste. La sintomatologia pu essere divisa in sintomi e segni locali, neurologici e vascolari. Sintomi e segni locali: nel caso di coste lunghe si ha una diminuizione di profondit della fossa sopraclaveare; pu rendersi ben apprezzabile larteria succlavia. Sintomi e segni neurologici: la sintomatologia a carico del plesso brachiale soprattutto a livello del nervo ulnare, cio della branca inferiore. La sofferenza del simpatico si esplica con sindromi tipo Raynaud e tipo Claude Bernard-Horner. Sintomi e segni vascolari: dovuti alla diminuizione dirrorazione della succlavia con ipotermia, iposfigmia ed ipotensione con veri e propri casi di ischemia talvolta prolungata (pericolo di gangrena). La diagnosi si ottiene con la radiologia tradizionale. La diagnosi differenziale con la sindrome costo-claveare e quella degli scaleni. La terapia chirurgica ed basata sulla asportazione della costa come sulla resezione della megaapofisi trasversa. SINOSTOSI Con il termine sinostosi si usa indicare la fusione parziale o completa di due o pi vertebre. Nel caso di una fusione parziale questa pu interessare il solo arco neurale piuttosto che il solo corpo vertebrale.

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Eziopatologicamente riconosciamo unalterato sviluppo del disco intervertebrale o delle parti molli interarcali alla base di questa malformazione. Non esiste una localizzazione specifica della sinostosi vertebrale ma essa pu colpire tutti i segmenti colonnari; pi frequentemente essa colpisce il rachide cervicale. Le deformit derivanti da codesta malformazione possono creare deviazioni gravi del rachide financo a veri e propri casi di scoliosi o cifosi. Quando risulta colpito il rachide toracico non di rado vi una contemporanea alterazione del numero delle coste e della loro struttura. La radiologia tradizionale e quella dinamica permettono una semplice diagnosi della deformit, ma accade spesso che alla diagnosi si arrivi per caso essendo la maggior parte di questi casi asintomatica. Una peculiare forma di sinostosi si riconosce nella sindrome di Klippel-Feil di seguito illustrata. SINDROME DI KLIPPEL E FEIL La sindome di Klippel e Feil causata dalla sinostosi di due o pi vertebre del tratto cervicale; venne descritta dagli autori sopracitati per la prima volta nel 1912. Alcuni pazienti presentano questa sindrome in forma estesa con interessamento di tutto il rachide cervicale. I segni classici di questa sindrome sono: attaccatura bassa della capigliatura posteriormente, collo corto e limitazione della mobilit cervicale. Frequentemente si associano scapola alta mono e/o bilaterale, patologie a carico del sitsema cardio-vascolare, genito-urinario e nervoso. SEGNI DELLA SINDROME DI KLIPPEL E FEIL a) ALTA FREQUENZA ATTACCATURA BASSA DELLA CAPIGLIATURA COLLO CORTO LIMITAZIONE DELLA MOTILITA CERVICALE b) BASSA FREQUENZA SCAPOLA ALTA CONGENITA ALTERAZIONI DELLAPPARATO GENITO-URINARIO ALTERAZIONI DELLAPPARATO NERVOSO ALTERAZIONI DELLAPPARATO CARDIO-VASCOLARE La sintomatologia in dipendenza del numero di vertebre coinvolte nel processo sinostotico e del coinvolgimento delle radici nervose. Se sono colpite le prime vertebre cervicali facile che la sintomatologia porti alla diagnosi mentre sinostosi pi basse possono essere diagnosticate casualmente poich asintomatiche. I sintomi sono dovuti alla motilit, spesso preternaturale, dei segmenti a monte ed a valle della sinostosi che, frequentemente,

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divengono artrosici proprio a causa del carico di lavoro sopportato per compensare il deficit di movimento dato dalla malformazione. Lirritazione delle radici nervose ed eventuali compressioni midollari fanno parte della sintomatologia di questa sindrome. La diagnosi suggerita dai segni clinici guidata dalla radiologia che vede oltre alle indagini routinarie limpiego della TAC e delle proiezioni dinamiche Il trattamento guidato dalla sintomatologia, in genere non necessario alcun trattamento, si preferisce spiegare al paziente i rischi derivanti da talune pratiche sportive al fine di evitare complicanze quali linstabilit o lartrosi delle vertebre adiacenti alla malformazione. In una piccola percentuale di pazienti necessario ricorrere allopera del chirurgo per decomprimere il midollo nel caso vi sia una stenosi del canale vertebrale, oppure quando vi sia una instabilit. Prognosticamente la malattia risente del coinvolgimento dei sistemi genito-urinario, nervoso e cardio-vascolare che purtroppo peggiorano la prognosi ortopedica altrimenti favorevole.

BIBLIOGRAFIA
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Baltimore, Williams and Wilkins, 1983 Stillwell A, Menelaus MB Walking ability in mature patients with spina bifida J of pediatr Orthop 1983, 3:184-190

LA SCOLIOSI
CENNI STORICI ED INTRODUZIONE

La scoliosi una deformit riconosciuta e studiata fin dall'antichit. Una trattazione delle alterazioni strutturali tipiche della scoliosi viene prodotta gi nel "De Articulationes" del "Corpus Hippocraticum". Da allora molti si succedettero nel tentativo di inquadrare questa patologia sotto il profilo eziopatogenetico, sviluppando varie teorie,mentre le metodiche di trattamento erano limitate alle trazioni del rachide. Si deve ad Ambroise Par (1410-1590) l'introduzione di un rudimentale corsetto di acciaio, poi sviluppato da Andr che, nel 1741, fu il primo ad utilizzare la parola "Ortopedia". Con l'introduzione delle tecniche radiografiche ad opera di Roentgen nel 1895, si ebbe un fortissimo impulso verso le attuali conoscenze. Nel 1946 Blount e Schmidt studiarono un corsetto che univa la trazione assiale della colonna all'azione di pressori laterali. Questo corsetto noto poi con il nome di "Milwaukee" ottenne risultati incoraggianti e fu in seguito affiancato da numerosi altri dispositivi. Il trattamento chirurgico moderno della scoliosi vede la luce nel 1962 ad opera di Harrington, a cui sono state affiancate nuove e diverse metodiche, da Luque a Cotrel-Doubusset.
DEFINIZIONE Con il termine scoliosi viene definita una curvatura laterale della colonna vertebrale. Per classificare correttamente tale deformit necessario porre l'attenzione su alcuni concetti fondamentali: a) la rotazione dei corpi vertebrali un segnale di "strutturazione" della curva con deformit ossee vertebrali e costali, deformazione dei dischi intervertebrali e retrazioni muscolo-legamentose. La presenza di questi segni fa rientrare tale situazione nelle scoliosi strutturate o scoliosi vere. La manifestazione clinica subito riscontrabile il "gibbo", ovvero l'evidenziazione delle alterazioni a carico della gabbia toracica con paziente in piedi a tronco flesso in avanti. b) con il termine "paramorfismo" o "atteggiamento scoliotico" viene invece indicata una curvatura laterale della colonna che, al contrario della situazione precedente, non presenta una rotazione dei corpi vertebrali. Tale condizione, benigna, tende alla risoluzione spontanea durante l'accrescimento e non necessita di trattamenti particolari eccetto terapie fisiche adeguate o sport.
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CLASSIFICAZIONE In accordo con la Scoliosis Research Society, al fine di omogeneizzare il linguaggio sull'argomento in questione, viene utilizzata la seguente classificazione: SCOLIOSI STRUTTURATE I) IDIOPATICHE a) infantile (0-3 anni) b) giovanile (3-10 anni) c) adilescenza (> 10 anni) II) NEUROMUSCOLARI a) neuropatiche b) miopatiche III) CONGENITE a) difetti di formazione b) difetti di segmantazione c) miste IV) NEUROFIBROMATOSI V) ALTERAZIONI MESENCHIMALI a) sindr. di Marfan b) sindr. di Ehlers-Danlos c) altre VI) ARTRITE REUMATOIDE VII) TRAUMI a) fratture b) post-chirurgiche c) post-irradiazione VIII) CONTRATTURE EXTRASPINALI a) esiti di empiema b) esiti di ustioni IX) OSTEOCONDRODISPLASIE a) nanismo diastrofico

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b) mucopolisaccaridosi c) displasia spondilo-epifisaria d) displasia epifisaria multipla e) altre X) INFEZIONI OSSEE a) acute b) croniche XI) DISORDINI METABOLICI a) osteogenesi imperfetta b) omocistinuria c) altre XII) CORRELATE A PAT. DEL PASSAGGIO LOMBO-SACRALE a) spondilolisi e spondilolistesi b) anomalie congenite della regione lombo-sacrale XIII) TUMORI a) colonna vertebrale 1) osteoma osteoide 2) istiocitosi X 3) altre b) midollo spinale (vd. neuromuscolare) SCOLIOSI NON STRUTTURATE I) POSTURALI II) ISTERICHE III) DA IRRITAZIONE RADICOLARE a) ernia b) tumori IV) INFIAMMATORIE (appendicite) V) CORRELATE A DISMETRIA VI) CORRELATE A CONTRATTURA DEL CINGOLO PELVICO CLINICA
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Un'anamnesi ben condotta, focalizzando deformit del rachide o patologie neuromuscolari presenti nella famiglia del soggetto, pu fornire dati importanti per l'inquadramento del paziente ( stata dimostrata una ereditariet multifattoriale a penetranza variabile. Il rischio di sviluppare una scoliosi da parte di un figlio di madre scoliotica 10 volte superiore). L'esame obiettivo del rachide va condotto in ortostatismo valutando dapprima con un filo a piombo un eventuale squilibrio tra il tronco e la pelvi. Il filo a piombo va appoggiato a livello della apofisi della 7 vertebra cervicale (prominente) per valutare il grado di compensazione tronco/pelvi. Il filo deve cadere nella piega interglutea. Per la valutazione del rachide cervicale il filo a piombo va appoggiato alla tuberosit occipitale (inion). Successivamente va valutata una eventuale asimmetria delle spalle (per questa valutazione il repere a livello delle articolazioni acromion-claveari, facilmente identificabili sia anteriormente che posteriormente al paziente), dei fianchi e del bacino (a volte la ricerca della spina iliaca antero-superiore piuttosto indaginosa). Molto importante, come gi accennato nella parte introduttiva la ricerca del gibbo, facendo flettere in avanti con il tronco il paziente (Forward bending test -FBT-) ed eventualmente misurando la deformit con un apposito strumento che composto da una livella unita ad una scala graduata, che va appoggiata sul dorso del paziente, misurando con un lato sull'apice della prominenza del gibbo, la distanza in centimetri dall'emitorace controlaterale. Successivamente va valutata anche una eventuale rigidit del rachide nel movimento di flessione laterale del tronco. Il FBT fondamentale perch permette di eseguire degli screening nella popolazione della scuola dell'obbligo, tra i 10 ed i 13 anni di et. Nel caso in cui fosse presente una deformit il piccolo paziente viene inviato presso una struttura ospedaliera dove verr approfondita la diagnosi (studio radiologico) ed instaurato un corretto trattamento. RADIOLOGIA Con il valido ausilio della radiologia possibile stabilire l'eziologia ed il tipo di deformit a cui fare fronte. La valutazione della radiografia deve porre l'attenzione del Medico sulla sede, sulla gravit e sulla rigidit della curvatura scoliotica, cos come sulla maturit ossea del soggetto, molto importante per stabilire un corretto percorso terapeutico. Le radiografie standard in ortostatismo del rachide (AP e LL) sono la base di partenza per una valutazione. A volte una curva ad ampio raggio riscontrata in una radiografia in ortostatismo pu essere imputabile a dismetria degli arti inferiori, con obliquit del bacino. Il dubbio diagnostico in una situazione simile pu essere sciolto con l'esecuzione di nuove radiografie in clinostatismo ed in "lateral bending", cio con una inclinazione laterale del tronco (la curva non strutturata si corregge spontaneamente).

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La misurazione dell'angolo di una curva viene effettuata con il metodo di Cobb, che consiste nel tracciare delle linee tangenti alle limitanti somatiche nella proiezione anteroposteriore. Per definire l'inizio e la fine di una curva occorre ricercare lo spazio intervertebrale in cui il disco risulta simmetrico sui due lati (la deformazione del disco nelle zone della curva lo rende pi ampio nella parte della convessit e di ampiezza ridotta verso la concavit). Le linee tangenti alle limitanti al termine di una curva risultano quindi parallele. L'angolo di Cobb (alfa) risulta formato da: due linee tangenti alle limitanti della prima e dell'ultima vertebra di una curva; quindi, tracciate le perpendicolari a queste ultime si va a misurare l'angolo come in figura. Tracciare le perpendicolari non altro che un artificio tecnico per risparmiare spazio, dato che lo stesso angolo risulterebbe prolungando le tangenti alle limitanti ma ad una distanza molto pi elevata e quindi pi scomoda. La rotazione di una vertebra viene misurata seguendo una scala nota come indice di Nash e Moe. Sempre sulla radiografia in anteroposteriore si identificano le ombre dei peduncoli vertebrali che ci possono orientare, essendo dei reperi simmetrici, per determinare la rotazione. Terminato l'inquadramento della curva va stabilita l'et ossea (non la cronologica) del soggetto per partire con il trattamento. E' possibile ottenere l'et ossea con la radiografia del polso e confrontarla con su un apposito atlante oppure valutare l'ossificazione della cresta iliaca come descritto da Risser. Questa valutazione &grave; molto importante per l'applicazione dei corsetti: le tabelle di trattamento e la conseguente efficacia dello stesso dipendono proprio dalla situazione di partenza dell'et ossea. Normalmente l'ossificazione inizia dalla spina iliaca anteriore superiore procedendo posteriormente fino alla spina iliaca posteriore superiore ma a volte possono essere rilevate delle frammentazioni di questo nucleo. Al termine della crescita si ha una fusione completa con l'ala iliaca. Per la classificazione Risser ha diviso la cresta iliaca in quattro quarti. I gradi sono cos suddivisi: 1+ quando l'ossificazione intorno al 25%; 2+ quando intorno al 50%; 3+ intorno al 75% ; 4+ per una ossificazione completa del tratto e 5+ per la completa fusione con l'ileo. FUNZIONALITA' RESPIRATORIA Nei casi in cui la deformit interessi la zona del diaframma, e non venga trattata, possono presentarsi delle complicazioni cardiorespiratorie talvolta letali. Nelle scoliosi con curvatura superiore ai 60 possono essere rilevate gravi riduzioni della capacit vitale e cuore polmonare. TRATTAMENTO CONSERVATIVO Sono disponibili diverse soluzioni terapeutiche incruente adattabili alla gravit della situazione; dalla chinesiterapia alle elettrostimolazioni selettive della muscolatura paravertebrale, i busti amovibili, i busti gessati e le trazioni.
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Scopo della chinesiterapia e delle elettrostimolazioni quello di aumentare il tono della muscolatura, in genere ridotto in questi pazienti. Per quanto riguarda i busti amovibili va sottolineato il ruolo del corsetto di Milwaukee, composto da un appoggio a cintura sulle regioni iliache ricavato da un calco in gesso e costruito con materiale termoplastico, da cui si dipartono delle barre metalliche che giungono a livello della regione occipitale e ioidea su cui viene applicata la "trazione" necessaria per la riduzione della curvatura scoliotica. La sua utilit per tutte le curve ma poco tollerato ed a volte pu causare problemi dimalocclusione dentaria. In altri modelli tipo il "Lionese" vengono anche utilizzate delle "pelote" ancorate al telaio con funzione di controspinta correttiva e derotativa. I risultati migliori di tale corsetto sono quelli ottenuti sulle curve dorsali-lombari piuttosto gravi. I corsetti amovibili vengono utilizzati per curve dai 10 ai 40 che mostrino una evolutivit. I corsetti gessati vengono impiegati per scoliosi pi gravi (>40) e vengono confezionati direttamente sul paziente posto in trazione su di un apposito lettino (di Cotrel) e sottoposto a trazioni opportune in sede di deformit per ottenere la massima derotazione e correzione. Va aggiunto che un trattamento con corsetto gessato non deve essere prolungato oltre un determinato periodo a causa della ipotrofia muscolare indotta dalla immobilizzazione. A volte un corsetto gessato solo una tappa antecedente l'intervento chirurgico quando ci si trova di fronte a scoliosi ancora "mobili" e non al termine della crescita. TRATTAMENTO CHIRURGICO Viene riservato alle situazioni pi gravi (> 40) per ridurre la grave deformit (a volte sull'adulto interventi non risolutivi ma "ricostruttivi") ed evitare complicanze respiratorie o neurologiche. In genere la correzione chirurgica viene eseguita a sviluppo vertebrale appena ultimato, in quanto il vincolo posto da una artrodesi si oppone all'ulteriore sviluppo del rachide (15-17 anni), ma in alcune gravi situazioni si arriva ad operare anche pi precocemente. L'intervento precoce ottiene migliori risultati in quanto la curva non ancora "fissa" e quindi la correzione risulta pi efficace La metodica pi utilizzata quella di Harrington, che consiste nell'inserire sul lato della concavit della curva una barra con degli uncini agli apici che, ancorati alle lamine delle vertebre prescelta in precedenza con uno studio preoperatorio, permettono la distensione della colonna. Tra il diastasatore di Harrington e la colonna vengono inseriti piccoli e numerosi innesti autoplastici a "fiammifero" per favorire una artrodesi e quindi stabilizzare la correzione, mentre nel caso di un paziente ancora in crescita gli innesti vengono inseriti sul versante convesso. Con l'evoluzione della tecnica chirurgica e dei materiali si sono ridotti i tempi di recupero nel post-operatorio che prevedevano dopo l'intervento lunghi periodi di immobilizzazione in corsetti gessati e successivamente in busti semirigidi.
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Anche i risultati a distanza invitano i chirurghi ortopedici ad agire a scopo preventivo piuttosto che attuare tecniche chirurgiche "di salvataggio" o prolungare inutilmente le terapie incruente di fronte alle curve pi gravi, verso le quali i risultati dei corsetti non sono comunque soddisfacenti.

BIBLIOGRAFIA
Moe J.H., Winter R.B. et Al. Scoliosis and other spinal deformities W.B. Saunders Company 1978 Andre N. L'orthopaedia, ou l'art de prevenir et de corriger dans les enfants deformite au du corps Paris 1741 Monticelli et Al. Ortopedia e traumatologia Ed Monduzzi Harrington P.R. Treatment of scoliosis. Correction and internal fixation by spine instrumentation J. of Bone and Joint Surg. 44A:591-610. 1962 Pietrogrande V. Lezioni di clinica ortopedica e traumatologica Ed Cortina Greulich,W.W. and Pyle, S.I. Radiographic atlas of skeletal development of the hand and the wrist 2.nd Ed. Stanford Calif. Stanford University Press, 1959 Cobb J.R. Outline for the study of scoliosis In Instructional Course Lectures , the American Academy of Orthopaedic Surgeons, vol 5. Ann Arbor, Mich., J.W. Edwards 1948 Nash C. and Moe J. a study of vertebral rotation J. of Bone and Joint Surg. 51A: 223, 1969 Risser J.C. The iliac apophises: an invaluable sign in management of scoliosis Clin. Orthop. 11: 111, 1958

IL TORCICOLLO CONGENITO

Il torcicollo congenito una deformit presente alla nascita, caratterizzata da permanente deviazione laterale e rotatoria del capo, con difficolt o impossibilit a compiere alcuni movimenti. Il torcicollo congenito si distingue in torcicollo da anomalie congenite di sviluppo o osteogeno e
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torcicollo congenito muscolare o miogeno a seconda che la malformazione interessi il rachide cervicale o i muscoli del collo. Il torcicollo da anomalie congenite di sviluppo impone una prognosi pi grave; l'eziologia di natura ossea ed rappresentata da anomalie per difetto o da una riduzione numerica delle vertebre cervicali (sinostosi atlo-occipitale, emispondilie, assimilazione assiale, sinostosi di due o pi vertebre come nella Sindrome di Klippel-Feil, spina bifida cervicale).
All'esame clinico si riscontrano, accanto alla brevit e all'atteggiamento in torsione del collo, una notevole limitazione dei movimenti ( soprattutto quelli di rotazione), una scoliosi occipito-cervicale o cervico-dorsale senza curve di conpenso e una cefalea localizzata alla regione occipitale. E' presente il segno di Bertolotti (impossibilit all'apertura completa della bocca). La palpazione evidenzia un muscolo sternocleidomastoideo di consistenza normale. L'esame radiologico richiede, oltre alle radiografie d'insieme, un indagine TAC, per apprezzare in dettaglio il tratto cervicale superiore. Terapia:utile il ricorso ad apparecchi gessati correttivi e tutori ortopedici; in alcuni casi l'unica possibile soluzione per impedire una progressione rappresentata dall'artrodesi chirurgica dei corpi vertebrali appartenenti al segmento interssato. TORCICOLLO CONGENITO MIOGENO

E' la forma pi frequente di torcicollo congenito. E' riferibile alla retrazione fibrosa monolaterale del muscolo sternocleidomastoideo. L'accorciamento e la minore elasticit di questo muscolo fissa il capo in atteggiamento caratteristico: flessione verso il lato affetto e rotazione verso il lato opposto. Sembra pi frequente dal lato destro e nel sesso femminile.
Patogenesi: la teoria meccanica (posizione abnorme del feto nella cavit uterina con ischemia unilaterale dello sternoleidomastoideo e conseguente retrazione fibrosa) quella che attualmente trova maggior credito. Sono state ormai abbandonate le teorie: - traumatica (retrazione fibrosa di ematomi intramuscolari prodotti da strumenti o manovre ostetriche nei parti distocici) - infiammatoria (per riscontro della deformit in nati da gravidanze complicate da processi infiammatori) - embrionaria (da ipoplasia unilaterale dello sternocleidomastoideo, per vizio di prima formazione). Anatomia Patologica: lo sternocleidomastoideo nel torcicollo congenito miogeno diminuito in lunghezza, di
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consistenza aumentata, di colorito che dal rosa pallido pu arrivare fino al bianco tendineo. La guaina aponeurotica ispessita. L'esame istologico evidenzia un tessuto connettivo abnormemente sviluppato che dissocia i fasci muscolari atrofici. Le fibre muscolari sono in gran parte preda di fenomeni degenerativi. Quadro clinico: la diagnosi pu risultare difficile alla nascita e nei primi mesi di vita perch i neonati "non hanno collo". L'esame clinico evidenzia una flessione del capo dal lato affetto e una rotazione dal lato opposto. E' presente una asimmetria del cranio (plagiocefalia), per ipoplasia dell'emicranio dal lato della lesione, con bozza frontale e parietale meno sviluppate, un asimmetria della faccia (plagioprosopia) con linea oculare e labiale oblique e linea mediana del viso concava verso il lato della lesione (scoliosi facciale). L'ispezione evidenzia inoltre sopraelevazione della spalla dal lato affetto e una traslazione del capo dal lato opposto. Pressoch costante il riscontro di una scoliosi cervicale o cervico-dorsale con concavit dal lato della retrazione, con o senza curva di compensazione. Alla palpazione si apprezza un nodulo muscolare lungo lo sternocleidomastoideo al di sopra della clavicola, destinato a scomparire dopo alcune settimane; in seguito permane soltanto l'indurimento muscolare cordoniforme non dolente. L'articolarit attiva e passiva ridotta. L'esame radiografico indispensabile solo per escludere la coesistenza di anomalie dei corpi vertebrali. DIAGNOSI DIFFERENZIALE: si pone prima di tutto con il torcicollo congenito osteogeno e poi con forme di torcicollo sintomatico: - infiammatorio (linfoadenite, artrite reumatoide giovanile, ascesso retrofaringeo, Sindrome di Griesel, osteomielite dei corpi vertebrali, discite) - neurologico (disfunzioni oculari, siringomielia, tumori midollari e del cervelletto, paresi cerebrale infantile, poliomielite). - traumatico (fratture, lussazioni, blocchi delle articolazioni vertebrali, sindrome cervicale) - altri (tumori e calcificazioni dei dischi intervertebrali, cicatrici, miosite ossificante, isterico, meningite, encefalite, meningismo). TERAPIA: va iniziata il pi precocemente possibile per evitare l'instaurarsi di deformit irreversibili. Nelle prime settimane di vita si pu tentare una correzione con delicate manipolazioni in senso contrario alla deformit (inclinando il capo verso la spalla dal lato opposto a quello della lesione e ruotando il mento verso la spalla dal lato leso). Gli esercizi debbono essere eseguiti con delicatezza e ripetuti pi volte nell'arco della giornata. Si pu ricorrere anche a docce gessate da applicarsi di notte e durante il sonno pomeridiano per stirare il

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muscolo pi corto. Qualora non si ottenga una correzione soddisfacente entro il primo anno di vita viene indicato l'intervento chirurgico; questo consiste nella sezione del capo sternale e clavicolare dello sternocleidomastoideo e nella sezione dei foglietti di sdoppiamento della fascia cervicale superficiale. Talvolta pu rendersi necessaria anche la sezione del capo mastoideo, facendo attenzione a non ledere il nervo facciale. Successivamente all'intervento viene confezionato un gesso cevico-toracico (gesso a diadema), atteggiando il capo in ipercorrezione, per evitare che aderenze cicatriziali riproducano la deformit. L'apparecchio gessato sar quindi sostituito con un tutore ortopedico che, mantenendo la correzione, consentir esercizi attivi di rieducazione motoria e cicli di isiochinesiterapia.

BIBLIOGRAFIA
BUCKUP K. Ortopedia Pediatrica Ediz. Aulo Gaggi, Bologna, 1988 DUBOUSSET J. Torticolis musculaire congenital Encycl.Med.Chir. Paris. Appariel Locomoteur, 15260 A10, 3-1982 GIUNTINI L. Manuale di Ortopedia e Traumatologia Soc. Edit. Universo, Roma, 1968 MORLACCHI C.-MANCINI A. Clinica Ortopedica Piccin Editore, Padova, 1977 CABITZA P. Lezioni di Clinica Ortopedica Ediz. Libreria Cortina, Milano, 1976 MONTICELLI G. Ortopedia e Traumatologia Monduzzi Editore, 1991

LA PATOLOGIA DEL DISCO INTERVERTEBRALE Il disco intervertebrale una formazione anatomica normalmente interposta tra le superfici articolari dei corpi vertebrali. Esso ha la forma di una lente biconvessa ed costituito da una parte periferica, detta anello fibroso ed una centrale, il nucleo polposo.

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L'anello fibroso costituito da un intreccio di fasci connettivali concentrici, prevalentemente collagenici, che negli strati pi periferici si addentrano nei corpi delle vertebre contigue mentre negli strati pi centrali si continuano con la cartilagine ialina delle superfici articolari delle stesse. Il nucleo polposo un derivato della notocorda. Dall'et di 10-15 anni la componente cellulare scompare e l'intero nucleo costituito di mucopolisaccaridi atti a trattenere una grande quantit di acqua tanto che il nucleo stesso ne composto per il 95% del suo peso. Nei movimenti di flesso-estensione e di rotazione dei corpi vertebrali, il nucleo polposo si deforma ma non modifica il suo volume, trasmettendo le sollecitazioni pressorie all'anello fibroso la cui struttura idonea a sopportarle. Con il procedere dell'et, il disco va incontro a processi di invecchiamento tanto che, sforzi anche lievi possono dare origine alla fuoriuscita di materiale nucleare dalla sua normale sede. In relazione al danno subito dal disco ed in base alla fuoriuscita di materiale nucleare distinguiamo: - Ernie discali contenute quando l'espulsione ancora contenuta dalle fibre del legamento longitudinale posteriore. - Ernie discali protruse quando l'espulsione ha oltrepassato le fibre del legamento longitudinale posteriore pur rimanendo allo stesso livello della loro origine. -Ernie discali migrate o espulse quando il materiale nucleare stato espulso dallo spazio intervertebrale ed migrato inferiormente all'origine. L'erniazione del disco un evento rarissimo a livello delle vertebre dorsali, raro nel tratto cervicale e frequente nella colonna lombare. Gli stretti rapporti anatomici tra disco intervertebrale e radici nervose fanno si che una protrusione di materiale discale pu comprimere meccanicamente le radici adiacenti originando cos le sindromi radicolari. Si soliti dire che ogni radice prende rapporto con il disco soprastante la vertebra di pari numero, indi una erniazione del disco L4-L5 comprimer la radice L5 ed il disco L5-S1 la radice S1. Oltre che dalla patologia degenerativa, il disco intervertebrale pu essere colpito da processi infiammatori specifici o aspecifici. Tra i processi specifici riveste primaria importanza la TBC mentre tra quelli aspecifici citiamo le disciti post traumatice, le disciti come complicanza di un intervento chirurgico di erniectomia e le
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disciti ematogene, queste ultime a carico quasi esclusivamente dei bambini.


Sintomatologia clinica

Possiamo schematizzare la sintomatologia della patologia discale essenzialmente in tre gruppi: - generale - locale o rachidea - radicolare
La febbre ed altri segni sistemici di infezione si manifestano qualora il disco sia interessato da processi infettivoinfiammatori. Bisogna tuttavia ricordare che nel 50% dei casi questi sintomi possono essere assenti. Il dolore, la rigidit del tratto interessato e la contrattura paravertebrale reattiva sono i sintomi locali a cui va spesso aggiunta una deviazione scoliotica antalgica. La fuoriuscita del nucleo polposo dalla sua sede anatomica e la compressione della adiacente radice nervosa da origine all'insorgenza della sintomatologia radicolare. Le radici nervose pi frequentemente interessate da tale patologia sono: C6 e C7 a livello cervicale mentre L4, L5 ed S1 nella colonna lombare. In rapporto all'entit ed alla durata della compressione radicolare possono essere distinti tre quadri clinici : - Sindrome irritativa in cui prevalgono il dolore, le parestesie, e l'iperreflessia. - Sindrome compressiva caratterizzata da areflessia, ipoestesia ed ipotrofia muscolare. - Sindrome paralitica che in genere si manifesta bruscamente ed caratterizzata dall'assenza del dolore, dall'areflessia e dall'anestesia. Le caratteristiche peculiari di ciascun interessamento radicolare sono in relazione al dermatomero servito dalla radice stessa e quindi possiamo schematicamente distinguere: - C6: Ipoestesia in corrispondenza del deltoide con ipo-areflessia dei riflessi bicipitale e brachio-radiale. - C7: Ipoestesia sulla faccia postero-laterale del braccio e dell'avambraccio sino al 2 e 3 dito; ipo-areflessia del riflesso tricipitale. - L4: Ipoestesia sulla faccia laterale della coscia ed anteromediale della gamba; ipo-areflessia del riflesso rotuleo. - L5: Ipoestesia sulla faccia laterale della coscia, antero- laterale della gamba con deficit esauribilit del muscolo estensore proprio dell'alluce e del muscolo estensore comune delle dita. - S1: Ipoestesia sulla faccia posteriore della coscia, della gamba e porzione laterale del piede con ipo-areflessia dei riflessi achilleo e medioplantare. Oltre a questi segni, il dolore radicolare pu essere riacutizzato da particolari manovre quali:

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Manovra di Lasegue : Estensione della gamba ad anca flessa a 90. Manovra di Delitala : Pressione digitale all'emergenza della radice dal rachide. Manovra di Valleix : Pressione digitale lungo il decorso del n. Sciatico. Manovra di Valsalva : Espirazione forzata a glottide chiusa. Manovra di Nafziger : Compressione delle vene giugulari. Diagnostica strumentale

Di seguito ad un accurato esame clinico del paziente, la diagnosi di patologia del disco intervertebrale viene posta con l'ausilio di esami strumentali, primi fra tutti l'RX del rachide, la TAC e la RMN. L'RX standard e nelle proiezioni oblique fondamentale nella diagnosi di discite perch ci mostra il restringimento dello spazio intersomatico e l'eventuale erosione delle limitanti, mentre insufficiente per la patologia erniaria. La TAC e la RMN permettono di evidenziare direttamente la fuoriuscita di materiale erniario ed i suoi rapporti con la radice contigua.
Cenni di terapia

La patologia infettiva del disco intervertebrale viene trattata con una specifica chemioantibiotico terapia mirata e con l'immobilizzazione della colonna per un lungo periodo. L'approccio terapeutico all'ernia prevede due orientamenti: uno incruento e l'altro chirurgico. La terapia incruenta consta, oltre che del riposo a letto, della somministrazione di farmaci antiinfiammatori (FANS ed anche cortisoni per via sistemica o in infiltrazioni peridurali), antidolorifici,decontratturanti, neurotrofici. Si utilizzano pure sedute di trazioni lombari o cervicali e corsetti ortopedici con l'intento di ridurre l'effetto compressivo sulla radice nervosa ed inoltre sedute di magnetoterapia, radarterapia ed ultrasonoterapia. Qualora la sintomatologia clinica e soggettiva non regredisca, ci si orienta verso un intervento chirurgico. Oltre alla chirurgia tradizionale, che prevede l'erniectomia e l'asportazione del disco aprendosi la strada verso lo stesso con una laminectomia ed eventualmente una artrectomia parziale, oggi sono proposti altri interventi: - Chimonucleolisi: digestione enzimatica del nucleo polposo con l'utilizzo di chimopapaina - Microdiscectomia: erniectomia e discectomia con l'ausilio del microscopio chirurgico
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-Nucleotomia percutanea: asportazione del disco e del nucleo con l'utilizzo di sonde video guida per via percutanea.
La scelta della tecnica chirurgica viene fatta in base al tipo di ernia.
BIBLIOGRAFIA Mancini A., Morlacchi C. Clinica Ortopedica Piccin, Padova, 1985 Pazzaglia U.E., Ceciliani L. Patologia dell'apparato locomotore EMP, Pavia, 1987 Pensa A., Favaro G., Cattaneo L. Trattato di Anatomia Umana I UTET, Torino, 1978 Pinelli P. Neurologia CEA, Milano, 1985

LE INFEZIONI OSSEE Con il termine OSTEOMIELITE si identificano differenti quadri patologici caratterizzati dal peculiare interessamento del midollo osseo nelle infezioni osteo-articolari. Il processo infiammatorio a carico dell'apparato scheletrico prende origine e si diffonde nel tessuto connettivo presente nella cavit diafisaria, nelle cellette di tessuto spugnoso, nei canali di Havers e nello strato cambiale del periostio. La reazione infiammatoria non ha nulla di caratteristico rispetto a quella che si realizza in altri distretti corporei; peculiare soltanto la risposta del tessuto osseo al processo infiammatorio che rappresentata da fenomeni necrotici, osteolitici ed iperostosici comunque aspecifici e comuni ad altre condizioni patologiche dell'osso. I fattori capaci di influenzare in maniera determinante la distribuzione delle osteomieliti sono rappresentati da: A- Modalit di contaminazione delle strutture ossee: 1- Diffusione ematogena: la modalit pi frequente; l'agente infettivo raggiunge l'osso attraverso il
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torrente circolatorio. 2- Diffusione per contiguit: l'infezione si propaga all'osso da un focus settico localizzato nei tessuti molli adiacenti; tale modalit particolarmente importante in caso di traumi diretti, ferite da punta, morsi umani e animali. 3- Diffusione diretta dell'infezione: l'impianto dei germi si produce direttamente nell'osso, come pu facilmente verificarsi a seguito di fratture esposte, ferite penetranti ecc. 4- Infezione post-operatoria: correlata all'estendersi della pratica della sintesi delle fratture con mezzi metallici ed all'impiego di artroprotesi; le percentuali di tale complicanza variano nell'ordine dell'1.52% dei casi.
B- Fattore et: Nei bambini e nei neonati sono spesso interessate strutture dello scheletro appendicolare, mentre negli adulti pi comune una localizzazione delle infezioni alle strutture dello scheletro assiale. C- Agente causale specifico: La risposta del tessuto osseo differente a seconda dell'agente microbico responsabile dell'infezione; i microorganismi principalmente responsabili dei processi osteomielitici sono lo Stafilococco aureo, lo Stafilococco epidermidis, lo Streptococco, il Bacterium coli, la Salmonella, ecc. OSTEOMIELITE EMATOGENA DEL LATTANTE E' una forma del tutto particolare, l'agente etiologico pu essere rappresentato, con la stessa frequenza dallo stafilococco, dallo streptococco e dal pneumococco. La porta d'ingresso quasi sempre cutanea e condizione favorente la fisiologica mancanza di acido lattico nella cute del neonato. La diagnosi spesso difficile in quanto l'osteomielite pu evolvere con sorprendente povert di sintomi: la febbre assente o poco elevata, scarso o nullo l'interessamento generale, i dati di laboratorio poco dimostrativi; la manifestazione clinica si ha quando l'infezione giunta alle articolazioni provocando tumefazione e deficit funzionali. L'abbondante reazione periascessuale una caratteristica dell'osteomielite del neonato soprattutto attorno a metafisi e diafisi delle ossa lunghe; inoltre, generalmente, ci si trova di fronte a quadri di osteoartrite plurifocale. La patologia evolve, in genere, con danni irreversibili a carico delle epifisi e delle cartilagini di coniugazione, provocando alterazioni dell'accrescimento metafisario che esitano in deficit di lunghezza e deviazioni assiali dell'osso colpito. La terapia deve essere immediata e consiste in un trattamento medico antibiotico ed un trattamento ortopedico
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distinto in tre fasi: 1-immediato: evacuazione della raccolta settica ed immobilizzazione dell'articolazione. 2-precoce: evitare o limitare le deformit con idonei protocolli riabilitativi. 3-tardivo: correggere le deformit non pi suscettibili di correzione spontanea o con metodi incruenti. OSTEOMIELITE EMATOGENA DELL'ETA' EVOLUTIVA Il germe responsabile quasi sempre lo Stafilococco piogeno aureo (80-90% dei casi), in minor misura altri germi quali lo Streptococco ed il Pneumococco. L'incidenza di questa patologia elevata nell'et di accrescimento (tra i 5 ed i 15 anni) e le sedi di elezione sono le ossa lunghe, in particolare il femore, la tibia e l'omero a livello delle loro metafisi pi fertili. La pi ricca vascolarizzazione e l'esistenza di un letto capillare ampio con associato rallentamento del flusso sanguigno sono condizioni favorenti l'impianto in tale sede dell'agente infettivo. La vascolarizzazione dell'epifisi distinta da quella della faccia metafisaria della cartilagine di accrescimento; questa condizione anatomica rappresenta il pi delle volte una barriera invalicabile ai vasi e quindi alla infezione, di conseguenza l'epifisi e l'articolazione sono quasi sempre risparmiate eccetto i casi di infiammazione reattiva accompagnati da versamento asettico. Una condizione del tutto particolare rappresentata da quelle articolazioni in cui la metafisi parzialmente intra-capsulare, come nell'anca e nella spalla dalla quale consegue la facile ed inevitabile contaminazione diretta della cavit articolare. La lesione iniziale rappresentata da un processo suppurativo che si realizza nell'ambito del tessuto connettivo degli spazi ossei metafisari; nel tentativo di espandersi, l'infiammazione si fa strada attraverso i canali di Havers e si estende alla sottile corteccia metafisaria. Le alterazioni del tessuto osseo indotte dall'infezione sono: Necrosi: si manifesta nelle zone dove la flogosi pi violenta, in relazione ai fenomeni ischemici legati alla trombosi settica delle arterie nutritizie. Osteolisi : l'osso sano adiacente al focolaio osteomielitico sede di intensi fenomeni di riassorbimento connessi all'iperemia locale, con conseguente rarefazione della trama ossea. Iperostosi: l'attivit osteoblastica del periostio stimolata dalla persistente suppurazione e dalla presenza di ampi sequestri che, per le loro dimensioni, non vengono eliminati; la neoformazione di tessuto osseo ha lo scopo sia di circondare i focolai infettivi nel tentativo di isolarli, che di ripristinare la continuit anatomica e funzionale dell'osso.

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L'osso neoformato viene denominato "cassa da morto" o "sarcofago". La sintomatologia generalmente acuta, con febbre elevata (40 C), dolore vivo, spontaneo, che si esacerba con i tentativi di movimento; i dati di laboratorio indicano una VES elevata ed una leucocitosi con neutrofilia pi o meno accentuata. I segni radiografici sono caratterizzati da pi o meno voluminose aree osteolitiche circondate da zone di addensamento per la necrosi delle lamine ossee; la reazione periostale visibile per la presenza di multiple lamelle ossee che circondano la corticale, mentre la presenza di sequestri caratterizzata da lamine ossee sclerotiche circondate da tessuto radiotrasparente. Sebbene nelle fasi iniziali l'indagine radiografica sia negativa (la scintigrafia ossea ha una maggiore sensibilit specie in fase iniziale), si deve tener presente la regola clinica per cui ogni dolore osseo insorto bruscamente in un giovane paziente, sullo sfondo di una compromissione dello stato generale di natura infettiva, deve far sospettare fortemente una osteomielite (Maroteaux). La terapia nella fase acuta prevalentemente medica con la somministrazione di antibiotici che, in attesa dell'isolamento del germe mediante emocoltura, deve essere ad ampio spettro e solo successivamente mirata contro il micro-organismo responsabile. Nel caso di ascessi osteomielitici indicato l'intervento chirurgico per evacuare la raccolta settica, in quanto questa non pu svuotarsi spontaneamente (come nel caso di un ascesso delle parti molli) per il carattere rigido delle pareti della cavit ascessuale che di conseguenza non potranno collabire. L'antibiotico terapia va somministrata per via parenterale a dosi efficaci e per un periodo di tempo prolungato, ovviamente in relazione alla risposta clinica ottenuta, comunque non inferiore alle 3-4 settimane, seguita da un ciclo di terapia antibiotica per via orale fino al ritorno alla norma della VES. OSTEOMIELITE EMATOGENA DELL'ADULTO Nell'adulto si localizza comunemente alla colonna vertebrale, alla pelvi ed alle ossa corte; presenta particolarit evolutive essenzialmente legate alle condizioni anatomiche ed in particolare alla scomparsa della cartilagine di coniugazione ed alla maggiore densit del manicotto periostale che nell'adulto pi aderente all'osso. Il processo infettivo tende ad infiltrare e distruggere la corticale, indebolendo l'osso nella sua struttura e predisponendolo quindi a fratture patologiche. La disseminazione ematogena alla colonna vertebrale riconosce due possibili vie, rappresentate dalle arterie nutritizie e dal sistema venoso paravertebrale; la frequente localizzazione iniziale di focolai osteomielitici nella regione subcondrale anteriore delle vertebre, zona riccamente irrorata da arteriole nutritizie, sembra deporre per una maggiore importanza della via arteriosa. I germi pi frequentemente implicati sono lo Stafilococco, gli Enterobacter e pi raramente lo Streptococco e Pneumococco. Il trattamento terapeutico si limita, nelle forme acute, alla immobilizzazione in apparecchi gessati ed ad una, possibilmente mirata, antibioticoterapia; solo se questo trattamento combinato non sufficiente ad assicurare la

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guarigione, conviene prendere in considerazione la possibilit di un intervento chirurgico complementare. L'ossigeno terapia iperbarica pu costituire una ulteriore risorsa nel trattamento di alcune osteomieliti particolarmente ribelli quali si osservano nel corso di infezioni gravi, gangrenose, sostenute principalmente dal Clostridium Welchii. OSTEOMIELITE CRONICA Pu esser tale fin dall'inizio, ma spesso rappresenta la cronicizzazione di una osteomielite acuta in quanto la permanenza di sequestri di osso necrotico e germi nella sede della infezione primitiva, pu essere causa di un persistente processo reattivo locale con periodi di remissione anche di lunga durata, alternati a periodi di riacutizzazione. Tra le forme croniche primitive ricordiamo: ASCESSO CENTRALE DI BRODIE Descritto inizialmente da Brodie nel 1832, la lesione colpisce particolarmente gli adolescenti con localizzazione preferenziale per le metafisi prossimale e distale di tibia, dove, a causa della crescita corporea, sembra con il tempo spostarsi ("migra verso la diafisi"). L'agente microbico responsabile pi frequentemente lo Stafilococco; dal punto di vista anatomo-patologico il reperto fondamentale corrisponde ad una cavit, di dimensioni variabili da un pisello ad una nocciola, con pareti delimitate da tessuto di granulazione e contenuto liquido di carattere purulento o mucoide. Radiograficamente si presenta come un'area radiotrasparente centro-ossea, localizzata prevalentemente nella metafisi e circondata da un alone sclerotico. Clinicamente si manifesta con dolore osseo spontaneo, esacerbato alla pressione locale, senza segni di compromissione generale. L'intervento chirurgico sempre giustificato, anche a conferma del sospetto diagnostico, imponendosi la diagnosi differenziale nei confronti delle lesioni tumorali a carattere osteolitico. OSTEOMIELITE SCLEROSANTE NON SUPPURATIVA DI GARRE' Rara forma di osteite che colpisce la regione diafisaria, senza suppurazione e formazione di sequestri, ma con una intensa reazione periostale che conferisce un particolare aspetto eburneizzante alla lesione. Clinicamente si caratterizza per una sintomatologia dolorosa locale, costante ma mai intensa; il canale midollare pu apparire totalmente obliterato. La terapia inizialmente medica ma pu diventare chirurgica nelle forme poco sensibili al trattamento generale. OSTEOMIELITE SECONDARIA A FRATTURE O AD INTERVENTI CHIRURGICI generalmente una malattia cronica fin dall'inizio, che determina ritardi di consolidazione; la presenza di mezzi di sintesi rende difficoltosa la guarigione del processo infiammatorio, per cui si rende necessaria la loro asportazione ed un accurato curetage del focolaio settico.

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Per consentire la guarigione del processo infettivo e la contemporanea immobilizzazione della frattura, necessario sintetizzare l'osso con fissatori esterni applicati a distanza dal sito di infezione. TUBERCOLOSI OSSEA L'agente patogeno della tubercolosi osteo-articolare il Mycobacterium tubercolosis, solo raramente il Mycobacterium bovis. La via di trasmissione pi consueta l'inalazione, in qualche caso l'ingestione di alimenti infetti ed, in un numero crescente di casi pu insorgere in seguito a vaccinazione con BCG. La localizzazione osteo-articolare solitamente secondaria; il focolaio primario situato, nella maggior parte dei casi, in sede polmonare e renale (rara l'associazione di localizzazioni osteo-articolari in caso di tubercolosi polmonare). La disseminazione dal focolaio primario avviene per via ematica. Le sedi predilette sono rappresentate dal rachide, dall'anca, dal ginocchio e dalle articolazioni sacro-iliache; nelle articolazioni il processo infettivo si localizza dapprima alle epifisi e poi, da qui, diffonde in sede articolare. Dal punto di vista anatomo-patologico l'infezione pu manifestarsi in forma essudativa o produttiva a seconda della risposta dell'organismo all'infezione (soggetti ipersensibili o, rispettivamente, resistenti). I fenomeni essudativi sono caratterizzati dall'abbondante produzione di un essudato ricco di fibrina ed elementi corpuscolati- (linfociti, macrofagi, plasmacellule, polimorfonucleati); rapidamente l'essudato evolve in necrosi caseosa. I fenomeni produttivi sono caratterizzati dalla presenza del tubercolo, costituito da un nucleo centrale necrotico circondato da cellule epitelioidi, cellule di Langhans, cellule giganti da corpo estraneo che a volte possono contenere bacilli di Koch fagocitati. L'infezione tubercolare predilige le ossa corte, spongiose, in particolare i corpi vertebrali e le epifisi delle ossa lunghe, le coste, lo sterno ed il bacino. A carico delle ossa la tubercolosi pu produrre una periostite (solitamente secondaria ad un processo osteomielitico specifico) o, pi frequentemente, una osteomielite caratterizzata da una marcata osteolisi in assenza di neoproduzione ossea. Nell'osteomielite tubercolare produttiva (forma pi benigna) le trabecole ossee comprese nel tessuto patologico vanno incontro a processi osteoclastici detti carie tubercolari ai quali pu associarsi anche necrosi ossea; il processo evolve spontaneamente verso una guarigione anatomica o, pi spesso, solo clinica con incapsulamento del focolaio. Nella forma essudativo-caseosa il processo osteolitico appare pi imponente con frequenti sequestri, di modeste dimensioni, circondati da una membrana granulomatosa specifica; in questa forma frequente la presenza di ascessi, detti ossifluenti o freddi, contenenti pus tubercolare, piccoli frammenti ossei (sabbia ossea) e bacilli di Koch. Gli ascessi spesso migrano lungo i naturali piani di clivaggio per azione della gravit e per l'invasivit

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stessa del bacillo, raggiungendo cos anche le sedi lontane producendo fistole comunicanti con l'esterno. Per quanto riguarda la sintomatologia, il paziente riferisce spesso astenia, sudorazioni notturne, dimagrimento e febbricola; localmente il primo sintomo caratterizzato dal dolore con limitazione funzionale delle articolazioni interessate, alterazione dei rapporti articolari, idrartro ed in seguito gravi deformit secondarie alla contrattura antalgica della muscolatura o alla distruzione dei capi articolari. La diagnosi pu basarsi sia sulla clinica che sui dati di laboratorio, i quali sono aumentati di valore, in particolar modo le prove reumatiche (VES, mucoproteine, globuline alfa 2). L'intradermoreazione alla tubercolina spesso positiva (per sicurezza consigliabile un esame Rx del torace), la diagnosi di certezza si pu comunque porre in seguito a positivit degli esami colturali su campioni prelevati mediante artrocentesi o biopsia. L'associazione di osteoporosi dei capi articolari, erosioni ossee periferichee di una rima articolare ristretta costituisce la triade di Phemister, patognomonica per l'artrite tubercolare. La terapia consiste in cicli alternati di Streptomicina, PAS (ac. para-aminosalicilico), Isoniazide, Miambutol e Rifampicina secondo schemi ormai collaudati. E' importante, quando possibile, la somministrazione dei farmaci specifici, specialmente la Streptomicina, nel focolaio stesso. Alla terapia specifica si associa la terapia ortopedica che mira a limitare le deformit residue evitando il carico sulle articolazioni interessate, mediante opportuni apparecchi gessati e tutori di scarico. SPONDILITE TUBERCOLARE (MORBO DI POTT) La localizzazione vertebrale la pi frequente, nella maggior parte dei casi il focolaio si localizza alla prima vertebra lombare, caratteristicamente all'aspetto anteriore del corpo vertebrale e generalmente sono interessati due metameri contigui compreso il disco interposto. L'ascesso ossifluente tende a migrare al di sotto dei legamenti, particolarmente del legamento longitudinale anteriore, scollandoli alle inserzioni all'apice dei corpi. Gli ascessi del rachide dorsale hanno solitamente scarsa tendenza alla migrazione per le barriere anatomiche esistenti (inserzioni del diaframma) e rimangono quindi circoscritti in sede mediastinica posteriore. Gli ascessi della colonna lombare possono migrare lungo la guaina del muscolo ileo-psoas e raggiungere la fossa iliaca interna oppure il Triangolo dello Scarpa. L'interessamento caratteristico di due corpi vertebrali e del disco compreso causa, con il tempo, l'insorgenza di una progressiva e grave deformit vertebrale in cifosi denominata Gobba di Pulcinella. La spondilite tubercolare solitamente guarisce spontaneamente con esito in anchilosi, si vengono cos a costituire barre ossee non segmentate comprendenti pi metameri con dischi intervertebrali distrutti. ANCA Il primo focolaio solitamente situato al cotile; il processo comporta la distruzione progressiva dei capi articolari con lussazioni e sublussazioni secondarie. La sintomatologia caratterizzata dall'insorgenza di dolore,
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non continuo, zoppia da fuga causata dal dolore e, con il tempo, quadri di deformit in varie posizioni (flessione, intrarotazione, abduzione, ecc.). L'infezione guarisce spontaneamente in anchilosi. GINOCCHIO Si tratta solitamente di una sinovite diffusa secondariamente ai due capi articolari, con abbondante versamento articolare. L'affezione produce spesso deformit articolare in flessione con associato varismo o valgismo. Nei bambini, nelle prime fasi della malattia, si osserva un aumento di volume dei nuclei di ossificazione epifisari e della rotula. Evolve in anchilosi progressiva SACRO-ILEITE Interessa prevalentemente il sesso femminile, si osservano piccole aree osteolitiche a carico delle superfici ossee articolari con piccoli sequestri. La sintomatologia caratterizzata da lombosciatalgia, ipotrofia dei muscoli glutei e zoppia. ARTO SUPERIORE Questa localizzazione la meno frequente, caratteristico l'interessamento delle mani soprattutto a livello diafisario. L'affezione nota come "spina ventosa" per il particolare aspetto che assume l'osso colpito.

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BORSITI E TENOSINOVITI
Anche la membrana sinoviale delle guaine tendinee e delle borse pu essere sede di processi tubercolari; ci si osserva prevalentemente a carico delle borse tendinee delle mani, delle guaine dei tendini dei muscoli flessori delle dita, della borsa sottoacromiale, sottodeltoidea e pertrocanterica.
BIBLIOGRAFIA G. TACCARDO - A. PAGLIEI Ortopedia e Traumatologia Verduci Editore F. PALLOTTA Ortopedia e Traumatoligia Verduci Editore A. LORTAT-JACOB Principes de traitement chirurgical de l'infection osseuse Encyclopedie Medico-Chirurgicale F. SMALTINO - E. PORTA Radiologia Oggi

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Edilson

ANOMALIE DI SVILUPPO DEGLI ARTI ECTROMELIE

Con il termine generico di ectromelie vengono indicate tutte le malformazioni caratterizzate dall'assenza congenita, totale o parziale, di uno o pi arti. Possono interessare l'arto secondo un piano trasversale (ectromelie trasverse), oppure longitudinale (ectromelie longitudinali). L'assenza di sviluppo di tutti e quattro gli arti (tetra-amelia o amelia totale) una malformazione eccezionale, rapidamente fatale per le gravi anomalie concomitanti. L'assenza di un arto (amelia), derivante dal difetto di differenziazione del mesenchima che forma la primitiva gemma, di regola isolata e si riscontra pi frequentemente a carico dell'arto superiore (amelia brachiale). Con il termine emimelia si intende l'assenza di un segmento di un arto. Pu essere trasversa (detta anche peromelia), con aplasia dell'avambraccio e della mano o della gamba e del piede, oppure pu essere longitudinale, interessando in questo caso la met interna o esterna dell'arto. Nell'emimelia trasversa manca completamente la parte distale dell'arto, mentre quella prossimale costituita da un moncone che ricorda quello di amputazione. Gli arti superiori sono interessati con una frequenza dieci volte superiore rispetto agli arti inferiori. Nell'emimelia vera l'arto superiore interrotto a livello della regione brachiale o del gomito, pi raramente dell'avambraccio. L'arto inferiore raramente interrotto a livello della coscia; il segmento maggiormente interessato il terzo medio-inferiore della gamba. Si possono riscontrare forme parziali, caratterizzate dall'assenza della mano (acheiria) o del piede (apodia), delle dita (adattilia), delle falangi (ectrodattilia). La pi comune tra le ectromelie l'emimelia longitudinale, costituita dall'assenza congenita di uno dei raggi ossei dell'avambraccio (pi rara) o della gamba (pi frequente). A livello dell'arto superiore si pu avere agenesia del radio o, pi raramente, dell'ulna, con assenza dei raggi digitali corrispondenti e deviazione assiale della mano dal lato del segmento mancante (mano torta radiale o ulnare). A carico dell'arto inferiore pu verificarsi aplasia del perone o, pi raramente, della tibia, con assenza dei raggi metatarso-falangei corrispondenti, senza alterazioni delle ossa tarsali.

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Tra le ectromelie trasverse va ricordata la focomelia, che corrisponde all'assenza congenita del segmento prossimale di un arto, da ascrivere ad un temporaneo difetto di sviluppo della gemma mesenchimale, mentre l'estremit distale pi o meno correttamente sviluppata. Vi possono essere varie forme di focomelia: una forma completa o tipica ed una forma atipica (emimelia intercalare). Nel primo tipo di lesione la mano unita direttamente alla spalla nell'arto superiore, oppure il piede, atteggiato in rotazione laterale, si connette con il tronco nell'arto inferiore (spesso il piede associato ad un perone ipoplasico e ad un piccolo abbozzo dell'estremo femorale inferiore). Nella forma atipica, nell'arto superiore pu sussistere tra spalla e mano un segmento brachiale o antibrachiale, oppure, nell'arto inferiore, si pu avere l'ipoplasia completa del femore con tibia direttamente articolata al bacino o connessa con minimi residui femorali diafisari o epifisari.
IPERMELIE

Con il termine di ipermelia si intende la duplicit di un arto in un singolo individuo. Malformazione rarissima, sempre unilaterale, pu verificarsi sia a livello dell'arto superiore che inferiore. La sua causa non nota. Vi possono essere vari gradi di differenziazione: duplicit scheletrica con un unico involucro cutaneo (ipermelia), oppure presenza di due arti indipendenti (melomelia).
ALTRE MALFORMAZIONI CONGENITE DELL' ARTO SUPERIORE

In aggiunta a quanto gi descritto nei capitoli precedenti, un breve accenno meritano la lussazione congenita di spalla, l'omero varo congenito e l'anchilosi congenita di gomito.
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Lussazione congenita di spalla Si tratta di una perdita permanente dei rapporti gleno-omerali. Malformazione rara, difficilmente diagnosticata alla nascita, ma pi spesso versi il 4 , 5 anno di vita. Solitamente bilaterale. Anatomicamente presente una ipoplasia sia della glenoide che della testa omerale. La terapia controversa. Si va dalla condotta astensionistica preferita dalla maggior parte degli Autori, anche per la scarsa sintomatologia, alla terapia chirurgica di stabilizzazione da effettuarsi a termine dell'accrescimento. In alcuni casi, dopo la riduzione della lussazione, si confeziona un apparecchio gessato in posizione "da schermitore". Omero varo congenito Deformit rara, caratterizzata dalla riduzione dell'angolo di inclinazione diafiso-epifisario omerale, che
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normalmente di circa 125 . La malformazione solitamente asintomatica e pu passare inosservata. Non necessario nessun trattamento, se non fisioterapico. Nei casi di varismo pi accentuato, si pu ricorrere all'osteotomia sottocapitata. Anchilosi congenita di gomito Malformazione rara, che consiste nella fusione completa dei capi articolari, per una sinostosi omero-radiale, con un angolo che varia dai 70 ai 140 . Pu essere monolaterale, ma pi frequentemente bilaterale. L'arto appare ipoplasico, con il gomito bloccato in pronazione con una componente in flessione o rotazione. La terapia chirurgica per la grave compromissione della vita quotidiana, specie nelle forme bilaterali, sebbene i risultati ottenuti siano deludenti e risultino complicati dall'ipoplasia muscolare concomitante e dal fatto che si tratta di soggetti in accrescimento. In alcuni casi ci si limita alla resezione della sinostosi e successiva fissazione del gomito a 90 , da effettuarsi al termine della crescita. ALTRE MALFORMAZIONI CONGENITE DELL' ARTO INFERIORE

Meritano di essere ricordate, oltre a quelle gi analizzate in altro capitolo, la coxa vara e la coxa valga congenita, le deformit congenite del ginocchio e del piede, per la cui trattazione si rimanda al capitolo sulle ALTERAZIONI ASSIALI DELL'ARTO INFERIORE.
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Affezioni neonatali legate a traumi da parto

All'interno di questo capitolo sono compresi: 1) Cefaloematoma 2) Ematoma dello sternocleidomastoideo 3) Fratture 4) Paralisi del facciale 5) Paralisi del plesso brachiale 6) Paralisi del nervo frenico
Solo alcune di queste patologie sono di pertinenza ortopedica e verranno quindi pi ampiamente trattate. Nonostante l'incidenza di questi tipi di traumi sia diminuita negli ultimi anni, grazie ad un miglioramento del trattamento ostetrico, resta comunque evidente l'importanza di una diagnosi precoce e di un adeguato trattamento da parte dell'ortopedico in collaborazione con il pediatra.

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CEFALOEMATOMA Rappresenta una delle forme pi frequenti; dovuto al prodursi di uno stravaso ematico tra periostio ed osso pi frequentemente in corrispondenza parietale. Clinicamente si presenta come una tumefazione fluttuante che pu raggiungere le dimensioni di una grossa arancia. Pi raramente pu aversi un cefaloematoma interno, a volte questa variet pu essere comunicante con quella esterna. Nella maggior parte dei casi la risoluzione spontanea nel corso di qualche settimana. EMATOMA DELLO STERNOCLEIDOMASTOIDEO Si tratta di una evenienza abbastanza frequente nelle presentazioni di spalla e di podice. Si rende evidente nelle prime settimane di vita con una incapacit nella torsione del capo dal lato interessato. Alla palpazione si rileva una tumefazione di volume variabile che interessa il muscolo sternocleidomastoideo data dall'ematoma che si organizza all'interno dello stesso; la cute non aderente. L'ematoma va riducendosi nel corso delle settimane successive. FRATTURE La frattura del neonato rappresenta una evenienza relativamente frequente, in ordine di importanza quella della clavicola, delle ossa lunghe ( omero, femore ) e del cranio. La frattura pu essere completa, a legno verde o pu interessare la zona metaepifisaria. Quelle di clavicola non richiedono trattamento, mentre per quelle di omero o di femore si richiede un periodo di immobilizzazione; se non ci sono concomitanti lesioni nervose si ha restitutio ad integrum. La lussazione della spalla una evenienza rara, importante la diagnosi e la riduzione che deve avvenire entro 4-5 gg. Il distacco epifisario della testa omerale una lesione rara e di difficile diagnosi anche avvalendosi dell'esame radiografico in quanto la testa non ancora ossificata ; utile a questo riguardo pu essere l'ecografia. Un buon trattamento prevede una immobilizzazione in apparecchio gessato in posizione di schermidore per un periodo di 15-20 gg. La mancata diagnosi, in particolare nei distacchi completi comporta viceversa un difetto di accrescimento. Sono da ricordarsi le fratture del rachide cervicale che portano spesso ad una sintomatologia neurologica da mielotomia trasversa completa o incompleta la cui prognosi sempre grave. PARALISI DEL FACCIALE Dei vari tipi di paralisi periferiche, che si osservano nel neonato, queste sono tra le pi frequenti. Le paralisi del facciale possono essere dovute in primo luogo a compressione esercitata dal forcipe in corrispondenza del punto
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di uscita del nervo dal forame stilo-mastoideo. La paralisi di solito interessa il facciale inferiore parzialmente o totalmente: nel primo caso la sintomatologia rappresentata dallo stiramento dell'angolo buccale verso il lato sano durante il pianto; nel secondo si associa l'appiattimento del solco nasogenieno e la mancata chiusura della rima palpebrale dal lato colpito. La prognosi diversa a seconda che si tratti di neuroprassia, assonotmesi, neurotmesi.

PARALISI DEL PLESSO BRACHIALE


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ETIOLOGIA La lesione del plesso brachiale avviene durante il parto per eccessiva trazione, per malposizione fetale, per sproporzione cefalopelvica, o per uso del forcipe. Smellie 1764 fu il primo ad individuare la paralisi dell'arto superiore quale risultato di traumi del plesso brachiale riportati durante il travaglio. Duchenne 1872, Erb 1874 e Klumpke 1885 descrissero il meccanismo traumatico e la sede del danno nervoso riportandone la sintomatologia in associazione ai loro nomi. L'incidenza di questa patologia andata diminuendo nel corso degli anni grazie al miglioramento delle tecniche ostetriche; Hardy ha riportato una incidenza dello 0,87% in 1000 nati nel 1981, dato decisamente inferiore rispetto a quello riportato da Adler e Patterson di 1,56% su 1000 nati del 1938. RILIEVI CLINICI La diagnosi precoce dello stiramento del plesso brachiale nel neonato pu essere posta in seguito all'evidenza clinica dell'immobilit del braccio interessato rispetto a quello sano, bisogna comunque ricordare la diagnosi differenziale con le possibili fratture della clavicola o dell'omero. In et pi avanzata si pu assistere a diversi gradi di guarigione, la diagnosi pu essere fatta notando la residua deformit secondaria al deficit muscolare. Il braccio si presenta intraruotato, il gomito in leggera flessione e si ha una insufficenza della muscolatura scapoloomerale. Convenzionalmente le paralisi ostetriche si dividono in tre tipi a seconda degli autori che per primi a descrissero, per il diverso interessamento delle radici nervose. TIPO 1 : di Herb C4,C5,C6 TIPO 2 : di Herb, Duchenne, Klumpke con interessamento dell'intero plesso TIPO 3 : di Klumpke C8,T1 Il tipo 1 di Herb quattro volte pi comune delle altre forme. (7) del tipo 1 l'arto appare addotto e intraruotato
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mentre la spalla contratta con perdita dell'estensione del gomito. Sono in questo caso interessati i muscoli deltoide, sovraspinoso, brachioradiale ed i flessori del gomito. Esistono casi pi sfumati nei quali si ha solo l'interessamento del nervo soprascapolare con un deficit solo del sopra e sottospinato. Nel tipo 2 con interessamento dell'intero plesso si ha un deficit sia delle radici motorie che sensitive di questo arto che appare flaccido.Viene per risparmiata la zona mediale per la supplenza del nervo intercostale. Nel terzo tipo si ha paralisi dei muscoli intrinseci della mano, del polso e associata sindrome di Claude Bernard Horner con miosi ptosi ed enoftalmo. EVOLUZIONE Il decorso della paralisi dipende dal grado di danno che si sviluppato sui nervi. Possiamo avere una neuroprassia temporanea dovuta a emorragia o edema nella guaina nervosa con ripresa spontanea durante il primo mese di vita. L'axonotmesi pu guarire con ricrescita assonica a valle la quale pu proseguire per oltre due anni con ripresa progressiva ( circa 1 mm die). Nella neurotmesi la prognosi sfavorevole.In genere i danni pi prossimali hanno esiti migliori. Se non viene attuato nessun trattamento si manifesta rapidamente la comparsa di deformit fissa con adduzione ed intrarotazione della spalla. Una complicanza tardiva pu essere la lussazione posteriore di spalla dovuta secondo alcuni autori all'uso improprio dei tutori in abduzione, Fairbank 1913 (8) o alla mobilizzazione forzata della spalla Wickstrome(9), Haslam Hutchinson 1955 . Altra sequela quella descritta da Aitken 1952 (10) con lussazione o sublussazione della testa radiale. TRATTAMENTO La prognosi dello stiramento del plesso brachiale nell' 80% dei casi ha esito favorevole con guarigione durante il primo anno (11). Il trattamento classico che si eseguiva in passato era rappresentato da immobilizzazione della spalla in abduzione ed extrarotazione per molte settimane con lo scopo di correggere la deformit Questo trattamento causava per spesso la lussazione della spalla come riportato da Blount 1955 (12). Il trattamento andrebbe diviso in una parte immediata e una tardiva, a seconda dell'et in cui viene fatta la diagnosi. Nella prima parte si preferiscono dei periodi alternati di splinting con periodi di mobilizzazione per evitare irrigidimenti e possibili dislocazioni della spalla. Il trattamento deve essere proseguito anche dopo il periodo di guarigione. In et&agravge; pi avanzata questo trattamento viene riservato solo come preparazione all'intervento. Un importante progresso si avuto con il lavoro di Gilbert, Millesi e Tassin (13,14) i quali hanno evidenziato l'importanza di una esplorazione chirurgica del plesso quando non si hanno miglioramenti entro i 3 mesi. Lo sviluppo delle tecniche microchirurgiche ha portato ad un miglioramento della prognosi cambiando il decorso di
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questa patologia. Con la loro tecnica si sono avuti risultati soddisfacenti nell'80% di interessamento del deltoide, del 55% del bicipite e del 25% nei difetti di extrarotazione. In et avanzata quando si hanno malposizioni strutturate si ricorre a diversi tipi di approccio chirurgico. Sever 1916 (15) e Fairbank 1913 proposero la tenotomia degli adduttori, in particolare del grande pettorale e del sottoscapolare per correggere i difetti di intrarotazione migliorando cosi il range di movimento. L'Episcopo nel 1934 (16) e Zachary 1947 proposero la tecnica di trasposizione tendinea convertendo alcuni muscoli in extrarotatori. Altri autori proposero diverse tecniche di trasposizione dei tessuti molli fino al 1955 quando Wicksrome , Haslam e Hutchinson (17) proposero come tecnica quella di osteotomia dell'omero al di sopra dell'inserzione del muscolo deltoide .Per quanto riguarda la perdita di flessione del gomito la tecnica operatoria pi nota quella di Clark 1946 (18) con la trasposizione del pettorale, quella di Steindler con la plastica dei flessori del gomito (19). Nei casi pi gravi senza nessun recupero di attivit e/o di sensibilit dell'arto, il paziente in et adulta pu optare per la amputazione PARALISI DEL NERVO FRENICO E' una forma relativamente rara che si verifica soprattutto nei parti podalici , dovuta a lesione della 3, 4 e 5 radice cervicale; la paralisi compare nelle prime ore di vita e si accompagna a dispnea e cianosi , la respirazione prevalentemente toracica e non si osserva l'espansione dell'addome durante l'inspirazione, ma, all'opposto si ha rientramento addominale (respiro paradosso ) . La diagnosi differenziale si pone con problemi di tipo centrale, cardiopatie congenite, atelettasia, ernia diaframmatica . Il dubbio diagnostico si dirime con l'esame radioscopico che dimostra l'immobilit del diaframma. Il trattamento prevede l'uso della ventilazione forzata in pressione positiva continua.
BIBLIOGRAFIA Schwarz Tiene Manuale di pediatria 9 edizione pag. 107 / 109 Smellie W. (1764) Collection of preternatural cases and observation in Midwifery completing the design of illustreting his first volume on that subyet Vol III , pag. 505 London Duchenne G.B.A. (1872) De l'electrisation localise et de son application la pathologie e a la therapeutique troisieme edition pag. 357 Paris Ballire Erb W.H. (1874) Ueber eine eigenthumliche localisation von lahmungen im plexus brachialis . Verhandlung des naturhistorisch medizinischen vereins zu Heidelberg N F pag 2/130
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Klumpke A. (1885) Contribution a l'etude des paralysies radiculaires du plexus brachial. Paralysies radiculaires totales. Paralysies radiculaires infrieures. DE la partecipation desfiles sympatiques oculo-pupillaires dans ses paralysies . Revue de medicine pag. 5,591,739. Adler J. B. & Patterson R.L. JXK (1957) Erb's palsy long-term results of treatment in eighty eight cases JBJS 49A 1967 1052 Hardy AE Birth injuriesof the brachial plexus : incidence and prognosis Rang M. Anthology of orthopaedics . Edinburgh : E&S Livingstone ,1966 Fairbank HAT Birth palsy : subluxation of shoulder joint in infants and young children Lancet 1913 ; 1:1217 Wickstrom J Birth injuries of the brachial plexus : treatment of defects in tha shoulder Clin. Orthop. 1962 ; 23:187 Aitken J. (1952) Deformity of the elbow joint as a sequel to Erb's obstetrical paralysis JBJS 34B; 352 Boome RS , Kaye JC Obstetric trction injuries of the brachial plexus . Natural history , indication for surgical repair and results. JBJS 1988 ; 70B :571 Blount W.P. (1955) Fractures in children Baltimore: The Williams & Wilkins company. Gilbert A. , Tassin JL Surgical repair of the brachial plexus in obstetric paralysis. Chirurgie 1984 ; 110(1) : 70 Millesi H. Surgical management of brachial plexus injuries . J Hand Surgery 1977 ; 2: 367 Sever J.W. (1916) Obstetric paralysis . Its etiology, pathology, clinical aspects and treatment , with a report of four hundred and seventy cases . American journal of diseases of children pag 12;541. L'Episcopo J.B. (1934) Tendon transplantation in obstetrical paralysis . American Journal of Surgery 25:122 Wickstrom J. Birth injuries of the brachial plexus : treatment of defects in the shoulder.

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L'ESAME OBIETTIVO IN ORTOPEDIA

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