Vous êtes sur la page 1sur 20

Capitolo VIII: gli aspetti antropici.

IL TERRITORIO DELL’AMERINA DALLA FINE


DELL’IMPERO ROMANO AL XIX SECOLO

La discesa dei visigoti di Alarico (410), con la presa di Roma e


il loro successivo ritorno verso la Gallia guidati da Ataulfo (412),
LA VIA AMERINA COME FRONTIERA creò una situazione di incertezza e di devastazione della zona li-
TRA BIZANTINI E LONGOBARDI mitrofa alle grandi arterie stradali, come l’Aurelia e la Flaminia.
Decaddero numerose città e stazioni come Veio, Lucus Feroniae,
Le strutture economiche e sociali del basso impero, già in crisi Capena, Falerii Novi, Ad Baccanas e Acquaviva.
a seguito della crescita del latifondo a scapito della piccola pro- Alla morte di Teodorico (526), dopo un periodo di pace durato
prietà terriera, furono colpite, sin dai primi anni del V secolo, da trenta anni, le lotte per il potere condussero alla crisi il regno O-
una serie di invasioni di popolazioni nord europee. Queste contri- strogoto. A seguito dell’oscura vicenda del giovane Atalarico e
buirono a disgregare il sistema economico e a modificare irrever- l’uccisione di Amalasunta da parte di Teodato, l’imperatore bi-
sibilmente le strutture paesaggistiche di tutta la penisola italiana, zantino Giustiniano mosse guerra ai Goti inviando in Italia Beli-
soprattutto dell’area a nord di Roma. sario.
E proprio l’attrazione di Roma sui popoli invasori condusse a La guerra greco-gotica (535-553) ebbe come asse portante la
un lungo periodo (circa cinque secoli) di sconvolgimenti politici, Via Flaminia, teatro dei maggiori avvenimenti bellici. Le campa-
guerre, invasioni e saccheggi nei territori intorno all’Urbe. La si- gne attorno a Roma furono sconvolte, con alterne vicende, per
tuazione di guerra fu continua: dal 410, con il sacco di Roma da circa 18 anni. Fu in questo arco di tempo che le strutture produtti-
parte delle truppe visigote, fino al X secolo, con le ultime scorre- ve di origine romana iniziarono una lenta, anche se inarrestabile,
rie saracene. Il cessato stato di continua guerra non determinò una decadenza. Prima l’Agro Falisco e poi quello Veientano assiste-
vera e propria stabilità, a causa delle lotte per l’egemonia e il con- ranno al passaggio dai siti sparsi a quelli accentrati, come pure a
trollo dell’elezione del Papa da parte delle famiglie baronali ro- uno spostamento degli insediamenti agricoli lontano dalle vie di
mane. transito.

107
Con la sconfitta gota1 e la riorganizzazione amministrativa del- gruppi autonomi e mobili verso varie direzioni, rese difficile la
la penisola2 sotto lo stretto controllo bizantino, si ebbe un relativo difesa da parte dei bizantini5.
periodo di pace sino all’invasione longobarda d’Italia3 e La scarsa coesione interna dei longobardi, dotati di
all’assedio di Roma da parte di Agiulfo nel 593. un’impalcatura sociale organizzata intorno a strutture parentali
L’invasione longobarda contribuì a modificare, ancor più delle armate (farae), condusse all’assassinio di Alboino e successiva-
precedenti, il sistema economico e insediativo e quindi le condi- mente alla scomparsa di una sorta di potere centrale. Si ebbe
zioni di vita nelle terre occupate. Fu la prima dominazione di un quindi un frazionamento particellare dei territori conquistati in
popolo conquistatore4 a durare così a lungo: essa sconvolse defi- completa autonomia e retti da strutture gerarchiche con nomi su
nitivamente le strutture paesaggistiche romane. Queste furono base bizantina (duces, comites)6. I possedimenti longobardi erano
conservate a fatica soltanto nei territori bizantini più prossimi a costituiti dal ducato di Benevento (570) e di Spoleto (574-576) e
Roma. a nord, oltre l’Appennino e nella Tuscia, il vero e proprio Regnum
Le vicende legate alla conquista longobarda furono caratteriz- Langobardorum. Al centro di questi territori resisteva il ducato di
zate da aspre scorrerie e saccheggi in tutti i territori attraversati. Roma, ormai periferia dell’impero bizantino, collegato da una
La reazione bizantina fu di “arrocco” all’interno di città fortificate stretta lingua di terra a Ravenna dove risiedeva l’esarca7.
mettendo in atto un’organizzazione di castra difesi anche da eser- Questa situazione geopolitica, che durò con alterne vicende per
citi locali. Dalle fortificazioni i bizantini effettuavano sortite im- circa due secoli, si giocò tutta lungo il tratto di territorio rappre-
provvise minacciando continuamente i longobardi, strategia che sentato dalla Via Amerina (Fig. 1).
non impedì in ogni caso l’occupazione da parte degli invasori di Roma si trovò stretta dalla minaccia rappresentata a sud dal
estesi territori. Il sistema di invasione, che non seguì le regole di ducato di Benevento e a nord dal ducato di Spoleto. La prima
una spedizione militare, per via del disperdersi dei longobardi in grande offensiva si ebbe nel 592, quando il duca spoletino Ariulfo
decise di scendere lungo la Flaminia e di tagliare i contatti tra
1
Totila trovò la morte lungo la Flaminia a Gualdo Tadino (552) e Teia, a Roma e Ravenna occupando Bomarzo, Orte e Sutri. La difesa
quest’ultimo succeduto a capo dei Goti, nel 553 per mano del generale bizanti- romana si concentrò nell’area di Nepi fino a quando l’esarca stes-
no Narsete.
2
La provincia dioclezianea Tuscia et Umbria, all’inizio del IV secolo fu divisa
5
in due parti: Tuscia Annonaria e Tuscia Suburbicaria o Urbicaria. Con i bi- “...mentre alcuni nuclei di diffondevano in Italia settentrionale, altri dilagava-
zantini l’Italia verrà ripartita in cinque provincie: Urbicaria (che comprende la no verso il sud..., verso la Tuscia e verso Roma, conquistando Lucca e Chiusi,
Tuscia), Campania, Calabria, Annonaria e l’Apulia. A seguito dell’invasione altri defluivano verso l’Emilia e, superato il passo del Furlo inoltrandosi per la
longobarda la Tuscia si divise nuovamente in Tuscia longobarda e Tuscia bi- via Flaminia, giungevano a Spoleto e, ancor più a sud, nel Sannio, sino a Be-
zantina. Bavant B., Le Duché byzantin de Rome, in “Melanges de l’Ecole Fra- nevento.” Capitani O., Storia dell’Italia medievale, Roma-Bari: Laterza, 1988.
6
nçaise de Rome”, 91, II, pag.49. Saxer V., La Tuscia nel Martiriologio gero- “Dopo la sua morte (Clefi) e per un interregno di dieci anni, i Longobardi vis-
niminiano: osservazioni sulla storia del Martiriologio e su quella della Tuscia, sero sotto i duchi. Ognuno di questi ultimi infatti governava una città ..” Paolo
in Il Paleocristiano nella Tuscia, Viterbo 7-8 maggio 1983, Roma: 1984. Diacono, Storia dei Longobardi. libro II, 32.
3 7
Alboino, re longobardo, entra in Italia dal Friuli nel 568. Sorta di viceré nominato direttamente dal basileus di Costantinopoli, la sua
4
Pepe G., Il medio evo barbarico d’Italia, Torino: 1959. prima menzione è del 584.

108
so, Romano, non calò a Roma e intraprese la riconquista della fa-
scia di collegamento con Ravenna, riprendendo Sutri, Orte, Bo-
marzo, Narni, Amelia, Todi, Perugia e Luceoli. Proprio questo
territorio, attorno alla Via Amerina, costituirà il canale bizantino
di collegamento tra l’Impero d’Oriente e il ducato di Roma8. Per
il controllo di questo spazio, ormai divenuto frontiera, si giocaro-
no sia le sorti del papato, nella futura costituzione dello Stato
Pontificio, sia i destini dell’occupazione longobarda in Italia.
L’anno successivo alla discesa dell’esarca Romano, si ebbe la
controffensiva dei longobardi comandati da Agiulfo (593) che ar-
rivò ad assediare Roma: solo l’intervento di papa Gregorio Ma-
gno lo indusse a ritirarsi9.
Questo continuo stato di guerra tra bizantini e longobardi portò
allo sconvolgimento dei territori lungo l’asse stradale e influì sul
precoce processo di incastellamento delle terre prossime al confi-
ne.
È probabile che in relazione alla campagna longobarda del
592-593 fu creata nell’Agro Falisco una catena di insediamenti
fortificati a controllo delle vie Cassia, Amerina e Flaminia nei
centri di Sutri, Nepi, Civita Castellana e Ponte Nepesino10. Per
analogo motivo si potenziarono e fortificarono gli antichi centri
“romani” posti in prossimità della frontiera come Perugia, Todi,
Amelia e Narni11.

8
La via Flaminia, nel tratto tra il Tevere e Luceoli, era saldamente in mano al
duca di Spoleto.
9
Bavant B., Le Duché…, op. cit.
10
Fiocchi Nicolai V., I Cimiteri Paleocristiani del Lazio - I - Etruria Meridio-
nale, Città del Vaticano, Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, 1988.
11
Schmiedt G., Città e fortificazioni nei rilievi aereofotografici: le fortifica-
zioni altomedievali, in Storia d’Italia. Torino: Einaudi, vol.V. Fig. 1. La frontiera bizantino-longobarda.

109
Nel 605 si raggiunse, ad opera del papato, un negoziato tra leto e Benevento e il ducato di Roma. Liutprando giunse quindi a
longobardi e bizantini che condusse a un trattato per il rispetto dei occupare Sutri (728) e a tentare di unificare il Regnum sottomet-
confini del ducato di Roma e del corridoio di passaggio per Ra- tendo i ducati ribelli. Nel 739 conquistò Orte14 e Amelia e puntò
venna12. direttamente su Roma. Fu a questo punto che papa Gregorio III
La morte di Agiulfo (616) riaprì una serie di conflitti con Bi- impresse una svolta alla politica del Papa chiedendo, ma senza ri-
sanzio sino a quando, con Liutprando (712-744), i longobardi non sultati, l’aiuto dei franchi di Carlo Martello.
intrapresero una politica di unificazione del regno, tentando di Soltanto con la morte di Gregorio III (741) e l’elezione di Zac-
annientare definitivamente la presenza bizantina tra Roma e Ra- caria, si ebbe un trattato di pace con Liutprando (742) che, di fat-
venna13. Questo fu il periodo più difficile per il territorio e il pa- to, annullò le mire unificatrici del Regnum Langobardorum15.
pato svolse un ruolo preminente nella doppia direzione di contra- La morte di Liutprando (744) fece sì che i ducati di Spoleto e
sto dell’espansionismo longobardo e, contemporaneamente, di Benevento si risollevassero e che si stringessero i rapporti tra pa-
autonomia da Bisanzio che è sancita con la condanna pa Zaccaria e Pipino il Breve. Il longobardo Astolfo (749), una
dell’iconoclastia (731) da parte di papa Gregorio III. volta eletto re, annullò tutte le donazioni di Liutprando, mosse
Il Papato iniziò da questo punto la politica di separazione da contro Spoleto e Benevento e conquistò Ravenna. Nel frattempo
Costantinopoli che dominava Roma con l’imposizione di pressio- papa Stefano II si assicurò la protezione franca contro Astolfo che
ni tributarie non più tollerate. Con l’aiuto del duca di Spoleto e fu battuto prima nel 755 e successivamente nel 756, dopo che il re
dei longobardi della Tuscia, respinse le truppe bizantine alle porte longobardo assediò nuovamente Roma per tre mesi occupando la
di Roma (725) ed elesse un suo duca nel 727. Bisanzio tentò
un’ardita alleanza con Liutprando per sottomettere i duchi di Spo- 14
Per la descrizione di Orte e il territorio limitrofo in questo periodo vedere:
Raspi Serra J., Laganara Fabiano C., Economia e territorio. Il Patrimonium
12
“Imboscate, distruzioni, tradimenti, schiavitù degli Italiani, tutto si concluse Beati Petri nella Tuscia, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. Napoli: 1987;
con una tregua tra Costantinopoli e il re langobardo nobilmente voluta da Gre- Raspi Serra J., Vasanello - Palazzolo: un territorio ambito di lotta fra Romani
gorio e faticosamente attuata nel 598-599: che essa venisse rinnovata per qual- e barbari, in: Romano Barbarica, 5, 1980, 191-222.
15
che anno , poi rotta, poi di nuovo rinnovata è comprensibile trattandosi di due “...il pontefice poté, nell’incontro di Terni del 742, ottenere un’altra dona-
nemici uno più malfido dell’altro; l’importante fu di aver fatto delle orde lan- zione del tipo di quella del 728, che “restituiva a San Pietro” Sutri: venivano
gobardiche Stato patteggiante, e l’aver reso possibile un sistema di accordi, che date alla chiesa di Roma - sempre sotto forma di restituzione accompagnata da
portò ad un periodo di pace tra il 606 e il 616, quando morì Agiulfo”. Pepe G., donazione - Bomarzo, Orte, Amelia, territori della Sabina e in Umbria, nonché
Il medio evo barbarico d’Italia. op. cit. nella Pentapoli. Donazione o restituzione a S. Pietro che questi atti si vogliano
13
“Quando i re langobardi, giunto il loro popolo a un più alto livello di civiltà chiamare, rimane il dato di fatto che essi riguardavano terre dell’Impero e co-
che permetteva di pensare a una vera guerra di strategia e non di semplice im- involgevano sudditi dell’Impero, come sudditi della stessa Bisanzio erano quei
peto, comprendono l’immenso pericolo che costituisce per essi la strada da prigionieri che vennero riconsegnati al papa, dopo essere stati presi nei territori
Roma a Ravenna in mano ai Bizantini, combatteranno accanitamente per con- della Pentapoli e dell’Esarcato, Zaccaria, autorizzato o meno che fosse, aveva
quistarla. Si può dire, però, che il primo a rendersi conto dell’importanza di agito da interlocutore protagonista, nei riguardi di Liutprando, senza che ormai
questa strada fu Liutprando dopo quasi un secolo e mezzo di conquista.” Ibi- fosse più questione di un qualsivoglia riguardo formale per l’autorità del basi-
dem. leus.” Capitani O., Storia dell’Italia medievale. op. cit.

110
zona della Cassia. Per i longobardi iniziò la fine del loro regno, In questo contesto, dove le comunità recuperavano le posizioni
Astolfo morì nel 756 e valse a poco la sollevazione di Desiderio insediative di epoca preromana, rinserrate sui pianori tufacei in
che nel 773 attaccò Roma, ma fu definitivamente sconfitto da nuclei “murati”, anche il reticolo viario tornò ad essere in “armo-
Carlo, figlio di Pipino. La sconfitta sancì, con le donazioni al Pa- nia” con le strutture morfologiche del territorio. Si recuperarono
pato delle terre conquistate dai Franchi e con atto di sottomissio- le strade di crinale e le tagliate, i fondovalle tornarono a costituire
ne dei longobardi di Spoleto al Papa e ai suoi successori, la defi- i percorsi di collegamento tra i vari villaggi.
nitiva affermazione politica della Chiesa di Roma in Italia. Gli attraversamenti del Tevere erano possibili soltanto in bar-
ca, i ponti, da Ponte Milvio a Perugia, erano crollati uno dopo
l’altro e soltanto con Sisto V (1589) fu ricostruito il ponte della
UNA STRADA SECONDARIA Flaminia tra Civita Castellana e Magliano Sabina in sostituzione
dell’antico ponte di Otricoli. Ciò non significa che il fiume non
L’unificazione dei domini longobardi e bizantini del centro e fosse oggetto di transiti, anzi, le “barche” e i “porti” erano nume-
nord Italia, sotto lo stretto controllo carolingio, portò in secondo rosi e remunerativi e alcuni controllati, sulla sponda sinistra, dai
piano il ruolo della Via Amerina. Il rapporto di dipendenza dei monasteri di Farfa e di Sant’Andrea in Flumine. Lungo il Tevere
duchi di Spoleto dal papato diede nuova importanza territoriale scendevano prodotti agricoli e legname per le numerose fornaci di
alla Via Flaminia nei collegamenti all’interno dello Stato Pontifi- Roma17.
cio. Il territorio a nord di Roma fu soggetto all’influenza delle
Ma la fine della frontiera non condusse di certo alla stabilità grandi famiglie feudali e latifondiste dei Colonna, degli Orsini e
politica nel territorio. Nuovi potentati locali sorsero a controllo di dei Vico, con il risultato del frazionamento della sovranità papale;
vari castra che li utilizzarono per esercitare la loro influenza contemporaneamente iniziò nel XIII secolo lo svincolo al potere
sull’elezione del pontefice. La situazione di precarietà fu accen- baronale sancito con i primi Statuta delle comunità locali.
tuata alla morte di Carlo Magno (814) che condusse a scontri ed Le comunità cercavano un’autoregolamentazione, attraverso
assalti, da parte della nobiltà, alle proprietà ecclesiastiche. norme e regolamenti, che consentisse una tutela e uno sfruttamen-
Le sofferenze nelle campagne furono determinate non solo to delle risorse ambientali con un equilibrio delle attività agro-
dalle lotte per l’accumulazione di terre e beni tra i nobili e il cle- silvo-pastorali. Le bandite assumeranno, fino al XIX secolo, un
ro, ma anche dalle frequenti discese di eserciti come i ripetuti ten- ruolo fondamentale nell’integrazione alimentare del bestiame con
tativi di restaurazione imperiale dei Sassoni: prima con Ottone I frasche e ghiande. Tali appezzamenti di terreno, soprattutto bo-
(962), poi con Ottone III (998)16 e successivamente con Enrico III scati, erano lasciati al pubblico uso della comunità e protetti
(1046) ed Enrico IV (1084). dall’indiscriminato taglio degli alberi. Così era regolata la raccol-

16 17
Ottone III muore nel 1001, in fuga da Roma a seguito di una rivolta di nobi- Fiore Cavaliere M.G., Viabilità del Tevere da Orte a Roma, in: Il Tevere
li, a Castel Paterno, uno dei siti fortificati presenti lungo il corso del fiume un’antica via per il Mediterraneo, catalogo della mostra 21 aprile - 29 giugno
Treia. 1986. Roma: 1986.

111
ta di legna e il tipo di pascolo: si privilegiavano i proprietari che colo. In questo arco di tempo numerosi siti furono abbandonati e
avevano bestie aratorie indispensabili per le coltivazioni. la storia del paesaggio dell’Amerina registrò un avvicendamento
È chiaro che queste attenzioni alla tutela del patrimonio fore- continuo tra faticose riprese economiche e repentine flessioni.
stale, altrimenti aggredito da dissodamenti o attività distruttive L’ultima grande distruzione delle campagne si ebbe nel 1527
della vegetazione, non erano dettate da motivazioni ecologiche quando le truppe imperiali di Carlo V, composte da ventimila
ma da ragioni d’opportunità economica che spingevano a preser- uomini tra cui i temibili Lanzichenecchi, misero a ferro e fuoco
vare un capitale comunitario18. Le norme statutarie, inoltre, disci- Roma e i suoi dintorni. Il 10 dicembre, nel ritorno verso nord lun-
plinavano tutte le attività economiche, soprattutto quelle agricole: go la Flaminia, vi fu l’assedio di Civita Castellana20 e poi di Or-
protezione degli oliveti, tutela degli orti e dei frutteti posti subito te21.
fuori le mura, difesa dei pochi terreni a pascolo quando erano uti- A questo episodio seguì un lungo periodo di carestia con il
lizzati abusivamente dai forestieri. Il territorio con estese superfi- nuovo conseguente abbandono delle campagne. Alla crisi si ag-
ci boscate, terreni incolti e pascoli costituiva l’habitat ideale del giunse l’apertura dei mercati atlantici e lo spostamento degli inte-
lupo che era combattuto dalle comunità. Lo Statuto di Civita Ca- ressi economici dal Mediterraneo22.
stellana (1471-1484), ad esempio, premiava con trenta soldi chi Già dal XV secolo i papi tentarono di risollevare le condizioni
uccideva un lupo adulto e con dieci l’uccisione di un lupacchiot- economiche nelle campagne, facendo fronte ai latifondi incolti e
to19. abbandonati, tramite provvedimenti diretti a migliorare le attività
Mentre nel nord del territorio lo sviluppo di queste autonomie agricole; la bolla di Sisto IV (1476) consentiva a chiunque di oc-
portò alla nascita delle signorie, nello Stato Pontificio invece i cupare i terreni incolti sia di privati che ecclesiastici con l’obbligo
comuni semiliberi ricaddero sotto la sfera di influenza delle fami- di coltivarne almeno un terzo23.Giulio II con bolla del 1554 liberò
glie romane (gli Orsini, i Savelli, i Colonna, i Borghese, i Borgia, dall’enfiteusi le proprietà ecclesiastiche, ma questi provvedimenti
i Vico, i Farnese, ecc.) che fino al XIV secolo avrebbero lottato non ebbero che scarsi risultati. Ulteriori tentativi furono fatti nel
accanitamente per imporre l’elezione di uno dei propri esponenti 1650 con l’editto di Alessandro VII che impose l’assegna dei
sul soglio pontificio. fondi rustici ai proprietari per eliminare la piaga dei terreni lascia-
Nel XIII secolo intanto cessavano di sorgere nuovi insedia- ti improduttivi24.
menti, altri erano già decaduti e abbandonati a seguito delle lotte
baronali e delle frequenti carestie. È il periodo del definitivo as-
setto territoriale: le città e i nuclei rurali, la viabilità e il paesaggio 20
Cimarra L., Civita Castellana. Viterbo: 1988.
21
non subiranno ulteriori e significative modifiche fino al XIX se- 22
Zuppante A., Orte. Viterbo: 1987.
Ghera P., Cenni storici sul territorio della media Valle del Tevere dal XVI
secolo ad oggi, in ”Quaderni dell’Istituto di Ricerca Urbanologica e Tecnica
18
Quattranni A., La selva difesa, in “Biblioteca e Società”, anno XIII, n°4, della Pianificazione”, 3, Facoltà di Architettura, Università di Roma, 1966.
23
1994. Conti S., Le sedi umane abbandonate nel Patrimonio di S. Pietro. Firenze:
19
Statuti et reformanze della Communità di Civita Castellana. In Roma ap- 1980.
24
presso li Heredi di Valerio e Luigi Dorici Fratelli, l’anno MDLXVI. Ghera P., Cenni storici sul territorio…, op. cit.

112
le isole in un paesaggio spesso definito desertico e spoglio dagli
attenti viaggiatori del Gran Tour26 (Fig. 2).
L’Amerina, come abbiamo visto, sin dal IX secolo non svolse
più un ruolo strutturante del territorio. Lentamente passò a rango
di strada secondaria con funzione di collegamento locale.
Il percorso rimase comunque in funzione negli anni ed era rap-
presentato nella carta topografica di Giacomo Filippo Ameti del
1693 dove, ancora con l’antico nome, costituiva il collegamento
principale tra Nepi e Civita Castellana27 (Fig. 3).
Un secolo più tardi l’Amerina era ancora rappresentata nella
carta di G. Morozzo (1791). Ma la realizzazione del collegamento
tra la Cassia e la Flaminia (1787/‘89), tramite la Via Nepesina, la
sminuì d’importanza nella rete viaria tra Nepi e Civita Castellana
(Fig. 4).

Fig. 2. La campagna di Orte. Stampa di Petrus Vander.

Alla vigilia dell’Ottocento il territorio si presentava con estesi


appezzamenti incolti: anche se fu consistente la presenza di semi-
nativi a grano, prevalse comunque il paesaggio pastorale su quel-
lo prettamente agricolo25. Grandi superfici boscate erano interrotte
da pascoli e campi aperti; soltanto nei pressi dei villaggi le colti-
vazioni si facevano più intensive con orti, vigneti e frutteti: picco-

26
Petroselli F., La Tuscia del Seicento e del Settecento nei ricordi di viaggiato-
ri svedesi, in “Biblioteca e Società”, anno II, n°2, 1980.
25 27
Sereni E., Storia del paesaggio agrario italiano. op. cit. Per le vicende eco- Il collegamento viario tra Nepi e Civita Castellana avveniva per un tratto
nomiche di un sito nei pressi della via Amerina vedere Fedeli Bernardini F., La lungo l’Amerina, fino al superamento del Rio Maggiore, e poi per un percorso
comunità di Mazzano e la Tenuta di Montegelato, in Amandolea B., Fedeli sul crinale tra il Rio Purgatorio e Rio Maggiore. La strada attraversava
Bernardini F., (a cura), Montegelato, Mazzano Romano - stratigrafia storica di quest’ultimo torrente tramite il ponte di Terrano ed entrava in città per
un sito della Campagna Romana. Roma: Gangemi, 1998. l’accesso costituito dal rivellino del Forte Borgiano.

113
Fig. 3. Carta di G. F. Ameti, il Patrimonio di San Pietro. 1693-96. Fig. 4. Carta di G. Morozzo, il Patrimonio di San Pietro. 1791.

114
IL DECADIMENTO DEL PAESAGGIO ROMANO zazione della zona di Nepi testimonia anche l’esistenza di sedi in
funzione di servizio alle comunità rurali29.
E LE STRUTTURE PAESAGGISTICHE DELLA
CRISTIANITÀ

Le vicende della guerra greco-gotica, le lotte tra bizantini e


longobardi e il successivo assestamento territoriale sotto il domi-
nio franco, determinarono la radicale modifica della struttura pro-
duttiva e paesaggistica romana.
La vicenda della costruzione di un nuovo paesaggio non fu re-
pentina, ma scandita nel tempo e nei luoghi a seconda che avve-
nisse nei territori di frontiera, in quelli soggetti al controllo lon-
gobardo o in quelli del ducato romano.
La rarefazione dei siti di carattere produttivo della campagna
fu proporzionale, nel III e IV secolo, alla crescita del latifondo. A
questo processo si accompagnò lo spopolamento delle città roma-
ne poste in prossimità delle vie consolari. Nell’Ager Veientano la
continuità di siti sparsi in posizioni aperte si protrasse fino al IX
secolo; nell’area più a nord invece, in prossimità della Via Ame-
rina28, vi fu un precoce modificarsi dei siti verso
l’incastellamento. Fig. 5. Insediamento religioso nella Valle Suppentonia.
Il processo di trasformazione che coinvolse le villae rustiche
tardoromane si può sintetizzare con la ricerca di siti più difesi na-
29
turalmente, meno visibili e lontani dalle grandi arterie romane che Sono diversi gli insediamenti cristiani tra il IV e il V secolo soprattutto in
costituivano le vie privilegiate d’invasione. A fronte di una con- funzione funeraria: presso la mansio Ad Baccanas con la chiesa martiriale di
Sant’Alessandro; la catacomba nei pressi di Formello in località Monte Stallo-
trazione nel numero degli insediamenti nelle campagne, tuttavia, ne; l’area funeraria nei pressi di Castel d’Ischia, sul fosso del Cerreto; i mona-
non vi fu uno spopolamento del territorio. Troviamo, sia a Falerii steri della Valle Suppentonia a Castel Sant’Elia; la chiesa paleocristiana di
Novi che a Nepi, impianti funerari cristiani del IV e del V secolo Monte Gelato. Per gli insediamenti paleocristiani in questo territorio vedere:
come le catacombe dei santi Gratiliano e Felicissima e di santa Fiocchi Nicolai V., “Topografia cristiana” del territorio circostante “Mola di
Savinilla con circa mille sepolture. Le stesse località sono sedi di Monte Gelato” nella tarda antichità, pag.26-32, in Amandolea B., Fedeli Ber-
nardini F., (a cura), Montegelato, Mazzano Romano - stratigrafia storica di un
diocesi già attestate nel V e VI secolo. Questa precoce cristianiz- sito della Campagna Romana. Roma: Gangemi, 1998; Fiocchi Nicolai V., I
Cimiteri Paleocristiani…, op. cit.; Fiocchi Nicolai V., Le catacombe di
28
Potter W.T., Storia del paesaggio…, op. cit. S.Savinilla a Nepi. Città del Vaticano: 1992.

115
La perdita di controllo del territorio da parte delle civitates sente da tassazioni. I piccoli proprietari terrieri, pur di sottrarsi al-
romane, con il conseguente disfacimento delle relazioni economi- la forte pressione fiscale, sarebbero stati costretti a effettuare una
che e sociali, condusse alla disgregazione del sistema agricolo. doppia operazione di donazione alla Chiesa delle proprietà e di
Le comunità rurali che ancora occupavano i luoghi più margi- concessione in enfiteusi da parte di questa33.
nali della campagna, nei siti delle villae tardoimperiali dove il la-
tifondo aveva ormai abbandonato il sistema del maggese bienna- I monasteri
le, si indirizzarono verso un’economia pastorale, di caccia e di al-
levamento brado, con il ritorno alla pratica del debbio e del pae- Nell’epoca compresa tra le guerre gotiche e l’invasione longo-
saggio del campo aperto. barda, quindi nel periodo di relativa pace e di riorganizzazione
In un territorio difficile come quello a nord di Roma, delle strutture territoriali, il Lazio cominciò a essere interessato
l’abbandono delle coltivazioni avrebbe condotto presto alla pre- dal monachesimo, soprattutto con l’opera di Benedetto da Norcia.
dominanza di aree boschive, sterpete e cespuglieti dove sarebbe Da Subiaco l’opera benedettina prese l’avvio e consentì, attorno
prevalso il paesaggio dell’incultum su quello del cultum30. ai monasteri, il coagularsi delle popolazioni rurali con una ripresa
A contrastare la “selva selvaggia” dell’alto medioevo restava- economica e la fondazione di comunità umane. Ciò accadde an-
no le comunità rurali di origine tardoromana e il papato nella co- che con l’occupazione e il riutilizzo dei siti preromani, anche tra-
struzione progressiva dei Patrimonia Sanctae Romanae Ecclesia- mite le forme insediative della cella e del cenobio34.
e. Già dal VI secolo facevano la comparsa citazioni di fundi, siti Il recupero delle forme architettoniche rupestri di carattere se-
nella Tuscia Romana, che da mere proprietà fondiarie avrebbero polcrale dei periodi precedenti si articolò nelle nuove funzioni di
assunto progressivamente “…valenza di circoscrizioni entro le abitazione e di culto. Si assisteva, anche in questo caso, alla ri-
quali si articola la nuova signoria pontificia sul Lazio”31 soprat- creazione di alcuni aspetti del paesaggio. L’utilizzo dei massi tu-
tutto nella fase di distacco e autonomia da Bisanzio. Il termine facei e la loro trasformazione in luoghi ipogei avveniva lontano
Patrimonium Sancti Petri venne quindi assumendo un carattere dalle arterie stradali romane, recuperando gli antichi percorsi pre-
politico, e non più soltanto amministrativo dei vari latifondi di romani e dando vita, spesso, alla riorganizzazione territoriale del-
proprietà della Chiesa32. Il patrimonio sarebbe divenuto inaliena- le campagne in nuovi nuclei di carattere urbano35. Non mancava-
bile, perpetuo e privilegiato e quindi, come quello imperiale, e-
30 33
Sereni E., Storia del paesaggio agrario …. op. cit. Litta E., Origini e formazione del territorio di Mazzano dal IV al XIII secolo,
31
Marazzi F., “Patrimonium Tusciae” della Chiesa Romana tra VI e X secolo: in Amandolea B., Fedeli Bernardini F., (a cura), Montegelato, Mazzano Roma-
note sulle pertinenze fondiarie, in Amandolea B., Fedeli Bernardini F., (a cu- no - stratigrafia storica di un sito della Campagna Romana. Roma: Gangemi,
ra), Montegelato, Mazzano Romano - stratigrafia storica di un sito della Cam- 1998.
34
pagna Romana. Roma: 1998. Raspi Serra J., Insediamenti rupestri religiosi nella Tuscia, in Mélanges de
32
Il Patrimonium Sancti Petri per il Lazio era diviso in sei parti: Patrimonium l’École Française de Rome, Moyen Age. Temps Modernes, 88, 1976.
35
Urbanum, Patrimonium Appiae, Patrimonium Tusciae, Patrimonium Sabinen- Gli insediamenti di Castel Sant’Elia o di San Selmo e San Cesareo a Civita
se, Patrimonium Labicanum, Patrimonium Tiburtinum. Castellana.

116
no tuttavia esempi di insediamenti isolati dai contesti territoriali a nato e rinselvatichito, non più attraversato da percorsi commer-
uso esclusivamente religioso e con forte carattere ascetico. ciali importanti dove poteva esplicarsi appieno l’opera di ristrut-
Nell’VIII secolo la conversione longobarda al cattolicesimo turazione agricola del territorio da parte dei seguaci dell’ordine di
fece crescere d’importanza alcuni grandi monasteri come Farfa36. Citeaux.
Anche grazie a vari lasciti, questi arrivarono spesso a costituire La caratteristica dei primi insediamenti cistercensi (san Ber-
dei veri e propri centri feudali con proprie organizzazioni econo- nardo muore nel 1153) fu quella di recupero di aree incolte e la
miche, con filiazioni di altri monasteri e la creazione di plebi o creazione di centri di produzione agricola e non di polarizzazione
pievi come nuclei di organizzazione sociale nelle campagne. urbana 42.
Posta al centro dei ruderi dell’antica città di Falerii Novi, L’abbazia, con la sua rigida e unitaria articolazione planimetri-
sull’asse dell’Amerina, si erge l’Abbazia di Santa Maria di Falle- ca e con il rifiuto della decorazione, riflette lo spirito purista della
ri37, ancora oggi segno territoriale e punto focale nel paesaggio. Regola e tale figurazione risulta come una “…‘rivoluzione’ ico-
L’abbazia, secondo alcuni autori di estrazione benedettina38, noclasta che in fatto di architettura si incarna in un centinaio di
compariva menzionata già nel 1179 e soggetta alla regola cister- abbazie in forma di ‘città-contadine’ modello tra loro quasi iden-
cense; la sua fondazione risale a Pontigny attraverso la filiazione tiche”43 dove il lavoro manuale era effettuato dai conversi e quin-
di St. Sulpice en Bugey39. Le menzioni del monastero si susse- di autosufficiente anche per la manodopera.
guono numerose in vari documenti e soprattutto negli Statuta Ca- A Faleri, come ha osservato Raspi Serra44, i cistercensi affer-
pitolorum Generalium Ordinis Cisterciensis40. marono la loro presenza soprattutto in rapporto con la “memoria”
L’anno di occupazione cistercense è comunque incerto, proba- del paesaggio romano, collocandosi in asse con il decumano e al
bilmente intorno al 114541. Il luogo doveva presentarsi abbando- centro del circuito murario della città abbandonata. In un dialogo
privilegiato con l’ambiente vennero ad assurgere a perno spaziale
36
AA.VV, Farfa, storia di una fabbrica abbaziale. Roma: 1985. del rapporto tra territorio e divino45.
37
Su Santa Maria di Falleri vedere: Apollonj Ghetti B.M., L’architettura nella Il ruolo economico dell’abbazia fu quindi importante per il ter-
Tuscia. Roma: 1960; Bedini B., Faleri la sua storia, i suoi martiri, la sua chie- ritorio. La ricchezza dell’insediamento è confermata in un atto del
sa. Civita Castellana: 1956; Fraccaro De Longhi M., L’architettura delle chie-
se cistercensi italiane. Milano: 1958; Mastrocola M., Il monachesimo nelle
42
Diocesi di Civita Castellana, Orte e Gallese fino al secolo XIII, in “Miscella- “...alla base dei criteri di scelta di un insediamento era privilegiato quello
nea di Studi Viterbesi”. Viterbo: 1962; Valle A., La chiesa di S.Maria di Fal- legato alle caratteristiche del luogo che doveva consentire, insieme ad una vita
leri, in “Rassegna d’Arte”. Milano: 1915; Raspi Serra J., La Tuscia Romana. monastica tranquilla, lontana dai centri abitati, lo svolgimento di un’attività
Milano: 1972; Bianchini G., Fabrica di Roma dai Falisci ad oggi. Viterbo: prevalentemente agricola”. Righetti Tosti Croce M., Architettura monastica:
1982. gli edifici. Linee per una storia architettonica., in Dall’Eremo al Cenobio. Mi-
38
Bedini B., Faleri…, op. cit. lano: 1987.
39 43
Rossi P., Civita Castellana e le chiese medievali del suo territorio. Roma: Romanini A.M., Monachesimo medievale e architettura monastica, in
1986. Dall’Eremo al Cenobio. Milano: 1987.
40 44
Mastrocola M., Il monachesimo…, op. cit. Raspi Serra J., La Tuscia…, op. cit.
41 45
Ibidem. Turri E., Il paesaggio come teatro, op. cit.

117
1231 per un furto di 2000 bovini subito dal monastero46 e dal ver- Le domuscultae
samento della decima triennale (1295-1298) imposta da Bonifacio
Alla costituzione del Patrimonio di San Pietro diede un forte
VIII47.
impulso la formazione delle domuscultae, tenute agricole gestite
Dal 1344 il monastero è in rovina. Nel 1392 l’abbazia fu in-
direttamente dalla Chiesa senza ausilio di affittuari, che svolsero
corporata nei beni dell’Ospedale di Santo Spirito in Sassia e poi
un ruolo fondamentale tra il dissolvimento delle fattorie di carat-
nelle proprietà dei Farnese seguendone i loro destini
tere romano e l’insediamento nei villaggi fortificati (Fig. 7).
Le prime tenute furono fondate da papa Zaccaria (741-752) in-
torno a Roma, altre quattro furono fondate da Adriano I. Tra que-
ste quella di Capracorum nel 780, con sede a Santa Cornelia nei
pressi di Veio48. La domusculta di Capracorum aveva possedi-
menti fino al territorio prossimo alla Via Amerina, con
un’estensione di circa nove chilometri di larghezza per 24 di lun-
ghezza49. Essa era divisa in vari fundi ai quali corrispondeva, ge-
neralmente, in funzione di centro rurale, un casale dove risiede-
vano diverse famiglie, una chiesa e dei magazzini, tra questi tro-
viamo Mola di Monte Gelato lungo il corso del Fiume Treia50.

48
Le domuscultae erano: Santa Cecilia sulla via Tiburtina; Capracorum nei
pressi di Veio; Galeria sulla via Aurelia; Galeria sulla via Portuense; Calvisana
sulla via Ardeatina; Sant’Edisto sulla via Ardeatina; San Leucio sulla via Fla-
minia; Laurentina sulla via omonima; Antium sulla via Nettunense; San Pietro
in Formis sull’Appia antica; Sulpiciana sulla via Appia. Conti S., Le sedi uma-
ne abbandonate nel Patrimonio di S. Pietro. Firenze: Olschki, 1980.
49
Tomassetti G., La Campagna Romana antica medievale e moderna, III. Ro-
Fig. 6. Santa Maria di Falleri. 1912. ma: 1913.
50
Si estendeva fino a nord di Nepi con i siti di Campagnano, Calcata, Mazza-
no, Stabia, Porciano, Roncigliano e Montegelato. Sulla Mola di Montegelato
vedere: Potter T.W., King A.C., Scavi a Mola di Monte Gelato presso Mazza-
no Romano, Etruria Meridionale, primo rapporto preliminare, “Archeologia
Medievale”, XV, 1988; Marazzi F., Potter T.W., King A., Mola di Monte Ge-
46
Mastrocola M., Il monachesimo…, op. cit. lato (Mazzano Romano - VT): notizie preliminari sulle campagne di scavo
47
“Monasterium S..Mariae de Faldara pro I et II paga flor. de auro XVI, kar- 1986-1988 e considerazioni sulle origini dell’incastellamento in Etruria Meri-
linos de auro XVIII, lib.XXIX, sol.XIII, den.VIII” Battelli G., a cura Rationes dionale alla luce dei nuovi dati archeologici, “Archeologia Medievale”, XVI,
Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV, Latium. Città del Vaticano: 1946. 1989; Amandolea B., Fedeli Bernardini F., (a cura), Montegelato, Mazzano

118
Nelle domuscultae esistevano terre coltivate, vigne, oliveti, muli- venne anche per via delle scorrerie saracene che in quel periodo54
ni ad acqua; si ricavavano frumento, orzo, vino e ortaggi. La base devastarono la campagna a nord di Roma e nella zona di Nepi.
proteica era assicurata soprattutto da carne di maiale51. La scomparsa delle domuscultae, ultime strutture paesistico-
Queste strutture ebbero il pregio di frenare la fuga dalle cam- produttive generate dalla tradizione delle villae romane, sancì la
pagne e di evitare il completo abbandono dei terreni agricoli. Co- trasformazione nel paesaggio dei castra di questa parte
stituirono anche il primo nucleo d'esercizio del potere temporale dell’Etruria meridionale con una funzione prioritaria di difesa del
del Papa, in un momento in cui il pontefice non esercitava ancora fundus da parte delle comunità rurali55. Oltre alle domuscultae e-
un controllo assoluto su Roma come nel ducato52. La localizza- sistevano, evidentemente, altri tipi di insediamento nella campa-
zione delle tenute, situate a controllo delle vie di accesso a Roma, gna come la massa56 e il casale57 che si sarebbero evolute in for-
avevano anche il significato di contrastare le pretese di nuovi me più elaborate: la prima a costituire, spesso, nuclei urbani di ri-
proprietari, soprattutto dei comandanti militari locali che mirava- organizzazione territoriale a carattere prevalentemente agricolo; il
no al controllo di Roma tramite l’elezione del Papa53. secondo per secoli avrebbe caratterizzato il paesaggio agrario del-
Le domuscultae decaddero intorno alla metà del IX secolo a la campagna con la sua forma compatta, spesso fortificata, a ser-
causa dell’opposizione del potere laico a quello del Papa. Ciò av- vizio del fondo.

54
Romano - stratigrafia storica di un sito della Campagna Romana. Roma: Gan- Il territorio fu soggetto alle scorrerie delle bande Saraceni dall’846, con il
gemi, 1998. loro sbarco ad Ostia, fino al 915 quando furono sconfitte nei pressi di Baccano
51
I bovini erano utilizzati esclusivamente per i lavori agricoli e la loro carne da milizie locali.
55
veniva consumata soltanto in quanto non più abili al lavoro. La macellazione Il Castrum ha la sua origine tardoromana-bizantina in quanto forma insedia-
del maiale si effettuava fra il primo e il secondo anno di vita, ma anche nel ter- tiva idonea alla difesa delle zone di confine, forma adottata anche dai longo-
zo e quarto, in quanto l’allevamento brado, con una crescita lenta degli anima- bardi, che ebbe successivamente un ruolo fondamentale nella riorganizzazione
li, raramente li faceva raggiungere i 70 kg di peso. Dentici Buccellato R.M., La territoriale dell’area della via Amerina. Raspi Serra J., Laganara Fabiano C.,
civiltà dell’aratro e del mulino, in Cherubini G., a cura, Uomini, terre e città Economia e territorio ….. op. cit.
56
nel medioevo. Milano: 1986. La massa è un insieme di fondi riuniti amministrativamente che prendono il
52
Litta E., Origini e formazione…, op. cit. nome da un proprietario o da una località. Essa diede vita a vari centri: è del
53
“I vari potentati militari che operavano nell’ex ducato bizantino di Roma, sia 727 la menzione di Massae Castellanae patrimonii Tusciae dove compare per
in connessione alle piazzaforti di difesa del limes longobardo, sia nell’Urbe la prima volta il futuro nucleo di Civita Castellana. Cimarra L., Civita Castel-
stessa, utilizzando le loro qualifiche all’interno del vecchio ordinamento impe- lana…, op. cit. Raspi Serra J., Laganara Fabiano C., Economia e territorio..,
riale per giustificare il controllo politico che di fatto detenevano su porzioni del op. cit.
57
territorio del ducato stesso. E tentano di predominare in Roma per accrescere Il termine casalis comprendeva non un unico edificio, nell’accezione mo-
la propria influenza sull’unica autorità - il papato - in grado di porsi al di sopra derna, ma un insieme di strutture composto dalla casa, dall’orto, dai campi, vi-
delle altre per prestigio e ricchezza.” Potter T.W., King A.C., Scavi a Mola di gneti e bosco. Esso poteva abbracciare anche più fondi. Raspi Serra J., Lagana-
Monte Gelato ….. op. cit. ra Fabiano C., Economia e territorio…, op. cit.

119
L’ASSETTO TERRITORIALE MEDIEVALE
COME STRUTTURA FONDANTE DEL
PAESAGGIO ATTUALE

Il processo d’incastellamento iniziato nel VI secolo, sulla linea


di frontiera bizantino-longobarda, arrivò a maturazione nel XIII
secolo coinvolgendo tutti i centri del territorio.
Il villaggio fortificato, posto nel punto terminale e meno visi-
bile dei pianori, a picco sulla confluenza dei torrenti e cinto da
mura, costituirà, dal XIII secolo ai nostri anni ’50, l’immagine ca-
ratteristica del paesaggio delle forre.
Le comunità agricole, quando a seguito della dispersione ro-
mana, rioccuparono o fondarono ex novo i siti acropolici, opera-
rono una riappropriazione del territorio, ri-creando un paesaggio
che, come nelle origini, era garanzia di memoria e di sicurezza,
nonché di rapporto col divino in un periodo di incertezza e di pau-
ra. Sintomatica fu la ricerca di spazi e luoghi chiusi, protetti e
controllabili, come le mura di un villaggio o gli antri di un inse-
diamento rupestre, nei quali la struttura diveniva una celebrazione
della sicurezza e della potenza divina58.
L’insediamento, isolato dal territorio circostante, fatta ecce-
zione per l’unico accesso, aveva la sua fortificazione proprio nel
punto più debole con la costruzione prima della torre e poi del ca-
stello.
La forma a fuso d’acropoli59 dei villaggi sottolineata dalle mu-
ra e separata dal resto con un fossato in prossimità del castello
(una sorta di forra artificiale), sarebbe stata progressivamente
strutturata dapprima con abitazioni lignee e poi col ricorso al tufo.

58
Turri E., Il paesaggio come teatro op. cit.
Fig. 7. Ubicazione delle Domuscultae (rielaborazione da S. Conti). 59
Piccinato L., Urbanistica medievale. Bari: 1993.

120
L’edificazione avveniva con un’operazione che al tempo stes- alizzate in tufo con le loro cantine, magazzini e cisterne sotterra-
so era di sottrazione e di successiva addizione di materiali. Lo nee.
scavo dei magazzini, delle cisterne e delle stalle poste al di sotto Il brano del castrum dell’Isola, poiché paesaggio ruderale, co-
delle abitazioni sarebbe servito a recuperare materiale per stituisce uno degli elementi del quadro della Via Amerina, com-
l’elevazione delle strutture murarie sovrastanti, determinando uni- posto di un palinsesto di categorie paesistiche (naturale, rupestre,
tà edilizie composte di locali fuori e dentro terra. agrario, urbano, ruderale) articolate tra loro e significanti tutte in-
La forma urbana compatta e serrata attorno a un asse principa- sieme la memoria complessiva del territorio.
le aveva come fuochi da una parte la piccola ecclesia castri, gene- Lungo il percorso stradale troviamo altri luoghi appartenenti
ralmente con abside e monoaulata, e dall’altra il castello con la alla categoria di paesaggio ruderale con analoghe qualità mnemo-
torre. niche dove il ricordo dell’antica funzione è ancora forte. Alcuni
Il castrum insulae60 (Fig. 9), sul percorso dell’Amerina, rap- di essi sono prossimi al tracciato stradale, altri, rinserrati sui pia-
presenta un esempio di tale tipologia insediativa, anche se con nori, stanno a breve distanza: Ponte Nepesino, Castel Porciano e
minime varianti dovute alle condizioni orografiche del luogo. Si Castel d’Ischia. Questi formano, con quelli più a est di Castel Pa-
erge su un baluardo tufaceo lungo circa 300 metri e separato dal terno e Fogliano, un’immaginaria linea difensiva tra l’Amerina e
plateau vulcanico retrostante da un avvallamento del terreno. Si- la Flaminia. Più a nord si situa Pizzo Iella e, verso Corchiano, il
curamente partecipava come fortezza bizantina nel VII-VIII seco- Castellaccio di Castiglione; poco oltre Casale Santa Bruna che,
lo alla teoria di castra messi in atto per la difesa del ducato roma- anche nel nome, ricorda la funzione difensiva agricola degli ori-
no; funzione che rivestivano anche i siti più meridionali di Castel ginari castra. Tra un sito e l’altro un numero considerevole di se-
Porciano e Ponte Nepesino61. L’accesso al villaggio avveniva di gni minori costituiti da torri isolate o casali fortificati: Castellac-
lato rispetto all’asse longitudinale del sito e tramite una porta con cio, nei pressi di Faleri; la Torre, prima della tagliata del Soccorso
chiusura a saracinesca che immetteva direttamente nel vallo. Il a Corchiano; Resano, sul rio Paranza. Segni che s’infittiscono
fossato divideva l’insediamento in due parti: sul lato ovest il ca- nella piana del Tevere con le torri di San Masseo e le due sul
stello, con la torre centrale; sul lato est la chiesa e le abitazioni re- promontorio di Castiglioni allo sbocco del Rio Grande.
La tipologia insediativa del villaggio non avrebbe subito alcu-
na modifica rilevante nei secoli successivi: le addizioni edilizie, le
60
Del sito si hanno notizie fin dal 989 quando il castrum era in locazione al rettifiche dei percorsi viari, la realizzazione di eventuali ponti sul-
monastero dei SS Cosma e Damiano, è annoverato come feudo nepesino con il le forre, avrebbero consolidato il carattere compatto
nome di Castrum Insula Conversina, nel 1427 era già abbandonato. Conti S., dell’insediamento senza nuocere all’immagine originaria delle
Le sedi umane abbandonate nel Patrimonio di S. Pietro. Firenze: 1980. città. Soltanto nel XV secolo le fortificazioni dello Stato Pontifi-
61
Su Castel Porciano vedere: Mallet M., Whitehouse D., Castel Porciano:and
abandoned medieval village of the roman campagna, in: “Paper of the British
cio effettuate dai Borgia, rafforzando l’area urbana dei primi ca-
School at Rome”, XXXV. London: 1967g.114-146; su Ponte Nepesino: Potter
T.W., Whitehouse D.B., Il Castello di Ponte Nepesino e il confine settentrio-
nale di Ducato di Roma, “Archeologia Medievale”, XI, 1984.

121
stelli, avrebbero determinato un ulteriore assetto difensivo dei vil-
laggi come Nepi e Civita Castellana62.
Anche gli interventi rinascimentali o barocchi, rigidamente or-
togonali o rettilinei, non avrebbero alterato il carattere compatto e
forte dei centri confermando un rapporto plastico e armonico
dell’insediamento con il paesaggio.
Diverso e negativo sarebbe stato invece l’approccio urbanisti-
co e paesaggistico del nostro secolo teso a operare una frattura
netta con l’immagine e le caratteristiche intrinseche dei luoghi a-
bitati63.

62
“Civita Castellana è situata dalla natura che senza muri cavalieri o baluardi
e senza altra spesa resta quasi da ogni parte inespugnabile e si gagliarda che
il popolo solo ancor che sia poco la difenderebbe da ogni esercito saria che
con poca fatica le chiuderia la via donde potrebbe entrar vitovaglie e spie di
maniera che chi la volesse difendere longo tempo bisognaria che fossi fornita
da se di vetovaglie e di ogni altro bisognio. Ha molini e altri edifizi su le aque
che la circondano ne li fondi di li valloni che lo sono intorno. li quali dalli ni-
mici non si leverebbero senza gran fatica e notabile danno: è logo come me è
referito che sempre è ben munito di grano: si perché il territorio suo è grasso
come ancora che li omini hanno gran comodità di conservarlo 4 o 5 anni e più
nelle buche. le quali sono di una natura di tufo asciutto e facile da essere ca-
vato. La parte di la roccha è la più debole che vi sia ..........La fortezza è one-
stamente forte e non ha parte alcuna che non aspettasse mille cannonate: ha
dentro un bon palazzo per alloggiarvi il pontefice e sua casa comodamente; e
merita che ne sia tenuto conto e conservato. Resta questo palazzo congiunto
con un torrone che viene ad esser la roccha di questa fortezza: e custodito che
sia questo, si conserva sotto sua ombra tutta la fortezza,” Marconi P., a cura
Visita e progetti di miglior difesa in varie fortezze ed altri luoghi dello Stato
Pontificio. Trascrizione di un manoscritto inedito di Francesco Laparelli ar-
chitetto cortonese (1521-1570). Cortona: 1970.
63
“...il discorso compositivo si interrompe e sconnette; le masse edilizie non
serbano relazione alcuna con le preesistenti, si disperdono in tutte le direzioni
in forme incoerenti e abuliche; si giustappongono con le maggiori altezze alla
scena urbana...” Marconi Plinio, Il territorio della media Valle del Tevere, in
“Quaderni dell’Istituto di Ricerca Urbanologica e Tecnica della Pianificazio-
ne”, 3, Facoltà di Architettura, Università di Roma, 1966. Fig. 8. Castel Porciano (da Carta Archeologica).

122
Fig. 9. Castrum Insulae, planimetria.

123
Fig. 10. Castello di San Pietro, oggi Podere Totano, sul Rio Grande.

Fig. 11. Castel d’Ischia sulla Valle del Cerreto.

124
Fig. 12. Torre dell’Isola. Fig. 14. Torre nei pressi di Resano.

Fig. 13. Casale Santa Bruna. Fig. 15. S. Masseo nella piana del Tevere

125
126

Vous aimerez peut-être aussi