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CHI
Piero Bevilacqua professore ordinario di Storia contemporanea all'Universit di Roma La Sapienza. Nel 1986 ha fondato l'Istituto meridionale di Storia e di Scienze sociali (Imes), che tuttora presiede e ha diretto la rivista "Meridiana". I suoi ultimi libri sono Elogio della radicalit (Laterza, 2012) e Il grande saccheggio. L'et del capitalismo distruttivo (Laterza, 2011), Miseria dello sviluppo (Laterza, 2009) e La Terra finita (Laterza, 2011). Per lautore la parola Radicale, presa in prestito da Marx e attualizzata ai tempi che corrono, significa affondare lo sguardo in profondit, nei meccanismi costitutivi dei processi materiali. questo rinnovato e rivoluzionario sapere, questo sguardo a tutto campo sul vivente, che sta rivelando e non cessa ancora di scoprire i beni comuni dai quali dipendono la nostra vita e il benessere di tutti.
ccc Arrivati a fine anno, ancora una volta il lavoro che manca a preoccupare. Ci spiega cosa accaduto in questi anni? in atto a livello internazionale una pressione formidabile sul lavoro, sulla fabbrica e nei servizi; accade in Europa e negli Stati Uniti, per non parlare di quello che avviene in Cina. una lotta di classe dopo la
ore settimanali si sta tornando indietro. un segnale su cui i teorici e gli economisti dovrebbero riflettere. Negli Stati Uniti si invertita una tendenza storica secolare. Il binomio crescita e diminuzione dellorario di lavoro venuto meno. Prima, a inizio Ottocento, la vita del lavoratore veniva interamente sequestrata. Poi cominciano le regolamentazioni nelle fabbriche inglesi. Da allora stato un susseguirsi di lotte
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una lotta di classe dopo la lotta di classe, come lha chiamata Luciano Gallino
lotta di classe come lha chiamata Luciano Gallino. Ma attenzione: l'attacco ai diritti del lavoro non di oggi ma si sviluppato e concretizzato prima della crisi attuale. I lavoratori americani lavoravano due mesi in pi rispetto ai lavoratori europei. Nel paese dove si lavorava quaranta
di regressione storica. Questo meccanismo si esteso a tutta lEuropa. Cosa chiede il capitalismo in Europa? Proprio l'allungamento dell'orario di lavoro e maggiore flessibilit. Larticolo 8 della riforma lasciata in eredit da Tremonti e Sacconi prevede dei contratti che derogano ai contratti nazionali; loperaio potrebbe essere costretto ad accettare l'allungamento del proprio orario lavoro fino a 60-65 ore. palese come la crisi costituisca unoccasione per far indietreggiare le condizioni del lavoratore. Il capitalismo, o meglio gruppi e forze dietro di esso, cavalcano la crisi, quindi? Il capitalismo a causa del crollo del comunismo e all'indebolimento dei sindacati senza una vera e reale opposizione porta se stesso a una forma di evidente cecit. La
competizione tra capitalismi indebolisce la forza lavoro anche se dimentica che i consumatori sono i protagonisti del consumo delle merci. Oggi viviamo una situazione paradossale: abbiamo una potenza produttiva incredibile a cui corrisponde una stagnazione dei salari, un allungamento dell'orario di lavoro, la riduzione del welfare, del salario differito (come si chiamava una volta) fornito dai servizi. In questi anni i ceti operai e la classe media hanno visto sia la stagnazione sia laumento dei costi. E poi cosa successo? Si sono lasciate indebitare le famiglie. Gli Stati Uniti rappresentavano la locomotiva perch i consumi, nell'espressione consueta degli esperti, tirano; il punto che hanno continuato a consumare indebitandosi attraverso una pubblicit ossessiva che non consentiva di farne a meno. Questo miracolo stato possibile grazie ai mutui e alle carte di credito. L'indebitamento delle famiglie esploso. A un certo punto sotto questa montagna di acquisti cera lindebitamento. Il marcio di questo meccanismo ora lo stiamo vedendo sotto i nostri occhi.
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stato accompagnato dal welfare, ad un'economia sociale di mercato. La competizione avvenuta conservando i diritti e migliorando la vita e lintelligenza collettiva. Siamo indietreggiati sul piano della ricerca scientifica. Se non diamo uno sbocco ai nostri laureati e ai nostri ricercatori che non sanno dove sbattere la testa in Italia... Ricerca e creativit costituiscono una via per innovare senza dover gareggiare con Cina e India sul terreno della forza lavoro. Inoltre, la globalizzazione cresciuta sotto il segno dellideologia neoliberista. Il capitalismo ha realizzato un grandioso disegno. Ha trasferito le imprese dove la manodopera era indifesa e senza tutele. In questo modo i capitalisti hanno incrementato i loro profitti e hanno avuto un enorme vantaggio. La delocalizzazione ha permesso di tiranneggiare la classe operaia dei paesi dorigine. Se non vi sta bene questo contratto io sposto limpresa altrove. Questo ha dato allimprenditoria una capacit contrattuale forte e schiacciante. Anche lo spostamento economico sovranazionale ha creato un potere enorme. stato creato da Reagan, ma anche da Mitterand dando al capitalismo finanziario un potere che tiranneggia. La globalizzazione per un dato di fatto ormai? Io da marxiano so benissimo che lo scenario mondiale. Ho sempre creduto che laspirazione dellumanit il cosmopolitismo. Sono contrario alle chiusure nazionali e nazionalistiche e favorevole allEuropa sognata dai padri fondatori e accresciuta da contenuti sociali (non questa Europa, certo). Nellattuale fase storica si pu fare molto. Perch non si punta a creare degli standard minimi di regolamentazione dellorario massimo, di salario minimo uguale per tutti? Mi rendo conto delle difficolt tecniche, ma costituirebbe una forma diversa di globalizzazione. Il lavoro rimane inchiodato a forme di sfruttamento becere mentre alle merci consentita qualsiasi cosa. Non accettabile. Questi nostri governanti si riempiono la bocca di globalizzazione ma non fanno nessun minimo sforzo per proteggere il lavoro. Pu sembrare paradossale ma nonostante il lavoro di fabbrica sia diminuito (almeno in Europa), il lavoro dufficio somiglia sempre di pi al lavoro di fabbrica.
al giorno e lavorare tutti. Una societ ricca e opulenta come la nostra potrebbe farlo benissimo. Mentre ci fanno sentire drammaticamente poveri. Cambiando argomento, lei si occupato molto di storia dell'agricoltura. La crisi pu essere un'occasione, come in parte sta avvenendo, per il ritorno alla terra di molti giovani? Stiamo vivendo in termini ecologici al di sopra delle nostre possibilit. Lasciare la citt per la campagna non solo una scelta di settore produttivo ma una scelta di vita. Conosco molti ragazzi che hanno lasciato Roma, citt dove insegno, per la campa-
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