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Branca D., La globalizzazione nellinterazione con le culture native. Linee di tendenza.

Domenico Branca La globalizzazione nellinterazione con le culture native. Linee di tendenza.


Abstract
This article analyses the debate about globalization as cultural uniformity. The interconnection between places, people, technology, economy, information, is commonly considered as a process of cultural levelling. This point of view asserts that cultural and social diversities will disappear inexorably in a brief period of time, because of Western and U.S. Imperialism. Conversely, the article states that although distances are increasingly reduced, and contacts become more frequent and pervasive, fear of homogenization appears to be unfounded. Messages, objects, practices are not automatically accepted by groups, communities, society; it's the latter who decide whether to use the former [or not] and how. Messages, objects, practices are indigenized, creolized in a coherent and creative way, making them indigenous.

Key words
Globalizzazione; uniformazione culturale; indigenizzazione; ibridazione; creativit culturale.

La globalizzazione ha prodotto numerose dinamiche affrontate da studiosi di differente orientamento scientifico e teorico (Sklair 1991; Featherstone 1996; Clark 1997; Giddens 2000; Friedman 2007). Una delle critiche mosse il fatto che sia un processo tendente allomologazione delle differenze culturali, una sorta di metodologia delluniformit che annienta le differenze e le peculiarit locali a favore di un appiattimento culturale. Hannerz, a questo proposito, afferma che oggi esiste una cultura mondiale, ma che questa sia lontana dallessere una
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replica uniforme dei modelli unici; appare, invece, come unorganizzazione della diversit, uninterconnessione crescente di culture locali differenti (Hannerz 2001: 129). Per Bauman (2001: 4) i processi di globalizzazione non presentano quella unicit di effetti generalmente loro attribuita, e Friedman specifica che i processi globali che stanno trasformando la vita dei popoli in ogni parte del mondo non sono semplicemente una questione di diffusione della Coca-cola, sitcom e internet, ma vanno visti in maniera molto pi articolata e complessa, dal momento che sono frutto di movimenti culturali che producono ideologie transnazionali (Friedman 2002: 1). Come sintetizzano Breidenbach e Zukrigl in un loro interessante lavoro:
Come cambia la cultura nell'era della globalizzazione? La discussione condotta finora cementa o il clich di una fusione culturale mondiale o lo scenario di una frammentazione di societ intatte. Opere come Jihad vs McWorld (Guerra Santa contro il McMondo) di Benjamin R. Barber [1996] vedono la frammentazione e l'omogeneizzazione come due poli di una evoluzione che si condizionano reciprocamente. Il termine Jihad, usato da Barber non solo per designare la guerra santa islamica ma ogni particolarismo locale, cos definito come reazione al livellamento mondiale dovuto a un mercato dominato dall'Occidente. Nel processo di fusione delle culture sorgerebbe una monocultura americana su scala planetaria, la quale mescolerebbe la variet delle culture nazionali cresciute in un omogeneo parco tematico globale alla Disneyland (Breidenbach Zukrigl 2000: 14).

E ancora, pi avanti:
Per molti globalizzazione significa omogeneizzazione. I contatti crescenti tra societ che in passato vivevano non avendo conoscenza le une delle altre e le loro reciproche dipendenze sembrano distruggere intere culture, o quanto meno appiattire la loro diversit. A questa rappresentazione contribuisce il fatto che sempre pi numerosi sono coloro che consumano le stesse cose e sono condizionati durevolmente 10 Intrecci. Quaderni di antropologia culturale, Anno I, n1

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dal consumo di massa. In un mondo in cui dappertutto si vede Dallas, si lavora con Microsoft e si gioca con bambole Barbie, le persone sembrano diventare sempre pi simili (Ivi: 35).

In realt, continuano le studiose, la situazione reale decisamente diversa. La globalizzazione non diviene quello strumento di omologazione, per lo meno a livello culturale, di appiattimento totale in unottica di americanizzazione e/o occidentalizzazione temuto da pi parti, non si manifesta dunque attraverso lindebolimento delle diverse culture n tanto meno attraverso il conflitto tra segmenti culturali sparsi che sarebbero rimasti intatti nel corso della storia (Amselle 2007: 88): come afferma il biochimico Kuffman,1 inventeremo nuove forme culturali pi velocemente di quanto non ci omogeneizzeremo (De Biase 2001: 245). Al contrario, quindi, le resistenze a questa metodologia delluniformit appaiono pi vive che mai. La paura dellAmericanizzazione Quando si parla di globalizzazione culturale, ci si riferisce alla forza egemonica che in questo campo riveste lOccidente e, nella fattispecie, gli Stati Uniti. Questa considerazione tuttavia non tiene conto di diversi fattori, senza i quali lanalisi risulterebbe semplicistica e incompleta. vero che, come scrivono Berger e Huntington (2002), il quadro complicato, e che sia indubbio che
Stuart Kauffman (1939) un biochimico, teorico e ricercatore americano. Fra i suoi interessi principali, lo studio della teoria della complessit. Nel suo A casa nell'universo. Le leggi del caos e della complessit (2001), lo studioso dedica lultimo capitolo ad Una civilt globale emergente. In questa parte l'autore applica la teoria della complessit anche a campi non strettamente legati ai propri interessi.
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esista una emergente cultura globale, con unorigine davvero molto americana e come sottolinea Friedman, ci sia una crescente egemonia di certe culture prevalenti; la diffusione dei valori, dei beni di consumo e dello stile di vita americani (1994: 195); nonostante questo, diamo ragione a Tomlinson a livello sostanziale quando afferma che si molto lontani dall'emergere di una cultura unica, egemonica e globalizzata (2001: 104):
I dati pi evidenti a sostegno di questaffermazione sono la convergenzae la standardizzazione, a livello mondiale, dei beni culturali. Qualunque settore si prenda in esame, dallabbigliamento agli alimenti, alla musica, al cinema e alla televisione (e a tutto ci che si intende per culturale), non si pu ignorare il fatto che oggi certi stili, marchi, gusti e pratiche abbiano una diffusione globale e possano essere riconosciuti praticamente ovunque nel mondo. [...] Gli aeroporti internazionali presunte vie daccesso alla diversit culturale sono esempi perfetti (anche se particolari) di questa sorta di sincronizzazione culturale: quasi identici in ogni parte del mondo, essi presentano stili di arredamento uniformi, offrono una cucina internazionale e propongono nei duty-free shop unintera gamma di noti marchi internazionali. In effetti, alcuni marchi globali e icone della cultura di massa sono diventati clich la Coca-Cola, i McDonald's, Calvin Klein, la Microsoft, la Levis, Dallas, la IBM, Michael Jackson, la Nike, la CNN, la Marlboro, Schwarzenegger alcuni persino sinonimi della stessa omogeneit culturale occidentale: McMondo, cocacolonizzazione, mcdonaldizzazione e addirittura mcdisneyzzazione (Ibidem).

Ma continua lo studioso il problema, rispetto all'argomento dell'imperialismo culturale, che d per scontata tale influenza, che compie un salto logico dalla semplice presenza dei beni culturali ma che effettivamente risultano essere marchi culturali allattribuzione di effetti culturali o ideologici pi profondi (Ibidem). In definitiva per Tomlinson semplicemente la cultura non si trasmette in questo modo
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unilaterale. Lo scambio tra regioni culturali e regioni geografiche comporta sempre linterpretazione, la traduzione, la trasformazione e ladattamento, e comporta lindigenizzazione nel caso in cui la cultura ricevente fa valere le proprie risorse culturali, in modo dialettico, sui prodotti culturali d'importazione (Ivi: 105). Lanalisi di Tomlinson appare puntuale; nonostante ci, ci sembra di dover criticare due suoi passaggi in questa citazione: il primo si riferisce alla presenza nei nostri aeroporti di prodotti esclusivamente Occidentali e di massa. Questo non corrisponde a verit, dal momento che negli aeroporti sardi, italiani ma anche irlandesi ed Europei in generale si tende alla differenziazione nella vendita dei prodotti, puntando sulla promozione di cibi e vini locali, o altri prodotti tipici (a Dublino, ad esempio, si possono comprare prodotti tradizionali irlandesi dentro laeroporto, non reperibili in altri luoghi). Il secondo passaggio si riferisce alla nota serie televisiva statunitense Dallas; diffusa a livello mondiale, stato evidenziato che non necessariamente si trattato del primo lampante esempio di americanizzazione televisiva, dato che in vari paesi il suo successo non stato altrettanto unanime (Lai 2006: 67). Ci che per appare indubbio, legemonia culturale esercitata dallOccidente e, soprattutto, dagli Stati Uniti dAmerica. Fra le due guerre il suo principale strumento di diffusione era stata l'industria cinematografica, la sola che avesse una distribuzione mondiale di massa. I film americani venivano visti da un pubblico di centinaia di milioni di persone, (Hobsbawm 2000: parte X); quindi non [...] sorprendente che la potenza di Hollywood rifletta, in un certo senso, la potenza economica, finanziaria, politica, militare degli Stati Uniti. In altri termini, il cinema hollywoodiano riflette limperialismo
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americano (Bourget 1985: 182).2 Tra i diversi modi in cui la potenza culturale statunitense si esprime, il cinema rappresenta di sicuro uno dei mezzi pi potenti. Come afferma Noam Chomsky, intellettuale assai critico nei confronti della politica statunitense, ci troviamo nellanomala condizione [di un] pianeta unificato sotto un'unica superpotenza(2001:10). LAmerica
pu in questo modo sapientemente amplificare la propria forza, peraltro smisurata, declinando congiuntamente unegemonia economico-industriale, unegemonia finanziaria data dallidentit della propria divisa con la moneta mondiale di pagamento, unegemonia schiacciante sul piano tecnologico- militare [...], unegemonia culturale data non tanto dalla penetrazione dellimmaginario americano di Hollywood e dintorni, quanto dalla pressione secolare alla monetizzazione e mercificazione di qualsiasi cosa e valore, figlia del primato del mercato liberale di genesi anglosassone che continua a coniugare secolarizzazione con capitalismo, modernit con statualit (Ivi: 10-11).

I messaggi, citando Hall (cfr. 1973), vengono, vero, decodificati dai membri di una data cultura, ma indubbio che questi messaggi provengano non sempre, chiaro da una stessa fonte. La resistenza a questo tipo di logica consiste, dunque, nel risemantizzare, creativamente, questi segni, riconducendoli a qualcosa di noto al proprio orizzonte culturale o inventandone un senso e un significato nuovi. Questa egemonia culturale Occidentale e, soprattutto statunitense, non implica, dunque una uniformazione incondizionata dei tratti culturali delle diverse societ. Questa preoccupazione era gi
Per quanto riguarda il cinema non bisogna dimenticare potenze quali Bollywood (in India) e Nollywood (Nigeria), superiori come produzione di film anche agli Stati Uniti.
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avvertita in antropologia; infatti, la prima antropologia di campo si accorse che la colonizzazione aveva mutato in modo radicale e spesso violento le strutture socio-culturali e politiche delle popolazioni assoggettate e lavor per cercare di salvare (la cosiddetta salvage anthropology) da un oblio imminente le peculiarit delle diverse comunit (Mead 1980; Malinowski 2004; Lvi-Strauss 2008; Benedict 2010; per una recente critica cfr. Geertz 1990; Sahlins 1993; Favole 2010). Senza voler criticare degli approcci teorici che sono esclusivamente riconducibili ad un preciso contesto storicoculturale, e senza assolutamente voler chiudere gli occhi di fronte alle nefandezze spietate e inumane, incivili, del colonialismo e dellimperialismo colpevole di essersi lasciato alle spalle decine di milioni di vittime, durante la sua avanzata (Bodley 1990, 1992: 37) vogliamo, invece, porre laccento sulla capacit che hanno gli uomini e le donne, di qualunque cultura, di resistere, nel senso di riuscire, creativamente, a ricostruire, combinare fra loro, i cocci di un sistema dotato di senso. in quest'ottica che lantropologia abbandona la despondency theory (Sahlins 2000) alla volta di un approccio che finalmente restituisca anche agli Altri la capacit e la dignit di progredire, in opposizione alla cristallizzazione in cui lOccidente le ha relegate. Dunque, la considerazione omologante scarta, in maniera troppo semplicistica, le reali dinamiche che operano nel cosiddetto sistema-mondo (Wallerstein 1979), in ottica macrosociologica, e leffettiva potenzialit delle popolazioni nonoccidentali di essere responsabili di un proprio, peculiare e cosciente progresso, come agenti e non come agiti. Una considerazione di questo tipo, infatti, non esente da implicazioni che ancora evocano tracce di una subalternit culturale da parte delle popolazioni Altre. possibile rintracciare
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storicamente, in seno allantropologia, la convinzione che lOccidente avesse agito prima da carnefice, salvo poi, mosso dai propri valori indiscutibilmente alti, redimersi e tentare di salvare, quasi musealizzandole (Scheper-Hughes 2005), le culture in pericolo di estinzione. Ma ad oggi come allora, naturalmente le comunit indigene fanno parte della Storia, e lo fanno in maniera consapevole. Sarebbe etnocentrico e fallace pensare che gli stimoli esterni vengano accettati in maniera passiva e identica in contesti culturali lontanissimi fra loro ed eterogenei. Si pensi alla tesi di Roger Bastide (1960) in merito alla ri-costruzione di una storia, a partire da brandelli, pezzi sparsi di cultura, da parte degli uomini e delle donne brutalmente resi schiavi e trasportati in modo forzato dall'Africa3 allAmerica e l protagonisti di una re-invenzione creativa insieme agli indigeni americani, anche loro vittime di brutali forme di violenza (Taussig 2005); ancora, alle forme di consumo studiate da de Certeau (2010), ad esempio, che vede nel consumatore un selezionatore nella giungla dei migliaia di prodotti e messaggi da cui deve difendersi. Quel fenomeno definito come globalizzazione culturale, quindi, non si presenta come livellatore della diversit, come fenomeno omogeneizzante e distruttivo per la differenza della peculiarit locale. Le comunit che siano quelle esotiche di Futuna4 (Favole 2010) o quelle della Sardegna non sono contenitori vuoti da riempire; la globalizzazione muta ma non appiattisce e non implica necessariamente e neppure frequentemente omogeneizzazione o americanizzazione (Appadurai 2001:34), una occidentalizzazione del mondo
Vedi Schramm (2009) per le attuali dinamiche relative alla ricerca delle radici da parte degli afroamericani che si recano in Africa. 4 Lisola di Futuna , insieme a Wellis, un territorio insulare francese nellOceano Pacifico, ubicato tra le isole Samoa e le Figi.
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(Latouche 1992). Le culture, lungi dall'essere cassetti chiusi a tenuta stagna, interagiscono scontrandosi e incontrandosi, dando luogo a fenomeni sorprendenti, ma che poi risultano, in effetti, comprensibilmente umani. Citando Breidenbach e Zukrigl si pu affermare che
si possono addurre molti esempi del fatto che, a seconda della situazione storica, della struttura sociale e della cultura della societ interessata, le influenze esterne vengono accolte, interpretate e fatte proprie in maniera estremamente diversa. Gli etnologi hanno enucleato due strategie principali nel modo di trattare le merci e le idee estranee, per lo pi occidentali: la resistenza e lappropriazione (Breidenbach, Zukrigl 2000: 42).

Per resistenza le due autrici intendono una forma di non adesione politicamente ponderata a ci che esterno. Il panorama globale, a livello economico, politico, culturale, appare talmente complesso e variegato che proporre una visione delle cose che teorizzi una artificiale ed ingenua divisione dei fenomeni in bianco o nero, appare quantomeno bizzarra ed antistorica. La complessit del mondo, ad esempio, non permette di poter dire che si sta giungendo ad una omologazione senza via di fuga da una parte allaltra del mondo. Gli individui possono adottare e adattare o rifiutare ci che esterno in base alle proprie esigenze. Ma c un altro livello, quello statale, che per ponderate scelte politiche opera resistenze che si rilevano di molteplice natura. Si va dalla lotta contro limperialismo linguistico condotta su tutti da Francia e Spagna, alla invocazione da parte delle destre radicali e xenofobe europee della tutela di presunti valori culturali sempiterni che, in virt delle nuove invasioni barbariche, sono oggi in pericolo. Come afferma Ulf Hannerz: vi ora una cultura mondiale, ma faremmo meglio ad essere sicuri di capire ci che questo
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significa. Continua l'antropologo svedese: caratterizzata da una organizzazione della diversit piuttosto che da una replica di uniformit (cit. in Cesareo 2007: 71). Per Sahlins, la lotta dei popoli non-Occidentali per creare le proprie versioni culturali della modernit annulla la ricevuta opposizione Occidentale della tradizione vs cambiamento, cultura vs tradizione, e pi in particolare la sua versione del XX secolo, tradizione vs sviluppo (Sahlins 1999: XI). Lultimo paragrafo dellarticolo porta il paradigmatico titolo di Culture is not disappearing. La cultura non sta scomparendo. Anzi,
cultura la parola stessa o qualche equivalente locale sulla bocca di tutti. Tibetani ed hawaiani, ojibway, kwakiutl ed eschimesi, kazaki e mongoli, nativi australiani, balinesi, kashmiri e Maori della Nuova Zelanda: tutti scoprono di avere una cultura. Per secoli possono appena averlo notato. Ma ora, come labitante della Nuova Guinea ha detto allantropologo, se non avessimo kastom5 saremmo proprio come gli uomini bianchi (Sahlins 1993:3).

Ora tutti hanno una cultura, solo gli antropologi potrebbero dubitarne, afferma Sahlins (1999: XX) col suo particolare e ironico linguaggio. Lantropologo americano rende bene lidea di come le culture, tutte le culture, siano sempre in grado di riprodurre se stesse, di esserci anche loro, con le proprie modalit e specificit, nel mondo moderno. Alcuni esempi etnografici Friedman parla del concetto di indigenizzazione affermando essere un processo di radicamento ed un generale processo di
Kastom nelle aree anglofone, coutume in quelle francofone del Pacifico. Favole propone come traduzione il termine cultura (2010: 88, nota 4).
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identificazione [...] che non dipende o meno dall'essere indigeno in termini standard di definizioni (2000: 650). Classico, a questo proposito, l'esempio della risemantizzazione (cfr. Favole 2010) della Coca-Cola:
Nessun oggetto importato, compresa la Coca-Cola, completamente immune da fenomeni di ibridazione. In realt, si scopre che la Coca, allinterno di certe culture, spesso dotata di significati e usi diversi da quelli immaginati dai produttori. Per esempio pu distendere le rughe (Russia), pu resuscitare una persona (Haiti), e pu trasformare il rame in argento (Barbados) [...]. La Coca pu anche essere indigenizzata, il che accade quando viene mescolata con altre bevande: nei Caraibi con il rum, per ottenere il Cuba Libre; in Bolivia con laguardiente, per produrre il Ponche Negro. Infine, sembra che la Coca sia percepita come prodotto locale in molti luoghi diversi: spesso, cio, si troveranno persone convinte che la bevanda sia uninvenzione del loro paese, e non degli Stati Uniti (Howes 1996: 6).

Si potrebbero aggiungere ancora altri esempi: il calimocho, bevuto in Spagna dai giovani perch poco caro, un miscuglio di vino e Coca-Cola. Ancora, Amselle (2001) cita l'impiego che gli agricoltori Luo del Kenya fanno della Coca-Cola: questa viene utilizzata indigenizzata come bevanda rituale nelle cerimonie di iniziazione maschile (Guigoni 2004). Anche Friedman scrive a questo proposito, analizzando il comportamento dei Sapeurs, in Congo, giovani del proletariato urbano che amano vestirsi bene e ostentare i loro stili di consumo con l'abbigliamento e altri beni (Lai 2006: 59). Scrive Friedman:
Il consumo di Coca-cola a Brazzaville localmente significativo. Per essere qualcuno o per mostrare il proprio status basta mostrare la lattina importata sul parabrezza della propria macchina. La differenza non semplicemente ostentazione, bens un vero e proprio cargo che proviene sempre dallesterno, una forma di benessere e fertilit, un segno di potere (Friedman 1996:183, cit. in Lai 2006: 60). Intrecci. Quaderni di antropologia culturale, Anno I, n1 19

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Un altro dei segni enumerati come esempio della societ capitalista occidentale che tutto appiana il McDonalds. Il sociologo George Ritzer (1993) scrisse un saggio sul fenomeno cosiddetto della McDonaldizzazione del mondo, ma riferendosi soprattutto allaspetto inerente il lavoro. In ogni caso, la paura che spesso viene fuori da conversazioni, articoli, programmi televisivi, che presto il mondo manger da McDonalds, perdendo quella enorme ricchezza di diversit culturale che il cibo. A smentire fortemente questa preoccupazione la notizia recente che in Bolivia McDonalds ha chiuso. Questa la notizia:
Tutti gli sforzi impiegati dalla catena di hamburger McDonalds per inserirsi nel mercato boliviano sono risultati infruttuosi. A nulla servito preparare la salsa llajwa, favorita nel paese latinoamericano, n portare i migliori complessi musicali locali dal vivo. Dopo 14 anni di presenza nel paese, e malgrado tutte le campagne effettuate, la catena si vista obbligata a chiudere gli otto ristoranti che aveva aperto nelle tre principali citt del paese: La Paz, Cochabamba e Santa Cruz de la Sierra. Si tratta del primo paese latinoamericano senza McDonalds e il primo paese nel mondo dove la multinazionale chiude per avere i conti in rosso per pi di un decennio. Limpatto per i creativi e responsabili di marketing stato cos forte che stato realizzato un documentario dal titolo Perch McDonalds ha fallito in Bolivia, dove si cerca in qualche modo di spiegare le ragioni che hanno portato i boliviani a preferire le empanadas (piatto locale composto da pane di farina o mais, ripieno allinterno) agli hamburger. Rifiuto culturale. Il documentario include interviste a cuochi, sociologi, nutrizionisti, educatori, storici ed altri, tutti concordi su un punto: il rifiuto non degli hamburger n del loro gusto, il rifiuto nella mentalit dei boliviani. Tutto indica che il fastfood , letteralmente, lantitesi della concezione che ha un boliviano nel preparare il cibo.6 Consultato il 16.01.2012 su <http://europeanphoenix.com/it/component/content/article/3-societa/210 mcdonalds-lascia-la-bolivia-per-disinteresse-clienti-e-chiude-tutti-i-suoi6

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Ma, paradossalmente, dall'altro lato andare al McDonald's una forma di resistenza politica:
In Stati politicamente repressivi, i beni di consumo globale sono impiegati come segno della resistenza contro il proprio regime. I propugnatori della democrazia indonesiani vanno provocatoriamente al McDonalds: Mio figlio e io ci vendichiamo di Suharto andando ogni giorno a mangiare da McDonalds (Breidenbach Zukrigl 2000: 52).

Non necessariamente, quindi, viene accettato in maniera passiva qualunque prodotto o fenomeno culturale. Limposizione egemonica esiste, certo; resta, per, fermo il fatto che gli individui e le comunit accettano o meno i messaggi e i prodotti esterni, e lo fanno esclusivamente in base alle proprie esigenze. Dallaltro lato, il prodotto egemonico diventa strumento politico, di resistenza al regime oppressore, capovolgendo lidea secondo cui il prodotto globalizzato sia obbligatoriamente oppressore. Spesso, quindi, i fenomeni e/o i prodotti vengono indigenizzati. Si pensi al Natale a Trinidad, isola caraibica:
Ovunque si ripuliscono e tinteggiano le case, si comprano mobili nuovi e si lavano le fodere di quelli vecchi. La casa viene decorata con rami di agrifoglio e Babbi Natale; alberi di plastica vengono ornati con ghirlande di carta, fili dargento e altri accessori conosciuti in tutto il mondo. Completano i preparativi la neve artificiale, contenuta in barattoli e le cartoline natalizie spedite a parenti e conoscenti. Il giorno che precede la festa vengono confezionati i regali, per esempio asciugamani o un nuovo apparecchio stereo, spesso gi acquistati molto tempo prima e tenuti nellarmadio fino a quel momento. Si cucina e si frigge abbondantemente, si preparano le bevande, costate cifre notevoli. Alla buona riuscita della festa contribuiscono puncha cream, birra allo ristoranti>. Intrecci. Quaderni di antropologia culturale, Anno I, n1 21

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zenzero, black cake (simile al pudding natalizio inglese cotto al vapore), whiskey Johnny Walker, prosciutto, mele e uva (Ivi: 166).

Anche se il Natale non , evidentemente, una festa che abbia avuto origine a Trinidad, ci non significa che sia meno autentica o meno sentita rispetto al Natale in Italia o in Europa. Il processo che prende il nome di indigenizzazione, infatti, un processo che indica il fatto che un fenomeno culturale o un oggetto sia stato reinterpretato fino alla sua totale identificazione da parte della comunit; loggetto o il fenomeno diventano indigeni. Questo interessante e denso strumento concettuale applicabile a diversi fenomeni della contemporaneit, ad esempio il calcio, lo sport internazionale; nel senso che il calcio lo sport nazionale di una moltitudine di Paesi ma, com noto, nasce in Inghilterra nel XIX secolo e da l si viene diffondendo nelle maniere pi disparate per il pianeta (Gibbons 2001; Giulianotti - Robertson 2009), venendo ad assumere significati identitari profondi (Branca 2012). Un altro caso di indigenizzazione sportiva viene analizzato da Arjun Appadurai. Il concetto di indigenizzazione di cui si serve Appadurai si incentra, sostanzialmente, sulla trasformazione del cricket in India da espressione della societ coloniale a sport nazionale indiano, in un complesso processo di interiorizzazione e ridefinizione dei significati sia interni che esterni. Il capitolo di Modernit in polvere che tratta di questo paradigmaticamente intitolato Giocare con la modernit. Dunque, siamo ad un primo livello di contestualizzazione: la situazione si potrebbe dire quasi emotiva di una ex-colonia nei confronti della madre-patria spesso ambivalente; permane, in ogni caso, un retaggio pi o meno scomodo, una ricalibrazione nel periodo della decolonizzazione e del pieno raggiungimento dell'indipendenza: come afferma lo stesso Appadurai, in merito
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alla situazione indiana, per cui in qualsiasi dibattito [...] un filone sotterraneo riguarda sempre la questione di cosa fare con i frammenti sparsi del retaggio coloniale: alcuni di questi frammenti sono istituzionali, altri sono ideologici ed estetici (2001: 119). Continua lantropologo indiano individuando le modalit di separazione della ex-colonia dalla madre-patria: nel caso in esame, la fine dellImpero comporta una ridefinizione anche per la ex-madre-patria, che si snatura; il suo essere permane per nelle ex-colonie le quali introiettano, in maniera diversa il retaggio. Ecco che lIndia, che si volge ora al MedioOriente, allAsia, agli Stati Uniti, conserva, riattualizza, rende indiano, un materiale spiccatamente inglese, anzi uno dei pilastri dimostranti la subalternit indiana verso la potenza coloniale; quello che c' oggi nella cultura indiana che sembra essere fortissimamente inglese, [...] il cricket, afferma Appadurai (Ibidem). Come avvenuto, per, questo processo di indigenizzazione del cricket? A livello metodologico Appadurai pone due concetti; distingue tra societ morbide e societ dure, volendo intendere con le prime quelle forme culturali che si presentano con un insieme di collegamenti fra valori, significati e pratiche incarnate che risulta difficile da sciogliere e resistente alla trasformazione (Ivi: 120). Al contrario, per forme morbide egli individua quelle forme culturali che consentono una separazione relativamente facile della pratica incarnata, del suo significato o valore, e consentono inoltre con relativa facilit una trasformazione a qualunque livello (Ibidem). Nellesplicazione dei processi secondo cui questo sport si indianizzato, lantropologo ipotizza che il cricket sia una forma culturale dura che modifica coloro che la vivono come forma socializzante pi di quanto non muti essa stessa. Ma allora
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continua Appadurai il cricket [...] in quanto forma culturale dura, avrebbe dovuto resistere allindigenizzazione e invece, in modo del tutto sorprendente, diventato profondamente indigenizzato e decolonizzato (Ibidem). Ci deriva, secondo lo studioso indiano, dal fatto che l'indigenizzazione spesso il risultato di collettivi e spettacolari esperimenti con la modernit, e non quindi necessariamente il prodotto di affinit sottostanti tra le nuove forme culturali e i modelli esistenti nel repertorio culturale tradizionale (Ibidem). interessante, per finire, notare quanto il cricket si sia indigenizzato non solo in India, ma in generale in tutte le ex colonie della Gran Bretagna. Nellalbo d'oro del campionato mondiale per nazioni, che si gioca dal 1975 ogni quattro anni, compaiono le vittorie di: Australia, quattro volte; Indie Occidentali Britanniche7, due volte; India, due volte; Pakistan e Sri Lanka, una volta. LInghilterra non ha mai vinto la competizione, ma arrivata tre volte in finale, sconfitta evidentemente sempre dalle sue ex colonie. Questo fatto indicativo di quanto il movimento del cricket partito dallInghilterra e poi diffusosi nelle ex colonie si sia indigenizzato fino a diventare forse pi importante nelle ex colonie di arrivo piuttosto che nella madre-patria.8 Lindigenizzazione del cricket, lIndia e la sua esperienza coloniale; la diffusione a livello globale di Halloween, la risemantizzazione della Coca-Cola. Ma si potrebbero aggiungere numerosi altri esempi; come gi affermato la globalizzazione non quel temuto strumento di appiattimento culturale, dal momento che le culture resistono, rendendoli propri, dotando i
Sarebbero i territori anglofoni dei Caraibi. Consultato il 21.01.2012 su <http://it.wikipedia.org/wiki/Cricket_world_cup>.
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segni di un nuovo significato; le culture non sono spettatrici passive di programmi egemoni, ma decodificano e selezionano elementi esterni adattandoli (cfr. Hall 1973). Lindigenizzazione dunque ladattamento di un fenomeno o di un fatto sociale, originariamente estraneo allorizzonte culturale di un determinato gruppo, entrato a far parte delle strutture sociali, culturali, politiche o economiche del gruppo stesso in conseguenza di una scelta ponderata e adattato nei suoi tratti e caratteri che rispondono a determinate esigenze contestuali. Solitamente si identifica il termine indigenizzazione come ladattamento di un fenomeno e/o tratto culturale trasmesso da una cultura egemone ad una subalterna, per citare la terminologia di Gramsci. Lantropologo argentino Garca Canclini (2001) ha proposto il termine ibridazione per descrivere linterconnessione, il contatto, la liminarit a livello culturale che, continua lo studioso, caratterizzano la contemporaneit. Ma libridazione non peculiarit delloggi, afferma Garca Canclini. chiaro che dalla sua comparsa sulla terra luomo si sia incontrato e scontrato con altri gruppi umani, producendo culture che sono il risultato di sovrapposizioni e meticciamenti, dal momento che la dinamicit e la fluidit sono caratteristiche strutturali di ogni cultura. Gli esseri umani scambiano, rubano, prendono, prestano ad altri esseri umani, e fanno proprio talmente tanto un determinato cibo, un capo dabbigliamento, una credenza, unabitudine che la utilizzano, la brandiscono come emblema della propria cultura, della propria identit, da sempre esistente, da sempre uguale, per sempre uguale simbolo culturale. Basti pensare al kilt, il gonnellino scozzese, emblema identitario della Scozia, simbolo identificativo e distintivo dagli inglesi creato paradossalmente per celebrare un re inglese (cfr. Trevor-Roper 1987) e, nonostante questo, ad
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oggi uno dei simboli che identifica immediatamente la Scozia nel mondo, e abito orgogliosamente esibito dagli indipendentisti. Conclusioni Dagli esempi etnografici citati emerge una forte autonomia e in diversi contesti geografici per quanto riguarda la scelta di determinati oggetti culturali che sarebbero imposti dallOccidente egemone e, soprattutto, dagli Stati Uniti. emersa relativamente di recente in antropologia una nuova modalit di interpretazione, nota come creativit culturale, la quale afferma che gli individui e le comunit decidono, in primo luogo, se accettare ci che gli viene proposto/imposto e, in secondo luogo, le modalit con cui farlo. Siamo molto lontani dalla concezione omologante secondo cui tutti diventeranno americani. Il pericolo che una cosa del genere possa accadere, credo, non molto realistico. Certo, innegabile che ci siano degli Stati nel mondo economicamente, politicamente, militarmente, culturalmente pi forti e che dettano legge in diverse questioni. Ma, allo stesso tempo, affermare che tutto il resto del mondo diventer culturalmente come lOccidente risulta davvero insostenibile. Gli individui elaborano secondo le proprie necessit, mischiano, tagliano e incollano, stravolgono il senso ed il significato rendendo un prodotto, un fenomeno od un oggetto completamente irriconoscibile, fino a renderlo qualcosa di proprio, di indigeno.

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