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Chiara Ferri: I ruoli dellinterprete

1. I ruoli dellinterprete
Comunemente si pensa allinterprete1 come ad una figura invisibile o quasi che, nellambito di uninterazione a due, funge da tramite tra persone che non parlano la stessa lingua e semplicemente traduce per luna e per laltra. Tale posizione nei confronti del ruolo dellinterprete resa evidente anche dalle metafore con cui egli viene di solito rappresentato. Linterprete viene infatti paragonato ad un telefono, ad una macchina fotocopiatrice o ad un microfono, e risulta quindi essere un canale, uno strumento, la cui unica funzione risiede nel trasferire informazioni da un parlante allaltro senza operare, se non da un punto di vista tecnico di traduzione, su ci che viene detto. Non viene inoltre contemplata la possibilit che linterprete possa mostrare una qualche forma di coinvolgimento personale allevento. Egli chiamato ad occuparsi solo ed esclusivamente della traduzione. In realt, il ruolo dellinterprete ben pi complesso e articolato, pertanto risulta riduttivo quanto erroneo volerlo ridurre a due o tre immagini originali. In uninterazione infatti, linterprete non solo traduce ma, come afferma Wadensj (1995), pu anche agire da mediatore coordinando levento cui prende parte. Si occupa quindi certamente della traduzione di quanto detto fra i parlanti ma, oltre a questo, pu svolgere un importante funzione di coordimento dellevento conversazionale compiendo una serie di azioni che vanno oltre alla mera dimensione traduttiva contemplata dalle metafore presentate sopra. Per esempio, linterprete pu contribuire a coordinare linterazione attenuando eventuali divergenze tra i parlanti o partecipando alla costruzione dellordine conversazionale mediante lallocazione dei turni di parola. importante sottolineare che la natura di questi due aspetti intrinseco al ruolo dellinterprete e, come sostiene ancora Wadensj (1995), ha poco senso chiedersi quando, in uninterazione, linterprete funga da traduttore e quando da coordinatore. Linterprete allo stesso tempo luno e laltro, in quanto tali aspetti sono simultaneamente presenti nellattivit che egli svolge. Tali aspetti, che Wadensj (1995:113) definisce come relaying or translating e coordinating or mediating sono in pratica indissolubili. Tuttavia, al fine di analizzare in dettaglio le caratteDa qui in poi parler sempre di interprete. Tuttavia, da dire che la terminologia in questo ambito ancora in fase di assestamento, dato il complesso sistema di forme professionali esistenti sul mercato e le varie forme di interpretazione e mediazione (questultima linguistica, culturale, linguistico-culturale o ancora interculturale) presenti in ambito professionale. Questo problema non riguarda solo litaliano, ma attestata una profonda riflessione in merito anche in altre lingue.
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ristiche proprie di ognuno dei due, tali aspetti possono essere presi in esame come due entit distinte. precisamente questo ci che cercher di fare in questo lavoro. A questa prima distinzione di carattere generale ma comunque molto utile dato che ci permette di ampliare la prospettiva da cui guardare il ruolo dellinterprete, segue unulteriore categorizzazione che prende pi nello specifico in esame quali ruoli pu rivestire un interprete operando in un evento conversazionale. Sono principalmente quattro i ruoli che vengono riconosciuti allinterprete: Traduttore o conduit: linterprete colui che, nellaccezione pi restrittiva del termine, traduce tutto quello che viene riportato dalle parti fra cui media, senza togliere, aggiungere nulla o apportare modifiche al messaggio di partenza. Le metafore menzionate in precedenza, fanno precisamente riferimento a questo ruolo. Chiarificatore o clarifier: linterprete in questo caso apporta modifiche pi o meno lievi al messaggio di partenza al fine di assicurare la comprensione tra i parlanti. Per esempio, pu agire a livello di registro spostandolo da pi alto a pi basso o viceversa, oppure pu agire a livello di scelte lessicali modificando il discorso originale se certe parole non hanno un equivalente nellaltra lingua o godono di un significato simbolico che non possibile trasmettere con una semplice traduzione letterale. Il ruolo di clarifier e quello di conduit sono strettamente legati tra di loro e il confine tra i due piuttosto labile. Per questa ragione, nella mia analisi ho cercato di esaminarli parallelamente, senza creare distinzioni che fossero eccessivamente nette. Mediatore culturale o cultural broker: linterprete in questo caso visto da un prospettiva prettamente culturale come colui che svolge quanto richiesto dalla specifica situazione in cui si trova a mediare per superare eventuali divergenze culturali tra i parlanti. Per esempio, pu fornire informazioni culturalmente rilevanti al fine di evitare fraintendimenti o gravi problemi di comprensione. Nel panorama europeo la funzione dellinterprete in qualit di mediatore ha assunto particolare rilievo soprattutto negli ultimi decenni, date le condizioni socio-politiche della societ in cui viviamo. Sempre pi immigrati infatti, extracomunitari e non, sono ultimamente venuti a contatto con i sistemi istituzionali e le infrastrutture dei maggiori paesi europei e ci ha reso necessaria la presenza di personale qualificato non solo da un punto di vista linguistico, ma anche culturale e in grado di facilitare la comunicazione fra questi nuovi cittadini e appunto le istituzioni dei paesi di accoglienza. Risulta pertanto evidente che linterprete, pi che una mera macchina fotocopiatrice che opera tra due lingue, funge anche da ponte tra valori e cre-

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denze e quindi culture di cui le rispettive lingue non sono nientaltro che una delle molteplici manifestazioni. Mediatore di parte o advocate: si tratta di un ruolo particolarmente interessante perch in questo caso linterprete esce dalla sfera neutrale che sarebbe chiamato a mantenere nel corso di tutta linterazione e tende a prendere le parti di uno dei due partecipanti parlando al posto suo o in altri casi, negoziando direttamente i servizi di cui il parlante ha bisogno con listituzione. Il fatto di schierarsi con un partecipante e prendere le parti di questo non equivale ad una manipolazione delle informazioni o del messaggio da parte dellinterprete a favore del partecipante stesso. Piuttosto, linterprete, visto dalla stessa prospettiva cui accennavo prima parlando del mediatore culturale, funge nuovamente da ponte fra due parti e cerca, oltre una dimensione meramente linguistica, di fare il possibile per garantire un buon servizio e assistere i partecipanti in ogni fase dellevento conversazionale. Linterprete che lavora in un ambito istituzionale come quello sanitario o giuridico, ben cosciente del fatto che sta prestando un servizio oltre che un supporto linguistico. Pertanto, affinch il servizio venga prestato con successo, linterprete non pu prescindere dalla soddisfazione dei compiti richiesti dallistituzione per cui lavora. Questo appunto particolarmente evidente in ambito sanitario dove il ruolo di advocate assunto da parte dellinterprete nei confronti dellutente straniero e non solo, pu assumere varie sfaccettature di cui ho cercato di fornire alcuni esempi pi avanti nel mio lavoro. Tuttavia, occorre un approccio cauto al ruolo di advocate, da un lato perch soggiacciono a tale ruolo considerazioni di natura deontologica cruciali. Dallaltro perch definire quando linterprete agisce o meno in qualit di advocate una questione di interpretazione alla luce di diversi fattori quali la situazione in cui si svolge levento conversazionale, i partecipanti allevento e la relazione esistente fra tali partecipanti.

1.1 Modello di analisi


In questa sezione desidero illustrare il modello su cui mi sono basata per analizzare il materiale trascritto a mia disposizione. Ho fatto principalmente riferimento al modello presentato da Wadensj (1998) e intendo riportarlo qui affinch risulti chiaro come ho proceduto ai fini dellanalisi. Innanzitutto ho ritenuto necessario al fine di analizzare il ruolo dellinterprete e la sua complessit, prendere come punti di riferimento le due prospettive definite da Wadensj (1998) come talk as text e talk as activity.

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Adottando la prima di queste prospettive, lanalisi del messaggio prodotto dellinterprete si fonda prevalentemente su aspetti di mera natura linguistica e strutturale quali per esempio scelte lessicali, scelte di registro e grammaticali o caratteristiche salienti da un punto di vista sintattico e/o prosodico. Si privilegia un approccio testuale alla lingua, esplorando questultima come produzione di unit di testo da parte dei parlanti. Per questo motivo, in riferimento a tale prospettiva si parla in termini di talk as text. Linterprete visto come conduit menzionato in precedenza, fa chiaramente riferimento a questa prospettiva che, seppur insufficiente se considerata di per s, utile per capire come effettivamente linterprete svolge almeno uno dei due ruoli chiave che gli vengono affidati: quello di traduttore. Gli stessi interpreti, in generale, tendono spesso ad avvalersi di questo modello al fine sia di definire come stanno lavorando o hanno lavorato, sia di valutare la qualit del loro lavoro in termini di resa pi o meno aderente al messaggio di partenza o source text. Per esempio, nel caso in cui vi siano fraintendimenti tra parlanti primari a causa di un errore perpetrato dallinterprete, appunto attraverso questo modello che linterprete in grado di rintracciare quale errore ha commesso e dove e quindi procedere ad attuare strategie di riparazione. Detto questo per, dato che, come ho spiegato in precedenza, lattivit traduttiva non la sola che viene svolta dallinterprete in un evento conversazionale, risulta evidente che tale approccio deve essere accompagnato da un prospettiva pi ampia. Tale prospettiva quella interazionale che Wadensj (1998) definisce come talk as activity. In questo caso, lattenzione si sposta verso il lavoro dellinterprete in qualit di partecipante a tutti gli effetti allevento conversazionale, come appunto suggerisce lespressione talk as activity con sui si designa questa prospettiva. La lingua viene esplorata come un insieme di azioni che si realizzano in concomitanza con altre attivit di natura conversazionale e non solo. Ciascuna azione linguistica viene a situarsi in un contesto ed strettamente legata alla specifica situazione in cui levento conversazionale ha luogo. Vi sono molteplici aspetti da prendere in considerazione in quanto ogni situazione comunicativa si differenzia da unaltra per numero di parlanti o attori coinvolti, identit che essi hanno e status che acquisiscono nellevento, grado di coinvolgimento degli stessi partecipanti allevento, conoscenze condivise, aspettative e, infine, scopi, tanto condivisi quanto individuali. La prospettiva interazionale cerca di tenere conto di tutti questi fattori al fine di analizzare come un interprete vi si relaziona e li gestisce. Fanno riferimento a questa prospettiva gli aspetti del ruolo dellinterprete che esulano da una mera dimensione traduttiva e hanno invece a che vedere con laltra importante funzione propria

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di un interprete, ovvero quella di coordinatore dellattivit degli altri partecipanti allevento conversazionale. Tuttavia, nemmeno questa prospettiva pu, singolarmente, essere del tutto utile. necessario pertanto considerare parallelamente le due prospettive appena menzionate per poter analizzare il ruolo dellinterprete. Si tratta infatti di due approcci tra di loro differenti ma complementari che non possono prescindere luno dallaltro. In questo lavoro mi sono appunto proposta di analizzare parallelamente lattivit dellinterprete in base a queste due prospettive tenendo conto, prima dei contributi traduttivi forniti dallinterprete, poi analizzando queste stesse rese dal punto di vista della loro funzione a livello conversazionale dato uno specifico evento comunicativo. Dal punto di vista dellattivit traduttiva, i contributi forniti dallinterprete si configurano come rese (renditions) di originali proferiti da parlanti primari. In base alla prospettiva testuale cui accennavo sopra, gli originali possono essere visti come testi di partenza o source texts mentre le rese fornite dallinterprete si caratterizzano come testi di arrivo ovvero target texts. Vi sono, chiaramente, vari modi in cui linterprete pu gestire gli originali e molteplici sono le strategie che questultimo adotta ai fini della traduzione. Linterprete pu infatti o mantenersi fedele al testo di partenza, oppure procedere a riformulazioni operando tanto sul messaggio quanto sul suo contenuto proposizionale. Linterprete quindi crea spesso nuove versioni degli originali, frutto, queste, di una decontestualizzazione e successiva ricontestualizzazione dello stesso messaggio. possibile, comparando i cosiddetti originali con i contributi traduttivi forniti dallinterprete, elaborare una classificazione generale dei tipi di resa pi comunemente osservati negli incontri mediati, o come riporta Wadensj (1998: 107), giungere ad una tassonomia delle rese (taxonomy of renditions). Riporto qui tale categorizzazione che rappresenta il modello di cui mi sono servita per analizzare il materiale a mia disposizione. Per comodit, manterr i nomi con cui Wadensj designa tali categorie in inglese. I vari tipi di rese che si possono distinguere sono quindi: Close renditions: si tratta di rese in cui linterprete tende a riportare esattamente quanto proferito nel testo di partenza, sia in termini di contenuto proposizionale che in termini di stile. In base ai materiali raccolti e analizzati, ho notato che questo tipo di rese preferito specialmente per la traduzione di turni molto brevi. Tuttavia, non rientra fra le strategie traduttive maggiormente privilegiate dallinterprete.

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Expanded renditions: in questo caso linterprete, come suggerisce il termine inglese expanded, tende a fornire informazioni in maniera pi esplicita di quanto non sia stato fatto nel testo di partenza. Opera quindi sul messaggio e sul contenuto proposizionale di esso che viene appunto espanso a favore di una maggiore chiarezza. Tali rese rispondono alla necessit di ridurre al minimo eventuali ambiguit tra i parlanti ma, allo stesso tempo, rendendo esplicito ci che in realt non lo era nel testo originale, possono anche creare problemi collaterali e rendere la situazione comunicativa pi complessa. Reduced renditions: in questo tipo di rese linterprete, differentemente da quanto avviene nelle expanded renditions, fornisce informazioni in maniera meno esplicita di quanto non sia stato fatto nelloriginale. Linterprete pu ricorrere a questo tipo di resa quando generalmente il messaggio proferito da uno dei parlanti primari rischia di compromettere lequilibrio delle facce nellevento conversazionale. Substituting renditions: tali rese consistono in una fusione delle due precedenti rese, ovvero expanded e reduced. Summarising renditions: in questo caso linterprete fornisce una resa che frutto, diversamente da quanto accadeva per le precedenti rese, dellintervento su due o pi originali. Per esempio, un interprete pu privilegiare questo tipo di resa per riportare il frutto di uno scambio avvenuto tra lo stesso interprete e uno dei partecipanti allevento, allaltro partecipante coinvolto nellinterazione. Nelle trascrizioni a mia disposizione ho trovato numerosi esempi di rese del genere e di situazioni in cui linterprete opta per una summarising rendition al fine di riportare al paziente il contenuto di uno scambio avvenuto con il medico e costituito da vari turni. Questo tipo di resa frequente anche quando linterprete si trova a gestire turni piuttosto lunghi pertanto, al momento di riportare il messaggio e linformazione, seleziona unit di significato rilevanti, quelle pi importanti ai fini della comunicazione tra le parti, e proferisce una summarising rendition. Two-part renditions:in questo caso la resa dellinterprete, corrispondente ad un solo originale proferito da un parlante primario, finisce per essere costituita da due o pi turni. I turni dellinterprete infatti vengono spezzati da uno o pi originali proferiti da altri partecipanti allevento ma il loro contenuto non viene accompagnato da una traduzione da parte dellinterprete. Zero renditions: si tratta di casi di mancata resa in cui gli originali proferiti da parlanti primari rimangono non tradotti e quindi non corredati di traduzione. Questo tipo di strategia adottata

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dallinterprete pu essere vista in relazione con le summarising renditions di cui sopra. Come ho gi accennato, al momento di selezionare unit di significato rilevanti da trasmettere allaltro parlante primario, linterprete decide di tradurre alcune cose mentre altre no. Gli elementi che appunto non vengono corredati di traduzione si classificano come zero renditions. Non renditions: si tratta di azioni linguistiche classificabili come iniziative prese dallinterprete e non corrispondenti ad alcun originale. Questo tipo di rese, molto frequenti negli incontri mediati, confermano la natura dellattivit dellinterprete: egli non solo si occupa della traduzione ma opera anche come partecipante attivo e, in un evento conversazionale, pu legittimarsi ad assumere il ruolo di interlocutore a pieno titolo al pari di un parlante primario. Detto questo, utile ricordare che le rese possono essere classificate come contemporaneamente appartenenti a pi di una categoria in quanto il confine tra una e laltra non assoluto. Inoltre, nella pratica, le sfaccettature che presentano i contributi traduttivi forniti da un interprete e le prospettive da cui possibile guardare tali contributi sono molteplici. Risulta quindi difficile, se non addirittura riduttivo, pretendere di voler raccogliere tutto in un decina di categorie. Tuttavia, tale classificazione, per quanto generale, un buon punto di partenza sia per realizzare unanalisi abbastanza dettagliata dellattivit dellinterprete come conduit, sia per rendere conto della variet di strutture che linterprete, in veste di traduttore, seleziona e utilizza con maggiore frequenza. Analizzando invece i contributi forniti da uninterprete dal punto di vista della loro funzione nellevento conversazionale, possibile distinguere, sempre assumendo Wadensj come punto di riferimento, almeno due macroclassi. La prima comprende quei contributi forniti dallinterprete che rispondono ad unimplicita funzione di coordinamento dellevento comunicativo. Egli infatti, fungendo da ponte tra due o pi parti, rende possibile la comunicazione tra queste e, semplicemente traducendo e trasferendo messaggi non solo da una lingua allaltra ma anche da una cultura allaltra, gi svolge unattivit implicita di coordinazione e gestione dellevento conversazionale. In un evento mediato da interprete, per quanto tale evento conservi a grandi linee molte delle caratteristiche di base di una ordinaria situazione comunicativa non mediata, viene a mancare una comunicazione diretta e trasparente tra i parlanti primari. Tale mancanza di trasparenza viene appunto risolta grazie allinterprete. Questultimo infatti, come afferma Wadensj (1995), lunico che, potendo accedere a ci che viene proferito da entrambi i parlanti primari in entrambe le lingue fra cui media, ha anche la facolt di dirigere e coordinare linterazione cui partecipa. Quindi, proprio in virt di que-

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sto unico privilegio di cui gode, linterprete svolge una necessaria attivit di coordinazione che potremmo considerare come insita nella natura stessa del ruolo che chiamato a svolgere. Ci che linterprete apporta alla conversazione tuttavia, pu assumere anche un valore di coordinazione esplicita dei contributi altrui e risultare quindi particolarmente evidente rispetto al tipo di attivit coordinativa che, naturalmente, soggiace al suo lavoro. Rientrano in questa seconda classe i contributi che da un punto di vista testuale si configurano come non renditions. Pi in dettaglio, mi riferisco alle richieste di chiarimento proferite dallinterprete ad un parlante primario, alle richieste provenienti dallinterprete affinch si rispetti il meccanismo dei turni nella conversazione oppure agli inviti provenienti dallinterprete e diretti ad un parlante primario affinch inizi o continui a parlare dopo essere stato interrotto. Fanno riferimento a questa classe anche le cosiddette expanded renditions. Si tratta infatti di contributi conversazionali che mettono in evidenza gli sforzi compiuti dallinterprete al fine di gestire al meglio la comunicazione, evitare fraintendimenti e permettere che vi sia comprensione tra i parlanti primari. Lultimo aspetto che ho preso in considerazione per la mia analisi ha a che vedere con i differenti ruoli che linterprete assume nellevento conversazionale, tanto in qualit di parlante quanto di ascoltatore. evidente un riferimento al concetto di participation framework mutuato da Goffman. Ogni partecipante ad uninterazione verbale mostra, nel corso di tale evento, identit differenti e di conseguenza ruoli distinti attraverso cui possibile definire il suo grado di partecipazione allevento stesso. Ci particolarmente evidente se consideriamo come vengono assunti e gestiti i ruoli di parlante e ascoltatore, strettamente dipendenti luno dallaltro sulla cui gestione e distribuzione si fonda lorganizzazione dellinterazione. A seconda infatti di come i partecipanti ad uninterazione percepiscono il loro grado di coinvolgimento a tale evento, essi si allineano in maniera differente ai ruoli di parlante e ascoltatore, assumendo quindi, via via che la conversazione procede, differenti modalit di allineamento o footing (Goffman, 1987: 179). Tutto questo ovviamente non riguarda solo i partecipanti primari ma, in un evento mediato, interessa anche lattivit dellinterprete visto che, come gi detto, questultimo si configura come partecipante a pieno titolo allevento conversazionale. Prendendo Goffman (1981) come punto di riferimento, si possono distinguere almeno tre diversi modi in cui svolgere il ruolo di parlante. La differenza fra questi tre modi risiede, secondo Wadensj (1995), soprattutto nel grado di responsabilit che lo stesso parlante si attribuisce relativamente alla sostanza e alla progressione dellevento conversazionale cui partecipa. In breve, un

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parlante pu considerarsi ed essere visto dagli altri partecipanti allevento come animator, author o principal. Nel primo caso, il parlante non assume n responsabilit diretta n autorit per e su ci che proferisce. Colui che parla si limita semplicemente ad animare, dar vita a parole altrui e presiede allattivit fonica quale emittente [di] enunciati (Russo & Mack , 2005: 37). Nel caso in cui il parlante assuma la veste di author riportando le parole di altri, egli si assume la sola responsabilit relativa alla composizione dello messaggio in termini di scelte lessicali. Non viene tuttavia assunta dal parlante alcuna responsabilit ultima sul contenuto del messaggio. Quando invece il parlante si configura come principal, egli funge sia da author che da animator, essendo padrone sia delle parole che proferisce che del messaggio che contribuisce a creare. Si assume quindi tanto un certo grado di autorit, quanto di responsabilit su ci che proferisce. A tali differenti modi di svolgere il ruolo di parlante, ne corrispondono altrettanti a seconda di come un partecipante ad un evento si allinea al ruolo di ascoltatore. Esistono quindi non solo dei production formats ma anche dei reception formats. In questo caso, utile considerare la classificazione elaborata da Wadensj (1995) a partire da un ampliamento dei concetti propri di Goffman. Il criterio discriminante per la differenziazione dei reception formats ha a che fare, di nuovo, con una nozione di responsabilit. Secondo quanto sostiene Wadensj (1995) infatti possibile determinare quanta responsabilit si stia assumendo un parlante per la progressione e la sostanza dellinterazione cui partecipa a partire dal modo in cui svolge il ruolo di ascoltatore. Pertanto, un partecipante nella veste di ascoltatore pu considerarsi o essere visto dagli altri partecipanti allevento come: reporter, recapitulator e responder. Nel primo caso, lascoltatore adotta una modalit di ascolto attivo per essere in grado, al momento di assumere il ruolo di parlante, di ripetere esattamente, parola per parola, ci che stato proferito da un altro partecipante. Quando lascoltatore funge da recapitulator, egli adotta una strategia di ascolto attivo per essere poi in grado, al momento di assumere il ruolo di parlante, di riportare quanto ha recepito in modo riassunto e riformulandolo. Nel terzo caso invece, lascoltatore adotta un strategia di ascolto per cui possa essere successivamente in grado di fornire alla conversazione un contributo proprio, autonomo tanto per forma quanto per contenuto e non legato alla necessit di riportare parole o concetti altrui. Tali reception formats devono necessariamente essere visti in relazione con i production formats introdotti in precedenza. I modi in cui possibile assumere il ruolo di parlante infatti, hanno

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un pi o meno preciso corrispondente nei modi in cui possibile allinearsi come ascoltatori in quanto si tratta di ruoli strettamente dipendenti luno dallaltro. Come ho gi detto, questa classificazione, cui si deve comunque guardare con certa flessibilit in quanto non assoluta, pu essere applicata anche e soprattutto allattivit svolta dallinterprete. Funge infatti da buona base per avere maggiore consapevolezza delle strategie adottate da questultimo al momento di dover produrre una resa di un originale. I processi infatti che stanno alla base delle scelte operate dallinterprete in termini di traduzione e non solo, sono strettamente legati a tali concetti. Dal modo in cui linterprete si allinea al ruolo di ascoltatore viene infatti anche a dipendere il modo in cui si allinea come parlante e di conseguenza il tipo di contributo che questultimo fornisce ai fini della progressione dellinterazione. In questo lavoro, ho appunto cercato di analizzare il ruolo dellinterprete anche da questa prospettiva.

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