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NEL SUDAN
COMANDANO
I CLAN di Fatima MAHJAR
nome Dårfûr, «Terra dei Fur»), i Mesalit e gli Zaôåwa, i cui legami tribali si estendo-
no fino in Ciad. I cosiddetti ribelli africani del Dårfûr confluiscono in due gruppi
armati: il Justice and Equality Movement (Jem) e il Sudan Liberation Movement
(Slm). Dall’altro lato i Ãanjawød, composti in prevalenza da membri della tribù ara-
ba degli Abåla e sostenuti dal governo centrale.
Nella zona orientale, invece, vivono i Biãa, una popolazione autoctona – co-
me i nubiani, stanziati nel Nord – che ha mantenuto non solo una propria lingua e
una propria cultura, ma anche dei tratti somatici specifici. Anche la parte orientale
del paese è stata scenario di conflitti, a causa della mancanza di diritti e della distri-
buzione iniqua dei proventi del petrolio. Diversi movimenti ribelli (Bija Congress e
Free Lions Movement) si sono uniti nel Fronte orientale, guidato da Mûså Muõam-
mad Aõmad, per combattere contro il governo centrale. Il Fronte è stato appoggia-
to dal governo dell’Eritrea. Nel 2006, Asmara decide di cambiare posizione e con-
vince i ribelli a firmare un accordo di pace con il governo sudanese. La pace è
però molto fragile, dato che la popolazione locale continua a sentirsi emarginata.
profeta Maometto, ‘Abbås. Difficile stabilire quale delle due tribù sia la più nume-
rosa, sebbene ciascuno vanti un primato numerico sull’altra.
Nel Nord del paese non vivono soltanto tribù arabe, ma anche i nubiani, che
si dividono fra l’Egitto meridionale e il Sudan. I nubiani sono una popolazione au-
toctona, la cui regione fu governata per circa quattro secoli (dal 1500 al 1100 a.C.)
dagli egizi, presso i quali era nota come «paese dei Kusti», terra dalla quale prove-
nivano spezie, legname prezioso, avorio e schiavi. I nubiani in Sudan sentono di
avere un’identità distinta dal resto del paese. Hanno, inoltre, una loro lingua e una
loro cultura.
(gli africani) e «noi» (gli arabi), con i primi intenzionati a espungere i secondi dalla
vita sociale e politica del paese.
Il revival dell’arabità, sponsorizzato dal governo di Khartum, ha così portato
la popolazione del Sudan settentrionale a sviluppare, enfatizzandola, la propria
identità araba, a differenza di altri paesi del Nordafrica o del Golfo, in cui le nuo-
ve generazioni, dopo il fallimento del panarabismo, sono alla ricerca di un’iden-
tità nazionale.
Il conflitto tra Nord e Sud termina soltanto nel 2005, con la firma del Cpa. Nei
fatti, però, gli scontri continuano. Nel 2005, pochi mesi dopo la firma dell’accordo,
lo stesso Garang – fresco della nomina a vicepresidente del Sudan – rimane ucci-
so, ufficialmente in un incidente di elicottero. A succedergli è il citato Salva Kiir,
personalità di gran lunga meno carismatica.
4. La guerra civile del 1983-2005 non è stato l’unico conflitto che ha insangui-
nato il Sudan. Nel corso degli anni, il paese ha visto succedersi rivoluzioni, guerre
e colpi di Stato. Nell’ottobre del 1964, la popolazione insorge contro il regime del
generale Ibråhøm ‘Abbûd, chiedendone la destituzione. Nell’aprile del 1985, i su-
danesi si ribellano al generale Numayrø, chiedendo l’instaurazione di un regime
democratico. Nel frattempo, nel paese si succedono vari colpi di Stato: l’ultimo ri-
sale al 1989 e vede l’ascesa al potere dell’attuale presidente, Bašør.
Il colpo di Stato del 1989 fu orchestrato da Õasan al-Turåbø, proveniente da
una tribù araba del Nord ed eminenza grigia del paese, contro il governo del pri-
mo ministro Âådiq al-Mahdø, cognato dello stesso Turåbø. All’epoca, quest’ultimo
aveva fra i suoi seguaci Œalil Ibråhøm, attuale leader del movimento ribelle Justice
and Equality (Jem). Œalil proviene dal Dårfûr, è di fede musulmana e appartiene
alla tribù africana degli Zaôåwa, che si estende fino in Ciad e dalla quale proviene
anche il presidente del Ciad, Idriss Deby, il quale, difatti, sostiene Œalil.
Dopo il colpo di Stato, Œalil è nominato ministro dell’Educazione nel Sud del
Sudan e ben presto ottiene il soprannome di «emiro dei muãåhødøn». Infatti, dal
Dårfûr organizza degli squadroni per combattere contro l’Splm di Garang e la po-
polazione del Sud, anch’essa africana ma di fede cristiana e pagana.
Nel 1999, Turåbø cerca di prendere il sopravvento nel governo e, come porta-
voce del parlamento, promuove una legge per limitare i poteri del presidente.
Bašør, in risposta, scioglie il parlamento e rimuove Turåbø dalla leadership del Na-
tional Congress Party, il partito presidenziale. Con mossa scaltra, Turåbø cerca allo-
ra un’alleanza con l’Splm contro Bašør. A quel punto (siamo nel 2001) il presidente
lo arresta, con l’accusa di tramare un colpo di Stato. Œalil, rimasto fedele a Turåbø,
decide di prendere le distanze dal governo di Bašør e, tornato in Dårfûr, diventa il
leader del Jem, circondandosi di militanti islamisti zaôåwa e di seguaci di Turåbø.
Nello stesso periodo in Dårfûr nasce un nuovo gruppo, il Sudan Liberation
Army (Sla), guidato da Minni Minawi, leader zaôåwa e da ‘Abd al-Waõød Muõam-
mad Nûr, appartenente alla tribù dei Fur. Il conflitto in Dårfûr esplode nel 2003,
4 quando il Jem e lo Sla lanciano un attacco contro il governo centrale. Il regime de-
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cide così di rafforzare le milizie ãanjawød, formate da arabi del Dårfûr. Nel 2006,
Minawi e Nûr si dividono, dopo la firma degli accordi di pace di Abuja. Nûr, che
vive a Parigi, decide di non firmarli, mentre Minawi accetta il trattato e diventa
consigliere speciale del presidente sudanese.
A tutt’oggi, la popolazione del Dårfûr, sia africana che araba, vive quella che
l’Onu ha definito la «tragedia umanitaria del secolo». Nella regione manca qual-
siasi tipo di investimento nel campo dello sviluppo economico, dell’istruzione,
della sanità. La popolazione resta vittima di un regime che preferisce la violenza
al dialogo e degli stessi movimenti ribelli, i cui leader sono spesso più impegnati
in lotte di potere che a difendere i diritti della gente in nome della quale dicono
di combattere.
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