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T'

VITA
GIOVANNI BOCCACCI
SCRITTA DAL CONTE

GIO.

BATISTA BALDELLI
Accademie Fiorentina
:

Socio delle B.R.

e dei

Georgofili di Firenze

Membro
dell'

della Societ

Colombaria

Accademico

Etrusca di Cor'

tona, e di quella di Padova: Associato estero

delV Accademia di Marsilia, e del Liceo di


Valchiusa
:

Promotore soprannumerario
.

dell*

Accademia Intronata di Siena

FIRENZE

1806.
E

APPRESSO CARLI CIARDETTI

COMP.

CON APPROVAZIONE

///

AL

L'

ITALIA.

jl

te d*eroi,

di valorosi, e di sapienti gloriote

sa progenitrice ; a
doviziosissima
,

de beni di natura e d'arte

da ogni saggia nazione con

laudi singolari celebrata, offro questa qualun-

que siasi mia fatica


venientemente
la storia
dell'

a chi
se

si

debbe pia con-

offerire,

non

se alla
,

madre,

ingegnoso figliuolo

che die e
.

norma ,

forma

alla sua favella volgare ? Io ,

11^

umile

rampollo de dicitori antichi

non

ebbi

speranza nel far rivivere la memoria di Gio-^

vanni Boccacci, di renderlo viepi chiaro; bastano alla rinomanza di lui


i

nobilissimi suoi
la reverenza,

volumi.

Ma

ci

mi mossi per

per la carit della patria,


tro

disperando in al.

modo pi

glorioso giovarle
,

ci

mi mos-

si nella

lusinga

che queste memorie passando

sotto gli occhi degli


li

uomini

potessero stimolar:

riporre in fiore le lettere


,

la letteraria glo-

ria essendo la sola

che siati rimasa sin qui


;

sebbene in parte oscurata

per lo che
e

si

osa

oggid,

vecchia,
io nel

oziosa,

lenta

chiamarti.

Ne

potendo
le

circoscritto confine d'un epi-

stola,

cagioni tutte della tua decadenza nu-

merare, piacciati con meco, che tuo figliuolo sono, far ti

a considerare quelVuna, che pia

grave d' ogni altra rassembrami

Come non decadere


to alterata
essi la

le

lettere,

quando tan-

tua dolce
le altre

loquela ?

Quandel

do

invidiose

sembrano

parti di te,
s,

grazioso dono compartito

a piccola

ma

no-

r
bile tua
te,

contrada

di favellare pia dolcemen^


tjuelle.

pia regolatamente di
di maestosa

Come,

se

le

membra

matrona dovessero
.

astia

re la venust del suo labbro la

Che pia

Quel-

medesima invidiata contrada, vilmente la


primato, e di-

vedesti spogliarsi dell' ottenuto

struggere
la
,

il

nobilissimo

areopago della favel.

che nel suo sen risiedea


le

Da

indi in poi

le gazzette, i teatri,

leggi, gli opuscoli, che


di
tutti,

van vagando per

le

mani
,

arrecano

alla favella giornalieri

irrimediabili

danni

Da

indi in poi , ogni prosatore,

ogni rimato-

re meschino, os spacciarsi per maestro d'elo-

quenza volgare

senza aver

nemmeno

volto lo desti

sguardo sopra
la cuna.

celebri istitutori,

a cui tu

Chi fin qui rimunerati gli eloquenti


tori,

scrit-

onde gV ignoranti svergognati


sei

si

taccia-

no? Tu

la sola

fra

le colte regioni

d'Eu-

ropa, ove ve g gasi l'autore bisognoso da mercenarie stampe


sudori.

defraudato del frutto de suoi


tuoi governi si die la cura

Quale de'

ri
di trattare con gli altri, onde fosse illesa, co^

me
re ?
to,

per

lo

innanzi

la

propriet

dello

scritto-

Sebbene quaV patrimonio pia sacrosan-

ereditato

neghittosamente dagli

avi,

{juello

del proprio

ingegno?
i

Mi

sono ignoti

tuoi futuri destini, che


:

ti

desidero avventurosi
gloriosa
nella

quali

si

sieno

tu viverai

memoria degli uomini. Mentre


agli eroi, punto di glo-

non
ria

tolsero ai semidei,

gV

inviliti
il

nipoti

ma

ben per questi

fu

maggiore

disdoro di noverare avi famosi.

VII

PREFAZIONE.

xJl
cuno
,

tutti

generi di scritture

a'

quali

intendono
cui

gli
si

non avvene alrivolgano pi di buon grauomini


, ,

do, e pi di leggieri, che a compilare opinione volgare che a ci istorie


.

basti l'essere

testimone di pubblici avil

venimenti, o

raccome
fatti

le sparse
.

morie

e veridicamente narrarle
di
storici
si

meOgni

scrittore

ripromette
la

leggitori in

gran copia, per

brama

naturale nell'

uomo

d' istruirsi
:

delle vi-

cende

de'

tempi

trascorsi

e per essere

le nazioni,

non meno
le

de' particolari, va-

ne
rie.
i

di raccorre le loro

antiche

memo-

Anco

pi barbare conser\^arono
,

loro fasti in ritmi

o in metri

dando vagando per le mini, ne mantennero la ricordanza fino E quando incoall' et della scrittura
.

che anbocche degli uo,

vili

PREFAZIONE
medesimo
della

minciossi ad usarla, seguirono le istorie

r andamento

coltura

Rozze, credule, incolte da primo, furono scritte di poi con metodo, con sagacit,

e con chiarezza.
scritte

Ma

d'ordinario
,

non furono
allorquando
scernere
gli
il

perfettamente

che
di-

la critica

ammaestr a

vero dal

falso: la filosofa

da-

effetti le

cause; la politica
il

l'arte dif-

ficile

di governare;

diritto

pubblico

vicendevoli legami di fratellanza, che

debbono unire
tria,

popoli; la morale

do-

veri dell'uomo verso Iddio, verso la pa-

verso

il

suo simile: l'eloquenza a


lo stile
i
.

render terso ed efficace


Greci e
ti,
i
i

Appo

Romani,
i

Tucididi,
,

Senofon-

Sallustj,

Livj

Taciti fiorirono

infatti nelle et le

pi colte di que' po-

poli famosissimi.

Queste dottrine non bastano per a rendere istruttiva la storia, se non si


prefigga lo storico di porre in eviden-

za

desumendolo
si

da' fatti

che

le

na-

zioni quanto pi eserci latrici sono delle


virtudi, tanto

accostano alla possibi-

PREFAZIONE
le loro prosperit,

IX

e quanto dal praticardi tanto


;

le si discostano,
alla loro

si

avvicinano
lo sto-

decadenza

e se

non ha

rico

quell' esquisito

accorgimento per

giudicare con rettitudine, con sagacit,

e con imparzialit degli amministratori degli stati e degli uomini ma sopra


, ;

tutto degli

avvenimenti, che conduco-istorica dit-

no

popoli a decadere, o ad ingran-

dirsi.

Per esercitare questa


si

tatura,

valsero

gli

antichi dell'artifcio

mirabile di porre in bocca di notevoli


personaggi, discorsi, o perorazioni con-*

venevoli
rico
,

alle circostanze
il

con che
,

lo

sto-r

senza tediare
giudicj.

leggitore
d'

lo istrui-

va

e con apparenza
i

imparzialit
istorica

ne
re-

dirigeva

Tale

costu^^
si

manza

quasi ai di nostri abolita:


discorsi
;

pugna a leggere
ti
,

che credonsi
i

a bella posta inventati


oggid, trasportare

e vogliono

dot-

il

freddo compas-.
antichi,

so delle scienze esatte nella giurisdizio-

ne dell'ingegno. Paghi
la storica

gli

che
dell'

perorazione fosse degna

oratore, e dell'occasione,

poco

si

cura-

PREFAZIONE
gli

vano, se per commuovere


tersa,

animi, o

l'inventava, o la rivestiva lo storico

con

con persuasiva eloquenza. Sembrano in ci essere stati maggiormente avveduti di noi mentre coloro fra i moderni che vollero andar dietro a que,

sta errata
cilit
,

opinione,

si

tolsero ogni fa,

senza

farsi dissertatori tediosi


il

di

rendere odioso
t,

vizio,
gli

amabile

la vir-

e d' accendere

animi generosi
concedute
,

d'amor di

patria, e di gloria.

pochissimi

sono

tutte

le intellettive facolt e dottrine

che abd'un

bisognano per iscrivere


gran popolo
dio
cipi
,
,

la

storia

e seguirlo in tutto lo sta,

eh' ei scorre

dagli umili suoi prin-

sino all'apice della sua grandezza;


li

e di
gli

alla

sua decadenza

o rovina

Ma

chi credesi chiamato ad ammaestrare

uomini per questa via, pu esperimentare la propria capacit in opere


isteriche

meno
,

difficili.

Rende

chiaro

uno

scrittore

anco

la

narrazione di

un

corto periodo, o d'un semplice avveni-

mento

se

questo

si

colleghi co' futuri

P R E F A Z
destini

IONE
.

XI

d una nazione Ed in simili opere agevole il mantenervi l'unit d'argomento, necessaria alla storia, non meno che all'epica, per essere reputata
perfetta

Gli antichi di
ci

tutti i

generi d'istorie

dierono modelli luminosissimi. Miistoria

rabile scrittore d'una generale

Tito Livio. Acuto, rapido, e sobrio narratore,

romana grandezza, senza meraviglia, ma non sensi

vede sorgere

la

za ammirazione per le leggi, per le co-

stumanze
in

per

la frugalit ,

per

la

guer-

riera virt, per la giustizia,

che posero

mano
.

de'

Romani lo

scettro del

do

Se

la

barbarie d'incolte et

monnon ci
de-

avesse tolta parte nobilissima di quelF

opera

avremmo anco
,

la storia della

che condusse que' conquistatori superbi al pi duro ser^ vaggio Ninno meglio di lui color gli avvenimenti con quelle tinte drammatiche, che tengono sospesa l'attenzione del leggitore e lo fanno impallidire e tremare talvolta su' destini d'un popolo,
generazione di loro
.
,

XII

PREFAZIONE

che tanta desta ammirazione, da eccitare anco in animo vile, e degenerato la bramosa d'esser nato romano.

D'un breve periodo, ma non meno istruttivo, e che richiedeva un ingegno penetrantissimo, tratt Tucidide. Quale istoria in effetto d argomento a pi profonde meditazioni della greca, nel periodo appunto nel quale i Greci orgoabgliosi de' trionfi ottenuti su' Pf rsi
,

bandonarono
lit
,

la

moderazione

la fruga-

la

giustizia

per darsi in preda agli


semplicit
fatti

odj intestini, all'avarizia, all'ambizione,


alla

superbia ?

Con quanta
i

acutezza narr Tucidide

de'
,

pi

celebri

popoli della

Grecia

due che

contrastavansi l'autorit con quell' ani-

mosa

efficacia,

che per

lo innanzi de-

stava soltanto ne' loro cuori la giustizia

e la patria? Qual salutare ammaestra-

mento

ritrar

possono

gli

amministratori

degli stati , dal vedere accesa la


di rovinarsi in popoli ,

brama

che per maggior prossimanza odiavansi maggiormente, e appo i quali celavaiisi sotto larve diver-

PREFAZIONE
se
i

XIII
gli

medesimi

vizj,

per lo che nati

odj, le divisioni, e le guerre intestine,

divenne tanto debole e disunita la Grecia, che suo malgrado dov piegare il
collo alle catene dello scaltrito Filippo?

Senofonte, dide
,

il

continuatore di Tuci-

fu

litico,

non meno di lui avveduto poed anco un invitto duce. Edu,

cato da Agesilao
se,

era di nascita Atenie-

d'animo interamente Spartano. Ei solo fu capace di scrivere quanto oper, e d'operare ci, che scrisse nella ritirata de' dieci

ma

mila

Nobile e sem-

plice scrittore, trae le bellezze,

che ador-

nano
ra
;

le

sue istorie

dalle cose ch'ei nar-

e l'animo suo virtuoso e nobile tra-

luce nelle sue carte, per lo che senza


studio cattivasi l'attenzione, la benevolenza, e
il

rispetto del leggitore.


i

Ed

es-

so^ e Cesare sono

modelli per

iscri-

vere ci che chiamiamo memorie,


sia
gli
.

os,

appunti delle cose

operate

vedute Cesare abile non meno di Senofonte con tersa semplicit narr la non paren* sua mirabile spedizione
, ,

XIV

PREFAZIONE
altro studio nell' adomarne la

do porvi

narrazione, che di renderne pi piana


l'intelligenza.

E sebbene non
i

si

propotrarne

nesse, che di riunire


Storia
,

materiali per la
di

ninno pu

sperare

una

storia pi

di quelli dilettevole

ed

istruttiva.

Fra

gli

scrittori

d'un solo avveni.

mento
la

primeggia Sallustio
sia della
,

Smarritasi

sua storia del settimo secolo di

ma, o

Rosua decadenza, non ci


la

noto oggid
tilinaria,

che per

congiura Ca-

e per la guerra Giugurtina.

Ma
e di
ri-

dalla narrazione di quella guerra,

quella congiura tanta cognizione


trae

si

del vero

stato

della

repubblica

quanta potrebbe trarsene da una generale istoria della


,

medesima. Ninno dipinse e fece parlare con pi maestria i suoi personaggi. Sebbene Roma trionfi di que' pericoli chi non le predice imminente rovina, e per l'inefficacia delle
,

leggi

e per la venalit de' magistrati

e veggendola quale impudica matrona,


di cui incendesi ogni scostumato auda-

PREFAZIONE
ce, con isperanza di trionfarne?

XV Ebbe
,

un dono non
dov
alla

ordinario Sallustio

che

prestanza del suo ingegno, di

scrivere con apparenza di virt

sebben vizioso; e nel far mostra di pura morale di giudicare degli uomini e degli avvenimenti con quell'acutezza, che d
,

l'abitudine del raggiro.


Il

periodo di cui scrisse Cornelio Ta-

cito, trattato

penna, parrebbe ignobile e stomachevole, come ciascuno


altra

da

pu accertarsene nel leggere Svetonio* Degenerato il popolo Romano, e invilito, erasi soffermata l'aquila vittoriosa di

Roma
t di

nel suo rapido volo

e la volondi prefetliberto

femmina scostumata, o

to de' pretoriani , o di favorito

era la suprema legislazione dello stato;


l'adulazione la virt necessaria ai

Roti-

mani, tremanti sempre


ranno.

di

tremante

Ma
,

quel mirabile ingegno, pe-

netrando nel tortuoso laberinto delle passioni seguendone il filo ne' pi segreti ricetti del

cuor

dell'

uomo

rive-

stendo con dignitosa eloquenza

lampi

XVI

PREFAZIONE
Romani, che
l'antica

di virt di alcuni pochi

conservavano
nust,

loro natura, tra-

shise nelle sue carte un'inimitabile ve-

ed

il

suo libro

la

guida per coa Ta-

noscere l'uomo in tempi infelici e corrotti. Il

saggio

Mably rimprovera
incominciati
gli

cito

d'

avere

annali

piuttosto dal
rio
,

regno tenebroso di Tibeche dall' inalzamento d' Augusto


reputo
,

ed

io

che non senza ragione


che
,

il

facesse.

Come

in effetto avrebbe potusi

to lodare Augusto,
to

lord di tan-

sangue romano per inalzarsi stabilmente sul trono? E come non lodarlo, senza incorrere la taccia di scrit-

tore

maledico,

essendo
,

ai suoi

tempi
il

viva la ricordanza

che

egli
le

dopo

suo

inalzamento fece cessare


testine, e le uccisioni,

guerre in-

e le confiscazio-

ni; e allorch

il

suo governo comparato


,

a quello de' dementi


successori
,

e imbecilli suoi

era considerato
dell'

come

l'

epo-

ca della

felicit

Impero?

Erodiano nello scrivere la storia degl' imperatori non con tanta acutezza
,

PREFAZIONE
svolse
il

XVII

nodo

intricato

delle passioni

Ma
fra
i

esso pure merita d'esser collocato

primari

istorici
,

dell'

antichit per
la

r avvedutezza
le

per V abilit con


cause
dell'

qua-

espone

le

ultimo tracollo

dell'Impero; e per avere lumeggiata la

sua storia con que' ciliari


confine
dell' et

che

lo

dimo-

strano leggitore dell'avvenire,

oltre al

sua

Gli antichi ci dierono pure modelli


egregi di que' componimenti
,

che chia-

che sono l'esposizione luminosa, o delle dottrine, o delle virt, o de'laudevoli atti d'un uomo illustre. Questa intitolazione offende circospetto leggitore sembrandogli che lo storico si proponga di volere ogni azione laudare dell' encomiato quantunque
elogi,
,

miamo

non

sia

concesso

ai mortali d' essere in

tutti gli atti

pu tuttavia scusarsi anzi commendabile quando serva l'elogio di satirica rampogna ad un secolo scostumato. Ebloro laudevoli;
,

ma

bero questo scopo


fonte,- questi

e Tacito

e Seno-

nel panegirico d'Agesilao,

XVIII

PREFAZIONE
con mano a' suoi condiscrepanza, che era fra le

quegli nella Vita d'Agricola. 1/ Ateniese


volle far toccar
cittadini la

costumanze di Sparta e quelle d'Atene; per lo che scrisse ancora i Trattati


de' governi
Il

d'ambedue

le

repubbliche.
,

che pu il magnanimo viver sicuro, ed onorato, anco sotto vile e crudele regnante.
volle dimostrare

Romano

la posterit
gli

non
,

solo

gli

escusa,

ma

ancor

lauda, d'aver quegli encomiae questi


il

to r istitutore

suocero

Ma

que' saggi scrittori, con lo scegliere per

argomento de' loro elogi cosi gran personaggi, fanno manifesto, quanto impropriamente
d'
si
,

tessa
d'

oggid

1'

elogio
d'

un medico

un geometra

un

chimico o d*un poeta; dotti meritevoli d' ammirazione e di riconoscenza ma


,

non
loro

di elogio,
soltanto ,
,

con gli scritti gli uomini e pi avveduti, e pi

che dee serbarsi a coche o con le opere o si sforzarono di render


,

saggi.
si tra.

ci soltanto in un' et
dall'

in cui

ligni

operare virtuosamente

Im-

II

E F A Z

ON E

XIX
virtuoso,

perocch
stere e

presso

un popolo
le

non destano maraviglia


moni,
porle
e sarebbe

virtudi aude' Ciil

modeste degli Aristidi e

raro modello (*>. ad esso D'ogni uomo straordinario per, o


,

un come

ingiuriarlo

pro-

per dottrina

o per virtudi

o per

vizj

(*)

Ed

io

pure caddi

nell'

abbaglio

che qui

si

rimprovera a molti
Machiavelli.

scrittori nel tesser l'elogio del

Non

meritava elogio uno scrittore,

che per molte massime sparse nelle sue opere erasi

meritata la censura di gravissimi personaggi


pii
,

quel che

della

S.

Sede Apostolica Romana.

L'entusiasmo giovanile, l'ammirazione pel suo in-

gegno fecero che interpretassi con poca ponderazione e giustizia l'intenzione di alcuni suoi antagonisti, che per religioso zelo
tarlo-,
si

mossero a confu-

sparsi

onde non meritavano i rimproveri che io qua e l nell'elogio contro di loro. E san,

tamente fece la Chiesa


sta

cui

non pu negarsi queed


il

potest, di proibirne le opere,


nell'

Principe
proi-^

massimamente annoverato
biti
il

Indice de'libri

formato dopo

il

Concilio di Trento, quando


era tolto dall' uniun'estratto di massi,

contenuto di quello scritto

versalit degli uomini,

come

me per
tirannia

introdurre la pi empia

maligna e

sottile

XX
si

PREFAZIONE
tessere la vita
:

pu

principalmente
sulle

se per queste o per quelli,

opi-

nioni, sugli uomini, o sugli avvenimenti

abbia avuto

un

notevole impero, qua.

lunque si fosse sto argomento

utile

o pernicioso E quetrattato da abile ingegno


istruttivo.

pu essere sommamente
perciocch lo scrivere

Im-

la vita

d'un uo-

mo me

qualunque, non che l'esporre, cosiansi sviluppate le sue facolt per opera dell'educazione, e come fossero
dalle

poscia modificate
lo svelare
il

passioni:

indi

giuoco di queste insistenti

dominatrici del

cuore

umano
si

nel pe-

riodo di giovinezza, in cui

mostrano
quan-

palesemente; dipoi nella

virilit,

do con apparenza pi
;

circospetta sono

ugualmente imperiose considerarle per


ultimo nella vecchiezza, allorch semispente illudono tuttavia
i

brevi giorni,

che precedon

tomba. Alessandro che sacrific la felicit della patria alla vana gloria d'un nola
,

me

come

lo

svel

colf estendere

le

sue conquiste oltre

la Persia perfino al

PREFAZIONE
Gange
,
,
.

XXI

ebbe due istorici di qualche pregio Arriano e Quinto Curzio Non Arriano uno de' grandi istorici/ dell' antichit ma sembra essere stato il primo ad immaginare di collegare alla vita d' un uomo insigne la storia de' tempi Quinto Curzio segu l'andamento meed ebbe non pochi de' doni desimo ma non sempre d' un grand' istorico
,

ugualmente dignitoso e penetrante


direbbe essere quella
storia
all'

si

parto di
di

due

scrittori

1'

uno

altro

gran

lunga inferiore

Ma

per iscrivere
,

le gesta degli

uo.

inimitabile Plutarco mini illustri Senza far mostra d'arte; senza esage-

razione di laudi

delinea
.

pi grand' uo-

mini

dell' antichit

nel raccontarne
la

gli atti

ammirandi, nel destare


,

mela-

raviglia

adopera quelle

tinte

che

sciano trasparire in essi alcune traccie


della fralezza, eh' inseparabile dall'u-

mana
lui

natura.

Ninno maggiormente
i

di

seppe destare ne' giovani cuori gesuoi eroi, per-

nerosa voglia d'imitare

XXII
clic

PPcEFAZIONE
istorica
,

appunto abbagliando con


il

verit

fulgore

delle loro virtudi

fa

sperare
tazione
.

non esserne

impossibile V imi-

Il sin

qui detto dimostra evidentegli

mente
da

che

antichi d' ogni genere

d'istorie ci

dierono modeUi egregj.


sino a pochi

Ma
che

questi

moderni
, ,

meritano il titolo d' istorici fuvvi immensa lacuna Spente e le arti e le lettere, disparvero gli storici giacch scrittori di tali non possono dirsi gli
.
,

cronache e di leggende, che ci lasciarono appena il filo delle vicende del mondo. Imperciocch sono queste, co-

me

le
,

dipinture di que' secoli barbari

magre

senza rilievo
,

senza disegno

senza colorito

e senza composizione;
offra epoI^a distru-

quantunque l'istoria moderna che maestose e straordinarie.


zione
la

infatti

dell'impero d'Occidente,
delle

fondazione
il

regno di bilimento della dominazione saracena,


chie,
le Crociate
,

moderne monarCarlo Magno, lo sta,

l'origine della feudalit

PREFAZIONE
meno
importanti
,

XXIII

della cavalleria, sono avvenimenti

non

ed istruttivi delle riAnzi da voluzioni greche e romane noi moderni ne sarebbe letta la storia pi avidamente di quella degli antichi fatti potendoci guidar per mano a comprendere molte delle leggi e delle costumanze tuttod praticate, e d'origine
. ,

a molti ignota. L'Italia stessa offre

un

periodo istorico interessantissimo, quan-

do

collegatesi le citt
il

Lombarde
,

e To-

scane scossero
starono
lo

giogo feudale
civile
:

conqui-

avvenimento che principalmente cooper a incivilire l'Occidente. L'Europa sembra aver dimenticato quest' obbligo insigne che ha all'Italia, non facendone gli storici che passeggiera menzione, quantunque tuttora si parli con ammirazione de' valorosi, che fondarono 1' Elvetica federazione i quali a ci si mossero incostato
,

raggiati dall'esempio dato loro dagl'Italiani.

Ma

r Elvezia vissuta libera sino


,

a d nostri

l'Italia

appena

scossasi dal

suo letargo, ricca per vasto commercio,

XXIV
per
fertile

lXlEFAZIONE
suolo e per industria,
,

si
il

die

in bala a que' vizj

che

le tolsero
.

con-

solidare la sua grand' opera

Primi ad avere
lia

istorie volgari in Itai

furono

Veneziani e

Toscani. A,

mantissimi delle patrie loro


rie de' loro

molti eble

bero vaghezza di conservare


fatti.

memo-

Ma
,

que' primi istorici


,

imbevuti di errori
ignoranti
I
soli
,

creduli

e per lo pi

sono quasi del tutto ignoti


si

Villani tutt'ora

leggono per
tempi. One-

avere
sti

scritta la gazzetta de'

mercatanti avevano dappertutto cor,

rispondenti esatti

e veridici

che

gl'i-

struivano degli avvenimenti. Puri


tori
,

scrit-

scrissero

senza

tersa naturalezza le

con loro cronache, che


ornato
,

ma

sono

tuttora

memorie

eccellenti

per

trame
i

la storia.

Dopo

Villani ogni po-

polo, ogni citt ebbe istorici in Italia,


quali per lo

pi non iscrissero, che


origini,

o delle favolose loro


caccio ebbe
tutti
i

o di
Il
si

fatti

accaduti ne' loro angusti confini.

Boc-

doni che

richiegrivolse

gono in uno

storico;

ma

ei

si

PREFAZIONE
piuttosto a tessere la storia

XXV
dell'uomo

nelle vicende

private,

che quella dei


al

pubblici avvenimenti.

Nel secolo posteriore


s

Boccaccio

volsero

pi stupendi ingegni d'Itagli

lia

a studiare
;

scrittori

della Grecia

e di

Roma ma
essi

l'ammirazione che ave-

vano per
li;

gli

rend imitatori

servi-

e trasportando l'imitazione dal granal piccolo,

de

scrissero

con stomache,

vole prolissit e gonfiezza

e di brevi

periodi, e di piccioli popoli. Era d'al-

tronde in quella et pericoloso lo svelare


il

vero; per lo che anteponendo


ri-

molti ad onesto silenzio inonorata

nomanza

si

piegarono di buon grado

a propalare

la

menzogna.

Senza Niccol Machiavelli non vanterebbe il secolo di Leone un grande


istorico. Egli acutissimo, e degli antichi

studioso, ci die

modo

di

un modello egregio del scrivere i fatti d' un piccolo


ingegnoso e grand' amatore

popolo,

ma

di libert.

Non

pot fare l'esposizione

luminosa ne di pubbliche virtudi, n

XXVI
per

PREFAZIONE
ne
di atti eroici,

di grandiose imprese,

avere avuto la Fiorentina Repubblica un mal costituito governo, e tutto


intento alla mercatura.

Ma
,

dipinse
i

ma-

ravigliosamente le passioni
ti

traviamendi libert,
.

d'un popolo gelosissimo

incapace di mantenerla, e perci sempre irrequieto e tumultuante, ora contro


gli

ottimati, or
;

contro

popolani po-

tenti

finch

invilito

dall'

opulenza

stanco de' suoi inutili deliramenti cerc


la quiete nel

governo monarchico.

Fra Paolo, dopo il Machiavelli, il pi grande istorico Italiano. Non laudevole per le opinioni che lo fecero riprovare meritamente, e per cui fu so,

spettato di aver favorito

gli

errori dei

Protestanti.

Ma come

istorico egli agli

cuto e profondo nel dedurre

avve-

nimenti dalle vere loro cagioni, sagace nel collegare al suo argomento le grandi vicende d'Europa, abile dipintore e

uomini e delle passioni. Francesco Guicciardini, malgrado l'estimazione di cui gode, a' due menzionati di
degli

PREFAZIONE
gran lunga inferiore.
tratt
Il

XXVII

periodo di cui
,

era importantissimo

per

essere
l'Ita-

quello appunto nel quale divenne


lia

r arena

che per

tre interi secoli so-

nosi contrastata le transalpine nazioni.

sebbene dia saggio sovente d' essere un perito uomo di stato, ed un prudente isterico, guasta il suo bello argo-

Ma

mento per soverchia


Imachevole verbosit
,

prolissit

per

isto-

che stanca ogni


cose
delle
.

paziente leggitore, risalendo all'uovo di

Leda
li

nell' esplicare

qua-

spacciarsi poteva
le
,

con brevit

Sem-

brano
sta

sue perorazioni amplificazioni


e

oratorie

non

discorsi fatti a bella po-

per eccitare a risolvere, o ad ope-

rare con matura riflessione. Luigi che


scrisse del sacco di

Ptoma ebbe gli annoverati difetti, con minore perspicacia ed il Varchi dell' anzidetto Il Segni ebbero un posto onorevole fra g' Ita. ,

liani istorici,

per

la

mediocrit d'inge-

gno con cui fu trattata la storia da noi moderni. E malgrado il numeroso catalogo d'istorici che abbiamo, senza le

XXVIII

PREFAZIONE
d' Italia

Rivoluzioni
rlina,

dell'Abate Carlo

Be-

mancherebbe questo paese d'una


,

generale istoria scritta con sana filoso-

con soda critica con elegante semplicit, e con rapida e pura dizione. Anco fuora d'Italia si noverano gli
fia
,

ottimi storici in iscarso

numero; e
i

so-

no ovunque pochissimi
delle vite degli

buoni
illustri.

scrittori

uomini

Fra

le

tante Italiane, quella di Castruccio del

Machiavelli meriterebbe
il

il

primato, se

Segretario Fiorentino, volendo darci

un modello danno della


plificate
Il

del perfetto capitano, con


verit,

non ne avesse ami

e le virtudi e

concepimenti.
negoziatore

Oraziani scrisse la vita del Cardinal


,

Commendone

celebre

rend l'opera sommamente aggradevole per doviziosa messe di notizie riguardanti uomini celebri del secolo xvi, e
paesi in allora poco noti all'Italia;
scrisse piuttosto gli

ma
vi-

appunti di ci che
il

de

nell' accompagnare

Cardinale, che
ritratto del

la vita di lui. Il

Rondinelli brevemente,
il

ma

con maestria, fece

Da-

PREFAZIONE
vanzati. In
il

XXIX
scrisse
il

modo commovente
Tasso; ed

Manso
altri

la vita del

Mazqilasi

zucchelli

ne die un'ottima dell'Aretino.


scrittori Italiani
si

Gli

sono

metodo di scrivere degli uomini illustri Dal secolo XIV al XVII furono tanto concisi, che
tutti slontanati

dal vero

raccontarono soltanto ci che raccoglie-

vano dalla pubblica fama; e se scrivevano d'un letterato, suolevano aggiungervi


il

catalogo delle sue opere. Molti

degli scrittori posteriori al secolo xvii

per ovviare a quel difetto peccarono nel


,

suo contrario, e narratori d'ogni

meno-

ma

particolarit della vita del personag-

gio, di cui impresero a scrivere, tratta-

rono con negligenza tutto quello che era fatto per effigiarne V animo e per
, ,

darci la chiave del suo operato. Molti

sebbene ricercatori minutissimi


rarono di leggere
rie
,

trascu-

gli scritti

e le

memo-

che richiedevano tediose inchieste o, se le lessero, non seppero usarne con avveduta sobriet, come a cagion d'esempio fece il eh. Serassi nella vita del

XXX

PREFAZIONE
i

Tasso. Altri impinguarono

loro volu-

mi o

di minuzie, o di opinioni volgari,

o di puerile erudizione, senza darsi cura di ponderare n l'et, n il criterio, n l'autorit degli scrittori da loro citati; talch alcuni in diverse parti d'un opera

medesima adottarono opinioni


,

inco-

erenti, e contradittorie
riose alla

e talvolta ingiu-

memoria

di colui,

che vollero

render chiaro. Taluni assunsero il laborioso carico di dare nuova vita ad un

uomo,
tre al

la cui celebrit

non
;

si

estese ol-

confine della sua patria, ed ivi


lustri

ancora per pochi


ro dalla

e quasi traesse-

tomba un dimenticato Tullio, o un Cesare o un Virgilio lo laudarono con quell'entusiasmo, che non pu destare che un nome celebre nell' universo Ma il pi comune difetto nel
;,

quale caddero

gli scrittori

di vite, la

specie di culto che ebbero pel loro eroe


talch con ogni cura ne nascosero gli
errori, gli abbagli,

difetti,

quasi che,
lau-

coir escusarlo negli

atti

meno che

devoli,

si

possa sperar credenza nelle

PREFAZIONE
difetti
1'

XXXI

cose dette, meritevoli di lode. Questi

comuni al pi gran numero degli scrittori hanno renduta et nostra molto severa verso di loro .

pi

le

opere
,

tarse di

Essendone per lo scuciti frammenti


i

di citazioni

non vogliono

leggitori pre-

star loro fede,

senza l'allegazione de' do-

cumenti; ci che ne comprova, che col peggioramento del costume se non si


,

spenta la considerazione per


diffidasi
letterati

le lettere,

grandemente del candore dei

Alcuni moderni scossero per ogni giogo e con altro artificio vollero pro,

cacciarsi l'attenzione della moltitudine.

Essi
,

senza stancarsi nel leggere crona,


,

che capitolari statuti e polverosi testi a penna supplirono alla necessaria esattezza collo splendore de' pensamenti e dello stile, che dicesi filosofico, che altro non che il burlarsi di tutte le isti,

tuzioni, e di tutte le opinioni venerate

dagli uomini.
sofa

Ma

questa

moderna

filo-

interamente contraria
,

alla cele-

ste dottrina

detta dagli antichi sapien-

XXXII
za
:

PREFAZIONE
,
,

appo loro aveva per iscopo tende di render gli uomini migliori quella a fargli orgogliosi, pieni di se ed ognor titubanti sulle massime fondamentali della religione, della morale, e della legislazione. Di tale filosofia ne
cfuesta
;

abbiamo esperimentata

la

funesta

in-

fluenza ne' passati deliramenti, poich

senza di quella , ancorch qualche scon-

volgimento avesse per un qualche periodo turbata la superficie del globo

non ne sarebbero
to pronti,
tradittorj

stati gli effetti

n tan-

n tanto

atroci,

n tanto con-

Volendo
illustri

io tessere la vita di alcuni


,

Toscani imaginai un piano tutto mio proprio. Sono per ben lungi dal
crederlo degno d'essere
imitato.

dagli scrittori

Non avendo n
,

l'ingegno,

noverati doni che


storico
,

si

richieggono in uno
tal

cercai di supplire a
col fare

manca-

mento

ogni

diligente ricerca
,

concernente questi argomenti e astenen-

domi
il

peraltro dall' impinguarne


I

troppo

volume.

Toscani, di cui

scrissi,

non

PREFAZIONE
sono come
gli eroi

XXXIII
,

n invitti guerrieri, n ordinatori di repubbliche n rettori di stati ma sapienti illustri, che ricondussero, dopo lunga barbarie i lumi e la coltura in Italia di dove si diifuse nel resto d'Europa; e che riponendo in fiore le lettere, prepararono il felice secolo di Leone che fu ne fasti del mondo la terza et degli
di Plutarco
,

ingegni straor dinar


Pubblicata
si

la

Vita del Petrarca,

mi

dest la

brama

di scriver quella del


,

suo collaboratore Giovanni Boccacci uo-

mo non men
,

prestante, n

meno

utile

alla coltura dell' Italia

del suo celebre

amico che modestamente suo precettore chiam E' questo argomento come Pochi di lui dierono del tutto nuovo contezza o il fecero con tanta brevit e trascura ggine che non temei la taccia
.

o di copista o di compilatore dell'altrui fatiche. Ineffetto a che si riducono le


vite del
lani, e

Boccaccio

scritte

da Filippo

Villa

da Giannozzo Manetti,

meno

parte, ove tratta quest'ultimo delle pre-

XXXIV

PREFAZIONE
del Certaldese nel diffondere le
lettere ?
il

mure
greche

Lo

Squarciafico

il

San-

sovino,

Betussi copisti degli anzidetti


alle

aggiunsero alcune fole


ristrette
,

narrazioni

ma

veridiche
il

de' precedenti

Nello scorso secolo


zucchelli scrissero

Manni,

il

Mazdel

ancor

essi la vita

Boccaccio, e pi diffusamente degli anzidetti


;

ma sebbene raccoglitori di utili masono


le loro fatiche tanto disor-

teriali,

dinate, che
la lettura,

appena

tollerar

ne possono
scri-

o coloro, che vogliono


,

vere del Boccaccio o


letteraria istoria
.

compilatori d' una

Malgrado infatti le fatiche di essi, Giovanni noto ai pi, soltanto come un celebre novellatore ed un egregio prosatore ma chi sa che fu un gran cittadino un saggio ed avveduto
,

politico , e verso

il

termine de' suoi giorni

un'integerrimo scrittore,

un'uomo

vir-

tuosissimo? Chi seguillo nell'andamento


delle passioni, ne' traviamenti, ne'penosi
contrasti
,

ne' virtuosi trionfi di lui ?

Chi

narr che nella ristrettezza di sue sostanze fu protettore munificente delle lette-

PREFAZIONE
quella de' grandi
,

XXXV

re, sprezzatole dell'aura popolare, e di

e che visse a guisa


e pronto

de' Curj e de'Fabricj incontaminato d'a-

dulazione, in onorata povert


,

sempre a servire la patria che nell' adoperarlo remuneravalo scarsamente? Chi


fece conoscere la sua moltiplico

erudi-

zione,

suo vasto sapere? Chi die iltran sunto delle sue opere alcune delle quali
il
,

sebbene non meritino


gidi
,

d'

essere lette ogl'

meritano

d'

essere note per

utilit

di cui furono ai letterati dell'et decor-

Nessuno espose che fu il suo pentimento frutto di matura deliberazione, e non di debolezza, mentre nel ritrattarsi non si ridisse su ci che aveva detto ^ per disgombrare dalle deboli menti dei suoi contemporanei alcune ignoranti superstizioni, che avvilivano l'augusta dise
.

gnit della Cristiana Religione

Ecco quanto
sta

divisai di trattare in que-

Vita del Boccaccio, con quella diligenza, che vi potei adoperare maggiore,
le moltiplicate distrazioni, ca-

malgrado

gionatemi dalle perturbazioni di questi

XXXVI

PP.

EFAZIONE
non dimenOxford mi
la

ultimi anni. Ne' miei viaggi


ticai

questo lavoro, e

Parigina, e perd'

fino la celebre

Bodleyana

fornirono alcune notizie


ra
.

utili

a quest'ope-

Malgrado per ogni mia premura mi sono mancati alcuni documenti, che distrutti la lima edace del tempo, e che
sarebbero
stati

necessarj per rischiarare

alcune epoche di questa vita.

Ho
to de'

seguitato nell' opera


,

l'

ordine esat-

tempi

per essere
;

la

cronologia la

vera face della storia quantunque non


senza estrema
fatica.

Un tale

andamento

aumenta
rie parti
;

la difficolt di

collegarne le va-

imperciocch fa d'uopo di parlare successivamente di cose disparate fra loro, per non essere il ragionamento,

ma

la casualit delle

vicende del

mondo
uomini.
pri-

l'arbitra delle operazioni degli

L'ordine cronologico mi condusse a divider r opera in tre libri Abbraccia il


.

mo

avvenimenti della vita di Giovanni dal suo nascimento persino alla famogli

sa peste del 1348, e per ci vi

si

ragiona

della sua educazione , delle giovanili vi-

PREFAZIONE
,

XXXVH

cende e degli amori di lui colla Fiammetta che invaghillo di comparire luminosamente fra gli scrittori Tratta il secondo del Decamerone, e del periodo
,
.

della sua vita , nel quale mostrossi citta-

dino amantissimo della patria abile


,

trat-

tatore d' affari


lettere
;

e illustre promotore delle

e questa

non

la parte la
,

meno
che

istruttiva di

questo libro

apparendovi pi
,

grande
ei

agli

occhi altrui

di quello
,

lo

apparisse a se stesso

continuan-

do ad essere tiranneggiato da scostumate concupiscenze. Comincia il terzo libro dair anno dell' et sua quarantesimo nono e allorch un impensato avvenimento lo mosse a scuoterne il giogo ed a vivere virtuosamente E que, , .

sto contiene V istoria

de' suoi contrasti

de* suoi rimorsi , e dell' onorevole ritrat-

tazione eh' ei fece de' deliramenti passati


in
iscritti

eruditissimi e virtuosi.

per

procacciare maggiore vaghezza a questa


vita,

e renderla pi istruttiva, vi ag,

giunsi la storia politica dell' Italia e prin-

cipalmente della sua patria per quella

XXXVIII
parte
,

PREFAZIONE
,

che
si

o direttamente

o per inciBoccac-

denza,

collega colle sue gesta.


il

Ci basta per conoscere


Italia di quell'et,

cio, e l'istoria politica e letteraria dell'

per
,

leggitori,

che
te-

nel cercare istruzione


diarsi

non vogliono

con opere troppo voluminose Coloro per che bramano pi diffuse notizie, possono appagarsi leggendo le
annotazioni
strazioni
trattai
d'

di questa
la

vita,

le

illu-

che

seguono. Nella prima


d' istoria

un argomento
,

lette-

raria assai importante

che sembravami
,

non abbastanza
to dal

dilucidato
,

anzi oscura-

Gradenigo e non ben dichiarato


;

dal Tiraboschi

cio delle vicende della


,

Greca letteratura in Italia dalla decadenza dell' Impero d'Occidente sino all'
et del Petrarca
,

del Boccaccio
alle

la

quale pu servire di proemio


celebri dell' Hody
,

opere
,

e del Bohernero intal'

cominciando
to,

essi

a trattare

argomen-

dal periodo appunto nel quale ter;

minasi quest' opuscolo che sebbene poco voluminoso richieste non poche di-

PREFAZIONE
la famiglia di lui, e
il

XXXIX

ligenze e fatiche. Riguarda la seconda

luogo della sua

cuna. Si ravvolge
rone ed
:

la terza sul

Decame-

la

rapida storia delle vicende


a che aggiunsi le no-

di questa celebre prosa, delle opere a

cui diede motivo


tizie

bibliografiche delle pi celebri edidelle

zioni del libro

novelle. L'argo-

mento
sure,

della quarta la storia delle cen

che furono fatte al Boccaccio, e delle

calunnie appostegli; e questa potr recare istruzione a coloro, che con conti-

nue veglie e con assidue


,

fatiche sperano

rimunerazione di laudi dalla posterit: apprenderanno, che non spenge la morte

l'invidia,

la calunnia.

Riunii

nella
sulla
rit

quanto potei raccogliere Fiammetta; donna, che se non mequinta

chiarezza per muliebre modestia,

meritolla per aver sospinto


farsi

l'amante a

come

talit.

degno dell'immorLontano dalla cuna di lei, non


scrittore
i

potei rischiarare
della sua vita ;

principali avvenimenti
ci

ma

che ne ho detto
via
i

potr bastare, per mettere sulla

XL
letterati

RE FAZIONE

Napoletani di renderla nota con


la sesta illustrazione

ricerche fatte negli archivi di quel Rea-

me

Contiene

il

som-

mario cronologico della sua


ro laboriosissimo
,

vita, lavo-

per non essere stato

soccorso a

tal'
.

dente scrittore genza da me usata, lungi sono dal credere e questo sommario, e tutta l'opera
scevra d'errori.

uopo da veruno anteceMalgrado per ogni dili-

XLI

NOTIZIE BIBLIOGRAFICHE
INTORNO AGLI SCRITTORI

DELLA VITA DEL BOCCACCIO


E
la

catalogo delle Opere di

lu

coli*

indicazione dell*

edizioni delle

medesime y

di cui ci

siamo valuti per

compilazione di questa Vita.

l^oMENico ARETINO,
nemorah'iliiim universi
:

iTiorto

vcrso

il

I4l5, die poche

notizie intorno al Boccaccio neiropera intitolata: Fons

esistente nella
)

Laur. LeopoL t.l.p. 408.


il

e queste

Medicea ( Cat. poche notizie, che


:

tamente

Mehus chiama una vita, le abbiamo pubblicate unialle Rime Liriche del Boccaccio, (p. xxxiii. ) Filippo villani scrittore del secolo xiv. Fu pubblicato un antico volgarizzamento della sua vita del Boc,

caccio dal Conte Mazzucchelli


nel suo originale latino
tratta

1 2A- 4. ) e da noi ( Ven. da un manoscritto della

Medicea, colle Rime Liriche del Boccaccio (pag. xxvii.) GiANNozzo MANETTi Scrittore del secolo xv. La vita scritta da lui fu pubblicata dal Mehus. ( Fir. 1747. 8. ) Girolamo squarciafico Alessandrino, nel secolo xv scrisse una vita del Boccaccio, pubblicata col Filocolo della stampa di Milano del H'J. per Domenico da Vespola. Fu ristampata collo stesso Filocolo in Venezia nel 1488. per Pellegrino Pasquali da Bologna, Lue' ANTONIO RiDOLFi La vita brevissima, eh' ei
.

scrisse

sta in fronte dell' edizione del

Decamerone

fatta

dal Rovinio in Lione nel l552. IS.

al nostro

Francesco sansovino raccolse poche notizie intorno Autore e coll'intitolazione di Vita del Boc,

XLII

NOTIZIE
Decamerone stampato
4.

caccio le pubblic col


lito in

dal Gio-

Venezia nel i546,

ne pubblic
Illustri del

Giuseppe betussi Bassanese scrittore del secolo xvi. la vita con la versione del libro delle Donne

Boccaccio

Fu stampato questo
i

volgarizza-

mento in Firenze da' Giunti nel Sp. 8. Domenico maria manni raccoglitore benemerito di molte memorie intorno alla vita del Boccaccio Formano queste memorie la prima parte della sua Storia del Decamerone ( Firenze I "742 4. ) Gian maria mazzucchelli scrisse una vita pi delle
. .

antecedenti diffusa, ricca di molte notizie riguardanti le opere del Boccaccio, e furon fatte
.

le

edizioni, e le versioni

che ne

Trovasi all'articolo Boccaccio nella Biblio2.

teca degli Scrittori Italiani, {t.

p. 3. p.

l3l5.
,

Lorenzo mehus die molte importanti notizie


danti
il

riguar-

nostro Giovanni, nella prefazione e nella vita,


d'

che precede l'epistole


I75p./..)

Ambrogio Traversar!.

Fir.

dante

Girolamo tiraeoschi alcuna cosa di nuovo riguaril nostro argomento, disse nella sua storia della
.

Letteratura Italliana
quest' opera fatta in

Ci siamo

valuti

dell'

edizione di
8.

Venezia nel 1795. in

Quanto
quelle

all'opere del Boccaccio

adoperammo

le se-

guenti edizioni.
,

Abbiamo

tralasciate in questo catalogo


gli

che senza fondamento

furono attribuite

Delle non pubblicate colle srampe, diamo l'indicazione


de' testi a

penna

da' quali le

abbiamo

tratte.

Genealogia- Deorum f
cilli.

cum

annotationibus lacobi Mif.

Basileae apud Ioan. Hervagitim l552.

Questa edi-

zione passa per l'ottima di questa opera, che fu copiata


in parte da Fra

cante degli ultimi


Cod.
VII. sin.
)
(

Tedaldo della Casa, La copia di lui manlibri esiste nella Medicea. (Plut. xxvi.
,
,

Mehus pag,

336.

BIBLIOGRAFICHE
De
gli

XLIII
ec. Quest*

Montibus, Silvis

Fontibus

Lacubus
la

opera sempre stata stampata dopo

Genealogia de-

Dei

De

Casibus Virortim, et Foeminarum illustrium

li"

Ioannem Petit sine anno . Anche quest' opera fu copiata da Fra Tedaldo nel iSpS.; e detta copia si conserva nella Medibri IX. Parisis
,

apud Ioan. Gormotium

et

cea
riujn

Plut. XXVI. Cod. VI. sin.

Mehtis pag. 336.

De

Claris Mulieribtis

Bernae per Mathiam Apia-

iSo^.f. Volgarizz quest'opera Donato degli Al-

banzani detto dal Petrarca l'Appenninigena, amico del


Boccaccio. Possiede questa versione la Biblioteca Taurinense
( Mazzuc. ) Eglogae Sexdecim
.

di Virgilio

di Calpurnio
(

Furono pubblicate con quelle , di Nemesiano, del Petrarca


,

Boccaccio dedic all'anzidetto Donato degli Albanzani.


1

e di altri da' Giunti

Firenze

504.

S.

Il

le

EpisLolae Latinae. Di queste ne abbiamo raccolte varie


.

Alcune da un Codice Senese che

ci

furono

utilis-

sime. Di questo Manoscritto ne abbiamo data un'esatta


descrizione nelle note alle

Rime

Liriche del Boccaccio

da noi raccolte In
.

oltre una. Epistola dal

Boccaccio di-

Ms. Parigina ha l'intitolazione: Fracisci Nicolai SS. Apostolorum de Florentia Prioris Epi-stolae ad Franciscnm Petrarcham Laureatum E anche queste epistole del Priore che precedono quella del Bocretta al Petrarca
trascritta dal

abbiamo

Num.863l.

del secolo xv. che

caccio,

ci

hanno somministrate alcune


la dissertazione
(
:

utili notizie

Il

Padre Gandolfi dietro

De

Ducentis Au-

gustinianis Scriptoribus

car. 262.

pubblic l'epistola

del Boccaccio a Fra Martino da Signa, nella quale davagli la

spiegazione delle sue egloghe


,

Una

diretta a Fran-

ceschino da Brossano
Petrarca
,

nella quale deplora la


nell'

morte del
noi
citata

pubblic

il

Mehus

opera da

XLIV
(

NOTIZIE

p. 2o3). II Codice Mediceo ( Plut. xc. Inf. num. 14. ) ne consei-va una diretta a Maestro Pietro Bolognese Ed altra ne scopersi ( Cod. Med. Plut. LII. num. xxix. )
la quale la dedicatoria della storia degli illustri infelici
si

pubblica in fine dell' opera

Mainardo dei Cavalcanti, che per la prima volta Il Mazzucchelli cita un


.

epistola latina, che conservavasi nella libreria di San Gio-

vanni di Verdara in Padova


stre ricerche per rinvenirla.

ma
,

vane furono

le

no-

Per

le

opere Italiane in prosa

abbiamo adoperata
1724. V.
6.

l'edizione Napoletana, procurata da Lorenzo Ciccarelli

che

porta la falsa data di Firenze


1'

in 8.
ri-

Ciascun* opera ne' luoghi dubbj


scontro colle seguenti stampe
Filocolo o
.,

abbiam tenuta a
l594. 8.

Fllocopo

Fir.

Giunti

Ameto Fir. Giunti. l52l. in 8. Fiammetta, Fir. Giunti. 1694. in


in 8.

8.
1

Laberinto d^ Amore, ossia il Corbaccio, Fir. Giun.

594-

Ed anco per

quest' opera ci siam valuti della stam,

pa, tratta dalla copia

che ne fece Amaretto Mannelli


Morello in
8.

conservata nella Medicea, e pubblicata da Iacopo Corbinelli in Parigi presso Federigo


8.

Vita di Dante. Sermartelli. Fir. iS^.

o dell' otdelle Pro,

tima ristampa
se di

che ne fu fatta nella raccolta Dante e del Boccaccio ( Fir. Tartini


,
.

Fran-

chi 1723.

4) edizione diretta Decamerone Amst. l665.


,
.

dal Biscioni.
in 12. edizione detta de-

gli Elzeviri

siamo tima stampa fatta in Lucca nel 1761.


pe' riscontri ci

Ma

valuti dell' ot4.

che
.

la

co-

pia esatta del testo Mannelli della Medicea

Testamento

Ci siamo valuti

della copia

cavata

dall'originale scritto di proprio pugno del

Boccaccio,

e stampata da' Deputati colle annotazioni al

Decame-

rone

FiV.

5 23. 4.;.

Quanto

alla

copia latina , di quella

BIBLIOGRAFICHE
ehe trovasi
di
ncll' istoria del
i

XLV
1

Decamerone

Jel Manni.p.

13.

Comento sopra
.

primi sedici capitoli delV Inferno


altra

Dante Di questo commento non ve ne ha


,

stam-

pa

che quella fattane in Napoli con tutte le opere in prosa ed compreso ne' voi. V , e VI I Compilatori della penultima edizione del Voca:

bolario della Crusca spogliarono

il

testo originale
,

che
con-

era nell' Archivio delle Riformagioni di Firenze

tenente

le lettere scritte alla


,

Boccaccio

Repubblica Fiorentina dal mentre era in Avignone legato al Pontefice


passati compilatori di ritrovarle
,

Ma non

riesci ai

mal-

grado ogni diligenza usata da loro: n pi avventurose


delle loro sono state le nostre

premure
.

Lettere. Cio I.a Messer Pino de' Rossi II. a Messer Francesco Priore de' SS. Apostoli. III. a Niccola Acciainoli. IV. a Madonna Andrea Acciajuoli Contessa
d' Altavilla
.

ci

siamo valuti

V. a Francesco Bardi Di queste lettere della stampa fattane colle Prose di


.

Dante

e Boccaccio sopraccitate
;

rettissima di

f. e dell' altra stampa scorVenezia per Girolamo Penzio da Lecco l5'28. 4. La prima fu corretta da Andrea Basso Ferrarese la seconda da Messer Tizzone Gaetano de' Pofi Sebbene si creda essere queste due le sole stampe della Teseide una terza ne esiste nella Magliabechiana del

Teseide, Ferrara 1475.

secolo XV.

Fossi Cat. Magliab. V.

I.

p.

376.)
I^Sp. in 8.

Filostrato, Parigi da' Torchi di Didot

Edizione procurata dal Padre Baroni, d'assai buona lezione


.

Ninfale Fiesolano, Londra 1778. in 12. Edizione


di Parigi

Amorosa Visione
in 4.

Milano per Andrea Calvo


vi

520

Questa prima edizione di detto poema


aggiunse
1'

fu assistita da

Girolamo Claricio, che

apologia de' pregi

XLVI
ristampa

NOTIZIE
.

poetici del Boccaccio


,

Ci siamo ancora valuti

della

che ne fu fatta dal Giolito in Venezia nel l558. in 8. Di questi quattro poemi , che abbiamo alle stampe scorrettissimi , singolarmente quanto alla Teseide
,

all'Amorosa Visione, volendoli ristampare,

ne hanno ottime antiche copie a penna le tre celebri Biblioteche Fiorentine, Medicea , Magliabechiana e Riccardiana
.

Rime Lriche Livorno


,

l8o3. in

8.

Essendo state da
e niti-

me

raccolte e illustrate, l'erudito e gentile Signor Gaele

tano Poggiali

diede in luce emendatissime


;

dissimamente impresse
gi a stampa nel
la

e vi aggiunse quelle, che erano


e nell'

Decamerone
intitolata
. :

Ameto

corrette con

guida di alcuni suoi ottimi MSS.


Neil' opera

Caialogus Mamiscriptorum
l6p7.
in
f.

Angliae
il

et

Hiberniae

Oxon.

si

descrive

manoscritto della Biblioteca Bodlejana num. 2842.


121.) contenente varie opere del Boccaccio; dopo

{p.

avere

annoverate

le

quali

si

legge

Itinerarium
.

ad
Ci

sepulcrum

Francisci

Petrarchae per Boccatium

fece credere ad alcuni eruditi, che vi fosse un opuscolo su tale argomento del Boccaccio.

Ma
che

esaminato
l'

da

me

il

Manoscritto in Oxford
opuscolo

vidi
:

intitola-

zione

dell'

diceva soltanto

Itinerarium

ad

sepulcrum Francisci Petrarchae , e che questa operetta


era
l'

Itinerario Siriaco del Petrarca


{

pubblicato colle

sue opere

Bas. i53i. p. 552.), con un prologo che


.

non

si

legge in quella stampa, che incomincia


spei nostrae rerum exitus
,

\Raro saepe neque

admodum
id

respondet,
,

praemeditata destituunt

insperata contingunt
.

mirum

cuique

esse debct
il

accidat. Prosegue

Petrarca
,

Mirum potius si aliter come non pot condurre


al S.

ad effetto un viaggio

che divisava fare

Sepolcro

La

stessa

inesatta descrizione di quest' opuscolo del

BIBLIOGRAFICHE
Petrarca
si

XLVII

trova ancora nel catalogo Bodlejano di Ja1620.


4.

mes {Oxon.
Il

p.

"jS. )

chiarissimo Ab. Morelli,


dell' italiana

menti
lo XIV.

letteratura

uno de' pi belli ornami ha data contezza di

avere trovato in un suo

codice miscellaneo del seco-

uno scritto del Boccaccio intitolato: De rrta et moribus Domini Francisci Petrarchae de Florentia *ecundum Ioannem Bochacci de Certaldo Ed nn componimento in versi latini del medesimo, nel quale mani,
.

festa

il

suo vivo desiderio di veder pubblicata l'Affrica

del Petrarca, che forse lo stesso da

me
,

veduto nella
la re-

Biblioteca di Oxford. Ei

si

propone d'arricchire

pubblica letteraria di questi due opuscoli


noscritta

pubblicandoli

per intero nel secondo volume della sua Biblioteca


,

Ma-

volume aspettato con viva impazienza


.

dagli

eruditi Italiani

XLIX

SPIEGAZIONE

DELLE VEDUTE.
mugnone. In questa angusta valletta eh* non lungi dal luogo ove questo rivo perde il suo nome morendo in Arno,
di
,

Valli

alla

pendice del Colle Fiesolano

finge il Boccaccio, che Ameto scuoprisse Lia leggiadrisima ninfa E che fosse tratto alla volta di lei dalla melodia del suo canto e che la vedesse sedente fra le
. :

sue ninfe, alcune delle quali refrigeravansi dall' estiva caldura bagnandosi Ci esprime 1' intaglio rozzo il
.

Ameto

sopraffatto da inusitato piacere

vedesi appogil

giato sopra noderoso bastone, ascoltante estatico della vaghissima ninfa. {Amet. p. 6. e seg.
)

canto

La Valle

delineata dalla riva del fiumiccllo

qual

si

vede oggid

volgendosi verso Firenze, circa mille passi fuori della


porta a Pinti
.

Sulla sinistra della veduta appariscono


.

le pi alte fabbriche della citt

Fra queste primeg-

giano

la

stupendissima cupola, e
;

il

campanile di
si

S.

Ma-

ria del Fiore

a sinistra della cupola

vede

la torre

detta altre volte del Palazzo de' Signori, oggid di Palazzo Vecchio
.

Sulla destra

nascosa in parte dalla piop.

peta

la

grandiosa cupola della Basilica Laurenziana

E' tradizione popolare,

che

la casetta al di la dello sco-

glio

dicontro al quale posasi Ameto, occupi il locale medesimo d'una Villetta di Dante. (Fi'f. lib..art. xxxvi.) Villa di schifano; a. Finge il Boccaccio, che i no, ,

vellatori

e le novellatrici

per fuggire lo schifoso aspetto


,

della citta nel

tempo

della crudelissima pestilenza

si

SPIEGAZIONE DELLE VEDUTE


Ilhtst. 3.

refugiassero in contado, e che primieramente scegliessero

per dimora una villa creduta Poggio Gherardi


art. II.)

Che per non


scegliessero

essere dipoi da molesti visitatori

turbati

si

un sontuoso palagio
queste cose

in

nissimo,
essere
gi

che

gli

studiosi di

luogo ameconvengono

villa di

Schifanoja, o de'

Tre Visi, detta og-

Villa Palmieri, circa mille passi lungi dalla citt

in un'altura adiacente alle rive di


sta

Mugnone
,

Di que-

seconda dimora

fa la pi ridente
.

e vaga dipintura

nel proemio della terza giornata


taglio vedesi
il

Sulla destra dell' in,

non quale oggid per essere stato restaurato da poco in qua; ma come rappresentato in una antica dipintura esistente nelli villa medesima, che probabilmente lo mostra qual era a' tempi del
palagio
la

Boccaccio. Sopra
scudi
,

porta principale vi

si

ravvisano tre
,

ritratti

ove erano a mio credere scolpiti tre volti o tre che diedero al palagio la denominazione di
,
.

Tre

Visi

La

cascatella sotto

il

Palagio, che versale

sue acque in Mugnone, proveniente dal giardino della


villa, fa

andare due mulina, ed quell'acqua medesiil

ma
55
})

della quale dice

Boccaccio

che verso

il

piano

discendendo chiarissima, avanti che a quel divcnisse con grandissima forza e con non piccola utilit
,

V del signore due mulina volgea,,. L'allegra brigata


rappresentata riunita nel pratello adiacente
atto di porsi a novellare
dall' altra riva di
.

al palagio in

E' stata tolta questa veduta


in faccia alle

Mugnone

mulina. L'emi-

nenza
si

sulla sinistra offre la prospettiva di Fiesole qual

vede oggid Certaldo. Questo Castello renduto celebre dalle dimore fattevi dal Boccaccio, e dalla sua tomba, situato in Val d' Elsa, diciannovemila passi lungi dalia
citta
.

E' stato
il

disegnato dalla cima d' una collinetta


,

detta

Poggio del Boccaccio

che era una sua pr-

SPIEGAZIONE DELLE VEDUTE


prieta
;

LI

per estrema
S.

voi

)nta,

di lui

passata alla parroc-

chia di

Filippo e Iacopo, ove sepolto.


presa la veduta
,

Nel
il

lu-^go

dal quale fu

rappresentato

Boc-

una delle grandi opere latine, che compose in quest'ameno ritiro. Il campanile terminato con una cuspide sulla sinistra
cacci
^

giacente in atto di melitare

dell' intaglio, quello della

menzionata parrocchia, ove


pi elevata
torre

riposano le sue ceneri


stello,

La

del
,

ca-

e terza partendosi dal lato del campanile


,

che ha due finestre, modesta sua abitazione. Oggid un podere


la sottoposta casetta
^

con formavano la
de' Ridolfi.

Vit.

l'ib.

IH.

art.

l8.

Valle
donne a
(

delire

donne. Questa veduta rappresenta la


,

ritonda e angusta valletta


sollazzarsi
x.
)
,

ove Elisa condusse


vi

le belle
,

e bagnarsi nella

calda stagione

Giorn. 6. nov.

come
,

si

vedono rappresentate
,

Il

Laghetto formato da Affrico, Fiesolano rivo


il

come

lo descrive

Baccacoio
e

non

e-jiste

oggid. L'avaro cul-

tore ha tolta la bala al ruscelletto di scorrere a suo pia-

cer nel pianctto


vista stata

lo

ratriene in ripe

artefatte
,

La
in-

disegnata da un boschetto

che da

gresso alla pianuretta

venendo da Schifanoja, e guardando l'oriente. Nella veduta cinque soltanto delle sei montagnette si veggono che attorniano il piano delle
, ,

quali dice

11

scuna, un
n te
,

si

Boccaccio: che in su la sommit, di ciavedeva un palagio, quasi in forma fatto di


piano discendevano
loro

bel castelletto: le piagge delle quali montagnetcos

degradando verso

il

co-

me

ne' teatri
all'

veggiamo dalla
il

sommit

gradi in,

fino

infimo venire successivamente ordinati


cerchio loro
.

sem-

pre ristringendo

Esistono tuttora in

quelle prominenze le dette ville a foggia di castelletti,

come
vero
.

si

ravvisa nella veduta fedelmente espressa dal

La pi cospicua

fabbrica sulla sinistra con un log-

LII

SPIEGAZIONE DELLE VEDUTE


il

giato
stra di

Claustro della Doccia.

La fabbrica
,

alla sini-

questa la villa gi de* Minerbetti

ora

Ortor-

landini. L'altra pi grandiosa fabbrica, con due

La terza retta da un muro la villa Rassinesi a bastione era la Villa Micheli di poi Gilles ora eredi dopo 1' anzi* Pigri La casa rustica in vetta al colle
rette
.

detta, di pertinenza delle

Monache
il

di S.

Anna,

si

chiama

la

Casa Nera.

Si

compiacque

Boccaccio di de-

fale Fiesolano

vaghissima solitudine anche nel NinNel poema finse che in quel laghetto lo che fu loro cagione Affrico sorprendesse Mensola pentimento, e di lacrimevole fine. {lib. i. d' amaro
Bcrivere questa
.

art.

XLXvii. Ilhis. in. art. n.


V. B.
Il

)
i.

legatore potr, legare innanzi al libro


.

la

Valle di

Mugnone

Innanzi

al libro

ii.

la Villa di

Schi-

fanoja. Innanzi al libro ni. Certaldo. Innanzi alla pri-

ma

illustrazione la Valle delle

Donne

SOMMARIO
DEL LIBRO PRIMO

I.

L/i Boccaccio padre


ili.

di Giovanni.
iv.

\\.

Nascimento di
lui,

Giovanni,
V.

Sua puerizia,

Primo maestro di

S*
.

applica alla mercatura., e poscia al diritto cano'


VI.

nico

Si stabilisce in Napoli,
.

vii.

Di

quella corte,
ei

e del

Re Roberto

vili.

Uomini

illustri
-n.

eh*

conosce

in Napoli. IX. Influiscono

ad

istruirlo.

Effetto che gli


.

produce la vista del sepolcro di Virgilio

xi.

Chi fosse

Usuo

vero maestro,

xii.

Di Niccola
.

Acciajuoli. xin. Il
all'

Boccaccio frequenta la corte

Vi assiste

esame del
.

Petrarca

xiv.

Delle sue fattezze , e del suo carattere

XV. S" innamora di


d' Aquino. XVI.

Maria
s'

Come Maria appartenesse

ai

Essa

innamora del Boccaccio, xvn.


all'

Pi'e'-

gi di

lei

xviil.

Rende

amante odiosa
il

la mercatu-

ra, e care le lettere, xix. Ei ne cela

vero nome con

quello di Fiammetta,
lora
i

xx.

Pregio in cui erano tenuti al-

romanzi

xxi.
.

Celebrit degli amori di Florio.,

e di Biancofiore

xxil. Storia de*

due amanti, xxin.

Il

Boccaccio scrive questa istoria per compiacere alla Fiam-

metta

e intitola

il

libro

il

Filocopo

xxiv.

De'

difetti e

de' pregi del Filocopo. x\v. Scrive la Teseide. xxvi. Giu-

dizio del

poema

xxvii.

Lo dedica

alla

Fiammetta

2
xxviii. SI restUuiscs in Firenze ; dolore della

Fiammetta

XXIX.

Argomento del

libro intitolato

V Amorosa Fiammet-

ta. XXX. Novit in Firenze, xxxi. //

Duca d'Atene
xxxii'.

Si-

gnore in Firenze, xxxn. Tirannide del Duca,


ciata del
.

Cac-

Duca, xxxiv. Distruz'one della Nobilt

in Fi-

renze xxxv. Vantaggi^ che arreca al Boccaccio la vista


di quegli avvenimenti xxxvi. Scrive
.

V Ameto.

xxxvii. Pre*
;

gi delV Ameto. xxxviii. Si restituisce in Napoli


zioni accadutevi
XL.
.

muta.

xxxix. Assassinamento del

Ke Andrea
lei

Della Regina Giovanna ; considerazione di


XI.
i.

pel

Boccaccio.

Della Corte d' Amore. xi.u. Ei interviene


,

quella della Fiammetta


il

e ne trae occasione di scrivere


.

Filostrato. XLin.

Argomento del Filostrato


.

xi.iv . Scri-

ve V Amorosa

Visione
.

XLV.

Acrostico

con cui dirige


.

V opera a Maria

XLVI. Giudizio delV opera


.

XLVll. Il

Ninfale Fiesolano xlviii. Rime Liriche di

lui

xLix.

Egli

sommo poeta

nella prosa

L.

Sua mediocrit come ver-

sificatore. LI.

Grandi obblighi ^ che professagli lapo^

sia Italiana

LIBRO PRIMO

Jjoccaccio di Chellino, originario di Certaldo in Val d' Elsa, applicossi alla mercatura in Firenze, ove erasi il padre suo trasferito. Nella nuova patria, venne non meno
I.

la sua, delle altre

popolane famiglie onorata,


uffici

ed

ei

vi

ottenne alcuni importanti


.

della

repubblica

Non

die per intera applicazione


,

air amministrazione del governo

distratto dal

negozio, nel quale fu

sommamente avveduto;
,

e astretto per quello a viaggiare

in

giovent

fece assai lunga dimoranza in Parigi (a)


II.

Piacevole d'ingegno,
,

al
,

conversare inclis'

nato

ad amare proclive

invagh

d'

una

giovane di quella citt, di condizione fra nobile e cittadina,

da cui ebbe Giovanni nel

milletrecentotredici. Giudico, che

dopo aver
risarcito

dato
la

alla

luce Giovanni, poco sopravvivesse


,

madre
lei

non avendo Boccaccio

r onore
a
figlio,
(a)

dell' infelice.

un giovanile trascorso,

tolse la gloria di dirsi

madre

d'

un tanto
delle

a noi la
IL

memoria

del suo

nome,

Illust.

LIBRO

vicende della sua vita. Oscura dunque di

Giovanni la cuna, ma non pu grandezza d'animo, che farsi chiara la tomba (a).
III. Il

padre in bassa et trasport

il

fan-

ciullo in Firenze (i),

che patria adulto chiala

(2).

L'alba d'un bel giorno apparve

sua

puerizia, mentre

non ancor pervenuto

al set-

timo anno, e non essendo stato ammaestrato


ne' rudimenti
di

veruna facolt, non cono-

scendo n poesia, n poeti, sospinto e guidato dalla sola natura, ebbe in animo di far
versi
;

e produsse alcun

componimento di

lieve

momento

invero

per essere quello spirito

gentile incarcerato in fanciullesche

membra,

che senza sapere con quanti piedi fosse tessuto un verso, da' conoscenti fu chiatale,

ma

mato

sin d'allora
il

il

poeta

(/>)

IV. Volendo

padre coltivare

le liete

spe-

ranze della sua puerizia, lo pose ad apparare grammatica sotto Giovanni da Strada (e). Era
questo precettore assai stimato in Firenze
(a) Ivi
{b)
,

Gen. Deor.
i

l.

xr.

e. x.

(e)

Vili.

vit.

Regni Etrurj , e di quelli, in pia (1) Fanciullo cercai ferma et venuto qui venni { Bocc. Amet. p. III.)
,
.

(2)

Anche

il

Petrarca chiam sua patria Firenze, sebet di 46. anni vi


si

bene solo
volta

all'

recasse per la prima

PRIMO
capace d'istruire
portavalo
la
il

fanciullo, in quanto

comla

poca coltura del secolo:


lo ritrasse

ma

paterna avidit
innanzi che
il

da quella scuola
il

fanciullo avesse terminato

corso elementare di latino; e a seconda delle

costumanze
mercatura

de' Fiorentini d' allora

Io

pose ad
alla

apprendere l'arimmetica, per destinarlo


(a)
.

V.

Infatti sul confine dell'adolescenza


il

per

erudirlo nel traffico, lo affid

padre ad un
quasi

mercatante, con cui perde


sei

il

fanciullo

anni (6). Peregrin lungamente col mer(e):

catante
resse;

ed ignoto quali regioni percor-

sembra eh' ei facesse in Napoli ed in Parigi qualche dimora (i). Richiesto il mercatante, che sperar si potea di Giovanni, avrebbe vaticinato, tanto ingannevole l'adolescenza
,

dover essere un uomo di piccola


negozio. Infatti come vogliono
,

capacit perch naturai contraggenio non ren-

devalo atto
alcuni (e),

al
il

negoziante rimand all'irritato

padre

il

giovinetto in Firenze. Io credo per

ch'ei lo lasciasse in Parigi.


dizj

Da

manifesti inalle let,

sembrando Giovanni pi atto


,

tere
(a)

che

alla
vii.

mercatura , ordin
{b)

il

padre che
(e)

Manet.

Gen. Deor.

l.

e.

Vili.

vlt.

(J) Not.

seguen.

(e)

Sans. e Betus.

LIBRO
professore s'apsostituire

sotto la disciplina d'illustre


plicasse al diritto

canonico, per

ad
il

occupazione lucrosa, ricca facolt.


sapere del maestro, ne
la

Ma

paterna autorit,

che contnuamente esortavalo ad accudirvi; ne i preghi o le ingiurie degli amici, otten,

nero ch'egli visi applicasse, onde perde in quello studio quasi altri sei anni (i).
(l)

{Gen. Deor. Le.) Alcuno cred, che Messer Gino


il

fosse
il

professore

sotto di cui studi

legge canonica

Boccaccio, indotto in tale credenza da una pretesa


,

lettera di lui a questo celebre Giureconsulto

stampata
,

con
dal

le

Prose antiche di Dante e del Boccaccio


;

raccolte

Doni

e ristampata
{

nelT edizione
Fir.

delle

medesime

procurata dal Biscioni


dell* autenticit

1723.).
,

Ma
il

questi dubit

di questa lettera

ed

Mazzucchelli

la

dimostr falsa. E oltre a ci, non avvi alcun altro


,

documento
istitutore
.

che comprovi essere stato Gino questo suo


,

Gli annotatori del Galateo dissero

non so

con quanto fondamento {Casa opere 1 223. Voi. IV. p. 222.), che suo maestro di diritto canonico fu Francesco da
Barberino.

Ma

ei
,

che chiam
Pietro
di

Nero

il

Petrarca

maestri Andalone del Monte Forte gli ultimi


, ,

due a solo
berino
,

titolo di

reverenza
:

dice soltanto
suis

rammentare il Barnon postponendns homo in qtiinel


(

busdam
e. IV.
)
.

poematlbus vulgaribiis
ragione

Gen. Deor.

l.

ix.

Dunque non veggo

nemmen

per que-

sto di assegnarglielo per istitutore. Sebbene

non possa

accertarlo con evidenza, io congetturo, che suo precettore fosse


il

celebre Padre Dionisio

Roberti Toscano,

professore di Teologia nell' Universit di Parigi, grand'a-

? R
sumer
si

O
il

7
latino; do-

VI. Sotto l'istituzione del canonista, pre-

debbe, che apparasse


latine lettere
che a

vendo
mico

delle

aver dimenticato
suo

del Petrarca
al

lui diresse la narrazione del

Monre Ventoi^o nel l336,e amato, e consideraro dal Re Roberto di Napoli che lo sollev al vescovado di Monopoli nel suo reame nel iSSp/eche
viaggio farro
,

si

crede morisse nel 1842. Ecco su che


.

si

fonda questa

mia congetrura
dirirro

Il

Boccaccio incominci ad applicarsi al


(

canonico nel 1824


,

Somm. Cron.
in

);
.

or

sembra induove
stabil
.

bitato

eh' egli allora abitasse in Parigi


fissarsi
)
,

Filippo Villani
,

narra, che innanzi di


nel
1

Napoli

si

333

Somm. Cron.
dimore
,

peregrin or qua or l

Che
Anzi

fra queste

ne facesse anco in Parigi, opinione

del Sansovino, del Betussi e del

Manni

(p. 16,).

coloro che scrissero sulla novella VII. dell' ottava gior-

nata

sebben non sappia su qual ( itid: p. 3l.) pretendono fondamento, che racconti un avvenimento accadutogli mentre eravi scolare La lunga dimora ivi fatta da lui
,
.

apparisce ancf ra dal far mostra nella Fiammetta

che

romanzi Francesi l'argomento d'alcuna sua novella,


gli

erano noti

dall'

aver

tratto

da' novellieri Franin lui, delle costu-

cesi; dalla cognizione

che apparisce che


.

manze

francesi

ma

pi di tutto da'
,

modi

di dire deri,

vati da quella favella

gli

sono familiari

e che

ha
di

trasportati nella nostra

E quanto
in

alla cognizione
la
;

quelle costumanze
della voce
egli
i

basti

esempio

dichiarazione

Lai nel commento di Dante


,

vocabolo
si

dice

preso dal parlare Francesco


cos
certi versi
.

nel quale

chia"

mano
loro
la

in

volgare composti

Ma

forma di lamentazione , nel la sua dimora in Francia


lui

deduco ancora dalla lettera di

Francciscbino

8
quel poco, che

LIBRO
nella puerizia

ne bevve da

Giovanni da Strada. Ci non consolava il padre, che vedealo sempre inclinato alla poesia, la quale vaticinava

doverlo ridurre in po-

vert.
nista

Avendo
di

tentato vanamente farlo cano-

mercatante, dallo studio de' canoni

Jo ridusse

nuovamente

alla

mercatura, e

gli

ordin in Napoli
allora , or qua or l

di fermarsi.
,

Ma avendo
,

sino

peregrinato (a) quel

tempo

tolto alle lettere, e dato ai viaggi, gli


(a) Filip.

matur

Vili. vit.

da Brossano, nella quale piange


del

il

morto Petrarca, che


in stitim assiimpserit
.,

1374. In quella

cum seme/

semper diligenter servavit : et ego qnadraginta annis vel amplius suiis fui. Ora da avvertire, che non si conobbero ambedue di persona che nel i35o e dal 13^4, tornando quarant' anni indietro, cio al l334,oinquel
:

torno

non aveva ancora celebrit

il

Petrarca

che

in

Francia. Ci mi fa adunque congetturare che sotto Dionisio Roberti studiasse


,

e in Parigi, tanto pi,


l.

che non
xv. e. x.)

studi in patria, perch narra {Gen. Deor.

che dal padre per applicarvisi


zione col Roberti
nel
il

novis mandatibus angebar

continue. Sappiamo d'altronde che fu in istretta rela,

perch nello scrivere

all'

Acciajuoli

Bocc. oper. Voi. IV. p. 33. ) e nell' esprimergli desiderio di tornare in Napoli , colla speranza per
f
:

1342

opera sua di mutare fortuna , soggiunge ne nuova questa speranza , ma antica s perocch altra non mi ri' mase , poich il reverendo mio padre e signore maestro
,

Dionigi, forse per lo migliore

da Dio mi fu

tolto.

PRIMO
la

9
,

ragione,

gli

coltiv T intelletto colla con-

templazione degli uomini, de' governi


visit.

delle

leggi, delle costumanze delle contrade ch*ei

Sommo
,

vantaggio per osservdtore pedel

netrante

che

lo arricchisce

senno di pi

nazioni, e lo spoglia delle prevenzioni tenaci


succhiate col latte, per cui cittadino d* una
sola citt, e non del mondo, anche chi nacque, ed abit una metropoli, quantunque

vasta, colta, ed opulenta (i).

VII. In Napoli concorrevano molti stranieri

per
la

farvi sorte, e pi

Fiorentini, per essere

patria loro sotto la protezione di quel

mo-

narca. Dalla sfortunata casa di Svevia, era


passato quel trono ne' Reali di

Francia del

ramo d'Angi, successo ancora alla corona d' Ungheria per materno retaggio Roberto
.

regnava

in

Napoli, Carlo Umberto,

figlio del
,

maggior

fratello del

Napoletano monarca
figli
,

in

Ungheria. Ebbe Carlo Umberto due


dovico detto
il

Lo-

grande suo successore, e Anla

drea secondogenito. Per


(l)

morte del Duca di


lunghi
Jis

Sembra

asserire
all'

egli

stesso d' aver fatti


ec.

viaggi nel prologo


tissime dico, quos

opera de' Fiumi

De

po-

ad notitiam

nostrani antiqtiorum de,

duxit solertia

seu ipsi sumpsivius oculis

regiones va'

rias peragrantes

IO
Calabria
le,
,

LIBRO
ritnaso

Roberto senza prole maschi-

divenne presuntiva erede del Regno Giovanna, figlia del Duca, che il Re mirit col

cugino Andrea ambo fanciulli , con nascoso rancore de' Reali di Napoli fratelli e nipoti di
,

lui.

L'ambizioso Roberto, potente per alleanl'allontanamento


per gli

ze, per ricco regno, per

de' Cesari, e de' Pontefici dalT Italia,

umori

di parte

Guelfa

e Ghibellina,

che manin gio,

tenevano suddivisa, ed inferma, ebbe


vent agio
di

sommamente
l'

ingrandirsi
,

e di

signoreggiare quasi

Italia tutta

avendo

scelto

avvedutamente
in

di farsi

capo

di parte

Guelfa,

e di accostarsi ai Pontefici, che avea in balla

Avignone sua

citta.

Prossima rovina sem-

br minacciarlo
settimo,

alla calata in Italia

d'Enrico
Impera-

ma

1'

immatura morte
suoi timori
,

dell'

dore

dissip
coli'

e gli die agio

coir arte,

oro, o colle armi, di aggiunla

gere all'avito reame


e di altre citt della

signoria di

Lombardia e scana. Quando giunse in Napoli il Boccaccio era il monarca provetto, e austero ma la corte
:

Genova, della To-

fastosa e splendida;

cortigiani

ambiziosi,

cupidi degli onori, non curanti di meritarli;


le

femmine

d'alti natili,

prodighe della mu-

liebre modestia per cupidit di

comandamen-

PRIMO
ze
.

11

to, potentissime per colpevoli condescenden-

se

il

re

non avesse

raffrenati
la

corrotti
1'

potenti che

componevano
,

corte

arte di

piacere, o

di dilettare,

l'avvenenza, l'adula,

zione

sarebbero state come accadde dipoi

le

doti per salire ai primi posti del regno.


lievi

Non

macchie avrebbero contaminata la fama di questo re, se destramente non si fosse cattivata la benevolenza degli scrittori, che pagarono con laudi, i beneficj e gli onori, di
cui fu

e meritollo per

Fu commendato amore ardentissimo che ebbe per la dottrina. Acquist fama di filosofo, di teologo sapientissimo e ci che muover dee a meraviglia, d' egregio medico (a) Fa duopo
prodigo verso di loro
1'
.

creder per, che in quell'et, alle lettere ini

miche fossero le scienze, mentre quel sapiente monarca disprezzava Virgilio e reputava l'E,

neide, e
lore {b)
.

gli

antichi

poemi opere
di

di

niun va-

Vili.

La protezione benefica

Roberto che
,

condusse in Napoli uomini celebri in quell'et,


sospinse non pochi Napoletani a pregiare
lettere, e a
le

coltivarle. Fra questi

primeggi

Giovanni

Barrili de' maggiori della citt,

che

cuopr importantissime
(a)

cariche

imbasceIbid.

Gen. Deor.

l.

xiv.

e.

xxii.

{b)

12
rie (a);

LIBRO
mecenate splendido
de' dotti,
Il

delle antichit e de' poeti.

amatore Sulmonese BarPetrarca fatto

bato, cancelliere del re, che

il

indulgente dall'amicizia un secondo Ovidio

chiam. Dionisio Roberti, professore

di

teo-

logia nell'universit di Parigi, che sollev al

vescovado di Monopoli. Il Calabrese Barlaamo,

non men famoso per


luce Taborica, che

le

calde contese sulla


la

per

sua perizia nelle


let-

greche lettere. Paolo Perugino pregevole


terato e bibliotecario del

monarca,

il

quale e

per naturai genio, e ad istigazione del re,


raccolse copia doviziosissima d'antichi istorici, di antichi poeti.

Questi

illustri letterati

conobbe particolarmente il Boccaccio, ode'lu-

mi

di essi profitt (i).

IX.

Una
,

citt

onorante

il

sapere che som,

ministrava ogni

modo d' istruirsi

ed una splen-

dida corte era propizia stanza per un giovane


[aj Gio. (i)
Vili.
l.

XI. e. l36.
di aver visitato Pietro

Nel raccontare
:

da Monte
ultra te-

Forte soggiunge
ridere virum
.

In desiderium
piieritia qiiippe
taliiini

veni

tam conspictium
,

mea

etiam

nellae aetatis vires,


p. xxxvi.
e.
)
.

avidissimtis fui[Bocc. Rim.

Di Giovanni

Barrili parla

[Gen. Deor.l.xv.

XIX.

postoli
lett.

Di Barbato nell' Epistola al Priore de' SS. ADi Dionisio ( Ep. all' Acc. Bocc. Opere Voi. IV.
)
.

p. 33.

degli altri

Gen. Deor.

l.

xv.

e. vi.

PRIMO
di gloria avidissimo (i),

l3
in

che voleva

ogni

non eralo ugualmente , costume InelFetto quivi per mantenervi bevve quella licenza, che trasparisce nella sua maggior prosa. E se non fu contaminato radicalmente l'animo suo, Io dov all' indole virsapere addottrinarsi
;

illibato

tuosa di se
agli

stesso, alla singolare affezione

ammaestramenti del virtuoso Dionisio Roberti, che padre, e signore chiam (a); ed anco probabilmente ad Andalone del Nero
.

Questi, di patria Genovese, era venerando per


et, per costumi; famoso astronomo e ricco
in quella scienza di osservazioni fiitte in lon-

tanissimi viaggi

Prudenza piacevolezza elo,

quenza, facondia abbellivano


tea delle

il

sapere di lui.
si

Sotto di esso studi quanto apprendere

po-

scienze

nelle

quali a
;

veruno di

queir et non inferiore rimase


al fine

che anzi sino

de' suoi

parve alquanto imbevuto


Forse da esso o da Paolo

della credulit dell'influenza degli astri sulle

cose terrene (2)


(a) (1)

e.

Ego
l.

aiLtem non inficiar

me

gloriae avidiim {Gen.

Deor.
(2)

e.)
igltiir

Cu?n

Neapolirn apud inslgnem


,

atqiie

vene'

rabilem Andaloneni Nigrum lannensem


et

coelortim mottis

siderum

eo docente, perceperim
l.

Cas. vir. Ulti. p. 22.

t'ibid. p. 22.) {Gen. Deor.

xv.

e.

vi.).

l4
Perugino apprese
favella, o

LIBRO
i

primi rudimenti della greca


si

almeno per opera loro


le

accese di

quell'ardore per

greche lettere, che tanto


a propagarle ulterior-

avventurosamente

influ

mente
X.

in Italia.

Come

opportuna era
la

la citta

a coltivargli

r ingegno, eralo

Campagna

felice a destare

nella poetica sua fantasa meraviglia ed

emu-

lazione; ogni angolo di quella beata

regione

essendo stato descritto

e abbellito dalla

magica

penna

de' pi illustri
i

poeti; ammirandovisi

sparsamente
di

resti de'

monumenti

chiarite-

stimoni della greca coltura, della grandezza

Roma,
giorno
alla
,

de' quali fu oltre


infatti

modo studioso (i).

Un

nell'andare a diporto, perdel

venne

tomba

randola

nel

Mantovano: fiso rimirimembrare quanto fulgore span,

devasi da poca cenere

deplor

la

sua sorte

che

fatto d^lla natura per seguirne le tracce,


la

per emularne

mal suo grado costretto ad occuparsi di mercatura


fosse

fama,

Amore
Di virt sempre altro accese, Purch la fiamma sua paresse fuore
.

desideroso di servire
(l)

le sole

Muse

da indi

le antichit

Nel Filocopo (p. 95. V. 2. ) fa famose de' circondar j

visitare a Florio tutte

di Napoli.

PRIMO
in poi die

l5
alle

bando per sempre

occupazioni

mercantili (a)

XI. Allora risolse d' applicarsi

indefessa.

mente

alle lettere, alla

poesia

(b)

Che

se

il

leggitore

brama sapere, chi

in quelle facolt

addottrinasselo, ecco

come
y

egli

appaga
,

l'ac-

cesa curiosit

Quasi maturo

d* et

e libero di

me

stesso, non sospinto

ne erudito da alcuno,

sempre contrastandolo

il

padre

biasimando

la poesia, quel che ne apprese, senza

guida

lo

carp

l^

intelletto,
,

tale

studio con estrema

avidit

con

sommo
nelle

diletto

mi diedi ed i poeti,
,

quanto eralo

mie facolt, mi sforzai di


Virgilio, Orazio,

comprendere (e).

Tullio,

Cornelio Tacito, e Livio bastano ad erudire


nell'eloquenza e nella poesia, ad ampliare

amore per le antichit, ammirazione per le virt de' Romani, e ad accendere la brama con nobili volumi d'ammaestrare gli uomini, e di propagare le lettere. A tali maestri debbe aggiungersi Dante, che
l'intelletto, a destare

sino dall'adolescenza fugli e duce, e face nei

suoi studj volgari (r). Pi fiate lesse e studi


(a) Filip.
[e)

Vili.
l.

{b)

Gian. Manet.^
e.

Gen. Deor.

xv.

X.
^

(l)

Al suon di quella voce gra:iiosa Che nomin il Maestro , dal qual

io

l6
la divina

LIBRO
Commedia,
il

e ne tess gli argomenti,

che furon forse

suo primo poetico

compo-

Teng' ogni ben ; se nulla in me se Vision. Can. vi. ) ( Amoros.


Il

/z'

posa

Tiiaboschi cred che Dante non potesse essere


del

1*

i-

Ptitutore

Boccaccio

mentre

era

fanciullo

senza
es-

addurne verun forte argomento.


servi
verit,

A me
.

sembra non
,

isterica pi evidente

Il

Boccaccio dice

che
Pe-

sino dalla sua pi tenera giovinezza fu amantissimo di

conoscere
trarca
(

gli

uomini grandi
lib. V.

lib.

\.

e.

vm.

not. ). Il

Ep. Sen.

Ep
.

i. )

nel parlargli della statua

equestre di Pavia, soggiunge, tids olim, ut

fama
si

esty

ereptam Ravennatibus
qualche tempo
traggono
le
;

Dunque doveva
,

avervi dimorato

e in giovinezza

et nella quale

con,

pi calde affezioni. Dante mor nel l32I


.

quando
al

il

Boccaccio aveva otto anni


,

Dunque che im,

plicanza evvi

in ci che dice positivamente

il

Petrarca

Boccaccio
i

Petr. Ep. eden. Crisp.


,

lib. xii. ep.

vn.

nel
:

ripetergli

motivi

che aveva avuti di lodargli Dante


officii

Jnseris

nominatim hanc hujus

tui

excusationem

qiiod ille,tibi adolescentulo^

primus studioriim dux, prima


,

fax
etk

fuerit

Bisogna dedurne adunque

che di sette anni


il

sino dalla quale


,

come

si

detto era chiamato


,

poeta

il

padre lo conducesse in Ravenna

che Dante
giovinetto

colto d' ammirazione per la straordinarissima espettatlva,

che dava per


desse

1'

arte di

poetare questo

suo
le

concittadino, lo stimolasse a coltivare


i

muse,

e gli
.

rudimenti

dell' arte

compatibili con quell* et

Ma
da
altri

le cose
altri

inaudite sono da alcuni avidamente accolte,


,

pi cauti rifiutate
.

spesso dagli uni e dagli

senza disamina

Ineffetto nel

nostro volgare per

dire cosa straordinarissima, dicesi cosa inaudita. Il

Ti-

PRIMO
nimenro
s fisso

17
1

(i):

come osservaronlo
animo,
v^olte

celebri

Annotatori della sua maggior prosa, V ebbe

sempre

nell'

e familiare in
li

bocca

cotanto, che assai


suoi con
le

espresse

concetti

parole di quel poeta, e non poche

cav

le

parole da* concetti di lui.

XII. Quasi in un

medesimo tempo
al
,

da Fi*

renze pass

in

Napoli per accudirvi

negozio

Niccola Acciajuoli
dimestichezza.

con

cui

mantenne lunga
pi ambizioso,

Ma d'animo

che mercantile, Niccola si pose al servigio della Principessa di Taranto, cognata del Re
Roberto
,

donna

di

poca fama

ma
,

potentissi-

ma

(a)

e tanto seppe

piacerle

che

gli f*

stato di terre, di baronie, lo fece

armar caAcciajuoli,

valiere, ed alHdogli l'educazione di Luigi suo

primogenito, scelta pi

utile
al

all'

che di virtuoso esempio


(a) Gio.
Vili.
l.

giovane principe.
74,

xTi.

e.

5o

rabeschi non cred che

il

Petrarca in detta Epistola in-

tendesse favellare
strato

di

Dante;

ma

lo

ho altrove dimo-

quanto andasse errata la sua opinione ( lib. 2. e. XLii. noi.). D'altronde l'amore, la venerazione, che il Boccaccio conserv sempre per la memoria di Dante di,

mostra
(l)

che reputava professargli personali importantispubblicati questi Argomenti fra le


,

simi obblighi

Abbiamo

Rime

Liriche del Boccaccio

l8
Il

LIBRO
,

destro Fiorentino

fattosi in

un subito cor-

tigiano, raccolse l'aura di fortuna; e perti-

nace
la

nell' affrontar le
,

spine

che circondano

vedremo pervenire alle maggiori cariche di quel regno. Ebbe commune il Boccaccio coli' Acciajuoli la patria, fu non
grandezza
il

men

di questo

avvenente

e pi di lui dotto
la

e ingegnoso; abborivano ugualmente

mer-

catura;

piacquero entrambi a donne poten-

tissime di quella corte, ed


accetti (i). Questi

ambedue furonvi
le

occup

pi alte dignit

dello stato, rimase l'altro nella mediocrit, e

senza onori.

Ma

ecco rotta
dell'

la

vicendevole

amist dall'orgoglio

Acciajuoli,

come

il

Boccaccio spieg ad un amico tanta disparit di fortuna Tu mi potesti gi udir dire a lu


.

che

me non tiravano
le

pastorali de* pontefici


:

non

preposi ture del pretorio

me

e desi-

derio d' onesta vita, e d* onore (a).

XIII.

Ad
,

accrescere

il

suo amore per le letil

tere contribu

non poco
sul

dignitoso, e raro
.

spettacolo

che

oiferigli la corte

11

Petrarca

prima

d'

ascendere

Campidoglio, prima di

(a) Pros.
(l)

Dant. e Bocc. p. 299.

della Catanese

Dice nell'opera degli Illustri infelici ( ZiZ>. ix. art. Me adhuc adnlescentulo , versanteque ) Roberti Hierosolymorum et Siciliae Regis in aula
. .

PRIMO
accettare l'alloro, volle
tarlo. Scelto
il

19
mostra di merir
della

fiir

Re Roberto come giudice

sua dottrina, fu da lui, alla presenza d' im-

mensa
creto

folla di circostanti,

per ben due volte

esaminato, e dal monarca, con solenne de,

giudicato degno della corona. Presente

a quella disusata

pompa
il

il

Boccaccio

ud

il

colloquio nel quale


dia
,

poeta, con tanta facon-

dichiar

al re le

magiche bellezze
la

della

poesia, con che destogli tanto stupore, che

sebbene avanzato ebbe

brama

di

assapo-

rarle, confessando sin allora

male aver giu.

dicato della poesia e de' poeti (i)

Quella

pompa

dest nell'animo generoso di Giovanni


;

emulazione , e non invidia


allontanamento verso
in poi suo precettore
il

venerazione e non
,

Petrarca: e da allora
(2)
,

chiamollo
il

e per

guida

e modello a se stesso

prefisse.

XIV. La natura frivolo, se non

lo
il

decor di bellezza, dono


volto specchio dell' ani-

fi)

Obstupefactus

Robertus Rfx

seipsum redarguit y
,

et, ut 0 dicente meis auribus audivi

asseruit se nun-''
.,

qtiam ante arbitratam , adeo egrrgios atqtte sublimes


suSy et sub tani ridiculo cortice
ctiones latere potuisse
(3) TI
(
,

seri-

uti

poetarum sunt
)

fi-

Gen. Deor.
( S'eri,
.

lib. xiv. e. xxii.


\.

Perrarca scrivegli

lib.

Ep.

iv.

Sic

me

nimia tua vocat hwnilitas

20

LIBRO
che rende V occhio a prima vista beGrande e ben composto di membra,
naso tondeggiante sopra
labbra, ed
.

mo ma
,

n'ivolo.

di viso bello al pari di qualunque altro (a),

aveva
grosse

il

le nari, l'oc-

chio vivissimo, ben lineate, sebbene alquanto


le
il

mento che

nel sorriso
,

dimostrava bellezza Lieto , facondo affabile


ogni suo detto veniva asperso d'amabile urbanit (6) (t)
.

Il

suo operato abbelliva una certa

alterezza,

un nobile contegno, con che quelle


rendonsi dignitose.

doti di piacevoli

Ed

in

effetto a quanti nobili e

grandi uomini, vo-

lendo

lui,

sarebbe stato carissimo;


disse,

ma

inge-

nuamente

che per soverchio, o poco laudevole sdegno non se ne accostava, o ad


lui

alcuno accostandosi, poco con


se desso fare a lui quello,

sofferiva,

che

egli fare

adesso

avrebbe dovuto,non dechinava,cio


(a)

essergli ar-

Corbac.

{b) Filipp.

Vili, e

Gian. Manet.

(l) Gio. Batista

Rossetti

Decrzz. delle Pitt. di


,

Pache

dova 1780.
conduce
alla

p. 246.) riferisce

che

nella Chiesa Parroc,

chiale di S. Michele, nella parte sinistra dell' atrio

porta laterale
,

vi dipinto

il

funerale della

Beata Vergine

lavoro di Iacopo da Verona eseguito nel

1897. E che fra gli assistenti vi ha dipinti i veri ritratti di Dante di Pietro d'Abano, del Petrarca e del Boc, ,

caccio.

Non

vi

riconobbi per quest'ultimo, che alla

sua corpulenza,

ma non

gi ai suoi lineamenti

PRIMO
rendevole e seguitarlo ne* suoi costum
,

21
(a)
(
f

Fu nondimeno
lieve per

di

soverchio

all'

amore, ed

agli

amorosi allettamenti proclive, macchia non

uomo di

tanta

fama

che resterebbe

in gran parte nascosa, se studiatamente

non

avesse in giovent svelate cose, delle quali

ebbe

sommo
,

rossore nella vecchiezza. Di ci


d'

tacerei

se

non facesse

uopo

favellare d'

un

amore

che collegasi con molti avvenimenti con molte delle opere a noi
ed
in quel sabato,

della sua vita,

rimase di lui.
XV". Nel 1341
s

che pre-

(a) (i)

F'ilocop.

Conserv

tal fierezza di carattere sino agli

ultimi

giorni. Rispose a coloro, che


d'

temeva

potergli obiettare
al re di

avere dedicata la Genealogia degli Dei


:

Cipro

arbitrariamente

stant et alia optiscula


titillo

e* quibus nul,

lum

est

ullo

huiusmodi
:

ns'gnittim

praeter

Bw

colicum Carmen

qnod ut

sibi intitularem petiit

Donatus

Appenninigena , paiiper sed honestus homo, et praecipuiis amicus meus ; quod nomea omnibus nominibus praepono Non equidem magnorum ducum nomina claros regum scriptores faciunt ; imo potiut ipsi reges scriptrtrum opere cognoscuntur a posteris .... Ego autem ut iterum
. .

dixerim

adeo superbe obstinatus sum ut


,

nisi

Deo glo,

riae ctijus adscribenda sunt

omnia
aut

unius carminis tan~

tum decus
fcriberem
(

etiam Caesan dictatori resurgenti, aut Sci,

pioni Africano

nisi

rogatns
l.

si

amicus esset
)

ad'

Gen. Deor.

xv. cap.

xm.

22
cede
il

LIBRO
d
,

in cui da' fedeli viene


,

la loro

re-

denzion festeggiata
S.

recossi nella chiesa

di

Lorenzo

di Napoli. Eravi ascoltante

Tufi-

zio, in canto pieno di dolce melodia,

scorse una giovane in

quando nero ammanto di amil

mirabile bellezza: ed a tal vista gli occup

cuore sconosciuta dolcezza, che riveggendola


nel

giorno appresso
(a).

divenne

violentissimo

amore

Come

ei ci

narra, era la donna di


(/>)
,

padre dalla casa d'Aquino discesa

ed ebbe

per madre una giovane d'alti natali, che nelle


reali case vivea, di cui invaghitosi
il

re

Ro-

berto

per clandestino furto

si

cred padre esso


in

pure della fanciulla. Rimasa orfana


nile et
,

giova-

volendo

il

re di se

e della

donna serdegli anni


la

bar l'onore, teneramente sotto quel dubbio

nome
na

feccia allevare

Nel procedere

fu educata Maria (coschiamavasi


) in

sua don-

ogni costume convenevole alla sua na-

scita, e cresciuta fu concessa dal re

ad un gio-

vane degno de' suoi


destrato (e)

natali.
in

XVI. Al Boccaccio
,

minori amoretti adl'

agevole fu

insinuarsi nella fa-

miliarit del marito, de' parenti di lei, e di

accenderle nel cuore fuoco non pi sentito

(a) Filocop. p.

5.V.

I.

{b)

Illus.Y.

(e)

Amet. p. 112.

PRIMO
N
sti

25
amore
tri-

bast a salvarla da tale assalto d*


del

r innocente calma
presagi
,

tempo trascorso, n
la

legami che

stringevano a

giovane, e compiacente marito. Col frequentarlo,

ardendo maggiormente, colta clande-

amadore, sog* giacque incauta, giudicando estrema felicit quello, che nel futuro le fu radice, e pianta
stina opportunit dall' ardito

d'ogni miseria

(a)

XVII. Ei reput somma ventura il possedimento dell'amor di Maria. Essa allo splendore della cuna riuniva straordinaria bellezza ,

come apparisce dalla vaghissima che ne fa nell' Ameto (6) capelli


:

dipintura
cos
si

e-

sprime,

d'

una biondezza, alla quale appena


si

comparazione trovare

puote, adombrano la
,

candida fronte per debita ampiezza lodata


ne//'

infima parte deAla quale surgono


,

in giro

due nere

tenuissime ciglia

divise da candido

mezzo

in

lieto
,

spazio

e sotto quelle

due oc,

chi vaghi
de^ quali

e ladri nel loro

movimento

la luce

bellissimi appena
.

lascia comprendere

la loro essenza

//

naso

affilato di

quelU mile

sura, che richiedesi in un bel viso:

guance
il

non

d' altro colore,

che latte, sopra

quale

(a)

Fiamm.

[b)

p. 2p.

^4-

LIBRO
la vermi--

nuovamente vivo sangue caduto sia:


gli uzza

bocca a vedere, quali fra bianchissimi

gigli vermiglie rose si

veggono

ed

il

mento non

tirato infuori,

ma

ri tondo, e

concavo in mezgola , al mornella dipintura

zo , sovrasta alla candida


bido
collo,

e diritta

distendendosi
,

delle altre parti del corpo

tutte rispondenti
.

le mostra alla nobil parte descritta

Era inol-

tre

Maria nel ballo, nel canto leggiadra, nell'o,

perare generosa e magnifica


ritosa e sagace

colta infine, spi-

X Vili.
amarla. E

Vinto da
se

tanti pregj
in

spend buona
in

parte della sua giovent

commendarla,

Maria

gli

die
,

nome in queir et,


.

ei di lei co' suoi scritti

sino ai d nostri, viva


essa
, ,

ne ha serbata
vista della

la

rinomanza Ed
del

tomba

Mantovano

q uanto la gli rend

aborrita

la

mercatura, e l'animo suo sollev


studj pi gene-

ad occupazioni pi geniali, a
rosi (i).

Da

indi in poi, lo

vedremo caldo

(i) Neir Ameto fnge che gli appariscano in sogno Abrotonia, e Pampinea femmine , che aveva amate, e che gli dicano breve ti fia la nostra noja e tosto ti fia palese per et pi altamente canterai che per noi
:

Altrove

gli
il

dice la

Fiammetta

Era

tuo ingeano divenuto tardo

la

memoria confusa e smarrita

PRIMO
d*

25

amore

di giovent e di gloria, col suo indi cui

gegno, per opera


tali di lei,

s'adegua ogni grani

dezza mondana, sforzarsi d'aggiungere


fra gli scrittori,

na-

ed aprirsi nuova luminosa carriera


lei ri-

con molte opere o da chieste, o scritte per encomiarla.

XIX. Lo

stato,

natali di

Maria,

la

sua fra-

lezza nell'amore, richiedevano delicata circo-

spezione nell'amatore per non esporla a gravi


disavventure, e quello che di maggior peso

per non macchiarne


de' suoi

la

fama. Indi , che


il

amori favellando, cel

proprio no,

me
con

talvolta sotto quello di Pamfilo (j)

tal-

volta di
tale

Galeone

(Zj):

e
,

chiam

lei

Fiammetta,

appellazione

come da un Madriale
amore ado-

rilevasi (e),

per antonomasia additandola, co-

me

la

face la pi possente, che


far

perasse per
dardi

mostra del potere de' suoi

XX. Era
(a)

uso in quel secolo nelle giovanili


[b)

Flamm.

Fdocop. e Amet.

(e)

Filocop.

v. 2.

p. 63.

E
E

V anima
t'

gentil quasi invilita

Dietr^ al riposo del

mondo bugiardo

Quando

accese

il

mio vago riguardo


5'

suscit la virt tramortita ;


io
t'

Tanto eh*

ho condotto ove
,

invita
.

Al glorioso fin
(

ciascun gagliardo

Bocc. Rim, San. xxvii.

*10

LIBRO
il
,

brigate

ragionare

d'

amore

e degli atti

macon,

gnanimi
amori,
tese
,

e generosi degli

amanti. Quindi di
di gelosie, di
i

di audaci

imprese,

di

battaglie cantarono
i

trovatori
i

poeti, scrissero

novellatori.

Ed

romanzi
dal-

in rima ed in prosa, di cui pass la


la

moda

Francia all'Italia, erano

la

gradita lettura

de' giovani innamorati. I pietosi detti di Fran-

cesca d'Arimino dimostrano


all'onest di lei e del
di Lancillotto:
Per pi
fiate gli

quanto funesto

cognato fosse quello

occhi
,

ci

sospinse
il

Quella lettura

e scolovocci

viso
ci
,

Ma solo un punto fu quel che Quando leggemmo il desiato riso


Questi
,

vinse

Esser baciato da cotanto a^nante

che mai da

me non

fia

diviso
.

La bocca mi
Galeotto fu

baci tutto tremante


il

libro, e chi lo scrisse (l)


il

Ma

ne

la

candida confessione , ne
giovinette.
la

divulgato

lacrimevole fine de' due miseri amanti, rendea


pi caute
le

Amavano

que' volumi

che accendevano

fervida loro fantasia, e

ne* patimenti d'imaginarj amanti

cercavano

emulazione, alleviamento, conforto.

Boccaccio die l' istoria circostanziata degli amori di Francesca nel Commento di Dante fr. i.p. 3ii.)
(l) Il

PRIMO
dava

27

XXI. Vasto campo a romanzesche invenzioni offerivano le spedizioni de' Cristiani nella

Palestina, nelle Spagne, ove la religione guii

prodi di quell'et. Avvalorava la lonin

tananza portentosi racconti,

ogni et soa-

vemente pascolanti
istorie

la fantasia,
.

ma

pi

in

un

secolo credulo ed ignorante


,

Alcune
agli

di quelle

non

iscritte

ma

narrate passavano di
altri,

bocca in bocca dagli uni

e fra

queste celebratissima era quella di Florio, e


di Biancafiore del tenore seguente.

XXII.
contro

Un

voto conduce
,

il

padre di Bianca-

fiore nelle
il

Spagne

ove perisce combattendo


Felice
,

maomettano

re di

Marmorina

La moglie
tore, e
cafiore
,

del vinto cade in potere del vinciin corte nel dare alla luce Bian-

muore

nel d

medesimo
amore con
i

del nascimento di

Florio figlio del re. Educati

insieme, in a-

mendue

cresce

gli

anni; e Felice
Biancafiore per

reputando oscuri

natali

di

Florio, sebben essa discendesse dagli Scipioni

e da'Giulj, rilega

il

figlio in vicina citta sotto

colore d'ivi farlo istruire.

Non
alle

sanato

il
1'

garirato

zoncello dalla lontananza, condanna

padre

l'

innocente donzella
accusa
d' avergli

fiamme

con

la speciosa

apprestato vele-

no

e dalle

fiamme

salvala

con singolare com-

a8

LIBRO

battimento l'amador sconosciuto. Perseverante nel voler disposarla,!' implacabile re la vende

ad un mercatante, questi al signor d'Alessandria, che serbala in una torre. Florio con eletto drappello di pochi amici, dopo lunghi e
disagi e pericoli la discuopre
torre
; ,

penetra nella

ma

col

fuoco debbono ambedue espiare

brevi diletti. Portentosamente salvati, e scopertosi


lui

nipote del signor d' Alessandria,


.

passan dal rogo a splendidissime nozze


restituirsi nel

Nel

patrio

regno, sono accolti in


,

Roma da' parenti di Biancafiore


vengono convertiti
dal loro regno.
alla fede
,

e riconosciuti

esempio seguito
di questi

XXIII. Ragionando
ingiuria ricevesse la

il
,

Boccaccio
lei

amori colla Fiammetta a


giovani, che

parve che grande


degli amorosi

memoria

si

serbarono ferma fede, non es-

sendo con debita ricordanza la fama loro esaltata, ma lasciata solamente ne' favolosi parlari
degl' ignoranti
,

e dessa

non meno vaga

della

rivelazione della loro fama, che pietosa de' loro


casi, scongiur
il

Boccaccio per l'amorosa


legava, di

forza, che a

lei Io

comporre un
di

li-

bro, che racchiudesse gli avvenimenti


randi de' due amanti.

memoal

Vago

compiacere

primo comandamento dell'amata, con ardore

PRIMO
s*

29

accinse all'opera, che Filocopo intitol,

ossia r

amator

di fatica

XXIV. Non pu
penna
agi'

dirsi

il

Filocopo un finito
si

lavoro, e ad ogni istante vi

ravvisa una

giovanile, e inesperta (i). Familiare


poeti
il
,

colla lettura degli antichi

alla

maga

incantesimi

sostitu

portentoso

della

gentilesca mitologia; e deit soccorrevoli o


irate, e visioni
,

e apparizioni, e trasforma-

zioni,

che ne guastano l'interesse, e repucolla conversione di Flo-

gnano stranamente
rio
.

E^ inoltre quel libro soverchiamente pro-

lisso, e

per
,

le

lunghe e frequenti amorose


,

la-

gnanze
sone

e per le invocazioni

e per gli episodj


alla

sovrabbondanti. Neil' accostarsi


,

conchiu.

r interesse

si

attenua, e divien nullo

Vi

sono gravi abbagli geografici, tanto pi strani


in

quanto che fu dipoi

il

pi gran geografo

di quell'et;

non avvi

in fine la dipintura e.

satta delle

sarebbe

il

costumanze di verun secolo Talch Filocopo con tutti gli altri romanzi

di quell'et obliato, se tratto tratto

non
ei

vi

(l)

Che
,

il

Filocopo

sia la

prima opera, che


{

scri)
.

vesse

apparisce dalle sue stesse parole

v. i. p. 8.
,

se le presenti cose
ne'

a voi, giovani e donzelle generano vostri animi alcun frutto o diletto non siate ingrati
,
:

di porger devote laudi a Giove , e al nuovo autore

3o

LIBRO
una calda
scrit^

fossero alcune vaghe descrizioni,

e viva dipintura d'affetti, alcuni fatti ben narrati, e se

non fosse parto


di

dell'

ammirato

tore del libro delle novelle.

XXV. Avendo
scrivere in
sto
si

buon'ora incominciato a
si

prosa, presumer

debbe che pre,

fama col poetare, acu natura chiamollo, come abbiam detto,


rivolgesse ad acquistar

sino dalla fmciullezza. In effetto a seconda

dell'opinione di savi e dotti critici, di ventotto

anni die in luce l'epico componimento, che


intitol la Teseide.

Quel valoroso, che

fiorito

sul confine de' secoli favolosi

ed eroici, riva-

leggi con Ercole per fortezza d'animo, per

vigore di

membra che
;

nett da' Procusti, dail

gli Scironi la

Grecia
1'

l'amplificatore ,

legislail

tore d' Atene:

uccisore del Minotauro;


di

ra:

pitore d'Arianna,

Fedra, e

d'

Elena

il

vincitore de' Centauri, l'invitto

Teseo

f l'e-

roe del poema. Fu questi nell'antichit da


epica penna celebrato, e
d'

epica penna de-

gno
al

(a).

Ma

quel

poema

perdutosi, era ignota

Boccaccio persino
,

ricchi oggid

e di

la vita di lui, dicuisiam Teseo quel solo ne apprese

che in Ovidio, e
{a)

in

Giustino
.

si

legge (i)

Non

Fiutar, in TJieseo

(i) Si

deduce dalla Genealogia degli Dei

L. x.

e. 4p. )

ivr

3i

tutte le gesta dell* Ateniese

monarca volendo
spedizione contro

nel suo volume cantare


le

la

Amazzoni, il rapimento d'Ippolita narr nel poema, che la feconda sua fantasa arricch con
gli

amori di Arcita
gli die
,

e di

Palemone

Tebani, per Emilia


lita; lo

sorella della rapita Ippo-

che

agio di raccontare le riva-

lit

le

gelose
la

le

tenzoni de' due giovani

amanti:

sfortunata fine d' Areica,

posi suoi funerali, e le liete nozze di

pomPalemon
li

con Emilia.

XXVI. Lungi

la Teseide per le sue belil

lezze dall' occupare

primo posto

nell'

epica

Italiana; e leggendosi in istampe rare, guaste


e scorrette, nota solo a

pochi amatori della


Tuttavia,

volgar poesia

presso di cui perci perde non


.

poco

del suo intrinseco pregio' (r)

(l)

Merita ricordanza la premurosa fatica del Conte

Guglielmo Camposampiero Padovano intorno alla TeHo r obbligo d'aver veduto il suo lavoro al seide gentilissimo Conte Borromeo Il Camposampiero essendo stato ascritto all' Accademia della Crusca ( tanto
.
.

quest' insigne
vella

Accademia diffondeva
in ogni parte d' Italia

il
)

gusto della favolle far mostra

Toscana
,

di meritarlo

per ci ridusse a buona lezione quel


di pubblicarlo
.

poema
di le-

del Boccaccio nell' intenzione

Si valse

tal'

uopo

d'

un
,

testo a

penna del secolo XIV.


,

zione eccellente

derivante da Ravenna

ove aveva

5a
oscurano
i

LIBRO
suoi

sebbene non vada esente da que' difetti, che


poetici componimenti, co-

me

diremo a suo

luogo
f'
1'

fino

all'

et del

Bojardo e del Pulci

ammirazione dell* Italia. Egli ancor giovinetto ebbe il nobile ardimento d' impugnare 1' epica tromba.

Egli imitatore d'Ovidio (i), vi espresse


verit,

con

con calore
la

gli

affetti,

parte a

mio

avviso

pi sublime dell'epica, e che tutta


la

racchiude

magia
il

di

commuovere

gli ani,

mi,

e di legare

cuore

soavemente

per

dimorato
oscuri

il

Boccaccio; lo che m' indurrebbe a credere


dall'

che fosse copia tratta forse


si

autografo
,

Ne'

passi
esi-

valse

d' altro

antico
S.

testo

altravolta
in

stente nella

Biblioteca di

Michele
alla

Bosco

di

Bo-

logna
1

-,

e per
Il

ultimo

dell'

impressione di Ferrara del

745

Camposampiero aggiunse

Teseide una prepoeta-,

fazione, o Apologia del Boccaccio,

come
i

ed in-

fine alcune annotazioni per dichiarare

fatti mitologici

toccati nel poema. Esso osserva che nella ristampa di Venezia del 1 528. della Teseide, procurata da Tizzone Gaetano de' Pofi bench 1' editore si vanti d' averla
,

ridotta alla sua originale bellezza

tanto
alla

1'

alter

guastolla, da arrecar

sommo danno

memoria del

Boccaccio,

il

quale da molti valentuomini fu giudicato


.

sulla fede di quella infedele ristampa


(l)

chi con molta efficacia


,

ama,
se*

il

sulmontino Ovi(

dio seguiti
V. 2. p.

delle cui opere tu


)

confortatore

Filocop.

304.

PRIMO
Cui
si

33
la

tace la
.

ragione
colla
de'

al

portentoso recal-

citrante
bile

Egli

Teseide aperse

no-

carriera
,

romanzeschi poemi, degli


altra straniera lettera,

epici

per cui

posteriormente tanto soprae

vanz r
tura.
Il

Italiana ogni

suo ingegno creatore correggendo


1'

migliorando

ottava de' Siciliani

che non

usavan comporla con pi di due rime, e una terza aggiungendone, per cui tanto leggia-

dramente
sti,e

si

chiude, e tanto vaga

si

rende,
Ario-

trov quel metro, su cui cantarono e


i

gli

Tassi, vanamente sperando trovarne

altro pi adeguato agli altissimi e nobilissimi

loro argomenti (i).


Cresclmil

(l) Il

Trissino {Poet.
)

Vicen-i. p. li.

t.

il

beni {V. l.p. i5.

dicono inventore

dell'

ottava rima

Boccaccio nel nostro volgare. Quest'ultimo {V.l.p. 199.) esaminando se ei fosse il primo inventore di tal metro,
osserva essere questo metro antichissimo, e credelo in-

ventato da' Siciliani

Il

Bembo
:

Prose p. 70.

tiene la

stessa opinione , osservando per che non usavano comaggiungervi perciocch porlo con pi di due rime
,

la ter'Za

che ne^ due versi ultimi ebbe luogo


.

fu opera

de' Toscani

Di

tale opinione

il

Conte Matteo San

Martino ed anco

Trat. della poet. dopo


il

osserv.

gramm.

p. I92.)

Quadrio

Stor. e

Ragion, d'ogni poes. Mil.

l'342. V. 2. Uh. 1. p. 243. ).

Giovanni Mazzuoli opin,

che primo trovator dell' ottava fosse 1' autore del Romanzo intitolato Febus el fort , e che sull'esempio di

3/}.

LIBRO
il
,

XXVII. Ebbe
colla

poeta non lieve disturbo

Fiammetta

di

che sembra fosse radice


la

la gelosia di lui,

che, ingiusta o fondata,

rend contro di esso di piacevole che era


sdegnosa e turbata. Di ci dolentissimo, colse
r opportunit di dirigerle
il

suo

poema

per

accompagnarlo con umilissima epistola. Vi protest, che non potevali torre di tenersi per

lui .scrivesse

1*

ottava volg-ire
1'

il

Boccaccio

Egli fuor

di

dubbio

che

ottava con tre rime fu usata in Fran-

cia

niere

da Tebaldo Conte di Sciampagna nel suo Canzoanteriormente al Boccaccio Eccone una delle
, .

riferite

da Pasquier
)

Recherch.es de la France

Paris

\6i2. p. 724-

Au

rinouuiau de la doidsour d^est,


,

Que recla'ircit li doiz la fontaine Et que som vert bois et verger, et pr Et li roziers en May Horit et graine
,

,*

Lors chanteray , que trop vi ara greve


Ire et esmay qui rnest au cuer prochaine Et fins amis a tort atoisonnez Et mult soutient de leger effreez,
, , ,
.

>

Ma

siccome

tutti

affermano, che l'ottava, come

1*

ab-

dovuta ai Toscani, fuor di dubbio , che fra questi ne fu 1' inventore il Boccaccio , non conoscendosi nella nostra favella componimento pivi antico in ottava rima della Teseide.Il
di presente in volgare, sia

biamo

Beato lacopone nel canto 44. che incomincia: Voi che avete fame dcW amore introdusse certe stanze di dieci
,

versi

nelle quali racchiudesi la perfetta ottava.

PRIMO
suo, per quanto essa per suo
il

35
rifiutasse;

non ignaro che per umilt,


durezza
si

e per servigi
lei di

ogni

vince; vaga essendo


le

udire,

e talvolta di leggere
,

istorie, e le

amorose

massimamente come volonteroso servidore che previene il suo magjriore, anco in cosa
che
gli

arrechi

diletto

in

volgare

ridusse

quella storia di Teseo, acciocch pi dilettasse, e


titolo le

massimamente
opere sue esalt.

lei,

che con

sommo
quel-

Onde rendere

la storia a lei

pi gradita, ci che dell'uno

due amanti, e della giovane amata cont, era quello che da lei, da lui, o detto, o fatto fu in parte (a) Sapeva 1' accorto amadore
de'
.

che spegne vanita in animo femminile lo sdegno Ed il poema scritto in onore della
.

Fiammetta
re ne'loro

e l'umile epistola bast a ricondur-

amori

la

calma

(i).

XXVIII. Quando

la riconciliata

Fiammetta

(a)

Bocc. oper. V.

iv.

pag. 2?.

lett.

(l)

L'Epistola del Boccaccio alla Fiammetta qual fu


I4'Z5. trovasi nelle

stampata colla Teseide in Ferrara nel

giunte al catalogo Smithiano [Ven. 1755. in 4.).

Ma

come
(

ivi si

avverte non intera

Intera nelle Prose

antiche di Dante e del Boccaccio pubblicate dal Doni


15^2- p. 53. in 4.
)
;

e corrispondente alla copia che va

unita al

MS.

della Teseide del Conte

Camposampiero.

36

II

possedimento del Giovanni fu in Firenze richiasuo amatore, mato dal padre, che d'anni pieno, perduti
reputavasi felicissima nel

avea

gli altri figli,

fratello

ne rimane vagli che alcun a suo conforto. Estrema fu l'angoscia


dalle istanze

di lei, dalla

quando vinto
carit,
si

paterne,
.

filial

risolve a partire

Parte

lasciandola priva di sensi; e


spiriti,

non rinviene gli che per vedersi immersa in un mare


Insiem con
i

d' affanni.

lui,

par

le tolga

foril

tuna

le

feste,

vestimenti, la

bellezza,

viver lieto.
scia
,

Non

vale a temperarne l'ango.

giurata promessa di vicino ritorno

La

gelosia cominciaa roderla con le sue furie, per

averle un viandante asserito, eh' erasi


filo

Pam-

maritato. Falsa
nell' udirlo

la

voce,

ma
lui
,

cresce la

pena
per
la

passato a nuovo amore. Di-

sperata per r allontanamento di

furibonda

sua infedelt, maledice


le

la vita,

che

le

odiosissima senza Pamfilo, e


licit; e

trapassate fe-

dopo innumerevoli mutabili propola

nimenti, vuol darsi


la piet

morte, da cui salvala

d'amorosa nutrice. La speranza del ritorno dell' amato rasserena alcun poco la mesta Fiammetta, e con quella speranza riapparisce e riso, e gioja nel suo volto:

ma sema darle

bra quella calma bastevole

soltanto

PRIMO
nuova lena per
al prefisso

3/
quando
in-

vie pi tormentarsi,

termine giunger noi vede


Il

XXIX.
cidenti
;

sin qui detto

con

altri lievi

la

vana gloria
,

agli

amatori

comuparlari,
le

ne nel tollerare
spasimi:
i

e far mostra degli amorosi


le

le
i

speranze,

agitazioni,

gemiti,
i

pianti, le esclamazioni,
i

gelo-

sie;

dubbj proponimenti,
,

tumultuosi

com-

battimenti

gli

odjjgli sdegni vinti e riaccesi

subitamente; l'intera dimenticanza di se, e


de' suoi
lutari, e

che agitano

la

mesta giovane

sa-

vani consigli dell'amorosa nutrice,


la

formano

dolente istoria contenuta nel libro


, l'

eh' ei intitol

Amorosa Fiammetta. Fingelo


di destare nell'ani-

scritto da lei per dare sfogo al suo dolore, e

col salutare

proponimento
felice,

mo

delle leggitrici santa piet, e dare di

se
ai

esempio a chi
suoi beni
,

onde ponga modo


in

o fugga

di divenire isimile a lei (a)

Ammaestramento
che non
casi,

tanto pi utile

quanto

vi racconta
gli

straordinarj

durissimi

ma

ordinar) e

communi

a chiunque

nella pania

amorosa inconsideratamente trop(i).

po s'invesca

(a) Lib. VII.


(j)

Nelle antiche copie manoscritte, ed anco in un

Valsero forse a distrarlo per alcun poco dagli amori, le improvise perturbazioni
e sconvolgimenti, che
lui

58 XXX.

I.

R O

presente afflissero

Firenze. Queste novit furono mosse dall'ambizione de' Fiorentini


.

da Mastino della Scala,


competitori
i

Comperarono Lucca avendo nella compra


volsero
la

Pisani, che delusi nella speranza


si

di averla coli' oro,

all'armi per
i

ottenerla.
tini,
i

Lungamente

difesero
in
.

Fioren-

attaccarono

gli altri;

fine

ne furono

primi con vergogna cacciati

Perderono con
i

Lucca popolarit, e governo


citt: talch fu

rettori della

tolta loro

la

bala

d'ammi-

nistrare

la

guerra, rimessa a venti cittadini,


il

e fattone duce

Malatesta da Rimino, che,


e di e

uomo
La

poco animo, condussela con danno


di
la

ninna capacit,

scorno della citt.


timore,

perdita de' danari, gravissima a mercantile

repubblica;

vergogna, e

il

la

vol-

1' ajiito del re Roberto, che non oro, non genti mand, ma Gualtieri di

sero ad invocare

Codice Riccardiano , quest' opera leggesi col titolo: Elegia di Madonna Fiammetta. Qui ho fatta menzione di questo libro, perch vi si narrano cose accadute nel

tempo

della
ei

sua assenza
lo

debbe, eh'
stituito in

scrivesse

da Napoli ma giudicar si dopo essersi da Firenze re;

Napoli nuovamnte

PRIMO
Brienne

Sg
al

Duca
;

d'

Atene per essere

Malatesta

sostituito

r inviato del re fu da' Priori

eletto capitano delle genti

d'arme, e conserGualtieri la citta

vatore del popolo.

Trov
.

da varj umori sconvolta Erano i grandi in dissapore col popolo per^ essere esclusi dall' amministrazione dello stato: quello malcontento
de'

componenti
;

il

governo

per

le

passate di-

savventure

e la plebe eco delle generali ladi novit.

gnanze, nella miseria bramosa


tria, questi

La

vendetta soffocando ne' grandi l'amor di pa-

unitamente ad alcune rovinate


citt

popolane famiglie, ad insignorirsi della


eccitarono segretamente Gualtieri.

XXXI. La

proferta de' grandi, le divisioni

intestine, accesero l'ambizioso, e cupido

Du-

ca del desiderio d'ottenere a vita la signora


della repubblica. Voltosi a chiederla
ai Si-

gnori, lungi dal confortarvelo, lo dissuasero,


e cedenti alla forza, stipularono la citt sotto-

mettergli sol per un anno

Nella pubblicapi, che cre-

zion dell'accordo, chi per oro, chi per vendetta, chi per paura, tacendo
i

dono serbarsi probi con


signore.
Il

vile e colpevol silen-

zio, dalla moltitudine ne fu a vita proclamato

volgo nel cieco giubbilo, che can,

gia in odio un volger solo di ciglio

applaud

^O
che fosse
il

LIBRO
suo gonfiilon lacerato, e
l'

dell'

u-

surpatore inalberata

insegna

applaud vegi

gendo

cacciati, e svergognati
diritti
;

priori difen-

sori de' suoi

applaud nel vedere in

mano

straniera passata l'autorit.


Il

XXXII.

Duca

possessore pacifico del prini

cipato, cred mantenerlo col deprimere


fensori delle popolari franchigie, con

di-

T anaggra-

nullare le antiche leggi, col proibire ai cittadini diragunarsi, di portar l'armi


.

vando Firenze
devote.

benefic

le altre citt di

To-

scana, nella speranza di averle all'occasione

pace,

Con Pisa Y odiata rivale, non sol f* ma sottoscrisse una lega. S'abbandon
le

interamente a consiglieri scostumati, perfidi,

ed avarssimi. Crebbe
dazj. Raccolse
i

gabelle: cre nuovi

Francesi che erano in Italia,

e que' molti che dal suo paese calarono in

To-

scana

affamati di onori
il

e di sostanze
,

quali

guastarono

buon costume

gliamenti strani

modi e abbiintrodussero con dolore estree


,

mo
tere

de' probi

quasi che

il

crescente po-

crescesse

in lui pravit, dall'ambizione


al

pass all'orgoglio, dall'orgoglio

sospetto,

dal sospetto alla crudelt. Band molti cittadini: alcuni nell'onore ne offese altri ne con;

dann a morte A/Hisse


.

il

contado con

sei re;;-

p
tori,
i

4^

quali battevanlo spietatamente, e lo

spogliavano. Volse ogni speranza di mantenersi lo stato nell'armi forestiere, e nell'infi-

ma

plebe. Delusi
le

grandi nelle

concepite

speranze, e per
flitto il

eccessive concussioni af-

popolo, destossi universale brama di


Molti congiurarono con-

ritorgli l'autorit.

tro di lui; e desso

o per cecit d'intelletto,


assodato potere
.

o per

far

mostra
volesse

di

il

rivela-

tore della congiura fece morire


al dolore

quasi che
d' esalarsi

torre

ogni via

fece mozzar la lingua a un cittadino, che bia-

simava le nuove

taglie,

per soffocare collo spa-

vento anco

lamenti.
alla tiran-

XXXIII. Piegasi corrotto popolo


nide lentamente crescente,

ma

libero

popolo
.

antepone
sdegno, e
chiedere

la

morte a subita schiavit


odio de' Fiorentini

Collo
i

coli'

cresciuti

sospetti del
,

Duca, fece trecento

cittadini ri-

sotto colore di

volersi sco

loro

consigliare,

ma
i

col disegno di assicurarsene,

facendoli
del

tutti

incarcerare, o morire. Erano


ri-

numero

pi notabili congiurati, che

fiutarono di comparire per

tema

che repu-

tando scopertala trama, vollero morire piuttosto animosamente la patria difendendo, che
sotto la raannaja del carnefics. Risolsero ed

i|.a

R a
popolo a libert.
.

eseguirono nel giorno appresso di uscire armati, e di chiamare


il

tal

grido tutti presero le armi

Alcuni

dell' infi-

ma
dati

plebe, e
,

gli

stranieri
1'

da Gualtieri assol-

attaccarono

armato popolo sempre

crescente per essere afforzato da coloro,


colla

che

mutazione della fortuna del Duca


gli si
,

di a-

mici

fecer nimici

ma
.

furon tosto o presi,

o morti o posti in fuga Sper il tiranno con qualche inopportuna beneficenza calmare la ma pi vile divenne e pi aborrito citt
;

Rinforzati

Fiorentini dagli alleati Sanesi,dal

contado, dalle vicine castella, tenevanlo in


palazzo assediato, e volevanlo morto. Ei
fese pi giorni,
il

si

di-

a patti con lui,

popolo non volendo entrare se non avea in suo potere


il

Giulio
tiranno
g'

d'
,

Ascesi,
e

pi atroce consigliere del

che

il

Duca verecondo
,

sol

per

infami non volea abbandonare. Minacciato

infine da'

Borgognoni che dlfendevanlo

d' es-

ser lui vivo, invece di Giulio, al

popolo con-

segnato, cede alle minaccie,e fu sospintoli


colpevole con un
di palazzo: e in
figlio

ancor giovinetto fuor


sazi con disuma-

amendue
plebe

nissimi

strazj

la

la

sua rabbia ferina.

Erano

stati in

quel frangente eletti sette gran-

di^ e sette popolani a governare la citt.

Da

PRIMO
questi
,

4^
,

Conte Simone di Battifolle accorso alla difesa del comune, e dagli ambadopo lungKi parlamenti fa sciatori Sanesi stipulato col Duca, che rinunciando lui solennemente alla signora libero co' suoi e con
dal
,
,

gli

averi

uscirebbe dalla citt. Parti infatti

con paura, con vitupero, e con rimorso dopo dieci mesi d' impero, lasciando i maltrattati
Fiorentini pi poveri,

ma non

emendati, o

pi saggi

XXXIV. Ilcomun
taneamente
golare
gli

giubbilo spense
.

momen-

odj

e le parti

Trattandosi colla

mediazione del Vescovo,


il

e degli alleati di rei

governo, fu stipulato; che avendo

grandi avuta importantissima parte nella cacciata

del

Duca

fossero

ammessi a dividere

col popolo gli ufficj della repubblica. sare con

Ma l'u-

moderazione del potere


si

fa loro tolto

dallasuperbia.Non

astennero dal vendicarsi


,

sopra alcuni de' popolani con battiture

ferite

uccisioni; dall' usare orgogliosi parlari, ingiuriosi

nelle repubbliche pi delle offese. Talil

ch
le

popolo nuovamente
corpo umano,
,

irritato,

impugnate

armi, gli spogli degli onori. Lo stato, coil

me

se

da grave infermit

macerato

non risana senza pericolosissime

ricadute. Ciascun volendo a suo pr rivolgere

44
Ja discordia,

LIBRO

Andrea Strozzi, che erasi cattivata la plebe, vendendo a prezzo vile le vettovaglie, fattosi sommovitore di quella, gridando viva il minuto popolo, muoja il grasso, Signori in riunitala, audacemente attacc
i

palazzo.

Ma

ributtato nell'assalto, fu abban,

donato

da' suoi

e cerc colla fuga salvezza

Questi odj della plebe e del popolo dierono

animo

ai

grandi di recuperare colla forza


i

gli

onori, e ragunati

loro fautori facevano


si

a-

perta guerra nella citt. Questi

afforzavano
risolse in

oltr'Arno, di qua
fine di
i

il

popolo, che

animosamente
,

attaccarli. ICavicciuli,

Frescobaldi
e

Bardi erano alla testa de' noi

bili,

difendevano

ponti,

ma
i

superatone
d' ol-

uno dal popolo, col soccorso Cavicciuli, ir' Arno, furono


i

de' suoi

Frescobaldi
di-

astretti

a posare
.

le

armi, ad arrendersi a
i

screzione

Ultimi alla difesa furono


assaliti
,

Bardi

ma

da ogni parte

dopo avere

gagliar-

damente combattuto, poterono a stento salFurono saccheggiate ed arse le loro varsi case, con un livore, con una rabbia, vergognosa per sino nel pi feroce inimico. Tanta
.

fu

la

rovina de' grandi in quel giorno, che pi


il

non ardirono combattere contro


in quel giorno fu spento
il

popolo ed
;

loro potere in Fi-

P
renze
diti
:
:

]V[

4^
altri

alcuni essendone stati uccisi,

ban-

pi astretti ad ascriversi alle corpora,

zioni delle arti

e mestieri,

onde potere

ncll'

oscurit conservare la patria. Allora salirono

supreme dignit della repubblica uomini non avvezzi alla grandezza di grandezza indegni e degli scacciati non men superbi talalle
,

ch come osservalo
,

l'

acutissimo storico Fio-

rentino,

la

distruzione della nobilt fu ca-

gione, che Firenze, non solamente d'armi,

ma

d'ogni generosit
Il

si

spogliasse, (a)
scritta la storia

XXXV.
suo fine

Boccaccio ha

della cacciata del


(i).

Duca,

e l'infelice meritato
al-

Non

apparisce avervi presa


agli eccessi

tra parte,
(a) Gio.

che di dar biasimo


I.

comMache

Vili. lib. xii. e.


l.

e seg. 8.

5.

e seg.

chiavel. Stor. Fior.


(l)

2.
(

Nel

libro degl' Illustri Infelici

lib. ix.

finge

gli

apparisca uno, e che facciagli istanza di essere


:

men-

tovato neir opera

Novi eiun Gualterium ducevi


Flo/entinorum Tyrannum
,
.

oUm
Qt

Athcnaruvi

extialem

quidem demissa fronte dejectis in bri facie, adeo remisso animo, et ruls incedebat ut non eum dicas qui primus quarti mutatus ab ilio
, ,

terram oculis, luguexhausto vigore que-

quem videras
ausus est
.

Oh !
li-

dolo

beras Florentinorum calcare cervices

fatta la storia
uri

dell'usurpazione di lui, narra, che riconosciuto da


Fiorentino ausiliare del Principe di
glia di Poitiers
,

Galles

alla batta-

questi lo uccise

^6
messi
,

LIBRO
e di afBigersi che
il

governo della sua


,

patria fosse istabile, tumultuanre

e tale,

da

porre a cimento de' cittadini il riposo, le sostanze, la vita. Ne trasse per se medesimo
l'utile

ammaestramento

di

conoscer

la

plebe,

che disse essere la cosa la pi inconsiderata e versatile anteponente la sua opinione alla
:

verit: esortante al cimento, e presta ad ab-

bandonare nel peritolo:

seconda della for-

tuna o vilissima schiava, o dominatrice su-

perba (a). Apprese perci a vivere


lare

in

popo-

reggimento, senza temere, o dispregiala

re verun ordine dello stato; considerando

patria

come

la

madre,

di cui scusa

falli fi-

liale piet.

Veridico sempre, anzi talvolta

vedremo senza verun personale disturbo vivere in mezzo a


in verso quella severo, lo

nuovi tumulti
vita
,

e per averla utilmente ser,

amore e non per odio o biasimata o ammonita, essere accettissimo agli ottimi, e da' pravi senza danno onorato.
e per

XXXVI. Ma

pi gravi civili disturbi va-

gliono a far tacere

momentaneamente, ma
in
la

non a spengere le bollenti affezioni. Era fatti non meno a lui, che alla Fiammetta
(a)

Cas.

Vir. Illus. p. 33.

t.

PRIMO
lontananza penosa
;

47
1'

crescevagli

angustia

il

trovare nelle domestiche

mura

ruvidezza nel

padre, e malinconico ostello. Invidiava colui.


Che
se in liberta tutto possiede (a)

Per divagare

la

noja, in gran parte da amore

cagionatagli, coir ordinaria contradizione degli

amanti, scrisse

la storia

d'un nobilissimo
il

trionfo del

nume. Ne
Teocrito
,

trasse

pensiero dal
gli

Siracusano

tanto

piacque
f'

quell'argomento, che con nuove tinte lo


rivivere di

Cimone

nella celebrata novella.

Ameto

rozzo cacciatore

Toscano

non

acceso da altra brama, che o per velocit


di corso,

o per volgimenti sagaci, o


nelle sue

ferita

coir arco, o da' cani rattenuta, o vinta dalle


insidie, o
alla
reti

incappata, ridursi

propria casa carico di ricca preda;,quanin

do

un giorno

ben per

lui

avventuroso

scorge Lia leggiadrissima ninfa nella foresta.

cotal vista nella rozza e

goffa

mente

del

giovinetto
diletto:

s' introduce nuova impression di brama rivederla: riveggendola arros-

sisce di sua rozzezza; e col rossore

germoglia
per cui

nel ruvido petto deso di piacerle;

(a)

Amet. p. l5o.

i^8
fattosi

LIBRO
di civilt, di gentilezza fu in

mansueto, pieghevole, affettuoso, diviene tanto pi caro a Lia, in quanto che,


essa

d'amore,

lui destatrice.
sti

In d festivo con pi eulte vein

riducesi

Ameto

un tempio, per nutrila folla assistente


:

car collo sguardo,

fra

le

sue amorosissime fiamme

e per cercare

con

Lia, nelle ore calde del giorno piacevol ombra, recasi nella valletta sottoposta
al Fieso-

lano colle, e da Mugnone bagnata.

Ivi ag-

giungono
ta.
Il

gli

amanti

tre ninfe, e la

Fiammet-

giovane

Ameto

fatto sensitivo dalla bel-

lezza di Lia dalla vaghezza di quelle

com-

mosso, e nel congresso ciascuna narrando, come se f' serva d'amore, destano in lui tale
impression di diletto e di meraviglia, che

pone

in forse talvolta, chi

pi di lui, o dei

loro amatori possa dirsi felice: e

dopo
il

il

con-

gresso diviene

il

pi volonteroso,

pi som-

messo,

il

pi umile de' servidori d'amore.

Talee il gentilissimo argomento dell' Ameto, che anco Commedia delle Ninfe Fiorentine intitol, perch di Fiorentini amori vi ragiona, e del suo colla Fiammetta,
sulle particolarit del quale pi si

XXX VII.

distende,

che
li
,

in altro suo scritto.

Sebbene

ei vi divel-

e de' natali, e de' mariti, e degli amanti

PRIMO
di

49
la

quelle donne,
ei

dell'

occasione de' loro


pi viva
il

amori, e eh'

faccia delle ninfe

e fresca dipintura,

tanto nasconde

vero,

che solo

agli

interlocutori di quel congresso

pot apparir manifesto, (i)

Lo

fece

tanto

(l)

Egli stesso avverte che nell' opera racconta veri


.

amori

Dice Lia

p.

i36.

voi che avete chiari

intelletti

Deh !
Il

rivolgetevi alquanto

ad udire

mio parlare: ed attente notate


,

Il x'er

che ascoso cerca di scuoprire


,

Anzi svela Ibrida


queir
et.

che

vi si

ragiona di amori di

(p. 57-

)>

dicendo, che erano allora del quarto^

dopo che dal

decimo (secolo) trapassate delle cinque parti le due^ cielo nuova progenie nacque intra mondani

cio eh' era trapassato l'anno 1840.

Che

vi

descriva
:

amori Toscani
(

lo dice

Ameto

al

giunger delle Ninfe


,

p. 68.

Se queste qui di venire perseverano


,

in breve
il

la bellezza d' Etruria

anzi piuttosto quella di tutto

regno di Giove vi fia raccolta. Con sagacit e con ricerche potrebbero discuoprirsL
,

le interlocutrici

e le persone
i

di cui intese

di favel^

lare

-,

di

che per invaghire

dilettanti di tali ricerche


,

daremo un saggio. Mopsa (p. 46. ) narra che il padre suo la marit ad uno di cui spaventavala il nome pensando che egli di colui lo tenga che da Gajo Giulio quinto ritenne il monarcale ufficio sublime Cio Nerone
, : ,
^
.

ed

la

detta

Mopsa Fiorentina

bellissima

Fra le

rime

di lui avvi un capitolo ,( p. 66. ) nel quale narra, amore lo condusse aJ assistere ad un ballo di belle che donne e noverate alcune delle danzanti soggiugne
,
:

56
pi

LIBRO
,

facilmente
esser tolta

inquantoch V opera tutta


gentilissima allego,

pu
simo

come una

ria, simboleggiando le ninfe

come

il

chiaris-

Salvini esplicollo, cinque virtudi

che suc-

cessivamente insinuandosi nel cuore d'


to, di rozzo fanlo gentile, neli'

Amepetto

uman

non germogliando gentilezza che per opera


delle virt (a).

Onde
I.

rendere

la

narrazione

(a)

Salv. Disc. 48. V.

Seguita loro poi

Monna

Lottiera
.

Di Neron Nigi 'rz soavi sguardi E come nell' Ameto fra 1' interlocutrici
,

la

Fiammetta
.

nel capitolo fra le danzanti la Fiammetta

Dionea dice che Pomona ( p. 62. ) sollecita, nelli spaavendo veduto dell' umore d' un giovinetto rampollo di pero d' uno antico e robusto pedale naziosi orti
, ,

scere un bel garzone


e perocch umile
il

con graziosa cura

il

nutricava

gli fece dono

interlocutrice

vedeva ^ e pacifico, di pacifico nome Questa e a me per marito V aggiunse dunque Alianora figliuola del Cav. Nic.

col Gianfigliazzi

che spos Pacino Peruzzi

coppia di

sposi, di cui favella pure nell*


XLiv.

Amorosa Visione ( Can,


il

Mann.
,

p. 53. la

Pu

ajutare a discuoprir Lia,


di

ri-

cordarsi

che

scena nel piano

Mugnone

e che

dice: nella parte posta di la dall' onde , gli avoli miei,

ed

rola

mio padre nacquero, ed io e te, dirigendo la paad Ameto, da diminutivo di regali fummo cognominati Probabilmente adunque Lia era Sismonda di Francesco Baroncelli , di cui fa menzione nel citato cail
.

pitolo

Soggiunge Lia

il

quale mio padre da' celestiali

PRIMO
un nuovo
di venust

6x

pi vaga framischi versie prosa, fattosi imitatore di Petronio, di Marzian Cappella, e di

Boezio: ed aperse cos nella volgare favella

modo

di

componimento, che pieno

ha prodotte due celebri imitaziodel Sannazzaro, e gli Asolani


inseritevi poesie, die innan-

ni, l'Arcadia
'

del
zi

Bembo. Nelle
il

ad ogni altro

modello volgare

dell'

inno

primo componimento, e dell'egloga pastorale nel quinto. Dedic a Bartolo del Buonel

no l'Ameto, che
racissimo

di vera

amist eragli ve-

esemplo; esortandolo a ridursi a

nunzj
carne
Elli

prima che
le

Cefiso

nominato

Angiolo, portante

le sue ali vermiglie

naturalmente vuole indiarmi sopra queste onde prese la madre mia


nelV ro
.

rozzissimo

Amato

nato

di

parente
e

plebeo

vicino al luogo, la dove io nacqui,


virt tegnenti
figliuolo
,

forse

per loro
ninfa

cognome di ottimo
i

fu di nobile

della quale

parenti cos gentili, come an'

tichi sopra

l'onde sarnine abitano, quasi nelV infima

estremit della parte opposta a questi luoghi; e se pia

sarebbero chiamati

un gambo la prima lettera avesse di lor cognome cesi come le particelle eminenti delle
,

mura della nostra


i

citt

Le estremit

delle

mura sono
ri-

merli, e tutta merlata vedesi dipinta Firenze nel

tratto di
alla

Dante
la

eh' in S.

voce merli un gambo

alla

Maria del Fiore togliendo prima lettera fa Nerli


;

Dunque

tavano, e tute' ora abitano

madre d'Ameto era una Nerli, oicr' Arno


.

quali abi-

52

LIBRO
di
, .

memoria V autorit

Catone che quando il povero amico un picciol dono presenta, dee piacevolmente riceversi Asser a se non esser nuir altro o Cesare, o Erennio, o Mecenate che
il

suo Niccol: e pregollo di con-

servare l'opera nel suo seno, mentre era ve-

dova e lontana dalla sua donna e infino a tanto che con quella giungnendosi, intera
,

sentisse la sua letizia

XXXVIII. Espresse
stia, in cui era

all'

Acciajuoli l'angu-

per

la sua

dimoranza

in

Fi-

renze, e

la

lusinga di veder per opera di lui


di fortuna (a).
,

propizia mutazion
fatti

Sembra
il

in

che esso

in

Napoli

ove crescea
il

suo

potere lo richiamasse, quando

vedovo, e

nuove nozze pass (b). Ivi trov tutto cambiato. Morto Roberto, era l'autorit nelle deboli mani di Giovanna del suo sposo Andrea e d' una reggenza composta de' principali baroni. Nutriva la regina palese avversione pel marito,
a
,

vecchio padre di Giovanni

fomentata dalla Duchessa di Taranto, che ardente d'inverecondia, e d'ambizione, mac-

chinava anche colla rovina d'Andrea,

l'inal-

(a)
[b)

Opei: V.

iv. p.

3l.

let.

Illa.

Uh.

ix.

Somm. Cron.

an. .l344.

PRIMO
zamento
del suo figlio
al

53
che alla re-

Luigi,
dell'

gina oltre

confine
.

onest vociferadella
,

vasi essere accetto

Del disegno

Duche

chessa collaboratrice
di
vili

era la Catanese

parenti nata, ad uno schiavo in


la

ma-

trimonio congiunta, malgrado

pravit di

ambedue, per favore


occupare
era
i

di corte

giunsero ad
;

primi

posti del regno

ed essa
la

V arbitra

della

regina

(a)

Sapendo

fraudolosa

femmina non mantenere vizioso


onde perverrendute

cortigiano preponderanza, che in iscostuma^


to regnante, ogni via adoper
tire l'indole
lei.

piacevole, facile, e generosa di


passioni
della

Le vive
la

regina

pi imperiose da insidiosissimi esempj, age-

volarono

trama.
la

mol
il

col

pudore

Giovanna inefFetto imfama e perduto quell'


,

aureo patrimonio, insinuossi nell'animo suo


vizio,

che

la

condusse

al delitto.
il

Andrea
naturale

giovine ed inesperto, accresceva

contraggenio di

lei

con una certa rozzezza,

non temperata <3alla mollezza di quella corte. Avea nimici potenti per un modesto coni
,

tegno, che

alla

corruttela di loro sembrava


.

permanente rampogna
Cas. vir. Illu.

Inesperto

nell' arte di

(a)

lib.

ix,.

54

li

R O

governare, era suo consigliere fra Roberto


zoccolante Ungherese, in umili panni super-

bo, sordido
ministri del

di

costume, e che per


i

vile dif-

fidenza rimosse dal governo

fedeli

ed esperti

morto

re, e dest in tal guisa gra-

vissimo malcontento (a).

XXXIX. Dovea
gato coronare
diosi
, i

in

breve un pontificio

le-

due coniugi, quando gl'invi, l'

superbi, ed avari reali

impudica con-

sorte

tramarono di torre

al

monarca

collo

scettro la vita.

Una

notte in Aversa, chiad' alto collo-

mato

dal

talamo sotto preresto

quio, usc di camera confortatovi dalla moglie, e circondato nell'anticamera


cidi cortigiani,

da'patri-

con un capestro fu strangolaCuria Ro-

to (i).
felice

Lo

scelerato e crudel scempio dell'inla

regnante empi di sdegno


e coloro

mana,
messe

che nella corte, e nel regno


di probit.

conservavano qualche germe


il

Com-

Pontefice

esemplare punizione del

(a) Pet.
/.

E. Pam.
e.
I.

lib.

V. ep. 3.

e 4. Giann.

l.

XXit.

e. 2.

XXitl.
(i) Il

Boccaccio neir egloga quarta cos parla di que:

sta

morte

Post htinc (Roberto

Re ) miserandus Alexis: Qui gregibus nimium durus, silvisque molestus


,

Imperitans , abiit

crudeli funere pulsus

PRIMO
misfatto
gli

55
quale molti de-

al

conte del Balzo,

il

uccisori fece morire


il

nese,

fra questi la Cata, e marito di lei, alcuni colpevoli baroni,

ed altre perfidissime femmine, che difendeaad


ogni suo poter
tutto
il

la
;

regina. Divise quella morte


alcuni
si

reame

dichiararono per

Giovanna, e di questi si f' capo Luigi di Taranto, che avea coner di se il fratello, il conte di Durazzo, lo sdegnato popolo, e non
pochi potenti
d'
.

Non manc

di fautori
di
dell'

il

re

Ungheria

che minacciante

traversar

r Adriatico per trar vendetta


suoi stati facevangli

uccision

del fratello, la ritard per la guerra, che nei


i

Veneziani. Intanto cessiil

s ogni giustizia nel regno, divennero mal

cure

le

strade, e quelle parti trascinarono

paese in giornaliere, lunghe e gravissime avversitadi (a)

XL. La regina parve che ereditasse avo r amore per le lettere e pe' sapienti
,

dall'

alcu-

ni de' quali generosamente benefic. Poste-

riormente,

alla scuola dell'avversit, necessa-

ria ai potenti, acquist

accorgimento, capae parve per quelle


il

cita, e fortezza

d'animo,

doti

tanto sollevarsi

sopra

suo sesso, da

(a) Gio. Vili.

Ub.xu.c.So.e 5l

56
la sua

LIBRO
complicit nel misfatto (i). Fu lauda-

destare ammirazione, e da far quasi obliare

ta posteriormente

da molti

scrittori
;

alcuni

de' quali tentarono giustificarla

fullo dal

Bocpi

caccio medesimo, che disse chiaro splendor


gloria delle
dell' Italia
,

lei

essere

il

non solamente

il

donne solo esempio

ma

de' re (a).

questo

in cui posteriore

magnaniCer-

mit abbia fatto dimenticare un colpevole


inalzamento. Giovanna am, e protesse
taldese
,

il

che piacevate per

le

leggiadrissime

sue novelle,

chea

lei

leggeva; alcune delle

quali rend licenziose o per piacere alla regi-

na , o per suo espresso comandamento (2) Ella volle trattenerlo in Napoli co' suoi benefi.

(a) Oper. V. iv. p. 36, let.


(1) Il

Muratori
all'

Pref. alla stor. di

Domen.
.

di

Gravina)

dice quanto

uccisione d'Andrea

Fuere qui lohan-

nam de huiusmodi crimine purgare conati snnt: sed UH judicio meo aethiopem lavandiim ac dealbandum
, , ,

suscepere
(2)

Mainardo de* Cavalcanti a non perDecamerone alla giovane sposa di lui , come perniciosa al costume e ingiuriosa alla fama dello scrittore, soggiunge. Non enim ubiqiie est,
Neil' esortare
la

mettere

lettura del

qui in excusationem
scripsit
,

meam

consurgens dicat

juvenis

N
non

majori coactus imperio. (^Cod. San. ep. 4-) vedesi chi avrebbe possuto avere tale autorit se
et

se

Giovanna.

PRIMO
cj,

57
penna: talch
la

quando

fatto provetto, e austero arrossiva

de' giovanili trascorsi della sua


se
,

giovani entrambi

le

piacque per

sua

ame-

nit licenziosa, in et soda e matura le piac-

que per quelle virtudi, che fecero sparire ogni passata sua macchia (i)
.

XLI. Sebbene turbato

lo stato

da intestini

scompigli, e minacciato di vicina invasione,


tuttod pratica vansi in Napoli le

costumanze

amorose

e gentili, che vi erano passate dalla


fra queste la

Provenza. Era

pi ammiranda,

perch ispirata dalla delicatezza cavalleresca,


quella delle corti d'

amore

sorta di curiosa
di nobisi

accademia
lissime

o di tribunale composto
e di cavalieri, ove
le
,

donne,
i

scio-

glievano

dubbj e

questioni amorose prodagli assenti talvolta,

poste dagli assistenti

da' poeti nelle

loro tenzoni.

Erano queste

corti un'

imagine della censura antica di Ro-

ma, e intente a punire con biasimo e scorno rele femmine disleali, i cavalieri villani
;

([)

ra in Napoli

Nel ragguagliare un amico dell'ultima sua dimoCurabat vir eximius ( Ugo de S. Severino) ,
.

etiam

me

invito

totis

viribim

et interveniente subsidio
,

serenissimae dominae Ioannae Icrusalem

et Siciliae Ixe-

ginae , aptid Parthenopeos placido locaret


San. ep. 8.)

in otio

CocZ.

58
mora
sufficiente

LIBRO
per semicorrotta societ. In

quelle ragunanze sottilissimi dubbj

venivan

proposti, e sciolti con tanta delicatezza, che

sembravano spogliar l'amore d'ogni sensuale concupiscenza cotanto, da non rendere


imaginario quello che risplende nel Canzoniere del Petrarca. Perci in quell'et offe-

amante amore e servigi , senza che si tingesse la donna altrui di rossore. Mantenriva r

nesi tale istituzione nella Provenza, sinch


di delicati amanti fuvvi modello, ed in
poli interamente
te
le
,

Na-

decadde per essere divenucorti

sentenze di quelle

acri

censu-

re alle generali costumanze

XLII. Alla corte d' amore cui presiedeva

Maria, interveniva

il

gentil Certaldese (i).


i

Assistendovi un giorno, fra

nobili

uomini,

eie vaghe donne che conponevanla,ud muovere, e disputare


tal

questione: a fervidissi-

amante, cui non conceduto, che o di potere alcuna volta veder la sua donna, o tal
Nel Filocopo per
,

mo

(l)

darsi agio d'


l'

encomiare
,

la

Fiam-

metta

e di

farne spiccare
alla

acutezza

l'

ingegno

fa assistere Florio

corte d' amore

di cui era la

sua donna regina

e sciogliere ad essa

amorose quistioni corgimento


.

molte leggiadre amenit , che accon non minore

PRIMO
cemente pensare quale
,

Bg

volta ragionare di lei,o seco stesso di lei doldelle tre cose sia pi
assistenti,

diletto?

difesa

dagli

con acuti

argomenti, e studiosamente runa,o l'altra di queste tre cose; egli tenne e difese esser

maggior piacere della cosa amata talvolta pensare , che quello che porger potesse alcuna delle altre due (a). Ma quando nella pi graziosa stagion dell'anno, Maria trasferitasi in
Baja, esso obbligato fu a restare in
gli si

Napoli,

dest gelosia di vederla in

luogo, che
la

sembravagli aver corrotto colla sua licenza


casta

mente

della sua

donna

(b)

Allora parve

a lui d'aver tenuto stolto giudizio.


di

perderla,

all'usato

Timoroso temperamento appiuna nuova


dolore, che

gliossi

per rattenerla nell'amor suo, di blanla

dirne cio

vanit, dirigendole

produzione

della sua
,

penna. Neil' epistola, che


espresse
il

accompagnavala

le

sentiva per la sua partita, con tutto l'ardore


di delicato , di fervorosissimo

amante , asserendo perfino, che ogni aura, o fresco vento che da Baja veniva, ricevevalo nel volto quasi suo
fiato (i)
.

(a)
(Z>)

Argom. al
Rim. Son.

Filostr.
IV.

(i)

Non

dice nell'epistola, che aggiunta al Filo-

6o
XLIII.

LIBRO
Accompagnava l'epistola un poema

in ottava rima, ch'ei scrisse in volgar Fioren-

tino, da che trae tutta la leggiadra, e la va-

ghezza che

lo

abbellisce, e

che intitol

il

Filostrato, reputando, che questa greca voce

composta venisse a significare, quanto uomo vinto, o abbattuto da amore. Contiene il poe-

ma
te.

la storia

dolente degli amori di Troilo

fi-

glio di

Priamo per Briseida, figlia di CalcanFuggito questi appo Greci rimasa in Troja
i ,

la figlia,

scambievole

ailore

incende

cuori
,

di Troilo e di Briseida. gati e rotti


i

Ma
ai

in

una

sortita

fu-

Trojani, rimane Antenore pri,

gioniero de' Greci


te, lo
degli

che
la

preghi di Calcanlui.

cambiano per
i

figlia di
il

Uguale
la la

amanti l'amarezza e

cordoglio nel

separarsi, e pari

giuramenti di serbarsi

fede

Ma

appena nel campo greco passata


di consolatore diviene

donna, Diomede
te

aman-

amato

della figlia del sacerdote


,

Trojano

Nella dubietk dolorosa


seida cagiona a Troilo

che

il

silenzio di Bri-

un fermaglio rapito a

ma siccome nella (Fiamstrato , ove si recasse Maria metta , narra che andava a Baja nella bella stagione , e che nel Sonetto xv. esprime lo stesso pensiero , che si raccoglieva 1' aura spirante da Baja come suo fiato
-,

dee credere, che in quell'assenza

ivi si

fosse recata.

PRIMO
Diomede,
e che quegli alla
.

6l

donna don, svelagli la sua sfortuna Non 1' amante guarirsi dal mal concetto amore, e non sapendo tollerare la vita, va ad incontrare la morte dalle mani d' Achille, dopo aver fatta sanguinosa
strage de' Greci. Per lui apparisce a che con-

duca disperato amore


Per
lei assai di lieve si

Quanto

in

comprende femmina fuoco d' amor dura


occhio
,

Se spesso

1'

'1

tatto noi raccende

tro

XLIV. Cade qui in acconcio di riferire alpoema di lui comecch scritto poco do,

po

il

Filostrato, che intitol


.

l'Amorosa Vilo
fe-

sione

Finge, che celestiale intelligenza

guidi in sogno nel tempio della


licita.
il

mondana
si

quivi a primo ingresso gli

affaccia

trionfo della sapienza, tanto artistamente

dipinto, che parveli


re stato

uman pennello non


:
,

esse-

mai a tanto ingegno sospinto


al

Eccetto che da Giotto

qual la bella

Natura parte

di se somigliante
(l)

Non
(l)

occult giammai.

rosa Visione

Tal lode dal Boccaccio data a Giotto nell'Amosi riconosce per meritata quando siansi veduti i freschi da lui dipinti nella chiesa dell'Arena Il pittore senza altra guida di Padova che le greche pitture e Cimabue suo maestro vi ha posta tanta vaghezza e sobriet di colorito, tanto ingegno nell'in,
,
.

6l

LIBRO
alla

Molti sapienti de' secoli passati

dea fanchi lie-

no coro. Maggior drappello nian per la gloria, sebben


gue ricchezza; e
la celestial

di seguaci attordi loro,

to^ e chi turbato in faccia. Folla affamata se-

guida, onde

sal-

varlo dall'ingorda brama,

che desta nel pi

de' cuori quell'idolo delle genti, lo introduce

a contemplare

il

trionfo di fortuna
le

Ivi rimi-

ra arse e distrutte

citt

un

potenti, e

aspro duolo Io amareggia nel

vedere, che

abbandona
Farsalia
i
il

la

dea nelle glebe insanguinate di

fortunato

Pompeo;

come

lui tutti

seguaci dell'incostante, vedeli prostrati al

suolo ad un sol volgimento della ruota fatale.

La guida
ra

vuol rattenerlo dall' inoltrarsi nel

giardino d'amore,

ma trascinato da
inoltra, e

lusinghie-

apparenza,

s'

belt che erano ai


poli
,

dell'Italia
fa
il

la

ammirandovi le suoi d d Firenze, di Nameraviglia, con compiaquesto


vi-

cimento ne

novero

XLV.
poema
venzione

Bollente

sempre d'amore,

intitol

l'Amorosa Visione, quasi

un cos mirabile effetto di chiaroscuro, che almeno per questa parte sembra, che dopo di lui decadesse r arte .sino ai tempi di Raffaello I dilettanti delle arti belle aspettano con impazienza 1' opera che su tale argomento va scrivendo il Barone d'Anquerville.
,
.

PRIMO
sone dalla

63

Fiammetta
le

ispiratagli.

E come

s
le

non bastassero
rosi

laudi,

che apertamente
che

profonde, con uno degli strattagemmi amoinventati


da' Provenzali,
il

Redi a

giusta ragione fanciullaggini


nelle

chiama, nascose
d'

prime

lettere de' capi versi

ogni ter-

zetto, due sonetti ed una canzone: e con questi

componimenti dirigendo
,

il

poema

Ma-

ria

le ripet

averlo scritto per farle onore


(a)
si-

con nuove rime

XLVI.

Questi cinque trionfi sono assai


,i

mili d'argomento a quelli del Petrarca

quali

sebben non siano

il

lavoro

il

pi limato del

Canzoniere, di gran lunga sopravanzan di pregio quelli del Certaldese


:

e principalmente

quanto

allo

scopo

finale,

che

si

prefissero

due

scrittori. Quelli del cantore di


il

Laura
1'

sol-

levano

leggitore a contemplare
dell'

eternit,
lo

Suprerho scopo

uom

pensante:
gli

gli altri

riducono a rimembrare

allettamenti del

nume

Nato

dall' ozio

da lascivia umana

Nell'Amorosa Visione sembra per pi viva, pi leggiadra, pi efficace, che altrove, la


versificazione del Boccaccio.

Che se riflettasi

(a)

Rim.p. Io5.

04

T.

R O
,

per r amoroso giuoco di queir acrostico

es-

sersi ei messo nell'angusto letto di Procuste, creder si debbe, che soverchia facilit egli

avesse nel comporre in rima.


facilit perniciosa al

Ed

la troppa

poeta

se

da fredda me-

ditazione

da circospetta parsimonia, e dal


confin del sublime

gusto non vien V estro rattenuto , e ne' suoi tra-

viamenti ridotto entro

il

XLVII. Reputo, che ultimo de' suoi poemi volgari, comecch scritto con maggior maestra, sia
il

Ninfale Fiesolano, che contiene


Istoria,

gli

amori d'Affrico, e di Mensola.

non

meno

di quella

de' Babilonesi

Piramo

e Ti-

sbe,o dello sfortunato notator d'Abido, lacri-

mevole e miseranda. Mensola Fiesolana ninfa, consegratasi alla santa

Dea

detta trifor.

me

perpetua castit

le

promette

Ma

dal

volto, dalla prestanza, dagli atti, da' parlari,


dagli amorosi pianti d' Affrico
gasi ad

commossa,
fugge

pie-

appagarne

le

voglie. Ridotta a penti,

mento amaro
cello

del suo fallire

il

garzon-

amoroso, che sopraffatto dal duolo, che destagli il rigore di lei, in riva a un fiume, volontario
si

la

morte. Diana, scoperto da


il

manifesto indizio della donzella

reato

ad

esempio

delle altre ninfe, e a punizione delle

violate promesse, trasforma la colpevole in fiu-

PRIMO
me. Conservasi appo
tunati amanti
,

65

noi la

vene ndo de'


,

memoria de' sforloro nomi chiamati

due Fiesolani rivi prima, che insiem confondano il fresco umore, che simboleggia il pianto in vita sparso da que' miseri amanti (i).

( Rag. d*ogni una nota comunicatagli dal Biscioni, che leggevasi in un testo a penna del poema,

(l) Il

Manni
)

( jp.

55.) copiato dal Quadrio

Poes. p. 442.

riferisce

del tenore che segue

'.finito

il

libro

chiamato Ninfale

Messer Giovanni Boccaccio da Certaldo nelV anno l366. a c/ 23. d'Ottobre. Ma non va data fede a questa nota , n pu giudicarsi scritto anno della sua conve,rsione il poema oltre al i36i
composto per
lo eccellente
,

E'
ci

questo componimento licenziosissimo in alcuni squar,

pu giudicarsi uno
il

di quelli, per

cui meritamente
di poetare
.

lo
tre

riconvenne
verso
il

Ciani pel suo

modo
(

Inol-

termine del poema

6t.
,

464.) dice:

Io son venato al porto desiato

Ove

'l

desio, e la mente amorosa

Donando ormai
,

Per lunghi mari ha gran pezzo cercato f alla mia penna posa Ho fatto quel che mi fu comandato Da tal ci non potrei nulla disdire^ Tanto s* e fatto sopra me gran sire Dico d' Amor di cui son sempre suto ,
.

Ed

esser voglio

e lui ringraziare ec.

Questa protesta poco conveniente ad un uomo di clnquantadue anni gli avrebbe procurato il dispregio de' galantuomini , dopo la sua pubblica conversione A che
,
.

si

aggiunga, che avrebbe contradetto a quanto inculnella Genealogia


degli

cava

Dei

nel trattato delle

^
XLVIII.
liari, altri

LIBRO
Scrisse oltre
i

menzionati poemi

gran numero di lirici componimenti da noi Alcuni famiraccolti , ed insiem pubblicati


.

satirici,
scritti in

taluni sacri, e per lo pi

amorosi , e

onore della sua donna

talvolta per dolersi di lei, talvolta per enco-

miarla, o per celebrare un qualche piccolo

amoroso avvenimento, oper piangerla


ta

estin-

amarissimamente.

XIL. E'

il

Boccaccio

sommo

poeta,

come
ri-

apparisce dalle dipinture ch'ei fa della

dente natura

e dalF essere a sua voglia epi-

co, tragico e comico esimio.


gli affetti

E
,

nel

muover
in

egli tanto

sublime

che perfino
pi maestreci accade

negli amorosi

fu da celebre

penna posto
lui
.

forse chi del Petrarca, o di

volmente
{a) Salviti.

gli

esprimesse

(a)

Ma

Disc. Accad. xxil.


,

donne

illustri

e nelle altre opere latine

composte
la

pubblicate verso quel tempo. Sembra smentire


nel parlargli de' suoi

nota,

ci che scrisse a Pietro di Monreforte {Cod. San. ep. 2.)

poemi volgari

cttm

in

primum

locum pervenire non possem , Jion siiffcientibus ingenti viribus , ardens niea xmgaria et profecto juvenilia nimis poemata dedignari visus sum E' probabile che il
.

trascrittore nel

copiar la nota trasponesse le cifre

e
lo

che il dieci romano , che precedeva il cinquanta posponesse , e facesse dire io66. invece di 1346.

PRIMO
soltanto,
diritta

&"]

quando con la sua prosaci batte una strada, e per le vaste campagne della
l'al-

eloquenza inriperosamente passeggia; e


tro stringe con

numero

artificioso la

rima, e

con soave armonia esprime i pi delicati, i pi sottili pensamenti amorosi. Ma come versificatore,

sebbene in rima tante opere com-

ponesse, e che sino dalla pi verde giovinezza


apparisse in lui un'indole poetica maravigliosa,

occupa appena

la terza sedia fra

poeti di

quell'et.

L. Giudicando di se stesso, di se diversa-

mente opin. Talvolta non apparve contento,


del

di questa terza laurea e

quando

lesse le

rime

Cantore

di
lui

Laura, volle arder

le sue.

quelli

che di

favellarono, alcuni lo
altri

Di hanno

forse troppo esaltato,

troppo avvilito;
male voleni

tanto egli vero che bisogna aggiungere alla


altezza di classico scrittore onde
,

la

za si taccia,
giudici.

e della posterit invariabili siano

A mio

avviso
:

come

versificatore chia-

mossi a ragione
Rampollo umil

de' dicitori antichi

(a)

e colto imitatore di

quegli, tent di trasla-

tarne le bellezze nelle sue rime volgari.

Fu

(a) San.

d'.

68
d'

LIBRO
,

fecondissimo d'invenzioni, copioso d'idee, e

argomenti
(a)

precetti dell' arte di poetare


.

conobbe perfettamente Disse


poesia
:

infatti essere la

un esqusito eccitamento ad inventare


j

un argomento

a narrarlo

per cui muovesi


,

V animo
zioni
,

ad imaginare peregrine

nuove invene

con inusitata tessitura di voci

di sen-

tenze, adombrate con favoloso velame


.

non

re-

moto dal vero Quindi essere ufficio del poeta // far salpare le r armare i regi in guerra
,

squadre, descrivere

il

mare,
:

la terra,

il

celo:

ornar di

serti le

vergini

coerentemente al loro
le
i

intrinseco pregio
eccitare
i
i

delineare
,

umane azioni;
vili
,

torpidi

inanimire
i

raffrenare

temerari , punire

rei

nomi

egregi inal-

zare con meritate laudi.

Ma

questi insegna-

menti sovente non pratic nella sua versificazione, parte dell' arte la pi meccanica invero,

ma
.

che soavi e Quindi


,

grati

rende

compoil

nimenti

che

ne' suoi scritti in ri-

ma

talvolta neir epitetare infelice;

ver-

so sovente

non industrioso
il

e cadente:

non

di rado vi

pensiero oscurato dalla consonovi alcune

torta dizione

rime inoppor-

tune, lesioni alquanto dure

o strane, lo che

(a)

Gen. Deor.

l.

xiv.

PRIMO
avrebbe a mio
se
in

69
fosse
,

avviso interamente schivato,


colto
vissuto
il

secolo pi

o in

et giovanile avesse letto

Canzoniere del

Petrarca
LI.

Malgrado ci grandemente

ei
si

promosse
disse in-

quell'arte maravigliosa.

Fu come
dell'

ventore dell'ottava rima,


zesca poesia
.

epica e roman-

Introdusse la mescolanza della


scrisse

prosa e del verso; primiero


elegie volgari
.

inni ed

E con

ripetute apologie di queir

arte feccia salire in altissimo pregio.


da' suoi

Erano

contemporanei denigrati e avviliti i gentili ingegni che si sforzavano di renderle


,

nuova vita, ed anco


tivi

gli

dicevan nocivi .-eque'


,

detrattori , pi severi di Platone


,

non solo

cat-

ma anco
teologi

buoni poeti avrebber voluto


citt. Idioti legisti, igno-

veder cacciati dalle


ranti

mordevangli
stolti imitatori

rabbiosamente

chiamavangli
capaci

de' filosofi, per-

niciosi al costume, e mendaci, per essere ind'

assaporare

l'

allegoria nascosa sotto

la corteccia della finzione. Di ci vivamente

sdegnato
e nel

il

Boccaccio, e nella vita


alla

di

Dante,
,

commento

Divina Commedia

e so-

prattutto nel decimoquarto libro della genealogia degli Dei fece


coltivatori delle

F apologia

de' calunniati

muse, e

de' loro detrattori

70
ti,

LIBRO PRIMO
g' insulsi

tanto efficacemente fiacc

argomenrivivere;

che non ardirono


in

di poi fargli

n da indi
avvilire

poi Tarte poetica denigrare, e

SOMMARIO
DEL LIBRO SECONDO

I.

JLJ escrizione della peste di Firenze

il.

Scrive nel
.

tempo della pestilenza parte del Decamerone


tivo

Wl.
v.

MoE'
.

per cui

lo scrive,

w. Contenuto dell'opera,
satira
,

un' opera piena


VI. ' lo scritto

di Lucianesca
Italiano
.

e di filosofia
.

il

pi eloquenlte

vii.

Altri

meriti delV opera

viii.

Esame

dello stile del Boccaccio

nelle altre opere in prosa, ix.

Delle cose che


date
al

lo ren-

derono

eloquente

x.
xi.

Critiche

Decamerone
.

da' contemporanei
XII.

Alcune macchie del Decamerone


xiii.

Influenza di quello sugli scrittori Italiani,


,

Dito-

spregio in cui tenuto attualmente


tale dell' eloquenza
.

decadimento

xiv.

Lodovico re d' Ungheria cala


.

in Italia

Fu<ra della regina Giovanna


:

xv. Lodovico
xvi.
.

abbandona Napoli

infortunj del regno


il

Le disavPerde

venture di Napoli affliggono


il

Boccaccio
.

xvil.

padre

si
.

restituisce in Firenze
xviil.
ei

Vi stringe amista

col Petrarca

Vantaggi che

ritrae

da

tale ami-

sta

XIX.

Cosa

pensasse del governo di Firenze, xx. In.

gratitudine de' Fiorentini verso Dante

xxi.

E per quella
.

acremente gli rampogna


Vita di Dante
Visconti
,
.

il

Boccaccio, xxil. Scrive la


all'
.

xxiil.

Censure date

opera xxiv. De'


ti"

e del loro ingrandimento


cdtri

xxv. Gelosia e
.

more che danno agli

potentati d' Italia

I Fio-

rentini spediscono
rentini aprono

il

Boccaccio in Romagna, xxvi. I Fio*


al Petrarca, e a lui spe-

una cattedra
.

discono

il

Boccaccio

xxvii.

Colloquj

de*

due amici

xxvm.

Il

Visconti
il

muove guerra

a' Fiorentini, xxix.

Spe-

discono questi

Boccaccio al Marchese di Brandemi

burgo

XXX.

Pace fra

Fiorentini e

il

Visconti, xxxi. Il
,

Petrarca entra al servigio de* Visconti


preso dal Boccaccio
XXXlll.
.*
.

e ne vien ri-

xxxil.

Moderazione del Petrarca.


a'

Imperatore spedisce un imbasceria


il

Fioren-

tini, e questi dell'

Boccaccio al Pontefice, xxxiv. Accordo


,

Imperatore co* Fiorentini


.

e loro loquacit burlata


.

dal Boccaccio

xxxv. Nuovo amoretto di lui


stato burlato
. .

xxxvi. Si
il

sdegna per essere


tirico

xxxvii. Scrive

sa-

Laberinto d' Amore


.

xxxvill. / Masnadieri trava-

gliano la Toscana
se ne vale
il

xxxix. Quiete interna della citt:

Boccaccio per promuovere gli studi. Xh. Rac-

coglie e
XLI.

trascrive
il

gran

numero d'antichi
.

scrittori.

Visita

Petrarca in Milano

XLii.

GV

invia

una

copia della Divina

Commedia

xliii.

Premure del Boc.

caccio nel diffndere le greche lettere

XLiv.

Da

Ve-

nezia conduce in Firenze Leone Pilato

e gli fa spielibri

gare pubblicamente Omero, xlv. Raccoglie

Greci

a sue spese, xlvi. Esame della sua perizia nel Greco.


XLVii.

Di Leone

Pilato. XLVin.

Malgrado tante premure


,

di lui per diffondere le Greche lettere

pagato

d* in*

gratitudine da* contemporanei


diffondere le greche lettere
ze.
LI.
.

xlix.

Quanto

influisce

L.

Nuovi torbidi
Lii.

in Firen-

Esilio di

Messer Pino.

Epistola confortato-

ria del Boccaccio al

medesimo

73

LIBRO SECONDO

I.

fji da

alcuni anni

nelle parti orientali

era incominciata la pestilenza, che senza restare di

un luogo in un altro continuandosi

verso l'occidente erasi miserabilmente cocan^

che nel 1348. pervenne nella floNon ridissima e popolosa citt di Firenze
to ampliata,
.

valeva a tale infermit

n consiglio

di

me-

dico, n virt di medicina: pochi

ne gua-

rivano, anzi quasi tutti infra

il

terzo gior-

no dalla sua apparizione miseramente perivano. Dilata vasi questa, perch per lo comunicare dagl' infermi awentavasi ai sani
;

quindi
cose.

tutti

fuggivano e

g'

infermi, e

le

loro

quasi
,

ciascuno non pi viver dovesle

se, aveva

siccome s,

sue cose messe in

abbandono. La reverenda autorit delle leggi divine, come umane, era quasi caduta e dissoluta tutta, e ciascuno facevasi

lecito

quanto
la

a grado gli era d'operare. Per lo che alcuni


di crudel

sentimento abbandonarono
le

proil

pria citt,
fratello
il

proprie case,

parenti

Fugg
il

fratello, spesse volte la

donna

ma-

74
rito , e
,

LIBRO
quello eh' quasi
i

non credibile

, i

padri
:

come se loro non fossero quasi che mutamento di luogo salvar possa
e le madri
figliuoli
,

da celestiale gastigo.

di quelli

pure non po-

chi infermando, avendone eglino stessi dato

l'esempio, abbandonati languivano. Accadde

dunque, eh'

agi' infermi altro sussidio


la carit degli

non

ri-

mase

che

amici

e di questi

fur pochi, o l'avarizia de' servi mossi


si salari,

da grosmol-

che servendo in

tal servigio, s

te volte col

do

la

pestilenza,

guadagno perdevano. Incrudelennon pratlcaronsi pi n gli


ceri-

uffici

cittadineschi, n l'ecclesiastiche

monie: molti senza testimonio trapassavano,


e pochissimi erano

coloro, a quali

pietosi

pianti de' suoi fossero conceduti, anzi in luogo


di quelli
si

usavano
.

risa e

motti, e festeggiar
il

compagnevole
circostante
te
ville,

Dilatandosi
i

contagio nel

contado,
i

lavoratori per le spari

per
,

campi, per

loro colti, e per

le loro

case

senza soccorso

come
i

bruti

mo-

rivano.

dessi

pure, come

cittadini, dive-

nuti lascivi,

non

di coltivare,

ma
i

di

consu-

mare il raccolto studiavansi; ed ogni cura abbandonando, cacciati dalle case bestiami se ne andavano quelli per campi come mei

glio piaceva loro,

ove

le

biade abbandonate

li'

SECONDO
erano senza essere , non che raccolte
segate.
,

75

nemmen
il

nella sola
il

citt

di

Firenze fra

marzo, ed
II.

prossimo luglio,

oltre a

centomila

abitatori furon

tolti di vita (1)

Ecco
che
,

in succinto,

come

descrive

il

Boc-

caccio questo flagello fiero, inaudito, tremen-

do
ei

(2),

si

distese

non

solo in Firenze ove


,

non era
(1)

(3)

ma nell'

Italia tutta

e che spar-

peste di Firenze

la descrizione del Boccaccio della con quella celebre fatta da Tucidide della peste d* Atene pare fuor di dubbio , che il Primo avesse letto l'Ateniese, mentre vi sono alcuni
,
,

Comparando

pensieri
.

e riflessioni

che

condo Non

ardirei per affermarlo


,

sembrano copiate dal secon sicurezza, poingegni scri-

tendo accadere

che due

prestantissimi

vendo d'un argomento medesimo si combinino in alcune descrizioni, e riflessi, o che egli alcuna cosa da
Lucrezio traesse copista
(2)

dell'
al

Ateniese
(

Scrive
I
.

il
)

Petrarca
di

Boccaccio
:

Op. Ed. Basii.


,

Voi.
et

p. 540.

questa descrizione
.

narrasti proprie

magniflce deplorasti
(3)

Ch'egli fosse in Firenze affermalo

il

Manni, (p,34;)
pe-

e poteva dedursi dal dire nella descrizione della


ste
,

che
,

la

cosa dell'uomo morto

tocca da altro aniquello uccideva


:

male

non

della specie dell'

uomo,

di

che gli occhi miei presero tra le altre un d cos fatta


bisogna intendere eh' ei vedesse ci in Napoli, o altrove, mentre nel Commento di Dante {Oper.
esperienza.
voi. . p. 336.
)

Ma

dice:
io

se io

ho Ivero inteso ^ percioc,

ch in qne^ tempi
citt (Firenze)

non vi era
,

io

odo che in questa

avvenne a molti

nelV anno pestifero dpi

y6
d'

LIBRO
morte anco
Il

se lutto, timore, e

in

ogni parte
di

Asia, e d'Europa.

leggitore
lui

bramar dee

sapere cosa accadesse di

in

quel misero
al-

tempo. La sua penna


leviamento
detto

gli

somministr un

fra' sovrastanti pericoli.

tempo
osisia

in iscrivere parte del


delle

Adoper Decame-

cento novelle, o favole, o parabole, o istorie, che finge raccontate da


onesta brigata di sette donne
,

rone,

e di tre gio-

vani in dieci giorni nel tempo della pestilenza,


S.
i

quali trovatisi a caso nella Chiesa di


Io schifoso aspet-

Maria Novella, per fuggire


ritirarsi

to della citt, convennero, dato di

bando

alla

malincona, di

in

contado, per go-

dervi degli onesti piaceri della


III.

campagna

Non
;

cela

il

motivo, che a scrivere

lo

sospinse
lo,

gentili ingegni

vaghi in quel seco-

alle donne, che vedeva a que' tempi, poco ai nostri conformi, ristrette com' ei dice da' voleri, da' piaei

ed

vaghissimo di piacere

ceri, da'

comandamenti
,

de' padri

delle

ma-

dri, de' fratelli

de' mariti nel piccolo circuito

iS^Sy che

essendo soprapresi gli uomini dalla pestilen-

za, e vicini alla morte , ne furono pi e pi , li quali dei loro amici, chi uno, e chi due, e chi pi ne chiam, Vienne tale e tale , e che morirono secondo l'ordine nel

quale furon chiamati

SECONDO
delle loro

77
sedendosi,

camere

e quasi oziose

ravvolger pensieri non sempre allegri, a sollievo di queste intese di raccontarle.


IV".

Vi accumul
diletta, e

infatti tutto ci
le

che

ri-

crea

commuove. E

vicende di
oltre loro

coloro, che da disavventura

afflitti,

speranza ne uscirono a lieto fine; e quelle di coloro, che cosa molto desiderata con industria

acquistarono, o

la

perduta ricuperarono.

Ei

duri casi d'amatori infelici, o di pi avfieri

venturosi, che dopo alcuni

e sventurati
lieto
si
fi-

accidenti

loro

amori condussero a
di

ne

leggiadri motti

chi tentato

ri-

scosse con tale innocente e sagace vendetta.

diversi esempi di alcuni, che

con pronta

risposta, o avvedimento fuggirono perdita, o

pericolo, o scorno.

Nel

folto

numero, non
ai mariti,

poche
tri;

beffe

dalle

femmine

fatte

non poche
traendo

burle fatte ai semplici dagli scali

detti

esempi da ogni popolo, da


la storia della vita

ogni regione, da ogni ceto; talch pu chiamarsi quest opera


de'

privata,

modi

delle

costumanze, delle passioni,


ed a quello
1'

delle virtudi e de' vizj del secolo suo, e degli

antecedenti
si

vicini, in cui
,

meglio

ravvisa

uomo

di queir et
i

che

negli storici

contemporanei anco

pi gra-

78
vi.

LIBRO
per rendere quanto dilettevole
utile
,

altret-

tanto

questo

sublime

lavoro

e darli

fine luminosissima, tratta nella giornata de-

cima di chi liberalmente, ovvero magnificamente alcuna cosa operasse, e in quella porge magnanimi esempi delle pi
virtudi
.

ammirande
,

Ineff'etto

quale pi

generoso

pi

alto donatore d' Alfonso re di

Spagna

Quan-

to rara dell'Abate di

Clign la

gratitudi-

ne, e

la liberalit: inimitabile la generosis-

sima ospitalit di Mitridanes: poco comune


la

costanza,
?

la

continenza di

Gentile dei

Carisendi

Ove

un Messer Ansaldo, che


al

virtuosamente rinunci

pi caro guiderdosul trono


di

ne meritato, e promesso? Ove re Carlo, in corte un conte un

un

Monforte;

questi capace con libere voci di riprendere


re provetto, e potentissimo, quegli di rafil
i

frenare

bollore del pi cocente appetito


volgari amori

Che

se

alcuna volta

ei di'

pinse,

come porge

quello dalla ragione

mo-

derato e corretto nella novella di Tito Quinzio Fulvo, e di Gisippo? Qual raro,

ammi-

rando, inimitabile conflitto d'amicizia e di

amore

Quanto eloquentemente vi favella la santa amist, quanto straordinarj sono i re!

ciproci

sacrificj

Dona

quegli alla salvezza

SECONDO
E che diremo

79

deir amico ramata, questi la vita! Quale stimolo al bene operare, che vedesi largamente, ed inaspettatamente rimunerato nella novella
del Saladino
!

della rassegna-

zione, della costanza, della celeste mansuetudine di Griselda, che con intrepido, e forte

petto affront

pi duri,

pi disumani ciil

menti

istoria

che lacrimar fece

cantore di
traslatarla

Laura,

che tanto T ammir da


?

in latino (a)

Queste cento novelle vengono


le

interrotte

con

pi vive

e poetiche dipin-

ture della vaga,


letti

della ridente natura, de' didella

campagna, e sono framischiate con amorose canzonette, che i gioinnocenti


vani
li,
,

e le donzelle alternavan cantando ai bal-

e alle carole nelle giornaliere ricreazioni.

V. Questo

libro

ha

inoltre

un altissimo preo di ricreanti

gio, sebbene al superficial leggitore sembri

un tessuto soltanto o di
fole.

risibili,

Ma, come

osservollo l'apologista elo(b)


,

quente di quella prosa


tichi in

il

pregio di essa

sovra ogni altro ammirabile quello dagli an-

Esopo Frigio, in Apulejo, in Luciano lodato, cio scherzosamente narrando, e bur-

(a)
(Z>)

Pet. Op.

Ed. Bas.

voi.

p. 641

Bottari Lezioni sopra

il

Decam. Vedi

Illus, ir.

So

LIBRO
allora

land, e ridendo di dissipare la folta nebbia delle volgari opinioni, che, di giudizio sce-

me, erano

generalmente disseminate.

VI. Gli annoverati pregi bastar ponno a

rendere eterna del Boccaccio

la

fama

ad an-

noverare

il

Decamerone
quel libro

fra le opere pi fa-

mose.

Ma
ir

in se racchiude altro

pregio, non
sere cio

meno

de' noverati luminoso; d'es-

pi eloquente scritto, che abbia

veduta

la

luce

dopo

il

rinascimento della bella

letteratura. Per legare agli scrittori avvenire


la

pi opulenta eredita parve ch'ei


,

si

prefig-

gesse di darvi d'ogni

stile

volgare modelli luil

minosissimi, a che
suo lavoro
fatta d'
,

gli

die agio
si

genere del
narra ogni
i

ove

come

detto

avvenimenti, ove interloquiscono


i

pi umili personaggi e
sua

pi gravi, di cui la
le

penna
le

sa

adattatamente imitare
i

narracui di-

zioni,

perorazioni,
felice e

dialoghi

di

pinge con
e gli atti
ti, e le
,

verace pennello, e
,

volti,

modi

e gli usi

pensameni

affezioni.

Flessibile, e industrioso

'tutte colpisce le
traslati.

voci proprie, e

pi felici

Quanto limato,
,

e sottile nel dire le


le

cose umili

tanto

le

grandiose,
coli'

eccellenti
la

pomposamente
magnifica
,

riveste

eloquenza

pi

la

quale fluisce sempre armonio-

SECONDO
sa, senza gonfiezza
,

81
pi

ne inciampo, ne contorli

sione, n voce
tersi vocaboli

durao strana, anzi per

risplendentissima; per lo suono,

che

risulta dalla

collocazione delle voci, lim-

pida, chiara, e soave. L'asperge infine con un


certo lepor di facezie
,

d'

uno spontaneo

atti-

cismo inimitabile;
col pi

la stringe col
;

pi variato,

sonoro andamento
,

ed avendo tanta

arte

adoperata

sa

Acuto, e sagace

istorico, tutto

con arte nasconderla pone al suo


gli ani-

luogo per vincolare, e commuovere

mi: talvolta lodator dignitoso

talvolta aspro

vituperatore ; sentenzioso opportunamente , diletta


il

leggitore, lo signoreggia, T inebria:


,

talch questi gode

addolorasi

ride

pian-

ge, favorisce, odia, disprezza, s'intenerisce,


s'irrita, spera,

teme, si meraviglia, tutte a sua voglia sapendo accendere, o spengere

le

umane
(l)

affezioni (i).

Forse creder alcuno che l'eloquenza del Boc-

caccio fosse

un dono concessogli spontaneamente


figlia di

dalla

benigna natura: questa invero vi contribu grandemente,

ma

che fosse anco


dice egli

lunghe meditazioni, e
.

di laborioso

studio apparisce da quanto segue


( )

gli animali

esprimono

loro affetti col

Come muviv

gito, o col sibilo, l'uomo fallo colla


favella
tildi
,

favella. Con la
le

contraggonsi le amicizie

si

encomiano

si

redarguiscono

vizj

Colla favella ci addot-

So.

LIBRO
Non
il

VII.

tra

fondatori delle repubbliistitutore e


tra
i

che, disse

sommo

modello del

non tra i vincolati e stretti da regia dominazione suol ma della germogliare la brama di perorare
perfetto oratore:

non

guerrieri:

pace compagna, socia del riposo e quasi alunna di ben costituita citt l'eloquenza. Fra
,

noi moderni per colpa nostra o di tempi

per difetto di

tal

difficile

accoppiamento di
,

sapienza, di riposo, e di libert

sconosciuto

triniamo, ammaestriamo gli altri, ed esterniamo


terni sensi
.

gV in,

Due modi abbiamo per

di loquela

uno

rozzo ed incolto succhiato col latte, V altro concesso a


, colto, or nato , florido , figlio dello studio, e delV arche, bene o male adoperato utile , o dannoso ai viventi Infatti , senza asprezza , o mordacit , or usando parole placide e miti , or condite con grazia , or rilu-

pochi
te,

centi di splendide tinte

or gravi e sentenziose

com-

poste di suoni

alV opportunit adeguati, qual re, qual


?

plebeo irato , o furente non renderai mansueto

Qual imcon-

merso nel pianto , e nella mestizia non farai


solato
?

lieto e

non infiammerai di gloria ? Quale prostrato ne* bagordi non ridurrai alla frugalit Reputo adunque, e colV animo e collo studio, doversi ogni uomo ingegnare di farsi eloquente , se non
vile e torpido

Qual

per necessit , almen per utile.


ogni altra a-^ezione
scoltatori cotanto
,

U ornata orazione, aprensempre al parere delVo)

dosi adito all' animo per le orecchie, caccia col suono


,

rende immobili e attoniti gli aridurli

da

ratore

( De

casibus vir. lllus.f. 6^.

SECONDO
Un modello

83
Atedi queir

di que' perfetti oratori, per cui

ne

Roma andarono
la

tanto fastose

oratore, che dee avere del dialettico l'acutez-

za, del filosofo


epica
,

sapienza,

la

dizione quasi
i

r erudizione de' giureconsulti

pi ce-

lebri, la

declamazione de' tragici,

il

gesto dei

sommi

attori. Modello da noi sconosciuto co-

tanto, che l'ultima parte, che rassembraci di

minor peso

afferm Demostene esser

la

pi

importante per l'oratore.

Non pu dunque
non concessa ai eloquente non

paragonarsi n a Demostene, ne a Cicerone


il

Boccaccio
,

nell'

oratoria
scrittore

moderni

ma come

a quegli inferiore.

Che

anzi a gloria

somma

di lui giover l'osservare,

che

la

Grecia stu-

diosissima dell'eloquenza, prima di questa,

ogni

altra

invenzione perfezion, e

gli

Ome-

ri, e gli Eslodi

molti secoli sono discosti dai


,

Perieli, e da' Tucididi

che incominciarono

a scrivere con apparenza oratoria, e pi dai


Lisia,
dagl' Iperidi
.

dagli Eschini e da'

De-

mosteni

sebbene non cos lentamente pro-

cedesse in

Roma

il

perfezionamento dell'eloi

quenza, quivi pure molto furono anteriori


Plauti, gli Ennj,
i

Terenzj, agli Anton), ai


,

Crassi, agli Ortensj

ed a'TulIj, quantunque
i

un secolo innanzi a Tullio

Romani

scrittori

84
dell'

LIBRO
i

Studiosamente tentassero d'imitare


Attica
.

modelli

Il

Boccaccio succeduto immepadre


d'

diatamente
senza
novello

al

dell'

italiana

poesia,
volgare,

soccorso

alcun

modello
e

Isocrate, primo scuopr,


il

pratic

nella prosa, sfuggendo

verso, di legarla coti


e di

abbondanza,
di tutti
i

con

numero,

condirla

fiori dell'

oratoria: e da per se stesso

a cotanta altezza sollev l'eloquenza italia-

na, che

al

solo

Casa

nel

felice

secolo di

Leone
sguardo

fu dato in alcuna prosa di giugnere

quasi ad uguagliarlo.
agli

Che
si

se

rivolgiamo lo
gli

esteri

vi
tre

veggono

scrit-

tori eloquenti solo

secoli, o tre
di lui
.

secoli
la
ri-

mezzo

fiorire

dopo

Talch

conoscente posterit,

veggendolo, non che

non vinto, non essere quasi da veruno agguagliato; non sol per classico proclamollo, ma per supremo legislatore della lingua Vili. Ma infatto di lettere amene, e di arti belle, non solo comparisce colui, che
ogni altro indietro
rarsi
si

lascia

ma

col

matuil

del

senno

crescendo

la

pratica ed

sapere,

come ancora per

ravvolgersi l'ope-

ra talvolta in

argomento all'animo pi confacente, air immaginazion pi gradito, accade che quegli, che ogni altro sopravanz.

SECONDO
giunge perfino a superare se stesso.

85

ci

accadde appunto
novelle
,

al
il

Boccaccio nel libro delle

essendo

Decamerone
sol

il

regolo di

Policleto; imperocch in quello tutti gli

am-

maestramenti dell'arte non

s'apparano,
le

ma
ne
,

vi

risplendono

tutte

ancora

bellezze

della statua,

che scolp

lo scultore di Sicio-

a dimostrazione de' suoi speculativi di-

visamenti; n lavoro pi limato pot fare di

poi. Ineffetto nelle altre opere


il

come

osserva

Salviati (a), toltone nel

Corbaccio, ed ana Messer Piscrit-

co a mio avviso
tori

nell' epistola

no, non accettato, che tra mezzani


,

direi

quasi, che

le

sue

prose l'et

simboleggiano in cui
nella

le scrisse.

Poco sobrio
fiorito

giovinezza disgradevolmente

maturo giunse al sublime, da cui alcun poco and declinando nella vecchieztalvolta:

za. Nella Fiammetta con voci

molto

belle

tante ne sparse dell' altra guisa, che,

come
dei

osservalo l'anzidetto acutissimo giudice della

nostra

favella

tanti

buoni

scritti

secolo d'oro inferiore rimasa.

pi della

Fiammetta nel Filocolo

e pi del Filocolo

nell'Ameto, ove, pi che nelle voci, pecc


Avv. della ling.

(a)

86

n L

R o
numero,
oltre

nella tela delle parole, e nel


alla natura del parlar

nostro, sforzato. Dal

qual difetto meglio

si

guard nella vita di


Lala finez-

Dante, e pi
berinto d'

di tutto nel celebratissimo


,

Amore
voci

quella prosa per

za, per
tezza

la sobriet

dell'ornato, e per la scel-

delle

adeguando

il

libro

delle

giornate.

E
il

sebbene T epistola

al

Priore dei

SS. Apostoli, e pi

ancora quella a Messer

Pino, ed
dia

siano

Commento alla Divina Commeprose di sommo pregio restano


,

tuttavia a quelle
feriori
.

due famose lunga pezza

in-

IX. Essere non pu discaro un breve esa-

me
che

del felice concorso e di pregi e di cose


lo

renderono tanto eloquente

La

beni-

gna natura diedegli imaginazion fervidissima , squisiti sensi, sagace ingegno ne' giova:

nili
i

viaggi ebbe

agio d'esaminare e studiare


.

costumi delle nazioni

Signoreggiato da vio-

lente passioni, in quella perigliosa scuola ap-

prese a dipingerle con verit. Educato in citt


libera
,

e colta vi apprese

un dialetto breve

fluido e sonoro, dipintor fedele delle passate

costumanze
contraffatte

della sua patria;

costumanze sem-

plici, schiette, e

alquanto austere, non ancor

da manierato contegno, non mo-

SECONDO
dulate dalla

87
il

moderna educazione, non mac^


.

chiate da simulata civilt

Era

popolo Fiod'indole

rentino,
lieta,

come

fullo gi l'Ateniese,

ingegnoso, laborioso, e gentile, e, pi


deli'

d'ogni altro

universo, viaggiatore , e comnel suo dialetto ogni


tutti
.

merciante.

A vea perci
,

voce adottata o composta per esprimere


i

prodotti

tutte le

invenzioni straniere
alla volgar

Ei

preceduto da Dante, che


tanti vantaggi rivolse,

poesia

presso di lui prende

modelli di robusta, e di soda brevit. Seguace

dell'orme istesse del Petrarca,


tori

classici scrit-

medit, e

studiolli

per trarne adattata-

mente

e giri, e

modi, e vocaboli.

le vie

dell'immortalit essendo dal primo preoccu-

pate nella sublime poesia, nella lirica e delicata dal secondo


,

con acutissima scelta


eloquenza
.

si

volse a coltivar la volgare

Ed

que'tre sublimi straordinarissimi ingegni, e

non a

non ad espugnate citt, n a sanguinose conquiste si debbe , che il volgar


stragi,

Fiorentino

sia

divenuto della colta Italia

l'

uni-

versale favella.

X.

E'

comun vizio alle grandi


compagna

e libere citt

esservi

della gloria l'invidia,


,

ed

il

compiacimento di denigrare coloro che


vansi maggiormente dalla turba volgare

solle.

Ac-

88
cadde
tuoso
infatti,

LIBRO
che appena diede
alla luce parte soffio dell' invidia.

delle sue novelle, videsi percosso dall'impe-

Gli fu rimproverato,
l'

che

all'et sua
;

non conveniva
che troppo
si

andar dietro

a quelle cose

studiava di pia-

cere alle donne; che meglio avrebbe fatto a


starsi colle

muse

in Parnaso;

o pensare

a pro-

cacciarsi pane; ed in fine essere state in altro

modo
le
il

le

cose da
.

lui

raccontate, che

come
,

ei

porgeva

lavarsi

da

tali

accuse

dedic

proemio della quarta giornata, ove con ingegnosa parit assomigli le sue novelle alla
minuta polvere
rante turbo,
il
,

e quel soffio d' invidia a spi-

quale movendola

la

porta in
,

alto , e spesse volte sopra le corone de' regi

so-

vra

gli alti

palagi e le eccelse torri

la lascia,

dalle quali ricadendo, pi gi andar

non pu,

che

il

luogo onde levata fu (i).

XI. S fatte critiche erano facilmente confutabili


:

non cos pot

lavarsi dall'obietto,

ch'egli stesso previde, ed a cui rispose scher-

zosamente, d'aver fatto raccontare, ed udire

ad oneste donne, cose non

assai

convenien-

(i)

Gli scrisse

il

Petrarca

( Z.

e.) Animadverti alicw


,

bi

librum ipsum

canum dendbus lacessitum


,

tuo

tU'

men baculo egregie

tuaque voce defensum

SECONDO
ti

8g>,

{a)

n da

altre accuse date al

Decameronc

posteriormente, cio d'esservi troppo acre-

mente morsa l'ipocrisia, la licenza monastica, che anche a que' tempi, che incominciavano a farsi gi scostumati era vizio d'alcuni individui e non degli istituti d' aver scher,

zato sulle cose le

pi sacrosante

d' esservi

stato dipintor troppo caldo delle tresche

amo-

rose; e lodatore, o escusatore sovente di tale fralezza, che combattuta,

non che accarezzata, ci signoreggia, e trionfa. Ed io, che lo venero e lo amo cotanto, mal mio grado non
posso da
tali

accuse pienamente lavarlo, se a

ci non basti, ch'egli stesso,

come diremo a

suo luogo , fu di se stesso severo acerbissimo


riprensore (r)

{a)

Conclus.
,

(l) Certo io vii vergogno posso dire con lui ( Vit. di Dant. Oper. Voi. iv. p. 44.) con alcun difetto d^ avere a maculare la fama di cotanto uomo ma il cominciato
:

ordine

delle

cose

in

alcuna parte
fede

lo richiede

per-

ciocch se nelle cose

meno che lodevoli


alle lodevoli
,

in lui
gi.

mi tacotanta

cer

io torr

molta
.
.

mostrate

di lui

medesimo
quanto

Tra cotanta virt

tra

scienza

dimostrato e di sopra essere


,

stato in

questo mirifico poeta


ria s e
il

trov amplissimo luogo la lussune'

non solamente

giovani anni.,

ma

ne'

maturi;
,

qual vizio comeche naturale e comune , nel vero

non

t?

go

LIBRO
,

XII. Col Boccaccio nacque

crebbe V elo-

quenza volgare , e parve seco sepolta, mentre un secolo solamente dopo di lui cominci alquanto
per
le

a risorgere.

Ma
i

perci

la
si

venerazione
spense giam-

opere del Boccaccio non


e

mai. Che anzi,


scente
tipografia

primi sforzi della nari-

furono nella sua patria


:

volti a darle in luce


tori studiarono
il

e tutti

Fiorentini scrit,

Decamerone
.

come

il

solo

modello da imitar nella prosa


zione di quel
libro

Dalla medita-

Bembo,
della
sofici

1'

nacquero e le Prose del Ercolano del Varchi, e le Annodi

tazioni degli Accademici, e gli Avvertimenti

Lingua
trattati

Lionardo Salviati, primi


ornatamente
i

filo-

per iscrivere con


,

correzione,
la

con esattezza
vella
.

ed

volgare fai
i

Da
i

quello trassero

loro precetti
i

Ci-

nonj,

Buommattei,

e tutti

grammatici pi
della

reputati.

Da

quello a preferenza raccolse in


l'

copia

gli

esempj

Accademia
scusare non

Crusca

che commendare

ma

si

pu degnamente

ma
Non
vaio

chi sar tra mortali giusto giudice a condannarlo


io
.

Il

Petrarca letto
:

il

Decamerone
liberioris

cos escusa-

( Z.

e.)

Si quid

lasciviae
,

occurreret
status

excusahat aetas tunc tua

dum

id
,

scriberes ;
et

idioma

ipsa quoque

rerum levitas
.

eorum qui

le'

cturi talia videbantur

SECONDO
Giunti unitamente ad alcuni
Fiorentini
s'

gr
i

sino ai d nostri celebratissima , per la compilazione del suo Vocabolario. Gli Aldi, ed
colti

giovani
il

affiiticarono a dare in luce

Dedai

camerone emendato, a che poi dierono opera


altri celebri torchi d'Italia, alcuni

di l

monti

e molti illustri eruditi

e ciascuno re-

verente alla sua autorit non ard mai d' attaccarla.


XIII.

Non

era

dato che

all'

et nostra

il

porlo quasi

neli' oblo, e

mordendolo con

li-

cenziosa critica, dirne gonfiezza l'abbondanza,


la fluidit;

e manierata ricercatezza, l'ar-

tificiosa tessitura, e

soave collocazione che vi

riluce (i)

g'

ignoranti critici del Boccac-

cio, intolleranti d' autorit e di freno, applau-

dirono ancora alla distruzione dell'anzidetta

Accademia, che il comune consenso dell'Italia dichiar il supremo tribunal della lingua: tanto ogni freno chiamano servaggio e tanto
,

(i)

Cos
,

si

espresse

intorno
lb.

al
il.

Decamerone
e.
.

il

Sal-

viati

Avver. della ling.

v.

la cui autorit

in fatto di lingua senza

replica

Cotale era la lin-

gua

di quel fiorito secolo (del xiv, cio) e la cotale,

jfuor solamente in

poche cose , che le moderne orecchie non vogliono udire, imitar dee quanto pu, chi ha cura
di scrivere all' et che verranno
.

ga
Dissero
inutili
i

LIBRO
immensi dell'Accaderavvolgono sulle voci; quasi
lavori
sia

ci che chiaman servaggio hanno a schifo.

mia, perch si che la voce non


giudicarono
la

l'organo del pensiero: ne


all'

censura, inciampo

impe.

tuoso slancio del loro ingegno creatore

Pro-

messero nuove maniere


parabile perdita , e

di bello e di
la

sublime,
irre-

per cui non apparve compianta

grave

come
il

nelle novit suole ac


fu sacrifica-

cadere, lietamente

ben presente

to a speranze pur troppo illusorie. Colla


insinuatosi
il

moda
,

gusto per una straniera favella

che nella sua povert ha venust e chiarezza, ed ha prodotti

invero

sommi
i

scrittori,

quai snaturati

figli

dimenticati

padri della
infra-

eloquenza volgare a quelli in niun modo feriori, in essa cercarono e modi, egiri, e
si,

che traslatate nella volgare loquela, l'hanno avvilita, deturpata, e mostruosamente cambiata. Da indi in poi giudicossi povera
per non leggersi negli antichi scrittori, colla

medesima terminazione
vituperare
la

e giacitura
.

le

espres-

sioni della lingua diletta

Si giunse perfino a

trasposizione, raro felice

dono

delle favelle armoniose, e sonore.

d'allora

in poi, sino alle regole grammaticali dato di

bando , quel sapere , che senza

gloria,

s'

ignor

SECONDO
con vergogna. E ce opere non pi
sapiente.
tali scritcori

95
lu-

diedero alla

intese

ne dal volgo, n dal

tanto va dilatandosi tale depralicei,

vazione di gusto, che non gi ne'


nelle accademie,

non

nelle corti fa d'

non uopo
ove

correre per apparare


natia,

la

schietta e pura lingua


fiorentini
colli,

ma

ne' fortunati

que' semplici coloni, non contaminati da

mercio straniero, non corrotti dalla


istruzione,
dagli avi conservan preziosamente,

commoderna

quell'aureo patrimonio ereditato

onde non
lin-

vada spenta

la

pi bella fra
in

le

moderne

gue; sola capace

ogni fatta di componi-

mento
gliarle.

di rivaleggiar colle antiche, e d'ugua-

Apprendano

gli
,

audaci novatori, che


senza
:

opere anco dottissime


lette
,

stile

sono poco
scrittori

e tosto dimenticate

che molti

solo

per r eleganza della dizione vivon da


letti, e

molti secoli

ammirati.

XIV.

Ma

essendoci bastantemente diffusi

nella disamina del libro delle Novelle,

tempo

omai di ricondurre
plare
il

il

leggitore a contemaltre

Boccaccio nelle

vicende della
ven-

sua vita.

Lo abbiamo

lasciato in Napoli, cui


la

sovrastavano imminenti sciagure, per


detta che dell' uccision

del

fratello trar vo-

leva Lodovico re

d'Ungheria, principe de-

g^

LIBRO
ma dagli Ungheri,
come un
.

nigratodagr Italiani,
so

a giu-

sta ragione, considerato,


,

re bellico-

avveduto

e di

paese ineffetto

non ordinaria coltura Quel dov ad esso non poche isti,

tuziohi, che lo ritrassero dalla barbarie

e v' in-

trodussero la civilt e le lettere (i).

Questo re
afforzato

cal in Italia con pochi armati , e pochi ne ba-

stavano per conquistar Napoli


dalle discordie,

ei

dagli odj e dalle parti,


il

che

rendono dubbio

consiglio, scompigliata la
gli

difesa, malsicuri e vacillanti

eserciti. Indi

fatti all'avvicinamento di lui,

ranto, che fece mostra di

Taresistenza, abbanLuigi
colla

donato dagli
varsi
.

altri

reali,

dov
in

fuga sal;

Giovanna fugg

Provenza

e Luigi

coir Acciainoli in Volterra: perch

Fioren-

tini, alui devoti nella prosperit, nell'infortu-

(i)

Questo re non aveva quando venne In

Italia tutta

l'esperienza, ch'ebbe dappoi,

ma

il

Palma, che per

quanto istorico assai moderno passa per essere il migliore dell' Ungheria dice, che questo Lodovico, detto
,

il

grande, prese

in Italia granJ'

amor per

le lettere,
,

e che le promosse nel suo


il

reame

allora incolto

e che fu
,

primo a fondarvi pubbliche scuole nel l364 e 1' universit di Cinque Chiese , che vi si sostenne sino alla sfortunata battaglia di Mohacz , che sottopose 1' Ungheria al giogo Ottomanno ( Palm. Hiat. Ungar. T il.
.

p. 90.

SECONDO
sci
il

95
La-f

n io rifiutarono d'accorlo nella citt (i).

regno col dolore di vederlo preda del


il

suo nemico,

quale

il

colpevole duca di Du-

razzo suo consobrino fece morire, e


prigioni in

mand
Quella
odio
,

Ungheria
per essere

gli

altri

reali.
d'

morte

gli

mosse contro non poco


,

duca stato ucciso dal soldatesco furore, e non dalla spada della giudi biasimo
il

stizia

XV. Era
quista
,

il

re giovane ancora
la

ed inesperusarvi

to: credea perci assodata

precaria concoli'

che rendea pi incerta


,

asprezza di modi

collo spogliarvi delle cariin

che coloro che ne erano


multare
per
lo
i

possesso, e col
(2):

vinti con
si

gravosissime tasse

che

riaccese ne' Napoletani segreta


;

brama
(i) Il

di riaver la regina

tanto pi che

il

Boccaccio mette in bocca di Luigi di Taranto


IV.
. .

neir Eglog.
.

Sperabam posse timores

qua placido Florentia defluit Arno , , Nani priscam tu saepe fidem cantare solebas
Foriere

Florigenum
(2) Il

dum

laeta fuit fortuna

meorum
( /.

Boccaccio

disse del re d'

Ungheria
:

e.) seb-

bene

si

debbe riguardare come parziale


,

Orane pecus inunglt


Absorbet natos
Si
;

decerpit

veliera tondit

miseras eviscerat agnas.


,

pejora nequit

rescindet cornua tauris.

g6

LIBRO
dell'

lusso, e la scoscumatezza dell' altra corte era

pi accetta del severo contegno

Unghero

re, a molle, a corrotta citt. Spedirono adun-

que segretamente a Giovanna

in

Provenza.

Avea

essa tratto
e

sommo

vantaggio dalla sua


di

dimora col,

con amabilit

modi, con

scaltrita accortezza, e colla cessione d'Avi-

gnone

al

Pontefice ottenne
e

la

benevolenza di

quella corte,

perci

la

dispensa pe' suoi

sponsali, la corona al consorte, e alcun poco

danaro. La tema della pestilenza, che facea


strage nel

reame, determin Lodovico


ivi

a tor-

narsene in Ungheria. Lasci

suo

vicario

Corrado Lupo,
sioni maggiori

il

quale con durezza, e concusi

interamente alienossi

baro-

ni

di

che

profitt

V Acciajuoli per ricondurli


,

alla

devozione

della regina

per

assoldare

un' armata, e dispor tutto pel suo ritorno, che


riusc tanto agevole e pronto,

quanto

la sua

cacciata. Espugnati infatti


li

Castelli di

Napori-

guarniti dagli Ungheri,


,

pacificamente

prese possesso della citt

ove fu accolta con

grand' onore. La riconoscente Giovanna sol-

lev r Acciajuoli alla carica di gran Siniscal-

co, che diegli autorit grandissima nel reame.


XV^I. Considerato in corte
il

Boccaccio ed

accettissimo alla regina, ebbe estremo dolore

SECONDO
degli
infortuni
il

97

di lei

e di quella popolosa

circa. E'

paese, che con benevolenza, con


, ,

onore ne accoglie come V amico


ai posteri

che

ci
.

pi

caro talvolta del pi stretto congiunto Lasci

un documento del suo dolore per

la

partita della regina e di Luigi, e per le cala-

mit di quel regno nell'egloga quarta e quinta, e nella sesta del suo giubbilo per la tor-

nata de' due regnanti.

XVIL La
copo suo
defunto,

morte del padre, che lasci

la-

1350

fratello in et pupillare (i),la tutela

deFfanciullo affidatagli per estrema volont del


lo

ricondussero nella patria. Quivi a


la

sua gran ventura strinse per

prima volta

intimit col Petrarca, che pass per Firenze

nel trasferirsi in
bileo. Ivi

Roma,

in

occasione del giubla

non

lo

condusse amore per

sede

de' suoi maggiori.

Sembra che per


la

la

cacciata

del padre

suo, per
si

confiscazione de' suoi

beni, non solo

credesse sciolto da ogni vin-

(r)

Il

padre suo rimaritossi verso

il

1843.

Illus. 2.).

dunque che nell'anno seguente nascesse il fanciullo che perci alla morte del padre doveva avere cinque in sei. anni Fssendo premorta Bice dei Bosticchi madre di Iacopo, al marito, reputo che quella morte e la tenera et. del fanciullo determinasse il
supporsi
,
.

Pu

padre a riconciliarsi col

figlio

Giovanni

>

g8
di quella

LIBRO
la citt,

colo d'affezione per

ma che

contro

nutrisse segreto rancore.

Nel suo
Fio-

passaggio strinse amist con alcuni


rentini,

illustri

con Francesco Bruni, con Zanobi da


fra

Strada, con

Giovanni
e

dall' Incisa,

con

Lapo da Castiglionchio,

principalmente col

nostro Boccaccio. Colse Giovanni l'opportunit del suo passaggio per stringere seco lui
solida dimestichezza.

tal

uopo

si
.

fece pre-

cedere da un componimento latino


,

E fattosi ad
,

incontrarlo lo accolse nella sua casa

ove

strin-

sero un'amist, che tronc solo la morte (i).


(l)

Nell'epistola

del Boccaccio

a Franceschno

da

Brossano in morte del Petrarca dice.


annis vel amplius simsfui: ma,

Ego come abbiamo

qxiadraginta
altrove

accennato, va inteso, che erano pi

di quarant' anni

che tenevalo in altissima stima ; imperocch sebbene il Boccaccio assistesse all' esame del Petrarca , fatto dal re Roberto, noi conobbe allora il poeta, e per la prima volta lo vide in Firenze nel l35o come il Petrarca istesso r afferma ( Fam. l. XII. ep. XII. ed. Crisp. )
.

Unum
me
,

illiid oblivisci

numquam

pOssirn

quod
,

tu olim

Italiae

medio
,

iter

festinantius
solis

agentem
,

jam

sac"

viente

bruma

non

affectibus

qui

quasi quidam
y

animi passus sunt, sed corporeo etiam motu celerrimo

nondum nisi hominis desiderio praevenisti, praemisso haud ignobili cannine Atque ita prius ingenii max
.

corporis tui vultum


disti. Gli

mihi, qtiem
dipoi,
.

rammenta

amare decreveras ostencome amichevolmente lo


,

accolse nella sua casa

SECONDO
de' pili avventurosi al

99

XVTII. La contratta amicizia di que*due celebri Fiorentini divenne un avv^enimento

propagamento

della rila

nascente letteratura

Fu

il
il

Petrarca

guida

del Certaldese; fu questi

valevole sosteni.

tore de' suoi


ei

alti

concepimenti
pi

In appresso
utili

s'occup di studj
lettere
;

gravi, e pi

alle

per lo che resta in forse a chi

di loro, da indi in poi, abbia maggiori

ob-

blighi la letteraria repubblica.


la virtuosa

La cordiale,

amist di que' due


di

fu in ogni et

laudata,

ma bea
in

rado imitata ne' secoli in

cui l'invidia,
site

cui l'orgoglio,

come para-

piante, sembrano prendere maggior radirigogliose


col crescere del sa-

ce, farsi pi

pere.

XIX. Dovendo vedere adesso


pubblici
sua patria
uffici,
,

il

Boccaccio

gi maturo d'et, e nella vita privata, e nei

adoperarsi a vantaggio della

uopo far conoscere cosa ei pensasse del governo della repubblica. Lo avrebbe amato: veggendo la citta pi potente che mai in grandissimi spazj ampliarsi i
fa d'
,

suoi confini, e sotto legge plebea, correggendo


la mobile

pompa

de'

grandi

e le

vicine citt,
:

viversi gloriosa , e presta a maggiori cose

ma
la

temea grandemente, che l'ardente invidia,

lOO
vi

LIBRO
,

rapace avarizia e V intollerabile superbia

che

regnavano, non troncassero

il

filo

de' suoi

avventurosi destini (a). Dispiacevali l'udirla

piena di voci pompose e di pusillanimi

fatti:

che

vi si servisse

nona

mille leggi,
,

ma

a tanti
in

pareri quanti vi erano uomini


,

sempre

tutte

armi e in guerre, o cittadine o straniere; cose poco conformi all' animo suo (b). Avle

vezzo a meditare
Je virtudi
,

antiche istorie, le leggi,


de' valorosi
figli

di
in

magnanimi Roma, quelle ammirava,


gli atti
.

quegli

additava
,

esempio

Che

meraviglia
la

esclama vasi
di

se

coir oceano terminossi

grandezza
il

Roma?
le

Se

non
?

valse
Ivi se

contro di questa
la

poter di

fortuna

trascuratezza d' alcuno


,

diede

spazio

lussureggiare
dell'
.

subitamente
perspicacia
l'ava-

r inavvertenza

uno

colla

dell' altro fu risarcita

E rampognando

rizia nel soccorrer

la patria

de' suoi concit-

tadini, e la prodiga ostentazione dell'et sua;

come, soggiunge, darebbero per


coloro, che
le rifiutano
le

essa la vita

sostanze? Coloro,
,

che prodiganle
pellettili, in

in

banchetti
in

in

ricche sup-

cani,

cavalli, pensino

che

nascesi primieramente per la patria,

poscia

(a)

Amet. p. l35.

(b)

Fiam.

l.

2.

SECONDO
per noi
;

lOl
la

ma

questa de' viventi

minor

cura (a).

XX.

In cotal guisa ammaestrava Firenze

desideroso di correggere, di emendare la citt. De' passati falli di essa, quello che

mag-

giormente dolevagli
mostrata verso Dante
te aveva
.

era

l'

ingratitudine di-

amata

la

Dante che teneramenpatria che ebbe tanto af:

fanno per torvi

le

cittadine discordie

che

con ogni sollecitudine vi cre la tranquillit: che gagliardamente combatt per lei che amministrolla con puro animo, ed integerrimo:
:

Dante

in cui parve ogni pubblica speranza

esser posta, ne riport per ultimo


,

guiderdone
.

bando confiscazione odio implacabile Esule non meno illustre, che cittadino, fu di Parigi
,

la

meraviglia

del settimo Enrico

come teologo, come filosofo; come uom di stato. Ma


l'

gli

onori che rendevagli

cizia dello Scaligero, e del Polentano,

Europa , n l' amitempe-

ravangli
tria.

amarezza d'aver perduta la paGrande anco nello sdegno, e nella venI'

detta, colla satirica sua

Commedia mostr
rozze ed incolte
,

all'Europa, come

le favelle

rendansi colte e sublimi

richiam nella

(a) Cas.

v'ir.

Illus. p.

XLIX.

>

101
Italia le

LIBRO
muse, che per
tanti secoli

ne erano

state sbandite

XXI. Tanta grandezza di lui, n lo spazio di mezzo secolo, non avevano spento lo sdegno de' Fiorentini; o se era spento quell'odio antico, non aveva dato Firenze verun manifesto segno di pentimento. Acceso di generoso risentimento il Boccaccio esclam. Ohi
ingrata patria, deh non
t^

incresca con meco,


;

che tuo figliuolo sono

alquanto ragionare

quello, che giusta indignazione

mi fa

dire

co-

me

d*

uomo

che

tuoi animendi desidera ^e non


,

che tu sia punita

piglierai

Parti egli esser


,

gloriosa di tanti titoli , e di tali , che quelV uno

del quale non vicina citt, che del simile si pos^

sa esaltare, tu abbi voluto da te cacciare}

Di

quali vittorie, di quali trionfi, di quali vaiorosi cittadini


se^

tu
,

splendente? Glorierati tu
de' tuoi artefici} Glorierati

de^ tuoi mercatanti

tu della vilt
li
,

deW ignavia

di coloro

li

qua-

perciocch di molti loro avoli si ricordano,


te la nobilt

vogliono dentro di
ottenere
,

del principato

sempre

con ruberie, con tradimenti

con falsit contro quella operanti} Perch non


imiti tu gli atti di quelle citt, le quali ancora

per

le

loro lodevoli opere

sono famose

che

non dubitarono avere agra questione dell'ori-

E e O N D O

lo3
sola, quasi
i

g ne del divino poeta Omero"?

Tu
,

Canimilli ,
toni
,

Pubblj
y

Torquaci

Fabrizj

Ca-

Fabj
ti

gli Scipioni con

le
,

loro magnifi-

che opere

facessero

famosa
in

e in te

fossero
.

non ai avuta del presente poeta cura

il

Morto
che
,

tuo

Dante Alighieri

queW

esilio,

tu ingiustamente , del suo valore invidiosa


desti
.

gli

Oh\ peccato da non ricordare , che


gli odj
e le inimicizie

la

ma-

dre alle virt di alcun suo figlio porti livore.

Se V

ire
,

cessano per la
e

morte

comincia a volere apparir madre


le

non

pi matrigna: concedi

tue lagrime al tuo figliuolo: concedi la materna piet a colui , il

quale tu rifiutasti

anzi cacciasti vivo: consi-

dera almeno d* averlo morto: rendi la tua cit-

tadinanza,

il

tuo seno,

e la
il

tua grazia alla sua


te

memoria. Tu vuoi che


ser nipote della

mondo creda

es-

famosa Troja ,

e figliuola di

Ro-

ma:
seria

certo

figliuoli debbono essere ai padri,


.

agli avoli somiglianti

Priamo nella sua minon solamente raddomand il corpo mor-

to del magnifico Ettore,

ma

quello con altret-

tanto oro ricompr

Li Romani, secondo alcuni


del

credono

fecion
,

venire da Literno V ossa

primo Scipione da
la

lui a loro con ragione nel-

sua morte vietate. Cerca tu dunque di voler

essere del tuo

Dante guardiana raddomandalo


:

104

LIBRO
-j

mostra questa umanit

presupposto tu non
togli a te

abbia voglia di riaverlo,

medesima

con questa frizione parte del biasimo per addietro acquistato (a)
.

XXII. Desso, non potendo per


facolt

le

sue tenui

con marmorea statua, o con splendirisar-

da sepoltura, o con trionfale arco onorarlo,

reputando ciascun cittadino obbligato a


cire della patria e
i

torti, e
le
,

trascorsi, tess la

Vitadeir Alighieri, ove

cose , che di se modequesti scrisse


,

stamente quegli tacque


dei suoi costumi

cio
vita,

della nobilt della sua origine, della sua


,

delle sue opere.


fugli data di
la
,

XXIIL 'Da alcuno


aver descrtti
li

taccia di

della
,

come quelFiammetta. D' aver creduta donna


gli

amori

Dante

vera
le,

e respirante

quella Beatrice , nella quala

pretendono, simboleggiasse o
.

fede, o la
in

teologia, o la virt (b)

Cader pi
dell'

accon-

cio nella vita che tesseremo di Dante l'esa-

minare, chi dell'accusatore, o

accusato

debba

essere tacciato di soverchia credulit.

Egli vero, che la sua

penna trascinata da
trasse

fervida fantasia (lylo


(a) Vit. di
{b)

talvolta in di-

Dant. p. 25.

Biscion. Pref. alle Pros. d Dant. e Bocc.

(l) Il

Caddi

De

'scriptoribus

non Eccles.

scusa

il

SECONDO
straniera, e
ta
.

lo5
fola narral'

gressioni soverchie, ed alcuna all'argomento

che pare avervi alcuna

Ma

r opera , nella quale leggesi

apostrofe

ai Fiorentini: l'opera,

che ne trasmette tante

importanti notizie dell'Alighieri, ove

ma

gistralmente dipinto, ed eloquentissimamerite

encomiato da un tanto
Italiana
'ai

contemporaneo,
della
al

un caro prezioso gioiello


,

letteratura
,

non men glorioso

lodator

che

lodato.

XXIV. Nel
sottrarsi dal

settentrione dell'Italia,
dalle citt
,

dopo
o per

lunghissime guerre mosse

giogo feudale, dall'obbedien-

za de' Cesari, o per ridurre in

popolare

il

governo che degli ottimati


voleva
la

mantenere
di

vi

nobilt,

diverse

fortunate o pofavorire, di
al

tenti famiglie, sotto

colore

difendere

il

popolo, vi s'inalzarono

prin-

cipato. Cos Forl, Rimini, Ravenna, Pado-

va, Bologna, Ferrara, Parma, Verona ave-

vano principi proprj, deboli invero


lancia
forti

nella bitutti

politica

dell' Italia,

ma

quasi

abbastanza per

mantenervi

malgrado

Boccaccio
et

cum hanc

scripserit junior

ut mihi ajjirma'
,

vit optimtis

Etruscae l'inguae praeceptor


,

Boccaccii

,
,

Dantis studionssimtis

Benedictus de Buonmatteis

lo6
il

R O
,

popolo rautorick. Fra que' regnanti


i

pi

potenti erano
l'ordinarie

Visconti in Milano, che per


dall' esilio

vicende di quell' et
al

passarono

trono. Luchino, principe intra-

prendente, e severissimo, non solo riusc a possedere pacificamente Milano, ma ad am-

dominio colla conquista d'Asti, di Tortona, e di alcune altre citt. Morto Luchino, gli succede il fratello Giovanni, che, quantunque arcivescovo di Milano, fu
pliarne
il

d'animo interamente secolaresco.


pliare

Non

fuv-

vi in quel secolo principe pi atto

ad an-

uno stato, n pi acuto conoscitore


artificj

degli aperti, e nascosi

di

scaltrissi-

mo

usurpatore.
i

Sapeva or
,

blandire, or di-

videre

potenti

ed or

far

mostra
i

di
;

non
cor-

temerli; trattare e calpestare

trattaci
i

rompere
a'

e coli'
:

oro

farsi

devoti

consiglieri

de'suoi nimici

con

rigidit rendersi

temuto
pronto

sudditi. Era ardito nel concepire,

neir intraprendere, pertinace nel condurre a


fine

un disegno: simulato per occultarlo, eloin tutti

quente per colorirlo con apparente giustizia;

sapeva

tenere accesa

la

speranza,
1'

con ostentata magnificenza destare

ammi-

razione nella moltitudine, abbarbagliata da

apparente dignicade, e da crescente potere.

SECONDO
XXV. Dopo
poli, cessato
tati d'Italia,
il

107
reame
fra'

g'

infortuni del

di

Na- 1350
ri-

timore di que' regi

poten-

si

dest in loro sospetto di


dall'

cevere

il

giogo
la

Arcivescovo
il

Crebbe
quali

questo, per
da' Peppoli

compra che
citta di

Visconti fece
,

della

Bologna

furono astretti a venderla per incapacita di


mantenervisi, dopo averla
fatta ribellare al
i

Pontefice. Sbigott tale acquisto


ni, che vedevansi a confine col

Fiorenti-

temuto Ardi

civescovo. In quelle angustie s'appigliarono


all'

ordinario
al

temperamento
per

de' deboli

spedire

Pontefice
,

invocarlo contro

r usurpatore

e di collegarsi colle repubbli-

che, e principi circonvicini, per assicurarsi

scambievolmente
e la libert
gli
.

la

conservazione degli
della lega

stati

per trattare

con
,

OrdelatH,

co' Malatesti e co'Polentani

come

imbasciatore fu spedito Giovanni Boc-

cacci in

Romagna

(i).

(l)

Ammirai.
.

Ist.

p. 5i8. V. I.

Egli

am
v.

e fu

amato
nel

da* Ravennati

Il

Petrarca

(Sen. Uh.
,

ep.

I.)
,

che ornava Pavia soggiunge tuis olim,ut fama est,ereptam Ravennatibtis La sua amicizia per Francesco degli Ordelaffi appariparlargli della statua equestre
:

sce dall' averlo fatto uno degli interlocutori dell' egloga


terza. Nello
spiegarla dice di lui: qiiem
,

cum summe

lo8

LIBRO
I

XXVL
tavano
'

sospetti de' Fiorentini

non

rallen-

ardore , eh' erasi destato in loro , da poin poi, di


all'

co tempo
studio,

promuovere

le lettere

Vol-

lero perci

esempio

di Pisa

fondare uno

subito

dopo
di

rallentata la mortalit,

ove
le

di teologia,
si

legge canonica, di civital

leggesse

Sperarono in
in

guisa

di

condurre gente

Firenze, e di dilatare in
(a)
.

fama ed onor
gazione

la

citt

Dopo
il

la sua le-

restituitosi

in patria

Boccaccio,
dalla tan-

colse con gli altri amici del Petrarca quella

opportunit, onde

si

lavasse

Firenze

macchia non
to proscritto travers la
.

lieve di

non curanza per un


il

Erasi doluto

poeta, mentre

Toscana , che fatto avesse Arezzo pi per uno straniero, di quello che per un
cittadino Firenze. Quegli ottimi Fiorentini,
e caldi amici di lui

rappresentarono

al

sena-

to,

non poter quello studio maggior splendoil

re ottenere, che coli' aggregarvi

Petrarca.
in-

Persuaso

il

senato,

eman un decreto per


la

vitarlo a tal

uopo solennemente, nel quale


ad esso
I.

oltre al lasciare
(a)

scelta del libro

che

Matt.

Vili. lib.
,

e.
,

8.

sylvas colerei

et

nemora

ob insitam venationls delevacare consueveram


.

ctatlonem , ego saepissime

Faunum

(Mann.

p. 57.

SECONDO
blico erario di ricomprare
suoi
il

109

Spiegherebbe, dopo averlo molto lodato, significarongli, aver risoluto a spese del pub-

patrimonio dei
dono,

maggiori, e donarglielo; piccolo


lieve in vero

diceano, perla tenuit della cosa medesima,

ma non
le

se tu consideri le leggi
il

costumanze nostre; ed

non averlo noi ,seb'

ben richiesti y a verun^ altro nostro concittadino


concesso (a). Al promotore di quel bell'atto,
al

Boccaccio, quasi

in

remunerazione, fu dato
al

r incarico di recare
questo decreto.

Petrarca

in

Padova

XXVII. Mentre Giovanni


ei

vi

si

trattenne,
il

ci

narra, che non abbandon


ospite
i

Petrarca

pel

nuovo

geniali studi

che intanto

esso leggeva, o copiava le opere del suo


stro, avidissimo di conoscerle.

mae-

Che

sul decli-

nare del giorno abbandonavano lo studio per


ritirarsi in orticello, abbellito dalla

primavera
alti

nascente

e quivi

confabulavano insieme d'


i

argomenti. In que' colloquj s'aprivano


cuori, svela vansi le
loro affezioni

loro
ri-

tutte

volte alla patria; e patria


sola citt,

non era per


,

essi la

cuna degli avi loro. Vedi

dicea

il

Petrarca

come inestricabile fato guast la ve106.

(a)

Cod. Med. Laiir. Plut.

9.

n.

14. p.

II

JIO
pudore
le

LIBRO
:

nust della nostra Italia


,

come ne
il

distrusse

il

passate onorificenze ,
!

potere
,

e lo

splendore della sua maest


affidata la cura

//

Pontefice
l'

cui e

de^ sacri altari,

abbandona
tra-

per abitare
cui si debbe

le
il

transalpine selve: C imperatore

governarla temporalmente
,

scura

sebben prostrata
il

di vendicarne le onte.

Intanto

Visconti, dimenticate le incumbenze

del sacerdozio,

impugna
e

le

armi ,

ragunato

stuolo di rapaci ladroni, tutta la valle dal

P
e i

bagnata
colli

e V Insubria

monti Liguri

Toscani preda, ed incende ,TQvm'ino , con-

fidandogli d'avere alla difesa dell'Italia invo-

cato l'imperatore: diche lodollo grandemente


il

Boccaccio, odiando
(a)

il

Visconti, che in-

cominciava a travagliare Firenze con penosissima guerra


il
.

E^ dato ad ogni
il

magnanimo

compianger
il

la patria,

desiderare di gio-

varle,

consigliarla talvolta;

a pochissimi

ma conceduto il ritrarla dall' infortunio E dessi,


.

lungi dal poterne sanar le

piaghe, ebbero

il

dolore di vederle posteriormente pi spesse

Grata fu

la

missione ad ambedue
Firenze
il

gli

amici

Si restitu in

Boccaccio, latore di
di

una risposta del Petrarca, che empie vaio


(a) Cod. San. ep. 3.

SECONDO
ai voti della

111

giubbilo, parendogli determinato di aderire


patria che lo invocava (a)
.

Ma
ri-

poco dopo
vedere
to, scrisse

il

poeta, acceso del desiderio di

la sua
al

Valchiusa, mutato proponimen-

Fiorentino oratore, per iscusarlo


il

presso
ni,

il

senato, e color

rifiuto

con ragio-

che lasciavano trasparircela sua naturale incostanza, o il non ben riconciliato animo
per Firenze
(/>).

XXVIII. Sinch del possesso di Bologna [351 non fu sicuro il Visconti, simul amicizia
pe' Fiorentini, e

adoper ogni arte per na.

scondere

suoi ostili disegni

Assicuratasi la

citt, senza dichiarazione di guerra, ordin

a Giovanni da Oleggio suo generale di

muo-

ver l'armata per assediare Pistoja, e all'approssimarsi dell'esercito, dichiararonsi contro

Firenze molti signori di Toscana, che segre-

tamente eransi convenuti col Visconti in Milano. In quelle angustie, richiesero


tini
all'
i

FiorenVisconti

Oleggio, perch

fossesi

il

tanto

inopinatamente dichiarato

contro di

loro; e fu loro risposto, essere ei desideroso


della

pace, e della quiete de' popoli, e perci


le sette,

aver mosso l'esercito per far cessare


(a)
Uf)

E. Var.

5.

Cod. Marc. Fior. ep. tx.

112
c
le

LIBRO
al

cittadinesche discordie,
gli

quale

uopo

voleva, che

sottoponessero

la citt.

L'Oleg-

gio infatti port l'armata nel suo contado, e


se

con maggiore celerit

ei

si

fosse inoltrato,

divenivane agevolmente padrone XXIX. Non avendo potuto insignorirsej^r2 ne corse la Toscana assedi molte castel,
,

la,

rub
i

le

terre,

danneggi

contadi. Spe-

dirono

Fiorentini fra tanto alla corte Ro-

mana

in

Avignone, onde convalidasse

la le-

ga, che co'Sanesi, e co' Perugini fatta ave-

Ma non sperando vano contro il Visconti pronto valevole appoggio nel solo Pontefice, pensarono di far venire in Italia qual.

che potente principe, per metterlo contro Milano, e questi fu Lodovico di Baviera

marchese
caccio,

di

Brandeburgo,
Perci a
lui

figlio

del

Bavaro
il

imperatore.
il

spedirono

Boc-

quale tanto efficacemente persua,

se quel principe

che per trattare

co' Fio-

rentini

invi

loro

Diapoldo

di

Cazanstaspieg tan-

mer. Ma, udito questi


senza degli oratori di

in senato, alla pre-

Perugia,

te, e cos alte pretensioni, che fu

con

rin-

graziamenti licenziato (i).


(i)

Amm.
il

V.

i.

p. 537. Il

Mehus

p.

ccLxyii.

ri-

porta

principio

della credenziale

del

Boccaccio

al

SECONDO
XXX. A
i
i

ll3

que' tempi erano mal pagate, mal 1453 composte le armate, inesperti generali, diffidenti

governi, e perci tanto

facili a farsi

duca

di

Decchi

Era questo duca conosciuto da' Fiostato

rentini per essere

spedito loro da Lodovico


,

il

Bavaro nel l34l. come vicario imperiale


rattere accettato {Gio. Vili.
lib.

il

quale torin
tal ca-

nossene in Alemagna per non averlo questi


xi. e.

i37.).Il

Mehus
Lo"

d ancora

il

principio della credenziale diretta a


il
,

dovico di Baviera. Questi fu detto

Romano perch

nacque in Roma nel 1828. E dopo la morte del padre Lodovico, successe per rinuncia al fratello nel Margraviato di Brandeburgo nel 1049. Fu sollevato all'elettorato nel I061. Risedendo nel paese di Brandeburgo^ da credere che traversasse il Boccaccio Allora tutta la Germania per recarsi alla sua corte probabilmente pass da Praga e vi conobbe l' imperatore Carlo IV. di Lussemburgo Dice infatti nell' epiIo mi ricordo spesse stola al Priore de' SS. Apostoli ed al Sommo Pontevolte e molto pii agevolmente ed a molti principi del mondo fice e a Carlo Cesare aver avuta V entrata e copia di parlare Ch' egli cono. . .

scesse

perfettamente

la

Boemia apparisce

dall' eglo-

ga

V.
.

ove fa dire
/,

all'

imperatore, da Firenze che lo de,

ride

decus arctoum

Theutonos Inde bilingues


,

allu-

dendo Boemi

alla duplice favella sclava


.

e tedesca

usata dai Gior-

Ci rende probabile
(

la

notizia data dal


),

nale di Buglione
intitolata

Aprile IJI^ p. 36 1

tratta dall' opera


,

Bohemia et Moravia cidtae a Stanislao Wejdree. Prqga I^'^S. , che il Boccaccio fu nominato professore di matematiche in Praga da Carlo iv. , posto che certo ei non accett
Historia

Matheseos ,

in

11/j.

LIBRO
le

e disfarsi
fosse

leghe, che, sebbene

il

Visconti

d'animo intraprendente, e potentissimo, non riusc a soggiogare Firenze, tenuto


principalmente in timore dal Pontefice, che erasi inimicato, per l'occupazione di Bolo-

gna; e dall'imperatore Carlo IV. di Lussem-

burgo, che minacciava di calare

in

Italia.

Fu perci quella guerra pi


che

di

travaglio,

di distruzione a' Fiorentini, e atta solo

ad accendere non poco d'odio, e di diffidenza fra due governi, odio che non spense la pace in Sarzana fermata
tini
,

da' Fioren-

colle

adiacenti

repubbliche per

l'una

parte, per l'altra dall'Arcivescovo (a).

1353
il

XXXI. Nel tempo


lendo ripassare in
in

di quella

guerra erasi

Petrarca trattenuto in

Valchiusa, e voil

Italia, visit

Visconti
scaltri,
il

Milano, che con modi gentili, e


a* suoi
lui

con promesse magnifiche


trattenne
(/>)
.

servigj

Gli amici
si

di

udirono con

meraviglia, ch'ei

fosse determinato a seril

virei' Arcivescovo. Saputolo

Boccaccio in
arross

Forl, nel trasferirsi in


(a)

Ravenna (i),

Amm.

p.

552.

{b) Vii. del


(l)

Pet p. 106.
visitare
il

Andava a

Signore di

Ravenna,

per

avere saetta amicizia seco lui nell' antecedente lega^

SECONDO
per r amico, per T onor delle
ei desse
il

Jj5
lettere,

che

funestissimo esempio di coiitradire


i

con

gli

atti

divulgati precetti

presa la
gli

penna mosso da dignitoso sdegno


verenza mi comanda
il
.

scris-

se. Vorrei tacermi, e tacer non posso.

La

re-

silenziose

l^

indigna-

zione mi sforza a parlare


cos

Come ha fatto Silvano,


del suo Petrarca, per
,

nasconde

il

nome

dimenticar la sua

dignit

tenuti

colloquj

sullo stato dell^ Italiani' odio suo per

V Arciveli-

scovo

il

suo amore per

la

solitudine, e la
;

bert tanto necessaria alle lettere

ed ha potuto

risolversi a imprigionare in quella corte le

mu'

se} (i)

chi

puh darsi fede oggi mai ,


il

se Sil^

vano, che or crudelissimo, or Polifemo, or Ciclope chiam

Visconti

si
,

fatto amico
l''

si

sottoposto al giogo di colui

audacia,

la su-

perbia

la tirannide del quale


?

condann stomaVisconti quello


l*
,

chevolmente

Come
il

ottenne

il

che Roberto re,


re di

Pontefice,

Imperatore
?

il

Francia non poterono ottenere

Dirai for-

zinne

Pridie quidem
,

llij

Vdus
intravi

lulii,

forte

Ravennani
,

urbem petebam
ferebat
(l)

v'isitaturus civ'itats

prncipem

et ut
3.
)

iter

Livii

Forum

Cod. San. Ep.

Credenda sunt omnia: putassem quippe prius dammas subegisse tigres aut agnos lupos fugasse quam adversum. ^ententiam suam. egisse Silvanum ( Ep. cit. )
, ,
.

Il6
sere stato
il

LIBRO
mosso da sdegno per
y

sCy che ci accettasti

es-

dd tuoi concittadini schernito, i quali


ti

patrimonio avito restituitoti

ritolsero ?

Non

disapprovo giusta indignazione per tal pro-

cedere:

ma

tolga

il

celo, che io creda, che ret-

tamente, che onestamente, da chi che sia, per


ricevuta* ingiuria
tria.
,

si
l'

possa operare contro


,

la

pa-

Ne

ti

giova

opporre
facesti

che, se

commosso
inimico

da giusto sdegno

ti

amico

dell'

della tua patria, non

perci lo spingesti
il

a muoil

verle contro la guerra, ne a lui

braccio, o

consiglio prestasti.

Ma
,

come potrai non


le

ralle-

grarti seco lui , neir udirne


le

rovine , g' incendj


rapine
?

prigionie

le

morti

le

La devo-

zione del Boccaccio per un tanto personaggio, non trae vaio a bassa adulazione, ad ap-

provazione
zio (i).

servile,

vergognoso silen-

(l)

trarca

Questa epistola interessantissima diretta al PeTrattandosi di la terza del Codice Sanese


,
.

affare scabroso

che richiedeva circospezione,


,

il

Boc.

caccio

mut

nomi delle persone


,

di cui vi favella

Chiam il Petrarca Silvano ve, come lo chiama appunto


SS.

come amator

delle sel-

nell' Epistola al Priore dei


) ,

Apostoli

Pros.

Ant.

di Dani, e Bocc. p. 29.S

ed in quella diretta a Franceschino da Brossano scritta in morte di lui { Mehus p. cciii ) Chiam Amarilli
,

Italia

Pane

il

Pontefice

Dafni

l'

Imperatore

come

SECONDO
XXXII. Se non
die
il

117
ai servigi del

Petrarca un esem-

pio lodevole, nelT essersi

posto

Visconti, ne die uno


derazione,
neli'

lodevolissimo di

accogliere le forti

morampogne
essergli
la

dell'amico senza turbarsi.


grato
bert;
il

Rispose

pensiero, che

davasi

per

sua

li-

ma

assicurollo, eh' ei mantenevasi

li-

bero sempre, ancor quando parca legato a durissimo giogo Che sperava non apprendere a servire nella vecchiezza, avendo sino allora goduto di liberta, ma servendo, non sapere, cui fosse pi molesto il servire, o ad un solo come esso o come il Boccaccio ad un popolo di tiranni (i) E quello, che
.

p. 5p. )

lo chiama ancora nell'egloga settima ( Mann, Egone T Arcivescovo Peneia Dafne probabilmente Francesca figlia del Petrarca Simonide il Priore dei SS. Apostoli Argo Roberto re di Napoli, come chiamalo in molte altre sue opere L' epistola porta la data d'Agosto e rilevasi che fu scritta nel l353. perch dice:

appunto
:

credo

memineris , praeceptor optime , quod nondum annus elapsus, post<juam senatus nostri nuntius Patavium. a te veni
tertius
.

(l)

Vide

il
i

Boccaccio sempre di malavoglia


Visconti,
:

il

Pe-

trarca presso

come

apparisce dall'Epistola 35.


il

del Codice Morelliano

in questa gli scrive


illud

Petrarca

non posstim sane praetervehi primum


diolanensem me perpetuum fore

anibiguum
,

ubi ais videre te satis , e successu rerum inearum


,

Mesi-

de quo quod sentias

Il8
in animi

LIBRO
meno
benfatti

sarebbe bastato per


valse in que' due
,

rompere la stretta amist, maggiormente stimandosi


strettamente
i

a ristringerne pi

virtuosi nodi.

1354
li

XXXIII. L' imperatore mand frattanto una


imbasciata
la sua
le
al

FiorentinoSenato, per annunciarItalia, a

venuta in

che

lo

determina-

vano

istanze de' Veneziani, che erano in


il

guerra contro

Visconti

per aver questi

ulti-

mamente
ta di

distesoli suo
I

Genova.

dominio anco sulla citFiorentini non gradivano la


e nel far mostra all'imba-

calata di Carlo

IV,

sclatore d'averla accetta, vollero sapere

come

l'intendesse

il

Pontefice Innocenzio VI. Gli

spedirono

il

Boccaccio con segreta istruzione

di dimostrare devozione alla Chiesa, e desi-

derio nella citt di andare unita alle sue volont Portava poi V istruzione , che, se interpel.

lato venisse dal Pontefice

che cosa della calai

ta dell'imperatore pensassero
les
ita
.

Fiorentini, di

'.-

dum

nihil dicis

plura dicis

quam

si

multa

dixisses

La

lettera responsiva del Petrarca alla citata

Epistola del Codice Sanese la seconda del libro sesto delle


senili
:

sia

che fuor

di
il

luogo

ei

la collo-

casse per nascondere quale era


lo

servaggio del quale


,

rampognava

il

Boccaccio

ovvero

che con quella

epistola rispondesse

ad un nuovo
dall'

rimprovero fattogli

su questo proposito

amico

SECONDO
non saperlo affermasse
i

119
il

(a).

Costernava per

Fiorentini, e

le altre

Italiane repubbliche

timore, che l'Imperatore nella sua venuta


viver facesse
le

ri-

pretensioni dell' impero , avende' Cesari scossa la

done per r allontanamento


suggezione.

XXXIV. Giunto
ronare in

Carlo in

Italia, si

fece co-

Monza, senza che Bernab o Ga,

leazzo Visconti, che erano allo Zio succeduti


nella Signoria di Milano
vi facessero opposi-

zione

Di

l si

trasfer in Pisa

per passare in
Ivi giun-

Roma

a pi solenne

coronamento.

sero gl'imbasciatori

di Firenze, e l'oratore

con s poca reverenza parl a Cesare, credendo forse apparire di schivare atto di vassallaggio che contro la citta l' animo di lui esa,

cerb.
riosi

Da ambe le parlari, ma i

parti furono tenuti ingiu-

loquaci e
1'

poco

bellicosi

Fiorentini

terminarono

ansiet data

loro

dallo sdegno di Carlo, stipulando un accor-

che fa manifeste le pretensioni che do aveva allora l'impero sulle citta dell'Italia. I termini dell'accordo furono, che Cesare
,
,

annullerebbe

le

condannagioni
contro
i

pronunciate

contro Firenze, e

signori, alleati

(a)

Mehus

p. CCLXVII.

120
de' Fiorentini
.

LIBRO
Che
reggerebbesi
la citt

a se-

conda degli statuti, e delle con facolt di farne ancora


i

leggi municipali,
delle

nuove. Che
,

Priori delle arti

ed

il

Gonfaloniere

che
Fidi

erano, e sarebbero, fossero irrevocabili suoi


vicarj.

A
gli

condizione, che

sindaci

di

renze

facessero pubblica sommissione


i

ubbidienza: che

banditi per aver favorito

l'imperatore Arrigo di Lussemburgo, fossero


rimessi in patria; e che per
co' suoi
le

obbligazioni

antecessori,

pei^
,

gli

accordi

di

presente stipulati con lui


le

gli

pagassero per

citt,

terre, e

contadi di lor dominio

cento mila fiorini d'oro, e quattro mila annuali a titolo di censo (a).

Veggendo
poca

il

Bocfra

caccio

terminarsi
,

quelle

contestazioni
gloria
la

Cesare
loro
,

Fiorentini

con

di
lo-

in

due componinenti ne derise


le

quacit, e

iattanze,

non rendute
.

efficaci

da

atti

magnanimi

e valorosi (i)

(a)
(l)

Matt.

Vili.

l.

IV. e.

lS.
fa

Nella settima egloga intitolata jurg'ium


1'

inter-

locutori Dafne e Florida cio

imperatore e Firen/e

[Mann.
I
,

p. Sp.

).

Florida dice a Dafni:


,

decus arctoum
tittdos
il

Theutonos lude bllingties :


,

Nos
In tutto

vacuos

et letitos

novimus arcos.
il

componimento

trasparisce l'ironia, e

di-

SECONDO
XXXV.

121

Quantunque oltrepassato avesse il 1355 quarantesimo anno, e che gli biancheggiassero le tempie: quantunque studiosissimo di
ogni pi grave
disciplina:

quantunque
della

trat-

tatore de' pi gravi affari

repubblica
le

non era giunto ancora a signoreggiar


sioni
;

pas-

tanto pi

agevole

il

parer

grande

ad
sa

altrui,

che a se stesso. Lodatagli da un


,

amico una vedova


,

come
la

bellissima e virtuo.

gli

nasce

il

prurito di vagheggiarla

Di-

mentica l'et sua,


e, qual focoso
tersi

convenevole dignit,
s'accende veggendola.
e la

adolescente, cerca d'imbat-

in lei, e viepi

Le scrive nascondendole il nome suo, femmina vaga gi d' altro amatore, e


scaltrita
,

assai

lo

blandisce

finche non
di lui
;

si

svela

e discuopertolo fivoleggia
colle altre

lo

deride

donne, or col dito, or accennandolo, come un matto, che


spregio
,

col viso
alla sua

che avevano g' Italiani per le nazioni transalpine che reputavano barbare. Neil' egloga ix. intitolata Lipis chiama il Fiorentino Batraco e gli fa dire
,
,
:

Quid non indigner

Pottiit sors

invida

mundo
.

Crinibus arctois Italas imponere laiiros

Disse nella spiegazione Batraco

Mann.

I.

e.

aver chiae timi-

mato
essere

il
i
.

Fiorentino, per significare in greco rana, e per


Fiorentini

come

le

rane loquacissimi

dissimi

122
lesse

LIBRO
lei,
,

et, e lui che di popolana famiglia era, vo-

vagheggiar,
burlasi di lui

d'alta nascita, e col


,

vago

e della lettera

in cui erasi
la

inconsideratamente svelato, talch diviene


favola della citt.

XXXVI.
dovesse

Pare, che usando

ei della

ragione

ed ammaestrato da questo poco d'esempio,


in silenzio

giovarsene a suo vantagavvenire.

gio, col

trionfare delle passioni, e rendersi


nell'
;

inappuntabile

Ma

se

vincer

seppe r amore

oltre

modo

tenero della sua

fama, vincerlo sdegno, la vendetta non seppe. Nel suo ceco furore, s'appiglia all' arme
dello scrittore.

Impugna

la

penna, non meno

micidiale del ferro per la flima mortale, e


scrive la pi acre, la pi

pungente invettiva,

che abbia
e contro

la

volgare favella, contro la donna,


il

il

suo sesso, di cui fu tante volte


il

difensore,

campione.
Intitol questa invettiva
fnse

XXXVII.
rinto

d'Amore, perch

Labeaver nel sonno


il

avuta visione, in cui


il

gli

apparve della donna


lui

defonto marito, in luogo a


dallo

estremaud
chia-

mente noioso, che


marsi
il

spirito

laberinto d' amore, per ismarrirvisi

coloro,

come

lui

pazzamente innamorati. In-

titol quello

scritto

anche

il

Corbaccio, in

SECONDO
tendendo
significare

123
la

con

tal

vocabolo

fem-

mina, ch'egli am. Lo spirito a sanarlo die cio opera con antidoti totalmente terreni
;

tutti

enumerando
i

gli artificj

le

debolezze,

difetti,

vlzj

oscuranti talvolta la pi vaga


dalla generalit pasai

meta

dell'

uman genere. E
donna
,

sando con piena maritale cognizione


ticolari della sua

par-

tutte le pi celate
lei gli

macchie
scuopre
losa
, ,

del corpo, e dell'animo di

di-

e la dipinge sopra d' ogni altra ge-

ritrosa,

ambiziosa,

invidiosa,
,

acciciar-

diosa, imperiosa, noiosa, stomachevole


liera, petulante, importuna, e lasciva.

XXX Vili.

Restituitosi

d' Italia

in

Alema- 1359

gna l'Imperatore, d'alcun tempo di calma avrebbe goduto Firenze, se non fosse stata travagliata da quella pestifera associazione detta la Gran Compagna, grave e nuovo flagello dell' Italia in quell'et (i). Gli Angioini

di Napoli e d' Ungheria,


fici

Cesari, ed

Ponteuso
i

assoldavano molti stranieri per sostenervi

la

guerra.

in quell'et

non essendo
,

in

armate tutto d permanenti


(l) Il
l.

licenziavano
adolescenza

Petrarca

dice della

sua

Sen.

Ep. 2.) Kara bella Inter regna, vel populos : eie finibus aut de injurus gerebantiir , sncietas cantra omn^
X.
,

jfeius

humanum

nulla uscpiam nostro aevo fuerat

124
liani sotto
i

LIBRO
loro capitani, gente vile e mersi

soldati alla pace. Questi, ingrossati dagl'Ita-

cenaria,

univano: e sotto
i

le

loro bandiere
ispi-

predavano, taglieggiavano

comuni, cui

ravano terrore: assaporata

la

soldatesca licen-

za, non sapevano ridursi alla moderazione del


viver civile. Della masnada, di cui qui
si

ra-

giona, erasi fatto capo

il

Conte Land, uomo


arti di

audace, e assai esperto nelle


il

guerra,

quale e dal Ponteficio Legato, e da'Sancsi,

e da' Perugini, e da'Pisani,e da' Fiorentini

medesimi aveva ottenuto,


,

e oro, e vettovaglie

ih tanta copia da mantenerla unita, favorito

nascosamente dalle gelosie, e dagli odi dei potentati d'Italia, che non spengeva la pace.

Accadde per, che

villani di

Toscana

die-

rono un esempio, da fare arrossire i governanti della repubblica, mentre irritati dalle
estorsioni di quella
in luogo stretto, la

masnada, l'attaccarono disfecero, ferirono a more


,

te

il

Conte Land,

avrebbero
se
gli

la

sua gente

totalmente distrutta

Oratori di Firen,

ze, che erano presso quel

Conte

colti

da ver-

gognoso timore
die

di ulteriore vendetta,
le
,

non avesarmi. Ci

sero ordinato ai villani di posare

campo

a' fuggiaschi di riaversi

di riunirsi
il

d'ingrossarsi di

nuovo ^

e dimenticato

ricc-

SECONDO

125
la

vuto beneficio, tornarono a minacciar

re-

pubblica, se prontamente non soccorrevali di


viveri e di danaro. Quasi loro malgrado, e per

paura,

Fiorentini s'appigliarono
ridurli alla

al

tempera.

mento

di

moderazione col ferro


gli aiuti

Riunito l'esercito con

degli alleati, gli

andaron contro con


fuga abbandon
la

tal

fermezza, che Land

colle sue schiere diede la volta, e

con pronta

Toscana

(a).

XXXIX. Fu
quiete

la

Campagna

di travaglio ai

contadi sottoposti a Firenze,


la citt nel

ma godeva

di
Il

recinto delle sue mura.

Boccaccio non ritratto da' geniali studj dai


pubblici carichi,
di riposo per
si

valse di quasi quattro anni

promuovere le lettere, che di giorno in giorno maggiormente egli amava. Erano i modi d'istruzione in quel secolo rari,
e difficili.

De' recenti prosatori,


letto

il

solo Pe-

trarca meritava d' esser

per una certa

eleganza di

stile

congiunta a sodo ragiona-

mento,

a vasta erudizione, e a sana critica.


i

Nelle scienze

libri d'Aristotile, trasfigurati

da Averroe, e da
la

altri

commentatori, erano
si

guida de' licei. Gli studiosi

applicavano

alla teologia, al diritto

canonico, e civile, o

(a) Am/Ji.

t.

2 p. 58p. e seg.

12

l'G
alla

LIBRO
ma
per far mostra d'acutezza
in disputare di voci
,
,

medicina:
s'

d'

ingegno

impacciavano

inintelligibili , o in discussioni inutili

incom-

prensibili

a guisa del viaggiatore

che ab-

bandona

la

via piana e diretta, per intrigarsi

in arduo, e tortuoso

sentiero: e ci per

ir

mostra d'acutezza d'ingegno, imperocch nel


misero cuore umano, non
novelle,
si

tace l'orgoglio

nemmeno nell' infanzia della letteratura. Erano


le

romanzi,

le

amatorie poesie, una


leggitore

merce abbandonata

al

volgare, e
Il

parto per lo pi di volgare scrittore.


caccio, studiate adunque
le

Boc-

opere del Petrar-

ca

e tutte quelle
si

celebri della

Grecia e del
si

Lazio, che
patria a

pot procacciare,
il

volse in

diifonderne
,

gusto (i), con tale

maggiore avvedutezza in quanto che que' celebrati scrittori

erano allora, non solo, come

adesso, modelli egregj di gusto,

ma

di

tutto

l'umano

scibile le ascose

miniere.
ne' suoi viaggi

XL. Studiosamente perci

(i) Il

Villani

asserisce, che consigli a Zanobi

da

Strada di tessere un

poema
,

eroico

in laude
il

del pri-

mo

Affricano

ma
S.

che saputosi, che

Petrarca avea
il

per le mani un simil lavoro


siero
(

Zanobi ne depose
xill. )
.

pen-

Mor. di

Greg. 1214. Pref. p.

SECONDO
ne raccolse.
no, che
il

127

ricerc que' preziosi tesori (i),e quanti pot

Ma

avveratosi

il

vaticinio pater-

suo

amore per
le

la

poesia condotto

avrebbelo a povert; e

sue tenui facolt


,

non

permettendogli di comprarli
scrisse tal

ei

stesso tra-

numero

d'istorici, d'oratori, e di

poeti latini, che, per asserzione d'un antico


scrittore della sua

vita,

avrebbe meraviglia

recata, se tanti ne avesse un venale trascrittore


copiati (2). Sodisfece in tal guisa

non solo

(1)

te

che

Narra Benvenuto da Imola, nel commento a Danprecettore Boccaccio avevali racconil suo
aver
.

tato di

visitato

il

monastero
di

celebre
la

di

Monte
,

Casino

E che desideroso
di

vederne
,

biblioteca

essendo

natura

soavissima

richiese

umilmente
senza

che

fossegli

aperta,

ma

che

trovolla

porta,
di

polverosa,

con

molti

codici

mutilati.

Pieno

commiserazione, che
e richiese

andassero
ingegni

perdute opere
,

anti,

che e rare di nobilissimi

usc
,

lacrimando

un

monaco

guasti

que' manoscritti
,

come accadesse che Rispose il monaco


, ,
,

fossero

ci ac-

cadere
quattro

perch alcuni de' suoi compagni


,

per lucrare

o cinque soldi

raschiavano le cartapecore
,

e ne facevano salteri pe' fanciulli


:

o brevi per le donne.


,

Benvenuto soggiunge or va scapati por libri Mann. p. 33. )


(
.

o studioso

a coni'

(2)

QuiLin libros

tenidtate patrimonii cogente, sibi siippeteret

non haberet nec unde emere posset multa noji


,
:

modo veterum poetarum


ricorum voluminay

sed oratorum etiam

et histo-

cp.dcrjidd

paene in latina lingua ve-

11^
alla

LIBRO
di

brama ardente, che avea

leggerli e di

spogliarli,
gli

ma

ancora

di que' tesori

pot con
principal-

amici esserne

liberale. Fullo

tnstum inveniri potnit


rito.

propriis manibus ipse transcr'psit

(^Giann. Afanpf. ). Prosegue poscia

come abbiam

rife-

Conferma
da

lo

stesalo

Lionardo Aretino. Ci

noto

eh' ei CDpi le storie di Tacito


I codici
lui trascritti

( Bocc. Ep. 1- Cod. San. ) sebbene quasi tutti perissero

nel bruciamento della sua biblioteca,

come
.

a suo luogo
Il

riferiremo

alcuni

tuttora ne

rimangono

Mehus

rammenta un
da

testo a
(

lui trascritto

p.

penna della vita nuova di Dante l85.). Di suo pugno possiede la


{

Medicea un Terenzio
rigina la
.

Plut.

xxxviii. Cod. 17.)

La Pa-

Divina Commedia, della qual copia torneremo a parlare La Vaticana il trattato della Consolazione di Boezio , colla seguente annotazione di Bernardo

Bembo
simns
ti
,
.

(
,

Cod. Vat. n. 3362.


v'ir

)
,

Ioannes Boccaccius Fiosed ingenio praestantis-

rentnus

doctrlna clariis

Flnrtiit

temporibus Francisci Petrarcae Laurea-

cujtis
,

benivolentia , et consuettidine
,

tuit

qtiem et praeceptorem
.

et

plurimum eniparentem saepissime in


oppido

suis operibns appellavit

Nascitur in Certaldo

Fiorentino
extitere
,

Hujus opera mannum plurima praeter ea quae ingenio emanarunt Fuit enim
.,

A. D. l3l2.

in scriptione multus et frequens, ut indicant mxdtiplicia


fjtis

volumina, testamento relieta Bibliothecae


Florentiae
.

S. Spiri-

Quae omnia ad unguem mihi nota et explorata sunt. Hunc autem libellum de Consolatione admodum adolescens scripsit ut fama indubia Fiotus
,

rentinorum

tulit

Mihique innotuit
libris

ea collatione chara-

ibidem oratoria fungerer A. D. 14^5. Ber. Sem. Doct. Me. Orat. In fine
,

cterum cum his

acta

dum

SECONDO
mente
di sua

129

col Petrarca, cui

mand un Tito Livio


{b)
.

mano

copiato e corretto (a); alcuni rari

trattati di

Cicerone e di Varrone

N meno

diligente e avventuroso nella ricerca de' Padri


,

del prezioso trattato del santo


su'
Il

Vescovo di
non mi- 1359

Ippona

salmi

li

fece

dono

(e)

XLl.

Boccaccio reputava

ritrarre

nore istruzione dalla viva voce del Petrarca,

che dalla propria sceltissima biblioteca. Per


godere
in
di

un

tal

vantaggio, and a visitarlo


si

Milano, ove alcun tempo


,

trattennero in-

sieme

con reciproca

utilit, e
il

soddisfazione
dall'

d'ambedue
(a)
{b)

(i). Ritrasse
xyii.

Boccaccio
(e)

am-

Var. Ep.

Pam.
opera
,

lib.

xviii.

Ep.
del

4.

Ibid.
,

Ep.

3.

dell'

di

mano
,

Boccaccio

leggonsi

questi

versi

Flore correctus

vertis
.

de falso refectus ,
.

Qnod defult adest Qtiod superabat abest Emptor literis ; corredo me potieris Possessor gaude cui lber est sine frande
: ,

(l)

Scrisse

il

Petrarca

Fani.

l.

2o.

Ep.
Par.
.

vi. e

vii.)

Francesco Nelli con quanto dolore avealo


Gli
)

partire.

rispose

il

Nelli

{Cod.

n.

veduto 863 1.
no-

Ep. xvin,

in data de* 16. di Maggio


,

Boccaccmm
,

strum snavissimtim

et
,

regis fluminum Fridani


et

comi'

tumque
siisse

jUtienta simid
,

Appennini jnga salvum tran^


sit

cognoveris

ut

animo tuo

quies
,

.,

quam

te in-

tegram minime habere posse


ris

dixisti
.

nisi prius scive-

patriam attigisse natalem

l3o
monizioni
dell'

LIBRO
amico
il

vantaggio

d' inva-

ghirsi delle virt,

che aveva sino allora

cal-

pestate, irretito sempre dalle passioni. Fu-

rono

le

ammonizioni
riflettere,

del Petrarca, che lo conla

dussero a

che

dottrina, solo

congiunta con santit di

quando costumi, pu chiadesta tanta

marsi sapienza .-consorzio celeste, a pochi conceduto, e


diflicile in

vero,

ma che

ammirazione negli uomini, che con rispetto, e laude eterna ne rimunerano coloro, che
ne furon
il

gli

avventurosi posseditori. Confessa


le

ammonizioni dell'amico, se non lo ridussero a un intero trionfo, valsero grandemente ad accendere nel cuor di
Certaldese, che
lui

viva brama di trionfare (i).


il

1*^60

XLII. Volle

Boccaccio rimunerare

il

Pe-

trarca d'un tanto servigio, col

porgerli deli-

catamente occasione di lavarsi da un'imputazione insidiosa per


la

sua fama
,

che odiasse

cio e disprezzasse Dante


:

mosso da invidia

nascosa imputazione, che procacciavali l'odio


J

(i)

L'egloga
p.
il

XIV.

verte

tutta

su

{Mann.

62.). Interlocutori della

tale argomento medesima sono il

Boccaccio e

Petrarca:
dell'
:

il

zioni virtuose

amico

di

primo mosso dalle esortacambiare in meglio i suoi


Philostrope
nostris
?

costumi esclamasi

Quae nova lux

oculis venit

SECONDO
epistola,

l3l

del volgo, cui era Dante accettissimo. Dalla

che qui sotto riportiamo


il

in estratto,

pu giudicare

leggitore, se ingiusta, o fon.

data fosse r accusa (i)


(l)

Esper fuor

di

dubbio
,

Rispose

il

Petrarca ai versi del


la

Boccaccio
accusa
{

che
e
colla

accompagnavano
co' quali

copia
a

della

Divina
tale

Commedia
,

esortavalo
del libro
si

lavarsi da

epistola
p. 445.
)

XII
.

xii.
,

delle fa.m\.a.n
il

Edit. Crispin.
si

Ivi

duole

che

Boccaccio

scusi seco
,

Dante volgare quanto allo stile noEsortalo a perseverar nel bile quanto all' argomento lodarlo, ma con laudi degne di quel poeta Afferma ,
per aver lodato
,
. .

esserli

grata

1'

occasione

che

porgeali
,

di

lavarsi

dalla

malevola
,

invidiosa opinione

divulgata
,

presso

molti

eh' ei portando invidia a


.

Dante

lo disprezzas-

se, e l'odiasse
d' odio

Asserisce, non esservi stata occasione


, ,

anzi d' amore essendo quel poeta compagno, nell'infortunio, del padre suo Che anzi ammiravalo, per non averlo distolto dall' infra loro

stato amico, e

trapresa carriera, n contumelie cittadinesche


lio
,

esi-

rit

n povert, n le punte ascose dell' odio n capaterna, n amor coniugale. Che se ei per tema
, ,

di

farsi

imitatore servile, trascur d'averlo in giovennell'


,

t, tuttavia a lui concedea la palma


volgare
,

eloquenza
ed insulsi

e che meglio di molti smoderati


,

, e nelle tache lo laceravano verne conoscevane il valore Che se fosse vissuto a pochi pi caro sarebbe stato il poeta, che a lui, se tanto fossegli piaciuto pe' costumi, quanto pe' talen-

suoi lodatori
,

ne' trivj

Che a Dante per spiacerebbero le lodi di coloro, che ignorano perch lodino perch vituperino Che ad ogni suo potere , lo avrebbe rivendicato dallo stiati.
,
.

iZl
essere stato
il

LIBRO
Petrarca,

come

gli altri

dotti

del secolo,
zio

imbevuto della pregiudicata


,

opi-

che udiva fare de' suoi versi


i

se ad altro noi ri-

chiamassero
sua fama
g'

proprj

studj

Che
io

g'

invidi solo della


.

imputavano
,

d' invidiarlo

come
,

sog-

giunge

potr credersi

che

invidj colui

che
y

con-

sum
gare

la vita in iscrivere f sebbene sublimemente


,

in vol,

a che diedi appena parte della

mia giovent
stile

e solo per giuoco?

sebbene tu asserisca, che volen,

dolo lui
il

avrebbe potuto scrivere in altro


pii alta

ed

io

creda, che ho la
io

opinione del suo ingegno,


,

capace a quel che


tavia ci che
intrapreso
,

credo di tutto intraprendere

tut-

ei

fece, a tutti noto.


io

se altro avesse

perche ne sarei
?

invidioso, io che noi sono


il

di Virgilio

Invidierogli forse gli applausi , ed


,

rauco

susurro de* curandai


ti,

degli osti, e degli altri lavoran-

che lodando vituperano?


vicini

Da
;

questi con

Virgilio e
.

con Omero mi congratulo di non essere applaudito


fra
i

5*0

che

pili

regna V invidia
.

ma

so

ancora dieta,

cesi per gli estinti


la

Da
,

questa epistola apparisce

che
,

Divina Commedia
di

per essere scritta in volgare


volgo: e che
il

era

come

ragione del

popolo pi
,

av-

vedutamente ne giudicava de' dotti di quell' et. toltone il nostro Giovanni Lo stesso conferma questi nel Commento di Dante ( Voi. 2. p. 3o6. ), ove dopo aver detto, che il Petrarca distendeva ovunque la sua fama
.

soggiunge
cui

o;i

il

presente nostro

autore. La
stata

luce

del

valore

e jjer alquanto

tempo

nascosa sotto

la caligine del volgare materno , e iticominciato dai grandissimi letterati ad esser desiderato e ad aver caro. Dalla riferita epistola del Petrarca si deduce,

che

il

Boccaccio

contribu

principalmente a disten-

SECONDO
nione
gli

]33

poco considerare, sebben pregevoli, scrittori volgari in che fu maggiormente


di
;

derne

la
si

fama

fra' letterati

Non

meraviglia adun-

que, se
,

aspett un
la

mezzo

secolo

dopo

la

morte

di

Dante ad espor
ed a rendere

Divina Commedia
sua

pubblicamente
divini

alla

memoria onori quasi

Primo
riferita

d'

ogni altro l'Ab. di Sade s'accorse, che nella


si

di Dante {T. 3. p. 514. ), moderazione oltramontana si come con r ordinaria piacque di schernire g' Italiani, per non averne sino allora fttta menzione Ci dest la bile del modesto e moderato Tiraboschi, e gli oppose due obietti per porre in dubbio se vi si ragionava di Dante, ( T. 5. lettera

trattava

/).

459.)

I.

In quest'epistola scrive
,

il

Petrarca. Inse,

ris
ille

nominatlm
fuerit.

hanc

hujiis officii tui escusationem

qiiod

tibi.adolescentulo,

primiis sttidiorum
il

dux

prima

fax

Or Dante

dice
.

Tiraboschi, non pot essere


noi

maestro del Boccaccio

Ma
(

che effettivamente
all' altro

lo fu

lib.

1. e, xi.

abbiamo dimostrato not. ) 2. Quanto


.

obietto del Tiraboschi, cio che

il

Petrarca

in questa epistola dice

suo padre pi giovane di

Dan

te, lo che contradice nell' epistola seconda del libro de-

tro, se

non mi pare doversene inferire alnon che, o che ben non fosse ragguagliato dell'epoca del nascimento di Dante, quando scrisse la prima epistola ovvero che non fu in quel punto dalla sua memoria opportunamente soccorso. Abbiamo avdelle senili
, ;

cimo

vertito nella sua vita (p. 285.)


gli cronologici
,

aver

lui presi degli

abba-

anco nel rammentare avvenimenti suoi


Boccaccio medesimo asserisce
di

proprj

Ci che distrugge poi ogni argomento del Tiil


,

raboschi e, che

che
.

il

Petrarca

gli

scrisse

Dante

in questa

lettera

Ci

l34

LIBRO
.

avveduto il Boccaccio, che prevedeva esser chiuso oggimai il tempio dell' immortalit, agli
scrittori latini

Tornato

in

patria, trascrisse

dunque
violla in

egli stesso la

Divina Commedia, in-

dono all'amico, con un poetico componimento, in cui esortavalo a non esserli


grave
il

leggere

versi

armoniosi,

sebbene
il

scritti in

volgare, atti a far conoscere

pre-

gio e l'efficacia della materna favella, e parto


di quel poeta, cui invida sorte tolse l'alloro.

Affettuosamente pregollo

di

por quel libro ac-

canto

alle sue

opere, di leggerlo, di lodarlo a


,

gloria e di lui

e dell' estinto
il

poeta

seb-

bene asserisca
libro

Petrarca, che temendo di


,

farsi imitatore servile

mentre

in

non volle leggere quel giovent scrivea il Canzonie-

re, apparisce essergli stato quel

dono sommadalla Parigina

gli

rammenta
codice
copiata.

in

un' epistola

posseduta
est,

nel

n. viii

mdcxxxi

Vit. del Pet. p.

221.
qtind
,

da

me
ipsi

Ego jam fere annus


,

eo

miJii

menunum,

plurimae videntur epistolae eo ordine quo missae


quas
.

ttiae
seti

ad me

in volu'

scriptae sunt,re^
,

gradum figere coactus sum cum numquam habtii, etiam si a te deficiant aliqiiae missae sint ut putas Et eam, qnam de Dante scripse^ ras ad me ; et alias forsan pltires et ad praesens eam^ quam adversus astrologos te scripsisse dicis, numquam
digere coepi. Sed jam
,

recepi

SECONDO
mente
utile

l35
in

per iscrivere

suoi trionfi (i).

XLIII. La gita fatta dal Boccaccio


Questo celebre manoscritto, da
in

Mi-

(l)

me
.

veduto nella
e

Parigina, apparteneva alla Vaticana, ed era iln. Sipp

memb.

f.

Leggesi nel primo foglio


del Boccaccio
,

Dante

poesie

scritto di

mano
,

con un epistola
,

sua in
t/'

verso latino

diretta al Petrarca
.

con la mano

esso

Petrarca in alcuni luoghi

Fui. Urs.

La

lettera latina
,

che
l'

quella che
.

abbiamo data

in

estratto nel testo

ha
,

intitolazione
illustri
: :

Francisco Petrarsottoscrizione
,

cJiae poetae unico

atque
tuus

colla

Ioannes de Certaldo

ed

ivi leggesi

come

fu

pubblicata dal Manni (p. 25. ). Il Ms. ad ogni cantica 1' arme del Petrarca

miniato,

consistente ia

una sbarra d'oro,


la

diede

il

in campo azzurro con una stella, come Tommasini nel Petrarca Redivivo (p. 8.).
,

Le note,
Il

di cui parla

Fulvio Orsino

sono

alcune rare

correzioni d'errori, o supplementi di parole

omesse.
In fondo

Ms. nitidissimo

e di bellissima
.

mano

d' altra
tis

mano

si

legge

Explicit liber Comoediae


,

Dan'

Alagherii de Florentia

per eum editus ^ sub anno


^

Dominicae IncarnatioJiis millesimo trecentesimo de mense Martii sole in Ariete luna nona in Libra Qui discessit in civitate Ravennae, in anno Dominicae Incar nationis l32I die Sanctae Crucis, de mense Septem' bris anima cujus in pace requiescat Amen.
,
,
.

Segue

d' altra

mano
1'

1'

epitaffio
.

di

.esso, e tante volte pubblicato

Dante fatto da se Di questo, comedi


,

Autografo
406.

parl

Dante del Boccaccio


p,
)
.

Il

voce Crescimbeni {V. J; Fontanini a giusta ragione ( Amint. Dif.


nell' indice. Il
la lezione,

Ubaldini nel

Barberino alla

Gap. XIV. p. 324.) ne riguarda

come pi

l36
lano,
i

LIBRO
colloqui de' due amici,

recarono un

nuovo importante servigio alla letteratura Italiana Era giunto in Venezia Leone Pilato,
.

natio di Calabria;

ma
ei

che dicevasi Tessalonicredesse pi onorevole


(a)
,
.

cense, quasi che

cuna

dell'Italia la

Grecia

Fu questi disce-

polo del celebre Barlaamo

istitutore del Pe-

trarca nella greca divella, ancor esso Calabre-

se, ed

al

Boccaccio notissimo,

sia

ch'ei lo
il

conoscesse di persona, odi fama. Aveva


trarca conosciuto

Pe-

Leone

in

Padova, ed erasi

fatto traslatare in latino qualche squarcio di

Omero, che

invaghillo d' un'intera versione

poemi del primo pittore delle antiche memorie. Questi avendo parlato del
de' nobilissimi
{a)

Pet. Sen.

3.
.

ep. 6.

sicura delle altre

Ed

cosa singolare

che essendo
d' Ita-

stato tante volte stampato


lia
,

Dante

e da' torchi

e da

quelli

d'

oltramonte, niuno l'abbia


,

dato a
e netta

seconda
di

di quella

famosa lezione

emendata

molti errori da' due pi celebri maestri della volgare favella il Boccaccio, e il Petrarca. I nuovi edi-

tori

dovrebbero

rammentarsi, che una splendida edila letteraria


,

zione
e che

non
il

un acquisto per

repubblica

Virgilio degli Elzeviri


,

corretto sul testo


libro

Me,

diceo
sto
,

dal celebre Einsio

sebbene

di piccol se-

di

maggiore

utilit alle

lettere delle splendide

magnifiche edizioni di quel classico scrittore fatte dai

Bodoni

e da' Didoc

SECONDO
sapere
bile di

\h^
il

Leone

al

Boccaccio, ebbe

no-

divisamento di chiamarlo presso di se


e di accrescere

per maggiormente avanzarsi nelle lettere gre-

che,

il

lustro del

nuovo studio

Fiorentino,

col farvi istituire

una cattedra di
par*

lingua greca, da occuparsi dal Calabrese.

XLIV. Non

dubito, che accelerasse

la

tenza sua da Milano, con dolore delTamico,

onde quella smania generosa tosto appagare.


Parte infatti per trattare col Senato di tale affare, e con

non

lieve

fatica

ottiene,

che

Leone

sia

da' Fiorentini a tal'

uopo chiamasollecila

to. Recasi ei stesso in

Venezia per

tarne r arrivo

adopera fruttuosamente
il

sua insinuante eloquenza, onde

Calabrese

rinunci

al

divisamento di
privatamente

trasferirsi in

Avi-

gnone
ze,

Lo

accoglie nella sua casa in Firen-

fassi

spiegare

Omero;

lo

determina ad intraprenderne un'intera versione


tissimo
latina.

quasi

all'animo suo arden,

non bastasse un tanto carico maggiore ammirazione destare per le


greche, fa intraprendere e compire
zione di sedici dialoghi di Platone
la

onde
traskr

lettere

Essendo spenta la greca letteratura in Toscana da tanti secoli, mancava Firenze


di libri greci
;

XLV.

ed esso da ogni banda ne rac-

l38
spese

LIBRO
di

colse, ne fece venire perfin


,

Grecia a sue

talch nel
i

secolo susseguente non di-

menticarono
e

Fiorentini l'insigne beneficio,


,

possedeva

Giannozzo Manetti asser, i libri greci che Ja Toscana, esser quasi tutti dovuti al danaro, oalle premure del Boccaccio.
la

Quell'animo generoso dimentic

parsimodalla ri-

nia, imperiosamente comandatagli

strettezza del suo patrimonio, parte del quale

prodig a pr delle lettere e della patria. E ci

che alcun
ei

scrittore della sua

vita asser,
in Sicilia

che
per

vend l'avita eredit , e pass


le

appararvi
te, cio,

greche lettere

(a)

vero in par-

che non poco del suo patrimonio


nelle spese fatte in

consum

Firenze per ivi

diffonderle.

Da

indi in poi ineifetto, e col Pe-

trarca, e con alcuni potenti amici di Napoli,


lo

veggiamo

dolersi

della

mediocrit,

anzi

della ristrettezza delle sue sostanze.

XLVL
ro,

Andarono grandemente
ei

errati colo-

che dissero aver


.

appresa

la
,

greca

lin-

gua da Leone

La lunga dimora
di

che

fatta

avea nel reame

Napoli, ove familiarissima

era, diegli agio in giovent di elementarmente

appararla. Forse in Calabria,

come alcuno

(a) Squarciafic.

SECONDO
confusamente
asserilloi

iZg
la

o da Paolo Perugino,
corte
Ineffetto dalle opere
di

o da

altro grecista,
,

che frequentava
.

del re Roberto

l'

apprese
,

annoverate sin qui sebbene anteriori


al

tempo
.

suo frequentare con

Leone

apparisce che

egli avesse

cognizione di quella favella

Giu-

dico per, che elementarmente ne fosse istrutto innanzi di frequentare


,

il

Calabrese

E lungi

sono dal crederlo anche dopo essere stato uditore


e discepolo
di

quello, tanto profondo

grecista da

compararlo a que' che vant Fi-

renze ne* due secoli posteriori (i).


datori di nobilissime istituzioni

Ma

fon-

non debbonsi
i

sottoporre a rigida, e minuta disamina; essi deb-

bono considerarsi come

Soloni, iLicurghi,

(l)

Contrastava
la

ali*

intera

cognizione della lingua

greca

privazione di lessici e di grammatiche. Ed.


il

da supporre che

Boccaccio fosse maggiormente


,

ri-

volto ad apprendere le cose , che le parole dalla viva voce del maestro Infatti eh' ei non fosse estrema.

mente
Doris
alce,

versato in
dell'

quella lingua
(

apparisce
57.
)

spiegazione
,

egloghe

Mann, p.
.

dalla sua ove dice graece


,

amaritudo latine sonai

Alcestus
est

dicitur

ab

quod

est virtus

et aestns

qtiod

ferrar , con

altri spropositi.

Parlando della voce

^s^d'iruv

hujus significatnm. non


iteriim

pono
sia

quia

soggiunge: non memini, nisi


;

revisam libriim
significato

ex quo de caeteris sunipsi

seb-

bene

il

ne

noto e

triviale

l4o
quali
,

LIBRO
sebbene emanassero una legislazione
,

che abbisogn del senno di pi et per essere opportunamente temperata, ampliata, o


corretta,

occupano tuttavia
i

il

pi

sublime

scanno fra
fra
i

legislatori
dell'

delle

repubbliche,
.

benefattori

uman genere
forse,

XLVII. Taluno creder


rimunerarlo de'sacrificj
patria
, ,

che

le

doti

dell'animo del Calabrese fossero


e per lui

capaci di

ch'ei faceva perla

Ma

a maggior gloria del

Boccaccio,
di lui,

merita

ricordanza,
la

ch'ei non
benevolenza
nelle
d'

avea altra dote per cattivarsi

che

la

sua gran dottrina

gre-

che

lettere.

Lo

dipinge infatti orrido

aspete neri

to, brutto di volto


capelli
,

con lunga barba,


,

incolti,

sempre assorto nel meditare e di modi e poco urbani. Sappiamo d'altronde,


malcontento
di se e d'altrui,

ch'era caparbio, orgoglioso, vituperatore del

nome

latino,

e vago perci d'esser sempre, ove

non era.
il

Onde
licato

farsi

pi disgradevole dispregiava
,

de-

modo
il

di vivere de' Fiorentini, cui an-

teponeva

Costantinopolitano in Firenze,
il

come

in

Costantinopoli

Fiorentino. Era tale


il

infine,

che sranc perfino

naturale soave,

e placido del Petrarca; ed ecco con chi convisse

familiarmente per amore delle lettere

SECONDO
il

141

pi leggiadro, e giocondo ingegno di quella


ire

et per quasi inceri

anni.

Dopo

il

qual

vagabondo Leone abbandon Firenze per trasferirsi in Venezia, ove accolto dal Petrarca in sua casa lo rivide il Boccaccio Malgrado per ogni premura di que' cortesis-

tempo,

il

simi ospiti

volle restituirsi in Costantinopoli,

pi sordo de' scogli del lido greco, ove diri-

geva

il

suo viaggio (a)

XLVIII. Nel compilare la genealogia degli Dei, il Boccaccio fu il primo degl'Italiani


ad usare citazioni
ed a
far

di

voci, e di versi greci,

pompa

di quel peregrino sapere,

uso

abolito da molti secoli.

Ma

rongli alcuni scioli di quell'

non perdonaeck ardirono morci


;

derlo e criticarlo.
essi
il

Boccaccio,
,

Mano rispose ad superati gli A ffricani ,i Cim-

Ma

pot

bri yi Teutoni

come Bacco trionfatore

servirsi

di cantaro in vece di bicchiere ? Pot Duilio , pri-

mo

vincitore de' Cartaginesi in navale combat,

timento, usare di doppiere a cena


agli usi della citt,

cose straniere
i

ma

che tollerarono

Ro^

mani"? Perch adunque alcuno sdegnarsi meco,


se, contro l'uso
ci , e se ritraggo

deW et

nostra, cito versi gre-

un poca di gloria dalle mie

[a] Pet.

Sen.

3. ep, 6,

i3

1^1
fatiche'? Credei
tini

LIBRO
doverne essere alquanto da\ la,

mi accorgo essermi mosso contro il turbo deW invidia. Dovea non dimenticarsi Giovanni che l' invidia il loglio cononorato
e
,

taminatore della messe rigogliosa

ed

utile dei,

nuovi ritrovamenti. Noi dobbiamo a quelle


indiscrete censure
le estese
,

memorie, che, coei si

me
gli

apologia di se stesso

cred in do-

vere di lasciare all'imparziale posterit, suobblighi


,

che professagli

la

greca lettera-

tura (a)

XLIX. Malgrado
si

tali

censori

non

solo

non

spenge nella sua patria,

ma

crebbe smisu-

ratamente l'amore delle lettere greche. Quivi


fiorirono gentili ingegni,
di studiarle
,

non solo bramosi


I

ma che
il

parvero avere ereditato


.

nel diffonderle

suo fervore

pi celebri
,

furono Col uccio Salutati, Palla Strozzi

Ro-

berto Rossi, e Iacopo d'Angelo da Scarperia.

Gli ultimi due, desiderosi di esservi addottrinati


,

recaronsi in Venezia sotto Demetrio


di

Cidonio, ed Emanuello Crisolora greci

somma
in

dottrina. Iacopo valic

mari, seguili!
il

Costantinopoli per apparare

greco per-

fettamente. Gli annoverati Toscani s'adope-

(a)

Gen. Deor.

lib,

xv. e. vn.

SECONDO
lettere greche: e vent'anni

143

rarono, onde fosse Emanuello chiamato in


Firenze con onorevole stipendio, per leggervi

Boccaccio,
di

vi

dopo la morte del occup Emanuello la cattedra


suo dadalla

Leone. Per opera di Palla, e col


vennero
ed

naro

Grecia

le

opere di Plala

tone, di Plutarco, di Tolomeo,


Aristotile
,

politica di

altri libri,

che da' discepoli del


in
,

Crisolora traslatati furon

latino e

Allora

Fiorentini Niccol Niccoli

Bernardo Mi-

chelozzi andarono in traccia di libri greci nella

Grecia medesima
s*

Alla scuola del Crisolora


,

instruirono gli
i

Ambrogi Traversari
i

Lio-

nardi Bruni,
netti,
i

Carli Aretini,
i

Poggi

Ma-

Guarini Veronesi,
i

Paoli Sforza,!
i

Roberti Buffi,

Paoli

Vergeri,

Filippi da

Tolentino,
il

Franceschi Barbaro, che ajutarono


la

Crisolora a diffondere

greca lingua non

sol nell'Italia,

ma

nell'intero Occidente. Al-

lora

si

vide con istupore de' dotti Lionardo


il

Aretino, e

Cesarini,

capaci non solo di

traslatare opere

greche,

ma

di scrivere

in

quella favella.

E da

questo rapido prospetto


a pr delle

de' generosi sforzi de' Fiorentini

greche lettere, anteriori all'espugnazione di


Bisanzio, vedesi quanto sia erronea
la

volgare

opinione d'oltramonti, che a quel grave in-

144

LIBRO
il

fortunio fosse dovuto


gli studj in Italia.

risorgimento di quegli obbliai

Ne

qui finiscono

ghi

che
.

le

greche lettere professano


,

Fio-

rentini

Inventata la stampa
rivolsero tosto a

essi

quel ritro-

vamento
ro,

pubblicare

Omefamo-

Aristofane,

Callimaco, l'Antologia ed
la

Apollonio Rodio. Istituirono poscia


sissima

Accademia Platonica, celebre


le

pe' suoi

simposj, per

sapienti filosofiche discussio-

ni, e che vant accademici, che Platone

meglo-

desimo

fra

suoi discepoli sarebbesi gloriato

di noverare.
rie avite,

Talch mantenne Firenze


il

le

ed

primato

su tutte le altre citta

italiche,
crifici
>

che nel coltivare quegli


con
le

studj,

con

sa-

cure di pi

d'

un secolo, erasi

gloriosamente acquistato (i).


i3<So

L.

Ma

dal rapido prospetto dell' influenza


il

che ebbe

Boccaccio

all'

avventuroso avan-

zamento della letteratura greco-italiana, tempo omai di ricondurre il leggitorea contemplare lo stato interno della repubblica. Sembrava che per le gravi perturbazioni che travagliarono Firenze dopo la cacciata del Duca d'Atene, e che ridussero al popolar livello
,

(r)
il

Quanto

in

questo prospetto

si

avanza riguardante
illustra-

Boccaccio, vien documentato nella prima


.

zione

SECONDO
contrasto
la

145
cessarvi
se

tutte le nobili sue casate, regnandovi senza

parte Guelfa,

dovesse

ogni cagione di scompiglio.

Ma

domale

rono

la

potenza de' nobili, non distrussero

disuguaglianze ne di ricchezze, ne di talenti.

Quelle, fatte larghissime dal vasto commercio

davano immensa preponderanza neir amministrazione del governo ad alcune popolane famiglie. Gli Albizzi, eiRicci aspiravano a torsi scambievolmente 1' autoride' Fiorentini,
t
;

e pieni

d'odio non pensavano, che ad


gli

opprimersi, e rovinarsi. Per rovinare


bizzi, fecero rivivere
i

Al-

Ricci antica legge,


delle

che escludeva
della

dall'

esercizio

cariche

citt quelli di parte

Ghibellina; e fe-

cero creare un magistrato, che a ci invigilasse, e

che ammonisse

Ghibellini d'aste-

nersi dagl'impieghi.

Ma
si

Piero degli x\lbizzi

favorendo
se ne valse

la

legge,

per fare

mantenne l'autorit, e ammonire non solo le


,

casate anticamente

Ghibelline,
di
lui
.

ma

coloro,

che

all'

ingrandimento

frapponevano
Tali
disordini

ostacolo, o

dispiacevangli

neir amministrazione della

repubblica

mosBarto-

sero alcuni mal sofferenti di quelle ingiurie a

cercar novit. Essi fecero loro capo

lommeo d'Alamanno de' Medici, ed

offerirono

146
la citta
,

LIBRO
primieramente a Giovanni da Oleggio
la

che tenea
poscia
al

Signoria di Bologna pe' Visconti:


d'

Cardinale
;

Aibornoz
di

cui l'avea

r Oleggio ceduta
essere
di
,

uomo che
fama,

era noto per


e desideroso

animoso cupido

estendere in Italia la dominazione della


egli dall' accudirvi,

Chiesa. Lungi
magistrati
;

ne avvert

e svelata la
1*

trama da uno de* con-

giurati, che prese

impunit, alcuni de' col,

pevoli furon decapitati


lio (a).

altri

mandati

in esi-

1^60

LI. Fra gli esuli fu

compreso Pino

di

Gio-

vanni de' Rossi


tissimo
,

cittadino opulento, e reputa-

ma non
le

bastantemente animoso per

tollerare

avversit dell'esilio, la ristret-

tezza delle sostanze, lo spoglio delle dignit,


di

che ne scrisse

al

Boccaccio

che tenera

amicizia nutriva per lui (i).


desso restituirgli la patria,
le

Non potendo
sostanze, o lar-

gamente soccorrerlo, gli apparecchi salutare medicina con un epistola confortatoria, che
trasmetter
,

il

nome

di

Messer Pino all'et pi


alla lingua

remote e che ha procaccciato


(a) (l)

no-

Matt.

Vili. llb. X. e. xxiv. e seg.

bero

la bala di

Questo Messer Pino fu uno de' cittadini che ebgovernare la citt nel tempo della

cacciata del

Duca

d'

Atene

Gio. Vili. lib. xii.

e. xvi.

SECONDO
stra

147
ragionamen-

un modello d'erudizione,
,

di

to, e d eloquenza

niun vantato scritto della


inferiore.
d' essersi sino

antichit in verun
LII. Escusossi
il

modo

Boccaccio

a quel d astenuto dallo scrivergli, sapendo

doversi aspettare

vano darsi mentre vede il corpo del morto


ed
in

tempo debito ad ogni cosa;, conforti alla misera madre,


figliuolo.

Sog-

giunge dolersi
tuna
talo,
,

in

grand' impeto della for-

averlo udito fieramente turbato. Esor-

sebbene
la

sia
,

infortunio

gravissimo

il

perder
cosa
,

patria
la

per

che amava sopra ogni altra ed esso quale suoi maggiori


i ,

avevano impiegato
a riflettere, essere
sce citta.

e la
il

persona e

gli

averi,
vi

mondo a chiunque

na-

Che
,

la

natura die a questo genera-

lissime leggi
le arti
,

ed avere ovunque egual forza


;

e g' ingegni
i

ed essere ovunque

in

un

medesimo pregio

laudevoli costumi.

Che pofacolt

tendosi adunque in ogni luogo queste

adoperare, non giustamente

esilio,

ma permu-

tazione chiamar dobbiamo quella, che o costretti,

ovolontarj di una terra in un'altra fac,

ciamo. E che
fa suo,

se

il

fanciullo, tolto d* un luo-

go, e trasportato in un altro, quello per usanza

non ''dover esser l'uomo

al

fanciullo

inferiore. Gli adduce folla di esempj di pi

148
illustri, e

LIBRO
pi infelici di lui, onde conosca che

in queir infortunio ei

non fu primo, n solo;

rimembrando essere alleggiamento della miseria, aver nella miseria compagni. Assicurollo, essere allora la citta noiosa a vedere
la

per

sciocchezza, e malvagit di coloro, che


si

governavanla (i).Che se
in ogni parte

lagna, perch non


i

sono

cari amici,

parenti,

vicini,

co' quali rallegrarsi nella prosperit

e nell'avversit condolersi,

sere rarissime le amist; e

rammenti, esnon dover essere


si

discaro, avere almeno in tutta

la vita
i

un ac-

cidente, per lo quale


fittizj.E poter egli

si

conoscano

veri dai

ben comprendere allora,

chi suo amico fosse, chi del suo stato. Si fa


a consolarlo sulla perdita de' beni paterni, e
degli acquistati, sul vedersi vicino alla vec-

chiezza, e intorniato dalla moglie, e da moltitudine di figliuoli


(l)
.

Confessa che
quanto
gli

utili

cose

Manifesta palesemente

dispiacessero

quelle iniquit del governo.

se

il

mio piccolo e de-

presso nome meritasse cV essere rammentato tra gli eccellenti uomini detti di sopra , io direi per quello me-

desimo aver Firenze lasciata, e dimorare in Certaldo. Aggiungendovi , che dove la mia povert il patisse ,
,

tanto lontano

me

ne anderei, che , come le loro iniquit

non veggio

cos udirle

non potessi giammai

Ep.

M. Pin.

p. 224.).

SECONDO
sono
le

149
,

bene adoperate ricchezze

ma molto

pi l'onesta povert portabile. La prima sorgente di tutti i mali mondani la povert


:

libera, espedita, ed esercitatrice delle virt


dell'

animo

Soggiunge

che dee esser conle

tento d'aver piuttosto stretta e scarsa fortuna


in allevarci figliuoli,

che molto larga: che


gli

delizie

ammolliscono coi corpi


i

animi dei
i

giovani:

grossi cibi,
gli

duri Ietti, e

vesti-

menti rusticani
tili

animi naturalmente genraffre-

rendono, ad ogni fatica pazienti;


e di piacere a tutti
il
,

nano l'arroganza,

di saper

vivere con tutti accendono


to inoltrandosi nella

Appunvecchiezza, dover Mesdeso.

ser Pino tollerare pi facilmente quelle av-

versitadi, essendo la lunghezza, o la cortezza

del

tempo, che allunga, o raccorcia


favellare dell' ingratitudine

la

noja.

Nel

de' suoi con-

cittadini,

che tanto doleva

all'

esule, gli

ram-

menta, esser questo antichissimo peccato dei


popoli, e
s

radicato in quelli, che non sic-

come

le altre

cose invecchia,

ma

ogni di pi

verde germoglia.

Che

se

innocente conoscesi,

ci basti alla sua quiete, non

dovendo

in niudall' al-

na parte esser turbata quella del savio


trui credere. forti,

Termina

col porgergli que' cona' nostri

che pochi adoperano

tempi,

l5o

LIBRO SECONDO

ma

pi degli altri valevoli a ricondurre la

calma nel cuore delT uomo, riducendogli a mente, che la Divina Giustizia larghissima
ed eterna rimuneratrice delle ingiustizie mondane.

SOMMARIO
DEL LIBRO TERZO

i5i

ntrodtizione ./.

u. Rimorsi del Boccaccio ne* suoi tra-

viamenti

III.

Chi non debba leggere


iv.

alcuni
il

articoli

che segnano

Pietro

Petroni

spedisce

Ciani al

Boccaccio. V. Discorso e minacce

dal Ciani fatte al


sua epistola al Pe;

Boccaccio.
trarca.
VII.

VI.

Spavento di

lui, e

Replica confortatoria del Petrarca

invi^

talo a conviver seco. Vili. Conversione

del Boccaccio

e sua celebre ritrattazione, ix. Apostrofe al Boccaccio.


X.

Veste
.

abito clericale ;
Il

5'

applica agli studj eccle-

siastici

XI.

Siniscalco Acciajuoli lo invita in

Na-

poli
li.
li
,

XII.

Cattivo trattamento che riceve dall' AcciajuoIl

XIII.

Boccaccio abbandona sdegnato V AcciajuoXiv.


,

e si reca in Venezia.

Rimproveri fatti adesso


epstola responlo

dal Priore de' SS. Apostoli


siva di lui
.

e celebre

XV.

Se V epistola come alcun


xvi.

pretende

fosse scritta
XVII.

da burla,
citta in

Si

restitidsce in Firenze,
.

Trova la
,

guerra co' Pisani

xviii.

Di

Cer-

taldo
citt.

ove trovava
X'X. Ivi scrive

amica solitudine
in

ne' torbidi

della
.

gran parte

le

sue opere latine

XX. Della Genealogia degli Dei. xxi. Difficolta dell' ar-

gomento

XXII.

Ugo IV

re

di Cipro gli

da incumbenza
l'iesce
.

di scrivere su tale

argomento, a che

mirabil-

mente.

XXIII. Critiche

che t^jne per quelV opera xxiv.Scri-

l52
ve l'Opera de* monti, delle sslve
delle donne illustri
.

ec.

xxv. Scrive

il

libro

xxvi.
il

Come
libro

vi

dipinge una

caia

matrona, xxvil. Dedica

ad Andrea Acciajuoli

Contessa d'Altavilla, xxviii. Scrive la storia degl'illustri infelici


.

XXIX. Delle sue egloghe latine


.

xxx.

Esame

della latinit del Boccaccio

xxxi. / Fiorentini lo spe-

discono in Avignone al Pontefice, xxxii. E' onorato in


quella corte, xxxui.

La

trova agitata dalla questione


S.
i

se si dovesse y o no, ricondurre la

Sede in Roma.

xxxiv. Urbano

V giunge
il

in Italia ;
.

Fiorentini gli speIl


:

discono nuovamente

Boccaccio
il

xxxv.

Boccaccio

recasi in Venezia per visitarvi sente


.

Petrarca trovalo as-

XXXVI.

Emozione

cagionatagli dalla figlia di

Francesca da Brossano. xxxvil. Invitato in una Certosa


del reame di Napoli, vi

male accolto,

xxxviii.

Va
.

in Napoli ; la regina vuol trattenerlo ai suoi

servigi

xxxix
renze

Si restituisce

in

patria
,

nuovi

torbidi in Fi'

xl. Si ritira in Certaldo


.

ove assalito

da gravis-

sima infermit
risanalo
.

XLl.

Crise

spaventevole che in parte


cattedra per

xlii.

/ Fiorentini creano una


,

ispiegar

Dante

e scelgofio
il

il

Boccaccio per occupar.XLiv.

la. XLiil. Scrive

Commento di Dante
XLV. Alcuni

Gran

dot-

trina dell' opera

difetti dell'

opera deb-

bono attribuirsi
del Petrarca
di lui per
XLViii.
s

all'

ignoranza del secolo. XLVI. Morte


del

dolore

Boccaccio,

xlvii.

Premure
amico

la pubblicazione

delle opere

dell*

Testamento del Boccaccio. XLix. Morte del Boc.

caccio

Conclusione

i53

LIBRO TERZO

I.

ili

rumano

orgoglio inciampo gravissimo


di se in-

aila virt,

imperocch rende l'animo

vaghito, e vi distrugge la rimembranza


principio, e del fine di sua natura.

del

Ma

l'ani-

mo

cerca invano nel ristretto confine di se

stesso felicit.

astretto a rivolgersi
in

fuora

di se

per rintracciare quello che

se

non
con

trova, essendo strettamente


la

congiunto

spoglia mortale,
.

ne' corporei allettamenti


l'

cerca sollievo

Indi che

orgoglio

che par-

rebbe dovere ispirare all'animo l'uso dignitoso delle sue facolt, riduce l'animo al mas-

simo
trova

abbassamento.
la

N
,

in
,

quel servaggio
sia

tanto ambita felicit


faccia

che idolo
,

delle sue affezioni


gli

le

ricchezze

o
lo

onori, o

sensuali diletti,

venendo per

pi avvertito

dall'

avversit delta loro fallacia.

Ed anche,

cui rise

sempre fortuna, cui comvoglia, avvelena la

piacque in ogni

menoma

non turbata carriera il rimembrare, che termine della vita la morte. Contempliamo le
glorie de' conquistatori delle genti
,

glorie sopra

l5/(.

LIBRO
ammirate
la
.

le altre

Non

ebbero presso
,

di loro
,

altro scopo tante fatiche

tante veglie

tante

dubbiezze, che

lode, o l'ammirazione degli


loro l'ambito guiall'

non manc derdone, mancaron dessi


uomini.
se

Ma

ammirazione,
le

ed alle laudi. E^ da considerare infine, che

quando l'animo
vede
la sua

si

die

ad

adorare

cose

terrene, in ogni lieve infortunio, o disturbo

rovina: e perdendo gli attributi


di
spiritalitk,

d'indipendenza, e
della vile
lo
, ,

partecipa

e bassa natura del

corporeo ve-

che r inviluppa.

II.

Tutte o parte

di

queste

verit,

s'afil

facciano al cuor d'ogni

uomo, ed anche
dal

Boccaccio, sebbene
e dalle

affascinato

mondo
che

sue

pompe,
le

fu astretto a dire;

siccome i fiumi
al

trascorrenti acque ne portano


,

mare con continuo corso


le

ne
i

mai

in su alle

fonti

ritornano: cos
,

l'

ore

giorni ,ei giorni


,

gli anni

e gli

anni la giovane et

la quale

da

due termini miserabili


siderava

chiusa

o dalla morte

o da miserabile vecchiezza (a)

Che

se

con-

ci

nella

fiorita

et,

quanto pi

amaramente dovea meditarlo


del

nel maturarsi

senno per opera della

ragione?

Qaid

(a)

Amet. p. 8l.

TERZO
confusione dovea recargli,
il

l55
non averlo
ri-

tratto dalla prostrazione, dall'abbassamento,

dal servaggio de' sensi

1'

esortazioni del

Petrarca, n

il

vindice grido della coscenza?

III. Quanto siamo per iscrivere, non pel leggitore, che acutamente traftto dal rimor-

so, e spaventato

da incerto avvenire,

seb-

bene misero e debole pi d'ogni altro, co-

mecch pi d'ogni
nascondere
gli

altro colpevole, vuole ap-

parir forte, perch seppe nel pallore del volto


stimoli

del rimorso.

Non

per l'orgoglioso (i), che audacemente chiama

mentecatto
templare
mutabile

e debole quello,

che illuminato
creato
vita,

dalla rivelazione, giubbilante s'inalza a conil

Creatore

al

di l del

vede destinato
,

lo spirito a
:

nuova

im-

eterna

Quando spianati innanzi e indietro i poggi Che occupavan la vista non fia in cui
, ,

Nostro sperare

rimembrar

s'

appoggi

IV. Vivea nella Certosa di Siena


Petroni
,

Pietro

semplice solitario, che dispregiando


le glorie della

ogni terrena grandezza, e

bre-

(l)

Evanuernnt
facti sunt

in cogitatlonbus sis
:

obscuratum

est
,

insipens cor eorurn


stiliti
.

dlventes enim

se esse

sapientes

Ep. Beat.

Paul, Apost.

ad Roma-

nos

l56

LIBRO
al

ve carriera mortale, nell'orazione, nel digiuno, domava le concupiscenze, ed erasi renduto chiaro per santit. Giunto
del viver suo,

termine

chiam Giovacchino Ciani suo


commissione
,

compagno,
in Firenze
tarlo a

e gli die

di recarsi

da Giovanni Boccacci
di

per esor-

cambiar

vita,

iscuoprendoli cose
astretto

tanto segrete

dell'

animo suo, che


,

fosse a prestar fede alla pia

e santa
il

missione.

V. Dal Boccaccio recatosi


i

Ciani, rimossi

testimonj
s'

con

1'

apostolica libert , dinanzi a

cui

annulla

ogni

considerazione terrena,
gli

vien riferito, che cos

parlasse. // Beato

Pietro, ignoto a te , sebbene tu ad esso noi fossi,

commiserando mentre vivea di vederti cor-

rere alla tua perdizione,

mi
e

die

incumbenza di
cambiar di
le

recarmi presso di

te, e d^ esortarti a
,

costumi.

Di ammonirti

rampognarti , per

tante occasioni di prevaricazione, che tu desti

ai mortali n* tuoi componimenti

volgari ; pre-

varicazione, che andr crescendo, se nello scrivere non muti proponimento


.

E come
,

accade,
ti

che della prestanza del tuo ingegno


tanta forza ed abbondanza nel
concessati
,

che

die

dire, da

Dio
mos-

lungi

dall'

adoperarla in servigio

del donatore, tu ne usi all' altrui rovina,

so da futile onore, da vana gloriai Ti forse

TERZO
ignoto, che
i

167
il
il

tuoi

componimenti depravano

buon costume, da cui dipende


mente,
e

vivere retta-

castamente? Qual premio sperar puoi


,

tu dal Creatore

tu che apertamente
,

ti sei

di-

chiarato nimico della pudicizia


della disonest
?

ed escusatore

Debbo
il

esortarti a

mutar

vi-

ta, a

detestare

contaminato modo di poeostacolo a vivere virtuosai

tare, cheti

fu

d*

mente: a ridurre a disciplina onesta


egli studj
,

costumi

mentre, se tu perseveri nella proter,

via

avrai fine prossimo rando, (i).


,

lacrimevole e mise-

VI.

Non

fu sordo

il

Boccaccio, ne
alla

al

gri-

do
re,

della coscenza,

voce del solitario,


tocc
il

che, qual vivo raggio


g'

di luce, gli

cuo-

illumin l'intelletto, e Io condusse a


trista

quella

disamina del tempo trascorso,

che riduce

alla

memoria dell'uomo, come


il

in

verace specchio,
vi ansiosamente,

passato, per contemplari

se la vita,
.

talenti, le soil

stanze bene o male adoper

L' atterr

va-

ticinio, che rimanevagli breve spazio a peni-

tenza

per lo che risolse di vendere


la poesia, e dalle

libri

di

abbandonare
(l)

terrene

cose

steso

Nel Manni (p. 84. e seg. ) si leggono per dii documenti da cui tratta la nostra narra,
.

zione

14

l58
rezza,
trarca
,

LIBRO
la

alle celesti tutto rivolgersi.

Vinto dalFamadepose nell'animo dell' amico Pedalle sue lacrime (a).


,

da cui e consiglio, e sostegno invoc

con un epistola bagnata


VII.

Fu

la

risposta {b)

come

la
,

medicina

porta dalla

mano

di saggio
dell'
.

medico
il

che non

cura di lusingare

infermo

palato per
*

sanarlo radicalmente

E^ accaduto pi volte

rispose egVijilcuoprire col velo della religione


discorsi finti
,

o mendaci
,

ma

nel tuo caso


il

non
mes-

ardir pronunciare

sinch non veggia


recar deve
,

saggero

che a

me pure
.

V annuncio

di corto vivere

Ma

come accade

che di sprez-

ziamo

le

cose

note, e triviali , e ci scuoton le

i/iopinate'?

Ignoravi tu forse senza dilu, che


,

restavati corto spazio di vita

cosa

che non
,

ignorerebbe

il

fanciullo dal nascimento

se

usar

potesse della

ragione^

Non

ti

rammenti, che
mali reputaron

uomini santissimi , principio


la

de^

vita, perche pericolosa e molesta"?


la platonica dottrina
,
,

Non

ti

rammenti va

che prescrive-

la vita del saggio

e la filosofia
?

dover esser

sempre intenta a meditare la morte


giornaliera

Dee

essere

brama

dell*

uomo

la

morte, onde
,

V animo
(a) Sen.

si

distacchi dalla

materia

e 5' inalzi

I.

ep. 4.

(b)

Ead.

TERZO
a queir altezza
narlo
,

iSg

ove non giungono a contamicol pestifero fiato le ter^

ad invescarlo
.

rene libidini
trarre
il
,

Dal ricevuto avviso tu bene sommo di abbandonare


di debellare
i

dei
le

ri<r

cure
,

mondane
delle

resti delle

passioni
l^

prave consuetudini , di riformare

animo

ed

il

costume, 77 esorto a non abbandonare lo

studio, che a guisa del cibo, se aggrava e nau"


sea stomaco debole, conforta e corrobora
il vi-^

^oro50. Soggiunse, che, onde non andasser dispersi


i

libri d'

un tanto uomo
perseverava

era disposto a
nel

comperargli,
venderli.

se

volere
a

di

Ma
,

esortollo piuttosto
lasciarli

tenerli

presso di se

ed a

di

poi ad un pio

luogo, onde non andasse quella ricca suppellettile

dispersa.

Termin

offerendogli asilo

nella sua casa, ove

era quanto bastava a due

persone d'un cuor medesimo, sotto un mede-

simo

tetto.

Vili.

L'ammonizione

del Ciani, l'epistola


nel
alla
i

del Petrarca, generarono

Boccaccio un
sua
dignit

cambiamento convenevole
al
si

suo carattere. Detestando

trascorsi passati

rivolse a studj utili e gravi; e ridusse a


il

magSfor-

giore austerit

suo

modo

di vivere.

zossi di cancellare lo scandalo dato, coli' in-

culcare

le

virt

che aveva in giovent cai-

l6o
pestate
.

LIBRO
Che se seri vesi
sia di
la

vita d* un

uomo gran-

de, perch

stimolo ad operare virtuosa-

mente, quale salutare ammaestramento ritrar possono que', che mi leggeranno, da quanto sono
per narrare, singolarmente se,
essi,

contaminaron
.

le

carte di

ancor massime perniscrittori

ciose

Mainardo

de' Cavalcanti, Fiorentino

di patria, cortigiano della regina

Giovanna,

amico, veneratore,
cio,
gli

protettor del Boccac-

partecipa d'aver promessa alla gioalle illustri

vane sposa,
la

lettura

del

volgari (i)

donne della sua casa, Decamerone, e de'suoi scritti ci cos rispose Giovanni. Non
al

(l)

Mainardo entrato
la

servigio

della regina

Gio-

vanna, fu sollevato

alla dignit di Maresciallo del


illustri di

Re.

gno Era
.

sua casa una delle pi


,

Firenze

Ei
il

am

letterati

e le lettere

e soccorse largamente

Boccaccio in varie occasioni


gli

Tanto consideravalo
al

il

Cavalcanti, che

fece inalzare

sacro fonte

il

suo

unicQ

figlio

come
.

apparisce dalla lettera del Boccac-

cio a Mainardo, con la quale gli dedic l'opera degli


illustri

infelici

le illustrazioni, per

Pubblichiamo questa dedicatoria dopo non esserci accaduto di vederla in

istampa
de' suoi

parlandovi

come un documento singolare per la storia, il Boccaccio con somma liberta de* regnanti tempi Mainardo fu spedito come Imbasciae
.

Giovanna ad Urbano V nel iS^S. Mor nel i38o, e fu sepolto nella sagrestia di S, Mania Novella di Firenze , ove leggasi il suo epitaffio
tore della regina

TERZO
tue donne delle mie inezie volgari
te cose
,

161

SO lodarti d'aver promessa lettura all'inclite

Tu
,

sai quan-

vi sieno

meno che
.

decenti

anzi cen^

trarie. all' onesti

Quanti pungoli sfortunata-

mente

alle

veneree concupiscenze: quante cose

atte a sospingervi
le

un petto anche di bronzo,


incapaci di trascinare

quali sebbene sieno

air incesto (i) illustri donne, nella cui fronte


scolpito

sacro pudore,

v'

insinuano tuttavia
e se della,

con passo tacito un ardor lusinghiero:


tabe invereconda
delle

concupiscenze non tin-

gono
e

gli

animi pudichi , gV irritano tuttavolta,


.

va data opera di schivarlo


non a loro imputar
,

Se a cosa meno
le

che decente fermassero la mente

donne tue
per mia

te

si

dovrebbe. Guar,

dati

te lo ripeto

per mio consiglio

Mann.p. 72.). Mi compiaccio di rammentare le beneun uomo da cui discende la virtuosa compagna, che il cielo mi concesse. (l) Pei* incesto il Boccaccio non intendeva soltanto la colpa, che macchia il consanguineo letto, ma ogni illegittimo commercio Nel dare infatti la spiegazione dell'etimologia di detta voce, ove parla del cesto, o cinto di Venere ( Gen. Deor. llb. iii. e. xxii. ) sog(

ficenze d'

giunge
xlmiis
,

hoc clngulutn dlcit Lactantius

ut nos ante di,

ad honestas nuptias et ab id omnem allum concub'itum eo qiiod ad euin ceston delatuin non sit incestum vocari
ferre
,

Venerem non

nisi

l6l
preghiera

LIBRO
dal farlo.

Abbandona

le

mie no-

velle ai petulanti seguaci delle

passioni, che

san bramosi

d' esser creduti

generalmente con.

taminatori frequenti della matronal pudicizia

se al decoro delle tue

donne
p*

tu

non vuoi
patimenti

perdonare, perdona all' onor mio, se tanto mi

ami da sparger lacrime


cestuoso vecchio
,

niiei

Leggendole mi reputeranno turpe mezzano, in-

uomo impuro,

turpilo quo
scelle-

maledico, ed avido relatore delle altrui


raggini.

Non avvi ovunque


scrisse

chi sorga e dica


e astret-

per iscusarmi ,

da giovane,
(a)

tovi da autorevol

comando

IX.

Oh Uomo
!

nel pentimento grandissi!

mo

quanta meriti ammirazione


,

quanto

che dopo aver risarcito , quanto duolmi erati concesso, i tuoi giovanili trascorsi, la posterit non gli abbia interamente obliati
!

Quale sarebbe
velle
fu

il

tuo rossore, se tu vedessi,

che ne* secoli susseguenti, nel libro delle no,

l'infame

seduzion

del

bulino

agros-

giunta a quella della narrativa?


sore
avresti
vili

Quanto
lodato
i

di

vederti

letto

da

uomini,

ed impuri, che non

vezzi le

grazie, e l'eloquenza del

dire vi studiano,

(a)

Cod. San. ep.

4.

TERZO
ma

l63

un eccitamento alle disonesta. La tua fu dunque colpa non sol gravissima, ma irreparabile, mentre non pochi sdegnati contro di
te

accumulano contro
ti

di te le ac-

cuse; e quale

dice maestro d' irreligione!

e quale bestemmiatore, ed autore d'un

em-

pio libro, che gravissimi personaggi crede-

rono non aver mai veduta

la

luce (a)

E mentan-

tre la posterit teco in alcune

cose

to severa, nell'altre ingiusta, travia da quel

bene, che tu locato nel seggio di verit le desideri. Mentre vilissime penne, avide di
quella

fama

che

tu

aborrisci

pubblicano

pagine per disonestadi empie, ed inverecon-

macchie fanno apparire quelle del libro delle novelle: ed in tal guisa cooperano a corrompere un secolo, che alla depravazione ha pur troppo funesta pende
,

che

lievi

denza (i).
(a) lllast.

!V. art.

vni.

(l) Il

dimostra quanto riuscisse a guarirsi


quella tabe {lib. xv.
merito
,

seguente squarcio della Genealogia degli Dei radicalmente da


e.

ix.). In

futura
spero
,

vita., noti

meo
I

sed miseratione
,

divina

videre

Denm
,

Redemptorem vieum
tari in

in
.

carne inea

et ciim beatis lae-

terra viventitim
,

Haec

igitiir

sincera fides

haec aeterna veritas


nedtiin evelli

adeo pectori meo infixa

est, ut

ab

aliqtto ^entilitatis

impuhn

sed nec

164

LIBRO
ei vestisse

X. Pare che in questo tempo


r abito clericale (t).
concut 77iodo al'iquo

creder

si

debbe, che
Nani
etsi

aut labefactari queat

peccator homo sim, abiit


illa
.
. .

cum

annis jnioribus levitas

et AiLgustnl

Evangelica ventate , sacro Paiili dogmat'i , aliorumqiie plurium venerandorum pa,

trum mavi
(l)

e jussonibus
.

consiliis

atque

stiasionibus

ar-

L'Apostolo Zeno [Diss. Voss. T. i. p. 9. ) crede , quando per ordine del padre s'applic allo studio che entrasse nello stato ecclesiastico Il Mazde' canoni zucchelli fp. 1327. num. 88.) impugna tale opinione per avere ei sostenute molte imbascerie dopo detto tempo e per essere stato uno degl' impiegati nell' uffzio dei stipendiar) nel \o6l. Io non veggio per che
,
.

in quel secolo fosse d' ostacolo

all'

imbascerie lo stato
impieghi, peril

ecclesiastico

mentre

il

Petrarca e cherico, e Canonico

fu in tante adoperato:

nemmeno
.

ad

altri

ch Francesco Priore

de' SS. Apostoli fece

maestro
,

di casa al Siniscalco Acciajuoli

A me
si

sembra
,

che

ove parla della sua applicazione

agli studj sacri

faccia

comprendere, che contemporaneamente

credesse chia-

mato

allo stato ecclesiastico. Vidi sacra voluviina, a qui,

bus annosa aetas

et tenuitas ingenii dissuasere

...Et ideo

ctim existimem Dei beneplacito in hac vocatione voca-

tum
con
il

in

eadem

consistere

mens

est

.In vano
(

feci

ri)

cerca della dispensa scoperta dal Suaresio,


la

Mann.p.14.
gli
Il

quale malgrado

la

sua illegittimit

permesse
.

Pontefice d'entrare nello stato ecclesiastico


Sig.

gen-

tile letterato

Guerin

Segretario dell'
,

Valchiusa

a cui

mi

diressi in

J*ai fait des vaines recherches au sujet

Avignone de la dispense

Ateneo di mi rispose
.

TERZO
clesiastici
.

l65
et pro-

allora rivolgesse T applicazione agli studj ec-

E sebbene
d'

asserisca che

l'

vetta, e la tenuit dell' ingegno, e la vergogna

per cos dire

incamminarsi da vecchio elenuovi studj, sembrassero


incominciata
a
carriera, ci
dis-

mentarmente
suaderlo
continuarli,

in

dall'

volle

reputando s
.

chiamato

per divino volere

Apparisce per nelle ope-

re, che scrisse posteriormente, nelle lettere

sacre tanto versato, a pochi di queir et da

reputarlo secondo.

XI.

Il

Siniscalco Acciainoli

amico, e
di

seil

dicente

protettor

del

Boccaccio,

fattosi

pi potente signore

del

reame

Napoli
il

venne

in patria, e
,

dimenticatone

modequa-

sto vivere

s'alien l'animo de' Fiorentini (a)

Dall' ostentata grandezza, dalla


si

pompa
alla

regale di Ini,

vennero
attentar

suoi concittadini

in

sospetto, che
,

volesse

loro

libert

e lui presente promulgarono legge

(a)

Amm.
,

p. 573.
.

da Pape
bable
actes
,

en faveur de Jean Bocace


si

Il

est

tres-pro-

que
,

cette piece existait

encore

ax>ant la red* autres

volution

elle se sera

gare avec une fonie

, mans des souverains Pontifes,quL ont ct vendus deux Oli trois sous l livre parmi des tas de vieux papiers et de vieux parchemins^
,

66
cui

LIBRO
veniva escluso
(a).

per

dalle

magistrature potere

della repubblica

Avidissimo di
la

di

laudi,

nascose

segreta

amarezza
i

coir ostentar protezione, e col festeggiare

Fiorentini letterati, fra quali distinse singo-

larmente

il

Boccaccio
.

Zanobi da Strada e
,

Francesco Nelli

restituitosi in

Napoli
vi

co-

me
alle

spenditore,o maestro di casa


il

chiam

l'ultimo (i); poscia

Boccaccio, che cede


,

premure

dell'

Acciajuoli

sperando forse
si-

fuggendo Firenze render maggiormente


curo
il

nuovo modo
Il

di vivere.

1362

XII

Siniscalco

correrlo lo

non per onorarlo , e socchiam con istanza, e con pro,

messe magnifiche
volendo dargli
gesta.
il

ma

per

crescersi lustro

carico di

scrivere

le

suo-

Giunco in Napoli il Boccaccio, tutto si ridusse nel mecenate a fargli festa nel primo di con onorevoli proteste. Poscia, gli fu
assegnato in

un ricettacolo
fratello

un

letticciuolo

da dividersi col
601

Iacopo, e quello

(a) ivi. p.

(i) Il

Mss. Rice.

n. 1204. in

f.

p. 114. del

secolo xv ha

repistola del Boccaccio colla direzione


Cesco
Priore di
S.

A Messer

Frau"
del

Apostolo
,

spenditore

a Napoli

gran Siniscalco del reame

chiamato Messer Niccola

Acciajuoli, e colla data, Venezia xxvin Giugno.

TERZO
fornito di misera e
tre

167 puzzolente coperta. E men1'

occupava

il

Siniscalco

opposta parte
travi

d quell'albergo reale,

tessuto di

do-

Giovanni nello squallido appartamento era rischiarato da lucernuzza I commensali baroni di lui erano di terra
rate, e d'avorio,
.

ghiottoni , lusinghieri , mulattieri , ragazzi , cuo-

chiyCguatteri, che pieni di trascuratezza ren-

devano il cenacolo tale da provocare lo stomaco. Il prefetto della rea! casa, con gli occhi lagrimanti per lo fumo e con roca voce dava il segno della battaglia , e coman,

dava d'andare a cena. Era la mensa perla parsimonia, ma non gi per la lindura simile a quella de'Curj e de' Fabricj, servita
in vasi di terra, imbolati di lezzo,

ed imtriste,

bandita di vini agresti e fradici, e di

vivande.
XIII. Fugg quell'inospitale albergo, quel- 13(^3
la

sentina

il

Boccaccio, rendutagli maggiordall' alterigia


,
,

mente ingrata
dell'

dalla

superbia

Acciajuoli

stomachevol per

lui, avvez-

zo all'accoglienza benigna de' pi potenti


imperanti (i). Ricorse alla liberalit di Mai(1) Io

mi ricordo spesse volte


ed al somma Pontefice
,

e molto

pi agevol,

mente

a Carlo Cesare

ed a
e c#-

molti principi del

mondo

avere uvtita

entrata

l68

LIBRO
lui,
.

nardo de' Cavalcanti, e presso di lieto viso ebbe tavola, e albergo

con

Invitato

nuovamente dall'antico mecenate in campagna, n accoltovi meglio, anzi lasciato in abbandono, part di Napoli con isdegno,
recossi in

mava

il

Venezia presso Silvano (cos chiaPetrarca), ove pot comparare, quale

sia l'ospitalit

conceduta o da modesta amicizia, o da orgogliosa grandezza.

XIV.
niscalco

Il

Priore de' SS. Apostoli

un poco
del
Si-

adulator per natura,

prese

le

parti

con un' epistola alquanto


gli

morda-

ce, che

scrisse in

Venezia, nella quale

ed esorta vaio a tornare dal mecenate. Giovanni intollerante


di vetro,

chiamavalo uomo

di offese

e d' indole assai focosa

e risenti-

ta, gli fece quella risposta pungente che \eg^


gesi fra le stampate (a).

La

sua

penna pie-

(a)

Prose d Dani, e Bocc. p. 28p.


.
.

pia di parlare essermi conceduta chezze


,

Siano sue le

ric-

eh* ei possiede

sua sia la gloria trovata ,


(

ma

mia

sia la santa liberta

Ep. al Priore de' SS.

Apo-

stoli p.

3o3.

e 3i6.

),

Un

passo dell' epstola dimostra,

eh* ei non era nell'estrema miseria, in cui lo


dipinto alcuni
scrittori della sua
1'

vita

dicendo

hanno che

avealo tratto dalla sua patria

Accia juoli, ore

no/j vi-

vande
date
(

reali

ma

convenevoli ^ abbondevolmente erano


)

Ep.

cit.

p. 2p8.

TERZO
sale

1&9
tutta

ghevole e facile, ora condisce l'epistola di


lucianesco

con

una grazia

sua

propria, per burlarsi dell'ostentata grandez-

za

dell'

Acciajuoli
si

ed ora sollevala all'elovalsero contro


i

quenza, di cui
gli

Filippi, e

Antonj
.

due

dell' antichit

pi

famosi
se de-

oratori

Ivi

facendosi a considerare

gno
le
s'

fosse r Acciajuoli, che se ne scrivesser


.

gesta

E
:

che fece egli degno di memoria

? ?

esclama

a quante battaglie
egli
?

si

trovo egli

Quante schiere ordin

Quante fuggenti ne
Quali rapi-

sostenne? Quanti eserciti di nemici sconfisse"?

Quanti ne ha gi menati prigioni


litari si fece portare

ne , quali prede , quali spoglie, quali segni mi-

innanzi? Quali campi dei


via

nemici prese? Quali provincie sottomesse? Sar chi


dir
,

lui

aver spesse volte


de*

tolte
.

grandissime schiere
lo negher,

congiurati nemici
coli*
;

Non

ma

questo fece

oro

non col

coltello

o con

sua astuzia

il

che piuttosto

ufficio di

paciale, che di gagliardo duca.

Non

questo

modo rimosse

Cammillo

superbi

Franceschi di Campidoglio (i).


(l)

Per giudicare quanto diversa


narrato
colla

sia la
;

storia

pub-

blica dalla
pari
il

privata degli uomini celebri


,

che

si

com-

pomposa iscrizione
,

scolpita nella

to^iba dell' Acciajuoli

che

gli

fu eretta nella Fioren-

170

LIBRO
II

XV.

dubitativo Biscioni (a) cred l'epi-

stola scritta

da

burla

Ed
non

a
si

tale

opinione

poteva appigliarsi, se

sapesse, che

si

r Acciajuoli con ostentate e vane promesse mosse contra Io sdegno ancor del Petrarca
(b): e se in tutti
i

secoli

non
e

si

vedesnatali,

sero uomini

piccoli

d'animo

di

sollevati dal caso ai

sommi onori, mendide' dotti,

car fama

come mecenati

quantunPriore

que covino segreta invidia


Basti
de' SS. Apostoli,
li
,

contro di loro.
al

ad ammaestrarli l'epistola

che meglio trascurar quel-

che male accorli: e che pu divenire

ingiurioso alla loro

memoria, l'aver provoscrittori,

cato lo sdegno degli

quantunque

questo sia
trepassa
il

meno che
in

laudevole, quando ol-

confine di dignitosa difesa.

XVI. Rivide
fa) Pros. [b)

Venezia

l'

incostante Leo-

Dant. e Bocc. p. 383.

Vii.

del Pat. p. 264.


.

tina Certosa da lui fondata


delle senili
,

Dall' Ep.

del libro

3.

rilevasi

che pass da Napoli in


il

Venezia
.

senza toccare Firenze. Rammentagli

Petrarca

Tu
,

duce fretus Deo, linquens Neapolim


longiore circuitii
rest tre mesi in

et

omissa Florentla

me
,

petiistl

Da

questa apparisce
.

che

Venezia presso 11 Petrarca Da quella Ancora apparisce che lo mosse a ritornare in Firenze patriae pietas y malgrado il contagio, che vi regnava.

TERZO
cancelliere della repubblica
,

171
e

ne, e vi conobbe Benintendi de' Ravegnani

Donato
il

degli

Albanzani,
bro
dell'

la cui

onesta povert tanto con-

sider da fregiar del

nome

di lui

suo

li-

Egloghe

(a)

Quivi conobbe ancora


,

quel celebre Giovanni Ravennate


r istitutore de' pi dotti Italiani

discepolo

in giovent del Petrarca, e che provetto fa


.

Malgrado

il

contagio, che regnava in Firenze, malgrado le


esortazioni, e
patria gli
si

le

istanze degli amici, piet di

accese nell'animo, e desideroso


si

di rivederla ivi

trasfer

XVII. Trovolla
ra contro
ni
il
i

travagliata da ostinata guer- 13<53

Pisani. Era generale de' Fiorentisi-

mercenario Pandolfo Malatesta de'


d' Arimino,

gnori

che nudriva segreta brama

d'insignorirsi della citta. Per giungere al suo

divisamento usava
la

l'artificio

non

di cattivarsi
la

benevolenza del popolo, utilmente

re-

pubblica servendo,

ma

studiavasi di porla in

estreme angustie

sperando muoverla per di.

sperazione a darsi in sua balla

Perci die
disfatti

opera
dello

che fossero i Fiorentini Monetto, general de' Pisani per


,

da

trar profitto
il

sbigottimento,

che recava

veder

(a)

Gen. Deor.

l.

xv. e. xiii.

172
correre
il

LIBRO
vittorioso

mura
sta
al

della citt.

nimico sino sotto le Propose allora il Malate-

Senato di eleggerlo capitano gene-

con autorit dittatoria, ed avrebbelo senza dubbio ottenuto, se non ne avesse distolto il Senato con energica perorazione Simone Peruzzi , che espose quanto pericoloso fosse per la libert di Firale de' Fiorentini,

renze
sta,

il

concedere tanta autorit


alla

al

Malatei

riducendo

memoria

de' Padri

peri-

coli corsi per aver affidato

Gualtiero Duca
del Malatesta
,

d'
il

un tanto potere a Atene. Svent i disegni


discorso del

Peruzzi in

Senato, e Benghi Buondelmonti, che ravviv


gli

animi con una rotta data


la

ai Pisani

ed agli

Inglesi loro ausiliari (i).

Malgrado

la

media-

zione del Pontefice dur

guerra anco nel


le ostilit, e le
si

seguente anno.

incominciate
le

ingiurie, e gl'incendj, e

prede, non

pie-

garono

Pisani a conchiuder la pace, che al-

lorquando doverono ottenerla a patti durissi-

mi

per essere
il

stati

sotto
(l)

comando

di

compiutamente disfatti Giovanni Auguto nelle 't>*


il

Non
grazia

recher meraviglia all'et nostra,


,

sapere

che per remunerare Benghi


cial
lo
i

Fiorentini
de'

come

per ispc,

trassero

dal

numero

grandi

lo

ascrissero fra

popolani.

TERZO
nuovo condottiero
de' Fiorentini (i).

173

vicinanze di Cascina da Galeotto Malatesta

XVIII. Quella quiete necessaria allo studio, che per interni, o esterni scompigli non era
ai

Boccaccio concessa nella citt,


in

ei la

cerca:

amica solitudine dalla citt non lungi in Certaldo cio, ove ebbero la cuna gli avi suoi, innanzi che Firenze, come cittadini,
va
nel suo seno gli accogliesse (a)
.

Siede Certal-

do sopra amenissima

collinetta
,

donde spazia

la vista sul corso dell' Elsa

fiume che bagna

amena valle Toscana. E^ l'aspetto delle adiacenti campagne bellissimo per la frequenza
delle castella
ri, e
,

delle ville e de' rusticani abitui

per verdeggiarvi

dalla vite, e dal pioppo,

campi inghirlandati che amiche voi so-

stienla. Oltre esser bella, la valle ricchissi-

ma, perch

l'industre colono vi alterna sucle

cessivamente

messi ne' fertilissimi colti, ed


sudori

evvi largamente de* suoi

rimunerato

dal rigoglioso gelso, e dal pacifico ulivo.

S'am-

mira ancora

in Certaldo

l'

umile casetta , che

(a) (r)

Bocc. de Flitminibtis , alla voce Elsa


(

Amm.
S.

p. 623. e

seg.

In commemorazione
il

di

questa vittoria corresi ancora


giorno di

palio in Firenze

nel

Vettorio

ibid. p. 65i. )

i5

1^4
egli abitava, d'

LIBRO
ornamento pi splendido
e giubbilante
al

piccol borgo di sontuoso palagio.

XIX. Quivi contento,

nella

indipendenza villeresca, che ravviva T immaginazione, e l'intelletto, medit, o compose


le

opere latine, che d'argomento pi grave


secoli interi
tra
i

de' suoi scritti volgari, per due


gli

hanno mantenuto

il

primato

filologi
l'

e gli esatti eruditi. Stato gi di se stesso

isti-

tutore, conosceva gli ostacoli, che frappone-

vansi al propagamento della rinascente letteratura, e a soccorso singolarmente degli studiosi, eccitatovi da illustre

principe, intra-

prese a scrivere della Genealogia degli Dei,

opera eh' qui in acconcio di

riferire

XX.
tasi la

Perduta

gli

uomini

la

memoria

del fa-

citore dell'universo, coir innocenza offusca-

ragione, d'ogni ente fecero una diviil

nit, ed adorarono
(i)

creator nel creato. Cos

Demogorgone simbolo dell' eternit e della terra, fu come padre degl' Iddii venerato.

dai timore

o dalla speranza

create nuo-

(l) Il

Boccaccio indotto in errore forse da Leonzio


fece
dell*

Pilato

accusativo
,

itfitov^yv
,

Opificem

cui

sottintendesi

mundi

cio Iddio
il

questa

nuova Divi2.

nit

come

osservollo

Salvini

Cam. di Dante V.

p. 3z5.).

TERZO
padre
dell'

175

ve divinit, fu creduta sua prosapia, l'invi^ dia, la frode, la povert, la morte, l'rebo
Etere, generatore del fortunato
il

Giove. Suoi descendenti


le

celo, l'oceano, e

secondarie divinit, abitatrici del mare, del,

la terra

del

tartaro

e
gli

dell'

olimpo

Allora
utili
i

Minerva, e Cerere, e
ritrovamenti, e
vendicatori
,

scuopritori di

protettori

de' deboli, e

delle ingiurie, e gli ardimentosi

Argonauti e gl'impostori fortunati, fu ron co-

me

benefici

iddii

venerati. L'invilita ragio-

ne die loro numerosa prole d'inferiori divinit di semidei e d'eroi (i).E convalid con
ogni sforzo un
tal

credere

l'

acuto legislatore

per rendere

gli averi sacri, rispettate le leggi


ri-

col timore di gastigo, o colla speranza di

munerazione
le intrigate

celestiale.
il

XXI. Era necessario


gli scrittori della

porre in chiaro quel-

descendenze per l'intelligenza de-

Grecia e del Lazio, non

es-

sendovi fra
re

gli

antichi quasi verun prosato,

o poeta, che distesamente o per incidenza

della mitologia

non

favelli

Ma

lo svolgere

quelle intrigate genealoge, l'additare

come

(l)

Tratta

dell* origine della

Mitologia

il

Boccaccio

nella vita di

Dante {Oper.

Voi. 4. p. 33.).

176 tanti nomi diversi furon dati ad un medesimo nume o come con una medesima deno,

LIBRO

minazione furon chiamati pi


piane
le

iddii
il

il

render

allegoriche finzioni

separare nei

racconti con sana


la

critica la parte storica dal-

favolosa

il

ridurre la storia alla cronolo;

gica esattezza

il
i

numerare

fatti

che

trasfi-

gurati trassero

mitografi dalle sacre carte,

era lavoro laboriosissimo, per queir et

ma-

raviglioso, e quello appunto, che intraprese

e compi

mirabilmente
re di

il

Boccaccio nella
e di

Genealogia degli Dei


XXII.

Ugo IV

Cipro

Gerusalem;

me

volle fare scrivere su tale

argomento

Do-

nino Parmigiano cortigian del Monarca per

commissione
vanni.

di

lui

ne die V assunto a Gio-

Lo

sbigott un incarico,
;

che reput suPetrarca

periore alle forze

addit

il

come

solo di tale dottrina da condurre a fine tale

opera,

ma

dov cedere vinto dalle premure


spoglio di pi di cento

ripetute del cortigiano (a). Accintosi a tale

lavoro, dal penoso


classici
scrittori,

in

gran parte ignoti, an-

co

ai dotti di quell'et (i),

ne trasse l'opera

{a) Pref.

(l)

Fateor non

novas fabulas

aiit historias

immis-

TERZO
che
dici
intitol

177

Genealogia degli Dei.


libri

rie*

tre-

primi

con

mirabile

chiarezza

svilupp

quelle

intrigatissime descendenze
libro precedere
,

facendo ad ogni
dusse a
certi

come somin

mario, un albero genealogico,


primarj
stipiti

cui
la

ri-

tutta

teo-

gonia de* gentili.

Sparse quest'opera tanta


,

juce su' classici scrittori


re a quell'et,

e tanto fu superio-

che per pi di due secoli ha

mantenuto il primato fra gli scritti di cotale argomento (i). Ei s'accorse mancargli non pochi e poeti e scoliasti (a) per render compiuto il lavoro, ma vi suppl con tale diligenza, e critica, che pochi sono gli abbagli

trascorsivi
de'

se
,

si

consideri

come

il

primo
quella

moderni

che

diffusamente tratt
i

materia, e

originalmente spogli

greci scrittori.

XXIII. Avvezzo alla critica ardita de' suoi


concittadini, tem che
fosse
1'

opera

per invidia
g'

morsa o lacerata
Gen. Deor.
,

Che

taluno

im-

(a)

l.

xv. e.

I.

Classe veteribus

sed forsan a multis


(

ex

latlnis his

inauditas saecidis
(l)

lib.

xv.

e.

v.

Lo previdde

il

Boccaccio. Si more mortalium per

conlecturas de

futiiris

praevidere velimus
(

in

longum

per sever aver it hoc opus

lib.

xv.

e.

2,

178
putassc d' averla
sioni, e di

LIBRO
pubblicata

piena

d'

omis-

averne

male ordita

la tela,

che

si

reputasse di poco

momento per non


che quetrivia-

leggervisi

favola, n istoria, che tratta

non
sti

fosse da antecedenti scrittori:


la

chiarezza dello

stile

chiamasse

lit;

che

si

dicesse

l'opera

o soverchiadi

mente

prolissa, o
gli

compendiosa

troppo:

che alcuno
derni

rimproverasse

le citazioni di

scrittori antichi ignoti,


;

o di sconosciuti mofosse

e d' avervi inseriti versi greci sol per

ostentazione.

Tem, che
il

detto,

non

esser lecito al cristiano

trattare delle genti-

lesche superstizioni: e per fino di passare per


violatore
delle

ceneri de' regi, e degli eroi


la

facendo rivivere
misfatti
:

memoria

de' loro passati


finto
1'

che fosse creduto

incarico

datogli dal re di Cipro di scriver l'opera, arbitraria la dedicazione al

monarca

Nel xv

libro

fece di se

e dell'opera l'apologia, e la

purg dalle imputazioni che temeva: perci


molte notizie die de' suoi studj, delle sue fatiche e premure per giovare alle lettere, che

rendono quel
critiche

libro prezioso alla curiosa, alla

dotta posterit. Un' apologia anteriore alle

pu essere assomigliata alla non laudcvoleececa tenerezza paterna, che oppone

encomj

al

179 biasimo, che teme per figlio amato


ed
io

TERZO

soverchiamente;
fecero

inopportuna l'avrei

creduta, se non avessi veduto, che posteriori


scrittori
all'

opera quelle censure me-

desime, che nell'apologia sono o confutate,

distrutte (a)

XXIV. Sebbene
dalle
al

stanco per un tanto lavo-

ro, pi saggio di Socrate, che per sollevarsi

lunghe meditazioni raccoglieva

in

riva

mare conchiglie, ei cerc di refocillare le forze con un'operetta ugualmente utile agli
studiosi
.

Sapeva essere sovente impediti


i

legla

gitori dall' intendere

classici scrittori

per

loro imperizia nella geografa degli antichi

E che
in

prendevano un fiume per uri monte, e credevano in oriente un luogo eh'


talvolta

occidente

Onde

render pi chiara

la let-

tura degli antichi, scrisse l'opera latina dei

monti,

delle selve, dei fonti, dei laghi,

dei
dif-

paduli e dei mari, ove dei pi nominati

fusamente tratt, e die in


vocabolario geografico
,

tal

guisa
il
.

il

primo

che dopo
gli

rinasci-

mento

delle lettere vedesse la luce

XXV. Qualunque

argomento

suggerisse

ponderata meditazione, su questo con som-

{a) Illust. IV.

l8o

LIBRO
ad imaginare
le
,

ma
re

facilita riusciva

e compila-

un'opera.

cagion d'esempio, pieno di

meraviglia, che non avesser

donne veruno

storico, sebbene tante ne fossero state di va-

magnanime, nella campestre solitudine rivolse r animo a farne chiara la fama, reputandole di tanto maggiore encomio
lorose e di

degne

in

quanto che era locato

in loro forte

e virtuoso

animo in petto debole e delicato Compose adunque il Libro delle Donne Illustri, nel quale non solo die contezza di tutte
che o per ardire, o per forza, o per

quelle,

industria , o per ingegno , o per doni di natura

o per grazie, o ingiurie di fortuna furon notabili,

ma

per darsi adito alla lode, ed

al biasi-

mo,

colle valorose, e virtuosissime


le

rammemo-

r ancora

scelerate e impudiche, quelle tut-

tavia, che per doni straordinari, o ardite imprese

meritarono
.

d' essere

in

tanta abbiezione

rammentate Nel suo

libro

non fece menzione


che illuminate dai
sacrificj e di san-

delle caste e sante eroine,

Cristianesimo in virt di cos subito splendore,


furono capaci di straordinarj
tissimi atti
,

ma ad

emulazione maggiore

scelse

principalmente

XX VI.

esempli fra fe pagane. Divenuto virtuoso, doveva alle dongli

ne un manifesto segno

di

pentimento, per

lo

TERZO
che nel
zure
e
libro delinea

181
(a) e gli

energicamente
e le

aguati, e gli inganni,


,

fallacie, e le soz,

le

insaziabili
i

brame

e
d'

disordinati

appetiti, e

vergognosi trionfi

amore. Cole

me

di s

fatto d' altrui severo giudice, grave

censore, air articolo di Sulpizia, che fra


to pi caste dieci la
sola

cen-

Romane
,

fu delle dieci, e fra le


il

scelta per dedicare

tempio di
fra le

Venere Verticordia: obiettandosi come


cento, poi fra
le

dieci fosse questa reputata

casta per eccellenza, ecco

come dipinge
il

vir-

tuosa matrona

Non

basta per essere reputata

castissima, che la donna non contamini


ziale talamo
:

nu-

ma

ella

deve nel ristretto confine a tempo:


nel

di se stessa ravvolger lo sguardo: non solo usare parole

oneste,
,

ma poche
la
i

dee

fuggir r ozio
nella

amare
\

sobriet
balli,
i

cibo e

bevanda

schivare

canti

come

eccitamenti a vietati desiri. Tutta esser debbe


alle

domestiche cure:

chiuder

V orecchio
,

ai vergognosi parlari: astenersi da lisci

dai

profumi

soverchi,

da^ sovrabbondanti
i

orna-

menti: conculcare con ogni sforzo


gli appetiti nocivi.
te

pensieri,

In fine esser pia, ardene

di coniugale

amore ,

amare

altrui solo con

(a) Artic.

Jole

182
fraterna carit
,

LIBRO
e perjno ai

maritali amplessi

cedere, non senza modesto rossore,

XXVII. Dedic questo


dicarlo a

libro

ad Andrea

Acciajuoli Contessa d'Altavilla. Voleva de-

Giovanna regina, poscia modestamente mut di proponimento. Fu Andrea Acciajuoli donna di piacevoli e benigni
costumi, di grande onest, accorta e saggia
ne' suoi ragionamenti
,

e per

ingegno sopra.

vanzava
bassa

il

comune

del suo sesso

Ma egli

ogni

adulazione

aborrendo
che

(a), l'esorta

a
lui

non

lasciarsi sorpassare dagl'


,

esempli da
per

narrati

le

promette

opera di

quella dedica ander per la bocca degli uo-

mini degni, e dandovi cognizione e


e delle sue doti, la render

di lei,
all'

palese

et

sua, e all'avvenire eterna.

XXVIII. Quantunqne non


la storia
altri

volesse scriver

degli

uomini

illustri,

per
il

averne

trattato,

ed a que' tempi
tolto sotto

Petrarca,

intraprese un' opera non lontana da tale ar-

gomento
ed
utile

ma

aspetto

nuovo
apporgli

cotanto, che

ninno pot
riflessioni

servile plagiato.

Quelle

medesi-

me, da noi
Oper. Voi.

esposte

sull'

incominciamento

(a)

iv.

lett.

p. 36.

TERZO
di questo libro,
gli

l83
il

suggerirono

pensiero

dell'opera.
funestissimo

considerando essere l'orgoglio


virtudi
e
,

alle

volle

dimostrare

quanto lo solletichi,
prosperit.
seria
,

accenda non turbata


mi^
alla

L'uomo

infatti ignaro della


,

pe' miseri sordo


al

compassione

Simile

fanciullo da ceca tenerezza pater-

na

in

ogni voglia appagato, reputa anch'esso

coir esile voce, col debol dito, muovere ci

che r attornia , ed a sua voglia piegarlo Laonde se fortuna, or solleva dall'estrema bassezza le cose, or si compiace dal sommo
.

all'

imo

ridurle: se ^spezza

le

corone, e
i

gli

scettri, e
le regie,

non contenta
scende negli

di visitare

palagj, e

umili tugurj,e nelle


il

capanne, non arbitra ceca , come

volgo

la

chiama,
felici,

ma

provida
la

istitutrice.

dimostra-

zione di ci scrisse

Storia degl'Illustri In-

ove pose

in chiaro le gesta degl' invi-

diati potenti,

quando
o

corrotti dalla fortuna

si

dierono in preda, o all'orgoglio, o all'avarizia,

alla lussuria,

all'

intemperanza, o

alla

frode, o all'ingiustizia, o alla crudeltk, oalla


tirannide, o all'empiet.

Annover

g'

infor-

tuni, che gli assalirono ne' loro traviamenti,

ad esempio di chi altissimo siede


di fortuna,

sulla rota
esilj

rammemorando

essere gli

dei

184

LIBRO
.E con
i

Temistocli e de* Coriolani pi dei splendidi


loro trionfi istruttivi
dalla storia di tutti
gli

esempli

tratti

popoli, di tutte

le

et,

compil questo libro a dimostrazione, eh'


il

vizio

la
.

rovina e

1'

infamia

deW umana
di

grandezza
sue

queir istoria
pi

corredata delle

riflessioni
;

d' etica filosofia


utili

furono

de'
i

considerando
volle

un corso in quantoch sempre pi consigli gli esempli. Poco regnanti di quell* et, non
istruttiva

del

loro

nome

fregiare

queir opera

Ma
do

cred

darle

maggior splendore, facenlargo

dola comparire sotto gli auspicj di Mainarde' Cavalcanti

soccorritore di

lui.,

e in

un con

quello
(a)
.

(raro consorzio!)

te-

nero amico

XXIX. La
Esso
poeti
,

sua poetica

vocazione

lo por-

t sebben tardi a scrivere

anco

in

latino

pure,

come

due
i

maggiori Italiani
rimati
j

abbandonando
e

versi

si

die

a imitare gli scritti

bucolici

del

Mantova-

no cigno,

con pastorali carmi tratt. di


ai suoi

avvenimenti
pastorali

tempi accaduti. Fu semde' poeti


,

pre uno degli

artificj

il

valersi di

componimenti per riprendere im-

(a) Lib. HI. art. viu. not.

TERZO
punemente
stumanza
gono,
i

l85

potenti, negli atti loro


ei fece

meno

che laudevoli. Ed
in sedici

rivivere tale co-

egloghe, che ne rimantratt

nelle quali

di

pubblici

aval

venimenti, e di
ci
ai

affari
,

suoi

proprj,

che

volgo occultar volle


sterit
.

e tramandare alla po-

In

riusc

tanto mirabilmente

che anco

dotti

rimarrebbero oscure, se
il

non ne avesse dichiarato


Signa suo confessore (i)
.

senso allegorico

in un' epistola esplicatoria a Fra

Martino da

XXX. Esaminando
ziale,

per con occhio impari

e comparativo

pregi del Boccaccio


dalla
classica

come

scrittore latino, vedrassi


sol

venust non
scrittori

lontano ;ma ancora da alcuni

de' secoli detti barbari agguagliato,

da

altri

vinto, ed in particolare dal Petrarca


stile
,

N me
suoi

perci da considerare per lo


restauratore della

coai

buona
idioti

latinit.

Era

tempi

anco

agli

familiarissimo

(i)

{Mann.

p.

55. e
di

seg.)

Prestando

fede ad
,

uno

squarcio di lettera
dal Claricio nella
rosa Visione
,

Benvenuto da Imola
,

riferito
1'

sua apologia

che precede

Amo-

stampata in Milano nel 1520,4. egli voquest*


,

leva commentare

egloghe

Ma

in altro luogo

diremo

le

ragioni

che abbiamo

di tener per apocrifa

questa lettera

l86
r uso
di

LIBRO
scrivere latinamente
,

e pare

che

non si desse cura di ripulire la latina favella n da' modi triviali, n dai vocaboli sovente poco definitamente espressivi, o in altra significazione
contento di quel
volgare
,

modo

dai buoni scrittori accettati

se ne' suoi

comscrit-

ponimenti

latini

primeggia, e di molti

tori di quell'et apparisce

pi colto, ci ac-

cadde per aver sopravanzati quelli in prestanza d'ingegno, in imaginazione, e in sapere (i).

1365

XXXI. Interamente
buone
lettere, fu

rivolto a coltivare le

comandamenti della patria sempre ubbidiente, e abbandon gli studj diletti per recarsi in Avignone dal
tuttavia ai

Pontefice tosto che ne fu dal Senato richiesto.

Era

il

Papa

irritato

contro Firenze, per-

ch non volle quel comune col suo legato acPrendendo


in

(i)

anteriori al Boccaccio,

mano le opere di scrittori poco come di S. Anselmo, di .S.Ber-

ro, e di Dante
del Boccaccio

nardo, di Giovanni di Salisberi, di Guglielmo di Tie considerando soltanto il modo loro ,

di scrivere latinamente
.

meno

loro

non sono pi Che anzi i primi tre modi barbari vengono


,

incolti scrittori
lo

sono
e

assai

spesso da frasi
,

o voci scolastiche

altramente espressive

che

non

avrebbero avuto
tre al Petrarca
,

quel significato in

buon
gli

latino.

ol-

anche

S.

Tommaso

fu di gran lun-

ga superiore

TERZO
cordarsi
al

187

disfacimento delle compagnie , che


l'Italia:

predavano
governo
.

credeva inoltre, che quel


gli

avesse

dal soccorrerlo

Aretini

impedito Ebbe incumbenza l'imbasciatore di certificare il Pontefice, che, figli devotissimi


della Chiesa, false erano le accuse; e di

ram-

memorargli

quanto efficacemente avevanla


Boccaccio d'assicurarlo, se
,

servita in tante altre occorrenze. Incaricaro-

no

inoltre

il

tra-

sferivasi in Italia

che ubbidiente onorerebcinque galere pel


suo sbarco una scorta di
(1)

belo

la citta

di offerirgli
al

suo passaggio, ed

cinquecento cavalli

XXXII. Sedeva
no

sul soglio di

Piero Urba-

Pontefice, che sopravanzo di gran luni

ga in virtudi

prossimi

suoi

antecessori.

(l)

[Ammir.
{p.

Ist.

p.

65l.

A
,

seconda

dell*

opinione

del

Manni

109.) fu nell* occasione di recarsi in


il

Avignone presso
to
,

Pontefice

che fece un testamen-

che trov citato come rogato ai 21. di Agosto l365 , ed il Manni reput esser quello medesimo di cui pubblicarono la bozza i deputati unitamente alle
loro

Annotazioni sul Decamcrone

Ma
la

io

credo
in

eli

la

bozza pubblicata da questi


di

sia

minuta
1'

vol-

gare data al notare dal Boccaccio

per

ultimo suo
nel suo

testamento,

cui faremo menzione, e che

originale latino fu pubblicato dal detto

Manni, essendo

quelle due copie perfettamente conformi

l88
,

LIBRO
delle

Umile dispregiatore

pompe mondane,

largo soccorritore de* miseri, del bene, dello

onore della Chiesa zelantissimo; casto, pio,


integerrimo; vedea
l'

importanza di ricondurdalle Provenzali

re la tiara nello splendido suo antico nido, di ritrarre la

Romana Curia
dell'

mollezze

eh' eranle occasione di traviamen-

to e di scandalo, e

amara censura non


gravi e

solo de' malevoli,


santissimi.

ma
di

di personaggi

Filippo

Cabassolles Patriarca

Gerosolimitano, ornamento di quella corte,


e da molti anni congiunto di stretta e cordiale
il

amicizia col Petrarca, onor grandemente

Boccaccio in Avignone

Esso in presenza

del Pontefice,

con meraviglia de' cardinali*


lui l'as-

strinselo fra le sue braccia, asserendo all'illustre

consesso sembrargli rivedere in

sente amico (a)

XXXIII. Trov
se dovesse tornare

la

corte

in

preda all'am-

bito cortigianesco, nelF agitare la questione,


,

o no
la

il

Pontefice in Rola

ma.
no

Francesi con
via

voce, e con

tentavano ogni

di
fra'

penna distoglierne Urbaquali pi efficace^

(i). Gl'Italiani,
v.
(

(a) Sen.
(l) Il

l.

ep.

Sade

T.

III.

p. 692.)

riporta in

estratto

le

ragioni dette da Niccol

Oreme

in concistoro per

de-

TERZO
mente
degli altri
il

1^9

Petrarca, non cessavano

d'invocarlo a volgere uno sguardo compassionevole sul

gregge suo in preda a funesta

anarchia.
di

Il

Popolo

Romano

alienavasi tutto

maggiormente da sovrani, che, gelosi di mantenervi l'autorit, non erano valevoli a


difenderloda alcune rapaci potenti famiglie,

che

vi

esercitavano

il

principato, per impin.

guarsi delle sostanze di quello

La

forza della

ragione fu valevole presso quel santo Pontefice

ricondurlo

in

Roma, ed
eragli stato

in

viaggio

conobbe, che unicamente per rendere vacillante


la

sua costanza
ostile

vaticinato

tumultuoso ed
terminare

ricevimento (i).
in

il

Pontefice a restare
:

Francia.

Le pi
meglio

calzanti furono
tefice
:

perch era
era
il

la

Francia patria del Pon,

perch
,

centro dell* Europa

governata
cia

e pi quieta dell' Italia. Disse esser la Fran-

anco

pi

santa di
al

Roma

perch vi esistevano
,

Druidi

innanzi

Cristianesimo

e per avere asserito


i

Giulio Cesare, eh' erano attaccatissimi

Galli alle ce-

rimonie religiose
la

Soggiunse

che Ges Cristo amava


altri paesi
.

Francia a

preferenza degli
sante reJiquie
si

per conserper

varvisi le pi
l'Italia,

Quanto

glorioso

quando

rifletta

dese pre-icelto a perorare


fioriva

che tale fu l'oratore Frannel Concistoro, quando ivi


,
.

un Petrarca
il

un Boccaccio

(l) Part

sto

Il

Boccaccio per tale missione soldo eh' egli ebbe fa conoscere


16

ai
il

20

d'

Ago-

trattamen-

igo
13^2
servi

LIBRO
contrada , che tanto consplendore dell'antica

XXXIV. Non avvi


dello

Roma
Cuna

nei

festevoli giorni, quanto T Italia.


arti belle, della civilt, e della

delle

magnificenza,
la

sembra solo

in tali

ricorrenze riassumere
abbellita

perduta grandezza,

dal

carattere
in

vivo, e manieroso degl'Italiani.


fatti

Ovunque
1'

pos

il

piede

il

Pontefice
i

giubbilava la
arrivo;

plebe; ne festeggiavano

comuni

venivano ad incontrarlo ambascerie splendidissime, che nel felicitarlo, felicita vansi


se dalla lusinga
,

mos-

d'un pi

lieto avvenire.

Do-

v pi
giubbilo

d'

ogni altro partecipare del comiin


il
,

Boccaccio,
e grato

amatore

caldissimo
es-

dell'Italia sergli
il

quanto altro mai dov

carico afHdatogli
,

repubblica

di recarsi dal

nuovamente Pontefice dopo


se di

dalla
il

suo

arrivo in Italia (1).

Che

per se stessa

to degli Ambasciatori di quell' et


ni

Ebbe per 46
lire al
lire

gior,

90

lire d'

oro

a ragione

d'undici

giorno
(

e per
p. 39.
(l)

3o giorni posteriormente 60
)

d' oro

Mann,

L'anonimo (Mann. Cron. Ant. p. 187. an. l367 ) narra che la repubblica sped al Pontefice un imba,

sceria per felicitarlo al suo

arrivo
,

composta

d' undici

membri riccamente del comune da pi

vestiti

e accompagnati
,

a spese

di

novanta persone
.

la quale enil

tr col Papa in Viterbo

Non

credo che fosse

Boc-

TERZO
cersi della risposta d'

191
eh' egli rec al

lusinghiera la laude, quanto dov compia-

Urbano,

Senato, nella quale dicea d'aver veduto, ed


udito volentieri Giovanni Boccacci,
spetto della repubblica,
delle sue virtudi.
s

per

ri-

come
ei
,

in

riguardo

E ben meritava
clero (i).

quella lode

del

capo della Chiesa,


suoi

ch'era divenuto

un ornamento del
consideravanlo
i

E come
i

tale

concittadini,

quali

meno
ne
,

severi, e pi avveduti di noi,


sicura

reputa-

vano maggiormente
del prudenziale

matura conversioritrattazione, e ne

contegno d'alcuni, che

non fecero mai pubblica

caccio uno de' componenti tale legazione,


se sipedito posteriormente per affari
:

ma che fosmentre per me1Z)


innanzi

moria
di

riferita dal

Mazzucchelli
il

^rf. Bncc. not.


di fedelt

apparisce eh' ei prest


partire

giuramento

solamente
(

con
)

Iacopino
nel riferire
la

Zani

r Ammirato
sceria, dica

Ist.

p. 663.

questa
la

Sebbene imba-

non rinvenire

cagione per
quali furono

quale fu

spedito

da presumere che lo fosse per trattare delle


,

ecclesiastiche franchigie

le

ampliate al

suo ritorno
(i) Il

Manni

(p. 35.) riferisce,


gli

Firenze nel l323


re

die

ehe il Vesqovo di incumbenza di fare ese<Tuifondazione

un

lascito

riguardante un' ecclesiastica


.

in questi

termini
,

Cotifidens qtiamplurimtim

de

circiini-

speetione

et

fidei ptiritate

providi viri D. loanhis

Boccacci de Certaldo, civis

et Clerici Fiorentini.

ig!2
in

LIBRO
Sua lega*2one, nell' essere in
il

1368

XXXV. Tornando
dopo
la

bene n in male svelarono T animo loro. in Italia da Avignone

Genova,

avrebbe voluto visitare

Petrarca in Pavia
e gli ordini del
in quell' an-

Ma
no

la ristrettezza del

tempo,
di

Senato
esercit

lo

impedirono

farlo

(a); e nel susseguente una magistratura che


nella
al

patria (i)
.

T accennata

le-

gazione

Pontefice

Appena

libero di se

stesso, recossi in

Venezia per rivedervi l'amianco


1'

co, che munificente soccorrevalo ne' suoi bisogni. Furono


in

questo

rari

modelli

ambedue: donava uno senza desiderio di guiderdone; non rifiutava l'altro per l'orgogliosa modestia di non rimanere obbligato. Fu dolentissimo di non trovare il Petrarca in Venezia Erasi trasferito nuovamente in Pa.

via,

chiamatovi da' Visconti. Tullia (cosi


la figlia del
,

chiamava

suo maestro

nell' as-

senza del padre

e di Franceschino
,

da Brosfra le

sano suo consorte


affezione
,

accolselo con matronale

lo strinse

modestamente
la

sue

braccia, ed offerigli
(a) Sen. llb. v. ep. (l)
i.

casa

libri,

ed ogni

Fu
80).

nel

1.367

uno

degli

Ufiziali
(

del

Magistrato
art.

della
not.

condotta

degli

stipcndiaij

Mass.

Bocc.

TERZO
avere del Petrarca.

igS

la

canizie, n l'estre-

ma

grassezza, n

la

provetta et parvero ba-

stantemente rassicurarlo dalle maligne suspicioni de' malevoli


,

Tullia l'albergo.

perci non accett presso Torn poco dopo Francegli

schino, che rinnuov

amichevoli

ufficj,

con

largita lo soccorse.
ai

Seco loro conversan-

do, nascose a stento

due coniugi

le

lacri-

me

che strappavagli
che

piccola loro fanciul-

letta,

di volto, e pe' suoi vezzi infantili,


,

ad una

figlia

che perduta aveva

in tenera et

era simigliantissima (i).

(l)

Quanto qui

si

riferisce tratto dall'epistola scritta

dal Boccaccio al Petrarca


n.

che

conservasi
gi
la

nel Codice

vin. MDCxxxr. della


1'

Parigina,

da noi riferito.

Scrisse
figlia,

egloga xiv. per deplorare

morte

di questa
si

che chiam Olimpia o Celeste, sebbene


p. 6i.).Il Betussi

chia-

masse Violante [Mann.

narra, che
figlio
,

oltre questa figlia naturale

ebbe anco
,

un

ma

sembra dal contesto


pi d'uno;
tre dice
il

dell'

egloga

che ne avesse avuti


,

ma

tutti

morti innanzi alla Violante

men:

Padre

alla fanciulla

che

gli

apparisce

Oh/
Ed

nimiiun dilecta mhi spe^ unica patria.

ella seguita

da un coro
,

d' eletti spiriti,


,

replica:

Non Marium

Jtutimque tuos

dulcesque sorores

Noscis? Et egregioa vultus tua pulcTira propago est. Sebbene non possa asserirsi che fossero figli della Fiammetta io non sarei lungi dal crederlo almeno la Vio, ,

lante

che mor in Napoli, dicendole

il

padre:

iq4

LIBRO
E'

XXXVI.
donna ne
lore

dubbio

se la

Fiammetta o

altra

fosse
la

madre.

Ma come
,

nel suo do-

per
la

perduta fanciulla

non rimem-

brare
della

gravissima perdita, che fatta aveva

Fiammetta ? Eragli quella diletta imagine sempre presente. E quantunque paresse dirgli;
Che cerchi stolto? Che d'intorno miri?
Cenere sparta son
le

membra

in eh' io
:

Piacqui gi tanto al tuo caldo deso

al dissiparsi della

dolente visione, rientrando

in se stesso

avrebbe voluto impennarsi e vo.

lare al suo beato seggio (a)

Rende
la

la

virt

puri

e santi

costumi

ma- invan contrasta

in tenero

cuore a spengere

rimembranza

delle pi calde affezioni.


crifici,

negli austeri sa-

che imperiosa comanda, pi grave r amarezza d' essere spogli d' alcun che ci

ami(i).
(a)

Bocc. Rim. Son. xxix.

Te fnsca ferehat
Chalchidtcos colles ,^t pascua lata Vesevi
.

Dum
Quando
innanzi
(i)

pedi raptam nohis


1'

scrisse
,

egloga

era morta gi da qualche lu,

stro in poi

e rilevasi dal contesto

che

la

madre mor
vita fes-

la figlia.

Che

sino

agli ultimi giorni

della sua

segli
\xo

cara la

memoria

della

Fiammetta,
.

apparisce dal

sonetto in morte del Petrarca

TERZO
in

195
recar meravi- 1320
il

XXXVII. Non dee adunque


glia, se

ebbe

animo fuggendo
.

mondo

di

ritirarsi in

un claustro

se in Firenze corse

voce, eh' erasi fatto Certosino (i). Pot farlo credere per essersi lui trasferito nella celebre Certosa di
l di
S.

Stefano di Calabria. Nicco-

Montefalcone, con cui aveva studiato in


ridente locale, scelta biblioteca,
di agi, e

giovinezza, abate di quel cenobio, olFerigli


asilo,

abfalso

bondanza

benigno clima.

Ma

il

amico, lungi dall' accorlo ospitalmente, fugg di notte dal monastero per seco lui non imbatter,

si

e lasci in

abbandono

il

troppo credulo Boc-

caccio. Punto sul vivo, e giustamente sdegnato.


Or
dove spesso
desio
.

se cola
gi.

il

Ti tir

per veder Lauretta

Or

dove la mia bella Fiammetta Siede con lei nel cospetto di Dio
sei
.

Deh !

se

a crrado
te

ti

fui nel

mondo errante
ni

Tirami dietro a

dove giojoso
tf'

Veggia
(

colei

che pria
)

amor

accese

Bocc.
(i)

Kime

p. 49.

Nella prefazione
leggesi

alle

p. 20.)

un sonetto
lo

Novelle di Franco Sacchetti di lui, diretto al Boccac-

cio in occasione d' essersi sparsa tal


Il

nuova
il

in Firenze

Manni(p. ^9.)

crede scritto verso


il

l362

l'aude]^

tore della

prefazione verso

iSlS. Io

lo

reputo
S.

l3^o. perch in detto anno and nella Certosa di

Ste-

feno per

ritisarvisi

Somm. Cronolog.

196
scrissegli,

LIBRO
che poteva con ragione deriderlo
dimenticata
i

d'avere

ei

la

sua povert..

Che

ben sapeva, mancare

miseri perfn d'amici.

Non

si

ristette

dal rammentargli, che quegli

arbori, che nell'infanzia di primavera, e di

vanno pomposi, sono spogli dal verno d'ogni loro ornamento: e che tutto in natura mutabile (a). XXX Vili. Non trov in Napoli l'inospiquando poco dopo tale durezza del cenobita fuggendo tumulti- della sua patria, vi si trasfer nuovamente. Mainardo de', Cavalcanti
tenere foglie, e di
fiori
, i

coir usata cordialit lo accolse


S.

(Z>).

Ugo

di
asi-

Severino, mecenate generoso, olFerigli


sua casa,

lo nella

desideroso di possederlo

presso di se. Niccol de' Figli d'Orso, conte


palatino, invitollo pure a conviver seco.

La

regina

Giovanna con ogni


il

studio volle ai

suoi servigi trattenerlo. Frattanto


di

anco fuor
le istan-

Napoli, e

Petrarca
,

gli

rinnovava

ze di conviver seco

avrebbe voluto averlo


re di

presso di se

Giacomo

Majorca

(e).

Non

volle cedere alle invitazioni di q u' protettori


,

sia

per l'et, che non sofFeriva, avvezza

alla libert, di sottoporsi


(a) Cor/. {e)
(

anche ad aurea caibid. ep. 6. e S.)

San. ep.
)

4.

(b)

ibid.

TERZO
cena; contento
,

197

come

ei diceva, di vivere in-

dependente del tenue avito retaggio, che possedeva in Certaldo (i). Confermavalo nel suo proponimento il pensare, che rimanevagli
breve spazio
di vita, per cui

n lunga, n inin

sopportabile poteva essere la sua ristrettezza.

Imperiosamente d'altronde richiamavanlo


patria, e
il
i

libri, e gli
le

amici, e

congiunti, e

desiderio, che

sue ceneri godessero eterna

quiete accanto a quelle de' suoi maggiori (a).

XXXIX.

Nello svelare ad un amico questi


si

motivi, che avevanlo ricondotto in Firenze,


astenne dal favellare del suo
tria
,

amor per
.

la

pa-

per esserne partito sdegnato (2)


il

Cagio-

nogli lo sdegno

vederla sempre in travagli

che

retta

prudentemente avrebbe ovviati. Era

(a) ibd. ep. 6.


(1)

Suapte

natura

adeo

indignabundtis

erat

ut
,

quamquam tenuitate patrimonii vehementer angeretur cum nullls tamen terrarum principibus commorari vel
paululum
tleraret
.

Ex

quo factum esse arbitrar, ut


,

nunquam rebus suis contentus pluribus scriptorum suorum locis statum sutim vehementius deploraret L' ac.

coglienza fattagli

dall'

Acciajuoli sembralo distogliesse


.

dal contrarre nuovi impegni


(2)

Gian. Manet. Bocc.

vit.

Hic
,

enim plurimo

desiderio trahebar

redeundi
li-

in patria m

quam autumno nuper elapso indignans

querain. [Cod. San. ep. H.)

198
quanto
all'

LIBRO
esterno in guerra con
i

Visconti

Erane dall'ambizione, e dall'inimicizia degli Albizzi,e de' Ricci 1' interna pace turbata.
Benchi Buondelmonti,
disfatti
i

quell' istesso,

che avea

Pisani

vedevasi per opera de' Ricci

escluso dalla suprema magistratura de'Signori


,

sebbene per remunerarlo , come


ascritto fra le

si

disse

Io

avessero

popolane famiglie
,

Benchi per trarne vendetta si un con Piero degli Albizzi loro nemico. E pel favore che il Buondelmonti aveva con l'antica nobilt,
questi con le pi potenti famiglie de' popola-

ni

facevano

ammonire,

ossia

riuscivano a
i

fare escludere dalle magistrature tutti

loro
ri-

nemici. Per Io che


presa
tal

la parte

Guelfa aveva
gli

forza, che credevano

altri

poterla senza violenza ridurre alla

non moderasi

zione civile (i).

Non mancavano
i

saggi, ed
ra-

avveduti cittadini in Firenze,

quali

gunarono per ovviare


tria,

alla

rovina della pa-

che corrotta dal non aver freno, non


libera,

come
il

ma come

divisa in sette
.

aveva

suo governo ordinato

Perci a loro istiga-

(i) E'

probabile che degli ammoniti fosse ancora


,

il

Boccaccio

Non

lo

vediamo

infatti

dopo quel tempo

esercitare veruna pubblica magistratura

TERZO
zone
sei
i

199
della patria

signori dierono
,

autorit a cinquanta

cittadini

perch

alla salute

provvedessero. Se apposero questi un freno

apparente

alle presenti sette,

non riuscirono a

spengerle per l'avvenire. Anzi


valo
il

come

osser-

sommo

politico

Fiorentino.

Le ca-

gioni delle nuove non levarono: e di quelle,


che vegghiavano
y

una pi potente dell'altra,


,

con maggior pericolo della repubblica

fecero,

ci privando de' magistrati tre delia fami-

glia degli

Albizzi, e tre de' Ricci con


,

altri

provvedimenti

che senza accorgersene con-

tribuivano all'abbassamento de' Ricci, e allo

inalzamento degli Albizzi (a).

XL.

Il

Boccaccio malcontento in quell' or- ^^23


,

dine di cose

restituitosi

in

Toscana

sag-

giamente

prescelse di abitare in

Certaldo.

Ma

all'

approssimarsi della debile vecchiezla

za, sembrava

fortuna avergli volte

le spal-

le. Ivi lo assal

Cominci a molestarlo schifosa scabbia che rendevagli la vita tediosa e afflitta. Aggrav il male debolezza d' intestini ostruzione
gravissima
infermit.
,
,

di milza, ed accensione di bile,


flissero co'

che

lo af-

sintomi

pi

sinistri:

raucedine

(a)

Machiavel.

Ist.

Fior.

l.

3.

200
di voce, cio,

LIBRO
invasamento di capo, tosse
le

affannosa, e tanta prostrazione di forze, che

appena alzar poteva vere l'onerosa mole


la

luci al celo, e

delle

muosue membra. Era


il

mano tremante
semispento
1'

e tinto
la

volto del pale pareai

lore di
gli

morte. Perdea
erano odiosi

memoria,

ingegno. Le lettere,
,

libri

diletti gli

perch colla prosue meditazioni


la

strazione delle forze, pareva infievolirsi quell*

animo
si

di forte

tempra. Le
sulla
la

ravvolgevano tutte

morte, e
cameretta

tom-

ba. Muta oggimai era

ch'egli

abitava, solita risuonare del melodioso canto


delle celesti

muse.
lacrimevole stato fu risana-

XLL

In tale

to in parte da

spaventevole
assali
si

crise

Un

verso sera

lo

febbre
cred
al

ardente

con

tanto impeto, che


vita, e de' mali.

termine della

Crebbe
sospiri.

colla notte l'incen-

dio, e r affanno, che


pavagli

suo malgrado

strap-

Disperando della presente vita, incominci a meditare della


cuocenti
futura. Parvegli comparire dinanzi al tribu-

nale

del

Sommo

Giudice,

memore
seco
e

del
irato

passato,

giustamente

vederlo
gli

e severo, ed

un timore
nelle

entr

nell'ani-

mo, un tremor

membra, che

faceagli

TERZO
versare amarissime lacrime.
in

20

Che

gli

valeva

quel punto larga fama, che potea ripro-

mettersi eterna?
e
gli

Che

lieti

giorni trascorsi,

onori, e

gli

amici potenti?

Non
la

avea
qua-

d'assistenti,
le

che un'avanzata ancella,

ignara della vera cagione

de' suoi singul-

ti,

con argomenti rozzi ed insipidi

sforza-

vasi di dargli

animo

e sofferenza

notte

maggiormente inoltrata, sent un'accensione che si fece interna e come una fiamma
,

membra, e che nello sprigionarsi gli lasci come arsa parte del corpo. Oh! inesplicabile cuore umano?
adito a traverso alle deboli

Incominci
te

in

quel punto a temere la mor-

che aveva innanzi desiderata.


fiducia nella
si

Non ebbe
degli

mai veruna
d seguente

medicina, pure nel


all'

arrend
il

esortazioni

astanti,

ed invoc
in

soccorso d'un medico,


la

che
di

restituigli

parte

sanit.

E come

accadde, dir alcuno, che dopo dodici anni

pentimento, fu tormentato da cos cuo-

centi rimorsi?

Ma

la misera sorte di chi


scritti
il

inconsideratamente consegn ne' suoi


giudicare espiato non mai

dottrine empie, o perniciose al costume,

un male incom-

mensurabile (i)
(i)
{

Cod. San. ep. i.) Chi

il

crederebbe? Nella sua

202
l'iyy

LIBRO
1'

XLII. Sebbene lo lasciasse la malattia debole, ed infermiccio, tanto die di possa , e


di

valore

animo

all'estenuate

membra, che
una
labo-

ad istanza della

citta

intraprese

riosa letteraria fatica.

me
solo

si

della

Merc d'aver egli, codisse, acremente rampognata Firenze sua ingratitudine verso Dante, non
spense quell'odio antico,

si

ma

fu dai

Fiorentini restituita la grazia loro

alla

me-

moria dell'Alighieri. E quanto per lo innanzi perseguitato e depresso ne avevano il


,

nome, anche
Ateniesi,
i

in

ci imitatori degl'incostanti

vollero con tardi onori

emendare
scritto

passati trascorsi. Era

lentamente cresciuto
,

in
in

fama

il
,

poema
e

di lui

comecch

primo divagava soltanto per le bocche del volgo. Fu il Boccaccio, che, commendandolo, lo rend caro ai dotti
volgare

da

di

queir et
i

Di rado accade
,

che

ascolti la
:

patria
patria
di
lui

consigli
vii

le

rampogne

del saggio

un
,

poeta scrisse mordaci

invettive
la
al

contro
,

bassamente deridendolo per affliggeva, e perch spiegava Dante


tino
tore
.

rogna

che lo

popolo Fioren-

Ei che avrebbe dovuto dispregiare

un

vile scrit-

che non nominavasi per l'infamia, che la sua mordacit avrebbegli procacciata, non seppe tacersi, e
,

scrisse contro di

lui

varj Bonetti, che


(

abbiamo pubbliix
,

cati colle sue

Rime.

Son.

vn

viii

xi.

TERZO
ma
in

2o3

ci pi
le
i

felice

che di costume Gio-

vanni,

rentini,

commossero i Fioquali decretarono, che per promuosue rimostranze


le

vere l'eloquenza, e per propagare

virtudi

a pr de' viventi e de' posteri fosse spiegata


la

Divina
a

Commedia non
tal'

solo ai

letterati,
il

ma
sul

all'universalit
,

de'cittadini.
tutti gli

Fatto
si

de-

creto

uopo
,

occhi

rivolsero

Boccaccio
,

e come maestro

di

eloquen-

za

come

di

tanta dottrina da dichiarare

quella dell'Alighieri.

sforzato dalle pretal

ghiere de' suoi concittadini assunse

gra-

vissimo carico (i).


XLIII. Frutto di tale esposizione fu
il

suo

Commento
dello
stile

sulla

Divina Commedia, prosa

pregiatissima quanto altra mai: primo

mo-

volgare di didascalico

stile,

di quello

modesto,
,

e sobrio, e

che tutto rende chia-

ro e patente

che fluisce abbondante nelle


di saporito pa-

pi intrigate spiegazioni. Stile, che se l'immaginazione non infiamma


,

imi

Ebbe di salario per la lettura cento fiorini an(Mann. p. lol. ) Lesse nella Chiesa di S. Stefano. {Lami Cat. Mss. Biblinth. Riccar. p. Iip. ) Quando si
(l)
.

pensa, che parlava in pubblico, e in governo democratico*,

quanto onora

il

Boccaccio

1'

essere stato cos libero

riprensore de' vizj della citta nel suo

Commento

204
agevola
la

LIBRO
promuove
il

scolo all'intelletto;

raziocinio,

reminiscenza delle cose narrate, e


le

sviluppa tutte

facolt intellettive. In quei

Commento con

eleganza di stile, gravit di


spiega l'artificioso

pensieri, e sana critica,

testo, la moltitudine delle storie, e la subli-

mit

de' sensi celati sotto

poetico velo, diil

chiarando ogni capitolo secondo


terale, ed

senso

let-

aprendo poscia

il

senso allegorico
nascoso. In

sotto

la

corteccia delle parole

questo

Commento
difetti
,

sollevasi talvolta all'eloi

quenza
vizj

per redarguire

Fiorentini de' loro

e talvolta rendesi piacevole


le

ed
i

insinuante quando loda

virt, o esorta

suoi concittadini a ritrarsi dall'ingordigia

dell'

oro, tanto possente in mercantile citt, e a


sollevarsi all'
talit.

amor
quel

della

fama,

dell'immorquan-

XLIV. Da

Commento apparisce

grammatica universale, e quanto dotto nelle lingue madri, che dierono origine alla pi bella fra le moderne; e
to fosse profondo nella

come

si

valse di quegli studj


la

per adornare

ed arricchire

paterna favella. Vi apparisce

la sua erudizione istorica, mitologica, e geo-

grafica, e quanto fosse versato nelle scienze,

nelle sacre carte, ne' padri, e nell'antiquaria.

TERZO
di queste dottrine

205
adeguata-

facendo copia
.

mente

al

subictto
soli
,

Che

se

soprappreso da
della

morte, non a prima cantica


fatto
il

diciassette capitoli

ma

a tutta

1'

opera avesse

Commento, veruna
alla

oscurit

non

ri-

marrebbe intorno
inutili

Divina Commedia; e

sarebbero

gli

spositori de' quattro se-

coli susseguenti,

poich nella parte dichiaaltro di gran

rata

da

lui

restagli ogni

lunga

inferiore

XLV. Malgrado
canza
forse
d' ajuti
,

cotanti pregi

o per manda Fulleg-

o indotto in errore
nel

genzio, poco versato

greco

idioma, e
,

ancora dal suo precettore Leone

gonvisi alcune greche etimologie totalmente


sbagliate, cosa da
si

non recar meraviglia,

se

consideri essere allora la scienza etimolo-

gica nell'infanzia e nel bujo. Talvolta pure


fa

mostra di soverchia credulit, prestando


,

fede air astrologia


narrate.
l'aere

e alle fole dagli antichi


si

Ma

il

secolo, in cui

vive,

come
Pu
pro-

che ne circonda, che anco nelle pi

robuste nature, loro malgrado, influisce.

apparire
lisso,

il

Commento soverchiamente
leggitore
l'

sovrabbondante d'erudizione
il

triviale,

quando
scritto

non

si

rammenti, che fu
.

per

universalit de' Fiorentini

Anzi

2o6

II

da ci pu inferirsi, che col volo dell'aquila poggiava sul comune degli uomini di quel
secolo: mentre in Firenze, per quanto fosse
la pi colta citt del

mondo

era obbligato
i

perfino di
stri

spiegare
la

chi

furono

primi noe
il

parenti, quale
lutto (f).

prima morte,

pri-

mo

(l) Il

Mss. Rice. num. 1028

scritto
le

da Niccol
alla

di

Ser Dino nel 1458

contiene

Chiose
.

Divina

Commedia
parlarono
il

attribuite al Boccaccio

Di queste Chiose
,

Mehus

(p. 179.

ed

il

Mazzucchelli
(

come
824

pure le

Novelle Letterarie Fiorentine

Colon.

447 e 479. an. 1752. ). L' estensore delle Novelle opina essere queste chiose lavoro giovanile del Boccaccio , e assume di provarlo con argomenti che a me

sembrano debolissimi
I.

pi calzanti fra questi sono

Per essere scritte queste chiose in purgata favella.


in queir et tutti scrivevano

Ma

purgatamente

2.

Per
.

ripetersi

pi volte nel Mss. che

sono del Boccaccio


,

Come
il

se costasse

pi

1*

avanzare una menzogna


si

che

ripeterla. 3.
,

Perch nelle chiose

segue lo stesso

che nel Commento , di esplicare cio letteralmente, ed allegoricamente ogni capitolo. Ma questo

metodo

metodo

era
.

comune

a tutti

gli

sposi tori di
all'

Dante
,

in

queir et

D' altronde

chi disse

estensore
il

che
Per-

questo misero spositore non avesse veduto


to del Boccaccio innanzi di cominciare
il

Commen4.

suo?

ch

vi si narrano alcune storie

che convengono con


scrittori d'

alcune novelle del Decamerone, quando nulla avvi di


pi naturale
so
,

che favellando due


storico

un

istes-

argomento

convengano nella

sostanza. Io

TERZO
XLVI. Dopo
Ja

207
abbisognavano
mi fondo
il

sua infermit, non recu- 1374


gli

per n sanit, n vigore:


per non credere
sulle
stile
le

chiose
I.

del Boccaccio

seguenti

ragioni.

Per essere dettate in uno


in

magro, e scarno, quando


avvert
1*

giovent

Boccac-

cio era scrittore ricercatamente fiorito. 2. Perch co-

me me

estensore
le

Colon. 447.
il

vi

sono moltissi,

discordanze fra
d'

Chiose e
il

Commento

come
il

*
,

a cagione
xxxiii anni

esempio, dice
la

Chiosatore, che Dante di

incominci
di

Divina Commedia; e

Com-

mentatore

XXXV. L' estensore delle Novelle tronca

l'obietto dicendo credere esservi in ci caduto errore

del trascrittore

Ma
in

in

ci

prende un granchio
Chiose

La
con

Riccardiana
piccole

possiede

queste medesime

variet

Ms.

del principio del xv


0.
si
i.

secolo

{num. loS^. segnato a


anni incominci Dante
poi che

si
,

Cat.

nnm.

xix.

onde pi
Quello

antico del riferito, e quivi


la

ripete che

di trentatre

Divina Commedia.

mi sembra battere compiutamente l'estensore, che in questa pi antica copia ninna menzione vi
Boccaccio
)
.

fa del

Ed anco
il

il

Lami

Cat. Mss. Ric^i

card. p. 20.
presse.
to

nel descrivere

primo

Ms. cos

es-

La Divina Commedia
.

nome del Boccaccio


,

Commento che va sotCuriosa V asserzione dello


col

estensore

Boccaccio

che afferma convalidare la sua opinione il perch dice nella lezione al capitolo x del
delle laudevoli

Commento: che
Matilde dira
tal
al

opere della Contessa


:

canto xxvni del Purgatorio


il

scrive in

maniera

osserva

Giornalista
,

riguardo a qualche studio


canto
;
il

sembra aver che gi aveva fatto su quel


,

che

quale studio

sono probabilmente le
studj aveva

Chiose

E' indubitato,

che

lunghissimi

fatto su

308
perfin
tre

LIBRO
giorni

per terminare

una

lette-

ra (i).

Ed

in quella prostrazione di forze,


la

che distrugge

tempera

pi forte, ud dalla

animo anco pubblica fama, che


dell'

il
il

luminare dell'Italia era passato dalla


stre alla celeste

terre-

Gerusalemme. Confermogli
il

l'infausto annunzio Franceschino da Brossa-

no, nel mandargli

legato, ultimo
.

pegno
Pianse

della tenerezza del Petrarca per lui

l'amarissima perdita non per Francesco, che


esercitatore di tante
virtudi

sapealo imper-

turbabilmente felice:

ma
ci

per se stesso, e

Dante

il

Boccaccio

com'

l'

asserisce

ma non

vi

doleva gran studio per ricordarsi, che in detto capitolo

che perci gli caderebbe in acconcio di ragionarne Gratuitamente poi l'estensore asserisce, per distruggere l'obietto, che fa la discrepanza fra le Chiose e il Commento, che nel
,

r Alighieri rammentava Matilde

e
.

trattare

il
,

Boccaccio
molto

in

diverse

volte

lo
.

stesso

ari

gomento

diversamente

ne

scriveva

Mentre

lunghi studj da

me

fatti sulle

sue

opere

me

lo di-

certarsene nel comparare


tati

mostrano sempre conseguente, come ciascuno pu acgli argomenti medesimi tratda


lui nella

Vita di Dante
io

e nel

Commento
1'

se

bene
detto

vi corressero pi di venti
.

anni fra
siasi

tra scrittura
,

Ed

non vedo che

una e 1' almai contragiovent

che nelle
all'

cose da lui

avanzate

in

contrarie
(l)

onest

{Epist. Bocc.

ad

Francis, de Brossano).

TERZO
per
gli

209

amici, che avea

abbandonaci senza

piloto in un

mar tempestoso. Avrebbe voche racchiudeva un muse,


il

luto visitare la tomba,

cuore, che

fu l'abitacolo delle

san-

tuario della filosofa, dell'eloquenza, e delle arti

belle,

ma

al

desiderio di luis'oppo*
1'

sero

le

forze.

Nel compiangere

infelice

patria, che, immeritevole di dargli la cuna,

trascur

le vie efficaci di

recuperarlo, escla,

m:
d'

l*

avresti con ogni sforzo richiamato


,

s*

ei

fosse stato capace di tradimento

d^

avarizia,

invidia,

e d'

ogni altra nequizia (i).

XLVII. Ebbe
moria
possa
gli
il

cura di rendere alla sua meufficj


,

ultimi pietosi
al

che render

sapiente

sapiente, che vive nelle


al
il

sue opere. Fece istanza

genero del Petrar-

ca (2), che pubblicasse


(1)

poema
si

dell'

Affrica

Quanto

in questo capitolo

narra tratto dalla


dal

citata epistola

del

Boccaccio

pubblicata

Mehus

{p. 203.)
(2)

Probabilmente in

tal

occasione egli scrisse quel


:

componimento

latino che intitol


,

Francisci Petrarcae
Biblioteca.
f.

che

io lessi in

Carmina ad Africani un manoscritto della


Hibern. Ox.
l6p7.

Bodlejana di Oxford descritto nel Catalogo di quella


[Cat.

Mss.

Angl. et

p. 121.

Questi versi, che esistono ancora in un Ms.


,

posseduto dal Chiar. Ab. Morelli vedranno la luce per opera di lui , nel secondo volume della sua Biblioteca

Manoscritta

210

LIBRO
la

ardentissimamente desiderato dagl'Italiani, e


censurato da' Fiorentini ne' pochi versi, che

veduta avevan

luce

(i).

Avendo
,

udito,

che alcuno fosse stato deputato ad esaminare


le

opere inedite del Petrarca


destino, stup
dell'

e a decretare

del loro

ignoranza del

committente, e della temerit de' commissionati


.

E temendo, che

fosse caduta la scelta

sopra ignoranti legisti, avvertilJo, che,senon

aveva cura

di raddirizzare

loro giudicj, coarsi


i

me
ste

correva voce, che' avessero


,

suoi

Trionfi, invidi della sua


parte delle

fama avrebbero gualui, sepolte


le
le,

opere di

pi

eccellenti, e

condannate

non

intese,

con

Furon questi i trentaqnartro versi, che trattano Quella critica eccit lo sdedella morte di Magone e scrisse contro i censori una gno del Boccaccio apologia del Petrarca, come si deduce da una delle Senili. { Sen. l. xiv. ep. 8.) Apologeticum tuum, qtiod ira nbili dictante in censores meos erudisti valde
(r)
.

mihi piaciuti et ajfectu tuo, et stylo, et sententiis delectatus stim s et scio illos haec
tos:
tis
,

et

graviora promeri-

noli

tamen generosum ingenium pr illorum meri:

inardescere
.

nec tuo

iiidicio

nec tua iracundia di,

gni sunt
sto a

Non

a mia notizia

che esista verun te-

penna

di quest'apologia.

Franceschino da Brog-

sano fece espressamente copiare l'Affrica per lui,

ma

non

visse abbastanza
(

il

Boccaccio per ricevere quella

desiderata copia

Pet. vit. p. 6i.)

TERZO
perdita gravissima delle lettere
,

211
e dell' Italia. ^^"^

XLVllI. Morto

il

Petrarca, quasi che ornai


,

fosse sciolto ogni legame


ta la vita, pens di
1*
,

che rendeagli gra-

fare quelT ultimo atto,


, ,

che svela uomo qual' ei si visse provido o improvido, modesto, o orgoglioso, pio (i),

irreligioso,

nero
cio
e

istitu eredi

amoroso o ingrato. Parente teuniversali i nipoti BoccacAntonio, figli di Iacopo suo fratello.
,

Amico
lo nella

riconoscente benefic, quanto potevasua ristrettezza, quelli,


cui

doveva

gratitudine per amist, o per servigj.

fra

Martino da Signa suo direttore spirituale, ed ornamento dell'Ordine Agostiniano singolar-

mente onor
passasse al

Lo

istitu

erede fiduciario delU

sua biblioteca, ordinando, che dopo di lui

Convento

di S. Spirito di
(2)
.

Firenze

per uso degli studiosi


(i) E'

Amava

fra

Martino
legato
te,

un documento

della sua piet

il

stamentario delle preziose reliquie


fatte venire

da

lui raccolte

con gran fatica da diverse parti del


p.

montesta-

do
ze

fatto al
Il

monastero delle Camper fuor di Firen(

Manni

ir3.

pubblic per intero


si

il

mento
(2)

latino fatto da lui nel 1324, di cui


.

dk conil

tezza in questo capo

Niccol Niccoli co' suoi denafi, decor che conteneva questa preziosa raccolta di
,

locale
.

libri

Fu
di

incenerita nel bruciamento

della Chiesa e

Convento

212
conforti
,

LIBRO
ritratti
i

teneramente per aver dal suo ministero

che oggimai non porgevagli

il

mondo

XLIX. Cess
di

di vivere in Certaldo ai xxi

Dicembre del 1375, ove fu sepolto nella Chiesa de' SS. Iacopo, e Filippo non avendo
ancora
anni,
te.
il

sessagesimo secondo anno compiugrandissima quanto alle cose operaletal

to (i). Breve carriera quanto al novero degli

ma
il

Fu

morbo un
.

disordine di stomaco,

che aggrav l'applicazione indefessa, e istancabile di lui (2) Sembrava a quel valoroso
S.

Spirito

seguito nella notte de' 22

ai

23 di Marzo
lib.

del
e.

1471.

Scipione

Ammirato
,

Ist.

par. 2.

23.

108.) narra

come

fra gli onori fatti da' Fiorentini


,

Gio. Galeazzo duca di Milano

gli

fecero osservare alS.

cune sacre rappresentazioni, e 22 di Marzo la venuta dello


Apostoli
,

in

Spirito

il

giorno

Spirito Santo

sopra gli
.

la

quale fu causa di detto incendio


sua tomba
visitata
i

(1) Sulla

frequentemente dagli
seguenti versi che

stranieri

furon

scolpiti
:

quattro

egli stesso

compose Hac sub mole j acent cineres


sedei ante

ac ossa loannls

Mens

Denm
.

meritls ornata

laborum

Mortalis vitae. Genitor Boccacciiis illi: Patria Certaldiim StiLdhim fuit alma poesis

questi ne furono aggiunti altri di Coluccio Salutati

in sua

lode, pubblicati

dal

Manni

daldi

potest
si

di

Certaldo fece

ornare di

E Lattanzio Temarmi la

tomba come
(2)

vede oggid

Come

nel far menzione della morte di Giovanni

t E R Z O
troppo
breve
la

2l3
ottenere

mortil

vita, per

quella chiarezza di fama, che


la

non distrugge

lima edace del tempo. Ei fece appunto,


,

affrettata dallo studio

non rammentarmi
dall'

dell*

amaris-

sima perdita fatta test


Bastava alla gloria
di

Italia
,

del Sofocle suo.

dell' Alfieri
i

alla

primeggiare fra
imprigionare
,

tragici

ei

che pago non avesse con indenostra


,

fessa applicazione distrutto


d'

un corpo debole, incapace lungamente uno spirito di fortissima tempera e sempre attivo. La posterit nel leggere gli scritti e poetici, e comici, e tragici, e satirici di
lui
,

le

sue

versioni

sublimi

dal

greco

dal
,

lati-

ed no potr consolarsi forse dell' immatura perdita ammirarlo come una vittima illustre che sacrificossi per l'onore della patria, onde non lasciarla seconda Ma come non in verun ramo di Drammatica poesia rattristarmi io come non lasciare ai posteri una debole testimonianza della mia riconoscenza per lui senza taccia d'ingratitudine? Ben mi rammento, che, ridotto per le perturbazioni d' Europa dal tumulto de* campi
, ,
.

all'ozio civile, tu fosti, o Alfieri


alla letteraria

et

che

dalla guerriera , che ambizione sollevasti l'animo mio, nella pascesi di speranze Che sebbene non ne
.

attenda chiarezza pel

nome mio

bast a rendermi dol.

ce

la vita
,

ne'

tempestosi anni trascorsi

Non meno

sebbene non cos profittevoli, erano i tuoi colloqui meco di quelli di Agesilao col giovane Senofonte Fu mia la colpa , e della scarsit del mio ingesaggi
.

gno, se tanto rimasi lontano dall'Ateniese guerriero; mentre il re de' Lacedemoni non era n pi di te concisamente eloquente n sentenzioso cotanto n
,

tanto recto ne' suoi giudicj, n d'animo

meno

servile,

2l4 come il
si alla

LIBRO
generoso corsiero, che
all'

appressar-

meta raddoppia d'animo,

e di prestez-

za. Fu dall'Italia,

ma

principalmente da' suoi

concittadini compianto. Firenze,

madre

fe-

conda
sima
figli,

di prestantissimi ingegni, fu dolentis-

di vedersi

consecutivamente capire due


dell'Europa.
si

luminari risplendenti, non della sola citdell' Italia, e

t,

ma

Ed

ei,

che
pi

non senza penosi contrasti bo molesto delle passioni


,

sottrasse dal turil

era divenuto

soave,

il

pi giocondo degli uomini (i). Fan-

epi dignitoso. Tu fosti di lui pi grande, in quanto che nel tuo nobile cuore non annidossi giammai, ne n bramosa di potere , n bassa sete di ricchezze
,

invidia.

Primeggiavi fra

gli

uomini

ed
il

eri

anco dai

pi irrequieti potenti venerato, senza

fulgore delle

dignit, che tu fuggivi, non ignaro che

pi glorioso

1*

ammaestrare

che

il

dominare

le genti

(l)
sili,

Coluccio Salutati in un' epistola a Lodovico Marche esiite nella Riccardiana {Cod. 1238. ), cos ne
illiul
,

deplora la perdita. Et ecce seciindum


patr'iae
,

sed
,

Italae
qtto

sydtis occidit

non dicant Joannes scilicet


,

Boccaccius
noifi
.

Sicque

neminem suaviorem, aut jucundiorem duobus luminibns facundiae , et aetatis


extinctis
,

nostrae nobis htimanitus

abiinde suppetebat

materia scribendi
tale

Coluccio altra dolente epistola per

avvenimento
,

scrisse a

Franceschino da Brossano

che negli ultimi tempi vedcalo rarissimamente perch abitava in Certaldo. [Manji.p. l35 ) Franco Sacchetti lo pianse con una canzone , Matteo
nella quale dice

TERZO
no
e
di ci chiara testimonianza e
il

2l5
il
il

Salutati,

Sacchetti, e

il

Palmieri, e

Villani,

come Merc
non
re,

degli obblighi, che aveagli la patria.


le

cure,

gli

stuHj e gli scritti di lui,


i'

solo

non

si

spense

ma and

in

amore delle letteFirenze sempre maggiorvi

mente crescendo,
gli studj,

germogli queir
,

effi-

cace benefica protezione

e per le arti, e per


il

che prepar lentamente


Tucididi, e

secolo di

Leone (i),che
gl'lsocrati, e
i

die alT Italia, e gli


i

Omeri,

Senofonti, egli

Zeusi, e
Palmieri
Villani
(

Policleti, e gli Apelli.


la

La

patria

rifer

morte
)

<\i
:

lui

nella sua Cronaca.


s

E
. .

il

Vit.

Bocc.

disse

meritamente

degno nomo
.

conveniva di essere con la poetica laurea coronato


/
volti. li

da

lui

composti, degni d'essere laureati, in

luogo di mirto, e d' ellera furono alle sue degne tempie

Mann. p. l3o e seg. ) Bartolommeo Ponzio in un orazione pronunciata Mehus p. S'JI. ) per dimostrare, che ivi in Firenze furono sempre coltivate le lettere, dice Cominci Dan(
,
.

(l)

te
il

Jior
p'i

poscia

il

Petrarca

a cui successe
.

il

Boccaccio

facondo delV et sua


,

Dipoi Coluccio Salutati


dotto e pruden-

bastantemente eloquente
te
.

ma amor pi
,
,

Poscia Niccol Niccoli


.

che sebbene nidi a scrivesle

se, mitnificente

e dotto
le

dedic
.

ricchezze a promuo-

vere e gli studj e

lettere

Poscia minori d' et Leo.

verare Carlo
berti e

nardo Bruni e Ambrogio monaco Prosegue coli' annoMarsuppini , il Poggio , Gio. Batista Al-

Donato Acciajuoli

2l6

LIBRO TERZO
, .

che con marmorea statua, e con splendida tomba fosse la sua memoria onorata (a) Ma tu fosti bene avventuroso o Giovanni che non ti fu d' uopo onde
riconoscente decret
,

nome passasse alla posterit, n di marmo, n di scalpello. Mentre un tal decreil

tuo

maggior decoro a Firenze che a te stesso, non fu condotto a compimento; n dei


to
,

di

maravigliartene, non essendovi affezione, che


si

dilegui pi agevolmente della riconoscen-

za.

Oh! me

felice; se verr

giudicato dai

posteri, che io abbia in parte pagato alla tua

memoria quel debito

istesso,

che
,

tu, sdegna-

to per la trascuranza della patria

pagasti col-

lo scrivere le gesta del negletto Alighieri

(a)

Mann.

p. 129.

217

ILLUSTRAZIONE PRIMA
Della letteratura greca in
Italia

dalla

decadenza
sino air

caccio

Occidente et del Petrarca, e del Boce dell' influenza che ebbero


dell'

Impero

d'

questi nel propagarla

SOMMARIO
..auanto
de^ Romani
.

fossesi dilatata la lingua greca


il.
i

ai tempi

Era l'unica peregrina


in.

favella, che apdell'

prendessero

Romani,

La fondazione

Impero
Sta"

greco contribuisce ejficacemente a mantenerla,


to della

iv.

letteratura greca
.

nelV Italia settentrionale a


regi Longobardi
altri studj
. .
.

tempo de' Goti

v.

Sotto

vi.

Carlo

Magno
secolo

la

promuove con gli

viT.

Grecisti

de' secoli nono, decimo, e

undecimo

vili. Grecisti

del

duodecimo

ix.

Cause che contribuirono in quel

secolo a diffondere la lingua

greca
.

x.
xi.

Di

Crissolao

o Grossolano Arcivescovo di

Milano

Imbasceria del

2l8
Vescovo d* Avelberga in Costantinopoli
ni
,

grecisti italia'

che vi fiorivano

xii.

Di Burgundione Pisano
xiv.

XIII.

Scuola di Burgundione: suoi discepoli,


solo sicuro

Non

pu noverarsi che un
deciinoteri,o
.

grecista nel secolo

xv.

Decreto del concilio di Vienna per


,

promuovere la lingua greca


cisti

senza

effetto

xvi.
.

Gre-

della prima met del secolo decimoquarto xvii. Siil

no a quelV et non eravi verun mezzo d* apprendere

greco nella

settentrionale

Italia,

xviii.

Autorit del

Petrarca, del Boccaccio , e di Giannozzo

Mane tti commanten .

provanti la nostra asserzione. xix. Stato della lingua gre-

ca nel mezzo d
nesi

dell' Italia

xx. In Calabria

la

lingua greca

sino

al

secolo
i

decimoquinto

XXI. Stato

della lingua greca sotto

regi
.

Normanni

XXII. Traduttori

greci de' loro tempi


i

xxiii.

Stato di

quella lingua sotto

regi Svcvi

e meriti di Federigo

secondo nel promuoverla, xxiv. Della versione d' Aristotile

di

Gulielmo
d'

da Morbecca
.

de*

commenti di

S.

Tommaso

Aquino

xxv. Digressione sidla filosofia


i

Aristotelica, xxvi. Grecisti Napoletani sotto

regi Sve-

vi

XXVII. Grecisti sotto gli Angioini


le lettere

premure del re
all'

Roberto per
Petrarca
,

greche, xxviii. Sino


,

et del no-

e del Boccaccio

non allevasi
.

in

Italia

tizia di libri greci di bella letteratura

xxix.

Di Barnel

laamo monaco Basiliano


greco:
lo

xxx.

Suo vasto

sapere

insegna per poco tempo al Petrarca, xxxi. Bai'in Napoli


il

laamo diffonde
xxxii.

gusto delle lettere greche.


quello

Ardore del Boccaccio per


il

studio i se ei

sapesse

greco innanzi di conoscere Leonzio Pilato,

219
xxxm. Come pot imparare
re Leon%io
.

il

greco innanzi di frequentain Firenze la

XXXIV.

Di Leonzio. Occupa

prima cattedra

di lettere greche, che sia stata istituita

in occidente, xxxv.

Epistola del Petrarca

ad Omero.

XXXVI. Chi fossero gli amici d'

Omero menzionati nella

epistola. XXXVII. Si corregge un' asserzione del Petrar-

ca

come contraria alla verit, xxxviii.


,

Leonzio tra.

duce Omero

varj trattati di Platone


.

xxxix. Ulti'

me vicende

della vita di Leonzio


,

xl. Recapitolazione
le

degli obblighi

che professano al Boccaccio


.

greche

lettere colle sue stesse parole

XLI.

Meriti

di lui pel

propagamento posteriore di quello studio, secondo V asserzione del Manetti

Ili

ILLUSTRAZIONE PRIMA

I.

.Lia greca favella ia pi ricca, e ingegnosa


forse dagli uomini
.

usata

La

civilt e gli scritti

de' greci, illustri in ogni disciplina e

sapere, ren(i).

deronla considerata
colonie,
il

da tutta T antichit

Le
le

commercio
d'

de' greci, e soprattutto


,

armi vittoriose
ri

Alessandro

e de' suoi successoil

la diffusero quasi per tutto


(a) disse
il
,

mondo. Talch

Cicerone

il

greco leggersi da tutte qaa&i

le genti, ed

latino ne' suoi confini per certo an.

gusti racchiudersi
te tutto parlare
il

E S. Girolamo {b)
greco
.

asser

, l'

orien-

Se gli avventurosi destini


di Pirro;
,

di

Roma

salvata

non l'avessero dal giogo


,

forse r Italia tutta

come

il

suo mezzod

usata

avrebbe tale loquela


II.

Romani
,

che

le altrui favelle
s'

non vollero

mai apparare
(a) Orat.
(l)

studiosamente
(b)

applicarono alla

pr Archia

Ep. ad Galathas

Popoli ugualmente
.

colti

non scambiano

di

fa-

da considerare che le voci passate da una in altra loquela vi passano ordinariamente storpiate e
vella
E'
,

corrotte

Le voci ed

composti
le

greci

al

contrario

sono passati per intero in tutte

favelle, e sono in
le definizioni delle
gli

uso tuttora per esprimere i nomi , o pi sublimi dottrine, che studino


i8

uomini

222
rreca
,

ILLUSTRAZIONE
,

astrettivi dalla necessit


,

sia

per apprende^

re le istituzioni delle scienze


delli nelle

o per valersi di mo-

lettere

amene
.

o per trattare agevol,

mente
delle

gli

affari colle
1'

provincie

la

maggior parte
ne' primi

quali

usavano

quantunque

tre secoli

dell'
il

Impero
,

si

sforzassero di diffondere

ovunque
lie
,

latino

poterono riuscirvi nelle Galnella

nelle

Spagne

Pannonia

nel settentrion

dell'Italia, nelle

coste dell'Affrica, nell'Inghil,

terra

ma non
La

gi nella Grecia

nell'

Egitto

ne ir Asia
III.

traslazione dell'
la
,

Impero

in Bisanzio

col

far passare

denominazione

dell'

oriente

nelle

mani

de' greci

contribu non poco a mantenere


.

questa lingua nella sua antica estimazione

che

pure contribuirono

padri greci, dotti


,

non me-

no

de' latini

pi di questi eloquenti
il

n meno di

loro zelanti di distendere

Cristianesimo nell'uni-

verso

IV. Facendosi ora a considerare lo stato delle lettere greche in Italia, ( sebbene per ora intendia-

mo mo

escluderne

le

due
)

Sicilie

delle quali ragionere-

in particolare

colla rovina dell'


.

Impero

d'

oc-

cidente vi

decaddero interamente

qui mi pia-

ce r osservare

contro la radicata comune opinio,

ne

che non ai barbari da imputarne la colpa


del

non meno che


trina;

decadimento

d'

ogni altra dot-

ma

alla

titannide mista di debolezza degli


,

Imperatori: alla pravit

e rapacit de' rettori delle

Provincie: alle continue guerre intestine, e stra-

PRIMA
frequenti

223
-,

niere; al poco rispetto per gli averi altrui, e alle

mutazioni de' regnanti


,

cose tutte che


i

avvilirono
poli
all'

e ridussero nell' ignoranza tutti


.

poseb-

Impero soggetti

In fatti Teodorico

bene
doro
,

re barbaro, consigliato, e diretto

da Gassio-

e da Boezio, sfprzossi, quanto altro mai, di


,

riporre in fiore le greche lettere

ma

presso

non
re-

curanti Italiani

vani

furono

tentativi del

gnante

e coir estinzione della dominazione desi

Ostrojjoti
Italia

r isjnoranza crebbe maggiormente nella

V. Sotto
rate
to
,

regi

Longobardi erano talmente igno,

che

il

diligente e dotto Tiraboschi , per quan,

si

sforzi di dimostrare
tre
soli

che sempre
Pontefice
:

nell' Italia

fiorirono,

grecisti
il

pu noverare. Natale

Arcivescovo di Milano,

Leon secon-

do, e Giovanniccio da E.avenna (a) il secondo di ove col latte apprendevasi quella patria Siculo
,

favella

l'

ultimo nato in citt suddita del greco


vi diffonde-

Impero ove in un colla dominazione vano quella loquela.


,

VI. Pu

il

leggitore agevolmente comprendere


al

che non fu maggiormente coltivata dal sesto

nono secolo

in quel lungo periodo d' ijrnoranza


il

che meriterebbe

silenzio della storia

se tratto

tratto alcuni perspicaci ingegni

comune
,

sollevati

non si fossero dal' come a cagion d' esempio Garlo


,

Magno che apparve luminosamente


(a)

quale

il

mag-

V. 3.

pa^. 125.

ai/y

ILLUSTRAZIONE
Magno meraet sua
,

pior pianeta tra folte nebbie. Carlo


viglia
dell'

e delle posteriori fece rifioi

rire le scuole nell' occidente

ed esso istruito da

Pietro Diacono, e da Alenino Anglo Sassone, am-

bedue uomini
pere ed anco

celebri
la

promosse ogni fatta di sail

greca lingua (i). Afferma


il

suo

storico Eghinardo, che Carlo apprese


il

latino ed

greco
,

ma

che quest' ultimo meglio comprendeche lo parlasse


.

valo

di quello
la

Sebbene studiasse

Carlo

grammatica,

la rettorica, la dialettica,

l'astronomia, e l'astrologia, lo stesso storico narra


eh' ei poco sapeva scrivere
,

e che

ne'

momenti

di

ozio

sotto

guanciali del letto faceva apporsi del-

le tavolette per avvezzar la

mano

a formar le

let-

tere (2), notizia che parmi maravigliosamente effigiare quel secolo


.

Ai

suoi tempi fuvvi alcuno in


il

occidente

che seppe
d'

greco

come

il

celebre

Scoto traduttore
(1)

opere greche (3).

E
se

gno

incerto da chi apprendesse il greco Carlo Mada Alcuino, o da Paolo Diacono Friulano. Que:

sti lo

sapeva, giacch Pietro Pisano scrivevagli


,

Graeca cerneris Homerus


(

latina Virgiliiis
p. '225.
t'.

7 ir ab.

3.

(2)

Tentabat

et scribere

tabulasq. et cndicillos

ad

hc
'

in lectulo sub cervicalibus circumferre solebat, ut

ctim temptis

vacniim esset, maniim effigiendis


.

litteris

assuefaceret
(3)

e.

Guglielmo Malmesburiense (De gestis Angl. lib. 2. 4.) dice che fior Scoto nel nono secolo, e che tradusse ad istanza di Carlo il Calvo la Gerarchia di Dio

nisio Areopagita di greco in latino parola per parola

PRIMA
VII. Sotto
si
i

2^5
Magno
,

deboli successori di Carlo


e
i

ricadde in maggiore ignoranza

tre secoli

nono, decimo, e undecimo furono


cui
si

pi incolti, di

abbia memoria

Nel primo

di questi secoli il

solo Anastasio
cista
.

Bibliotecario ci noto
il

come

gre-

Ed

esso apprese

greco perfettamente per


e per

essersi in Cjostantinopoli trasferito;

coman-

atti del settimo universale

damento del Pontefice Giovanni ottavo traslat gli Concilio con altre ope.

re de* SS. Padri (a)

Il

Gradenigo

e
,

il

Tiraboschi
ne' segrecisti

da congetture
coli

vogliono desumerne

che

decimo, e undecimo non mancassero

all'Italia:

come a cagion d'esempio dalle ufiziatu*


dalle monastiche
,

re greche di molte sue Chiese,

greche comunit
cui erano
i

ivi esistenti

dalla necessit

in

Romani
,

Pontefici

per far cessare lo

sci-

sma

di

Fozio

di trattare

colf Impero d' oriente

Ma

essendoci prefissi di non annoverare in questo


,

scritto

che sicuri grecisti facciamo poco conto di


,

simili congetture,

o di eruditi in quella favella,

che non lasciarono documento veruno del loro sa-

non meritando considerazione maggiore del viaggiatore, o del commerciante, che apprende una
pere
,

straniera favella per uso proprio


rechi vantaggio alle lettere.

senza che ci

VIII.

Il

secolo

undecimo

trasse seco grandissi-

me
ra
,

novit, e nelle lacrimevoli discordie della Tiae dell'

Impero

sorse la libert civile delle citt

(a)

Tlrab. v. 3. p. 200.

'2l6
Italiche
,

ILLUSTRAZIONE
che cost tanto sangue
gli
,

ma

che parve

rino-affliardire

animi degli Italiani. Si scossero

dal torpore

frutto del giogo barbarico , e dell' op.

pressione feudale
civile

Le

citt conquistarono lo stato

con un governo municipale , e per non esse-

re piii gl'Italiani servi o vassalli,

cambi d'aspetche nel


di cui

to interamente l'Italia. In questo secolo fiorirono


tre grecisti assai celebri
:

Papia Lombardo

suo Etimologico aggiunse la voce greca alla latina.

Domenico Marengo
abbiamo
fine
,

patriarca di

Grado

lettera scritta a quello di Antiochia sulle


.

controversie de' greci co' latini

Giovanni

Italo in
,

rammentato

nelle istorie di

Anna Gomnena

che educato in
tinopoli
,

Sicilia, e passato di poi in

Costan-

fu tanto dotto nel greco da spiegare puble

blicamente

opere di Platone, d'Aristotele, di


(a)
i
.

Proclo , e di Porfirio
IX. Per far cessare

tumulti civili

dell' Italia,

furono

propizia distrazione le Crociate, le quali

efficacemente contribuirono al risorgimento delle


arti
,

della

marina

delle scienze

delle lettere

ed

anco
le

della greca

favella.
i

Le Crociate accrebbero
i
,

comunicazioni fra

greci e
Italiani
.

latini;

e soprat-

tutto de' greci con

g'

eh' erano del


i

meCrogli

diterraneo assoluti signori

Frequentarono

cesignati Costantinopoli, citta retta debolmente da

principi imbelli

per lo pii,

ma non quanto
.

occidentali ignari dell' arte di governare

quan-

(a)

Grad. rag.

ist.

PRIMA
tunque fosse quella
t

227
decadenza, pole lettere dele
.

citt nella sua

ammaestrare l'occidente in quell'infelice perio.

do

Vi avevano
non
,

le
,

arti

le scienze

clinato

poco

ma

vi

erano e

arti

e le

scienze
lestina

e le lettere tuttod coltivate


pe'

Era la Papopoli occidentali un vasto campo

ove rivaleggiavano di generosit e di valore: lo


che pose in
za
fiore tutta la delicatezza cavalleresca;

e r onore cavalleresco nutric una certa elevatezd'

animo nella mezzana


le arti

classe

della societ

che necessaria per coltivare con gara ed emulazione e


tivo
,

e le scienze

per rendere inven-

l'umano ingegno. li frequentare de' latini con gli Arabi die loro il gusto di leggere, e di comporre fole e romanzi, primi libri nel genere ame-

no

scritti

neir occidente

Questo

il

vero periodo
il

del risorgimento della coltura

presso di noi, e

Gradenigo, che col suo ragionamento


torno alla letteratura greco-italiana
giungere nuovo splendore ai nostri
di

istorico in-

(a)

volle ag-

fasti,

tentando
dice non

provare con autentici documenti essersi sempre


,

coltivata la favella greca presso di noi

assumerne

l'

incarico, che dall' incominciamento del

duodecimo secolo. Ed io giudico, che a tal periodo si appigliasse per non aver documenti da pro,

vare quanto ei divisava in et


X.

pii

remota.

Ai tempi delle Crociate coltivossi maggiormente il greco per le frequenti trattative di riu(a) Blese.

1759. in

8.

llS
mina(;('iati

ILLUSTRAZIONE
.

nione di quella Chiesa colla latina


di totale esterminio
i

I timidi greci

dagli
,

Ottomanni
in tal

lusingavano

Franchi di

riunirsi

sperando
.

^uisa essere da loro efficacemente soccorsi


subito dopo le crociate comparisce
greciir-ti

Infatti

uno
,

de' primi

annoverati

dal

Gradenigo
all'

Grossolano

o Crissolao Arciie?covo di Milano, di cui esiste


tuttora un'orazione diretta

Imperatore Alessio

Comneno. Ma
ch
in

l'essere scritta in greco,

mi

fa cre-

derlo Calabrese,

come alcuno congetturoUo:


,

giac-

un viaggio
difficile
,

eli'

ei

fece in Costantinopoli

parmi

tanto apprendesse di quella favella

da

esporsi
il

scriverla

ad Imperatore coltissimo

qaal era

Comneno

(a)

tempo T imbasceAnselmo Vescovo d' Avelberga poscia Arcivescovo di Ravenna, speditovi


XI. Avventurosa fu in questo
ria in Costantinopoli di

dall'Imperatore Lotario secondo. Ei


le

si

valse per
,

sue trattative di tre celebri

Italiani

Veneziano,
Pisano
.

Mo? da Bergamo,

Iacopo Burgundione

Questi tre uomini celebri furono utilissimi

alia coltura dell'Italia. Il

primo traslat dal greco


libri d' Aristotile

in

latino

coment alcuni

nel

1128
dall'

{b):

versione

anteriore a quella fatta fare


,

Imperatore Federigo secondo che poscia ram.

menteremo

Mos tanto
fu

fu ammirato in Costanti-

nopoli, che

eletto interpetre degli atti delle

(a)
(b)

Mort. nel III7. {Tirai,


Tirab.
t.

t.

3, p.

2p:. e seg.)

4. p.

l5o.

PRIMA
trattative,

2129

come
(i).

attestollo lo

stesso

Vescovo

di

Avelberga

XII. Clou Biirgundione Pisano incominciano le

glorie toscane intorno

alle

lettere

greche

Con-

getturarono

il

Lami,

il

Bandini, che anche ansi

teriormente al duodecimo secolo


la

coltivassero nel-

Toscana

dal
,

numero

de' Mss. greci dell'

unde-

cimo secolo che tuttora possiede l' Abbadia Fioren


tina in quel

tem})0 l'ondata.
intiera

Ed

il

Manni
(2)

scrisse
.

per
(1)

provarlo un

dissertazione

Per

Tertlus inter alios praeciputis

tinarum
tate

literarum

doctrina

graecarum et laapud utramque getitem


,

clarissimtis

Moyses nomine , Italus natione, ex civi, Per o ama hte ab tiniversis electus eat , ut utriri.

que fidus interpres esset


(2)

[Tirab. v. 3. pag. Sip ) Questa dissertazione o lezione del Manni ha per


.

titolo

Dell' antichit oltre ogni


.{ Fir.
i

credere

delle lettere

greche in Firenze
gioni

1702. 4.) Egli

al solito
si

senza

metodo cuce insieme


esempio
in
fra
,

suoi materiali, e
.

vale di ra-

futilissime per provare


,

Firenze
di

V assunto A cagion di Giordano in una predica fatta nel l3o5 disse , che la struttura della croce era a

modo

greco, e da ci ne deduce la perizia dei Fio-

rentini in quella favella: perch, dice egli,

come avreb-

be citata quella lettera greca

non ne fosse stata nota la forma alV universalit de' Fiorentini ? Pretende che Accorso Fiorentino morto nel 1229 sapesse il gre,

se

co per quanto come dirassi cosa meno che provata , quantunque interpretasse voci greche Adduce di poi che nel li 00 v'erano i monaci Basiliani in Firenze, che ufziavano in greco e questo un argomento tan,
,

to valido,

come

se alcuno asserisse attualmente sapere

33o
quanto
io

ILLUSTRAZIONE
gU
lodi su congetture di voler aggiunal

gere nuove glorie

paese natio

io tante

ne veg-

gio delle reali per la Toscana intorno alla detta


il

greco

Triestini, perch tuttavia vi sussiste


.

un Ce-

nobio di Basiliani
case

Crede che
greche
,

Fiorentini lo sapessero
di cui erano
,

per le molte schiave


.

fornite le

S'

appoggia sopra alcune sigle dipinte

o scolpite

immagini: lieve argomento, mentre queste immagini non erano fatte pe' pochi che avranno avuta
nelle sacre

cognizione di quella favella


cittadini
,

ma

per
.

1'

universalit dei

la

quale ignoravala certo

Ci prova soltan-

che innanzi a Cimabue i soli greci si applicavano arte della pittura, e che se eravi anche qualche Italiano, non era che servile copista di quelli. Argomento ugualmente futile quello de' mosaici con iscrizioni greche per le addotte ragioni Il pi valido arto
,

all'

gomento dal Lami

del
,

Manni
i

quello ripetuto dal Bandini


greci dell'
,

cio

codici

undecimo secolo,

che possiede l'Abbadia Fiorentina


qnesti affermare
,

Ma come

possono

che
,

conservino in quella biblioteca

da quel tempo in poi


rarsi
,

e perch

non potrebbe congettu,

che
,

gli

avessero posteriormente acquistati dai


o raccolti altro-

Basiliani

che risiedevano in Firenze


vi

ve

Il

Mannl pretende che

fossero copisti greci in


.

Firenze sino da antichissimi

tempi

Ci pu spiegarsi
,

con quello

eh' egli stesso asserisce

cio

che in Fii

tenzc, eh' era uno degli emporj commerciali


siderevoli dell' universo
,

pi condi greci

v'

em
si

tal

concorso
dall'

che
ci

la

contrada, che abitavano sino

undecimo
de' Gre-

secolo, chiamavasi, e tutt' ora


.

chiama borgo

questi greci scrittori erano ancora necessarj ai

Fiorentini

per le

loro

commerciali corrispondenze in
il

levante.

Il

pi antico grecista Fiorentino, che citi

PRIMA
letteratura
,

oZi
,

che rigetto

le

congetture

mi con-

tento di riferire autentici


rie.

documenti

di queste glo-

Perci merita qui ricordanza Burgundione Pi-

sano, che nel secolo duodecimo fu


glioso. Egli
tarvi
si

uomo maravi-

trasfer in Costantinopoli per trat-

gli affari

della sua patria: e in quella dimoservigi


.

ra rend alla

medesima segnalati
il

Se esso

non fu che procur a Pisani


delle Pandette
,

celebre manoscritto

com' alcun

lo

pretende

che alla
greci

legislazione barbarica fece succedere le

ammirande
passi

leggi

romane

ei fu
l'

che ne tradusse
.

per facilitarne

intelligenza

Ei ad istigazione del
padri greci
a' latini

Pontefice , per far conoscere

tradusse alcuni trattati di S.

Giovanni Damasce-

no, molte Omelie del Crisostomo; e studioso della

medicina
Aforismi

ad

utile di
,

quella scienza traslat gli


alcuni trattati di Galeno
:

d'

Ippocrate

e de' Geoponici greci (a) e mor pieno di gloria in

Pisa sua patria nel iipS, ove T onorarono di pom.

poso epitaffio (i)


(a)

Mehiis pag. 21 8.
,

Manni

S.

Zanobi Vescovo

di Firenze

che per esS.

ser versato in quella favella, fu spedito

da

Damaso

Papa in Costantinopoli per estinguervi le eresie, (l) Doctor doctorum iacet hac Burgundius urna.

Gemma maglstrorum laudabilis et diuturna Dogma Poetarum ; cui littera graeca latina
,

Ars medicnarum

patuit sapientia trina

Optimus

interpreti

graecorum fonte refectus


.

Plurima Romano contulit eloquio

{Mem.

ht.

degV

Illusi.

Pisan. Pis, 1790.

232
o-reco in

ILLUSTRAZIONE
il

XIII. Questi fu

primo, che tenne scuola di


annoverate dal Mehus
lui (/^),fu

Toscana, d'onde uscirono molte versioni


greci
,

latine di padri

(a)

Come leggesi nell'elogio di lo Ugo Eteriano, che col


gua che
,

suo disceporecossi

fratello

Leone

in Costantinopoli, ove tanto apprese di quella linscrisse diversi


.

opuscoli contro gli errori


interprete alla corte
.

de' fjreci (e)


di

Leone fu

fatto

Mannello Comneno delle leggi imperiali Fra i di questo secolo annovera il Gradenigo Ugaccione Pisano professore di canoni nell' Unigrecisti
,

versit di

Bologna

poscia Arcivescovo di FeiTa, l'

ra

il

quale , se alcuna tintura ebbe di greco


,

eb-

be

di sua propria confessione leggerissima


.

n po-

, che da Burgundione Uguccione si rend celebre come glossatore di Graziano, e calcando le orme istesse di Papia compil un nuovo

t attingerla

lessico latino

Afferma

il

Tiraboschi

che per
,

tal

lavoro ei

si

valse molto delle fatiche di Papia

ma

dal saggio comparativo, che ne fu dato dagl'illustratori della letteratura

Pisana (d), apparisce lagreco

voro pi esteso, e dal primo interamente diverso,


e dalle prove che

adducono sembra
(e)

nel
( i

es-

sere stato bastantemente versato


(a) {b)
(e)

Mehufi pag. 21 8.

Memorie degV
Gradentg. mem.

Illusi.

Pisani

{d) Elog.
(l) Il

di Uguc. p. Io5.
fra
i
,

(e)

Mar. I2IO.
lui tra-

Gradenigo numera

grecisti del duodeci-

mo

secolo Alberico da Bologna

che secondo

PRIMA
XIV. Non crebbero
decimoterzo
.

2S3
grecisti nel secolo
,

in Italia

bisogna credere

che

la scuola Pi-

sana dopo la morte di Biirgundione venisse intera-

mente a mancare numerare, che un


tale
,

Il

Gradenigo in

fatti

non pu

solo

da reputarsi fondatamente

Bonaccorso Domenicano , cio, di patria Boloil

gnese,

quale giovinetto recatosi in Grecia, ne


,

apprese felicemente la lingua

e per quarantacingli
,

que anni
scrisse a tal

die

opera a convertire
un' opera

scismatici

uopo

in

greco

e in latino
.

intitolata

il

Tesoro della Verit della Fede


il

Nu-

mera nel suo Catalogo


di queir et:i

Gradenigo fra

grecisti
,

Ferdiil celebre Accorso Fiorentino nando Bresciani Girolamo Salinerio Valerio Stra,
,

di verto

e Rodolfo Gavallerio
il

Ma
;

quanto

al

prisa-

mo

il

Sarti e

Tiraboschi dubitano del suo


{a)

pere in quella letteratura


(a)

e quanto agli ul-

V. 4. p. 320.

slat in

volgare gli Aforismi d' Ippocrate


di

Vi fu un
402.
)
:

Alberico

qualche fama

Tirab.

t.

5. p.

ma
,

che
e
il

ei

sapesse di greco lo affermano

il

Gradenigo
sulla

Mazzucchelli (Bihliot.
Bolognese

scrit. Italian.)

fede

della Biblioteca
p. 7.
)

del

Bumaldi
:

[Bon. 1641.

Hippocrath Aphorismorum oracula, latine loqni fecit senza recarne documento Ne a me basterebbe 1' autorit del Bumaldi per affermarlo Le parole citate svelano un abbaglio del Gradenigo che disse Alberico aver trasportato nel volgar nostro questi Aforismi quando dovea dire in latino Essendo vera tale asserzione sarebbe
che nel farne menzione dice
qui
,
.

stata la pi antica prosa, che vantasse la nostra lingua

2^4
tirni,

ILLUSTRAZIONE

troppo lieve fondamento per crederlo rassembrarai V autorit dell' Arrisi ; che il solo che ci abbia data tale notizia nell'opera intitolata Cre-

mona meno

Letteraria
,

Il

Tiraboschi

non crede nemil

che
,

.sapesse

quella loquela Giovanni Balbi

Genovese
lite dal

autore del Lessico latino intitolato


,

Catholican

dando fede
,

alle parole di lui, rife"


ei confessi

Gradenigo

pare eh'
.

non

aver-

lo saputo perfettamente

XV.

Il

non avere certezza, che

di

un

solo Ita,

liano dotto nel greco nel secolo decimoterzo

di-

mostra eh' era quella favella del tutto spenta nella settentrionale Italia
.

Ma
,
,

sull'

incominciamento
intendiamo
pii

del secolo

decimoquarto

di cui

distesamente di favellare

cominci a valutarsene
.

come importante la cognizione Il Concilio di Vienna ragunato nel i3ii dal Pontefice Clemente quinto, decret che in Bologna, in Roma, ed
,

ove risiedea

la pontificia corte
,

oltre

professori
di lin-

di lingue orientali

vi fossero

due maestri
,

gua greca

quali

oltre

ad insegnarla

padri

greci in latino traslatassero (i).

Sembra per che

non

fosse posta

ad

effetto quest'utile deliberazion

del Concilio, giacch, se nella prima

met del

se-

fi)

Era creduto

comunemente
orientali
,

che

il

Concilio

di

Vienna non avesse


professori di lingue

fatto altro decreto, che di stabilire

ma

il

Gradenigo ha

di-

mostrato

vittoriosamente
.

con

erudite

investigazioni

quanto abbiamo asserito

PRIMA
colo decimoqnarto
ne' viaggi

235

furonvi grecisti, lo divennero

XVI. Di questo numero

il

celebre Pietro di

Abano

che per erudirsi in detta favella pass in


,

Costantinopoli

ove fu in tanto grido


.

che

vi ten-

ne pubblica scuola

la celebrit

che come me-

dico, e come astrologo ottenne in quel secolo, la


merita presso di noi come grecista. Egli traslat
i

problemi

d'

Aristotele
,

alcune
,

opere di

Gale-

no,
goli

gli aforismi

problemi
(a)
.

e la rettorica d'Ales-

sandro Afrodisiense

Il

Beato Angiolo da Cin-

Francescano

e fondatore di
,

una

riforma

pieno di cattolico zelo


missioni nell' oriente
;

fece lunghe e fervorose

ivi tanto

apprese di greco
S.

da traslatare in latino alcuni opuscoli di


, ,

Gio-

van Grisostorao di S. Giovanni Climaco e di S. Macario Il Gradenigo nella prima edizione del suo
.

ragionamento
dell' attica
;

cred Dante

perito

nella

favella
scritta

letta dipoi la vita del poeta


si

da Giannozzo Manetti
sti

ritratt

affermando queeh' ei ne

di lettere greche essere stato interamente di.

giuno (i). Pare fuor di dubbio


(a)
(l)

avesse

Tir ab. Voi. V. p. l87.

Ceterum

[\)dintes)

Boccaccia
,

ita

paene

in

omnibus
;

praestat, ut in pattcis
in

admodum
Vit.

ac levibus quibusdani
,

graecarum

scilicet litterarum cognitione


.

qua DanPrestando

tes oinnino caruit

Manet.

Bocc. p. 86.

fede ad uno squarcio di lettera attribuita a Benvenuto

da Imola

e pubblicata dal Claricio appresso


(

all'

Amo-

rosa Visione del Boccaccio

Mil. l52l. 4.

),

parrebbe che

qZ6
una

illustrazione
,

les^^era tintura

ma

tanto lieve , da tenersi


.

per nulla dal citato Manetti


riferiti

Ultimo

de' grecisti

dal Gradenigo

il

figlio dell'

amico di

Dante avesse, saputo il greco. Ivi si legge che dopo aver commentata la Divina Commedia e le egloghe del Petrarca, voleva commentar quelle del Boccaccio:
,

ut nostri teinporis tres poetarurn principe s , tria claris-

sima

et latinae
,

lumina

Dantem

et vulgaris linguae graecae pariter te ipsum diretta al Petrarca et lo,

annem Boccacciuin

clariorn
.

absit jactantia

reddi-

disse posteris videar

Ma

fa sospettare

apocrifo

quel

frammento di lettera il chiamarvi suo discepolo il Bocquando nel Commento di Dante lo dice a caccio
,

giusta ragione suo maestro

quod meus BoC' caccius de Certaldo {Mann. p. 32. ). Cresce il mio sospetto per cretlere apocrifa questa lettera il non avere in veruna delle celebri biblioteche d' Europa discuo.

Volo referre

illud

narrabat mihi jocose

venerabilis praeceptor

perto
vi
ti,
si

il

Commento

all'egloghe del Boccaccio, di cui

menzione. Malgrado l'asserzione del Manetche rifiuta a Dante la cognizione del greco , il Sifa
la
) ,

gnor Pelli nelle sue eruditissime memorie per


di

vita
opi-

Dante

Dant. Oper. Ven. I^SS. Voi.


sapesse
.

iv. p. 63.

na eh'

ci lo

Si
,

reca a crederlo per citare

Dan-

te tanto nel

Convivio
,

come Perizoma
sia
,

Teodia

quanto nel poema voci greche Entomate Geomanti Eunoe, Galas' Protonoe ec. E veramente mi rassembra
,
,

questa una presunzione favorevolissima per crederlo

Non
fa

reputo argomento d'ugual valore

il

nominar che

Dante Omero con sommo

onore

a ci fare balodi gli prodiil

stavagli la lettura de' latini, che tante

garono

Pu

darsi

che dal maestro

che ebbe

figlio

di Bosone IlafFaelli prendesse qualche tintura di quella

PRIMA
in quella favella (i).

237

Dante ,Bosone RafFaelli, se pure grecista pu dirsi uno, che dava speranze nell' appararla, e che non lasci documento ulteriore della sua perizia
XVII. Abbiam
le quali
si

sin

qui riferite

le

prove addotte

dal Maniii, dal Gradenigo e dal Tiraboschi, con

sforzarono di dimostrare, che erasi in


;

ogni et coltivata la greca lingua in Italia

ag-

giungendovi ancora quel pi, che

di

analogo a tale

argomento abbiamo altrove raccolto: ma il leggitore dovr convenire che le loro accurate ed eru,

dite ricerche vagliono solo a provare,

che, sebbe-

ne in iscarso numero

in tutti

secoli di

mezzo

vi

furono alcuni Italiani, che l'appresero,

ma non

gi

che nella settentrionale


zi

Italia fosse coltivata.


,

Anreca-

to'tone ai tempi di

Burgundione

gli

annoverati

Italiani,

come abbiamo notato, quasi

tutti si

rono

in

Grecia per erudir visi , o almeno quelli che


e che per

lingua

netti quella supeificial cognizione

un valoroso grecista qual era il Manon sembrasse baaddottrinato in quella favella


di
.

stante per reputarlo

Il

Manetti era
avr letta
la

cos alto estimatore

Dante

pi fiate

Divina Commedia

e notate quelle voci

greche

onde da credere che senza vaUdi argomenti non avrebbe avanzata cos positiva asserzione (i) In un sonetto da Dante diretto a Bosone gli dice;
,
.

Ponti sera e mattili contento al desco

Poich del car figliuol vedi presente

El
S'

frutto elle sperasti

e s repente
.

avvaccia nello

stil

yreco e francesco
)

{Delie. Erudii, an. lio. p. I18.

19

238
Come
lia,
ci
,

ILLUSTRAZIONE
avrebbero potuto appararla in Italessi-

dierono saggio di averla posseduta fondatamente.


infatti

ove mancavano e scuole, e maestri, e


e manoscritti
,

e grammatiche

greche

aiuti
,

troppo necessari per apprendere una favella

che

anco nella Grecia a quei tempi faveJlavasi corrottamente? Il sin qui detto dimostra poi, che gl'Italiani
sino al secolo decimoquarto

non avevano cogni,

zione veruna de' capi


di poesia,

d' opera n d' eloquenza n n di verun altro ramo di bella lette,

ratura dell' Attica


di proiiiuoverne
,

e che perci

non erano
il

in istato
.

e diffonderne

gusto

Infatti

sino a quell'et tutte le traslazioni dal greco era-

no o

di
,

opere pertinenti agli studj sacri


alla

o alla

fi-

losofia

medicina

o alla legge.

XVIII.

E
,

ci contra

l'

opinione del Manni

del

Gradenlgo e del Tiraboschi possiamo affermare con r autorit senza replica del Petrarca del Boccaccio, e di Giannozzo Manetti Il primo nella
,
.

epistola responsiva a quella


scritta a

che da Firenze fugli


1'

nome
gli

d'

Omero

per consolare
amici

epico

che lagnavasi
dall' Italia
,

d' essere

stato per
gli

tanti secoli esule


,

enumera

o ammiratori

che

vi

erano a que'tempi, e suggiunge; Ignori tu


lo in-

forse quanto scarsi fossero presso di noi per nanzi (i)?


Il

Boccaccio disse, che non solo non

(i)

Parleremo di detta lettera all'articolo xxxv.

Il

Petrarca dice una cosa, che sarebbe ancor pi dimostrativa della nostra asserzione,

ma non

vera,

come

PRIMA
eravi alcuno in

239
ai

Toscana, che

suoi tempi sa-

pesse

le

greche lettere,
innanzi

ma

che nemmeno se ne

conosceva V alfabeto
asserisce
,

(i).

Giannozzo Manetti
es-

a'

tempi del Petrarca non

sersi fatta

menzione quasi veruna in Toscana

di gre-

che lettere da molti secoli in poi (.1) XIX. Non ebbe sorte cos infelice la greca

lin-

jua nel mezzod


oggid
le

dell'Italia, in quella parte detta


,

Sicilie

dagli antichi
ivi

Magna Grecia

per

le

molte greche colonie

fondate. I greci

non soggiogarono quelle contrade, ma vi estesero la loro favella col commercio , con le colonie con
,

la dottrina.

E"

Napoli, e Pitecusa, e
,

Cuma,

e
:

Possidonia

e Elea
,

e Pandosia di
,

qua dal Faro


,

di l Messina

Taormina

Catania

furono colo-

nie

che gareggiarono per la coltura colle citt del


/

osserveremo a suo luogo

cio che nella Grecia istessa

non
po

eravi che Leonzio


la

che comprendesse
.

Omero

do-

morte

di

Barlaamo

(1)
s'it
,

[Bocc. Gen. Deor.

l.

xv.
,

e.

vu.).

Nam cum nemo


vettts

qui graecas Vitteras norit


:

est

consuetudo
ego
in hoc

about

lita

di citar versi greci


,

ast

lathiitati

compatior

quae

si

omni/io graeca abiecit

studia^
,

etiam non nscamus characteres litterarum

et

in eas

omnis occiduus versus

sii

orbis

sociatae graecis luci.

diores procul dubio apparerent


(2)
{

pora

Ante Petrarchae tempostquam latina lingua remittere paulatim pristinas vires coepit, nulla paene in Etruria graecaruni litterarum mentio a nostris liominibus per multa saecula habebatur
loan. Manet. Bocc. Vit.)
.

Q,^0

ILLUSTRAZIONE
,

Peloponneso

e dell' Attica
filosofi
, ,

Pu

vedersi

1'

enume-

razione de' celebri

che fiorirono

in piccola

parte di quel paese

fatta

da un

illustre

promotore

delle greche lettere in Italia, e greco esso pure,

che rammentava senza arrossire


Sicilia
,

che la Grecia

la

Italia professavano
,

grandi obblighi
,

alla Calabria

a Pittagora

e ai Pittagorici

nei

nove secoli,

in cui vi fiorirono quelle dottrine,


filosofi

da

quel principe degl' Italiani

cio sino al

Gran

Costantino (i).

XX.
alla

sebbene quivi come in tutto l'occidente


si

caduta dell'Impero

diffondesse l'ignoranza,
scac-

la greca lingua

non pot spengervi?i, perch


dominazione
i

ciati gli Ostrogoti

per opera di Narsete, fu ridotde' greci


,
,

to quel paese sotto la

quali vi si mantennero malgrado

Longobardi

che

non ne occuparono che


Talch greco favellavasi
del Barrio (a)
;

la
in

parte settentrionale.
a'

Calabria sino

tempi

e
d'

per asserzione

come nell'opposta parte d'Epiro un moderno scrittore in alcune


)

(a) (l)

Bar. de Sita. Calabriae p. 87.

Lascars Ep. ad Alphon. Calabriae Dticer/i


graecis patria

De

scriptoribtis

Calabria

Fab.

Biblioth.

Graec.

voi. xiv. p. 27,).


,

Verum

illud iterum absque rubare


,

memorabo : Italiani Siciliani et magnani Graeciae partem primuni Calabriae tnae altriei , deinde Pythagorae,t sids Pythagoricis maxime debere. Namper annos noningentos ab ipso scilicet Pythagora usqiie ad
, ,

Costantinttni cognoniento

magmim,

doctrina

ijsa

et se-

et Pythagorica per dictas regiones jloruit

PRIMA
ville tuttora vi si favella (a).

241
mantenerla nella

parte meridionale

dell'Italia contribu

non poco
le quali si

esservi tornate al rito greco

molte Chiese, per

opera de'Patriarchi Costantinopolitani,


ufziavano in quella lingua
,

uso che

si

mantenne
gre-

in molti luoghi sino al pontificato di Sisto quarto (b).


ci

Vi contribuirono ancora grandemente


,

monaci Basiliani

che vi tennero celebri graove


le

tuite scuole.

Fra queste , famosissime furono quelle


,

di

Nardo
fior

e di Otranto
,

si

apparavano non
Nell'ul,

solo le greche lettere

ma

latine (e).

tima

il

celebre Niccol da Otranto


.

che
,

al-

trove rammenteremo

Una medesima
di
,

favella

e le

strette relazioni de' Calabresi co' greci fecero

conBar-

siderare la Calabria
rio test
coli di

come parte
stato

Grecia

Il

nominato

(d) asserisce

quel paese ne' se-

mezzo essere

Grecia occidentale chiala lingua

mato. Quanto fosse in uso


in altre parti del

greca
le

anche
molte

Regno

lo

dimo-trano

cartapecore scritte in quella favella,


si

che tutto d

trovano, de' tempi de' regi Normanni, e Svevi;


pubblicate le sue
(e),

e dall' avere Federigo secondo

costituzioni per la Sicilia in greco ed in latino

uso che
(a)

si

mantenne anco

a'

tempi degli Angioini


delle

Signo7-eL Vlcend. della

leti,

due

Sioil.

t.

3.

pag. 42. [b] Grad. rag.


(e)

Galat. de sltu lapigiae pag. l32.

{d)
(e)

Pag. 37.
Signorel.
t.

2.

p. 223.

t.

3. p.

41.

q^Aq.

illustrazione

XXl. E' inutile il favellare del tempo , in cui il Bearne di Napoli fu sotto la dominazione de' greci, ma incominceremo dall' undecimo secolo, quan-

do

il

valore de'

Normanni

scacci

Greci, e
.

che

a regi di quella schiatta fu sottomesso


gnanti , barbari reputati
delli ai
,

Questi re-

possono
colti

offerirsi
,

come moamore col

monarchi

de' secoli

per

1'

quale

s'

applicarono a promuovere

gli studj nel

gno.
fu
il

quel periodo, quanto


.

alle lettere, ivi

Renon

Nel secolo undecimo fiori il ceAbbate di Monte Cassino, molebre Desiderio


pi infelice
dello di sapere
,

e di modestia,

il

quale a gloria di

quell'et fu alla tiara inalzato (i). Questi per abbellire


il

suo monastero richiam da Costantinol'

poli in Italia

arte de' mosaici

e le arti belle

ed

in quel celebre cenobio raccolse

una

biblioteca
,

che

oltre ad essere di padri doviziosissima


le

conteneva
isti-

opere di Giuseppe Flavio, e d'Omero, le alcuni tuzioni , e le Novelle di Giustiniano


,

illu-

stri scrittori di

Roma

e le egloghe di Teocrito nel-

la loro originale favella (2).

(1)

(2)

Prende il nome di Vittore terzo, e mor nel 1087. Ecco il catalogo di questa Biblioteca riferito nelCassinense
(
,

la

Cronaca

meno

libri

latini pertinenti
)
.

agli studj sacri

Mur.

rei:
.

Italie, script. T. iv. p. 478.

De

Genesi ad litteram
Cornelii
.

Historiam
nis

losephum de Bello ludaico Serwones Taciti ) cum Omero


.

Gregorii Nazianzeni
.

Sujjrn Cantica Canticorum Orige.

Ioannem Chrisostomum de reparatione lapsi


bellis libicis
.

Cre'

sconium de

Versus Arichis

Pauli et Ca-

PRIMA
XXII. In questo regno, da antichissimi

243
tempi
.

furono

sreci

scritti traslatati in latino

Gufrliel-

mo
roU
.

primo detto Braccio di Ferro , nel secolo undeVersus


Paullni
.

Clceronem de natura dcorum


.

>

instituta lustiniani
t'ium cuni (reometria

Novellam ejus Terentium HoraOvidium Fastorum Senecarn Vir,


.

gilium

cum egloga Theodorl.


il
,

Theociiti

).

Donatum
,

Congetturo, che
Teocrito
e nello
cito
di cui
;

Boccaccio avesse quivi cognizione di


valse nella sua novella di Cintone

si

Ameto
ei
,

e che quivi copiasse le opere di


.

Ta-

che

possedeva
scritto

Abbiamo

il

catalogo dello stes-

so secolo

da Enrico

cherico delia biblioteca


nel

del celebre monastero di

Pomposa

Ravennate per
e. v.
)

quei tempi doviziosissima [Montfauc. Diar. hai.

che convalida
vasi
il

la

nostra asserzione

che
,

non studiache
ci

greco nella settentrionale Italia


riferire
,

pia-

ce di qui
coltura
S.

per dare
.

maggior contezza

della

del
,

secolo
di S.

Agostino
de'

Conteneva tutte le opere di Girolamo di S. Ambrogio i Ser,

moni
talogo
(

di S. Cipriano

Fulgenzio della Trinit


storia
)
.

Il

Ca:

Santi

La

degli

uomini
di

illustri
S.

forse

Cornelio
.

nipote

Alcune opere
.

Gio-

van Crisostomo
t
.

Altre

d'

Origene
.

Ilario della Trini.

Le

collezioni de' Padri


.

Cassiano
.

Lanfranco con-

tro Berengario

Cassiodoro
cantica

L' esposizione

secondo
d* istorie

i
:

pi
f

moderni della

Dodici
)
.

libri

e ignoto di quali istorie si tratta


.

L' istoria

AfFri.

cana
zio)

Le

istorie di

istoria d'
.

Alessandro

La Paolo Orosio e di Eutropio Magno [probabilmente Quinto Cur,

I libri di
,

Plinio e di Solino, e le epistole di Se-

neca a Cecilio e i suoi trattati de' benefizj, e della clemenza. Le Tragedie di Seneca. Isidoro Ispalense l'etimologico, e la cronaca. Quaranta quattro libri

^44
cimo chiam

ILLUSTRAZIONE
in

Palermo Berlingbiero Tarantino


Il
,

per adoperarlo a tradurre (a).


zione del Calabrese Nettario
questo secolo
(^)
.

Fabricio fa menscrittore greco di

Abate Desiderio promosse la lingua greca, e Pietro Diacono contemporaneo di lui e monaco del suo monastero, olstesso
,

Lo

tre ad avere scritte diverse opere

tradusse

il

libro

d'Evace
ziose (i).

re degli

Arabi intorno
pass

alle

pietre

pre-

XXIII. Da'

Normanni
,

il

trono di Napoli
infortunj.

nella casa di Svevia

celebre pe' suoi

Gli studj
dell'

vi fiorirono
,

maggiormente

per
.

opera

Imperatore

e re Federigo secondo
il

Se quel

monarca

avesse potuto governare

paese in et

pili colta: se egli

avesse potuto operare quello che

divisava, avrebbe fatte risorgere forse le buone


(a) Origl.

Stor. dello stud. di

Nap.

p. 49.

(i) Biblioth.

graec.
di

t.

x.
.

delle

istorie

Livio. Nel riferirlo dice


ce m
Livii

Trogo Pompeo ( cio Giustino ) Tito libri deil buon cherico ab urbe condita sed capita XL adhuc de:

sunt Fomposiano Abbati

quae reperire avide anhelat

Continua Enrico a narrare, che l'Abate era stato cri-, ticato d' aver raccolti libri , che raccontavano le favoper lo che merita di anche maggiormente ammirato Sebbene qui si faccia menzione di molti padri greci , bisogna intendere, che erano tradotti in latino, come apparisce dai
le
,

e gli errori della gentilit.

esserne

principi
(ij
II

latini

che ne riferisce

il

detto Enrico.

Gradenigo parla di Pietro Diacono e della sua

versione sotto l'anno 1140.

PRIMA
lettere cine secoli innanzi
all'

2^45
.

et del Petrarca

Ma

quivi da credere, che vi fossero gli studj deca-

duti non poco

e per le guerre e scompigli che

aprirono

le vie del

trono alla casa di Svevia, quan-

to per essere scemate le relazioni del paese

con

Costantinopoli,
istruzione
.

ove tuttavia mantenevasi


d' esser

molta

Federigo secondo fond lo studio di

Napoli

degno

letto

il

decreto

che

eman

in tale occasione (i).

Vi chiam non poil

chi professori esteri, e statisti. Ei seppe

greco,
,

a quello che pretende un moderno


afferma inoltre
,

scrittore

che

cosa che non rassembrami bastan,

temente provata
poli
ci avesse

che

istitu

nello studio di
(a).

Nache

una cattedra per apprenderlo,

Ma

grandi meriti nel propagarlo fuor di

dubbio
(a)

principalmente per alcune traslazioni che


t.

Origlia

1.

p. 69. e 70.
.

(l)

Disposuimus apttd Neapoliin


in ipso
.

doceri artes ;
:

cujtiscunque professionis famelici doctrinarum

vigere studia

ut

jejuni et

regno

inveniant

unde

ipsorum avidltati satisfiant Bonum autem hoc rei nostrae public ae proftitiirum intendimus cum subiectorum
.
.

commoda mus quos


,

speciali

quadam

affectionis gratia
,

provide-

sicut convenit eruditos


,

pulcherrima poterit

spes fovere
re
,

et

bona plurima promptis animis expecta,

ctim sterilis esse non possit accessio


.

quam

nobilitas

sequitur

OrigL
la cctk

t.

l.

p. ZI-)
,

Lo

stesso Imperadore ri-

convenne
uomini

di Salerno

perch aveva eletto per

giudice un mercatante, quando essendo cuna di tanti


colti

poteva a

tal

uopo facilmente procacciarsi

un

letterato {ibid. p. 125.)

246
ordin
.

ILLUSTRAZIONE
Era
di gi celebrato Aristotele:
il

rispetto

che aveasi per la dottrina degli Arabi aveva

non

poco contribuito a distenderne


le

la

fama

nell' occi-

dente. Dall'imperatore trovate nella sua biblioteca

opere dello Stagirita parte


,

nel greco, parte


,

neir arabo idioma

le fece

tradurre

e ne

invi

copia all'Universit di Bologna, con lettera di


Pietro dalle Vigne suo segretario
,

nella quale dan-

do encomj

ai

componenti
liel

quell' Univesit per l'ar-

dore che dimostravano


dj, diceva inviar loro

coltivare

filosofici stu-

quella versione,
.

ad utile

ed avanzamento di quelle scienze (a) Nel promuovere la filosofia Aristotelica fu non men di
lui

premuroso

il

re Manfredi suo figlio

che
,

altri

trattati d' Aristotele dal


violli in

greco fece tradurre


(b);

e in-

dono
Il

al

Parigino studio
dell'

ed ordin an(e).

cora la versione

Almagesto di Tolomeo

XXIV.
raggi non

meno

lo protesse

Urbano quarto incoEi non soed onor coloro che colti va vangli, ma,
celebre Pontefice
di

Federigo que' stud j

onde maggiormente dilatare la


diaS.
tarlo
.

filosofia d' Aristotile

Tommaso d'Aquino
i

l'incarico di

commenil

Intorno a quest' illustre Napoletano dispadotti


s'

rere fra

ei il

greco sapesse
,

si

sforzato

Gradenigo
al

di provarlo

per quanto sia discussione


,

suo argomento straniera

ed a
S.

damento.

Non
t.

era difficile a

me pare con fonTommaso l'averlo

(a)
(e)

Tir ab.

4. p. 52.

(b)

Ibld.

Origl. p. 6p.

PRIMA
appreso,
se

247
,

come
.

il

Barrio

il

pretende
,

egli

nacque
,

in Calabria

Comunque

siasi

a lui

si

debbe

che

Guglielmo da Morbecca Brabanzese facesse una


versione del testo greco d'Aristotele, emendata dagli errori
tini

che interpolati vi avevano


S.

traduttori la-

ed arabi.

Tommaso
1'

su questa fece quel


,

comi

mento mirabile per


pi sagaci, dotti, e

et sua

che

lo colloca fra

sottili scrittori

del secolo de,

cimoterzo

(a)

Ei non solo lo compi


di Simplicio
,

ma
ed
il

imprese

a commentare un' opera


di Platone
(b) (1).

Timeo
,

Ed

in tal guisa fu

il

primo, che
che
^

ravvolgesse in mente di studiare quel filosofo

dal supremo scanno doveva rovesciare Aristotile

XXV. La
gegni
,

tirannide Aristotelica inviliva


d' investigare

g' in-

che pi non ardivan

libera-

mente
logia
,

la verit, e tutto lo scibile,

per sino la teo-

era compresso e allacciato dalla logica dello


:

Stagirita, deturpata dagli arabi commentatori

si

di-

sputava di voci vuote di senso e

inintelligibili
il

con

puerile sottigliezza, fatta per degradare

com-

prendimento. Malgrado per questi danni che recava


la scolastica filosofia, a quella si debbe l'aver mantenuto un certo amor per lo studio che opportunamente diretto da alcuni chiari ingegni,
,

(a) Tirab.
{b)

Voi. vi. p. l56.

Ibid. p. 15Z.

(i)

visa nelle opere di

Pu congetturarsi, che la cognizione, che si ravDante delle dottrine platoniche lo


,

che ha
co
,

fatto

supporre ad alcuni

eh' ei

sapesse

il
.

gre-

r attingesse nel commento

di S,

Tommaso

248
za
.

ILLUSTRAZIONE
l'

neir et posteriore bast a disgombrare

ignoranutili di-

L' errore

istesso

cagione sovente di

scuoprimenti quando sono onorati e


i

gli studiosi e

sapienti

la

non curanza per


i

loro morte d' ogni

sapere (i)

XXVI.
sti. Il

Sotto

rej^i

Svevi fiorirono molti

o-reci-

celebre Niccol da Otranto, che pass in


lasciossi

Grecia, ove
fu de' greci
,

avvolgere nello scisma. Ei


l'

e de' latini

interprete
il

allorch Inno-

cenzio

terzo

mand
qui

col

Cardinale Benedetto
,

per trattare della riunione delle due chiese


rita di
S.

megre-

esser

ricordato per avere riunita in


libri

Niccol d'Otranto scelta raccolta di


.

ci (a)

Di

lui
.

molte opere manoscritte conserva la

Medicea

(&)

Otranto ebbe un altro poeta greco


,

detto Giovanni

di cui alcuni versi giambici


.

pub-

blic il Bandini (e) Perito grecista fu Niccol da Durazzo spedito dal Pontefice Innocenzio quarto in Costantinopoli (ti) e Bartolommeo da Messina che per comandamento del re Manfredi tradusse
,

l'Etica d'Aristotele (e).

Guido giudice

dalle

Go-

(a)

Tir ab. Voi. iv. p. 146.

{b) Cat. Bibl.


(e)
(li)

Laur. T.
l.

i.

p. 25. 28. ec. T. 3. p. 840. 347.

Cat. Laur. T.
Origl. p.

p. 25.

111. an. 1261.


iv. p.

(e)

Tir ab. Voi.

3l9.

(l)

Tutti

la scolastica filosofia.

moderni deridono, o inveiscono contro Non prevedono tuttavia che co.sistemi

sa diranno
logici e

posteri de' nostri

etici metafisici

cosmografici

PRIMA
e da' fonti greci
,

24.9

lonne Messinese ebbe cognizione di quella favella,


sebbene poco sicuri , trasse la compilazione della sua Storia di Troja (a)

XXVII. La casa
a Manfredi
turbazioni
fioriva pili
,
,

d'

Angi nel
,

toglier la

corona
ove
,

involse

il

regno in lacrimevoli per-

ma

vi trasport dalla

Provenza
d'

che in ogni altra parte


,

Europa

certo gusto di scrivere

e di poetare in volgare
.

un un

grande amore per


dio di Napoli, e

le

lettere

Carlo primo

Car-

lo secondo regi di quella schiatta protessero lo stupii

particolarmente Roberto re

tante volte da noi rammentato (i). Ei pi d'ogni


altro favor nel

Reame

le

greche lettere
,

Con una
al-

epistola

raccomand

ai sudditi

che , trovandosi aveva

cuni

libri legali greci, gli trasmettessero

ad Ugola

lino di

Roma

Idrontino

cui data

cura

di traslatarli in latino (6).

La

versione d'altre ope-

(a) Ist.
\b)

di Troja Ven.

1481./. Prolog.

Orig. p. 176. an. l333.

(i)

Ecco
T.

il

principio del suo

Motuproprio in occaet

sione della riforma delio studio di Napoli riferito dall'


Origlia
(

I.

p.

178.).

Grande juit

non sine caussa

de sitbditorum conimodis cogitando, stattierunt quod in civitate Neapoli literalis scientiae studiuin , suis continuatis temporibus sisteret : ut quia inter caetera virtutum inSiciliae regibus, qui

mlnisteritim d'ivis regni

signia

literalis scientia

corda nobilitat
.

regni guberdispo-

nacala regit,
suimus
ri
,

et dirigit

... ex hoc
,

locupletari

etc.

Ei visitava le scuole
si

e distribuiva dana.

e premj agli studenti che

distinguevano

25o
re o-reche

ILLUSTRAZIONE
ordin a Leone
cV

Altamura

(a): e

dea

put Niccol K.uberto medico, e


di queir et, e lettore

filosofo celebre

dello

studio di Napoli
Aristotele
,

tradurre

gli scritti filosofici d'

e le ope-

re mediche di

Galeno

(Z?).
,

Questa versione, che inesiste tuttora nella

vi in dono

al Pontefice

Parisi ri-

gina

Nella dedicatoria
,

d'

uno
l'

di que' trattati

ferisce

che avendo udito

Imperatore Androni-

co quanto era bramoso di possedere alcune opere


di

Galeno non ancora tradotte, aveale inviate in dono al monarca (e) Ai tempi di lui fu professore dello studio di Napoli e suo medico B.egino
. .

di Calabria,

che

il

Ricettario di Niccol Alessan(ci).

drino dal greco idioma traslat nel latino

XXVIII. Ecco quanto aveva


rire

fatto

l'

Italia a

pr

delle greche lettere, allorch incominciarono


il

a* fio-

Petrarca ed

il

Boccaccio

Da

ci

si

deduce

che sino a quell'et, anche nel Bearne

di

Napoli
let-

non era
teratura
.

rifiorito

il

gusto per la greca amena


in fatti
de' gran modelli

Nessuno

d' elo-

quenza, o di poesia dell'Attica era stato tradotto

nemmeno Omero
g
il

per asserzione del Petrarca, sin-

ch un Italiano, passato in Grecia, non ne propagusto neir occidente


questi

XXIX. Fu
labria
(a)
{b)
{e)
{(1)
,

Barlaamo

di

Seminara in Ca-

che fattosi da giovinetto monaco Basiiiaari.


1?1>,2.

Ibid,
Iblei.

Tirab.

t.

v. p.
I.

203.

Origl. Voi.

p. l88.

PRIMA
no
,

25l
,

si

trasfer neir Etolia

quindi in Salonicchi
del greco
.

nel i337

nella

capitale
dello

Impero, ove

bevve

gli errori

scisma

Fervorosissimo di

tutto apprendere, e per quel secolo nelle scienze

dottissimo

ottenne la protezione
,

deli'

Imperatore

Andronico Paleologo e
favorito
gli
dell'

di
,

Giovanni Cantacuzeno
che
accoltolo in casa
la

Imperatore
d'

die r incarico

insegnare

Teologia e

le

lettere.

Nel i33t fu

eletto abate del

monastero

di S. Spirito di quella citt.

Ma

col sapere, crela dottrina

sciuto r orgoglio di lui


de' greci.

dispregiava

Ci

gli

mosse contro poderosi nemici,

fra

questi

Niceforo

G regora

che

lo

avvil
intito-

nell'universale opinione, con


lato della Sapienza
.

un dialogo

Svergognato e dolente Bar-

laamo , and a nascondersi in Salonicchi e non ricomparve in corte che allorch due legati del
,

Pontefice Giovanni vigesimo secondo

si

trasferi-

rono in Costantinopoli per trattarvi della riunio-

ne delle due chiese,


dolio

perch fu prescelto a
avuta non

trat-

tare co' leo;ati. L' umiliazione


;

emen-

censur nuovamente
,

le

greche monastiche

istituzioni

e in tal controversia ebbe per avver-

sario

Gregorio

Palama

Interruppe la teologica

tenzone

una legazione di Barlaamo nell' occidente, o\e lo sped Andronico nel iSSp all'Imperatore e
al
i

Pontefice per invocarli a soccorrer-

lo contro

Turchi,
il

che minacciavano di finale


.

esterminio

Greco Impero

Ebbe

segreta

com-

missione di blandire que' potentati colla lusinga

252
di riunione
.

ILLUSTRAZIONE
, ,

Barlaamo non avendo potuto giovaove rinre ad Andronico si restitu in Grecia le mischie co' monaci del monte Atos intorno nov alla luce taborica La nuova contesa die cagione a pii gravi disturbi. Un sinodo fu adunato in Co.

stantinopoli per deliberare se fossero condannabili


le dottrine del

Palama, o
,

di

Barlaamo. Questi
e sosteneva

at-

taccava r altro

perch faceva una distinzione fra


,
,

r essenza e
tore

l'

operazione di Dio

che

la luce taborica fu increata, e divina. L' Impera-

Andronico con tanto calore peror in favore sebbene infermo , che aggravatosi del Palama poco dopo mor, e il Calabrese fu condannato sen,

za che fosse

approvata

la

dottrina del

Palama

Perci sdegnato Barlaamo abbandon Costantinopoli, e


si

restitu in

Avignone nel 1043.


Anzi con

XXX. Le

teologiche controversie non lo distol.

sero dall' erudirsi nelle lettere greche

tanto studio e sagacit visi applic, da gareggiare co' piti dotti


.

greci
il

di quell' et

nella classica

erudizione Narra
colo di statura
,

Boccaccio
versato

(a) eh' egli era pic,

ma

grandissimo di scienza
,

e nelle

o-reche lettere tanto o


attestati

da essersi meritati
i

di principi, e d'imperatori,

quali asse~

ri vano che da molti secoli in poi non vi fu in Grecia uomo di tal dottrina In Avignone ei co.

nobbe
trinarsi

il

Petrarca

che era ardentissimo


,

d'

addot-

nel sapere dell' Attica

di cui

contrasse

(a)

Cen. Deor.

l.

xv. e. vi.

PRIMA
l'amore negli antichi
scrittori

253
diB.oma.
Il

poeta

colse tale opportunit per farsi istruire dal Cala-

brese, ohe incominci a spiegargli

Omero,

e Pla-

tone.

Ma

non

profitt

lungamente del maestro. Ei


,

stesso contribu a privarsene

raccomandandolo

al

re Ruberto
raci
.

che lo sollev
il

al

Vescovado
,

di

Cedella

Perci non pot

Petrarca

com'

ei confessa

acquistare

che

un' elementare

cognizione

greca favella.

XXXI. Ove recavasi Barlaamo diffondeva


,

il

gu-

sto delle lettere

greche

e Paolo Perugino

bibliodi lui

tecario del re, strettosi


si

seco in amicizia

valse per asserzione del Boccaccio per erudir-

Ysi (i),

e per raccorre

poeti, e
.

gli

storici gre-

ci

per la biblioteca del monarca


intitolata le Collezioni
,

Paolo
spogli

scrisse

un opera
bil

che era probafatti

mente una compilazione degli


,

da

lui nel leggere gli antichi

opera che and perIn quella


trattava

duta dopo
{a)

la
l.

sua morte
xv. e. vi.
l.

{a).

Boccac.

(l)

[Gen. Deor.

xv. e. vi.)

Aequo modo

et

Paulnm

Perusinum, gravissimum viruniy caeteris immisceo : qui et ae tate provectus, et multarum rerum notitia doctus
fuit
.

Diu magister
,

et custos bibliothecae Roberti

Hie-

rusalern

et

Siciliae

regis

incliti

Et
,

si

usquam

cw

homo in perquirendis jussu etiam sui principis peregrinis undecumque libris questi libri stranieri erano greci, e gU arabi: historicis^ et poeticis operibus iste fuit Et ob id singulari amicitia Bar' laae junctus Quae a latinis habere non poterai eo medio innumera exhausit a graecis
riosissinius fuit
,
:

20

!254

ILLUSTRAZIONE
con erudizione
rica-

della mitologia degli antichi,

vata da' greci scrittori per opera di Barlaamo; e fu


il

primo

libro

che comparisse in Italia ricco di

tal

peregrina dottrina

XXXII.

Il

Boccaccio vago non meno del Petrarper aver passata in Napoli


,

ca di erudirsi nelle lettere greche, ebbe pi agio


di lui per appararle
,

gran parte della sua giovent

ove come avver-

timmo eranvi

grecisti capaci d'istruirvelo elementarinfatti abbaglio gravissimo coloro,


,

mente. Presero

che asserirono

eh' ei

da Leone impar

il

greco

Non
detto

conobbe Leone che nel i36o, e come abbiam


nella sua vita, dal
,

1840

al

i36o
,

scrisse

il

Filocopo

il

Filostrato
:

ii

Decamerone
,

opere con

greca intitolazione

l'

Ameto

ed alcune eslosrhe
.

ove
il

di

hanno nomi greci Trasse pensiero della novella di Cimone da un idillio Teocrito (a) e da Aristeneto quella di Paganino
le ninfe
,

pastori

da Monaco

nella quale us
(h).

espressioni che

dir

bisogna tradotte
lo udii per quasi

Einel favellar di Leone dice:


anni leggente

tre

Omero
(e)
.

meco
(ti)
:

conjabulante con singolare amicizia


io

Altrove

primo fui fra latini y che udii spiegarmi privatamente da Leonzio V Iliade : parole, che non danno

veruno indizio

che da lui avesse

primi rudimenti

della lingua apparati.

(a)
(e)

Mann.

p. 323.
l.

(b)

Ibd. p. 21 6.

Gen. Deor.

xv. e. vi.

{d) Ibid. cap. vii.

PRIMA
XXXIII. Dubbio
Io
scrittori attribuiscono
il

255
eh' egli

precettore

ebbe.

congetturava Andalone del Nero, cui molti


la versione

del

libro della

guerra santa
tano (i).

d'
il

Aniceta Patriarca Costantinopoli-

Ma

non esservi

stato patriarca di tal


di Bisanzio
,

nome
ne
il

al

governo della chiesa


,

tratten-

Gradenigo
i

assai corrivo d'altronde, dal no.

verarlo fra

suoi grecisti

sebbene ci non di-

mostri ch'ei l'ignorasse, non avvi solido argomento

per affermare che ei lo sapesse

Alcuni
,

scrittori
il

delia vita del Boccaccio ci narrano

che vend
il

pa-

trimonio per passare in Sicilia ad apparare


.

greco

da un Calabrese di gran rinomanza (a) E sebbene non si verifichi la vendita del patrimonio (6), non sarei lontano dal congetturare che in Cala,

bria

e forse da'
.

prima tintura
parisce da

monaci Basiliani ne prendesse la Ch'egli si recasse in Calabria ap-

uno de' suoi sonetti amorosi (e) Guidommi amor ardendo ancora il sole
,

Sopra r acque di Scilio in un mirteto

(a)
(e)

Betus. Sansovin.

(b)

Mann.

p. 48.

Baca. Rim. Son. xvii.

(l)

Favellarono

di

questa versione
il

d'

Andalone
-,

il

Betussi nel suo ragionamento sopra


stiniani (scrittori

Catajo

il

Giu-

Liguri p. 49.) il quale dice Andalone poeta elegante. L'Astrolabio di lui fu pubblicato
in Ferrara nel

l575. Siccome fu creduto chela citata

versione stesse ascosa nella Vaticana, ne feci ricerca,

ma

fui

assicurato dal

chiarissimo
.

Monsignor Marini

quella Biblioteca non possederla

256

ILLUSTRAZIONE
,

Quivi Madonna

in assai bel ricetto


,

Del bosco ombroso Vidi cantando


.

in sull' erbe

e 'n su fiori

La

sola citt di

Napoli pot bastare per erudirlo

in quella favella , ove

come abbiamo detto era gran;

demente
rugino
,

coltivata ai suoi tempi

e forse

Paolo Pe-

che conobbe familiarmente.


chi pot appagare
,

maggiormente quel suo desiderio fu Leone o Leonzio Pilato Tessaloma veramente Calabrese come narra il nicense
,
,

XXXIV. Ma

Petrarca

(a)

Il dirsi

Tessalo

ci

dee far credere


e per lungo tem-

che alcun tempo

ei

dimorasse in Tessaglia. Fece


(/>)
,

qualche soggiorno in Gandia

po permut

di dimora. E' ignoto

quando, e perch

ei passasse in

Grecia
.

Fecesi forse anche esso


,

mo-

naco Basiliano
apprese
le

Ivi

conobbe Barlaamo

da esso

greche lettere (i), nelle quali fu dipoi


,

tanto dotto da professarle pubblicamente

sebbene

poco

fosse nelle latine versato

Sia che in Grecia

uon
te,

vivesse

Leone

in troppo lieta fortuna,


fatta

oche

lo

movesse
nel

la sorte

da Barlaamo
si

nell'

occidendalla
il

i358 o in quel torno


,

trasfer

Grecia

nell' Italia
.

ed in Padova conobbe

Pe-

trarca (2)
(a) Sen.
{b)

Neil' occasione della gita fatta dal Boc3. ep. 6.

l.

Ibid. lib. V. ep. 4.

(1)

Leontium
XV,

ut ipse asserii praedicti

Pylatum Thessalomcensem vlrum et Barlaae audltorem ( Bocc. Gen.


,

Deor.

l.

e. vi.

(2) Il

Sade asserisce che

il

Petrarca nel

l358 fece

r
caccio in Milano nel

A
di

25/
dublio,
la dottrina del s\io

iSSp, pare fuor

che

il

Petrarca
,

gli

commendasse

amico Leone

per lo che nacque la brama nel


al

Certaldese di dar maggior "splendore


dio Fiorentino
gre<'he lettere,
le nel
,

nuovo
la

stu-

facendovi istituire una cattedra di

da occuparsi dal Calabrese;


,

qua-

recare universal giovamento

fosse

anco a

lui

vantaggiosa per vie pi

profondarsi in quelil

la favella.

tal

uopo

si

reca

Boccaccio in VeFirenze; gli

nezia

persuade Leone a

trasferirsi in

ottiene pubblico stipendio; lo accoglie in sua casa


,

si

fa privatamente spiegare
(a).

Omero

lo fa spietre al-

gare pubblicamente

Oltre Giovanni,

fa)

Gen. Deor.

l.

xv.

e.

vi.

qualche dimora in Padova [Sad.


detto Petrarca scrisse
nel
in
al

tnl. 3. p.

498.).

Il
)

Boccaccio {Cod. Morell.

ep. 35.

i36o,anno nel quale questi condusse seco Leonzio Firenze Quod petis extremum est ut Homerilibrum
.

qui venalis erat Pataini,

si

ut reris emerim^tibi accotibi^

modem

...

quem Leo noster


,

atque aids conterra.

neis nostris

e graeco in latiniim vertlt


,

Haberi autem.

facile poterit

ilio
.

agente qui mihi Leonis ipsius ami'

cit'iam procuravit

Prosegue dipoi. Et profecto quidem

breve

ubi
,

Homeri principium Leo


olim
,

idem

solutis

lati-

nis ver bis

mihi quasi totius operis gustum obtu.

Da questi due squarci della lettera si deduce 2. Che lo conobI. Che egli conobbe Leone in Padova be probabilmente nel viaggio del i358. 3. Che Leone
Ut
.

pot avervi

istruiti

alcuni di quegli amici menzionati


.

neir epistola scritta dal Petrarca

4.

Che Leone inco-

minci a spiegargli Omero

1^58
tri

ILLUSTRA ZI ONE

Fiorentini concorsero ad udire le lezioni di Leo-

ne sino dal primo anno della sua venuta in Firenze. E questi per congettura possiamo crederli France.'-co

Nelli, Francesco Bruni, e fra Tedaldo della


(i).

Casa

XXXV.
Petrarca
,

nuovi discepoli di Leone, amici del

gli scrissero

una

lettera a

nome
ci

d'

Ome-

ro, nella quale lagnavasi di essere stato esule per


tanti secoli dall' Italia
.

Questa lettera
,

nota so-

lo per la risposta del Petrarca

che giace inedita

(l)

La

notizia, che cinque Fiorentini

amavano Ome-

ro eie data dal Petrarca nell* epistola riferita nell'articolo seguente. Crede
di greco {T. in. p.
il

Sade

che questi dilettanti


il

5oi.) fossero

Boccaccio, FranSalutati
il
,

cesco Nelli
Petrarca
,

Francesco Bruni o Coluccio


.

il

e Zanobi da Strada

Che non

fossero
il
il

Pe-

trarca e Coluccio Salutati lo ha dimostrato

TiraboPetrarca
:

schi

Voi. V. p. 480.

E'

indubitato che

comprendeva
qtilritum his

fra questi

adderem
infatti

Perieza

Zanobi da Strada, perch dice seti Alphea redimittim ,

lauro

eripnit

transalpina Babylon nobis , nominato Zanobi segretario Pontifcio nel l35p, e perci o non trovossi come pare che lo indichi il Petrarca all' arrivo di Leone in Firenze o poco dipoi vi si trattenne. Io congettun.el 1.36o
,

sed nesco qualiter

Fu

ro, che ferzo oltre


fosse Fra

al

Boccaccio
,

t^

egli

amici d'Omero

Tedaldo della Casa che come provollo il Mehus fu grand' ammiratore del Petrarca, del Boccaccio e nella greca favella versato Il Petrarca avendo compreso fra gli amici d' Omero Zanobi da Strada , mi fa credere , che grave abbaglio prendessero il Sade
,
.

PRIMA
nella Parigina, e nella

259
(i).

Medicea

Un

uomo^x'v

sponde,

ti

traslata in latino ai nostri tempi, ne pi ar"


il
t'

dentemente fu aspettato
nelope
,

tuo Ulisse dalla sua Peaspetti


.

di quello
,

che io

Ne

avea perduta,
libri

ogni speranza
tuo
tino

e toltone alcuni principj di

del

poema
,

ne in

non mi fu dato di veder altro in laaltra guisa potea sperare di contemplarti


di te
.

pia da vicino
tolto
te
.

Imperocch quel
te
,

libro
,

che dicesi tuo

da

te
,

ed a

attribuito

non
ti
.

tuo

certamen-

Questi
s'

Leone

per intero

restituir

a noi

e
il

di gi

inoltra nel suo lavoro


^

Tu

piangi perch
e

comune amico
tino reputava
,

che tu credi Tessalo,


t'

che io Bizan,

astringe a peregrinare

ad

esiliarti

nel fiorito recinto della


ti

mia patria
lo

quando rallegrar
/'

dovresti.

Ma

a ci

sospinse

ta a te, ed agli amici del

amore che por" nome tuo, cui perci in;

cominci ad essere carissimo


tuttavia ne rimangono
valle Fiesolana
tre
,
.

che sebben rari

alcuni

Non

dei maravigliarti se nella

se alle rive delt

Arno, non hai che

amici. Basta, anzi sono molti in citt intenta^


Tiraboschi
il
,

il

quando
,

gli

amici del

greco

Poeta

che novera
ca favella
(

Petrarca
.

gli

tolgono per dotti nella gresi

ibid.)

Io credo, che
,

valga di tale espres-

sione per significare

Omero,

che questi avevan cognizione di e desideravano comprenderlo. Giacch chi

avrebbegli eruditi nel greco innanzi

all' arrivo di Leone in Firenze, ove per 1' allegate autorit non si aveva veruna tintura di quella lingua ? (l) Questa lettera [Fam. Uh. xxiv. ep. uh.) porta la data Mediolani vu Idus Octobris anno aetatis ul.

ti

mae

l36o.

260
al

ILLUSTRAZIONE
il

guadagno,

numerarvi
.

tre ingegni pieridi;

un

quarto se cerchi troverai


cinto delC alloro Pisano
,

Ne

aggiungerei un quinto
,

e lo meriterebbe

ma
.

non

so come la transalpina Babilonia ce lo rap

Non

devono parerti pochi, cinque di

tali
,

uomini, in un

medesimo tempo

in

una sola

citt

concorrere a tale

istruzione. Cerca altrove, uno v* in


in
,

Bologna, uno Sulmona ed uno 3Iantova ne possederebbe , se non


.

fosse passato alla tua dimora


capitale

Oh

meraviglia

La

ta

deW universo^ Roma, nemmeno uno ne conVe ne fu uno in Perugia , che avrebbe fatto qualtrascurato. Altri ne
,

che progresso, se non fossesi

furon

in altre citt

ma, a

quel eh' io so

da questa
si

mortai dimora alla comune ed eterna patria


sferirono.

tra-

Da ci comprenderai chiaramente, e he io

de-

sidero

che tu cessi di lagnarti per essere stato con-

dotto in paese, ove quantunque tu abbi pochi amici,


e

ammiratori,
,

ivi
.

sono certamente in maggior coIgnori forse quanto altra volta


?

pia

che

altrove

scarsi fossero presso di noi

A' tempi
e

nostri

se

non

isbaglio, quest' unico amico hai in tutta la

Grecia:
tali

fuvvene

altro,

gi mio precettore,

che per
,

studj aliment in

me grandi
lo

speranze
innanzi
.

che mi tolse

morendo: sebbene anco per


tolte
,

me
in

le

aveva

richiamato

alle
,

cure episcopali
lo

ci seb-

bene mi abbandonasse

favorii desideroso di giostesso


.

vare pia a

lui

che a

me

XXXVI.
(a)

li

Sade

(a)

congettur essere

men-

T. 3. p. 62p.

PRIMA
zionatl

261
il

amici d' Omero-,


il
,

il

Bolognese, Pietro da
;

Muglio:

Mantovano

Andrea da Mantova
i

Perugino Muzio da Perugia:

due Veronesi, Ri-

naldo da Villa Franca, e Guijlelino da Pastrengo.

Ai

quali poteva aggiungere


so perch
,

il
,

Sulmonese Barbato.
che nel parlare del

Non

il

Sade creda

Perugino

il

Petrarca intendesse piuttosto di rame

mentare Muzio,
senza che
siavi

non Paolo; per autentici docudi

menti potendosi creder l'ultimo istrutto nel greco,

argomento

congetturarlo per

r altro

Che

intendesse di parlare di Guglielmo da


i

Pastrengo fra

Veronesi, pare indubitato al Ti,

rabt>schi (a) dall' epistola in versi

scritta in

Val-

chiusa dal Petrarca al suddetto

nella quale ricor-

dandogli una visita

che

ivi fecegli nel

iSSp, sog-

giunge

(^).
:

Lusimus hic puris subter labentibus undis Hic longo exilio sparsas revocare Camoenas ; Hic Grajos, Latiosque simul conferre poetas Dulce fuit; veterumque sacros memorare labores.

Ma

quel simul conferre poetas


i

che

il

Tiraboschi

interpret, comparare

greci co' latini poeti, credecjli

do debba intendersi, che de^li uni e


ragionarono insieme
e
i
,

altri

o se ne ridussero a memoria per quello che ne avevano

nomi

e le opere

letto negli antichi scrittori latini.

Come
gli

infatti il

Petrarca avrebbe potuto paragonare

uni con gli

(a)

Voi. V. p. 424.

{b) Carni, lib. 3. ep. 3.

262
altri,
,

ILLUSTRAZIONE
che nel iSSp niuna tintura aveva di
si dis-

ei,

greco non avendo conosciuto Bari aamo , come


se
,

che tre anni dopo

XXXVII. Gaderebbe
che desse fede
all'

in

un grave abbaglio
furono
.

colui,

asserzione del Petrarca,


cio
,

che

Barlaamo
in Grecia

e
i

Leone

a'

suoi tempi

soli studiosi d'

Omero
,

La

iattanza e

r orgoglio
sto la

di que'

due Calabresi

sorprese in que-

buona fede del Petrarca ed essi lo spacciavano per essere in occidente maggiormente considerati I dotti commentari in Omero d' Eustazio provano quanto nel duodecimo secolo fosse in Grecia considerato il principe de' poeti. Giovanni
.

un colto poeta greco di que' tempi N pare probabile che Niceforo Gregora antagonista di Barlaamo fosse meno di esso versato nelle lettere greche. Solo trenta anni dopo Leone
Tzetze
fu
,

venne in
ze

Italia

il

celebre

Emanuel Crisolora

che

profess con tanto lustro le lettere greche in Firen,

ed in

altre citt dell' Italia


i

e che per sapere

di

due Calabresi sopravanz? E non solo nella capitale dell' Impero, ma in Cipro, e in Sigran lunga
cilia,

per asserzione del Boccaccio, studiavasi


(i).

Ome-

ro neir originale favella


fi) Il

Come
l.

d'

altronde due
vii.)

Boccaccio {Gen. Deor.


coloro
,

xv.

e,

per giu-

stificarsi presso

che temeva
,

lo dovessero criti-

care di avere citati versi greci

/lo/z
,

prospectant

dice

ad qiiem hoc opus ego

dirigam

cui

laborem impeti'
,

dam

vidissent qtiippe quoniam eruditissimo regi


,

et eia

tam graecarum

quam latinarum

literarum

si

vera

PRIMA
gran numero di
letterati

263
,

Stranieri avrebbero apparate le greche lettere

se

non

avesse noverati la

Grecia a
fesa della

qiie'

tempi. Enea Piccolomini nell'oraper


ivi
.

zione alla Dieta Germanica, per muoverla alla dicristianit


sbigottita
la presa

di

Costantinopoli,

esclam: rimase

sino a

nostri
se

tempi deW antico sapere ricordanza


stantinopoli fosse stato
il

come

Coil

domicilio delle lettere, e

propugnacolo della trascendente filosofa, verun dei latini apparve essere bastantemente dotto , se ivi per
qualche tempo non avesse studiato
nella dottrina ebbe
;

ed

il

nome che

Atene

ne' d fioriti

di

Roma,
.

in

questi tempi infelici ottenevalo Costantinopoli (a)

XXXVIII. Scrisse il Petrarca questa lettera nelV anno appunto nel quale incominci Leone a professare il greco in Firenze Ne' due anni che vi
,
.

rltna?e posteriormente

creder

si

debbe
,

che cre-

scesse

il

numero

de' suoi
il

discepoli
,

e che se
esservisi
II
,

diffondesse talmente
pili

gusto

da non
studj

ne mai

spento r amore di questi


il

Petrarca

ed
sul

Boccaccio

si

valsero del potere


utile

che avevano

Calabrese, per render

la sua

dimora.

Lo determinarono ad intraprendere la versione latina d' Omero eh' egli comlaboriosa fatica
,

(a)

Hody. de Greci
,

lllus.

l.

2. e.

I.

fert fama
sint
,

iiotitia

et

qnem penes doct homines Graeci


,

ipiibiis

graeca carmina
.

ut his ignaris

non vide'

bnntrv snnerjiua
noi pubblicata
(

Neil* epistola a
)

Giacomo Pizinge da
dice, che questi stu-

i?occ. Ri/72. p. 36,

diava

Iliade

1'

Odissea

264
pie (i).
il

ILLUSTRAZIONE
Con
tale ardore accelerava
il

Boccaccio

propagamento della greca letteratura nella pa,

tria

che non bast alla sua nobile smania

1*

oc-

(l) Questa versione conservasi nella Bada Fiorentina {Mehus p. 273.) Di questa versione esiste l'Odissea nella Medicea ( Cod. 45. Plut. 84. Cat. Cod. lat. voi. 2. p. 161.). Ed io avendone collazionati alcuni squarci vi rilevai leggerissime differenze La Medicea possiede ancora alcuni frammenti di questa medesima versione di mano di Fra Tedaldo (Cod. vin. Plut. 21.
.

Sin.

Cat. Cod. lat. voi.

iv. p.

i6o.)

Il

codice di Ba,

non Io da , sebbene sembri del secolo decimoquarto il quale and probabilmente percrederei V autografo
,

duto nel bruciamento

della

libreria
,

del Boccaccio
di dar

Crediamo
uopo
(

far cosa grata agli eruditi

loro

un
tal

saggio di questa letterale


la preghiera fatta
)

versione

Scegliamo a

da Licaone

al vincitore

Achille

Lib. o. V. 74.

Genu deprecor
Vada
Servus
(a)

te Achilles

tu autem
(

me

venerare
miserere.

et

me
.

love genite venerabilis

Penes enim te primo gustavi Cereris farinam, Die ilio , quando me cepisti in bene facto virdario Et me transtulisti procul fcrens patreque, amicisque Hecatombium autem hono Lemnon ad gloriosam
:
.

Nunc autem

laesus ter tot ferens.Dies

rem inveni autem mihi


(j5

est

n Haec duodecima
jj

quando ad Ilon veni.


iterum

Multa passus

Nunc

me

in tuis

manibus po(

n suit

(a) JLoco tibi

sum

supplicis

dice

1*

originale

PRIMA
cuparsi
dell' intiera

265
Omero
:

versione

d'

volle che

intraprendesse Leone la traslazione ancora delle opere di Platone. Al quale uopo le richiese al
Fatum destructlbile Debeo odio esse lovi patri w Qui me tibi iterum dedit, medio cuique , me mater
.

n Genuit Lathoi , filia Aitai senis. Althaos , qui Leleschasis , diligentibus


(

bellum

do-

minabatur:

Pidasum

Epioscans tenens sub Samioenti


filiam
,
,

flumine

Hujus autem habebat


ista

Priamus multas autem


(

et alias

Ex

duo nati sumus tu autem ambo jugulabis Certe hunc ( priamus ) {a) in pedestribus domuisti ( Antitheum J (b) Polydoron quare percussisti acuta
:

( lancea
5,

Nunc autem iam

hic mihi
,

malum erit

( etenim puto ) (e)

Tuas

manus fugere
tibi

postquam appropinquavi t
(

me
im-

Daemon

,j

Aliud autem

dicam

tu

autem

in sensibus
(

pone tuis

jj

Non me
tibi

interficias

quare non ex uno ventre


(

cum
sum
,

Hectore

Qui

socium interfecit

et

iuvenem, fortemque.
il

Scelsi questa parlata


la colla
il

onde possa

leggitore paragonar-

medesima
,

come
,

la riferisce tratta
.

da

Omero
e. 84.
)
,

Boccaccio nella Genealogia degli Dei


Achille
te
,

Lib. vi.

Te deprecar
quo miseris
dies abiit
,

miserere mei : tuus servus


,

sum

penes in convivio fui


cujn

dum me
:

in viri-

dario cepisti
,

Lemnon

transmisisti
redii
,

duodecimus

postquam ad Ilionem

et in tuas

manus

{a)
(e)

Primis

()
.

Deo similem

Etenim non puto

^66
se
,

ILLUSTRAZIONE
.

Petrarca che possedevale in greco

Questi rispoterrebbe
in

che quel volume a suo tempo

pronto;

ma

gli

avvert, che abbracciando a un tem-

po

la versione de'

due primarj greci


omeri

scrittori
,

si

guardassero dal farlo

con negligenza
il

temendo

troppo grave
vini ingegni (a)

pe' loro
.

peso di que' di-

L' ammonizione del Petrarca non

gli distolse dall'

ardua impresa

vi si accinsero

traslatarono varie opere di Platone (i).


(a)

Cod. Morel. ep. 35.


.

iterum reduxit me Deus

Me
,

iuvenem vides qtiem gentiit


,

Lathoi

filia Altho Senis

qui Beletessi doininabatur


,

et alias. Exista fil'iam Priamus habebat duo nati sumus tu autem ambos iugidabis Certe primum inter pedestres domuisti Polydorum deo similem, et percussisti lancea: nunc autem mihi infortunium pa-

Hujns autem
aiiteni

ras

tuas e^ugere nianus non possum


,

Sed haec

in

animo

ponas
cui

quaeso ne

me
,

interficias

non enim ex uno ventre

Hectore sum

qui tibi socium inter fecit. Pei' quanto


,

la

prima

sia versione letterale


,

e questa abbreviata ,epi

elegante

da alcuni squarci
.

si

ravvisa essere stata tolta

dalla prima

dee

far caso la discrepanza di alcuni

no-

mi

propri provenienti dall'ignoranza de' copisti.

Questa

versione comprende tutta l'Iliade, e l'Odissea.

Am-

bedue

poemi
il

gli

tradusse

Leone

mentre
dell'

il

Petrarca

richiese

Boccaccio di quella parte


,

Odissea tra-

dotta dal Calabrese ferno


(l)
(

nella quale Ulisse scende all'In.

Sen.
si

l.

111.

E. V.)
Platone

Ci

deduce dal tradurre


di

il

Boccaccio uno squardi

cio del

Timeo
p. 2.).

nel
la

Commento

Dante

(Voi.

l.

Dal citare

Repubblica, come opera


xiv.c. xx.).

veduta e letta, nella Genealogia degli Dei {L.

PRIMA
XXXIX. Non god quanto avrebbelo
il

l&'J
desiderato

Boccaccio dell'istruzione di Leone. Quell' uoinquieto, torbido, e

mo

vagabondo, dopo non


trasferirsi in

in-

teri tre

anni di dimora in Firenze, nel i33 vol-

le recarsi in

Venezia per
il

Costanti-

nopoli.
il

Vi dimorava
.

Petrarca, e

ivi lo rivide

Boccaccio. Malgrado le esortazioni di ambedue

volle partirsene

gno
lui,

di viaggio

Chiese al Petrarca per compaun Terenzio con gran meraviglia di non sapendo, che di comune potesse avere il
.

malinconico Calabrese col giocondo Affricano


giunto appena in Costantinopoli
,

Ma
let-

scrisse

una
all'

tera al cantore di Laura, nella quale detestava la

Grecia
lia
,

Costantinopoli

prodigava lodi

Ita-

e supplicavalo di permettere che tornasse pres.

so di lui (a)

Non

volle concederglielo

il

Petrar-

ca per averlo lasciato insolentemente.


del Boccaccio

Confessa
,

tuttavia che utile sarebbe stato agli studj di lui


il

suo ritorno
(6)
.

se avesse

avuta natura
,

umana,
(a)

non ferina
l.

Ridotto nella miseria

Sen.

3. ep. v.
5.

{b) Ibid.

l.

ep. IV.
il

Tradusse Leone secondo


Disc. Voi.
I.

Salvini sedici dialoghi


Il
.

Salv.

Dis. XVII.).

Petrarca possedeva varie


,

opere di Platone tradotte


della altrui ignoranza
ai suoi detrattori,
scritti
,

Nel Trattato della sua

che asserivano
:

Op. Edit. Bas. p. 1064. ), dice Platone non aver ,

che due

teca

e ne

libri che vengano nella mia Bibliovedranno non solo in greco ma traslatati

in latino', alcuni de' quali non pi veduti.

1^68

ILLUSTRAZIONE
Non

molto confidando nell'indole piacevole de' due protettori, part il Calabrese da Costantinopoli per
tornare in Italia.
fugli concesso di rivedere
il

paese

che suoleva vituperare: giunto nell'Adriatiesso perduta ricca suppelrichiesti


il

co, suscitatasi improvvisa fortuna, fu incenerito da

un fulmine. And con


lettile di libri

greci

che aveagli

Pe-

trarca

fra'

quali Sofocle ed Euripide (a)


in

XL. Ecco

Succinto quanto abbiamo raccolto


,

intorno al nostro argomento


ter chiuderlo pii

crediamo non pogreche ebbero


al

opportunamente, che recapito,

lando

gli obblighi

che

le lettere

Boccaccio, colle sue


(

istesse parole (h).


e la gloria fra

A me competesi
,

dice egli

/'

onore
.

Toscani di servirche co' miei


oc-'

mi

di versi greci
distolsi

Non
,

fui

io

forse

consigli

Leonzio Pilato dal recarsi neW


e

cidental Babilonia
in Firenze.

meco da Venezia
io^ che lo ricevei in
/'

lo

condussi

Non fui
,

e per lungo tempo

ve

ebbi ospite

mia casa, Che con molta


sti'

fatica procurai

che fosse ricevuto con pubblico

pendio fra
quello
,

dottori dello studio

Fiorentino? Io fui
d'

che a mie

spese

libri

Omero

e d' altri

greci in Toscana , ove piw non esistevano da tanti


secoli ,feci venire ?

E non solo
il

in

Toscana ,
,

ma

ancor

nella patria

Io fui

primo
,

de' latini

cui fu spiegato
lo fosse

Omero privatamente
pubblicamente.

e che

mi adoperai onde
ni

se

non

addottrinai pienamente

(a)
(Z>)

Sen.

l.

v. ep.
l.

I.

Gen. Deor.

xv. e. vii.

PRIMA
in

2C9
fu pos, ,

quegli studj
.

tanto ne appresi quanto mi


,

sibile

Ed

fuor di dubbio

che

se quel

vagabondo
ne sa-

fosse rimasto pi lungamente presso di noi


rei

rimasto pi pienamente istruito


libri

Ma

sebbene di

molti
tero

poco apprendessi
,

alcuni tuttavia per in'


del

gV

intesi
.

merci V assidua spiegazione

miq
le
la

maestro

XLI. La posteriore influenza


cure del
prelodato

che ebbero
diffondere

Boccaccio

nel

greca letteratura, potr desumersi da Giannozzo

Manetti

(a)

Poco dopo

la

morte del Boccaccio co,

minciarono a fiorire insieme varj uomini dotti

che

avendo in quella felice et trascorso


latina lingua
,

lo stadio della

seguendo

le

orme
,

del

Petrarca

e del

Boccaccio

uomini dottissimi
.

si

sforzarono

d' inol-

trarsi nel greco

per appagare quella veementis-

sima brama

un dottissimo Costantinopolitano detto


,

Emanuele
ottenutolo

da Costantinopoli
lo

ove stavasi ascoso


in

con grandi promesse


,

chiamarono
,

Firenze, ed

con pubblico

e privato stipendio

per ap-

parare la greca lingua per pi anni


e

lo trattennero-,

tanto

che ne divenner pi dotti


,

Questo

fu

quello

Emanuel Crisolora
li ,
i

che ebbe eccellentissimi discepo,

quali poi la peregrina favella greca


,

non solo

in

Toscana

ma

in alcune delle pi nobili citt della


la quale

Italia, quasi

nuova sementa , sparsero ,


,

and

gradatamente tanto crescendo


rabilmente,

da germogliare mi'
.

come oggid

lo

v eggiamo

Dir alcuno

{a)

Vit.

Bocc.

270

ILLUSTRAZIONE
?

ove tende tanto ragionamento sulle lettere greche

Ove tende? Perch


presso di noi
et
,

tutto quello, che vi di greco


al

lo

dobbiamo
,

Boccaccio
libri
,

che primo

ogni altro

il

precettore

greci da noi lon-

tani per

gran

tratto e di terra
.

e di

mare richiam

a sue spese nella Toscana

271

ILLUSTRAZIONE SECONDA
Della famiglia di Giovanni. Di Boccaccio padre di lui
.

del luogo della

sua nascita

I.

jLja famiglia di Giovanni Boccacci

si

chiam

de' Ghellini

caccio

, da Ghllino di Bona juto padre di Bocavo del nostro Giovanni Anteriormente e


.

chiamossi degli Ardovini

e de' Bertaldi (a)


,

Sebi

bene originaria
ne

di

Gertaldo come osservaronlo


il
i

Dey

putati (b); non fu egli


il

primo che venne


y

in citt
il

padre suOy

ma

suoi

maggiori.

Ed

padre
;

ebbe domicilio per dir cos alla legale in Firenze

e
,

perch
ci volle

si

possa credere , cA'


la sepoltura
,

e'

ce lo volesse perpetuo

anche

cA'

ancora in Santa Cro-

ce.

Fu dunque

la sua famiglia

una

di quelle, che
,

dalle circonvicine terre calavano in Firenze


tevi dall' opulenza della

trat-

medesima

come

tuttora

vedesi accadere in altre commercianti citt:eBoc-

(a)
{b)

Ubald. Star, della fam. Ubald. p. 46.

Ann. p. 26.

272
caccio
il

ILLUSTRAZIONE
padre
,

suo vi
figlio

si

applic alla mercatura

desso

il

vergognavansi della loro pridell'

miera origine, e nell'acrostico


sione
,

Amorosa Vi(a)

r ultimo vi

si

nomina

Giovanni di Boccaccio da Certaldo

nel suo libro de' fiumi nel favellare del fiume

Elsa: et a dextero modico delatuni tumulo yCertaldam


vetiis ca^tellum linquit^ cujus

ego lbens memoriam

celebro

sedes qaippe et natale solum


illos

majorum meO"

rum IL

alt, antequam

susciperet Florentia cves.

E' stata materia di discussione fra gli scrit-

tori della sua vita, se illustre,

o abietta fosse la
il

famiglia di Giovanni.

Lo
,

Squarciafico,
esser egli di

Sansopa-

vino
vero
cio
,

il

Betussi asserirono
essere stato

vili

renti nato, ed
,

il

padre suo molto podel Corbacdi lui dice:

indotti in errore da

un passo

ove una donna

irritata contro
,

torni a sarchiare le sue cipolle

e lasci stare le gen'


i

tildonne. Egli certo, che


citati scrittori
il

ben non compresero


.

vero significato di quel passo Era

la

donna
,

contro cui diretta quella mordacissima

una delle antiche casate magnatizie di Era Giovanni di famiglia popolana e Firenze venuta di villa la femminile superbia della donna irritata facevale riguardare una simile casata, come d'origine villereccia, quantunque nell'et, di
satira
di
.

Giovanni fossero
lite
,

tutte le ereditarie distinzioni aboi-

ed obbligati

nobili ad ascriversi alle arti

(a)

Boccaccio Rime p.

.I05.

SECONDA
e ad assumere
glia fosse

Q175
la sua fami-

cognome plebeo
delle
nell'

Che

per altro

pi oneste ed onorate

della citt apparisce

aver seduto suo padre

del

sommo

magistrato de' Signori nel i32-2;del ma1

gistrato della zecca nel

345-,

enei i342

di quello

dell'annona

(a).

Che
1'

pii? nella

credenziale data a
i

Giovanni
al

con cui
di

accompagnarono

Fiorentini
ecce

Marchese

Brandemburgo,

scrissero:

ad

excellentiae vestrae praesentiatn

virwn prudentem Doprimarj


titoli allo-

minum Ioannem Boccacciam


ra in
III.

(fc)

uso

Quanto

ai

beni di fortuna

la

sua famiglia
agiata dov

non ne fu riccamente provveduta

ma

un sottilissiDomenico Aretino cos ne favella. mo mercatante quamquam solertissimus Boccaccius de Certaldo


essere sinch visse suo padre, ch'era
.

mercator Jterit
raorandus
,

hoc uno tamen est meo judicio me-

quod Ioannem poetam celebrem meo sae.

culo genuerit (e)

che comodo

e agiato fosse

il

padre suo

apparisce da ci che dice della


nell'

sua

educazione

epistola a Messer Francesco Priore

de' SS. Apostoli. *Se tu

non

lo

sai

amico

io

son

vivuto dalla mia

puerizia infino in

intera et nutria

cato in Napoli : e tra nobili giovani meco in et con'venienti


;

quali

quantunque

nobili

ci'

entrare in casa.

miay ne
in

di

me

visitare si
ti'

vergognavano: vedevano
,

me
(a)
{b) (e)

consuetudini

uomo

non di bestia , ed assai

Mann. Mehus Mehus

p.

12.

p. 267. p. 267.

274
mo Vedevano
.

ILLUSTRAZIONE
ancora la casa
,

delicatamente vivere, siccome noi Fiorentini viviae la masserizia


,

mia

secondo la tnisura della possibilit mia


sai
.

splendida as-

Vivono molti

di questi

ed insieme meco nella


.

vecchiezza cresciud, in dignit sono venuti {a) Morto


il

padre

ed egli non esercitando veruna professiole sostanze


,

ne lucrosa, ci fece, che

paterne non
e agiata
,
,

bastarono a procurargli vita comoda

perch col
questi
e

fratello

Iacopo dov dividerle

e forse

come legittimo ne ebbe la miglior parte, perch era esso d' animo grande, e liberale.
e la

Quindi Filippo Villani dice:


trista miseria di quei

sua povert,
i

e la

tempi,

la quale

signori delle co-

se temporali col vii guadagno aveva involti, vietaro-

no , che
nato
.

degno uomojosse
il

colla poetica
nell'

Laurea coro(i).

Ed

Manetti afferma
,

orazione funebre di

Leonardo Aretino che fu oppresso da povert


[a) Pros.
(l)

Amie, di Dant. e Boccac.


di

p. 2p5.
lui

Ecco r albero della famiglia


.

pubblicato

dal Mazzucchelli

Bonaiuto
Chellino
(
(

diminutivo di Michele)

Francesco

Boccaccio

^'^^

;7^r

Vanni

Iacopo

r^

.1
Giovanni

Iacopo

Antonio

e Boccaccio Nipoti ed eredi del nostro

SECONDA
caccio padre di Giovanni
verso
il
.

275

IV. Egli incerto in che anno nascesse BocSi

pu giudicar tuttavia
dice

1280. Filippo Villani lo dice giovine quanfiglio


,

do nacque suo
nella
il

e questi lo

vecchio

dopo 1342. La mercatura condusse Boccaccio in Parigi , ove fece qualche dimora come attestalo il Villani, ed il figlio (a). Restituitosi in patria, vi god delle primarie magistrature come fu da noi
e nell'
scritte
,
,

Fiammetta

Ameto opere

riferito

Ivi

si

marit
,

e probabilmente
di

dopo il suo ri-

torno da Parigi
de' Martoli ,

con Margherita

Gian Donato
(/>),

che viveva ancora nel iS37


il

che

deve esser morta verso


metta (e):
nostre
y

1841. Infatti Giovanni

per partirsi da Napoli d per ragione alla Fiamla inevitabile

morte

ultimo fine delle co^e

di pi figliuoli,
il

nuovamente me ^olo ha la,

sciato al padre mio :

quale d' anni pieno

senza spo-

sa

solo d' alcun fratello


,

sollecito ai ^uoi conforti

rimaso

senza speranza di pia averne.

V. Ma l'avanzata et non lo imped da nuovamente accasarsi poco dopo , come lo attesta nella citata Fiammetta (d). Niuna sposa a lui (al nostro

Giovanni )

quella la quale

non ha lungo

ne
al

fu

detto che venne nella sua casa


vero che

non a
la

lui

ma

padre

venne

siccome

Fiammetta

racconta ci come cosa accaduta un anno dopo la


(a) Cas.
(6)
(e)

vir. Ulti.
p.

lib.

ix.

articolo

Templarj

Mann.
Fianim.

lo.
2.

lib.

{d) Lib. V.

276
partenza di
caccio
glie
,

ILLUSTRAZIONE
lui

da Napoli, dee congetturarsi che Boc-

si

rimaritasse nel 1843. Questa seconda mo-

come

costa dal

documento

riferito qui sotto


,

fu
di

Bice di Ubaldino di

Nepo

de' Bosticchi
.

madre

Iacopo fratello di Giovanni


,

VI. Sembra che questo nuovo matrimonio cagionasse della freddezza fra
il

padre e

il

figlio; per lo
,

che questi abbandon

le
.

paterne case

si

trasfer

Quanto all' anno in cui mor Boccaccio congetturali Manni che fosse nel 1848. Nel luglio di quest' anno fece il codicillo al suo testamento ma io pi agevolmente mi farei a credere che ci accadesse nell' anno dopo Giacch Giovanni era in Napoli nel maggio del 1849 come
nuovamente
,

in

Napoli

apparisce dalla data della sua epistola a Franceschino de' Bardi


sesta
di
,
.

E ci lo desumo ancora dall' egloga


il

ove festeggia

ritorno in Napt>li di Luigi


in

Taranto accaduto

quell'anno.
,

Come

pure

perch pare fuor di dubbio


poli per la morte del padre
gli affid di

che abbandonasse Na,

per la tutela che

Iacopo suo fratello (i).


1'

(l)

Ci comprova
il

appresso documento
della
,

che

ci

ha

madre di Iacopo. Questo documento fu spogliato e comunicatone dall' illustre mio amico il Canonico Bandini, ed anche fu pubblicato dal Manni ( p. 21.).
fatto conoscere

nome

risponde ai 26
rentini

26 lannarij 1849, che secondo lo stile comune cordi gennaio l35o, cominciando i Fio.

r anno nuovo a marzo Dominus loannes quondam Boccacci populi Sanctae


^

SECONDA
VII.

l'J'J

fiGjlio
,

dipinge la casa del padre come non

troppo amena
L non.
si

u a lui aggradevole (a) mai se non di rado La casa oscura e muta e molto trista Me ritiene e riceve a mal mio grado
ri>le
, ; , ,
,

Dove

ed orribile vista , D' un vecchio freddo ruvido ed avaro Ogn* ora con affanno pi m' attrista
la
, ,
.

cruda

che r aver veduto

il

giorno caro
,

ritornare a cos fatto ostello

Rivolge ben quel dolce in

tristo

amaro

Oh

quanto
lieto

si

pu dir felice quello,


,

Che

s in liberta tutto possiede

Oh!

vivere, e pi ch'altro bello.


gli eruditi sul

VITI. Evvi stato gran disparere fra

Giovanni. Filippo Villani suo contemporaneo asserisce lic ( Ioannes ) enm naturali Patre Boccaccio , industrio viro natus est in
di
.

luogo della cuna

Certaldi oppido

Non

potrebbe
,

rifiutarsi

un

testi-

mone

tanto autorevole

se tanti fatti
.

non

attestas-

sero contro la sua opinione

Il

Boccaccio nel passo


al libro

sopraccitato (^) chiama Certaldo: natale solum ma-"

jorum meoruni
fiumi
,

non

di lui.

Nel prologo
,

dei

ove parla

dell'

Arno

adduce in ragione di
:

favellarne prima d' ogni altro


(a)
(Z)

quia patriae flumen

Amet. p. l5. Art/l.


,

Felicitatis

tutor lacohi

pupilli

ejus fratris

et filli
,

quondam et heredis Dominae Bicisolae matris suae et uxoris quondam dicti Boccacci , et filiae quondam
Ubaldini Nepi de Bosticcis
.

*yS
et

ILLUSTRAtZIONE
indicare Firenze
avergli data la
il

mihi ante alios omnes ah ipsa injantia cognitus.


ci parrebbe

cuna.

eh' ei nascesse quivi lo asserisce

Manni,
sca-

e al pozzo Toscanelli sulla fede del chiarissimo An-

ton Maria Salvini

(a).
il

Ma

non accenna d'onde


dal

vasse questa notizia


volentieri
,

Salvini, e mi farei a credere


cattivo sonetto

che

la traesse
,

di

Giovanni Acquettini che io pubblicai innanzi alle rime liriche del Boccaccio Sembra affermare di esser nato in Firenze esso pure nella Fiammetta (b).
.

Posto che col vada onde nascesti


per quello che
io

dicegli

Maria )
t'

abbia gi da te udito ^ egli

per

accidente noioso. Perciocch,

siccome tu medesimo
,

gi dicesti

la tua citt
.

piena di voci pompose


nell'

di pusillanimi fatti

Ma
,

Amato

contradice

quanto aveva detto nella Fiammetta. Io nato non


molto lontano ai luoghi

onde trasse origine la tua

madre fanciullo
,

cercai

Regni Etrurj

e di quelli

ferma Fiammetta che sua madre era Francese {d) Egli (il re Roberto) e i suoi predecessori, venuti dalla Togata Gallia molto onorando costoro , una
in pi

et venuto, qui venni (e): e fa .dire al* ,

la

nobile giovane venuta di quelle parti

per isposa

congiunse
IX.

al

padre mio
in diverse opere in diverse

Veggendo che

guise favella del luoj^o


(a)

delia sua

cuna, bisogna

Mann.
Amet.

p. 9.

(b Lib. 2.
(e)

p.

III.

{d) Ivi p.

106.

SECONDA
dar fede
all'

279

asserzione

che vien convalidata da


.

altri autentici

sto

punto

fa

documenti E per rischiarare queduopo esaminare ove risiedesse suo


,

padre l'anno del suo nascimento. Filippo


sebbene
sia
d'

Villani

opinione eh' ei nascesse in Certal-

do
di

asserisce

che Boccaccio attendendo alla merd'

catura in Parigi , per essere

ingegno piacevole
,

temperamento
d'

lieto

ed alt amore inclinato


di condizione

s'

in"
i

vaghi
nobili

una giovane Parigina ,


i

tra

cittadini

di

quella

citt e

da

lei

venne

generato Giovanni. E^ da avvertire, che


.

suo pa-

dre non ispos mai questa donna Abbisogn infatti


a Giovanni

una dispensa

pontificia di legittima:

2one per entrare nello stato clericale (a)


sta scoperta nello spogliare gli archiv j d'

e que-

Avignone
illegitti-

fece

il

Suaresio

L' essere adunque nato

mamente da una Parigina, pu


eh' ei nascesse in Parigi
:

far congetturare

ed in
.

infatti nell'

Ameto

accenna esser nato in Francia


Casi degli

questa congettura

vien convalidata da un passo della sua opera dei


Illustri infelici {h)
,

ove nel parlare della

morte di Giacomo Molay gran maestro del Tempio, e di quella di cinquantanove Templari sog-

giunge:
sujfecere
ut ajebat
vse
,

nil

aliud
qui

quousque

illis

ingentes spiritus
testantes ec

quam

dudum occubuere
,

Bocca tius

vir honestus et genitor

meus

qui

his testabatur

interfuisse

rebus.

La morte

dei

(a)
{b)

'Mann. p. 14.
Lib. IX. art. TeviplarJ .

280

ILLUSTRAZIONE

Templari accadde in Parigi nel i3io, quella del gran maestro ai 18 di marzo del 1814. Come dun-

que avrebbe potuto nascere in Gertaldo suo padre abitando in Parigi anco 1' anno appresso il suo na,

scimento?
tri

Non da

stupire per , che ed esso , e gli al-

parlassero tanto contradittoriamente del luogo

de' suoi natali.


,

Frutto

d' illegittimo

amore, e

il

pail

dre ed egli nascondevanlo probabilmente; e forse

padre volle far credere

d'

aver condotta geco la

Parigina, e di averla sposata per farlo passare

per legittimo Domenico Aretino infatti lascia


.

tra-

vedete questo mistero nel


scita
,

favellare della sua nafarlo passare per


.

e la cura, che
.

si

aveva di
. .

legittimo

Boccatius pater ejus


,

amavit quamdam
opinio

iuventulam Parisinam

quam
alia

prout diligentes loarv


sii

nem
sibi

dicant

quamquam

communlor

postea uxorem fecit , ex qua genitus est loan-

nes (a).

(a)

Rime del Bocc.

p. xxxiii.

a8i

ILLUSTRAZIONE TERZA
Del Decamerone.

SOMMARIO
I.

UelV

intitolazione delV opera

n.

Delle
.

persone

e de' luoghi descritti

nel

Decamerone
.

in.

Tentativi

che furon fatti per distruggerlo


opere zione
VI.

iv.
:

Edizioni delle
e della

fatte

nel

secolo
.

decimoquinto
Correzione
vii.

corre-

del

Delfino

v.

d'

Aldo Manuzio

Corezione del

1627

Le regole date dal Bembo


V edizione
ventiset'

nelle sue Prose

rendono

corretta

tana

vili.

Altre edizioni del


.

Decamerone s
,

e correzio,

ne del Dolce
e del

ix.
.

Correzioni del Ruscelli


x.

del Brucioli
,

Sansovino
sul

Edizione

Lionese del Rovillio


.

Dialogo

Decamerone

di Lue* Autonio Ridolfi


.

xi.

Fa'

tiche delV

Alunno intorno al Decamerone


xiii.

xii.

Della

celebre correzione de' Deputati,

Annotazioni ag.

giunte a quelV impressione

da' medesimi

xiv. Corre-

zione del Salviati, e suoi Avveramenti della


XV. Correzione del Cieco d' Adria
.

lingua

xvi. Impressioni del


xvii.

Centonovelle

del

secolo

decimosettimo,

Alcune

282
impressioni del secolo susseguente
della ventisettana di
sorte
.

xviii.

Della copia

Londra
,

e delle
,

controversie in-

fra

il

Buonamici

il

Rolli

xix.

Della

falsifi-

cazione dell' edizione ventisettana. xx. DelV Istoria del

Decamerone del Manni


copia del Mannelli
.

xxi.

Della pubblicazione della

xxil.

Delle varie versioni del De-

camerone

XX III. Indicazioni per


.

una nuova ristampa

del Decamerone

283

ILLUSTRAZIONE TERZA

I.

J. utto quello che concerne questa celebre pro-

sa fu

argomento di studio e
,

di

disamina

Perci

fu discusso

se

l'

intitolazione di

Decamerone vo,

cabolo di due greche voci composto


significare

che viene a
,

quanto opera

di dieci giornate
,

fessegli

stata data

dal Boccaccio
,

o da

altri

siccome

negli antichi testi

e nelle

vecchie stampe co,

gnominato

il

principe Galeotto
il

investigarono per

qual cagione

Boccaccio

altri lo intitolasse cos


,

tutti

sembrano convenire

che

per esser quel


,

libro stimolatore alle

amorose tresche
gli fosse

e corrompi-

tore delle leggitrici


il

apposto satiricamente
;

titolo di principe

Galeotto

per essere stato un

il mezzano degli amori Ginevra e del cognato nel romanzo Francese di Lancellotto du Lac Ed era a que' tempi in un col romanzo personaggio cotanto noto che fu citato

personaggio di tal nome


di
,

da Dante medesimo in quel celebre verso


Galeotto fu
(l) Il
il

libro e chi lo scrisse (l)

Boccaccio nelle sue Lezioni a Dante (p. 323.


:

T.

I. )

cos dichiara quel verso


,

vuol questa donna


,

d'irei

che quel libro


iificio

il

quale leggevano Paolo ed ella


loro
,

quello

adoperasse tra

che adoper Galeotto


di

con

Lancillotto e la Reina

(^cio

mezzano

).

284

ILLUSTRAZIONE
quell' intitolazione ingiuriosa

Chiaro dunque , che

non pot venirgli dal proprio autore (i). E ci sembra dimostrato dai contesto della copia del
Mannelli
to
,

ove
y

si

legge

Incomincia

il

libro

chiama.

Decameron cognominato il principe Galeotto IL Alcuno reput i novellatori e le novellatri,

personaggi veri e respiranti , e volle indagare chi

fossero (a).
di leggieri

Ma

ogni uomo, che ha


esser

fior

d'ingegno,

comprende

cosa di
,

niun momen-

to r affaticarsi nel ricercarlo

e nel
,

tempo mede-

simo impossibile a sapersi oggid


quelli volle
il
,

giacch se fra

Boccaccio qualche suo contempolo fece in

raneo
ossidi

effigiare

guisa da non poterlo


.

alcun

modo

chiarire
,

Non cos
il

de' luo-

ghi del Fiorentino contado


scrisse nel

che

Boccaccio de-

Ninfale d'Ameto, nel Fiesolano, e sin.

golarmente nel Decamerone

Questi
:

tuttavia

si

ravvisano poco lungi dalla citt e furono non me-

no avidamente
queste cose
ro
,

ricercati

da' curiosi

indagatori di

delle

adiacenze di Napoli da
E' in bala de'
,

Omesommi

da Virgilio descritte.
il

scrittori

render classica ogni regione


,

e fa duo,

po ad

essi

non meno che


vero

a'

dipintori

per deli-

neare magistralmente la natura, e colla sua natia

vaghezza

ritrattarla dal

Il

Boccaccio posses-

sore d'una villetta nel popolo di

Majano,
,

si

com-

piacque di descriverne

le

adiacenze

e singoiar*

(a)

Mann.

p.

140.
8.

(1)

Heiber Rag. Lion. lSl- p.

TERZA
mente
ti.

285
ubertose del

le

amene pendici
,

e le valli

Fiesolano colle

alla alla

sua modesta dimora adiacen-

Quindi che

vaga dipintura, che


,

fa della

prima dimora della

lieta brigata

si

riconosce Pog-

gio Gherardi: alla descrizione del sontuoso palagio, che scelse dappoi, per
sti visitatori

non esseve da mole*


villa

turbata

la bella

Palmieri (a)
quella

Ed

alla

magica descrizione
,

eh' ei fa di

ri-

tonda ed angusta valletta


belle

ove Elisa condusse

le

donne
(b)
,

a sollazzarsi

e bagnarsi nella calda sta-

gione

si

ravvisa quell' angusto pianetto, per cui


,

Affrico scorre
se,

dopo avere due montagnette


le balze

divi-

quando abbandonate
il

di

pietra viva,

nell'adiacente
gliesi sotto
III.

piano in un bel canaletto racco-

Fiesolano Claustru della Doccia (i).

Ma
.

lasciato tale

argomento passiamo partidi questa


,

tamente ad
prosa

illustrare la storia

celebre

Come abbiamo
libro

narrato

fu in alcune cose

questo

debitamente ripreso,

particolar-

(a) Gior. 3. Proeni.


(i) Il Sig.

(Z)

Gior. 6. Noi', x.
scrisse un' opera intito,

Ruberto Gherardi
da' quali

lata
i

che Ms. presso mi fu gentilmente concessa. Ivi Esso va ricercando minutamente queste topografie scoperse da un istrumento avere Boccaccio padre del nostro posseduta una villa nel popolo di Majano. Da quest' opera trasse il Bandini ci che dico nelle lettere Fiesolane ( lett. 3. ) per provare che la villa Palmieri detta ancor de' Tre Visi nel paese di Schifanoia fu la seconda dimora de' novellatori
.

La

Villeggiatura di

Majano

suoi figli,

22

^86
mente
vi
si
si

ILLUSTRAZIONE
scagliaroii

contro esso

regolari

che

niti in

vedevano molte volte o rij^resi, o scherun modo che lor sembrava di soverchio
,
.

mordace

Indi che desiderosi di spengerlo

ne

proibivano la lettura, come pregiudiciale

al costu-

me
fra

e de' pi caldi assalitori del

Decamerone fu

Girolamo Savonarola
,

il

suo compagno fra

Domenico da Pescia
leggere questa, ed

quali nelle loro pubbliche


,

predicazioni persuasero

esservi tanto pericolo nel

altre

opere, e
i

nel

ritenerle

presso di se
torsi di

che
i

determinarono

Fiorentini a
,

casa
,

dei Petrarca

e di

ture lascive, e

Decameroni , i Morganti le rime Dante e le figure e dipinad arderle in mezzo della piazza
,
,

de* Signori l'ultimo d del Carnevale

del

1497.

Per
sti

lo

che rarissime sono


{a).

le
il

prime stampe di queSavonarola


,

libri

Anco dopo

si

conti-

nu a disapprovarne

la lettura

e nel secolo

dopo

fu neir indice de' libri proibiti notato

IV. Molte edizioni del Centonovelle

compar-

vero nel secolo decimoquinto*,

ma

toltane la prilo-

ma

senz'anno (1), e

1'

altra del

1472, quella

(a)

Mann.
d'

p. 633. e seg.
in

(1) Il

Decamerone
anno
,

luogo

e di

stampatore
.

fogUo senza indicazione di Con quaranta linee


.

per pagina per lo pi

Di

caratteri ineguali e rozza-

mente composti
zione Fiorentina

In fine
del
e
I.

Deo
il

gratias

si

crede edinella
(

1469, o del

H^jo. Esiste

Magliabechiana
Cut.

presso

Conte Borromeo

Fos:

Magliab.

t.

p. 375.)

TERZA
nevala per
ventisettana
testo
la
,

287

data da' Deputati, e questa dal .Salvi ati, che temigliore che esistesse innanzi alla
nelle altre

non

si

fece che guastar


,

il

come accade de' libri riprovati essendone la condanna titolo sicuro di spaccio appo gli scostila
raati.

tanto and crescendo questa licenza, che


secolo, appena vi
sull'
si

nelle ultime stampe di quel

ravvisa

il Boccaccio incominciaCi mosse mento del secolo decimosesto Niccol Delfino, patrizio Veneto a darlo in luce nel i5i6 da lui emen.

dato

ma
,

sebbene

la sua le/ione Tosse ristampata


i

pi volte asseriscono
. . .

Deputati che
,

ei lo fece

da

1471 Ven,

f.

per Grlstofolo Valdarfer con molti


.

luoghi variati in peggio


P- 4.)
.

Buonam.

leti,

i-lsp.

al

RolL

1472 f. Mantova, Petrus Adam de Michaellbiis , ejusdem urbis civis imprimendi auctor Edizione lo.
. .

data dal Salviati


.
.
.

di
.
.

Decam. ) Catalog. Cappon. ) ( 1475 f. per Giovanni di Reno senza indicazione luogo che credesi Vicenza. (Mann. p. 637.)
.

Pref, al

1416
.

f.

Mediol. Antonius Zarottus Parmeiisis

ini-

pressit
.

1478
1481

f.

Vicenz. presso Giovanni


)

di

Reno. {Ca"

talog.
.

Creven.
f.

Ven. per Antonio da Strada Cremonese.


)
.

(
.

Catalog. Capp.
. .

14^4 f Ven. per Baptistam de


1488

Tortis

(Buonam.
Bologna
. .

Le).
.

f.

Ven. per Pellegrino Pasquali

di

1492 f. Ven. per Gregorio de' Gregorj Esisteva in Zurigo nella biblioteca Heydeger ( Cox. Voyag. en
.

Suis

voi.

I.

lett.

IX.).

q88
uomo poco

illustrazione
intendente della toscana
favella (i).
incorainda'

Una
ti

sola

Toscana edizione comparve suU'


secolo decimosesto
fatta

ciamento del

Giun-

(2), la quale

non reca

lustro

veruno a quella
tre novelle d'al-

celebre stamperia.
tro autore
pili
,

Vi aggiunsero

e non si dierono cura veruna di darlo emendato degli antecedenti editori V. Il celebre Aldo Manuzio che con tanto sa,

pere erasi affaticato a dare in luce emendatissime


le pi celebri

opere della Grecia e del Lazio

rav-

volgeva neir animo di dare un' emendata edizione


di queir opera
,

ma
.

soprappreso da morte non com-

pi quel lavoro

da' torchi
,

Aldini non vide la

luce

il

Decamerone
il

che per opera di Francesco


dedicatoria a Monsignore

Asolano,
vel suo

quale nella
si

Koberto Magio
zione ridotto

primo stato
,

vanta di averlo dato in luce: ed alla sua vera , e sana le,

siccome eralo stato per opera di Al(3)


.

do Manuzio suo cognato


.
.
.

Ma

sia

che Aldo non

149? Ven.

f.

per Antonio Gazag.

1498 Ven. f. per Maestro Manfrine da Monferrato , con figure in legno ( Catalog. Borromeo ) l5i6. \^en. 4. per Gregorio de' Gregorj del (1)

mese
.
. .

di

maggio

l5i8 Ven.

f.

per Agostino di Zanni da Pontese.

iSsS Ven. f. Per Bernardino di Viano. 1526 Ven. per que' da Sabbio 8 colle emendazioni di Marco Astemio da Valvascione i5l6 a d XXIX. di Luglio Firen. per Fihppo (2)
.
.

di

Giunta
(3)
. . .

4.

l522 Ven.

Aldo

4.

La Magliabechiana ne

TERZA
apponesse V ultima

289
,

mano

alle sue correzioni

sia

che

e{r\

fosse nella volgare favella


,

antiche versato

sebbene nettasse
,

il

meno che nelle Decamerone

da molte mende
zione
,

non

lo restitu alla sua vera le-

anco a sentimento de' Deputati VI. Tuttavia Aldo tanto ne miglior


,

la lezio-

ne

che serv questa

di

fondamento alla celebre


torno
si

correzione del i527. In quel

risveglia-

rono Toscani
i

per vendicare le onte fatte a quella


.

vaghissima prosa
ni vergognosi
,

Alcuni

illustri
il

giovani Fiorentilo

che andasse

Decameron per
,

mondo
dendo

cos bruttamente trasfigurato


di

comprenlo-

quanto danno
gli

fosse alla nostra dolce

quela r accreditare

errori de' passati editori,

penna del Boccaccio si volsero ad emendarlo. Sappiamo da' Deputati, che questi benemeriti Fiorentini furono Bardo Segni Antonio degli Alberti Stiatta Bagnesi Antonio Franchini Francesco Guidetti Pier Vetdi dire dell' aurea
,
, , , ,

come modi

tori

Baccio Cavalcanti
tal

Eglino

vi

s'
,

applica-

rono con
luoghi

diligenza, e con tanto sapere


d'

valendosi
in

della stampa
,

Aldo

ma emendandola
testi

tanti

soccorsi da buoni

a penna

e dal loro

ingegno, che la loro emendazione fu in altissimo o =>


possiede copia colla seguente nota di
tati
,

serv

per copia a Giunti

mano de' DepuVanno '21. Riavuto


3. d'

dal Pisa Vice Inquisitore questo d

Aprile iSzi.

Alcuni Cataloghi hanno


del l5i7.
esistito
8.

riferita

uh' edizione Aldina

ma

il

Renouard
l.

asserisce

non essere mai

{Catal. Aid. T.

p.

l38.).

2()0

ILLUSTRAZIONE
i

pregio appo tutti


d pregiatissima
sto
,
.

posteriori editori
i

ed tutto

Dicono

Deputati

(a)

che

il

te-

che eglino

stessi si

proposero come pianta di

tutto l'edifizio'./u quello che da alcuni loro giovani


nobili
,

e virtuosi

con gran diligenza


;

non minor

giudizio fu corretto

e soggiungono, che questi furaffrenare alquanto

rono

primi

che tentarono di
,

la troppa

libert

che molti
,

vevan cominciato a

pigliarsi in quest' autore

da que valentuomini pur-

gaio da tanti,
dibil
lo

e tanto

gravi errori, che quasi incre*

sarebbe a chi non vedesse il libro proprio, e comparasse con quello che era prima negli stampati Pubblicarono questa loro aurea fatica in Fi.

renze per

le

stampe degli eredi


ventisettana

di Filippo d

Giun-

ta nel i52,"3, per lo che questa edizione vien detta

comunemente

la

Ma

a giudizio dei

Deputati a render perfetta

quell' edizione

manc

loro r aiuto della copia del Mannelli, detta l'otti-

ma
in

o la videro tardi (i): ed anche accadde: che


luoghi nel libro
^

certi

loro

fu
ei

racconcio bene

nello

stampato sta male

o eh*

trovassero la mi,

glior lezione

quando gi
il

il

libro era fitnto

come

gi detto

o che

correttore particulare delle stam.

pe vi peccasse per poca cura o per altro


(a) (l)

Talch

Proem.

all'

Ann.

Questa copia del Mannelli, di cui pi sotto ragioneiemo apparteneva ai Medici, ma fu lor trafugata
,

al

tempo della correzione. Ritrovata da Baccio Baldini medico di Cosimo primo, fu al Granduca restituita (^ucc,
del Manuel. Pref. p.
x.
)
.

TERZA
anco
la
,

291
(i).

vciitisettana, sebbene l'edizione la pi re-

putata
(l)

non

tuttavia senza

mende

Di questa pregevole, e cara edizione ne esiste ove di mano di uno dei copia nella Magllabechiana Deputati e probabilmente di Vincenzio Borghini leg, ,

gonsi le seguenti curiose notizie, relative

al

nostro ardi

gomento,

chequi trascriviamo
si
1

come documento
.

molte cose che

asseriscono nel contesto

Di mar-

(settanta cio secondo lo stile Fiorentizo 1570, 7 no settantun secondo lo stil comune ) fu mandato dal maestro del Sacro Palaz,zo un Boccaccio della stampa d'Aldo {in margine) stampato nel l522 a Filippo Giunti con facolt di metterlo in mano alV Accade,

mia

ed

altri
,

certi luoghi

che pare s sino a proposito per rassettare quali da loro erano stati notati , levati ^
,

e ritocchi

questo Boccaccio

d'

Aldo

quello

stesso

da noi citato di sopra) con facidt di poter per continuazione dell' istoria aggiungere ed accomodare altri-

menti

le

parole

purch quello
,

che loro avevano riso,

luto levarsi via

si

levasse

o imitasse

di sorte

che

non fosse tocca


su ci mandati

in cosa

alcuna la reverenza e maest


quali sono questi copiati

della S. Religione o de' suoi ministri, come ne* capitoli


si

dichiara

ad verbum
1
.

Avvertimenti per rassettare


Si

il

Boccaccio
li

ha da avvertire
quali sono
,

che
si

tutti

luoghi ove sono

le

lince alle carte piegate


,

ha da levare la parola o
linee
.

parole

sotto

dette

OTx'e/-o

mutarle

in altre
2.

che non diano scandalo

Che dove sono tirate le linee per longo tutto quelo mutato in altra forma lo innanzi va levato o scandalo 3. Che per niun modo si parli in male de preti frati, abati ^ abhades se monaci y monache ,
,
.

2f)2
VII.
riori

ILLUSTRAZIONE
Tutte
le

edizioni

del
,

a quella del ventisette


proposti
z'escoin

oltre

Decamerone antead essere pi


:

piovam
mutin
meglio
.

o altre cose sacre

ma

si

li

nomi\ e

si

faccia per altro modo che


altri

parr

dell* Accademia gran principe pur sotto nome di Filippo Giunti gV infrascritti che dal Granduca fu-

Furono dal Consolo , ed

proposti al Granduca, e

ron

tutti
.

approvati
I proposti

ed aggiuntoxn se voleva M. Piero


sebbene se ne poteva mettere molti
il

Vettori
altri
si
,

credo per non moltiplicare tanto


,

numero

che

venisse a confusione

furono scelti per diversi rispetti


.

e considerazioni questi solamente

Monsignor Vescovo di Fiesole


Cattani

-,

il

giovine ,{ Francesco
,

M. Antonio Benivieni M. Luca Martelli Consolo Il Priore degV Innocenti ( Vincenzio Borghini M. Agnolo Guicciardini M. Iacopo Pitti , M. Baccio Baldini M. Bastiano Antinori

da Diacceto
,
)

Il

S.

Prijicipe ne

segn particularmente quattro, che


, ,

hanno sopra V. ( cio il Benivieni il Borghini il Guicciardini, e. V Antinori) Alla correzione del 2% si trovarono Bardo Segni frate! di Fabio che fu il principale, Antonio degli Alberti, Stiatta Bagnesi Antonio
.

,,

Franchini, Francesco Guidetti, Pier Vettori,


Cavalcanti qualche volta
.

Baccio

Seguono
la

le indicazioni de' testi, di


.

cui

si

valsero per

correzione

Nota che non


si

tutte le di^eren:ie de* sottoscritti testi

notarono,

ma

solamente quelle
)

del
.

testo
si
,

(cio

dell*

ottimo o copia del Mannelli

Gli altri

cred

per

lo pili

non essere da tenerne gran conto

pur ne

notai alcune secondo

V occasione

luoghi ove venne.

Vuol dire confronta col testo del 27 cio come e nello

stampato

TERZA
o meno difettose per
simo per r ortografia
.

29
,

la

lezione

eranlo moltis-

Imperciocch anticamente
de' manoscritti
,

non

solo le

buone copie

ma

gli

La prima stampa
delle prime

innanzi V anno 1400 (cio l5oo)


(

L^
fj

stampe

quella che abbiamo noverata la

prima)

Che ha una carta

scritto

moderno

nel

mezzo

in

foglio, con pi fogli male.

Che ha contrassegn f. ordinario Un testo con V arme de Bolognesi innanzi


. .
.

O- vi
in su

A.

la coverta d' asse

Un Un

testo in foglio reale

grande

QQ
li-

testo scritto in
.

Montalcino Vanno 1462 della

ft

breria de* Medici

Le cose che sono rigate , e cancellate con ghe e col contrassegno O sono del libro
(cio del Mannelli).

certe ri-

di contro

Un
Un

libro riscontro
(

con un antico di M, Gio.


)
.

Caddi

^
C\

per M. Matteo
Perche
si e

pare

Franzesi.

testo del Rigati

che ci si aveva a fare , per que' luoghi che sono paruti scandalosi a qu* di JRooltre al rassettamento
TTia,

preso di correggerlo ancora


,

il

pi.

che

si

pu
che

nella lingua

per guida
1

si

seguito per lo pi quello


,

stampato V anno
noter qui pie.

li

e usateci certe diligenze

Essi riscontro con

testi

a mano e sono notate in mar,

gine

le
si

differenze contrassegnate tutte testo per testo

come

noter di sotto

so che

perche M. Luca Antonio Ridolfi scrisse gi non su certe annotazioni d' un certo Ruscello , olle
,

p?"]

sunnotate luogo per luogo, e segnate


Ridolfi.

le carte del libro del,


.

stampato in Lione per poterle considerare

294

ILLUSTRAZIONE
,

originali medesimi de' pi chiari luminari d'Italia

erano manchevoli
da'

e difettosi

come

si

ravvisa
,

e e

frammenti originali del Petrarca


,

trascritti

pubblicati dall' Ubaldini

e dal testo Mannelli co-

piato scrupolosamente sull'autografo del Boccaccio


.

Ma

que' del ventisette ebbero particolar cura

anco di questa parte aggradevole dell'impressione. Quello che rend avvertiti e gli scrittori, e
gli editori in

questa parte grammaticale tanto im-

portante fu
a
scrivere

il

Bembo

nelle sue Prose, che insegn


.

regolatamente la nostra favella


i

Egli

E;l aven<lo io riscontri

luoghi notati, riconobbi che

r opera del Ridolfi

quel Dialogo intitolato Ragionad'

mento avuto

in

Lione da Claudio
1'

Berbere ed Ales(

sandro degli liberti .stampato in Lione


di cui sin qui

Rov.
.

557. 4-

ne era ignoto Ci sono ancora notate certe


e dal Delfino
,

autore

l'arieta di Leioni
,

toc-

cate in testi pure stampati

da Aldo

dal Dolce, dal

Ruscello
e

da

altri

sono notate per A. D. R. D. ) non perche siano di molto utile , ani>i chn
(
,

sono dannose

il
il

pi delle volte false

ma
,

perditi
e

meglio

si

conosca
i

danno, che hanno


,

fatto

a questa lingua
'

poco intendenti
.

e foresti

fanno guastan-

-p

do quello che non intendono


significa
il

La

nota B. in margine

Bembo
il

e sono per lo pi luoghi delle sue


,

prose

ove cita

Boccaccio

e sono segnate le

carte
,

secondo V ultima stampa di Firenze del Torrentino


rette
^

cor-

dal Varchi

Questi

quattro punti in

figura di rombo

e la nota

di un testo a
Significa
il

mano

rap-ionevole di

M.

A. C.

testo della libreria del


(

Granduca
.

fu di
.

M. Baccio Baldini

cio la copia del Mannelli

TERZA
dopo avere appresa
del secolo decimoquarto
,

295
principalmente nel
eh' egli die in

la lingua negli aurei scrittori

ma

CentonovcUe
scernimento
mirabile
,

ne trasse regole,

quelle prose, con una squisitezza di gusto, di di,

di critica

e di ragionamento tanto

che sono divenute leggi invariabili per


,

ordinatamente

e puramente scrivere questa nostra

favella. Infatti scritte le

prose del

Bembo, com,

parvero daJle celebri stamperie degli Aldi

e dei

Giunti opere regolatamente stampate, e maestre-

volmente emendate.
Vili. Nelle posteriori stampe del

Decamerone
,

fu seguita per lo pi la correzione del Delfino


la ventisettana
.

pu

dirsi

che alcun vantaggio

arrecassero alla lezione di quel libro le molte edizioni che ne faron fatte
,

anzi gli fecero non poco

danno per

essersi tutte pii

meno da
il
il

quest' ul-

tima allontanate. Fece cosa utile


pubblicarlo per avervi aggiunto
le voci usate dal

Vidali(i) nel

vocabolario del-

Boccaccio di Lucio Minerbi, pri-

mo

libro di questa fatta


.

che noveri

la nostra linpii

gua Verso

la

met

di

questo secolo fu vie

peg,

giorato per opera di alcuni sedicenti letterati

che

inondavano Venezia
rie fatiche

quali dalle loro mercena.

aspettavano pane

Ivi

accadeva quello

che praticasi oggid in un circolo della Germania:


si

ristampavano

le

opere classiche prometten-

(i)

i535 Ven. in

8. Il

Manni

riferisce

un' edi-

zione del Vidali del i533

8.

296
pili

ILLUSTRAZIONE
,

'

dole migliorate

corrette

illustrate

ma
dell'

per lo
cor-

mutate in peggio.
,

questi presuntuosi

rettori

o guastatori

si
,

debbe T origine
,

opinio-

ne

di

alcuni Italiani

che sostennero doversi avere


lin-

per nulla V autorit de' Toscani in fatto della

gua opinione
:

che oggid ha grandemente prevaU


si

so.
il

Fra questi correttori


,

distinse particolarmente
il

Dolce

il

quale nel pubblicare

Decamerone

vanta vasi

d'

averlo corretto colle regole date dal

Bembo

nelle sue prose, sebbene capricciosamente,


il

per non intendere


favella toscana.

vezzo

e la grazia della pura


fatte pii

Il

medesimo avendone

ristampe , spacciava l'ultima come la sola genuina


lezione del testo
lo riprese
il
.

Di un proceder

cos
,

impudente

Buscelli in tre discorsi

che indiriz-

zogli (a), giustamente osservando,


dirsi in
la sola

che per contra-

ogni ristampa, e spacciare l'ultima, come

genuina

faceva duopo ridersi del suo ono-

re

e volerlo prostituire

IX.

Ma

chi

il

crederebbe

Questo censore del

Dolce pubblic il Centonovelle guastandolo non men di lui. Era il Ruscelli pieno di presunzione
in materia di lingua, perci nell'avviso al lettore
si

die vanto d' aver corretto


in
pili

il
.

testo del

Boccac-

cio

di

settanta luoghi

Aggiunse alcune

postille marginali alla sua

stampa per avvertire o

le voci

che

gli

che reputava affettate

parevano starvi duramente ,0 quelle troppo lunghi , o i periodi

(a)

Ven. l553. in 8.

TERZA
e da non imitare
solo ne fu
.

297
non

Di

cos pazza presunzione

ripreso dal Castelvetro (i),

ma

deriso

dal Grazzini

leggiadramente

Non

ti

bastava pedantuzzo stracco


,

Delle muse e di Febo marivolo

Aver mandato mezzo Dante a sacco ? Che lui ancor che nelle prose solo , Hai tristamente s diserto e guasto Che d' una lancia fatto un punterolo
,
,

Anche

il

Sansovino ed
il

il

Brucioli
,

si

messer dietro
fecero verun
si

ad acconciare

Boccaccio

ma non

miglioramento notabile, perch non


delle varie Lezioni

valsero che

delle edizioni
il

anteriori.

Dal

Centonovelle trasse

Sansovino argumento
,

di scri-

vere molte lettere morali


te quel
libro

considerando meritamen-

come
il

la storia del cuore

umano
il

(2).

X,

Anche

Rovillio in Lione pubblic

De-

camerone con una breve vita dell' Autore scritta da Lue' Antonio Ridolfi che vi aggiunse le belle forme del dire del Boccaccio ed alcune annota, ,

zioni tratte dalle Prose del

Bembo Questa
.

edizio-

ne fu

assistita
,

e corretta da Francesco Giunti ni

Fiorentino

e pel suo piccolo e

comodo

sesto

per

la nitidezza , e per accostarsi

quanto alla correzione ,


,

alla ventisettana

tutt' ora in gran pregio


il

seb-

bene
(1)

in alcuni luoghi la criticasse

Ridolfi in una
della lin-

Correzione d'alcune cose del Dialogo


Basii.

gua del Varchi.


(2)

l522.

4. p.

5^.

Lettere sopra
8.

le dieci

giornate del

Decamerone

Ven. 1542.

298

ILLUSTRAZIONE
E
poco dopo
,

lettera aggiuntavi.

il

suddetto Ridolfl

pubblic una sua opera (r)

per restituire alla loro

vera lezione molti luoghi guasti dagli antecedenti


editori
,

ed

in particolar dal Ruscelli

opera di soe

Terchio diffusa,

ma

scritta

con maestra,

con

cri-

tica in materia di lingua.

XI. Francesco

Alunno da Ferrara

circa lo stes

o tempo die pure un edizione del Decamerone

alquanto stimata

nella dedicazione a

Lodovico
un.

Tridapale disse, che.avea data opera d'avere

Decamerone
esser quello

tratto

dall'originale dell'autore, ed
dall'

corretto

Accademia Fiorentina
l'

antica per opera del molto magnifico Niccol Delfino


.

Ma

intender

si

debbe , che

accennata corre-

zione dell'Accademia Fiorentina era quella fatta

stampa del ventisette Era noto r Alunno per due opere precedenti 1' una eh' ei indagli editori della
.

titol le

Ricchezze della Lingua sopra


,

il

Decamei

rone

nella quale ragun tutte le voci


,

parlari

proprj

o metaforici del Boccaccio


,

dichiarandoli

non sempre felicemente e aggiungendovi Io spoglio delle voci usate da questo eloquente scrittore
nelle altre opere. E' cosa strana per, che a tal uo-

po

ei spogliasse

T edizione

c^orretta dal

Delfino
la

stampata daque' da Sabbio nel i526, e non


(l)

vende

Ragionamento avuto
,

in

Lione da

Claudio

Herber

e da Alessandro

Uberti sopra
.

alcuni luoghi
4.

del Centonovelle del Boccaccio

Lion. Rovil. i552.

Abbiamo

osservato di sopra coli* autorit de' Deputati


(

essere suo lavoro

Not. al cap. v.

TERZA
tisettana
ta
.

299
alla

che

ei

pubblic dopo , come la pi corretei

Uu

altra

opera

compose
di

quale die
,

il il
.

bizzarro titolo di Fabbrica del

Mondo

e che

Tassoni chiam

fabbrica
lo spoglio

mattoni mal cotti

Riun in quella

delle

voci di Dante,

del Petrarca, del Boccaccio, e di altri buoni scrittori ch'ei dichiar (i).

Queste opere ebbero molto


,

spaccio

furouo ristampate pi volte


.

ed erano
,

utili

agli scrittori

Giacciono oggid dimenticate


il

e lo

furono subito, che comparve


favella (2).

gran Vocabolario

della Crusca, unica guida autorevole della nostra

(i)

gUuoli

Le ricchezze della lingua Ven. d' Aldo 1543 f.


fabbrica del
f.

in

casa de'

fi-

La
(2)

mondo Ven.

per Niccol

de' Bo-

scarini 1546

zioni

Ecco che

il

Catalogo di alcune delle pi celebri edifrapposero fra la ventisettana


,

si
.

e quella
ri-

de' Deputati

Tralasceremo

di

parlare di tutte le

stampe di queste edizioni, non essendo nostra intenzione di riprodurre una fatica fatta gi dal Conte Mazzucchelli nel suo Dizionario
.
.

all' articolo Boccaccio l52p Ven. per Alessandro Sindoni in 8 segue


.

la

lezion del Delfino


.
.

l53i Ven. Marchio Sessa in 8 secondo


.

la

lezion

del Delfino
.
.

l532 Ven. Per Bernardino Vitali

in 8

col voca-

bolario di Lucio Minerbi


.
.

l535 Ven. Vitali

8. col vocabolario suddetto. l536 Brescia per Lodovico Britannico in 8 edi.

zione che accostasi alla ventisettana

3oO
fese fatte

ILLUSTRAZIONE
i

XII. Sebbene dolentissimi

Fiorentini delle of-

da presuntuosi o ignoranti della nostra

favella a quella prosa, che sola le

aveva data, e
da Sabbio 8 ac-

l537 Ven. per Pietro Niccolini


.

costasi alla ventisettana


.

l538 Nuovamente ricorretta da Antonio Brucioli Ven. Gio. i538. 4. l538 Ven. Zannetti 8 corretta dal Brucioli accostasi alla ventisettana ( Buonamici ) 1640 Ven. Farri in 8. 1541 Ven. Curzio Navo 4. nuovamente alla sua vera lezione ridotto da Lodovico Dolce. 1543 Ven. in 4. Giolito nuovamente corretta dal
. .
. . . .

Brucioli

1545 Ven. Bindoni 8. 1646 Ven. Giolito 4. Secondo gli antichi esemplari , con la diversit di molti testi con la vita dello Autore scritta da Francesco Sansovino
.
.
.

1648 Ven. Giolito l55o Ven. Giolito

4. 4.

l55o Ven. Giolito

4.

Le ultime quattro
.
.
.

edizioni sono

scorrettissime

se-

condo il Buonamici ( Replic. p. 29. ) l552 Ven. Comin da Trino in 8. l552 In Lione per Guglielmo Rovillio 12. ... 1 552 Ven. Valgrisi 4. Ridotto alla sua intera perfezione non meno nella scrittura che nelle parole per Girolamo Ruscelli i565 Lione Rovillio in 12. Questa la pi reputata
. , .

edizione del
. . .

Decamerone data
Paolo

dal Rovillio.
4.

Ven. Per

Gherardo
nel

Edizione assistita
si

dall'

Alunno

e dell'

anno iSZ come

rileva dalla nota

apposta a questa

edizione

Catalogo

Capponiano

TERZA
norma
,

3oi
ciarla in
,

e forma

non ardirono
altri scrittori
,
,

luce dopo

che fu con molti

o rei o sospetti dal

Sacro Concilio di Trento

con questa condizione

Alcuni esemplari sotto il ritratto dell' Alunno portano anno 52Z quasi che dir si volesse che era simile alla Giuntina di quell' anno, dalla qualo in vero di pochissimo si discosta Qui sotto daremo il catalogo di alcune altre posteriori edizioni , che ebbero qualche fa1'
1

ma; alcune
per riunirne
.
. .

delle quali ci accadera di


1'

intiero prospetto in

rammentare , e ci una sola annotazione


,

l5"3

Fir. 4.

per Filippo , e Iacopo Giunti

couietto

da' Deputati.
.
.
,

1582 Ven.
l58'3
Fir.

4.

per
i

Giunti
4.

corretta dal Salviati


dall'

per

Giunti
.

Edizione citata

Ac-

cademia ne furon
.
. .

della
fatte

Crusca

Della correzione
.

del Salviati

molte ristampe

l588 Ven. Fabio ed Agostino Zoppini


Grotto Cieco
d'

vo riformato da Luigi

4. Di nuoAdria con le

dichiarazioni, avvertimenti e

un vocabolario
.

fatto da

un utile confronto fatto dal diligentissimo Buonamici ( lett. resp. p. 32. ) di 24 luoghi difficili ne' quali hanno ombrato il pi degli editori di queste edizioni colla copia del Mannelriferire qui
,

Girolamo Ruscelli Crediamo dover

Ristampato pi volte

li

da questa collazione potendone inferire


.

il

merito

della correiione delle citate edizioni

pa erra due volte


nelli

e ventidue

La prima stamconforme al Man14.

Il

ValJarfer erra 12. volte

Gregorj i5.

Sabbio
dali 17.

18.
--

i5i6 Giunti
iS-lZ-

18.
5.

~ Il Tnrti ~ Aldo 18. -colla

Il

Quc' da

Giunti

l529. Bindoni 18.

- Vi-

Brittannico 7, cinque

ventisettana,
anzidetta e

e due solo.

Niccolini
9.

6, cinque
16.

coli'

una

solo

Zannetti

Navo

Farri io

1542

23

7)01
notata
,

ILLUSTRAZIONE
clie
,

il

Icf^gerla fosse

interdetto infino a
di

che quello
correggesse

che era vi meno

buono
Il

e pio

si

Di che

si

mostravano desiderosi
.

tutti
,

quelli che del bel dire erano vaghi

giusto

comune

desiderio, oltre alla carit della patria,


,

pot tanto e della lingua del suo terreno natio neir animo del Granduca Cosimo primo, e del gran principe di Toscana, che porsero preghi a S. Pio

quinto per la correzione del Centonovelle , il quale in Roma ne affid la cura ad alcuni teologi, i
qua44 ne

dove parole dove sentenze e dove parti intere (a) La morte di quel Pontefice fece che soltanto sotto il Pontificato di Gregorio
tolsero
, ,
.

decimoterzo fosse condotto a compimento quanto divisato aveva Cosimo primo. Nel iS^i fu riman,

dato

il

Decamerone mutilato

dal maestro del sa-

cro Palazzo

con facolt

Tommaso Manrique a Filippo Giunti di metterlo in mano dell' Accademia


i

per consultare

luoghi da lor notati

levati

ri-

tocchi: e furono a ci Deputati Antonio Benivie-

(a)

Pref. al Bacc. di iSl.

Giolito

i6-

1545. Bindoni i5

--

l546. Giolito i5-- 1548


--

Giolito 16

"

i55o. Giolito i5

i552. GioHto i^.


--

--

Valgasi

17. --

Comin da Trino

16.

Roviglio 18.

Paolo di Gherardo 6, coli' edizione del 22, ^ una la. 1573. Giunti, simile ne' ventiquattro luoghi al Mannelli l582. Giunti, simile ne' ventiquattro luoso-

ghi al Mannelli
cos

arbitraria,

La come
.

correzione del Cieco d' Adria e


dirassi,che non merita che se ne

faccia parola

TERZA
ni,

3o3

Vincenzio

Borgliirii
i

Agnolo Guicciardini, e
si

Bastiano Antinori,
ni, sia per salvare

quali

adoperarono due anche


,

pii intatto

potevano

il

li-

bro dalla censura del Manrique


te rimasa
illesa
,

quanto nella pardebbe


che

per mondarlo dalle offese fattegli


.

da' precedenti editori

creder

si

fos-

se la

prima parte

la

meno

laboriosa,

come appari-

sce da

una

risposta al revisore su questa espurga-

zione

dalla quale appare essere stati fatti loro so,

vente obietti

che dimostravano in lui poca peri-

zia nel volgar nostro (i).

XIII. I Deputati

onde nella parte rimasa

illesa

dalla censura dell' Inquisizione restituirlo alla vera

mente dell'Autore,
fu

si

valsero di tutti gli aiuti che


.

somministrava Firenze

L' Edizione ventisettana


edilzio, correqfsen-

come

il

fondamento del loro


si

dola per col confronto dell'ottimo testo Mannelli: in

alcune dubbie lezioni


di altri testi a
.

valsero della prima

stampa, o
autorevoli

penna, che parvero loro


e dimostrarle vere
lo-

Onde non
,

apparire ne' loro cambia,

menti

capricciosi o arbitrar]

emendazioni

corredarono qaell' edizione colle

(l) Questa conservasi manoscritta nella Magliabecliiana ( Clas. xxv. Var. Cod. 664. p. 68. ) Basti a cagiofi d'esempio che ei riprov la frase: bellezze eterne del Cielo N si acquiet su ci che rimostrando , che eterno nella nostra favella significa cosa che non abha. fine, sebbene abbia principio. Convalidarono i Deputati la loro asserzione coli' esempio della Chiesa che invoca eterna requie ai defunti.
. .

3o4

ILLUSTRAZIONE

ro Annotazioni , le quali le servono di commentar) E' questa eccellente prosa la pi corretta e la piii

pura in fatto di lingua che abbia veduta la luce dopo il Centonovelle e utilissima a chi voglia
,

nella Toscana favella ammaestrarsi, per essere

la
,

compilazione de' loro spogli

de' loro riscontri


.

delle loro critiche osservazioni

Doveva comparire
,

nel iS^S neir anno appunto nel quale Filippo

Iacopo Giunti pubblicarono


fu divulgata che
nell'

Decamerone; ma non anno dappoi perch avendo


il
,

mandate
in

le

Annotazioni stampate
vi

all'

approvazione
lo

Roma,

doverono togliere alcuna cosa,


nll'

che non fecero che

anno seguente

(i).

que-

(l)

Ne

capit a

Queste annotazioni portano in fondo 1' anno i5":3. me una copia e ne esiste una pur anco
I.S'^S.

nella Magliab echiana coli' anno

nel frontespizio.

Magliabechiana quella tornata da Roma La approvazione di Fra Paolo Constabili maestro del coir Sacro Palazzo segnata ai xxx d'ottobre del l5zS. Ivi sono notate come nella mia copia le cose seguenti che
copia

leggono nelle altre copie ( Dedic. p. I ) ove dice. Onde siccome di gi V abbiamo stampato , (n segnato quanto segue , nel modo appunto nel quale fu in

non

si

Roma
il

intorno a casi della santissima Inquisizione


di

sotto

Pontificato

Pio quinto

corretto

e poscia
.

dalla

Santit di Gregorio decimoterzo confermato Nel Proe-

mio
(

foglio 2
,

al

luogo ove dice

Come

spesso

tempi

luoghi

nuovi accidenti fanno mutar natura alle cose


si

fu tolto quanto segue)

potesser pigliare altrimenti

e a diverso fine, che non fu quello allora dello scrittore ; e ne

fu dato

la cura in

Roma da Sua

Santit

TERZA
ste

3o5
dell'
,

annotazioni scritte a seconda

opinione degiu-

gli eruditi

da Vincenzio Borghini

come un
il

dizioso scrittore osservoUo, tolsero la baldanza

ad

una certa

sorta di persone di ritoccare

Boccac-

cio, e corromperne Io stile, e l'eleganza

come

per lo addietro era accaduto

(a)

XIV, La laboriosa
appagare ambe
be
.

fatica de' Deputati lungi dallo

le parti

fu biasimata da entram-

In corte di
il

Roma

sembrava che avrebbe me-

ritato
(a)

Boccaccio pi severa censura. Gli am-

Buona??!, leti. crii. p. 7.


si
,

(come gi
e scienza

altrove

detto) a persone di
:

giudizio

e autorit ragguardevoli
,

da

questi ne fu-

ron tutte le parole


tenere in se
i

e parti levate

che giudicaron con"


eie'

sopraddetti pericoli, del fatto


si

quali,
,

par che ciascuno

possa ragionevolmente qdetare


lo

debba ancora con ripoMa di questo poco occorre parsato animo approi'are ma dipendendo tutto dal lare non ci avendo parte giudizio e dal fatto d' altri : del quale non si pure in una parola traviato , e si loro cosa per cosa e
per la qualit delle persone
.

volta per volta sempre particolarmente per loro riscontro


,

e satis fazione

mandata
.

e dal loro giudizio e sta-

ferma , e stabilita Sembra da ci che i revisori di Roma non volessero tutto il carico di questa correzione , comecch temessero che non fosse ben accolta , forse ignorando che il Giunti nella dedicazione del
ta

La Magliabestampa de' Deputati chiana possiede inoltre questa del l573, e quella del Salviati del l582 con le giunte in margine di tutto ci che gli uni, e l'altro dall'oriDecamerone dava
loro lo stesso carico.

ginale vi tolsero

3o6
de'

ILLUSTRAZIONE
.

miratori del Boccaccio lo reputavano nella stampa

Deputati tarpato di troppo

Talch

il

Gran-

duca Ferdinando

primo

si

mosse a scriverne in

Eoma

per intercedere che comparisse

meno mutinon
scan-

lato, molle cose delle tolte giudicandole

dalose particolarmente nel novellare


l)ra

(a).

Non

sem-

che avesse effetto

l'

istanza di Ferdinando pri-

Il suo successore Francesco primo ordin che nuovamente si correggesse, o eh' ei sperasse in una nuova ristampa vederlo conservato pi inte-

mo

ro

o eh'

ei lo

facesse per compiacere

al

Ponte-

fice Sisto

quinto che voleva, che fosse di nuovo


il

emendato. Teneva allora


letterati
il

supremo scanno

fra

Salviati,

il

quale di per se stesso nelle

cose di lingua

erasi procacciata cotanta autorit


l'

che era venerato come

oracolo di Firenze
esso solo die
il

della

Toscana,
la

dell' Italia.

Ad

Granduca
lui

cura di questa correzione nel i58o, e due anni


alle

dopo comparve
ricorretto
.

stampe

il

Decamcrone da

Il

Salviati ninna opinione aveva delle

antecedenti edizioni fuor che di tie (l) e quindi

(a)

Man.

p.

656.

(i) Sai. Pref. al Decam. del l582. Degli stampati jnor che 7 socotido e 7 22 e ^rieZ del X-^ , non ne abbiamo ah^nno per buono : ed il '11 riputeremmo senza alcun fallo per molto superiore al secondo, se non
,

CL

paresse di conoscere sictiraiiente lui essere in molti


le piti

luoghi stato corretto di fantasia, avvegnach bene


volte
,

e per

acconcio modoy e con ingegno

si

vegga

fatto

TERZA
pareva egli doverci dare un lavoro

3o7 perfetto E co.

mecch alcuni luoghi per

la

diligenza

usatavi gli

desse anche pi corretti di quello che siano nella

stampa de' Deputati e conforme alla vera lezione; in altre parti lo mutil con arbitrio grandissimo
,

anche ne' luoghi


stume
(a).

ove noi richiedeva


os molto

il

buon coil

Non

si

criticare

Salviati
fine di
,

lui vivente; era

sempre presente l'infausto


del

Torquato Tasso per contese di questa fatta


Trajano Boccalini nella Pietra
risparmioUo
.

ma
tal-

Paragone non

Disse aver lui con tante ferite


il

mente lacerato
scibile
.

Boccaccio

che non era riconoche


Salviati non

quello

soggiunse, che in infinito ha ag


,

gravato tanto eccesso


per disgusto particolare

stato

il

che abbia ricevuto dal

Boc^
:

caccio, ha commesso cos brutto jnar.camento

ina

ad istanza

ie'

Giunti stampatori

di

Firenze

per

avarizia di venticinque scudi, che gli hanno donati

per premio di cos grande scelleratezza

Un

im-

portantissimo servigio rend alla lingua

il

Salviati

colla pubblicazione de' suoi Avvertimenti della /m-

gua sopra

il

Decamerone

(i).

Nel primo volume


-,

di queir opera tratt della sua correzione


di questioni, e di storie,

poscia
ai fon-

che appartengono

damenti della favella,

dell' ortografia, e partita-

mente

di moltissimi

prosatori del miglior

tempo,

(a)
(i)

Zen. nnt. al Fontanini voi.

2.

12;.
4.

ristampati

Ven. 1534, T. I. 4. Fir. i586. in, Napoli 1712. voi. 2. 4.

voi. 2.

Furono

3o8
che non

ILLUSTRAZIONE
erano allora in istampa
.

Nel secondo

volume orramiiiaticalmente d' alcune parti della lo dizione. Opera non mai abbastanza commendata,
opera , die con venerazione reveriva
tei (a).
il

Buommat-

XV. Luigi Groto detto il Cieco d* Adria fu l' ultimo, che pose mano a guastare il Decamerone. Fu pubblicato il Centono velie da lui riformato dopo
la

sua morte

per quanto Giovanni Sega dica


dell'

nella

Dedicazione

opera

che

il

Cieco di
Cieco fu

Adria per ordine dell' uffizio dell'Inquisizione intraprese cotal lavoro; egli certo che
il

quegli, che

all'

Inquisizione

il

richiese con granla

de istanza. Questa edizione

pi mutilata di

quante ne furon mai fatte, e appena pu ravvisarvisi


il

Decamerone
novelle
,

avendovi esso senza darne

avviso al lettore tolte via parole, frasi, periodi,


parti di
altre
,

novelle intere e sostituitovene

per sino nuovi incidenti

XVI. Non furono tanto frequenti le edizioni del Decamerone nel secolo decimosettimo E quelle che comparvero seguirono o la lezione del Sal.

viati

o quella del Cieco d'Adria.

Come
,

osservam-

mo

nella Prefazione alla vita del Petrarca, regna-

va allora tanta depravazione di gusto


lingua interamente decaduta
,

che era la

quindi
i

si

curavano

pochissimo, e

meno

si

studiavano

capi d'opera

della volgare favella.

Pure comparve nel i65 una

(a) Notiz.

degli Acc. Fior. p. 210.

TERZA
mo
(a), la

Zog

edizione del Centonovelle colla data d'Amsterda-

quale per essere stampata co' caratteri

Elzeviriani vien detta degli Elzeviri. Questa a mio

avviso e

per la sua nitidezza

e per la sua cor,

rezione la reputo una delle migliori


parse
,

che sian comeditori segui-

e di questa e del testo


.

Mannelli mi sono
Gli

valsuto per questa mia fatica

rono

la lezione

del 37

che corressero nella parte

non ritocca col testo del 7 3. XVII. Sali' incominciamento del secolo decimo ottavo, coltivandosi nuovamente la volgare favella, comparvero nuove edizioni del Decamerone fatte su buone copie. Nel 17 18 si pubblic in Napoli
in due volumi in 8
,

colla falsa data d'

Amsterdamo
Questa

per opera di Lorenzo Giccarelli letterato Napoletano


,

e grand' amatore di cose di lingua


di errori
all'
,

edizione sebben non manchi n splendida n aggradevole


,

e
,

non

sia

occhio

fu citata

da' Vocabolaristi unitamente a quella del Salviati

del 1587. Forse fu citata questa

Napoletana edi,

zione

come una

delie pi facili
il

da procacciarsi di

quelle che avevano

testo intero (i).

XVIII. Paolo Rolli pregevole letterato , e Poeta che aveva per soverchia opinione di se, e che

(a)
(l)

In 12.

slmile

Ne fu ma
,

piena d' errori

catalogo de'

una ristampa o contraffazione assai Il Conte Borromeo nel suo Novellieri ne nota le diversit per discerfatta
.

nerla {p. 16.)

3lO

ILLUSTRAZIONE
come accade sovente,
,

perci voleva,

esser maestro
il
,

di lingua senza studiarla

volle ristampare

testo

ventisettano in Londra

parola per parola

linea

per linea

Comparve

questa splendida e nitida edi-

zione nel 1735 e sarebbe stata commendevole ,non


ravvisandovisi che de' leggeri arbitrj;

ma
,

desso co-

me

il

Ruscelli

si

suscit la censura de' letterati per


ei vi

alcune annotazioni eh'

aggiunse

nelle quali

and notando alcune espressioni come strane, alcune maniere di dire da non imitarsi, var] periodi

come oscuri o senza costruzione e altre simili cose La presunzione del Rolli di farsi nella dizione
, ,
.

correttore del

Certaldese mosse

il

Buonamici Tostudiosissimo

scano commorante in Parigi,

uomo

del Boccaccio, e delle cose di lingua intendentis-

simo a scrivere una lettera critica su questa edizione, nella quale and modestamente riprenden-

dolo,

ma

dalla quale appariva che erano le correIl

zioni dell'editore patenti errori.

Rolli non tol-

ler le censure d*

un

letterato

cui credevasi di

gran lunga superiore. Pubblic una lettera rispondente, nella quale piuttosto con scortesia, che con
validit d' argomenti confut
lo
il

suo avversario. Per


,

che nata bizza


il

letterari^
,

fra loro

scrisse

una

replica

Buonamici
per lo

con cui
piii

lo batt vittoriosa,

mente

Come

suole accadere

sarebbe
la let-

stata questa contesa di

niun momento per

teratura italiana

se

il

Buonamici non avesse date


noti-

delle pi celebri edizioni del Centonovelle


zie interessantissime
,

frutto de' lunghi ed accurati

TERZA
studj
,

31

clie

aveva

fatti

per lo innanzi su tale ar-

gomento

(i).

XIX. L' altissima stima in cui fu sempre tenuta

r edizione Giuntina del 27, e la carezza eccessiva di quella stampa , die luogo ad una frode libraria
Il
I

Padre Missorio Minor Conventuale intorno


,

al

^29
di

avendo in un sotterraneo trovate

le matrici
la fusio1'

de' caratteri Giuntini, procacci su quelle

ne

nuovi caratteri, co' quali fu imitata

edizio*

ne ventisettana in
aguato
,

modo che
,

niolti

furon colti allo


,

e tolsero

1'

una per V

altra

sebbene

sia

questa dell'

altra molto meno corretta

notandovisi

non poche
abbruci
della
il

diversit.

Ma
,

essendo accaduto, che


gli

magazzino, ove erano

esemplari

nuova impressione divenne rara ancor essa (2) XX. In questo secolo un diligente e laborioso
molte letterarie fatiche notissimo
piii

Fiorentino per
si

nuovo ad illustrare il Decamerone Fu questi Domenico Maria Manni , che ne scrisse la storia divisa in tre parti e della prima parte di quest' opera ne abbiamo dato conto
die in

un modo

(1)

Lettera critica del Buonamici sulle osservazioni


all' edizione del Decamerone del Boccaccio' Londra nel 1725. E lettera rispondente del

aggiunte
fatta in

Sig. Rolli Parigi

Coignar 1728.

4.

Replica alla lettera

rispondente del
te sopra
il

Sig.

Rolli sulle osservazioni da lui fat-

Decamerone
4.

del Boccaccio. Parigi vedova,

Pissot 1729.
(2)

Questa notzia mi

stata

favorita dal
.

celebre

letterato Sig.

Avvocato

Coltellini di Cortona

Zi

illustrazione
.

nella prefazione

sima egli assunse

il

Nella seconda parte della medecarico di far vedere , che quelle


sin

che

si

erano tolte
,

qui per favole, erano vere


pii

istorie

e che

il

novellatore per lo
,

non aveva

aggiunti ai fattj. storici


episodj

che quegli- ornamenti di


,

fattevi quelle mutazioni


piii

che potevano

rendere la narrazione o

vaga,opiii viva.
,

Con

laboriose investigazioni riusc in fatti


tutte le novelle
,

se

non di

di

molte almeno, a mostrarle col-

legate colla verit istorica.


fatica di

Ma

empi questa sua

tante inutili notizie, che il letr^itore si avanza penosamente fra que' continui inciampi , che
ei

probabilmente reputava ornamenti

Sebbene

il

Manni
aiutato

spogliasse, e leggesse molto, e che intorno


fosse stato

ad alcune novelle
,

da anteriori
:

scrittori

non sempre colse nel segno ed quello un argomento da potersi trattare piti accuratamente,

sebbene poco utile. Giacch per essere

il

libro

delle Novelle considerato

maravigliosa

non

fa d'

come un' opera istorica uopo che tale avvenimen,


,

to sia piuttosto a

tale, o a tale altro accaduto,


di tutte
viz)
i
,

quando
le

1'

nomo
,

di tutti gli stati


,

l'

et

passioni

e le affezioni
,

e le costu*
secoli vi di,

manze
pinse
il

e del suo secolo

e di tutti
,

Boccaccio con maestria


fitto tutti
,

e con verit

co-

me
do

lo
,

hanno
orme

classici scrittori di
.

com-

medie
le

di satire

e di romanzi

Il

Lami

seguen-

stesse del

Manni,
i

di alcune

di quella
,

Novelle pose in chiaro


derivazione

documenti

storici

o le

magistralmente:

ma

o non volle, o

TERZA
non ebbe agio
di

3l3
(i).
i

farlo

del

maggior numero

XXI. Erasi sempre sperato che una volta


scani darebbero in luce quel celebre testo a
della Medicea, che
i

To-

penna
l'otti-

Deputati chiamarono
testo del

mo

ed

il

Salviati

il

Mannelli dal nome


pii

del copiatore, e da

noi

rammentato
1'

volte.

Quello vien reputato come


del

originale
,

medesimo

Boccaccio
,

comecch da quello
(2).

che antica-

mente per

ne trasse Amaretto Mannelli la copia

sua fedelissima nel 1884

Era Amaretto non


,

solo caldo estimatore del Boccaocio

ma

a lui affeal

zionatissimo per essere stato da questo alzato


fonte
.

sacro

Quanto

dilioiente

sia

questa copia appare

dalle note marginali aggiuntevi dal detto


li. Si

Manneldi

riducono queste a quattro


pii

classi

cio delle

cose

degne d'osservazione; delle cose degne


quanto
al parlar

critica in

toscano, e alla buona

costruzione: delle mancanze trovate nel testo da


lui copiato, e finalmente dalle varie lezioni (3).

Per
e del

opera del Marchese Pier Antonio Guadagni

Canonico Bandini vide


e rilevato
il

la luce

la fede!
,

copia del

Ms. Ma'uielli in Lucca nel 1^61

e fu trascritto

senso di questa diffcile


lett. Fir.

copia anche
an.

(1)

Novelle Novelle
Queste

T. xv. an. l^H- T. xvi


ann. Il52.

1255.

T.

XVII. an.
(2)

IZS6.
lett. Fir.

num.

21.

(3j

postille
.

sono del

tenore seguente
.

Nota

Nota
II

bel detto

Latino imperfetto qui


la

Deficiebat
,

Mannelli

copi sovente
.

voce errata

e corresse

soltanto in margine

3l4
nella
e copiato

ILLUSTRAZIONE
i

parte che non poteron leggere

Deputati,

fedelmente anco ne' frequenti manca.

menti

d' ortografia

pie di pagina vi aggiun-

sero gli editori le variet dell' edizione ventif^etta-

na

e quelle dell' imitazione


tale

ma. Da
pretende

Veneta della medesispoglio apparisce non essere la stampa


cotanto corretta
,

del ventisette
,

quanto alcun

lo

come pure
dell'

essere di gravi errori ripiena

l'edizione falsificata.

per opera

Modernamente in Livorno (a) erudito Sig. Gaetano Poggiali si ri1'

stamp

il

Boccaccio seguendo in parte


,

edizioa
,

del Mannelli

ed in parte

la

ventisettana

rimo-

dernandone
necessarie
.

1'

ortografia, in alcune parti anco


,

non

E qui

osserverem di passaggio che tanta


il

la celebrit di questa prosa, che

Mannelli

tuttora noto con qualche

fama

solo per la

manuale

fatica d'averla diligentemente trascritta (i).


(a) 1289.

Ecco come riduce il Mazzucchelli a quattro classi secondo le diverse lezioni tutte 1' edizioni del Deca(i)

merone
nelli
,

i.

Quelle che seguitarono la lezione del


la

Man-

e furono oltre
,

prima ed alcune del secolo del52"3


.

cimoquinto

quella de' Giunti


,

Niccolini da Sab-

1546, 48, 49, 5o, 56, i665, e 1729. Napoli 1703, 17 18. Deputati i5-3. Salviati le due del l582, 85, 87, 94, 97, 1602, 1614, e l638 che nella parte rimasa intatta sono pi esatte di quella del 27 e Livorno 1789.
, ,

bio 1537. Brucioli l538

1642. Sansovino

Quelle che seguitarono

la

lezione del Delfino dei


del

I5l6: e dietro a questa


ol
,

le altre

l525, 26, 29,

35

36

45

e per opera dell'

Alunno i55Z-

TERZA
far
.

3l5

XXII. Per terminare questo argomento restaci a

menzione delle versioni del Decamerone fatte Franco Sacchetti nel proemio nelle varie favelle
alle novelle narra
,

che a scrivere

tali

componi-

menti
ci
:

si

mosse nel riguardare a Giovanni Boccacil

il

quale descrivendo

libro

del Centonovelle per

una material cosa quanto

al

suo nobile ingegno ....


. .

quello divulgato^ e richiesto

che insino in Franalla

eia

e
il

Inghilterra V hanno ridotto

loro

lingua

Fu

Sacchetti amico, e contemporaneo del Boc,

caccio sebben pi giovane


risse verso
il
1

e congetturasi che

mo-

400

(a)

Bisogna dire adunque che

quell'opera traslatassero in Francese, e in Inglese*


vivente
Io
il

Boccafccio
,

o poco dopo

Ed
,

iu effetto

Ghaucer padre dell'Inglese poesia


si

di

molte in-

venzioni del Boccaccio


suoi

valse

che traslat nei

componimenti

Ma

di queste versioni

non

ci

rimasta memoria. Gonservasi tuttora

quella di
il

maestro Lorenzo di Primier Fait, che

tradusse

in Francese, avendolo fatto traslatare primieramente in latino da fra Antonio da Arezzo Francescano per non intendere esso il Toscano Ei intra.

(a)

Pref. al Sac. p. 23.

3.

Classe

secondo
,

la

correzione del Dolce l54l

le altre
4.

1646 Secondo

5o

52.
,

la

lezione del Ruscelli l552

53

64

SZ-

Pu
90
,

considerarsi

come quinta

classe delle edizioni,


,

quelle che seguirono la lezione del Ceco d' Adria i58o 1612.

3l6

ILLUSTRAZIONE
fiorlio

prese questa versione ad istanza di Giovanni

del re Carlo sesto di Francia (i), e la compi nel

1414. Questa versione comecch infedele non sodisfece Margherita di Valois regina di Navarra
e a sua istanza lo tradusse
?

nuovamente Antonio

le

Macon

uomo

intendentissimo della nostra favella

intorno all'anno i54o. Apparisce dal contesto della versione essersi egli

valuto

d'

un' ottima

copia

del
sta

Decamerone ed a giudizio del Buouamici quetraslazione Francese (a) pu essere utile a chi
,

voglia intender bene

luoghi
in

difficili

del Cento(3)

novelle (2)

Fu pure

Tedesco tradotta

in

(a) Lett. rcspon. p. o2(1)

Ho

Parigina ed
e colle armi

veduto r originale di questa versione nella il num. 6887. L'esemplare magnifico,


miniate della casa di Francia
.

Che

il

Pre,

mier Fait la facesse ad istanza di Giovanni di Francia


si

ricava da una copia


,

che possedevane

il

Principe Eu-

genio
Si

edora
le

della

pubblic colle

Vindobonense {Mazi. p. i353. ). stampe in Parigi chez la Veuve de


. ,

Michel
(2)

Nolr l52I. f

et

chez lean Petit l534.


c7iea

8.

Fu stampata

in Parigi

Ponce Rosset 1643.


esisteva

inf.
(3)

Una

versione tedesca

del

Decamerone
.

Questa versione fu fatta verso il 1465, e pubblicata in Munster nel Cantone di Lucerna per Elia d'Elia 1470 f. e fu il primo libro, che si stampasse nella Svizzera. {Cox. Voyag^
voi. I. lett. i\.
)

nella Biblioteca Heydeggeriana in Zurigo

TERZA
cosa gloriosa
s

I7

Ispagnuolo (i) in Fiammingo (i) in Inglese (3): di che basti averne data superficiale notizia come di
alia

memoria
le

del
.

Certaldej'e,

ma

non
ora
nelli

utile

alia letteratura italiana

XXIII. Malgrado
a
,

annoverate fatiche resta


te^to
ne' luoghi
de'

tutt'

desiderare un' esatta copia del


pi grata
all'

Mane del

occhio

dubLj ricor,

retta a seconda
Salviati
il
,

delle

lezioni

Deputati

seguire fedelmente quella

scritti

moderna ortografia; giacch degli antichi manosarebbe un imitare quella femmina, che varidotta alla

ga di ricopiare leggiadra foggia d' abbigliamento ne imitasse perfino le macchie, che vi fossero casualmente.
te

questa edizione anderebbero aggiun-

dopo ciascuna novella 1' illustrazioni istoriche e del Manni, e del Lami, dando le prime abbre,

viate

facendosi a rintracciare
,

su questo argo-

mento

quello
.

che non fu dichiarato bastantemenle os-

te sin qui

Bisognerebbe poi corredarla con

servazioni giudiziosamente trascelte , e abbreviate

che in materia di lingua fecero


e
il

sul
,

Decamerone
e
il

Bembo

il

Ridolfi

Deputati

Salviati

(l) Las e novelas de Misser Itian Bocacio nuovamente ympressas corrigldas^y emendatas ,de muchos vocahlos En Toledo per luan de Villa 1 624. f. (Bibliot. Magliabec.)
,

La versione Fiamminga fu pubblicata in Hailem {Mann, p, 640. ) Una versione Inglese assai infedele comparve in (3) Londra presso Gio. Nicholson 1703 in 8. senza nome Ma zziteli, l. e). di traduttore
il)

nel 1564.

24

3i9

ILLUSTRAZIONE QUARTA
Delle Calunnie apposte
al

Boccaccio
.

Confutazione delle medesime

SOMMARIO
I.

L/a posterit mostrasi sovente ingrata


II.

v.erso gli uo-

mini illustri.
calunniati
.

Il

Boccaccio uno degli scrittorii piti


le

in. Il

Bonari scrive
.

Lezioni sul Deca-

merone per giustificarlo

iv.

La prima

parte di questa
.

apologia non che V epilogo di queste lezioni


ortodossi censurarono
rodossi lo laudarono
VI.
il
.

v.

Gli

Boccaccio com^ empio Gli eteloro errori


,

come precursore de*

Imputazioni dategli per la novella di Ser Ciappel.

letto
Vili.

VII.

Imputazioni per quella di Abraam Giudeo

La novella di Melchisedec Giudeo gli fa impuV autore


dell'

tare d' essere stato

empio

libro

De

tri-

bus impostoribus
sei e

ix.

Se nelV invettiva di Tedaldo Eli-

nelle altre novelle ove parla de' regolari de* suoi


.

tempi egli fosse calunnioso


tellino fintosi

x.

Per la novella di Mar-

attratto lo tacciano di aver derise le ope-

re miracolose

d&

santi

xi.

Per quella di Fra Cipolla

d* essere

spreziatore del culto

de* santi

xii.

Il

Boc-

caccio

senza essere miscredente., tent col Decamerone


xiii. Si

di dissipare le tenebre di alcune volgari opinioni


giustifica
to
il

Boccaccio

dall' imputazione d' essere sta.

un

letterato di

mala fede

xiv. Alcuni Francesi im-

putano al Boccaccio
novellatori
.

d' essere

stato

il

copista de* loro

xv.
.

Della raccolta de' novellatori Francesi

di Barbasan

xvi.
,

Di

quella del

Le Grand
Poeti
,

e dell' as-

serzione di lui

che gli antichi


stati
i

e Novellatori

Francesi

siano

modelli de' Poeti Provenzali e


.

Italiani, xvil. Confutazione di tale asserzione

xviii.

Di

un luogo
Francese

di
,

Dante riguardante i pregi


Provenzale
,

delle tre favelle

e Italiana

xix.
il

L' esame dei


let-

meriti delle tre favelle nel diffondere

gusto della

teratura volgare
teressante
.

pu

essere argomento d' un' opera inpili

XX. Si

risponde

particolarmente al
d' aver copiati
i

Le

Grand che imputa al Boccaccio


cesi nel

Fran-

Decamerone

321

ILLUSTRAZIONE QUARTA

iDi quanti
ne
il

riflessi
i

non

in

soda mente cagio-

pensare, che
,

sudori, e le fatiche de' dotti


di alcuni a

nomini

come bastano presso

procac-

ciar loro

gione di
la

nome immortale, sono presso di altri caessere con tristo nome ricordati E che
!

posterit,
,

mostrandosi e indotta, e malivola

accoglie

per lo pi con segreto piacere la calun-

nia, quantunque del calunniato non

conosca so-

vente

che

il
,

nome

se

a distruggere un popoalla moltitudine la

lare errore

a render chiara

verit, fa d'uopo di lunghe, di laboriose fatiche;


basta per accreditare la calunnia
l'

impudente
.

as-

serzione d' un superficiale scrittore

IL Uno de' non lievi carichi dello scrittore della Vita del Boccaccio era quello di lavarlo da una E per quanto non pochi luoghi folla d' accuse
,
.

del suo

Decamerone meritino severa riprensione


nella sua vita
;

come ingenuamente confessammo


per quelli,

molti scrittori non sonosi contentati di redarguirlo

ma con
un

altre

inojiuste

imputazioni, e

atroci calunnie

hanno tentato

di denigrarlo.

Asil

sunse perci
carico
,

illustre letterato laboriosariente

partitamente sottoponendo a rigc^sa disa-

322
e con
fiorita

ILLUSTRAZIONE
,

mina ogni sua censurata novella


eloquenza di farne

e con dottrina

1'

apologia
le-

IH. Questi fu Monsignor Bottari nelle sue


zioni

sopra

il

Decamerone

lezioni che ad
de' suoi
.

ammae,

stramento
lesse neir

dell'

universalit

concittadini

Accademia
Toscana

della Crusca

Opera

che

giace tuttora
stificar la

inedita (i), e che basterebbe a giudall'

accusa datale

che da un

secolo in poi quasi totalmente priva di eloquenti

non

solo

ma

di corretti

e puri scrittori

IV. Credo dovere


vedr un giorno
vincer
i

dell' Istorico del

Boccaccio

il

dare sommariamente contezza di detta opera.


la luce
,

questa elegante prosa


lo svolgere
,
,

con-

giovani

che

e lo studiare
i

gli antichi

padri della lingua


,

non rende gi
,

mo-

derni scrittori manierati


e gonfi

e stucchevoli
;

e verbosi
,

come taluno

il

pretende

ma

fioriti

dilet-

tevoli, chiari e armoniosi.

Ma

l'imparzialit che

dee

osservare Io storico

obbligami a convenire, che

(i)

Dovei

alla
il

mediazione
Sig.

gentile di
1'

D. Neri dei
Botleggitore

Principi Corsini
tari

poter leggere

autografo del
11

posseduto dal

Canonico Foggini.

potr avere un saggio

dell'

opera nel volume dei NovelItaliani

latori Fiorentini della raccolta de' Novellatori

del Sig. Gaetano Poggiali

e nell' illustrazione del

De-

camerone del Manni (p. 433. ), che pubblic due Lezioni del Bottari sulla novella di Fra Cipolla L' ope.

ra tutta

vedr in breve

la

luce

merc
1'

la

cura del

Ch.

Sig.

Abate Fontani

che ha tessuto

elogio di que-

sto celeJJe toscano scrittore

QUARTA
il

323
,

Bottari innamorato
il

del

suo argomento
,

volle
il

escusare

Boccaccio pi di quello

eh' ei stesso

facesse nella sua celebre ritrattazione gi da noi


riferita (a)
.

Da

quella apparisce

eh' ei

si

cred

grandemente redarguibile per avere scritto il Decamerone e di meritare i nomi di turpiloquo , e di maledico E Non potr mai veruno lavarlo dalla
,
.

accusa di aver voluto provocare al riso

il

leggito-

re inconsideratamente, ed irreverenteraente scher-

zando

sulle cose le pi

sacrosante

come

ciascu-

no pu agevolmente rilevarlo nel leggere la conchiusione della novella di Masetto da Lamporecchio.

Ma

oltre a questi meritati rimproveri


,

molte impu-

tazioni gli furono date


.

eh' era

ben lungi dal me-

ritare Veggiamo adunque sommariamente come da queste imprenda a giustificarlo il Bottari.

V. La reputazione del Boccaccio fu lacerata da scrittori di fede ortodossa pejch parve loro da molti luoghi del Decamerone poterne inferire poco sane dottrine nel nostro autore. Lo deni,

grarono poi alcuni eterodossi

e nemici della fede

B.omana, volendo
degli
errori del
ei fosse

far

mostra di credere, che egli,


,

anche anteriormente a Lutero


credenza
simile ai

fosse

promotore

sommovitore Alemanno
riformati
,

che di e maggior;

mente mossero odio contro di lui, mostrando di ampiamente laudarlo , e tenerlo in gran pregio per le opinioni che gli prestavano ma totalmen,
:

(a)

Pag. lo

e seg.

524
te

ILLUSTRAZIONE
considerando
il

remote dal modo suo di pensare, e di scrivere.


VI.

E
di

Bottari
,

ciie

per la novella

prima

Ser Ciappelletto
,

fagli

data

la taccia di

mi-

scredente

come
,

se per nulla avesse avuta l'invoca-

zione de' Santi

espone come lo scopo del novellatore


,

fu
la

il

dimostrare

quanto

difficile sia
,

il

distinguere
fallaci
i

vera

bont

dall' ipocrisia

quanto

giudicj degli uomini intorno

alla salute
,

di quelli,

che passano da questa vita

Che

perci egli ebbe


,

in animo, con la sua inarrivabile eloquenza

mae,

strevole e sagace invenzione di queste novelle

di

dissipare le fosche tenebre di alcuni errori in al-

lora comuni.

Tommaso Pope Blount


Critica de pi celebri

nell'

opera,

che intitol

/rt

autori,

come
,

uno

de' pi caldi nemici della


il

Romana
:

credenza
,

dice che

Boccaccio in questa novella neg

ov-

vero schern V invocazione de' santi


vollo pure

e di ci gra-

Autore
tire,

Girolamo Wolfo. Ma, osserva il nostro il novellatore aver voluto con ci avvertutti

che

quelli, che di

qua

e oltr' a monti

nelle

cattoliche
,

chiese

si
,

venerarono da quelle

genti credule

e corrive

non furon
con
la
le

santi

non

essendo

stati dichiarati tali

dovuta disamiquali posterior-

na, e colle necessarie cautele,

mente ha praticate
sol
d'

la

Chiesa. Tale asserzione non

da

lui,

ma da
e

molti gravi ecclesiastici scrittori

istoria,

Santi ancora fu
,

avanzata. Volle

il

novellatore mostrare inoltre

non doversi prestar

fede a' tumultuosi giudizj del volgo, n alle vecchie memorie


d'

alcuni antichi raccoglitori.

Ed

in

QUARTA
effetto

ZlS
ponderate

noto , che giudiziosi

critici, Ijen

dette memorie, sebbene spettanti a materie ecclesiastiche,

hanno ravvisato esservi non solo cose lungi

dal vero,

ma anche
il

dal verisimile, concernenti atti


:

e vite de' pi celebri Beati


di

come Guiberto Abate


Melchior
,

Nogiante e
.

Vescovo

delle Canarie

Cano E quanto a
minanza popolare

quelli venerati per


,

fama

e noai

come

di
il

molti

si

pratic

tempi del Boccaccio ; molti

popolo ne vener co-

me
per

suoi avvocati avanti alla Divina Maest,


le

che

loro colpe ne erano con esilio eterno diin esempio

scacciati. Basti
d'

Termisone

al riferire

Eusebio
,

e nel

ncmo secolo Gio. Irlandese detto


,

Erigene
contro

che pass per martire

sebbene scrivesse

il

domma

dell'eucaristica Transustanziazio-

ne

perci da' Pontefici e da' conci! j furono tanti


,

canoni pubblicati

quali proibivano

il
,

venerare

per santi coloro , che non avevano altro

che

l'

ap-

provazione del volgo


scritte e

Veggasi delle vite de' santi

Voragine
Baronio,

da Giovanni Metafraste, e da Iacopo da che cosa ne pensassero il.Bellarmino , il


,

il

Tillemont, e

tant' altri.

Onde

eb-

be luogo r espurgazione del Martilogio per opera di Pietro GaJcsino, e del Baronio, approvata

da

S.

Chiesa
il

finge

Borgognoni medesimi fra' quali Boccacgio essere accaduta la morte di Ser


.

veneraron per martire Sigismondo re de' Borgognoni , il quale fu fatto uccidere, e get,

Ciappelletto

tare in

un pozzo da Clodomiro

re de' Franchi, per

ogni altro motivo che per la fede.

Zl6
grav
il

ILLUSTRAZIONE
il

VII. Oltre questa,

Blount nella citata opera


.

Boccaccio di molte altre accuse

Libcr

Itaiicus

Decameron

sve princeps Galeottus inser,

ptuSy in quo fdhulis et historiis centiun

papale re,

gnimi

confessionein auricularem
,

sanctus

lipsano.

latriam

Piirgatoriam

etc.
il

acerrime perstrinxit

facendf)si

ad esaminare

Bottari, quale di tali

novelle abbia procacciato al Boccaccio queste imputazioni; sembragli esser quella di

Abram Giul'

deo

quella appunto avendo tratta fuora

anoni-

mo
le

scrittore

d'un

libro intitolato: avviso piacevo^

dato alla bella Italia da un nohil giovine Francese


,

nel quale troppo velenosa dottrina insinua

colla

pretesa autorit di

Dante
cio,

del Petrarca
il

e del

Boccaccio;

il

Papa,

non essere

Vicario

ma

l'avversario di Cristo.
si

Ma

quanto impropriamente
dell'

valga per tale empia asserzione


sue

autorit

del Boccaccio, dimostranlo le

stesse parole,

che fauno

eiiiara

testimonianza della sua vene.

razione pe' pastori della Chiesa


stori
,

Li

spirituali

pa-

(die' egli nella

Vita di Dante) pascono t anid!

me

de' viventi della


,

parola
,

Iddio:
,

e questi

sono

li

prelati

predicatori
le

sacerdoti
labili

nella cui custodia


il

sono commesse

anime

di qualunque sotto
.

governo a ciascuno ordinato dimora

Noli'

AmctO
ub-

anche

pii

cliiarameute apparisce la sua

filiale

bidienza alia Chiesa, sebbene fosse un giovanile


scritto di lui.

Quivi nella conclusione cos s'espri(

me

nella

quale

opera

se forse in
;

tra parte si contenesse alcun difetto

fronda , o al' non malizia


,

QUARTA
ma
ignoranza n ha colpa
:

527
V esdnella

e per liberamente

minazoneela correzione
dre di tutti
,

di essa

commetto

ma-

maestra

sacratissima Chiesa di jRo-

sembra, esservi alcuno che possa tacciarlo di poco reverente figliuolo della Chiesa, quando ponga mente alle parole stesse del proemio di questa novella

ma.N

mostrare

ove dichiara essere suo divisamento il Che la benignit di Dio , sostenendo pa,

zientemente

difetti

di
,

coloro
e

li

quali d' essa

ne

deano dare

e colle opere
il

con

le

parole vera testi-

monianza
di

contrario
verit

operando^ di se argomento
,

injallibi'e

ne dimostri

acci che
d'

quello

che noi crediamo,

con pi fermezza
il

animo

se-

guitiamo. Passa ad esaminare

Bottari se ripren-

dendo

depravati costumi della Corte


,

Romana

dei

suoi tempi

il

facesse ingiustamente
il

lo

mostra

concorde con ci, che ne disse


epistole

Petrarca nelle
(a),

senza

titolo.,

con Matteo Palmieri


di

ove parla della scostumatezza

Clemente

sesto

Quanto

poi all'avarizia, e simonia, di cui incolpa

la Corte

Romana
:

di tal

peccato incolpoUa Ri-

cordano Malespini
col
5'

terzo

fue

il

quando fece menzione di Nicprimo Papa nella cui corte


,

usasse simonia.
(b)
.

E
e

Matteo Villani
la corte tanto

pii

acremen,

te ne parla
il

Era

corrotta

che

pi per simonia ,

per grazia de' signori temporali


,

e cardinali

gV

indegni

e scellerati cherici
.

erano pro-

mossi

e gli buoni e onesti ributtati

questo disse

(a) Lib. 3.

cap. 48.

(b)

Hb.

ix.

e.

pS.

328
nel favellare

ILLUSTRAZIONE
d'

Innocenzio sesto

che

si

sforz di

ripurgare la Chiesa con santo zelo da tal nequizia (i).

Di

tal

novella
l'

d'

altronde
-,

il

Boccaccio

non

fu probabilmente

inventore

venendo quel

(i)

Roma

Sebbene disgraziatamente esistesse in corte di non poca rilassatezza sotto alcuni Pontefici e
,

qui da notare, che non tutte le imputazioni date dai


scrittori

de* secoli

decimoterzo e decimoquarto sono


crederlo
dal dire
{

giuste

ve

come sembra come si ravvisa


,

il

Bottari e qui e altro)

art. x.

che

principi

delV incredulit
rica

non avevano allora che in pochissimi


.

e nascosi libertini allignato

Ci contrario alla sto,

verit

La

setta
,

Manichea

riprodotta co'

nomi
,

di setta Albigese

avea nascosi numerosi proseliti Francia e in Italia , ove chiamavansi Paterini


.

e in
ti-

Il

more
nella

di gastigo

faceva che essi fingessero di vivere


della Chiesa, e con simulato zelo cri-

comunione
si

stiano
stici
,

scagliavano sulla rilassatezza degli

Ecclesia-

e calcavano la

mano

nel calunniarli, e neUo sparavvilire


il

gere tutto quello che


la moltitudine
.

poteva

Clero presso

la rilassatezza di

alcuni Ecclesiastici

era cagione, che molti de' loro velenosi racconti erano


accolti

come
,

verit da onesti scrittori

Nel secolo

del

Petrarca
scere
si
i

e del Boccaccio cominciarono a farsi cono-

che erano meno numerode' primi, ma non meno perniciosi, negando fede a tutta la religione rivelata Ed era costumanza del secos detti Averroisti,

colo lo sparlare di

Roma

da tutti

partigiani

degl'Im-

peratori, ch'ebbero contestazione co' Papi. L'influenza

della setta

Manichea, o Albigese

ravvisasi particolar-

mente

in molti passi de' Trovatori di quel secolo


,

che

erano di Provenza di Linguadoca

o di Guascogna.

QUARTA
,

3^9

medesimo racconto fatto da Benvenuto da Imola nel suo commento a Dante come vien riferito dal Manni: sebbene non possa accertarsi, cui si competa r anteriorit del racconto
alla taccia d' avere troppo
:

ci ne
.

dimostra

che era questo divulgato e comune


ro de' suoi tempi

Quanto poi
ii

acremente ripreso

Cle-

sebbene non oltrepassi


,

gli altri

contemporanei

scrittori

potendosi riprendere co,

me

troppo mordaci e lui

e gli altri
il

su ci

da

vedere con quanta maggior forza


tissimo personaggio
sti
,

facesse
,

un san1'

S.

Bernardo cio e come queavafra alcuni ecclesia-

fieramente

si

scagli contro le laidezze e

rizia,
stici
.

che regnava a que' tempi

Heu !

heiL

Domine Deus

quia ipsi sutit in per-

secutione tua primi y qui videntur in Ecclesia tua pri-

matum
sti

diligere

gerere principatum (a).

E
,

se quetali co-

ad insegnamento degli uomini scrissero


,

se

tale

appunto fu
:

lo

scopo del nostro


le

come

se

ne dichiara
dei mortali

acciocch

deboli menti

ed inferme

non prendessero da

ci materia di scan-

dalo

anzi potessero da cotanta


lo

malvagit trarne

argumento certissimo ^
che d' alcun altra

Spirito Santo essere della


,

nostra religione , siccome di vera


,

e di santa

pi

fondamento

sostegno

novella di Melchisedec Giudeo die occasione a pii grave accusa contro il Boccaccio; mentre per questa fugli imputato di avere scritto 1' empio libro de Tribus Impostori:

Vili.

La

terza

(a)

Serm.

I.

in Convers. S. Pauli

3o

ILLUSTRAZIONE
,

bus. Quelli, che propalarono tale calunnia

furo-

no Barcardo Struvio
fano Eiidreichi e
disse aver
ei^li
il

Samuello Maresio
.

Cristo-

Bayle

Il

Padre Campanella
con questa noapparisce la

voluto significare
,

vella
glior

non sapere
legge.

quale delle tre fosse la migiustificarlo


.

qui nel

vastissima

erudizione del Bottari

Ei incomincia
nella bocca di

dal notare, che mettendo quest'empio principio,

che erasi alquanto sparso in

Italia

un usuriere giudeo , veniva ad avvilirlo, e a di^ mostrare quanto empio fosse. Poscia, che il preteso libro a molti attribuito non mai esist e che
,

non

solo

il

Boccaccio,

ma

gli altri, cui fu attri.

buito, ne furono innocenti del tutto


tentici

sopta au,

documenti facendosi a esaminare

cui pri-

mieramente fosse data la taccia d' aver prodotta

r empia asserzione
fa vedere
,

che die motivo a quel libro,


ei osservalo,

che fu attribuita a Federigo secondo

Imperadore.

Ma, come

da quella tac.

cia lavalo Pietro delle

Vigne suo cancelliere


di coloro
, ,

seguendo passo passo

le citazioni
,

che

dissero esistere quel libro

dimostra
,

che furono

tutte allegate per sentito dire

e che niuno lo vi-

de mai

Il

Boccaccio del racconto delle tre anella


lo trasse

non fu gi l'inventore, ma
novelle Antiche
,

dal Cento,

e solo lo rivest di splendida

preziosa veste per opera della sua miracolosa elo-

quenza IX. Per


,

la

quarta novella della prima giornata


e di

ome per

quelle

Masetto di

Lamporecchio

QUARTA
e di Frate Alberto
zio
,
,

33

e di

Monaco di S. BrancaRustico Eremita come pure per la fiee del


,

Tedaldo Elisei gli fu imputato d' aver parlato assai male degli uomini a Dio consacrati avendo narrate alcune
ra invettiva

contro

Monaci

di

laide, e sozze

operazioni di monaci, e di frati.

Ma

il

Bottari

crede

di ci

non

solo dover

es-

sere interamente assoluto,

ma

da giusti estimatori

commendato. Mentre molti


ti

ai suoi

tempi come san-

reputando

g'
i

istituti

monastici, cos eziandio

crederono
sti

tutti

frati, e

monaci santissimi. Queche se

adunque da una devozione semplice, e falsa


cred essere bene d' illuminare
:

accecati
alla

santa gloria de' dodici Apostoli non pregiudireato di


,

Giuda non possono recare disdoro a migliaia d' individui alcuni fatti meno che onesti di alcuni di loro Comprova che nelle cenobitiche istituzioni erasi introdotta una certa rilassatezza ppr essersi S. Francesco medesimo istitutore di una
c
il
,
.

numerosissima famiglia
alle regole,

lagnato delle trasgressioni

per cui rinunci al generalato dell'orautorit di


santissimi perso-

dine.

Riferisce le

naggi, quasi coevi del Boccaccio, che in simil


guisa favellaron di Monaci e Frati de' loro tempi
alle

lagnanze de' quali conforme

l'

invettiva dell'

Elisei,

con che crede pienamente lavarlo dall'im.

putazione di calunniatore Conchiude che non da

pretendere vivendo malamente di non essere censurati,

ma

bisogna santamente vivendo rendere ca-

lunniosa la censura.

332
X. Gli fa

ILLUSTRAZIONE
imputato per l'undecima novella di
,

Martellino fintosi attratto miracolose de* santi


,

di aver derise le opere

e di

non averle credute;


quali
si

di

che principalmente tacciaronlo con apparenza di


laude Pope Blount, ed
punti di religione
altri eretici,
i

sfor-

zarono di far credere, ch'egli avesse in alcuni


le loro

Dimostra

il

Bottari altra
,

empie vertigia precorse. non essere stata la mente


di
i

del nostro Autore

che

far vedere
finti da'

quanto

sia

malagevole

il

distincruere

veri miracoli.

quanto

ai miracoli, peccasi in
tutti
,

due maniere, o
le fole

negandogli

o prestando fede a tutte


altro tende
1*
,

dalle vecchierelle e dagli scemi narrate.

Mentre

se

r un conduce
orgoglio

all'

incredulit
.

1'

ad una

cieca e vile superstizione


,

se

toglie alla Divinit


1'

uno ispirato dall' uno de' suoi pi imad avere un' opi-

mensi attributi; conduce


scrutabile grandezza

altro

nione non difrnitosa e conveniente alla sua impre,

e giustizia

Ma

ad ammae-

stramento de' suoi


d' uopo avendo
il

nell'et del Boccaccio, faceva

correggerli dalla soverchia credulit,


perniciosi

principj dell' incredulit


.

non che
cre-

in pochissimi e nascosi libertini allignato duli d' allora

non

sol

credevano ,

ma
ma

volevano che
solo nelle loro

fossero tutti creduti, sebbene

non per irrevocabile


,

giudizio di S. Chiesa consecrati

sciocche menti
,

ed

al

tribunale della melensaggi-

che non conveniente al vene nerando decoro della Divina Maest eh' per essenza riflettere,
,

senza immutabile

il

rompere quelli eterni ordina-

QUARTA
ment
prescritti

333
,

da essa

alla

natura
,

senza una ca-

gione degna di cotanta sovranit


XI. Tratt
il

nostro Autore in tre lezioni sulla


beffe fatte
ai Catto-

novella di Fra Cipolla delle


lici

dai dissidenti

che riguardangli come idolatri

ed empj, che il culto verace e dovuto solo all'Altissimo vanno alle creature miserabili rivolgen-

do
re

venerando
ci

le

reliquie

de' santi

Ed

altri

che
,

considerano come trascurati nel riguarda-

se ci
.

che spacciamo per reliquie , lo siano ve-

ramente

dicono che

gli

uomini

culti
,

sono presfra'

so di noi sprezzatori del culto de' santi

quali

Pope Blount
sta novella
.

cita

il

Boccaccio a cagione di que-

Ci viene pienamente distrutto quan-

to al Boccaccio dalla nota aggiunta al capo xlviii

del

lib.

3 della sua vita, che


ei

comprova
.

in quanta

venerazione
dere

tenesse le reliquie

Ma nel
,

comporche tra-

re questa novella, fu sua vera intenzione di renpili

oculati

suoi

contemporanei

scuratissimi

erano sulla disamina di quali reliquie


d'

fossero

degne
.

essere nelle cattoliche chiese ve-

nerate

nella

novella di Fra Cipolla schier


,

tutte insieme le false imposture

che erano

in tal

genere sparse per lo mondo


niva ad un novellatore
te
,

non raccontandole
,

per appunto secondo la verit


,

ma come

conve-

caricandole graziosamen-

per far dal sonno


,

dell'
,

ignoranza riscuoter le

genti

e far conoscere

e distinguere dalla falsa

superstizione la religione

\erace ed incorrotta,

che tentavano di adombrare maliziosi impostori


35

334
che
si

ILLUSTRAZIONE
dell'
l'

abusavano della semplicit e


:

ignoranza

de' pi di queir et

essendo in ci

opinione del

Boccaccio convalidata da molte pie e sante persone


si
,

e dall' autorit de' Padri e de' concilj


tali

che

scatenarono contro molte di

imposture

XII. Il Boccaccio tent inoltre col

Decamerone

di
;

dissipare la folta nebbia di alcune volgari opinioni


le quali in allora erano

anco comuni a quelli che


pii

dicevansi letterati
fece
,

tanto

avvedutamente
propalato

il

in quanto che
il

ei scelse il
pii

metodo di novel,

lare per rendere

suo libro

e pi.

comune. Cos colla novella di Giovanni Loteringhi


,

volle far argine al volgare errore


le

che

si

sen-

te tuttavia rinnovellato, che


sati
,

anime

de' trapaslo pi

o alcuni maligni

spiriti

vengano per
di

di notte a sturbare la quiete


si

chi pacificamente
.

dorme , o facciansi

in
,

alcun luogo sentire

Con
ai

quella di Calandrino
stizione pi
sortilegi
,

pose in ridicolo la super,

empia e sacrilega

che appartiene
ottantanovesima

e consiste nel voler conoscere le cose oc:

culte

o segrete
,

come
,

nell'
,

le

stregonerie

fattucchierie

gli

ammalia menti
il

e le

altre melensaggini

che hanno appo

volgo e le

vecchierelle ampia credenza


XIII. Tali furono le imputa/ioni rivolte a fare

sospettare

volle lavarlo

come miscredente il Boccaccio e da cui Fu da alcuni censurato il Bott-ari


,
.
.

come un letterato di mala fede L' avere citato Teodonzio scrittore ignoto nella Genealojria degli

Dei fece che


,

il

Zeno

nelle Dissertazioni

Vos-

QUARTA
scrittori
,

335

siane (a) lo sospettasse di aver citato questo , ed altri

che non mai esisterono-, per io che soggiunai

se

bisogna credere esser permessa

mitologi la fa-

colt a lor piacimento di favoleggiare. Altri lo tacciarono di essersi arricchito d' opere altrui per la

compilazione di detto scritto, e singolarmente di


quelle di Paolo Perugino
(d)

senza nominarli. Io

reputo che non abbisognino lunghe fatiche


lavarlo da tali accuse
,

per

e che a ci bastino le sue

istesse parole {e). Questi

(Paolo Perugino) scrisss


;

un gran
le altre

libro intitolato le collezioni

nel quale

fra

cose

che erano molte


,

appartenenti a di-

verse facolt

pens con t aiuto di

raccogliere tutto ci che

pu trovarsi
i

Barlaamo di sugli Dei dei


ancora appo

Gentili
i

non solo presso

Latini
,

ma

Greci

Non mi

vergogno dire
,

che essendo io an*


(

cor giovinetto molto prima

che tu m' incitassi

seri,
,

ve al

re di Cipro

a comporre quest' opera


,

da

quella raccolsi molte cose piuttosto avido


ligente
,

che

intel-

e specialmente quelle che

sono quivi appo-

ste sotto

nome

di

Teodonzio ;

il

qual libro ^ con gra-

vissimo danno di quest' opera per difetto di Biella

sua impudica moglie

morto

lui ,

ho trovato essersi
.

con molte altre sue opere smarrito


tare
il

qui da no-

un errore

del Vossio, e d' Apostolo

quale con poca carit tanti ne rilev


,

Zeno, nel Fon-

tanini

che non va inteso com

essi

affermano , che

(a)
(e)

T.

1.

p.

l3.
l.

(b) Tirab. voi. V. p.

368.

Gn. Deor.

xv. e. vi.

336

ILLUSTRAZIONE
il

per colpa di Biella andasse perduto

libro di

Teodonzio; ma come chiaramente apparisce dal contesto nel quale joo-ffiunge che and perduto con altre opere di lui
quello delle Collezioni di Paolo,
, ,

XIV. Restaci ora ad esaminare con quanto fondamento alcuni Francesi scrittori abbiano tentato
,

di torre al Boccaccio

il

pregio

dell'

invenzione nel

suo novellare

anzi lo abbiano tacciato d' avere

da' loro novellatori

impudentemente

tolti

subietti

delle

sue

novelle

senza averne fatta menzione.


il

Primieramente attaccollo

presidente

Fauchet

che zelatore

dell'

onore letterario della sua nazio,

ne
di

ed in ci laudevole

volle

risuscitare

nomi

terzo

121 poeti Francesi anteriori al secolo decimoil catalogo disse , il Boc, e nel pubblicarne
1'

caccio aver tolto da' loro scritti


le

argomento

del-

pi gentili delle sue novelle (i). Posteriormente


(l)

Recueil de V origine , de la langtie , et poesie Fran-

goise,

Rymes

et

Romans

plus les noms et sommaires


,

des oeuvres de cxxvil poetes Frangois

vivans

avant

Van. l3oo, Paris. Patisson l58l. in

4-

Non
Fauchet
d'

aveva potuto vedere 1' opera del Presidente quando scrissi questa Illustrazione che mi ,
,

fu poi gentilmente procacciata dalla Signora Contessa

Albany

che raccoglie

libri

per farne copia a van-

taggio delle lettere. Questo libro interessantissimo.

Fauchet fa letterato poco imitato posteriormente e studi molto , e scrisse poco le sue asser, zioni sono per lo pi tratte da' documenti , e perci meritano intera credenza Il pi antico poeta Francese da lui citato , maestro Vistacio autore del romanIl
:

lesse

QUARTA
fu rinnuovata
1'

33/

accusa
s

nella
.

storia letteraria di

Francia
{a)

(a)

ove

legge

Uno

de nostri dotti che

T. VI. p. le.

il Brut {s osservi che la voce romanzo, tempi generica , e significativa qualunque componimento volgare). Questo romanzo fu scritto l'anno li 55.

zo intitolato

era a qnei

Il

Fauchet esalta
i

meriti de* suoi


padri della

poeti

Francesi

senza ingiuriare

nostri

toscana favella

E nel rammentare in quanta estimazione fu tenuta r Universit di Parigi da' popoli Europei come a titolo di lode per essa pare che faccia osservare (p. 47. ) che Dante, e il Boccaccio vi hanno studiato: per lo che, incontrano ne' libri delV ultimo un infi( soggiunge ) nita di voci e modi di dire del tutto Francesi E di, ,

6''

mostrer

che cinque, o
,

sei delle
le

sue migliori novelle

e pi facete
volette
(

il

Boccaccio
)

ha

tratte dalle nostre fa-

^abliaux

e libri

pi antichi.
quali siansi
.

Nel decorso
bers
,

dell'

opera individua
il

Os-

serva che dal romanzo intitolato


scrittore

Dolopatos di He-

che viveva nel secolo decimoterzo pu


quella del Palafreniere
,

essere tratta

che

si

giacque

colla moglie d' Agilulf {Gior. ni. Nov. 2.): l'altra di

Tofano ( Glorn. vii. Nov. 4. ) c quella di Spinelloccio e del Zeppa [Giorn. viii. Nov. 8.). Che dalla vita di
Giosafatte dello stesso
pe' regi
,

autore che un' istruzione pu aver tratto ci che racconta nel Proe,

mio

della quarta Giornata del figlio


.

di Filippo Baldi-

nucci

Crede che

il

fine
la
,

tragico degli amori del

Ca-

stellano di

Coucy

con

Dama

di

Fayel

narrato da

antica cronaca Francese

gli fornisse

l'argomento della
(

novella di Messer Guglielmo di Rossiglione

Giorn. iv.
ai

Nov.

p.

Che da Rutebeuf

poet?i

che visse

tempi

338
iiciira

ILLUSTRAZIONE
di questa favella
tolte
,

ha Jciticato molto sulV origine


che
il

a^-

famoso Boccaccio ha
la

da Ronovel-

jnanzi
le
.

Francesi
il

maggior parte
,

delle

sue

Che
i

Petrarca
belli
,

gV

Italiani poeti

hanno de-

rubati
di

pia

squarci delle canzoni di Tebaldo re

Navarra

di

Gaces Brulez

del Castellano

di

di S. Luigi

argomento della novella di Donno Gianni {Giorn.ix. Nov. io. ). Nel favellare poi d* Vistacio d' Amiens, dice, che se si scartabellassero che da quelle bene le sue favolette si troverebbe
,

traesse

1'

trasse le sue migliori novelle

il

Boccaccio

ma

in con-

clusione
taldese
(
,

non
quella

ne novera che
del
)
:

Giorn. VII. Nov. 5.

due imitate dal Cergeloso che confessa la moglie e l'altra di due giovani Fioren-

tini,

che albergarono in pian di Mugnone {Giorn. ix. Nov. 6. ) Ma quanto a questo scrittore non reca documento veruno che lo dimostri anteriore al Boccac.

cio (p. 182.)

Le
che
il

diligenti ricerche fatte da questo


,

dotto scritto-

re dimostrano

come

lo
1*

avevamo
.

asserito

ancor noi no-

Boccaccio trasse

argomento

di alcune sue

velle da' poeti Francesi

E che

delle cento del

Deca-

merone

sette sole sono quelle,

che possano

dirsi tolte

da' Truveri Francesi.

L'ottava Francese citata alla pagina 84 di questa Vita, che il Pasquier attribuisce a Tebaldo Conte di Sciampagna, il Fauchet la dice di Gaces Bride:::., poeta celebre, e amico del detto Conte, che fu gran promotore
,

e coltivatore della volgare poesia Francese


nella

Am-

bedue vivevano
tterzo
.

prima met del secolo decimo-

QUARTA
Coucy,
Ripete
e

339
il

degli antichi

Romanzieri Francesi (i).


il

la stessa

accusa contro

Boccaccio

Con-

te di Caylus in

una memoria

sugli antichi novella-

tori Francesi, inserita negli atti

dell'Accademia
.

delle iscrizioni e belle lettere (a)


egli
,

L' Italia
,

dice

che gloriasi tanto del suo Boccaccio


,

e di altri
,

novellatori

perderebbe molti de* suoi vantaggi


i

^e

fossero stati pubblicati


in

Francesi
novelle

Soggiunge, che
dell*

una sola collezione

di

Abbadia

di

S.
il

Germano

dieci se ne

leggevano che avevasi

tolte

Boccaccio (2)
(a)
(l)

Voi. XX. p. 325. 4.

qui

si
,

noti, che ben mi ricordo di aver letto

il Petrarca al re Giovanni complimentandolo a nome de' Visconti per la sua liberazione, che conservasi nella Palatina Vindobonense in un manoscritto, da noi altrove rammen*

nel discorso
di Francia
,

che pronunci

tato {Pet.

Vit. p.

228.) che

quest'oratore scusasi di
il

perorare

il

re in latino per essergli ignoto

Francese

veruno di questi accusatori del Petrarca potr prosi

vare che di questi poeti que* tempi


(3)

fissero fatte traslazioni a

Ecco alcuni esempi che alleg


i

il

Conte

di

Caylus
novel-

per mostrare
latori
.

vezzi e la leggiadria

di questi

Esempli di poesia gnomica La bouche commence a mal dire

Qui parole

qiiant se doit taire

Le fai au fai
Vos
le

le

saige au saige

cuiddi avoir blasm

340
Francesi

ILLUSTRAZIONE
finalmente la luce molte
nel

XV. Videro

novelle

duodecimo secolo , e ne' tre susseguenti per opera di Barbasan (i). L' editore nella prefazione (a) ripet che il Boccaccio , che aveva letti questi novellatori mentre studiava nella
scritte
,

universit di Parigi, avea saputo trarne profitto

conferm

come

il

Gaylus , che nel Ms. di

S.

Geril

mano

eranvi dieci novelle, che aveva

imitate

Boccaccio. Questa raccolta fu un vero acquisto


{a)

Pag. XXXIV.

Vavez moult honnor bon gre Se il est de bas parente , Quant il vos passe par proece Et vos et vostre gentillece ! Esempli erotici Quant la dame le vit venir , Des els a gite un soupir
si
:

Et

Ne

lui doit-on savoir

Amors qui entent

viaint affaire
le lace

Amor

le tient

amors

Amors le tient en grant tourment Quanto alle imagini poetiche cit i seguenti esempi El pays navoit si plaisant Por esg arder , ne pour veoir

La

florette qui naist el


,

Rose de mai

ne
,

fior

pr de lis
,
.

N'est tant bele

ce m^est avis

(l)

om*la beante la Dame estoit Fabliaux et Contes des Poetes Frangois du


.

xii

XIII, XIV, et XV. Siecles

Paris 1766. voi.

3. in 12*

QUARTA
per la repubblica delle lettere
,

341

mentre comparve-

ro le novelle Francesi nella loro semplice veste , e

moderna come le Rime de' Trovatori per opera dell' Abate Millot XVI. Andando dietro le orme di Barbasan , le
non sia
abbigliate alla

Grand ne
ra
i

raccolse in maggior copia


e le opere
il

e tratti fuodi

nomi
,

polverose di
d'

Adamo

MerBaBe-

cato

detto
,

gobbo

Arras

di
,

Odifredo

il

stardo

di

Baldovino da Gond
ec.

di Giovanni

dau, di Rutebeuf
che fosselo
il

non meno vano


,

di quello,
de'

Poggio pel discuoprimento

mara-

vigliosi scrittori di

Roma

nel dare in luce questi

e molti

altri ignoti

novellatori, pretese, (i) che la

repubblica delle lettere dovesse anteporli a

Ghe-

rardo da

Bornello

a Folchetto

da Marsilia, ad
,

Arnaldo Daniello , a Beltramo di Bornio a quei celebri Trovatori cio i cui componimenti fur da
,

Dante

allegati in

esempio

come modelli
,

dell' alto

poetare , cui per asserzione del Petrarca la lingua Lancia e spada fu sempre , e scudo ed elmo (a).
,

E
s

dopo aver
,

vilipesi

in

tal

guisa
i

provenzali
(

poeti

le

Grand
gli

pretese

che

suoi

Truveri

co-

chiamansi

antichi poeti Francesi


,

con me-^
fosser va-

raviglia dell' Italia

che forse ignoralo

) ,

levoli a rovesciare da* loro lurainossissimi scanni

(a)
(l)

Trionf. d* Amor.

e.

iv.

Fabliaux ou Contes
3. in 8.

dti

XU. e

da

Xlli.

Siede

tra-

duits ou extraits d'apres

diveri manuscrits

du tem^s

Paris IZZl. V.

34'2

ILLUSTRAZIONE
,

Guido Cavalcanti e Gino da


il

Pistoja

Dante

Petrarca, e

il

Boccaccio
,

(i).

XVII. La tarda
per ne' suoi
falsi

e lenta posterit

ostinatissima

ta opinione dal saggio in prosa

Grand ha dato
dall' apparir
;

di

non pare aver mutamoderna , che le questi novellatori Anzi lungi


giudicj;
.

convinta

che meritino altissima

esti-

mazione forse con troppa precipitazione sdegnandoli


,

sembra reputarli meritevoli di superficiale


soltanto

lettura, e

come

istorico

documento; a

guisa delle

antiche cronache, e leggende, nelle

quali avvi qualche dipintura di que' secoli d' igno-

ranza.

Ed
,

io infatti,

che ragionava di

tale argo-

mento un giorno
letterato
gli feci

in

Provenza con un coltissimo


pii

per rendere

vivace la discussione
le

valer per giuoco le ragioni del

Grand.

Egli, che tollerava di mal animo, che fossero stati


avviliti gli antichi

padri del poetar volgare, mi

(l)

Le Grand
,

dice del

Boccaccio

Ohservations sur
nest-ce pas avec
,

les

Troiibadours 1787.

8. p. 2S.

E nfin

nos Fabliaux
qu'il
s'est

que Boccace a procure a sa patrie

et

procure
.

lui-meme

assez

facilement un

Tionneur immortel

Quoiquil passe, non seulement pour

Vinventeur de ces contes


qui a renouvell

, mais encore pour le premier , dans VOccident ce genre agreablo , il doit a nos Fabliers un grand nombre de ses sujets : et le genre lui-meme Posterieur eux d'un siede en.

viron

il

les

a copis
,

Le

recueil

offert la
,

preuve

et cette

que fai publi ett preuve je defie de la de-

truire

QUARTA
rispose.

343
i

F strano in

vero, che vi persuadano


le

de-

boli argomenti addotti dal

Grand

che vuole

siano

letti e

ammirati

gli antichi

novellatori Fran-

cesi a preferenza de'

Trovatori, e degli Italiani.

Non

avete letto

il

frontespizio dell'opera del le


,

Grand ? Ei

dice d' averli tradotti


,

e abbreviati

di-

mostrazione evidentissima

che

se davagli originalgli

mente, temeva che letti, come accadde


basan
il
.

il

pubblico

avrebbe poco
vostro

di quelli pubblicati da Baril

Se alcuno orasse tradurre


,

Dante

Petrarca

il

Boccaccio

e abbreviarli in volgare
?

non sarebbe
la favlla

egli

reputato demente
,

ci perch
gli

de' vostri tre quella

che imitano

eleganti scrittori Italiani,

n mai invecchiata.

Quella de* nostri Trovatori parlasi tutto d, e se non provincia , ma dominatrice della Francia , fosse
divenuta
fossesi
la

Provenza
il

non dubito punto che non


,

mantenuto
tempi
,

Provenzale degli

scrittori

coin

me

ai

de' nostri Trovatori,

meno che

quelle voci

che erano necessarie per dichiarare le


(i )
.

nuove invenzioni
(l)

Ma

quello che prova quanto

A
al

conferma
, i

di

quanto afferm, e disse

il

Pro-

venzale

1673

Giunti nella dedicazione del Boccaccio del gran Principe di Toscana dissero. Di che pu
(

essere vivo esempio la Provenzale

cio
)

quanto utile
al

sia alla favella la protezione de* Principi

tempo dei
per cui

nobili Conti di quella

Provincia ; specialmente del buon


,

Ramando
tutta

Beringhieri

tanto celebrato Signore

ella sal in grandissimo onore e poco

meno
sa

che per
nostri

V Europa

si

sparse , e come

si

fu da'

344
le

ILLUSTRAZIONE
scrittori fossero gli

poco pregevoli

encomiati dal
intelligi-

Grand

che
d'

la loro

favella

non era
,

bile ai

tempi

Amiot

e di

Montaigne
.

e pi inin-

telligibile ai

tempi del celebre Pascal


il

Talch mag'
Francese
,

giOrmente coltivavasi e ripulivasi


poeti

pi slontanavasi dalla favella adoperata da quei


,

tanto che
.

per farli intendere oggid

bi-

sognato tradurli

Credo che abbiate


.

lette le

apo-

logie di questi antichi rimatori


te osservato
d' averli
,

E che
,

perci avre-

che

loro editori
,

vergognosi quasi

esageratamente lodati

hanno creduto
,

su-

bito

dopo doverne temperare


fior

le lodi

e quasi ritrat

tarsi, dicendo di loro, cose ingiuriose per iscfittori,

che avessero

d'ingegno. Udite

il

Caylus

(a).

Di

qualunque opera di que tempi vogliasi ragionare


,

posso assicurare

che se sonovi stati de dotti in quei


,

secoli d' ig noranza

noi furono certo


i

poeti Il Bar.

basan
le

{b)

Rimarono

loro versi

come oggid ,

7na.
le

rime loro non sono n ricche n esatte. Tutte


i

voci rimavano in que* remoti secoli, o almeno


ti

poe-

le

facevano rimar
,

tutte

A
,

cagion
.

d'

esempio
ne' soli

Pierre con pardon

dicendo Pierron

non

nomi davansi questa licenza


(a)

ma

toglievansela in

L.

e.

p. 36o.

{b)

Pref. p. xxi
,

studiosamente ne' primi tempi adoperata

e poi lunga-

mente imitata

mancata quella corte

e sottratto co-^

me

nudriva , venne a poco a poco oggi poco meno che del tutto spenta . Ci ne dimostra che g' Italiani non sono invidi dei
dire
il

latte che la
et

mancando,

meriti delle altre nazioni

QUARTA
tutti gli altri vocaboli
.

345
,

La

dimenticanza in cui sono


ed in

questi poeti

in

parte viene dalla prevenzione


di comprenderli
il
.

parte dalla difficolt

abbiate letta la risposta che fece


al
le

Suppongo che nostro Papon (a)

.Grand, ove

si

burla graziosamente di lui,


il
,

perch aveva asserito che


abbellito

vostro Boccaccio erasi

con quei magri


le
,

e sterili

componimenti
risposta

Saprete che

Grand

vi fece

una

(i).Ese
en-

r avete letta

vi ricorderete

che cosa egli dica de' suoi


,

poeti della destra riva della Loira

malgrado
di

l'

tusiasmo che ha per essi

(^)

Sono

buona fede e
senza

convengo francamente

che la nostra favella appena


,

formata
regole
,

ancora barbara
inferiore
.

senza prosodia
provenzale
il
,

era

alla
,

sebbene pia

dilatata di quella

Ma

soggiunse

mio Provenzale
la

sono ben lungi dal concedere, che

romana

fran-

cese fosse pi diffusa della romana provenzale; ma non voglio per ora distendermi sopra tale argomento che domanda esatte e profonde ricerche
, ,

aborrendo

io di

enunciare
d'

miei pensamenti teore,

ticamente a guisa

oracolo

come

fanlo

le

Grand
i

e non pochi scrittori d'oggid.

Ma

quello, che dino-

mostra quanto di qua dalla Loira onoravamo


stri

poeti pi che oltre Loira


.

sono varie istituziod' amore , ove dame, e cavalieri,

ni del mezzod

Quella delle corti


pi
illustri

dal consesso delle

(a)
{b)
(l)

Voyage

litteraire

de Provence.

Pag. 52.
Observatlons sur les Troubadoiirs Par. I^Sl. 8

346
scioglevansi

ILLUSTRAZIONE
le questioni

proposte dai
i

trovatori

nelle loro tenzoni.

Lo provano

giuochi Fiorali di

Tolosa, ove riinuneravasi di corona con tanta pom-

pa
che

il

pi illustre poeta de' concorrenti, istituzione


i

imitante
le

giuochi Capitolini
illustri'

Lo prova

in
si

fine

pi

dame
,

le

principesse

gloria-

vano

d' essere

lodate

e corteggiate da' trovatori

ragionamento del Provenzale


faciato alla niente

XVIII. Sarei rimasto pienamente convinto dal se non mi si fosse af,

un passo

di

Dante

del trattato

della volgare eloquenza (a) che prova, che dibat-

tevasi quella questione sino da' suoi tempi, quale

cio de' tre


lingua
,

volgari affin meritasse

il

primato

La

01

(cio

il

Francese dice egli) allega


ovvero
,

per se
,

che per lo suo pi facile e pi dilettevol vol(fh"

gare tutto quello

stato tradutto
;

ritro-

vato in prosa volgare suo


de' Troiani,
re e de

cio la Bibbia

ijatti

Romani

le

bellissime Javole del

Art e molte altre istorie e dottrine. L* altra poi argumenta per se, cio la lingua di Oc ( o il Provenzale
) ,

dice

che
,

volgari eloquenti scrissero

primi poemi in essa


e pi dolce
f

siccome in lingua pi perfetta


Piero
ti'

come fu
.

Alvernia e
,

altri molti
, ,

antichi dottori

La

terza poi

cA'

degV Italiani
:

afferma per due privilegj essere superiore


che quelli, che pi

il

primo

dolcemente , e pi
stati
i

sottilmente

hanno

scritti

poemi, sono

suoi ^domestici e

familiari, cio Gino da Pistoja, e l amico suo (es-

[a)

Lib,

I,

e.

X,

<5

U A R T A

347
s*

SO

Dante

Il

secondo

che pare che pi

ac-

costino alla

grammatica

la quale

comune

que-

sto a coloro^ che vogliono con ragione considerare,

par gravissimo argomento

XIX. La savia autorit

d'

un tanto uomo mi

fe-

ce comprendere, che per essere imparziale, conveniva riconoscere molti meriti in ciascuna delle
tre affini favelle

quanto all'introduzione della


.

let-

teratura

volgare
,

Ma
d'

che per ben


d' un'

deffinire

la

questione

faceva

uopo

opera assai

este-

sa. Bisognava cio, scriver

la storia della
,

deca-

denza del latino


vella
degli

e del
,

romano

ossia della fa-

scrittori

e di

quella

del

volgo innella

trodotte
tica
,

da' conquistatori del

mondo

Cel-

nella Aquitanica e nell'Italia.

E
,

a tal uo-

po era necessario l'andare indagando le varie vi" che lentamente le alterarono e princicende
,

palmente r ignoranza e

le

irruzioni e lo
.

stabili-

mento

de' barbari in quelle provincie

Farsi pofavella
ro-

scia a considerare

quando giunse

la
.

mana
una

al grado

massimo di rozzezza

E come

ac-

cadesse, che nel


tal

nono secolo avessero


senza

fra di loro

quale simiglianza que' tre volgari, e co-

me

la

perderono di poi
.

troppo

strane e

nuove vicende Si dovrebbe di poi esaminare quando da' pii fu abbandonato 1' uso di scriver latino, e perch
s'

incominciasse a scrivere in vol-

gare. Allora col fondamento di storici documenti

esaminare chi vantasse

primi
.

scrittori

volgari
la storia

e quali opere essi scrivessero

Trattando

348

ILLUSTRAZIONE
come
gli scrittori

di questo periodo, fare vedere

impadronendosi di una merce volgare, come era-

no que'

tre dialetti
,

vi cagionassero notabili

can-

giamenti

e nella parte figurata e nell'ortografia,


differiscono
1'

per cui tanto


cese
.

Italiano

il

Fran-

seguitare le vicende della letteratura di


infanzia persino

quelle nazioni dalla loro prima


al loro secolo d' oro
,

all'

et degli scrittori che

sono ancora

letti, e imitati.
,

ponghiamo
videnza
condurla
ci

di scrivere

Opera che ci proquando la Divina Prov-

al

conceda lo spazio di vita necessario a suo termine


basti a ribattere le accuse date dal
,

XX. Intanto
le

Grand

al

Boccaccio
s'

1'

osservare col Tirabol'

schi (a) che sebbene

ignori

et precisa

in cui
,

furono

scritte le novelle della sua raccolta

e che

sia ignoto, se da' suoi novellatori fossero state in-

ventate

soltanto imitate: di sole quindici cir'


il

ca dice essersene valuto

Boccaccio pel suo De-

camerone

Ed

io

soggiungo che sebbene queste

sian poche fra cento, ancorch

mero ne avesse
.

tolte

un maggior nunon sarebbe cosa da far


,

maggior torto
al classico
la

al

Boccaccio
,

di quello

che faccialo
l'

Fontaine

1'

aver tolto

argomento

delle sue

na
ne

di

da quelle del Boccaccio, o della regiNavarra perch come giudiziosamente os, ,

serva la Fontaine nella


il

sua prefazione
,

Non

vero

il

verisimile

che

fa

la bellezza e la

(a)

Pa^. 524.

QUARTA
grazia di
tarle.
,

349

tali cose ma solo il modo di racconr Qui osserveremo inoltre, che dall' allegata autorit di Dante apparisce, non avere avuta i Francesi a que' tempi celebrit come novellatori ma solo come scrittori di storie e di Romanzi e di versioni volgari. In ultimo poi domanderemo, come accadde che in Francia fu tenuto in tanto pregio il Boccaccio che il Decamerone fu traslatato in Francese vivente lui e nuovamente poco dopo la sua morte da Lorenzo de Premier Fait,
, ,
:

e da

altri

posteriormente

senza che

questi

fa-

cessero

veruna menzione delle ruberie del Boc?

caccio (a)

{a)

Veggasi V

iUnstra-z-.

iii.

e.

xxii.

2(f

35i

ILLUSTRAZIONE QUINTA
Della Fiammetta
.

SOMMARIO
1.

l^r irronee opinioni intorno alla Fiammetta


.

li.

B.icer'

che intorno a questo argomento


riguardante la Fiammetta
.

iii.

Passo del Filocopo


si

iv,

DalV Ameto
.

rileva
,

che Maria era della casa d* Aquino


e lo Storico di S.

v.

Il

Boccaccio

Tommaso
all'

d' Aquino, discorrono con-

cordemente
VI.

intorno

origine

di

questa

famiglia

Non apparisce a qual ramo


Maria
.

de* d'

Aquino apparte-

nesse

vii.

La

congettura che discendesse


.

da

Conti di Caserta

su che fondata

vili.
ix.

Congettura

sulV anno del nascimento di Maria


colarit della sua vita
.

Alcune parti-

x.
,

Comparazione fra V inna.

moramento del Boccaccio e quello del Petrarca

xi. Il
.

Tirahoschi crede favolosi gli amori del Boccaccio

Con-

futazione de' suoi obietti

xii.

Conclusione

353

ILLUSTRAZIONE QUINTA

I.

l\l el

compilare la vita del Boccaccio

recava-

mi non poco meraviglia l' asserzione del Sansovino, del Betuss , del Manni e del Mazzucchelli , che il Boccaccio avesse celata sotto nome di Fiam,

metta
vedere

Maria

figlia

naturale del re Roberto, e


asserzione da tutti coloro
pii
il

il
,

ripetuta

tale

che
noti
.

scrissero di

questi amori
,

divulgati, che

Mi recava meravglia
,

che

Sansovino nella
nella
storia di

vita del Boccaccio

ed

il

Bouche

Provenza
le cose di

all'

articolo del re

Roberto, asserissero,
delnell'

che questa Maria fu decapitata nel mutamento

anno appunto, Giovanna Quannel quale fu strangolata la regina to alla prima asserzione, diceva meco stesso, come accadde, che il Boccaccio, non meno innamorato
Napoli nel i38o
.

di questa

donna, di quello, che fosselo


,

il

Petrarca

della

sua Laura

che con

tanta affezione parve

venerarne la memoria sino agli ultimi d del viver


suo
,

volesse tanto scandalosamente macchiare la

fama di persona per natali cotanto illustre , e si rendesse maggiormente colpevole ne' suoi trascorsi svelando le mancanze di femmina stretta nei vincoli coniugali E proseguiva meco stesso ed anco
.

354

ILLUSTRAZIONE
,

che cos poco pudore egli avesse, come avrebbe potuto farlo impunemente in Napoli e in quell' et

ove con tanta circospezione dovean celarsi le mende di questa fatta ? Erami ben presente non es,

sere allora in uso

il
j

propalare,
,

il

vantarsi della diil

menticanza

de'

propr doveri meno ancora


si

ripor-

tarne escusazione o lande ; e che col ferro

vendica-

va in quell'et

il

disdoro alle famiglie recato da un


delle tresche amorose. Gravis1'

impudente rivelatore
simo pure parevami

abbaglio del Sansovino


la

e del

Bouche
metta
si

d' asserire,

che sopravvissuta fosse


le sue

Fiammorte

Boccaccio, quando fra

Rime Liriche

noverano non pochi componimenti

scritti in
,

della sua donna.

E nell' anno innanzi


, ,

che cessasse di

vivere

il

Certaldese , nell' et cio


le passioni

in cui pi

non

lo

illudevano
te
,

e le giovanili

massimamen:

nel piangere T estinto Petrarca esclamasi

Or
Ti Or

se'

col dove spesso

il

desio
.

tir gi per

vedere Lauretta

sei dove la mia bella Fiammetta Siede con lei nel cospetto di Dio Tirami dietro a te , dove giojoso
.

Veggia colei, che

pria

d'amor m'accese.
{Son. p:
)

IL Ci mi convinse
palar questi amori
sconderli.
,

che lungi dal voler

ei pro-

studiatamente avea voluto nascrittore della


lievre

Premuroso, come
,

Vita
ed im-

del Boccaccio

di compiere questo non


,

portante carico

credei dover fare dell' inchieste


,

su tale argomento nel luogo medesimo

che die

la

QUINTA
cuna
alla
;

355

Fiammetta e a tal uopo mi valsi della cordiale amicizia di Monsignore Zucchini, il quale si diresse per appagarmi al Sig. Francesco Daniele
Istoriografo del re delle due Sicilie. Dalla risposta
di questo celebre letterato apparve
,

eh' egli incli-

nava a credere
di cui
S.
si

Fiammetta, Maria di Francia, la tomba nella Chiesa di Chiara di Napoli celebre monastero fatto cola

vede tuttora
,

struire dal re

Roberto. Ricercata per

l'iscrizio-

ne, che tuttora vi esiste, nella descrizione di Napoli del Sigismondo {a)
ivi
,

mi accorsi che
figlia

la

Maria

sepolta, era Maria sorella della regina Gio,

vanna
to
;

quindi Nipote e non

del re Rober,

e perci

non

la cercata

Fiammetta
,

che con-

cordemente

tutti gli scrittori


,

sulla fede del

Boc,

caccio medesimo

asserirono essere stata figlia


.

non nipote
oscurit
,

di

quel Monarca

Ridotto

all'

usata
ri-

dovei appigliarmi al temperamento di


le
,

leggere attentamente
favella della

opere del Boccaccio, ove

Fiammetta per trarne que'lumi, che

potessero rischiarare almeno in parte qualche av-

venimento della sua vita.


III.

Nel Filocopo

conquista fatta

dopo aver parlato della da Carlo d' Angi e Conte di Pro(b)


.

venza del reame di Napoli ^voseguG Quegli che dopo lui rimase successore nel real trono ( cio Carlo secondo
)

lasci appresso molti figliuoli


,

tra^ quali
,

uno nominato Ruberto

nella real dignit costituito

(a)

Voi. 2. p. 254.

{b)

Pag.

3.

356

ILLUSTRAZIONE
.

rimase interamente con V ajuto di Fallacie , reggendo


ci che da' suoi predecessori gli Ji lasciato
tich alla reale eccellenza
11

avanpreso

pervenisse

costui
,

dal piacere di una gentilissima giovane


nelle reali case
(
,

dimorante

gener di
,

lei

una bellissima figliuola


)

cio la

Fiammetta

o Maria

e
,

volendo di se, e

della

giovane donna serbar V onore

con tacito
,

stile

sotto

nome

appositivo d^ altro padre

teneramente la

nutric,

e lei

nomin

del

nome

di colei, che in se

contenne la redenzione del msero perdimento , che addivenne per


/'

ardito gusto della

prima madre
di
lei

pro-

segue a narrare come la vide, e


nella Chiesa di
S.

s'invagh

Lorenzo
gli
l'

di Napoli.

Ecco

dissi

meco
figlia

stesso

d'

onde
,

scrittori

della sua

vita

trassero la notizia

che

amata del Boccaccio era


al

naturale del re Koberto, e che chiamavasi


lo

Maria;

che vien ancor confermato, quanto


l'

nome

suo , dall' Acrostico, con cui le diresse

Amo-

rosa Visione (a).

IV. Questo passo del FilOcopo per niun sentore davami, sotto qual

nome

appositivo d' altro pa.

dre
ali'

ei

r avesse

fatta

allevare

Ma

ricorrendo
il

Amato, mi
d'

fu agevole di discuoprire
,

miste-

ro, e come accadesse


tarsi

che.

il

Boccaccio pot vanre


,

amare

la
d'

figlia d'

un

senza che

si

ren-

desse colpevole

inriverenza per

nome
la

cos alto,
.

e per donna di nascimento tanto cospicuo

Nello

Ameto
(a)

fra le

Ninfe ia Fiammetta,

quale nel

Bocc. Rim. p. Io5.

Quinta
si

35/
,

dar contezza agli ascoltatori degli avi suoi


esprime
(a):
altri

cos

questi

reputano

Fresapani

(o Frangipani),
ina r antichit
glie:
,

ed alcuni stimano gli Anniballi;

quali

essi
e

fossero

il

ver ne to-

ma
Di
si

quale che di queste due fosse V una, cia-

scuna e Pontefici massimi,


casa.
questi,

Cesari ebbe nella sua

dopo

le

pistolenzie de
,

Vandali,

uno di loro lasciata


antico

Roma
Aquino

di
,

Giovenale V oppido
signoreggian-

sottomise
a'

e quello
,

do

a se, ed
,

suoi
;

discendenti

che a
,

me furono
il

primi

diede

cognome
e

de' quali alcuni

e tra quelli

padre mio, venne


quivi tennero
,

alla

citt
il

predetta

(Napoli)

tengono
,

pi alto luogo appresso

al soglio di colui

che oggi in quella regge incoro,

nato

il

quale de' doni di Pallade copioso


,

cupido di

ricchezze

ed avaro di quelle, meritevolmente

Mida,
Prose-

da Mida
si

si

pu nominare

cio Roberto re che in

fatta guisa

chiama

in altre sue

opere

gue come una nobil giovane venuta dalla Togata Gallia dea com' ei la chiama di cento fiumi si
, ,

congiunse

al

padre suo in matrimonio


le

la

quale
narra

due dubbj padri

diede nel nascimento, de' quali


e
,

r uno

pili

gentile

1'

altro pii onesto


il

come

ci accadesse
stato

cio che

re, di
,

poco tempo

davanti

coronato de' regni

die

una gran

festa alla quale,


la

non men bella di tutte le altre, madre sua intervenne; e come quivi alla vista di Roberto corse il viso di lei, che oltre a tutti
(a)

Amet. p. Iq6,

358
gli altri

ILLUSTRAZIONE
coinmend
il

re.

E
,

siccome la madre sua


il

spesso ricercava la real corte, nella quale avea

marito non piccolo luogo


sovente veggendola
,

il

re

iuflaramavasi pi

sinch accadde, che convenal re, desideranla gra-

ne, che la donna porgesse preghi


te

che fossero esauditi ; e mentre essa cerca

zia

addimandata, cade ne'


,

tesi lacciuoli,
,

ed invita
la

diviene del re
col
si

cui desiderj compiuti

donna

dimandato
il

si

parte

e sentendo la cosa occulta

tace
al

ricevuto oltraggio. Prosegue a narrare


si

come
di

debito tempo ella

nacque
la

ne tenne per padri, avendole

e come due madre sua pria


,

hiorire disvelato il mistero , onde i reali doni con pi fidanza accettasse V. Ecco adunque come accadde che Maria pot
.

credersi figlia del re Roberto

come per
,

tale la

tenne

il

re

ed ecco come accadde


,

che

essendo

questo un segreto occulto a tutti


alla

toltone al re
la

madre
re
,

di

Maria

e ad essa

morta

madre

il

pot parlare

il

Boccaccio di quel disonesto

mistero non restandovi altri depositar) del segreto


,

che esso

Maria Di qui ancora


.

si

rileva

che

r altro dubbio padre della Fiammetta era della


casa d'Aquino. ce
il

Che

si

compari

in fatti

quanto di-

Boccaccio intorno a questa famiglia, e alla


Gabriel Barrio
{a) della famiglia di S.

sua illustre origine nel passo allegato, con quanto


riferisce

Tom-

maso
(a)

d'

Aquino

traendolo da uno squarcio degli

De

antiqnit. et situ Calahrlae

Rom.

Z^Z'f- P- '^^Z*

QUINTA
ra esistente nella Vaticana
*,

359
,

annali de' maestri dell'ordine de' Predicatori


il

ope-

quale del tenore

tegnente yrhonms de Aquino


est

in linea paterna natus


,

ex genere Comitum Aqidnorum


et

qui dicuntur de

Loreto

de Beleastro

et

antiquitus

dicebatur de

Frangipanis Romanis quae fiiit progenies Sanctissimi Gregorii Papae^ primi hujus nominis. Et progenies est antiquissima
.

Retulit dominus Bernardus

unum instrumentum apud se pertinens ad progeniem suam in quo Boetius Senator summus philosophus et theologus qui
,

Comes de Loreto
,

se

hahere

alias Sanctus Severinus


citur
y

appellatur

pr

teste ind-

in

quo ipsa

domo

de Loreto, et de Beleastro.,
,

vocatur

de Frangipanis

ut

reperitur

in

quadam

chronica antiqua in conventu Sanctorum Ioannis et

Pauli

Venetiis'.

soggiunge

il

Barrio: huius familiae


,

unus quispiam inter caetera oppida


niafamilia cognomen sumsit
navit deinceps
.

Aquinum etiam

Samnii oppidum possidebat , a quo Aquina , sive Aqui,

quod ad posteros ma-

Ciascuno evidentemente pu ravvi1'

sare quanto concordi siano e


ria d'

istorico della
S.

Aquino
d'

e lo scrittore delle gesta di

MaTom-

maso

Aquino nel
'

favellare dell' origine di questa

illustre famiglia.

VI. Questa casa gi


molti, e diversi rami, e
sero
i

potentissima
le

si

divise in

diverse agnazioni tols'in,

nomi da loro feudi; perci d'Aquino


,

titolarono

e signori dell'
,

Acerra
.

di

Loreto

di

Esculo
abbia

di Beleastro

di Satriano
le

Ma

quantunque

attentamente lette

genealogie di questi

36o
dell'

ILLUSTRAZIONE
Napoletane
che am
,

diversi rami nella storia delle famiglie

Ammirato non mi

accaduto di vedervi ramdirsi quella

mentata una Maria, che possa


il

Boccaccio.

dee recar meraviglia, confessan,

do r Ammirato medesimo che


bramato
la

la distanza de' tem-

pi avevagJi tolto di rischiarare, quanto avrebbelo


,

genealogia di questa illustre famiglia.


,

Non

dee adunque sorprendere

se

non essendo peri

venuti alla notizia di detto storico tutti


della famiglia d'Aquino,

maschi

meno

le

non gli pervennero nemfemmine, che nate in detta famiglia, fu-

rono in altra accasate


VII. Gontretturava che Maria appartenesse al

ramo
non

de' Conti di Caserta che per asserzione del primo Villani erano della casa d'Aquino (a): e
,

solo per asserzione

di lui

ina di

molti

altri

scrittori, fra' quali di

Paolo Emilio Santorio nella


(b)
.

sua storia manoscritta di Napoli

Mi muoveva

a crederlo , perch

il

Santorio tenne ferma opinioraccontato nella

ne, che
metta

il

Boccaccio nel fatto

quinta nov/ella della prima giornata dalla Fiam,

eh' la

narrazione del prudente accorgidi

mento

della

Marchesana
,

Monferrato, intendesse
il

di raccontare
glia deir

mutati

nomi,

fatto di Siligaita

fi-

Imperatore Federigo secondo maritata a Rinaldo Conte di Caserta, della quale innamoratosi
il

fratello

Manfredo, volle abusarne, e da essa

col convito delle galline fu

da primo contenuto,

{a) Lib.

VII.

cap. iv.

(i)

Mann.

p. l5S. e se^fuen.

QUINTA
sebbene
Caserta
soggiacesse di poi alla
:

36l
petulan7,a
il

dello
di

sfrenato fratello
,

lo

che fu cagione che

Conte

per trar vendetta del macchiato talamo

alla venuta di Carlo d'


te si

Angi

con

lui

segretamen-

convenne per detronare

il

cognato Manfredo^

questo fatto cotanto autentico,


(a).

che vien raccolorire

contato da Giovanni Villani


babile, che
il

Sembravami proper

Boccaccio
la

si

appigliasse a
la cosa
,

vantaggiosamente per

donna

amo-

re della Fiammetta, cui avrebbe appartenuto Siligaita, se fosse da quel ramo discesa. Ma il citato

Ammirato,
favoloso sia
ai d'

scrittore accurato,
il

d'opinione, che
per averne tro-

racconto
il

che non mai appartenesse


,

Aquino

feudo di Casetta
d'

vato investito un signore


pi.

altra casata a que' temdi tanto peso


asser-

A me

per altro
,

non rassembrano

le sue

ragioni

da distruggere

la positiva
,

zione del

Villani quasi coetaneo

n quella del
peso
.

Santorio e di altri scrittori di

sommo

Co-

munque

siasi

per non ardirei mai affermare, che

Maria appartenesse al ramo de' Conti di Caserta, quando anche questi Conti fosser stati consorti dei d' Aquino Vili. Dicendo nell' Ameto che Koberto re s' in,

vagh della madre di Maria in una festa data poco dopo


il

suo incoronamento che accadde agli


la for-

8 di settembre del iSop, e soggiungendo che


tuna acconciatrice de* piaceri

de' possenti diede di

{a)

L,

e.

Z6q.
poi opera
,

illustrazione
ch'egli potesse appagar le sue voglie;

fingendo altrove (a) che due donne nel vaticinarli,

ch'ei s'innamorerebbe di Maria gli soggiunga:

no

donna ancora

la tua et

non tegnente

signo~

regger la tua mente \ ed ei essendo nato nel i3i3;


crederei per congettura che Maria nascesse forse

neir anno seguente


IX.

Avendo Maria perduta


,

la
,

madre, essendo
do--

ancora fanciulla

il

padre suo

che mor poco

collocolla in

un Glaustro
serbandola

sotto la cura di

due
,

religiose sue parenti acciocch quelle di costutni


d' arte inviolata
,

ornassero la sua

gio-

vinezza

Ed

essa tanto ebbe fervore pel Glaustro,


,

che nulla mancavale


sere

se

non

il

vestimento
.

ad

es-

una

di quelle devote ancelle

Era disposta a
,

vivere eternamente ne' santi templi


lezza le fu cagione di rompere
ti
; i

ma

la sua bel-

suoi proponimen-

mentre veduta da uno de' pi nobili giovani


il

della terra, ove nacque, tent

suo matrimonio,

e da
al re

lei

rifiutato
,

non

si

ristette dal

domandarla

Roberto
1'

che affettuosamente prendeane cu.

ra

ottenne, (h)

Sembra , che questo matrimo1

nio possa essere accaduto verso il


dice
(e) essersi

333 , poich ella innamorata del Boccaccio essendo


(

del pronto giovane


,

cio dello sposo

stata
lei
s'

pi
in-

anni ; e come a suo luogo dimostrerassi , di

namor

il

Boccaccio nel 1341

(d)

(a)
(e)

Amet.
Ivi
.

p.

II 3.

{b)

Amet. p. 109.

(tZ)

Somm. Cronolog.

QUINTA
X. Piacemi
simiglianza
il

363
degli innamora-

considerare esservi stata non poca


le
,

fra

particolarit

menti del Petrarca

e del Boccaccio. Questi s'in"

namor

nella Chiesa di
S.

quegli nella Chiesa di

Lorenzo di Napoli e Chiara d' Avignone, avenS.


,
.

do quelle donne
caccio
,

a caso incontrate

Narra

il

Boc-

che vidde Maria per la prima volta il sabato santo di bruna veste coperta, e nel d seffuente solenne, la rivide di molto oro lucente,

ed ornata

di

gemme,
,

e di finissimo verde vestita,


:

bella per arte

e per natura

per lo che fugli


.

il il

verde un colore sempre accetto


Petrarca
stita
il

Vide Laura

venerd santo
.

e la vide di

verde ve-

per cui esclam

Negli occhi ho pur

le violette e

il

verde

Di che era nel Amo^e- armato

principio di
.

mia guerra
xxviii.

Cam.

Ambedue
miarle
,

si

sforzarono colle loro opere


i

di
.

enco-

e di renderne

nomi immortali
i

Ed am-

bedue quelle donne infiammarono


bramosia di gloria
scritti.
,

loro amanti di

e di divenire famosi co' loro

Credo dover sospendere il paralello, quanto al contegno delle due donne, come svantagginNon mi so di troppo alla memoria di Maria riescito il rintracciare quando essa morisse non
.

pare che
totto
tar
,

cessasse di vivere nella peste del quaranil

perch

nostro Boccaccio continu ad abinell'

Napoli anche

anno seguente

Pure

cre-

derei che la sua morte accadesse innanzi al i355.

364
,

ILLUSTRAZIONE

anno nel quale s invagh il Certaldese della vedova contro la quale scrisse il Corbaccio XI. Restami ora ad esaminare 1' opinione del
Chiar. Tiraboschi intorno a questi amori (a) Egli
.

pone in dubbio, e gli tiene per una poetica finzione del Boccaccio, sebbene e i riferiti docugli

menti

e ci che ne
,

Giovanni

abbiamo detto nella vita di come pure una veneranda tradizione >
si

diano loro tutta l'autenticit, che


storiai tuttavia

richiede nella

debbo farmi ad esaminare su quali


.

ragioni principalmente fondi la sua opinione

Pri-

mieramente sembragli poco coerente a se stesso il Boccaccio nel favellare di questi amori Mentre
.

nel passo del Filocopo

da noi

citato (b) egli dice,

che

il

re
,

Roberto

s'

invagh della madre

della

Fiammetta
venisse
,

innanzi che

alla reale eccellenza per-

al

contrario nell'
egli era
.

Amcto

dice

che ci av-

venne

quando

stato poco tempo davanti


il

coronato de' regni

se

Tiraboschi intese

che

quel pervenire alla reale eccellenza, volesse dire


innanzi
,

che Roberto assumesse la regia dignit


.

ha ragione

Ma

il

Boccaccio volle significare


il

che

ci accadde innanzi che

re pervenisse a posse-

dere quelle virt

e quella
.

magnanimit eh' lo
infatti tutto
.

splendore del trono


testo
lui
(
(
,

Veggiamo

il

con-

che provalo evidentemente Quegli che dopo


)

Carlo primo

rimase successore nel real trono


)
,

cio Carlo secondo

lasci appresso molti figliuo-

[a]

T. V.

jj.

521.

{b)

Artic. 3.

QUINTA
li
:

365
,

tra

quali

uno

nominato Ruberto
,

nella

reale

dignit

costituito

rimase interamente

con t aiuto

di Pallade, reggendo cibi che da suoi predecessori

gli fu lasciato.

avanti che alla reale eccellenza

pervenisse

costui preso dal piacere

X una

gentilissilei

ma
una

giovane dimorante
bellissima jigliola
.

nelle reali case,

gener di

Ora domandolo, evvi nulla


,

di pi chiaro

che

il

Boccaccio stesso asgerisca che

Roberto
nel

s'

inyagh della

madre
di

di
il

Maria

dopo

es-

sere asceso al trono? Prosegue

Tiraboschi, che

primo passo
zittella
,

la

madre
il

Maria era una gio,

vane

perch

Boccaccio dice

che
:

il

re

fece allevare sotto altro

nome

la fanciulla

volendo

disc, e della giovane donna serbar V onore.


indusse in errore
l'onore anche
d'
,
,

Ma

lo

che per serbar il non avvertire una maritata faceva d' uopo tacere e il non aver ben il versognoso trionfo del re compreso quanto abbiamo dichiarato all' articolo quarto di questa illustrazione, cio che non poteva riconoscere per sua la figlia avuta da donna e maritata senza recar disonore e alla madre
, , , ,

alla figlia

e alla famiglia
i

Il

Tiraboschi

s'

induce

ancora a credere favolosi


intitolata

racconti fatti nell' opera

l'Amorosa Fiammetta, perch ivi il Boccaccio d per ragione a Maria nell' abbandonarla: che la inevitabile morte di pi figlioli lui solo aveva
,

lasciato al padre suo

Or

dice egli, fuor di dub-

che Iacopo suo fratello gli sopravvisse non , poco ; ma ancor fuor di dubbio che Iacopo nacque dopo quella separazione , come abbiamo altrove ribio

366
ferito (a)
.

ILLUSTRAZIONE
Prosegue
,

il

Tirabogchi con l'obietto , che


l'

nella

Fiammetta
si

e nei Filocopo dice seguito in


ai contrario
,

innamoramento
senza alcu-

del Boccaccio

un tempio, e nel
,

Ninfale

d'

Araeto

dice egli

na previa disposizione entra furtivamente l'amante nella stanza della Fiammetta (6). Ma quel grande

uomo non osserv che il Boccaccio in questo] passo narra come accadde che Maria ai suoi piaceri si che di lei s' innaarrese e non come accadde
, ,

mor

Se proseguiva a leggere alquanto dopo


le seguenti parole riguardanti
l'

avrebbe notate

in-

cominciamento de' suoi amori. Io


pio
,

entrai in un tem-

da

colui detto
,

che per salire alle case degli


,

Iddii immortali

tale di se sostenne

quale
:

Muzio

di

Por sena

in

presenza della propria


le

mano
,

nel quale

ascoltando io

laudi
.

in tal d

a Giove

per la spo-

gliata Dite rendate

voi singulare bellezza delV uni-

verso di bruna veste


miei (e)
.

coperta

appariste agli occhi

Talch ripete che nella Chiesa di S. Lorenzo nei sabato santo s'innamor di Maria, come nel Filocopo avcvalo detto Ultima contradizione
.

del Boccaccio sembra al Tiraboschi


stola alla

che

nell' epi-

Fiammetta
1'

che precede la Teseide,si


,

dolga

che mentre egli ancora ne acceso

ella

abbia cambiato
nella

amore
ei

in odio

al contrario

che

Fiammetta

la

rappresenti come
:

abban,

donata dal suo amante

ma ben
{b)

si

vede

che

il

(a) Illust. IT.


.(e)

arde.

4.

5.

Amet.

p.

Pop,

Amet.

p. II 5.

QUINTA
puro animo del Tiraboschi, per
se; e
lo

Z^"]
suo meglio,

nulla sapeva dell' andamento delle tresche amoro-

come accada che momentaneamente s'accengli

dano

od] e

le

gelosie fra

due amanti
g' insidiosi

senza

che vengano troncati perci


XII.

legami
ragioni,
al

A
,

me
non

rassembra, per
,

le allegate

non

solo che ci

che pareva contradittorio

Ti-

raboschi

lo sia in effetto,
il

ma che

anzi in

tutte le sue opere

Boccaccio

si

esprimesse in

un

modo conforme quanto


di questo

alle circostanze principali

innamoramento:

lo che cresce peso e au.

tenticit a
E' fuor di

quanto abbiamo nella Vita asserito


il

dubbio per altro, che

Boccaccio nello

scrivere tante opere per encomiare la sua

diede a queste

donna una certa apparenza romanzesca


il

e perch era quello

gusto del secolo, e per teil

nere maggiormente occulto


aria
.

vero cognome di Mascritto in

Indi che nell'

Ameto

Firenze

ivi

pubblicato

probabilmente, parla pi
pii

aperta-

mente della medesima: in modo


trigato nella
ci diede in
,

oscuro e in,

Fiammetta e nel Filocopo; opere che luce mentre era in Napoli. Ebbe que-

sto stesso doveroso riguardo

non

solo nello scrive-

re de' suoi amori,


di alcune

ma anco

nel favellare di amori


,

Ameto codonne me avvertimmo in una nota, che tratta di questo argomento (a). Imperocch in quell' opera sebdella sua patria nell'
,

bene ei ragionasse e de' luoghi, e delle persone,


(a)

Llb.

1.

art.

xxxvn.

not.

Z6S

ILLUSTRAZIONE

e delle occasioni de' loro amori, fecelo in modo cotanto occulto , che , fino a noi , non era ancora

accaduto d'avvertire, che


la prosa erano

g'

interlocutori di quel-

persone vissute ai suoi tempi in

Firenze.

SOMMARIO
CRONOLOGICO

369

DELLA VITA DEL BOCCACCIO

cio
.

cosa intrigatissima lo sbrogliare la cronolo-

ga di molti avvenimenti della Vita del Boccac-

Ed

io

non avendo
,

talvolta potuto procedere

che per congettura


della

nello stabilire alcune epoche

medesima, di
,

tali

congetture potr valersi

il

leggitore
,

finch discuopransi nuovi autentici do.

cumenti da togliere ogni dubbiezza


de' suoi primi

Nel

favellare

anni

parte la pi oscura e la pi

intrigata di questo

Sommario, sonomi valuto della autorit del Boccaccio medesimo, il quale in un articolo della Genealogia degli Dei (a) parla di.

stesamente della sua educazione


ajuto mi sono stati

Di

quasi veruno

gli scrittori della


,

sua vita, per-

ch o confusamente
favellarono
,

o troppo ristrettamente di lui


il

toltone

furami utilissimo.
fede
,

Ma

avendo

nelle

Manni il quale talvolta non si pu prestargli intera sue memorie riguardanti il


,

Boccaccio commessi gravissimi abbagli, e talvolta essendosi contentato di accennare soltanto al-

cuni fatti, senza darsi la cura di ponderare a quale

anno andassero
Mazzucchelli
(a)
,

riferiti, nel

che fu imitato e dal

e dal Tiraboschi

Lib. XV.

e.

X.

570

SOMMARIO
al

1313 Nascimento di Giovanni.


II

Petrarca scrive
te in

Boccaccio

{Seri. lib.

Vi4-

ep.

I. )

Ego

nascendi ordine novem annorum spatio anesso nacque


nel l3o4. [Pet.
Vit. p.
la

teceasi.

Ed

286.)

E Matteo

Palmieri nel riferire all'anno iS^S


,

morte

del Boccaccio soggiunge

e vita

migravit aetatis suae


p. l3o.
)
.

anno sexagesimo secundo (Mann.

1320 Verso quest'anno lo pone Giovanni da Strada.


Memor sum
veneravi
aliquos
, ,

il

padre a scuola da

nondum ad septimum nondum fictiones videram


,

audiveram
:

annum de nondum doctores vix prima literarum dementa coaetatis


,

gnoveram
lib.

scrisse

di

se

il

Boccaccio

{Gen.

Deor.

XV.

e.

X.).

Lo che ne comprova

sino ai sette anni

non

essere ei stato collocato dal padre presso veruno


.

istitutore

E dicendo
Bocc.
) ^

Filippo Villani
,

hic

dum puer
i

sub Ioanne Zenobii patre


dicisset
(

non piene grammaticam disette


.

Vit.

crederei che subito dopo

anni lo collocasse

il

padre presso questo maestro

1323

II

padre confidalo ad un mercatante per apil

prendere
Prosec^ue

negozio.
Boccaccio

patrem vieum

[l. e): satis memini appostasse a pueritia mea, conatus omnes , ut negociator ejjicerem , meque adolescentiam nondum intranil
,

maximo mercatori dedit instructum apnd quem pene sex annos nil liud egi , quam non recuperabile tempus in vacuum terere E siccome il Betussi suir autorit di Benvenuto da Imola,
tem arismetrica
, ,

discipulum

asserisce

che

il

mercatante rimandollo

al

padre di se-

CRONOLOGICO
dici anni
in
,

S/l
confidasse

convien dire che questi a

lui lo

et di dieci anni

Abbandona
canonico.

il

mercatante,

s'

applica

al diritto

1329

Hinc quoniam
iit

Bocc.

Le.) visum

est^ aliqubus astati'

tbus indiciis^me aptiorem fore


ffenitor
,

l'iter arurn
,

studiis

iiis-

idem ut Pontificum sanctiones


,

dives exinde

ftiturus

auditurus intrarem

et

sub praeceptore claris'


.

Simo tantundem temporis mcassum laboravi

Sembra che intorno a questo tempo


sasse in Napoli.

ei si

fis-

1333

Dando fede
desse nel
l338.

a Filippo Villani pare

che

ci acca,

Cum
,

peregrinatus nano huc

lue per regiones varias

nunc jam ad annum quintum et

il-

vi-

gesimum pervenisset jussusque foret in Neapoli considere , una dierum accidit, ut proficisceretur solus ad locum, ubi Maronis cineres humatae fuere ( Vili. Vit. Bocc. ) Ma sembrami che all' autorit del Villani oppongasi mentre ei nell' epiquella del Boccaccio medesimo stola al Priore de' SS. Apostoli che come drassi fu
, , ,
,

scritta nel

l363

favellando del Siniscalco Accia juoli

dice

non esser ancor conceduto il trigesbno anno quanSiniscalco venne in Napoli semplice mercatante , ei pur ricordarsene E ch'ei si stabilisse in Napoli nel decembre del l333 parmi possa dedursi dall' Ameto Ivi dice alla Fiammetta. Fanciullo cercai i regni
:

do ed

il

Etrurj

e di quelli
.

in

pi ferma et venuto qui venni


,

cio in Napoli

Prosegue come

sognolla

e che ivi

l'et pubescente di nuovo, senza riducere a

mente

la

veduta donna

vi trasse

Amet. p.

1 1 1

Pi

P.^i. conati"

Z"]'.

SOMMARIO
(/).

nua

a narrare
si

114), che
di

risognolla un* altra volta

e che

accorse essere la medesima donna gi per lo


,

innanzi sognata

che

si

rammemor, ancorch Febo

avesse tutti
te
,

dodici segni mostrati del cielo sei volal lieto

ma

che dal sogno

momento
S.

in cui vi-

dela per la prima volta nella Chiesa di


,

Lorenzo

che di lei s' innamor gli si mostr Febea sedici volte tonda , ed altrettante bicorne Ora , come dirassi s'innamor ei ai 7 d'aprile del l34I dunque tornando indietro sei anni e sedici mesi dov stabilirsi in
.

Napoli nel decembre del l333.

i33BLa

vista della

tomba
.

di Virgilio lo porta

ad

applicarsi alle lettere


{

Filip. Vili. Vit. del

Bocc. vedi anno l333. ).

1341 Assiste air esame del Petrarca fatto dal re

Roberto
(

Vit.

del Pet. p. 2p3.

2 Aprile. Innamorasi di Maria.


innamoramento favella nelFilocopo(p.4.). Avvenne che un giorno, la cui prima ora Saturno aveva signoreggiata essendo gi. Febo co* suoi cavalli al e sedicesimo grado del celestiale montone pervenuto
Cos del suo
, ,

nel quale

il

glorioso partimento

del figliuolo di Giove


si

dagli spogliati regni di Plutone


presente opera

celebrava

io

della

componitore, mi trovai in un grazioso

e bel tempio in Partenope, nominato


deificarsi

da

colui

che per

sostenne

che

fusse fatto

di lui

sacrificio

sopra la grata

....

e gi essendo la quarta ora del

CRONOLOGICO
giorno sopra V orientai oriiizonte passata
occhi miei
ne.
,

ZjZ
apparve agli
prefata giova'
,

V ammirabile

bellezi,a della

der

si

E traducendo questa strana circollocuzione intendebbe che in un sabato santo che cadde dopo
,

che

il

sole

dell* Ariete
il

aveva percorsi l6 gradi della costellazione nella mattina seguente quattro ore dopo
Il

levar del sole trovossi nella Chiesa di S. Lorenzo di


,

Napoli

ove innamorossi di Maria


in quell*

sole entrando

nella costellazione dell'Ariete ai 21

di

marzo, cadde
ri-

adunque

anno

il

sabato santo 17 giorni dopo,

cio ai 7 d' aprile e perci agli otto

Pasqua. Ora

scontrando
agli otto
tes p. 27.).

le

tavole pasquali trovasi che cadde Pasqua

d'aprile nel l34I {Art. de verifier Les

Da-

Con circollocuzione
,

diversa narra lo stesso

nell'

Ameto
( il

cio che s'innamor di Maria. Tenente


)

la prima un giorno nella cui aurora aveva signoreggiato lo Dio appo i Lazj gi per addietro stato ( Saturno ) per paura del figlio di quello gi Febo salito alla terza { di Giove ) J e parte E che ei per la prima casa di Marte intenda la

Titano

sole

di

Gradivo

di

Marte

casa un grado oltre

il

meno

o poco pi

costellazione
torit
(

dell'

Ariete provasi colla stessa sua aulib.

Gen. Deor.
,

in. e. 22.

Sunt enim Inter


,

si-

gna

coelestia

ut dicebat venerabilis
.

Andalo duo quae


Aries
(

Marti domicilii loco attributa sunt


scorpo
.

scUicet et
)
,

In

quam harum domorum


.

illas

Furias

Veini-

nus duxerit non habemus


incipiat

Sed

si

Arietem duxerit
,

tium veris per Arietem designari credo


,

cum

tunc ver

quando
il

sol

Arietem intrat

Incomincia

Filocopo.
di quest' opera

Neil* introduzione

racconta

come

dopo

aver veduta Maria per la prima volta, alcuni

374
giorni

SOMMARIO
nel

dopo rivedutala

monastero dello Spirito


.

Santo, domandogli di scrivere quest' opera

Che

fosse
(

uno

de' primieri suoi scritti, rilevasi dal comiato


2. p.
.

Jpi-

locop. voi.

3o3.

) ,

ove dice

te

da umil gio-

vane creato

Scrive la Teseide.
L' epistola dedicatoria alla Fiammetta porta la data
di

Napoli

ai

i5 Aprile del 1841,

nella raccolta delle

lettere di tredici

uomini

illustri

stampata
fosse

in

Venezia

nel 1564. Io per

supporrei

che vi

sbaglio in

quella data, e che dovesse essere almeno di alcuni


si

me-

posteriore.

1342

Si restituisce in Firenze. Prestando fede alla data apposta


alla lettera dell'

Ac-

ciajuoli parrebbe scritta in Firenze ai xxviii agosto del

1841 ( Bocc, Oper. p. 33, delle lettere ) e bisognerebbe credere , che fessesi restituito in Firenze nel detto an-

no Ma la data deve esserne sbagliata almen d'un anno parlandovi della morte del Padre Dionisio Roberti vescovo di Monopoli accaduta nel 1842 {Tirab.T. v. p. 182. ) Infatti difficilmente poteasi credere che essendosi innamorato della Fiammetta nell' aprile avesse potuto in cos pochi mesi scrivere il Filocopo,ela Teseide. Oltre di che dall' opera intitolata l' Amorosa Fiammetta
.

apparisce
stata fra
differirsi

che innanzi che partisse da Napoli fessevi due amanti lunga dimestichezza Non pu
,
,

questa partita oltre


,

al

1842, favellando della


d'

Tirannide

cacciata del
(

Duca

Atene
ix.
)

,
.

come

di

cosa da lui veduta

Cas.

Vir, illu.

lib.

CRONOLOGICO
Il

ZjS
343

Tirannide e cacciata del Duca d'Atene.


Duca
fu proclamato Signore di Firenze agli S di

settembre del
S.
e.

Anna
Si.).

del 1843

l343, e ne fu scacciato il giorno di Rim. p. 206. G. Vill.l.xii. { Bocc.

Pubblica r

Ameto

Dal contesto apparisce , che 1' opera fu scritta in Firenze , mentre gravavalo la suggezione paterna , e nella
dedicatoria a Bartolo del

Buono

gli

dice di serbarla

nel suo seno, sin che era vedovo, e lontano dalla sua

donna
Napoli

Dunque
,

ei la scrisse

innanzi di restituirsi in

e probabilmente nell'

anno antecedente
,

per-

ch la Fiammetta nel parlare degli avi suoi dice che tenevano il pi alto luogo appresso di colui, che oggi in quella regge incoronato il quale de' doni di Pai' ed avaro di quellade copioso cupido di ricchezze le meritevolmente Mida da Mida si pu nominare
. .
.

Roberto, di cui perci parla come vivente Mor secondo Giovanni Villani questo re {lib. XII. e. IX.) ai 19 di Gennaio del 1842 seconda
{p. 106.). Cio
.

il

re

lo stile

fiorentino, cio 1848 secondo lo stile

comune.

Scrive l'Amorosa Visione.


Quello che svela che queste due opere furono scritte
quasi contemporaneamente
il

parlare eh' ei fa nello

Ameto

(p. 62.) di Alianora Gianfigliazzi

maritata a

come di noPacino Peruzzi ( lib. I. art. 87. not. ), Mann. p. 54- ) vella sposa ancera nell'Amorosa Visione (
e di lei

Zy6
^344
Si

SOMMARIO
Napoli.
fa dire a

restituisce in

Leggendo attentamente quanto


prendere

Maria nella

opera intitolata l'Amorosa Fiammetta, sembra far comun' assenza da Napoli di quasi , eh' ei facesse due anni. Ch' ei non vi si restituisse innanzi al 1844 lo deduco dal vedere , eh' ei non fu conosciuto personalmente dal Petrarca che nel l35o, quando si combi-

narono in Firenze, sebbene

il

Petrarca fosse inviato in

commissione in quella corte nel 1843 , e ne ripartisse E non dubito che nel decembre ( Vit. Pet. p. 297. ) venerando esso il Petrarca e frequentando la corte ,
.

non

si

fosse

procacciata
,

occasione di stringersi seco


s'

lui in

amicizia

come
in

fecelo la prima volta che


Fiirenie
.

im-

batterono
anni,

insieme

quest' anno in poi vi facesse


sei
si

amatorie in
Filcstrato
;

da una dimora di cinque in deduce dall'avere ivi scritte molte poesie lode della Fiammetta ( Bocc. Rim. ) e il
il

Che

Boccaccio

come pure gran


,

parte
(

delle sue

novelle

per dilettare la regina Giovanna


Ei eravi nel 1845
XXVI.

lib. I. art. xl. not. ).

perch narra

la

morte

della Cataillu.
lib.
ix.

nese come cosa da lui veduta


e.
)
.

(Cas. Vir.

Eravi nel 1847

perch pianse in un'Eglo-

ga r espulsione della regina Giovanna , accaduta in queir anno Ed in altra Egloga celebr il ritorno di
.

lei

accaduto nel 1848 {Lib. 11. art. xvi. not.). Eravi ancora nel 1849, perch l'epistola a Francesco dei Bardi ha la data di Napoli xv Maggio 1849 {ivi). Sembra
in questo

mato

in

tempo fosse per la prima volta stato chiavano presso del Siniscalco Acciajoli , giacch
).

neir epistola al Priore de' SS. Apostoli dice esserlo stato

due volte {Pros. Dani, e Bocc. p. 3l6.

CRONOLOGICO
Scrive r

'h^'J

Amorosa Fiammetta
che appena tornato in Napoli, per

E' probabilissimo

rendersi la sua

vesse la

donna maggiormente benivola , scriromanzesca istoria della loro separazione


.

Si restituisce in Firenze.
Il

'35
,

Manni

(p. 21.) riporta

parisce aver fatto in Firenze


fratello Iacopo ai

una memoria .da cui apun atto come tutore del 26 gennaio del 1849 secondo lo stile

fiorentino,

e l35o secondo lo stile

comune.

Vien spedito
Il

da' Fiorentini in

Romagna.

Mehus

(p. 267,) die contezza di questa imbasce-

ria di

Giovanni per averne trovata


II

chivio Fiorentino
Ties

novembre

notizia in un Arl35o: Dominiis loan-

Boccacci, olm ambaxiator trasmsstis ad partes Ro"


.

mandlolae
trarca in

Il

Tiraboschi per [Voi.

v. p.

5l6.

repuil

tando che di questa imbasceria intenda parlare

Pe-

una lettera pubblicata dal Mehus {p. 349.) alla quale sulla fede del Sade ( T. 3. p. 7oi. ) il detto Tiraboschi appone la data del l367 sebbene sia del l362, crede in Ravenna fosse spedito verso il 1047.
,

Ei

si

reca a crederlo

perch

il

Petrarca favellandovi di
nostro

Giovanni Ravennate, scrive


ttis

al

Boccaccio. Or,

est
,

Adriae in
ibi

litore

ea ferme aetate

nisi

fal-

agebas cum antiquo pl'agae illius domino ejus avo qui mine praesidet Ora osserva il Tiraboschi, che nel i367 era signore di Ravenna Guido da Polenta figliuolo di Bernardino nipote di Ostasio morto secondo lui nel l347 ma veramente ai 16 di x\olar

qua tu
,

vembre

del 1346.

De

JRuieiv /f/st.

Ravenn. Ven. \ZI.

378
p. 345.)-

SOMMARIO
Dunque
,

ei

dice, circa

il

1042 da

riferire

anche congetturando eh' ei fosse stato spedito verso il 1846 in Ravenna , sebbene debba notarsi che il Petrarca dice nisi fallar , non da
.

questa imbasceria

Ma

escludere questa sua imbasceria nel i35o, che ci vien

confermata dalla seguente memoria


ni
tratta

riferita dal
S.

Man-

Michele dall' 34. ) f p. 3o di Decembre l35o. A Messer Giox'anni di Boccaccio fiorini dieci d* oro perch li desse a Suora Beatrice,
Archivio di Orto
,

figlinola che

fu di

Dante

Allighieri

monaca
.

nel

mo'
sic-

nastero di S.

Stefano

delV Uliva a Ravenna

documento apparisce, ch'era gi stato spedito in Romagna agli li di novembre, e sappiamo che nel novembre era in Firenze per essere stato ivi conosciuto dal Petrarca in detto anno e mese e dal secondo apparendo eh' ei part per Ravenna verso i 3o di decembre crederei che fosse stato spedito agli Ordedal primo
:

come

laffi
,

signori di Forl nell' ottobre del


ai

i35o

subito dopo

la
(

vendita di Bologna accaduta


2.

14 di quel

mese

lib.

art.

xxv.

e che

tornatosene in patria fosse

nuovamente spedito da' Fiorentini a Bernardino da Polenta in Ravenna. In quel secolo non trattenevansi alle corti gli ambasciatori , che il tempo necessario per esporre una domanda ed ottener la risposta
Si lega d' amicizia col Petrarca Ci accadde nel novembre di detto anno
p. 307.), Veggasi [lib. II. art. xvii.
Vit. Pet.

Nota.).

1351 Scrive

la

Vita di Dante.

Fu

opinione del Buonmattei ch'egli ancor giovinett

scrivesse la Vita di

Dante

Ma

tuttavia

ei

deve avrrU

CRONOLOGICO
scritta

3/9

dopol'Ameto, essendo
di senno
di
,

quella prosa pi pura,

e pi elegante della citata, e da questa apparendo che

era

un uomo maturo

e meditante gli affari

Dante scritta tuttavia con meno purezza del Decamerone che vide la luce nel l353. Dunque in questo o nel seguente anno stimerei
della patria.
,

La Vita

ch'avesse compilata quest'opera, perch credo probabile , che per la sua legazione in Ravenna , avendo ri-

veduta

la

tomba

dell'esule Dante, ei s'infiammasse di

quello sdegno generoso che lo mosse a scrivere l'apostrofe ai Fiorentini

da noi altrove

riferita

Fiorentini lo spediscono al Petrarca.


Si trasfer in

Padova nell'aprile del l35l. {Vit. del

Pet. p. oo8.

Sua legazione in Alemagna

al

Marchese

di

Brandeburgo
Il

Mehus
del

p. 268.)

riporta
al

il

principio della credendi

ziale
XII

Decchi , colla data decembre l35l. Ecce intentionem nostrani referenvestrae


excellentiae

Boccaccio

Duca

dam

commiaimtis viro prudenti


,

domino Ioanni Boccaccio civi et ambaxiatori nostro *oZezi. Siccome per questa legazione avr dovuto probabilmente trasferiisi nel Brandeburgo avr dovuto spendervi anche qualche mese dell'anno seguente.
,

Pubblica

il

Decamerone.
(

1353
voi.
I
.

Il Salviati

Avv. della ling.


la luce

p.

112.) reputa

che le novelle vedessero anno


.

insieme unite nel detto

38o
Recasi

SOMMARIO
visitare
il

nuovamente a Ravenna
Ci
si

signor di

deduce da una sua epistola ( Cod. San. ep. 3. ) iij ydus julii nella quale parla di questa sua gita (Zzi. 2. art. xxxi Not.) Che la lettera sia di quest'anno apparisce dal rimprovero che fa al Petrarca
colla data
.

d' essere

entrato al servigio de' Visconti

lo

che ac-

cadde

in detto

anno
al

Vit. Pet. p.

Si3.

Sua legazione
{

Pontefice Innocenzio VI.

Amm.
il

sce

voi. 2. p. 563.)Mehus {p. 267.) riferiprincipio della credenziale data da' Fiorentini al

Boccaccio in data de* xxviii aprile l353.


credere o che fosse
procrastinata
la

Ma

bisogna
,

commissione o che il Mehus erri riferendo la credenziale come dello anno innanzi . E ci che mi muove a credere che erri il Mehus che se fosse stato spedito nell'anno innanzi avrebbe veduto in Avignone il Petrarca, n di ci d veruno indizio nell' epistola di lui menzionata di sopra
,

1355 Scrive

il

Corbaccio.
il

Finge che
sto

defonto marito della donna


,

contro cui

rivolta quella satira

dicagli nel riconvenirlo per que-

amore

Tu

dovresti aver gli costumi del

mondo
,

fuor delle fasce gih sono degli anni quaranta e gi venticinque cominciatili a conoscere ( Corb. p. 24. Bocc. Op. voi. in.). Di qui ne inferisce il Manni ( p. 75.)
Corbaccio nel l353. Ma il fanciullo non fuor delle fasce, che oltre all'anno almeno, dunque ei- doveva essere nel quarantaduesimo anno
eh* ei scrivesse
il

dell* et

sua

CRONOLOGICO
Visita
il

38l

Petrarca in Milano
il

Neil* epistola xxxiu del Codice Morelliano, scrive

Petrarca

al

Boccaccio

tecum
di

anno altero,
,

memor de hi dum nos haec eadem iirbs et do.

^ranseo

<

ante ni

multa disseruisse Questa lettera ha la data Milano de' sedici di agosto, ed del l36o perch parla della morte di Giacomo Colonna , come di avve.

mns haheret

nimento accaduto, diciannove anni innanzi. Giacomo Colonna mor nel l34I. [Vit. Pet. p. 294.).

Conduce seco Leonzio


(

Pilato in Firenze.
5.
il

13^0
ci-

Sade

T. 3. p.

625.

Tirab. voi.

p.

43.

due

tati scrittori

confutano con ragione


1348.

Man ni
p.

che cred

esser ci accaduto nel

{Mann.

il.).

Scrive l'epistola a Messer Pino.


anno ( Matt. Vili. Dal contesto apparisce che scrisse ) l'epistola poco dopo il suo esilio, come osservalo anco
esiliato in quest'
lib.

Messer Pino fu
X.

cap. XXIV.

il

Salviati negli

Avvertimenti della lingua.


i-^^Si

Conversione del Boccaccio.


Il

Manni {pag. 99.) crede che


nell'

il
.

Ciani

si

recasse

dal Boccaccio
tro
,

anno seguente
,

Ma

il

Beato Pie,

come

egli

avverte
,

mor

ai

19 di maggio del l36i

da supporre
la

che

lo

zelante Ciani ritardasse d'


.

un
in

anno quella
prova
per

salutare missione

Ne

posso addurre

lettera

del Petrarca responsiva a quella dei


lo

Boccaccio, nella quale partecipavagli


le

spavento avuto
la iv del

minacele del Ciani

Questa epistola
28

ZSl

SOMMARIO
Senili
,

primo libro delle

libro scritto in qtiest'

anno

porta la data di Padova de' 27 di Giugno, ed in questo

anno appunto

il

Petrarca fece una dimora in Padova

(Vit. Pet. p. 3l5.).

1362 Leone Pilato abbandona Firenze, e


caccio.
Il

il

Boc-

Boccaccio

dice

Gen. Deor.

lib.

xv. e. vn.

che

fu uditore delle lezioni di Leone ,

e che trattennclo in

sua casa quasi tre anni

Va in Napoli

presso

il

Siniscalco Acciajuoli.

Veggasi r articolo susseguente

0^3 Abbandona

il

Siniscalco.
il

Va

a visitare

Petrarca in Venezia
al

Scrive l'Epistola

Priore de' SS. Apostoli.


rileva che

Dall' epistola al Priore de' SS. Apostoli

si

fece breve dimora presso

no preciso, nel quale


discuopre
dall'

si

Quanto all'anda Napoli in Venezia si rec


il

Siniscalco.

Ep.

i.

del

lib.

3.

delle
il

Senili,

scritta

dal Petrarca al Boccaccio

dopo

suo ritorno in Fi-

renze

Questa lettera del 1 363, perch nella medesima piange la morte del Priore de' SS. Apostoli accaduta in detto anno e nel parlare del contagio che lo tolse di vita soggiunge Tertius hic anmis ex ordi.

ne

abinitlo malorum sextus decimus


Petrarca felicita

E come abbiad*
i

mo

narrato cominci la pestilenza nel 1348. In questa


il
l'

epistola

amico Boccaccio
,

avere

schivato

il

contagio che regnava in Firenze

Croni-

CRONOLOGIBO
sti

383
in quest'

mettono gran

mortalit, in Firenze

anno

{Mann.
I

Cron. Ant. p. l83. )

Fiorentini lo spediscono al Pontefice

Ur- 1365

bano V.
Amm.
Istor. p.

6l.

*
,

Lo
(

rispediscono al Pontefice in
ATim. p. 663.
)
.

Roma.
dice che fu spe-

^3^7

Il

Manni

p. 49.

dito al Pontefice nell'anno seguente, e cita rato per spalleggiare questa sua opinione.

l'Ammisebbene
,

Ma

nella

sommit

della pagina delle storie dell'

Ammirato

ove parla

di questa legazione, siavi l'anno l368 ,se avesse


,

attentamente letto
cia a parlare di

avrebbe osservato, che non cominil

ci che riguarda
l'

detto

anno
.

che

dopo avere

riferita

imbasceria del Boccaccio


S.

Si ritira nella

Certosa di

Stefano di Calabria

370

L'epistola 7 del Codice Sanese, nella quale rinfaccia

all'Abate di detto luogo l'inospitalit usatagli, fu scritta

perch ivi parla della morte di Urbano V e dell' elezione di Gregorio XI che accadde nel dicembre del 13X0, come di nuova recennel febbrajo del i32l
,

tissima

Abbandona

la patria

sdegnato, torna in Na- ^37^

poli nell'autunno di questo anno.


Poteva, credersi che dopo essere stato nel l3'Jo nel Convento di S. Stefano si trasferisse in Napoli Ma dando contezza di questo viaggio in due epistole del
,

384
,

SOMMARIO
da una delle
. .

medesime si rileva che Codice Sanese dopo Neil' epistola 6 dilo pose ad effetto due anni retta a Niccol de' figli d' Orso scrive Sensisse enimvldeas, qiiare senex et eger laboriosam magis , qttam
lori'

gam
casti

anno praeterito peregrinationem intraverim , et Neapolim delatus sim Sd , qtiod credo nornsse
,
.

neqidveris

ibi

praeter opinatum amicos mihi incognitos


frenato domesticae indignationis meae

comperi
impetii
,

qiiibiis

ut starem subsidia opportuna praestiterc


diretta a Iacopo da Pizinge
,

omnia
.

Neir

8.

cos

si

esprime

Generose miles , incertus Neapoli aliquandlu fueram vere praeterito Hic enim plurimo desiderio trahebar rede.

autumno miper elapso uidignans liqtieram Da questi due squarci d' epistola apparisce che parla dello stesso viaggio e ci si rileva anche maggiormente dalle lettere medesime perch nella vi dice che sebbene ei non conoscesse il Conte di S. Setindi in patria
.

quaj7i

verino

ei lo

soccorse largamente
il

e nell'ottava sogdella

giunge, che
stola

medesimo Conte per commissione


ai servigi di lei.
il

regina volea trattenerlo


VII! sia scritta
:

Ma

chel'epi'

dopo

l372

si

deduce

dall' essere

diretta
rici
il

lacobo

cZe'

Pizinge, serenissimi Principis Fede.

Trinacriae rcgis, Logotetae

Federigo non assunse


il

titolo di re di

Trinacria che dopo


,

trattato stipu-

lato nel

l372

fra lui

Giovanna, nel qual convennero


,

che esso chiamerebbesi re di Trinacria


di Sicilia
.

ed essa regina
parla del Pe-

Questa epistola porrebbe credersi scritta an,

che ne' due anni susseguenti


trarca

perch

ei

come
il

tuttavia vivente

ma

che

nel-

1072

ei
i

fa-

cesse

suo viaggio vien schiarito

dall' epistola
.

del
ho-*.

Codice Sanese a Mainardo de Cavalcanti


,

Postqxiam

norande mihi te tiltimum vidi semper vita fuit simillima morti. E prosegue descrivendoli la crudele infermiti da noi altrove riferita, la quale come avverti-

CRONOLOGICO
remo
a suo luogo, lo assal nel iS^S. E'

385

dunque da correggere nelle rime del Boccaccio, ove abbiamo per intero pubblicata questa lettera a Giacomo da Pizinge
,

l'errore occorsovi d'averla creduta scritta nel i36i o


I "jo. ) Part da Napoli nel ( Bocc. Rim. p. maggio del iS^S. In fatti l'epistola v del detto codice diretta a Matteo d' Ambrasio porta la data di Napoli

in quel torno

mi

idtis majfis festiiianter, e si

scusa d' essere breve per


,

essere al

momento

della sua partenza da quella citta

Si

divulga la Genealogia degli Dei.


E'

'373

da notare che probabilmente dal suo ritorno in Firenze nel l363 sino a quest' anno compil le quattro
grandi opere latine della Genealogia degli Dei
;

de' Fiu-

mi

de'

Monti

ec.

il

libro delle
.

Donne

Illustri

e quello
1'

degl' Illustri Infelici

Non

si
,

divulg per altro

opera

della Genealogia degli Dei


tre era in Napoli,

che

in quest'

anno

men-

come

ei lo
.

racconta a Pietro di

Mon-

teforte (^Cod. San. ep. \\.) Imo tandln clam servaturtis eram ( il detto libro ), donec saltem pr meo iudicio emeti' dassem Tandem iam termino mei discessus adveniente , (cio la sua partenza per Firenze ), qiioniodo non
.

recordor, factum est ut illum videret

Hugo

(di

S.

Se-

verino

)jcini
.

dictus

cui profccto nil negare

possum quod

jusserit

Is istantia

maxima
.

et

precibus

me

reneun-

tem fere benigrdtate sua coegit, ut dlum sinerem , do' nec copiam aumeret Quod quantum adversus mentem

meam
liter

fecerim solua Deus videt ex alto

Demum
doleo
.

qua-

ad

te liber

devenerit

ego ignoro ,

et

Non
.

qidejn, quod lib rum

meum

videri, cui praecordia et

meam si possem volenti monstrarem Sed quoniam ante tempus in medium venit et cum in eo resecanda quaedam cognoscam et nonnulla etiam apomnem. anitnam
,

38B
,

SOMMARIO
.

ponenda et immiitanda plurima Quod mihi gravissimtim apud multos audio non liberalitate mea, sed alieno munere divulgatus est ut auferatur a me spes omnis
,

non perfectum opus in melius redigendi

Grave infermit
Neir
epistola
,

del Boccaccio.

prima del Codice Sanese a Manardo


descrive questa sua terribilissima infer-

de* Cavalcanti

E che deduce dal dire nel contesto. Sexagesimum enim qnnum ago satis imo multum vixi et vidi quod proavi non videre mei
mit. L'epistola porta la data n ydus Augusti.
sia

del

iS^S

si

Imprende a spiegare
ai

la

Divina Commedia

Fiorentini.

Decretarono i Fiorentini in quest' anno eh' ei spiegherebbe pubblicamente la Divina Commedia , e pare che per la prima volta ei leggesse ai 23 di ottobre
del 1873.

{Mann.

p. loo. ).

^374 Fa Testamento.
Fu
rogato ai 28 agosto

{Mann.

p. Il3.

).

Pubblica l'opera degl'Illustri Infelici.


Nella citata epistola prima del Codice Sanese , che detto, del l373, dice a Mai nardo dei
,

come abbiamo
Cavalcanti
ut tibi

che ha udito essersi

lui

maritato

Audivi
. .

te sacros celebrasse
,

ymeneos

oro precorque
sit

Deum

sibique

bonum faustumque
.

hoc conjtigium eique

laeta et cito subssquatur proles

Nella dedicatoria del

TERZO
XLV^III. iMorto
fosse sciolto ogni
ta la vita,
il

211

perdita gravissima delle lettere, e dell'Italia.


Petrarca, quasi che ornai ^374

legame, che rendeagli gradi fare quelT


si

pens

ultimo atto,

che svela l'uomo, qual'ei

visse,

provido,o

improvido, modesto, o orgoglioso, pio (i),

irreligioso,
istitu

nero

amoroso, o ingrato. Parente teeredi universali i nipoti Boccacfigli

cio e Antonio,

di

Iacopo suo fratello.


quelli, cui

Amico

riconoscente benefic, quanto poteva-

lo nella sua ristrettezza,

doveva

gratitudine per amist, o per servigj.

fra

Martino da Signa suo direttore spirituale, ed ornamento dell'Ordine Agostiniano singolarmente onor Lo istitu erede fiduciario della
.

sua

biblioteca, ordinando,
al

che dopo

di

lui

passasse

Convento

di S. Spirito di
.

Firenze

per uso degli studiosi (2)

Amava
sua piet

fra Martino

(i) E'

un documento della

il

legato
raccolte

te,

stamentario delle preziose reliquie da

lui

fatte venire con gran fatica da diverse parti del

montesta-

do

fatto al monastero delle


Il

Camper

fuor di Firenil

ze.

Manni

p.

il 3.)

pubblic per intero


si

mento
(2)

latino fatto da lui nel 1874, di cui


.

da conloca-

tezza in questo capo

Niccol Niccoli

co' suoi denari

decor

il

che conteneva questa preziosa raccolta di libri. Fu incenerita nel bruciamento della Chiesa e Convento di
le
,

21^

LIBRO
ritratti!
il

teneramente per aver dal suo ministero


con fot ti, che oggimai non porgevagli

mondo.
ai

XLIX. Cess
di

di vivere in

Certaldo

xxi

1375, ove fu sepolto nella Chiesa de' SS. Iacopo, e Filippo non avendo
del
il

Dicembre

ancora
toci)
anni,
te.
.

sessagesimo secondo anno compiual

Breve carriera quanto

novero degli

ma
il

grandissima quanto alle cose opera-

Fu

lecal

morbo un

disordine di stomaco,
e istan-

che aggrav l'applicazione indefessa,


cabile di
lui (2).

Sembrava a quel valoroso


Marzo
23.

S.

spirito, seguito

nella notte de' 22 ai 23 di

del
a.

1471.

Scipione

Ammirato

Ist.

par.

2.

lib.

loS.) narra

come,

fra gli onori fatti da' Fiorentini a


gli

Gio. Galeazzo duca di Milano,

fecero osservare alS.

cune snere rappresentazioni, 22 di Marzo la venuta dello


Apostoli
fi)
,

in

Spirito

il

giorno
gli

Spirito

Santo sopra
.

l;i

quale fu causa di detto incendio

Sulla sua
,

tomba
scolpiti
:

visitata
i

frequentemente dagli
seguenti versi che

stranieri
egli

furon

quattro

stesso

compose

Ilac sub mah', jacent cineres

ac ossa loannis

Mens

sedei aiitP Dptim


.

meritis ornata labortim

ATortalis v'ttae

Gentor Boccaccins
.

UH

Patria Crrtahium

Stiidium fint alma poesis


altri

A
in

questi ne furono aggiunti

di
.

Coluccio Salutati

sua

lodo, pubblicati

dal

Manni

daldi

potest

di
si

Certaldo fece

ornare di

E Lattanzio Temarmi la
il

tomba come
(2)

vede oggid.
conside-

Pav cosa di per se stessa maraviglio.sa

TERZO
troppo breve
la

2l3
ottenere

mortai

vita, per

quella chiarezza di fama, che non distrugge


la

lima edace del tempo. Ei fece appunto.

rare

che tante siano


,

le

opete del Boccaccio a noi

ri-

maste
egli

si

in verso,

che

in prosa;

quando

si

consideri

che

spend buona pezza della sua vita in viaggiando,

e che in giovent
dalla quiete,

men vita molto svagata, e aliena che necessaria per imaginarc, ponderare,
.

e comporre opere grandi

La

posterit pare avere


facilita
,

ri-

conosciuta in lui questa

somma

nello scrivere,

mentre molte altre opere non sue ha a lui attribuite , delle quali ci siamo astenuti dal far menzione in questa
opera. Delle attribuite,. la pi celebre
il

volgarizza,

mento

della prima

e della terza deca di Livio


,

prosa

scritta nella pi pura favella toscana

e pubblicata nel
all'

secolo decimoquinto

e da' Vocabolaristi citata

ab-

breviatura

Liv. Dee. i.).Per crederla del Boccaccio

non avvi altro fondamento, che una lettera del Bembo a Giammateo suo nipote. Questo testo a penna era posseduto dal Trissino
,

e volevano pubblicarlo

Giunti

ma

da ci

distolseli

il

Bembo, sinch non


testo a

venisse loro

fatto di rinvenirne

un
i

penna

di migliore lezione,

e pi corretto
sere
il

Ma
,

Vocabolaristi non reputarono es,

volgarizzamento lavoro del Boccaccio

anzi quei

celebri

uomini

lo

giudicarono col Salviati, scrittura di

antichit pari al primo Villani. Quello che poi maggiormente conferma non essere lavoro del Boccaccio si , che affermano la traslazione esser fatta dal Provenzale
,

e non gi dal latino

Deputati asserirono
.

essi

pure

esserne la lingua dell' et innanzi a lui

versione della terza deca

il

Quanto alla medesimo afferm Bemis

2l4
come
si
il

LIBRO
generoso corsiero, che all'appressare di prestez-

alla

meta raddoppia d'animo,


dall'Italia,

za.

Fu

ma

principalmente da' suoi

concittadini compianto. Firenze,

madre

fe-

conda
figli,

di prestantissimi ingegni,

fu dolentis-

sima di vedersi consecutivamente rapire due


luminari risplendenti, non della sola citdell'Italia, e dell'Europa.

t,

ma

Ed

ei

che

non senza penosi contrasti si sottrasse dal turbo molesto delle passioni era divenuto il pi soave, il pi giocondo degli uomini (i). Fan,

non

esser lavoro del nostro


)
.

Zen. an. al Font. Bibliot^

Italian. voi. 2. p. 288.

Alcuni attribuirono
detta opera,
ghini,
il

al

Boccaccio anche l'Urbano.

Ma

nella nota aggiunta dai Vocabolaristi alla citazione di


si

riferisce

l'autorit di Vincenzio Bor1'

quale rinvenne esserne

autore

Cambio

di

Stefano da Citta di Castello


(l)
sili,

Coluccio Salutati in un' epistola a Lodovico Mar-

che

esiste nella
.

Riccardiana {Cod. 1238.), cos ne


illnd,

deplora
patriae

la perdita
,

t ecce secundum

non dicain
scilicet

sed

Italiae

sydus occidit, Ioannes


,

Boccaccius f quo neminem suaviorem


novi
.

atit

jucundiorem
,

Sicque duobus homnibus

facutidiae
,

et

aetatis

nostrae nobis humanitus extinctis

abunde suppetebat

materia scribendi
tale

Coluccio altra dolente epistola per


scrisse a

Franceschino da Brossano che negli ultimi tempi vedealo rarissimamente perch abitava in Certaldo {Mann.p. l35.). Franco Sacchetti lo pianse con una canzone , Matteo
nella quale dice
,

avvenimento

CE.ONOLOGICO
libro degl* Illustri Infelici allo

387
,

stesso

che

esiste

nel

Cod. 29. Plut. 52. della Biblioteca Medicea , e che si pubblica per intero, fra le altre ragioni che adducie por
averla a lui dedicata, vi quella dell'affinit che un ivali
,

per

avere

il

Boccaccio

inalzato

al sacro

fonte

l'unico

Mainardo. Talch si pu ragionevolmente supporre che ei scrivesse la dedicatoria nel 13^4


figlio di

nell'atto di divulgare quest'ultima sua fatica.

Muore

ai

20

di

dicembre
).

1375
Sac-

Matteo Palmieri (Cronaca


chetti pubblicata dal

Can7. di Frane.
i3l.).

Manni

{p.

388
Generoso militi

Domino

Maghnardo de Ca-

valcandbns de Florenda praeclaro regni Siciliae

Marescallo

(i)

JOHANNES BOCCACCIUS DE CERTALDO


Dia
sus
y

strenue
,

miles

emunctum ex

ingenio

meo

opusculam
et ut
.

in quo

virorum illustrium tractantur cainfelces exitus,

plunimun

sumjdt

Non

enini satis

me penes ociomecum conveniebam cui~


,

nam

illud

primo mittere vellem

ut nomini

suo

ali,

quid afferret ornatili (a) et eusdem adjutus suhsidiis


meliorbus

quam meis

auspiciis prodiret in

medium

cupinius enim omnes


ria
,

quadam

umbratili impulsi gio'


,

quibus auxiliis possumus

fragiles labores no,

stros nobilitare , et diutiores facere

et scriptores
illis

po-

tissime

inter

alia

quasi

multum

splendoris
ali-

consequuturum
cui Principi

sit. Pontifici, seu

Caesari, vel
.

maximo
,

titulamus eosdem
,

Quamobrem
ex multis

longa indagine mentis quaesivi

quetn

unum

eligerem

et ante alios
,

praepollentes

mecum

evolvere coepi Pontifices

quorum

vetus

sanctitas

jamdudum
diderat.
tes
,

plures pia aff'ectione

lihellos claros red-

Sane dum modernos, auctoribus exorbitan-

qui lacrymis et ofationibus in adversantes de-

(l)

Ex

Cod. 2p. membr. infoi,

saec.

xv. Plut.

lii.

Bibl. Laurent.
(2

Legendum puto ornatus

389
votioni

eorum

virtiites

coelorum movere

consueve,

rant

vidi

ex sacerdotalibus

infulis galcas

ex palori,

storalibus baculis lanceasy ex sacris

vestihus

cas

in quieteni

et

lihertatem innocentium couflare


,

ambire martialia

castra

incendiis
,

violentis

et

Christiana sanguine Juso laetari

satagcntesque ad-

versus veritatis vcrbiim dicentis


est

regnimi

meum non

de hoc mundo

orbis
,

imperiam occupare, horrui

retraxiquc pedem
potius opus cui uni
ejus

ratus apud huiusmodi ludibrium

meum

JLturum
;

quam ob aliquod
,

meritum pretiosum

et

ab

his Jrustratus
,

in

hodiernum Caesarem aciem mentis dejlexi


festini revocavi consilium
,

sed con-

sentiens
,

eum magnalium

maiorum suorum immemorem praeponentemque Thebani Bacchi vina colentis gloriam splendoribus
tis

Mar-

Italici

nec non torpentem sub circio


^

in

extremo

orbis angulo

inter nives et

pocula
,

Sed quid tansint

dem
giis

?
,

Subiere pectus anxium


reges haberi volunt
,

qui notis insigniti refalerati


(i)

ciun

onagri

et

hi potissime
,

qui a (2) tempestate prae-

sident regnis

occurritqiie

primnsGallus Sicamber,

qui

se temerario ausu genere et moribus praejerre caeteris


aiidet
,

et cui

primates monstravere sui


,

nedum philitterarum

losophari turpissimum fore regi

veruni

novisse charactere (3) detrimentum rcgiae maiestatis

permaximuin

Oh

ignari

qui sic sapiunt

dam.

nantes in regibus

quod

villicos reddit egregios

In-

(l)
(3)

Legendtim vdetur phalerati

An

hac

io) Art

characteres

de Hispani semibarbari
re, post et seriis

et efferati
,

homines affue-

Britanmis

elatus novis successi-

bus

sic et

Pannonius bilinguis populi multitudine ,


,

potius qaatn viriate valens


minatiLS Sicalas
,

postremo mollis et

effe-

quorum omnium dum mores et vitam scgregatim intueor ne per eorum discurram luATum inertiam (i) rectius regum simulacra, quam
, ,

reges visi sunt

ne in

Quapropter nausea quadam vexatus Jabulam deducerem quod cupiebam extollere


.

ab indagine

destiti

et

quasi desperans

deereveram

manihus

illud

fortunae committere ,et fere iam emis-

surus eram,

dum
,

illi

misertus
scilicet
,
,

Deus,

in

laudabile

consilium incido
ti
,

nemini

quantum que eminenposse quid jidentius

atqae pi'aefalgido Principi


,

quam amico etiamsi extremae sortis homo sit ; quod Jamdadwn persaepe legimus illustres fecisse viros ;
et

dum
, :

tali

congratalarer animadvertentiae
,

et ecce

tu

quasi coelo missus

in

mentem

venisti

Tum

ego

mecum quid inter silvestres belluas rudentes potius , quam loquentes mag istrae rerum philosophiae hostes
,

quaeris

quod in sinu tuo optatissimum tenes

quod

in oculis tuis

assiduum

est ?

Quod

te

obambulat

Nonne

revides

Mag hinardum

coram semper tuum tua


,

Jamdiu approbatum sententia cuius fidem


lectionem
,

cuius di'

cuius munijcentiam saepe expertus es ?

quem ergo alium


eius

quaeris
,

Nonne
si

insuper huic sacra


,

ai^mtate iunctas es

secum ,
es
,

meminit

unici

jilii

communis pater

illi

enim dedit ipse naturali

lege ut esset, tUy


(i)

Par adito

operante ySpiritam ut bo-

An

inertia.

39
nus esset dedisti
cro siiscepisti
:

dum

illum

ex Sacri Fonds lavapiene philosophicis


est,

praeterea

is esto

eruditus non sit,


et

amantissmus tamen studioruin

prohatorum hominnm praecipuus cultor , atque eorum operum solertissimus indagator ISec est , quod
.

tu

summopere
,

vitare videharis
,

unus ex mercenaria

plebe

aut ingiorius

et

dtgener

homo ;

regia

enim

militia insignitus est, et egregio


et

splendidus titulo,

ex Cavalcantbus ,
:

dar

civitatis

nostraejamilia
,

genitiLS

ab avorum fulgore non deviat


,

quinimmo
specimen ,

morum

singolare decus
^

et priscae virtutis

nomea suuni et patriam laudabili fidg ore reddit il" lustrem Quid multa dixerim? adeo enim sententiam
.

hanc venisse placuit


revolverem
,

ut quanto

magis mecum

ista
,

tanto acrius

roboraretur consilium
,

et

firmius injigcrctur

animo. Tuo igitur

amantissime

mihiy

dummodo
,

pauperis amici munusculum non re,

nuas

tuo honorando mihi semper nomini d co


.

quod

paulo ante regali insigniri cupiebam


illud
liberali
,

Suscipe ergo
amicitiae

animo

et si

quid sanctum

nomea

jamdiu
,

inter te et

me

aequis
,

firmatum aniper hoaestuni

mis , meretur ocium poteris


si satis

quaeso susceptum

dum

legas, non equidem legisse poeniteat


,

ingenium tuum novi

et inter

legendo non pi~


,

geat

minus decenter se habentia emendasse

et
,

dum
pO"

videbitur post haec, inter

amicos communices
in

et

stremo tuo (i) omnia emitias

publicum

ut ipse
aliquali

pr viribus celebre nomen tuum


fulgore per ora virUm discurrens
(i)
,

meumque
illustrcs
.

Vale

Puto

leg. tua.

TAVOLA DELLE MATERIE

Dedica

aW Italia.
.

Pao-. ///

Prefazione

vii

Notizie bibliografiche intorno agii scrittori della Vita


del Boccaccio

xli

Spiegazione delle Vedute,

xlix
i

Vita
.

libro
libro

primo

secondo

^
1
.

libro terzo

Illustrazione
lia.

prima

Della letteratura Greca


famiglia

in Ita-

2.12
di

Illustrazione seconda. Della

Giovanni

Boccaccio

27 1

Illustrazione terza.

Del Decamerone

281

Illustrazione quarta. Apologia del Boccaccio. Illustrazione quinta. Della

Fiammetta.
.

319 35

Sommario Cronologico della Vita del Boccaccio


Epistola dedicatoria del
lici
.

369
Infe-

libro

degl' Illustri

388

BINDING SECT.

M
t-A

CO CD

University of Toronto

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