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Public and human relations seek to adapt the individual to a society...

They serve to make him conform, which is the aim all propaganda. Jacques Ellul

I have the greatest admiration for your propaganda. Propaganda in the West is carried out by experts who have had the best training in the world -- in the field of advertising -- and have mastered the techniques with exceptional proficiency ... Yours are subtle and persuasive; ours are crude and obvious ... I think that the fundamental difference between our worlds, with respect to propaganda, is quite simple. You tend to believe yours ... and we tend to disbelieve ours a Soviet correspondent based five years in the U.S.

Indice

Introduzione

PARTE I. TEORIA E TECNICHE DELLA PROPAGANDA CAPITOLO I. La propaganda tra passato e presente 1.1 Le connotazioni negative della parola propaganda 1.2 Evoluzione della propaganda: cenni storici 1.3 Differenze e affinit della propaganda moderna nelle democrazie e nei totalitarismi CAPITOLO II. Propaganda: Caratteristiche, tecniche di produzione e tecniche di diffusione 2.1 Caratteristiche della Propaganda 2.2 Tecniche di produzione della propaganda 2.3 Tecniche di trasmissione della propaganda

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PARTE II. LA PROPAGANDA DI GUERRA E LA FORMAZIONE DELLOPINIONE PUBBLICA CAPITOLO III. Come conquistare lopinione pubblica prima, durante e dopo i conflitti 3.1 Cosa lopinione pubblica e il ruolo della propaganda 3.2 La propaganda come arma di guerra 3.3 Preparare lopinione pubblica alla guerra 3.4 Niente censura 3.5 Grenada: lo sbaglio della censura 3.6 Andare alla fonte: la strategia propagandistica dopo la Sidle Commission 3.7 Embedded: ovvero linformazione incastonata 3.8 Terzine della propaganda
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CAPITOLO IV. La privatizzazione della propaganda 4.1 Cosa sono e come nascono le agenzie di pubbliche relazioni 4.2 Promuovere limmagine 4.3 Le agenzie di Pubbliche Relazioni e la campagna comunicativa in tempo di guerra 4.3.1 La guerra del Golfo 4.3.2 Il ruolo della Ruder&Finn nella guerra civile dellex Yugoslavia 4.4 Formula della valle di Mohawk PARTE III. ANALISI SUL CAMPO CAPITOLO V. La propaganda USA dopo l11 settembre 2001 5.1 Cosa cambiato dopo l11 settembre 5.2 La propaganda statunitense nella guerra contro lAfganistan nel 2001 5.2.1 Le terzine della propaganda applicate alla guerra in Afganistan del 2001 5.2.2 Forme della propaganda nella guerra afgana 5.2.3 Tecniche utilizzate 5.2.4 Conclusione 5.3 La propaganda statunitense nella guerra contro lIraq nel 2003 5.3.1 Le terzine della propaganda applicate alla guerra in Iraq del 2003 5.3.2 Forme della propaganda nella guerra irachena 5.3.3 Tecniche utilizzate 5.3.4 La propaganda dentro i mass media liberi 5.3.5 Conclusione

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Conclusioni Bibliografia

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Introduzione
Il fenomeno della propaganda rappresenta per la ricerca scientifica un complesso campo di indagine sul quale si sono cimentati innumerevoli autori e studiosi, cosa che ha portato non solo ad una ricca letteratura in materia, ma anche ad unanalisi poliedrica del fenomeno. Diversi studiosi, infatti, di varie discipline e con toni differenti hanno esaminato la propaganda da una prospettiva diversa: storica, socio-politica, tecnico-comunicativa e cos via. Lobiettivo di questo lavoro quello di esaminare la propaganda da un punto di vista sociologico e comunicativo, mettendo in evidenza le caratteristiche e gli aspetti che la contraddistinguono e cercando di porla in relazione con la formazione dellopinione pubblica. Due temi molto complessi e dei quali, si coscienti, difficile fornire una trattazione esaustiva. Due temi che si intrecciano e che procedono di pari passo in questo lavoro. Per quanto si possa credere la propaganda un fenomeno circoscrivibile alle sole dittature, in realt essa massicciamente presente anche allinterno delle nostre societ, quelle che in questo lavoro identificheremo con il termine di societ aperte. Alcuni autori, quali Pratkanis e Aronson, ritengono che la nostra sia unepoca contrassegnata da questo fenomeno, tanto da definirla come let della propaganda. Questo perch in ogni settore e angolo della nostra societ si assiste ad operazioni di persuasione che utilizzano i metodi tipici della propaganda: dalla pubblicit al mondo politico, dal mondo forense a quello culturale. Per poter confrontare la propaganda e la sua evoluzione in forme societarie cos diverse, come le societ aperte e le societ totalitarie, si rende necessario esaminarla nella sua duplice prospettiva: da una parte la si esaminer da punto di vista diacronico e dallaltra da un punto di vista sincronico. In altri termini la propaganda, come pare evidente, si presenta sotto diverse vesti in relazione al contesto storico, politico e sociale nel quale si manifesta e opera. Lobiettivo quello di fornire una visione
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Introduzione

pi ampia possibile del fenomeno, sottolineando sia la sua evoluzione storica (quindi esaminandola da una prospettiva diacronica, cosa che mette in luce i suoi aspetti di trasformazione e sviluppo nel tempo) sia la sua prospettiva sincronica (che permette una comparazione pi immediata tra lutilizzo che se ne fa nelle democrazie e nelle dittature, ma ancora in periodo di guerra e in periodo di pace). Ogni epoca storica tende a perfezionare ed adattare la propaganda - o quello che oggi noi identifichiamo con questo termine - al contesto storico sociale nel quale prospera e si radica. Alcuni principi ed aspetti, come si vedr, rimangono invariati mentre altri tendono a perfezionarsi ed altri ancora non hanno pi senso di esistere e perci scompaiono. Per fare questo per si rende necessario un breve excursus storico del fenomeno (aspetto a cui dedicato il primo capitolo) e un suo tentativo di definizione. Diversi autori hanno fornito non solo interpretazioni differenti, alle quali si prester attenzione, ma hanno formulato anche definizioni diverse. Racchiudere la propaganda allinterno di una definizione rigida e stabilita una volta per tutte impresa ardua, se non impossibile. Questo in parte dovuto alla complessit del fenomeno che difficilmente si fa rinchiudere allinterno di una definizione statica, ma dovuto anche e soprattutto alla diversa prospettiva dalla quale si osserva il fenomeno e ai diversi elementi presi in considerazione da autori diversi. Pertanto si vuole fornire una personale definizione che meglio rappresenta la tesi di fondo di questo lavoro. Per quanto concerne invece la sua evoluzione sincronica si cerca di mettere in luce le affinit e le divergenze della propaganda tra una democrazia ed uno Stato totalitario. Anche qui vale lo stesso principio adottato per la prima dimensione, ovvero il suo modificarsi ed adattarsi a contesti sociali differenti. Inoltre si vede come alcuni aspetti rimangono invariati mentre altri tendono a cambiare radicalmente poich sarebbero superflui o addirittura controproducenti se calati in un contesto differente. In primo luogo, dunque, si ripercorre levoluzione storica del fenomeno propaganda, la sua connotazione negativa per poi cercare di sottolineare le diverse forme della propaganda, le

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tecniche utilizzate dai propagandisti per veicolare i loro messaggi e gli strumenti utilizzati per diffondere il messaggio. Analizzare il fenomeno della propaganda significa anche cercare di fornire una griglia interpretativa come contributo specifico e originale al tema, allinterno della quale sono presenti le diverse tipologie della propaganda e le modalit diverse con la quale si presenta. Altro obiettivo, sempre su questa linea, quello di identificare le svariate tecniche utilizzate dai propagandisti per cercare di veicolare i messaggi e di presentarli, in maniera coerente ed efficace, alla propria opinione pubblica. Anche in questo caso il raffronto tra dittatura e democrazia ci permette di cogliere le analogie e le divergenze nellapplicazione di queste tecniche nelle rispettive forme societarie. Di pari passo alle tecniche si cerca di illustrare ed identificare i principali mezzi utilizzati dal propagandista per veicolare il messaggio, tenendo sempre presente la distinzione tra forme diverse di societ. Dunque nella prima parte si analizza il fenomeno propaganda nella sua evoluzione storica cercando di presentarlo nella sua complessit e fornendo unoriginale classificazione delle diverse forme della propaganda, delle diverse tecniche utilizzate per costruire il messaggio e i diversi mezzi impiegati per diffondere il contenuto della campagna propagandistica. Nella seconda parte di questo lavoro, invece, ci si concentra sulluso della propaganda e delle tecniche utilizzate durante i conflitti. Qui lanalisi incentrata, con diversi esempi storici, sulluso che i governi democratici fanno della propaganda per preparare lopinione pubblica ad accettare la guerra. La propaganda , infatti, una vera e propria arma di guerra, indispensabile in ogni democrazia perch, come evidente, senza lappoggio della propria opinione pubblica non si pu decidere di iniziare unavventura bellica. In particolare si prendono in considerazione gli Stati Uniti, baluardo della libert di informazione, a partire dalla guerra del Vietnam per mettere in luce come dopo la disastrosa avventura indocinese sia cambiata la strategia della propaganda. Si ripercorrono le diverse tappe, dal Vietnam passando dalla guerra di Grenada (1983), dalla Sidle Commission

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(1984) per arrivare alla guerra contro lIraq (2003) con i suoi giornalisti embedded. Anche in questo caso viene proposto un originale schema per analizzare le principali strategie della propaganda che qui chiamo Terzine della propaganda. Vengono offerti numerosi riferimenti storici, dal Vietnam allIraq passando per lex Yugoslavia di Milosevic sino ad arrivare allAfganistan del dopo 11 settembre. Sempre in questa seconda parte del lavoro si approfondisce quel fenomeno che definisco come privatizzazione della propaganda. Si esamina, cio, il peso e limportanza che le agenzie di Public Relation hanno allinterno delle societ aperte. Da una parte analizza il ruolo che le agenzie di PR giocano durante i periodi di crisi (ad esempio il ruolo che la Ruder & Finn ha avuto nella guerra civile nellex Yugoslavia o la Hill&Knowlton durante la prima guerra del Golfo) ma anche il ruolo fondamentale che queste agenzie rivestono nel cercare di promuovere limmagine di un Paese, in modo particolare gli USA dopo l11 settembre (si pensi al ruolo che Beers ha avuto nel cercare di promuovere limmagine statunitense presso lopinione pubblica araba). Infine nella terza ed ultima parte di questo lavoro si calano sul campo le analisi teoriche proposte allinizio. Si prende in considerazione la propaganda bellica statunitense dopo l11 settembre cercando di mettere in luce le strategie e le tecniche comunicative della propaganda durante i due principali conflitti: Afganistan e Iraq. Le cosiddette terzine della propaganda, esposte nel Capitolo III, trovano unapplicazione pratica in queste due guerre.

PARTE I. TEORIA E TECNICA DELLA PROPAGANDA TRA PACE E GUERRA

CAPITOLO I. LA PROPAGANDA TRA PASSATO E PRESENTE

1.1 Le connotazioni negative della parola propaganda


La propaganda costituisce un ampio e affascinante oggetto di studio. Non poche sono le ricerche che hanno indagato largomento: dai pi classici studi di Ellul1 a quelli pi critici di Chomsky e Herman2 e Rampton e Stauber3; da quelli pi accademici di Qualter4 e Doob5 alle pi recenti ricerche di Pratkanis e Aronson6. Il comune denominatore rinvenibile nella difficolt riscontrata in tutte le ricerche nel definirne il concetto e portare avanti una trattazione obiettiva, non influenzata da pregiudizi. Le difficolt sono in primo luogo imputabili alla connotazione negativa che il concetto di propaganda ha assunto con il passare del tempo. Infatti, nonostante la sua iniziale neutralit, per lo meno tra i cattolici che ne hanno coniato il termine, an1 J. Ellul, Storia della propaganda, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1983; J. Ellu., Propaganda: The Formation of Mens Attidudes, Alfred A. Knopf Inc, New York, 1965. 2 E. S. Herman, N. Chomsky, Manufacturing Consent: The Political Economy of the Mass Media, Pantheon, New York, 1988. 3 S. Rampton, J. Stauber, Toxic Sludge Is Good for You: Lies, Damn Lies and the Pubblic Relations Industry, Common Courage Press, Monroe, Maine, 1995. 4 H.T. Qualter, Opinion Control in the Democracies, The Mac Millan Press LTD, London, 1985 5 L. W. Doob, Public Opinion & Propaganda, Henry Holt, New York, 1948. 6 Pratkanis A.R., Aronson E., Let della propaganda. Usi e abusi quotidiani della persuasione, il Mulino, Bologna, 2003.

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data assumendo i caratteri dispregiativi di unopera di manipolazione, tanto che, come Walton sottolinea,
la parola propaganda cos emotivamente carica di connotazioni negative, che la stessa parola frequentemente usata come unarma verbale di attacco contro i punti di vista e le argomentazioni altrui e la si usa quando si vuole condannare un discorso come non razionale. Queste forti connotazioni negative, attaccate alla parola propaganda, implicano che un discorso immorale e illogico7.

I cattolici attribuivano alla parola propaganda una neutralit o addirittura una connotazione positiva considerandola in maniera del tutto simile alleducazione o alla predicazione, mentre presso i protestanti, come si vedr meglio pi avanti, assumer una valenza decisamente negativa. Qui viene ad emergere un aspetto caratteristico del fenomeno della propaganda: ovvero la diversa valutazione che dello stesso fenomeno viene data. Cos la nostra propaganda verr vista da noi come educazione o informazione e dal nemico come un qualcosa di negativo e viceversa, noi tenderemo ad identificare lattivit del nemico o avversario come mera propaganda e dunque priva di valore, mentre questi la considerer educazione o informazione. Inoltre, cosa che enfatizza la sua connotazione negativa, essa viene spesso associata alle dittature, poich stato essenzialmente nei regimi totalitari che ha avuto modo di svilupparsi ed proprio nelle dittature che stata usata come tecnica e strumento fondamentale per il mantenimento dello status quo. Le dittature del Novecento hanno fatto ampio uso della propaganda per spingere le persone ad accettare e sostenere il regime ed aumentarne cos la forza e la legittimit. Ogni atto, decisione o provvedimento del regime veniva dipinto dalla propaganda come segno evidente della rettitudine e della bont del partito o dello Stato. Si noti per che propagandare le virt del partito, o spingere le persone ad accettare lo status quo, non significa necessariamente che tutti indistintamente e allo stesso
7 D. Walton, What is propaganda, and what exactly is wrong whit it?, in Public Affaire Quarterly, Volume 11, n. 4, Ottobre 1997, p. 384. Traduzione mia.

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modo appoggino il regime, altrimenti non si capirebbero i movimenti di ribellione e protesta, fisiologici di ogni dittatura; pi semplicemente significa che ogni regime cerca di ottenere il maggior consenso possibile. La forza di un regime consiste nella capacit di estendere il proprio fascino. La propaganda serve anche a questo, ragion per cui essa cos importante e vitale allinterno di ogni dittatura, la cui durata garantita dal consenso che riesce ad ottenere e dalla forza di repressione che esercita: anche per ci essa vista in termini cos negativi. Nelle dittature la propaganda unarma fondamentale per la costituzione di un nuovo Stato, per la formazione delluomo nuovo ed per questo che nei totalitarismi essa permea lintera attivit pubblica, dalle scuole allinformazione, dallo sport allarte. Sarebbe tuttavia errato considerare la propaganda come prerogativa delle sole dittature: tutte le democrazie, infatti, ne necessitano e non solo, come verrebbe istintivamente da credere, durante le varie campagne elettorali, che si basano sulla capacit di persuasione che ogni partito o leader riesce ad attuare, ma anche nel normale corso della vita pubblica. evidente come ogni gruppo, o classe sociale, allinterno della societ tenda a far uso, spesso inconsapevolmente, di alcune tecniche della propaganda, nel tentativo di far sentire la propria voce ed estendere cos la propria influenza e autorit. Le connotazioni negative attribuite alla propaganda, dovute in gran parte alluso che le dittature del Novecento ne hanno fatto, mettono in secondo piano il fatto che si tratta di tecniche comunicative messe al servizio di una causa. Come tale le tecniche della propaganda sono neutre, mentre possono essere negative o positive le cause per le quali queste tecniche sono impiegate. In altri termini, ad essere condannabile sono i messaggi che veicola e non i metodi o mezzi che utilizza. Inoltre, come appena evidenziato, la propaganda un fenomeno trasversale, cio non riconducibile solo alle dittature ma presente in tutte le forme di societ. un fenomeno che ha attraversato tutte le epoche storiche. Infatti, nonostante la sua comparsa sia ufficialmente riconducibile al 1622 (anno della Congregatio de Propa-

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ganda Fide) e il suo massiccio uso inizi con la prima guerra mondiale, tutte le societ, nel corso della storia, ne hanno fatto uso. O meglio, la propaganda, cos come la conosciamo oggi, non ha riscontri nel passato, ma nonostante questo possibile rinvenirne alcuni tratti caratteristici in ogni contesto storico, bench nel passato non sia mai stata identificata come fenomeno specifico autonomo e degno di studio. Per questo motivo si rende necessario un inquadramento storico e una sintetica definizione del fenomeno propaganda, per poi passare ad analizzare il ruolo che riveste nelle libere democrazie anche in termine di funzionalit per la loro evoluzione e sostentamento8.

1.2 Evoluzione della propaganda: cenni storici


La propaganda un fenomeno difficilmente definibile secondo parametri rigidi. Infatti, qualsiasi definizione che prendesse in considerazione solo le caratteristiche della propaganda cos come venuta a delinearsi nel corso del XX secolo, non troverebbe riscontri nel passato e quindi porterebbe ad escludere, erroneamente, la sua presenza in epoche lontane. Inoltre, il fatto che la propaganda prima del secolo passato non sia stata mai, o quasi, identificata come oggetto di studio indipendente e di conseguenza ad essa gli studiosi non abbiano dedicato particolare attenzione, complica ulteriormente il tentativo di fornirne un inquadramento storico. Come Ellul mette in evidenza un Greco al tempo di Pericle o un letterato del tempo di Luigi IX non si sarebbero mai serviti di una denominazione specifica per indicare lo stesso fenomeno che noi riusciamo ad isolare nel mondo antico solo perch possiamo trovarvi somiglianze con quella che oggi diciamo propaganda9. Nonostante la propaganda moderna come oggetto di studio sia emersa solo nel XX secolo, la presenza del fenomeno pro8 9

J. Ellul, Propaganda cit., p. 232. J. Ellul, Storia cit., p. 7.

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paganda rintracciabile in tutte le epoche storiche in cui luomo ha cominciato ad organizzarsi in termini societari. Seguendo le indicazioni di Ellul si possono identificare, nello sviluppo della propaganda, tre grandi periodi storici, ovvero un primo periodo che va dalle origini sino al XV secolo; un secondo dal XV secolo sino agli inizi del XIX secolo; e lultimo dalla rivoluzione francese sino alla prima guerra mondiale. In realt lanalisi portata avanti da Ellul prende in considerazione esclusivamente il mondo occidentale. Marcus10 analizzando il sistema di scrittura delle popolazioni mesoamericane, quali gli aztechi, i maya e gli zapotechi, ha potuto appurare come queste scritture contenessero simboli e immagini che in qualche misura narravano una situazione favorevole alla classe che in quel momento stava regnando. Cosa in parte ovvia ma che mette in evidenza una forma primordiale di propaganda. Tutte le forme di societ organizzate infatti, oggi come nel passato, cercano di rappresentare, con i mezzi a loro disposizione, un contesto favorevole al gruppo sociale predominante. Alcuni esempi aiutano a capire meglio il fenomeno ai suoi esordi nella civilt: la falsificazione delle date storiche nei monumenti e nei testi Maya servivano per dare maggiore valore e peso al sovrano. Cos, ad esempio, la sua data di nascita veniva fatta coincidere con quella di un grande condottiero del passato, suggerendo dunque lidea che egli ne era la reincarnazione oppure venivano modificate le date dei cicli astronomici per mostrare come il sovrano aveva gli astri dalla sua parte e dunque era il condottiero giusto e cosi via. Come si vedr meglio pi avanti, levocare lappoggio divino o degli astri una delle tecniche della propaganda, usata ancora oggi. Ritornando alla classificazione proposta da Ellul, si vede come nel primo periodo, la propaganda rappresenti un fenomeno molto frammentato; non ha unorganizzazione e una tecnica ben precisa ed principalmente legato alla presenza del propa-

10 J. Marcus, Mesoamerican Writing Systems, Princeton, N.J., Princeton University Press, 1992.

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gandista, come Pericle nellantica Grecia o Augusto a Roma11. soprattutto durante il periodo dei tiranni, presenti in quasi tutte le citt greche fra lVIII e il VI secolo A.C., che nel mondo ellenico la propaganda, cos come noi la intendiamo oggi, sembra emergere. I tiranni, instaurando un nuovo tipo di regime, hanno dovuto far leva sul popolo propagandando le proprie virt, con lo scopo di ottenere rispetto, adesione e fedelt, in maniera molto simile a quello che succede ora nelle societ rivoluzionarie, dove si sente la necessit di formare una nuova mentalit pi consona ai principi della rivoluzione: per farlo si ricorre alla propaganda. Tra i tiranni spicca la figura di Pisistrato (600-527 A.C.) considerato una sorta di genio della propaganda, cosa che gli valse la cattiva reputazione di ingannatore del popolo. La sua abilit, unita alla sua naturale dote di eloquenza, stata quella di utilizzare vari mezzi magistralmente coordinati tra di loro in modo tale da riuscire a conferire al messaggio le caratteristiche della coerenza e della ridondanza, utili per una pi efficace campagna propagandistica. Egli diresse la sua politica di propaganda non solo allinterno (propaganda interna) del suo regime, ma anche allesterno, cercando di estendere cos la sua influenza oltre i confini della sua citt (propaganda esterna). Inoltre utilizz la disinformazione e la notizia falsa come elementi dazione psicologica12. In Pisistrato rinveniamo dunque molti elementi che caratterizzano la moderna propaganda: la coordinazione dei diversi mezzi per promuovere un unico messaggio, la messa in scena propagandistica, il tentativo di utilizzare strumentalmente le credenze popolari, la propaganda interna ed esterna, la divulgazione di false notizie e lidentificazione di un nemico pubblico. Tutti elementi che ritroviamo nelle pi avanzate e moderne
11 Sulla persuasione in epoca greca e romana si rimanda a G.A. Kennedy, The Art of Persuasion in Greece, Princeton University Press, Princeton, 1963; G.A. Kennedy, The Art of Rhetoric in the Roman World, Princeton University Press, Princeton, 1972; M. Billing, Arguing and Thinking, Cambridge University Press, New York, 1987. 12 Quelli che oggi vengono chiamati PSYOP (Psychological Operation), ovvero operazioni psicologiche e che servono essenzialmente per influenzare il nemico.

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campagne propagandistiche. Il paragone per impone prudenza. Non si possono sottovalutare le differenze storiche e sociali e soprattutto levoluzione tecnica: i mezzi di comunicazione di massa costituiscono lasse portante della moderna propaganda. Quello che per si vuole qui sottolineare che, al di l delle notevoli differenze tra epoche tra di loro cos diverse, esiste un substrato comune di tecniche e metodi utilizzati in questo settore. Certo la propaganda ellenica manca di una componente che oggi caratterizza le pi sofisticate campagne propagandistiche: linformazione. Questo elemento emerger per la prima volta in epoca romana: Cesare, ad esempio, utilizz linformazione per fare opera di promozione della grandezza di Roma. Grazie agli Acta Diurna - manifesti contenenti diverse informazioni riguardanti la vita sociale, riassunti di leggi, operato del Senato, ed ogni altro tipo di informazione utile alla causa romana che venivano affissi nei luoghi pubblici della citt e divulgati grazie allesercito nei diversi angoli dellImpero, rese possibile lesaltazione della grandezza e delle virt di Roma, con i crismi dellobiettivit. A questo iniziale cappello soft, sotto il quale si nascondeva lintento propagandistico, viene per a sostituirsi la propaganda pi evidente, fatta di lodi e adulazione dellimperatore di turno, il che le fa perdere efficacia13, poich, come oggi sappiamo, la propaganda appare pi incisiva quanto pi riesce a mascherarsi sotto le sembianze di una informazione libera e indipendente. Questo assunto di base, fatto proprio anche da Napoleone, oggi costituisce lasse portante di ogni campagna propagandistica in particolar modo nelle societ libere. Dobbiamo comunque aspettare il Medioevo per rinvenire ulteriori elementi di propaganda. Essa infatti scompare quasi del tutto nel basso impero romano e ricomincia ad apparire in questo periodo, quando la Chiesa, nello scontro di potere con lautorit secolare, fa leva sulla sua arma pi raffinata: lo sfruttamento della fede. Una forma di propaganda che possiamo de13 Si veda I. Lana, Velleio Patercolo o della propaganda, Giappichelli editore, Torino, 1952.

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finire psico-sociale, poich si basa su elementi religiosi e interiori e non su aspetti razionali. Il papa, i vescovi e tutti gli uomini della Chiesa esercitano un forte e incontrastato potere sulla popolazione, che ripone in loro molta fiducia. Seguendo ancora Ellul,
I vescovi e anche i curati diventano in certa misura, agenti di propaganda; non in quanto diffondono la fede cristiana (questo resta il loro compito), ma in quanto lutilizzano al servizio di una politica. Sono detentori degli strumenti psicologici di pressione (la minaccia dellinferno, ad esempio), hanno una autorit immensa [] essi impiegano questi mezzi psicologici in vista di unazione deliberata tendente a dei fini temporali, perseguiti da unistituzione.14

La Chiesa medioevale utilizza un altro aspetto che caratterizzer la propaganda moderna: luso del falso. Il papato fa ampio uso della propaganda nelle crociate; o meglio, mentre alcune crociate non sono state frutto di campagne propagandistiche ma sono nate spontaneamente dai fedeli come espressioni religiose, per altre invece si riusciti a determinare ladesione e il movimento delle folle grazie ad alcune tecniche tipiche della propaganda, ad esempio provocando un choc emozionale su un pubblico non preparato e sapendo convogliare questa emozione in unazione. Ci troviamo dinanzi ad un punto cruciale e assai delicato nelle operazioni di propaganda: la creazione ad hoc di un evento destabilizzante e la successiva strumentalizzazione dellemozione improvvisa. Bisogna per distinguere tra una semplice strumentalizzazione di un evento realmente inaspettato e la creazione ex novo di un evento per poterlo poi sfruttare. Il secondo, invece, di gran lunga pi pericoloso e dannoso per una societ, poich prevede la messa in scena di un evento, dipinto come imprevisto ed inaspettato, lidentificazione a priori di un nemico e la conseguente campagna propagandistica15.
J. Ellul, Storia cit., p. 32. Uno dei casi pi celebri, che per non ha visto la sua completa realizzazione ma rimasto sul piano teorico, era la cosiddetta operazione Northwoods del 1962. Loperazione Northwoods prevedeva operazioni terroristiche sul suolo statunitense con vittime statunitensi, il tutto organizzato da generali e agenti segreti statunitensi, con
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In conclusione possiamo sottolineare come la propaganda sia in questo primo periodo un fenomeno sporadico, localizzato ed in qualche modo personalizzato. un fenomeno poco costante che per un periodo di tempo pressoch scomparso per poi riaffiorare durante il Medioevo, nellambito dello scontro tra potere spirituale e potere temporale; per quanto non ancora strutturata secondo parametri scientifici, la propaganda socialmente localizzata e basata, molto spesso, su elementi superstiziosi e/o religiosi. Il secondo periodo che va dal XVI secolo sino allo scoppio della Rivoluzione francese, nel 1789, caratterizzato dalla comparsa e dalluso sempre pi importante della stampa16. Infatti nonostante la propaganda mantenga molti elementi in comune con lepoca precedente, stato grazie allavvento dei caratteri mobili che idee e notizie si sono potuti diffondere con maggiore celerit e in una fascia sempre pi ampia di popolazione. Durante la Riforma protestante la crescente utilizzazione della stampa costitu unoccasione fondamentale per la diffusione delle nuove idee che la caratterizzavano17. Con essa si aslobiettivo di indirizzare lastio e lodio verso i comunisti cubani. Nei documenti oramai declassificati e divenuti di dominio pubblico si pu leggere che il passo successivo agli attentati era quello di attribuirne la paternit ai cubani e presentare cos Cuba come uno un vero e proprio pericolo per il mondo. Solo cos il mondo avrebbe giustificato laggressione americana come atto di legittima difesa. Lobiettivo era appunto quello di creare unondata di indignazione e paura facilmente strumentalizzabile dalla propaganda. Il testo integrale declassificato stato utilizzato per la prima volta in Australia da J. Ellistone, Spy War on Cuba, the Declassified history of US Anti-Castro Propaganda, Ocean Press, 1999 ed ora disponibili in molti siti internet. 16 Anche in questo caso emerge la visione occidente-centrica di Ellul. Infatti la comparsa dei caratteri mobili in Europa si pu far risalire al 1438 con linvenzione della stampa per mano di Gutemberg. Il celeste impero in realt conosceva ed usava la stampa da diversi secoli. Infatti la dinastia di Tang, che regn in Cina dal 618 al 907, aveva gi una sorta di gazzetta ufficiale. 17 Tanta limportanza storica della Riforma protestante, che molti storici segnano il 1517 allorigine della storia moderna. In quellanno Martin Lutero, frate tedesco dellordine dei mendicanti degli eremiti agostiniani nonch professore di teologia biblica, affisse sul portone della chiesa di Wittenberg 95 tesi da discutere, chiamate appunto le tesi di Lutero. Esse diedero voce alle tendenze riformatrici della Chiesa, contro la corruzione e la mondanit della Chiesa e si espansero velocemente al di fuori degli austeri ambiti universitari riscuotendo successo presso citt e principi tedeschi. Il risultato fu la

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siste ad una sistematica campagna propagandistica da parte di Lutero e dei suoi seguaci per la diffusione (o propagazione) dei propri principi e insegnamenti. In questo complesso ed articolato lavoro luso della stampa, ed in particolar modo dei libri - per dir la verit rari e proprio per questo visti come contenitori della verit , riveste un ruolo di primissimo piano. Lutilizzazione della stampa come strumento di propaganda non stato per lunico elemento caratterizzante questo periodo. Labilit propagandistica di Lutero stata infatti quella di sfruttare diversi mezzi per la diffusione dei propri insegnamenti. Inizialmente vennero diffusi pamphlets quali quelli di Van Hutten e dello stesso Lutero. Cos facendo per, il target rimaneva molto limitato, circoscritto solo agli intellettuali o quelli che oggi chiameremo opinion leaders. Come si vedr meglio pi avanti, questa forma di propaganda quella definita treetops propaganda, ovvero quella che colpisce i ceti pi influenti della societ. Questo non poteva bastare a Lutero, poich la diffusione dei suoi insegnamenti doveva passare anche dalla persuasione dei semplici fedeli. Egli voleva renderli partecipi della contesa, voleva informarli circa i motivi che lavevano spinto ad entrare in rotta di collisione con la chiesa. Per cui i pamphlets, intrisi di complicate argomentazioni, non erano adatti a questo genere di target: bisognava persuaderli utilizzando un linguaggio pi semplice e consono. Lutero, utilizzando un metodo gi in voga nel XV secolo quando libelli e volantini venivano diffusi non a scopo propagandistico ma informativo, si rivolse ai fedeli usando espressioni popolari, della vita quotidiana, del senso comune. Labilit di Lutero stata quella di utilizzare un mezzo propagandistico, come i volantini, in una chiave nuova e facendosi promotore di messaggi nuovi. Infatti, sino ad allora questi libelli erano stati portatori di consigli pratici circa la vita quotidiana, nei campi, nel lavoro ma anche nello svago. Cos si era pian piano costituito un pubblico, non molto ampio per la verit, che aveva preso labitudine di acquistare questi almanacchi che discissione del cristianesimo e dellEuropa in due universi contrapposti: cattolico e protestante.

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spensavano pratici consigli. Lutero, per la prima volta, decide di utilizzare gli scritti popolari come mezzo e il suo pubblico come bersaglio della sua propaganda. Il successo quasi immediato al punto che limperatore, nel 1521, si vede costretto a censurare questa nuova forma di propaganda, che nonostante tutto continuer a proliferare 18 . Tale censura giunge ventanni dopo la censura contro i libri teologici segno evidente che le tesi di Lutero cominciano ad attecchire e far paura. Dicevamo che Lutero non limita la sua campagna propagandistica alluso della stampa, ma la estende ad altri campi e contesti. Infatti ad essa si deve aggiungere anche il tentativo di utilizzare listruzione come arma e mezzo di essa. Il rapporto istruzione-propaganda caratterizzer successivamente tutti i regimi, poich la diffusione delle ideologie passer in primis dalle scuole. Alla stampa e allistruzione devono essere aggiunte, come mezzi di propaganda, anche le canzoni composte su arie popolari, ma contenenti messaggi propagandistici generalmente molto semplici e ridondanti, facili da ricordare e ripetere. Ancora una volta Lutero utilizza un mezzo gi diffuso, che ha la sua diffusione e il suo fascino tra un pubblico popolare e lo sfrutta ai propri fini. Oltre alle canzoni, infine, si deve aggiungere anche luso di commedie che riprendevano tradizioni medioevali, ma riadattate alla propaganda della Riforma protestante. Questo secondo periodo non per solo contraddistinto dalla sistematica campagna propagandistica di Lutero e della Riforma protestante, ma anche dalla necessit che avverte la Chiesa cattolica di contrastarla. Le idee e le tesi luterane cominciano a far paura alla Chiesa romana che vede diminuire la sua influenza nel continente europeo. Nasce a tal proposito un organismo ecclesiastico espressamente orientato a diffondere la fede e arginare lattivit della Riforma: la Congregatio de Propaganda Fide. Gregorio XV eresse definitivamente in Congregazione, con la bolla Inscrutabili del 22 giugno 1622, la congregazione di tre cardinali che si riunivano gi per ordine di papa

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Tra i pi celebri pamphlet si ricorda la congiura dei pazzi.

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Gregorio XIII, con lobiettivo di delineare un piano per combattere lavanzata della Riforma. La Congregatio della massima importanza per lanalisi della propaganda, poich sar proprio da essa che nascer il termine che designa il campo del fenomeno che analizziamo. Al di l della sua struttura, quello che qui interessa sottolineare la nascita di un organismo che prende il nome di propaganda e che ha il deliberato compito di presiedere e regolare tutto ci che riguarda la diffusione di una ideologia o dottrina, nel caso specifico quella cristiana19. Sarebbe un errore per pensare alla Congregatio come ad un organismo intento solo a difendersi dallavanzata protestante. Le sue funzioni divengono, con il passare del tempo, sempre pi importanti, sino a comprendere un potere amministrativo, giudiziario e coercitivo. Essa presiede alla vita intellettuale della Chiesa, arrivando ad istituire un collegio di formazione speciale per quei sacerdoti di conquista, ovvero quei missionari mandati in terre dove il cattolicesimo non era dominante. La loro , appunto, unazione propagandista, poich devono farsi portavoce e promotori dei principi della fede cattolica. La perdita di influenza nellEuropa continentale spinge la Chiesa ad un repentino cambio di strategia al cui vertice vi la Congregatio de Propaganda Fide composta da 29 cardinali, presieduta da un prefetto e ramificata in ogni Paese della cristianit. Tale istituzione per non lunica pensata e creata per arginare lavanzata protestante. Nel 1627, ad esempio, viene creata la Compagnia del Santissimo Sacramento dellAltare, che inizialmente assolve a funzioni caritatevoli ma che ben presto si trasforma in mezzo della diffusione della propaganda che pu cos addentrarsi in luoghi generalmente ad essa preclusi, quali le galere, gli ospedali e tutti i luoghi in cui la carit pu trovare spazio. Infine, un ulteriore elemento che si pu sottolineare nel secondo periodo il successo della propaganda di Luigi XIV, ba19 I risultati e le attivit che La Congregatio de Propaganda Fide ha conseguito sono di difficile analisi, vista limpossibilit di accedere agli archivi tuttora esistenti.

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sata essenzialmente su un modello propagandistico tipico dellassolutismo: il prestigio. Infatti, sentendosi molto sicuro delladesione popolare e al contempo diffidandone, egli concentrer tutta la sua campagna su contenuti di prestigio e di etichetta: dallorganizzazione di cerimonie alla protezione che offre agli artisti, dal lusso esibito allorganizzazione di eventi, tutto serve a conferirgli unaura di prestigio e di autorit. Non solo Luigi XIV ma anche Filippo IV di Spagna20 utilizzano lavvento dei primi mezzi di comunicazione come i giornali, non solo per divulgare decreti e leggi, ma per auto-presentarsi di fronte ad un pubblico via via sempre pi ampio. Limmagine del re, le sue imprese e le sue virt cominciano ad acquistare maggior spazio nella scena pubblica, grazie alla stampa. Nella Francia di Luigi XIV la Gazette di France che usciva due volte la settimana, e Mercure Galant che aveva invece una cadenza mensile, dedicavano ampio spazio a venerare le imprese di Re Sole21. La cura e la propagandazione della propria immagine oggi, pi che mai, di fondamentale importanza e passa anche attraverso i settimanali rosa o gli inserti di approfondimento. Laspetto pi interessante, ai fini di una comparazione tra passato e presente nellanalisi del fenomeno, luso che Luigi XIV ha fatto della propaganda esterna: una forma ben precisa e che oggi chiameremmo propaganda sociologica. Lobiettivo, infatti, era quello di diffonderne il modello e promuovere il proprio pensiero, la lingua, la cultura, le arti al di fuori del contesto nazionale, poich la grandezza del re era legata alla grandezza della Francia e viceversa. Questa campagna propagandistica ebbe leffetto di affermare la lingua francese come lingua diplomatica: artisti e architetti francesi giravano lEuropa per esportare il modello francese. Ogni epoca ha prodotto le proprie vocazioni allegemonia politica e culturale e ha cercato di affinare strumenti intellettuali per cercare di imporle. Luigi XIV volendo estendere la propria
20 Si veda in particolare J.H. Elliot, Power and Propaganda in the Spain fo Philip IV, in S. Wilentz (a cura di), Rites of Power: Symbolism, Ritual, and Politics since the Middle Ages, University of Pennsylvania Press, Philadelphia, 1985, pp. 145-173. 21 Si veda P. Burke, La fabbrica del Re Sole, Il saggiatore, Milano, 1993.

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influenza allesterno si avvalse, come si visto, del prestigio che la propria cultura, la lingua e le arti, godevano a livello internazionale. Un po meno nobili sembrano essere invece gli altri strumenti che il re francese pare avesse adottato, quale ad esempio luso di agenti segreti che, mescolati al popolo, avevano il compito di diffondere false voci e dicerie con il fine di influenzare la nascente opinione pubblica e cercare di indebolire cos la resistenza nei confronti dellinfluenza francese. Inoltre pare che Luigi XIV avesse assoldato giornalisti e direttori di giornali stranieri per diffondere il pensiero francese ed aumentarne il prestigio e linfluenza. Anche questo aspetto ampiamente utilizzato oggi: nella propaganda estera, la gestione di media da parte di governi costituisce una impareggiabile tecnica. Si pensi ad al-Hurra (la Libera), una nuova emittente libera irachena, che ha sostituito la vecchia tv di Stato dellIraq che, sotto il totale controllo del regime dispotico, trasmetteva solo notizie favorevoli al regime. Oggi tale emittente gestita dalla
Broadcasting board of governors, agenzia federale sponsorizzata dal governo di Washington che gi gestisce fa laltro Radio Sawa (in lingua araba, inaugurata dopo l11 settembre), Voice of America, Radio Free Asia e la Mart (destinata agli ascoltatori di Cuba) [] La nuova televisione - la cui sede in Virginia e che trasmette via satellite - ha ricevuto per il primo anno di attivit un finanziamento di 62 milioni di dollari dal Congresso Usa [...]. Accanto ad al-Hurra, lamministrazione americana ha previsto un ventaglio di strumenti di informazione per il medio oriente: oltre a radio Sawa (radio Insieme, trasmette musica pop sia araba che americana e notiziari flash) c anche la rivista mensile Hi (Ciao, in inglese), nata a luglio [2003]22.

Ritornando alla propaganda estera di Luigi XIV, bisogna sottolineare come a contrastarne la diffusione fu successivamente lOlanda, che diede voce ai rifugiati protestanti francesi nel suo territorio, permettendo loro di creare, nonostante fosse
22 E. Dusi, Iraq, i media allamericana: propaganda e Hollywood, in la Repubblica, 5 marzo 2004, disponibile allindirizzo web: http://www.repubblica.it/2004/b/sezioni/esteri/iraq15/imedia/imedia.html (18 dicembre 2010).

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contraria alla libert di stampa, delle gazzette in francese destinate solo allestero. Cos lOlanda poteva osteggiare linfluenza francese e, a sua volta, diffondere notizie utili alla sua causa e a quella del protestantesimo. Per ironia della storia vi da notare come fu proprio lOlanda che, nel periodo tra le due guerre mondiali, ed esattamente nel 1927, introdusse stazioni radio a onde corte con lobiettivo di presentare il proprio punto di vista al resto del mondo, nella lingua dei Paesi destinatari. Il successo di questo esperimento fu tale che nel 1939 si contarono ben venticinque Paesi ad averne seguito lesempio23. La radiodiffusione ebbe unestrema importanza ad esempio nella propaganda antifascista in Italia: si pensi alla celeberrima Radio Londra che, nonostante la dura repressione del regime che puniva con la pena di morte chi veniva trovato ad ascoltare le sue frequenze, continuava a trasmettere e non poche erano le famiglie che durante la resistenza passavano le serate ad ascoltare, a basso volume, le informazioni da questa trasmesse. Questa la testimonianza pi evidente di quanto un regime abbia paura della stampa libera, proprio perch i messaggi che essa veicola possono non essere allineati e uniformi ai precetti di regime, rompendo cos il quadro coerente che la dittatura vuol dare. La libert di stampa un valore supremo e inviolabile di tutte le democrazie perch permette voci e visioni diverse e impedisce alle forze al potere di costruire un puzzle uniforme, e a loro funzionale, della realt. Ancora pi importante lo sviluppo che la propaganda esterna ebbe durante la guerra fredda. Da una parte lUnione Sovietica cercava di estendere ed esportare la dottrina comunista mentre, in maniera molto pi sottile e sofisticata, gli Stati Uniti diffondevano, con maggiore successo, le virt del capitalismo e del libero mercato. Ma soprattutto con la diffusione delle televisioni satellitari, come si visto poco sopra a proposito dellIraq, che il campo della propaganda internazionale raggiunge quasi ogni angolo del Paese. Il target principale, anche
23 Si veda G.S. Jowet, V. ODonnell, Propaganda and Persuasion, Sage, Newbury Park, 1986.

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se ovviamente non lunico, dellUnione Sovietica erano i Paesi in via di sviluppo mentre gli Stati Uniti cercavano, spesso con successo, di esportare indistintamente e ovunque i propri modelli culturali, in primis la lingua e lindustria dellintrattenimento o culturale24 . Non sarebbe azzardato proporre un paragone tra loperato di Luigi XIV e la pi sottile propaganda degli Stati Uniti, con la differenza che la prima era principalmente legata alla diffusione del prestigio del Re e della sua corte, mentre la seconda si fa portavoce di un modello di societ indipendente dal leader al governo. La diffusione e il tentativo di estendere il proprio modello culturale ha dato luogo ad un insieme di critiche nei confronti degli Stati Uniti, accusati di violare la sovranit nazionale e di voler limitare lautonomia culturale degli altri Paesi, imponendo la propria. Sullonda di simili critiche stata coniata lespressione di imperialismo culturale25 con la quale si intende la propaganda silenziosa26 e occulta che i mezzi di informazione e lindustria culturale statunitensi cercano di esportare verso il resto del mondo limando, di conseguenza, le differenze culturali. Secondo Schiller in pericolo lintegrit culturale di societ deboli, i cui patrimoni nazionali, regionali, locali e tribali sono minacciati di estinzione dallespansione delle comunicazioni moderne27. Nonostante questa teoria sia stata oggetto di diverse critiche e obiezioni che ne minano la base stessa28, la teoria nota come la tesi dellimperialismo culturale, ha influenzato gran parte del-

24 In realt lo scenario decisamente pi complesso. Linfluenza dellUnione Sovietica e del modello comunista era assai diffusa anche nei paesi sviluppati quali lItalia e la Francia, cos come linfluenza e il target della propaganda statunitense si estendeva a tutti i paesi anche a quelli in via di sviluppo. Lo scopo di tale semplificazione era quello di mettere in risalto i target principali di riferimento dei due blocchi in campo propagandistico. 25 H. Schiller, Mass Communication and the American Empire, Augustus Kelley, New York, 1969. 26 Si veda I. Ramonet, Propagande silenziose, Asterios Editore, Trieste, 2002. 27 H. Schiller, op. cit., p. 109. Traduzione mia. 28 Tra le principali critiche si veda in particolare il lavoro di J. Tomlinson, Cultural Imperialism: A Critical Introduction, Pinter, London, 1991.

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le ricerche sulle comunicazioni internazionali dal 1969, anno in cui compare per la prima volta, sino ai primi anni Ottanta29. Ultimo grande periodo prima dello sviluppo e della nascita dello propaganda moderna quello che intercorre tra linizio della rivoluzione francese e la Grande Guerra. Si parla di un particolare momento storico che ha costituito il retroterra fondamentale per laffermazione del fenomeno della propaganda cos come lo conosciamo noi oggi. Tale periodo, da un punto di vista dello sviluppo della propaganda, caratterizzato dallemersione di due elementi fondamentali: da una parte vi sono elementi tecnici, oltre che socio-politici, e dallaltro vi sono elementi che modificano lessenza stessa della propaganda. Non si tratta solo di sottolineare le maggiori possibilit tecniche che il progresso mette a disposizione dei propagandisti, ma tutto lo scenario sociale e politico che viene ad evolversi. Le circostanze generate dalla Rivoluzione Francese hanno imposto un radicale cambiamento che ha inciso nella sostanza stessa della propaganda. Infatti mentre prima essa veniva subita da parte di un pubblico ignaro, ora si tratta di soddisfare un bisogno reale di colui al quale i messaggi sono indirizzati. Insomma mentre prima vi era un propagandista attivo che cercava di influenzare il suo pubblico che passivamente subiva, ora il propagandista deve tenere conto delle esigenze della popolazione, per cui la propaganda viene vista come una sorta di incontro tra le esigenze di chi promuove un messaggio, idea o dottrina, e i bisogni delle persone a cui sono rivolti. Tali bisogni sono emersi con la Rivoluzione Francese che, avendo messo in discussione tratti e caratteristiche della societ tradizionale, sente la necessit di promuovere nuovi principi e idee, primo fra tutti il concetto di sovranit del popolo. Il potere passa al popolo che deve per prenderne coscienza e rendersi parte attiva nel processo rivoluzionario. La propaganda dunque serve ad informarlo, stimolarlo, renderlo partecipe: ed qui che risiede la sua ef29 Lo stesso Schiller accogliendo alcune critiche rivolte alla sua fortunata tesi, aggiunge nella nuova edizione del 1992 un altro capitolo, A Quarter-Century Retrospective, in J. Schiller, Mass Communication and the American Empire, Westview Press, Boulder, 1992.

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ficacia. Stessa cosa dicasi per la prima Dichiarazione dei diritti delluomo e del cittadino che, approvata il 26 agosto del 1789, deve essere promossa e portata a conoscenza di tutti. In realt al di l di questi nobili elementi della propaganda, vi sono altri aspetti, in qualche modo legati al fermento rivoluzionario, che lavvicinano notevolmente alla propaganda moderna. In primo luogo si tratta del cosiddetto fattore guerra. Pian piano la guerra diviene un fattore nazionale per cui si cerca di mobilitare il maggiore numero di persone possibili, proprio per passare dallesercito di mestiere ad un esercito nazionale. Per farlo necessita una martellante campagna propagandistica atta a convincere la popolazione sulla inevitabilit e sulla giusta causa della guerra: aspetto che, come si accennava poco sopra, ritorner come tratto caratteristico della propaganda moderna. Infatti la grande guerra stata il banco di prova che ne ha sancito la nascita, soprattutto nelle democrazie come quella statunitense. La prima operazione propagandistica di un governo moderno ebbe luogo nel 1916 negli USA con lamministrazione Wilson, che nonostante approvasse lingresso in guerra, doveva scontrarsi con lavversione di buona parte dellopinione pubblica contraria ad un intervento in un conflitto lontano da casa. Venne istituita allora una particolare commissione governativa per la propaganda, denominata Committee on Public Information (CPI), e diretta dal giornalista George Creel, che nel giro di sei mesi riusc a trasformare una popolazione pacifista in un popolo fanatico e guerrafondaio, deciso a distruggere tutto quanto appartenesse alla Germania, a trucidare i tedeschi, a entrare in guerra e a salvare il mondo. Fu un grande risultato, il primo di una lunga serie30. Hitler rimase impressionato da questo, e riflettendo sui motivi che avevano portato alla disfatta dellesercito tedesco, rinvenne nellabile uso della propaganda che aveva fatto non solo il governo statunitense ma anche quello inglese, una delle cause principali della sconfitta tedesca. Come lui stesso dir nel suo
30 N. Chomsky, Atti di aggressione e di controllo. Una voce contro, Marco Tropea Editore, Milano, 2000, p. 150.

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diario gli esiti a cui pu giungere unefficiente e sapiente campagna propagandistica sono immani. Quello che da noi si trascurava, lo riprendeva invece genialmente il nemico, con inaudita abilit e magnifico calcolo. Io ho molto imparato dalla propaganda nemica31. Anche oggi le principali campagne propagandistiche prendono avvio o, sarebbe pi corretto dire, sono parte integrante di un conflitto. Due esempi su tutti: la guerra umanitaria della Nato contro la RFJ nel 1999, dove, contemporaneamente al bombardamento materiale sul territorio jugoslavo avvenuto un bombardamento mediatico per convincere lopinione pubblica sulla necessit della guerra, basata su principi umanitari32. Secondo e pi recente esempio la guerra anglo-statunitense contro lIraq di Saddam Hussein, meglio nota come seconda guerra del Golfo33. Anche in questo caso si fatto un largo uso della propaganda sia per convincere e mobilitare a proprio sostegno lopinione pubblica, sia per arginare le forti proteste che in tutto il pianeta si stavano sollevando contro quella guerra34. Ma la rivoluzione francese ha identificato un ulteriore elemento che oggi contraddistingue ogni campagna propagandistica: lindividuazione del nemico. Infatti gli uomini della rivoluzione avevano ben capito, prima di chiunque altro, che lidentificazione del nemico il mezzo per eccellenza per riuscire a mobilitare la popolazione, provocando unemozione popolare e convogliando successivamente ladesione della folla verso un obiettivo ben pi ampio della lotta al nemico. Ovviamente la designazione del nemico deve rispettare alcune regole; infatti non tutti i potenziali nemici possono avere i requisiti necessari del buon nemico: in primo luogo deve essere spietato ma non troppo forte; deve essere relativamente conosciuto e vicino (anche se oggi il problema spaziale viene meno, vista la
A. Hitler, La mia vita, Bompiani, Milano, 1939, p. 139. Sulluso dei mass media durante la guerra mi sia permesso di rimandare al mio M. Ragnedda, Warshow. La guerra mediatica, Nephila Edizioni, Firenze, 2002. 33 In realt sarebbe pi corretto parlare di terza guerra del Golfo, essendo succeduta alla guerra Iran-Iraq (1980-1988) e alla guerra del Golfo (1991). 34 S. Rampton, J. Stauber, Weapon of Mass Deception, Penguin Putnam, 2003.
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velocit dei trasporti) e soprattutto deve essere gi poco amato dal pubblico. Lidentificazione del nemico era ed di primaria importanza per poter spiegare allopinione pubblica, pi sullonda emotiva che su basi razionali, i motivi che possono spingere il proprio Paese ad adottare misure di emergenza, quali conflitti e leggi che limitano le libert individuali o favoriscono alcune classi sociali.

1.3 Differenze e affinit della propaganda moderna nelle democrazie e nei totalitarismi
Dopo un breve excursus storico nel quale si cercato, senza pretesa di esaustivit, di tratteggiare levoluzione del fenomeno della propaganda, si tenter ora di fornire una definizione del concetto. In altri termini, dopo averla analizzata da un punto di vista diacronico si cercher di delineare le affinit e divergenze da un punto di vista sincronico. La propaganda moderna infatti si evolve contemporaneamente, ma con modalit differenti, in diverse forme di societ, per cui si cercher di mettere in evidenza come essa non sia una prerogativa delle sole dittature ma sia un tratto caratteristico delle stesse societ democratiche. Come sostiene Ellul, essa non solo presente nelle societ libere, ma gioca addirittura un ruolo essenziale per il loro sostentamento e funzionamento. La propaganda uno degli elementi che porta alla creazione di uno Stato democratico ed proprio grazie ad essa che le democrazie sono riuscite a difendersi dallemergere dei partiti antidemocratici. Le democrazie dipendono dalle opinioni pubbliche, ed perci necessario, non soltanto durante le campagne elettorali, persuadere e convincere: in tutto questo la propaganda risulta indispensabile35. Alex Carey si spinge oltre sostenendo che il Novecento stato caratterizzato da tre sviluppi di grande importanza politica: la crescita della democrazia, la crescita del potere economico e
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J. Ellul, Propaganda cit, p. 232

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la crescita della propaganda per proteggere il potere economico dalla democrazia36. Ancora pi importante appare il ruolo della propaganda quando si tratta di spingere la popolazione a sostenere il proprio Paese durante un conflitto contro un tiranno o nemico, pena la sopravvivenza della democrazia stessa. Nonostante, come si visto, la propaganda moderna nasca in situazioni di conflitto, sarebbe un grossolano errore credere che essa sia connessa esclusivamente con le operazioni belliche. Si cercher a questo punto, di definire il fenomeno a partire da una delle pi celebri definizioni di propaganda, quella formulata da Jowett e ODonnell con la quale si deve intendere il tentativo deliberato e sistematico di plasmare percezioni, manipolare cognizioni e dirigere il comportamento al fine di ottenere una risposta che favorisca gli intenti del propagandista37. Nonostante lampiezza e il generale consenso che converge intorno a questa definizione, vi da sottolinearne una nota critica: gli autori fanno accenno alla manipolazione cognitiva che comporta unazione di pressione psicologica, aspetto che implica un certo grado di distorsione e dunque conferisce una connotazione negativa alla propaganda. Altri autori, come Taylor, sostengono invece che la propaganda non di per s sinistra e condannabile, ma va considerata in qualche modo come una tecnica neutrale. Essa infatti non altro che lorganizzazione dei metodi volti a persuadere la gente a pensare e a comportarsi in un determinato modo e durante una guerra questo significa indurli a combattere o a sostenere il combattimento38. Entrambe queste definizioni non prendono in considerazione un elemento tuttaltro che marginale: la tecnica utilizzata. Ellul sostiene che la propaganda sia pi una tecnica che una scienza e come tale necessario puntare laccento sulla connessione che
36 A. Carey, Taking the Risk out of Democracy: Corporate Propaganda versus Freedom and Liberty, The University Of Illinois Press, Chicago, 1997, p. 19. 37 G.S. Jowett, V. ODonnell, Propaganda and Persuasion. Newbury Park, Sage. 1986, p. 16. 38 P.M. Taylor, Munitions of the mind. War propaganda from the ancient world to the nuclear age, Patrick Stephens Limited, Glasgow, 1990, p. 11.

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essa ha con le scienze sociali, in primis la psicologia e la sociologia, senza le quali non si avrebbe la propaganda moderna, ma solo quelle primitive tecniche gi adoperate da Pericle e Augusto. Un ultimo aspetto che queste definizioni non sembrano prendere in considerazione rappresentato dagli attori che partecipano allazione propagandistica. Ecco allora che una pi appropriata definizione potrebbe essere quella che vede la propaganda come unazione atta a promuovere una particolare idea o dottrina e tendente a far sorgere intorno ad essa il pi vasto consenso possibile, servendosi di tecniche provenienti dal campo sociologico e psicologico e facendo un uso organizzato e deliberato di varie forme di comunicazione, ben coordinate tra di loro, con lo scopo di influenzare lopinione pubblica a favore del propagandista o del gruppo che la promuove. Infatti non necessariamente oggi, chi promuove, organizza e coordina una campagna propagandistica deve anche condividerne la causa. Come vedremo meglio pi avanti, vi sono professionisti della comunicazione che offrono i propri servizi e tecniche comunicative a chiunque sia in grado di pagare e a prescindere dal messaggio che vogliono veicolare. Ci troviamo dinanzi ad un primo e caratteristico tratto distintivo della propaganda moderna, del tutto nuovo rispetto al passato: la privatizzazione della propaganda, ovvero il suo utilizzo commerciale in termini di mercato. Pi precisamente questo aspetto caratterizza la propaganda moderna nelle societ democratiche. Esiste infatti una fondamentale differenza tra la propaganda moderna dei regimi dittatoriali e quella presente nelle libere democrazie. Pi avanti si esaminer meglio il rapporto tra la propaganda nelle societ totalitarie e la propaganda nelle libere democrazie, cos come venuta a manifestarsi nel corso del XX secolo. Per ora ci basti ricordare che le societ totalitarie, come lUnione Sovietica o la Germania nazista, hanno eretto un sistema di controllo totale, in cui lo Stato organizza e coordina ogni forma di messaggio: dallambito sportivo a quello educativo, dalle cerimonie allinformazione, tutto diretto dal vigile

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controllo del partito o del dittatore e niente pu stonare in quellarmonica visione che dello Stato si vuole dare. La coerenza e lomogeneit del messaggio, si visto, sono caratteristiche essenziali, ai fini di una buona riuscita della campagna propagandistica. Le nostre societ non possono evidentemente funzionare allo stesso modo, ma devono tener conto della libert di stampa e di espressione, pilastri su cui si fonda ogni democrazia. Tuttavia, secondo Chomsky, anche da noi, nonostante queste formali garanzie, esiste un sistema di propaganda simile nellefficacia a quello dittatoriale, pur se differente nella forma.
Il nostro sistema funziona in maniera molto diversa e molto pi efficacemente. un sistema di propaganda privatizzato, che comprende i media, i giornali di opinione e pi in generale unampia parte dellintelligentzia e delle persone istruite. I pi articolati elementi di questo gruppo, i quali hanno accesso ai media, inclusi i giornali intellettuali, e che sostanzialmente controllano lapparato educativo, dovrebbero essere pi propriamente chiamati come una classe di commissari39. Questa la loro essenziale funzione: progettare, propagandare e creare un sistema di dottrine e credenze che scalzeranno pensieri e idee indipendenti e preverranno la comprensione e lanalisi delle strutture istituzionali e la loro formazione. Questo il loro ruolo sociale. Non intendo dire che lo fanno consciamente. Infatti non lo fanno40.

Chomsky ritiene che i commissari svolgano inconsapevolmente il ruolo di propagandisti. Qui si annida una delle principali differenze tra la propaganda nelle dittature e quella nelle societ aperte. In queste ultime, infatti, la macchina propagandistica che tenta di veicolare messaggi uniformi per il mantenimento dello status quo e cerca di dare legittimit alla classe al potere, non ha necessit di un direttore unico dietro le quinte che dirama veline ufficiali alle quali tutti i giornalisti devono attenersi, ma si muove quasi per inerzia, in automatico. E soprat-

39 Termine tradotto dallinglese commissar che si riferisce ai commissari del popolo presenti nellUnione Sovietica. 40 Intervista a N. Chomsky in D. Bersamian, Stenographers to Power. Media and Propaganda, Common Courage Press, Monroe (USA), 1992, pp. 68-69.

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tutto senza che gli stessi attori se ne rendano, necessariamente, conto. La posizione chomskiana molto forte ed essenzialmente riferita al contesto statunitense, ma basata su una solida analisi della produzione intellettuale dei commissari. Infatti, sempre secondo Chomsky, basta analizzare il lavoro che essi svolgono allinterno dei giornali dove liberamente scrivono, per accorgersi di come essi abbiano una visione decisamente distorta del mondo e favorevole alllite al governo. A riprova di tutto ci viene portato come esempio concreto la trattazione che alcuni di loro hanno fornito circa la crisi del Vietnam, del Nicaragua e di El Salvador: trattazioni, secondo il nostro autore, decisamente filogovernative ed evidentemente false. Laspetto pi sofisticato di questa forma di propaganda quella di essere invisibile, non percepita nemmeno dai suoi propagandisti, ma perfettamente funzionale al alllite al governo. Evidentemente il discorso molto pi articolato e complesso e ho cercato di trattarlo in un altro lavoro41. Qui, comunque, mi premeva sottolineare come anche nelle societ democratiche esista un sistema di propaganda efficace ed efficiente che, pur differendo nella forma rispetto a quella presente nelle dittature ,sortisce effetti simili.

41 Per un maggior approfodimento mi si permetta di rimandare al mio M. Ragnedda, Eclissi o tramonto del pensiero critico. Il ruolo dei mass media nella societ postmoderna, Arance, Roma, 2006.

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CAPITOLO II. PROPAGANDA: CARATTERISTICHE, TECNICHE DI PRODUZIONE E TECNICHE DI DIFFUSIONE

2.1 Caratteristiche della Propaganda


Cos come difficile fornire una completa definizione del fenomeno propaganda e della sua evoluzione storica, altrettanto complesso risulta il tentativo di evidenziarne tutte le caratteristiche e le forme con le quali si presenta. Sono molti gli autori che, analizzando il fenomeno, hanno proposto diversi tratti caratteristici. Quello che qui si cercher di fare sar fornire una propria griglia interpretativa, dando conto delle varie forme e modalit con le quali il fenomeno propaganda appare. Ad una lettura superficiale infatti la propaganda potrebbe apparire un fenomeno complesso ma coeso e unitario. In realt, come si cercher di mettere in evidenza in questa particolare classificazione delle varie tipologie di propaganda, esistono numerose possibilit di definirla in relazione alla sua funzione, alle sue caratteristiche e agli obiettivi che intende perseguire. Una prima puntualizzazione riguarda il fatto che tutte le diverse modalit attraverso cui il fenomeno propaganda si presenta non sono antitetiche, ma anzi tendono a compenetrarsi lun laltra. Come via via si vedr meglio, una singola campagna propagandistica pu racchiudere al suo interno diversi aspetti della propaganda che qui si espongono separatamente. Inoltre, dove non espressamente evidenziato, questa classificazione frutto del mio lavoro e pur non avendo una pretesa di esaustivit vuole essere un contributo allanalisi del fenomeno e alla sua classificazione. Vari autori, prendendo in considerazione elementi diversi, hanno proposto catalogazioni diverse: cosa che mostra ulteriormente la natura poliedrica del fenomeno. Il primo tipo di suddivisione che pu essere fatto deriva dalla situazione e dal contesto storico sociale in cui la propaganda

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inserita. Si ha allora propaganda bellica o propaganda in tempo di pace. Come risulta facilmente intuibile la differenza tra queste due forme di propaganda dipende da contingenze storiche allinterno delle quali essa si sviluppa. Si ha propaganda bellica quando si vuole preparare una nazione e la sua opinione pubblica allingresso in guerra e durante levoluzione del conflitto stesso. Tale tipo di propaganda indistintamente, anche se con modalit decisamente diverse, utilizzabile sia dai regime totalitari che dalle democrazie. Discorso un po diverso deve essere fatto per la propaganda in tempo di pace: pi che una forma a s stante essa deve essere letta in antitesi alla prima. Ovvero quella forma di propaganda, attiva sempre e comunque, che non serve per spingere un popolo in guerra ma per mantenere alto il consenso intorno alla classe dirigente. Qua la differenza tra democrazia e dittatura si fa molto pi marcata. Innanzitutto perch nei regimi essa visibile e si manifesta in ogni luogo e poi perch molto spesso ad personam, costruita intorno alla figura del dittatore. Al di l di questa prima evidente e quasi scontata suddivisione, troviamo ulteriori suddivisioni sulle quali non tutti necessariamente convergeranno. Tuttavia vi un sostanziale e generale accordo, da parte degli studiosi, nellaccettare questa tripartizione che qui di seguito riportata. Sulla base della fonte dalla quale la propaganda prende avvio, si possono evidenziare tre tipi di propaganda: propaganda bianca; propaganda grigia; propaganda nera. Nel primo caso la propaganda la deliberata organizzazione della comunicazione basata sulla diffusione di notizie e informazioni che si basano su dati fondati e su fonti correttamente identificate. Bianca perch le informazioni divulgate provengono da fonti attendibili e accurate per cui quello che viene raccontato corrisponde sostanzialmente al vero, anche se poi le interpretazioni del dato o fatto vengono usate per favorire una determinata linea o posizione. In questo caso si tratta solo di enfatizzare una notizia o un fatto invitando lopinione pubblica a discutere su di essi. Come per tutti gli altri casi di propaganda,

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anche in quella bianca si tratter di modificare e influenzare il comportamento del pubblico: nella fattispecie in oggetto lo si far partendo da un dato di fatto vero enfatizzandolo, qualora si voglia dare maggior risalto e propagandare le virt di qualcuno o qualcosa, o stigmatizzandolo, quando al contrario si voglia e mettere in cattiva luce qualcuno o qualcosa. Secondo Jowett e ODonnell alcuni classici esempi di questa forma di propaganda sono identificabili nelle operazioni svolte da Radio Mosca o da VOA (Voice of America) durante i tempi di pace, ma anche in tutte quelle manifestazioni pubbliche che possono ispirare lorgoglio nazionale42. In Italia un esempio classico di manifestazione pubblica, che costituisce un esempio di propaganda bianca, la Festa della Repubblica del 2 giugno. Si pu parlare di propaganda bianca perch si esaltano alcuni valori, quali patria e unit, che servono per rinforzare lorgoglio e lunit nazionale. Altro esempio potrebbe essere la commemorazione dei morti di Nassirya con cui, partendo da un dato di fatto tristemente vero, quale la morte di alcuni militari in un attentato, si promuovono valori e idee quali patria e eroismo. Non infatti un caso che vengano chiamati gli eroi di Nassirya o pi semplicemente i nostri eroi. Secondo Ostick le operazioni di Public Diplomacy (ovvero le operazioni di promozione dellimmagine di uno Stato allestero o di propaganda morbida) possono essere considerate propaganda solo se viste in questa ottica43. Nel capitolo sulla privatizzazione della propaganda si approfondir meglio questo aspetto; qui basta ricordare che non sempre questo assioma pu essere ritenuto valido ed in modo particolare dopo l11 settembre. Nel secondo caso, propaganda grigia, si monter una campagna di informazione partendo da notizie la cui attendibilit non stata del tutto accertata. Nella propaganda grigia le fonti
G.S. Jowett, ODonnell V., op. cit., p. 12. W. A. Ostick, Public relations, U.S. public diplomacy and foreign policy public affaire, in The International Commerce and Policy program, George Mason University, disponibile allindirizzo web: http://icp.gmu.edu/course/syllabi/capstone/Fall2002/Ostick.pdf. (18 aprile 2004)
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dalle quali prende avvio la campagna propagandistica, spesso, non sono state accuratamente verificate o sono incerte. Nonostante questo, si procede come se il fatto, sul quale si basa tutta la campagna, fosse vero. Si pensi alle presunte armi di distruzione di massa che lIraq avrebbe dovuto possedere. Sebbene non ne fosse stata ancora accertata la presenza, la propaganda statunitense ha dato per scontato che il fatto fosse vero e su di esso ha costruito lintera campagna. Cosa diversa sarebbe supporre che gli USA sapessero fin dallinizio che lIraq non aveva quelle armi (fatto che oggi pare dimostrato) e nonostante questo ha dato luogo alla campagna propagandistica partendo da un dato non solo non accuratamente verificato, ma falso: in questo caso si ha a che fare con la propaganda nera. Essa si basa sulla diffusione volontaria di false informazioni, accuratamente costruite, con lobiettivo di colpire emotivamente il pubblico ed ottenere cos unondata di risentimento che si cercher di convogliare in azioni pratiche. La creazione e la divulgazione di false informazioni un aspetto che si ritrova spesso nei totalitarismi dove il controllo dellinformazione totale per cui la possibilit di confutare linformazione assolutamente ridotta. Ci nonostante, specialmente nella propaganda di guerra, essa utilizzata anche dalle democrazie. Sempre secondo Ostick la propaganda nera usata in particolar modo nei periodi di guerra e diretta contro il nemico44. Infatti i regimi totalitari o le vecchie monarchie, non dovendo conquistare lopinione pubblica usano la strategia della disinformazione per colpire il nemico, comunicandogli false informazioni, come parte integrante della strategia militare. Nel corso della storia questo tipo di propaganda stato ampiamente utilizzato e le campagne di disinformazione sono state un ottimo espediente per mobilitare masse di uomini, soprattutto nei periodi di conflitti. Cosa diversa accade, invece, nelle democrazie. Fermo restando che anche queste utilizzano false informazioni per combattere il nemico, in alcuni casi la propaganda nera viene rivolta contro il proprio pubblico, in modo tale da conquistarne il con44

Ibidem.

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senso che altrimenti non riuscirebbe ad avere. Riprendiamo lesempio della guerra in Iraq: non siamo in grado di dire, al di l di ogni ragionevole dubbio, se il governo degli Stati Uniti sapesse o meno che lIraq non era in possesso di armi di distruzione di massa. In Gran Bretagna per il governo ha pubblicato, sempre in quel periodo, un dossier dove si metteva in luce che lIraq era in possesso di armi capaci di colpire il suolo inglese in quarantacinque minuti. Questo dossier, come successivamente stato dimostrato, un falso, cosa che ci spinge a parlare di propaganda nera. In quel caso lobiettivo del governo in questa attivit di propaganda non era il nemico, cio lIraq, ma il suo stesso popolo, poich si trattava di convincerlo ad accettare quella guerra. In definitiva, dunque, lelemento che contraddistingue questa prima ripartizione la fonte dalla quale prende avvio la campagna propagandistica. A prescindere dalle diverse tecniche utilizzate e dalle modalit di trasmissione del messaggio, la propaganda si differenzia proprio a partire dai fatti e dalle informazioni da cui prende avvio. Una prima suddivisione dunque, si basa sul contenuto che si vuole comunicare e che vuole essere propagandato. La bianca, la grigia e la nera, sono tre diversi modelli di propaganda da leggersi in relazione alla fonte del messaggio e al modo in cui linformazione viene impacchettata. La possibilit di successo di questa propaganda dipender dalla credibilit della fonte. Pi credibile la fonte dalla quale proviene linformazione, maggiori possibilit di successo avr la propaganda. Prendendo in considerazione gli effetti che si vogliono ottenere con una campagna propagandistica possiamo invece individuarne due tipi: propaganda agitativa o propaganda integrativa45. Nel primo caso il propagandista tende a strutturare le informazioni in modo tale da suscitare nella popolazione un sentimento di odio e risentimento che pu essere strumentalizzato ed
45 J, Ellul, Propaganda cit., pp. 70-79; sempre su questa contrapposizione si veda G.S Jowett, V. ODonnell, op. cit., p. 12.

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indirizzato verso un target predefinito. Non importa quale tipo di propaganda verr utilizzata, quello che conta riuscire a mobilitare o agitare la popolazione sulla base della strumentalizzazione di una cosa, prescindendo dalla sua o meno attendibilit. Al contrario, nel secondo tipo di propaganda le informazioni possono essere organizzate in modo tale da calmare la popolazione o abbassare i toni dello scontro quando la situazione pu sfuggire di mano o quando si vuole placare un certo sentimento. Anche in questo caso lobiettivo, che appunto quello di calmare la popolazione, pu essere ottenuto partendo da notizie vere o false o parzialmente vere. Una prima considerazione da fare, che varr anche per le altre forme di propaganda, che le diverse forme si intrecciano tra loro. Cos possiamo avere una propaganda nera agitativa, o nera integrativa, una bianca agitativa e una bianca integrativa e cos via. Per poter identificare il tipo di propaganda utilizzata in un determinato contesto, necessario analizzarla sempre in relazione ad un fattore o variabile. In questultimo caso quello che contraddistingue questi due tipi di propaganda lobiettivo o il fine che sta alla base dellazione propagandistica: agitare o calmare i destinatari della campagna propagandistica. Se prendiamo in considerazione il diverso target di riferimento delle operazioni propagandistiche, si pu proporre unulteriore suddivisione: grassroots propaganda o treetops propaganda46. Quando lobiettivo delloperazione propagandistica quello di colpire il maggiore numero di persone possibili, allora si ha a che fare con il primo di questi tipi di propaganda, ovvero grassroots propaganda, termine che letteralmente significa uomo della strada, colui che lontano dai centri di potere. Un tipo di propaganda, dunque, che ha come target di riferimento gli uomini della strada o la gente comune ed caratterizzata dallampio raggio della sua portata e dal vasto numero di persone che vuole colpire e cercare di influenzare.

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A. Carey, op. cit..

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Non sempre per le campagne propagandistiche sono rivolte ad un numero ampio di persone. In alcuni casi infatti loperazione pu essere pi sottile e indiretta per cui non rivolta indistintamente a tutta la popolazione, ma indirizzata verso un target pi preciso e accuratamente scelto. In questo caso si ha la treetops propaganda (i rami pi alti dellalbero) che ha come obiettivo quello di colpire gli strati pi alti della societ, i cosiddetti opinion makers o opinion leader quali editori, giornalisti, dirigenti politici, docenti e intellettuali in genere. Dunque non una campagna propagandistica con lo scopo di persuadere direttamente il maggior numero di persone possibile, ma rivolta a soggetti ben individuati che fungano, spesso spontaneamente, da cassa di risonanza: una campagna propagandistica rivolta ai rami pi alti dellalbero dai quali, per, far spontaneamente e pazientemente gocciolare sino al suolo o prato (grass). Anche in questo caso sono possibili varie interconnessioni tra le diverse forme di propaganda, ad esempio propaganda nera agitativa grassroots, ovvero una propaganda che prende avvio da false informazioni ed ha come obiettivo quello di agitare pi persone possibili, oppure propaganda bianca integrativa treetops, ovvero una campagna propagandistica che prende avvio da fonti vere ed attendibili e si pone come obiettivo quello di calmare gli opinion leader che, a loro volta, cercheranno di placare (spesso inconsapevolmente e in virt del loro potere di influenza) un pi vasto pubblico. Vi inoltre da aggiungere che spesso diverse forme di propaganda possono essere usate simultaneamente qualora lobiettivo sia identico. Per intenderci, la propaganda nera grassroots pu essere usata con la propaganda grigia treetops per agitare o, al contrario, per calmare la popolazione, Rimanendo nellambito del target di riferimento, come elemento caratterizzante il modello di propaganda, possibile evidenziare unulteriore distinzione tra propaganda interna o propaganda esterna. Nel primo caso, come peraltro gi precedentemente anticipato, loperazione propagandistica essenzialmente circoscritta allinterno dei confini nazionali. La campagna di persuasione dunque diretta allopinione pubblica di casa ed caratterizzata

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dal fatto di essere pi diretta ed immediata, e pu sfruttare il fattore nazionale facendo affidamento e giocando sui sentimenti patriottici. Nel secondo caso, al contrario, la campagna propagandistica tenta di influenzare i cittadini di uno Stato straniero. Il suo target pertanto si sposta allesterno del proprio Stato, cosa che evidentemente complica e rende pi laborioso lobiettivo. Non pu essere immediata e diretta come nel caso della propaganda interna, ma deve fare i conti con una cultura e spesso anche una lingua diversa. per questo che ci si affida a propagandisti in loco, cio persone che vivono o che sono completamente addentrate nello Stato oggetto di propaganda. una forma di propaganda atta a facilitare la penetrazione dellinfluenza di una cultura o Stato oltre i confini nazionali. Chi prima di tutti fece uso di questa forma di propaganda fu limpero romano. Come ricorda Ellul, in epoca romana essa si prefiggeva come obiettivo quello di
Creare presso questi popoli [confinanti] la convinzione della superiorit di Roma. Raggiunta questa convinzione, questi popoli finiranno per domandare lintegrazione nel sistema romano [] Il primo sistema che appare in questo senso quello delle federazioni, che rappresentano un eccellente sostegno della propaganda, in quanto le citt restano indipendenti e conservano unautonomia interna. Attraverso unabile politica, molte citt vinte non vengono oppresse, ma integrate in una delle federazioni47.

Con il passare del tempo questa particolare forma di propaganda si evoluta raffinando notevolmente le sue tecniche. Ogni Paese con mire espansionistiche ha sempre cercato di estendere la propria influenza allestero, con lutilizzo dei mezzi di comunicazione via via disponibili. Anche in questo caso necessario distinguere le fonti dalle quali prende avvio la propaganda e dunque se si ha a che fare con propaganda nera, grigia o bianca. inoltre necessario mettere in evidenza il target di riferimento, ovvero se il suo bersa47

J. Ellul, Storia cit., p. 21.

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glio sono gli opinion leader o gli uomini di strada, ed infine se ha come obiettivo quello di calmare o agitare la popolazione. Sulla base di queste indicazioni possiamo allora parlare di propaganda nera-agitativa-grassroots-interna, o bianca-agitativagrassroots-interna e cosi via, secondo lo schema appena proposto. Sempre proseguendo nellambito di queste classificazioni possiamo sottolineare altre due forme di propaganda: propaganda verticale o propaganda orizzontale. Questa classificazione solo apparentemente simile a quella tra grasstroots e treetops propaganda, poich non si tratta di differenziare la propaganda sulla base del target di riferimento, ma a seconda che sia nata dallalto o dal basso. Quella verticale la particolare forma di propaganda utilizzata da leaders, uomini di chiesa o personaggi politici. Dittatori come Hitler e Stalin, ad esempio, hanno fatto ampio ricorso ad essa. In primo luogo perch la pi facile da elaborare e diffondere, anche se i suoi immediati effetti possono scemare nel corso del tempo e si rende necessaria una costante opera di rinnovamento48 e poi perch tocca le corde dellego dei dittatori o leader. essenzialmente utilizzata nellambito della propaganda agitativa ed rivolta ad un grande pubblico (grassroots propaganda). La propaganda orizzontale invece di pi recente creazione e nasce allinterno di un gruppo, generalmente di piccole dimensioni e non quindi calata dallalto. In linea di principio tutti gli appartenenti a questo gruppo sono uguali e manca la figura di un leader carismatico riconosciuto, anche se allinterno di esso vi pu essere un animatore della discussione o persona di spicco. Infine si propone unulteriore classificazione della propaganda: propaganda politica o propaganda sociologica49. Questa ultima classificazione esposta della massima importanza, poich ci permette di prendere in considerazione una particolare variante della propaganda, poco conosciuta e studia48 49

J. Ellul, Propagandacit., pp. 80 ssg. Ivi, pp. 62-70.

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ta: quella sociologica. La prima di queste due forme di propaganda di pi facile identificazione, poich quella che comunemente viene in mente quando si menziona la parola propaganda: cio quellinsieme di tecniche e metodi utilizzati da leader politici, uomini di fede, partiti, gruppi di pressione ecc, con lobiettivo di influenzare e di far cambiare latteggiamento del pubblico o destinatario del messaggio. I metodi utilizzati sono ben specifici e a seconda dellobiettivo che si vuole ottenere possono essere utilizzate differenti strategie. Generalmente il fine ben specifico e chiaro e anche grazie alla propaganda (ovvero uno dei mezzi) si cerca di raggiungerlo. Esso a sua volta pu essere suddiviso in strategico o tattico a seconda che i risultati vogliono essere raggiunti con un lavoro strutturato dove le linee guida e le argomentazioni siano ben ordinate (strategico), oppure dove i risultati vengono perseguiti senza questo lavoro di rete e si ricerca limmediatezza degli effetti (tattico). La propaganda sociologica invece molto pi ampia e pi difficilmente enucleabile.
Fondamentalmente la penetrazione di una ideologia allinterno del suo contesto sociale. [] La propaganda cos come tradizionalmente conosciuta implica il tentativo di diffondere una ideologia attraverso luso dei mezzi di comunicazione di massa allo scopo di spingere il pubblico ad accettare qualche struttura politica o economica o partecipare a qualche azione. [] Ma nella propaganda sociologica il movimento avviene allincontrario. Gli esistenti fattori economici, politici e sociologici permettono ad una ideologia di penetrare negli individui o nelle masse50.

La propaganda sociologica si manifesta in maniera quasi impercettibile per le persone senza mai avere le sembianze della propaganda, cos come comunemente viene intesa. Nessun propagandista la usa deliberatamente ed essa sorge in maniera quasi spontanea. Uno degli aspetti pi importanti da sottolineare che la propaganda sociologica cerca di rendere lindividuo parte attiva in questo processo tentando di farlo adattare il pi possi50

Ivi, p. 63.

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bile al contesto sociale in cui opera. In questo modo egli stesso diventer, inconsciamente, attore protagonista, partecipando spontaneamente alla diffusione dellideologia dominante. Essa si manifesta in molti modi: nei film, nel mondo pubblicitario, nelleducazione e nelle tecnologie. La propaganda sociologica produce un graduale adattamento ad un certo ordine di cose, ad un certo concetto di relazioni umane, che inconsciamente plasma gli individui e li rende conformi alla societ51. Inoltre potrebbe essere identificata come una sorta di subpropaganda, poich molto spesso essa pu costituire il terreno ideale sul quale si innesta una pi diretta ed efficace campagna propagandistica. In questo caso le possibilit di una buona riuscita sono maggiori, poich il terreno molto fertile per accogliere le idee che il propagandista vorr lanciare. In definitiva si pu ritenere che questo fenomeno molto pi ampio e pi difficile da inquadrare, ma molto pi diffuso di quanto si possa credere. Ellul ritiene che sia sempre esistito allinterno di ogni contesto sociale ed ricollegabile a tutte quelle manifestazioni attraverso le quali ogni societ cerca di integrare il maggior numero di persone possibili allinterno di essa, unificando il comportamento dei suoi membri ad un modello, e di estendere il suo stile di vita allestero52. essenzialmente nelle libere democrazie che questa forma di propaganda si sviluppa ed estende. In questa particolare, anche se non esaustiva classificazione delle varie forme della propaganda, si possono aggiungere altre due forme di propaganda: la propaganda commerciale e la propaganda elettorale. La pubblicit pu essere intesa come una forma particolare di propaganda, commerciale appunto, poich non solo utilizza e tende a reclamizzare un qualcosa ma anche per una ragione, se cos si pu dire, sistemica. La propaganda commerciale infatti si sviluppata e prospera in una particolare forma di societ, quella capitalista e tende inevitabilmente ad esaltarne le virt, pro51 52

Ivi, p. 64. Ivi, p. 62.

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prio perch essa necessita di quel sistema. In qualche misura dunque il mondo pubblicitario si fa promotore di una forma di societ la quale a sua volta lha partorita e la sostiene. Dunque societ consumista e mondo pubblicitario si trovano in un rapporto simbiotico e sono interdipendenti tra di loro, poich entrambe si abbisognano vicendevolmente o perch le sue tecniche sono usate nei vari settori della propaganda Dunque la pubblicit si vede costretta a reclamizzare o propagandare un modello di societ che la sostenta. I diversi spot al di l del messaggio particolare che portano al loro interno, fanno leva su una realt stereotipata, imposta come modello, e perlopi diffondono idee e valori di una specifica societ: quella consumista e neoliberista. Come rileva Zanacchi oltre ad agire sul piano economico in relazione alla sua funzione primaria, la pubblicit opera insomma come autentica agenzia di influenza sociale; una influenza portatrice di una vera e propria ideologia che ha come riferimenti caratterizzanti la competizione, il successo, la sessualit, lesaltazione esasperata dellavere e del consumare, la riduzione della realt a questi soli valori53. La pi famosa e frequente forma di propaganda presente nelle societ democratiche quella elettorale. Durante le tornate elettorali, infatti, ogni candidato, per ottenere il maggior numero di preferenze possibili e sperare cos di vincere la competizione elettorale, cerca di promuovere o propagandare al meglio le proprie virt. La propaganda elettorale porta con s alcuni tratti caratteristici della propaganda tout court, ovvero la connotazione negativa che viene ad assumere presso il nemico, lessere sinonimo di un discorso vuoto o vago, lutilizzazione delle varie figure retoriche utili alla causa e cos via. Essa, come tutte le altre forme sopra elencate, si avvale sempre pi delle tecniche comunicative messe a disposizione dalle grandi agenzie private che offrono i propri servizi al miglior acquirente. Mentre un tempo ci si affidava al partito che gestiva direttamente al proprio interno la campagna elettorale e la conseguente
53

A. Zanacchi, Pubblicit: effetti collaterali, Editori Riuniti, Roma, 2004, p. 132

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propaganda, oggi ci si affida a delle nuove figure professionali, gli esperti in marketing politico che curano gli interessi del singolo o del gruppo senza necessariamente condividerne la causa54. Non va dimenticata la propaganda religiosa. Probabilmente la forma storicamente pi diffusa della propaganda e sulla quale ci si gi soffermati nel paragrafo precedente. Infine una particolare distinzione in auge durante la rivoluzione sovietica quella tra propaganda e agitazione55. Tale classificazione si basa sul target di riferimento, non limitandosi a questo ma prendendo in considerazione anche gli effetti che essa vuole ottenere. Nel primo caso si ha a che fare con unoperazione atta a inculcare molte idee ad una o pi persone. Il target di riferimento , dunque, ben specifico e limitato mentre il ventaglio delle informazioni che si vogliono far conoscere molto ampio. Questa particolare forma molto simile alla propaganda treetops, con la differenza che qui viene specificato come il numero delle informazioni da veicolare debba essere ampio. Lagitazione invece viene vista come unoperazione atta ad inculcare poche idee ad una massa di persone. Essa, invece, pu essere paragonata alla grassroots propaganda, poich si rivolge ad una massa indistinta di persone, ma con lobiettivo di veicolare poche e ben precise idee56.

54 Il campo del marketing politico o elettorale un terreno ben studiato ed analizzato da vari autori anche in Italia. Tra le varie opere si sottolineano: P. Facchi, La propaganda politica in Italia, Il Mulino, Bologna, 1960; M.W. Bruno, Promocrazia. Tecniche pubblicitarie della comunicazione politica da Lenin a Berlusconi, Costa & Nolan, Genova, 1996; P.L. Ballini, M. Rindolfi (a cura di), Le campagne elettorali nella storia dItalia, Bruno Mondatori, Milano, 2002; si veda anche linteressante articolo di I. Diamanti, La politica come marketing, in MicroMega, n. 2, 1994. 55 Per una maggiore disamina della propaganda in epoca sovietica si rimanda a A. Roxburgh, Pravda: Inside the Soviet news machine, Braziller, New York, 1987. 56 Come si visto la differenza tra propagandista ed agitatore sar presente essenzialmente agli albori della Rivoluzione dOttobre e per semplicit nella nostra trattazione riteniamo propaganda linsieme di queste tecniche.

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2.2 Tecniche di produzione della propaganda


Dalla classificazione proposta sono emerse le varie modalit con le quali la propaganda si manifesta e si presenta a noi. Spesso, superficialmente, si tende ad etichettare come propaganda tutte le varie forme che sinora abbiamo visto. Il fenomeno in esame dunque molto pi articolato di quanto una lettura superficiale lascerebbe intravedere. Tipi diversi di propaganda caratterizzati da diversi elementi forniscono al fenomeno in oggetto un carattere molto pi poliedrico di quanto inizialmente si potesse sospettare. Cosa diversa sono invece le modalit e le tecniche utilizzate per diffonderla. Si cercher allora di individuare le principali tecniche che vengono usate dai propagandisti per ottenere una campagna efficace. Sono innumerevoli le tecniche utilizzate per creare messaggi che siano il pi persuasivi possibile. Pi che il contenuto in s del messaggio qui interessa sottolineare le modalit e le tecniche di produzione della propaganda. Sinora si visto il suo evolversi storico e i suoi tentativi di classificazione, luno e gli altri contrassegnati dalla difficolt di offrire una trattazione esaustiva. Problema che ritorna anche in questo caso. Non si ha la pretesa di esaurire tutto il variegato ambito delle tecniche di produzione, ma solo quello di offrire una panoramica sulle principali tecniche che stato possibile identificare e che pi comunemente vengono utilizzate. Evidentemente, non sempre tutte le tecniche, che andr ad illustrare, vengono usate contemporaneamente e non da tutti allo stesso modo. La societ totalitaria, che gestisce interamente i mezzi di diffusione e ha un controllo totale sullinformazione, utilizza, per dare maggiore forza ed efficacia al messaggio propagandista, tutte queste tecniche in maniera coerente e armonica. Le libere societ, invece, usano di volta in volta, e a seconda degli obiettivi prefissati, diverse tecniche e mai tutte contemporaneamente proprio perch la loro totale utilizzazione, da parte di un unico gruppo di interesse, farebbe vacillare la democrazia. Inoltre nelle libere democrazie

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non vi un unico gruppo di potere, ma diversi gruppi utilizzano diverse tecniche per raggiungere i propri fini. Censura. Probabilmente uno dei pi classici stratagemmi della propaganda, utilizzato per evitare di rendere incoerente il messaggio che il propagandista vuole offrire. Nascondere e tenere celati alcuni fatti che potrebbero danneggiare o inficiare largomentazione ufficiale di vitale importanza per rendere la campagna propagandista efficace. Si detto, infatti, che per essere efficace la propaganda deve essere coerente, presentare lo stesso messaggio in forme diverse, con diverse modalit, ma deve mantenere una sua armonia. Fatti che contraddicono e inficiano il messaggio devono, per una maggiore efficacia della campagna propagandistica, essere tenuti lontani dallo scenario pubblico. In sostanza ci sta a significare che fatti o notizie non in linea con la versione che il propagandista d devono essere censurati. Vien da s che la soppressione una tecnica molto pi facile da utilizzare nei regimi dove il controllo dellinformazione totale, a differenza delle societ libere che si basano sulla libert di stampa. Vi da aggiungere, per, che in alcuni casi, come durante i conflitti, la propaganda cerchi di sopprimere fatti e notizie non in armonia con la versione ufficiale. Enfatizzare la paura. Attraverso luso di questa tecnica si cerca di costruire il supporto favorevole al propagandista instillando paura nella popolazione. Di questo si parler ampiamente pi avanti. Qui basti ricordare il fatto che la strumentalizzazione della paura molto spesso alla base dellazione propagandistica, sia in tempo di pace sia in tempo di guerra ed la conditio sine qua non della propaganda agitativa. I propagandisti ricorrono ad essa colpendo e stimolando le pi intime paure della popolazione per poi basare su di esse la campagna della propaganda. necessario precisare che il ricorso alla paura utile allorquando viene prospettata, al di l della paura, una soluzione, una via duscita. Se non vi modo di affrontare la minaccia paventata, si ottiene leffetto opposto, cio non solo non si mobilitano le

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persone in favore di una causa, ma al contrario li si spinge a chiudersi in se stessi57.


Il ricorso alla paura raggiunge il massimo dellefficacia quando: 1) spaventa a morte la gente, 2) offre una raccomandazione specifica utile a vincere la minaccia, 3) lazione raccomandata ritenuta utile per ridurre la minaccia e 4) colui che riceve il messaggio crede di essere in grado di realizzare lazione raccomandata. [] Lattenzione del ricevente viene dapprima concentrata su una paura che provoca dolore; in una simile condizione di terrore difficile pensare a qualcosa che non sia il modo di liberarsi della paura stessa. Lulteriore mossa del propagandista consiste nelloffrire un modo per sottrarsi alla paura: una risposta semplice e fattibile che, guarda caso, proprio quello che il propagandista voleva dal ricevente fin dallinizio58.

Il ricorso alla paura senza dubbio una delle tecniche pi utilizzate dai propagandisti sia nelle dittature sia nelle societ aperte, durante i periodi di pace ma soprattutto durante la preparazione della nazione e dellopinione pubblica ad un conflitto che li coinvolger direttamente. Buona parte delle guerre, come si vedr meglio pi avanti, sono giustificate sulla base della paura che suscita il nemico. Anche la propaganda elettorale si basa, con diversi toni, sulla paura del nemico (argomentazioni tipiche sono: immaginate cosa succederebbe se vincesse tizio; con la vittoria di Caio la democrazia a rischio; e cos via), cos come la propaganda commerciale pu basarsi sulla paura (questo in particolar modo valido per le multinazionali dei farmaci che creano paure nella popolazione, per vendere meglio i propri farmaci). Frasi allusive. Il ricorso alle frasi allusive pi una caratteristica della propaganda nelle democrazie che non nelle dittature. Infatti mentre le dittature non sentono la necessit di giustificarsi dinnanzi al proprio popolo, le democrazie invece devono pur sempre rispondere del loro operato e delle loro affermazioni di fronte allopinione pubblica e pertanto si preferisce fare ri57 Cfr., G.C. Chu., Fear Arousal, Efficacy and Immanency, in Journal of Personality, and Social Psychology, n. 4., 1996, pp. 517-524. 58 A.R. Pratkanis, E.Aronson, op. cit., p. 279.

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corso al condizionale. Potrebbe essere, pare che, dovrebbero esserci, sono evidenti esempi delluso di frasi allusive da parte della propaganda nelle societ democratiche, uso che risulta essere sempre pi massiccio. Il motivo rinvenibile nel fatto che tramite questo stratagemma si possono presentare fatti e azioni senza fornire prove certe e verificabili. Inoltre esso si accompagna allenfatizzazione di uno stereotipo o pregiudizio, ottenendo cos maggiore possibilit di successo. Come Herman sottolinea quanto pi laccusa si conf a pregiudizi esistenti, tanto pi facile muoverla senza produrre prove che la sostengano. Solo i potenti possono usare regolarmente questi trucchetti59. Il ricorso alle frasi allusive e alluso del condizionale sono tecniche indistintamente utilizzate nelle democrazie durante i conflitti o durante il normale corso politico. Un massiccio ed evidente uso del condizionale stato fatto durante la guerra contro la RFY nel 1999, tanto da far parlare di informazione al condizionale, come una nuova tecnica della propaganda bellica della Nato. Come ha messo in evidenza Serge Halimi, durante quel conflitto la macchina propagandistica si anche e soprattutto basata su questa tecnica
Linvasione del condizionale. Una radio francese: Centinaia di ragazzi sarebbero utilizzati come banche del sangue viventi, migliaia d'altri sarebbero obbligati a scavare fosse e trincee, le donne sarebbero sistematicamente stuprate. Una televisione statunitense: Secondo un responsabile degli Stati uniti, decine di migliaia di persone sarebbero state giustiziate in Kosovo. Una televisione francese: Tra 100 e 500mila sarebbero stati uccisi, ma tutto ci rimane al condizionale. Tutto ci era di fonte Nato. Dopo aver annunciato una serie di false notizie vari dissidenti morti erano vivi, una casa distrutta era intatta, una colonna di carri serbi presa di mira era in realt una fila di trattori kosovari [] lOrganizzazione atlantica ha pensato che fosse sufficiente annunciare tutto al condizionale per non essere pi accusata di mentire. E per non dover smentire. I giornalisti occidentali hanno

59 E.S. Herman, Word Tricks & Propaganda, disponibile allindirizzo web: http://zena.secureforum.com/Znet/zmag/zarticle.cfm?Url=articles/june97herman.ht m (24 maggio 2003).

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allora annunciato le notizie condizionali della Nato, al condizionale60.

Sarebbe per un errore credere che tale tecnica sia utilizzata sono in occasione di conflitti. La propaganda politica, ad esempio, fa ampio ricorso a tale tecnica, sia nel tentativo di infangare lavversario, sia nel tentativo di far passare una riforma che potrebbe risultare costosa in termini di immagine e pi in generale in tutte quelle situazioni in cui si cerca di influenzare lopinione pubblica. Salire sul carro dei vincitori. Questa particolare tecnica si basa sul presupposto che alla gente piaccia schierarsi dalla parte dei vincitori. Presentare la propria azione o attivit come un qualcosa di ampiamente condiviso aumenta la possibilit di adesione da parte dellopinione pubblica. I grandi raduni nei regimi dittatoriali servono a dimostrare al popolo lunitariet e la coesione intorno alle decisioni del regime ed aumentarne la fedelt. Hitler ad esempio faceva radunare masse oceaniche, le faceva muovere con movimenti sincronizzati per annientare lindividualit dei singoli membri e trasformare questultimi in parti di un tutto: di un gregge appunto. Nelle societ democratiche, invece, si comunica ladesione popolare alle scelte del governo con i sondaggi di opinione o cercando di far sentire un forte sostegno intorno alle scelte. Lobiettivo vuole essere quello di persuadere gli indecisi ad appoggiare una certa decisione poich gli altri lo stanno gi facendo e di rassicurare chi invece gi fa parte del gregge che la cosa migliore quella di restarci. Ci si avvicina a quello che la sociologa tedesca Elisabeth Noelle Neumann chiamava la spirale del silenzio. Lautrice tedesca analizza non tanto il rapporto esistente tra lopinione pubblica e il governo ma tra lopinione pubblica e lindividuo, ricalcando cos una concezione presente in autori quali Locke e Tocqueville. Si viene in qualche misura
60 S. Halimi, La guerra delle emozioni, in Le Monde diplomatique/il manifesto, n. 5, anno VI maggio 1999, p. 4. Il corsivo mio.

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a credere, seguendo le indicazioni di Neumann, ci che si pensa che gli altri credano e questo enfatizza il ruolo che i media hanno nella formazione dellopinione pubblica: essi infatti possono amplificare una certa idea dandole maggiore enfasi e visibilit a discapito di unaltra. Il gruppo che si reputa sostenitore dellopinione maggioritaria tender ad esprimere con pi forza e libert le proprie opinioni e convinzioni creando cos limpressione di essere pi numeroso e forte di quanto in realt non sia. Si viene a creare quello che Newcomb negli anni cinquanta aveva definito pluralistic ignorance ovvero quella situazione sociale allinterno della quale ogni soggetto crede di essere lunico che la pensa in un particolare modo e per timore di violare un tab morale o per paura di risultare impopolare, preferisce tacere61. Cos facendo si crea lillusione che vi sia un generale consenso intorno ad una cosa mentre in realt le opinioni discordanti sono tante ma non emergono per timore. Le pi sofisticate e moderne forme di propaganda prendono in considerazione proprio questo aspetto e cercano di creare lidea che esista un clima dopinione quasi unanime intorno ad un fatto, invitando dunque anche gli altri a prendervi parte, innescando cos un processo a spirale. Secondo la Neumann i media non deformano o riproducono fedelmente come uno specchio lopinione pubblica, ma pi semplicemente la creano. Lopinione pubblica in sostanza lopinione dominante che costringe alla conformit di atteggiamento e comportamento nella misura in cui minaccia di isolamento lindividuo che dissente o di perdita del sostegno popolare luomo politico62. Ovviamente tale tecnica viene utilizzata sia in tempo di pace che di guerra, anche se in questultimo caso che gli esiti sono pi immediati e tangibili. Grande menzogna. I veri maestri di questa tecnica propagandistica furono Hitler e Goebbels. Secondo Hitler quanto pi
Si veda T. Newcomb, Social Psycology, Dryden, New York, 1950. E.N. Neumann, The Spiral of Silence. A Theory of Public Opinion, in Journal of Communication, Spring, 1974, p. 44.
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una notizia falsa risultava essere falsa tanto maggiore era la possibilit che venisse accettata acriticamente.
Secondo le teorie propagandistiche naziste, uno dei modi efficaci per persuadere le masse consiste nello sviluppare e ripetere le falsit: ad esempio che il il popolo tedesco una razza superiore e che lEuropa minacciata dalla cospirazione ebraica. Bugie cos grosse sono difficili da smentire, perch, ad esempio, il fatto che non vi siano prove dellesistenza di una cospirazione ebraica pu essere trasformato in una prova ulteriore dellabilit degli ebrei63.

La particolarit delle grandi menzogne appunto quella di essere difficilmente confutabile, proprio perch le prove per scagionare sono difficili da trovare. In realt sono complesse da trovare anche le prove per accusare, ma quello che conta lalone del sospetto che rimane addosso. Tale tecnica oggi molto utilizzata non soltanto nella preparazione di una nazione ad una guerra ma anche nei processi64. Ripetizione. La ridondanza del messaggio e la sua continua reiterazione conferiscono al messaggio una maggiore credibilit. Lobiettivo quello di ripetere alcune parole chiave che si desidera vengano accettate come verit. Goebbels sottolineava come una menzogna ripetuta centinaia e centinaia di volte diventava pian piano una verit. Infatti la semplice e continua ripetizione, magari in forme e contesti differenti e con diversi mezzi, tende ad essere assimilata dallopinione pubblica e diviene il centro del dibattito. In pi, proprio durante la formazione dellopinione riguardo ad uno specifico tema, alcuni concetti ripetuti pi e pi volte influiscono inevitabilmente nellelaborazione di unopinione che non ancora formata.

A.R. Pratkanis, E. Aronson, op. cit., p. 152. Per un ulteriore approfondimento sullimpatto che prove prive di conferma possono avere sullesito di un processo si rimanda a S.M. Kassin, C.L. Saunders, Dirty Tricks of Cross-examination: The Influence of Conjectural Evidence on the Jury, in Law and Human Behavior, n. 14, 1990, pp. 373-384.
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Eufemismo. La guerra odio e distruzione, morte e miseria. Per questo non pu essere presentata per quello che , ma deve presentarsi sotto una veste diversa. Il ricorso alleufemismo dobbligo per dipingere il conflitto con colori pi sgargianti del cupo e tetro coloro della guerra.
Da quando la guerra diventata particolarmente sgradevole, i discorsi militari sono pieni di eufemismi. Nel 1940 gli Stati Uniti cambiarono il nome del Dipartimento della guerra in Dipartimento della difesa. Durante lamministrazione Reagan i MX-Missile sono stati rinominati The Peacekeeper. Durante i periodi di guerra le vittime civili vengono chiamati con il termine effetti collaterali e la parola liquidazione viene utilizzata come sinonimo di omicidio65.

Sarebbe per un errore pensare che gli eufemismi siano una tecnica tipica della propaganda bellica, poich il loro uso assai diffuso nella vita politica quotidiana. Si pensi al termine riforma dietro al quale spesso si nascondono norme che cancellano diritti o rendono pi repressivo loperato del governo. Fare terra bruciata. Lobiettivo quello di indurre un gruppo di persone che supportano una certa politica a cambiare la loro posizione poich condivisa da gruppi odiati o temuti. Tale tecnica consiste dunque nel portare il target a disapprovare una idea suggerendo che questa sia diffusa in gruppi pericolosi, per cui appoggiarla significa indirettamente condividere le stesse idee del gruppo odiato. Tale tecnica viene spesso usata per bruciare il terreno intorno al quale unidea, avvertita come pericolosa dallo status quo, sta germogliando. Il primo passo quello di demonizzare il nemico, farlo apparire come un mostro, per poi indurre altre persone che si stanno avvicinando a quelle idee ad abbandonarle proprio perch sostenute da un gruppo cos pericoloso e temuto.
A. Delwiche, Propaganda Analysis, March 12, 1995. Articolo disponibile allindirizzo web: http://www.propagandacritic.com/articles/ct.wg.euphemism.html (14 aprile 2004). Delwiche dirige, alla School of Communications, Washington University, il sito internet Propaganda Critic.
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Un esempio storico potrebbe essere quello italiano degli anni settanta, denominato Strategia della tensione, allorquando, secondo una visione critica, una parte deviata dei servizi segreti collusa con movimenti di estrema destra, commetteva degli attentati per poi far ricadere le colpe sul movimento di protesta di quegli anni66. Lobiettivo era quello di demonizzare un gruppo portatore di idee avvertite come pericolose dalla classe dirigente, per poi indurre altre persone a rigettarle, proprio poich condivise da un gruppo cos feroce e pericoloso. Fare terra bruciata significa, dunque, indurre lopinione pubblica a rigettare unidea o un insieme di valori poich portate avanti da un gruppo odiato e pericoloso. Tendere a semplificare. Dinnanzi a problemi complessi e di difficile enucleazione, il propagandista offre una semplificazione della realt sociale, utilizzando generalizzazione a lui favorevoli. Tortuosi problemi di natura economica, politica, militare ecc, vengono spesso liquidati con semplici risposte che giustificano la situazione e non impegnano cognitivamente il popolo. Si pensi ad una crisi economica che potrebbe mettere in luce lincapacit della classe dirigente di governare: in questo caso la tecnica della ipersemplificazione consiste nelloffrire come chiave di lettura del complesso quadro economico e sociale una semplice e favorevole generalizzazione che non impegni il pubblico a pensare e che offra una valida, anche se semplice, risposta al problema. Proiezione o analogia. Questa una tecnica di trasferimento di qualit o doti da una persona, gruppo, nazione, eccetera, ad un altro soggetto, in modo tale da presentarlo sotto unaltra veste. Le qualit o doti da trasferire devono essere viste in relazione con lobiettivo da perseguire. Ovvero se il propagandista intende lodare e osannare un leader o un popolo tender a proiet66 Per un approfondimento sulla strategia della tensione e sulla collusione tra apparati dello Stato e movimenti politici, si veda S. Flamigni, Convergenze parallele, Kaos edizioni, Milano, 1998. sempre dello stesso autore si veda S. Flamigni, Trame Atlantiche. Storia della loggia massonica P2, Kaos edizioni, Milano, 1996.

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tare su di esso tutte le qualit positive del leader o gruppo a cui fa riferimento in modo tale da esaltarne le virt. Al contrario quando lobiettivo quello di condannare qualcuno o qualcosa si proietteranno su di esso tutte le caratteristiche dispregiative di un gruppo atte a screditare il bersaglio. Siamo in presenza di una tecnica ampiamente diffusa, di facile applicazione e molto efficace poich evoca una risposta emozionale, che invita il pubblico ad associare un leader o un popolo a qualcuno trasferendo su di esso i suoi pregi e difetti. Le teorie classiche della retorica designano le analogie come forma di persuasione in quanto mettono in evidenza certi parallelismi e ne occultano altri e forniscono un contesto di riferimento alla luce del quale possibile attribuire un senso a informazioni potenzialmente ambigue67. I propagandisti fanno sempre riferimento ad analogie con passate situazioni storiche, evocando tragiche e dolorose pagine nel caso in cui vogliano stigmatizzare il nemico e al contrario fanno riferimento a vittoriose e gloriose imprese nel caso in cui vogliano esaltarne le virt. Si pensi alla prima guerra del Golfo del 1991. I sostenitori della guerra, nel tentativo di preparare la nazione alla guerra, prospettarono il paragone tra Saddam Hussein ed Hitler. La proiezione della figura di Hitler su Saddam Hussein venne pensata per stigmatizzare ulteriormente la figura del despota iracheno. La tecnica della proiezione venne utilizzata per anche dagli oppositori alla guerra, i quali proponevano lanalogia con il Vietnam, cercando di mettere in luce i rischi e i pericoli che si annidavano in questa nuova avventura bellica. Etichettare. Luso del pregiudizio e dello stereotipo, nella produzione di un messaggio propagandistico, estremamente frequente. Lobiettivo vuole essere quello di far sorgere pregiudizi nel pubblico etichettando loggetto della campagna propagandistica come qualcosa di cui il target di riferimento ha paura, teme o trova sgradevole.

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A.R. Pratkanis, E. Aronson, op. cit., p. 126.

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Slogan. Ogni regime tende a coniare tutto un insieme di slogan che poi saranno alla base della campagna propagandistica. In realt lutilizzazione dello slogan non una prerogativa delle dittature, ma ampiamente adottato anche nelle democrazie e non solo, come evidente, nelle campagne elettorali. Lo slogan gioca un ruolo di particolare importanza anche allinterno di quella forma di propaganda che si identificato con il nome di propaganda sociologica.
Lo slogan deve essere espressivo per impressionare e convincere. Ma la sua espressivit mostruosa perch diviene immediatamente stereotipa, e si fissa in una rigidit che proprio il contrario dellespressivit, che eternamente cangiante []. La finta espressivit dello slogan cos la punta massima della nuova lingua tecnica che sostituisce la lingua umanistica. Essa il simbolo della vita linguistica del futuro, cio di un mondo inespressivo, senza particolarismi e diversit di culture, perfettamente omologato e acculturato68.

Lo slogan gioca, infine, un ruolo cruciale anche nella propaganda commerciale: spesso, infatti, il successo di un prodotto legato allo slogan utilizzato per lanciarlo. Senso comune. Con tale tecnica si cerca di convincere il target di riferimento che le posizioni espresse e portate avanti dal propagandista riflettono il senso comune, ovvero il comune sentire della popolazione. Sono posizioni genuine, semplici, del vicino di casa. Lobiettivo non solo quello di persuadere il pubblico della naturalezza delle posizioni ma anche di vincere la diffidenza delle persone e conquistarne la fiducia, entrando in confidenza con esse. Il linguaggio utilizzato familiare, il pi semplice possibile perch deve ammaliare ed entrare in sintonia con il target. Cos facendo il propagandista cerca di identificarsi con luomo comune rendendo le sue posizioni affabili. Ovviet. Analizzando i vari concetti, le parole e i programmi presentati dai propagandisti ci si accorge come il contenuto
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P.P. Pasolini, Scritti corsari, Garzanti, Milano, 2004, (Prima edizione 1975), p.

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sia sempre retto e auspicabile. Il loro contenuto, cio, intriso di evidenti banalit e ovviet che portano tuttavia al loro interno unintensa carica emotiva, poich associate a concetti o credenze di alto valore. La tecnica dellovviet caratterizzata dallappellarsi a emozioni quali amore, libert e voglia di pace, chiedendo approvazione senza interpellare la ragione. Lobiettivo quello di portare convinzione senza ragionamento, indurre il target di riferimento ad appoggiare una linea politica sulla base di ovviet associate ad alti ed intoccabili valori senza per indurre al ragionamento. Pi importante e sentito sar il concetto o credenza di riferimento a cui associata lovviet, maggiore sar lefficacia di questa tecnica. Infatti pi inviolabile e sacra sar la credenza, minore sar la necessit di argomentare i concetti e le parole del propagandista. Per questo molto spesso si fa riferimento alla religione o a Dio. Garanzia. Siamo in presenza di una tecnica molto diffusa nelle societ democratiche e consiste nellutilizzare, da parte del propagandista, una testimonianza o citazione per supportare o al contrario per rigettare una precisa posizione politica o azione. In realt viene utilizzata anche nei regimi totalitari, ma assume una maggiore rilevanza allinterno delle democrazie poich la garanzia fornita da un esperto vista come sinonimo di imparzialit. Quando una posizione viene espressa da un esperto super partes, il pubblico trova molte meno difficolt nellaccettare quella idea poich proviene da una persona attendibile. Lo sfruttamento della reputazione o del ruolo di una figura pubblica rispettata conferisce al messaggio una maggiore credibilit. Probabilmente ci troviamo in presenza di una delle tecniche pi collaudate ed efficaci di promozione di un prodotto o idea di cui le agenzie di pubbliche relazioni fanno ampio uso69. Parole virtuose. Ogni campagna propagandistica cerca di inserire nel suo vocabolario, tutto un insieme di parole virtuose
69 A tal proposito si veda linteressante lavoro di Stauber J. Rampton S., Trust Us, Were Experts, Jeremy P. Tarcher/Putnam, (USA), 2001.

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ovvero parole appartenenti al sistema di valori del pubblico, che tendono a produrre, per estensione, unimmagine positiva per una persona o per un soggetto a cui sono associate. Tra le pi classiche delle parole virtuose che accompagnano la propaganda troviamo parole come felicit, pace, sicurezza, libert e cos via. Qualunque sia lobiettivo che si vuole raggiungere o il target preso di mira, tutte le campagne propagandistiche fanno ampio uso di queste parole. Probabilmente le parole pace e libert sono quelle pi comunemente usate, anche, e la cosa sembrer paradossale, durante la propaganda che accompagna i conflitti. In particolare proprio durante i conflitti che la parola pace spesso presente, gi a partire da Giulio Cesare, il quale chiamava le sue brutali conquiste come opera di pacificazione70. Poich la realt della guerra e delle sue conseguenze sono cos violente, i militari quasi istintivamente usano il doublespeak quando discutono di guerra71. Anche in questo caso necessario precisare per che luso di parole virtuose non riconducibile solo alla propaganda dei conflitti, ma anche alla propaganda politica. Infatti tutte le riforme (anche riforma in qualche modo una parola virtuosa) e provvedimenti legislativi servono per garantire ai cittadini maggiore sicurezza o libert, maggiore felicit e benessere. Spesso le parole virtuose sono ben presenti anche nei nomi propri dei partiti. Si prenda il caso italiano: nel 2010 erano presenti sulla scena nazionale, almeno tre grossi partiti che avevano la parola libert nel nome proprio (Futuro e Libert; Popolo della Liber; Sinistra Ecologia e Libert). Lindividuazione del Capro espiatorio. Molto spesso le campagne propagandistiche si basano sullindividuazione di un capro espiatorio sul quale riversare le colpe e la cui neutralizzazione ed eliminazione sarebbe quindi il punto di partenza per superare il momento di crisi o di stagnazione. Hitler utilizz questa tecnica gi prima di salire al governo, per mobilitare il
70 Per un maggior approfondimento di quello che viene chiamato il doppio linguaggio si rinvia allopera di W. Lutz, Doublespeak, HarperPerennial, New York, 1990. 71 Ivi, p. 175.

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popolo tedesco (propaganda agitativa) spiegando i problemi economici che affliggevano la Germania come direttamente causati dai comunisti e dagli ebrei. Ad esempio in un discorso tenuto a Monaco il 12 aprile 1922, Hitler identificava nellebreo il capro espiatorio da eliminare. Lebreo il fermento della decomposizione dei popoli. Ci significa che lebreo distrugge e deve essere distrutto. Lebreo ci fa del male72. Identificare un capro espiatorio, come nel caso del ricorso alla paura, da solo non basta. Bisogna anche proporre una via duscita, una soluzione, come punto di partenza per un grande avvenire. Gli ebrei sarebbero divenuti il capro espiatorio per eccellenza, cosa che degener in odio razziale culminato con la tragedia della Shoa. Fu soprattutto la grande depressione del 1929 che permise a Hitler di identificare come capo espiatorio della crisi economica gli ebrei e i comunisti. Una volta eletto cancelliere (gennaio 1933) identific i comunisti come freno dello sviluppo della Germania e, in un discorso tenuto a Berlino alcuni mesi dopo la sua nomina a cancelliere, sostenne che nella sola Berlino ci fossero da 600.000 a 700.000 comunisti. Come si pu immaginare un futuro tedesco se non fermiamo questa espansione? Dobbiamo combattere fino alla fine quelle tendenze che hanno divorato lanima della nazione tedesca73. Non si poteva avere un futuro degno per il popolo tedesco se prima non si spazzava via chi, come i comunisti, avevano divorato lanima e minato alle basi la nazione tedesca. Durante il suo regime, il ricorso al complotto giudaico-comunista fu continuamente usato per individuare la causa dei problemi che la sua tirannia non riusciva a risolvere. Il capro espiatorio per non solo una persona o un gruppo, ma pu essere una situazione o particolare evento, sul quale far ricadere, nella campagna propagandistica, le colpe di alcuni errori e inefficienze. Molti governi democratici, ad esempio, im72 Citato in G.W. Prange, (a cura di) Hitlers words, American Council on Pubblic Affairs, Washington, 1944, p. 71. 73 Ivi, 254.

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putano le colpe dei loro insuccessi economici e politici a cause intangibili (la crisi economica internazionale, il flop della new economy) o eventi catastrofici, come l11 settembre o un grosso cataclisma.

2.3 Tecniche di trasmissione della propaganda Si vista lestrema importanza rivestita dalle varie tecniche di produzione della propaganda. La creazione del messaggio propagandistico deve passare attraverso luso di alcune tecniche, di cui si data una illustrazione. Ora invece ci si soffermer sulle tecniche di trasmissione dei messaggi propagandistici i quali risultano essere altrettanto importanti.. Metodi comuni di trasmissione della propaganda comprendono: notiziari, dispacci governativi, revisionismo storico, volantini, film propagandistici, libri, poster, canzoni, comizi, arte. Notiziari. Uno dei primi ed efficaci metodi di trasmissione della propaganda il notiziario. La propaganda, non lo si dovrebbe mai dimenticare, decisamente informativa. Anzi possiamo dire che il ruolo di informazione cruciale per una coerente campagna elettorale. Non si ha propaganda senza un coordinamento e una gestione dellapparato informativo. Le notizie che devono giungere allopinione pubblica, devono essere coerenti e ben coordinate con tutto lapparato informativo, e devono rinforzarsi a vicenda. Vien da s come nei regimi totalitari, questo metodo sia molto pi utilizzato e gestito dal potere centrale che non nelle societ libere e democratiche. Dispacci governativi. Ogni apparato governativo predispone un organismo attraverso il quale informare i propri cittadini. Nelle dittature esso diventa essenzialmente un organo e principale mezzo della propaganda, attraverso il quale dare tutto un insieme di informazioni che non possono essere ufficialmente smentite poich la censura sopprime ogni informazione in antitesi con la versione ufficiale. Nelle societ democratiche invece

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i dispacci governativi devono essere visti come un tentativo di fornire una chiave di lettura e di interpretazione alloperato del governo. Ovviamente la versione diramata in qualche misura favorevole ad esso, ma a differenza delle dittature, lopposizione pu far valere la sua posizione. Come si vedr meglio successivamente, tra i giornalisti e le fonti ufficiali, viene a crearsi un clima di amicizia e di spontanea collaborazione, che tende a limare eventuali obiezioni limitandosi, spesso ma non sempre, a riportare acriticamente la versione ufficiale incline al potere. Storicamente gli odierni dispacci governativi possono essere paragonati agli Acta Diurna, a cui si gi accennato nel capitolo precedente, inventati probabilmente da Cesare e che avevano il compito di tenere informati i Romani, e non solo, dando tutto un insieme di informazioni circa le attivit del Senato, riassunti di leggi e tutto quello che, secondo il senato, meritava di essere reso pubblico. Come facile intuire, dietro la presunta obiettivit si celavano spesso intenti propagandistici ed anche per questo gli Acta Diurna persero, con il passare del tempo la loro importanza. Revisioni storiche. Aspetto molto delicato e controverso. La rivisitazione storica pu divenire un ottimo mezzo di diffusione di principi propagandistici, quando riesce a rappresentare un determinato evento storico o il ruolo di un popolo con una veste quasi aurea. La modalit quella che, poco prima, si definita come proiezione e la si pu attuare anche revisionando la storia, alcuni avvenimenti, alcune date ed alcune condotte. Modificare alcuni eventi storici pu servire al propagandista ad aizzare lodio contro un popolo o etnia, reo di aver commesso qualche errore in passato e sulla base di questo giustificare il proprio operato. Pu anche essere utilizzato per esaltare il ruolo storico che un popolo o nazione ha avuto nel corso del tempo o nascondere ai propri cittadini le nefandezze del proprio passato74.
74 Particolarmente interessante a tal proposito stata la crisi, ribattezzata dei libri di storia, tra la Cina e il Giappone nella primavera del 2005. La revisione storica dei libri adottati nelle scuole nipponiche che cancellava le angherie e le nefandezze del regime giapponese durante loccupazione della Cina, in particolar modo della Manciuria, ha

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La strumentalizzazione della storia stata unarma propagandistica utilizzata fin dai tempi di Velleio Patercolo, il quale, sotto limpero di Tiberio scrive una storia a questi favorevole75. Egli cerca di
dimostrare che tutto il movimento della storia universale approda a Tiberio che ne costituisce il coronamento. La storia serve sia come difesa sia come occasione per dimostrare leccellenza del regno. I temi principali sono la denigrazione delle antiche grandi famiglie (che si oppongono al nuovo regime), la lode per gli uomini nuovi (secondo la linea politica di Tiberio), il trionfo di Roma sui Parti, la legittimit dellImpero76.

Velleio Patercolo apre la strada a questo nuovo modo di propagandare le virt di un regime, leader o popolo, strumentalizzando la storia ai propri fini. Ma revisione significa anche adattare i testi classici alle esigenze del regime. Molto spesso la revisione si accompagna alla censura, alluso di parole virtuose, alla ricerca del capro espiatorio sul quale far ricadere eventuali colpe e, infine, alletichettatura. Libri. Essi possono essere libri di lettura che contengono messaggi propagandistici, saggi ma anche libri scolastici. In questultimo caso la forma propagandistica decisamente pi grave, poich avviene forzatamente usufruendo dellistituzione educativa. Caso assai pi diffuso nei regimi dove il governo controlla tutto e cerca di coordinare in maniera coerente in tutti i campi il messaggio propagandistico, che non nelle democrazie dove vige la libert di insegnamento, anche se allinterno di direttive nazionali. La propaganda allinterno dellistituzione scuola nelle democrazie pressoch inesistente,
comportato una feroce reazione dellopinione pubblica cinese, che scesa in piazza in tutti gli angoli della Cina, dando il via a manifestazioni anti-giapponesi. Il Giappone con la sua politica revisionista ha ottenuto leffetto contrario, poich i giapponesi si sono interrogati sul perch di tanto astio nei loro confronti da parte dei vicini cinesi ed hanno ri-scoperto il loro, non proprio edificante, passato. 75 Per un approfondimento del ruolo propagandistico avuto da Velleio Patercolo si rimanda a I. Lana, op cit. 76 J. Ellul, Storia cit., p. 33.

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a meno che non si prende in considerazione la propaganda commerciale, ovvero il peso della pubblicit nelle scuole private. Volantini. Classico esempio di propaganda elettorale. Guardando le citt durante le campagne elettorali ci si accorge dellinnumerevole numero di volantini distribuiti ai cittadini, nei quali si cerca di propagandare le virt e le doti del singolo candidato o della coalizione. Sebbene i volantini siano tipici della propaganda elettorale e sia caratteristico di questo particolare momento della vita politica di un Paese, lo si pu riscontrare in altre situazioni. Esistono i noti volantini della propaganda commerciale, ovvero i volantini pubblicitari che reclamizzano le qualit di un particolare prodotto; esistono i volantini distribuiti, in maniera semi-clandestina, da gruppi antagonisti e/o estremisti e in periodi di dittatura da gruppi di resistenza; esistono i volantini lanciati dietro il fronte nemico, nella pi classica delle Psycological Operations (PSYOPS) 77 ; ma esistono anche i volantini sportivi, distribuiti da gruppi di tifosi per inneggiare alla propria squadra e per propagandare la propria appartenenza sportiva. Storicamente le prime forme di volantini comparsi nellEuropa occidentale risalgono al 1400 circa quando cominciarono a circolare libelli e volantini contenenti consigli pratici e utili. Erano rivolti al popolo e perci scritti con carattere semplice e con illustrazioni. Non avevano niente di propagandistico. Chi li utilizz per diffondere idee e pensieri fu Lutero che trasform questi semplici ed innocui libelli o volantini in mezzi di propaganda. Film propagandistici. Un capitolo molto attuale e spinoso e che per ragioni di spazio non possibile affrontare a pieno, il tema dei film propagandistici. Qui basti ricordare come la guerra fredda, ad esempio, si sia combattuta anche sui grandi scher77 Per un approfondimento della tematica si rimanda alla dettagliata lista offerta da Philiph Taylor, http://ics.leeds.ac.uk/papers/vf01.cfm?folder=64&outfit=pmt (12 Novembre 2010)

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mi e come la cinematografia sia stata ampiamente utilizzata da tutte le grandi dittature. Non a caso Mussolini fece mettere su di una parete nel cantiere degli studi di Cinecitt a Roma, in occasione della posa della prima pietra, il 26 gennaio 1936 il celebre slogan: Il cinema larma pi potente78. Tuttora negli Stati Uniti, ma non solo, si cerca di utilizzare, in chiave propagandistica, il fascino del cinema come tecnica di trasmissione di alcuni valori e ideali attinenti al loro modello di societ. Poster. Anche in questo caso ci si trova dinanzi ad una classica tecnica di trasmissione della propaganda elettorale, ma con un particolare in pi: i poster sono ampiamente utilizzati in tutte le societ, ed in particolar modo in quelle dispotiche. Se vero che durante le campagne elettorali le citt delle societ libere sono tappezzate di poster anche vero che questo sintomo di democrazia e dunque cosa assolutamente positiva, quando la pluralit dei volti viene garantita. Nei totalitarismi invece la faccia del dittatore ovunque, sintomo evidente del monopolio delle scena pubblica da parte di un unico soggetto e dunque dellassenza di una alternativa democratica. La musica. Le canzoni popolari sono un eccellente modo di trasmissione di messaggi propagandistici. Assolvono inoltre anche al compito di rafforzare il sentimento di appartenenza nazionale o identitaria o sono un ottimo mezzo per diffondere alcuni slogan tipici. Tutti i regimi impongono le proprie canzoni e inni, che devono essere appresi sin da tenera et. Inoltre la musica tocca le corde dellemotivit, aumenta il senso di partecipazione e di appartenenza e infine permette di diffondere in maniera divertente alcuni messaggi propagandistici. Lutero ad esempio utilizz canzoni propagandistiche composte su arie popolari, riuscendo cos a sfruttare la familiarit di alcune canzoni modificandone il testo ed inserendovi messaggi propagandistici. La musica, come particolare forma espressiva dellarte, riesce a
78 N. Marino, E.V. Marino, LOvra a Cinecitt. Polizia politica e spie in camicia nera, Bollati Boringhieri, Torino, 2005.

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stimolare le coscienze e far nascere, in chi le canta e le ascolta, un forte senso di appartenenza. I raduni o comizi. Hitler preferiva convocare i grandi comizi e le adunate prima dellora di cena, quando lo stomaco brontolava e la gente aveva fame. Secondo lui questo stratagemma funzionava poich la gente affamata era pi facilmente suggestionabile. I comizi sono stati per lunghi periodi, si pensi al dopoguerra in Italia, i luoghi ideali per la propaganda elettorale, oggi pian piano sostituiti dalla Tv e in misura crescente da Internet. I bagni di folla, per, mantengono il loro fascino e nessuna dittatura o leader politico sembra volersene e potersene privare79. Arte. Il connubio arte-propaganda potrebbe suonare quasi contraddittorio, ossimorico verrebbe da dire, dato che larte sembra implicare la ricerca della libert di espressione, della verit e della bellezza. Tutto il contrario di quello che la propaganda pare invece rappresentare, ovvero costrizione, menzogna, organizzazione della comunicazione per promuovere una determinata forma di societ o modello di vita. In realt questo potrebbe essere vero se ci si limitasse a vedere ed analizzare la propaganda prendendo in esame solo la sua connotazione negativa. Larte deve essere vista come parte integrante di quel complesso groviglio di forme e metodi utilizzati dal propagandista per favorire la diffusione di alcuni valori o modelli societari. La propaganda infatti, nel tentativo di mobilitare a proprio favore lopinione pubblica, fa leva sullemozione, ragion per cui necessario fare affidamento su chi, per mestiere ed inclinazione personale, tende a scuotere le coscienze e suscitare forti emozioni. Gli artisti, pi di altri, con le loro opere e la loro espressivit riescono a colpire e scuotere gli animi della popolazione. Bisogna per distinguere tra i liberi professionisti assol79 Eccezioni che confermano la regola sono quei dittatori quali Pol Pot in Cambogia o leader che non amano farsi riprendere dalle telecamere e incontrare il pubblico preferendo vivere allombra dei riflettori.

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dati a favore di una causa e gli artisti liberi che per ragioni personali partecipano alla campagna propagandistica. necessario fare pertanto una distinzione tra quegli artisti che credendo negli ideali della rivoluzione o dei valori statuali, offrono, per cos dire, volontariamente la loro creativit espressiva al servizio del governo, e chi invece, al contrario, deve lavorare e mettere la propria attivit a disposizione del governo. Bisogna per precisare quanto spesso sia difficile tracciare una linea netta tra i volontari e i mercenari dellarte al servizio della propaganda. O meglio mentre questi ultimi sono oggi pi facilmente identificabili, si pensi alle agenzie di pubbliche relazioni che utilizzano gli strumenti della pubblicit per propagandare idee, messaggi e valori del miglior acquirente, il lavoro di identificazione dei volontari risulta essere opera pi complessa e ardua. difficile, ad esempio, capire il livello di coinvolgimento emotivo degli artisti durante la prima e la seconda guerra mondiale. Poeti, pittori, scultori eccetera, hanno, in tutti i fronti, partecipato attivamente alla campagna propagandistica, cercando di esaltare la eroicit delle proprie truppe e stigmatizzando lavversario. difficile, in un simile contesto, capire dove finisca la libert di espressione e inizi lasservimento al proprio stato in un periodo cos delicato. Ancora pi difficile riuscire a capire il contributo di artisti e poeti alla propaganda di regime. Artisti quali Alessandro Bruschetti80 e Renato Bertelli81 durante il regime fascista in Italia e artisti del calibro di Heymann o Witte82 durante la Germania nazista, hanno dato un notevole contributo alla propaganda nei rispettivi regimi. In questi casi assai diffi-

80 Celebre pittore italiano autore di molte opere che esaltavano il fascismo tra i quali bene ricordare: Sintesi fascista del 1935. 81 Scultore italiano che annovera tra le sue pi importanti opere: Profilo continuo di Mussolini, unopera in ceramica che riporta il profilo del dittatore su due fronti con la scritta Dux in verticale. 82 I pittori e scultori nazisti impegnati nelledificare le magnificenza del popolo tedesco e del suo dittatore sono davvero tanti e i due su citati sono tra gli esempi pi illustri. Per un maggior approfondimento del tema si rinvia T. Clark, Art and Propaganda, George Weidenfeld and Nicolson Ltd, London, 1997.

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cile capire dove finisca il contributo alla causa o lasservimento, per comodit, alla dittatura.

La propaganda di guerra e la formazione dellopinione pubblica

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PARTE II. LA PROPAGANDA DI GUERRA E LA FORMAZIONE DELLOPINIONE PUBBLICA

CAPITOLO III. COME CONQUISTARE LOPINIONE PUBBLICA PRIMA, DURANTE E DOPO I CONFLITTI

3.1 Cosa lopinione pubblica e il ruolo della propaganda


Prima di immergerci nello studio delle tecniche di conquista dellopinione pubblica prima, durante e dopo i conflitti, necessario soffermarci un attimo a riflettere sul concetto di opinione pubblica. Per ragioni di spazio si delineeranno solo alcuni dei principali aspetti del fenomeno che meriterebbe, invece una trattazione pi esaustiva. Pochi tra i classici hanno cercato di fornire una definizione esatta del fenomeno. Il concetto Public Opinion compare per la prima volta intorno al XVIII secolo in Inghilterra, anche se si tratta, per, solo della comparsa del termine e non di un vero e proprio tentativo di tematizzazione e argomentazione83. Si comincia dunque a parlare di opinione pubblica gi intorno al 1700, ma nel XIX secolo che il concetto viene analizzato in riferimento al contesto politico e sociale, cosa che permette unanalisi pi seria e significativa. Lopinione pubblica cio comincia ad essere vista in relazione alla sua forza di guida e in83 Si veda P.F. Lazarsfeld, Metodologia e ricerca sociale, Il Mulino, Bologna, 1967, p. 894.

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Parte II

fluenza dellazione dei governi, alle sue caratteristiche essenziali ma soprattutto comincia ad essere analizzata in relazione con gli istituti della sfera pubblica, quali la libert di stampa, lassociazionismo e altre forme di coesione sociale. Uno dei primi e interessanti lavori di analisi del fenomeno si deve a MacKinnon che intorno al 1830 cerc di studiare il fenomeno e capire in che modo esso concorresse e fosse funzionale alla democrazia84. Da allora varie riflessioni e ricerche, in diversi ambiti e discipline, hanno investigato il fenomeno, fornendo sempre maggiori dettagli. Lambito disciplinare che ha prodotto il maggior numero di studi stato senza dubbio quello delle scienze politiche, cosa testimoniata dallenorme bibliografia prodotta tra gli anni 30 e 70 del secolo appena trascorso85. Tutte queste analisi tuttavia, pur affrontando ed investigando il fenomeno con criteri scientifici, non riescono a risolvere tutto un insieme di questioni di fondo di natura teorico-concettuale. In altri termini esse hanno s il merito di affrontare e dare dignit al fenomeno ma lasciano, per lo meno in parte, in sospeso questioni sostanziali e teoriche. Una delle principali difficolt che si riscontra nellaffrontare le questioni concettuali quella di dare una definizione alla nozione di pubblico. I pi comuni tentativi di definizione del fenomeno prendono in considerazione due distinti elementi che danno poi luogo al pubblico come entit a s stante: linteresse comune per un problema o tema che, in qualche modo, delimita quellinsieme di persone che formano il pubblico e la sensazione o percezione che anche altre persone reagiscano in modo simile alla stessa situazione, anche prescindendo dalla loro com84 W.A. MacKinnon, On the Rise, Progress and Present State of the World, London, 1832. In ambito statunitense invece il primo significativo lavoro in materia, ancora considerato importante, stato quello di A.L. Lowell, Public Opinion and Popular governament, Longman-Green, New York, 1913. 85 Le pi importanti opere che costituiscono lossatura dellanalisi sul fenomeno opinione pubblica sono quasi interamente il frutto di analisi provenienti dal mondo socio politico quali: M.B.Ogle, Public Opinion and Political Dynamics, Boston, 1950; N.J.Powell, Anatomy of Public Opinion, A.A. Knopf, New York 1951; V.O. Key, Public Opinion and American Democracy, A.A. Knopf, New York, 1951; F.G. Wilson, A theory of Public Opinion, H. Regnery Co., Chicago, 1962.

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presenza fisica. Questultimo punto, ovvero laspettativa che altri reagiscano allo stesso modo dinanzi al medesimo issue, della massima importanza, poich ci permette di capire come lopinione pubblica si formi anche sulla base della percezione che degli altri si ha. Questo fenomeno ben evidenziato dalla ricerca di Davison, il quale parla di pubblico come di un insieme di individui che pur non conoscendosi lun laltro reagiscono ad un problema con laspettativa che anche altri mostreranno atteggiamenti simili sullo stesso tema 86 . Da questo si deduce che lopinione pubblica formata da persone che sono in qualche misura influenzate dallaspettativa di approvazione o di azioni simili da parte di altre. In realt il problema della diffusione del concetto di opinione pubblica molto pi complesso e articolato di quanto si potrebbe credere a tutta prima e di quanto si possa render conto qui87. Lopinione pubblica non e non pu essere la semplice somma delle opinioni di un numero di persone ma un processo dinamico, attivo, e come tale deve essere vista ed esaminata in una dimensione processuale. Come Cooley sottolinea
Lopinione pubblica non un semplice aggregato di giudizi individuali separati, ma costituisce unorganizzazione, un prodotto cooperativo della comunicazione e dellinfluenza reciproca. Essa differisce dalla somma di quello che gli individui hanno elaborato separatamente cos come una nave costruita da cento uomini differisce da cento barche costruite da cento uomini88.

Lopinione pubblica non dunque lagglomerato di tante idee individuali, proprio perch ogni opinione ha un peso diver86 Si veda W.P. Davison, The Public Opinion Process, in Public Opinion Quarterly, vol. 22, n.2, pp.91-106. 87 Vi chi, come Allport effettua una separazione netta tra pubblico ed altri aggregati di persone quali folla o massa; in proposito si veda F.H. Allport, Verso una scienza dellopinione pubblica, in M. Livolsi (a cura di) Comunicazione e cultura di massa, Hoepli, Milano, 1969. Vi anche chi, come Bourdieu, critica lesistenza stessa dellopinione pubblica, affermando che essa in realt non esiste; P. Bourdieu, Lopinione pubblica non esiste, in Problemi dellinformazione, a. I, n.1. 1976, pp. 7188. 88 Ch. H. Cooley, Lorganizzazione sociale, Comunit, Milano, 1963, p. 96.

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so e lopinione pubblica si forma attraverso la pubblica discussione, cosa che mette in risalto, come appena sottolineato, la sua dimensione dinamica89. Si ritenuto importante puntualizzare il carattere dinamico dellopinione pubblica e la componente dellaspettativa poich questi due elementi ci permettono di capire come la sua formazione sia un processo mobile, attivo e come tale influenzabile da tutto un insieme di fattori. Bourdieu mette in evidenza come essa sia influenzata dal grado di istruzione, dalla vicinanza dei soggetti al problema in questione, da questioni meramente soggettive e da tutto un insieme di altri fattori90. Secondo Lippman nellanalisi dellopinione pubblica necessario tenere presente il rapporto triangolare esistente tra la scena dellazione, la rappresentazione che luomo si fa di questa scena e la reazione a tale rappresentazione, rioperante a sua volta sulla scena dellazione91. Aspetto pi spinoso quello che vuole investigare in che modo e che peso ha la propaganda nella formazione dellopinione pubblica. Aiutandoci ancora con Lippmann si pu ritenere che la propaganda sia lo sforzo di modificare limmagine a cui reagiscono gli individui, di sostituire un modello sociale ad un altro92. La propaganda agisce dunque a livello percettivo, cerca di influenzare limmagine e la rappresentazione che lindividuo si crea dellambiente circostante, modificando cos la modalit con la quale si risponde e reagisce al contesto sociale in cui si immersi. La propaganda, come sottolinea a ragione Lippmann, essenzialmente la sostituzione di un modello sociale ad un altro, poich agendo a livello della rappresentazione che di una cosa, azione e modello societario, si ha, si pu modificare la reazione ad esso.

89 Per unanalisi pi approfondita del processo dinamico dellopinione pubblica si rimanda a H. Blumer, Public opinion and public opinion polling, in American Sociological Review, vol. 13, n. 5, pp. 542-554. 90 P. Bourdieu, Lopinione pubblica cit., p. 84. 91 W. Lippmann, Lopinione pubblica. La democrazia, gli interessi, linformazione organizzata, Donzelli virgolette, Roma, 2004 (ed. originale 1922), p. 22. 92 Ivi, p. 20.

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Chi studia il fenomeno dellopinione pubblica non pu non tenere presente quella reazione triangolare di cui Lippman parla, cos come chi analizza il fenomeno propaganda non pu non tenere presente che essa agisce a livello percettivo, cercando di cambiare ed influenzare la percezione della realt stessa. Ecco allora come il rapporto tra propaganda e formazione dellopinione pubblica emerge con tutta la sua forza, poich lopinione pubblica un fenomeno processuale che si forma sulla base della percezione e dellaspettativa che si ha degli altri. La propaganda agisce a questo livello modificando, e in alcuni casi creando, unaspettativa favorevole al propagandista in modo tale da influenzare la formazione di una opinione pubblica favorevole al gruppo di interesse. Quanto maggiore sar la capacit di agire a livello percettivo e dellimmaginario, tanto maggiore sar la capacit di influenzare la formazione di unopinione pubblica favorevole. Si visto come allinterno delle democrazie la sua conquista debba essere considerata come un passo imprescindibile dellazione di governo. Nel perseguimento di questo obiettivo ogni forma di governo cerca, attraverso la propaganda, di influire, modificando a proprio piacimento le immagini che del mondo esterno ci creiamo: immagini che spesso possono essere fuorvianti. Sempre seguendo le indicazioni di Lippman si pu vedere come i principali fattori che limitano laccesso ai fatti, determinando cos unimmagine errata della realt esterna sulla base della quale si reagisce e si prende posizione, sono dovuti a:
censure artificiali, le limitazioni dei contatti sociali, il tempo relativamente scarso che ogni giorno si pu dedicare a seguire gli affari pubblici, la distorsione prodotta dalla necessit di comprimere i fatti in messaggi brevissimi, la difficolt di esprimere un mondo complicato con un piccolo vocabolario, e infine la paura di affrontare quei fatti che sembrerebbero minacciare il consueto svolgimento della vita degli individui93.

93

Ivi, pp. 22-23.

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Questo insieme di elementi che determinano la fuorviante percezione e immagine che della realt ognuno di noi si crea, sono compresenti nella nostra realt quotidiana. Alcuni di essi sono dovuti ad elementi oggettivi, quali il tempo sempre pi limitato che si tende a dedicare alla cosa pubblica o alla scarsit di relazioni e contatti umani che si hanno con gli altri; vi sono elementi strutturali quali ad esempio la distorsione oggettiva della rappresentazione della realt operata dai notiziari o la difficolt di esprimere cose complesse con un piccolo vocabolario; infine alcuni elementi sono soggettivi, ovvero volontariamente creati per influenzare la percezione della realt. Si pensi al lavoro della pubblicit o delle agenzie di pubbliche relazioni che utilizzano le medesime tecniche con lobiettivo di trasformare ed influenzare la nostra percezione della realt per indurci a reagire in un determinato modo, in relazione ai loro obiettivi. La propaganda per non solo quella operata dalle varie forme di governo legittimamente o meno costituitesi, ma anche quella esercitata dalle lite economiche, dalle corporations il cui ruolo allinterno della nostra vita sempre crescente94. Esse cercano, attraverso le forme pi sofisticate di propaganda, di creare unopinione pubblica pi accondiscendente verso i loro obiettivi, per dare legittimit al loro dominio e renderlo cos naturale95. Il mito dellindipendenza dei media e della loro presunta innocenza amplifica questo processo.

94 Il ruolo che queste grosse multinazionali rivestono nella nostra vita stato magistralmente descritto dal film-documentario, M. Achbar, J. Abbot, J. Bakan, The Corporation, Fandango Edizioni, Roma, 2005. 95 Sul ruolo delllite al potere si veda Ch. Wright Mills, The Power Elite, Oxford University Press, New York/Oxford, 1958. Per un maggior approfondimento sullintreccio media, politica ed economia e il ruolo della propaganda si veda N. Chomsky, Media Control: The spectacular achievements of Propaganda, Open Media Pamphlet Series, Seven Stories Press, New York, 1997.

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3.2 La propaganda come arma di guerra


Si visto come durante la prima guerra mondiale sia venuta ad emergere quella che oggi noi definiamo propaganda nel senso stretto del termine. Si anche avuto modo di vedere come, nel corso della storia, si fatto appello ai sentimenti e ai valori capaci di scuotere le coscienze, perch essi fossero poi strumentalizzati e trasformati in odio contro il nemico. Ci stato possibile grazie al fenomeno che oggi chiamiamo propaganda, ma che non sempre in passato stato identificato con questo termine. La propaganda gioca, durante i conflitti, un ruolo di primaria importanza. Non esagerato ritenere che la propaganda e la guerra abbiano sempre proceduto di pari passo sorreggendosi lun laltra. Come Taylor sostiene
La guerra essenzialmente la comunicazione organizzata della violenza. La propaganda essenzialmente un processo organizzato di persuasione. Mentre la prima attacca il corpo, la seconda assale la mente. Una fisica laltra psicologica. Durante la guerra entrambe sono in funzione. La propaganda tenta di rafforzare il morale da un lato e di inculcare la volont di combattere dallaltra. In tal modo sebbene la propaganda non possa da sola vincere guerre, unarma di portata non inferiore a cannoni e bombe.96

Al pari delle armi, che con il passare del tempo sono diventate sempre pi sofisticate, anche la propaganda si evoluta e le sue tecniche si sono perfezionate. Ai disegni nelle caverne prima e ai poemi epici dopo, si vengono oggi a sostituire forme sempre pi complesse e raffinate che comprendono documentari televisivi, film di guerra, messaggi alla nazione tramite la TV, siti internet e cosi via. Questi elementi propagandistici, definiti da Taylor munizioni della mente, hanno sempre avuto la loro importanza e rilevanza nel corso della storia. Hanno mobilitato masse in difesa dei propri confini, hanno sorretto le truppe che
96 Philp M. Taylor, Munitions of the mind. War propaganda from the ancient world to the nuclear age, Patrick Stephens Limited, Glasgow, 1990, p. 11. Traduzione mia.

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andavano in battaglia, hanno sollevato il morale dei soldati. Come si gi evidenziato, la propaganda non di per s un elemento negativo, n mistificatorio e durante i conflitti essa ha il deliberato e ben organizzato compito di persuadere la popolazione a combattere o a sostenere le ragioni della guerra. Ci che invece pu essere sbagliato sono le cause che possono spingere alla guerra. Va comunque precisato come vi possano essere cause giuste, per le quali valga la pena combattere, ed altre cause meno nobili e le cui reali motivazioni non vengono rese pubbliche e non concorrono cos a formare lopinione pubblica. Si costruisce allora una campagna propagandistica ad hoc con il manifesto obiettivo di fornire alla guerra una ragione pi dignitosa o eticamente giusta capace di smuovere le coscienze e mobilitare le masse, le quali avranno lillusione di muoversi in difesa dei principi propagandati e non degli interessi personali di chi trae vantaggio dai conflitti. La propaganda un mezzo, un processo che diffonde unidea o opinione per ottenere un determinato scopo. Come lo stesso Taylor ammonisce
Quello che distingue la propaganda dagli altri metodi di persuasione la questione dellintento. La propaganda usa la comunicazione per convogliare un messaggio, una idea, o una ideologia che designata per servire gli interessi della persona o delle persone che stanno comunicando. [] il punto chiave che la propaganda designata in primo luogo a servire gli interessi della sua fonte97.

I sistemi democratici, per loro stessa natura, necessitano dellappoggio del popolo, o perlomeno della sua maggioranza, per la codificazione delle leggi o provvedimenti e, pi in generale, per tutta lattivit di governo. necessario, dunque, avere il sostegno della maggioranza dei cittadini poich ad essi devono rispondere del proprio operato. La propaganda dunque il mezzo per conquistare lopinione pubblica. Questo vale per le cose di ordinaria amministrazione e, a maggior ragione, per le cose di straordinaria amministrazione. Tra queste ultime spicca
97

P.M., Taylor, Munitions of the Mind. War propaganda, cit, p. 12. Traduzione

mia.

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inevitabilmente la guerra, che per eccellenza un fattore che esula dalla quotidianit e normalit di una amministrazione. La nostra cultura, cos come buona parte delle costituzioni dei Paesi occidentali, nasce dal rifiuto della guerra come mezzo offensivo e ad essa si dovrebbe giungere solo in casi di estrema necessit e dopo che tutte le vie diplomatiche sono state tentate. Come sottolinea la Savarese alla guerra si arriva quando le menti sono accecate e la ragione non in grado di risolvere il conflitto98. La guerra va vista come lultima delle soluzioni possibili, la pi estrema e dolorosa ma spesso inevitabile e necessaria. Nelle libere democrazie per imprescindibile il consenso della maggioranza, consenso che non sempre scontato e facile da ottenere99. Nel caso di unaggressione facile che questo consenso nasca spontaneamente dal basso: il caso di una invasione militare da parte di un Paese straniero o, come successo l11 settembre, di un tragico e devastante attentato terroristico. Casomai in questi casi si tratter di strumentalizzare lindignazione e lo sdegno, trasformandoli in consenso per il governo100. Ben diverso il caso in cui non vi siano reali e imminenti pericoli. La campagna propagandistica servir allora per disporre e spingere lopinione pubblica a sostenere le scelte governative.

R. Savarese, op. cit. p. 1. Su questo punto si molto dibattuto in occasione delle manifestazioni contro la guerra in Iraq nel 2003. Milioni di persone in tutto il mondo hanno manifestato il proprio dissenso, cosa che ha fatto dire a qualcuno che i sostenitori della guerra erano in minoranza e che i governi agivano senza il necessario sostegno dellopinione pubblica. In realt la situazione ben pi complessa di quanto si vorrebbe credere. Negli Stati Uniti, ad esempio, non certo se la maggioranza delle persone fosse contraria alla guerra o perlomeno non ha manifestato questo dissenso. In Italia invece la maggioranza delle persone era contraria alla guerra, ma il governo andato in Iraq non in guerra ma in missione di pace. Questo escamatoge non solo ha permesso al governo di aggirare larticolo 11 della nostra costituzione ma anche di aggirare il veto posto dallopinione pubblica. 100 Unoperazione in parte portata avanti dallamministrazione Bush che ha strumentalizzato lo shock degli attentati terroristici dell11 settembre per convogliare lo sdegno e la paura in consenso per loperato del Presidente.
99

98

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3.3 Preparare lopinione pubblica alla guerra


Non si arriva ad una guerra senza aver prima predisposto, favorevolmente, lopinione pubblica. Il coinvolgimento militare di uno Stato, infatti, richiede una duplice preparazione: quella militare e quella mediatica. La prima parte, lungi dallessere affrontata in questa sede, procede sempre di pari passo con la preparazione, sul livello mediatico, dellopinione pubblica. La guerra un fattore eccezionale, di non-routine, che esce dai normali schemi della vita democratica di uno Stato. Richiede perci una lunga e attenta preparazione prima di essere offerta al pubblico, dal quale deve ricevere approvazione e sostegno. Innanzitutto deve essere depauperata dei suoi lati crudi, violenti; la guerra non pu essere presentata con le sue vesti di crudelt, ma deve esserne spogliata e rivestita con abiti meno grigi e pi sgargianti. Fuor di metafora, i cittadini chiamati ad esprimersi e dare il loro nullaosta alla guerra, vengono preparati ad essa in maniera metodica e sapiente. La propaganda larma per conquistare lopinione pubblica. Phillip Knightley, in un articolo apparso sul The Guardian, ha messo in evidenza come esistano quattro tappe nel preparare una nazione allingresso in guerra:
La crisi: riportando la situazione di crisi che i negoziati non sono capaci di risolvere. I politici, mentre lavorano per la diplomazia, mettono in guardia sulla possibilit di una ritorsione militare. I media riportano questo come Siamo sul punto di fare la guerra o La guerra inevitabile ecc La demonizzazione del leader dei nemici: equiparare il leader nemico con Hitler un buon inizio proprio per limpatto emotivo che il nome di Hitler evoca. La demonizzazione del nemico come individuo: ad esempio insinuando che il nemico sia insano. Atrocit. Anche montando storie che suscitino una forte reazione morale101.

101 P. Knightley, The disinformation campaign, in The Guardian, 4 Ottobre 2001, disponibile allindirizzo web: http://www.guardian.co.uk/Archive/Article/0,4273,4270014,00.html (febbraio 2004). Traduzione mia.

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Queste quattro tappe precedono lingresso di un Paese democratico in guerra. Ancora una volta si precisa Paese democratico, proprio perch una dittatura non ha bisogno di chiedere il consenso ai propri cittadini, poich il potere e lautorit su cui essa si basa non derivano dal popolo. Ci non significa ovviamente che nelle dittature non esista la persuasione e la propaganda, ma pi semplicemente che non necessaria per ottenere dai cittadini il nullaosta per qualche azione di straordinaria amministrazione, come le guerre appunto. Durante i conflitti le dittature compiono s un ingente sforzo propagandistico per mobilitare il popolo a sostenere moralmente e militarmente limpresa bellica, ma non lo fanno per avere il via libera, visto che possono agire senza bisogno di chieder loro un parere. Una dittatura pu insomma agire senza consultare lopinione pubblica, mentre una democrazia non pu farlo, perch necessita di essa e del suo sostegno e non soltanto durante il conflitto. I governi democraticamente eletti hanno il bisogno di persuadere i propri elettori della necessit del conflitto e convincerli che ci che fanno non solo giusto ma anche inevitabile, per quanto possa sembrare doloroso. La campagna propagandistica, affidata in primo luogo alla strumentalizzazione dei mass media liberi, serve per persuadere lopinione pubblica che la guerra che si ha intenzione di portare avanti fatta per difendere gli interessi dei cittadini ed fatta in loro nome102. La propaganda molto pi efficace quando i suoi messaggi sono veicolati spontaneamente e liberamente dai mass media e vengono avvertiti come informazione e non come propaganda. Il teatro della persuasione si svolge quasi tutto sugli schermi televisivi e sulla pagine dei giornali, e lo si fa sfruttando essenzialmente il fattore emotivo. Ora sempre maggiore importanza sembrano rivestire le nuove tecnologie dellinformazione e in particolare Internet, sia per mostrare immagini inedite, sia per aggiornare in tempo reale sugli sviluppi del conflitto, sia per le PsyOps.
102 Non un caso che uno degli slogan contro la guerra Not in my name (non in mio nome).

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3.4 Niente censura


Nellanalisi del ruolo della propaganda di guerra allinterno delle libere democrazie, lattenzione cade essenzialmente sulla situazione e la storia statunitense. Per evidenti motivi. Innanzitutto gli USA sono una delle pi grandi democrazie, dove la libert di stampa non solo garantita, ma costituisce uno dei pilastri sui quali si fonda lintera societ. Inoltre gli Stati Uniti sono spesso stati in prima fila e sotto locchio attento degli analisti, poich coinvolti in numerosi conflitti armati nel dopoguerra. Sono dunque il terreno ideale per studiare il rapporto mediaguerra e vedere come esso si evoluto nel corso della storia. Ma vi anche unaltra ragione: gli USA sono un po il punto di riferimento, non solo degli strateghi militari che si trovano a fronteggiare il problema di come gestire linformazione e la propaganda, ma anche di chi vuole analizzarla e capirne i meccanismi. Strateghi militari, analisti e giornalisti impegnati sul campo guardano con occhi diversi questo terreno, diverso e unico al contempo e ricco di informazioni. Lingresso in guerra di un Paese democratico deve essere seguito ed assecondato dai media, che possibilmente devono agire spontaneamente da cassa di risonanza. Si rende dunque necessario gestire i media, prima durante e dopo i conflitti, in modo tale che siano poi loro ad influenzare il pubblico portando avanti, in maniera del tutto autonoma, la propaganda e la linea ufficiale che quel determinato governo vuole. Non si sa in che misura i media riescano ad influenzare lopinione pubblica su argomenti cos spinosi e di capitale importanza, ma pare assodato che essi, messi nelle giuste condizioni, influiscano nel delineare lambiente sul quale si dibatteranno questioni cruciali per una nazione. Perlomeno questo quanto si evince da un documento redatto in occasione di una conferenza tenuta dal generale di brigata Mohammed Al Allaf, presso la National Defense University, National War College, nellaprile del 2001. Il titolo di per s emblamatico US Wars and CNN factor ovvero Le

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guerre americane e il fattore CNN 103 e d lidea dellimportanza che viene attribuita al fattore mediatico da parte dellestablishment militare. Allinterno del documento si legge
Non ci sono prove che i media, da soli, possano spingere i politici a cambiare drasticamente le loro posizioni politiche, soprattutto in materia di guerra e pace. Tuttavia, nelle condizioni giuste, i media possono esercitare un effetto potente nel configurare lambiente nazionale in cui politiche cruciali e decisioni di guerra devono essere messe in atto104.

Nel primo capitolo si avuto modo di vedere come il rapporto media-propaganda di guerra durante i due grandi conflitti abbia avuto unestrema importanza sia nelle democrazie che nei regimi totalitari, proprio perch tali conflitti hanno coinvolto tutte le attivit produttive e sociali del Paese. Il totale coinvolgimento della nazione nella guerra ha comportato uno sforzo propagandistico a tutto campo nel tentativo di mobilitare tutte le forze in supporto delle truppe; supporto, si badi bene, che doveva essere tanto morale quanto materiale, il che implicava notevoli sacrifici per lintera popolazione costretta a limitazioni e restrizioni sociali e materiali. In questa ottica deve essere vista, ad esempio, la tolleranza verso la gestione totale e totalizzante dellinformazione da parte dei governi democratici, gestione che in altri periodi e contesti sociali non sarebbe stata permessa ed accettata. Ora si punter lobiettivo sul connubio media-guerra focalizzando lattenzione sulluso della propaganda dal secondo dopoguerra ad oggi ed in particolar modo a partire dagli anni novanta in poi. La prima guerra utile sar pertanto la guerra di Corea. La televisione, intesa come il pi importante mezzo di comunicazione di massa, stava emergendo e non si aveva piena coscienza delle sue potenzialit. Oltretutto ragioni tecniche impedivano un suo uso a fini propagandistici da parte dei militari
103 M. Al Allaf, US Wars and CNN factor, disponibile allindirizzo web: http://www.ndu.edu/library/n2/n015605B.pdf (11 febbraio 2005) 104 Ibidem. Traduzione mia.

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statunitensi. Sempre secondo il generale Allaf I media inizialmente supportavano le strategie militari e riscuotevano successo nel generare un supporto pubblico nazionale, ma erano incapaci di forzare la loro agenda105. Il vero cambiamento di rotta lo si avuto con la guerra del Vietnam che ha fatto emergere per la prima volta la necessit di imporre un controllo politico militare delle informazioni. Da questa guerra deriva la necessit di controllare il flusso delle informazioni per evitare uno shock come quello dei reportage che giungevano dal fronte e che turbavano profondamente i telespettatori, non abituati e non pronti a vedere la barbarie della guerra entrare in casa. Il Pentagono forse esagera nel ritenere che lesito della guerra sia stata influenzata in maniera decisamente negativa dalle informazioni che giungevano dal fronte. Di certo si pu dire che quella guerra stata raccontata in tutta la sua crudelt, cosa che ha notevolmente influenzato lopinione pubblica, inizialmente favorevole al conflitto. In realt analizzando la modalit con la quale i media hanno coperto quella guerra ci si accorge dei vari cambiamenti intervenuti in corso. Infatti, mentre inizialmente la guerra viene raccontata come una marcia trionfale e la copertura mediatica piuttosto bassa, dopo il 1968 comincia ad essere raccontata in maniera pi regolare. La retorica ufficiale, appoggiata inizialmente dai mass media, fornisce una visione decisamente semplificata del conflitto, che vede il bene, ovvero la democrazia statunitense, impegnato a combattere il male, ovvero la dittatura nordvietnamita. Come quella di Corea anche questa guerra viene giustificata come una guerra giusta condotta contro il comunismo. Il 1968 ha segnato uno spartiacque nella rappresentazione di questa guerra, e non solo per il fervente clima politico e le contestazioni allinterno dei campus universitari, ma anche per un aspetto tecnologico: le immagini dal fronte si fanno sempre pi nitide e cominciano a fare la propria comparsa le prime teleca-

105

Ibidem. Traduzione mia.

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mere portatili, cosa che rende molto pi complesso il lavoro di censura diretta. Come la Savarese puntualizza
La telecronaca della guerra fu allinizio piuttosto soft. Solo il 22 per cento dei filmati mostrava immagini di violenza e solo il 24 per cento di essi fa vedere soldati e civili feriti o morti [] le storie prevalenti erano quelle degli american boys in azione. Anche se non veniva esercitata alcuna censura diretta operavano pur sempre le routine giornalistiche e le assunzioni ideologiche condivise con i militari106.

Sino al 1968 gli orrori non vengono mostrati e linformazione sulla guerra tende ad esaltare e a concentrarsi su alcuni aspetti che ritorneranno in varie guerre successive. La guerra viene semplificata mettendo i buoni contro i cattivi con la conseguente demonizzazione del nemico; viene esaltato laspetto eroico e patriottico dei nostri ragazzi sul fronte; il dissenso viene ridotto a fattore marginale e antiamericano; la personalizzazione delle storie dei nostri soldati al contrario del nemico che non ha un volto e una storia. Linformazione sulla guerra inizialmente molto soft mostrando rare immagini di durezza e concentrandosi sul lato umano dei soldati statunitensi. Dare un volto, una nome e una storia ad uno dei tanti soldati sul fronte serviva per rendere emotivamente pi vicini i militari a chi seguiva le vicende dal salotto di casa. Un classico esempio di questa personalizzazione della guerra quella riportata da Cumings.
I coraggiosi hanno bisogno di leader. Questo un leader di uomini coraggiosi. Si chiama Hal Moore. Viene da Bardstown, Kentucky. sposato e padre di 5 figli. Sono i migliori soldati del mondo. In effetti, sono i migliori uomini del mondo. Sono ben preparati, ben disciplinati [...]. La loro motivazione formidabile. Sono venuti qui per vincere107.

Questo ed altri racconti simili rendevano la guerra pi umana, dandole volti e nomi. Questa personalizzazione non solo
106 107

R. Savarese, op. cit., p. 119. Cit. in B. Cumings, Guerra e televisione, Baskerville, Bologna, 1993. p. 120.

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dovuta ad una imposizione dallalto e da una necessit propagandistica, ma diviene una esigenza della nuova guerra trasmessa dalla tv. Uno studio di Hallin mette in luce infatti come la presenza della telecamera sulla scena bellica tende a produrre una nuova forma di manipolazione, in larga parte legata allesigenza che il mezzo televisivo ha di teatralizzare il racconto108. Hallin sostiene che il bisogno di personaggi e di personalizzare le notizie che la televisione ha imposto sono una costante dei resoconti televisivi, cos come lo la semplificazione del racconto essenzialmente basato sulle dicotomie buonocattivo. Questa variabile applicabile anche oggi poich far scorrere un racconto, accompagnato da immagini sempre pi spettacolari, lungo un binario convenzionale che vede contrapposti il bene e il male, semplifica notevolmente il lavoro della redazione giornalistica. Nei pochi minuti, spesso secondi, che ad ogni pezzo vengono dati, si tende ad agevolare la comprensione dello spettatore, accompagnando la molteplicit di stimoli audio-visivi, con un resoconto semplice e lineare che spesso si basa appunto su questa manichea divisione. Nella ricerca di Hallin sono individuabili due elementi che, seppur riferiti alla guerra in Vietnam, risultano particolarmente pertinenti oggi: il primo la compresenza del giornalista con i militari sul luogo di battaglia, il secondo il processo di identificazione con le fonti109. Questi due aspetti sono oggi della massima importanza per chi pianifica la guerra e tiene presente tutte le sue sfumature, compreso laspetto mediatico. Mentre nel Vietnam quei due elementi erano quasi casuali ed erano dovuti, rispettivamente a ragioni di sicurezza e alla necessit di reperire informazioni, oggi entrambi questi aspetti sono ben pianificati e studiati. Anzi possiamo ritenerli due elementi cruciali della propaganda di guerra. Come vedremo meglio nelle pagine seguenti, nella guerra contro la RFY, la NATO rimasta la fonte principale delle informazioni, cosa che ha deci108 D. Hallin, The Uncensored War. The Media and Vietnam, University of California Press, Berkeley/Londra, 1989, p. 134. 109 Ivi, pp. 135, ssg.

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samente influenzato il resoconto dei media liberi che si sono, spesso involontariamente, trasformati come cassa di risonanza della propaganda alleata, mentre la compresenza dei giornalisti con i militari era, nel caso della guerra contro lIraq del 2003, non solo casuale ma anche obbligatoria. Rimanere la fonte delle informazioni e far convivere e muovere militari e giornalisti significa influenzare, in maniera significativa, i resoconti della guerra, allineandoli con la versione ufficiale. Ritornando alla guerra in Vietnam, si vede come con loffensiva militare vietnamita del 1968 si ha un cambiamento di rotta nella copertura giornalistica. Cominciano ad emergere le prime discrasie tra come la guerra viene raccontata e come i militari vogliono che lo sia. Cominciano le prime contestazioni e le immagini della guerra si dipingono di un colore sempre pi acre. A questo contribuisce anche il cosiddetto gap generazionale di quegli anni, che si presenta allinterno delle redazioni giornalistiche, con degli scontri anche accesi tra vecchia guardia e giovani reporter. La guerra viene fatta da giovani e raccontata da coetanei e questo, in qualche maniera, contribuisce ad incrinare il patto di lealt che, soprattutto in periodi di guerra, si instaura tra media e istituzioni. Questo rapporto viene pian piano a raffreddarsi sino ad incrinarsi del tutto. Le scene di violenza perpetrate dagli statunitensi sui Vietcong vengono mostrate in TV e questo contribuisce non poco ad indignare lopinione pubblica, la quale prende sempre pi le distanze dal conflitto. Lappoggio popolare viene scemando giorno dopo giorno, cosa che, alla fine, influenza anche lesito della guerra. la televisione nel suo complesso che modifica in maniera sostanziale lo scenario bellico. Non si pu non prendere in considerazione il fatto che lorrore della guerra entri nelle case dei cittadini rendendoli in qualche misura partecipi, anche se come spettatori. Le visioni tristi e agghiaccianti del conflitto, con lavvento della televisione, divengono dominio pubblico e la guerra irrompe negli schermi e nella vita delle persone. Come sottolinea Marshall McLuhan, la guerra televisiva ha significato la fine della dicotomia tra civili e militari. Il pubblico adesso parte attiva in ogni fase della guerra e adesso le azioni prin-

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cipali di guerra vengono combattute nelle televisioni degli americani110. difficile stabilire con certezza quale influenza uninformazione libera di testimoniare abbia avuto sullesito finale della guerra. Forse, come si diceva, il Pentagono esagera nellimputare tutta la colpa della sconfitta in Vietnam ai mass media. Certo che essi influirono e il fattore informazione divenne sempre pi importante allinterno delle strategie militari. Il Vietnam ha messo anche in luce lerrore da parte dellamministrazione Johnson nel sottovalutare limportanza dei media durante le guerre, o meglio ha messo in luce limpreparazione nel gestire un nuovo fronte di guerra: quello dellinformazione. Il Vietnam fu la prima reale guerra combattuta in diretta e sotto locchio delle telecamere. Prima di allora la censura e il controllo totale delle informazioni che giungevano dal fronte era la regola. Con il Vietnam vi stato un primo tentativo di gestione delle informazioni, ma gli esiti di uninformazione libera non sono stati giudicati positivamente dai militari. La prima lezione che gli ufficiali statunitense hanno tratto dal Vietnam che necessario tenere calma lopinione pubblica nel proprio Paese fornendo una immagine purificata e pi nobile della guerra111. Da l in poi, lobiettivo sempre stato quello di impedire allopinione pubblica di influenzare lesito della guerra Oggi pi che mai si rende necessario riuscire a controllare linformazione poich, come ha fatto notare Umberto Eco, nella neoguerra, davanti allopinione pubblica, perde chi ha ucciso troppo. Ed dunque anche dinnanzi allopinione pubblica, quindi sui mezzi di comunicazione, che si combattono le neoguerre. Il campo mediatico e quello militare procedono congiuntamente. Essi sono sempre pi interdipendenti ed una loro azione disgiunta pregiudicherebbe lesito della guerra. Il Vietnam ha dunque messo in luce quanto sia controproducente intraprendere iniziative militari senza previamente garan110 111

M. McLuhan, War and Peace in the Global Village, New York, 1968, p. 134. Si veda M. Ragnedda, Warshow cit.

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tirsi una sua rappresentazione mediatica favorevole, tale non solo da consentirle di raccogliere il consenso, ma anche da permetterle una manipolazione in tempo reale degli eventi, conforme a quella che Piero Visani chiama la logica dellirrealt reale del mezzo televisivo.
I nuovi media saranno in grado di far vedere battaglie che non hanno mai avuto luogo od un incontro al vertice che mostra (falsamente) il leader di un Paese nemico intento a rifiutare un negoziato di pace. [] Ne consegue che, in un futuro sempre pi prossimo, non solo la verit ma la realt stessa potr essere vittima della guerra. A parziale compensazione di tutto questo si deve dire che gi oggi una larga fascia di pubblico abituata, in situazioni diverse, a fare uso di simulazioni, probabile che essa si far sempre pi sofisticata ed accorta dal punto di vista mediologico, e di conseguenza anche pi scettica. [] I media - e soprattutto la televisione si prestano enormemente, per le loro caratteristiche tecniche, alla creazione di effetti e di realt virtuali, alla manipolazione non solo delle informazioni, ma anche dei sistemi di valore con cui queste vengono interpretate. [] Ci influisce sul consenso delle opinioni pubbliche, essenziali in tutte le democrazie occidentali112.

Questo stato ben capito dai pianificatori militari e strateghi mediatici che lavorano in sintonia con la classe politica, la quale deve rispondere del proprio operato dinanzi ai cittadini.

3.5 Grenada: lo sbaglio della censura


Nellottobre del 1983 gli USA furono impegnati in un nuovo conflitto, nella piccola isola caraibica di Grenada. La lezione del Vietnam ardeva ancora. La cosiddetta Sindrome del Vietnam si faceva sentire e gli USA, per evitare gli errori gi commessi allora, optarono per la linea dura: si decise, vista limpossibilit di gestire e tenere sotto controllo linformazione e visto lesito negativo dellesperienza vietnamita, di impedire laccesso dei giornalisti al campo di battaglia. Linvasione di
112 P. Visani (a cura di), Lo stratega mediatico. Caratteristica e compiti di questa ipotetica figura militare, Informazioni della Difesa, Roma, ottobre 1998, p. 58.

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Grenada e la conseguente chiusura ai giornalisti, sanc un vero e proprio scontro con la stampa per il divieto esteso a tutti i giornalisti di mettere piede nellisola 113 . Come Meli puntualizza molti reporter furono arrestati, molti subirono intimidazioni; le prime troupes riuscirono a lavorare solo dopo tre giorni dallo sbarco, a seguito di veementi proteste. Il rapporto con i media, compromesso dopo il Vietnam, veniva risolto in modo gordiano114. Ben presto ci si accorse per che vietare lingresso ed impedire ai giornalisti di raccontare la guerra era molto pi controproducente, da un punto di vista dellimmagine e della propaganda, di quanto non si pensasse. Il divieto daccesso signific tirarsi addosso le ire e le critiche della stampa, che accusava il governo, ed in primo luogo i militari, di ledere uno dei diritti fondamentali degli Stati Uniti: il diritto di informare. Usare il pugno duro contro la stampa fu, da un punto di vista propagandistico, un clamoroso errore, proprio perch i giornalisti, a corto di notizie, furono costretti ad evidenziare la non democratica gestione della crisi da parte delle istituzioni statunitensi con un conseguente smacco di immagine. Gli apparati militari capirono la portata dellerrore evidenziando la necessit di trovare un accordo con la stampa che potesse andar bene ad entrambi.
Subito dopo la guerra di Grenada, i principali media ed organizzazioni professionali degli Stati Uniti, hanno chiesto al governo statunitense (e pi specificamente ai militari) di ospitare la stampa durante le crisi belliche. Le ragioni erano duplici. Innanzitutto perch dichiaravano che la stampa sempre stata presente laddove le truppe statunitensi sono state coinvolte in operazioni di combattimento ovunque nel mondo, anche quando le situazioni di pericolo erano elevate. [] Lessenza [della seconda argomentazione] che la tradi-

113 Per una pi approfondita disamina sullintervento statunitense nellisola caraibica e la relativa rottura con i media, si veda P.M. Dunn, B. Watson, American Intervention in Grenada: The Implications of Operation. Urgent Fury, Westview Press, Boulder Co., 1985. 114 S. Meli, In guerra con i media, in Sociologia della comunicazione, a.XI n. 21 p. 52.

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zione della stampa libera ha fatto degli Stati Uniti una delle nazioni pi forti nel mondo e non si sente la necessit di modificarla115.

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Questi due aspetti, ovvero la tradizionale presenza della stampa in tutte le occasioni di guerra con relativo diritto del popolo statunitense di sapere e la libert di stampa come punto di forza della democrazia statunitense, hanno fatto s che si cercasse un compromesso tra le opposte esigenze. Da parte dei militari veniva avvertita la necessit di porre un freno alleccessiva libert di ripresa e documentazione delle varie fasi del conflitto, cosa che pu pregiudicare lesito della guerra; tuttavia doveva essere garantito laccesso ai luoghi di battaglia per non compromettere il diritto-dovere dellinformazione di tenere aggiornati i cittadini. Nellagosto del 1984 presero il via i lavori della Sidle Commission, cos chiamata dal cognome del generale Winant Sidle coordinatore dei lavori116. Questo vertice, svoltosi tra i comandi militari, giornalisti ed esperti di pubbliche relazioni, si prefiggeva come scopo quello di trovare una terza via nel complicato rapporto tra media e apparati militari. Il rapporto conclusivo suggeriva di non imporre allattivit giornalistica i limiti applicati a Grenada, senza peraltro lasciare ai giornalisti la libert di scorrazzare come in Vietnam. Non pi censura totale e blocco delle informazioni ma gestione delle stesse nellinteresse della causa. Lestablishment statunitense apprese e fece propria la lezione di uno dei pi grandi esperti militari dellantica Cina, Sun Tzu il quale affermava che: Far sapere spesso pi importante di far ignorare. Sfruttare i mass-media risulta essere molto pi produttivo ed opportuno di un inutile scontro che non produrrebbe vantaggi per nessuno. Comincia cos a farsi largo
115 P. Combelles-Siegel, The Troubled path to the Pentagons rules on media access to the battlefield: Grenada to Today, 15 maggio 1996, disponibile allindirizzo internet http://carlisle-www.army.mil/usassi (16 gennaio 2005). Traduzione mia. 116 La Siddle Commission raccomandava un insieme di punti per cercare di migliorare le relazioni tra i militari e i media. Il rapporto completo stato stilato dal General John W. Vessey, Chairman, Joint Chiefs of Staff, 23 agosto 1984. lintero documento disponibile allindirizzo web: http://www.ndu.edu/library/epubs/20030710a.pdf (14 Gennaio 2005).

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lidea che i mass media possono essere utilizzati come formidabili strumenti di propaganda ed essere adoperati come cassa di risonanza delle decisioni prese al vertice. La migliore soluzione prospettata dalla commissione pertanto sarebbe quella di avere una copertura totale delle operazioni di guerra da parte di militari, coadiuvati in questo dai giornalisti. Alla censura viene cos a sostituirsi il news management, ovvero la gestione delle notizie, o come ebbe a dire in proposito il senatore statunitense William Fulbright, la militarizzazione dellinformazione. Questa rivoluzione implicava una maggiore professionalit in ambito comunicativo da parte dei generali e degli strateghi mediatici, la cui nuova figura cominciava ad assumere estrema importanza allinterno dellapparato militare. La comunicazione della guerra diviene parte integrante della strategia militare, capace di influenzarne gli esiti al pari delle battaglie. La propaganda bellica nelle democrazie diviene cos un settore ben specifico, studiato da analisti militari e ricercatori accademici, ma anche terreno fertile per grosse imprese private. Infatti vista la delicatezza del compito, gli apparati militari si affidano sempre pi a figure professionali esterne, che curano limmagine dellesercito e propagandano le virt della guerra. Prima, durante e dopo ogni conflitto perci necessario stimolare il sostegno dellopinione pubblica nei confronti di imprese belliche da compiere allestero 117 . Questo comporta unabile gestione dei media e lemergere di nuove figure professionali nel gestire le informazioni e relazionarsi con i media liberi. Il tema dellinfluenza dei media uno degli aspetti pi controversi e dibattuti in ambito sociologico e mass mediologico. Qui basti ricordare come il potere dei media, e di chi li gestisce, consiste nellorientare cognitivamente i propri lettori, telespettatori o radioascoltatori su alcuni argomenti chiave invitandoli ad elaborare autonomamente le proprie riflessioni sui temi proposti. I mass media pertanto possono, se non altro, indirizzare lopinione pubblica a discutere sulla base di informazio117 N. Chomsky, Il potere dei media. Con il saggio sul fascismo strisciante, Vallecchi, Firenze, 1994, p. 54.

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ni e opinioni che loro stessi forniscono. Sono i media, infatti, che dettano la scaletta delle nostre preferenze. Secondo la celebre formulazione dellAgenda Setting
in conseguenza dellazione dei giornali, della televisione e degli altri mezzi di informazione, il pubblico consapevole o ignora, d attenzione oppure trascura, enfatizza o neglige, elementi specifici degli scenari pubblici. La gente tende a includere o escludere dalle proprie conoscenze ci che i media includono o escludono dal proprio contenuto118.

Shaw e McCombs parlano, per, di una influenza dei media relegata solo allaspetto tematico, cio alla scelta dei temi sui quali riflettere e non alla sostanza della nostra riflessione. In altri termini i media ci dicono su cosa e non cosa pensare. Questo aspetto stato messo in discussione dallanalisi, peraltro condivisibile, di Weiss. Egli ritiene infatti che linformazione offerta dai mass media contenga tutto un insieme di giudizi, di critiche, di osservazioni ecc che tendono a sollecitare nel fruitore dellinformazione non solo cognizione (conoscenza di un argomento sul quale riflettere) ma anche una valutazione che gi unopinione (cosa pensare)119. Inoltre bisogna sottolineare che non sempre cos facile rimarcare una distinzione netta tra tema ed opinione, poich spesso assai difficile distinguere ci che le persone pensano da ci su cui le persone pensano120. Il potere dei media nellinfluenzare la formazione dellopinione pubblica non immediato come nel caso della teoria dellago ipodermico, ma cumulativo, continuo, impercettibile nellimmediato. Lesempio che Elisabeth Noelle Neumann propone in qualche misura emblematico per capire di che potere si tratta.
118 E. Shaw, Agenda Setting and Mass Communication Theory, in Gazette (International Journal for Mass Communication Studies), Anno 1979, vol. XXV, n.2, p. 96. 119 H.J. Weiss, Pubblic Issue and Argumentation Structures: An approach to the Study of the Contents of Media Agenda Setting, in S. A. Deetz (a cura di), Communication Yearbook, vol. 15. SAGE, London, pp. 374-396. 120 G.E. Lang, K. Lang, Watergate: unesplorazione del processo di costruzione dellagenda, in S. Bentivegna, (a cura di) Mediare la realt. Mass media, sistema politico e opinione pubblica, Franco Angeli, Milano, 1994, pp. 158-9.

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La goccia dacqua che cade continua, consuma la pietra [] gli effetti dei media sono in gran parte inconsci: le persone non sono in grado di dare dei resoconti di ci che accaduto. Esse mescolano, piuttosto, le loro percezioni dirette con quelle filtrate, attraverso la mediazione dei mezzi di comunicazione di massa, in ununit indivisibile che alle persone sembra derivare dai loro propri pensieri ed esperienze [] Molti di tali effetti dei media accadono in maniera indiretta, in tanto in quanto adottano lo sguardo dei media ed agiscono corrispondentemente121.

Quella goccia dacqua che pian piano, quasi impercettibilmente, erode la roccia, rende lidea del potere dei media. Una goccia presa singolarmente e fatta cadere sulla pietra non la scalfisce ed intacca, cosa che invece riesce a fare con il passare del tempo. Cos i messaggi veicolati dai media, presi singolarmente, non riescono ad influenzare il pubblico; ma a lungo andare, con la loro ripetizione, con la semplificazione e con tutte le altre tecniche della propaganda prima esposte, riescono a scalfire ed influenzare la formazione dei nostri valori, delle nostre idee e delle nostre opinioni. Come Visani mette bene in evidenza lapice di questo potere, di questa massiccia capacit di influenza sulle dinamiche di opinione, da qualche anno a questa parte rappresentato dalla cosiddetta videopolitica (o CNN Politics) termine con il quale si indica linflusso esercitato dai media [] sulla politica122. Come si ampiamente visto oggi impensabile condurre una guerra di dominio pubblico (cio sotto lo sguardo vigile delle telecamere) senza fornire una nobile causa che la giustifichi. Lobiettivo della propaganda, come pi volte ripetuto, quello di fornire una coerente e credibile visione delle operazioni belliche, mantenendone alta la legittimit. Si cercher di far giungere dal fronte solo quelle notizie che non contraddicono la versione ufficiale a discapito della buona informazione. Il news management serve appunto a questo, a calibrare e gestire le informazioni che arrivano dal fronte, cercando di armonizzar121 122

E. Noelle Neumann cit. in M. Wolf, op. cit., pp. 63-64. P. Visani, op. cit. p. 40.

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le e renderle coerenti con la linea ufficiale. Non pi censura totale dunque ma gestione delle informazioni.

3.6 Andare alla fonte: la strategia propagandistica dopo la Sidle Commission


Dopo il 1984, anno della Sidle Commission e del compromesso con la stampa, gli Stati Uniti sono stati impegnati in diverse guerre a bassa intensit, guerre cio che per il basso profilo pubblico che hanno rivestito sono state condotte lontano dalle telecamere. Il primo conflitto ad alta intensit dopo la pubblicazione di questo rapporto stata nel 1991 la guerra contro lIraq di Saddam Hussein nota come Desert Storm (Tempesta nel deserto). Nel corso di questo conflitto furono applicate alcune delle tecniche chiave della propaganda di guerra, quali: la demonizzazione del nemico, paragonato a Hitler, cosa che succeder qualche anno dopo anche con Milosevic; enfatizzazione della sua forza e pericolosit, arrivando a considerare lesercito iracheno il quarto esercito pi forte del pianeta; la costruzione di storie ad hoc per turbare lopinione pubblica, per poi strumentalizzarne lo sdegno convogliandolo in sostegno alla guerra, come nel caso dei neonati che sarebbero stati lasciati morire dallesercito iracheno. A tutto questo deve essere aggiunta la bont del conflitto scatenato per nobili ragioni, quali quella di bloccare un tiranno, di mettere fine ad una occupazione di un Paese straniero ingiustamente aggredito, per riportare pace e democrazia. La campagna propagandistica statunitense ha coniato per loccasione termini quali precisione chirurgica e bombe intelligenti per esaltare laccuratezza dei nostri eserciti in grado di colpire solo le linee nemiche e le sue perfide armi. Ripetere pi e pi volte, secondo la tecnica della reiterazione, concetti quali, guerra umanitaria, guerra intelligente, bombe intelligenti e mostrare le immagini dei missili ad alta precisione, significava anche spingere i media a parlare di questo ed in definitiva orientare il pubblico a notare laspetto chirurgico della

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guerra, distogliendo lattenzione dalle inevitabili atrocit del conflitto, rendendolo quasi virtuale. Per quanto riguarda pi da vicino laspetto mediatico, gli Stati Uniti, come si vedr meglio in seguito, si sono affidati anche a professionisti esterni per curare limmagine. Ma soprattutto il loro obiettivo stato quello di rimanere la fonte delle informazioni, vista la difficolt e pericolosit del conflitto123. Un ulteriore perfezionamento di questa strategia si avuto nel 1999 quando la NATO ha condotto una guerra contro la Repubblica Federale Yugoslava (RFY). Da un punto di vista propagandistico questa guerra ha visto lelaborazione e il miglioramento dei principi ideati dalla Sidle Commission. La strategia propagandistica utilizzata dalla NATO si basava essenzialmente sulla fornitura di informazioni ai giornalisti divenendo cos la fonte primaria della stampa occidentale. In altri termini la NATO, una delle due parti in causa, diveniva la fonte sulla base delle cui informazioni i diversi giornalisti potevano scrivere i loro resoconti. Durante quel conflitto, i principali media si sono spesso limitati a riportare le verit ufficiali divulgate ogni giorno dai briefing con la stampa tenuti dal portavoce dellAlleanza Atlantica. La NATO aveva infatti allestito due incontri giornalieri con la stampa occidentale, la quale spesso si limitava a riportare acriticamente quelle notizie. Questo sia per limpossibilit di accedere direttamente al campo di battaglia, sia per la dipendenza dalle fonti e, non ultimo, per comodit ed economicit. In quel caso nessuno obbligava i media a riportare le verit ufficiali di una delle due parti in causa, cio la NATO, eppure la stampa non solo riportava fedelmente quanto Jamies Shea (portavoce dellAlleanza Atlantica) affermava, spesso smentito dai fatti, ma alcune volte ne enfatizzava il contenuto. Chi dissentiva dalla versione ufficiale veniva bollato come sostenitore della pulizia etnica di Milosevic. Celebre il caso del filosofo francese Debray che rimproverava ai media di tenere celate alcune informazioni, quali la distruzione di scuole e fabbri123 Per un approfondimento del tema si rimanda a J. M. Arthur, Second front: Censorship and Propaganda in the Gulf War, New York, 1992.

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che e di essere troppo servili con la NATO. Debray fu oggetto di una durissima campagna di delegittimazione trasversale a tutti i media francesi. La stigmatizzazione dei dissidenti un aspetto assai tipico della propaganda di guerra, proprio perch si viene a creare una situazione manichea del con noi o contro di noi, che in quel caso significava o con Milosevic o con la NATO 124. La propaganda cerca di creare questa situazione eticofideistica del bene opposto al male per cui dissentire significa appoggiare il male ed essere cos complici del nemico. Non vi possibilit alcuna di dissentire senza essere oggetto di scherno da parte dei principali media e lesempio dei pacifisti italiani che avevano dimostrato in maniera assolutamente pacifica il proprio dissenso per la guerra ne la testimonianza pi evidente. Essi vennero accusati, da uno dei pi celebri e diffusi settimanali italiani, di essere fiancheggiatori e sostenitori di Milosevic e dei suoi crimini125.

3.7 Embedded: ovvero linformazione incastonata


Nellambito del controllo dellinformazione il caso estremo lo si raggiunto con la guerra contro lIraq nel 2003. Il pi grande successo della propaganda statunitense stato quello di riuscire ad inglobare allinterno delle proprie truppe dei veri giornalisti, cosicch essi erano liberi di dire quello che volevano, o meglio, per citare la celebre affermazione di Fisk, liberi di dire quello che loro (i militari) volevano sentir dire. Al seguito delle truppe angloamericane in Iraq hanno partecipato circa 500 giornalisti che hanno accettato di essere incastonati, militarizzati, rinunciando cos alla propria indipendenza. Questi giornalisti, che il Pentagono ha ufficialmente definito Embedded,
124 Il filosofo Regis Debray non fu lunico ad essere accusato di sostenere il nemico ma forse lesempio pi eclatante. Tra gli altri si ricordi Pierre Bourdieu e Charles Pasqua. 125 In una didascalia che commentava la manifestazione contro la guerra, lespresso chiamava i dimostranti fiancheggiatori di Milosevic, in Lespresso 21 aprile 1999.

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ovvero inseriti o incastonati, non solo viaggiavano ed erano sempre a diretto contatto con i militari, ma hanno dovuto firmare un vero e proprio contratto con il Pentagono126. A tal proposito Zucconi scrive:
Questa di embed, di incastrare gli inviati nei reparti e metterli di fatto agli ordini degli ufficiali, lultima soluzione escogitata dal governo insieme con editori e direttori convocati alla Casa Bianca, per risolvere il dilemma fra informazione e propaganda, tra il dovere di cronaca e il diritto alla riservatezza, che tormenta eserciti e media da quando, nella sciagurata campagna di Crimea contro i Turchi, nacque la figura del moderno corrispondente di guerra. [] La Casa Bianca sembra tornata alla tecnica usata nellultimo conflitto mondiale, con giornalisti, fotografi e cameraman assimilati nelle unit combattenti, non arruolati, ma associati. E, di fatto, censurati127.

Il primo aspetto da sottolineare che i giornalisti inseriti allinterno delle truppe militari vedranno solo quello che gli ufficiali vogliono che vedano. Inoltre il fatto di vivere per mesi a diretto contatto con i militari significa anche installare un rapporto umano, di amicizia con una delle due parti in guerra; significa condividere le paure, le aspettative, le speranze di una delle parti in causa. Questo pu evidentemente ledere la deontologia professionale dei giornalisti che presuppone la capacit di saper raccontare levento con occhi distaccati, lucidi, freddi, evitando implicazioni emotive. Emerge come il riuscire ad inglobare allinterno dellesercito dei giornalisti, significa influenzare direttamente il resoconto che essi fanno, senza dover ricorrere alla censura, che come si visto molto spesso controproducente. Sfruttare linformazione, piuttosto che reprimerla: sembra questo in sostanza lobiettivo della propaganda militare. Un ulteriore passo avanti rispetto al news management quello che in termini tecnici viene chiamato perception
Il contratto firmato dagli operatori dellinformazione con il Pentagono disponibile allindirizzo web: http://www.defenselink.mil/news/feb2003/a200321oembed.pdf. (18 marzo 2003) 127 V. Zucconi, Lesercito arruola i giornalisti. A rischio la verit sulla guerra, in la Repubblica, 12 febbraio 2003.
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management ovvero gestione delle percezioni. Gestire non soltanto le informazioni che giungono dal fronte, ma organizzare una vera campagna di comunicazione, che non riguardi solo laspetto informativo, ma la percezione e rappresentazione della guerra nel suo complesso. Di questo si occupano le agenzie di Public Relation di cui si parler pi avanti.

3.8 Terzine della propaganda


In questa parte si propone un particolare schema per identificare distinte modalit di persuasione tendenti a conquistare lopinione pubblica e spingerla a sostenere un conflitto. Si tratta di una suddivisione ideata dallo scrivente e che si attua nella propaganda di guerra, in maniera quasi identica tra le dittature e le democrazie. Lidea di fondo che pi si riuscir ad applicare questi principi e maggiore sar il sostegno che dallopinione pubblica verr alla guerra. Ho suddiviso, come in una terzina, tre elementi basilari: ricorso alla paura e identificazione del nemico; bont delle nostre guerre; sostegno alla giusta causa. Ognuno di questi elementi stato a sua volta suddiviso in ulteriori sottoelementi che ne permettono meglio lapplicabilit. Ognuno di questi elementi verr esaminato con esempi e riferimenti storici, mentre nellultima parte si vedr come essi possano essere applicati alla cosiddetta guerra al terrorismo. A) Ricorso alla paura e lidentificazione del nemico 1) Demonizzazione del nemico 2) Uso da parte del nemico di armi letali e non convenzionali 3) Guerra come risposta al nemico e non come attacco B) Bont delle nostre guerre 1) Soccorrere una nazione o un popolo 2) Giusta causa 3) Estendere la democrazia

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C) Sostegno alla giusta causa 1) Sostegno dal di fuori: internazionale 2) Sostegno dallinterno: intellettuali e artisti 3) Sostegno dallalto: divino A) Ricorso alla paura Si pi volte detto che una delle armi cruciali della propaganda la strumentalizzazione della paura. Tecnica ampiamente utilizzata sia dalle dittature che dalle democrazie, sia in situazioni di ordinaria che di straordinaria amministrazione. Bisogna per aggiungere che se vero che tale tecnica impiegata in ogni contesto e situazione, soprattutto durante la preparazione della nazione e del popolo allingresso in guerra che il suo uso diviene inevitabile e prezioso. La guerra infatti viene spesso spiegata e presentata al pubblico pi sullonda emotiva che su quella razionale: il pathos e non la ratio lobiettivo della propaganda. su di esso che bisogna far leva nellopera di persuasione e non ci si pu basare sulla forza delle argomentazioni e dei ragionamenti. Il ricorso alla paura ha caratterizzato molte campagne propagandistiche nel corso della storia. La propaganda, come si appena ricordato, si basa pi su elementi emotivi che non su fattori razionali, poich sul sentimento della paura (paura del nemico, paura delle armi di distruzione di massa o armi batteriologiche ecc) che si riesce a suscitare un impatto emotivo facilmente strumentalizzabile. Proprio al riguardo Serge Halimi parla di guerra delle emozioni, poich lobiettivo delle moderne campagne propagandistiche quello di suscitare delle reazioni emotive, offuscare la ragione e richiedere risposte dettate dallimpulso e non dallintelligenza.
Labbiamo capito: la buona propaganda di guerra non pi la vecchia censura, invece saper attirare le cineprese di fronte a immagini irresistibili e manichee, di fronte a scene che caricano di una reazione emotiva mille volte pi duttile dellintelligenza: mentre la prima diventata la trama della scrittura mediatica automatica (di guerra come di pace), laltra resta una macchina lenta e temibile che seleziona, digerisce, relativizza, paragona, integrando contemporaneamente il ricordo di vecchissime storie senza immagini e

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limmaginazione di conseguenze ancora inimmaginabili e forzatamente non filmabili128.

La guerra delle emozioni, lo sfruttamento del pathos, per quanto sia una tecnica antica quanto la propaganda stessa, oggi potenziata nella sua efficacia dai mass media ed in particolare dalla televisione. I volti sofferenti di un popolo martoriato o di oppositori torturati sono evidenti e chiare testimonianze di un regime non pi tollerabile, cos come le parate militari di un Paese nemico sono indice della sua pericolosit. Ma oggi vi una immagine che pi di tutti riesce a scuotere ed impaurire le coscienze dei telespettatori: i messaggi dei terroristi e le loro immagini di addestramento, trasmesse dalle nostre TV. Nessuna immagine pi di queste riesce ad impaurire e preoccupare il cittadino. Non un caso che la campagna propagandistica post-11 settembre faccia ampio ricorso a queste immagini ed usi costantemente il termine terroristi. Una buona azione propagandistica quella che sfrutta e strumentalizza i sentimenti e le paure della popolazione e li trasforma in sostegno alla guerra. Larma della paura efficace in quanto allontana i nostri pensieri da una considerazione pi attenta delle questioni allordine del giorno e li incanala verso i programmi che permettono di liberarci della paura129. La paura uno dei primitivi istinti nella psiche dellessere umano. Buona parte dei regimi moderni ha fatto ampiamente ricorso allarma della paura. Hitler la utilizzava gi prima di andare al potere e nei suoi comizi, nel corso degli anni venti, faceva leva sulla paura e sul pericolo dei comunisti e degli ebrei, pericoli che avrebbe sbandierato spesso anche durante i suoi comizi da dittatore. Il responsabile della propaganda nazista, Joseph Goebbels, sfrutt ad esempio la celebre frase I tedeschi devono morire! di Theodore Kaufman, per sostenere che gli alleati cercavano la distruzione del popolo tedesco. Ma il ricorso allarma della paura, in quanto arma delle propaganda, non di
128 S. Halimi, La guerra delle emozioni, in Le Monde diplomatique/il manifesto, n. 5, anno VI maggio 1999, p. 4. 129 A. R. Pratkanis, E. Aronson, op. cit., p. 273.

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esclusivo appannaggio delle dittature. Rampton e Stauber mettono bene in evidenza come la campagna propagandistica dellamministrazione Bush per portare gli Stati Uniti in guerra contro lIraq nel 2003 si sia basata anche e soprattutto sulluso del sentimento della paura130. La tecnica di designazione del nemico verso il quale indirizzare lastio e la rabbia della popolazione e poterne cos sfruttare la carica emotiva per spingerla ad accettare come inevitabile una decisione che rischierebbe di essere impopolare, stata utilizzata in maniera sapiente, come si diceva, dai rivoluzionari francesi ed oggi ampiamente ripresa. Non si tratta per solo di designare il nemico, ma necessario anche e soprattutto demonizzarlo. A tal proposito possiamo identificare quattro periodi, nella storia della propaganda moderna, che segnano altrettante modalit di identificazione del nemico: a) il periodo delle due guerre mondiali b) dalla fine delle seconda guerra mondiale sino alla caduta del muro di Berlino c) dalla caduta del comunismo sino all11 settembre d) dall11 settembre sino ad oggi Il primo periodo caratterizzato dalla necessit di mobilitare lopinione pubblica a favore dellingresso in guerra nelle due guerre mondiali, e per farlo necessario enfatizzare la pericolosit del nemico: i tedeschi nella prima e lasse italo-tedesconipponico nella seconda guerra. Si in parte visto come durante la grande guerra, grazie al lavoro della Commissione Creel, gli Stati Uniti fossero riusciti a generare unondata di odio e di isteria collettiva nei confronti dei tedeschi, in maniera simile a quanto avvenne in Gran Bretagna la quale, per, a differenza degli USA, era parte in causa e direttamente coinvolta nella guerra, per cui il lavoro di identificazione e demonizzazione del nemico le era relativamente pi semplice. Stessa cosa dicasi per
130

S. Rampton, J. Stauber, Weapons. cit., pp. 131-160.

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lingresso nel secondo conflitto mondiale; anche in questo caso infatti la popolazione era in larga parte contraria alla partecipazione del proprio Paese ad un conflitto lontano dai confini nazionali. La differenza fondamentale per risiedeva nel fatto che gli Stati Uniti, contrariamente a quanto successe nel primo caso, avevano subito un attacco da parte dei giapponesi nella base navale di Pearl Harbor, per cui il lavoro di propaganda era decisamente pi semplice, poich, come si diceva poco sopra, sullonda emotiva di una aggressione inaspettata131, il compito di demonizzazione del nemico decisamente pi semplice. In entrambi i casi, il repentino cambio di opinione nella popolazione su un fatto cos importante, come la partecipazione del proprio Paese ad un conflitto in corso, sta a testimoniare lefficacia delloperazione propagandistica, in buona parte basata sulla paura che il nemico incuteva. Non si dimentichi infatti che uno degli aspetti che maggiormente influenzarono lopinione pubblica, soprattutto nella prima guerra mondiale, era la presunta malvagit del nemico che si aveva di fronte. I rapporti sulle atrocit dei tedeschi, si badi bene, erano in parte enfatizzazioni di fatti reali o non completamente verificati (propaganda bianca e grigia), ed in larga parte dei falsi rapporti (propaganda nera) quali le voci o dicerie, che ripetute allinfinito diventavano realt, secondo le quali i tedeschi bollivano i cadaveri o tagliavano le mani ai bambini132. Il secondo periodo invece caratterizzato dalla lotta campale contro il comunismo. Durante la guerra fredda gli Stati Uniti avevano identificato come nemico pubblico il regime sovietico
131 Al riguardo bisogna per rendere nota che il 7 dicembre 2001, il canale statunitense History Channel ha mandato in onda un accurato documentario prodotto dalla BBC chiamato Betrayal at Pearl Harbor, che avanza lipotesi, non del tutto nuova, che il Presidente Roosevelt e i suoi consiglieri per la difesa erano a conoscenza di un attacco da parte delle truppe nipponiche, ma che egli con profonda lucidit avesse permesso che ci accadesse cos da giustificare lentrata degli USA in guerra. Ipotesi avanzata sulla base di documenti americani declassificati che, sempre secondo la BBC, dimostrerebbero la complicit del Presidente Roosevelt. Per ulteriori informazioni si rimanda a R. Stinnet, Il Giorno dellinganno. Pearl Harbor: un disastro da non evitare, Saggiatore, Milano, 2001. 132 Si veda H.C. Peterson, Propaganda for war: The campaign against American neutrality, 1914-1917, University of Oklahoma Press, Norman, 1939.

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e forme analoghe di governo, definiti da Reagan negli anni Ottanta come il grande male. Proprio sulla base della lotta del bene contro il male, gli Stati Uniti scatenarono, negli anni Cinquanta allinterno degli Stati Uniti, la famigerata caccia alle streghe o maccartismo, dal nome del senatore McCarthy del Wisconsin che se ne fece promotore e portavoce, con il manifesto obiettivo di denunciare la presunta infiltrazione comunista allinterno della vita intellettuale, sociale e governativa. Pare pi verosimile per che lorchestrazione di una simile propaganda interna servisse per scalzare la lunga egemonia politica di Roosevelt. Allestero gli Stati Uniti portarono avanti una fervente campagna anticomunista, cosa che li avrebbe portati ad intervenire militarmente, direttamente o indirettamente, in vari angoli del mondo. Durante la guerra fredda laccostamento di un Paese al modello sovietico poteva essere ragione sufficiente per adottare misure spesso repressive e belliche. Dal Vietnam a tutti i Paesi dellAmerica Latina, gli Stati Uniti hanno giustificato il proprio intervento armato come risposta allespansione del comunismo, male che andava sradicato anche con luso della forza. Altro espediente utilizzato nellambito di questa lotta era la cosiddetta propaganda culturale con la quale lintelligence statunitense finanziava artisti e intellettuali, in maniera molto simile a quanto succedeva nella Francia di Luigi XIV, per promuovere una visione del mondo che meglio si uniformasse allAmerican way of life133. Dopo la caduta del Muro di Berlino per, laccostamento al regime sovietico, come forma di demonizzazione del nemico non aveva pi senso. Visto che il comunismo non faceva pi paura, si preferito allora accostare i nuovi nemici che emergevano qua e l nel pianeta, come Saddam Hussein nel 1991 e Milosevic nel 1999, al nemico della democrazia per eccellenza: Hitler. Non un caso infatti che entrambi siano stati etichettati con dei nomi che rievocavano il dittatore tedesco: Saddam Hit-

133 A riguardo si rimanda a F.S. Saunders, La guerra fredda culturale. La CIA e il mondo delle lettere e delle arti, Fazi Editore, Milano, 2004

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ler il primo e Hitlerosevic il secondo134. Anche in questo caso va sottolineato come la diffusione di false notizie e lenfatizzazione di altre abbiano favorito il percorso di accettazione, da parte dellopinione pubblica, della inevitabilit di un conflitto armato, visto come il male minore per bloccare un tiranno. Tra tutti i casi di disinformazione da ricordare il celebre racconto della giovane infermiera kuwaitiana, di nome Nayirah, che il 10 ottobre 1990 dinanzi al Congressional Human Rights Caucus (Commissione per i diritti umani) diede notizia piangendo e con dovizia di particolari, di come i soldati iracheni avessero fatto irruzione nel reparto pediatrico dellospedale di Kuwait City, impossessandosi delle incubatrici, staccandone le spine e buttando i neonati morti per terra. Simili informazioni, dal forte impatto emotivo scuotono lopinione pubblica e lorientano verso unapprovazione dellintervento armato. Come successivamente si accerter, quando per leffetto sullopinione pubblica gi stata ottenuto, il tutto era un clamoroso falso
linfermiera era la figlia dellambasciatore del Kuwait a Washington, studentessa negli Stati Uniti, e laffare delle incubatrici era stato inventato di sana pianta da Mike Deaver, un ex addetto alle comunicazioni del presidente Reagan, in collaborazione con la ditta americana di pubbliche relazioni Hill & Knowlton, entrambi stipendiati dallemirato135.

Anche lamministrazione Bush Jr ha di fatto designato i nemici pubblici, quelli cio facenti parte dell asse del male, comprendente i Paesi potenzialmente ostili agli interessi statunitensi, tra cui figurano Iran e Corea del Nord e pi in generale tutti gli stati accusati di finanziare i terroristi. Ora il personaggio che pi riesce ad incarnare la figura del male e del nemico pubblico senza ombra di dubbio il terrorista saudita Osama bin
Cos stato definito, tra gli altri, da LEspresso n. 15 del 15 aprile 1999, dove nella pagina di copertina, con un abile montaggio fotografico, veniva accostata alla faccia di Milosevic quella di Hitler, con su scritto la dicitura Hitlerosevic. 135 I. Ramonet, La tirannia della comunicazione, Asterios Editore, Trieste, 1999, p. 67.
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Laden, considerato lideatore dellattacco terroristico dell11 settembre 2001136. bastato sostenere che lo sceicco del terrore avesse la sua base operativa in Afganistan per dare linizio, proprio sul territorio afgano, a quella guerra infinita che ancora oggi si combatte e che con tutta probabilit si protrarr a lungo. Successivamente, nella ricerca di un casus belli per dare luogo alla guerra del 2003 contro lIraq, si cercato di accostare, senza prove evidenti, il regime di Saddam Hussein ad al-Qaeda, sicuri che questo da solo avrebbe costituito un pretesto sufficiente137. Lo sfruttamento della paura pu avvenire lungo tre direttive: la demonizzazione del nemico; il fatto che il nemico usi armi letali e non convenzionali; il fatto che noi non vogliamo la guerra ma vi siamo costretti per rispondere al terribile nemico. Procediamo con ordine. A.1) Demonizzazione del nemico. Questo sicuramente uno dei primissimi passi da compiere prima di scatenare la guerra contro qualcuno. Se il nemico non ha le sembianze del male, se esso non appare forte ed inquietante, non si sentirebbe la necessit della guerra. Il nemico deve essere avvertito come forte e come malvagio in modo tale da veicolare e trasformare lodio che riesce a ingenerare nel popolo, in sostegno alla guerra. La strategia propagandistica quella di creare due mondi, due modelli di vita antitetici. Da una parte i buoni, dallaltra i cattivi. Da un lato il bene dallaltro il male. Ricondurre tutto alla lotta campale contro il male serve anche per allontanare lopinione pubblica dalle vere ragioni della guerra, semplificandola e presentandola come guerra mossa da ragioni superiori. Si badi bene: ambo le parti in causa utilizzano questo stratagemma, per cui non esiste il bene e il male assoluto, ma sono entrambi relativi. Ci significa che la nostra parte in guerra verr dipinta
Molte ombre e dubbi esistono sulle dinamiche che hanno portato a quellinfausto giorno. Per una pi approfondita disamina si rinvia a M. Ragnedda, Il Sacrificio, Colibr edizioni, Milano, 2004. 137 S. Rampton, J. Stauber, Weapon of Mass Deception. The uses of Propaganda in Bushs war on Iraq, Robinson, London, 2003, pp. 91-96.
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come il bene, mentre il nemico verr visto come il male e viceversa, il nemico si presenter al suo popolo come il bene, demonizzandoci. Un esempio recente pu essere rinvenuto nella guerra contro la RFY. La propaganda alleata ha da un lato dipinto la NATO capitanata dagli USA come le truppe del bene, che agivano per ragioni umanitarie e dallaltro lato i cattivi, le truppe di Hitlerosevic, che stavano portando avanti una pulizia etnica paragonabile alla Shoa. La nostra cultura, quella del mai pi Auschwitz, non poteva rimanere immobile dinnanzi ad una simile aggressione, perch rimanere inermi significava esserne complici. Dinnanzi ad un nemico cos crudele, non vi era altra soluzione che lintervento armato, la cui autorizzazione, essendo in una democrazia, poteva giungere solo dallopinione pubblica. Si fatto dunque leva sullindignazione popolare, si sono dipinti i serbi come barbari e stupratori che, senza piet, uccidevano donne e bambini e massacravano un intero popolo inerme. Senza entrare nel merito della questione e soffermandoci solo sullaspetto propagandistico, si pu vedere come vi sia stata, da parte della NATO, una strumentalizzazione di una tragedia con un indebito paragone storico, che aveva come unico intento quello di scuotere gli animi, di creare sentimenti di rivalsa nei confronti di un obiettivo accuratamente prescelto: Milosevic e i serbi. Basti pensare allanalogia, spesso citata, con lOlocausto fatta per rievocare un capitolo di storia sempre aperto e doloroso. Quellingiusto paragone fu duramente criticato da una lista di 300 ebrei americani, di cui fu primo firmatario Noam Chomsky Molti fautori dei bombardamenti hanno fatto analogie con lOlocausto, sostenendo che il mondo non pu stare a guardare la pulizia etnica in Kosovo [] Noi sollecitiamo il rifiuto di queste analogie false ed esagerate con lOlocausto e la seconda guerra mondiale, che sono usate per raccogliere sostegno per i bombardamenti138.

138 Dichiarazione firmata da 300 ebrei americani riportata in il manifesto, 13 maggio 1999, p. 6.

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Si notino le tecniche propagandistiche utilizzate in questa campagna, di cui si data argomentazione nei capitoli precedenti: ricorso alla paura; semplificazione delle ragioni che spingevano la Nato ad entrare in guerra; analogia con un evento storico di grande impatto emotivo, come la Shoa o laccostamento di Milosevic a Hitler; parole virtuose, come guerra umanitaria, che presentavano la guerra con un volto pi umano; frasi allusive, che facevano intravedere, senza fornire prove, che nel Kosovo si stava consumando una tragedia immane; letichettatura o uso dello stereotipo che dipingeva i serbi come geneticamente guerrafondai e portati a scatenare i conflitti; luso di slogan, come lottare per portare pace, sicurezza e libert, spesso pronunciate dallallora premier britannico, Blair o dal presidente statunitense Clinton. Per concludere citiamo una dichiarazione di Clinton che icasticamente racchiude tutti questi punti sinora accennati.Siamo impegnati in Kosovo con i nostri alleati per unEuropa che, per la prima volta nella storia sia pacifica, unita e libera. E siamo l per contrastare lultima grande minaccia a quel grande obiettivo: linstabilit dei Balcani, scatenata da un'infame campagna di pulizia etnica139. La guerra contro la RFY solo uno dei tanti esempi storici che possono essere addotti per illustrare e calare sul campo le disquisizioni teoriche sin qui enunciate. Ci si avvale di tali esempi perch si ritiene siano utili per capire il corso delle campagne propagandistiche e le tecniche utilizzate. Ovviamente non lunico esempio, ma per ragioni di spazio lo si citato per la sua emblematicit. A.2) Il nemico usa armi non convenzionali. Lenfatizzazione delle armi che il nemico possiede, servono sia per conferirgli maggiore credibilit come demone, sia per giustificare lintervento rafforzando la volont a combattere o sostenere il combattimento, convincendo altres i cittadini sulla moralit della guerra. Lesempio pi recente lo possiamo facilmente rin139 Le dichiarazione del presidente statunitense risalgano al 23maggio 1999 e sono citate in La Stampa, 24 maggio 1999, p. 2.

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venire nelle armi di distruzione di massa che il regime iracheno avrebbe dovuto possedere e che invece non sono mai state trovate. Di questo per ci si occuper nellultima parte. La nostra analisi ora si rivolge alle armi non convenzionali, utilizzate dai tedeschi nella prima guerra mondiale. La propaganda dei Paesi dellIntesa tendeva a dipingere i tedeschi non solo come barbari che bollivano i cadaveri o tagliavano le mani ai bambini, ma anche come possessori di armi diaboliche, in qualche modo illegali140. Si pensi alluso dei sottomarini da parte della Germania. La propaganda alleata parlava di un uso indiscriminato da parte dei tedeschi di queste armi anche per affondare navi civili, come il famoso caso Lusitania141. Sono stati soprattutto i gas asfissianti per a fare la loro comparsa come armi non convenzionali. Durante la prima guerra mondiale, tutte le parti in causa additavano laltro come il responsabile del primo impiego. Pare assodato che i primi ad impiegare questa tecnica furono i tedeschi che introducendo sul campo di battaglia i gas venefici che, lanciati tra le trincee avversarie, provocavano il soffocamento142. La propaganda statunitense e britannica puntava lindice contro la Germania, che a sua volta indicava negli avversari i principali responsabili delluso di armi non convenzionali143.
140 Sulla propaganda anglo-americana nella prima guerra mondiale si rimanda a Peterson H.C., op. cit.. 141 Lusitania era un piroscafo americano, silurato e fatto affondare proprio dai sottomarini tedeschi il 7 maggio 1915, con a bordo 1200 passeggeri. A questo avvenimento fu dato ampio risalto, per mettere in luce luso di unarma illegale da parte del nemico oltre che la sua crudelt. In realt pare assodato che il Luisitania, non fosse un normale piroscafo che trasportava civili, ma una sorta di Santa Barbara, con a bordo armi e munizioni, notizia di cui i generali tedeschi erano ben a conoscenza. 142 Fu il chimico tedesco, Fritz Haber, a mettere a punto il gas di cloro che, lanciati contro le trincee, non provocavano necessariamente la morte, ma molto pi spesso accecamento e danni irreversibili al sistema respiratorio. Pi avanti i tedeschi sostituirono i gas di cloro con vescicanti sparati dai proiettili, contro i quali cominciavano a fare la loro comparsa le maschere antigas, che diventeranno successivamente un simbolo delle armi di distruzione di massa. 143 Le tragedie provocate dai sottomarini e dai gas, indussero i principali Stati a firmare a Washington il 6 febbraio 1922, un trattato contro lutilizzo di queste armi. Ancora pi esplicito il Protocollo di Ginevra del 1925, che vietava, in caso di guerra, luso di gas e di armi batteriologiche.

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Nel 1939 il governo francese e quello inglese fecero pubblicare una dichiarazione di intenti comune, dove si illustrava la volont dei due governi di attenersi, in caso di guerra, alle armi convenzionali o guerra umana. Lo stesso Hitler, proprio alla vigilia della seconda guerra mondiale, in un discorso al parlamento tedesco, sostenne di aver proposto una moratoria contro le armi non convenzionali, che per era stata respinta dagli Alleati.
Si respinta la nostra proposta di limitazioni dellarmamento, di esclusione di certe armi e certi metodi che io considero incompatibili con il diritto delle genti [] Chiunque non si attenga ad una condotta umana in guerra non pu attendere che un uguale comportamento da parte nostra144.

Ancora pi evidenti saranno i richiami alluso di armi non convenzionali nelle guerre successive. Gli Stati Uniti sono stati accusati di fare uso di armi non convenzionali a partire dalla guerra di Corea, quando i comunisti del Nord li accusarono di aver utilizzato armi batteriologiche. Simile accusa, peraltro provata, stata mossa durante la guerra del Vietnam, quando le truppe statunitensi utilizzarono gas defolianti. Sino a giungere alla guerra del Golfo del 1991. Durante la cosiddetta operazione Desert Storm, Saddam Hussein stato accusato di possedere ed usare armi batteriologiche145 e per aumentarne limpatto emotivo, sono state pi volte mostrate le maschere antigas.

144 A. Hitler, cit., in A. Morelli, Principi elementari della propaganda di guerra. Utilizzabili in caso di guerra fredda, calda o tiepida, Ediesse, Roma, 2005, p. 82. 145 Celebre il caso dei giornalisti israeliani che, a causa delluso obbligatorio della maschera a gas per la paura di un attacco batteriologico sul suolo israeliano, vanno in onda con la maschera. Sullo sfondo per si vede, per un attimo, un assistente alla regia che passa senza maschera, segno evidente della non necessit di portare la maschera. Essa venuta assumendo un valore mitico, rappresentato dalla sua forte valenza simbolica. Limpatto iconografico rappresentato da giornalisti con la maschera a gas tale, da ricordare il terrore arcaico di una morte invisibile e inodore, I. Ramonet, La tiranniacit, p. 115. Le maschere a gas erano anche le prove pi evidenti della diabolicit del nemico e del fatto che egli utilizzasse armi illegali e non convenzionali.

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In sostanza lutilizzo di armi non convenzionali, viene dipinto dalla propaganda, come prerogativa esclusiva del nemico, e mai come arma che gli eserciti utilizzano. A.3) Guerra come risposta. La guerra ci viene presentata come estrema ratio. Alla guerra non si vorrebbe mai giungere e quando vi si giunge la colpa sempre del nemico. Come si pi volte sottolineato la guerra risulta essere una decisione impopolare, gravida di conseguenze e ripercussioni. Non la si pu dunque presentare come una scelta voluta, cosa che potrebbe danneggiare limmagine del sovrano, tiranno o presidente, ma come risposta inevitabile alle barbarie del nemico. La propaganda si prodiga a presentarla come risposta, mai come offesa. La guerra difensiva e tutte le parti in causa la presentano come tale. Se ci si potesse elevare al di sopra delle parti si vedrebbe come esse utilizzino le stesse argomentazioni per incriminare laltro. Tutti dipingono il nemico come laggressore e la guerra come inevitabile risposta. B) Bont delle nostre guerre La nostra pur sempre una societ nata sul e dal rifiuto delle guerre. Molti Paesi, tra cui lItalia, portano tale rifiuto nel proprio codice genetico, ovvero nella costituzione. In linea di massima la popolazione pacifista. difficile, infatti, individuare una buona ragione, se non si direttamente attaccati, per spingere le persone a sostenere una guerra, visto e considerato che essa produce morte e distruzione. Non esiste nessun principio razionale che ci spingerebbe ad intervenire militarmente in terra straniera, aggredire un popolo, se non per difendere i propri interessi e difendersi dalle ingiuste aggressioni del nemico. La guerra deve essere presentata, agli occhi dellopinione pubblica, come guerra giusta ed inevitabile: come il male minore, per quanto doloroso. Le guerre, nonostante si cerchi di tenerne celate le vere ragioni, sono sempre portatrici di grandi interessi. A cavallo tra il diciottesimo ed il diciannovesimo secolo, Karl von Clausuwitz, uno dei pi grandi strateghi militare del diciannovesimo secolo,

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parlava della guerra come di un grande gioco di interessi che non rientra nel campo delle arti e delle scienze, ma in quello della vita sociale. un conflitto di grandi interessi, che si risolve nel sangue; solo in questo si differenzia dagli altri. Pi che a qualunque arte paragonabile al commercio che anche un conflitto dinteressi e di attivit146 . Come pare evidente nessuna guerra potrebbe essere accettata e avallata dallopinione pubblica se venisse spiegata in questi termini e nessuna guerra infatti sar mai spiegata cos. Nessuno, o quasi, accetterebbe questa idea di guerra intesa come conflitto di grandi interessi, o come parte di un progetto geostrategico ben pi ampio, che nulla ha a che vedere con la difesa dei diritti umanitari e la speranza di portare la democrazia in un Paese oppresso. Sono allora necessarie altre argomentazioni per convincere o semplicemente rassicurare lopinione pubblica. La dissertazione maggiormente utilizzata prima dell11 settembre, ed enfatizzata per giustificare i bombardamenti era la cosiddetta guerra umanitaria. Lobiettivo palese: creare uno slogan forte, per il quale non si pu che essere favorevoli. Se la guerra umanitaria, essere contro la guerra, significa non sostenere le ragioni umanitarie. Lassociazione guerra=umanitaria, dunque, facilita laccettazione della guerra, poich cancella le connotazioni negative. B.1) Soccorrere una nazione o un popolo. Quando i fini sono nobili anche i mezzi non sono da meno. Se il fine difendere un popolo oppresso e il mezzo-guerra lunico disponibile, allora anche la guerra sar buona. Maggiore sar la forza dellassunto di base, maggiore sar il sostegno alla guerra poich vista come soluzione logica e ragionevole. Soccorrere qualcuno che si trova in difficolt o che ha bisogno del nostro aiuto tra le azioni pi caritatevoli dellessere umano. Spesso per questo nobile fine viene utilizzato come pretesto per creare consenso intorno alla propria campagna propagandistica
146 K.V.Clausewitz, Pensieri sulla guerra, La biblioteca ideale tascabile, Milano, 1995, p. 72.

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nellobiettivo di giustificare e presentare la guerra con un volto pi umano. Uno dei pi interessanti e completi studi in materia di intervento umanitario lo si deve ad uno studioso statunitense: Sean Murphy147. Grazie ad unaccurata indagine che prende in rassegna gli eventi dalla fase immediatamente seguente al patto Kellogg-Briand148, fino allentrata in vigore della Carta delle Nazioni Unite, questo studio fa emergere come i casi pi rilevanti di aggressioni targate come intervento umanitario sono state: lattacco giapponese contro la Manciuria; loccupazione della Cecoslovacchia da parte di Hitler; linvasione dellEtiopia da parte di Mussolini. Queste tre invasioni, sempre bollate e presentate come interventi umanitari, sono da intendersi come illustri esempi di azioni guidate da unedificante retorica umanitaria e da giustificazioni concernenti le situazioni locali. Il Giappone proclamava di voler fondare un paradiso terreste attraverso la difesa degli abitanti della Manciuria aggrediti da banditi cinesi con il sostegno di un capo nazionalista cinese. Si noti lanalogia con la campagna propagandistica della NATO nel 1999 circa la questione kosovara: il Giappone affermava di intervenire per difendere i poveri abitanti della Manciuria dalla vile aggressione dei banditi cinesi capitanati da un nazionalista cinese, mentre la NATO affermava di intervenire per difendere i poveri abitanti del Kosovo dalla vile aggressione dei paramilitari serbi capitanati da un nazionalista serbo. Mussolini invece affermava di voler liberare migliaia di schiavi e di portare avanti la missione civilizzatrice dellOccidente. Anche in questo caso possiamo riscontrare analogie con il Kosovo. Ed infine Hitler annunciava lintenzione da parte della Germania di porre fine alle tensioni e
147 Sean Murphy docente di giurisprudenza alla George Washington University ed ex consigliere legale presso lambasciata degli Stati Uniti allAia. 148 Il patto Kellogg-Briand fu firmato da quasi tutte le potenze mondiali nel 1928, e col esso si proclamava la rinuncia perpetua alla guerra intesa come strumento politico. Il patto viene cos chiamato poich stato promosso da Kellogg, importante uomo politico statunitense e segretario di stato dal 1925 al 1929, e dal ministro degli esteri francese Briand.

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alla violenza etnica e di tutelare lindividualit nazionale del popolo tedesco e di quello ceco con unoperazione ispirata dallonesto desiderio di servire i reali interessi delle popolazioni abitanti la regione e conforme al loro volere149. Gli Stati Uniti nel 1999, ponendosi a capo di una specie di delegazione internazionale decisero di invadere, per ragioni umanitarie, uno stato sovrano come la RFY. La guerra umanitaria, termine coniato per tale guerra, suggeriva, gi nella sua stessa definizione, la giusta causa, la nobile causa: una guerra condotta in nome di principi umanitari. Una guerra dunque giustificata in nome dei valori ed in difesa dei diritti umanitari. Lappellarsi ed il fare ricorso ai diritti calpestati delle minoranze etniche e religiose, spesso stata usata come pretesto per tenere celata la vera ragione che spinge ad entrare in guerra. Pochi oggi dubitano, infatti, che le parole utilizzate da Mussolini o Hitler siano state semplicemente un escamotage retorico per rendere meno aggressivo il loro intervento e galvanizzare le truppe e lopinione pubblica. Ma a differenza delle dittature, dove come abbiamo visto la propaganda ben strutturata ed un processo assolutamente visibile e tangibile, nelle democrazie dove non si pu non tener conto del peso dellopinione pubblica, necessario un maggiore e pi sofisticato impegno propagandistico che deve tenere conto dellautonomia e dellindipendenza dei mass media. B.2) Guerra giusta. Al di l di queste argomentazioni linguistico-retoriche, vi un altro punto sul quale dovremmo riflettere: il continuo ricorso alla giusta causa che giustifichi la guerra giusta. Tutte le campagne propagandistiche devono presentare e promuovere la guerra come la cosa giusta da fare; tutte le campagne propagandistiche basano i loro sforzi sullintento di dipingere lo sforzo bellico come la guerra giusta. Sicch si pu affermare che tale obiettivo sia divenuto una vera necessit comunicativa.
149 Si veda N. Chomsky, Il nuovo umanitarismo. Lezioni dal Kosovo, Asterios Editore, Trieste, 1999: 100-101

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Lutilizzazione di tale terminologia per giustificare un intervento armato non nuova, anzi sembra essere un esercizio retorico e giuridico ben collaudato150. soprattutto con la prima guerra mondiale per che scoppia il mito della guerra giusta, mito che ritorner a pi riprese nelle guerre successive. In ogni Paese lo scoppio della guerra provoc, contemporaneamente alla mobilitazione militare, una mobilitazione politica, che vide il trionfo dellunanimit patriottica, la diffusione del mito della guerra giusta affrontata da ogni Stato per legittima difesa151. Naturalmente, luso dellespressione guerra giusta molto antico e radicato nella nostra storia. Gi in epoca romana si era elaborato un complesso e rigido sistema sulla base del quale giustificare un intervento armato. A differenza di quanto succede oggi, la necessit di definire un intervento armato come guerra giusta dipendeva piuttosto da ragioni giuridiche e tecniche che da propositi propagandistici. Durante il periodo romano infatti,
si aveva bellum iustum quando i Romani muovevano guerra, secondo lantico rituale posto in essere dai sacerdoti Feziali, ad un popolo straniero qualora esso non avesse provveduto, entro trenta giorni, alla richiesta di soddisfazione per leventuale danno subto o temuto. La guerra giusta per il popolo romano consisteva in una procedura rigorosamente fissata dal diritto, a cui, per motivi di ordine giuridico-religioso soprattutto nel lungo periodo della formazione e del consolidamento della civitas (VI-IV sec. a.C.) bisognava attenersi per il buon esito dellevento bellico. Laggettivo iustum richiamava, in quel contesto, non un valore etico di giustizia quanto piuttosto rigorosi criteri giuridici Lespressione bellum iustum, indicava la guerra secondo le regole del diritto: una guerra, diremmo oggi, giuridicamente legittima, cio tutta interna alla sfera del diritto152.

150 La bibliografia sulla guerra giusta vasta e qui si elencano alcuni classici sullargomento: L. Le Fur, Guerre juste et juste paix, Paris, 1920; R.H.W. Regout, La doctrine de la guerre juste de Saint Augustin nous jours, Paris, 1934, rist. Aalen, 1974; J.T. DELOS, Sociologie de la guerre moderne et thorie de la guerre juste, in Guerre et Paix, 1953, pp. 201-224. 151 La Storia, vol. XII, UTET/la Repubblica, p. 684. 152 Introduzione al volume A. Calore (a cura di), Guerra giusta? Le metamorfosi di un concetto antico, ed. Giuffr, Milano, 2003.

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Guerra giusta era per i romani dunque la guerra giuridicamente corretta e non quella che si basava su regole etiche o morali: queste erano in secondo piano. Ora le posizioni si sono invertite: le pi recenti campagne propagandistiche si sforzano di dimostrare i valori etici e morali che possono giustificare una guerra, mettendo in secondo piano il diritto internazionale. Si pensi alla gi citata guerra contro la RFY avvenuta senza lavvallo del Consiglio di Sicurezza ma presentata come giusta in quanto umanitaria o la guerra contro lIraq nel 2003, anchessa priva di qualsiasi sostegno giuridico e presentata come giusta sulla base del principio di autodifesa preventiva. Tra gli altri esempi storici possiamo citare anche la guerra di Panama, prontamente battezzata come Operation Just Cause153. B.3) Estendere la democrazia. La guerra pace, scrive Orwell nel suo celeberrimo romanzo. Questo paradosso contiene in s una verit di fondo: le guerre spesso vengono presentate come inevitabili per riportare la pace. Lobiettivo della propaganda quello di dipingere il proprio intervento armato come lestrema soluzione per riportare la pace e lordine. La guerra sempre pi dipinta come una medicina che anche se amara ritenuta necessaria ed indispensabile per guarire il male e riportare serenit e benessere. Fuor di metafora la guerra spesso si rende necessaria per estendere la democrazia ed abbattere un regime. Cos perlomeno la propaganda tende a presentare il conflitto. Non un caso che la guerra contro lIraq di Saddam Hussein del 2003, sia stata inizialmente presentata come guerra preventiva contro le armi di distruzione di massa (facendo leva sulla paura che il nemico rappresentava) e successivamente, visto il clamoroso fallimento delle ispezioni, sia stata presentata come una guerra fatta per estendere la democrazia in Medio Oriente. In questa ottica deve essere vista lenfasi sulle prime elezioni libere nellIraq liberato. Questa frase racchiude al suo interno i temi della nuova propaganda nel dopoguerra iracheno. Parlare
153 A tal proposito si rimanda a B. Watson, P.G. Tsouras, (a cura di) Operation Just Cause: The U.S. Intervention in Panama, Westview Press, Boulder Co., 1991.

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di prime elezioni libere significa enfatizzare il concetto di democratizzazione, poich per la prima volta nella storia irachena si arrivato ad elezioni, segno evidente che la tirannia finita. Iraq libero di conseguenza significa che la guerra stata utile per liberare un Paese. Da ci si deduce che la guerra stata giusta perch ha liberato un popolo, ha esteso la democrazia e per quanto amara sia stata la medicina, ora il paziente sta meglio154. C. Sostegno alla guerra La buona propaganda di guerra deve far sentire alto il sostegno alla propria azione. necessario, per tenere alto il morale delle truppe e per galvanizzare i sostenitori della guerra, indurli a credere che non solo non sono soli ma che godono dellappoggio di tutta la nazione, della comunit internazionale e della divinit. C.1) Sostegno interno. Il target principale di ogni campagna propagandistica evidentemente il proprio popolo. Sar infatti la nazione a scendere in guerra e sar ad essa che verranno chiesti maggiori sacrifici. Pi la popolazione motivata e sostiene il conflitto, pi sar disposta a sacrificarsi per la causa. Ci vale sia per chi si impegna in prima linea con le armi in pugno, sia per chi con stenti e fatiche sostiene da casa il conflitto. La guerra per una nazione significa anche sacrificio di persone e di denaro. Maggiore sar il sacrificio richiesto e maggiore deve essere il sostegno dellintero Paese e dunque pi massiccia deve essere la campagna propagandistica. La prima e la seconda guerra mondiale hanno richiesto allintero Paese un immane sacrificio in termini di vittime umane e in termini di produzione. Lintero Paese era coinvolto, dalle donne in fabbrica agli uomini al fronte, tutti lavoravano in funzione della guerra. Lesito della guerra dipendeva anche dallimpegno e dalla devozione per la causa e per aumentarne il
154 Ovviamente non tutti digeriscono ed accettano questa versione, ma qui si voleva solo evidenziare lobiettivo che la propaganda si era prefissato a prescindere dai risultati ottenuti.

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coinvolgimento era necessaria una martellante campagna propagandistica. Nella prima guerra mondiale, in particolare, la gestione dellinformazione, in tutte le nazioni coinvolte, era totalmente gestita dallo Stato, tutte le notizie provenienti dal fronte che potevano intaccare il morale delle truppe o di chi lavorava venivano cancellate, la stampa riportava le parole chiave della propaganda nazionale e il mondo degli artisti e degli intellettuali era pienamente mobilitato a favore della guerra. Lobiettivo era quello di contribuire alla mobilitazione delle coscienze, e gli artisti e i poeti erano in prima linea in questa operazione poich con il loro talento e fascino riuscivano pi di altri a diffondere, in maniera emozionante, le parole chiave della propaganda. Si detto emozionante poich, come pi volte ripetuto, sul pathos che la propaganda tende a far leva e non sulla razionalit: e chi meglio degli artisti riesce ad emozionare e toccare lintimit delle coscienze? Il ruolo degli artisti viene scemando, per, gi a partire dalla seconda guerra mondiale, quando le agenzie di pubbliche relazioni prenderanno il loro posto nella mobilitazione dellopinione pubblica, anche se questo non significa che il loro ruolo scompaia del tutto. Cosa diversa per quanto riguarda gli intellettuali. La loro importanza non solo diminuisce, ma tende notevolmente ad aumentare nella propaganda per le guerre moderne. Il loro ruolo decisamente pi importante nelle democrazie che nelle dittature, per levidente motivo che nelle prime il suo maggior status dato dallindipendenza. Si deve per evidenziare che, come sottolineeremo in maniera pi approfondita pi avanti, laccesso al libero mercato delle idee non sempre garantito e non tutte le idee hanno lo stesso peso. Le idee antagoniste, contro la guerra e gli interessi della classe dominante non hanno la stessa possibilit di accesso e lo stesso spazio che le idee pro-sistema trovano. Ci significa che gli intellettuali pro-guerra (nel caso specifico della propaganda bellica) troveranno maggiore spazio sulla scena mediatica, in particolar modo nel mondo televisivo e le loro opinioni riceveranno una maggiore enfasi delle altre.

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C.2) Sostegno internazionale. In questo caso il target di riferimento della campagna propagandistica, si sposta al di l dei confini nazionali. Non si tratta per solo della propaganda esterna di cui si fatto cenno nel secondo capitolo, o meglio non si tratta solo di convincere gli alleati a schierarsi dalla nostra parte. Significa anche persuadere il proprio popolo che la guerra giusta e inevitabile anche perch appoggiata allestero. Nel primo caso si cercher di estendere la propria influenza soprattutto verso gli opinion leaders esteri con quella che abbiamo chiamato treetops propaganda, in modo tale che essi fungano spontaneamente da cassa di risonanza presso il proprio pubblico. Nel secondo caso invece il sostegno ricercato nelle masse, grassroots propaganda, facendo largo uso della cosiddetta tecnica effetto gregge internazionale. Lobiettivo di questa tecnica di persuasione quella di creare una concezione per cui anche allestero si appoggia la nostra decisione, cosa che aumenta il sentimento di appartenere alle scelte della comunit globale. Il caso della guerra in Iraq del 2003, che si affronter nellultima parte, ben illustra questo aspetto. C.3) Sostegno divino. Se anche Dio dalla nostra parte, le ragioni che ci spingono in guerra non possono che essere nobili. Ecco perch da sempre si cercato di avere Dio come sponsor o supporto della guerra. Si volutamente usato il termine sponsor, poich tale termine riesce pi di altri a rendere lidea di un ente superiore, e giusto per eccellenza, che garantisce sulla bont della guerra. Il sostegno divino non serve per solo per giustificare ed avallare le posizioni favorevoli alla guerra, ma anche per dare maggiore forza e coraggio ai combattenti. Il pretesto divino, come evidente, sar maggiore laddove la religiosit pi diffusa e radicata. Nei gruppi integralisti religiosi il ricorso alla causa divina cosa ampiamente diffusa. Molti gruppi, particolarmente di fede islamica, si rifanno, sin nel nome della propria organizzazione, al martirio in nome della fede. Nelloccidente laico i richiami alla religione e a Dio per giustificare una guerra sono sempre meno frequenti, eccezion fatta per gli Stati Uniti. Pur essendo un Paese laico, gli USA, nella

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loro propaganda bellica, fanno molto spesso riferimento a Dio. Caso emblematico la frase di Bush Jr, durante la guerra contro lIraq nel 2003 che sottolineava come Dio fosse dalla loro parte; o ancora si pensi alla suddivisione manichea del bene contro il male che richiama pur sempre laspetto religioso.

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CAPITOLO IV. La privatizzazione della propaganda

4.1 Cosa sono e come nascono le agenzie di pubbliche relazioni


Oggi esistono societ private, le cosiddette agenzie di Public Relation (PR), che hanno il dichiarato obiettivo di influenzare ed orientare lopinione pubblica per conto terzi. Si tratta di societ private che portano avanti campagne propagandistiche ad hoc, con lobiettivo di influenzare lopinione pubblica su un determinato argomento e orientarla a favore del gruppo di interesse. La propaganda diventa cos un prodotto che viene offerto sul mercato e viene acquistato come qualsiasi altro bene. Tali societ, con i loro servizi, mirano ad ottenere, generalmente, degli effetti immediati ovvero cercano di muovere e formare lopinione pubblica su tematiche di attualit ed in tempi relativamente veloci. Questo sicuramente il caso della propaganda di guerra o di quella commerciale, dove lorientamento dellopinione pubblica deve essere il pi celere possibile155. Queste grosse multinazionali risultano oggi ampiamente utilizzate, in termini propagandistici, in svariate situazioni: durante i conflitti, quando si tratta di convincere lopinione pubblica ad appoggiare una guerra o una occupazione di un Paese straniero; quando si tratta di promuovere o migliorare limmagine di uno Stato allestero. Sono anche usate in tempo di pace, sia in campagna elettorale sia quando si tratta di preparare lopinione pubblica ad una riforma che potrebbe essere costosa in termini di immagine o per curare limmagine di una societ privata156. Il
155 Una raccolta delle principali trovate pubblicitarie da parte delle PR si trova in F.C. Jacobson, Publicity stunt! Great staged events that made the news, Chronicle Books, San Francisco (CA), 1989. 156 Per maggiori dettagli sulle strategie e le tattiche adottate dalle PR si veda D.L. Wilcox, P.H. Ault, W.K. Agee, G.T. Cameron, Public relations strategies and tactics, Longman, White Plains (NY), 1991

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ruolo di queste agenzie del tutto simile a quello del propagandista di stato, ovvero di quellufficio o dipartimento governativo preposto a tale compito. Lobiettivo sempre lo stesso: si tratta di veicolare, attraverso tutti i mezzi a disposizione, una particolare immagine di un governo, di un gruppo ribelle, di un partito o pi nello specifico di una proposta di legge. Si deve propagandare una particolare idea non solo senza dover necessariamente condividerne i principi ma addirittura essendone completamente estraneo. Infatti, tra i vari clienti delle PR, come appena accennato, vi sono anche gli Stati che in particolari momenti storici cercano di migliorare la loro immagine allestero, affidando il compito di propaganda estera non a un loro dipartimento o ufficio ma a terzi, a societ private appunto. Si viene cos a creare quel fenomeno che qui viene definito la privatizzazione della propaganda. Mentre un tempo lattivit di promozione della propria immagine, di influenza e orientamento dellopinione pubblica, sia interna che esterna al proprio Stato, poteva essere considerata parte integrante delle attivit di uno Stato, ora questo compito viene affidato allesterno a societ private che prendono in appalto questa mansione. Nelle societ democratiche non esistono dei Minculpop centralizzati ma si assiste, anche in questo settore, ad una privatizzazione delle varie mansioni. La propaganda viene vista come un prodotto e come tale venduta sul mercato al miglior acquirente. Limmagine o la ragione da vendere coincidono con la posizione dei loro clienti, e questo indipendentemente dal fatto che siano governi democratici o dittature, istituzioni sopranazionali o gruppi paramilitari. Poco importa quali siano i clienti o le verit da propagandare e diffondere, poich come dice James Harff, direttore della Ruder&Finn 157 una delle agenzie di PR pi grandi del pianeta non siamo pagati per essere morali. Il nostro lavoro non di verificare le informazioni ma di accelerare la circolazione di

157 Lelenco completo dei vari clienti della Ruder & Fiin disponibile allindirizzo web: http://www.ruderfinn.com/about_client.asp (Marzo 2005)

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quelle a noi favorevoli, per raggiungere bersagli accuratamente scelti158. Al di l dei diversi compiti che via via possono assumere, il loro obiettivo rimane invariato: influenzare a loro favore lopinione pubblica su un particolare tema. Esse svolgono delle vere e proprie campagne propagandistiche per gli Stati, vendendo il prodotto propaganda sotto diverse etichettature, quali curare limmagine, marketing politico ecc... arrivando, in alcuni casi, ad influenzare il mondo dellinformazione159. Queste grosse societ, cos come le intendiamo oggi, hanno fatto la loro comparsa negli Stati Uniti in relazione e subito dopo il lavoro della commissione Creel160. Tali societ private incaricate di influenzare il grande pubblico, nascono dunque come una costola e in seguito al primo deliberato e massiccio tentativo di influenzare lopinione pubblica in uno Stato democratico. Non solo il lavoro di questa commissione ha fornito materiale e spunti dai quali partire, ma esiste un rapporto diretto tra le persone che parteciparono a tale commissione e i fondatori delle agenzie di PR, primi fra tutti Lippman e Bernays, scelti dal presidente Wilson, come membri del Committee on Public Information (CPI). Lattuale industria delle pubbliche relazioni una conseguenza diretta del lavoro di Lippman e Bernays, ed in particolar modo di questultimo, nipote di Freud, che diresse per decenni una PR usando gli strumenti del mestiere come psicologo ma anche applicando i risultati e lesperienza accumulati in seno alla commissione. Secondo le analisi di Rampton e Stauber161, i professionisti di tali agenzie, da loro definiti come i primi persuasori di massa,
158 Cit. in J. Merlino, Les verites yougoslaves ne sont pas toutes bonnes a dire, Albin Michel, Paris, 1993, p. 38. 159 S. Rampton, J. Stauber, Toxic Sludge, cit. 160 Per una analisi pi dettagliata delle origini e degli antecedenti delle PR si rimanda a S.M., Cutlip Public relations history. From the 17th to the 20th century. The antecedents, Lawrence Erlbaum Inc., Hillsdale (NJ), 1995; sempre dello stesso autore si veda, The unseen power. Public relations. A history, Lawrence Erlbaum Inc., Hillsdale (NJ), 1994. 161 Si veda S. Rampton, J. Stauber, Trust Us, Were Experts, Jeremy P. Tarcher/Putnam, (USA), 2001.

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non svolgevano il loro lavoro per semplici ragioni economiche ma anche perch convinti di svolgere un servizio morale per tutta lumanit. Credevano infatti che la democrazia fosse cosa troppo complicata per la gente comune e si doveva allora dir loro cosa pensare, per evitare che lautonomia di pensiero potesse danneggiarli 162 . Bernays talmente convinto dellimportanza che gli addetti alle PR hanno nella nostra societ che, enfatizzandone il ruolo, si spinge a sostenere che
quelli che manipolano il meccanismo nascosto della societ costituiscono un governo invisibile che il vero potere che controlla. Noi siamo governati, le nostre menti vengono plasmate, i nostri gusti vengono formati, le nostre idee sono quasi totalmente influenzate da uomini di cui non abbiamo mai nemmeno sentito parlare. Questo il logico risultato del modo in cui la nostra societ democratica organizzata163.

Bernays descriveva il pubblico come un gregge che ha bisogno di essere guidato e vedeva luomo muoversi e pensare in gregge, cosa che rende la gente ben disposta verso la classe dirigente164 . Bernays ha una visione delluomo e della societ che oggi potremmo definire apocalittica: egli infatti ritiene che lessere umano sia facilmente influenzabile e manipolabile dallalto, attraverso un sapiente uso dei media. Una visione questa in parte riconducibile al clima culturale dellepoca contrassegnato da quello che abbiamo visto essere la teoria ipodermica. In realt, come evidenziato prima, gli studi sul settore hanno messo in evidenza come i cittadini non siano passivi dinnanzi ai media ma abbiano elaborato, con il passare del tempo, la capacit di selezionare gli input proveniente dal mondo mediatico. Sembra altrettanto vero per che, nonostante il ruolo attivo da parte del fruitore dei media, i mezzi di comunicazione di massa conservino qualche forma di potere di influenza. Le PR
Ivi, p. 42. E. Bernays, Propaganda, Ig Publishing, New York, 1928, p. 61. 164 Per un maggior approfondimento sulla figura di Bernays come esperto di PR si veda L. Tye, The father of spin. Edward L. Bernays and the birth of public relations, Crown Publishers, New York (NY), 1998.
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si inseriscono allinterno di questo mondo svolgendo una sorta di ruolo persuasivo e di orientamento dellopinione pubblica. Il loro compito quello di disporre in maniera a loro favorevole il target di riferimento, persuadendolo e convincendolo ad accettare la verit da loro proposta. Tale verit pu essere la bont di un prodotto, la necessit di una guerra ma anche le ragioni e i valori di uno Stato.

4.2 Promuovere limmagine


Il divario fra quello che siamo, il modo in cui vogliamo essere visti e la percezione che invece si ha di noi, spaventosamente enorme. Charlotte Beers

Una delle principali attivit di propaganda svolta dalle PR quella di promuovere limmagine di una societ o di uno Stato. In questultimo caso si ha a che fare con la specifica forma denominata propaganda estera. Infatti si tratta di propagandare le virt di uno Stato al di fuori dei confini nazionali. Lobiettivo duplice: da una parte cercare di estendere la propria influenza e dallaltra quella di limitare i sentimenti di astio. Gli Stati Uniti, subito dopo l11 settembre 2001, hanno avvertito la necessit di affidare alle PR il compito di curare la propria immagine allestero ed in particolar modo nei Paesi arabi165, con lobiettivo primario di contrastare lantiamericanismo divampante nel pianeta. Come si visto, dopo l11 settembre si assistito ad una sorta di rinascita della propaganda, dopo il letargo degli anni Novanta. Gli Stati Uniti cominciarono a chiedersi, in maniera quasi ossessiva, il perch di tanto odio nei loro confronti, scoprendo cos di non essere quel punto di riferimento valoriale che credevano di essere per il resto del pianeta. Questo aspetto comporta che la propaganda interna ha prodotto i suoi frutti, essendo riuscita ad esaltare lamerican way of life
165 N. Snow, Information War. American Propaganda, Free Speech and Opinion Control Since 9-11, Seven Stories Press, New York, 2003

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come modello di vita. Il sogno americano infatti, per buona parte del mondo occidentale, rimasto il punto di riferimento a cui ispirarsi e dopo la caduta del Muro di Berlino, non sembrava avere rivali nellimmaginario. L11 settembre ha per messo in evidenza come i valori occidentali propagandati dai media, intesi nella sua accezione pi ampia, non siano riusciti a superare i confini occidentali. Quegli attentati hanno portato alla luce un aspetto che una parte degli statunitensi probabilmente ignorava: lesistenza di unaltra area del pianeta che ripudia quei valori condivisi e accettati in patria. Da ci si pu dedurre che la propaganda estera ha fallito poich non solo non riuscita a veicolare i valori e a far accettare il modello di vita occidentale in questa particolare area del mondo ma, cosa ancora pi preoccupante, non stata in grado di arginare lodio contro di essa. Questo ha provocato una idiosincrasia tra come gli americani credevano di essere percepiti e visti nel mondo e come in realt lo erano. Emerge dunque un gap propagandistico tra la propaganda interna, intesa ad esaltare nellimmaginario del proprio popolo il ruolo che gli USA hanno nel mondo, e la propaganda esterna che si prefiggeva lo stesso obiettivo ma allestero, oltre i confini nazionali. La promozione dellimmagine allestero almeno in parte riuscita in tutto il mondo occidentale mentre, come si visto, deteriorata nel tempo in quei Paesi a prevalenza musulmana. Dopo quegli attentati, che hanno segnato un po il culmine di questo odio, gli Stati Uniti hanno deciso di dare luogo ad una massiccia campagna propagandistica esterna per cercare di porre freno allantiamericanismo dilagante. Per farlo ci si affidati alle tecniche del marketing pubblicitario e alle PR. Questo lo si evince dal fatto che non solo alcune PR siano state incaricate di promuovere e migliorare limmagine degli USA allestero, in particolar modo nei Paesi arabi, ma anche istituendo un apposito dipartimento governativo reclutando persone e tecniche direttamente dal mondo pubblicitario e dalle PR 166 . il caso di
166 Nel sito ufficiale di questo dipartimento si legge che lobiettivo ste: nellassicurare che le pubbliche relazioni (di coinvolgimento, di informazione e

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Charlotte Beers ex presidente e amministratore delegato di due delle maggiori agenzie pubblicitarie del mondo, la J. Walter Thompson e la Ogilvy & Mather, ingaggiata dallamministrazione Bush, come ha spiegato Colin Powell, per passare dalla semplice vendita dellimmagine USA al marchio della politica estera167. Il perch ci si affidati alle tecniche pubblicitarie nel promuovere o persuadere un contesto ostile ad accettare e vedere di buon grado gli Stati Uniti ci suggerito da Ballardini quando puntualizza che, nellepoca dellinformazione, tutte le forme di comunicazione tendono a conformarsi al modello pervasivo ed efficace per eccellenza, che appunto quello della pubblicit168. Questo ci fa supporre che la persuasione stia venendo a sostituirsi allinformazione, divenendo essa stessa informazione. Prima di operare con la persuasione, tuttavia, occorre preparare il terreno con tecniche diverse. La Beers considerata la stratega per eccellenza del marketing pubblicitario e lauspicio era appunto quello di riuscire a vendere valori e idee, esattamente come succede nel marketing pubblicitario dove dietro ogni prodotto si vendono anche valori. Il suo obiettivo non era tanto quello di promuovere le guerre in Afganistan o Iraq, ma quello di creare unopinione pi favorevole sugli Stati Uniti allestero, in particolar modo in quei Paesi dove lastio nei confronti degli statunitensi era maggiore ed in continua crescita. La rivista statunitense Salon intervistando due analisti del mondo delle PR, ha chiesto che cosa si debba intendere per marchio nel caso di un Paese.

guida, di influenza sulle comunicazioni internazionali importanti), vengano praticate in armonia con gli affari pubblici (con sfera di estensione al di l degli Statunitensi) e con la diplomazia tradizionale, per dare impulso agli interessi e alla sicurezza degli USA e di produrre la base morale per la leadership Americana nel mondo Il sito disponibile allindirizzo web: www.state.gov/r. 167 Cit. in I. Teinowitz, Charlotte Beers and the Selling of America, in Advertising Age, 23 settembre 2002, articolo disponibile in rete allindirizzo web: http:// www.adage.com/news.cms?newsId=36106 (18 gennaio 2003). 168 B. Ballardini, La morte della pubblicit, Castelvecchi, Roma, 1994, p. 118

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Charlotte Beers era unesperta in gestione del marchio. Il marchio generalmente unidea che induce la gente ad associare i valori emotivi al prodotto o allidea che si sta vendendo. Questo ci che dicono sempre i pubblicitari, in un certo senso. Vendi lo sfrigolio, non la bistecca. Cercano di venderti unautomobile, non perch si tratta di un mezzo di trasporto, ma perch ti fa sentire pi forte. Oppure che ti fa sentire pi sexy. Cercano di vendere in base alle reazioni emotive che tentano di suscitare nel pubblico169.

La campagna propagandistica della Beers non ha ottenuto gli effetti sperati, anzi secondo alcuni analisti, stata controproducente. Questo ancora una volta mostra il gap tra la propaganda interna e quella esterna. Infatti se da una parte lamministrazione statunitense, come si vedr meglio pi avanti, riuscita a convincere lopinione pubblica interna della necessit della guerra contro lIraq, lo stesso non riuscita a fare con il mondo arabo. Anzi vi stata una recrudescenza dellimmagine negativa degli Stati Uniti presso questi Paesi. Le ragioni sono da ricercarsi nel diverso terreno in cui fioriva la propaganda. In altri termini, come si gi visto, la propaganda un fenomeno onnipresente in ogni forma di societ, ma per essere pi efficace deve adattarsi alla situazione sociale e culturale in cui prospera. Pensare di esportare, sulla base del modello statunitense ed utilizzando le tecniche della pubblicit tipiche degli Stati Uniti, i valori e la base morale in un terreno cos profondamente ostile e diverso, impensabile oltre che controindicato. Secondo Naomi Klein limpostazione stessa del lavoro affidato alla Beers ad essere sbagliata. Il discorso sarebbe molto pi ampio e non pu essere qui affrontato, ma non si deve dimenticare che le ragioni dellastio nei confronti degli Stati Uniti non sono imputabili a ragioni comunicative ma pratiche, diplomatiche. Non questione di marketing ma di diplomazia.
Il pi forte attributo del marchio del Paese, per usare un termine del mondo della signora Beers, il suo abbracciare la diversit, un
169 Intervista fatta dalla rivista Salon a S. Rampton, J. Stauber, tradotta in italiano da Nuovi Mondi Media e disponibile in rete allindirizzo web: http://www.carmillaonline.com/archives/2004/01/000546.html (15 novembre 2004)

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valore che ora la Beers sta cercando paradossalmente di imporre con uniformit nel mondo, come con uno stampino. Il tentativo non solo futile ma anche pericoloso: la coerenza del marchio e la vera diversit umana sono antitetici; luno cerca luniformit, laltro celebra la differenza; luno teme tutti i messaggi improvvisati, laltro abbraccia il dibattito e il dissenso170.

Due esempi chiariranno meglio questo punto. Il dipartimento di Stato, attraverso un privato, ha lanciato, in questo progetto di propaganda soffice, una nuova rivista nei Paesi mediorientali. Un lancio multimilionario che ha riguardato quattordici Paesi e che ha trovato un notevole spazio presso la stampa statunitense e che avrebbe dovuto, nelle intenzioni, lentamente, modificare la percezione che degli Stati Uniti si aveva in questi Paesi cercando di conquistare il cuore e le menti del loro pubblico. Questo un tipico esempio di azione di PR industriale. Azione per che non ha preso in debita considerazione le diverse visioni religiose ed etiche di una differente cultura. Risultato, la rivista tanto pubblicizzata e ritenuta una sorta di cavallo di Troia per cominciare a conquistare i cuori degli adolescenti, e non solo, stata un fallimento, risultando inoltre in qualche modo offensiva. Unaltra importante iniziativa di promozione e diffusione dei valori statunitensi nel mondo arabo studiata dal Dipartimento di Stato e da Beers stata la campagna denominata Shared Values ovvero valori condivisi. Lobiettivo di questa campagna evidente sin nel titolo, cio quello di proporre gli Stati Uniti come uno stato civile e democratico in cui possibile praticare ogni religione e dove la tolleranza nei confronti di tutti i credo garantita. Lo scopo di questa pubblicit era quello di mostrare al target di riferimento, ovvero gli islamici dei Paesi arabi, che il musulmano americano medio viveva liberamente negli Stati Uniti ed era scevro da qualunque discriminazione religiosa e razziale. In questa pubblicit compaiono musulmani americani non solo perfettamente integrati ma che rivestono incarichi di
170 N. Klein, The Spectacular Failure of Brand USA, in Los Angeles Times, 11 marzo 2002, disponibile in rete allindirizzo web: http://www.naomiklein.org/articles/2002/03/spectacular-failure-brand-usa (12 ottobre 2010).

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rilievo. Tra di essi spicca la figura di Elias Zerhouni, direttore del National Institutes of Health o i pompieri di New York ritenuti eroi dopo quanto successo l11 settembre. Questo spot sarebbe dovuto andare in onda nelle principali emittenti arabe, ma stato ritenuto offensivo e per questo rifiutato da molte di esse. Infatti sullo sfondo di questo spot si vede una donna correre in pantaloncini, cosa che ha indignato alcune emittenti arabe. Qui ancora una volta viene ad emergere uno dei principali errori della Beers e del suo lavoro: quello di non conoscere affatto la cultura e il sistema di valori dei Paesi a cui voleva rivolgere la propria campagna di PR. Secondo Marcello Foa, la scelta della Beers per dirigere un programma cos complesso di propaganda stata sbagliata per un duplice motivo: Il primo: la Beers una donna chiamata a immergersi in un contesto islamico e tendenzialmente maschilista. Il secondo: specializzata nelle Pr industriali, non in quelle culturali, politiche e religiose171. Un aspetto cruciale per cercare di capire il fallimento di questa campagna di propaganda da rinvenirsi nel contesto ostile in cui veniva ad inserirsi. Pi lambiente fertile per far crescere e maturare le idee che si vogliono propagandare, maggiori possibilit di essere efficace avr la campagna propagandistica. Fuor di metafora, in un ambiente ostile le intrusioni del nemico, o di chi viene avvertito come tale, vengono subito etichettate come propaganda e per ci ripudiate. difficile avere successo con una dichiarata campagna propagandistica in un luogo ostile. La cosa si complica ulteriormente se chi la promuove non ha una perfetta conoscenza della cultura e del contesto nel quale vuole fare breccia. Si rischia, come nei due casi appena esposti, non solo di non aver successo ma addirittura di risultare controproducenti.

171 M. Foa, L'ultimo colpo dei 600 esperti della guerra mediatica. La strategia della comunicazione Usa, in European Journalism Observatory, dicembre 2003, disponibile in rete allindirizzo web: http://www.ejo.ch/analysis/publicrelations/SpinCasaBianca_it.html (18 gennaio 2005).

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4.3 Le agenzie di Pubbliche Relazioni e la campagna comunicativa in tempo di guerra


La guerra porta con s odio, distruzione e morte. Questa la guerra per chi la vive e la subisce. Per altri la guerra essenzialmente un problema di public relation. Questi professionisti della comunicazione vengono pagati per curare limmagine di un partito, governo o se vogliamo di un modello di vita172. Non necessariamente essi devono credere nella causa per cui lavorano, ma possono essere asettici e distaccati rispetto allimmagine che devono curare, proprio come nella propaganda commerciale. Il loro obiettivo promuovere una causa, prescindendo da eventuali implicazioni morali o etiche, come nel caso dei servizi offerti a governi stranieri o dittature. Il loro compito , infatti, quello di orientare lopinione pubblica a favore dei soggetti di cui curano limmagine. Ruolo ancora pi importante se si pensa che spesso, vista la difficolt di conoscere direttamente alcuni scenari di guerra stranieri, non si sa da che parte stare. A questo punto intervengono le agenzie di PR che spingono, non solo i singoli cittadini ma anche i media o la classe dirigente di qualche Paese straniero, a prendere posizione. Ancora una volta per capire meglio il ruolo di queste agenzie si citeranno due esempi storici relativi a due contesti diversi. 4.3.1 La guerra del Golfo Tra le pi importanti agenzie di PR nel pianeta merita una nota particolare la Hill & Knowlton173 che conta molti clienti in tutto il mondo. Tra i suoi pi famosi interventi ritroviamo la campagna propagandistica in favore della Guerra del Golfo del 1991174.
172 Per una dettagliata analisi del ruolo delle agenzie di pubbliche relazioni si rimanda al lavoro di S. Ewen, PR! A social history of Spin, Basic Book, New York, 1996. 173 Per conoscere alcuni dei clienti della Hill&Knowlton si rimanda al sito ufficiale dellagenzia: http://www.hillandknowlton.com/casestudies (14 ottobre 2010). 174 Per maggiori dettagli sullattivit della Hill&Knowlton si rimanda a K. Miller, The voice of business. Hill & Knowlton and postwar public relations, University of North Carolina Press, Chapel Hill (NC), 1998.

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La Hill & Knowlton era in quel periodo la pi grande agenzia di pubbliche relazioni del mondo ed ebbe un ruolo chiave nel riuscire a mobilitare lopinione pubblica internazionale in favore della guerra. Lobiettivo, come pi volte ripetuto, rimane lo stesso: convincere lopinione pubblica del Paese target o la classe dirigente di Paesi amici, a spingere a favore di un ingresso in guerra. Unabile campagna propagandistica quella che spinge le persone a chiedere ai propri rappresentanti ci che essi vogliono sentirsi chiedere, per dare limpressione di agire in loro nome. Esattamente quanto succede nel mondo del marketing pubblicitario con quello che viene chiamato bisogno indotto. Si crea o induce un bisogno nei consumatori e poi si offre il prodotto che lo soddisfa. La Hill & Knowolton sembra essere riuscita in questo proposito. Essa infatti, stata assoldata per convincere lopinione pubblica di alcuni Paesi ad entrare in guerra, e nellarco di alcuni mesi ha spinto lopinione pubblica a chiedere al proprio governo, che gi aveva preso questa decisione, un ingresso in guerra. Qui si annida la finezza della propaganda nelle democrazie. Un governo democraticamente eletto, infatti, non pu agire unilateralmente senza consultare il proprio popolo, ma deve farlo sotto la sua spinta. Nelle dittature si prende una decisione e poi la si comunica al pubblico affidando alla propaganda il compito di convincerlo della bont delle proprie azioni. Nelle democrazie il passaggio un po pi sofisticato. Si prende una decisione importante, come nel caso di un ingresso in guerra, ma non la si comunica direttamente al pubblico, si affida alla propaganda il compito di spingere lopinione pubblica in quella direzione facendo in modo di far chiedere, alla maggioranza, quello che loro, la classe al potere, vogliono sentirsi dire. In questo modo la democrazia formale salva, poich il governo agisce in risposta alle esigenze e richieste dei cittadini (questo aspetto vale in tutti i contesti e non una prerogativa della propaganda di guerra), ma non la democrazia sostanziale. Tema, questo, decisamente interessante ma che non possibile approfondire qui.

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La Hill&Knowlton ha creato un gruppo, noto con la denominazione Citizens for a Free Kuwait (Cittadini per un Kuwait libero), con lintento di celare la commessa milionaria affidatale dallo Stato kuwaitiano, di comune accordo con lamministrazione Bush sr., nove giorni dopo linvasione. Durante i sei mesi successivi furono stanziati circa 12 milioni di dollari per sostenere questo gruppo il cui budget and quasi interamente alla Hill & Knowlton175. MacArthur descrive alcune delle tecniche utilizzate da questa agenzia:
Il gruppo di H&K, diretto da Lauri Fitz-Pegado, vecchio ufficiale della CIA, organizz una giornata informativa in 20 campus universitari e una giornata nazionale di preghiera in tutte le chiese del Paese. Inoltre ottenne che 13 governatori dello stato proclamassero una giornata nazionale con il motto Liberate il Kuwait. H&K distribu decine di migliaia di adesivi e magliette, migliaia di pacchetti per i media [] nei quali si glorificava la resistenza degli uomini daffari del Kuwait e organizz incontri con editorialisti di stampa. Lew Allison, ex-produttore delle informazioni della CBS e della NBS, cre 24 cassette con informazioni sul Medio Oriente176.

Qui ritroviamo un concentrato di tecniche e di target che bene analizzare. Primo aspetto da sottolineare il tipo di propaganda con la quale si ha che fare: treetops propaganda quando il target sono i campus universitari, con i suoi studenti e professori o la classe dirigente come i governatori e le gerarchie ecclesiastiche, mentre si ha grassroots propaganda quando si distribuiscono decine di migliaia di gadget, poich lobiettivo quello di raggiungere pi persone possibili indipendentemente dalla loro posizione sociale. Iniziando dai campus possibile vedere come questi siano un target privilegiato per una duplice ragione: la prima da imputarsi al fatto che luniversit costituisce un terreno di idee e di opinion leader, di soggetti cio che, una volta influenzati,
Si veda, Citizens for Free Kuwait Files with FARA After a Nine-month Lag, in ODwyers FARA Report, Vol. 1, n. 9, ottobre 1991, p. 2. Secondo questo autorevole studio la H&K ha ricevuto, per le sue mansioni, 10.8 milioni di dollari. 176 J. MacArthur, Second front: Censorship and Propaganda in the Gulf War, New York, 1992.
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possono agire autonomamente come cassa di risonanza delle idee del propagandista. Secondo aspetto da non sottovalutare, colpire questo target pu voler significare bloccare sul nascere, o perlomeno ridimensionare e rendere pi complicate eventuali contestazioni. Si ricordi infatti che durante la guerra del Vietnam uno dei punti forti della ribellione e dellavversione alla guerra erano appunto i campus universitari. Organizzare giornate informative allinterno delle universit significava appunto riuscire a calibrare queste due esigenze: influenzare chi a sua volta ha la possibilit e lautorevolezza di influenzare altri, senza accorgersi di essere entrato nel meccanismo della propaganda, e dallaltra arginare sul nascere eventuali segni di protesta. Limportanza di indire giornate di preghiera notevole, per tutto un insieme di motivi. Innanzitutto per lalta influenza che le cariche religiose hanno sui fedeli. Un secondo aspetto che non va dimenticato che pregare per il Kuwait significa in qualche modo richiedere un intervento divino in difesa di una vittima. Intervento di Dio che per in alcuni casi, come questo, deve essere coadiuvato dallintervento delluomo. Qui viene ad emergere un elemento che abbiamo visto essere importante per la propaganda bellica, ovvero il sostegno divino. Infine i governatori. Riuscire a mobilitare tredici governatori significa in qualche modo mobilitare una parte della classe dirigente, quella a pi diretto contatto con i cittadini. La H&K, per, non ha operato da sola in questo scenario. Un ruolo importante lha avuto anche la Rendon Group, soprattutto nella gestione dellimmagine post-guerra. Tra i suoi pi brillanti risultati, come lo stesso direttore dellagenzia ha messo in luce dinanzi al National Security Council, vi stata lesaltazione della liberazione:
se qualcuno di voi ha mai preso parte alla liberazione di Kuwait City ... o se lavete vista in televisione, avrete notato centinaia di kuwaitiani che agitavano piccole bandiere americane. Vi siete mai soffermati a chiedervi come sia possibile che la gente di Kuwait City, dopo essere stata tenuta in ostaggio per sette lunghi e dolorosi mesi, potesse avere in mano bandierine americane? E non solo, anche le

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bandierine di altri Paesi della coalizione? Beh, adesso conoscete la risposta. Quello ero uno dei miei compiti177.

Anche qui viene ad emergere un elemento della massima importanza nella cura delle immagini, ovvero fornire situazioni ed eventi significativi che una volta immortalati o ripresi dalla stampa libera, diventano altamente simbolici. Le bandierine che i kuwaitiani sventolavano erano e sono licona e il simbolo della gratitudine di questo popolo nei confronti dei liberatori. Questo evento riprodotto liberamente dalla stampa ha costituito una prova abbastanza lampante di quanto giusta sia stata quella guerra. Influire sulla costruzione del ricordo o della valutazione di un qualcosa della massima importanza per una buona riuscita della propaganda ed una delle tecniche principali utilizzate dalle PR. Inoltre, cosa che ne accresce limportanza, si trattato di un fatto reale e non di un fotomontaggio o messinscena e dunque resistente nel tempo. Questa la possiamo chiamare propaganda bianca poich si basa sullenfatizzazione di un fatto realmente accaduto, anche se in qualche modo agevolato. Un ulteriore esempio stata la recita della liberazione dellambasciata americana a Kuwait City, fatta girare pi volte. Questa scena vedeva i marines calarsi dal tetto ed entrare, con una tipica azione hollywoodiana, allinterno delledificio. Come pi tardi stato accertato, quella scena fu girata due giorni dopo la liberazione della citt e, in realt, servitta per fornire unulteriore icona simbolica della liberazione. Pur con le dovute cautele possibile definire questa operazione come propaganda grigia, poich la liberazione vi realmente stata anche se stata girata ad uso e consumo televisivo. Un caso di propaganda nera, sempre riferito allaspetto iconografico di quella guerra, stata la diffusione della foto del cormorano intriso di petrolio. Quel cormorano, come ampiaCit. in S. Goff, Jessica Lynch, Plural, The Use and Abuse of a Woman Soldier, in Counterpunch, 13 dicembre 2004. Stan Goff una persona ben addentrata allinterno delle dinamiche militari avendo insegnato scienze militari presso laccademia di West Point e avendo preso parte a missioni segrete in El Salvador e Guatemala, oltre allinvasione del Vietnam, di Grenada e di Haiti, solo per citarne alcune.
177

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mente noto, stato prelevato in uno zoo ed stato volutamente impregnato di petrolio negli studi della CNN. Si tratta di una fotografia che riproduce una falsa situazione ma che stata diffusa come vera. Mentre negli altri casi si voleva esaltare il ruolo di gratitudine per la liberazione o esaltare le vittorie militari, qui si vuole stigmatizzare il nemico fornendo, ai propri cittadini, unimmagine volutamente falsa ma dal grande impatto emotivo. Questi tre esempi mostrano come le foto, proprio per la loro grande capacit comunicativa, sono armi sapientemente utilizzate dalla propaganda di guerra ed in particolar modo dalle PR. Infatti, limmagine, pi di tutti, riesce a colpire laspetto emotivo degli individui e su di esso queste agenzie lavorano. 4.3.2 Il ruolo della Ruder&Finn nella guerra civile dellex Yugoslavia. Iniziamo con una immagine che ha costituito un po il simbolo delle atrocit e della barbarie di Milosevic. Era il 1992 e la crisi balcanica era precipitata. Una foto dal grande impatto emotivo e che ha fatto il giro del mondo stata quella dei prigionieri bosniaci dentro un campo profughi. Nick Mamatas ha per messo in evidenza la natura fallace di quella icona
Le fotografie possono ingannare il mondo []. Nel 1992, unquipe della Independent Television News guidata dal giornalista Penny Marshall riprese un gruppo di uomini che guardavano fuori, da dietro una rete di filo spinato. Erano prigionieri bosniaci in un campo di concentramento serbo, spieg lITN. Limmagine era profondamente ingannevole: i fotografi dellITN si trovavano in realt allinterno del recinto, mentre gli uomini fotografati erano allesterno e guardavano verso linterno178.

Il lavoro di stigmatizzazione era gi iniziato e da l in poi sarebbe stato quasi irreversibile. Pi il contesto sociale in cui si opera sconosciuto maggiori possibilit di intervento e di azione hanno le PR. Infatti, pilotare linformazione verso una par178 N. Mamatas, The public relations firms of dictators, 21 maggio 2001, disponibile allindirizzo web: http://www.disinfo.com/archive/pages/dossier/id405/pg1/ (16 maggio 2003)

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te e a discapito di unaltra molto pi semplice qualora il target di riferimento non abbia una completa conoscenza della realt che si sta promuovendo. Cos se scoppia una guerra in unarea poco conosciuta tra due gruppi o etnie che poco conosciamo, la formazione della nostra opinione sar pi malleabile ed influenzabile, poich per formarcela dipendiamo interamente da terzi. Maggiore invece la conoscenza diretta che abbiamo di qualcosa pi complessa risulta essere lazione di manipolazione delle nostre conoscenze. Infatti, difficilmente terzi possono orientare la nostra opinione su questioni che ci riguardano direttamente o di cui siamo direttamente a conoscenza. Nella guerra civile nellex Yugoslavia era importante influenzare, sin dallinizio, lopinione pubblica internazionale invitandola a prendere liberamente posizione a favore di uno degli attori del conflitto. Il ruolo giocato dalla gi citata agenzia di Pubbliche Relazioni, Ruder & Finn durante la crisi balcanica stato decisamente rilevante e si inserisce appunto in questo scenario. Essa ha cominciato ad operare nellarea sin dal 1991 quando la conoscenza dellopinione pubblica internazionale in materia era irrilevante.
[] sin dal 1991 i governi di Zagabria e Sarajevo, nonch gli albanesi del Kosovo, diedero compito a unagenzia di pubbliche relazioni americana, la Ruder & Finn, di proteggere e incentivare la loro immagine e di orientare le opinioni pubbliche occidentali in loro favore. significativo ricordare come la stessa compagnia si fosse inizialmente presentata a Belgrado, offrendo i propri servizi. Solo dopo aver ricevuto un rifiuto da parte serba, decise di accettare le proposte della parte avversa179.

Questo un classico esempio di agenzie di PR che curano limmagine di un governo cercando di orientare a loro favore lopinione pubblica intrnazionale. La professionalit e il distacco dalla causa da promuovere si evincono dal fatto che la stessa agenzia si present in un primo momento al governo serbo, of179 V. Bratina, Tutte le vie della disinformazione, in Jekill giugno 1999, n. 3, articolo disponibile in rete allindirizzo web: http://www.sissa.it/ilas/jekyll/n03/dossier_info/index_dossier.htm (17 gennaio 2005)

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frendogli i propri servizi. Il rifiuto di Belgrado, che inizialmente sottovalut limportanza di una societ di professionisti della comunicazione e propaganda nella cura dellimmagine presso lopinione pubblica occidentale, segn in qualche modo linizio della fine per Belgrado. Infatti, visto il rifiuto da parte di Milosevic e del suo entourage, questa agenzia decise di accettare la proposta della parte avversa, allestendo cos una grossa campagna propagandistica volta ad orientare gli opinion leader e la gente comune, in favore della causa croata e bosniaca. Probabilmente lintero corso della guerra, delle trattative diplomatiche e del futuro stesso della ex Jugoslavia, sarebbe stato differente qualora Belgrado avesse deciso altrimenti riguardo le proposte avanzate dalla Ruder Finn 180. Si pensi, ad esempio, al fatto che per tutti gli anni Novanta buona parte dei mass media occidentali hanno acriticamente diffuso, spesso in buona fede, notizie che pi avanti la storia avrebbe messo in dubbio, ma che hanno avuto, come immediato effetto, quello di diffamare il governo serbo e il suo popolo. Non un caso che alcuni dei pi atroci massacri ed omicidi, compiuti durante gli anni della guerra che hanno insanguinato i Balcani, siano stati addebitati, spesso ingiustamente, al regime di Belgrado181. Come Bratina ha messo bene in evidenza
In dieci anni di ostilit, vi sono state numerose occasioni in cui i mass media si sono bevuti la disinformazione pilotata. Lattribuzione ai serbi di massacri compiuti da croati e musulmani stato un classico della guerra in Bosnia. La Cnn trasmise pi di un servizio sui massacri di musulmani, con tanto di cadaveri, rivelatisi poi serbi. Nello stesso errore incorse Newsweek nel gennaio 93 quando pubblic la foto di corpi senza vita, con la didascalia: Non c la

180 Per un approfondimento sul ruolo giocato dalla Ruder & Finn nei Balcani si rimanda a Barry Lituchy, Media deception and the Yugoslav civil war, disponibile allindirizzo web: http://www.iacenter.org/bosnia/lituchy.htm (14 marzo 2004). 181 Sul ruolo delle PR nella creazione di falsi eventi su cui orientare linformazione si veda I.I. Mitroff, D. Warren, The unreality industry. The deliberate manufacturing of falsehood and what is doing to us, Oxford University Press, New York (NY), 1989

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possibilit di fermare le atrocit serbe in Bosnia? Successivamente quei cadaveri si rivelarono serbi182.

Lattribuzione di queste efferate gesta ai serbi avveniva non tanto sulla base di prove incontrovertibili, come dovrebbe avvenire in questi casi, ma sulla scia di pregiudizi e stereotipi che giornalisti ed opinionisti si erano formati. Le agenzie di Pubbliche Relazioni agiscono in questo campo: esse sfruttano le insicurezze umane per cercare di creare una pi accondiscendente opinione pubblica. A titolo di esempio si riportano ed analizzano tre fatti che dai mass media occidentali sono stati attribuite al governo di Belgrado e che, invece, la storia a distanza di tempo ha messo in dubbio: a) Strage del mercato. Il 6 febbraio 1994 a Sarajevo fu commessa una strage, denominata strage del mercato poich colp il mercato cittadino. Questa strage fu da subito imputata ai serbi ed ebbe come effetto quello di inorridire i cittadini e spingerli a schierarsi contro il regime di Milosevic. Lattribuzione e lacritica accettazione della strage stata possibile anche perch la Ruder Fiin da qualche anno agiva nello scenario internazionale, con lobiettivo di criminalizzare il governo serbo. Questa strage stata in qualche modo la conferma di quanto da tempo si sentiva nellarea e cio che i serbi fossero i carnefici e i croati e musulmani le vittime sacrificali. Ci troviamo dinanzi ad una classica tecnica di perception managament, ovvero di manipolazione della percezione. Questa tecnica mira a modellare la percezione che di qualcosa si ha o crearne una ex novo, fermo restando che la posizione che si assume in qualche misura favorevole al propagandista. Laccettazione acritica di una strage, che in realt non si pu escludere sia stata ordinata dai musulmani con lobiettivo di porre il problema dellassedio di Sarajevo al
182

Cfr. V. Bratina, op. cit.

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centro del dibattito internazionale, significa ammettere che lopinione pubblica e i media, abbiano gi sposato questa semplice teoria del buono contro il cattivo. Simili atti non fanno altro che rinforzare la posizione di chi ha gi accettato questa visione dicotomica oppure spingere chi ancora non lha fatto ad abbracciarla. b) Strage del pane. A fine agosto del 1995 vi fu unaltra strage sempre a Sarajevo, subito denominata, con grande enfasi ed impatto emotivo: La Strage del Pane, nella quale persero la vita una sessantina di persone. Da notare in questo caso il forte impatto emotivo di una strage che uccide innocenti proprio mentre si apprestano a compiere una delle operazioni pi naturali ed essenziali delluomo: lacquisto del pane o di beni di prima necessit. Il fatto che siano stati uccisi cos, senza piet e senza possibilit di reagire, enfatizza ancora una volta il ruolo di vittime da una parte (quella bosniaca e quella croata) ed il ruolo di crudeli oppressori dallaltra (i serbi). Ancora una volta la strage fu attribuita, senza evidenti e incontrovertibili prove, al regime di Belgrado e al popolo serbo cosa che andava a rinforzare lo stereotipo e la ipersemplificazione della realt (aspetti, questi, gi esaminati come tecniche della propaganda). Questa strage diede il via alle operazioni militari della NATO che colpirono le postazioni serbe183. C) La strage di Racak. Nel 1999 vennero rinvenuti 45 corpi senza vita e gli albanesi accusarono immediatamente della strage i serbi: si subito parlato di fossa comune riecheggiando ancora una volta la Shoa (qui emerge la tecnica della proiezione o analogia). I serbi hanno seccamente smentito e a distanza di anni ancora difficile dare ragione o torto ad una delle due parti, poich la commissione di inchiesta finlandese successivamente incaricata di indagare sullaccaduto non riuscita a dimostrare la re183 Sul ruolo della Nato nei Balcani si veda, AA.VV., Nato in the Balkans. Voices of Opposition, International Action Center, New York, 1998.

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sponsabilit di Milosevic. Quello che conta che al di l delle oggettive prove che inchiodano o al contrario scagionano i serbi, lopinione pubblica occidentale non ha avuto dubbi nel condannare i serbi, poich per anni sono stati dipinti come carnefici. Inoltre quella strage ha dato il via alla guerra contro la RFY da parte della NATO. Alcune di queste stragi sono state poi smentite, ma le smentite, come il presidente della Ruder & Finn insegna, non contano; quello che conta arrivare primi. Leffetto gi stato prodotto e a poco valgono le smentite, se non come monito futuro. Ma lincalzare degli avvenimenti storici non lascia spazio a queste osservazioni poich nel frattempo altre notizie avranno conquistato le prime pagine dei giornali, la mente ed il cuore dei cittadini. Una sorta di circolo vizioso dellinformazione, in cui la velocit il vero messaggio. Paul Virili sostiene che la velocit il messaggio, parafrasando il classico il medium il messaggio di mcluhana memoria184. Quello che qui interessa non schierarsi a favore di una parte a discapito di unaltra, ma vedere come, nonostante linsicurezza circa gli autori delle stragi, i media occidentali, spesso in buona fede, abbiano accettato e sposato acriticamente lidea della colpevolezza dei serbi. Le agenzie di PR lavorano appunto dietro le quinte cercando di semplificare la storia mettendo da una parte i buoni e dallaltra i cattivi, rendendola cos pi intelligibile e comoda da decifrare. Infatti,
tra i bersagli accuratamente scelti, a detta dello stesso Harff, cera in primissimo piano linfluente comunit ebraica degli Stati Uniti. [] Quando per nellagosto del 1992 un quotidiano statunitense inizi a parlare dei lager serbi, la Ruder Finn prese immediatamente in mano la notizia ed ebbe buon gioco nellevocare il paragone con la Germania nazista e ribaltare la situazione. Il consenso della comunit ebraica, oltre a pesare direttamente sulle scelte politiche americane, ha reso inattaccabile il raffronto tra serbi e nazisti. Nella complessa vicenda iugoslava, dove nessuno capiva davvero cosa stesse succedendo, con un solo colpo abbiamo potuto presentare una
184

Cfr. M. McLuhan, Gli strumenti del comunicare, Milano, Garzanti, 1986.

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storia semplice, una storia con i buoni e i cattivi in cui era facile schierarsi, conclude Harff185.

4.4 Formula della valle di Mohawk


Sarebbe tuttavia errato supporre che luso delle agenzie di Pubbliche Relazioni come propagandisti sia un fenomeno limitato allavventura bellica di un Paese. La guerra, come pi volte sottolineato, un fenomeno straordinario, assolutamente complesso e che nelle democrazie esige il sostegno dellopinione pubblica, la cui conquista rende necessario il ricorso alle pi svariate e sempre pi complesse tecniche di propaganda. Le PR sono grosse societ formate da professionisti del marketing e della comunicazione, la cui peculiarit la persuasione. Il teatro delle guerre costituisce un grosso e redditizio campo in cui si cimentano queste grosse aziende di professioni, ma ovviamente non lunico. I servizi offerti spaziano in tutti i campi, da quello politico a quello sociale, da consulenza per piccole imprese sino a grossi Stati. Essendo professionisti, lavorano per chiunque riesca a pagare i loro onorari e cos facendo sono diventate, con il passare del tempo, delle vere e proprie multinazionali. Come Chomsky sottolinea le Pubbliche Relazioni rappresentano unindustria enorme nella quale ogni anno vengono investite cifre nellordine di un miliardo di dollari. Sin dallinizio lobiettivo era quello di controllare lopinione pubblica186.Il loro obiettivo e quello di influenzare lopinione pubblica e quindi la formazione del pensiero. Negli Stati Uniti, patria delle agenzie delle Pubbliche Relazioni, questa sfida ha raggiunto i suoi primi risultati, in tempo di pace, gi a partire dagli anni trenta. Dopo la prima vittoria politica e sociale da parte dei lavoratori americani, con cui ottennero il diritto ad organizzarsi con il co185 G. Sabato, Non vero ma ci credo, in Jekill, giugno 1999, n. 3, articolo disponibile in rete allindirizzo web: http://www.sissa.it/ilas/jekyll/n03/dossier_info/inform_4.htm (gennaio 2005). 186 N. Chomsky, Il potere dei media ... cit., p. 23.

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siddetto Wagner Act del 1935, segu una dura battaglia giocata proprio sullimmagine. Questa grande conquista sociale che poneva le basi per una societ pi equa e giusta, dallaltra per metteva dei limiti al liberismo pi sfrenato e di conseguenza alle classi agiate che da questo traevano profitto. Si rese necessario infangare il buon nome delle organizzazioni sindacali. Era necessaria una campagna diffamatoria nei confronti dei sindacati e di chi difendeva i diritti dei lavoratori.
I cittadini devono rimanere divisi uno dallaltro, isolati e soli. Non gli concesso di organizzarsi, altrimenti potrebbero assumere un ruolo che andrebbe oltre quello di spettatori, cio parteciperebbero alla vita pubblica [] La classe imprenditoriale prese allora alcune contro misure per assicurarsi che quella fosse lultima vittoria dei lavoratori [] Lobiettivo fu raggiunto [] e la capacit di agire attraverso i sindacati cominci a ridursi costantemente []. Ci non avvenne per caso. Stiamo parlando della comunit imprenditoriale, che ha investito notevoli somme di denaro, attenzioni e risorse intellettuali per affrontare questi problemi attraverso lindustria delle Pubbliche Relazioni187.

Non sicuramente un caso che oggi gli Stati Uniti abbiano una delle percentuali pi basse di lavoratori iscritti al sindacato nei Paesi occidentali e siano tra gli ultimi in fatto di diritti nel campo del lavoro. Come Chomsky sottolinea, questo non avvenne casualmente, visto e considerato che la National Association of Manufacturers e la Business Roundtable investirono ingenti somme economiche e risorse intellettuali per cercare di arginare e ridimensionare le battaglie degli operai. La demonizzazione del nemico, intendendo con questo il sindacato, avvenne grazie allausilio della agenzie di Pubbliche Relazioni. Nel 1937, quando ebbe luogo il massiccio sciopero nella Pennsylvania, denominato lo sciopero dellacciaio, dove i lavoratori chiedevano pi tutela per i proprio diritti, gli imprenditori sperimentarono una nuova tecnica, che ottenne degli eccellenti risultati, per lo sgretolamento del fronte operaio.

187

Ivi, p. 24.

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Infatti essi raggiunsero il loro obiettivo non grazie alle squadre di picchiatori (un sistema che non funzionava pi) ma attraverso i mezzi pi sottili ed efficaci della propaganda. Lidea era quella di trovare un modo per schierare lopinione pubblica contro gli scioperanti, indicati come forza disgregante, dannosa per i cittadini e per gli interessi comuni. Gli interessi comuni sono appunto i nostri, quelli delluomo daffari, quelli del lavoratore, quelli della casalinga. [] I nostri ideali sono larmonia, lamericanismo e il lavorare insieme. Invece l ci sono gli scioperanti cattivi che hanno un effetto negativo, sono solo causa di guai, distruggono la nostra armonia e violano lamericanismo188.

Il risultato di questo esperimento fu un successo, agevolato anche grazie alluso dei media di cui la classe imprenditoriale disponeva. Gli imprenditori che, a causa di questi scioperi e di un fronte operaio unito, temevano dovessero rinunciare ai propri privilegi, usarono i media di cui erano detentori, come cassa di risonanza per le proprie posizioni. Questa operazione prese il nome di formula di Mohawk Valley e sostanzialmente consiste nello screditare e denigrare la classe operaia colpevole con i suoi scioperi di spaccare larmonia e il bene comune. Inoltre gli scioperanti venivano accusati di essere antiamericani e questo in una societ fortemente patriottica, allontanava dalle loro battaglie lopinione pubblica. Creare questo iato tra opinione pubblica e lavoratori era lobiettivo. Pian piano il fronte operaio si sgretolava ed il consenso intorno alla loro causa diminuiva. Tali tecniche funzionavano molto bene mobilitando lopinione pubblica intorno a concetti vuoti come quello dellamericanismo e avevano come obiettivo quello di bloccare gli scioperi189. Gi verso la fine degli anni Trenta negli Stati Uniti si cap che lutilizzo delle squadre di picchiatori nel cercare di arginare una protesta o movimento politico aveva esaurito la sua funzione e non era pi efficace. Tale metodo lascia il posto alle operazioni di denigrazione mass mediatica o al linciaggio mediatico, alle azioni di marketing politico o commerciale, che intende denigrare lobiettivo o esaltare, al contrario, le virt di una societ
188 189

Ivi, p. 25. Ibidem.

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basata sullarmonia, dove per essa si intende la limitazione degli scioperi e dei conflitti sociali. Sempre sulla stessa linea la posizione di Jensen.
Oltre alle campagne per politiche specifiche, ci sono due messaggi fondamentali alla base della propaganda dellultimo mezzo secolo. Primo, non solo il capitalismo il sistema economico naturale e lunico compatibile con la democrazia, ma i sindacati ed altri strumenti di organizzazione popolare disturbano in qualche modo quello che sarebbe altrimenti un sistema armonioso in cui i benevoli proprietari ed i manager laboriosi si danno da fare in maniera altruista per accontentare i clienti ed i lavoratori. Secondo, gli Stati Uniti lunico tra i governi mondiali, presenti e passati, a perseguire la democrazia e la libert nel mondo. Mentre le altre nazioni agiscono puramente per interesse personale, gli Stati Uniti - citt scintillante sulla collina - portano avanti una missione diversa; siamo il primo impero benevolo del mondo190.

190

R. Jensen, op. cit.

PARTE III. ANALISI SUL CAMPO

CAPITOLO V. La propaganda USA dopo l11 settembre 2001

5.1 Cosa cambiato dopo l11 settembre


Nella particolare suddivisione storica che del fenomeno propaganda si dato nelle pagine precedenti, si visto come l11 settembre abbia costituito un suo risveglio e un suo acutizzarsi proprio in relazione ai contingenti fatti storici. In particolar modo l11 settembre ha visto lintensificarsi della propaganda interna e in particolar modo di quella estera: la prima con lobiettivo di trasformare la paura e lansia in sostegno al Presidente statunitense, ai valori della patria e dunque a rinforzare la coesione nazionale; la seconda, invece, per cercare di arginare lantiamericanismo diffuso in varie parti del pianeta. Come si visto e cercato di capire, il primo di questi obiettivi, perlomeno nellimmediato, stato raggiunto con successo mentre il secondo ha dato vita ad una campagna in qualche modo fallimentare. La prima considerazione da fare dunque che dopo l11 settembre vi stato un rinvigorirsi della propaganda sia interna che esterna. Un po pi complesso e delicato invece riuscire a tracciare una linea netta di demarcazione tra le varie forme di propaganda usate e vedere se si tratti di propaganda bellica o in tempo di pace. Tale difficolt in parte dovuta alla natura sempre pi labile e flessibile di concetti quali situazioni di pace o di guerra. Nei momenti immediatamente successivi allattacco terroristico, buona parte dei telegiornali e giornali ha apertamente parlato di stato di guerra. Quasi tutti i telegiornali statunitensi ri149

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portavano il banner US under attack (Stati Uniti sotto attacco)191. In realt stata la prima volta che gli Stati Uniti venivano attaccati allinterno del proprio territorio e questo ha provocato un forte shock e molte preoccupazioni. Pur non essendo una situazione di guerra convenzionale, la percezione diffusa era che si trattasse di un conflitto che, per quanto potesse essere visto come diverso, aveva tutte le caratteristiche di una guerra. Lamministrazione Bush ha enfatizzato questa linea, cosa che spinge a ritenere che la massiccia campagna propagandistica messa in piedi allindomani dell11 settembre debba essere considerata una forma di propaganda di guerra. A rinforzare questo punto le dichiarazioni di vari esponenti del governo statunitense che hanno esplicitamente parlato di stato di guerra e dellinizio di un conflitto che si sarebbe protratto per varie generazioni. Lesperimento che in questa parte si tenter, sar quello di esaminare la campagna propagandistica dellamministrazione Bush alla luce di quanto sin qui argomentato. Si vedranno pertanto le varie tecniche applicate sul campo e come le cosiddette terzine della propaganda siano pertinenti con la campagna propagandistica contro lIraq. Lobiettivo sar pertanto quello di verificare se i principi argomentati ed elencati nelle pagine precedenti siano in qualche misura applicabili alle due guerre susseguitesi all11 settembre. Si parler in particolar modo della campagna contro lIraq, nonostante unaltra guerra sia andata in scena subito dopo l11 settembre, ovvero la guerra afgana. In realt, come vedremo, vi stata anche in quel caso una decisa campagna propagandistica, ma il breve tempo interconnesso da un evento considerato da tutti come casus belli e la guerra stato troppo breve per poter capire il reale peso che la propaganda ha avuto in quella occasione, nel conquistare lopinione pubblica e spingerla ad accettare un conflitto armato.

I banner sono quelle scritte che compaiono in basso nei teleschermi e che, con il titolo o banner appunto, danno il quadro generale allinterno del quale leggere le notizie. Nel caso specifico quasi tutti i telegiornale riportavano il banner che gli Stati Uniti erano sotto attacco suggerendo dunque come chiave di lettura di tutte le notizie che giungevano, quella di essere in guerra.

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5.2 La propaganda statunitense nella guerra contro lAfganistan del 2001


Quei ventotto giorni che separano gli attentati terroristici dallinizio della guerra contro lAfganistan non hanno reso necessaria una seria campagna propagandistica ad hoc, ovvero una campagna per mobilitare lopinione pubblica ad appoggiare la guerra contro il regime talebano. Questo non significa che in quelle quattro settimane sia mancata una campagna di propaganda, ma che essa assumeva un carattere pi generale e di ampio respiro, allinterno del quale la guerra afgana stata presentata come un primo e dovuto passo. Limmediatezza della risposta non permette di analizzare levolversi della propaganda con le varie tappe della conquista dellopinione pubblica e le tecniche utilizzate. Come si vedr pi avanti, questo sar possibile invece nella fase preparatoria alla guerra contro lIraq, poich ha richiesto una seria e lunga campagna propagandistica, iniziata con largo anticipo rispetto allinizio delle operazioni militari vere e proprie. In realt, nonostante la relativa facilit con cui si ottenuto il consenso dellopinione pubblica, in questa prima offensiva militare di quella che sarebbe stata definita da l in avanti come guerra al terrorismo, possiamo pur sempre ritrovare un concentrato di aspetti della propaganda di guerra che abbiamo visto ed esaminato nella parte chiamata terzine della propaganda. Si parla di relativa facilit poich lo shock e lo smarrimento dellopinione pubblica erano talmente intensi e forti che non si rendeva necessario studiare una campagna ad hoc, ma bastava gestirne la paura, naturalmente suscitata dagli attentati terroristici, convogliandola in sostegno alla guerra. Come pi volte ripetuto sotto uno shock reale riuscire a mobilitare la popolazione in proprio favore risulta un lavoro molto pi facile. Esito non sempre scontato e certo, ma decisamente pi semplice da ottenere: spesso sufficiente enfatizzare, e non creare ex novo, la paura.

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5.2.1 Le terzine della propaganda applicate alla guerra in Afganistan dellottobre del 2001 Nella prima terzina utilizzata si visto come Il ricorso alla paura e lidentificazione del nemico si concretizza attraverso tre elementi: a) la demonizzazione del nemico; b) lidentificaione delluso da parte del nemico di armi letali e non convenzionali; c) la guerra come risposta al nemico e non come attacco. Elementi questi che, in occasione del conflitto afgano, sono stati facili da creare e convogliare verso il target-Afganistan. La prima, e forse unica, difficolt era quella di dare un volto al nemico: infatti se si vuole demonizzare qualcuno bisogna dargli prima un volto, renderlo visibile e solo dopo indirizzargli contro lastio della popolazione. Bin Laden stato subito identificato come il principale responsabile. Ma egli non una nazione n tanto meno a capo di uno stato ma semplicemente il capo della rete terroristica che non ha ufficialmente una patria n una base. Questo aspetto in qualche misura rende, se possibile, ancora pi inquietante la figura di questa rete terroristica: essendo invisibili sono pi difficili da identificare e colpire. Il primo passo della propaganda statunitense stato allora quello di dare un volto e un nome verso cui convogliare la rabbia e la voglia di vendetta della popolazione: Bin Laden, soprannominato, non a caso, lo sceicco del terrore. Allindomani dei sanguinosi attentati, il suo volto campeggiava in tutte le prime pagine dei giornali statunitensi e internazionali e la sua faccia ben presto diventata licona del male e il simbolo del terrorismo192. Se il capo della rete terroristica visto come il demone, il posto in cui si rifugiano i suoi affiliati viene visto come linferno da cui partono e si addestrano i piccoli diavoli che disseminano terrore. Ecco allora che una volta identificato il nemico e localizzata la base del terrorismo nelle montagne afgane, lattacco, contro questa area, si rende inevitabile. La popolazione sembra essere troppo
Su questo punto molti critici hanno insistito, mettendo in evidenza la celerit con la quale il principale colpevole del pi complesso attentato terroristico della storia sia stato identificato. I quotidiani italiani, mandati in stampa meno di quattro ore dopo laccaduto, hanno riportato in prima pagina la foto di bin Laden, cosa che testimonia come la figura del colpevole sia stata identificata in un paio di ore.
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scossa e volere una risposta immediata: se quello il posto da colpire, la guerra contro lAfganistan e contro il male fondamentale e inevitabile. Demonizzare lAfganistan risulta quindi un lavoro piuttosto semplice e dagli esiti scontati. Il secondo elemento ci dice che il nemico usa armi non convenzionali. Anche in questo caso non difficile propagandare questo aspetto: la continua riproposizione dellimmagine delle Twin Towers colpite dagli aerei bomba sono la prova pi evidente che il nemico spietato ed usa armi fuori dal comune. Il terrorismo per eccellenza unarma non convenzionale, poich uccide indiscriminatamente e semina panico tra la popolazione civile. Ancor di pi: il suo obiettivo anche quello di terrorizzare, di modificare gli stili di vita a cui si abituati, di gettare nello scompiglio unintera popolazione. Unarma dunque tanto letale quanto anomala; unarma non convenzionale appunto. Anche il terzo elemento risulta essere facilmente dimostrabile e propagandabile. Gli attentati terroristici sono la prova pi evidente che il nemico ha iniziato ad attaccarci e la guerra che si sta per fare una guerra di difesa. Si bombarda lAfganistan in risposta allattacco della rete del terrore. L stata localizzata (a torto o ragione poco importa) la base operativa da cui sono partiti gli attentatori e l deve indirizzarsi la risposta dellesercito statunitense. La guerra dunque facilmente presentabile come guerra di difesa. Il primo obiettivo, quello di demonizzare il nemico e presentare la guerra come una risposta e non come un attacco, ampiamente riuscito, visto lo stato di ansia e paura della popolazione. Proseguendo in questa linea si pu vedere come anche i principi contenuti nella seconda terzina siano in parte esauditi. Questa seconda terzina che, come si visto, il tentativo di giustificare la correttezza della nostra guerra, suddivisa in tre elementi distinti ma conseguenti e compenetrati, ovvero: a) soccorrere una nazione o un popolo; b) estendere la democrazia; c) giusta causa. Le donne con il burqa e gli uomini con la barba lunga che le picchiavano e sottomettevano sono stati per settimane licona e

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il simbolo della barbarie del regime dei talebani. Bin Laden e la sua rete hanno le basi operative in Afganistan: essi sono in brevissimo tempo divenuti il simbolo del male e dellodio contro loccidente. Il regime che gli d ospitalit, i talebani appunto, altrettanto feroce con il suo popolo. Tutte le immagini e i filmati che arrivavano dal fronte, improvvisamente diventato il centro del mondo mediatico, rinforzavano lidea di un regime barbaro, crudele e spietato. La guerra contro lAfganistan stata presentata, anche, come una guerra in difesa dei diritti umani e in sostegno ad una popolazione sottomessa. Il burqa stato raffigurato come il simbolo delloppressione femminile, e la guerra come risposta alla vessazione. Una guerra dunque fatta per soccorrere un popolo oppresso dalla crudelt di un regime. Mi sia concessa una puntualizzazione. La condizione femminile in Afganistan era tale almeno dal 1996, ovvero da quando i talebani salirono al potere, ed in parte cos tuttora. Ma ora non al centro del dibattito, mentre nel periodo immediatamente precedente la guerra, cos come nelle settimane in cui il conflitto era in corso, lo stato193. Tra i tanti articoli apparsi sulla stampa internazionale di quel periodo, che mettevano in luce la condizione femminile afgana come simbolo di oppressione, larticolo di Toynbee sembra uno dei pi emblematici.
Il burqa che la copre dalla testa ai piedi, con la sua sinistra, soffocante piccola griglia, pi che uno strumento di persecuzione: un modo per mettere alla gogna la sessualit femminile. Trasforma qualsiasi
193 Qui emerge con tutta la sua forza la validit del concetto basilare della Teoria dellAgenda setting, ovvero il fatto che il potere dei mass media e di chi li gestisce, consiste non tanto nel dirci cosa pensare, ma dirci su cosa pensare. Chi ha la possibilit di influenzare la scaletta o agenda informativa ha anche la forza di imporre allopinione pubblica alcuni temi o aspetti che altrimenti difficilmente arriverebbero alla sua attenzione. Cos facendo i media ci invitano a riflettere su un qualcosa, allontanando dai nostri orizzonti cognitivi altri aspetti che non si prendono in considerazione. Il caso della condizione femminile in Afganistan ne un esempio lampante: per mesi i mass media ci hanno invitato a riflettere su questo, portando alla nostra attenzione informazioni riguardanti quello specifico caso, mentre non hanno parlato e non parlano della medesima situazione in cui versano le donne in altri paesi cosiddetti amici. Quando questi ultimi non saranno pi considerati amici, la propaganda far in modo che i mass media si occupino di quella situazione, per lungo tempo sottotaciuta, invitando lopinione pubblica a prendere posizione su una realt, per larga parte, sino ad allora sconosciuta.

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donna in un oggetto di disprezzo, troppo disgustoso e intoccabile per essere visto. un indumento carico di viscida allusivit sessuale: quale irrefrenabile desiderio sar lascivamente in agguato sotto il suo cupo mistero? un modo per trasformare le donne in oggetti, in creature accucciate che chiedono e si aspettano di essere violentate e vittimizzate194.

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Labilit di una campagna propagandistica allinterno delle societ libere quella di provocare una discussione su un determinato tema, nel caso specifico la condizione femminile nel regime dei talebani, e lasciare che i media si mobilitino da soli, senza costrizioni o forzature. Tutta linformazione prodotta su questo issue andr a rinforzare lidea di base di questa campagna propagandistica: ovvero la situazione di sopraffazione del popolo-target. Ripetiamo questa situazione era tragicamente vera ma sino ad allora i media tendevano ad ignorarla, cos come continuano ad ignorare la medesima situazione in altri Paesi. Inoltre, per via della concorrenza e dellandamento stesso del ciclo informativo, i media tendono a rincorrersi su un determinato tema, aggiungendo sempre ulteriori dettagli, in un circolo virtuoso. Questo contribuisce notevolmente alla buona riuscita della propaganda, per un duplice motivo: da una parte perch a parlare di questo sono i media indipendenti spesso avallati dalle denunce presentate, tempo prima, da varie organizzazioni in difesa dei diritti umani, e dallaltra perch leffetto ridondanza amplifica questo punto. Labilit di una campagna propagandistica sta dunque nel riuscire a provocare una discussione e lasciare i media liberi di parlarne. Al contempo per devono tenere lontano dalla scena mediatica altre realt simili presenti in contesti diversi. Per fare un esempio: la condizione delle donne in Arabia Saudita non molto diversa da quella afgana, ma essa rimasta pressoch assente dalla scena mediatica. Se da una parte pur sempre vero che le associazioni dei diritti umanitari si occupano in contemporanea anche di questo, i loro dati non serviranno, in funzione propagandistica, sino a quando lobiettivo non sar quel Paese. La propaganda statunitense riuscita nellintento di
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P. Toynbee, Behind the burqa, in The Guardian, 28 Settembre 2001, p. 5.

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portare i media a parlare della situazione dei diritti umani nel Paese-target. Ecco dunque come la guerra sia stata facilmente presentata come unoperazione per soccorrere un popolo oppresso. Altro elemento quello qui identificato come guerra svolta per estendere la democrazia. Soccorrere un Paese o un popolo significa anche e soprattutto estendere ed esportare la democrazia. Infatti un intervento mirato e temporaneo in difesa della popolazione oppressa non estirperebbe le radici di questa barbarie ma solo il male manifesto. necessaria dunque una guerra in profondit che si prefigga come obiettivo quello di estendere la democrazia, cosa che peraltro rende pi sicuro il mondo, poich abbattere un nemico cos feroce significa anche e soprattutto prosciugare lacqua in cui nuotano i terroristi. Lestensione della democrazia un elemento di fondamentale importanza sul quale la propaganda si concentrata prima del conflitto ed in particolar modo dopo le operazioni militari, quasi a rinforzare le ragioni della guerra e giustificare quelle prossime venture. Il processo a Milosevic, ad esempio, stato presentato come il simbolo pi evidente dellavvenuto avvio della democratizzazione della Serbia, cosa che ha reso quella guerra giusta e sensata, visti i risultati ottenuti, ed servita da esempio per le altre guerre, come quella afgana, che nel frattempo erano in corso. Stesso esempio le libere elezioni nellAfganistan libero avvenute dopo la guerra: esse rappresentano il segno evidente che la democrazia arrivata anche sulle montagne afgane, cosa che non solo ha rinforzato la scelta di aver fatto la guerra contro questo Paese ma costituisce tuttora la prova, ampiamente usata dai propagandisti, che la guerra servita per estendere la democrazia, cos come nel frattempo stava succedendo in Iraq. In altri termini il processo di democratizzazione, spesso ridotto alla libert di voto, diviene il segno e licona che giustifica la bont della guerra. Se il fine quello di estendere la democrazia, cosa testimoniata dalle libere elezioni, il mezzo guerra, anche se doloroso, stato vincente e positivo. Terzo ed ultimo elemento di questa parte da vedersi come la summa o conseguenza logica dei due elementi precedenti.

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Una volta individuato il covo dei terroristi e presentato lo scenario della barbarie di questo regime, ed una volta prospettato come obiettivo quello di estendere la democrazia come primo passo per un mondo pi sicuro, la guerra non pu che essere giusta. La causa scatenante loffensiva militare quella di smantellare le infrastrutture del terrore per prevenire ulteriori tragedie. Questa una giusta causa dalla quale far scaturire una guerra. La guerra per, deve avere un consenso. Giungiamo cos alla terza parte di questa particolare trattazione, ovvero il sostegno alla giusta causa. La riprova che una guerra giusta data anche dal fatto che sia la popolazione interna, sia la comunit internazionale e se vogliamo anche Dio concordano e sostengono la guerra. Il primo passo dunque quello di ottenere il sostegno interno alla guerra. Aspetto tra i tre che risulta essere il pi semplice, anche se non sempre scontato, e il principale obiettivo al quale concorrono gli altri due elementi. Nel caso specifico della guerra contro lAfganistan, presentato allopinione pubblica come guerra contro i talebani o i terroristi, il suo raggiungimento era in qualche misura scontato. Si diceva che lo shock degli attentati aveva generato un senso di isteria collettiva facilmente convogliabile in consenso per una guerra, che si proponeva come risposta immediata a quegli attentati. Infatti, in seguito a grossi shock il consenso interno alla guerra sempre stato alto. Per citare il caso degli Stati Uniti si ricordi laggressione giapponese alla base militare di Pearl Harbor che ha subito acceso un profondo risentimento antigiapponese in patria trasformatosi subito in alto consenso allingresso in guerra; consenso tuttaltro che scontato senza quel casus belli, per una guerra che si svolgeva distante da casa. Il forte impatto emotivo che gli attacchi suscitano, quando abilmente strumentalizzati, sono facilmente traducibili in consenso alla guerra. Nel caso in oggetto dunque il consenso interno circa la decisione di entrare in guerra stato facilmente raggiunto. Inoltre tale consenso, in una sorta di circolo vizioso, tende ad aumentare quando si percepisce che anche gli altri lo appoggino: questo vale sia a livello interno sia a livello esterno, per via di

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quella tecnica che si identificato con il termine di effettogregge. In altri termini, quanto pi la propaganda riesce a presentare la guerra come una decisione unanimemente accettata tanto maggiore sar il consenso che intorno ad essa si accender. La propaganda deve dunque creare e far percepire questo consenso intorno alla decisione-guerra, a prescindere dal consenso reale. Infatti, come uno dei pi grandi sondaggi sullopinione pubblica mondiale condotto a fine settembre del 2001 ha messo in evidenza, mentre lopinione pubblica statunitense era favorevole alla guerra, stessa cosa non accaduta nella restante parte del mondo195. Si giunge cos al secondo punto e cio quello di far percepire il sostegno internazionale alla propria causa, cosa che tende a rinforzare, come si vedr meglio pi avanti nel caso dellIraq, il consenso interno. Appoggio internazionale che in realt non vi stato n in un caso n nellaltro. Nel gi citato sondaggio infatti, si vede come ad esempio in Francia lopposizione fosse del 67% ed in Svizzera addirittura dell87%, con punte del 94% in Messico. Anche Paesi, come lInghilterra, che hanno direttamente partecipato al conflitto, hanno mostrato unopposizione interna alla guerra che, nel caso inglese, ha raggiunto il 75%. Gli unici tre Paesi, secondo quanto emerso dal sondaggio, che hanno mostrato unopinione pubblica favorevole sono stati: gli Stati Uniti, Israele e India. Secondo Miller per, questo disaccordo internazionale intorno alla guerra stato mascherato dai principali media inglesi e statunitensi, cosa che ha fatto aumentare nelle loro opinioni pubbliche la percezioni (errata) di un consenso internazionale intorno alla guerra. Come lui stesso ha messo in evidenza
Sia la televisione che la carta stampata negli Stati Uniti come in Inghilterra hanno continuato ad insistere sulla schiacciante maggioranza che sosteneva il bombardamento. [] Le notizie televisive che ri-

195 Si veda il sondaggio condotto dalla Gallup International, Gallup International Poll on terrorism in the US, 9 Ottobre 2001, disponibile allindirizzo web: http://www.gallup-international.com/surveys.htm (18 gennaio 2002).

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prendevano le manifestazioni contro la guerra in Inghilterra come negli Stati Uniti li rappresentavano solo come una ristretta minoranza196.

Miller riporta alcuni esempi, quali il telegiornale della BBC1 del 13 ottobre del 2001 alle 21.50, il quale, commentando una manifestazione contro la guerra ha dichiarato: nonostante lintensit emotiva contro le azioni militari che si respira qui [a Londra ndr.], rimangono pur sempre una ristretta minoranza197. Sempre sulla stessa lunghezza donda i commenti delle news del giorno successivo, cosa che mostra come linformazione libera abbia in qualche modo presentato il consenso generale intorno alla guerra in maniera distorta198. Che la propaganda statunitense faccia spesso riferimento al sostegno divino lo si evince da tutto un insieme di motivi, primo fra i quali la classica formula God Bless the US che il Presidente statunitense proclama sempre alla fine di ogni discorso. Questa formula non per direttamente collegata con la propaganda ma testimonia casomai limportanza della religione allinterno della cultura statunitense. Nel caso specifico per, il Presidente statunitense ha pi volte parlato esplicitamente del sostegno divino alla guerra, cos come ha volutamente ridotto il conflitto alla semplice contrapposizione tra il bene e il male, in cui ovviamente gli Stati Uniti erano il bene. La cosa interessante da sottolineare che la stessa cosa ha cominciato a fare il regime dei talebani una volta appreso di essere divenuto lobiettivo della guerra: entrambi dipingevano laltra parte come la testa del serpente o il diavolo ed entrambi, anche se gli Stati Uniti in misura decisamente minore, parlavano di sostegno divino alla guerra. Portare Dio dalla propria parte, significa in qualche ma196 D. Miller, World Opinion Opposes the Attack on Afghanistan, 21 novembre 2001, articolo disponibile allindirizzo web: http://www.medialens.org/articles/the_articles/articles_2001/dm_world_opinion.html (16 maggio 2005). 197 Ibidem. 198 Si gi visto come i media liberi tendano, senza esserne obbligati dalla censura ufficiale e dallalto, ad allinearsi sulla posizione del governo. Nel caso specifico di come i media si siano autocensurati fornendo unimmagine diversa della guerra in Afganistan si rimanda allinteressante articolo di S. Lucas, How a free press censors itself, in New Statesman, 12 Novembre 2001, pp. 14-15.

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niera dare maggiori garanzie sulla liceit del conflitto, cosa che fa aumentare il consenso intorno al proprio operato, anche se questo aspetto deve essere sempre messo in relazione con la religiosit e devozione di un popolo. In conclusione si pu sottolineare come sia il consenso internazionale che quello divino sono strumentalizzati per accrescere il consenso interno, quello che maggiormente conta, visto che a loro i governi democratici devono rispondere. 5.2.2 Forme della propaganda nella guerra afgana Nel tentativo di identificare la tipologia di propaganda impiegata in questo conflitto si utilizzer la classificazione della propaganda proposta nel secondo capitolo. Si ha anzitutto a che fare con una propaganda di guerra, anche se essa si inserisce allinterno di una pi generale e complessa operazione di propaganda. un tipo di propaganda di guerra che utilizza in particolar modo notizie provenienti da fonti attendibili. dunque una propaganda di guerra-bianca e solo raramente grigia. Non risultano invece, alla luce dei dati in nostro possesso e al di l di ogni ragionevole dubbio, lutilizzazione di una forma di propaganda nera. Altro punto: essendo una forma di propaganda che tende a convogliare langoscia e lo sgomento della popolazione in sostegno alla guerra una forma di propaganda agitativa. Qui necessaria una puntualizzazione: quando si tratta di aizzare gli animi contro il target prestabilito, lAfganistan e il regime dei talebani nel caso in oggetto, si ha a che fare con una forma di propaganda agitativa, mentre quando si tratta di calmare la popolazione evitando che lastio degeneri in odio razziale contro la comunit musulmana si tratta di propaganda integrativa. La visita del Presidente statunitense ad una moschea deve essere vista in questa ottica, cio come un tentativo di sedare lanimosit e la voglia di vendetta di molti statunitensi. Inoltre calmare la popolazione evitando che si faccia giustizia da s non solo un atto dovuto nei confronti di una comunit che in nessun modo pu essere ritenuta colpevole per quanto accaduto, ma anche un modo per serbare questa forza ed indirizzarla su obiettivi che la

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propaganda agitativa individuer. In altri termini, se lobiettivo della propaganda di guerra agitativa vuole essere quello di indirizzare la voglia di vendetta contro lAfganistan inutile, oltre che controproducente, lasciar sfogare la popolazione contro le minoranze religiose allinterno del Paese. La propaganda di guerra, grigia e agitativa si sviluppata lungo due binari: stata una propaganda rivolta agli opinion leader, quindi treetops propaganda, ma al contempo stata anche indirizzata verso lintera popolazione, dunque grassroots propaganda. In realt questultima forma di propaganda stata decisamente pi diffusa poich lo shock degli attentati ha colpito tutti indistintamente e questo ha provocato un reale sentimento di paura nella popolazione che ad alta voce chiedeva una risposta anche se non necessariamente una guerra. Dunque la principale forma di propaganda utilizzata stata la grassroots propaganda poich era alle persone comuni, agli uomini di strada, al cittadino che essa era rivolta, cercando di spiegare che lunica risposta possibile era una guerra sotto forma di operazione di polizia internazionale per dare la caccia ad un uomo e alla sua banda. Il proclama tipicamente statunitense del Presidente Bush che chiede alle sue truppe di avere bin Laden Dead or Alive un messaggio semplice che tende a far leva sulluomo di strada. Anche per quanto riguarda la contrapposizione tra obiettivo interno ed obiettivo esterno si pu dire che vi una compresenza di elementi. Infatti la propaganda post-11 settembre stata una duplice propaganda, come evidenziato poco sopra, che si rivolge sia ad un target interno che ad uno esterno. Anche per quanto concerne la propaganda nel cercare di mobilitare lopinione pubblica a favore della guerra contro lAfganistan ritroviamo questa compresenza di target. La propaganda interna non solo caratterizzata dalla ricerca istantanea di un consenso, ma anche indirizzata a far apprezzare loperato del Presidente in quanto esponente di un determinato partito, mentre la propaganda esterna soprattutto una propaganda a lungo termine ed indirizzata ad attirare consenso intorno alla figura del premier, a prescindere dal suo orientamento politico. In altri termini, la propaganda interna si pone un duplice obiettivo: trasformare la paura in po-

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polarit per Bush, che infatti vede salire notevolmente il suo indice di gradimento nei sondaggi, e convogliarla nellaccettare non solo una guerra immediata come quella afgana ma anche un insieme di riforme costose in termini di immagine. Dietro questa propaganda di guerra interna si cela, dunque, anche una forma particolare di propaganda che appunto quella elettorale. I sondaggi dimostrano che uno dei presidenti meno amati dagli statunitensi divenuti in seguito agli attentati dell11 settembre uno dei pi popolari. Cosa da una parte normale poich da sempre dietro ad un evento tragico ci si stringe intorno al presidente di turno, ma anche abilmente pilotato dalla propaganda. Da allora il presidente stato dipinto come un comandante in capo fermo e risoluto e anche su questo ha giocato, con successo, la sua campagna elettorale per il 2004. Ritornando alla propaganda estera invece, emerge come essa sia stata una campagna in particolare rivolta agli opinion leader (treetops propaganda) per vincere quel riserbo di fondo che una parte dellopinione pubblica internazionale riveste nei confronti della politica estera degli Stati Uniti, e sia una campagna a lungo termine, volta cio a costruire e solidificare alleanze in vista di ulteriori operazioni allinterno di un vasto fronte aperto contro il terrorismo. Allestero dunque lobiettivo era quello, per quanto concerne il mondo occidentale, di solidificare alleanze e per questo la propaganda era principalmente rivolta verso i decision maker, ovvero la classe dirigente, e minare le basi dellantiamericanismo per quanto riguarda il mondo musulmano. 5.2.3 Tecniche utilizzate Capitolo a parte invece per quanto riguarda le tecniche utilizzate in questa tanto breve quanto intensa campagna propagandistica. Il primo elemento, come facilmente intuibile, stato il ricorso alla paura, o meglio lenfatizzazione di questa. Non si per trattato di un elemento in qualche maniera indotto dalla propaganda, ma stata la conseguenza naturale di quanto accaduto la mattina dell11 settembre. Il sentimento della paura la prima istantanea reazione ad atti terroristici che, appunto, tendono ad incutere terrore nella popolazione.

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Unaltra importante tecnica utilizzata stata senza dubbio quella della ridondanza o ripetizione. Ma anche qui la ripetizione delle immagini del terrore, ovvero la caduta delle torri o le affermazioni che indicavano nellAfganistan la sede del terrore erano pi un processo naturale e fisiologico del sistema mediatico che unimposizione della propaganda. Ci non toglie per che questa tecnica abbia avuto la sua importanza nel trasmettere e far assorbire alcuni principi fondamentali della propaganda statunitense, quali siamo in guerra e quella contro lAfganistan la prima delle guerre che si combatteranno per estirpare il terrorismo. Altra tecnica utilizzata stata quella della ipersemplificazione della situazione. Gli attacchi terroristici sono stati giustificati come un atto barbaro mosso da persone che odiano la libert delloccidente. In parte questa affermazione risulta essere vera ma quello che colpisce la sua semplicit, una banalit che in realt non spiega le ragioni dellodio. Una semplicistica liquidazione del problema che non lo spiega, ma ne offre solo una banale chiave di lettura sulla quale si poggia la propaganda. Il complesso quadro storico e culturale che ha portato non tanto allatto in s ma alla costituzione di gruppi terroristici armati non pu essere spiegato solo sulla base di un odio verso un altro modo di vivere ma ha radici molto pi profonde e radicate. La propaganda deve per semplificare, fornire chiavi interprative semplici e proporre soluzioni altrettanto semplici, quali quella di esportare la democrazia. Una conseguente tecnica ampiamente utilizzata in quella occasione stata quella delletichettatura. Si visto come lobiettivo di questa tecnica appunto quello di far sorgere pregiudizi nel pubblico di riferimento etichettando loggetto della campagna propagandistica come qualcosa di cui questo ha paura, teme o trova sgradevole. LAfganistan stata etichettata come un luogo popolato da barbari oppressori oltre che la sede della centrale del terrore. Colpire questo obiettivo avrebbe significato anche dare una risposta alle proprie angosce e paure. Non tanto nella propaganda diretta contro lAfganistan ma pi in generale nella campagna post-11 settembre gli attentati

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terroristici sono stati utilizzati come capro espiatorio di tutti i mali. Dalleconomia alla limitazione dei diritti umanitari, dallandamento della borsa alla riforma delle pensioni, tutto stato visto in virt di quanto accaduto quel giorno. Gli attentati, e pi in generale il terrorismo internazionale, sono diventati la causa sulla quale riversare tutte le colpe. Come ogni campagna propagandistica anche quella contro lAfganistan non poteva non usare parole virtuose che, appartenenti al sistema di valori del pubblico, tendono a produrre, per estensione, unimmagine positiva della cosa a cui sono associate, in questo caso della guerra. La parola maggiormente utilizzata dalla propaganda statunitense stata senza dubbio libert. La guerra al terrorismo , dunque, presentata come una guerra per la libert e per la democrazia, poich estirpare il seme del terrorismo significa, in definitiva, estendere la democrazia e la libert ovunque nel mondo. Infine un ultimo elemento identificabile in questa campagna propagandistica e che, al pari delle parole virtuose, accompagna tutte le campagne, luso degli slogan. Dead or alive, lo prenderemo e rendere il mondo pi sicuro, sono stati tra quelli pi usati dallamministrazione Bush. 5.2.4 Conclusione Il periodo intercorso tra gli attentati terroristici e la guerra contro lAfganistan stato un tempo decisamente limitato cosa che non ha richiesto dunque una specifica campagna propagandistica. Lappoggio alla guerra stato altissimo e quasi incondizionato. Un sondaggio citato dalla PIPA, ha rilevato come uno straordinariamente alto 91% della popolazione si dichiarava favorevole alluso di militari statunitensi contro i gruppi terroristici che si trovavano dietro gli attacchi dell11 settembre199. Altro elemento da prendere in considerazione che l82% di essi era fortemente favorevole, segno evidente che la popolazione ri199 Il sondaggio cit. in PIPA. Americans on the War on Terrorism, disponibile allindirizzo web: http://www.pipa.org/OnlineReports/Terrorism/findings.html (18 maggio 2005)

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chiedeva unimmediata e decisa risposta militare ai gruppi che sostenevano il terrorismo. Lunico problema, come si visto, era quello di identificare il covo dei terroristi e convogliare contro di esso, in una funzione quasi catartica, lodio e langoscia della popolazione. Una volta individuata la base operativa in Afganistan loperazione di demonizzazione stata piuttosto semplice; cos come semplice stato il lavoro di presentare la guerra come risposta. A contribuire ancora di pi al successo della propaganda stata la continua riproposizione delle immagini di donne completamente velate, cosa che aumentava lidea di un regime oppressivo e autoritario. Un aspetto non secondario da tenere in considerazione il fatto che cos facendo si colpiva e stimolava un target ben preciso della popolazione statunitense, quello che pi di tutti fa sentire il dissenso: le organizzazioni umanitarie. La situazione femminile (altro target stato lassociazionismo femminista molto attivo negli Stati Uniti) e pi in generale quella dellintera popolazione afgana, era decisamente discutibile e su questo vi era un generale consenso. Lobiettivo allora era quello di minimizzare il dissenso utilizzando le stesse fonti e argomentazioni delle organizzazioni in difesa dei diritti umani. Presentare la guerra come la risposta a questa condizione era anche un modo per etichettare gli oppositori come sostenitori dei talebani oltre che, ovviamente, di essere antipatriottici e antiamericani.

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5.3 La propaganda statunitense nella guerra contro lIraq nel 2003


Pi interessante, e al contempo pi complesso, si fa il lavoro di analisi della campagna propagandistica statunitense contro lIraq nel 2003. Questa stata pi articolata, lunga e ha visto lentrata in gioco di molti altri fattori, rispetto alla propaganda antiafgana. Il ricorso allo shock dell11 settembre, la riproposizione continua delle immagini delle Twin Towers che crollano e i presunti legami tra un regime nemico e i terroristi di al-Qaeda sono stati alla base delle campagne propagandistiche post-11 settembre. Questi aspetti, usati in varie occasioni, risultano per particolarmente validi nella campagna propagandistica contro lIraq 2002/2003. Come si visto infatti la guerra contro lAfganistan stata troppo immediata e lappoggio della pubblica opinione era quasi scontato, come succede in simili situazioni, per cui ponderare il reale peso della propaganda in quelloccasione risulta essere assai pi complicato. Cosa ben diversa stata la preparazione dellopinione pubblica, in quel complesso tentativo di conquistarne la fiducia e il sostegno sia prima, sia durante la guerra contro lIraq. In questo caso ci troviamo di fronte ad una sistematica e lunga campagna propagandistica, iniziata tempo prima e senza un reale casus belli. Largomento principale stato in parte identico a quello utilizzato contro lAfganistan e relativo dunque alla responsabilit (dellIraq in questo caso) in quello che successo l11 settembre. Con due fondamentali differenze che complicano il lavoro dei propagandisti statunitensi: una temporale, laltra argomentativa. La prima dovuta al fatto che, quando la campagna propagandistica contro lIraq entrata nel vivo, erano passati ormai molti mesi da quando l11 settembre 2001 gli aerei bomba avevano disseminato panico e sgomento. Non vi era pi limpatto forte ed emotivo che lessere under attack impone, inoltre la fiducia nel Presidente che quegli atti aveva rinforzata, pur rimanendo alta, cominciava a calare. Mancava limpatto emotivo forte, man-

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cava la strumentalizzazione dello shock e listantaneit del casus belli. Cosa che la propaganda, per essere efficace, deve riuscire a creare. La seconda differenza che non vi era un legame netto e diretto tra lIraq ed al-Qaeda. Infatti nessuno dei 19 terroristi era di nazionalit irachena, non vi era nessuna base di addestramento in Iraq e nessun diretto contatto tra le rete del terrore e il regime iracheno mai stato dimostrato; questi ed altri aspetti rendevano complessa unargomentazione in favore di questa tesi. Lesito positivo, pertanto, a differenza di quanto successe con lAfganistan, non era scontato e lappoggio dellopinione pubblica non solo non era garantito ma doveva essere conquistato sul terreno. Per questo analizzare il ruolo che la propaganda ha avuto in tutto ci, risulta particolarmente utile oltre che stimolante. 5.3.1 Le terzine della propaganda applicate alla guerra in Iraq del 2003 Sulla scia di quanto fatto nellanalisi della campagna propagandistica Afganistan 2001, si indicheranno i tratti caratteristici che hanno contraddistinto la propaganda (di guerra) statunitense nelloperazione qui soprannominata Iraq 2003. La prima terzina, come gi visto, gravita intorno alla necessit di identificare il nemico, demonizzarlo mettendone in luce luso di armi non convenzionali e presentare la nostra guerra come risposta a questo. A differenza di quanto successo nel primo caso, nei confronti dellIraq non difficile dare un volto e un nome al nemico: Saddam Hussein. In realt risulta particolarmente semplice anche il lavoro di demonizzazione del nemico, sia per via della figura del dittatore iracheno, sia per via della precedente (1990-1991) campagna propagandistica. La sua crudelt era nota a tutti per cui il primo passo, cio quello di demonizzarlo, risultato essere unimpresa particolarmente semplice. Oltretutto la cosa si semplificava ulteriormente visto il lavoro di demonizzazione gi intrapreso nella precedente campagna propagandistica del 1990/91. Si trattato dunque di riproporre lo stereotipo, in parte vero, del

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dittatore che con crudelt soggiogava il suo popolo e lo riduceva in schiavit. Nella prima campagna propagandistica contro lIraq, nel tentativo di demonizzarlo, si preferito accostare il dittatore iracheno al dittatore per eccellenza: Hitler. Come visto non un caso che sia stato soprannominato Saddam Hitler. Ma dopo l11 settembre la rete terroristica di Al Qaeda che pi di tutti riesce ad impaurire: collegare il Paese-target ad essa costituisce un punto fondamentale nella conquista dellopinione pubblica. Si visto come la localizzazione della sua base operativa sul territorio afgano abbia costituito uno dei principali motivi che hanno giustificato quella guerra. Nel caso iracheno riuscire a dimostrare come esso fosse direttamente coinvolto negli attentati dell11 settembre avrebbe sicuramente costituito un punto in favore della propaganda statunitense, poich non solo avrebbe reso pi semplice il lavoro di demonizzazione ma avrebbe anche ricollegato questa guerra agli attentati e ne avrebbe fatto rivivere lo shock. Aiutandoci con i sondaggi condotti da PIPA/Knowledge Networks Poll che monitorizza, periodicamente, lopinione pubblica statunitense su un insieme di problemi nazionali, si pu vedere come questo obiettivo sia stato raggiunto200. Uno dei risultati che salta allevidenza che, prima dello scoppio della guerra, il 68% degli intervistati fosse convinto che lIraq avesse giocato un ruolo importante nellorganizzazione degli attenti terroristici dell11 settembre201. Ci significa che pi di due persone su tre hanno creduto che gli attentati terroristici siano stati possibili grazie e con il sostegno dellIraq, nonostante non siano mai state trovate prove in proposito. Percentuale che rimane altissima anche nel dopoguerra.
200 The PIPA/Knowledge Networks Poll un lavoro congiunto tra Center for International and Security Studies at Maryland (CISSM) presso School for Public Affairs delluniversit del Maryland e Center on Policy Attidudes (COPA) unorganizzazione non-profit di studi sociali assieme al Knowledge Networks che opera nellambito dei sondaggi in scienze sociali e ricerche di mercato con base in Menlo Park, California. 201 The PIPA/Knowledge Networks Poll, Misperceptions, the Media and the Iraq War, 2 ottobre 2003, disponibile allindirizzo web: http://www.pipa.org/OnlineReports/Iraq/Media_10_02_03_Report.pdf (12 Settembre 2004).

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Infatti, in un sondaggio condotto a giugno del 2003, pi della met del campione intervistato sostiene che questi legami non solo vi erano, ma ne erano state addirittura trovate le prove202. La percentuale aumenta decisamente tra coloro che hanno appoggiato la decisione di entrare in guerra, cos come aumenta tra coloro che sostengono il partito del Presidente. Aspetto interessante, ma sul quale ritorneremo in seguito, che questa percentuale ancora maggiore tra i repubblicani (il partito di Bush) che seguivano da vicino le notizie.
[Sempre a giugno di quellanno alla domanda]: Credi che sia stata trovata una chiara ed evidente prova che lIraq sostenga al-Qaeda o no? Il 52% ha detto che la chiara evidenza stata trovata, e appena il 43% ha detto no e il 5% non era sicuro. Nonostante le intense discussioni sullargomento prodotte sulla stampa, in agosto il numero era sostanzialmente uguale: 49% credeva che le prove del collegamento fossero state trovate, 45% credeva il contrario e il 6% non era sicuro203.

La demonizzazione del nemico stata raggiunta, poich come i sondaggi dimostrano, unalta percentuale di statunitensi ha creduto allesistenza di questo legame, il che rende il nemico ancora pi diabolico. Il secondo passo, questo s pi complesso, era quello di dimostrare che il dittatore iracheno faceva uso di armi non convenzionali o di distruzione di massa204. Per questo furono inviati gli ispettori dellONU e quelli statunitensi alla ricerca delle armi di distruzione di massa che avrebbero costituito la prova evidente della necessit del conflitto. La discussione in seno al Consi202 The PIPA/Knowledge networks Poll, The American Pubblic on International Issues. Americans on Iraq: WMS ,links to Al-Qaeda, Reconstruction, 1 Luglio, 2003, disponibile allindirizzo web: http://www.pipa.org/OnlineReports/Iraq/july1_iraqreport.pdf (15 Settembre 2004) 203 The PIPA/Knowledge Networks Poll, Misperceptions, the Media and the Iraq War, 2 ottobre 2003, disponibile allindirizzo web: http://www.pipa.org/OnlineReports/Iraq/Media_10_02_03_Report.pdf (12 Settembre 2004). 204 La strategia utilizzata dalla Casa Bianca per arginare il rischio di proliferazione delle armi di distruzione di massa disponibile allindirizzo web: www.whitehouse.gov/news/releases/2002/12/WMDStrategy.pdf (9 gennaio 2004).

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glio di sicurezza dellONU del 5 febbraio 2003, dove il segretario di Stato statunitense Colin Powell era intento a persuadere gli altri i membri del Consiglio circa il possesso di armi di distruzione di massa da parte di Saddam Hussein, deve essere vista in questa ottica, ovvero come la prova pi evidente che il dittatore iracheno possedeva queste armi 205 . Limmagine di quello che molti analisti definirono senza esitazione un vero insuccesso diplomatico e propagandistico, stata lampolla fatta sventolare dal capo della diplomazia statunitense che voleva dimostrare come una quantit infinitesimale di antrace poteva uccidere migliaia di persone. Fu un chiaro insuccesso perch, come afferma De La Gorge, il risultato fu in netta contraddizione con le aspettative del segretario di Stato. Fu subito chiaro che alcuni dei documenti su cui si basava la sua denuncia erano del tutto privi di valore206. Riuscire a dimostrare che lIraq possedesse quelle armi, unitamnte alla demonizzazione del suo leader, erano considerati elementi sufficienti per scatenare una guerra. Anche in questo caso aiutiamoci con i sondaggi per vedere come questo obiettivo sia stato raggiunto. Uno degli aspetti pi interessanti da sottolineare come, a guerra ufficialmente conclusa (il sondaggio infatti risale a giugno del 2003), quasi una persona su quattro ritiene che le armi non solo vi erano ma che addirittura siano state trovate207. La percentuale potrebbe sembrare bassa e non significativa, mentre in realt molto eloquente poich tale sondaggio stato condotto dopo che le ispezioni dellONU208, cos come quelle dellintelligence statunitense volute dallamministrazione
205 Il discorso pronunciato dal segretario di stato americano, Colin Powell, dinanzi al Consiglio di sicurezza dellONU disponibile allindirizzo web: www.un.int/usa/03clp0205.htm (14 maggio 2003). 206 P. M. De La Gorge, Soli contro tutti, in Le Monde diplomatique/ il manifesto, n. 4, anno X aprile 2003, pp. 8-9. 207 The PIPA/Knowledge networks Poll, The American Pubblic on International Issues. Americans on Iraq: WMS, inks to Al-Qaeda, Reconstruction, 1 Luglio, 2003, disponibile allindirizzo web: http://www.pipa.org/OnlineReports/Iraq/july1_iraqreport.pdf (15 Settembre 2004) 208 La risoluzione del Consiglio di sicurezza dellOnu n. 1441 (2002) che obbliga lIraq a subire le ispezioni dellUnmovic e dellAiea, disponibile allindirizzo web: www.un.org/Docs/journal/asp/ws.asp?m=S/RES/1441( 16 gennaio 2003).

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Bush, non sono riuscite a trovare presenze di tali armi209. Ci significa che la propaganda riuscita nellintento di persuadere una larga fetta della popolazione nonostante levidenza dei fatti dimostri il contrario. Questi elementi hanno sicuramente influito sullappoggio dellopinione pubblica statunitense alla guerra che fu rinominata guerra preventiva210. Ecco che si giunge cos al terzo elemento che per, almeno in parte, viene stravolto nella sua accezione originale. La guerra contro lIraq viene presentata come una guerra di difesa anche se non si stati attaccati. Questa , da un punto di vista storico, una grossa novit. Su questo punto la propaganda statunitense ha notevolmente insistito, come dimostra il fatto che il Presidente statunitense abbia pi volte dichiarato che non si poteva di certo aspettare un attacco iracheno per poter scatenare la guerra, ma bisognava agire prima. Dunque, seppur preventiva, la guerra veniva presentata come difensiva, perch era fatta in difesa della popolazione statunitense e del mondo libero. Prevenire un attacco imminente, punto sul quale la propaganda statunitense e quella inglese hanno pi volte insistito, significa dunque difendersi. La seconda terzina insiste invece nel dimostrare la bont delle nostre guerre che devono essere presentate come operazioni militari in soccorso di un popolo oppresso, per estendere la democrazie ed aventi una nobile e giusta causa. Come nel caso della campagna Afganistan 2001 anche in questo caso questi principi sono stati seguiti. In essa per mancava quellaspetto iconografico e simbolico forte, quale quello delle donne con il Burqa o gli uomini con la barba lunga a dimostrarne, con una facile immagine, loppressione. Che Saddam fosse un dittatore era, come detto, tristemente noto, ma a differenza di quanto successe
209 Il testo del rapporto sulle ispezioni in Iraq dellAgenzia internazionale dellenergia atomica, pubblicato il 27 gennaio 2003 disponibile allindirizzo web: www.iaea.org/worldatom/Press/Focus/IaeaIraq/unscreport_290103.html (14 marzo 2003). 210 La dottrina Bush sulla guerra preventiva stata esposta per la prima volta alla National Security Strategy nel Settembre 2002 ed disponibile allindirizzo web: www.whitehouse.gov/nsc/nss.pdf (24 maggio 2003).

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per i talebani lassenza di unimmagine cos forte come il velo integrale sulle donne, faceva venir meno limpatto iconografico e rappresentativo delloppressione. Nel primo caso bastava mettere in copertina o far vedere una donna velata per suscitare lidea di un popolo oppresso. Nel caso iracheno questa immagine forte, questa icona delloppressione sembra mancare. Attenzione, non si vuole sostenere che non vi siano immagini altrettanto eloquenti che dimostrano la malvagit del dittatore: di questo il nostro immaginario pieno. Il problema trovare il simbolo delloppressione. Forse limmagine pi forte da questo punto di vista quella del genocidio dei kurdi del 1988, quando il regime us armi chimiche per decimare gli oppositori. Forse, anche se questa potrebbe essere vista pi come la prova della sua crudelt che come simbolo di oppressione di tutto il popolo. Neanche limmagine dei bambini che muoiono di fame pu essere usata in questo senso, perch la propaganda irachena ne imputava la colpa allembargo voluto dagli Stati Uniti. Al di l di unimmagine emblematica, non stato cos difficile dimostrare che quella irachena fosse una dittatura e che gli oppositori (come i kurdi ad esempio) venivano torturati ed uccisi. Ecco allora che la guerra viene presentata come una guerra di liberazione. E su questo punto insiste tanto la propaganda statunitense tanto quella alleata. Si noti il termine: parlare di alleati significa evocare la guerra di liberazione dal nazifascismo avvenuta ad opera degli alleati appunto. Una guerra condotta in nome della libert. Per questo si paragona questa guerra a quella contro il nazismo ed per questo che si insiste sullaccoglienza trionfale che il popolo iracheno avrebbe dovuto riservare alle truppe anglo-americane, come successe in Italia e in Germania nel 1945: accoglienza che in realt non vi stata. La caduta della statua di Saddam Hussein a Bagdad divenuta il simbolo della liberazione e la festa trionfante del popolo il segno evidente, per la propaganda, della bont della guerra. In realt, come limmagine dimostra, la piazza era semivuota, ma la foto si restringe e si concentra solo sulle poche decine di persone che affollano la piazza. Vista da lontano limpatto completamente diverso: una piazza vuota, gente

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pi curiosa che felice, nessuna gratitudine verso il liberatore. Ma tutti i media internazionali hanno riportato limmagine ristretta della piazza che d lidea di una folla festante: questa immagine divenuta il simbolo non delloppressione (come il burqa) ma della liberazione, ovvero il passo successivo. Parlare di liberazione significa anche e soprattutto parlare di estensione della democrazia. La guerra irachena si protratta molto pi a lungo di quanto gli analisti militari avevano previsto e questo significa anche unestensione della propaganda. Per non far calare il consenso intorno ad una guerra che non si smesso di combattere - nonostante il proclama ufficiale del maggio 2003 durante il quale il Presidente statunitense apparve su una portaerei, in mezzo ai militari con una enorme scritta alle spalle che diceva missione compiuta - bisogna tenere alto il morale dellopinione pubblica. La propaganda dunque continua durante tutto lo svolgimento delle operazioni militari. Anzi sembra rinforzarsi poich il sostegno dellopinione pubblica tende a diminuire con il protrarsi di una guerra che era stata annunciata come breve. Dunque sono i successi della guerra ad essere esaltati: prime elezioni libere, la cattura del dittatore, con il propagandistico proclama di Bush we got him (labbiamo catturato) ma anche la necessit di continuare, vista la presenza dei terroristi sul suolo iracheno. Pian piano, per, i mass media statunitensi in particolare e occidentali in generale, hanno smesso di occuparsi della guerra in Iraq, spostando cos lattenzione dellopinione pubblica su altre tematiche. Tutto questo serve per rendere la guerra giusta. Si giunge cos allultimo aspetto di questa terzina che appunto quella di giustificare non solo la guerra ma il suo protrarsi proprio perch la guerra giusta e sensata. giusta perch ha liberato il mondo da un feroce dittatore; giusta perch ha portato la democrazia in un nuovo Paese; giusta perch serve a combattere i terroristi ed impedire che essi possano ripetere quanto fatto l11 settembre. La terza ed ultima terzina infine ci dice che ogni buona campagna propagandistica deve attirare a s il sostegno dellopinione pubblica interna, internazionale ed avere il sostegno divino. In realt questi due ultimi aspetti devono essere visti

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pi come elementi che servono per consolidare il primo, che come obiettivi a s stanti. Infatti, come gi visto, maggiore sar il sostegno internazionale e maggiore sar lappoggio interno poich il primo viene utilizzato come riprova del consenso crescente intorno ad una data decisione. Non importa se il sostegno internazionale vi sia realmente o meno, quello che interessa che sia propagandato come tale. Esattamente come successo nel primo caso in esame, anche qui la campagna propagandistica statunitense cerca di mostrare il consenso internazionale alle operazioni militari come un dato di fatto. Come vedremo meglio pi avanti, coloro che credono allesistenza di questo appoggio internazionale sono anche coloro che appoggiano pi facilmente la guerra. In questo caso specifico per lappoggio internazionale non pu essere ridotto solo ad una operazione di propaganda interna. Ovvero creare un consenso internazionale non serve solo ad aumentare quello interno ma anche a dare vita ad una coalizione di vari Paesi che fornisca alla guerra unimmagine di coesione internazionale. La guerra, bene ricordarlo, stata scatenata senza previa autorizzazione del consiglio di sicurezza e senza un reale casus belli. Lappoggio internazionale si rende dunque inevitabile per non far apparire lazione di forza statunitense come unoperazione unilaterale, cosa che danneggerebbe limmagine statunitense allestero. Per questo si rende necessaria una massiccia campagna di propaganda esterna, volta a conquistare lopinione pubblica e i governi stranieri. Infine lappoggio divino. Questa una classica operazione di propaganda interna in una nazione, come quella statunitense, fortemente segnata dal peso della religione. Il rischio per quello di creare una nuova crociata o guerra di religione, cosa che comprometterebbe i rapporti con i Paesi arabi moderati. Lenfatizzazione dellaspetto divino pertanto usato con cautela, proprio per motivi diplomatici e strategici. 5.3.2 Forme della propaganda nella guerra irachena Cos come nel caso dellanalisi della campagna propagandistica Afganistan 2001, anche ora, nel tentativo di evidenziare

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le forme che la propaganda venuta assumendo, si utilizzer la classificazione proposta nel secondo capitolo. Come evidente si ha a che fare con una forma di propaganda di guerra, poich lobiettivo quello di mobilitare lopinione pubblica a favore del conflitto che si sta delineando. mancato limpatto emotivo forte dell11 settembre, perci la campagna pi lunga e complessa; mancato il casus belli, dunque il protrarsi delle operazioni di conquista dellopinione pubblica sono pi articolate. Questo rende la propaganda di guerra un lavoro pi intricato e vede lalternarsi di varie forme di propaganda. Ritroviamo sia la propaganda bianca, quando si sostiene che Saddam Hussein un feroce dittatore, ma soprattutto ritroviamo la propaganda nera, poich si sono diffuse volontariamente false informazioni, quali il possesso di armi di distruzione di massa, lappoggio dato alla rete di Al-Qaeda nellorganizzazione degli attentati terroristici, la possibilit di colpire in quarantacinque minuti il suolo britannico ed infine lappoggio internazionale alla guerra. Tutte cose che levidenza dei fatti ha smascherato. Questi aspetti, come vedremo meglio pi avanti, sono serviti per conquistare lopinione pubblica. Dunque il primo vero tratto caratteristico di questa campagna propagandistica che si trattato di una propaganda bellica-nera. Inoltre stata una campagna agitativa poich lobiettivo era quello di agitare, animare la popolazione e spingerla ad accettare un conflitto contro un tiranno. Come nel primo caso, anche qui vi sono stati momenti di propaganda integrativa per migliorare i rapporti con gli alleati arabi o di fede islamica. Ma, a differenza di quanto successe nella campagna afgana, il sentimento di vendetta e di farsi giustizia da s non aleggiava nellaria come nei giorni immediatamente successivi agli attentati, per cui la necessit di placare gli animi non era cos impellente. Il target di questa campagna propagandistica duplice. Da una parte si vuole colpire il maggior numero di persone possibili, poich il sostegno alla guerra deve provenire dal maggior numero di soggetti possibili, dallaltra si vuole colpire i centri dirigenti, i direttori dei giornali, gli opinion leader. Per questo si pu parlare di una compenetrazione tra grassroots e treetops propa-

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ganda. Con una puntualizzazione: la seconda forma di propaganda serve indirettamente per rafforzare la prima, poich anche tramite gli opinion leader che si influisce sul maggior numero di persone possibili. Inoltre, sempre prendendo in considerazione il target, ci si accorge come anche in questo caso vi sia un duplice obiettivo da colpire: lopinione pubblica interna e quella internazionale. Si ha a che fare dunque con una propaganda interna ed una esterna, ma a differenza di quanto successo nella guerra afgana, la propaganda allestero non si limita solo ed esclusivamente agli opinion leader ma vuole colpire il maggior numero di persone possibili: in altri termini la propaganda esterna non solo treetops propaganda ma anche grassroots propaganda. Infatti a differenza del primo caso, la protesta contro la guerra stata particolarmente attiva in ogni angolo del globo, indice della scarsa popolarit del conflitto: impopolarit che deve essere combattuta. Lamministrazione statunitense, dunque, intensifica la propaganda allestero, sia direttamente (si veda la creazione dellOffice Strategic Information) ma anche indirettamente cercando di coinvolgere il maggior numero di governi possibili che a loro volta, essendo parte in causa, si vedono costretti a propagandare le virt della guerra, aiutati in questo dalla propaganda statunitense. Vista lavversione verso il conflitto e visto il peso che essa poteva avere in termini di immagine per i politici che la sostenevano, essa diventata anche terreno di scontro politico. Anche sulla guerra si giocata la campagna elettorale del 2004 negli Stati Uniti, assumendo cos i caratteri della propaganda elettorale, da un lato con i democratici in parte contrari alla guerra, dallaltro con i repubblicani del presidente Bush ampiamente favorevoli al conflitto. Questo aspetto, come facilmente intuibile, vale solo ed esclusivamente dopo linizio della guerra e non nel periodo della sua preparazione. 5.3.3 Tecniche utilizzate Il ricorso alla paura. Si pi volte detto che una delle principali tecniche della propaganda la strumentalizzazione della paura. La guerra infatti viene spesso spiegata e presentata al

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pubblico pi sullonda emotiva che non su quella razionale: il pathos e non la ratio lobiettivo della propaganda. su di esso che bisogna far leva e non sui ragionamenti. Come ampiamente visto il ricorso alla paura ha caratterizzato molte campagne propagandistiche nel corso della storia, ma l11 settembre ha mostrato chiaramente limportanza di questa tecnica. pi che ragionevole ritenere che luso di essa sia una delle caratteristiche principali della strategia propagandistica di questa nuova era della propaganda. La principale paura , ovviamente, quella di un nuovo attentato, in stile 11 settembre, o quella di nuove armi chimiche e biologiche. Ecco perch la propaganda bellica contro lIraq di Saddam Hussein ha fatto leva su questo aspetto non secondario della guerra. Frasi allusive. La propaganda al condizionale, come Halimi la defin in occasione della campagna propagandistica che port alla guerra contro la RFY. Nellambito della campagna Iraq 2003, luso di questa tecnica, ovvero delle frasi allusive stata ampiamente utilizzata. Potrebbe colpirci da un momento allaltro, Non dobbiamo aspettare un altro 11 settembre e cos via: ecco alcuni esempi di frasi allusive utilizzate in questa occasione. Per il semplice fatto che non potevano essere smentite e che rievocavano ansie e paure mai del tutto superate, tale tecnica ha mostrato tutta la sua efficacia. Salire sul carro dei vincitori. Anche questa tecnica ha trovato posto in questa campagna. Sbandierare i sondaggi quando ritenuti favorevoli, far percepire alto il sostegno dellopinione pubblica a livello internazionale, far percepire che lazione che si sta portando avanti condivisa dai pi, servito per creare quel clima che ha portato, nonostante le massicce manifestazioni contro la guerra, a far schierare la maggioranza degli statunitensi a favore della guerra e della scelta del presidente Bush. Grande menzogna. Si visto, quando si parlato delluso della propaganda nera in questa occasione, come le menzogne abbiano costituito uno dei principi cardine della campagna propagandistica. I laboratori mobili per la produzione di antrace ed altre sostanze chimiche e batteriologiche mostrate da Colin Powell, nella famosa seduta del 5 febbraio 2003 al Palazzo di ve-

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tro, sono una chiara prova delluso di questa tecnica. Quelle immagini che pur non hanno retto alla prova dei fatti, hanno nel frattempo colpito limmaginario collettivo. Nel dare la notizia, infatti, i TG hanno riportato quanto detto dal segretario di Stato americano come se fosse un dato di fatto e quella immagine divenuta presto licona del possesso di armi di distruzione di massa del regime iracheno. La smentita non ha lo stesso valore simbolico e la stessa forza delle affermazioni. Censura. Il pentagono, nel cercare di gestire in proprio favore linformazione, ha fatto firmare un contratto ai giornalisti che seguivano le truppe. Lobiettivo, come si visto, era appunto quello di fornire unimmagine della guerra ad uso e consumo della propaganda statunitense: la censura in questo caso una tecnica fondamentale. Inglobare allinterno dellesercito i giornalisti, non significa per solo censurare quanto essi avranno da dire, ma significa anche e soprattutto limitare il loro angolo di osservazione, censura preventiva, o bloccare sul nascere le loro osservazioni: questa quella che possiamo chiamare autocensura. La presenza di giornalisti indipendenti e di televisioni che osservavano da un punto di vista arabo, essendo questo il loro target di riferimento, ha fatto comunque perdere a questa tecnica una parte dellefficacia che ha sempre avuto nel corso della storia. Ripetizione. Lossessiva ripetizione del messaggio che Saddam Hussein possedeva le armi di distruzione di massa ha fatto credere, come il sondaggio poco sopra esposto ben evidenzia, ad una parte della popolazione che quelle armi non solo vi erano ma che addirittura erano state trovate, nonostante le ispezioni dellONU abbiano dimostrato il contrario. Stessa cosa dicasi per la ripetizione del messaggio che Saddam sia stato in qualche maniera collegato agli attentati dell11 settembre. Anche in questo caso, nonostante prove al riguardo non siano mai state trovate, prima dello scoppio del conflitto una cospicua parte della popolazione statunitense, ben il 68%, ci ha creduto. Risultato reso possibile grazie alla ridondanza e alla continua ripetizione del messaggio.

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Eufemismo. Anche questa tecnica, che possiamo considerare quasi un classico della propaganda di guerra, ha fatto la sua comparsa nel corso di questa campagna. Denominare la guerra con il termine Iraq Freedom un chiaro ed evidente tentativo di presentare, allopinione pubblica, la guerra come una cosa giusta e accettabile. Tendere a semplificare. Le ragioni della guerra sono state banalizzate e semplificate al massimo, cosa che da una parte ha reso possibile il facile assioma di guerra contro il terrorismo e dallaltra non stata in grado di spiegare le reali ragioni della guerra. Anche la propaganda contro la guerra ha semplificato le motivazioni che hanno spinto il governo statunitense a scatenare il conflitto, riducendo il tutto ad una semplice quanto banale guerra per il petrolio. Essa pu essere una chiave di lettura ma non ne pu essere lunica. La propaganda per, sia a favore sia contraria alla guerra, tende per ragioni pratiche a ridurre al minimo le varianti che intervengono nel conflitto. Da un lato la guerra stata presentata come parte della pi complessa guerra globale al terrorismo, dallaltra come una guerra per il petrolio. Questo testimonia come, al di l delle posizioni pro e contro la guerra, la propaganda ha ipersemplificato, senza spiegare, le ragioni della guerra. Proiezione o analogia. Anche qui ci troviamo dinanzi ad una delle pi classiche tecniche della propaganda bellica e agitativa: la proiezione delle caratteristiche dispregiative da un soggetto ad un altro. Laccostamento della figura di Saddam Hussein allemblema ed icona del male (post 11 settembre), ovvero Osama Bin Laden, ha voluto significare questo. Come gi detto, Saddam non aveva un gran bisogno di essere nuovamente criminalizzato e demonizzato, vista la pessima immagine che di lui il mondo intero si era fatto, ma laccostamento agli strateghi del terrore significava proiettare su di lui questulteriore stigma negativo. Se lui come loro, pu attaccarci di nuovo da un momento allaltro. Lobiettivo della propaganda, nellutilizzare questa tecnica, era appunto quello di giustificare la guerra come atto preventivo per scongiurare che una simile tragedia, ben

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scolpita nei cuori e nelle menti degli statunitensi, si potesse ripetere unaltra volta. Garanzia. Luso di questa tecnica in realt stata maggiormente usata dalla propaganda contro la guerra pi che da quella pro. Infatti chi si opponeva alla guerra citava spesso Hans Blix, ovvero il capo degli ispettori dellONU incaricato di cercare le armi di distruzione di massa, che con le sue dichiarazioni contro la guerra diventato un po il punto di riferimento degli oppositori211. Figura autorevole, super partes che doveva testimoniare e garantire come le armi di distruzione di massa, ovvero lo smoking gun, la pistola fumante o casus belli, era un semplice pretesto e che la guerra era gi stabilita a priori. La propaganda pro guerra invece, per arginare queste ed altre autorevoli dichiarazioni, faceva intervistare, dai principali giornali e network televisivi indipendenti, ex scienziati del regime di Saddam, sempre coperti da anonimato (cosa che se da una parte ne diminuiva la credibilit dallaltra era testimonianza della pericolosit del regime, visto che anche i dissidenti avevano paura di parlare) i quali cercavano di dimostrare il contrario e cio che se le armi ancora non erano state trovate era semplicemente perch Saddam le aveva nascoste bene. Luso di questa tecnica, pertanto, si bilanciata, ma visto il peso diverso che ai due garanti veniva dato, si potrebbe aggiungere che questa tecnica sia risultata leggermente favorevole ai pro guerra nonostante ne abbiano fatto meno uso. Capro espiatorio. Il terrorismo la causa di tutti i mali: dalla disoccupazione alla limitazione dei diritti, dallandamento del mercato sino ai tagli del sistema sociale. Luso di tale tecnica per non pu essere limitato a questa campagna, ma in qualche maniera lasse portante di tutta la propaganda post 11 settembre. Il fatto che esso costituisca il male e la causa di tutte le insicurezze e difficolt, significa anche che bisogna combatterlo con ogni mezzo e la guerra ne il principale strumento.
211 Il discorso ufficiale tenuto da Hans Blix dinanzi allONU e ripreso pi e pi volte dalla propaganda contro la guerra disponibile allindirizzo web: www.un.org/Depts/unmovic/blix14Febasdel.htm (18 giugno 2003)

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Parole virtuose e slogan. Come in tutte le campagne propagandistiche anche in questa occasione luso di parole virtuose che accompagnavano il sostantivo guerra avevano come obiettivo quello di produrre, per estensione, unimmagine positiva della guerra. Se la guerra, come la propaganda alleata ha pi volte ribadito, fatta per estendere la democrazia ed fatta in nome della libert e per garantire maggiore sicurezza, deve essere di conseguenza anche una guerra giusta che, per quanto dolorosa, necessaria. Pi la propaganda, anche attraverso luso degli slogan pro guerra, riesce a far passare queste idee ed associazioni maggiore sar lestensione alla guerra di queste parole e idee virtuose. Gli slogan servono anche a questo, ad associare alla guerra una parola virtuosa che richiami un ideale nobile e condiviso. Annientare lopposizione. Tra i Paesi contrari alla guerra emersa per forza e compattezza la Francia. Questo ha attirato contro Chirac e il suo governo un vespaio di polemiche, che spesso hanno sfiorato leccesso. Non si dimentichi la copertina di un giornale di Murdock, magnate australiano fieramente schierato a favore della guerra. I suoi giornali, settimanali e televisioni hanno duramente attaccato la posizione francese tanto da mettere nella copertina di uno dei suoi pi famosi settimanali un fotomontaggio di un verme con la faccia del presidente francese. Oltre a queste trovate populiste che servono per alimentare vecchi stereotipi, mi hanno colpito le riflessioni del giornalista britannico Christopher Hitchens che sulle colonne del Wall Street Journal attacca duramente la linea francese con lintento di demolire la figura del Presidente francese. Queste le sue parole
un uomo che lo scorso anno ha dovuto farsi rieleggere per conservare limmunit da procedimenti penali per gravi accuse di corruzione. un uomo che ha aiutato Saddam Hussein a costruire un reattore nucleare, pur sapendo benissimo cosa volesse farne. un uomo a capo della Francia ma, in realt, un uomo palesemente in vendita212.
212

C. Hitchens, The rat that roared, in The Wall Street Journal, 6 febbraio 2003, p.

3.

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5.3.4 La propaganda dentro i mass media liberi Vediamo, ora, il peso e limportanza che la propaganda ha allinterno dei mass media liberi e come questi ultimi hanno giocato un ruolo di primissimo piano nel conquistare lopinione pubblica durante le due guerre. La propaganda, come pi volte ribadito, si conforma ed adatta al terreno in cui prospera. Allinterno delle dittature funziona in un modo, nelle libere democrazie in un altro. Le forme di propaganda in questione si sono sviluppate allinterno di societ libere, dove la libert di stampa costituzionalmente garantita, dove non esiste la censura ufficiale e dove i giornalisti non sono funzionari di partito o dello Stato. Ci nonostante anche in questo caso si ha a che fare con una forma di propaganda visibile ed analizzabile. Ne abbiamo visto le forme, le tecniche utilizzate, ne abbiamo analizzato, almeno in parte i contenuti. Lobiettivo in questo paragrafo sar quello di dimostrare come i mass media liberi abbiano contribuito, in parte volontariamente e in parte inconsapevolmente, a sostenere le ragioni della guerra, diventando cos strumenti o cassa di risonanza della propaganda. Ci si aiuter ancora una volta con i sondaggi e le analisi condotte da PIPA/Networkledge. Da essi si evince come esista una netta interrelazione tra misperceptions e sostegno alla guerra. Ma cosa sono le misperceptions? Possiamo tradurre questo termine con lespressione false assunzioni, ovvero percezione errata della realt. La nostra attenzione cade su quei mesi di preparazione alla guerra, quelli in cui si rende necessaria la campagna propagandistica di preparazione e persuasione della pubblica opinione, poich, come la stessa analisi sostiene, con il passare del tempo esse verranno assottigliandosi e le false convinzioni dovranno scontrarsi con levidenza delle prove. Nel frattempo il lavoro di conquista dellopinione pubblica ha ottenuto i suoi risultati. Le tre principali misperceptions sono: legame tra lIraq e gli attentati dell11 settembre; possesso da parte irachena di armi di distruzione di massa; sostegno internazionale alla guerra. Come

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il sondaggio ha messo in luce, l86% di coloro che credevano a tutte e tre le principali false assunzioni erano favorevoli alla guerra213. Esiste, dunque, una correlazione pi che evidente tra misperceptions e sostegno allingresso in guerra. Dunque se ne deduce che maggiore sar il numero di persone che fanno proprie queste false assunzioni, maggiore sar il sostegno alla guerra da parte dellopinione pubblica. Compito, dunque, della propaganda quello di diffondere queste false assunzioni o disinformazioni (propaganda nera), per far aumentare il numero dei sostenitori del conflitto. Come gli stessi autori del sondaggio mettono in evidenza, la percentuale di persone favorevoli al conflitto tra coloro che non credevano a nessuna di queste false notizie era decisamente bassa. Il sondaggio infatti rivela come solo il 23% di coloro che non credevano a neanche uno di questi assunti era favorevole allingresso in guerra. A questo punto entra in gioco il ruolo dellinformazione. A tutta prima si potrebbe obiettare che il credere a queste false assunzioni derivi da una scarsa informazione dei singoli cittadini. In altri termini si potrebbe pensare che il sostegno alla guerra sia maggiore in quei cittadini che non si informano. In realt, e se mi concesso, questo laspetto pi preoccupante: la ricerca mette in luce come il numero di persone che avevano queste false assunzioni, aumentava tra coloro che dichiaravano di seguire da vicino levolversi della situazione attraverso le informazioni dei mass media. In sostanza, coloro che erano favorevoli alla guerra lo sono stati sulla base di false assunzioni; false assunzioni che si sono create attraverso i telegiornali e i giornali. Il rapporto media liberi e propaganda emerge con tutta la sua forza, poich tramite la libera informazione che queste false assunzioni sono arrivate e sono state metabolizzate dallopinione pubblica ed in definitiva grazie ad esse che una parte della popolazione ha appoggiato la decisione di andare in guerra. I media liberi sono dunque stati la cassa di risonanza del213 The PIPA/Knowledge Networks Poll, Misperceptions, the Media and the Iraq War, 2 ottobre 2003, disponibile allindirizzo web: http://www.pipa.org/OnlineReports/Iraq/Media_10_02_03_Report.pdf (12 Settembre 2004).

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la propaganda. Ma ancora: soprattutto grazie alla credibilit che i media liberi ed indipendenti possiedono che queste false assunzioni hanno attecchito sullopinione pubblica statunitense, costituendo la prima ed obbligata tappa nel percorso di conquista dellopinione pubblica. Si ribadisce ancora una volta che queste false percezioni aumentano tra quella fascia di popolazione che dichiara di seguire pi da vicino le notizie. Maggiore dunque lesposizione alle notizie, tanto maggiore il livello di misperceptions. In altri termini chi maggiormente cerca informazioni riguardanti il conflitto, pi si espone alle false informazioni, tendendo cos ad appoggiare loffensiva militare.
Nel periodo di preparazione alla guerra in Iraq e nel periodo successivo al conflitto, una significativa porzione di pubblico statunitense ha avuto un numero di false assunzioni che hanno giocato un ruolo chiave nel generare e sostenere la decisione di andare in guerra. Una significativa parte del pubblico ha creduto che lIraq fosse direttamente coinvolta negli attacchi dell11 settembre e che gli evidenti legami tra Iraq e al-Qaeda fossero stati trovati, che le armi di distruzione di massa fossero stati trovati in Iraq dopo la guerra e che abbia usato queste armi durante la guerra, e che lopinione pubblica mondiale approvasse la decisione degli USA di andare in guerra214.

Riassumendo: la propaganda serve a far aumentare il sostegno allingresso del Paese in guerra; questo maggiore tra chi disinformato e crede a false assunzioni (misperceptions) ed il numero di questi aumenta in relazione alla loro esposizione ai media; da qui si deduce che i media, o meglio una loro considerevole parte, fungono da cassa di risonanza per la campagna propagandistica, in maniera simile a quanto succede nelle dittature, con la differenza ovvia che nelle libere societ i media sono liberi e non sotto controllo del regime. In sostanza questo sta a significare che maggiore era il tempo di esposizione ai media e maggiore era la possibilit di appoggiare un intervento armato.
214 The PIPA/Knowledge Networks Poll, Misperceptions, the Media and the Iraq War, 2 ottobre 2003, disponibile allindirizzo web: http://www.pipa.org/OnlineReports/Iraq/Media_10_02_03_Report.pdf (12 Settembre 2004).

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In realt la situazione decisamente pi articolata e complessa ed entrano in gioco molte altre variabili. Innanzitutto bisogna prendere in considerazione lattitudine politica dei singoli cittadini. Infatti chi si dichiara vicino alla linea del Presidente tende a credere pi facilmente a queste false assunzione e di conseguenza ad appoggiare con maggiore facilit lintervento armato. Questa forma di propaganda faceva pi facilmente leva su chi sosteneva il presidente e la sua amministrazione. Si vede inoltre come il sostegno alla guerra sia, al contrario, inversamente proporzionale tra i democratici che seguono le notizie. A differenza di quanto succede fra i repubblicani, dove il numero di persone che sostiene la guerra cresce in proporzione con lesposizione ai media, nel partito avverso questa relazione decresce con lesposizione ai media. La domanda che ci si pone allora : perch l86% dei repubblicani che seguivano da vicino le notizie sono favorevoli alla guerra, mentre il loro numero scende al 19% nei democratici che seguivano le informazioni? Una prima spiegazione pu essere dovuta alla modalit con la quale gli uni e gli altri si esponevano ai messaggi; i democratici credevano quel genere di informazioni non attendibili poich ritenute non obiettive, mentre i repubblicani, al contrario, vedevano quelle informazioni come riprova di quanto sostenevano. Questo quello che possiamo chiamare il fenomeno dellesposizione e della percezione selettiva. Il primo di questi due fattori, ovvero lesposizione selettiva, mette in evidenza il fatto che il pubblico si espone al messaggio o alla campagna propagandistica, come in questo caso, in maniera congeniale alle proprie attitudini, afferrando le informazioni che rinforzano le opinioni preesistenti e scartando invece quelle che sono difformi al proprio pensiero iniziale. In una delle sue formulazioni pi classiche, il meccanismo che presiede alla percezione selettiva, viene presentato come Il rapporto positivo esistente tra le opi-

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nioni dei soggetti e ci che essi scelgono di ascoltare e leggere215. Esporsi selettivamente ai media in conformit con le proprie attitudini, per non sufficiente per spiegare la differente percezione che si ha dinanzi allo stesso medium o messaggio. necessario allora parlare di percezione selettiva, intendendo con essa il fatto che linterpretazione che ognuno di noi pu dare di un messaggio pu cambiare completamente il significato e il senso del messaggio stesso. Cos dinanzi alla stessa informazione, le persone pi vicine al Presidente statunitense e che seguivano pi da vicino le notizie tendevano a interpretare il messaggio in maniera diversa da quanto facevano i democratici, e questa diversa percezione li portava a dare un significato diverso al messaggio. Come Klapper ha messo in evidenza, i membri del pubblico non si presentano alla radio o alla televisione o al giornale in uno stato di nudit psicologica: essi sono, al contrario, sorretti e rivestiti da predisposizioni gi esistenti, da processi selettivi e da altri fattori216. I comportamenti e le assunzioni che laudience far propri sono ovviamente influenzati da tutto un insieme di altri elementi, quali memoria selettiva, ma anche modalit con la quale il messaggio viene elaborato e presentato al pubblico, importanza che si d ad un fatto a discapito di un altro, lessere accompagnato da una foto o filmato, e da tutto un insieme di altri elementi non meno importanti, di cui non si pu dare conto qui. Quello che pare invece importante sottolineare che, come Kappler mette bene in evidenza, non ci si presenta ai media e ai suoi messaggi in uno stato di nudit psicologica. In altri termini, la modalit con la quale ci si rapporta al messaggio influenza la percezione e linterpretazione che del messaggio si d. Persone favorevoli alloperato del Presidente tenderanno ad accettare pi facilmente le sue allusioni e il suo operato e viceversa. La propaganda si
Lazarsfeld P., Berelson B., Gaudet H., The Peoples Choice. How the Voter Makes Up his Mind in a Presidential Campaign, Columbia University Press, New York, 1948, p. 164. 216 J.T., Klapper, The Science of Human Communication, Basic Books, New York, 1963, p. 247. Traduzione mia.
215

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basa anche su questo e tende a fornire quelle informazioni che potrebbero confermare e rinforzare la posizione gi assunta, per partito preso. Infatti a differenza della dittatura, nelle democrazie sufficiente conquistare la maggioranza della popolazione. Una seconda e pi significativa spiegazione potrebbe essere dovuta al tipo di news o canale che i diversi soggetti seguivano. Come gli autori della ricerca hanno sottolineato, il livello di misperceptions cambiava in relazione ai network seguiti: coloro che guardavano le news dei telegiornali vicini ai repubblicani, come FOX ad esempio, avevano un grado di false assunzioni molto pi elevato rispetto a chi si informava dalla carta stampata o guardava altri canali. Solo il 47% di coloro che si informavano sullandamento dei preparativi sulla guerra traendo le proprie informazioni dai giornali, aveva una di queste tre misperceptions, a discapito dell80% di coloro che seguivano le news della FOX. Il canale della FOX come tutto il circuito mediatico facente capo a Murdoch, era decisamente favorevole allingresso in guerra, ed ha utilizzato tutti i suoi media per propagandare la necessit del conflitto. In questo caso si pu vedere come la linea editoriale del proprietario sia stata imposta a tutti i suoi giornali e come dunque la propriet influenza, in maniera diretta e forte, il contenuto delle notizie e la linea politica della redazione. Inoltre le persone che seguono le news della FOX costituiscono gi un target di repubblicani che, come si evidenziava prima, trovano in quelle notizie un genere di informazioni che conferma gi la propria opinione iniziale. Bisogna per pur sempre tenere presente che una campagna propagandistica tramite i mezzi di informazione risulta essere inefficace se i media attraverso cui i messaggi vengono veicolati sono avvertiti come indipendenti. Dopo la sbornia propagandistica del Novecento, con luso sistematico da parte delle dittature di una informazione controllata e diretta dallo Stato, il cittadino ha sviluppato, quello che qui definiamo anticorpi culturali contro la propaganda. Pi si pensa che un determinato organo, partito o medium faccia propaganda e meno lo si riterr credibile e i suoi messaggi risulteranno quindi inefficaci da un punto di

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vista propagandistico. Al contrario pi la fonte verr considerata indipendente e minori resistenze gli anticorpi culturali porranno. Come evidenziato nel primo capitolo, gi Napoleone aveva intuito il fatto che i lettori accettano pi facilmente il tipo di informazioni provenienti da un giornale libero rispetto a quelle provenienti da uno sotto controllo del regime: assunto che sembra essere pi vero che mai, visto che la libert di informazione e di stampa il presupposto di base di ogni democrazia. Inevitabilmente negli USA, come in ogni angolo del mondo, vi sono media filogevernativi e quelli un po pi critici. Normale gioco delle parti per una democrazia. Ognuno ha indiscutibilmente il diritto di presentare una notizia come crede, enfatizzando un aspetto e dando minor peso ad un altro, in quel rapporto dialettico che caratterizza una societ libera. Allora la Fox far bene ad enfatizzare la posizione dellamministrazione Bush, mentre la PBS/NPR, far bene a criticarne il contenuto. Quello che risulta un po pi preoccupante per la diffusione di false informazioni. Fa infatti parte della deontologia professionale il diffondere solo notizie accertate e ritenute vere. Quando l80% di coloro che crede ad almeno una di quelle tre false assunzioni che si citato, segue un canale (Fox), altamente probabile che questo canale abbia diffuso notizie non veritiere o non confermate, andando cos contro la deontologia professionale e rompendo quella linea che separa linformazione libera e indipendente dalla propaganda. 5.3.5 Conclusioni Un aspetto che bisogna prendere in debita considerazione il contesto nel quale viene a svilupparsi la propaganda. Come si cercato di mettere in evidenza nelle pagine precedenti, essa infatti non onnipotente, come molti casi storici hanno confermato, primo fra tutti la campagna propagandistica messa in piedi dagli Stati Uniti in seguito all11 settembre per migliorare la propria immagine allestero. Questa ha infatti dimostrato come gli esiti di una campagna propagandistica calata dallalto senza una debita conoscenza del territorio e senza che si adegui al ter-

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reno, spesso pu risultare controproducente. Al contrario la propaganda si rivela decisamente utile quando, operando in un terreno favorevole, vuole ottenere effetti immediati, quali mobilitare la popolazione intorno alla guerra o una decisione importante. Il caso iracheno dimostra come la propaganda statunitense sia stata efficace nel riuscire a creare un consenso intorno a quella guerra, nonostante molti fattori andassero contro, primo fra tutti la protesta internazionale. Abbiamo in parte visto i motivi per cui la propaganda volta a lenire allestero lantiamericanismo, abbia fallito; tra di essi spicca la differenza culturale, limposizione dallalto di messaggi e lessere visti come propagandisti. Questi elementi hanno sicuramente influenzato lesito della campagna propagandistica. Ben diversa era la situazione sul proprio territorio. I propagandisti statunitensi conoscevano bene i gusti, i timori e le paure sulle quali fare leva; essi non venivano visti come propagandisti ed inoltre i mass media, i principali diffusori dei messaggi propagandistici, sono avvertiti come indipendenti e ad essi il pubblico prestava maggiore ascolto. Si detto come ognuno di noi si rapporti in modo diverso ai messaggi, selezioni il canale o le notizie in modo differente, le interpreti e le memorizzi in maniera diversa. perci interessante vedere cosa influenzi lo stato danimo e il modo di rapportarsi al mondo e alle notizie. In sostanza, una campagna propagandistica, avr maggiori possibilit di successo su una popolazione che in parte gi favorevolmente predisposta. Per dirla metaforicamente, se il terreno sul quale deve crescere e svilupparsi la propaganda ben fertile, essa avr maggiori possibilit di attecchire. L11 settembre ha decisamente sconvolto lopinione pubblica e la popolazione che si sente molto pi fragile e pi facilmente attaccabile. Da qui lipotesi che il clima post-11 settembre abbia modificato il modo di rapportarsi allinformazione, anche se in misura diversa a seconda dellappartenenza partitica. La guerra in Afganistan non ha richiesto unintensa e prolungata campagna propagandistica, oltre la semplice enfatizzazione e strumentalizzazione della paura degli attentati. La guerra stata troppo

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immediata e conseguente allo shock e questo non ha dato tempo a ragionamenti sulla sua reale utilit; per questo vi stato un consenso quasi unanime, sul territorio statunitense, alloperato del Presidente. O meglio gli oppositori non hanno alzato la voce, credendosi in netta minoranza217. LIraq invece stato un duro terreno di scontro. Da una parte i repubblicani, sostenitori del Presidente e del suo operato che erano favorevoli alla guerra e dallaltra democratici o indipendenti, in parte contrari alla guerra. Su tutti indistintamente incombeva per lincubo degli attentati. Bush e la sua amministrazione hanno saputo sfruttare abilmente la popolarit di cui godeva il presidente allindomani dell11 settembre; hanno enfatizzato la necessit di stringersi intorno a lui e alle sue decisioni in uno dei momenti pi difficili della storia statunitense. Infatti nelle situazioni di crisi, la campagna propagandistica, volta ad ottenere il consenso dellopinione pubblica risulta decisamente pi semplice. Lamministrazione Bush ha cercato di strumentalizzare ed usare ai propri fini propagandistici la paura sostenendo lesistenza di collegamenti Iraq e al-Qaeda, cosa peraltro testimoniata dal fatto che quasi tre persone su quattro degli intervistati ritiene che ci sia avvenuto. Come i gi citati sondaggi mettono in evidenza, ben il 71% degli intervistati sostiene che lamministrazione statunitense abbia insinuato che lIraq di Saddam Hussein fosse coinvolta nellattentato dell11 settembre218. Insinuazione che ripetute allinfinito diventata certezza per pi della met della popolazione intervistata, con dei picchi del 78% tra i sostenitori di Bush. Questo aspetto ci ricorda unaltra delle tecniche tipiche della propaganda esaminate in precedenza: ovvero la ridondanza o ripetizione.
217 Per un approfondimento di questo tema si rimanda al concetto di pluralistic ignorance di cui parla T. Newcomb, op.cit., e da cui prende in qualche maniera spunto la teoria della spirale del silenzio. 218 The PIPA/Knowledge networks Poll, The American Pubblic on International Issues. Americans on Iraq: WMS, inks to Al-Qaeda, Reconstruction, 1 Luglio, 2003, disponibile allindirizzo web: http://www.pipa.org/OnlineReports/Iraq/july1_iraqreport.pdf (15 Settembre 2004).

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Tenendo presente le affermazioni, gi ampiamente argomentate di Lippman, ovvero che la propaganda agisce a livello percettivo, cercando di cambiare ed influenzare la percezione della realt stessa, possiamo sostenere che lobiettivo della propaganda quello di modificare limmagine a cui reagiscono gli individui. Limmagine alla quale dovevano reagire gli individui, in questa specifica campagna propagandistica, era quella di un attacco tanto certo quanto imminente. Tanto pi le persone credevano a questo, tanto pi tendevano ad appoggiare la guerra. In conclusione possiamo notare come, nonostante le ispezioni dellONU e degli stessi agenti statunitensi abbiano dimostrato che in realt il dittatore iracheno non possedeva le armi di distruzione di massa ed appurato che non aveva legami diretti con la rete di terroristi, una parte della popolazione statunitense (target primario della campagna propagandistica) abbia accettato tali assunti per veri. Questi due elementi, assieme alla percezione che lintera opinione pubblica mondiale appoggiasse lamministrazione Bush, hanno enormemente pesato nel mobilitare lopinione pubblica statunitense (ma non solo) a favore di un intervento armato in Iraq. Il fatto che queste armi non siano state trovate ha sicuramente influito sulla percezione che lopinione pubblica si fatta della guerra. Ma questo anche uno dei motivi per cui la propaganda statunitense ha, in corso dopera, cambiato il leit-motiv di questa guerra (ovvero il motivo principale che dovrebbe giustificare lintervento), dipingendola come una guerra per sovvertire un tiranno ed esportare la democrazia. Dunque riuscire a far passare come veri, grazie allausilio, a volte volontario e spesso inconsapevole dei mass media indipendenti, questi assunti influenza non poco lesito di una campagna propagandistica. I mass media si sono rivelati ancora una volta il principale mezzo di diffusione dei messaggi propagandistici pro guerra o pro-sistema.

Conclusioni
Sulla base della ricerca condotta si pu sostenere con forza che ogni forma societaria ha sviluppato ed usa costantemente la propaganda. Sebbene il fenomeno si presenti in forme diverse, in relazione al periodo storico e in relazione al tipo di societ (dittature o societ aperte), nella sostanza rimane pressoch invariato. La ricerca qui condotta andata a rafforzare lidea che la propaganda, nonostante le connotazioni negative che ha avuto, sia un mezzo tecnico, e dunque neutrale, che alcuni gruppi di interesse usano per raggiungere i propri fini. Ho cercato di dimostrare come sia errato ritenere che la propaganda sia circoscrivibile alle dittature o, come nel caso delle societ aperte, alle elezioni o in tempo di guerra. Come pare evidente, le dittature fanno ampio ricorso alla propaganda, la quale viene istituzionalizzata e diviene parte integrante del processo di legittimazione del potere. In questo caso lo Stato che si fa carico della campagna propagandistica, gestendo unilateralmente linformazione e strutturando la campagna propagandistica secondo una logica compatta e unitaria. Cosicch i messaggi da veicolare sono perfettamente coerenti tra di loro ed possibile rinvenirli nelleducazione e nello sport, nellinformazione in senso lato e nella cultura. Ogni angolo della vita pubblica invaso da messaggi propagandistici tesi a rinforzare il potere dello Stato. Era cos nellItalia fascista e nella Germania nazista; era cos nellUnione Sovietica e nelle dittature sudamericane. cos, ancora oggi, in tutti quei regimi che hanno resistito alla forza della democrazia. Ma se nella mia analisi mi fossi limitato solo ed esclusivamente allo studio del fenomeno allinterno delle dittature non avremmo potuto cogliere le affinit e le divergenze della propaganda tra dittatura e societ aperte. Se la nostra analisi si fosse limitata ad analizzare solo ed esclusivamente lo sviluppo del fenomeno in chiave storica avremmo perso di vista i meccanismi che regolano la propaganda allinterno della societ democratica.

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Conclusioni

La prima valutazione da fare che tutte le classi o gruppi predominanti allinterno di qualsiasi tipo di societ, hanno sviluppato un meccanismo di legittimazione del potere. Infatti, da sempre la classe al potere ha usato tutti i mezzi a sua disposizione per fare in modo che il proprio predominio apparisse come qualcosa di naturale e indiscutibile. Tanto maggiore e naturale apparir il dominio di una classe o gruppo politico al potere allinterno di una societ, tanto maggiore sar lapporto che ad esso stato dato dalla propaganda. La propaganda deve essere vista dunque come un processo quasi naturale di legittimazione del potere costituito ed ecco perch nessuna classe o gruppo al potere, in qualsiasi organizzazione sociale si trovi, pu farne a meno. La differenza fondamentale tra una dittatura e una democrazia dovuta per al fatto che la prima pu fare ricorso alla forza per imporre lordine e lomologazione del comportamento, mentre la seconda deve garantire i principali diritti democratici dei propri cittadini. Ci significa che le dittature accompagnano la campagna propagandistica con un uso della forza, a differenza delle democrazie che non possono fare ricorso, salvo eccezioni, a forme di violenza sui propri cittadini. Inoltre, mentre le dittature non fanno nulla per mascherare la loro forza e presenza, la propaganda allinterno delle libere democrazie, trova la sua forza nella sua invisibilit. Da qui una delle primarie divergenze tra la propaganda nei regimi autoritari e quella nelle democrazie: i primi elaborano un sistema di propaganda onnipresente e visibile, mentre le libere democrazie elaborano un tipo di propaganda onnipresente ma invisibile. Il primo trarr la sua forza dallessere onnipresente e visibile ovunque, con il suo logo, le manifestazioni oceaniche, le parate militari, le divise e cos via. Le democrazie, che si basano sul libero commercio, propagandano ed esaltano il sistema capitalista in tutte le sedi ma lo fanno diversificando il messaggio e affidandolo ad una rete di propagandisti involontari. Non esiste un logo del libero mercato, cos come non esiste un unico manifesto pro-sistema, ma la sua continua e incessante esaltazione avvertita ovunque.

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Sempre continuando su questa scia si pu notare come, mentre nelle democrazie, salvo i casi di propaganda di guerra, non si avverte la necessit di un direttore unico dietro le quinte, nelle dittature viene spesso istituita la figura del propagandista con il deliberato obiettivo di coordinare la campagna propagandistica. Uno Stato democratico manca di una simile figura; ci nonostante, la coerenza del messaggio propagandato garantita da complessi meccanismi, in parte oggettivi, cio dovuti alla routine, ed in parte soggettivi, voluti cio dalla classe dominante che cerca cos di tutelare i propri interessi e i propri privilegi. Linfluenza pu non essere vistosa ed essere a volte involontaria, ma difficile mettere in discussione il fatto che esista anche nelle societ democratiche una forma di propaganda che tende a legittimare e rafforzare la classe al potere. Essa coincide con i detentori dei media, i quali hanno dunque la capacit di immettere nel libero mercato delle idee, quelle a loro pi favorevoli e censurare, o filtrare, quelle che possono ledere i loro interessi privati. Tutto questo accade sotto laureola della libert di stampa che, bene sottolinearlo, rimane costituzionalmente garantita. La propaganda, come Napoleone aveva intuito, risulta essere molto pi efficace quando si presenta sotto forma di libera informazione. Come nelle dittature anche nelle democrazie dunque esiste un sistema di legittimazione del potere affidato alla propaganda, ma a differenza delle societ chiuse, le democrazie devono fare i conti con la libert di parola e di pensiero. Nessuna forma di societ mai riuscita a controllare il pensiero, ma solo a omologare la sua manifestazione. Le societ aperte e la loro classe al potere invece, non possono fare uso della forza per omologare il comportamento e pertanto cercano di agire alla base, cercando di influenzarne il pensiero. Si arriva cos al paradosso della presenza di una maggiore libert di pensiero critico in una dittatura che non nella democrazia. Paradosso spiegabile con il fatto che lassenza di libert di manifestazione del pensiero linfa vitale per il pensiero critico. Lassenza di un direttore unico dietro le quinte che dirige e coordina la campagna propagandistica valida solo in casi di

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Conclusioni

ordinaria amministrazione, quando si tratta cio di legittimare la bont del sistema del libero mercato. A questo compito sono infatti preposti: la pubblicit, che per sua stessa natura deve veicolare messaggi che invogliano al consumo e che esaltano il sistema; i mass media detenuti e diretti da chi vive in una condizione di prestigio e privilegio allinterno della societ; dallindustria culturale e cos via. Il sistema viene esaltato e difeso volontariamente da queste istituzioni. Durante i casi di straordinaria amministrazione, per, come nel caso di un conflitto armato, i governi delle societ aperte, per conferire alla propaganda di guerra una maggiore efficacia, affidano ad un direttore unico il compito di coordinare lintera campagna propagandistica. Sempre pi spesso si fa ricorso a organismi privati che organizzano, seguendo le tecniche del marketing, una campagna propagandistica pur non condividendone necessariamente i principi e i valori. Viene ad emergere cos quello che abbiamo identificato con lespressione privatizzazione della propaganda. Le agenzie di pubbliche relazioni gestiscono e dirigono per conto terzi lintera campagna propagandistica. Questo un tratto caratteristico della nostra epoca. Mai prima, nel corso della storia, si era affidata ad enti esterni il compito di dirigere ed organizzare la campagna di influenza dellopinione pubblica. Simili campagne non si limitano solo a presentare la guerra sotto una diversa veste per farla apparire indolore e come male minore ma, come il caso statunitense post-11 settembre ha dimostrato, anche per risollevare limmagine di uno Stato oltre i confini nazionali. La propaganda esterna divenuta pertanto una questione di marketing ed gestita da societ private. Il caso specifico statunitense ha anche dimostrato quanto complicato sia agire in un contesto ostile perlopi quando la propria campagna viene subito avvertita come propaganda. Gli Stati Uniti hanno perci cercato di fondare quotidiani, magazine e televisioni indipendenti, nei Paesi occupati e nel mondo arabo in generale, per veicolare messaggi propagandistici atti a lenire lantimericanismo diffuso. Lanalisi della propaganda di guerra utilizzata dagli Stati Uniti per preparare lopinione pubblica al conflitto contro lAfganistan prima e lIraq dopo, ha inoltre permesso di calare

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sul campo le tecniche e le forme della propaganda analizzate in chiave teorica nei primi capitoli. Sempre questo studio sul campo ci ha anche permesso di vedere come agisca e prenda forma la propaganda allinterno della libere democrazie. In ultima analisi si pu sostenere che la propaganda, da vedersi pi come tecnica che come scienza, riveste unenorme importanza in ogni forma di societ e serve per far adattare lessere umano al contesto sociale in cui vive.

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