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VERSIOE ORIGIALE (Embargo)
di Virgilio Ilari
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come la NATO sono in grado di unificare o almeno mettere a fuoco l’intero
patrimonio degli studi strategici: tanto meno ciò può prodursi
spontaneamente dal complesso delle attività accademiche. Ne consegue che
nessuna delle “etichette” coniate per imprimere una certa riconoscibilità e
legittimazione accademica o anche soltanto editoriale o biblioteconomica
alla améthodos hyle di cui stiamo parlando può essere considerata
sufficientemente ampia e univoca da ricomprenderle tutte.
La stessa etichetta utilizzata da Brown (strategic studies) non si è del
tutto affermata neppure negli Stati Uniti. E’ stata coniata in Gran Bretagna,
dove qualifica il prestigioso Istituto internazionale di Londra, ma non è
menzionata nell’International Military and Defense Encyclopedia della
Brassey’s (1992) e nel più recente saggio di Colin S. Gray (Modern Strategy,
Oxford U. P., 1999). E’ ignorata anche in Francia: non compare, ad esempio,
né nel Dictionnaire de stratégie militaire di Gérard Chaliand e Arnaud Blin
(Perrin, 1998), né nel ponderoso Traité de stratégie di Hervé Coutau-
Bégarie (Institut de stratégie comparée della Sorbona, ed. Economica, 2e Ed.
1999), che pure dedica molte pagine alla filologia e alla semantica delle
numerose locuzioni derivate da stratégie.
Nell’Europa continentale e negli Stati Uniti si tende piuttosto a
collocare gli studi strategici in ambiti disciplinari definiti in primo luogo dal
metodo più che dall’oggetto o dallo scopo, continuando a classificarli
nell’ambito generale delle scienze politiche ed economiche internazionali
(“international affairs”, “relations”, “security”, “political economy”) ovvero
della sociologia (“polémologie”). “Studi strategici” è stata rifiutata anche per
ragioni ideologiche dalla ricerca internazionalista e pacifista che le ha
contrapposto peace research, preferita dal governo svedese per qualificare lo
scopo dell’Istituto internazionale di Stoccolma. Ma, per ragioni opposte, non
ha avuto fortuna neppure in Francia, dove la scuola strategica nata dalla
soppressa Fondation pour les “études de défense nationale” continua a
difendere la specificità “militare” della strategia, influenzando anche la
scelta del nome (études de securité) dato dall’UEO all’Istituto europeo di
Chaillot, istituito nel 1990 su proposta della Francia.
C’è inoltre da segnalare lo scarto con il concetto corrente nel
linguaggio diplomatico ufficiale, che rubrica gran parte degli aspetti
strategici della sicurezza internazionale (e in particolare i negoziati e accordi
sul disarmo e il controllo degli armamenti) sotto la locuzione “politica
militare”. La scarsa diffusione di questo concetto al difuori del linguaggio
strettamente diplomatico sembra dipendere dal fatto che, pur essendo
indubbiamente corretto e anzi rigoroso dal punto di vista scientifico, può
ingenerare equivoci fra i non addetti ai lavori.
A metà degli anni Settanta si è poi ripreso a impiegare il vecchio
termine “geopolitica”, a lungo bandito per pregiudizio etico ma rilegittimata
sotto il profilo della “correttezza politica” dall’impatto che la scuola di Yves
Lacoste ha saputo esercitare sulla Sinistra francese e, attraverso di questa,
anche su quella italiana, che l’ha a sua volta riesportata in Germania.
Non si deve infine dimenticare che l’individuazione di un concetto in
grado di esprimere la correlazione tra gli aspetti militari e non militari della
politica è anche un problema specifico e interno delle scienze militari. A
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questo proposito il concetto liddellhartiano di “grand strategy” continua ad
aver miglior fortuna di altri qualificativi apparentemente meno vaghi, come
strategia “totale” (“Gesamtstrategie”) o “globale” (“global strategy”).
Com’è naturale, anche in Italia, come nella maggior parte degli altri
paesi, le Forze Armate hanno preceduto di vari decenni l’università nel
riconoscere l’esigenza di studiare le interrelazioni sempre più complesse tra
gli aspetti militari e non militari della guerra e della sicurezza. La struttura
gerarchica dell’ordinamento militare e una certa vocazione inconscia degli
stati maggiori verso l’onniscenza divina, hanno tuttavia condotto le Forze
Armate a impostare il problema essenzialmente in termini di “formazione”
culturale degli ufficiali superiori e generali, anziché di “ricerca”
interdisciplinare e quindi di accesso alle risorse culturali nazionali ed estere.
Ciò si ricava ad esempio dalla recezione del concetto francese di “alti studi
militari”, il cui ambito fu poi allargato nel 1965 quando il CASM, trasferito
nell’attuale sede di Palazzo Salviati, assunse il nome di Centro Alti Studi
Difesa (CASD).
Negli anni Cinquanta i militari italiani mutuarono dai colleghi
americani il concetto di “strategia globale”, sia pure mostrando di
equivocare l’esatto significato che l’aggettivo ha nel linguaggio militare
americano: loro intendono “mondiale”, noi “totale”. In ogni modo il
concetto ebbe in Italia un impiego piuttosto circoscritto, quasi solo nella
Scuola di guerra di Civitavecchia, dove una cattedra, appunto, di “strategia
globale” fu ricoperta dal colonnello di cavalleria Enrico Boscardi,
coadiuvato dal professor Franco Alberto Casadio, direttore della SIOI, quale
analista della conflittualità internazionale.
Anche l’importazione del concetto di “studi strategici”, avvenuta nel
1977-79, maturò all’interno delle Forze Armate, non però dello stato
maggiore. Diversamente dal caso della strategia “globale”, l’introduzione
della nuova espressione non fu infatti una mera evoluzione concettuale, un
aggiornamento scientifico del dizionario militare ufficiale (omenclatore
organico tattico logistico). Fu, invece, un progetto “politico” preciso e
ambizioso, che si proponeva di realizzare una “rivoluzione culturale” di
vasta portata, non soltanto nella cultura politica italiana ma anche e in primo
luogo nella mentalità e nella prassi dello stato maggiore. Fu, come stiamo
per dire, letteralmente una “rivoluzione dei colonnelli”, che, pur senza
poterlo dichiarare, si ispirava programmaticamente alla rivoluzione militare
attuata dal generale annoverese Gerhard Johann David von Scharnhorst
(1755-1813) contro le resistenze conservatrici della corte e del vecchio stato
maggiore prussiani, sfruttando abilmente l’incarico di vicedirettore della
Scuola di Guerra (conferitogli nel 1801) e le qualità letterarie del giovane
allievo Clausewitz, che nel drammatico decennio 1804-1814 fu l’infaticabile
Ghost-writer dei riformatori militari prussiani e il loro ufficiale di
collegamento con la società civile.
I due colonnelli della “rivoluzione militare italiana” erano, com’è
noto, il cavalleggero di scuola “britannica” Luigi Caligaris, allora capo
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Ufficio Politica Militare dello SMD, e l’alpino di scuola “francese” Carlo
Jean, caposezione e poi capo Ufficio Programmazione Finanziaria dello
SME. Sul modo di procedere le loro idee non collimavano: impaziente,
Caligaris volle caricare frontalmente, proponendo l’immediata creazione
dell’IISS italiano, subito bocciata dallo stato maggiore e dalla Farnesina, per
nulla disposti a scaldarsi in seno qualche serpe che poteva criticarli e magari
“scavalcarli” nella consulenza al governo e al parlamento. Più
machiavellico, Jean manovrò invece per linee interne nella no man’s land tra
esercito e paese. Seguendo il consiglio clausewitziano di predisporre la
difesa prima di partire all’attacco, Jean si preoccupò di farsi dare una
benedizione di massima (o meglio, una gesuitica “assoluzione anticipata”)
dal capo di stato maggiore dell’Esercito. Merito del generale Eugenio
Rambaldi è di avergliela accordata, passando sopra bonariamente a varie
“impertinenze” giovanili del vulcanico sottoposto.
L’azione di Jean consistette in sostanza nel volgere a vantaggio degli
studi militari il clima di unità nazionale che, in un paese lacerato da
profonde divisioni ideologiche e perfino da una sorta di “guerra civile
virtuale” (1), si era fortunatamente determinato nella seconda metà degli anni
Settanta. La sua “crociata” trovò attenzione e aperture nel mondo della
cultura e della politica, traducendosi in iniziative concrete. Quella allora di
maggior rilievo e più direttamente e stabilmente collegata con Jean fu senza
dubbio la creazione dell’Istituto Studi e Ricerche Difesa (ISTRID), fondato a
Roma nel 1979 da quattro uomini politici di maggioranza e di opposizione
che avevano improntato ad uno spirito bipartisan l’azione parlamentare sui
temi della difesa, consentendo l’approvazione del secondo e ultimo grande
riarmo postbellico del paese (Paolo Battino Vittorelli, socialista; Giuseppe
Zamberletti, democristiano; Pasquale Bandiera, repubblicano e Aldo
D’Alessio, stratega e tattico della nuova politica militare cooperativa del
PCI).
Ma Jean e/o Caligaris ebbero parte anche in altre tre iniziative del
1979-80: la rivista Politica Militare (poi Strategia Globale) diretta da
Edgardo Sogno (Centro Studi Manlio Brosio di Torino) e i due corsi
universitari di “studi strategici” e “storia delle istituzioni militari” istituiti
rispettivamente presso la facoltà di scienze politiche della LUISS di Roma e
quella della Cattolica di Milano dal rettore Rosario Romeo e dal preside
Gianfranco Miglio, entrambi ricoperti da docenti a contratto, vale a dire
Enrico Jacchia, analista strategico del Giornale di Montanelli, e il generale
Giuseppe Alessandro D’Ambrosio, in seguito segretario generale del
Consiglio supremo di difesa.
Per la precisione, la coincidenza temporale (1979) con la
pubblicazione di un mio primo abbozzo di storia politica delle Forze Armate
nel periodo postbellico fu del tutto fortuita. Ma provocò immediatamente, ad
iniziativa del tenente colonnello Jean, la nostra conoscenza e l’avvio di un
sodalizio in cui lavoro ed amicizia formano una sola cosa. Per mio tramite,
la crociata culturale alla quale mi sentivo orgoglioso di partecipare, fu estesa
al terreno della storia militare, nell’intento di reinserirla a pieno titolo tra le
scienze militari come parte essenziale e qualificante del consilium strategico.
Ascrivo soprattutto a mia colpa il sostanziale fallimento di questa particolare
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“campagna”, analizzata e narrata con acume e misura da Piero Del Negro in
vari scritti, e da ultimo nel suo intervento al II convegno nazionale di storia
militare svoltosi nel novembre 1999 presso il CASD.
Il nuovo clima creato dalla collaborazione tra l’ISTRID e il CASD
indusse il nuovo capo di stato maggiore della Difesa, generale Vittorio
Santini, a fare qualche apertura verso la proposta di Caligaris. Il 26
novembre 1981, nell’intervento inaugurale della XXXIII sessione del
CASD, accennò infatti alla possibilità di trasformarlo in “istituto militare di
studi strategici”. A realizzare la proposta - tra l’altro “ufficializzando” così
l’espressione “studi strategici” - fu tuttavia il generale Carlo Jean, con la
costituzione, avvenuta nel 1987 su suo progetto, del Centro Militare di Studi
Strategici. Il CeMiSS, costituito con decreto ministeriale 26 giugno 1987
alle dipendenze gerarchiche del capo di stato maggiore difesa e del
presidente del CASD, si differenziava da quest’ultimo per essere preposto
non già alla formazione culturale dell’alta dirigenza militare bensì alla
promozione della ricerca sui temi di interesse del ministero. Primo direttore
del CeMiSS, e in seguito presidente del CASD, Jean si occupò tuttavia
anche di didattica, sia in ambito civile (con un corso di “studi strategici”
presso la LUISS che integrava quello tenuto da Jacchia) sia in ambito
militare (con la sperimentazione, nel 1994-95, di nuovi criteri didattici per la
sessione ordinaria del CASD che contribuirono alla successiva costituzione
dell’Istituto Superiore Stati Maggiori Interforze, con compiti ben più ampi
del vecchio ISMI esistito negli anni Cinquanta).
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strategia (o, per essere più precisi, con la “teoria della strategia”) che
appartiene alle scienze militari. L’espressione indica invece una rassegna
sistematica e analitica di tutti i settori delle scienze umane rilevanti per la
sicurezza e la difesa. Gli studi strategici non sono dunque una disciplina fra
le altre, definita da un metodo e da un oggetto, bensì una designazione
generale e generica, funzionale ad un obiettivo pratico, se si vuole
“politico”: vale a dire il censimento, la catalogazione e lo “stoccaggio”, ma
anche l’orientamento, il raccordo e la valorizzazione, di un potenziale
cognitivo che si considera essenziale per la sicurezza e la difesa della pace.
In definitiva la funzione pratica del concetto di studi strategici è di poter
meglio individuare l’interfaccia tra le scienze militari e le altre scienze
umane, nell’intento di estendere a queste ultime la cooperazione militare-
civile che è sempre esistita nel campo delle scienze esatte e naturali.
L’oggetto degli studi strategici non può dunque essere definito se
non in modo pragmatico, avendo come unico confine (peraltro poco netto)
quello istituzionale con gli enti di ricerca tecnico-scientifica della Difesa. In
realtà quel che in Gran Bretagna e in Italia va sotto il nome di “studi
strategici” coincide con ciò che in Francia si è preferito definire (in modo
più esplicito e politicamente impegnativo) études de defense nationale. Sia
pure con sfumature diverse, entrambe le formule designano al tempo stesso
il contenuto del think tank e le competenze di un soggetto istituzionale: vuoi
nazionale e militare come il CeMiSS di Roma, vuoi formalmente
internazionale e indipendente come l’IISS di Londra e il SIPRI di Stoccolma
(che, malgrado l’enfasi pacifista espressa dal nome, può essere per molti
versi comparato con l’IISS). Con formule intermedie, come la FEDN di
Parigi che era nazionale ma formalmente indipendente dal ministero della
difesa francese e l’Istituto di studi di sicurezza (IES) di Chaillot, che è
comunitario (2).
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biblioteche: tuttavia, malgrado alcuni conati di razionalizzazione avvenuti
alla fine degli anni Ottanta, la situazione è andata via via peggiorando, sia
per la mancata introduzione di criteri di classificazione accettabili sia,
soprattutto, per il mancato aggiornamento del patrimonio librario pubblico,
tanto delle università che del ministero della Difesa (in particolare
quest’ultimo, utile ormai soltanto per la ricerca storica ma non più per quella
strategica). Consola peraltro che la rapida obsolescenza delle biblioteche
pubbliche sia in parte compensata da una relativa crescita di quelle private,
che si possono dire coltivate con dedizione e sacrificio in genere
inversamente proporzionali all’età degli studiosi e al riconoscimento
economico e accademico ad essi elargito dalle istituzioni militari e
accademiche.
Malgrado tali avvilenti ed esasperanti carenze di mezzi, il CeMiSS è
riuscito, in quasi tre lustri di attività, a radicare anche in Italia un solido
punto di riferimento per gli studi strategici, realizzando una feconda e, come
vedremo, crescente cooperazione con l’università e con altri istituti e riviste
nazionali senza pregiudizi né discriminazioni di alcun genere. Ciò è tanto
più significativo se si pensa che ancora nel 1986, l’anno precedente la
costituzione del CeMiSS, l’accordo-quadro tra il CNR e il ministero della
Difesa (firmato da Giovanni Spadolini) era stato criticato dalla Repubblica e
dall’Espresso, con la denuncia, da parte della Casa della Pace, di un preteso
tentativo di “militarizzare” la ricerca scientifica.
Punta di diamante del CeMiSS sono ovviamente le circa 400
ricerche effettuate in 14 anni di attività, grazie alla collaborazione di studiosi
militari e civili, sovente riuniti in gruppi di lavoro. Per varie ragioni, soltanto
una parte delle ricerche è stata pubblicata: le prime 100 nella collana “blu”
stampata dalla Rivista Militare fra il 1989 e il 1998, altre 40, a partire dal
1996, edite dalla Franco Angeli (la maggior parte nella collana di
politica/studi, le altre in quelle di economia/ricerche, sociologia e sociologia
militare).
Si tratta di un poderoso corpus di studi strategici, il più cospicuo mai
comparso in Italia, che può, per qualità e quantità, ben reggere il confronto
con il corpus, per molti versi analogo, accumulato a partire dal 1994 da
Limes, la “rivista italiana di geopolitica” fondata e diretta da Lucio
Caracciolo. Non altrettanto, purtroppo, può dirsi quanto alla circolazione e
visibilità delle due produzioni (3), perché un ente pubblico italiano, e per
giunta militare, come il CeMiSS, non è nelle condizioni tecniche,
amministrative e finanziarie di competere con la professionalità editoriale, il
prestigio culturale e la verifica di mercato di una rivista diretta da uno dei
migliori giornalisti italiani, pubblicata da un gruppo editoriale come
L’Espresso-La Repubblica e affiancata da un numero crescente di
pubblicazioni gemelle in Francia, Germania, Stati Uniti e Cina (4).
Di particolare valore, anche e in primo luogo sotto il profilo
dell’etica e della pedagogia militare, è comunque il fatto che, in
collegamento con le università o anche in modo indipendente, il CeMiSS
abbia contribuito alla selezione, motivazione e formazione di giovani
studiosi, sia con premi per tesi di laurea sia consentendo a giovani laureati
non solo di svolgere il servizio di leva presso l’Istituto ma anche di
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partecipare alle attività di ricerca in fuzione della loro qualificazione
scientifica e senza riguardo al grado gerarchico ricoperto.
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modello continentale di formazione degli ufficiali, vale a dire l’omogeneità
generazionale e gerarchica dei discenti, il nesso con la carriera, l’uniformità
dell’insegnamento, la passività dell’apprendimento, il livellamento della
classe su valori medi. Con enfasi individualista e aristocratica, Ungari e
Luraghi facevano invece appello alla vocazione scientifica dei pochi,
all’ambizione intellettuale e morale di approfondire e ampliare, senza limiti
di grado ed età e senza corrispettivi immediati di carriera, le basi culturali
della professione intrapresa. Nulla dunque a che vedere con l’ISSMI,
saldamente ancorato al tradizionale modello organizzativo, formativo e
didattico delle scuole militari.
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A tale scopo si pensò di raccordare le risorse culturali nel frattempo
coltivate e maturate nel campo degli studi strategici con i grandi punti di
eccellenza della cultura italiana, lo storicismo critico e quel tipo di
enciclopedismo che si era appena espresso nell’Enciclopedia Einaudi, la
quale dedicava un intero volume, il quindicesimo, a rendere ragione dei
criteri sistematici adottati.
Ne derivò, nel 1995, un progetto CeMiSS di Enciclopedia delle
scienze della sicurezza e difesa, notevolmente diverso dall’enciclopedia
americana (6). Quest’ultima è infatti orientata essenzialmente sulle singole
tematiche strategiche e militari, mentre il progetto italiano dava molto più
risalto agli aspetti teorici, nonché alla storia e all’epistemologia dell’apporto
che tutte le scienze umane, e non soltanto quelle militari, hanno dato alla
formazione della moderna cultura della guerra e della pace, della sicurezza e
della difesa. Per questa ragione il progetto era incentrato su un nucleo di 63
voci (7) a carattere generale, sistematico, storico-critico e possibilmente
innovativo (es. “eziologie della guerra”), come nell’Enciclopedia Einaudi.
Si fissavano inoltre precisi e dettagliati criteri metodologici per la redazione
delle voci maggiormente impegnative dal punto di vista teoretico, in modo
da renderle omogenee ed eventualmente pubblicabili in volume separato. Le
altre voci erano a carattere più informativo, in linea di massima
corrispondenti a quelle dell’IMADE. Tuttavia, per ragioni teoretiche e
didattiche, si introduceva anche qui un elemento sistematico, individuando
22 “lemmi-chiave” (8) sotto i quali venivano raggruppate quasi metà delle
voci (204 su un totale di 498).
E’ molto importante sottolineare che proprio l’impianto “storicista”
del progetto italiano portò ovviamente ad escludere le voci a carattere storico
o biografico, che invece appesantiscono l’IMADE. Da un lato non erano
necessarie, dal momento che già nel 1995 esistevano, anche in traduzione
italiana, numerosi e non disprezzabili dizionari storico-militari, dedicati agli
armamenti, alla biografia, ai conflitti e battaglie, a singole nazioni (come la
Francia e gli Stati Uniti). Ma si considerò soprattutto che costellare
l’Enciclopedia di voci cosiddette “storiche” sarebbe stato del tutto fuorviante
rispetto all’intento scientifico del progetto. Lungi dal vilipendere una cosa
seria come la storia militare confinandola in 100 o 10.000 voci banalmente
informative e “narrative”, si trattava piuttosto di dedicarle una sola, ma
buona, voce sistematica, che informasse il lettore sull’origine, la funzione
scientifica, gli sviluppi, il valore cognitivo, l’influenza sulla formazione del
pensiero strategico, le “scuole” in cui si divide tale complessa disciplina. La
vera sfida culturale, la vera necessità scientifica era invece fare in modo che
l’approccio storicista permeasse e vivificasse proprio le voci destinate a
presentare al lettore lo sviluppo e la funzione delle altre “applicazioni
militari” delle scienze umane, soprattutto quelle più “refrattarie” a tale
trattamento critico: dalla strategia all’“arte militare” (o “teoria delle
operazioni”), dalla sociologia militare alla geopolitica, dalla polemologia
alla teologia della guerra.
Pur esprimendo a voce un certo scetticismo sulla possibilità che la
cultura italiana fosse in grado di promuovere e realizzare, pur con tutte le
opportune integrazioni di autori stranieri, un progetto tanto ambizioso, il
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ministro pro tempore, Beniamino Andreatta, approvò la proposta del
CeMiSS, incaricando il generale Jean, allora presidente del CASD, della
direzione scientifica e del piano editoriale. Quest’ultimo si basava
giustamente sulla cooperazione con l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, con
il quale fu presto raggiunta un’intesa di massima. Purtroppo le temporanee
difficoltà amministrative dell’Istituto, allora presieduto dal Nobel Rita Levi
Montalcini, aggiornarono la realizzazione del progetto, malgrado una prima
individuazione dei direttori di sezione e degli estensori delle voci, in gran
parte designati, per merito e competenza, nella nuova generazione di studiosi
che, anche col sostegno del CeMiSS, si è formata nell’ultimo decennio. La
destinazione del generale Jean ad altro importante incarico internazionale e
un certo clima di stanchezza e provvisorietà determinatosi a seguito del
processo di ristrutturazione e contrazione del ministero della Difesa non
hanno finora consentito di rivitalizzarlo.
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richieste dalla o proposte all’industria e alla società civile.
Solitamente questo processo viene indicato come “licealizzazione”
dell’università. Il termine non è appropriato, perché il liceo mirava proprio a
quella formazione culturale di base, completata poi dagli studi universitari,
che oggi è entrata in crisi. Per essere più precisi, si dovrebbe dire che
l’università si sta “tecnicizzando”, sta assumendo la funzione un tempo
propria degli istituti tecnici e di avviamento professionale.
Così si può cogliere un parallelismo non meramente semantico tra le
due “professionalizzazioni”, quella dell’università e quella delle Forze
Armate. Entrambe si stanno riconvertendo sulla produzione di “skill”, ossia
la capacità di svolgere un certo tipo di lavoro. Ma un solo tipo di lavoro.
Non si può negare che si tratti a suo modo di una “qualificazione”, ma
certamente di livello inferiore rispetto alla formazione generale che un
tempo sia l’università che le scuole di guerra e le stesse accademie militari
erano in grado di assicurare.
Non v’è dubbio che la recente concessione (perfino retroattiva, ma a
domanda) di titoli di studio universitari (diploma, laurea e master in “scienze
strategiche”) agli ufficiali provenienti dai corsi regolari (v. infra, II) viene
incontro ad una richiesta della “base” che si era andata affacciando già dal
Sessantotto ed è stata poi ripresa dagli organi della Rappresentanza militare.
Essa non riguarda però in alcun modo la questione scientifica del sapere
militare: basti osservare, a tale proposito, che il titolo accademico non può
essere in alcun modo disgiunto dal conferimento del grado e
dall’immissione nei ruoli, né conseguito da diverse categorie di potenziali
aspiranti. Ciò è tanto più paradossale se si pensa che anche la
denominazione adottata (“scienze strategiche”), se può essere accettabile per
il master, è poco congruente con l’oggetto degli insegnamenti da cui
conseguono il diploma e la laurea. Basta, a tal fine, confrontare la
qualificazione propriamente “strategica” assicurata dai corsi modenese e
torinese con quella ben più vasta richiesta ai militari di leva impiegati quali
ricercatori presso il CeMiSS, tutti laureati in scienze politiche, sociali ed
economiche o in giurisprudenza, generalmente con tesi in relazioni
internazionali, storia militare, studi strategici e simili.
In realtà l’aspirazione al titolo accademico “speciale” è piuttosto una
“spia”, raggelante, dello scarso orgoglio che molti degli stessi ufficiali,
soprattutto delle nuove leve, sembrano avvertire per la propria commission,
come se non considerassero sufficiente e anzi superiore l’onore delle
spalline. Sicuramente sono prevenuto, perchè, insomma, questo connubio
“post-eroico” e italiano tra grado militare e grado accademico è anche una
pugnalata a tradimento al povero giureconsulto Cristoforo Lanfranchino, che
tanto si era affaticato de miltum et doctorum praeferentia. Molto è cambiato,
per fortuna, dalla Prussia di Theodor Fontane, quando i professori
sognavano di poter barattare la cattedra con le spalline di sottotenente e
intanto educavano gli studenti liceali a uccidere e morire per la grandezza
della patria. Ma viene ancora a proposito la splendida risposta del
feldmaresciallo prussiano Bluecher (idolatrato dai suoi uomini, che lo
chiamavano Alte Vorwaerts, “il Vecchio ‘avanti’”) alla notizia di essere
stato insignito di una laurea honoris causa per la vittoria di Waterloo: “se
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fate me dottore, dovete fare Gneisenau farmacista” (alludendo al ruolo
svolto dal suo capo di stato maggiore, subentrato nel 1813 a Scharnhorst,
caduto sul campo dell’onore).
Non sembra che le Forze Armate, né in Italia né negli altri paesi
europei, abbiano finora pienamente avvertito la portata del mutamento
culturale in atto e la sfida che esso rappresenta per la stessa permanenza e
trasmissione del sapere scientifico militare. Naturalmente la sfida riguarda
tutte le scienze umane, ma non tutte corrono i medesimi rischi. Per fare un
esempio è evidente che la scienza giuridica non si può ridurre alla mera
sommatoria delle cognizioni richieste per lavorare quale “operatore del
diritto” (magistrato, avvocato, poliziotto ...) o quale docente della facoltà di
giurisprudenza. Purtroppo è meno evidente, anche agli stessi stati maggiori,
che la scienza militare non è la semplice sommatoria degli skill assicurati
dalla formazione militare. Ciò è tanto più rischioso quanto più uno
strumento militare - come sta accadendo a quelli europei, con l’eccezione
inglese - viene riconvertito ad un unico compito, vale a dire le missioni di
pace all’estero.
Beninteso la professionalizzazione parallela delle Forze Armate e
dell’università ha prodotto almeno un effetto positivo, perché ha rimosso
quasi di colpo gli ostacoli alla loro collaborazione. La necessità di doversi
riconvertire dall’economia della rendita a quella del mercato ha spazzato via
i pregiudizi aristocratici e moralistici a lungo coltivati dall’accademia
italiana nei confronti dei militari, mentre il fatto di cominciare a comportarsi
da clienti ha indotto i militari a diventare più esigenti e ad attenuare il senso
di inferiorità e la deferenza un po’ ridicola che in passato dimostravano nei
confronti dei “professori”.
Ma c’è da segnalare che questa nuova e più intensa cooperazione con
l’università avviene sul terreno della formazione e non più, come in passato,
sul terreno della ricerca. In linea di principio non c’è alcuna ragione per la
quale non sia possibile coltivare il rapporto ad entrambi i livelli. Ma bisogna
sottolineare con forza che si tratta di due questioni qualitativamente del tutto
diverse, perché ogni fungibilità sarebbe fatalmente governata dalla legge di
Gresham. Un conto è diplomare i volontari in ferma prolungata, un altro
produrre la carta etnica dell’Albania saggiamente acquistata in edicola
dall’accorto generale Forlani prima di partire per la missione “Alba”.
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(2) Lo storico delle istituzioni militari è indotto a interrogarsi non solo sulle ovvie differenze,
ma anche sulle meno scontate analogie che si potrebbero istituire tra questi istituti strategici
nazionali e i dépots de la guerre e de la marine creati in Francia alla fine del Seicento per
raccogliere in modo sistematico tutti gli studi, le memorie, le carte e i documenti utili per
pianificare la guerra e le campagne militari. L’interesse storico dell’analogia è duplice. Da
un lato, infatti, i due dépots francesi e gli enti analoghi delle altre nazioni favorirono la
nascita delle scienze militari, in particolare con lo sviluppo della geografia, della cartografia,
della statistica e della storia militare (che allora era coltivata per scopi pratici e immediati,
cioè per trarne non solo ammaestramenti generali e formazione culturale, ma anche
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informazioni e previsioni operative). Ma dall’altro segnarono un salto di qualità nel sistema
di comando dell’antico regime, fino a quel momento basato esclusivamente sull’imperium,
introducendovi il principio del consilium, attorno al quale presero poi lentamente corpo la
centralizzazione delle decisioni e la moderna organizzazione degli stati maggiori centrali.
(3) Cfr. V(irgilio) Ilari e P(iero) V(isani), “Il campo di studio della politica militare e il suo
sviluppo in Italia”, in Politica Militare, III, N. 8, giugno 1981, pp. 25-34. V. Ilari, “Gli studi
militari in Italia”, in Rivista Militare, 1982, N. 2, pp. 13-. V. Ilari e Sergio A. Rossi: “Gli
studi strategico-militari in Italia”, in Politica Militare, IV, N. 13, luglio-agosto 1982, pp. 21-
44. V. Ilari, “Military Studies in Italy: A Historical Introduction to the Problem”, in Trend in
Strategic Studies, International Meeting, Turin, 9-12 December 1982, Centro Studi Manlio
Brosio, pp. 41-45. Id., “Istituti universitari o privati italiani”, in Informazioni parlamentari
della Difesa, dicembre 1982 - gennaio 1983. Id., “Cultura universitaria e cultura militare”,
fascicolo di documentazione ciclostilato di 128 pp. diffuso nel convegno di studio indetto
dalla Rivista Militare nel 1983 sul tema “La sicurezza e la condizione militare in Italia”, una
cui breve sintesi è stata pubblicata in Rivista Militare, Quaderno N. 2 (“Atti del convegno di
studio”), 1984, pp. 96-101. Id., “Gli studi strategici in Italia. Bilancio di un triennio”, in
Strategia Globale, N. 5, 1° semestre 1985, pp. 199-230. Id., “Italy”, in Luc Reychler and
Robert Rudney (Eds.), Directory Guide of European Security and Defense Research,
Leuven University Press and Pergamon Brassey’s, 1985, pp. 181-205. Id., “‘Cultura
militare’ e ‘nazione guerriera’ (1925-1943), in Ferruccio Botti e V. Ilari, Il pensiero militare
italiano dal primo al secondo dopoguerra 1919-1949, USSME, Roma, 1985, pp. 273-338.
Id., “Gli ufficiali di stato maggiore e la riforma degli studi militari”, ibidem, pp. 563-582.
Id., “Cultura militare e cultura universitaria per gli ufficiali italiani dal dopoguerra ad oggi”,
in Giuseppe Caforio e Piero Del Negro (cur.), Ufficiali e società, Milano, Angeli, 1988, pp.
465-502. Paolo Ungari, Raimondo Luraghi, Virgilio Ilari e Michele Nones, Studi strategici e
militari nelle università italiane, Rapporto di Ricerca N. 29, CeMiSS, Roma, ed. Rivista
Militare, 1990.
(4) La Rivista Militare era in grado di stampare, ma non di distribuire le pubblicazioni del
CeMiSS. La veste tipografica era inoltre scoraggiante (micidiali copertine color carta da
zucchero). L’accordo con la Franco Angeli non ha risolto il problema e semmai ha
ulteriormente rarefatto la circolazione, a causa delle tirature limitate (che impongono prezzi
unitari eccessivi e compromettono la distribuzione) e dell’assoluta mancanza di pubblicità. Il
risultato è che non solo la collana CeMiSS è pressoché sconosciuta, ma addirittura neppure
le biblioteche specializzate (forse nemmeno quella del CASD!) ne possiedono una serie
completa (neppure chi scrive ha potuto evitare varie dolorose lacune, nonostante continue
richieste condotte con la più ottusa, importuna ed esasperante petulanza abruzzese integrata
da periodiche, brutali “perquisizioni” lance et licio).
(5)
Sonia Lucarelli e Roberto Menotti, “Le relazioni internazionali nella terra del Principe”, in
Rivista Italiana di Scienza Politica, n. 2, 2002 (in corso di pubblicazione: per cortese
anticipazione degli autori).
(6)
Confronto tra le 17 sezioni tematiche dell’International Military and Defense
Encyclopaedia (Brassey’s 1992) e le 12 previste dal progetto di Enciclopedia delle
scienze della sicurezza e della difesa (CeMiSS, 1995)
------------------------------------------------------------------------------------------
--
IMADE 1992 Progetto CeMiSS 1995
____________________________________________________________________
Sezioni voci Sezioni voci
____________________________________________________________________
Aerospace Forces and Warfare 30 1. Arte Militare 152
Combat Theory and Operations 68 2. Sociologia e
15
_
psicologia militari 18
Leadership, Command
and Management 20 3. Diritto e organizzaz. militare 59
Countries, Regions
and Organizations 135 4. Informazioni militari 29
Armed Forces and Society 19 5. Scienze e tecnologie militari 60
History and Biography 158 6. Politica internazionale 32
Land Forces and Warfare 49 7. Politica militare 28
Logistics 35 8. Economia della difesa 21
Manpower and Personnel 40 9. Diritto internaz. bellico 51
Materiel and Weapons 37 10. Etica e filosofia del conflitto 24
aval Forces and Warfare 33 11. Scienze Militari 9
Technology, Research and
Development 49 12. Modelli e dottrine nazionali 15
Military Theory and Operations
Research 14 (sono omesse le voci a carattere storico,
Defense and International Security biografico e nazionale)
Policy 33
Military and International Security
Law 13
Military Intelligence 22
General Military 46
(7)
Le 63 voci a carattere sistematico previste dal progetto di “Enciclopedia delle scienze
della sicurezza e della difesa” (CeMiSS 1995) erano le seguenti: Architettura militare - Arte
militare - Demografia militare - Difesa (diritto costituz. comparato) - Difesa (diritto
costituz. italiano) - Diritto internazionale bellico - Diritto penale militare - Ecologia
militare - Economia internazionale - Economia militare - Elettronica militare - Ergonomia
militare - Geoeconomia - Geografia militare - Geopolitica - Geostrategia - Guerra
(antropologia) - Guerra (comunicazioni sociali) - Guerra (diritto costituz. comparato) -
Guerra (diritto costituz. italiano) - Guerra (diritto internazionale) - Guerra (etologia) -
Guerra (eziologie della) - Guerra (fantascienza) - Guerra (filosofia morale) - Guerra (studi
sulla differenza sessuale) - Guerra (ideologia della) - Guerra (letteratura di) - Guerra
(psicanalisi) - Guerra (teoria economica) - Guerra (teoria politica) - Iconografia militare -
Informatica militare - Idrografia e Oceanografia militari - Ingegneria militare - Intelligence
(teoria dell') - Intelligenza artificiale - Istituzioni militari (ordinamento) - Istituzioni militari
(sociologia) - Istituzioni militari (teoria politica) - Logistica - Medicina militare -
Meteorologia militare - Organica - Organizzazione militare - Pace (filosofia del diritto) -
Pace (ricerca sulla) - Pedagogia militare - Polemologia - Politica internazionale - Politica
militare - Psichiatria militare - Ricerca militare (Scienza e tecnologia) - Ricerca operativa -
Robotica militare - Scienze e tecnologie militari - Simulazione operativa - Sociologia
militare - Statistica militare - Storia militare - Strategia - Studi militari e strategici -
Tattica - Topografia militare.
(8)
I 22 lemmi generali comuni a 3 o più voci erano i seguenti: "Guerra" (35 voci) - "Difesa"
(22) - "Forze" (21) - "Sistemi" (18) - Operazioni" (15) - "Informazioni" (13) - "Personale"
(13) - "Servizi" (8) - "Armamenti" (8) - "Armi" (7) - "Pace" (7) - "Manovra" (5) - "Geo-" (4)
- "Mezzi" (4) - "Sicurezza" (4) - "Codificazione" (4) - "Industria" (3) - "Istituzioni militari"
(3) - "Potere" (3) - "Ricerca" (3) - "Spese militari" (3).
(9) tale si considerava l’Associazione degli ex-ricercatori Cemiss (ARC) fondata nel 1996 e
coordinata dal dottor Angelo Pirocchi, cultore della materia presso la cattedra di storia delle
istituizioni militari della Cattolica di Milano nonché contitolare della Libreria Militare di
Milano, aperta nel 1997 e specializzata nei tre settori della storia militare, degli studi
strategici e della geopolitica.
16
Fonti deglle rassegne allegate al presente saggio. Le notizie riferite nei tre allegati sui
nuovi titoli di studio militari (II), sui master in peacekeeping (III) e sulle cattedre di studi
strategici e centri di studio connessi (IV) sono state raccolte grazie alla collaborazione di
gran parte degli stessi interessati, ovvero desunte da un documnento interno dell’ISSMI
consultato presso il CeMiSS, dalla circolare n. 1203/RS/2.1050 del 19 marzo 2001
dell’Ispettorato per la Formazione e la Specializzazione (Esercito) e dai siti web degli Enti
citati (questi ultimi raccolti da collaboratori della cattedra di storia delle istituzioni militari,
in particolare il laureando Lorenzo Guietti).
17
_
II. I nuovi titoli di studio militari*
*Venendo incontro ad una istanza già sollevata già alla fine degli anni Sessanta dalla
pubblicistica militare e rivendicata dagli organismi cerntrali della Rappresentanza
Militare, nel 2000 l’Ispettorato della Formazione e Specializzazione dell’Esercito ha
stipulato una convenzione con l’Università di Torino per il riconoscimento di un diploma e
di una laurea in “scienze strategiche” esclusivamente riservati ai sottotenenti e ai tenenti in
s. p. e. provenienti dai corsi regolari dell’Accademia di Modena e della Scuola
d’Applicazione di Torino , in aggiunta all’“avvicinamento alla laurea” in ingegneria,
giurisprudenza e scienze politiche, economiche, matematiche, fisiche e naturali già
riconosciuto dalla legge 23 giugno 1990 n. 169. Analoga convenzione è stata stipulata,
sempre con l’università di Torino, per un “master in scienze strategiche” corrispondente al
corso normale di stato maggiore, integrato da un “corso pluritematico”, ristretto e
facoltativo. Una terza convenzione, per un master di secondo livello in “studi internazionali
e strategico-militari” da tenersi presso l’Istituto Superiore Stati Maggiori Interforze
(ISSMI) di Roma, è stata stipulata, sempre nel 2000, dallo stato maggiore Difesa con le
università di Milano (Statale) e Luiss Guido Carli di Roma.
_
Del resto la stessa università ammette implicitamente che, sotto il
profilo della formazione, i cambiamenti apportati al precedente piano di
studi sono irrilevanti, dal momento che estende il conferimento della laurea
in scienze strategiche anche agli ufficiali effettivi delle Varie Armi e dei
Corpi amministrativi e logistici dell’Esercito provenienti dai corsi anteriori
alla riforma del piano. Estensione peraltro non automatica, bensì a domanda
e mediante il pagamento di una tassa di lire 500.000. Sotto il profilo
dell’ordinamento delle Forze Armate, l’iniziativa dell’Esercito non ha
mancato di sollevare delicati problemi giuridici, a cominciare dal caso degli
ufficiali dei Carabinieri provenienti dai corsi anteriori alla recente
trasformazione dell’Arma in quarta Forza Armata (è auspicabile che la
soluzione non sbocchi, per analogia lessicale col celebre amaro, in una
laurea in “scienze del carabiniere”).
Il C.d.L. interfacoltà in scienze strategiche, costituito dal complesso
dei corsi svolti presso la Scuola d’Applicazione da docenti di ruolo delle
quattro facoltà torinesi interessate, integrato dal ricoscimento dei corsi svolti
da docenti militari e di quelli, militari e civili, svolti nel primo biennio
presso l’Accademia di Modena, ha per fine “l’acquisizione di adeguate
conoscenze di metodi e contenuti culturali, scientifici e professionali
nell’ambito delle discipline militari”. In base ai profili professionali previsti
dalla formazione degli ufficiali effettivi dell’Esercito (Corpo
d’amministrazione, Armi di linea, Trasmissioni, Genio e Corpo Trasporti e
Materiali), il corso si articola in 3 indirizzi (“amministativo”, “politico
organizzativo” e “tecnico”) corrispondenti il primo (IA) alle facoltà di
giurisprudenza e scienze economiche, e gli altri due, rispettivamente, a
quelle di scienze politiche (IPO) e di scienze matematiche, fisiche e naturali
(IT). Quest’ultimo si articola a sua volta in 3 “orientamenti” professionali:
“trasmissioni” (IT-OT), “genieri” (IT-IG) e “trasporti e materiali” (IT-
OTM).
Dal punto di vista strettamente accademico gli indirizzi sono dunque
in sostanza i vecchi (e tuttora validi) “avvicinamenti”, con l’unica aggiunta
dei corsi professionali svolti da docenti militari e di un certo risalto dato a tre
insegnamenti preesistenti e comuni al normale corso di laurea in scienze
politiche, vale a dire “scienze strategiche (corso avanzato)”, “storia militare”
(in realtà corrispondente al corso ordinario di “storia delle istituzioni
militari”) e “sociologia militare” (sul contenuto di questi corsi, v. infra, IV).
Il corso è riservato esclusivamente agli allievi ufficiali in servizio
permanente effettivo dell’Esercito. Il numero degli studenti da ammettere ai
singoli anni è pertanto determinato annualmente dall’Accademia di Modena
e dalla Scuola d’Applicazione di Torino, di concerto con le locali università.
Queste ultime sono “coinvolte”, assieme al ministero della Difesa, nella
determinazione dei criteri per la composizione della commissione
esaminatrice dei candidati al concorso di reclutamento indetto
dall’Accademia.
Il corso ha durata quadriennale, con un biennio comune, da svolgersi
presso l’Accademia, che comporta l’acquisizione del diploma universitario
in studi strategici, e in un biennio di indirizzo da svolgersi presso la scuola
di Torino. La scelta dell’indirizzo è compiuta al termine del secondo anno
19
_
accademico dai diplomati. La laurea viene rilasciata dalla facoltà
corrispondente all’indirizzo ovvero (nel caso dell’indirizzo amministrativo)
alla materia in cui lo studente ha scelto la tesi.
La struttura e le attività didattiche del biennio di indirizzo sono
disciplinate da apposito regolamento e coordinate da un consiglio di corso di
laurea. Le attività didattiche previste per il primo biennio ammontano a un
totale di 910 ore di lezioni accademiche e circa 200 ore in aggiunta da
destinare a cicli di lezioni integrative, attività di tutorato, laboratori, lettorati,
esercitazioni. Per il secondo biennio ammontano ad altre 910 ore (tranne che
per il terzo indirizzo, “orientamento genieri”, dove sono ridotte a 805).
Le discipline del primo biennio sono 13 (sono contrassegnate da
asterisco quelle comuni ai corsi di laurea ordinari della facoltà di scienze
polutiche di Torino):
•8 comuni civili: geografia politica ed economica; istituzioni di economia politica*;
istituzioni di diritto pubblico*; linguistica inglese*; statistica*; storia contemporanea*;
informatica generale; sociologia*;
•3 comuni professionali: topografia; studi strategici (arte militare); sistemi organizzativi
(ovvero tecnologia e sistemi d’arma).
•2 di indirizzo a scelta fra 4: istituzioni di diritto privato italiano e comparato* (IA); fisica
generale (IPO, IT); istituzioni di matematiche (IT); matematica generale (IA, IPO)
_
e) 16 materie esclusive dell’indirizzo tecnico (IT):
•2 comuni a IT-OT e IT-OTM: istituzioni di matematiche (complementi) e fisica dei
dispositivi elettronici;
•1 comune a IT-OG e IT-OTM: chimica e tecnologia dei materiali;
•4 esclusive dell’IT-OT: teoria dell’informazione (e della trasmissione), comunicazioni
elettriche, onde elettromagnetiche (antenne e propagazione) e sistemi di elaborazione
dell’informazione (reti di telecomunicazione);
•6 esclusive dell’IT-OG: tecnica delle costruzioni, strumentazioni fisiche (fisica tecnica),
meccanica razionale, metallurgia, tecniche della rappresentazione e tecnica dei lavori
(stradali, ferroviari e aeroportuali);
•3 esclusive dell’IT-OTM: diritto dei trasporti, teoria e tecnica dei veicoli terrestri, metodi e
modelli per la logistica.
•a) operare presso Comandi Operativi Intermedi e/o in Orgasmi di Vertice di Forza Armata
e/o in Comandi Terrestri Multinazionali, esercitando adeguatamente le responsabilità
professionali in incarichi di staff; b) valutare problemi di natura socio-economica aventi
riflessi sulle operazioni e pianificare le conseguenti azioni; c) assolvere compiti nelle
aree di insegnamento/coordinamento didattico presso gli Istituti Militari di formazione.
•a) applicare strumenti scientifici per analizzare il rapporto tra eventi sociali, politici ed
21
_
economici nazionali e internazionali, e la strategia operativa relativa all’impiego delle
unità militari nazionali e multinazionali, negli scenari terrestri di riferimento; b)
svolgere attività didattica nello specifico settore e di gestione degli strumenti della
comunicazione pubblica.
•1. gestione strategica delle risorse; 2. strategia operativa II; 3. geografia antropologioca
economica e politica; 4. strategia politica; 5. strategia economica.
_
partecipazione di persone estranee alla pubblica amministrazione e alle
Forze Armate. Secondo il web, il master è coordinato dal professor Carlo
Maria Santoro, titolare delle cattedre milanesi di relazioni internazionali e
studi strategici nonché presidente del “comitato ordinatore”, composto dal
presidente del CASD, dal direttore dell’ISSMI (generale Mario Majorani),
da 5 professori (Alberto Martinelli, Gabriella Venturini, Giuseppe Bognetti,
Pierluigi Lamberti Zanardi e Pier Alessandro Colombo) e da 3 ufficiali
(generali Francesco Rizzi e Dario Marchiondo e capitano di vascello Ernesto
Pullano).
Il sito milanese indica un impegno di 32 settimane in 4 fasi
(3+15+10+4) e un’articolazione su 23 corsi o discipline, così classificate:
_______________________________________________________
Area Coordinatore Ore Settimane CFU
_______________________________________________________________
Politica Internazionale prof. Santoro 160+240 5,5 16
Difesa e Strategia cm.. Ramoino 311+75 10,5 15
23
_
Diritto e Ordinam.Mil. col. Basile 78+72 3 6
________________________________________________________________
Area Disciplina Ore CFU
________________________________________________________________
Pol.Internaz. Scienza Politica 25+25 2
“ “ RI Politica comparata 50+75 5
“ “ Storia delle RI 25+50 3
“ “ Diritto Int. e Org.Int. 30+70 4
“ “ Diritto Pubblico 30+20 2
Difesa Strat. Studi strategici 121+15 5
“ “ Politica Militare 90+10 4
“ “ Storia Militare 50+25 3
“ “ Dottrine operative 50+25 3
Diritto Ordin. Diritto pubblico mil. 32+18 2
“ “ Dir.Intern.umanitario 20+30 2
“ “ Diritto delle Op.Mil. 26+24 2
________________________________________________________________
_
(32 per il “modulo comunicazione e metodologie”, 28 per tesi individuali a
tema libero, 45 per tesi di gruppo e 30 per conferenze dei capi e sottocapi di
stato maggiore da effettuarsi in comune con i frequentatori dell’Istituto Alti
Studi Difesa).
25
_
III. I programmi di formazione in Peacekeeping*
*Nel 2000, dichiarato dall’ONU anno internazionale della cultura della pace, il ministero
della Difesa ha stipulato convenzioni con le università di Torino e Roma Tre per la
partecipazione di personale militare ai rispettivi master in “peacekeeping”. In precedenza il
ministero degli Esteri, la CRI e il CeMiSS avevano inoltre concesso il proprio patronato e
sostegno all’International Training Programme for Conflict Management della Scuola
Superiore di Sant’Anna dell’ateneo pisano, collegata con analoghi centri e istituti delle
università di Essex e della Ruhr (Bochum), nel PIBOES Network, membro fondatore
dell’International Association of PK Training Centers.
_
e diritti dell’uomo” commissionato dalla Comunità Europea (1999);
•3 ITC per 25 HRFO a Pisa (aprile 1998) e Colchester (settembre 1999 e settembre 2000);
•1 ITC sul benessere come ponte per la pace, per 16 Health Professionals provenienti da 6
paesi del Sud-Est Asiatico, in cooperazione col WHO e il SERAO (Colombo, 8-12
marzo 1999);
•1 ITC per 53 UN Registration Officers nell’Amministrazione Civile del Kosovo, a richiesta
dell’UN Volunteeer Programme (Pristina, 18-21 ottobre 1999).
•2 ITC per 25 partecipanti europei on NCB a Pisa (settembre 1999 e aprile 2000);
•1 ITC per 20 SHRO a Bochum (settembre 2000);
•1 ITC superiore per 15 addestratori PIBOES a Pisa (11-14 gennaio 2001).
_
formazione sui diritti della persona e dei popoli e contributo del MAE (febbraio).
_
Le attività didattiche si svolgono presso la facoltà di scienze
politiche e si avvalgono di biblioteca multimediale e laboratorio di
informatica. Le lezioni sono supportate da tracce espositive scritte ed
eventualmente da materiale audiovisivo e integrate da dibattiti, gruppi di
lavoro, simulazioni, esercitazioni e stages di addestramento alle tecniche di
primo soccorso e al comportamento in area di conflitto.
Il corso è collegato con sei centri di ricerca esteri:
•The Lester B. Pearson Canadian International Peacekeeping Training Centre; Centre for
Security Studies and Conflict Resolution; The Watson Institute ad Brown University;
The US Army Peacekeeping Institute; The International Peace Academy; The
University of California Institute of Global Conflict and Cooperation; Post-War
Reconstruction & Development Unit (PRDU).
•ACCORD - African Center for the Constructive Resolution of Disputes; Africa News on the
World Wide Web; H-Africa (Discussion list on African History); Organization of
African Unity (OAU); Vigilance Soudan; Golan Heichts International Server; Jaffee
Center for Strategic Studies.
Sede: viale Marconi 446, aula 3. Recapiti: via Corrado Segre 2, 00146 Roma, tel.
0655176241. http://www.uniroma3.it//politiche/peacekeeping.
_
teorici a quelli più pratici. Esso intende inoltre attivare un coinvolgimento
attivo dei partecipanti sia singolarmente che in gruppi “seguiti” da tutors.
Il corso, con frequenza obbligatoria, si svolge in 14 settimane, per un
complesso di 280 ore, di cui 160 di lezioni teoriche e 120 di seminari, tavole
rotonde ed esercitazioni pratiche (con simulazioni di situazioni e role
playing).
La facoltà si prefigge di svolgere il corso in collaborazione con le
Nazioni Unite, il Coordinamento delle ONG presso l’Unione Europea, la
Croce Rossa Italiana e le 4 Forze Armate nazionali. Intende inoltre
“sviluppare links” con università e centri di ricerca e formazione europei e
nordamericani (in particolare il Pearson PK Center canadese e l’università
della California-IGCC) e organizzazioni internazionali (OCDE, OSCE,
Commissione Europea e Commissioni NATO).
30
_
IV. Le cattedre universitarie di studi strategici
e centri di studio e ricerca connessi*
_
Strategia e Sicurezza), che mira a familiarizzare gli studenti con l’approccio
realista, clausewitziano e geopolitico alla teoria della strategia e delle
relazioni internazionali, pur nel continuo confronto con le diverse e opposte
scuole di pensiero, e a fornire le informazioni essenziali sulle caratteristiche
e sugli sviluppi del sistema europeo di sicurezza e del sistema di difesa
italiano durante la guerra fredda e il terzo dopoguerra.
Le due parti speciali, svolte da Menotti e Dottori, riguardano
rispettivamente la contrapposizione tra realismo e idealismo politico negli
studi internazionalistici e la geopolitica (con riferimento all’omonimo
saggio di Jean e ad una dispensa on-line curata da Dottori). In passato, sino
al suo trasferimento a Firenze, Cucuzza curava una terza parte speciale, sul
riciclaggio di denaro sporco e la geopolitica della criminalità organizzata. Le
lezioni integrative consistono attualmente in due cicli sui Balcani e sul
Medio Oriente tenuti da Eichberg e Mattera.
_
Anche su impulso delle prime iniziative di Jean, nel 1985 Gori volle
istituire un corso integrativo di studi strategici, che l’improvvisa scomparsa
impedì di poter affidare, come si sperava, al compianto professor Franco
Alberto Casadio, prestigioso direttore della Società Italiana per
l’Organizzazione Internazionale (SIOI) di Roma e del centro analisi dei
conflitti costituito presso la cattedra di strategia globale della Scuola di
guerra (la ricchissima banca dati sui conflitti degli anni 1965-85 raccolta da
Casadio si trova oggi a Gorizia, salvata dalla pubblica incuria grazie al
generoso, intelligente e oneroso impegno della dottoressa Marina Cerne, già
principale collaboratrice di Casadio).
Il corso fu pertanto affidato a un giovane allievo di Gori, Luciano
Bozzo, il quale, già durante il servizio di prima nomina quale ufficiale di
complemento dell’Esercito, aveva avuto modo di collaborare ai volumi
collettivi sperimentali promossi da Jean (all’epoca comandante della Brigata
alpina “Cadore”) negli anni antecedenti alla costituzione del CeMiSS, e in
particolare a La guerra nel pensiero politico (Angeli, 1987), opera di un
certo rilievo teoretico, alla quale collaborarono 18 politologi, filosofi, storici
ed economisti, tra cui Gori, Bonanate, Portinaro, Ilari, Ardigò, Baget-Bozzo,
Buttiglione e Cacciari. Inizialmente Bozzo tenne il corso quale cultore della
materia, divenendone titolare nel 1993 con l’immissione in ruolo quale
ricercatore e poi, nel 1999, quale professore associato. Dal 1995 Bozzo
insegna anche relazioni internazionali presso il corso di laurea in scienza
della comunicazione di Bologna.
Il corso fiorentino di studi strategici si prefigge di fornire un
inquadramento rigorosamente politologico alla trattazione della relazione tra
guerra e politica e alle questioni politiche, etiche e giuridiche poste
dall’impiego della forza nelle RI e inquadra lo studio della strategia nel
contesto di una teoria generale dell’azione, che consenta di cogliere la
struttura comune della prassi politica, militare, comunicativa, aziendale,
commerciale.
Il corso, strettamente collegato con quello di Gori, ha una media di
40-50 frequentanti, ha prodotto varie decine di laureati e ha attualmente una
ventina di laureandi. Testi consigliati per l’esame sono attualmente il Vom
Kriege, nell’edizione abbreviata di Rusconi (Torino, Einaudi, 2000) e due
saggi di J. M. Mathey (Comprendere la strategia, Trieste, Asterios, 1999) e
R. D. Sawyer (Cento strategie non ortodosse, Vicenza, Neri Pozza, 2000).
Collaboratori di entrambe le cattedre fiorentine di RI e SS sono,
quali cultori della materia, il dottor Carlo Simon Belli (autore del saggio
Teoria della previsione e analisi strategica, Le Lettere, Firenze, 1998) e il
dottore di ricerca Emidio Diodato, che, nell’ambito del corso di RI, svolgono
due moduli specialistici, rispettivamente sulla “previsione” e sulla
“globalizzazione” (quest’ultimo con approccio geopolitico). Dal 2000 Belli
è inoltre docente a contratto di RI presso l’università per stranieri di Perugia.
Altri collaboratori della cattedra di studi strategici sono Riccardo
Cappelli, Sonia Lucarelli (coautrice con Roberto Menotti della citata
rassegna critica sullo stato delle RI in Italia in corso di pubblicazione per la
RISP), Silvia Cattaneo (che lavora attualmente presso l’Istituto di Alti Studi
Internazionali di Ginevra) e Chiara Bonaiuti (acribiosa redattrice del
33
_
prezioso rapporto informativo periodico pubblicato dall’OSCAR, ossia
Osservatorio sul commercio delle armi e sull’applicazione della legge n,
185/90, emanazione dell’IRES Toscana).
Bozzo e Lucarelli sono membri, per il triennio 2000-2002, del
consiglio direttivo del prestigioso Forum per i problemi della pace e della
guerra dell’università di Firenze, presieduto da Rodolfo Ragionieri e
composto inoltre da Daniela Belliti, Guido Calamai, Dimitri D’Andrea,
Paola Gaeta, Nicola Labanca, Anna Loretoni, Luciano Segreto, Pietro Tani e
Antonio Varsori. Lucarelli è altresì membro del comitato esecutivo e
coordinatrice della ricerca (l’attuale programma triennale è incentrato sul
Mediterraneo, il Medio Oriente, il Maghreb, le donne, l’Europa e la
globalizzazione).
Nel 1996 si è costituito presso la cattedra di studi strategici uno
speciale gruppo di lavoro che ha svolto ricerche per conto del CeMiSS sui
casi di studio del Kosovo e della Macedonia e, col sostegno del CeMiSS ha
avviato l’elaborazione di un modello di analisi politico-strategica della
politica internazionale che si prefigge di essere fortemente originale e
innovativo sotto il profilo teoretico. Attraverso il sodalizio bolognese col
semiologo Paolo Fabbri (reduce dall’Istituto di cultura di Parigi e
influenzato dalla scuola francese di strategia creata da Lucien Poirier ed
Hervé Couteau Bégarie), Bozzo ha maturato un approccio semiotico alla
disciplina, testimoniato fin dal titolo (Studi di strategica) da un volume di
prossima pubblicazione.
Nel 2000, nel quadro di una generale revisione dei piani di studio, la
facoltà “Cesare Alfieri” di Firenze ha previsto, all’interno dell’indirizzo
politico-internazionale, un percorso di studi per la specializzaxione in
missioni di pace. Il percorso è volto a dare una formazione adatta agli
studenti interessati alle questioni inerenti alla sicurezza internazionale e alle
missioni umanitarie, di peace-building e di peace-keeping.
Il percorso prevede 20 materie:
•7 obbligatorie: diritto internazionale, organizzazione internazionale, storia contemporanea
(corso avanzato), storia delle relazioni internazionali, diritto delle comunità europee (o
storia dell’integrazione europea), relazioni internazionali e seconda lingua biennale
(francese, tedesca o spagnola)
•13 complementari (a scelta fino al completamento del piano di studio): demografia, diritto
internazionale, economia dello sviluppo, geografia politica ed economica, politica
comparata, scienza dell’amministrazione, storia dei trattati e politica internazionale,
storia dell’Africa, storia delle istituzioni religiose, storia delle organizzazioni
34
_
internazionali, storia e istituzioni dellò’America Latina, sistemi sociali comparati e studi
strategici.
•definizioni generali, studi strategici, classici del pensiero militare, classici della guerra ossia
i più grandi capitani della storia, il pensiero strategico contemporaneo, i fattori
strategici, le forme storiche della guerra e le 4 guerre generali (guerre napoleoniche,
guerre mondiali, guerra fredda).
_
delle sue tecniche dall’antichità ad oggi, si sofferma sullo sviluppo del
pensiero strategico moderno e contemporaneo ed esamina i molteplici nessi
tra minaccia di uso della forza, guerra e politica.
Il programma d’esame per gli studenti frequentanti verte sui seguenti
testi:
•7 obbligatori: B. H. Liddell Hart, Strategy, London, Faber & Faber, 1954 (capp. 1-4): M.
Howard, War in European History, Oxford U.P., 1976; Id., Clausewitz, Oxford U. P.,
1983; T. Schellling, La diplomazia della violenza, Bologna, Il Mulino, 1968, pp. 5-
126; L. Freedman, “The Revolution in Strategic Affairs”, Adelphi Paper n. 318, 1998;
Id., “Le prime due generazioni di strateghi nucleari”, in Paret (ed.), Guerra e strategia
nell’età contemporanea (Marietti, Genova, 1992, pp. 283-324); J. Levy, “The Causes
of War: A Review of Theories and Evidence”, in P. Tetlock et all. (eds.), Behavior,
Society, and uclear War, Oxford U. P., 1989, I, pp. 209-333.
•1 facoltativo a scelta tra 4: B. H. Liddell Hart, Strategy (London, Faber & Faber, 1954);
P.Paret (ed.), Guerrra e strategia nell’età contemporanea (Genova, Marietti, 1992); L.
Freedman, The Evolution of uclear Strategy (London, Macmillan, 1981); R. Rotberg e
T. Rabb (eds.), The Origion and Prevention of Major Wars (Cambridge U.P., 1989).
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corso a carattere propriamente storico-istituzionale previsto dal corso di
laurea in scienze politiche, sia il corso di “storia militare” in senso
professionale frequentato dai sottotenenti allievi delle Varie Armi e del
Corpo Trasporti e Materiali della Scuola d’Applicazione di Torino.
Il programma. comune a entrambi i corsi, riguarda “le forze armate
ed il regime fascista”, in particolare le “scelte di fondo della politica di
potenza del regime, lo sviluppo delle forze armate nazionali e la loro
preparazione dinnanzi alla seconda guerra mondiale, tenendo conto del
quadro internazionale e dei problemi interni del regime”. I frequentanti
sostengono l’esame sui seguenti testi:
•3 di base (G. Rochat e G. Massobrio, Breve storia dell’esercito italiano 1861-1943, Torino,
Einaudi, 1978, pp. 196-270; L. Ceva, Le forze armate, Torino, Utet, 1981, IV parte; G.
Rochat, L’esercito italiano in pace e in guerra, Milano, ed. Rara, 1991 (pp. 178-261);
•altri testi, “generalmente brevi”, forniti e commentati durante il corso.
•M. Franzinelli, Stellette, croce e fascio littorio, Milano, Angeli, 1995; P. Paret e N.
Labanca (cur.), Guerra e strategia nell’età contemporanea, Genova, Marietti, 1992
(pp. 155-280); M. Montanari, L’esercito italiano alla vigilia della II guerra mondiale,
Roma, USSME, 1982; G. Rochat, Guerre italiane in Libia e in Etiopia, Treviso, ed.
Pagos, 1991; F. Stefani, Storia delle dottrine e degli ordinamenti dell’Esercito italiano,
vol. II, tomo 1, Roma, USSME, 1985.
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economia della difesa, del disarmo e transarmo, della riconversione
dell’industria della difesa e di analisi economica delle spese militari e dei
bilanci della difesa, dispone della più ricca biblioteca italiana specializzata,
con 1.200 volumi e oltre 70 periodici. La biblioteca dispone inoltre di
numerose pubblicazioni governative americane, inglesi, francesi, tedesche e
italiane, nonché di organizzazioni internazionali (ONU, UNIDIR, NATO,
UEO). E’ collegato con i principali centri nazionali e internazionali di
ricerca sull’economia della difesa e sulle questioni strategiche, a cominciare.
Ha svolto numerosi studi e ricerche per conto di vari enti pubblici, in
particolare il CeMiSS, la Regione Lombardia e il ministero dell’Industria.
L’attività di ricerca del GSAD, tanto pura quanto applicata, è
incentrata sugli aspetti economici delle politiche nazionali e comuni di
difesa e condotta sia a livello teorico che a livello empirico e storico. In
particolare sono stati affrontati vari aspetti delle spese militari italiane e della
riconversione dell’industria per la difesa:
•a) determinanti ed effetti delle spese militari (nel breve e nel lungo periodo; nei paesi in via
di sviluppo e nei paesi sviluppati; in rapporto alla teoria economica delle alleanze);
•b) pianificazione e gestione dei bilanci militari;
•c) industria e progresso tecnico militare;
•d) diversificazione e conversione dell’industria militare e civile;
•e) commercio degli armamenti.
Oltre agli atti di tre convegni pubblicati dalla casa editrice Vita e
Pensiero, dal 1986 il GSAD pubblica periodici Quaderni su Armi e
Disarmo. Il GSAD è collegato con le seguenti istituzioni:
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Il Centro di ricerche sul Sistema Sud e il Mediterraneo Allargato
(CRiSSMA) è stato istituito nel 1998 nell’ambito del Dipartimento di
scienze politiche dell’università Cattolica di Milano. Il consiglio scientifico
è formato dai professori Valeria Piacentini (direttore del Dipartimento e
docente di storia e istituzioni del mondo musulmano), Alberto Quadrio
Curzio (preside della facoltà di scienze politiche e docente di economia
politica), Massimo de Leonardis (docente di storia delle relazioni
internazionali) e Giuseppe Grampa (docente di filosofia delle religioni). Il
comitato direttivo è composto da Piacentini (direttore del Centro), Quadrio
Curzio e de Leonardis (segretario del Centro).
La professoressa Piacentini, autrice di un saggio sul pensierro
militare musulmano, ha diretto varie ricerche per conto del CeMiSS, alle
quali hanno collaborato alcuni dei suoi allievi, in particolare Riccardo
Redaelli, ricercatore confermato, e Gianluca Pastori, dottore di ricerca e
borsista, che hanno svolto entrambi il servizio militare di leva quali
ricercatori del CeMiSS. Oltre che nel campo strettamente attinente alla sua
disciplina, il professor de Leonardis è insigne anche in quello della storia
militare moderna e contemporanea. Collabora con la sua cattedra, quale
cultore della materia, il dottor Gianfranco Benedetto, specialista di storia del
potere marittimo.
Scopi del CRiSSMA sono la ricerca, di base e applicata, in campo
prevalentemente storico-culturale, con particolare riferimento ai problemi
politici, sociali, giuridici, economici e strategici della regione mediterranea e
delle aree geopolitiche adiacenti. Tra le attività del Centro, il 3° e 4° ciclo
(2000 e 2001) di incontri e conferenze sulle nuove prospettive delle relazioni
internazionali, il seminario internazionale sulla assistenza umanitaria e il
diritto internazionale umanitario (24 maggio 2000), la presentazione
multimediale della mostra Gioelli della Giordania e della Milano “segreta”
(16 aprile 2001) e il seminario internazionale sulla Giordania (26 aprile
2001).
Il CRiSSMA pubblica, per i tipi della casa editrice Il Mulino, una
propria collana di testi, inaugurata dagli atti, curati de Leonardis, del
convegno sull’allargamento della NATO tenuto dall’università Cattolica (La
nuova ATO: i membri, le strutture, i compiti, Bologna, 2001).
•1° anno: diritto della sicurezza sociale; sociologia della sicurezza sociale; psicopatologia;
istituzioni di diritto e procedura penale; metodologia generale; formazione
interculturale; fondamenti anatomo.fisiologici dell’attività psichica; medicina legale;
lingua inglese;
•2° anno: neurofisiologia, basi fisiologiche dei processi psichici; socioologia
dell’irdinamento giudiziario; criminologia; psicopatologia e tossicologia; criminologia
minorile;
•3° anno: metodologia delle scienze del comportamento; psicologia della persdonalità; teoria
dell’informazione; psicologia giuridica; tecniche dell’intervista e del questionario;
organizzazione e gestione aziendale; informatica.
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V. La cattedra di storia delle istituzioni militari
della Cattolica di Milano (1980-2001)*
* La cattedra, la più antica delle tre di storia militare ancora attive, viene qui considerata per
la sua consolidata cooperazione con il CeMiSS (non a caso coevo alla sua formale
costituzione) e per la stretta correlazione da essa professata e praticata tra storia militare e
scienze della sicurezza e difesa (1).
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all’osservazione storica e all’applicazione militare, il corso mira ad affinare
un metodo generale (o “punto di vista”) anziché a circoscrivere un campo di
ricerca. L’incertezza o smarrimento che tale metodo inconsueto ingenera
nella massa degli studenti è considerato il prezzo iniziale da pagare per
puntare all’eccellenza. Dall’esperienza del corso 2000-2001 è nato il
progetto di dedicare parte del prossimo corso all’analisi storico-militare e
iconografica del film di guerra.
Il metodo didattico mira a scoprire, coltivare, “reclutare”, mettere in
circuito e sostenere nel tempo talenti e vocazioni critiche e, possibilmente,
scientifiche. Esso assume coscienza di sé collocandosi programmaticamente
agli antipodi del metodo adottato dalle accademie e scuole militari italiane.
E’ dunque a-gerarchico, informale, accattivante, progressivo e permanente e
si prefigge un apprendimento “alluvionale”, cioè per sedimentazione
graduale e continua, in un arco di tempo indefinito. Non è dunque incentrato
sulle lezioni (concepite solo come prima occasione di contatto e di stimolo)
bensì sul coinvolgimento volontario del discente - nel più scrupoloso
rispetto della libertà e nella valorizzazione sinergica delle singole
individualità - nel vasto ambiente umano e scientifico spontaneamente e
informalmente aggregatosi nel corso degli anni attorno alla cattedra e che ha
collettivamente prodotto, per approssimazioni successive, il metodo recepito
e sistematizzato dal docente. Come nella milizia il comandante è funzione
del soldato, così nella formazione il docente è funzione del discente.
La classe annuale dei frequentanti assidui, in media 10 unità, è
pertanto considerata come uno dei canali di alimentazione (non esclusivo e
neppure il principale) dell’unità permanente di autoformazione
informalmente costituita dal complesso dei 30 laureandi e dei 148 laureati
prodotti in dieci anni (un quarto circa dei quali continua, “a rete”, a
contribuire in vari modi alle attività della cattedra). Soltanto un quarto delle
tesi riguarda argomenti strettamente storico-militari. La maggior parte
riguarda aspetti attuali della politica di sicurezza e difesa nazionale e
internazionale. La media annuale degli esami approvati è di 140. Per l’esame
sono consigliati le opere più recenti del docente (poco apprezzate), e i due
più recenti manuali del generale Jean: quello di gran lunga più “gettonato” è
Geopolitica, mentre Guerra, strategia e sicurezza si rivela quasi sempre
troppo difficile per la cultura media dello studente. Gli studenti di
giurisprudenza mostrano, mediamente, capacità intellettive e discorsive di
gran lunga superiori a quelle dei colleghi delle altre due facoltà. E’
consentito sostenere l’esame su altri testi di proprio interesse concordati col
docente.
Hanno collaborato o collaborano in varie forme con la cattedra molti
giovani studiosi, tra i quali il dottor Ciro Paoletti, coautore assieme al
docente di varie opere di storia militare moderna e promotore del primo
convegno internazionale di storia militare moderna, i dottori di ricerca in
storia militare Marino Viganò, Pierpaolo Battistelli, Niccolò Capponi,
Marco Gemignani e Giovanni Caldirola e 10 cultori della materia, tra cui, in
passato, i dottori Eugenio Dalla Rosa, Caldirola e Andrea Molinari (già
alpino del Rep. Sa. Avt. “Taurinense” in Mozambico, specializzatosi nella
divulgazione editoriale in campo storico-militare) e, attualmente, i dottori
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Angelo Pirocchi, Giuseppe Terrasi, Flavio Carbone (capitano in s. p. e. dei
carabinieri) e Nicola “Bortolo” Calanchi (caporalmaggiore in congedo delle
truppe alpine). Di prossima proposta, il dottor Davide Belloni, già
carabiniere effettivo. Pirocchi, Terrasi e Carbone hanno compiuto missioni
in Bosnia, rispettivamente per monitoraggio elettorale, rieducazione alla
pace e impiego nel Reggimento MSU. Marco Antonsich, dottore di ricerca
in geografia, è l’unico laureato della cattedra che abbia trovato una
collocazione accademica, quale borsista presso la cattedra di geografia
politica dell’università di Trieste (professoressa Pagnini).
La cattedra è supportata dalla biblioteca del gruppo studi armi e
disarmo (GSAD), costituito nel 1979 dal professor Giancarlo Graziola
presso la facoltà di economia e commercio dell’Università cattolica e
attualmente diretto dal professor Sergio Parazzini, con la collaborazione
retribuita del signor Michele Brunelli, laureando in scienze politiche con una
tesi di storia delle istituzioni militari.
A partire dal 1992 le cattedre di storia delle istituzioni militari e di
storia e istituzioni del mondo musulmano (professoressa Valeria Piacentini)
hanno fornito al CeMiSS nove militari di leva ricercatori, inclusi Gennaro
Simeone, Riccardo Redaelli (ricercatore confermato), Gianluca Pastori
(dottore di ricerca e borsista) e i citati Antonsich e Pirocchi.
Già collaboratore del GSAD e coordinatore dell’Associazione ex-
ricercatori Cemiss (ARC), dal 1997 Pirocchi ha avviato, assieme a Molinari,
la Libreria Militare, che attualmente gestisce in società col dottor Alberto
Manca, laureatosi con una tesi in storia delle istituzioni militari. L’esercizio,
ubicato in sede prossima a quella centrale dell’università e con uno spazio
espositivo corrispondente a circa 6.000 volumi (per tre quarti stranieri), è la
prima libreria italiana specializzata nel campo degli studi militari e
strategici. E’ articolata nei settori della storia militare, della geopolitica e
della scienza e tecnica militare.
(1) Cfr. V. Ilari, “Epistemologia della storia militare”, in corso di pubblicazione negli atti del
II convegno nazionale di storia militare indetto dalla Commissione nazionale di storia
militare e tenutosi a Roma, presso il CASD, il 28-29 ottobre 1999.
(2) Cfr. Piero Del Negro “alcune considerazioni sulla storia militare nelle università e il
dottorato di ricerca in storia militare”, in corso di pubblicazione negli atti del II convegno
nazionale di storia militare indetto dalla Commissione nazionale di storia militare e tenutosi
a Roma, presso il CASD, il 28-29 ottobre 1999.