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Angela Del Bene I CONCUBINI DI PRATO CONSIDERAZIONI GIURIDICHE

Nel 1956 due giovani di Prato, Mauro Bellandi e Loriana Nunziati, colpevoli di essersi sposati in Comune, vennero definiti dal vescovo Pietro Fiordelli pubblici concubini e peccatori e, il rito civile che li aveva uniti, linizio di uno scandaloso concubinato. Il 12 agosto dello stesso anno il giornale parrocchiale pratese, diretto da Don Danilo Aiazzi, riprodusse la lettera del vescovo. Nella lettera, intrisa di particolare violenza, i due giovani venivano definiti pubblici peccatori e venivano loro negati tutti i Sacramenti. Per rendere pi forte la messa al bando, vennero condannati anche i genitori dei due giovani, in quanto: avendo mancato gravemente ai propri doveri di genitori cristiani, avevano permesso questo passo peccaminoso e scandaloso. La violenta lettera pastorale letta in tutte le chiese di Prato ebbe conseguenze gravi. Bellandi che aveva una piccola azienda, non ricevendo pi prestiti dalle banche, fu costretto a chiudere la sua attivit. A ci, inoltre, si aggiungevano gli insulti, le lettere anonime e le aggressioni subite. Questa situazione rendeva inevitabile la querela dei Bellandi e dei loro genitori contro il vescovo e il parroco di Prato. I giudici affermarono che "con il classificare due persone come pubblici concubini si viene indubbiamente ad offendere la loro reputazione". E che "le leggi della Chiesa non possono contenere norme che autorizzino le autorit ecclesiastiche a ledere un bene del cittadino tutelato dalle leggi dello Stato. I giudici arrivarono alla conclusione che il vescovo di Prato, monsignor Pietro Fiordelli, doveva essere condannato a 40.000 lire di multa, e il parroco don Danilo Aiazzi invece assolto per aver obbedito ad un ordine superiore. Lindignazione in Vaticano fu enorme, la sentenza fu denunciata come un atto illegale della magistratura che favoriva gli abusi laicisti e fu condannata la debolezza del Governo Italiano, che permetteva ci. Addirittura il cardinale arcivescovo di Bologna, Giacomo Lercaro ordin a tutte le parrocchie di tenere per un mese i portali delle chiese parati a lutto e di suonare le campane a morto, ogni giorno per cinque minuti. Contro la sentenza hanno interposto appello gli imputati e la Corte dAppello di Firenze nel 1958 ha completamente ribaltato la decisione presa dai giudici di primo grado. La Corte dappello di Firenze, partendo dalla natura dellatto, sostiene che lo Stato non pu censurare un atto compiuto da un sacerdote nel suo ministero spirituale: proprio perch nella nostra legislazione oltre al principio della libert religiosa, c il Concordato, che assicura una speciale libert di esercizio dei diritti alla Chiesa cattolica. Al giudice dello Stato non rimane che il compito di vedere se in questo caso ci si trova di fronte o no ad un atto che attiene allesercizio del potere spirituale della Chiesa, ed una volta dimostrato che latto avvenuto nellambito di detto esercizio, non si pu dubitare dellesistenza della causa giustificatrice.

La Corte afferma che latto ecclesiastico insindacabile da parte dellorgano giudiziario dello stato tutte le volte in cui esso coperto di legittimit; vale a dire quando esso stato emanato nellambito del potere spirituale e compiuto secondo le norme del diritto canonico. Di fronte allatto ecclesiastico emanato dal vescovo, in base al diritto canonico e concordatario, che si pretende lesivo di un diritto soggettivo del cittadino, lautorit giudiziaria dello Stato incontra un limite allesercizio della giurisdizione penale. Questo limite rende necessaria unindagine sulla forma dellatto, che si presume costituisca reato. Indagine che si rende indispensabile al fine della insindacabilit o meno da parte degli organi dello Stato. Il limite a cui si riferisce la Corte dAppello lart. 7 della Costituzione, che consacra la piena libert della Chiesa, affermando che Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani e i loro rapporti sono regolati dai Patti lateranensi, per cui lo stato italiano si impegnato di orientare la propria legislazione ed azione secondo il principio del riconoscimento della Chiesa come ordine sovrano. Linciso, ciascuno nel proprio ordine, significa, per la Corte dAppello, che nellambito proprio di ciascun ordinamento inammissibile lingerenza dellaltro. Molto importante anche lart. 8, 2 com., della costituzione nella parte in cui dichiara che tutte le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contraddicano con lordinamento giuridico italiano, viene posto un limite per le altre religioni, non previsto per la religione cattolica, perch questa nel campo spirituale ha la sua piena indipendenza e sovranit, non sindacabile dallo Stato italiano. Secondo la Corte bisogna poi tener presente che la competenza della Chiesa opera in un campo diverso da quello dello Stato e cio nella materia spirituale, ci determina una netta distinzione tra i due ordinamenti giuridici. Le sanzioni inflitte dal vescovo di Prato ai coniugi Bellandi non sono sanzioni temporali, ma spirituali. Egli ha valutato latto da essi compiuto da un punto di vista spirituale. Ha affermato, infatti, che al lume dei principi della Chiesa, tra due battezzati, il matrimonio esclusivamente civile riprovevole, in quanto non produce gli effetti di un Sacramento. Il Vescovo non ha disconosciuto sempre secondo il ragionamento della Corte la validit del matrimonio civile di fronte alle leggi italiane, ma ha espresso il suo apprezzamento sul matrimonio alla luce del diritto della Chiesa. Il provvedimento incriminato del Vescovo deve ritenersi un atto emesso nellambito del suo ministero spirituale e del suo magistero giurisdizionale, il cui esercizio garantito dagli artt. 1 e 2 del Concordato. Con il suo provvedimento, emanato nelle forme aderenti al diritto canonico, il vescovo ha compiuto un atto di valutazione morale e religiosa dei coniugi Bellandi. Il matrimonio per la Chiesa un Sacramento, che rientra nella sua esclusiva sfera di competenza. Nella persona del vescovo, inoltre, si incarna lordinamento giuridico della Chiesa e pertanto egli ha il diritto ed il dovere di applicare ai trasgressori le sanzioni stabilite dalle sue leggi. Poich tali sanzioni costituiscono la estrinsecazione della potest di giurisdizione, che lo Stato garantisce incondizionatamente alla Chiesa, ne deriva che nessun ostacolo, in proposito, pu essere frapposto dallautorit

civile. Infatti secondo la Corte i coniugi Bellandi, avevano trasgredito a tassative disposizioni della legge della Chiesa. La Chiesa rispetta il matrimonio civile per i non battezzati, ma non riconosce il vincolo matrimoniale tra battezzati e per questo condanna tale unione, infatti afferma che il matrimonio uno solo, cio quello celebrato con il rito religioso, di istituzione divina. Lunione, secondo la legge civile di un qualsiasi Stato, un contratto non un matrimonio, ed per questo che essa lo considera un atto civile, ed i due contraenti pubblici peccatori. Secondo la Corte, lerrore dei giudici stato quello, non solo di prescindere dal completo riconoscimento della piena autonomia della Chiesa, nel suo ambito spirituale, ma di aver considerato anche i termini usati dal vescovo, nel significato comune della parola e non nel suo significato tecnico, riconoscendo tali termini, offensivi della reputazione generale. Pubblici peccatori e concubini sono le espressioni che il diritto canonico ha sempre usato per definire i cattolici che rifiutano di contrarre il matrimonio religioso, perch il loro peccato risulta da un atto pubblico, come il matrimonio civile, posto in essere in spregio della morale della Chiesa. Il termine concubini, nel linguaggio comune significa lunione di un uomo e una donna, senza alcun vincolo legale, mentre per il codice penale (art. 560), indica il reato nel quale incorre luomo coniugato che tiene more uxorio unaltra donna, nella casa coniugale o altrove. Per la Chiesa, invece, si riferisce ai battezzati che, senza contrarre il matrimonio religioso, vivono come coniugi, a prescindere dal fatto che la loro unione sia riconosciuta dal vincolo matrimoniale dello Stato. Secondo la Corte, scandaloso concubinato un termine tecnico: nella notificazione del vescovo il termine non riferito ai due coniugi, ma allatto da essi compiuto. Inoltre la decisione dei querelanti di sposarsi civilmente, aveva posto lautorit ecclesiastica di fronte ad un grave peccato pubblico, commesso non sotto limpulso della passione, ma con fredda determinazione. Ci era deducibile dal reiterato rifiuto opposto al vescovo dalla sposa e dai familiari di celebrare il matrimonio religioso, nonostante fossero stati fino a qual momento ferventi cattolici. La Corte concludeva, che il provvedimento emesso dal vescovo Fiordelli era un atto emanato nellabito del suo ministero spirituale, attinente al suo magistero giurisdizionale secondo le norme del diritto canonico. Un atto legittimo, quindi, nella sostanza e nella forma. Lo Stato non aveva alcun potere di sindacabilit di tale atto, avendo lautorit ecclesiastica agito nel libero esercizio della sua attivit spirituale e nei limiti di legittima esecuzione. In base a ci il fatto, e cio la pena spirituale inflitta dal vescovo di prato, non poteva costituire reato, essendo estraneo ogni elemento diffamatorio. Linsindacabilit dellatto del vescovo da parte dellAutorit giudiziaria dello Stato comportava, di conseguenza, che sia il vescovo Fiordelli Pietro, che il sacerdote Aiazzi Danilo, dovevano essere assolti con formula piena.

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