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dei taliban, sunniti radicali legati all’Arabia Saudita, che è il paese che l’Iran consi-
dera suo principale concorrente nel mondo islamico.
L’Iran è potenzialmente capace di diventare una potenza regionale influente
in grado di contribuire al bilanciamento delle forze e degli interessi in quell’area
esplosiva.
C) La diversificazione delle fonti di rifornimento energetico dell’Europa e la di-
minuzione della sua dipendenza dalla Russia, temi su cui insistono gli Stati Uniti,
sono realizzabili solo se verrà sbloccata la collaborazione con Teheran. In partico-
lare, soltanto il gas iraniano potrà aiutare a dare un senso al progetto Nabucco.
Certo è ingenuo pensare a un immediato successo di un eventuale dialogo.
Anche se esso iniziasse, dopo mezz’ora sarebbe chiaro che non è possibile parlare
di nulla così in fretta. L’Iran non intende esaminare il suo diritto all’uso del nuclea-
re finché gli Stati Uniti non si siano rassegnati a tale possibilità. Inoltre Israele e le
rispettive lobby in America guardano a Obama con sospetto, e perciò quest’ultimo
sarà costretto a intavolare un qualsiasi colloquio con il presidente iraniano inizian-
do dall’esigere di rispettare la sicurezza dello Stato ebraico. Ma è insensato parlare
di ciò con Ahmadi-Nejad, così come non ha senso chiedergli di cessare di sostene-
re Õizbullåh in Libano e Õamås in Palestina.
D’altro canto è vero che nel 2009 in Iran si svolgeranno le elezioni presiden-
ziali. La situazione economica all’interno del paese è precaria, e quindi è anche
possibile un cambio di potere. E l’arrivo di qualsiasi altra persona al posto di Ah-
madi-Nejad permetterebbe di distendere almeno un po’ la situazione.
All’Iran, almeno in modo formale, è legato anche un altro problema: il destino
del sistema di difesa antimissilistico nell’Europa centrale e orientale, programma
che suscita un duro rigetto da parte della Russia. Ufficialmente i vertici americani
hanno sempre detto che il radar nella Repubblica Ceca e i missili intercettatori in
Polonia servirebbero a difendere l’Europa dai potenziali missili balistici dell’Iran. A
Mosca, da una parte non hanno creduto a questa motivazione, dall’altra, nel 2007,
Vladimir Putin ha proposto a Washington un impegno comune per prevenire le
minacce, utilizzando le infrastrutture russe. In realtà non c’è stato un seguito a que-
sta proposta, così come è rimasta sulla carta la dichiarazione strategica adottata dai
presidenti di Usa e Russia nell’aprile del 2008 a Soči.
La profonda irritazione di Mosca per le posizioni degli Stati Uniti è stata espli-
cita quando il presidente Dmitrij Medvedev, nel giorno in cui Barack Obama ha
vinto le elezioni, ha annunciato una serie di misure per contrastare il sistema di di-
fesa antimissile.
In teoria un approccio globale alla soluzione dei problemi legati al program-
ma nucleare-missilistico dell’Iran e al sistema di difesa antimissili Usa è possibile.
Ciò necessita un lavoro molto serio da parte della Russia, degli Stati Uniti e dell’Eu-
ropa. E presupposto del suo successo è la condizione che il sistema di difesa anti-
missilistico americano sia pensato contro l’Iran, senza avere altri scopi. Quest’ulti-
mo aspetto non è affatto evidente. Considerato il clima generale dei rapporti inter-
nazionali è difficile supporre che questo scenario sia realizzabile. 3
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di voler tornare. In secondo luogo, sarà il banco di prova per considerare la vali-
dità del diritto internazionale e dei suoi istituti come mezzi per risolvere i conflitti
di principio. Dal destino del programma nucleare iraniano dipenderà, in particola-
re, il destino dell’Accordo di non proliferazione delle armi atomiche: si vedrà se es-
so cesserà, de facto, di essere uno dei pilastri dell’ordine mondiale. In terzo luogo,
sarà un riscontro della solidità delle relazioni russo-americane, per le quali la que-
stione iraniana può rappresentare un motivo di gravissimo scontro, ma può anche
diventare l’esempio di come si possa raggiungere una comprensione reciproca.
Per il momento è difficile giudicare se la nuova amministrazione americana
sarà capace di un radicale rinnovamento della maniera di trattare con Teheran.
Considerata la grande fiducia di cui gode Obama sia negli Stati Uniti sia nel mon-
do, si può prevedere che egli abbia più chance di qualsiasi altro. Se si realizzasse,
sebbene sia molto improbabile, un tale sviluppo degli eventi, per Mosca la situa-
zione non sarebbe vantaggiosa, dal momento che un riavvicinamento tra l’Iran e
gli Stati Uniti significherebbe:
• sbocco di Teheran al mercato del gas europeo, dove la produzione iraniana
sarebbe la più pericolosa concorrente di quella russa;
• apertura del mercato iraniano alle tecnologie occidentali, cosa che mette-
rebbe la Russia in una situazione molto svantaggiosa, visto che Mosca già da
tempo cerca di accaparrarsi segmenti di tale mercato (in particolare l’energia nu-
cleare);
• riduzione della tensione generale in Medio Oriente, che, in parte, ha per-
messo di mantenere alti i prezzi degli idrocarburi;
• la possibile attivazione di Teheran (con il tacito accordo di Washington) nel-
la regione del Caspio, dove vi è una serie di problemi non risolti, compresa la
spartizione dello stesso Mar Caspio.
Il fatto più paradossale è che il regolamento delle relazioni tra Teheran e Wa-
shington potrebbe anche, in fondo, tralasciare il problema principale: quello delle
armi atomiche. Visto che il tipo di relazioni reciproche cambia in modo radicale,
non è da escludere del tutto un nuovo approccio più tollerante dell’amministrazio-
ne statunitense nei confronti del nuovo status dell’Iran. Fresco nella memoria è l’e-
sempio dell’India, alla quale gli Usa hanno ufficialmente perdonato l’acquisizione
dell’atomica aggirando il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, dopo
aver concluso a Delhi un accordo nel campo dell’energia nucleare. Ancora più re-
cente è l’esempio del Pakistan.
Comunque, per il momento, questi ragionamenti hanno un carattere pura-
mente speculativo. L’Iran resta il problema internazionale più complicato, la cui
soluzione è legata a una moltitudine di fattori della politica regionale e globale. E
non c’è da aspettarsi grandi passi in avanti.
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