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Richiami di calcolo dierenziale locale

In quel che segue spazio vettoriale signicher`a spazio vettoriale reale di di-
mensione nita. In ogni tale spazio verr`a utilizzata una norma scelta comunque
tra quelle esistenti : tutto quanto verr`a discusso non dipender`a dalla particolare
norma utilizzata.
Gran parte dei risultati richiamati in questo paragrafo rimangono validi anche
per per spazi vettoriali reali di dimensione innita su cui sia stata ssata una
norma rispetto alla quale essi siano completi: tali spazi vengono chiamati spazi
di Banach e sono studiati solitamente nei corsi di Analisi; un esempio `e dato
dallo spazio C
0
(T) delle funzioni continue a valori reali su uno spazio compatto
T, dotato della norma del sup. o da quelli analoghi delle funzioni derivabili
con continuit`a, come ad esempio C
1
([0, 1]). Per tale generalizzazione bisogna
richiedere esplicitamente alcuni fatti che sono automaticamente vericati in di-
mensione nita; precisamente ogni applicazione lineare : E F deve essere
supposta continua e talvolta, come per i teoremi di inversione locale, si deve
supporre che il suo nucleo abbia supplementare chiuso, che la sua immagine sia
chiusa e sia dotata anchessa di supplementare chiuso. Comunque nel seguito
saremo interessati essenzialmente solo a spazi di dimensione nita.
Siano V, W spazi vettoriali, V un aperto, x
0
V e f : W una
applicazione. Ricordiamo che f `e detta dierenziabile in x
0
se esiste L : V W
lineare tale che posto per h V con x
0
+h :
f(x
0
+h) = f(x
0
) +L[h] +R(h)
si abbia
lim
h0
R(h)
[[h[[
= 0
Si dimostra che di tali L ne esiste al pi` u uno; se esiste esso viene detto il dif-
ferenziale di f in x
0
ed `e indicato con df(x
0
) (Si noti luso di parentesi tonde
e quadre: in df(x
0
)[h] , x
0
`e il punto in cui si dierenzia ed `e indicato en-
tro parentesi tonde; in parentesi quadre indichiamo invece gli incrementi, in
questo caso h, in cui il dierenziale `e calcolato).
Se f `e dierenziabile in ogni punto di , si ha una applicazione
df : /(V, W) = Hom
R
(V, W)
Se tale applicazione `e continua diremo che f `e di classe C
1
su .
Induttivamente, per k intero 2, diremo che f `e di classe C
k
se `e C
1
e df `e
C
k1
; diremo che f `e C

se essa `e C
k
per ogni k N.
Dora in poi il termine dierenziabile signicher`a di classe C

.
Teorema 1 (di inversione locale) Siano E, F spazi vettoriali, un aperto
in V , f : F dierenziabile ed x .
Se df(x) : E F `e un isomorsmo, allora esiste un aperto U E contenente
x , tale che :
a. V = f(U) `e aperto in F
b. f : U V `e biunivoca con inversa dierenziabile.
La dimostrazione sar`a supposta nota (corsi di Analisi).
1
Def. Siano U E e V F aperti in spazi vettoriali. Una applicazione f :
U V `e detta un dieomorsmo se `e biunivoca insieme alla sua inversa. Nelle
notazioni ed ipotesi del teorema pecedente diremo che f `e un dieomorsmo
locale in x od anche che essa `e localmente invertibile.
Un dieomorsmo sar`a talvolta chiamato anche cambiamento di coordinate.
Corollari del teorema di inversione locale
Siano E, F spazi vettoriali, E un aperto, f : F una applicazione
dierenziabile e sia 0 , f(0) = 0.
1. supponiamo che df(0) : E F sia surgettiva.
Sia p : E K = ker(df(0)) una proiezione (associata alla scelta di un sup-
plementare di K in E). Allora lapplicazione g : F H denita da
g(x) = (f(x), p(x)), `e localmente invertibile in 0. Essa rappresenta quindi un
cambiamento di coordinate in un intorno di 0; in tali coordinate la f diviene
lineare (precisamente la proiezione sul fattore F).
2. supponiamo che df(x
0
) : E F sia iniettiva.
Sia H un supplementare in F dellimmagine di df(x
0
). Allora lapplicazione
g : E H F denita da g(x, h) = f(x) + h `e localmente invertibile in 0.
Essa denisce quindi un cambiamento di coordinate nellorigine di F; in tali
coordinate la f diviene lineare (precisamente linclusione di E in E H).
Integrali contenenti un parametro
Siano E uno spazio vettoriale e f : [a, b] E continua. Esiste un unico I E
detto integrale di f su [a, b] (e che verr`a indicato con
_
b
a
f(t)dt ) tale che per ogni
> 0 , esista > 0 tale che per ogni successione a = x
0
x
1
x
n
= b
con [ x
i1
, x
i
[ per i = 1, . . . n, sia
[
n

1
f(x
i
) (x
i
x
i1
) I [<
Se b < a deniamo
_
b
a
f(t)dt =
_
a
b
f(t)dt.
Proposizione 2 f
_
b
a
f(t)dt `e una applicazione lineare continua di C
0
([a, b])
in R la cui norma `e [b a[ (ossia |
_
b
a
f(t)dt| [(b a)[ sup
x[a,b]
|f(x)|)
Siano E, F spazi vettoriali, E un aperto, T uno spazio topologico. Le
applicazioni f : T F possono essere pensate come famiglie di applicazioni
da in F parametrizzate da T. Useremo in tal caso la notazione f(x, t) = f
t
(x)
per (x, t) T. La notazione df
t
(x) indicher`a quindi il dierenziale della
funzione f
t
: F nel punto x .
Def. C
1
T
(, F) `e linsieme delle f : T F che sono continue, tali che per
ogni t T, f
t
: F sia dierenziabile e tali che df
t
: T /(E, F) sia
continua. Analogamente si deniscono le C
k
T
(, F) per k 2 o k = .
Teorema 3 Siano a < b e f C
1
[a,b]
(, F). Allora la funzione g : F
denita da g(x) =
_
b
a
f(x, t)dt `e di classe C
1
ed il suo dierenziale `e dg =
_
b
a
df
t
(x)dt (lintegrale al secondo membro `e fatto in /(E, F)).
2
Corollario 4 Se nel teorema precedente si suppone f C
k
[a,b]
(, F), k 1
allora g C
k
(, F).
dim. (del teorema: non nel programma di esame)
Continuit`a di g : siano x
0
e > 0. Vogliamo trovare un intorno U di x
0
in
tale che per x U sia [g(x) g(x
0
)[ < . Essendo f continua su [a, b],per
ogni t [a, b] esiste un intorno A
t
di (x
0
, t) in [a, b] tale che per (y, s) A
t
sia [f(y, s) f(x
0
, t)[ <

ba
.
Ora tale intorno pu`o supporsi del tipo U
t
I
t
con U
t
, I
t
aperti negli spazi e
[a, b]. Per compattezza di [a, b], esistono t
1
, , t
r
tali che I
1
I
r
= [a, b].
Allora per x U = U
t
1
U
t
r
e qualsiasi t [a, b] si ha :
[g(x) g(x
o
)[ =
_
b
a
[f(x, t) f(x
0
, t) < (b a)

b a
= .
Dierenziabilit`a di g : bisogna mostrare che g `e dierenziabile nel punto x
0

e che il suo dierenziale `e
_
b
a
df(x
0
, t)dt. Ci`o signica che :
lim
x
0
+h
h0
_
b
a
(f(x
0
+h, t) f(x
0
, t))dt (
_
b
a
df
t
(x
0
)dt)[h]
|h|
= 0
Ora si ha :
(
_
b
a
df
t
(x
0
)dt)[h] =
_
b
a
df
t
(x
0
)[h]dt
(si noti che lintegrale nel membro di sinistra `e fatto in /(E, F) mentre quello
a destra `e fatto in F).
Quindi si deve mostrare che va a zero lintegrale
_
b
a
(
f(x
0
+h, t) f(x
0
, t) df
t
(x
0
)[h]
|h|
)
Consideriamo la funzione : [0, 1] U denita da (t) = x
0
+ th. Allora
(teorema di Torricelli) si ha :
f(x
0
+h) f(x
0
) = f (1) f (0) =
_
1
0
d(f ) =
=
_
1
0
df
t
(x
0
+sh)

(s)ds =
_
1
0
df
t
(x
0
+sh)[h]ds
Sostituendo nellespressione precedente ci si riduce a mostrare che va a zero
lespressione:
1
[[h[[
_
b
a
(
_
1
0
(df
t
(x
0
+sh) df
t
(x
0
))ds)dt[h]
Essendo df
t
(x) continua su [a, b] , lo stesso ragionamento utilizzato per
mostrare la continuit`a di g , mostra che la norma di df
t
(x
0
+ sh) df
t
(x
0
) `e
maggiorata da una qualsiasi pressata costante positiva per h in qualche intorno
dellorigine e da ci`o segue facilmente che tutto lintegrale va a zero.
Teorema di divisione elementare
Siano E, F spazi vettoriali ; un aperto in E F `e detto stellato rispetto ad
E se per ogni (x
0
, y
0
) , tutto il segmento [(x
0
, 0), (x
0
, y
0
)] `e contenuto in .
3
Teorema 5 (divisione elementare) Siano E F un aperto stellato
rispetto a E ed f : G una applicazione dierenziabile nulla su E0;
(ossia tale che f(x
0
, 0) = 0 per ogni (x
0
, 0) ). Esiste allora una applicazione
dierenziabile g : /(F, G) tale che per (x, y) sia f(x, y) = g(x, y)[y]
dim. Sia (x
0
, y
0
) ssato. Consideriamo la funzione

f : [0, 1] G denita
da

f(t) = f(x
0
, ty
0
). Per il teorema di Torricelli, si ha:
f(x
0
, y
0
) =

f(1)

f(0) =
_
1
0
d

f =
_
1
0
(df
x
(x
0
, ty
0
)[y
0
]) =
= (
_
1
0
df
x
(x
0
, ty
0
))[y
0
] = g(x
0
, y
0
)[y
0
]
ove df
x
dipende dierenziabilmente da x
o
, y
0
, t; i risultati del paragrafo prece-
dente assicurano quindi che g `e dierenziabile.
Applicazioni polinomiali e sviluppi di Taylor
Siano E, F spazi vettoriali. Una applicazione : E F `e detta un polinomio
omogeneo di grado p se esiste una b : E
p
F plineare tale che per ogni
x E sia (x) = b(x, , x). Diremo che `e la contrazione di b. Si verica
facilmente (facendo una media su permutazioni delle variabili) che se `e un tale
polinomio, fra tutte le plineari di cui esso `e contrazione, ve ne `e esattamente
una che sia simmetrica : essa verr`a detta la polarizzazione di
Ne segue che /
p
(E, F) =polinomi omogenei di grado p da E a F `e uno
spazio vettoriale (`e in corrispondenza biunivoca con le applicazioni plineari
simmetriche da E ad F).
Una applicazione : E F `e detta un polinomio di grado n se =
0
+

1
+ +
p
ove
i
: E F `e un polinimio omogeneo di grado p.
Se `e un aperto in E F e g : /
p
(F, G) `e dierenziabile, allora (x, y)
g(x, y)[y] (che `e ovviamente dierenziabile) sar`a detta un polinomio omogeneo
di grado p in y a coecienti funzioni (

su .
Siano un aperto in E F stellato rispetto ad E,
0
= E 0 e sia
f : G dierenziabile. Allora f(x, y)f(x, o) : G `e nulla su
0
; quindi
per il teorema precedente, esiste R
0
: /
1
(F, G) tale che f(x, y) f(x, 0) =
R
0
(x, y)[y]. Posto f(x, 0) =
0
(x) questa relazione si scrive:
(1) f(x, y) =
0
(x) +R
0
(x, y)[y]
che verr`a chiamata sviluppo di Taylor dordine 0 di f rispetto a y. Svilup-
pando dordine zero R
0
, si ottiene una relazione del tipo R
0
(x, y) =
1
(x, y) +
R
0
(x, y)[y] ove
1
:
0
/
1
(F, G),

R
0
: /
1
(F, /
1
(F, G)). Quindi

R
0
asso-
cia ad ogni punto (x
0
, y
0
) di , una applicazione bilineare su F a valori in G la
cui contrazione `e un polinomio omogeneo di grado due da F a G che indicheremo
con R
1
(x, y). sostituendo nella (1) si ottiene ;
f(x, y) =
0
(x) +
1
(x)[y] + (R
1
(x, y)[y]
che `e lo sviluppo di Taylor dordine 1: dice che f `e un polinomio di grado uno
in y a coecienti (

in x pi` u un resto che `e un polinomio omogeneo di grado


due in y a coecienti funzioni (

in x, y.
Proseguendo cos` si ottiene il seguente :
4
Teorema 6 (Sviluppo di Taylor) Se e f sono come sopra, esistono appli-
cazioni dierenziabili
p
:
0
/
p
(F, G) e R
p
: /
p
(F, G) per p N tali
che per n N sia :
(2) f(x, y) =
n

h=0

h
(x)[y] +R
n+1
(x, y)[y].
Nota. Derivando successivamente ambo i membri di (2) e calcolando per y = 0
si ottiene che
p
(x) =
1
p!
d
p
f
x
(0) (attenzione alle notazioni che possono trarre
in inganno: si ricordi che f
x
(y) `e per denizione f(x, y)). Ne segue che le
h
in
(2) sono univocamente determinate. Per quanto riguarda i resti R
n+1
(x, y)[y],
essi non sono univocamente determinati dalle richieste fatte (lo sarebbero se si
chiedesse una propriet`a supplettiva che qui non esplicitiamo perch`e non avremo
necessit`a di avvalercene). Ci`o accade perche un polinomio omogeneo a coeci-
enti C

non (formalmente) nullo pu`o rappresentare la funzione identicamente


nulla, a dierenza di quel che accade per polinomi a coecienti costanti (ad
esempio h
1
(x
1
, x
2
)x
1
+h
2
(x
1
, x
2
)x
2
ove h
1
(x
1
, x
2
) = x
2
e h
2
(x
1
, x
2
) = x
1
).
Quel che spesso `e suciente sapere dei resti R
n
`e precisato dalla seguente:
Proposizione 7
Se , f sono come sopra, ogni (x
0
, 0) ha un intorno aperto U = AB ,
con A, B aperti in E, F, tale che
lim
y0
R
n+1
(x, y)[y]
|y|
n
= 0 uniformemente per x A.
Dim. Siano infatti U un aperto in ed M un numero reale tali che |R
n+1
(x, y)|
M per (x, y) U. Allora, essendo R
n+1
un polinomio omogeneo di grado n+1,
si ha che:
R
n+1
(x, y)[y]
|y|
n
= |y|R
n+1
(x, y)[
y
|y|
]
avr`a norma |y|M.
Scritture in termini di coordinate
Se x
1
, . . . , x
n
sono le coordinate su E = R
n
, un polinomio omogeneo
: E R di grado d si scrive ordinariamente nel seguente modo:
(x) =

|I|=d
a
I
x
I
ove per le usuali convenzioni di multiindici: se x = (x
1
, . . . , x
n
) R
n
e
I = (i
1
, . . . , i
n
) N
n
, si pone [I[ = i
1
+ +i
n
e x
I
= x
i
1
1
x
i
n
n
.
Nello sviluppo di Taylor di una funzione dierenziabile f : R
n
R, si ha una
somma di tali polinomi omogenei pi` u un ultimo termine R
n+1
, il resto, che
`e ancora espresso da una scrittura dello stesso tipo con la sola dierenza che i
coecienti a
I
invece che costanti sono funzioni dierenziabili:
R
n+1
=

|I|=d
a
I
(x) x
I
Comportamento qualitativo locale: il lemma di Morse
Siano f : U R e f

: U

R due funzioni dierenziabili denite su aperti di


5
uno spazio euclideo contenente lorigine. Diremo che (U, f) , (U

, f

) hanno in 0
lo stesso comportamento qualitativo se esistono intorni aperti V U , V

di 0 ed un dieomorsmo h di V su V

tali che f(x) = f(h(x)) per ogni x V .


Proposizione 8 Sia f una funzione dierenziabile in un intorno U di 0 R.
Se essa si annulla in 0 assieme a tutte le sue derivate di ordine inferiore ad n ma
la sua derivata dordine n `e positiva in 0, allora essa ha lo stesso comportamento
qualitativo della funzione t t
n
Dim. Per la formula di Taylor, in un intorno di 0 si ha f(t) = t
n
h(t) con h
dierenziabile (per ipotesi lo sviluppo di ordine n1 `e nullo e quindi f coincide
col resto). La condizione f
(n)
(0) > 0 equivale a h(0) > 0; esiste quindi in
un intorno di 0 una funzione dierenziabile k tale che h = k
n
. Si ha quindi
f = (t k(t))
n
. resta da dimostrare che t k(t) pu`o essere presa come coordinata
di centro 0 e ci`o `e vero perche ha derivata non nulla in 0.
Proposizione 9 (Lemma di Morse) Sia f una funzione dierenziabile in un
intorno di 0 R
n
nulla in 0 assieme a tutte le sue derivate prime e supponiamo
che la matrice H i cui elementi sono le derivate seconde di f calcolate in 0 abbia
determinante non nullo. Allora, se a `e il numero di autovalori positivi di H, la
f ha in 0 lo stesso comportamento qualitativo della funzione
x
2
1
+... +x
2
a
(x
2
a+1
+... +x
2
n
)
Dim. La dimostrazione `e molto simile a quella del teorema di diagonalizzazione
delle forme quadratiche reali. Si parte dallo sviluppo di Taylor di ordine 1 che
d`a :
f(x) =
n

ij+1
h
ij
(x)
Cambiando eventualmente le coordinate (in modo lineare) si pu`o supporre che
h
11
(0) ,= 0. Sia B la somma degli addendi del tipo h
ij
(x)x
i
x
j
con i, j > 1
ed A la somma degli altri. Aggiungendo ad A dei termini del tipo h
i
(x)x
2
i
, e
sottraendoli contemporaneamente a B si scrive f come somma di un termine

A = h
11
(x)(x
1
+ a
2
x
2
+ ... + a
n
x
n
)
2
ed uno

B =

ij>1
b
ij
(x)x
i
x
j
. A questo
punto si prendono come nuove coordinate le funzioni
_
[h
11
(x), x
2
, ..., x
n
; la

A
diviene x
2
1
e si pu`o riapplicare la procedura a

B, che `e espressa come un poli-
nomio omogeneo di grado due nelle x
2
, ..., x
n
a coecienti funzioni dierenziabili
elle x
1
, ..., x
n
. Iterando questa procedura si arriva alla diagonalizzazione di
f. Che il numero di quadrati positivi che si ottengono coincide col numero di
autovalori positivi della matrice H, pu`o essere dedotto dallanalogo fatto per
la diagonalizzazione delle forme quadratiche, osservando che per una f che in
un punto ha nulle tutte le derivate prime, ogni cambiamento di coordinate lo-
cali trasforma la matrice delle derivate seconde come si trasformano le forme
quadratiche. Questo fatto sar`a analizzato meglio nel seguito quando parleremo
dellHessiano.
Variet`a immerse
Sia H R
N
un sottoinsieme qualsiasi (non necessariamente aperto). Una fun-
zione f : H R `e detta dierenziabile se per ogni x
0
H esistono un suo
6
intorno aperto U ed una F : U R dierenziabile (in senso ordinario) tali che
per ogni x U H sia f(x) = F(x).
Se H R
N
e K R
M
, una f : H K `e detta dierenziabile se tali sono le
sue M componenti in quanto funzioni di H in R.
Diremo che f : H K `e un dieomorsmo se f `e biunivoca e dierenziabile
assieme alla sua inversa.
Siano H R
N
e x
0
H; lo spazio tangente ad H in x
0
`e linsieme T(H)
x
0
dei
v R
N
tali che per ogni aperto U in R
N
che contiene x
0
e funzione dierenzi-
abile h : U R che sia nulla su U H si abbia dh(x
0
)[v] = 0. E chiaro che
T(H)
x
0
`e un sottospazio vettoriale di R
N
.
Siano H R
N
, K R
M
, f : H K dierenziabile e x
0
H.
Per denizione esistono un aperto U in R
N
contenente x
0
ed una F : U R
M
dierenziabile che coincide con f su U H. Si verichi per esercizio che dF(x
0
)
applica T(H)
x
0
R
N
in T(K)
f(x
0
)
R
M
ed induce quindi una applicazione
lineare : T(H)
x
0
T(K)
f(x
0
)
. Inoltre tale non dipende dalla partico-
lare estensione F scelta; ossia se U

`e un altro aperto in R
N
contenente x
0
e
F

: U

R
M
`e dierenziabile e tale che per x U

H sia F

(x) = f(x) ,
allora per v T(H)
x
0
si ha dF(x
0
)[v] = dF

(x
0
)[v].
Si ottiene cos` una ben denita applicazione lineare df(x
0
) : T(H)
x
0
T(K)
f(x
0
)
che sar`a detta il dierenziale di f in x
0
.
Def. Un sottoinsieme H R
N
`e detto una variet`a dierenziabile di dimen-
sione n se ogni suo punto ha un intorno aperto dieomorfo ad un aperto di R
n
.
Diremo invece che H `e una variet`a dierenziabile a bordo di dimensione n se ogni
suo punto ha un intorno aperto dieomorfo ad un aperto di [0, +[R
n1
R
n
.
Una carta su una variet`a dierenziabile X R
N
di dimensione n `e una coppia
(U, f) ove U X `e un aperto ed f : U V `e un dieomersmo tra U ed un
aperto V di R
n
. Se x U ed `e f(x) = 0 diremo che (U, f) `e una carta di centro
x; in tal caso linversa f
1
: V U sar`a detta una parametrizzazione di X
allintorno di x.
Esempi (denizioni,esercizi,complementi)
1. Consideriamo la variet`a a bordo X = [0, = ] R
n1
e poniamo
X = 0 R
n1
. Si verichi che ogni dieomorsmo f : U V tra aperti di
X applica U X in V X. Ci`o permette di denire il bordo X per ogni
variet`a a bordo X di dimensione n e di dimostrare che esso `e una variet`a (senza
bordo) di dimensione n 1. Ad esempio D
n
= x R
n
: [[x[[ 1 `e una
variet`a compatta a bordo (detta il disco di dimensione n) il cui bordo `e S
n1
(la sfera di dimensione n 1).
Un aperto R
n
sar`a detto a frontiera dierenziabile se ogni x
0
possiede
un intorno aperto U ed una funzione dierenziabile f : U X tali che:
- f(x
0
) = 0 e U = x U : f(x) < 0
- df(x
0
) `e non nullo
Ci`o equivale a dire che `e la parte interna di una sottovarie`a a bordo di R
n
avente dimensione n. Una tale f verr`a detta una equazione locale per in x
0
.
2. Siano R
n
un aperto ed f : R
p
una applicazione dierenziabile.
Allora X = (x, y) R
n
R
p
: x , y = f(x) `e una variet`a dierenziabile
di dimensione n (infatti x (x, f(x)) `e un dieomorsmo tra ed X).
7
3. Siano X R
n
, Y R
m
variet`a dierenziabili di dimensioni p e q; allora
X Y R
n+m
`e una variet`a dierenziabile di dimensione p + q. Se una delle
due `e a bordo anche il prodotto lo `e. Se entrambi hanno il bordo non vuoto,
X Y non `e una variet`a a bordo.
4. Sia f : X Y una applicazione dierenziabile tra variet`a. Diremo che
x X `e un punto critico per f se df(x) : T(X)
x
T(Y (
f(x)
non `e surgettiva;
altrimenti diremo che x `e un punto regolare.
Diremo che y Y `e un valore critico per f se `e immagine di qualche punto
critico. Altrimenti esso sar`a detto un valore regolare.
Si dimostri che linsieme dei punti critici `e un chiuso in X e che linsieme dei
valori critici pu`o non essere un chiuso in Y.
5. Sia f : X Y dierenziabile tra variet`a di dimensione n +p e p.
Si dimostri che se y Y `e un valore regolare allora X
0
= f
1
(y) `e una sottova-
riet`a di X di dimensine n. Se ci`o accade ed `e Y = R
p
e y = 0 , diremo che f `e
una equazione (globale) di denizione per X
0
in X.
Si dimostri che se X
0
`e una sottovariet`a di X , ogni x X
0
ha un intorno aperto
U sul quale esiste una equazione di denizione h per X
0
U.Una coppia del tipo
(U, h) sar`a detta una equazione locale di denizione per X
0
in X.
6. Una applicazione dierenziabile f : X Y tra variet`a `e detta un prodotto
se esistono una variet`a F ed un dieomorsmo h : X F Y tale che detta
p : F Y Y la proiezione canonica si abbia p h = f. Necessariamente una
tale f `e priva di punti critici.
Viceversa se f : X Y `e dierenziabile ed x X `e regolare, allora x ha un
intorno aperto U in X tale che f(U) `e aperto in Y e la restrizione di f da U in
f(U) `e un prodotto.
7. Sia 0 un valore regolare per f : X R; allora M = x X : f(x) 0
`e una variet`a a bordo con M = f
1
(0). Si dimostri inoltre che in tal caso
(x, y) X R
n
: [[y[[
2
= f(x) `e una ipersupercie (ossia una sottovariet`a
di dimensione uno meno di quella dellambiente) in X R
n
.
8. Una applicazione dierenziabile : X Y tra variet`a `e detta una immersion
se il suo dierenziale d(x) `e iniettivo per ogni x X. Diremo invece che `e un
embedding se `e un dieomorsmo tra X e la sua immagine; ci`o equivale a dire
che `e una immersion ed `e un omeomorsmo con la propria immagine. Diremo
che una variet`a X di dimensione n ha codimensione di embedding p se esiste un
suo embedding in R
n+p
. Ad esempio la sfera S
n
ha codimensione di embedding
uno. Analoga denizione per la nozione di immersion.
E facile dimostrare che per S
1
non esiste alcuna immersion in R.
Si dimostri pi` u in generale che una variet`a compatta non vuota di dimensione
n non ha alcuna immersion (e quindi neppure un embedding) in R
n
.
9. Sia una applicazione dierenziabile di una variet`a a bordo X in una variet`a
(senza bordo) Y . Un punto x
0
X `e detto regolare per se o x
0
/ X ed x
0
`e
un punto regolare per la restrizione di a X X, oppure x
0
X ed allora
x
0
`e regolare per la restrizione di a X.
Si dimostri che se x
0
X `e regolare per : X R
n
, allora esiste un intorno
8
aperto U di x
0
in X ed un dieomorsmo h (un sistema di coordinate locali) tra
U e D
+
= x R
n+p
: [[x[[ 1 , x
n+p
0 per cui h(0) = 0 e lapplicazione
diviene (x
1
, . . . , x
n+p
) (x
1
, . . . , x
n
).
Ci`o pu`o essere riformulato come segue: sia X una sottovariet`a a bordo di una
variet`a a bordo Y ; diremo che X `e ben messa in Y se si ha:
X = X Y
e se per ogni x X si ha:
T
x
(X) = T
x
(X) T
x
(Y )
Da quanto sopra detto si ottiene che se : M N `e una applicazione dieren-
ziabile di una variet`a a bordo M in una variet`a (senza bordo) N, allora la bra
X di su un valore regolare, `e una sottovariet`a a bordo ben messa in M.
Equazioni locali e globali per sottovariet`a
Sia Y un sottoinsieme di una varie`a dierenziabile X. Diremo che una sottova-
riet`a Y di X ha codimensione p se p + dim(Y ) = dim(X); per p = 1 diremo
anche che Y `e una ipersupercie. Ad esempio se f : X R `e dierenziable e
0 `e un suo valore regolare, allora Y = f
1
(0) `e una ipersupercie di X. Pi` u in
generale se f : X Z `e una applicazione dierenziabile tra variet`a e z Z `e
un suo valore regolare, allora Y = f
1
(z) `e una sottovariet`a di X avente per
codimensione la dimensione di Z; nel caso sia Z = R
p
e z = 0 diremo che f `e
una equazione globale per Y in X. Una equazione locale per Y in X in un punto
x X `e il dato di un intorno aperto U di x in X e di una equazione globale
f : U R
p
per Y U in U. E facile vericare che ogni sottovariet`a Y di X
ha equazioni locali in tutti i punti di Y e che le ha anche in tutti i punti di X
se e solo se `e un sottoinsieme chiuso. La questione dellesistenza di equazioni
globali `e pi` u complicata. Nel seguito esamineremo questo problema per p = 1
e parzialmente per il caso p = 2. Il tipo di argomenti che utilizzeremo, sono gi`a
indicati nella trattazione del caso abbastanza elementare in cui X = R
N
ed Y
`e compatta.
Proposizione 10
Ogni ipersupercie compatta in R
N
ha una equazione globale.
Dim. Come gi`a osservato Y ha equazioni locali in ogni punto. Esistono cio`e
un ricoprimento aperto | = (U
i
)
iI
di R
N
e equazioni f
i
per X U
i
in U
i
per ogni i I. Sia (
i
)
iI
una partizione dellunit`a subordinata; la funzione
f =

iI

i
f
i
`e dierenziabile su tutto X, e si annulla su Y ; comunque pu`o non
essere una equazione per Y perche pu`o annullarsi in altri punti oltre quelli di Y
e nei punti di Y non `e detto che abbia dierenziale non nullo. Ma supponiamo
che sia soddisfatta la condizione seguente:
- per ogni i, j I le funzioni f
i
ed f
j
hanno in ogni punto di U
i
U
j
lo stesso
segno.
Allora chiaramente f si annulla solo su X. Inoltre essa ha dierenziale non nullo
in ogni x X; infatti, se x U
i
, scelto un sistema di coordinate di centro x
in modo che f
i
divenga la prima coordinata x
1
, per ogni altro j con x U
j
si
ha che f
j
/x
1
`e strettamente positiva in 0; quindi f/x
1
essendo una com-
binazione baricentrica di quantit`a positive sar`a anchessa strettamente positiva.
9
Il problema `e quindi di mettere a posto i segni delle f
i
in modo che in ogni
punto siano tutti concordi. Vedremo ora che questo `e essenzialmente un prob-
lema di tipo combinatorio, che pu`o essere risolto essendo R
N
topologicamente
abbastanza semplice.
Asserzione: su U
i
U
j
esiste una funzione dierenziabile f
ij
che `e priva di zeri
e tale che f
i
= f
ij
f
j
( ossia: f
ij
`e f
j
/f
i
). Infatti si prenda f
ij
= f
j
/f
i
sul complementare di X in U
i
U
j
; essendo X privo di parte interna, baster`a
mostrare che f
j
/f
i
si estende localmente ad una funzione dierenziabile anche
allintorno di ogn x X. Ci`o segue dal fatto che cambiando coordinate locali,
si pu`o supporre che f
i
sia la prima coordinata e di conseguenza laermazione
fatta non `e altro che il teorema di divisione elementare.
A questo punto abbiamo ancora due problemi da risolvere:
1. sarebbe comodo sapere che ogni U
i
U
j
se non vuoto `e connesso: in tal caso
cambiando eventualmente segni ad una tra le f
i
e f
j
si pu`o supporre che esse
concordino in segno su tutto U
i
U
j
2. partendo da un U
i
e lasciando f
i
invariata, passare da un U
j
ad un altro
cambiando segno eventualmente alla equazione sul nuovo aperto se non coincide
in segno con la precedente; anche questo processo abbia termine facendo con-
cordare tutti i segni occorre che in ogni percorso che parte da U
i
e vi torna, il
numero di inversioni di segno che si incontrano sia pari.
Il problema 1. `e facilmente risolubile in R
n
passando eventualmente ad un raf-
namento di | fatto con aperti convessi: lintersezione di due convessi essendo
sicuramente o vuota o connessa; servir`a un p`o di lavoro per trovare qualcosa
che funzioni in modo analogo su variet`a qualsiasi.
Il problema due pu`o essere risolto in R
N
considerando ricoprimenti di tipo par-
ticolare: ad esempi quelli fatti quadrettando R
N
parallelamente agli assi ed
allargando poi un poco tali quadrati chiusi a quadrati aperti. Allora `e
chiaro che si possono mettere a posto tra loro tutti quelli che appartengono ad
una stessa la parallela al primo asse, poi le le allineate nella direzione del
secondo asse e cos` via: nel caso che invece che in R
N
la ipersupercie sia ambi-
entata in una variet`a M qualsiasi (connessa) vedremo che per essere sicuri che
i segni possono essere messi a posto, occorre sapere qualcosa sul gruppo fonda-
mentale
1
(M): troveremo anzi che ogni ipersupercie di M ha una equazione
globale se e solo se lunico omomorsmo di
1
(M) a valori in Z/2Z `e quello
nullo.
Nota
Si pu`o dimostrare che una variet`a X di codimensione due in R
N
ha una equazione
globale (ossia esiste una f : R
N
R
N2
dierenziabile avente 0 come valore
regolare ed il cui luogo di zeri `e X) se e solo se essa `e orientabile. Un esempio
evidente di non orientabile in codimensione due si costruisce con la bottiglia
di Klein. In codimensione quattro, oltre alla orientabilit`a, lesistenza di euazioni
globali equivale al fatto che X verichi due propriet`a di tipo coomologico. In
codimensione tre la questione sembra pi` u complicata; ad esempio per lunione
di due sfere ordinarie di dimensione due in R
5
che siano allacciate (od anche una
loro somma connessa fatta in R
5
che `e dieomorfa ad una 2-sfera) non esiste
una equazione globale.
Spazi paracompatti e partizioni dellunit`a
Nel seguito ogni spazio topologico `e supposto (se non esplicitamente dichiarato)
10
separato ed a base numerabile.
Denizioni:
- Una famiglia T di sottoinsiemi di uno spazio topologico X `e detta puntualmente
nita se ogni x X appartiene solo ad un numero nito di elementi di T; `e
detta localmente nita se ogni x X possiede un intorno che incontra solo un
numero nito di elementi di T.
- Una famiglia T `e pi` u ne di una famiglia ( se ogni elemento di T `e contenuto
in qualche elemento di (.
- Uno spazio topologico X `e detto localmente compatto se ogni punto possiede
almeno un intorno compatto. E facile vericare che allora gli intorni compatti
di un punto costituiscono un suo sistema fondamentale di intorni.
- Uno spazio topologico X `e detto paracompatto se per ogni ogni ricoprimento
aperto | di X esiste un ricoprimento aperto 1 di X che sia localmente nito e
pi` u ne di | (in generale 1 non `e costruibile come una sottofamiglia di | ; si
prenda ad esempio per | la famiglia delle palle di centro lorigine in R
n
).
- Uno spazio topologico X `e detto numerabile allinnito se `e ricopribile con
una successione (numerabile) di compatti ognuno contenuto nella parte interna
del successivo; una tale successione di compatti verr`a detta esaustiva .
Proposizione 11 Ogni spazio localmente compatto `e numerabile allinnito
Dim. Sia (B
n
)
nN
una base numerabile di X; possiamo supporre che ogni B
n
abbia chiusura compatta (infatti gli elementi della base originaria che hanno tale
propriet`a costituiscono ancora una base). Per ogni intero r sia H
r
la chiusura
di B
0
B
r
. Per ogni intero r esiste un intero s > r tale che H
r
`e contenuto
nella parte interna di H
s
e ci`o dimostra che eliminando alcuni degli H
i
resta
una successione esaustiva di compatti per X.
Proposizione 12 Ogni spazio localmente compatto `e paracompatto
Sia (K
n
)
nN
una successione esaustiva di compatti per X. Per ogni intero n 1
sia
n
laperto ottenuto togliendo alla parte interna di K
n+1
il compatto K
n
.
La famiglia
n
)
n1
`e un ricoprimento aperto di X che `e numerabile, localmente
nito ed i cui elementi sono relativamente compatti.
Sia allora | = (U
i
)
iI
un ricoprimento aperto qualsiasi di X; per ogni intero
positivo n esiste I
n
I nito tale che
n
sia contenuto nellunione degli U
i
per i I
n
; ne segue che la famiglia degli
n
U
i
per n intero positivo ed
i I
n
costituisce un ricoprimento aperto 1 localmente nito pi` u ne di |. Si
noti che tale 1 `e inoltre numerabile ma daltra parte si noti anche che in ogni
ricoprimento aperto localmente nito di X gli aperti non vuoti sono al pi` u una
innit`a numerabile.
Diremo che una funzione f a valori reali su uno spazio topologico X `e localmente
nulla in x X se essa `e identicamente nulla su qualche intorno di x. Linsieme
dei punti x X nei quali f non `e localmente nulla costituisce un chiuso che
viene detto il supporto di f. Una famiglia (f
i
)
iI
di funzioni su X `e detta
localmente nita se tale `e la famiglia dei suoi supporti.
Una partizione dellunit`a sullo spazio topologico X `e una famiglia localmente
nita (f
i
)
iI
di funzioni continue su X tale che

iI
f
i
(x) = 1 per ogni x I.
Tale partizione `e detta pi` u ne di un ricoprimento | = (U
j
)
jJ
se cos` `e la
famiglia dei supporti delle f
i
. Se inoltre accade che I = J e per ogni i I il
11
supporto di f
i
`e contenuto in U
i
allora diremo che la partizione `e subordinata
ad |.
Lemma 13 Sia | = (U
i
)
iI
un ricoprimento aperto di X. Se esiste una par-
tizione (f
j
)
jJ
su X pi` u ne di | allora ne esiste anche una (F
i
)
iI
subordinata
ad |
Dim. Per ipotesi esiste : J I tale che per ogni j J il supporto di f
j
sia
contenuto U
(j)
. Per ogni i I si denisca F
i
=

j
1
(i)
f
j
; si verica con un
po(co) di lavoro che (F
i
)
iI
`e una partizione dellunit`a subordinata ad |.
Teorema 14 Su uno spazio localmente compatto ogni ricoprimento aperto ha
partizioni dellunit` a a lui subordinate
Dim.
La dimostrazione si avvale del teorema di esistenza di funzioni continue detto
lemma di Uhrison. Per evitarne luso e per trattare allo stesso tempo gli analoghi
risultati nel caso dierenziabile, si pu`o supporre che su X sia assegnata una
famiglia T di funzioni continue che abbia la seguente propriet`a:
- dati comunque x X ed un intorno U di x esiste una f T non nulla
in x ed avente supporto contenuto in U.
Se X `e una variet`a topologica (o dierenziabile) si possono costruire famiglie
siatte trasportando tramite carte locali su X delle funzioni standard su R
n
;
oppure se X `e metrico si costruiscono facilmente funzioni continue con tale
propriet`a utilizzando la metrica stessa. Passando ai quadrati si pu`o supporre
che gli elementi di T siano funzioni positive.
Veniamo alla dimostrazione. Per quanto visto avanti si pu`o supporre che il rico-
primento dato sia numerabile, localmente nito e costituito da aperti localmente
compatti. Sia esso | = (U
n
)
nN
. Vogliamo denire induttivamente funzioni
continue g
n
: X R ed aperti V
n
X per n N soddisfacenti le condizioni:
- il supporto di g
n
contiene V
n
ed `e contenuto in U
n
- V
0
, . . . , V
n
assieme a tutti gli U
i
per i > n ricoprono X
operiamo cos` : sia F il complementare di

n>0
U
n
; esso `e un compatto con-
tenuto in U
0
ed utilizzando l esistenza di funzioni locali si pu`o costruire una
funzione continua g
0
strettamente positiva su F ed il cui supporto sia contenuto
in U
0
. Si scelga quindi per V
0
un intorno aperto di F contenuto nel supporto
di g
0
. Supposti costruiti g
0
, . . . g
n
e V
0
, . . . V
n
si considera il complementare F
dellunione di V
0
, . . . V
n
con gli U
r
per r > n+1 e si ripete la costruzione prece-
dente ottenendo una g
n+1
ed un V
n+1
. Evidentemente la funzione g =

nN
g
n
`e positiva strettamente e le f
n
= g
n
/g formano una partizione dellunit`a subor-
dinata al ricoprimento |.
Nota. E chiaro che se X `e una variet`a dierenziabile tutta la costruzione pu`o
essere fatta utilizzando funzioni dierenziabli su X.
Applicazioni proprie
12
In questa appendice ogni spazio topologico `e supposto oltre che separato ed a
base numerabile anche localmente compatto.
Denizioni
- Una applicazione f : X Y tra spazi topologici `e detta chiusa se trasforma
chiusi di X in chiusi di Y . E detta propria se `e continua e se f
1
trasforma
compatti di Y in compatti di X.
- Diremo che una successione (x
n
)
nN
in uno spazio topologico X diverge od
anche che tende all se per ogni compatto K X esiste n
0
N tale che
x
n
/ K per n n
0
. Per le ipotesi fatte su X ci`o equivale al non possedere
sottosuccessioni convergenti ossia a non avere punti aderenti.
Proposizione 15 Sia f : X Y continua. Sono equivalenti le condizioni:
(a) f `e propria
(b) f `e chiusa ed f
1
(y) `e compatto per ogni y Y
(c) f trasforma successioni divergenti in X in successioni divergenti in Y
Dim.(a) (b) : Evidentemente le bre di f sono compatte. Mostriamo che se
C `e chiuso in X allora f(C) `e chiuso in Y . Sia y in Y f(C) e consideriamo
la famiglia / degli intorni compatti di y. Essendo Y localmente compatto si ha

KK
K = . Allora

KK
f
1
(K) C = ed essendo tali insiemi compatti in
X , lintersezione di un numero nito di essi `e vuota. Si ottiene quindi lesistenza
di un K / per il quale f
1
(K)C = e ci`o implica che Kf(C) = ; Quindi
f
1
(C) `e chiuso perche ogni punto che non gli appartiene possiede un intorno
che non lo interseca.
(b)(c) : Se (c) non `e vericata esiste una successione (x
n
) divergente in X
e tale che f(x
n
) converge ad un y Y . Essendo (x
n
) divergente, linsieme
x
n
: n N `e chiuso in X; per (b) quindi f(x
n
) : n N `e chiuso in Y . Se
ne deduce che y deve essere uno degli f(x
n
); anzi, siccome ci`o deve rimanere
vero per ogni sottosuccessione deve esistere n
0
N tale che f(x
n
) = y per ogni
n n
0
. Quindi la successione (x
n
)
nn
0
`e contenuta in f
1
(y) che per ipotesi `e
compatto e non pu`o essere divergente contrariamente allipotesi fatta.
(c) (a) : Sia K un compatto in Y . Se per assurdo f
1
(K) non fosse com-
patto in X, esso conterrebbe una successione (x
n
) divergente in f
1
(K) ma
divergente anche in X perche esso `e chiuso in X. Ma (f(x
n
)) `e una successione
nel compatto K e non pu`o quindi essere divergente; si `e cos` contraddetto la (c)
e la dimostrazione `e conclusa.
Proposizione 16 Sia f : X Y una applicazione propria. Se y Y ed U `e
un aperto di X che contiene f
1
(y) , esiste un intorno V di y in Y tale che
f
1
(V ) U.
In altri termini : le immagini inverse di intorni di y costituiscono un sistema
fondamentale di intorni per la bra f
1
(y)
Dim. Sia / la famiglia degli intorni compatti di y in Y ; si ha allora

KK
f
1
(K) U = . Essendo questa una famiglia di compatti, chiusa per
intersezioni nite, se ne deduce lesistenza di un K / tale che f
1
(K)U =
ossia f
1
(K) U.
13
Orientazioni
Sia V uno spazio vettoriale reale di dimensione nita. Sullinsieme delle basi di
V poniamo la seguente relazione di equivalenza: due basi sono equivalenti se la
matrice quadrata che esprime gli elementi delluna come combinazione lineare
di quelli dellaltra ha determinante positivo. Si hanno due classi di equivalenza:
orientare V signica scegliere una di tali classi; le basi della classe scelta saranno
dette orientate positivamente o positive. Orientare una varie`a dierenziabile
signica ssare una orientazione per ciascuno dei suoi spazi tangenti, in modo
tale che allintorno di ogni punto esista un sistema di coordinate locali il cui
dierenziale trasformi le basi scelte come positive nelle basi di R
n
che sono
equivalenti (stessa orientazione) della base canonica di R
n
.
Una variet`a sar`a detta orientabile se esistono sue orientazioni; nel caso che
essa sia connessa o non possiede orientazioni (non orientabile) o ne ammette
esattamente due.
Punti e valori critici
Sia f : X Y una applicazione dierenziabile tra variet`a.
Un x
0
X `e detto un punto critico per f se il dierenziale df(x
0
) : T
x
0
(X)
T
f(x
0
))
(Y ) non `e surgettivo. Scrivendo f localmente tramite coordinate locali
in x
0
ed in f(x
0
), la condizione di essere critico equivale allessere il rango della
matrice jacobiana (f
i
/x
j
) inferiore alla dimensione di Y (ossia il numero delle
sue righe). Tale condizione equivale poi allannullarsi dei determinanti di certe
matrici: precisamente dei minori della matrice jacobiana di ordine dim(Y ).
Ne segue che linsieme dei punti critici `e chiuso in X. Un punto y
0
Y
`e detto un valore critico per f se proviene da qualche punto critico, ossia se
f
1
(y
0
) ,= . In generale linsieme f() dei valori critici non `e un chiuso in
Y ; ci`o sara comunque vero nellipotesi che f sia propria.
Sistemi di equazioni di denizione
Siano R
n+p
un aperto ed f : R
p
una applicazione dierenziabile. Se
0 R
p
`e un valore regolare per f, ossia se il dierenziale di f `e surgettivo in
ogni punto ove f si annulla, allora X = f
1
(0) `e una sottovariet`a chiusa in di
dimensione n. In tal caso f o meglio le sue componenti f
1
, ..., f
p
saranno dette
un sistema di equazioni di denizione per X in e si ha:
Proposizione 17 Per ogni g : R dierenziabile e nulla su X esistono
h
1
, ..., h
p
dierenziabili su e tali che g = h
1
f
1
+... +h
p
f
p
Dim. Lesistenza locale allintorno dei punti di X di tali h
i
segue dal teorema
di divisione locale, utilizzando il fatto che localmente f
1
, ..., f
p
possono essere
prese come parte di un sistema di coordinate; nei punti di non in X, almeno
una delle f
i
, diciamo f
1
, `e diversa da zero: preso un intorno U di x ove f
1
,= 0 si
ha che g = (gf
1
) f
1
+0 f
2
+... +0 f
p
. Quindi lenunciato `e vero localmente
in ogni punto di . Si globalizza nel modo seguente: esiste un ricoprimento
aperto | di tale che per ogni i I la g ristretta ad U
i
pu`o essere scritta come
h
(i)
1
f
1
+... +h
(i)
p
f
p
; sia (
i
)
iI
una partizione dellunit`a subordinata ad | e per
14
j 1, ..., p si denisca h
j
=

iI

i
h
(i)
j
.
Allora su tutto si ha g = h
1
f
1
+... +h
p
f
p
.
Osservazioni
1. La proposizione precedente vale nel caso pi` u generale che sia una qualsiasi
variet`a dierenziabile: identica dimostrazione
2. Sia ancora f : R
p
come sopra e sia data inoltre una funzione dieren-
ziabile f
0
: R tale che in ogni punto x in cui f
0
(x) = f
1
(x) = ... =
f
p
(x) = 0 il dierenziale df
0
(x) sia linearmente indipendente dai dierenziali
df
1
(x), ..., df
p
(x); ossia supponiamo che 0 R
p+1
sia un valore regolare per
lapplicazione x (f
0
(x), ..., f
p
(x)) R
p+1
.
Allora = x : f
1
(x) = ... = f
p
(x) = 0 , f
0
(x) 0 `e una variet`a a
bordo di dimensione n chiusa in . Infatti nelle ipotesi fatte allintorno di ogni
punto di esiste un sistema di coordinate locali in cui f
0
, ..., f
p
sono le prime
coordinate; in un tale sistema diventa un aperto della variet`a a bordo denita
in R
p+1
da x
1
= ... = x
p
= 0 e x
0
0.
Famiglie di spazi vettoriali
Sia X R
N
una variet`a dierenziabile di dimensione n.
Un sottoinsieme F di X R
M
`e detto una famiglia dierenziabile di spazi
vettoriali di dimensione p (o anche pi` u tecnicamente un brato vettoriale di
dimensione p su X) se per ogni x
0
X esistono un aperto U X contenente
x
0
ed una applicazione dierenziabile A : U matrici a M righe e M p
colonne R
(Mp)M
tali che:
1. la matrice A(x) ha rango M p per ogni x U
2. F (U R
M
= (x, v) R
N
R
M
: x U , A(x)[v] = 0.
Lapplicazione : F X, restrizione della proiezione X R
M
X, `e detta
proiezione del brato. Ogni sua bra
1
(x
0
) sar`a identicata al sottospazio
vettoriale di dimensione p in R
M
dato dalle soluzioni del sistema lineare omo-
geneo A(x
0
)[v] = 0 e sar`a indicata con F
x
0
.
Esercizio. Si controlli che una denizione equivalente di brato vettoriale di
dimensione p `e la seguente:
per ogni x
0
X esistono un suo intorno aperto U in X ed una applicazione
dierenziabile C : U R
p
matrici a p colonne ed M righe tali che:
F (U R
M
) = (x, C(x)[v] : x U , v R
p

Proposizione 18 Una famiglia F come sopra `e una sottovariet`a dierenziabile


di R
N
R
M
di dimensione n +p
Dim. Per x
0
X sia U un suo intorno aperto in X sul quale sia denita
A : U R
(Mp)M
con le propriet`a richieste sopra. A meno di restringere U
si pu`o supporre che sia U = X ove `e un aperto in R
N
, lapplicazione A
`e estendibile dierenziabilmente ad e su esista un sistema di equazioni di
15
denizione f : R
Nn
per X . Allora la parte di F che st`a in R
M
`e
il luogo di zeri dellapplicazione:
: R
M
(x, v) (f(x), A(x)[v]) R
Nn
R
Mp
Baster`a quindi mostrare che d ha rango massimo in ogni punto ove sia
annulla.
Ed infatti in tali punti la restrizione di a R
N
0 va surgettivamente su
R
Nn
0 (`e lipotesi che f `e un sistema di equazioni di denizione) e la sua
restrizione a 0 R
M
va surgettivamente su 0 R
Mp
(`e lipotesi sul rango
di A(x) ); quindi d `e surgettiva.
Proposizione 19 Siano X R
N
una variet`a dierenziabile di dimensione n
e F X R
M
un brato dierenziabile di dimensione p.
Allora (x, v) X R
M
: x X , v F

x
`e un brato dierenziabile di
dimensione M p che sar`a detto brato ortogonale ad F e indicato con F

Dim. Utilizziamo la descrizione locale di F data nellesercizio precedente.


Quindi F (U R
M
) = (x, C(x)[v]) : x U , v R
p
.
Con facili considerazioni di algebra lineare si verica che:
F

(U R
M
) = (
t
C(x)[w], w) : x U, w R
Mp
Esempi di brati vettoriali
Siano Y X sottovariet`a dierenziabili in un R
N
di dimensioni risp. n ed n+p.
Allora:
T(Y ) = (y, v) R
N
R
N
: y Y , v T
x
(Y )
`e un brato dierenziabile su Y di dimensione n che viene detto brato tangente
ad Y .
N(Y, X) = (y, v) R
N
R
N
: y Y , v T
y
(X) T

y
(Y )
`e un brato dierenziable su Y di dimensione p che viene detto brato ortogonale
ad Y in X. Se X = R
N
esso sar`a indicato semplicemente con N(Y ).
Intorni tubolari
Sia X R
N
una sottovariet`a di dimensione n. Per > 0 poniamo
D

(X) = x R
N
: d(x, X) N

(X) = (x, v) N(X, R


N
) : [[v[[
e consideriamo lapplicazione dierenziabile : N(X, R
N
) R
N
denita dalla
formula (x, v) = x +v.
Teorema 20 Se X `e compatta, esiste
0
> 0 tale che per ogni 0 < <
0
lapplicazione induce un dieomorsmo tra la variet`a a bordo N

(X) e D

(X);
in particolare anche questultimo `e una variet`a a bordo.
Per ogni x D

(X) esiste uno ed un solo r(x) X tale che d(x, r(x)) = d(x, X)
e lapplicazione r : D

(X) X ha la propriet`a seguente:


16
per ogni x
0
X esistono un suo intorno aperto U in X ed un dieomorsmo
h : r
1
(U) U D (ove D `e il disco unitario in R
n
) che trasforma r nella
proiezione di U D in U. Le identicazioni tra r
1
(x) ed il disco D in due tali
rappresentazioni locali sono date da trasformazioni lineari ortogonali dipendenti
dierenziabilmente da punto x
Dim. Per y R
N
indichiamo con
y
: R
N
R la funzione
y
(x) =
[[x y[[
2
. Essendo X compatta, la sua restrizione ad X ha un minimo x
0
e conseguentemente ha dierenziale nullo in x
0
. Il dierenziale di
y
come
funzione su R
N
`e calcolabile con lo sviluppo:

y
(x
0
+h) = [[x
0
+h y[[
2
= [[x
0
y[[
2
+ 2 < x
0
y, h > +[[h[[
2
che d`a : d
y
(x
0
)[h] = 2 < x
0
y, h >. Quindi la restrizione di
y
ad X ha un
punto critico in x
0
se e solo se x
0
y = v `e ortogonale a T
x
0
(X); in tal caso
(x
0
, v) N(X, R
N
) e (x
0
, v) = y. Se y D

(X) allora [[v[[ < e quindi si `e


mostrato che : N

(X) D

(X) `e surgettiva per ogni > 0.


Vediamo ora che per sucientemente piccolo, ha dierenziabile invertibile
in ogni punto di D

e quindi `e una applicazione localmente invertibile. Baster`a


controllare che ci`o `e vero nei punti di X 0 perche allora ci`o sar`a vero in
qualche intorno di X0 e quindi su qualche N

(X) perche questi ne costituis-


cono un sistema fondamentale di intorni. Avendo dominio e codominio la stessa
dimensione baster`a mostrare che per x X la ha dierenziale surgettivo nel
punto (x, 0). Ci`o segue immediatamente osservando che lo spazio tangente ad
X in x `e in tale immagine (perche : X 0 X `e un dieomorsmo) ed
anche il suo ortogonale (perche applica x T
x
(X)

con un dieomorsmo
sul sottospazio ane ortogonale ad X in x.
Resta quindi da mostrare che per sucientemente piccolo, `e iniettiva su
N

(X). Ragioniamo per assurdo: per ogni n intero positivo, esistono quindi
(x
n
, u
n
) ,= (y
n
, v
n
) in N
1/n
(X) sui quali assume gli stessi valori, ossia
x
n
+u
n
= y
n
+v
n
. Per compattezza di X una sottosuccessione degli (x
n
) con-
verger`a ad un x
0
X; siccome u
n
e v
n
vanno a zero, anche gli y
n
tenderanno
ad x
0
; quindi in ogni intorno di (x
0
, 0) vi sono punti distinti (x
n
, u
n
) e (y
n
, v
n
)
sui quali assume gli stessi valori e ci`o contrasta col fatto che in (x
0
, 0) la `e
localmente invertibile.
Per 0 < <
0
, chiameremo D

(X) , lintorno tubolare di raggio di X e


r : D

(X) X sar`a detta la proiezione ortogonale su X. Si noti inoltre che per


tali , linsieme S

(X) = x R
N
: d(x, X) = `e una sottovariet`a dierenzia-
bile di codimensione uno in R
N
e r : S

(X) X `e dierenziabile e priva di


punti critici (in termini tecnici si direbbe che `e un brato dierenziabile a bra
la sfera di dimensione N n 1 e gruppo strutturale il gruppo ortogonale).
Altra conseguenza: se X R
N
`e una sottovariet`a compatta (senza bordo),
allora la funzione distanza da X `e non solo continua su R
N
ma il suo quadrato
`e dierenziabile in un intorno di X.
La nozione di intorno tubolare di una sottovariet`a in R
N
pu`o essere esteso al
caso di una sottovariet`a X compatta in una variet`a dierenziabile M R
N
:
si trova un intorno U di X in M dieomorfo alla variet`a compatta a bordo N

costituita dalle coppie (x, v) ove x X , [[v[[ `e un vettore che `e tangente


ad M in x ed `e ortogonale allo spazio tangente ad Xin x; il dieomorsmo
17
r : N

U M `e costruito associando prima ad (x, v) il vettore x +v R


N
e
proiettando poi questo nel punto di M a lui pi` u vicino.
Il teorema di brazione
Sia f : X Y una applicazione dierenziable tra variet`a. Un punto x
0
X `e
detto un punto critico per f se il suo dierenziale df(x
0
) : T
x
0
(X) T
f(x
0
)
(Y )
non `e surgettivo. Scrivendo f in termini di coordinate locali scelte allintorno
di x
0
e di f(x
0
), i punti critici sono quelli in cui il rango della matrice jacobiana
(f
i
/x
j
ha rango inferiore alla dimensione di Y (quindi al numero delle righe di
tale matrice). Ne segue che linsieme deipunti critici, essendo localmente il luogo
di zeri di certi determinati (i minori della matrice jacobiana di ordine dim(Y ))
`e un sottoinsieme chiuso di X. La sua immagine f(), ossia linsieme degli
y Y tali che f
1
(y) contiene qualche punto critico, sono detti valori critici di
f. In generale essi non costituiscono un chiuso di Y
Sia f : X Y una applicazione dierenziabile propria tra variet`a. Se y
0
Y
`e un valore regolare allora la bra X
y
0
= f
1
(y
0
) `e una variet`a compatta, anzi
siccome i valori regolari formano un aperto tutte le bre X
y
per y suciente-
mente vicino ad y
0
saranno variet`a compatte. Mostreremo ora che tali variet`a
sono tutte dieomorfe ad X
y
0
.
Teorema 21 Sia f : X Y una applicazione dierenziabile propria e sia
y
0
Y un suo valore regolare. Esiste un intorno aperto U di y
0
in Y ed un
dieomorsmo h : f
1
(U) U X
y
0
tale che su f
1
(U) si abbia p h = f
essendo p : U X
y
0
U la proiezione canonica.
In altri termini lapplicazione f : f
1
(U) U `e dieomorfa alla
proiezione p : U X
y
0
U
Dim. Si pu`o supporre Y = R
p
e X R
N
. Fissiamo un intorno tubolare
r : D

(X
0
) X
0
di X
0
in R
N
e sia U R
p
un intorno aperto dellorigine tale
che f
1
(U) D

(X
0
). Deniamo h : f
1
(U) X
0
U come lapplicazione che
applica x in (r(x), f(x)). Per costruzione f = p h. Resta da mostrare che se
U `e sucientemente piccolo, h `e un dieomorsmo. Ci`o segue dalle asserzioni
seguenti:
a. h induce un dieomorsmo tra X
0
e X
0
0
b. h `e localmente invertibile nei punti x X
0
; baster`a dimostrare che in tali
punti il suo dierenziale `e surgettivo, perche dominio e codominio hanno la
stessa dimensione.
Ed infatti in h(x) = (x, 0), lo spazio tangente ad X
0
0 `e nellimmagine per
quanto detto in a. Considerando ora la proiezione di X
0
U U, limmagine
del dierenziale di h contiene il nucleo del dierenziale di p e viene applicato
surgettivamente sullo spazio tangente in 0 ad U (infatti ph = f e x `e un punto
regolare per f).
Possiamo quindi supporre, rimpicciolendo eventualmente U che h sia local-
mente invertibile su tutto f
1
(U). Ragionando per assurdo come si `e fatto
per liniettivit`a nel teorema dellintorno tubolare, si ottiene che:
c. si pu`o supporre che h sia iniettiva.
Resta da mostrare che per U opportuno, h `e anche surgettiva. Si noti che h `e
propria; infatti essa `e a valori in un prodotto ed una delle componenti (la f)
`e propria. Ne segue che Im(h) `e un chiuso; ma Im(h) `e anche aperto perche
18
h `e localmente invertibile e quindi aperta. Quindi Im(h) `e una unione di com-
ponenti connesse di X
0
U; se U `e connesso, X
0
incontra tutte le componenti
connesse di x
0
U ed essendo X
0
Im(h), si avr`a IM(h) = X
0
U.
Domini fortemente convessi
Def. Un dominio a frontiera dierenziabile in una variet`a dierenziabile X `e
un aperto di X che verica le propriet`a:
1. `e relativamente compatto in X
2. ogni x
0
(=frontiera topologica di ) ha un intorno U su cui esiste una
funzione dierenziabile f : U R tale che U = x U : f(x) < 0 e se
f(x) = 0 , allora df(x) ,= 0. Una tale f sar`a detta una equazione su U per il
bordo di .
Ci`o equivale a dire che `e la parte interna della sua chiusura e che la sua
chiusura `e una variet`a a bordo compatta e connessa.
Siano X un dominio a frontiera dierenziabile in R
n
, x
0
, U un intorno
aperto di x
0
in R
n
ed h una equazione locale per su U. Chiameremo hes-
siano di h in X la forma quadratica su T()
x
0
che `e restrizione della forma
quadratica su R
n
associata alla matrice (
2
f/x
i
x
j
(x
0
)) ; essa verr`a indicata
con 1(h)(x
0
).
Lemma 22 Se k `e unaltra equazione locale su U per , allora esiste una
costante positiva tale che 1(k) = 1(h).
Def. Per il lemma precedente la segnatura di 1(h) (ossia la terna (a, b, c) data
dai suoi indici di positivit`a , negativit`a e nullit`a ) `e indipendente dalla particolare
equazione utilizzata e sar`a detta la segnatura di in x
0

Dim. Per il teorema di divisione, si ha che k = rh con r : U R dierenziabile
mai nulla in U anzi strettamente positiva perch`e h, k sono entrambe negative
su U.
Confrontiamo gli hessiani di h, k ; calcoliamo prima su R
n
:
- k/x
i
= r/x
i
+rh/x
i
-
2
k/x
i
x
j
= (
2
r/x
i
x
j
)h + (r/x
i
)(h/x
j
) +
+ (r/x
j
)(h/x
i
) +r(
2
h/x
i
x
j
)
Calcolando in x
0
si ha h = 0 , quindi il primo addendo del secondo membro si
annulla. Vediamo poi che calcolando lhessiano di k su un vettore v T()
x
0
,
anche il secondo e terzo addendo si annullano , cosicch`e solo il quarto membro
rimane e quindi 1(k)(x
0
) = r(x
0
)1(h)(x
0
) ove r(x
0
) ,= 0.
Infatti la matrice data da secondo e terzo membro si pu`o scrivere:
(r)(h)

+ (h)(r)

(M

indica la trasposta della matrice M).


Il suo valore su un vettore v R
n
`e dato da v

(r)(h)

v +v

(h)(r)

v ed
essendo lequazione di T()
x
0
esattamente v

(h) = 0 od anche (h)

v = 0 ,
tale espressione si annulla per v T()
x
0
.
Nota Si pu`o dare la seguente caratterizzazione della segnatura (a, b, c) di un
dominio liscio in un suo punto x
0
del bordo:
Sia H R
n
uno spazio ane ; diremo che esso `e tangente a X in x
0
se x
0

H e se la direzione di H (unico sottospazio di R
n
di cui H `e un traslato) `e
contenuto in T()
x
0
. Un tale H `e detto tangente internamente (risp. tangente
esternamente) a X in x
0
se `e tangente nel senso precisato sopra ed esiste > 0
19
tale che H

= v H : 0 < |v x
0
| < (risp. contenuto nella parte
esterna di ).
Considerando la restrizione della funzione h ad H si vede facilmente che
a max dim. dei sottospazi ani tangenti esternamente ad in x
0
a + c
e b `e riferito analogamente alle possibili dimensioni degli spazi ani tangenti
internamente. Ne segue che se lhessiano `e non degenere, ossia c = 0, allora a e
b misurano esattamente tali dimensioni.
Def. Un aperto fortemente convesso in R
n
`e un dominio a frontiera dierenzia-
bile connesso ed avente segnatura (n 1, 0, 0) in ogni punto del bordo.
Proposizione 23 Un aperto fortemente convesso in R
n
`e convesso.
Dim. Siano x
0
, x
1
; dobbiamo mostrare che [x
0
, x
1
] . Essendo
connesso , esiste una curva : [0, 1] con (0) = x
0
, (1) = x
1
. Sia
= t [0, 1] : [x
0
, (t)] , . Tale `e chiaramente un chiuso in [0, 1] ,
quindi se non vuoto ha un primo elemento t
0
. E facile convincersi che allora
la retta H per x
0
, (t
0
) `e tangente internamente a in qualche suo punto x .
Ma allora la segnatura di in x , dovrebbe avere b +c > 0 contro lipotesi.
Nota : La segnatura di un dominio a frontiera dierenziabile R
n
non
cambia, cambiando linearmente le coordinate di R
n
; tale nozione `e quindi
trasportabile su uno spazio vettoriale (o ane ) qualsiasi.
Se invece `e ssato su R
n
un prodotto scalare denito positivo, imponendo
allequazione locale f per la frontiera di di avere nel punto x
0
gradiente
di modulo uno, (ossia che (f/x
1
)
2
+ ... + (f/x
n
)
2
= 1), allora non solo la
segnatura di 1(f) (sulliperpiano tangente a ) non dipende dalla particolare
f ma saranno invarianti anche gli elementi che appaiono nella diagonalizzazione
di essa su una base ortonormale.
Teoremi tipo Jordan
Un sottoinsieme di R
2
che sia omeomorfo alla 1sfera unitaria S
1
`e detto un
curva semplice di Jordan. Vi sono vari risultati che vengono detti teorema di
Jordan tutti abbastanza dicili da dimostrare se non si fanno ipotesi sul tipo
di omeomorsmo tra ed S
1
. Noi esamineremo solo situazioni semplicate,
supponendo che tale omeomorsmo sia dierenziabile (basterebbe C
1
a tratti)
oppure che sia un poligono (vedi la denizione nel seguito).
Il pi` u semplice di tali enuciati `e il seguente:
- R
2
`e unione di due aperti connessi disgiunti, uno dei quali `e limitato
Il pi` u completo dice invece:
- la coppia (R
2
, ) `e omeomorfa alla copia (R
2
, S
1
) : ossia esiste un omeomor-
smo h di R
2
in se stesso (che pu`o essere scelto coincidere con lidentit`a fuori
di un compatto) tale che h(S
1
) = .
Un corollario di questo secondo enunciato che serve in diverse altre considera-
zioni `e che la componente limitata di R
2
che `e limitata `e omeomorfa ad una
2palla aperta, in particolare `e semplicemente connessa.
20
Vedremo anche che alcuni di questi risultati si estendono a situazioni di dimen-
sone superiore e/o pi` u generali, mentre altri no.
Lemma 24 Sia X una ipersupercie in una variet`a dierenziabile M. Ogni
x
0
X ha un intorno aperto U tale che U X consiste di due componenti
connesse la chiusura di ognuna delle quali contiene X U
Dim. Esiste un sistema di coordinate locali in x
0
in cui un intorno di x
0
in
M diviene una palla aperta in R
n
e la parte di X contenuta in essa diviene
linsieme dei punti ove la prima coordinata `e nulla.
Proposizione 25 Siano R
n
un aperto connesso ed X una sottovariet`a
dierenziable non vuota e connessa di dimensione n 1. Anche X abbia su
una equazione di denizione globale f : R `e necessario e suciente
che X sia un aperto sconnesso. In tal caso X ha esattamente due
componenti connesse
Dim. Cha la condizione sia necessaria `e facile: se X ha una equazione f allora X
`e un chiuso (perche luogo di zeri di f che `e continua) e quindi X `e un aperto;
inoltre in tal caso X `e unione degli aperti f
1
(, 0[) e f
1
]0, [), che
sono disgiunti ed entrambi non vuoti (ogni punto di X `e aderente ad entrambi).
Viceversa supponiamo che X sia chiuso e che X sia sconnesso e mostriamo
per prima cosa che allora ha esattamente due componenti connesse. Ed infatti
consideriamo una componente connessa A di X. Essa `e un aperto in X
e quindi anche in : non pu`o essere un chiuso di , altrimenti sarebbe
sconnesso, quindi

A X `e un chiuso non vuoto di X: per il lemma precedente
esso `e anche un aperto di X ed essendo X connesso deve coincidere con X.
Quindi la chiusura di ogni componente connessa di X contiene X: per il
precedente lemma tali componenti non possono essere pi` u di due.
Supponiamo quindi che X sia costituito da due componenti connesse che
indicheremo con A e B. Una equazione per X su X `e data dalla funzione f
0
che vale 1 su A e 1 su B. Per ogni x si scelga una palla aperta U
x
di centro
x sulla quale X abbia una equazione di denizione f
x
; possiamo evidentemente
supporre che f
x
sia positiva nei punti di U
x
che stanno in A e negativa su quelli
che stanno in B.
Esistono quindi su un ricoprimento aperto (U
i
)
iI
di , che possiamo supporre
localmente nito, equazioni di denizione f
i
: U
i
R per X U
i
che a due a
due concordano in segno; rincollandole con una partizione dellunit`a (come fatto
per il caso = R
n
) si ottiene una equazione per X su
Osservazione La precedente proposizione vale pi` u in generale se `e una sotto-
variet`a di un R
N
(identica dimostrazione).
Corollario 26 Il complementare di una ipersupercie connessa X R
n
ha
esattamente due componenti connesse.
Dim. Sappiamo che essa ha una equazione su R
n
; la tesi segue allora dalla
precedente proposizione.
Nel corollario precedente, se X `e supposta anche compatta, essa `e contenuta nel
21
complementare di un disco di centro lorigine e raggio sucientemente alto; ne
segue che una sola delle due componenti connesse di R
n
X `e limitata: essa
sar`a detta linterno di X mentre laltra lesterno.
Proposizione 27 Linterno di una variet`a dierenziable X R
2
di dimen-
sione 1 che sia compatta e connessa `e semplicemente connesso
Utilizzeremo il seguente lemma che verr`a dimostrato nel paragrafo seguente:
Lemma 28 Esiste una funzione lineare f : R
2
R la cui restrizione ad X ha
solo punti critici non degeneri (ossia, utilizzando una coordinata locale t su X,
in ogni punti di X ove df/dt `e nulla la derivata seconda d
2
f/dt
2
`e diversa da
zero)
Dim. (della prop.11) Possiamo prendere f come la seconda coordinata di R
2
.
Per ogni R sia

linsieme aperto dei punti interni ad X in cui y < . Tale

`e vuoto per << 1 e coincide con linterno di X per >> 1. Mostreremo


per ogni che sia un valore regolare per la restrizione di y ad X, tale

ha
un numero nito di componenti connesse ognuna delle quali `e semplicemente
connessa.
I punti critici di su X sono quelli in cui la tangente ad X `e orizzontale. In
ognuno di essi la X `e rappresentabile come graco di una funzione y = f(x)
allintorno di un punto x
0
ove f

(x
0
) = 0 ma f

(x
0
) ,= 0. Distinguiamo quattro
casi possibili, a seconda che x
0
sia di massimo o minimo per f e che linterno
sia localmente sopra o sotto il suo graco. Il tipo di omeomorsmo di

non
cambia se non attraversa qualche valore critico, ossia i cambiamenti del suo
tipo di omeomorsmo avvengono solo al passaggio dei valori critici che, come i
punti critici, sono in numero nito, perche isolati in una X compatta. Passando
per un punto (di massimo o di minimo) in cui linterno di X st`a localmente
sotto il graco, il tipo di omeomorsmo di

non cambia. Se localmente


linterno st`a sopra il gaco si ha laggiunta di una nuova componente connessa
contrattile se il punto `e di minimo; se `e di massimo, prima del passaggio si
hanno localmente due componenti connesse di

che vengono congiunte. Per


dimostrare quanto asserito sopra, basta assicurare che tali componenti locali
appartengono a componenti connesse diverse di

; ed infatti in caso contrario,


congiungendo due punti di tali componenti locali con una curva in

ove y `e
inferiore al valore critico e congiungendoli anche con una curva interna ad X
ove y `e maggiore del valore critico, si avrebbe una curva chiusa disgiunta da
X al cui interno starebbe parte di X mentre unaltra parte starebbe fuori e ci`o
contraddirebbe il fatto che X `e connessa.
Mappa di Gauss e suo grado
Sia X una variet`a di dimensione 1 in R
2
, che supporremo orientata. In ogni suo
punto x sono deniti il suo versore tangente T(x) (lunico vettore tangente di
modulo uno orientato positivamente) ed il versore normale N(x), denito come
lunico vettore di modulo uno che `e ortogonale a T(x) e tale che (T(x), N(x))
costituisca una base positiva per R
2
. Lapplicazione X x N(x) S
1
`e
detta mappa di Gauss di X. Se X `e dieomorfa ad S
1
scelti punti base x
0
X
e N(x
0
) S
1
, lomomorsmo tra gruppi fondamentali associato allapplicazione
N `e un omomorsmo di Z in Z , quindi la moltiplicazione per un intero d: esso
viene detto il grado della mappa di Gauss.
22
Proposizione 29 Il grado della mappa di Gauss per una X R
2
dieomorfa
a S
1
vale 1. Precisamente essa vale +1 se e solo se lorientazione scelta su X
`e tale che la normale punti allinterno di X
Dim. Dalla dimostrazione della proposizione 11 si ricava che il numero dei punti
di X in cui si ha la nascita di una componente connessa `e uno di pi` u di quelli
in cui si ha la diminuzione di una componente connessa. Tali punti sono quelli
in cui la mappa di Gauss ha valore (0, 1) e rispettivamente quelli in cui la
mappa di Gauss conserva o inverte le orientazioni di dominio e codominio.
La dimostrazione sar`a conseguenza di quanto discuteremo qui di seguito.
Sia : X Y una applicazione tra variet`a dierenziabili della stessa dimen-
sione n che siano orientate e sia x
0
X. Supponiamo che x
0
sia un punto
regolare per ; diremo che in x
0
si conserva lorientazione se il dierenziale
d(x
0
) porta basi positive per T
x
0
(X) in basi positive per T
(x
0
)
(Y ), altrimenti
diremo che in x
0
lorientazione viene invertita.
Se `e propria ed y
0
Y `e un suo valore regolare, la cardinalit`a di
1
(0) `e nita
(`e un compatto fatto di punti isolati); possiamo quindi calcolare la dierenza
tra il numero dei punti di
1
(y
0
) in cui si conserva lorientazione e quelli in cui
lorientazione viene invertita. In questo modo si ottiene una funzione a valori
interi sullaperto di Y costituito dai valori regolari di . Si pu`o dimostrare
che:
- `e un aperto denso (lo dimostreremo tra poco)
- (y
0
) = (y
1
) se y
0
e y
1
sono valori regolari per che appartengono alla stessa
componente connessa di Y e tale intero rimane invariato al variare di per
omotopia (lo dimostreremo tra poco nel caso di curve (n = 1) e nel caso di
superci (n = 2), dando indicazioni della dimostrazione per n > 2.
Sia : S
1
S
1
una applicazione continua. Scelto un punto base s
0
S
1
sia
s
1
= (s
0
). Si ha quindi un omomorsmo

:
1
(S
1
, s
0
)
1
(S
1
, s
1
). Essendo
tali gruppi fondamentali isomor a Z, lomomorsmo

sar`a la moltiplicazione
per un intero d che viene detto grado intero di (omomorsmo

rimane
invariato cambiando il punto base s
0
perche i gruppi fondamenali in gioco sono
abeliani, quindi il grado non dipende dalla scelta di s
0
).
Proposizione 30 Supponiamo che sia dierenziabile e che y
0
sia un suo
valore regolare. Allora il grado intero di coincide con la dierenza tra il
numero dei punti di
1
(y
0
) in cui lorientazione viene conservata ed il numero
di quelli in cui viene invertita.
Dim. I punti di
1
(y
0
) sconnettono S
1
in un numero nito di archi connessi
e `e omotopa al prodotto dei cammini di S
1
su ciascuno di tali intervalli. La
dimostrazione `e conclusa con considerazioni omotopiche elementari.
Resta da dimostrare lesistenza di valori regolari per applicazioni dierenziabili.
Un plurirettangolo R in R
n
`e un prodotto cartesiano di n intervalli limitati in R;
il prodotto delle lunghezze dei fattori `e la misura di R ed `e indicato con (R).
Un sottoinsie H di R
n
`e detto avere misura di Lebesgue zero e scriveremo allora
(H) = 0, se per ogni > 0 esiste una famiglia numerabile (R
n
)
nN
di pluriret-
tangoli in R
n
la cui unione contiene H e tali che

nN
(R
n
) < .
Supporremo noti i seguenti fatti (la cui dimostrazione `e comunque abbastanza
23
facile e probabilmente nota dai corsi di Analisi).
- se (H) = 0 allora H `e privo di parte interna
- lunione di una famiglia numerabile di insiemi di misura zero ha misura zero
- se f :
1

2
`e una applicazione dierenziabile tra aperti di R
n
ed H
1
ha misura zero, allora f(H) ha misura zero.
- un insieme compatto `e di misura nulla se e solo se per ogni > 0 esso `e
contenuto in un aperto avente area (di Jordan-Riemann) minore di .
Queste propriet`a permettono di denire insiemi di misura zero in una variet`a
dierenziabile: sono quei sottoinsiemi che letti localmente tramite sistemi di
coordinate sono di misura zero in R
n
.
Il seguente teorema, di cui dimostreremo solo dei casi particolari, `e detto lemma
di Sard
Teorema 31 Sia : X Y una applicazione dierenziabile tra variet`a. Allora
linsieme dei suoi valori critici `e un insieme di misura zero in Y
Dim. Verr`a svolta solo nel caso che dim(X) = dim(Y ). Sar`a suciente esami-
nare il caso che X ed Y siano aperti di R
n
. Baster`a mostrare che se `e linsieme
dei punti critici di ed R `e un plurirettangolo chiuso in X, allora ( R) ha
misura zero. Ci`o si dimostra esprimendo R come unione di un numero nito
di plurirettangoli ognuno di diametro abbastanza piccolo in modo che nei punti
di quelli che intersecano il determinante del dierenziale di (detto il suo
jacobiano) sia pi` u piccolo di una costante pressata : in tal modo ognuno
dei plurirettangoli che intersecano ha una immagine per contenuta in un
aperto che ha area al pi` u volte la sua area. Ne segue che (R) `e contenuto
in un aperto che ha misura al pi` u (R).
Corollario 32 (Lemma di Sard nel caso dim(X) < dim(Y ))
Se : X Y `e una applicazione dierenziabile tra variet`a X ed Y aventi
dimensioni risp. n ed n +p con p > 0, (X) ha misura di Lebesgue zero in Y
Dim. Si consideri lapplicazione XR
p
(x, t) (x) Y e si osservi che tutti
i punti delimmagine sono valori critici. Oppure, senza ricorrere al precedente
teorema, si noti che X 0 ha misura zero in X R
p
.
Hessiano di funzioni dierenziabili su variet`a
Sia X R
N
una variet`a dierenziable di dimensione n e siano x
0
X ed
f : X R dierenziabile. Abbiamo denito uno spazio vettoriale T
x
0
(X) detto
spazio tangente ad X in x
0
che approssima X ed una applicazione lineare
d(x
0
) : T
x
0
(X) R che approssima la f in x
0
(in realt`a approssima f(x)
f(x
0
)). Se `e un aperto contenente 0 in R
n
e : X `e un dieomorsmo
tra ed un aperto in X tale che (0) = x
0
(ossia se `e una parametrizzazione
locale di X in x
0
) allora d(x
0
) : R
n
R
N
d`a un isomorsmo tra R
n
e
T
x
0
(X) e tramite esso il dierenziale df(x
0
) si legge come il dierenziale di f
in 0 R
n
. Ci`o non accade in generale per lhessiano ne per i termini di ordine
superiore dello sviluppo du Taylor. Quel che voglio dire `e che se si legge la
funzione f tramite la e si considera il suo sviluppo di Taylor di un ordine p
su R
n
, trasportando questo su T
x
0
(X) si ottiene qualcosa che in generale non `e
indipendente dalla parametrizzazione utilizzata. Ad esempio le funzioni di R
in se nel punto 0 date da t t +t
2
per R possono essere considerate tutte
24
letture della stessa funzione reale su una variet`a di dimensione 1, ma lhessiano
di esse (ossia la derivata seconda) `e negativa, nulla o positiva a seconda del segno
di . In altri termini cambiando sistema di coordinate locali, i polinomi omogenei
che danno lo sviluppo di Taylor di una funzione non cambiano linearmente
(si ricordi che un polinomio omogeneo di grado p `e la contrazione di una forma
plineare sullo spazio vettoriale): tale variazione `e per`o lineare (e d`a quindi un
oggetto intrinseco sullo spazio tangente di una variet`a) se tutti i termini di grado
inferiore nello sviluppo di Taylor (salvo al pi` u quello di grado zero) sono nulli.
Cos` lhessiano di una funzione dierenziabile su una variet`a `e una ben denita
forma quadratica sullo spazio tangente nei punti che sono critici per la funzione.
Un punto critico verr`a detto non degenere se tale `e il suo hessiano: il lemma
di Morse trattato avanti dice che in tal caso esiste un sistema di coordinate
nel quale la funzione viene trasformata in una costante (il valore che assume nel
punto) pi` u un polinomio omogeneo di grado due (e precisamente il suo hessiano).
Sia X R
n+1
una ipersupercie (sottovariet`a di dimensione n) chiusa.
Proposizione 33 Esiste una funzione lineare su R
n+1
la cui restrizione ad X
ha punti critici tutti non degeneri
Dim. Esiste una equazione di denizione per X su R
n+1
; dividendo tale funzione
per il modulo del suo gradiente sullaperto U ove questo non si annulla si ottiene
una equazione di denizione f : U X per X tale che [f(x)[ = 1 per x X.
Quindi f : X S
n
`e una mappa di Gauss per X. Scegliamo v S
n
tale
che lui e v siano valori regolari per f. La funzione lineare L : R
n+1
R
denita da L(x) =< v, x > ha le propriet`a richieste nellenunciato. Infatti i
punti critici di essa sono quelli in cui lo spazio tangente ad X `e lortogonale a
v, che coincidono quindi con lunione delle bre su v e v; inoltre una verica
diretta mostra che in tali punti, lhessiano di L (ristretta ad X) `e esprimibile
con la stessa matrice che d`a lo jacobiano della mappa di Gauss.
Lunghezza di una curva
Una suddivisione di un intervallo [a, b] R `e una successione nita di numeri
reali d = (x
0
, x
1
, ..., x
n
) tale che a = x
0
< x
1
< ... < x
n
= b.
Se : [a, b] X `e una applicazione continua in uno spazio metrico X, per ogni
suddivisione d = (x
0
, ..., x
n
) di [a, b] poniamo L(d) =

n
1
d(x
i1
, x
i
).
Diremo che il cammino ha lunghezza nita se tali L(d) hanno un estremo
superiore L R; in tal caso tale L `e detto la lunghezza di e sar`a indicata con
L().
Osservazione. Si noti che se

d = (y
0
, ..., y
m
) `e una suddivisione di [a, b] pi` u ne
di d = (x
0
, ..., x
n
) (ossia se x
0
, ..., x
n
y
0
, ..., y
m
) allora L(

d) L(d).
Proposizione 34 Se : [a, b] R
n
`e un cammino con derivata continua allora
esso ha lunghezza nita ed `e: L() =
_
b
a
[[

(t)[[dt
Dim. Esiste continua su = (t, h) R
2
: t, t +h [a, b] per cui:
() (t +h) (t) = (t, h) h
(stessa dimostrazione fatta nel caso di applicazioni dierenziabili innite volte:
il primo membro si annulla per h = 0 quindi `e divisibile per h).
25
Se d = (x
0
, ..., x
n
) `e una suddivisione di [a, b] si ha:
L(d) =
n

1
[[(x
i
) (x
i1
[[ =
n

1
[[(x
i1
, x
i
x
i1
)(x
i
x
i1
)[[ M (b a)
ove M `e il massimo di su (che `e compatto): quindi le L(d) sono superior-
mente limitate.
Si ha poi: (t, h) =

(t) + R(t, h) ove R(t, h) va a zero uniformemente per h
che va a zero (uniforme continuit`a sul compatto ). Quindi:
L(d) =
n

1
[[

(x
i1
) (x
i
x
i1
) +R(x
i1
, x
i
x
i1
)(x
i
x
i1
)[[
Ne segue che L(d) dista dalla somma di Riemann

n
1
[[

(x
i1
)[[(x
i
x
i1
) che
approssima
_
b
a
[[

(t)[[dt di al pi` u

n
1
[[R(x
i1
, x
i
x
i1
)[[(x
i
x
i1
) che `e infe-
riore ad un pressato per ogni suddivisione in cui ogni x
i
x
i1
`e abbastanza
piccolo.
Una applicazione dierenziabile : I V ove I `e un intervallo aperto in R e
V `e uno spazio vettoriale (reale) sar`a chiamata arco dierenziabile in V .
Anche la sua velocit`a (t) =
d
dt
((t)) e la sua accelerazione (t) =
d
2
dt
2
((t))
saranno archi dierenziabili deniti su I.
Se per t
0
I si ha (t
0
) ,= 0 , la retta di V avente parametrizzazione
t t (t
0
)+(t
0
) approssimer`a (in un senso ovvio che comunque sar`a precisato
pi` u avanti) la curva per t vicino a t
0
. In certi casi (come ad esempio per la
cuspide (t) = (t
2
, t
3
)), anche nei punti ove (t
0
) = 0 si pu`o scegliere tra le
rette per (t
0
) una che approssima meglio di tutte le altre larco ed ottenere
in ogni punto dellarco una retta tangente variante con continuit`a.
Ci`o non `e per`o sempre possibile. Sia ad esempio : R R una funzione dif-
ferenziabile identicamente nulla su ] , 0] e con derivata positiva su ]0, +[
e si consideri larco : R R
2
denito da:
(t) = ((t), 0) per t 0 e (t) = (0, (t)) per t 0
Tale `e dierenziabile ma cambia bruscamente direzione nellorigine: nessuna
denizione sensata di retta tangente per t = 0 `e evidentemente possibile.
In modo analogo, se la dimensione di V `e almeno tre, cercheremo di scegliere in
ogni punto dellarco un piano che localmente lo approssima nel modo migliore;
troveremo che in ogni punto t
0
I in cui (t) e (t)
sono linearmente indipendenti tale piano `e quello parametrizzato da:
R
2
(, ) (t
0
) + (t
0
) + (t
0
)
Nessuna tale scelta `e in genere possibile nei punti ove velocit`a ed accelera-
zione sono linearmente dipendenti, anche se la velocit`a `e non nulla (circostanza
questultima in cui larco viene detto regolare). Ad esempio larco:
R t (t, (t), (t))
ove `e come sopra, `e contenuta per t positivo nello spazio delle prime due co-
ordinate e per t negativo nello spazio della prima e terza coordinata e quindi il
26
piano approssimante larco cambia bruscamente passando per lorigine.
Si noti inoltre che questarco ha in ogni punto la derivata terza linearmente
dipendente dalle prime due: ci si potrebbe attendere che larco allora giaccia
tutto su un piano ma ci`o non accade. Evidentemente un tale fenomeno non pu`o
accadere per archi analitici. Lanaliticit`a `e comunque una condizione troppo
restrittiva: se da un lato le curve analitiche sono un insieme denso in ogni
topologia ragionevole sullo spazio delle curve dierenziabili, esse non possono
per`o mai costituire un insieme aperto.
Introdurremo una classe di archi dierenziabili in R
n
che si comportano bene
(ad esempio nel senso che hanno piani approssimanti che variano in modo dif-
ferenziabile) e che per una topologia ragionevole sullo spazio di tutte le curve
dierenziabili costituiscono non solo un aperto denso ma addirittura il comple-
mentare di un insieme di codimensione innita in un senso che non preciseremo
ma che grosso modo dice che ogni famiglia di archi dipendente da un numero
nito di parametri pu`o essere deformata di poco quanto si vuole in modo da
ottenerne una composta solamente di archi di tale tipo.
Ordini di contatto tra sottovariet`a
Diremo che una funzione f : R
n
R si annulla dordine p in 0 se si ha che
lim
x0
f(x)/[[x[[
p1
= 0. E chiaro che tale nozione non dipende dal sistema
di coordinate utilizzato in R
n
e pu`o quindi essere trasportata su una variet`a
dierenziabile qualsiasi. Se f `e dierenziabile essa si annulla dordine p se e solo
se il suo sviluppo di Taylor ha nulli tutti i termini di grado minore di p.
Siano , due sottovariet`a dierenziabili di X e siano x
0
e p un
intero positivo. Diremo che ha un contatto dordine (almeno) p con in x
0
od anche che contiene in x
0
allordine p se per ogni funzione dierenziabile
f denita in un intorno di x
0
in X e la cui restrizione a ha in x
0
uno zero
dordine p + 1 , anche la restrizione di f a ha in x
0
uno zero dordine p + 1.
Si dimostrano facilmente le propriet`a suguenti:
1. Se allora contiene in ogni x
0
per qualsiasi ordine.
2. contiene dordine 1 in un punto x
0
se e solo se T()
x
0
T()
x
0
.
In particolare dim() dim() se contiene di un ordine 1 in qualche
punto.
3. Se e sono sottospazi ani in R
n
ed esiste x
0
in cui contiene
dordine 1 , allora .
4. E evidente la propriet`a transitiva della relazione di contenere allordine
p sullinsieme di tutte le sottovariet`a di X che passano per un punto x
0
; tale
relazione `e anche simmetrica (ed `e quindi una relazione di equivalenza) se ci
restringiamo a sottovariet`a della stessa dimensione (lo si verichi rappresen-
tandole localmente entrambi come graci di applicazioni rispetto ad una stessa
decomposizione di R
n
).
Se dim = dim ed una delle due contiene laltra in x
0
di un ordine p , diremo
allora che esse hanno un contatto dordine p in x
0
.
5. Siano R
n
un aperto e : R
N
un dieomorsmo tra e una
sottovariet`a X = () di R
N
. Per t
0
e p N , lo sviluppo di Taylor di
ordine p di `e una eguaglianza (t) =
(p)
+ R ove
(p)
`e una applicazione
polinomiale di grado p ed R verica la condizione lim
tt
0
R(t)/([[t t
0
[[)
p
= 0.
Lapplicazione
(p)
ha dierenziale iniettivo in t = t
0
, quindi la sua restrizione
ad un intorno sucientemente piccolo U di t
0
, induce un dieomorsmo tra U
27
ed una sottovariet`a

X = (U) di R
N
. Allora X ed

X hanno in x
0
= (t
0
) un
contatto dordine p.
6. Siano , sottovariet`a di X passanti per x
0
e sia p 1 un intero. Allora
contiene allordine p in x
0
se e solo se per ogni :] , [ dierenziabile
con (0) = x
0
ed ogni f : R dierenziabile su un aperto contenente x
0
e tale che f
|
0 , si ha che f :] , [R si annulla in zero assieme alle
prime p derivate.
7. Siano X una sottovariet`a ed x
0
. Una funzione dierenziabile
su X allintorno di x
0
`e nulla dordine p su in x
0
se e solo se `e somma di una
funzione identicamente nulla su e di una che si annulla dordine p su X in x
0
(localmente si pu`o supporre che = R
a
0 R
a
R
b
; ogni funzione f(x, y)
si pu`o scrivere come f(x, 0) +g(x, y) y quindi...)
Ne segue che una sottovariet`a contiene allordine p una sottovariet`a in un
punto x
0
se e solo se ogni funzione dierenziabile su X allintorno di x
0
ed
identicamente nulla su , si annulla dordine p + 1 su in x
0
.
8. In R
n
una sottovariet`a ne contiene unaltra allordine p in un punto
x
0
se e solo se per x , la distanza da `e un innitesimo di ordine superiore
della potenza pesima della distanza da x
0
; ossia il rapporto d(x, )/d(x, x
0
)
p
va a zero per x che tende ad x
0
in . (Utilizzando un intorno tubolare di
si esprima d(x, ) nella forma (g
2
1
+ + g
2
r
)
1/2
ove le g
i
sono dierenziabili e
identicamente nulle su e si applichi il punto 7)
9. Una sottovariet`a chiusa in R
n
che abbia in ogni punto un contatto dordine
almeno due con il proprio spazio tangente in tale punto `e un sottospazio ane
se `e connessa.
Nota Le nozioni di contatto sopra denite si possono estendere al seguente con-
testo pi` u generale: sia una sottovariet`a dierenziabile di X ; una applicazione
dierenziabile : X `e detta contenuta allordine p in nel punto x
0

se (x
0
) = y
0
e se per ogni funzione dierenziabile f allintorno di y
0
in X
che sia nulla dordine p su , la funzione f `e nulla dordine p in x
0
; si
verica facilmente che se ha in x
0
dierenziale iniettivo e denisce quindi un
dieomorsmo tra un qualche intorno di x
0
in ed una sottovariet`a

di X,
ci`o accade se e solo se

`e contenuta allordine p in .
Nel seguito saremo particolarmente interessati ad archi regolari, cio`e archi aventi
velocit`a mai nulla e spesso identicheremo due tali archi se ottenibili luno
dallaltro per riparametrizzazione del dominio; in tal caso (localmente, o per
applicazioni iniettive anche globalmente) saremo quindi interessati allimmagine
dellarco e quindi ad una variet`a di dimensione uno (eventualmente orientata)
cui ci riferiremo col termine curva.
3. Archi coerenti e sistemi di Frenet
Siano R un intervallo aperto ed : V un arco dierenziabile in uno
spazio vettoriale reale V .
Per t ed r intero positivo, consideriamo il sottospazio vettoriale V
r
(t) gen-
erato in V dalle prime r derivate
(1)
(t), . . . ,
(r)
(t) di in t. Lunione di tali
(V
r
(t))
r1
sar`a indicato con V (t) e detto lo spazio generato da in t.
Diremo rango di in t la dimensione di V (t); il minimo di tali interi sar`a
detto il rango dellarco. Un arco `e coerente se la dimensione di V (t) `e un intero
non dipendente da t e quindi coincide col suo rango.
Ogni arco analitico `e coerente. Infatti sia t
0
e sia W(t
0
) un supplementare
28
di V (t
0
) in V . Si avr`a (t) = (v(t), w(t)) con v(t) , w(t) archi analitici in V (t
0
)
e W(t
0
) rispettivamente. Dalla denizione di V (t
0
) deriva che w(t) ha tutte le
derivate nulle in t
0
ed essendo analitico `e quindi costante; in altri termini larco
`e contenuto in un translato di V (t
0
). Se ne deduce che per t
1
qualsiasi
si avr`a V (t
1
) = V (t
0
). Quindi non solo un arco analitico `e coerente, ma il suo
rango `e la dimensione del minimo sottospazio ane di V che lo contiene. Ve-
dremo pi` u avanti che gli archi coerenti si comportano nello stesso modo.
Larco (t, (t), (t)) descritto nel paragrafo 1. non `e coerente: la dimensione
di V (t) `e sempre 2 salvo che nellorigine ove `e 1.
La condizione di essere coerente `e fortemente generica nel senso che in ogni
topologia ragionevole su uno spazio di archi, non solo quelle coerenti costitui-
scono un aperto denso ma per di pi` u quelle che non lo sono costituiscono un
sottoinsieme di codimensione innita; ossia vicino ad ogni famiglia di archi il
cui spazio dei parametri sia un compatto di dimensione nita, ve ne `e una fatta
tutta di archi coerenti.
Siano un intervallo aperto in R e f : V un arco nello spazio vettoriale V .
Se p `e un intero positivo e t , chiameremo sistema di Frenet di ordine p per
f in t, ogni successione V
1
(t) V
p
(t) di sottospazi vettoriali di V tali che
per p r 1, il sottospazio V
r
(t) abbia dimensione r e contatto di ordine r con
larco nel punto f(t); questultima condizione equivale alla seguente: V
r
contiene
f
(1)
(t), . . . , f
(r)
(t). Quindi se in t le prime r derivate di f sono linearmente
indipendenti, V
r
non pu`o che essere lo spazio generato da esse. Ma se in t
tali derivate sono linearmente dipendenti, si avranno inniti sistemi di Frenet
possibili. Mostriamo ora che se f ha rango almeno p esiste un modo naturale per
selezionare in ogni caso un sistema di Frenet F
1
(t), . . . , F
p
(t) che chiameremo
osculatore; precisamente indicando come avanti con V
r
(t) il sottospazio di V
generato dalle prime r derivate di f, scegliamo F
1
(t) come il primo dei V
i
che
non sia nullo, con F
2
(t) il primo dei V
i
(t) che sia diverso da F
1
(t) e cos` via sino
ad F
p
(t). Equivalentemente per 1 r p scegliamo come F
r
(t) il sottospazio
di V di dimensione r che ha massimo contatto possibile con larco nel punto
f(t).
Nota. Se su V `e ssato un prodotto scalare denito positivo, per ogni succes-
sione F
1
F
2
... F
p
di sottospazi vettoriali con dim(F
i
) = i si possono
determinare p vettori e
1
, . . . , e
p
ortonormali e tali che (e
1
, . . . , e
r
) sia una base
di F
r
per r = 1, . . . , p ; essi saranno univocamente determinati a meno del segno.
Vogliamo ora studiare con quale regolarit`a dipendono da t i sottospazi
F
r
(t); evidentemente essi appartengono alla grassmaniana dei sottospazi di V
aventi dimensione r che `e una variet`a dierenziabile che indicheremo con ((r, V ).
Ricordiamo che una applicazione di una variet`a dierenziabile T in ((r, V )
`e dierenziabile se e solo se per ogni punto t
0
T esistono un suo intorno U
ed r applicazioni dierenziabili v
1
, . . . v
r
: U V i cui valori in ogni t U
diano una base di (t). Lo strumento base per questo studio sar`a il seguente
lemma ispirato alla cosiddetta regola di de lHopital ma che sembra invece sia
da attribuire a Johann Bernoulli.
Sia W uno spazio vettoriale su R e sia : W0 P(W) lapplicazione che
29
ad ogni vettore non nullo di W associa il sottospazio da esso generato in W.
Se F : W `e una applicazione dierenziabile da un aperto R contenente
lorigine in W , indicheremo con

F : F
1
(0) P(W) lapplicazione ottenuta
componendo la F con .
Lemma 35 (Regola di de lHopital) Supponiamo che F(0) = F
(1)
(0) =
= F
(p1)
(0) = 0 e che F
(p)
(0) ,= 0; allora 0 `e isolato in F
1
(0) e denendo

F(0) come il punto di P(W) individuato da F


(p)
(0), si ottiene una estenzione
dierenziabile di

F ad un intorno di 0
Dim. Lo sviluppo di Taylor di F d`a una eguaglianza F(t) =
t
p
p!
G(t) con
G : V dierenziabile e G(0) = F
(p)
(0) ,= 0.
In un intorno U di 0 si avr`a G ,= 0 e quindi F non si annulla su U 0.
Inoltre essendo F e G proporzionali, esse inducono la stessa applicazione di
U 0 in P(V ). Lestenzione di

F a tutto U `e cos` lapplicazione

G la quale
in 0 assume proprio il valore dichiarato nellenunciato.
Teorema 36 Siano R un intervallo aperto ed f : V dierenziabile di
rango almeno p. Allora linsieme dei t tali che (f
(1)
(t), . . . , f
(p)
(t)) non
sono linearmente indipendenti `e costituito da punti isolati. Inoltre lapplicazione
che associa a t il sottospazio F
p
(t) `e una applicazione dierenziabile di
nella grassmaniana ((p, V ).
Dim. Questa dimostrazione utilizza la nozione di algebra esterna di uno spazio
vettoriale che sar`a svolta nel seguito. La si legga per curve in R
3
; la linea di
dimostrazione nel caso generale `e la stessa.
La questione `e di natura locale ed esamineremo quindi cosa succede allintorno
di 0 . Intendiamo utilizzare il lemma precedente per lapplicazione F :

_
p
V = W denita da F(t) = f
(1)
(t) f
(p)
(t). Si devono quindi
calcolare le derivate successive di F in 0. Per 1 r p sia
r
il primo in-
tero n per il quale i sottospazi V
r
(0) e F
r
(0) coincidono; in altri termini
r
`e
denito induttivamente come il minimo intero n tale che f
(n)
(0) sia linearmente
indipendente da f
(
1
)
(0), . . . , f
(
r1
)
(0). La prima derivata non nulla di F `e
allora la qesima ove q =

p
1
(
i
i) ed essa vale un multiplo intero positivo m
di f
(
1
)
f
(
p
)
(0) (tale m rappresenta la cardinalit`a delle geodetiche da
(1, . . . , p) a (
1
, . . . ,
p
) nel grafo indotto su Z
p
dal semiordinamento prodotto
degli ordinamenti sui fattori).
Corollario 37 Siano R un intervallo aperto ed f : V un
arco coerente di rango r. Allora limmagine di f `e contenuta in un sottospazio
vettoriale W V di dimensione r
Dim Sia linsieme dei punti t in cui qualche F
i
(t) `e diverso da V
i
(t); per
il teorema precedente esso `e discreto in . Essendo le f
(i)
(t) per t ed
1 i r linearmente indipendenti, esistono a
1
, . . . a
r
: R dierenziabili
tali che:
f
(r+1)
(t) =
r

1
a
i
(t) f
(i)
(t)
30
Se h : V R `e un funzionale lineare, la funzione = h f soddisfa quindi
lequazione dierenziale lineare:

(r+1)
(t) =
r

1
a
i
(t)
(i)
(t)
Fissato t
0
in per ogni funzionale h nullo sulle f
(i)
(t
0
) per 1 i r,
la funzione h f coincide in conseguenza del teorema di unicit`a per le soluzioni
di equazioni dierenziali lineari, con la funzione costante f(t
0
) su tutta la com-
ponente connessa di che contiene t
0
. Si `e cos` ottenuto che per ogni
componente connessa J di limmagine di f `e contenuta in un sottospazio
vettoriale W
J
di V di dimensione r; essendo W
J
= F
r
(t) per ogni t J ed
essendo per il precedente teorema F
r
denito e continuo su tutto si ottiene
che tutti i W
J
coincidono con un W contenente tutta limmagine di f.
4. Formule di Frenet
Sia f : V un arco dierenziabile di rango almeno p in uno spazio V su
cui sia stato ssato un prodotto scalare denito positivo < , >. Come abbiamo
visto sopra un tale arco esso possiede un unico sistema di Frenet dordine p ;
sia esso costituito dagli spazi vettoriali V
1
(t) ... V
p
(t) V .
Chiameremo sistema di Frenet di ordine p per f la scelta di p funzioni dif-
ferenziabili e
1
, ..., e
p
: V tali che per t ed 1 h p il sistema
(e
1
(t), ..., e
h
(t)) sia una base ortonormale di V
h
(t). Utilizzando il processo di
ortonormalizzazione di Gram-Schmidt si dimostra facilmente lesistenza di un
tale sistema; `e anche ovvio che un tale sistema `e univocamente determinato
a meno di cambiamenti di segno. Sia linsieme dei punti di in cui le
derivate f
(1)
(t), ..., f
(p)
sono linearmente dipendenti; abbiamo visto che essendo
f di rango almeno p tale insieme `e discreto in . Per t i vettori
f
(1)
(t), ..., f
(h)
(t) costituiscono una base di V
h
(t). Se ne deduce che per tali t
la derivata e
h
(t) appartiene allo spazio V
h+1
(t); per continuit`a ci`o sar`a valido
anche per t . Per ogni 1 i p si avr`a quindi:
e
i
(t) = k
i1
(t)e
1
(t) +... +k
ii+1
(t)e
i+1
(t)
ove le k
rs
: R sono funzioni dierenziabili.
Ponendo k
ij
(t) = 0 per j > i + 1 si ottiene una matrice K(t) e la relazione
precedente pu`o essere scritta:
e(t) = K(t) e(t)
ove e(t) indica il vettore colonna di componenti e
1
(t), ..., e
p
(t).
Osservando ora che per ogni i, j il prodotto scalare < e
i
(t), e
j
(t) > `e costante
ed ha quindi derivata nulla si ottiene < e
i
(t), e
j
(t) > + < e
i
(t), e
j
(t) >= 0.
Se ne deduce che la matrice K `e antisimmetrica ed essendo anche k
ij
= 0 per
j > i + 1 si ottiene che gli unici elementi non nulli della matrice K sono i
k
i i+1
= k
i+1 i
= k
i
per i = 1, ..., p 1 , quantit`a che verrebbe voglia di
chiamare le curvature di f; ma tali quantit`a non dipendono solo dalla curva
orientata, ma dipendono dalla particolare parametrizzazione: quelle che sono
indipendenti dalla parametrizzazione sono i quozienti di essa per il modulo della
derivata prima. Siccome questa si pu`o annullare, sarebbe allora opportuno
31
denire curvatura di f la pupla (k
0
, k
1
, ..., k
p
) P
p1
ove k
0
`e il modulo
della derivata di f meglio ancora se dotata del segno + o a seconda che la
parametrizzazione rispetti oppure no lorientazione ssata per larco.
La relazione e(t) = K(t) e(t) equivale quindi alle seguenti relazioni:
e
1
= k
1
e
2
, . . . , e
i
= k
i1
e
i1
+k
i
e
i+1
, . . . , e
p
= k
p1
e
p1
che sono dette formule di Frenet.
5. La variet`a delle sfere generalizzate: I sistemi di Frenet sono costituiti
dai sottospazi lineari osculatori allarco ossia quelli che meglio lo approssimano.
Precisamente abbiamo visto che per un arco coerente (di rango almeno p), il
piano osculatore di dimensione p `e quello (unico) che fra tutti i sottospazi di
dimensione p ha il contatto pi` u alto con esso.
Seguiremo adesso la stessa procedura sostituendo ai ppiani le psfere e cer-
cando quella che meglio approssima larco. Nellattuazione di questo programma
non si incontrano problemi se nel punto dellarco che consideriamo le prime p
derivate sono linearmente indipendenti; ma avvicinandosi ad un punto in cui tali
derivate divengano dipendenti, la psfera oculatrice diviene sempre pi` u grande
degenerando quando si arriva nel punto ad un ppiano che poi risulter`a essere
proprio il ppiano osculatore. Ad esempio per un arco piano passando per
un esso, il cerchio osculatore (che viene detto cerchio di curvatura) diviene la
retta tangente passando da un lato dellarco allopposto per rimanere sempre
dalla parte in cui questo presenta la sua convessit`a. Per trattare la dipendenza
dierenziabile delle sfere osculatrici anche nei punti in cui esse degenerano in
piani, aggiungeremo alle psfere i sottospazi ani di dimensione p chiamandoli
entrambi psfere generalizzate; doteremo quindi la famiglia di tutte le psfere
generalizzate non solo di una topologia ma anche di una struttura di variet`a
dierenziabile dimostrando poi che, per un arco coerente, non solo le sfere os-
culatrici esistono in ogni punto (come sfere generalizzate) ma anche che variano
dierenziabilmente al variare del punto sullarco.
Sia quindi V uno spazio vettoriale su R di dimensione n su cui sia stato s-
sato un prodotto scalare denito positivo < , > e siano S = (x, t) V R :
[[x[[
2
+t
2
= 1 e N = (0, 1) S.
La proiezione stereograca di S da N `e lapplicazione : S N V denita
da ((y, t)) = y/(1 t); essa `e biunivoca anzi `e un dieomorsmo con inversa
: V S N denita da:
(x) = (
2x
[[x[[
2
+ 1
,
[[x[[
2
1
[[x[[
2
+ 1
)
Una sfera T (di codimensione uno) in S `e data dallintersezione di S con un
iperpiano ane H V R avente distanza inferiore ad uno dallorigine.
Tale H `e univocamente determinato da T ed avr`a una equazione:
H = (x, t) V R : t+ < a, x >=
ove (, a, ) P(R V R) verica (, a) ,= 0. La sua distanza d dallorigine
si calcola determinando lintersezione di H con la retta che congiunge in V R
lorigine col punto (a, ) . Si ottiene:
d
2
=

2

2
+[[a[[
2
32
Limmagine di T N in V tramite la proiezione stereograca, si determina
utilizzando lapplicazione e si trova :
(T N) = x V : 2 < a, x > +([[x[[
2
1) = ([[x[[
2
+ 1)
Si noti che T passa per N se e solo se = ; se ci`o accade lequazione precedente
diviene < a, x >= e si ha quindi un iperpiano ane in V ; altrimenti ,= 0
e lequazione diviene:
x V : [[x[[
2
+ 2 <
a

, x >=
+

che rappresenta lequazione della sfera in V di centro C = a/( ) e raggio:

[[a[[
2
+
2

2
(
2

2
)
Si identicano in questo modo linsieme delle sfere (di codimensione uno) di S
con linsieme delle sfere ed iperpiani in V ed entrambi con laperto dei (, a, )
P(R V R) tali che
2
<
2
+[[a[[
2
.
Consideriamo pi` u in generale le sfere in S di dimensione p con dim(S) p 1.
Esse coincidono con le intersezioni di S con sottospazi ani H di dimensione
p + 1 aventi distanza dallorigine minore di uno in V R; tali sfere sono cos`
identicate ai punti di un aperto della grassmanniana dei p + 1 piani ani in
V R. Per capire cosa divengono tali sfere se trasformate in V tramite la
proiezione stereograca, si rappresenti il sottospazio ane H come intersezione
di iperpiani in V R; allora la trasformata di H S viene rappresentata come
intersezione di sfere ed iperpiani che sar`a una sfera di dimensione p in V o un
sottospazio ane di dimensione p secondo che N stia o no nella sfera di partenza.
In questo modo dato uno spazio vettoriale V di dimensione n su R su cui sia
ssato un prodotto scalare denito positivo e ssato un intero p tra 1 ed n 1,
linsieme delle sfere di dimensione p in V unito allinsieme dei sottospazi ani di
dimensione p in V viene identicato ad un aperto connesso della grassmanniana
dei sottospazi ani di dimensione p + 1 in V R; in particolare esso `e dotato
in questo modo di una struttura di variet`a dierenziabile connessa che sar`a
indicata con o
p
(V ). I suoi elementi sono detti sfere generalizzate di dimensione
p in V .
6. Sfere osculatrici Sia ancora V uno spazio vettoriale reale dotato di un
prodotto scalare denito positivo < , > e sia f : V un arco dierenzia-
bile. Una applicazione : o
p
(V ) viene detta osculatrice all arco f se `e
dierenziabile e se per ogni t la psfera (t) ha nel punto f(t) un contatto
di ordine almeno p + 1 con larco f.
33
Curve piane
Teorema 38 Sia J un intervallo aperto in R e sia J t (t) R
2
un arco
regolare (ossia (t) ,= 0 su J). Se per ogni t [a, b] J la curvatura K di
verica K(t) ,= 0 e

K(t) 0, allora il cerchio osculatore in b `e strettamente
contenuto nell interno del cerchio osculatore in a
Dim. Sia (t) = (x(t), y(t)) parametrizzata per arco lunghezza; ossia x(t)
2
+
y(t)
2
= 1. Le formule di Frenet danno: x = K y e y = K x ove K `e la curvatura.
Se essa `e non nulla allora K
1
`e il raggio di curvatura e C = (x, y)+K
1
( y, x)
`e il centro del cerchio osculatore S.
Si ha:
c(t) = ( x
y K y

K
K
2
, y +
x K x

K
K
2
)
Utilizzando le formule di Frenet si ottiene:
c(t) = ( x x + y

K
K
2
, y y x

K
K
2
) =

K
K
2
( y, x)
Si ha quindi
[ c(t)[ =
[

K[
K
2
Supponiamo che per a t b sia t e

K(t) 0.
Si ha allora:
[C(a) C(b)[
_
b
a

K
K
2
dt =
1
K(a)

1
K(b)
ove il segno di eguaglianza vale se e solo se ( y, x) `e costante, ossia se larco `e
una retta. Ci`o signica che la distanza tra i centri dei cerchi osculatori in a e in
b pi` u il raggio di curvatura in b `e strettamente inferiore al raggio di curvatura
in b; ossia che il cerchio osculatore in b `e strettamente contenuto nel cerchio
osculatore in a.
Evolute
Sia R t (t) = (x(t), y(t)) R
2
dierenziabile di periodo L ed unitaria
ossia tale che x(t)
2
+ y(t)
2
= 1 per ogni t R. Supponiamo che K(t) sia non
nulla nellintervallo ]a, b[. Come sopra il centro di curvatura `e
c(t) = (x, y) +K
1
( y, x)
e la sua derivata:
c(t) =

K
K
2
( y, x)
Quindi la curva c(t) `e regolare per t [a, b] se

K(t) ,= 0 e la sua tangente
coincide con la normale a (t) nel punto t. Lorientazione di c(t) coincide con
quella della normale positiva a se e solo se

K(t) > 0 altimenti `e opposta.
Nei punti in cui

K = 0 la curva c non `e pi` u regolare, almeno con la parametriz-
zazione indotta dalla curva che la origina.
34
Supponiamo che sia una curva chiusa semplice a curvatura positiva in ogni
punto e parametrizzata per lunghezza darco; quindi la sua mappa di Gauss
data da t

(t) non ha punti critici e dovendo avere grado uno sar`a un dieo-
morsmo tra la curva ed S
1
. Supponiamo che la derivata

K della sua curvatura
abbia solo zeri isolati. La evoluta `e quindi composta da un numero nito di
archi regolari tutti a curvatura positiva, quindi convessi. Nei punti ove

K si
annulla senza cambiare segno, i due archi ivi incidenti si raccordano formando
un arco convesso, di classe almeno C
1
. In quelli in cui cambia segno levoluta
ha una cuspide, con tangente eguale alla normale della curva di cui `e levoluta
e tale cuspide punta verso la curva se nel punto la curvatura `e massima e verso
lesterno se la curvatura `e minima. E chiaro che i punti ove

K cambia segno
sono in numero pari ed essendo la curva compatta dovranno essere almeno due
(quelli ove la curvatura `e massima e minima). Mostriamo che non possono essere
solo due. Infatti se fossero solo due, consideriamo una retta passante per uno
di essi che non sia ivi tangente e tale che laltro punto di cuspide sia dalla parte
opposta a quella contenente localmente la prima cuspide. I due archi convessi di
cui la evoluta sarebbe composta, partirebbero dalla prima cuspide e dovrebero
arrivare nella seconda: ne segue che su ognuno di essi esisterebbe una parallela
alla retta scelta tangente in un punto; ci`o contraddirebbe il fatto che la mappa
di Gauss sia biunivoca.
I punti ove la curvatura ha un massimo od un minimo locale sono detti vertici
della curva. Quanto abbiamo mostrato sopra `e quindi che nelle ipotesi fatte la
curva ha almeno quattro vertici (viene detto teorema dei quattro vertici).
Campi di vettori tangenti e derivazioni
Sia X R
N
una variet`a dierenziabile di dimensione n. Il brato suo tangente
T(X) `e la famiglia dierenziabile di spazi vettoriali denita da:
T(X) = (x, v) R
N
R
N
: x X , v T(X)
x

Indichiamo con : T(X) X la proiezione canonica (ossia ((x, v)) = x).


Un campo di vettori tangenti su un X `e una applicazione s : T(X) tale
che (s(x)) = x per ogni x . Tale campo sar`a detto continuo o dierenziabile
se tale `e in quanto applicazione tra variet`a.
I campi di vettori tangenti su possono essere sommati tra loro ed anche
moltiplicati per funzioni dierenziabili su . Indicheremo con c() = c lanello
delle funzioni dierenziabili sullaperto : allora linsieme T () = T dei campi
di vettori tangenti (dora in poi considereremo solo quelli dierenziabili) costitui-
sce un modulo su c.
Daremo ora una interpretazione algebrica dei campi di vettori tangenti ad una
variet`a senza riferimenti al brato tangente; anzi questo pu`o poi essere denito
in modo algebrico a partire da questa interpretazione.
Sia A un anello commutativo. Una derivazione di A `e una applicazione V :
A A che sia un omomorsmo additivo e tale che per f, g A si abbia
V (fg) = V (f)g +fV (g) (detta regola di Leibnitz ).
Se A contiene un corpo K una derivazione di A su K `e una derivazione V su
A che si annulla su tutti gli elementi di K o, equivalentemente, che sia lineare
per la struttura di spazio vettoriale su K di A. E chiaro che le derivazioni di A
35
(o le derivazioni su un sottocorpo K) sono un modulo sullanello A. In generale
la composizione di due derivazioni non `e una derivazione; con una facile verica
formale si controlla che se V, W sono derivazioni, allora il loro commutatore
V W W V `e una derivazione che viene indicata con la notazione [V, W].
Saremo interessati essenzialmente al caso in cui A `e lanello delle funzioni dif-
ferenziabili su un aperto di una variet`a dierenziabile X non necessariamente
immersa in un R
N
, ossia una variet`a che potremmo chiamare astrattamete
denita; tali sono ad esempio gli spazi proiettivi o le grassmaniane, variet`a
delle quali non viene data generalmente alcuna realizzazione come sottovariet`a
di un R
N
, anche se sarebbe possibile farlo (un teorema, detto immersione di
Whitney assicura che ogni variet`a dierenziabile astrattamente denita `e re-
alizzabile come sottovariet`a di un R
N
); il fatto `e che ogni tale immersione non
aiuta a semplicare la gran parte delle considerazioni solitamente svolte per tali
oggetti geometrici che vengono svolte invece sulle carte di un atlante col quale
le variet`a astratte vengono denite.
Divagazione. Una completa algebrizzazione dellargomento pu`o essere ottenuta
nel modo seguente: sia R una R algebra. Sullinsieme M degli omomorsmi
x : R R di R-algebre introduciamo la topologia seguente:
un sottoinsieme F M `e chiuso se e solo se esiste un sottoinsieme R tale
che F = x M : x(f) = 0 per ogni f . Ogni elemento di R pu`o essere
pensato come una funzione su M, denendo il valore f(x) di una f R su un
punto x M come x(f); si pu`o vericare che tali funzioni sono continue per
la topologia introdotta sopra su M. Si pu`o anche dimostrare che se R `e lanello
delle funzioni dierenziabili su una variet`a

M, associando ad ogni punto x

M
lomomorsmo R f f( x) R si ottiene una applicazione biunivoca tra

M
ed M, che risulta anche essere un omeomorsmo.
Inoltre se R

`e lalgebra delle funzioni dierenziabili su una variet`a M

, as-
sociando ad una applicazione dierenziabile : M M

lomomorsmo di
R algebre

: R

R ottenuto tramite la composizione di funzioni, si ha


una corrispondenza biunivoca tra applicazioni dierenziabili di M in M

e
omomorsmi R

R di Ralgebre.
Un modulo proiettivo nito P sulla Ralgebra R`e denibile come un Rmodulo
che sia fattore diretto di un Rmodulo libero nito; ossia tale che esistano un
altro R modulo Q ed un isomorsmo P Q R
n
per qualche n N. Si pu`o
dimostrare che se R `e lR algebra delle funzioni dierenziabili sulla variet`a
M, allora il modulo delle derivazioni di M `e un modulo proiettivo e che pi` u
in generale un Rmodulo `e proiettivo se e solo se `e isomorfo al modulo delle
sezioni di un brato vettoriale (dierenziabile) su M.
Le derivazioni di c, nulle sul corpo R identicato alle funzioni costanti su ,
saranno dette semplicemente derivazioni su .
Un fatto fondamentale `e che ogni derivazione V su `e un operatore locale nel
senso che se f c `e nulla in tutti i punti di un aperto U anche V (f) `e
nulla nei punti di U; in altri termini si ha il seguente:
Lemma 39 Se V `e una derivazione su un aperto di una variet`a X, per ogni
36
f c() il supporto di V (f) `e contenuto nel supporto di f
Dim. Sia U un aperto di sul quale f sia identicamente nulla; si scelga c che
sia identicamente 1 fuori di U e identicamente zero in un intorno di x
0
cosicche si
avr`a f = f. Se V `e una derivazione su , si avr`a quindi V (f) = V ()f+V (f)
ed essendo sia che f identicamente nulle in un intorno di x
0
anche V (f) si
annuller`a in tale intorno.
Corollario 40 Siano U aperti in una variet`a dierenziabile; indichiamo
con r : c() c(U) loperatore di restrizione. Per ogni derivazione W su
esiste una ed una sola derivazione W

su U tale che il seguente diagramma sia


commutativo:
c()
r
c(U)
W

_W

c()
r
c(U)
Dim. Per ogni punto x
0
U si prenda una funzione c() che valga 1 in un
intorno di x
0
e che abbia supporto compatto entro U. Per f c(U) la funzione
f pu`o essere considerata dierenziabile su (denendola a valori nulli fuori
di U); per il precedente lemma il valore di W( f) in un intorno di x
0
sono
indipendenti dalla scelta di
Questo risultato dovrebbe chiarire perche abbiamo detto che le derivazioni sono
operatori locali: per determinarne uno, basta conoscerlo localmente, ad esempio
come opera sulle carte locali.
Se consideriamo R
n
come variet`a dierenziable, il suo spazio tangente coincide
in ogni punto con lo stesso spazio R
n
stesso; quindi un campo di vettori tangenti
V su un aperto R
n
`e semplicemente una applicazione dierenziabile
x (
1
(x), ...,
n
(x)) R
n
Ad un tale campo associamo lapplicazione V : c c che ad una f c associa
la funzione
x V (f)(x) =
n

i
(x)
f
x
i
(x) R
che ad ogni punto x associa il limite dei rapporti incrementali
f(x +tL(x)) f(x)
t
(quantit`a che viene detta derivata nella direzione L(x) della f)
E chiaro che lapplicazione dallinsieme T () dei campi di vettori tangenti
di nellinsieme T() delle derivazioni di c cos` denita `e un omomorsmo di
moduli sulanello c.
Calcolando la derivazione V associata al campo L = (
1
, ...,
n
) sulla iesima
coordinata x
i
si ottiene
i
. Ci`o mostra che `e iniettiva. Mostereremo ora che
`e anche surgettiva, quindi un isomorsmo.
37
Lemma 41 Lunica derivazione su un aperto di R
n
che vale zero sulle funzioni
coordinate `e la derivazione identicamente nulla
Dim. Sia V : c c una derivazione tale che V (x
i
) = 0 per i = 1, ..., n e siano
f c ed x
0
. Lo sviluppo di Taylor dice che su un intorno U di x
0
in
(si pu`o prendere un qualsiasi aperto convesso contenente x
0
) esistono funzioni
dierenziabili g
ij
tali che per x U sia
f(x) = f(x
0
) +
n

1
f
x
i
(x
0
) x
i
+
n

i,j=1
g
ij
(x) x
i
x
j
Ora il termine costante viene annullato dalla derivazione perche per denizione
essa vale zero sulle costanti. Per ipotesi essa annulla anche i termini di primo
grado. Il terzo addendo viene poi annullato nel punto x
0
perche le coordinate
x
i
sono nulle in tal punto.
Corollario 42 Su un aperto R
n
le derivazioni coincidono con i campi di
vettori tangenti
Dim. Sia W una derivazione su e sia T = (
1
, ...,
n
) il campo di vettori su
ove
i
= W(x
i
) per i = 1, ..., n. La derivazione associata a T assume gli stessi
valori di W sulle funzioni coordinate x
1
, ..., x
n
, quindi per il precedente lemma
tali due derivazioni coincidono.
Quanto detto sopra indica che su una variet`a dierenziabile X R
N
, i campi
di vettori tangenti e le derivazione sono sostanzialmente la stessa cosa. Per
questa ragione su una variet`a astrattamente denita, al posto di campi di vettori
tangenti si introducono le derivazioni. In ogni caso, come abbiamo visto, su
ogni carta locale della variet`a ogni derivazione si legge in modo univoco come
un campo di vettori.
Algebra esterna di uno spazio vettoriale
Siano V uno spazio vettoriale di dimensione nita su R e p un intero non
negativo. Deniamo una relazione di equivalenza su V
p
nel modo seguente:
v = (v
1
, . . . , v
p
) w = (w
1
, . . . , w
p
) se e solo se `e vericata una (almeno) delle
seguenti due condizioni:
- v e w sono entrambi sistemi linearmente dipendenti in V
- esiste una matrice quadrata M = (m
ij
) dordine p e determinante 1 tale
che v
i
=

p
1
m
ij
w
j
Gli elementi del quoziente di V
p
per tale relazione sono dette le p-faccette di V .
Il loro insieme sar`a indicato con F
p
(V ).
Una applicazione : F
p
(V ) W delle p-faccette di V in uno spazio vettoriale
W `e detto un morsmo se la composizione V
p
F
p
(V ) W `e p-lineare
alternante. Un tale morsmo sar`a detto un prodotto esterno di grado p per V
se verica la seguente condizione:
per ogni altro morsmo

: F
p
(V ) W

esiste una ed una sola


applicazione lineare h : W W

tale che

= h .
Unicit`a. E facile vericare che se ,

soddisfano entrambi la condizione prece-


dente, allora esiste uno ed un solo isomorsmo h : W W

che trasforma in
38

, cosicche tali spazi sono identicabili in modo ben precisato. Esprimeremo


ci`o dicendo che il prodotto esterno di grado p per V se esiste `e univocamente
determinato a meno di isomorsmi.
Esistenza. Siano dati un morsmo : F
p
(V ) W e una base (e
1
, . . . , e
n
) di V .
E facile vericare che `e un prodotto esterno di grado p per V se e solo se gli
elementi ((e
i
1
, . . . , e
i
p
)
1i
1
<<i
p
n
costituiscono una base di W.
Infatti ci`o equivale ad asserire che dare una applicazione p-lineare alternante

su V a valori in uno spazio W

, equivale ad assegnare i valori di

sugli elementi
(e
i
1
, . . . , e
i
p
) per 1 i
1
< < i
p
n.
Esibiamo una tale : sia V

il duale di V e W =applicazioni p-lineari alter-


nanti su V

a valori in R. Deniamo : V
p
W cos` :
per v
1
, . . . , v
p
V , (v
1
, . . . v
p
)[h
1
, . . . , h
p
] = det(h
i
(v
j
)).
Dette e
1
, . . . , e
n
una base di V e e

1
, . . . , e

n
la duale in V

, per
1 i
1
< < i
p
n e 1 j
1
< < j
p
n si ha:
(e
i
1
, . . . , e
i
p
)[e

j
1
, . . . , e

j
p
] =
i
1
j
1
,
i
p
j
p
Utilizzando il fatto sopra ricordato di come si scrivono le forme p-lineari su uno
spazio in cui `e ssata una base, si conclude che `e un prodotto esterno di
grado p per V . Tale W verr`a indicato con la notazione
_
p
V e lapplicazione
V
p

_
p
V con (v
1
, . . . , v
p
) v
1
v
p
; un elemento in
_
p
V sar`a detto
semplice se `e nellimmagine di F
p
(V ).
Nota. Quanto descritto sopra fornisce una immersione della variet`a (detta di
Grassmann) dei sottospazi vettoriali di dimensione p di V nello spazio proiettivo
P(
_
p
V ) ottenuta considerando per ogni p-faccetta non nulla v = v
1
v
p
il
sottospazio H(v) generato da v
1
, . . . , v
p
che verr`a detto il suo supporto.
Prodotti. Deniamo un prodotto
_
p
V
_
q
V
_
p+q
V come lunica appli-
cazione bilineare (v, w) v w vericante:
(v
1
v
p
) (w
1
w
q
) = v
1
v
p
w
1
w
q
Che tale denizione `e ben posta segue facilmente dalle propriet`a richieste alle
applicazioni F
r
(V )
_
r
V cos` come la associativit`a di tali prodotti e la anti-
commutativit`a: per v
_
p
V , w
_
q
V si ha v w = (1)
p+q
w v.
Si ottiene co` una Ralgebra
_
V =

i0
_
i
V , che viene chiamata lalgebra
esterna su V .
Per h
1
, . . . , h
p
V

e v
1
, . . . , v
p
V ponendo
(h
1
h
p
)[v
1
v
p
] = det(h
i
(v
j
))
si ottiene un isomorsmo di
_
p
V

con (
_
p
)

.
Se b : V V R `e una forma bilineare, si ottiene una forma bilineare b
p
su
_
p
V ponendo
b
p
(v
1
v
p
, w
1
w
p
) = det(b(v
i
, w
j
))
Tale b
p
`e simmetrica e denita positiva se b lo `e.
Siano ssati su V un prodotto scalare <, > denito positivo ed una orientazione
(un tale oggetto viene detto spazio euclideo). Deniamo ora un isomorsmo
39
:
_
p
V
_
np
V associando ad una p-faccetta v = v
1
v
p
la (n p)-
faccetta w = w
1
w
np
avente per supporto lortogonale del supporto di
v , tale che v e w abbiano la stessa norma e tale che v
1
, . . . , v
p
, w
1
, . . . , w
np
dia lorientazione positiva di V . Si vede facilmente che `e una isometria e che

2
`e la moltiplicazione per (1)
p(np)
; ci`o pu`o essere controllato ad esempio
osservando che se e
1
, . . . , e
n
costituiscono una base ortonormale di V , allora gli
e
i
1
e
i
p
per 1 i
1
< < i
p
n sono una base ortonormale per
_
p
V .
In particolare
_
n
V verr`a identicato canonicamente con R ssando per base la
n-faccetta e
1
e
n
.
Nel seguito avremo uno spazio vettoriale V che sar`a lo spazio tangente T(X, x)
in un punto x ad una variet`a dierenziabile X e considereremo lalgebra es-
terna sul suo duale V

. Dalla costruzione descritta avanti segue che


_
p
V

`e
identicato con lo spazio vettoriale delle forme : V
p
R plineari simmet-
riche. Se x
1
, . . . , x
n
sono coordinate locali su X vicino ad x, allora dx
1
, . . . , dx
n
costituiscono una base per V

e quindi una base per


_
p
V `e data dalle forme
dx
i
1
dx
i
p
per 1 i
1
< < i
p
n.
Siano una p-forma e una q-forma su V . Se esse sono semplici , =
h
1
h
p
e = k
1
k
q
ove h
1
, . . . , h
p
, k
1
, . . . , k
q
V

, si `e
posto = h
1
h
p
k
1
k
q
. Se e non sono semplici, essendo
esse somma di semplici, si pu`o calcolare utilizzando la distributivit`a del
prodotto esterno rispetto alla somma. Altrimenti si pu`o utilizzare la seguente
formula per la cui validit`a `e suciente controllare il caso in cui e sono
semplici: se v
1
, . . . , v
p+q
V si ha
()(v
1
, . . . , v
p+q
) =

S(p,q)
(1)
||
(v
(1)
, . . . , v
(p)
) (v
(p+1)
, . . . , v
(p+q)
)
ove S(p, q) `e il gruppo delle permutazioni di 1, . . . , p +q tali che
(1) < < (p) e (p + 1) < < (p + q) e come al solito [[ `e la parit`a
della permutazione.
Nota.Le formule ora date, nel caso di forme semplici sono precisamente le for-
mule di Laplace generalizzate per il calcolo dei determinanti.
Forme dierenziali su una variet`a
Sia un aperto in una variet`a dierenziabile X; una forma dierenziale di
grado p o p-forma su `e il dato per ogni punto x in di una p-forma
( x) sullo spazio tangente T(X)
x
. Se (x
1
, . . . , x
n
) sono coordinate su un aperto
U si ha una scrittura ( x) =

a
i
1
...i
p
dx
i
1
dx
i
p
, ove la somma `e
estesa alle p-uple crescenti i
1
< < i
p
in 1, . . . , n e le a
i
1
...i
p
sono funzioni
univocamente determinate su U. Diremo che `e a coecienti continui o dif-
ferenziabili se in ogni tale rappresentazione le funzioni a
i
1
...i
p
sono continue o
dierenziabili. Indicheremo con A
p
() lo spazio vettoriale delle p-forme a coef-
cienti dierenziabili sullaperto della variet`a dierenziabile X e con A
p
c
()
il sottospazio di quelle a supporto compatto.
Se f : X Y `e una applicazione dierenziabile ed x X, il dierenziale di f
in x `e (stato denito come) una applicazione lineare df(x) : T
x
(X) T
f(x)
(Y );
se `e una p-forma su un aperto U di Y , indicheremo con f

la p-forma su
f
1
(U) denita per x f
1
(U) e v
1
, . . . , v
p
T
x
(X) dalla eguaglianza:
f

(x)[v
1
, . . . , v
p
] = (f(x))[df(x)[v
1
], . . . , df(x)[v
p
]]
40
E facile vericare, scrivendo la f in termini di coordinate locali, che f

`e
dierenziabile se lo `e e che essa commuta con le operazioni dellalgebra esterna.
Inoltre, se g : Y Z `e anche dierenziabile, si ha (g f)

= f

; con
queste denizioni gli A
p
(X) divengono funtori contravarianti sulla categoria
delle variet`a dierenziabili. Diversamente gli A
c
(X) rappresentano dei funtori
(ancora contravarianti) solo sulla categoria i cui oggetti sono ancora le variet`a
dierenziabili ma i morsmi sono le sole applicazioni dierenziabili proprie.
Denizione intrinseca di forme dierenziali
Abbiamo visto che i campi di vettori tangenti possono essere pensati come
derivazioni; queste possono essere considerate su ogni variet`a indipenfdente-
mente da una sua realizzazione come sottovariet`a di uno spazio euclideo. Da
questo punto di vista anche le forme dierenziali possono essere introdotte in-
trinsecamente. Indichiamo con T() = T linsieme delle drivazioni su un aperto
di una variet`a: esso `e un modulo sullanello c delle funzioni dierenziabili
sullaperto . Una pforma dierenziale (dierenziabile) su pu`o essere
identicata ad una applicazione p lineare alternante si T a valori in c ossia
una applicazione T
p
c che sia lineare (sullanello c) in ogni argomento sep-
aratamente e che cambi segno scambiando tra loro due degli argomenti. Ad
esempio se f c, associando ad ogni elemento V T la funzione V (f) (ossia
la derivata di f lungo il campo V ) si ha una 1forma. Essa `e quella che
solitamente si indica con df detta il dierenziale della funzione f. Od ancora
se f
1
, ..., f
p
sono funzioni dierenziabili indicheremo con df
1
...df
p
la pforma
dierenziale che alla pupla (V
1
, ..., V
p
) di derivazioni associa il determinante
della matrice (di funzioni) data da (df
i
(V
j
)) = (V
j
(f
i
)). Se f
1
, ..., f
n
sono un
sistema di coordinate su un aperto , allora le pforme (df
i
1
... df
i
p
formano
al variare di 1 i
1
< ... < i
p
n una base delle pforme su c; ossia le p
forme su sono tutte esprimibili ed in modo unico come combinazione lineare
a coecienti in c di tali pforme.
Integrazione di forme
Sia X una variet`a dierenziabile orientata di dimensione n. Deniamo una
applicazione lineare
_
X
: A
n
c
(X) R cos`:
se il supporto di A
n
c
(X) `e contenuto in una carta orientata (U, h) di X, si
legga tramite h come forma su R
n
; si otterr`a una n-forma f(x)dx
1
dx
n
con f dierenziabile a supporto compatto e si denisce:
_
X
=
_
R
n
f(x)dx
1
dx
n
Nel caso generale utilizzando una partizione dellunit`a ed il fatto che il supporto
di `e compatto, si trova una decomposizione =
1
+ +
r
ove ogni
i
ha
supporto contenuto in qualche carta orientata su X e si pone :
_
X
=
_
X

1
+ +
_
X

r
Che i valori trovati non dipendono dalle scelte arbitrarie fatte si dimostra facil-
mente utilizzando la formula di cambiamento di variabili in un integrale multiplo
41
in R
n
, la additivit`a per tali integrali e la confrontabilit`a tra partizioni dellunit`a
(se (
i
)
iI
`e una partizione subordinata al ricoprimento (U
i
)
iI
e (
j
)
jJ
una
subordinata al ricoprimento (V
j
)
jJ
allora (
i

j
)
(i,j)IJ
`e una partizione
dellunit`a subordinata al ricoprimento fatto con le intersezioni U
i
V
j
).
Nota. E chiaro che lintegrazione delle n-forme a supporto compatto risulta
denita anche se la variet`a X ha un bordo non vuoto o per forme a coecienti
continui. Se il supporto dellintegrando non `e compatto lintegrale `e denibile
solo sotto certe condizioni. La condizione generale di integrabilit`a che pu`o essere
richiesta `e la seguente: per ogni > 0 esiste un compatto K tale che per ogni
funzione continua h : X [0, 1] avente supporto compatto disgiunto da K si
ha [
_
X
h[ < . Ci`o corrisponde al fatto che comunque si decomponga la forma
in una somma di forme i cui supporti costituiscano una famiglia localmente
nita, lintegrazione degli addendi fornisce una serie convergente incondiziona-
tamente (ossia la somma non solo `e nita per ogni ordinamento seguito nella
sommazione ma anche il risultato `e lo stesso: trattandosi di serie di numeri
reali, ci`o `e equivalente alla assoluta convergenza). Oppure si pu`o ssare una
procedura determinata di integrazioni e richiedere che esista il limite dei valori
cos` trovati come ad esempio col porre
_
R
f(t)dt = lim
n
_
n
n
f(t)dt.
Una coppia (, h) ove `e una variet`a dierenziabile orientata compatta a bordo
di dimensione p e h : X `e una applicazione dierenziabile verr`a detta p-
catena dierenziabile in X; se = essa verr`a detta un p-ciclo dierenziabile.
Ogni tale p-catena denisce una applicazione lineare
_
(,h)
: A
p
(X) R de-
nendo per una p-forma su X :
_
(,h)
=
_

()
Chiameremo opposta di una p-catena = (, h) su X la p-catena , = (

, h)
ove `e ottenuta da invertendo lorientazione. Se
i
= (
i
, h
i
) per i = 1, 2
sono p-catene in X, considerando lunione disgiunta di
1
e
2
si ottiene una
p-catena che verr`a detta somma di
1
e
2
. Due p-cicli
1
,
2
sono bordanti se

1
`e il bordo di qualche (p+1)-catena. Per dimostrare che questa `e una re-
lazione di equivalenza, occorre utilizzare lesistenza di un collare per il bordo di
variet`a dierenziabili; ossia che se X `e una variet`a dierenziabile compatta (ma
`e vero anche senza questa ipotesi), esiste un intorno di X in X dieomorfo a
X[0, 1[. Oppure si pu`o per semplicit`a mettere ci`o nella denizione di variet`a
a bordo.
E facile vericare che le classi di equivalenza di p-cicli di una variet`a X, for-
mano un gruppo abeliano (lopposto della classe di `e la classe di ) che viene
detto p-esimo gruppo di bordismo orientato B
p
(X) di X. Se f : X Y `e dif-
ferenziabile, si ha un omomorsmo f

: B
p
(X) B
p
(Y ) che dipende solo dalla
classe di omotopia di f. Per il tipo di considerazioni che svolgeremo nel seguito,
questo invariante `e troppo ne; infatti esso tiene conto non solo della complessit`a
della variet`a X su cui lo si calcola, ma anche del fatto che non tutte le variet`a
orientate sono bordo di qualcosa. Ad esempio si pu`o dimostrare (non in modo
elementare) che la 4-variet`a P
2
(C) non `e il bordo di alcuna 5-variet`a orientata,
cosicche ogni applicazione f : P
2
(C) X anche se costante ed anche se X `e
un punto, d`a un elemento non nullo in B
p
(X). Per ridurre questo invariante in
modo che rappresenti solo la complessit`a topologica di X si devono ammettere
42
cicli con singolarit`a. Un modo, `e quello di sostituire le variet`a di dimensione
p che abbiamo considerato allinizio con poliedri orientati P (in qualche R
n
)
ed applicazioni (dierenziabili o continue, non cambia molto) h : P X. Gli
invarianti che ne derivano sono detti gruppi di omologia singolare a coecienti
in Z. Un altro modo potrebbe essere quello di ammettere solo certi tipi di singo-
larit`a: si ssa una lista di poliedri e si prendono sottoinsiemi R
m
che siano
localmente modellati sugli elementi della lista (con orientazioni coerentemente
denite). Si possono cos` ottenere teorie intermedie alle due discusse sopra.
Loperatore di dierenzazione Sia X una variet`a dierenziabile. Asso-
ciando ad ogni funzione dierenziabile il suo dierenziale, si ottiene un omo-
morsmo d : A
0
(X) f df A
1
(X). Gli elementi di Im(d) sono detti
dierenziali esatti o integrabili su X ; essi costituiscono uno spazio vettoriale
B
1
(X). Per B
1
(X), ogni f A
0
(X) tale che df = `e detta una prim-
itiva di ; se X `e connessa, due primitive della stessa forma dieriscono per
una costante. La 1-forma df misura infatti quanto la f non sia localmente
costante. Precisamente se valutamo la f sullo 0-ciclo x
0
X, ottenendo quindi
f(x
0
) e confrontiamo con il valore f(x
1
) in un punto x
1
vicino a x
0
, la dif-
ferenza f(x
1
) f(x
0
) pu`o essere calcolata con lintegrale di df su una qualsiasi
1-catena che ha per bordo x
1
, x
0
; infatti per la formula di Torricelli, se
: [0, 1] X `e dierenziabile, si ha
_

df = f((1)) f((0))
Costruiremo ora operatori d : A
p
(X) A
p+1
(X) che svolgono lo stesso ruolo
per le p-forme: si vuole associare ad una p forma una (p + 1)-forma d che
misura quanto
_

vari quando viene sostituito con un ciclo bordante con


lui; precisamente gli operatori d vericheranno una analoga della formula di
Torricelli che viene detta formula di Stokes:
per A
p
(X) e (, h) una (p + 1)-catena in X si ha:
_
(,h)
d =
_
(,h)

Chiameremo esatte o integrabili le p-forme che siano il dierenziale di una


(p1)-forma che verr`a detta una sua primitiva; queste formeranno uno spazio
vettoriale B
p
(X). Una p-forma sar`a detta invece chiusa o localmente integrabile
se ogni x X ha un intorno aperto U sul quale la forma `e integrabile; queste
formeranno uno spazio vettoriale Z
p
(X) e il quoziente Z
p
(X)/B
p
(X) = H
p
(X)
sar`a chiamato p-esimo spazio di coomologia di de Rham di X.
Nota. Per denire la integrabilit`a delle 0forme (ossia delle funzioni) dobbiamo
considerare A
1
che non `e stato denito. Per convenzione deniamo A
1
come
lcmodulo nullo, ossia considereremo integrabile la sola funzione identicamente
nulla.
Analoghe denizioni si introducono per le forme a supporto compatto: una
A
p
c
(X) sar`a detta integrabile se esiste A
p1
c
(X) tale che d = e sar`a
detta chiusa se tale `e in quanto pforma su X, ossia d = 0; si introducono cos`
gli spazi di coomologia a supporti compatti H
p
c
(X) come quozienti di forme (a
43
supporto compatto) chiuse modulo forme esatte. Si noti che se f : X Y
`e dierenziabile, non `e denita f

: A
p
c
(Y ) A
p
c
(X) e quindi neppure una
f

: H
p
c
(Y ) H
p
c
(X) a meno che f sia propria.
Comunque se f `e una inclusione aperta, ossia X `e un aperto in Y , allora si ha
un omomorsmo naturale di inclusione f

: H
p
c
(X) H
p
c
(Y )
Loperatore di dierenzazione esterna d viene introdotto di solito in questo modo
che seguiremo per uniformarci alla trattazione seguita nei pi` u comuni testi di
geometria dierenziale:
Teorema 43 Esiste una ed una sola successione di operatori lineari
d : A
p
(X) A
p+1
(X) per p 0 che verica:
1. d `e lusuale dierenzazione per gli elementi di A
0
(X)
2. d d : A
p
(X) A
p+1
(X) `e loperatore nullo
3. per A
p
(X) e A
q
(X) si ha d( ) = (d + (1)
p
(d)
Dim. Si dimostra dapprima che d `e un operatore locale, ossia che per ogni p-
forma il supporto di d `e contenuto nel supporto di (se 0 allintorno
di x
0
, sia f A
0
(X) tale che f = 0 su X e f 1 vicino ad x
0
; allora
0 = d(f ) =. . . etc ). Si pu`o quindi lavorare su R
n
ove se x
1
, . . . , x
n
sono le
coordinate le p-forme si scrivono:
=

i
1
<<i
p
a
i
1
...i
p
dx
i
1
dx
i
p
e per le richieste fatte deve essere:
d =

i
1
<<i
p
(da
i
1
...i
p
) dx
i
1
dx
i
p
Con un p`o di fatica si scopre che ci`o porta ad una buona denizione degli ope-
ratori di dierenzazione esterna (si controllino i dettagli su un qualsiasi testo
di Geometria Dierenziale). Loperatore d cos` introdotto `e funtoriale nel senso
che se f : X Y `e una applicazione dierenziabile ed `e una p-forma dieren-
ziabile su Y , allora si ha la formula di commutazione: f

d = df

.
Denizione intrinseca delloperatore di dierenzazione
Un modo di denire la dierenzazione delle forme senza utilizzare sistemi di
coordinate (e quindi senza bisogno poi di vericare che essa non dipende dal
particolare sistema di coordinate utilizzato) `e il seguente: siano una pforma
su una variet`a; indichiamo con d la (p + 1)forma che sulla (p + 1)pla di
derivazioni (V
0
, ..., V
p
) vale
p

i=0
(1)
p
V
i
((V
0
, ..,

V
i
, .., V
p
)) +

0i<jp
(1)
i+j
([V
i
, V
j
], ..,

V
i
, ..,

V
j
, .., V
p
)
ove la notazione

V signica eliminare la V nella scrittura.


Si deniscono anche operazioni (dette prodotti esterni ) : A
p
A
q
A
p+q
denite per A
p
, A
q
e X
1
, ..., X
p+q
T da:
[X
1
, ..., X
p
] =

S
p,q
(1)
||
[X

1
, ..., X

p
] [X
p+1
, ..., X

p+q
]
44
ove S
p,q
`e linsieme delle permutazioni su 1, ..., p + q che sono crescenti su
1, ..., p e su p+1, ..., p+q. Si verica che tali prodotti esterni sono associativi
( ( ) = ( ) ) e anticommutativi ( = (1)
pq
). Per la
dierenzazione esterna vale la formula d( ) = d + (1)p d se p `e
il grado di . Dalla denizione intrinseca si ricava anche che se A
p
allora
d(d) `e lelemento nullo di A
p+2
.
E facile controllare utilizzando un sistema di coordinate locali (x
1
, ..., x
n
) e
ricordando che le derivazioni /x
i
e /x
j
commutano, che questa denizione
coincide con quella data in termini di coordinate locali.
Teorema 44 (Formula di Stokes) Sia X una variet`a orientata a bordo di
dimensione p e sia una (p 1)-forma a supporto compatto su X. Si ha:
_
X
d =
_
X

Dim. Essendo ambo i membri lineari ed essendo ogni forma a supporto com-
patto esprimibile come somma di forme con supporto contenuto in una carta,
`e suciente dimostrare la formula nel caso X = (x
1
, . . . , x
p
) R
p
: x
1
0.
Baster`a allora considerare il caso = a(x) dx
i
1
dx
i
p
distinguendo in
due casi secondo che 1 sia o no presente tra gli i
1
, . . . , i
p
e questa `e una facile
verica diretta.
Nota. Loperatore di dierenzazione delle forme potrebbe essere introdotto an-
che come lunico operatore d : A
p
(X) A
p+1
(X) che rende valida la formula
di Stokes. Questo `e sostanzialmente il metodo in cui esso viene denito in corsi
di Fisica (parlando di divergenza o di rotore); o almeno cos` mi fu presentato
nel corso di Fisica 2 che seguii tanti anni quando ero studente.
Alcune determinazioni della coomologia di de Rham
Grado zero:
Su una variet`a X una f A
0
`e chiusa se df = 0; ci`o equivale allessere f local-
mente costante. Quindi se X `e connessa, solo le funzioni costanti sono chiuse
per cui H
0
(X) R identicato allo spazio vettoriale delle funzioni costanti; se
invece X ha r componenti connesse allora H
0
(X) R
r
identicato allo spazio
delle funzioni costanti su ogni componente connessa.
Se X `e connesso, allora H
0
c
(X) `e isomorfo ad R se X `e compatta, altrimenti `e lo
spazio nullo. Se X ha a componenti connesse compatte e b componenti connesse
non compatte, allora H
0
c
(X) R
a
.
Grado uno
Premettiamo alcune considerazioni di omotopia.
Lemma 45 Una variet`a connessa `e connessa anche per cammini dierenziabili
Dim. Nel caso di uno spazio topologico X si dimostra che se esso `e connesso
e localmente connesso per archi allora `e anche globalmente connesso per archi.
La dimostrazione utilizza il fatto che se un cammino termina ove inizia un
altro cammino , allora il loro prodotto `e ancora un cammino continuo.
Nel caso che X sia una variet`a dierenziabile ed e siano dierenziabili,
45
il loro prodotto sar`a in generale non dierenziabile (in generale nel punto di
congiunzione la direzione con la quale arriva , anche se denita sar`a diversa
da quella con la quale parte . Ma tale congiunzione sar`a dierenziabile se `e
costante in un intorno del punto 1 e lo `e in un intorno del punto 0. Ci`o pu`o
essere ottenuto componendo e con una parametrizzazione : [0, 1] [0, 1]
che sia dierenziabile e che sia costante in un intorno di 0 [0, 1] e in un intorno
di 1 [0, 1].
La dimostrazione delineata del precedente lemma, pu`o essere precisata in modo
da dimostrare che dato un cammino continuo : [0, 1] X ove X `e una variet`a
e ssata una costante positiva , esiste un cammino dierenziabile : [0, 1] X
avente gli stessi estremi di e tale che [[ (t) (t)[[ < per ogni t [0, 1].
Ammanaccando in modo analogo, si dimostra anche che data una omotopia a
estremi ssi tra due cammini continui aventi stessi estremi ed una costante posi-
tiva , esiste una omotopia dierenziabile con gli stessi estremi ssi e che disti in
ogni punto meno di dalla omotopia tra le due approssimazioni dierenziabili
e

dei cammini estremi della omotopia.
Questo tipo di questioni, potrebbe essere pi` u facilmente trattato supponendo
che X sia una sottovariet`a chiusa in un R
N
(sempre possibile per il teorema di
immersione di Whitney) ed utilizzado i seguenti due ingredienti:
1. Esistenza di un intorno tubolare, ossia il fatto che esiste un intorno U di X
in R
N
tale che la coppia (U, X) sia dieomorfa alla coppia (N(X), X) essendo
N(X) il brato normale di X in R
N
, in cui X `e identicata a vettori normali
di lunghezza zero.
2. Il teorema di approssimazione di Weierstrass: dati un compatto K R
N
,
una funzione continua f : K R ed una costante positiva esiste una fun-
zione polinomiale P (basterebbe: una funzione dierenziabile P) su R
N
tale
che [f(x) P(x)[ < per ogni x K.
Ammessi questi due fatti si dimostrano facilmente teoremi del seguente tipo:
Teorema 46 Siano X R
N
una sottovariet`a compatta ed ed Y R
M
una
sottovariet`a chiusa. Indichiamo con [X, Y ] linsieme delle classi di omotopia di
applicazioni continue f : X Y e con [X, Y ]

lanalogo dierenziabile (ossia


il quoziente dellinsieme delle applicazioni dierenziabili di X in Y ottenuto
identicando qulle che sono estremi di una omotopia dierenziabile). Allora
lapplicazione naturale [X, Y ] [X, Y ]

`e biunivoca
Analoghi del teorema precedente possono essere dimostrati ammettendo che X
sia una variet`a a bordo oppure ssando condizioni tipo punto base:
ad esempio dando sottovariet` a Z
1
, ..., Z
p
di X e considerando solo applicazioni
f : X Y le cui restrizioni alle Z
i
siano applicazioni dierenziabili ssate.
Osservazioni
1. Nella costruzione di un intorno tubolare di una sottovariet`a X di una variet`a
dierenziabile M R
N
abbiamo supposto che (almeno) X fosse compatta; in
tal caso abbiamo considerato, dato > 0 sucientemente piccolo, la parte N

del brato normale ad X in M costituita dalle coppie (x, v) con [[v[[ < , poi
linsieme

N

dato dagli x +v per (x, v) N

ed inne schiacciato questo su M


con la proiezione ortogonale (associata ad un intorno tubolare di M in R
N
).
E facile vericare che anche nel caso in cui X non sia compatta (ma che sia
un chiuso in M), per avere un intorno tubolare di X in M basta considerare
46
(in quel che precede) non come una costante, ma cone una opportuna (cio`e
abbastanza piccola) funzione (dierenziable) di x X.
2. Gli intorni tubolari possono essere costruiti utilizzando al posto di una realiz-
zazione di M come sottovarie`a di R
N
, una metrica riemanniana su M e con-
siderando le geodetiche in M (denite pi` u avanti) che partono ortogonalmente
da X.
Sia ora X una variet`a dierenziabile connessa e, ssato un suo punto x
0
, indichi-
amo con il suo gruppo fondamentale
1
(X, x
0
). Posto S
1
= z C : [z[ = 1
consideriamo linsieme M delle applicazioni dierenziabili : S
1
X che
applicano 1 in x
0
. Identichiamo due tali
0
e
1
se esiste una applicazione
: S
1
[0, 1] X dierenziabile e tale che (s, i) =
i
(s) per i = 0, 1 ed
s S
1
. Il quoziente coincide con . Se `e una 1forma chiusa su X, per ogni
applicazione dierenziabile : S
1
X `e denito
_

R. Utilizzando la for-
mula di Stokes si dimostra che integrando su cammini (dierenziabili) che siano
omotopi (dierenziabilmente, ossia equivalenti per la relazione sopra denita)
si ottiene lo stesso risultato. Si ha quindi una applicazione:

_

R
che, come facilmente si verica, `e un omomorsmo; esso `e nullo se e solo se
`e integrabile, ossia `e il dierenziale di una f : X R dierenziabile. Si
ottiene cos` una applicazione : H
1
(X) Hom(, R) che `e iniettiva. Si
pu`o dimostrare che tale `e anche surgettiva, ottenendo una identicazione tra
H
1
(X) ed Hom(, R) risultato che viene chiamato Teorema di de Rham in
dimensione 1.
Il caso di una supercie
Calcoleremo ora H
2
(X) e H
2
c
(X) quando X `e una variet`a connessa di dimen-
sione due. Esaminiamo prima il caso X = R
2
:
sia una due forma su R
2
; essa `e quindi rappresentata da una espressione del
tipo f(x)dx dy ove f `e una funzione dierenziabile su R
2
; essa `e automatica-
mente chiusa perche su R
2
lunica forma dierenziale di grado 3 `e quella nulla.
Sia g la funzione su R
2
denita da g(x, y) =
_
x
0
f(t, y)dt. Allora la 1forma
= g(x, y)dy `e una primitiva di e ci`o mostra che H
2
(R
2
) = (0).
Consideriamo ora la 2coomologia a supporto compatto di R
2
. Un elemento
A
2
c
(R
2
) si scrive = f(x, y)dx dy ove f `e una funzione a supporto
compatto su R
2
. Associando ad ogni tale il suo integrale () =
_
R
2
si ha
una applicazione lineare : A
2
R. Se `e il dierenziale di una 1forma a
supporto compatto, quindi esiste H R tale che sia identicamente nulla fuori
di D = (x, y) R
2
: x
2
+y
2
H, per la formula di Stokes si ha:
_
R
2
=
_
D
=
_
D
= 0
Ci`o mostra che induce una applicazione lineare : H
2
c
(R
2
) R che `e chiara-
mente surgettiva (perche esiste qualche 2forma su R
2
che ha integrale non
nullo). Mostriamo ora che tale `e anche iniettiva, quindi un isomormo. Infatti
in quanto come abbiamo visto sopra ogni tale `e il dierenziale di una 1forma
47
su R
2
che non `e detto sia a supporto compatto.
Facciamo vedere che se ha integrale nullo, allora esiste una funzione h dif-
ferenziabile su R
2
tale che dh = nei punti ove x
2
+y
2
`e sucientemente alto.
Precisamente sia H R tale che sia nullo per [[(x, y)[[ H e sia laperto
ove [[(x, y)[[ > H. Su si ha quindi d = = 0, ossia `e una 1forma chiusa
su tale aperto. Il gruppo fondamentale di `e generato dal bordo orientato di
D = R
2
: per Stokes si ha:
_
D
=
_
D
= ()
Quindi se questo `e nullo, la forma `e integrabile su , ossia esiste una funzione
g su tale che dg = . Si scelga una funzione equale a 0 per [[(x, y)[[ H+1
ed 1 per [[(x, y)[[ H +2 e sia g la funzione su R
2
che vale g su e 0 su D.
Allora = d g `e una primitiva a supporto compatto di .
Corollario 47 Sia una 2forma a supporto compatto su un disco aperto di
R
2
e sia U un aperto non vuoto in . Esiste allora una 1forma a supporto
compatto in tale che d abbia supporto compatto contenuto in U
Calcoliamo adesso H
2
c
(X) quando X `e una supercie connessa. Fissiamo un
ricoprimento aperto localmente nito (U
i
)
iI
di X costituito da aperti dieo-
mor a dischi aperti di R
2
; moltiplicando per gli elementi di una partizione
dellunit`a associata al ricoprimento si ottiene una decomposizione =

iI

i
in cui quasi tutti gli addendi (ossia tutti salvo un numero nito) sono nulli
perche ha supporto nito. Per il corollario precedente, se U
i
U
j
,= esiste
una 1forma dierenziale avente supporto in U
i
tale che =
i
+ d ha
supporto in U
i
U
j
; possiamo quindi sostituire
j
con
j
+ e mettere 0 al
posto di
i
: la forma somma delle nuove
i
dar`a allora in H
2
c
(X) la stessa classe
di . Essendo X connessa, iterando questa costruzione, si pu`o trasformare la
in una forma avente supporto in un solo U
i
. Se la supercie `e orientabile,
possiamo considerare lintegrale di su X: questo non cambia valore nei passagi
che hanno trasformato in ; se tale integrale era nullo, essendo U
i
dieomorfo
ad R
2
la forma `e integrabile in una forma a supporto compatto in U
i
, quindi
anche d`a la classe nulla in H
2
c
(X) che cos` (con ragionamento analogo a quello
fatto per X = R
2
) `e identicato ad R proprio tramite lintegrazione su X.
Se invece X non `e orientabile, allora esiste una successione di aperti del ricopri-
mento in cui ognuno interseca il successivo e che parte da U
i
tornando in U
i
con
lorientazione cambiata. Prendiamo allora la met`a della forma e spostiamola
lungo la successione di aperti sino a riportarla in U
i
ottenendo una 2forma
che avr`a integrale opposto alla met`a di rimasta in U
i
: quindi (1/2)+ d`a la
classe nulla in coomologia a supporto compatto e lo stesso avverr`a per perche
d`a la stessa classe.
Grado di una applicazione Sia : X Y una applicazione dierenziabile
propria tra variet`a connesse della stessa dimensione n; linsieme dei valori
regolari di `e un aperto in Y , denso per il lemma di Sard. Se y allora

1
(y) `e un sottoinsieme discreto e compatto, quindi un insieme di cardinalit`a
nita (y).
Lemma 48 La funzione : Y N `e localmente costante
48
Dim. Dato y
0
lapplicazione `e un omeomorsmo locale in ogni punto
di
1
(y
0
) (teorema di inversione locale) ed essendo questo nito, esistono un
intorno V di y
0
e intorni U
1
, ..., U
p
dei punti x
1
, ..., x
p
di
1
(y
0
) tali che le
restrizioni di danno dieomorsmi tra gli U
i
e V . Quindi per y V linsieme

1
(y) ha almeno p punti, uno per ogni U
i
. Il complementare H dellunione
degli U
i
in X `e un chiuso la cui immagine non contiene y
0
; essendo propria
linsieme (H) `e chiuso in Y : allora V (H) `e un intorno di y
0
e per ogni suo
punto
1
(y) consiste esattamente di p punti.
In generale il numero dei punti di
1
(y) varia al variare della componente
connessa di contenente y. Supponiamo ora che X ed Y siano orientate. In
ogni punto x X regolare per , il dierenziale d(x) essendo un isomorsmo
tra spazi vettoriali orientati far`a corrispondere lorientazione di X con quella
di Y (ossia trasforma basi positive in basi positive) ed allora diremo che x ha
molteplicit`a +1 sopra y = (x), altrimenti, se inverte tali orientazioni, diremo
che ha molteplicit`a 1. Per ogni y , la somma delle molteplicit`a nei punti
di
1
(y) sar`a detta grado di sopra y ed indicato con (; y) = (y). Si ha
cos` una funzione : Z. E evidente che `e costante su ogni componente
connessa di . Si pu`o dimostrare che essa `e di fatto costante su tutto ; il suo
valore (quindi un intero) viene detto grado di ed indicato con (). Si pu`o
anche dimostrare che tale grado `e lo stesso per applicazioni che sono omotope.
Noi lo dimostreremo ora solo nei casi in cui abbiamo calcolato la coomologia di
de Rham di dimensione massima, cio`e quelli di dimensione 1 e 2.
Sia infatti : X Y come sopra e sia y Y un suo valore regolare. Scegliamo
un intorno V di y tale che
1
(V ) sia fatto di p componenti connesse ognuna
dieomorfa a V tramite . Si scelga una nforma in X avente supporto
compatto entro V e tale che
_
Y
=
_
V
= 1. Allora
_
X
() =
_

1
(V )

()
vale (; y). Nei casi di dimensione 1 e 2, tale numero `e indipendente dally
scelto: infatti in tali casi sappiamo che lomomorsmo

: H
n
c
(Y ) H
n
c
(X)
`e tra spazi vettoriali di dimensione 1, ove le basi sono indotte da nforme a
supporto compatto ed integrale 1.
Una volta dimostrato che tale grado `e ben denito, `e facile dimostrare che esso
`e lo stesso per applicazioni omotope: basta osservare che se (
t
)
t[0,1]
`e una
omotopia (ossia X [0, 1] (x, t)
t
(x) Y `e dierenziabile) dati t
0
[0, 1]
e y
0
Y valore regolare per
t
0
, per tutti i t in un intorno di t
0
il punto y
0
rimane un valore regolare per
t
e (
t
, y
0
) = (
t
0
(y
0
).
Molteplicit`a di intersezione tra sottovariet`a e caratteristica di Eulero-
Poincare
Sia X una variet`a compatta di dimensione n e con ssata orientazione e sia
: T(X) X la proiezione canonica (x, v) = x. Un campo di vettori tangenti
`e una applicazione dierenziabile s : X T(X) tale che s(x) = x per ogni
x X (una inversa destra di ); in altri termini, se X R
N
, una tale s
`e individuata da una applicazione di X in R
N
che ad ogni x X associa un
vettore v R
N
che `e tangente ad X nel punto x; i punti x X ove tale vettore
`e nullo sono detti zeri del campo.
Discuteremo ora del problema di contare quanti zeri debba necessariamente
avere un campo di vettori tangenti. Ad esempio sappiamo che su X = S
2
49
ogni campo di vettori tangenti deve avere qualche zero; invece su S
1
se ne
pu`o costruire uno privo di zeri: ad esempio s(x, y) = (y, x). Ci`o accade per
ogni sfera S
2n1
R
2n
di dimensione dispari: ad esempio s(x
1
, ..., x
2n
) =
(x
2
, x
1
, ..., x
2n
, x
2n1
) `e un tale campo ( si pu`o dimostrare che ci`o accade su
ogni variet`a di dimensione dispari).
Mostreremo ora come si possa dare un senso alla seguente aermazione e poi
dimostrare che essa `e vera: per ogni variet`a compatta (che per semplicit`a sup-
porremo orientata) X esiste un intero (X) Z, detto sua caratteristica di
Eulero-Poincare, tale che ogni campo di vettori tangenti su X o ha inniti zeri
oppure il numero di questi, contati con opportuna molteplicit`a, `e (X).
Questo risultato sar`a ottenuto come conseguenza di argomentazioni riguardanti
lintersezione tra sottovariet`a di una data variet`a.
Siano X una variet`a di dimensione p + q e , sottovariet`a compatte di di-
mensioni rispettivamente p e q. Diremo che e sono trasversali nel punto
x X se o x non appartiene alla loro intersezione oppure se lintersezione tra
T
x
() con T
x
() entro T
x
(X) `e il solo vettore nullo, il che equivale, per la for-
mula di Grassmann a richiedere che T
x
(X) sia somma di tali due sottospazi; in
questo secondo caso il punto x sar`a un punto isolato dellintersezione tra le due
sottovariet`a. Se e sono trasversali in ogni punto di X, allora `e un
insieme nito. Supponiamo che ci`o sia vero e che siano state ssate orientazioni
su tutte e tre le variet`a. Un punto x di intersezione tra e sar`a detto positivo
se date basi positive (e
1
, .., e
p
) di T
x
() e (f
1
, ..., f
q
) di , `e anche positiva la
base (e
1
, ..., e
p
, f
1
, ..., f
q
) di T
x
(X); altrimenti diremo che tale punto `e negativo.
Lintero I(, ) Z dierenza tra il numero di punti in cui lintersezione `e posi-
tiva e quello dei punti in cui `e negativa viene detto molteplicit`a di intersezione
tra e . Mostreremo che ssata esiste una qforma chiusa a supporto com-
patto su X tale che
_

= I(, ) per ogni come sopra che sia trasversale


ovunque a .
Sia quindi una sottovariet`a compatta orientata di dimensione p di una variet`a
orientata X R
M
avente dimensione p + q e sia N il brato normale a in
X (coppie (x, v) di vettori di R
M
ove x e v `e tangente ad X e ortogonale
a ). Lapplicazione : N R
M
denita da (x, v) = x + v, induce per
sucientemente piccolo un dieomorsmo tra N

= (x, v) N ; [[v[[ < ed


una sottovariet`a di R
M
. Proiettando questa su X (mandando ogni punto di essa
nel punto a lui pi` u vicino tra quelli di X) si ottiene un dieomorsmo tra N

ed
un intorno W di in X che chiamiamo intorno tubolare di in X; possiamo
anche sostituire N

con tutto N essendo questi dieomor (vedi appendice sulla


costruzione di alcuni dieomorsmi).
Costruiremo adesso una qforma chiusa a supporto compatto in N; essa de-
terminer`a una forma a supporto compatto entro W e quindi anche su X e
mostreremo che essa possiede la propriet`a descritta avanti.
Infatti sia = f(t
1
, ..., t
q
)dt
1
... t
q
una qforma a supporto compatto su
R
q
tale che
_
R
q
= 1. Ogni punto x
0
ha un intorno U sul quale esistono
applicazioni v
1
, ..., v
q
di U in R
n
che sono dierenziabili e che per x U costi-
tuiscono una base ortonormale di N
x
; ci`o induce una applicazione della parte
di N sopra U con U R
q
, quindi una proiezione di tale parte su R
q
tramite
la quale rimontiamo la qforma . Se utilizziamo delle v
i
diverse, ma in modo
che abbiano le stesse propriet`a richieste sopra, la forma rimontata pu`o essere
50
diversa ma rimarr`a la stessa se la funzione (e quindi anche la qforma ) `e
invariante per rotazioni di R
q
. Scelta f in tal modo, si ottiene una qforma
a supporto compatto su N che `e chiusa perche localmente immagine inversa di
una chiusa in R
q
.
Mostriamo ora che se `e una sottovariet`a orientata chiusa in X di dimensione
q (non necessariamante compatta che sia trasversale a in ogni punto di X,
allora
_

= I(, ). Infatti essendo il supporto di contenuto nellintorno


tubolare, basta mostrare che ci`o `e vero quando X = N. In tal caso operando con
una omotetia sulle bra di N (moltiplicazione su N
x
per una costante positiva
(x) che dipende dierenziabilmente da x ) si fa in modo che intersechi
il supporto di solo in corrispondenza dei punti in cui essa incontra con
componenti connesse che nella proiezione su R
q
danno un dieomorsmo con
un aperto contenente il supporto di , il che mostra che lintegrale su ogni tale
componente d`a 1 o 1 a seconda che lorientazione viene conservata o invertita.
Proposizione 49 Siano : M una applicazione dierenziabile tra variet`a
orientate di dimensioni risp. p +1 e p +q e M una sottovariet`a compatta
orientata di dimensione q. Supponiamo che sia compatta e che induca
un dieomorsmo tra ed una sottovariet`a di M che sia trasversale a .
Allora la molteplicit`a di intersezione tra e `e zero.
Dim. Sia la qforma costruita sopra nellintorno tubolare di ; essa `e una
forma chiusa e qundi per la formula di Stokes ha integrale nullo su
Corollario 50 Sia M una sottovariet`a compatta orientata di dimensione q
in una variet`a orientata M di dimensione p+q. Se
0
,
1
: M sono dio-
morsmi su sottovariet`a
0
,
1
M che sono omotopi dierenziabilmente (in
quanto applicazioni dierenziabili) e trasversali a essendo orientata com-
patta di dimensione p, allora le molteplicit`a di intersezione I(
0
, ) e I(
1
, )
coincidono
Sia s una sezione di un brato vettoriale : E M; la sua immagine in E
`e una sottovariet`a dieomorfa ad M che `e detta il graco di s. Spesso si usa
identicare M con il graco della sezione nulla. Supponiamo che il rango di
E sia la dimensione n di M e che il suo graco sia trasversale a quello della
sezione nulla; ci`o signica che in ogni punto x M ove s si annulla, la scrittura
di s in un intorno U di x sul quale E sia banalizzato (che `e una applicazione
dierenziabile di U in R
n
) abbia dierenziale non nullo in x. Supponiamo
che M ed E siano orientati (per E signica equivalentemente che: o (1) le
bre di E sono orientate in modo compatibile con le banalizzazioni locali di
E, oppure (2) E `e una variet` a orientata) e che M sia compatta; ad ogni zero
di s si pu`o allora attribuire un segno: quello di molteplicit`a di intersezione
tra il graco di s e quello della sezione nulla. Siccome ogni due sezioni sono
omotope dierenziabilmente (ts
0
+ (1 t)s
1
`e una omotopia tra le sezioni s
0
e
s
1
) si pu`o applicare il corollario precedente ed ottenere che nelle ipotesi fatte, il
numero (algebrico) di tali zeri non dipende dalla particolare sezione di E che sia
trasversale alla sezione nulla. Tale numero viene detto numero di Eulero di E;
nel caso particolare che E sia il brato tangente alla variet`a compatta orientata
M esso `e detto la caratteristica di Eulero-Poincare di M.
51
Commento Con tecniche elementari di topologia dierenziale, basate essenzial-
mente sul lemma di Sard, si dimostra che introducendo una qualche topologia
ragionevole sullo spazio vettoriale delle sezioni di un brato E (ad esempio quella
di spazio di Banach che tiene conto delle derivate di ordine minore o eguale
ad un k 1), le sezioni trasversali a quella nulla costituiscono un aperto denso;
in particolare `e un insieme non vuoto e quindi il numero di Eulero `e un intero
ben denito.
Estendiamo ora la nozione di caratteristica di Eulero-Poincare al caso di variet`a
compatte a bordo. Se M `e una tale variet`a ed `e orientata, consideriamo campi
di vettori tangenti che puntino allesterno in ogni punto di bordo di M nel
senso seguente: in ogni punto x del bordo di M, lo spazio tangente T
x
(M)
contiene lo spazio tangente T
x
(M) come iperpiano. I vettori v T
x
(M) sono
precisamente quegli elementi di T
x
(M) che annullano i dierenziali di funzioni
dierenziabili su M e nulle su M. Quelli che puntano allesterno sono i
v T
x
(M) per il quali esiste qualche funzione f nulla su M e mai positiva su
M e tale che df[v] > 0.
Deniamo allora (M) come il numero (algebrico) degli zeri di un campo di
vettori tangenti che in ogni punto di M punti allesterno. Che tale numero non
dipende dal particolare campo tangente scelto lo si dimostra cos`: consideriamo
la variet`a N compatta orientata senza bordo ottenuta unendo per il bordo M
e una sua copia

M in cui lorientazione sia stata cambiata ( si appoggia M
con il bordo su uno spechio e si vede N). Che ci`o possa essere fatto in
modo che N sia una variet`a dierenziabile, si dimostra osservando che esiste un
intorno (tubolare) di M in M che `e dieomorfo a M [0, 1[ (nellappoggiare
M allo specchio si stia attenti ad appoggiarla ortogonalmente: allora non
si formano angoli nei punti dello specchio). I campi di vettori tangenti ad M
che puntino allesterno sul bordo possono essere scelti (o deformati se non lo
sono) in modo che siano ortogonali al bordo e unitari; allora due qualsiasi di
essi sono estendibili dierenziabilmente a tutto N con uno stesso campo su

M
(ad esempio lopposto del riesso di uno di essi allo specchio). Dal fatto che per
N il numero (algebrico) degli zeri non cambia, ne segue che lo stesso accade per
gli zeri che sono allinterno di M.
Calcolo della caratteristica tramite una funzione di Morse
Sia f : M R dierenziabile ove M `e una varie`a di dimensione n. Se in un
punto x M il dierenziale df si annulla (x `e un punto critico) allora sullo
spazio tangente T
x
(M) `e ben denita una forma bilineare simmetrica 1(f, x),
detta lhessiano; in un sistema di coordinate locali x
1
, ..., x
n
tale forma `e espressa
dalla matrice simmetrica delle derivate seconde di f. Se tale forma `e non singo-
lare (ossia il punto x `e critico non degenere) viene detto indice del punto critico
la massima dimensione di sottospazio di T
x
(M) sul quale lhessiano `e denito
negativo; in pratica lindice coincide con il numero degli autovalori negativi
(contati con la loro molteplicit`a) della matrice delle derivate seconde. La fun-
zione f `e detta di Morse se `e propria e se ogni suo punto critco `e non degenere.
Supponiamo M compatta; ogni funzione di Morse su X ha quindi un numero
nito di punti critici e per ogni tale punto ctritico x `e denito un intero i(x) tra
0 ed n, il suo indice. Indichiamo con (f) la somma dei (1)
i(x)
estesa a tutti
i punti critici di f.
52
Proposizione 51 Sia f una funzione di Morse su una variet`a compatta orien-
tata M. Allora (f) = (M)
Dim. Consideriamo su M una qualsiasi struttura di variet`a riemanniana. Allora
il gradiente di f (ossia il dierenziale di f interpretato come campo di vettori
tangenti utilizzando lisomorsmo tra 1forme dierenziali e campi di vettori
tangenti) `e una sezione del brato tangente trasversale alla sezione nulla; inoltre,
utilizzando le scritture locali di f date dal lemma di Morse in un punto critico
x, si verica immediatamente che la molteplicit`a di zero di tale campo in x
coincide con (1)
i(x)
.
Nota. Questultimo risultato non solo dice che la caratteristica di Eulero-
Poincare di una variet`a M non dipende dallorientazione scelta, ma anche che
probabilmente essa pu`o essere denita anche nel caso che M non sia orientabile;
ci`o pu`o essere fatto al solito con tecniche elementari di topologia dierenziale, di-
mostrando che due funzioni di Morse qualsiasi, sono collegabili con una famiglia
ad un parametro di funzioni in cui solo un numero nito sono non di Morse in
ognuno dei quali appaiono o spariscono una coppia di punti critici i cui indici
dieriscono per una unit`a.
La mappa di Gauss per superci in R
3
Sia M una supercie in R
3
(o pi` u in generale sia M una sottovariet`a di dimen-
sione n 1 in R
n
). In ogni punto x M lortogonale N
x
allo spazio tangente
T
x
(M) ha dimensione 1 e contiene quindi esattamente due vettori unitari. La
scelta di uno di essi equivale ad una orientazionedi T
x
(M): una base u
1
, u
2
posi-
tiva per T
x
(M) ed il versore scelto n sono tali che (u
1
, u
2
, n) costituisce una base
positiva per R
3
. Quindi se M `e orientata, assegnando ad ogni punto x M il
versore ortogonale positivo si ha una applicazione G : M S
2
= sfera unitaria
di centro lorigine in R
3
; si noti che tale applicazione ha la particolarit`a che per
ogni x M lo spazio tangente ad M in x coincide con lo spazio tangente ad
S
2
in G(x). Il determinante del dierenziale di G in x M, considerato come
endomorsmo di T
x
M, `e detto curvatura gaussiana (scalare) K
x
di M in x.
La curvatura gaussiana, pi` u propriamente detta, `e la 2forma dierenziale
K
su M ottenuta sollevando tramite la mappa di Gauss la forma di volume dV
S
2
di S
2
, la forma di volume dV
M
di una variet`a riemanniana orientata M di
dimensione p in un punto x essendo cos` denita: se v
1
, ..., v
p
sono in T
x
(M)
allora dV
M
(x)[v
1
, ..., v
p
] `e il determinante della matrice < v
i
, e
j
> ove (e
1
, ..., e
p
)
`e una base ortonormale positiva di T
x
(M). La curvatura della supercie ori-
entata M `e quindi cos` denita: per u
1
, u
2
T
x
(M) la quantit`a
K
[u
1
, u
2
] `e
data dal determinante della matrice (< dG[u
i
], e
j
>) ove (e
1
, e
2
) `e una base
ortonormale positiva di T
G(x)
(S
2
). Se la variet`a M `e orientata, allora la sua
curvatura scalare in un punto x `e ottenuta calcolando la curvatura
K
su una
base ortonormale positiva di T
x
(M); equivalentemente:
K
= K
x
dV
M
, ossia la
curvatura gaussiana `e il prodotto tra la curvatura scalare e la forma di volume
di M.
Nota. A dierenza della curvatura gaussiana scalare, la forma di curvatura
gaussiana dipende dalla orientazione di M, cos` come la forma di volume; ma
lintegrale di essa su M `e indipendente dallorientazione, cos` come la forma di
53
volume che in ogni caso d`a larea della zona su cui si integra. Si noti anche che
il grado della mappa di Gauss `e indipendente dalla orientazione scelta: infatti
se cambiamo orientazione, la mappa di Gauss viene cambiata di segno e quindi
anche lo spazio tangente di S
2
nel punto immagine, essendo cambiato in quello
dellantipodale del precedente, cambia orientazione.
La proposizione seguente, vista la denizione di grado che abbiamo dato, `e
praticamente una tautologia:
Proposizione 52 Sia M R
3
una supercie compatta. Se `e il grado della
mappa di Gauss G : M S
2
si ha:
_
M

K
= 4
Dim. Lintegrale di dV
S
2 su S
2
`e larea di S
2
e quindi 4. Per ogni due forma
su S
2
si ha poi
_
M
G

() =
_
S
2

Proposizione 53 Sia M R
3
una supercie compatta connessa. Allora il
grado della mappa di Gauss G : M S
2
`e la met`a della caratteristica di
Eulero-Poincare di M
Dim. Per il lemma di Sard esiste v S
2
che sia un valore regolare per G e per
G. Consideriamo il campo T di vettori tangenti ad M ottenuto proiettando
ortogonalmente il vettore v sui vari piani tangenti di M; in altri termini T `e
il gradiente della funzione x < v, x > di M in R. Gli zeri del campo T
sono i punti ove la normale ad M `e v o v ossia i punti di G
1
(v) pi` u quelli
di G
1
(v). Essendo il grado ben denito, tutti e due questi insiemi di zeri,
contando +1 i massimi e i minimi e 1 i punti di sella, danno il grado di G e
tutti assieme danno la caratteristica di M.
Corollario 54 Se M `e una supercie compatta in R
3
si ha:
_
M

K
= 2(M)
Connessioni
Siano una forma dierenziabile di grado p e T un campo di vettori tangenti
su una variet`a X R
N
. Se p = 0, ossia se `e una funzione f, sappiamo
derivarla rispetto a T: per la denizione astratta dei campi di vettori tangenti
(le derivazioni) tale derivata `e il valore T(f) della derivazione sulla funzione.
Per la denizione pi` u concreta, si scelga in un punto x
0
X un cammino
dierenziabile :] a, a[ X tale che (0) = x
0
e (0) = T(x
0
); allora la
derivata rispetto a di f rispetto a T(x
0
) `e il limite per h 0 dei rapporti
incrementali (f((h) f((0)))/h. Ma se p > 0, ad esempio `e una 1forma,
una tale derivata non `e stata denita. In modo analogo si pone la questione di
fare le derivate per campi di vettori normali o in generale nel caso di famiglie
dierenziabili di spazi vettoriali di cui ora discuteremo.
Sia X una variet`a dierenziabile. Ricordiamo che una famiglia dierenziabile
di spazi vettoriali di dimensione p su X `e un sottoinsieme E R
N
tale che per
ogni x
0
X esistano un suo intorno aperto U ed una applicazione dierenziabile
54
f : U matrici a N p righe ed N colonne tali che:
1. f(x) ha rango N p per ogni x U
2. E (U R
N
) = (x, v) U R
N
: f(x)[v] = 0
La restrizione ad E della proiezione naturale X R
N
X ha quindi per
bre sopra i punti x U, linsieme delle soluzioni di un sistema lineare omo-
geneo di N p equazioni linearmente indipendenti in N variabili che dipende
dierenziabilmente da x U.
Abbiamo visto che un tale E `e una variet`a dierenziabile; una sezione su un
aperto U X di una tale E `e una applicazione s : U E tale che s(x) = x
per ogni x U. Tali sezioni possono essere sommate tra loro od anche moltipli-
cate per una funzione dierenziabile su U; il loro insieme, indicato con (U, E))
`e cos` un modulo sullanello delle funzioni dierenziabli su U.
Esempi di tali famiglie sono il brato tangente ad una sottovariet`a di R
N
o il
brato normale di una sottovariet`a X di una variet`a M R
N
. Ad esempio
se E `e il brato tangente di una variet`a dierenziabile X, le sue sezioni sono i
campi di vettori tangenti ad X che indichiamo con la notazione T.
Tutte le operazioni naturali di costruzione tra spazi vettoriali (quelle che sono
denibili senza utilizzare una scelta di basi (ad esempi la somma diretta, o lo
spazio degli omomorsmi lineari, o quello delle forme bilineari tra due spazi
vettoriali) possono essere introdotte tra brati vettoriali.
Importante `e la nozione di isomorsmo tra brati vettoriali. Facciamo un es-
empio: la sfera S
3
ammette campi di vettori tangenti mai nulli; anzi se ne
possono trovare tre T
1
, T
2
, T
3
che siano linearmente indipendenti in ogni punto
x S
3
. Ne segue un isomorsmo tra S
3
R
3
e T(S
3
), quello che per s S
3
e
(
1
,
2
,
3
) R
3
associa
1

T
1
(s) +
2

T
2
(s) +
3

T
3
(s); se M : S
3
matrici in-
vertibili 33 `e una applicazione dierenziabile, i tre campi T

i
(s) = M(s) T
i
(s)
per i = 1, 2, 3 inducono un altro isomorsmo di S
3
R
3
con T(S
3
). La situazione
`e come per uno spazio vettoriale V : ssando una sua base esso si identica con
un R
p
ma nessuna di tali identicazioni `e privilegiata in qualche senso rispetto
alle altre. Per brati vettoriali poi, tali identicazioni sono in genere possibili
solo localmente: ad esempio il brato tangente ad S
2
non `e isomorfo (global-
mente) ad S
2
R
2
, altrimenti esisterebbero campi di vettori tangenti ad S
2
mai
nulli.
Un brato di rango p pu`o essere visto localmente come una famiglia costante,
ossia la sua restrizione ad aperti U abbastanza piccoli `e isomorfa ad U R
p
.
Fissando un tale isomorsmo (sullaperto U) le sezioni sono rappresentate come
applicazioni dierenziabili di U in R
p
e come tali possono essre dierenziate
dierenziando le singole componenti. Ma tale dierenzazione cambia cambiando
la identicazione locale con la famiglia costante, non `e quindi intrinseca. Una
connessione su un brato di cui ora discuteremo `e sostanzialmente la ssazione
di un modo univoco di dierenziare le sue sezioni.
Come detto sopra indicheremo con T il modulo dei campi di vettori tangenti
ad una variet`a X; il modulo delle sezioni di un un brato vettoriale : E X
sar`a indicato anche con A
0
(E).
Per p N indicheremo con A
p
(E) linsieme delle applicazioni : T
p
c che
siano alternanti e lineari sullanello c. Anche esse formano un modulo su c.
Una connessione su E `e una applicazione : A
0
(E) A
1
(E) che soddis le
condizioni seguenti:
55
1. `e Rlineare, per le strutture di spazi vettorilai reali esistenti su A
0
ed A
1
2. Per s A
0
(E) ed f c sia (f s) = df s + fs. ove il primo addendo a
destra `e denito ponendo per T T: (df s)(T) = (df(T)) s.
Esempi:
1. Consideriamo il brato costante E = XR
p
sulla variet`a X e per i = 1, ..., p
sia e
i
A
0
(E) la sezione avente la iesima componente 1 e tutte le altre
nulle. Allora (e
1
, ..., e
p
) costituisce una base di A
0
(E) su c; in altri termini
lapplicazione
c
p
(f
1
, ..., f
p
)
p

1
f
i
e
i
A
0
(E)
`e un isomorsmo di cmoduli.
Sia : A
0
(E) A
1
(E) una connessione e per i = 1, ..., p sia
i
= e
1
. Al-
lora

p
1
f
i
e
i
=

p
1
df
i
+

p
1
f
i

i
e quindi la connessione `e univocamente
determinata dai valori che essa assume sugli e
1
, ..., e
p
(che formano una base di
A
0
(E) su c). Viceversa date le
i
per i = 1, ..., p, ognuna delle quali `e iden-
ticabile ad una nupla di 1forme dierenziali su X, la relazione precedente
individua una connessione. Quindi su un brato banale (ossia uno in cui tutti
gli spazi vettoriali sono identicati ad uno ssato) le connessioni corrispondono
biunivocamente alle matrici quadrate di 1forme dierenziali.
La dierenzazione ordinaria (fatta dierenziando ciascuna componente) `e una
connessione e corrisponde alla matrice quadrata in cui tutti gli elementi sono la
1forma nulla.
Nota. In generale siano
1
,
2
due connessioni su un brato vettoriale E. La
dierenza H =
2

1
: A
0
(E) A
1
(E) `e lineare su c; quindi per ogni
X T ed s A
0
(E) tale dierenza fornisce un H(X, s) A
0
(E) che dipende
linearmente (sullanello c) sia da X che da s, ossia `e bilineare: essa `e quindi
interpretabile come una applicazione lineare di T nelle applicazioni lineari di
A
0
(E) in se ossia come un elemento H A
1
(End(E)), ove End(E) `e il -
brato vettoriale degli endomorsmi di E. Viceversa date una connessione
su E ed un elemento di A
1
(End(E)), lapplicazione

(s) = (s) + H(s) `e una
nuova connessione su E. Possiamo esprimere questo fatto dicendo che lo spazio
delle connessioni su un brato vettoriale E `e uno spazio ane sul modulo
A
1
(End(E)) delle 1forme del brato vettoriale degli endomorsmi di E. Ne
segue che dati un brato vettoriale E su una variet`a dierenziabile M e una
connesione
i
per la restrizione di E ad un aperto U
i
per ogni U
i
di un rico-
primento localmente nito di M avente una partizione dellunit`a subordinata
(
i
)
iI
, allora la scrittura

iI

i
(x)
i
(s) se ben interpretata denisce una
connessione su E (nella somma indicata si devono considerare, per ogni x M
solo gli indici i per cui x U
i
).
2. Sia E una famiglia di sottospazi vettoriali di R
N
parametrizzati dalla variet`a
X e sia una connessione sul brato banale X R
N
(determinata quindi da
una matrice N N di 1forme dierenziali su X). Ogni sezione s E `e quindi
in particolare una sezione di X R
N
ed `e quindi denita s A
1
(X R
N
;
questa associa ad ogni campo di vettori tangenti di X una sezione di X R
N
:
proiettando ortogonalmente questultima per ogni x X sulla bra E
x
di E
nel punto x, si ottiene un elemento di A
1
(E); ci`o denisce una connessione su
E che diremo indotta dalla connessione su X R
N
. Ad esempio se X `e una
56
sottovariet`a di R
N
allora i suoi brati tangente e normale sono contenuti nel
brato banale X R
N
e la connessione banale su questo induce connessioni sui
brati tangente e normale che saranno dette connessioni canoniche.
3. Connessione sul duale. Sia una connessione sul brato E; ci chiediamo se
esistano connesioni

sul duale E

di E che verichino la seguente formula:


se A
0
(E

) e s A
0
(E) allora:
d < , s >=<

, s > + < , s >


ove d `e la dierenzazione di funzioni e < , > `e la forma bilineare ottenuta
valutando un funzionale lineare su una sezione (la dualit`a naturale).
In tale relazione il simbolo

compare in un solo termine: portando questo


al primo membro e tutti gli altri al secondo, si ha che i valori di esso sono
univocamente determinati dalla validit`a della relazione richiesta; inoltre tale
espressione pu`o essere usata per denira una applicazione

che, come si veri-


ca con semplici calcoli formali, `e una connessione. Questo `e un tipico modo
di costruire connessioni su brati ottenuti con costruzioni naturali da brati
dotati di connessioni. Ad esempio sia una connessione su un brato E; esiste
allora una ed una sola connessione

sul brato End(E) degli endomorsmi di
E (se le bre di E sono spazi vettoriali isomor ad R
p
allora le bre di End(E)
sono isomorfe allo spazio delle matrici p p) che verichi la seguente formula:
se A
0
(End(E)) e s A
0
(E) allora:
((s)) = (

)(s) +((s))
Anche in questo caso lesistenza ed unicit`a di

si dimostra portando nel primo
membro lunico termine che contiene il simbolo di tale operatore ed al secondo
membro gli altri e vericando che il membro a destra denisce, quindi univoca-
mente, una connessione che ha la propriet`a richiesta.
4. Supponiamo che sul brato vettoriale E sia ssato un prodotto scalare non de-
genere: questo pu`o essere denito come una applicazione bilineare su c) simmet-
rica < , >: A
0
(E) A
0
(E) c tale che associando ad ogni sezione s A
0
(E)
il funzionale A
0
(E) t < s, t > c si ottenga un isomorsmo da A
0
(E) in
A
0
(E

) (in pratica signica avere per ogni bra E


x
di E una forma bilineare
simmetrica non degenere: se X `e connessa la sua segnatura sar`a indipendente
da x X).
Cerchiamo connessioni su E vericanti la seguente condizione: per s, t
A
0
(E) vale la formula:
d < s, t >=< s, t > + < s, t >
Questa volta non si riesce ad isolare un solo termine contenente ; e di fatto tali
connessioni (delle quali `e possibile dimostrare comunque lesistenza) non sono
univocamente determinate da questa condizione. Ma si pu`o ottenere lunicit`a nel
caso particolarmente importante che il brato in questione sia quello tangente,
richiedendo che valga anche unaltra formula, la quale ha senso solo nel caso del
brato tangente. Per precisare ci`o useremo una notazione largamente usata: sia
una connessione su un brato vettoriale E; se s A
0
(E) allora s A
1
(E)
`e un oggetto che pu`o essere valutato su un campo di vettori T, il cui risultato
sarebbe normalmente indicato con (s)(T). Usualmente tale valore viene invece
indicato con la notazione:
T
s intendendo che sia la derivata di s rispetto alla
57
direzione T.
Sia ora < , > un prodotto scalare non degenere sul modulo dei campi di vettori
tangenti T di una variet`a dierenziabile X; esso identica quindi T col proprio
duale. Cerchiamo se esistono connessioni su T per le quali valgano le formule
seguenti: nelle quali R, S sono campi di vettori tangenti:
a) Naturalit`a rispetto al prodotto scalare (o equivalentemente eguaglianza tra
e la sua duale):
d < R, S >=< R, S > + < R, S >
b) Una forma di associativit`a tra i commutatori:

R
S
S
R =
[R,S]
che equivale allavere per ogni f c:
R(S(f)) S(R(f)) = (
R
S)(f) (
S
R)(f)
Si dimostra che esiste una ed una sola connessione che abbia tali due propriet`a:
la dimostrazione si fa considerando per ogni terna X, Y, Z di campi di vettori le
relazioni:
1. X < Y, Z >=<
X
Y, Z > + < Y,
X
Z >
2. Y < Z, X >=<
Y
Z, X > +....
3. Z < X, Y > +....
Sommando 1. con 2. e sottraendo 3. si ha una eguaglianza che, utilizzando
la propriet`a b), pu`o essere portata ad avere un solo termine in cui compaia il
simbolo e che pu`o quindi essere usata per determinare come deve operare
la connessione; bisogna beninteso vericare poi che l operatore cos` denito `e
eettivamente una connessione e che possiede le propriet`a indicate in a) e b).
Tale connessione `e detta di Levi-Civita; in tutto il calcolo che abbiamo accen-
nato, non si usa mai che il prodotto scalare `e denito positivo, ma solo che `e non
degenere, ossia che identica lo spazio dei campi di vettori tangenti con il suo
duale, cio`e lo spazio delle 1forme dierenziali. La connessione di Levi-Civita
risulta quindi denita anche nel caso di metriche con segnatura mista.
Su un sistema di coordinate (x
1
, ..., x
n
) i campi
i
= /x
i
per i = 1, ..., n
formano una base delle derivazioni. Si ha quindi:

k
=
n

i=1

i
jk

i
ove la tabella di numeri
i
jk
`e detta dei simboli di Christoel.
Cambiamenti di parametro
Siano M ed N due variet`a dierenziabili e siano date una famiglia dierenziabile
di spazi vettoriali rdimensionali : E M ed una applicazione dierenziabile
: N M. Indicheremo con

(E) la famiglia dierenziabile di spazi vettoriali


su N denita associando al punto x N la bra E
(x)
di E sul punto (x).
58
Osservazione. Si ricordi che per le denizioni date E `e un sottoinsieme di
un prodotto M R
N
; la denizione precedente indica quindi

(E) come un
sottoinsieme di N R
N
. Pi` u precisamente le famiglie di spazi vettoriali sono
state denite come soluzioni di sistemi lineari (a rango costante N r) i cui
coecienti dipendono dierenziabilmente da un parametro x M; allora

`e ottenuto cambiando parametro tramite ossia sostituendo nei coecienti


del sistema lineare che denisce E la x con (y) per y N. Si noti che ogni
banalizzazione di E su un aperto di M (ossia laver ssato su una base
di E, ossia una rupla di sezioni linermente indipendenti in ogni punto di )
determina una banalizzazione di

(E) su
1
(E).
Una sezione di

(E) su N si identica ad una applicazione X : N E sod-


disfaciente la seguente condizione: per y N lelemento X(y) E appartiene
ad E
(y)
ossia (X(y) = (y). Ad esempio siano E il brato tangente ad M ed
N = [a, b] un intervallo, cosicche : N M `e un cammino dierenziabile in
M. Allora una sezione di

(E) su [a, b] `e quello che viene chiamato (qui e nella


usuale letteratura sullargomento) un campo di vettori tangenti ad M lungo il
cammino .
Sia : A
0
(E) A
1
(E) una connessione; deniamo una connessione

()
su

(E) nel modo seguente. Sia (s


1
, ..., s
r
) una base delle sezioni di E su un
aperto M (ossia una banalizzazione di E su ); allora `e espresso su da
una matrice di 1forme (
ij
) per la quale per i = 1, ..., r si ha s
i
=

r
1

ij
s
j
.
Le forme (

(
ij
)) deniscono allora una connessione

per

(E) su
1
(),
quella in cui per i = 1, ..., r ponendo s
i
= s
i
si ha s
i
=

r
1

(
ij
) s
j
.
Una semplice verica formale dimostra che tale connessione non dipende dalla
particolare base (s
1
, ..., s
r
) scelta; si ottiene quindi una ben denita connessione

() per

(E) su N. Ribadiamo che questa `e univocamente determinata


dalla condizione che la dierenzazione del sollevamente tramite di una sezione
s di E coincide col sollevamento della dierenzazione di s.
In particolare sia : [a, b] M un cammino dierenziabile; la connessione

() permette di dierenziare sezioni di E lungo . Ossia data una appli-


cazione dierenziabile s : [a, b] E tale che per ogni t [a, b] sia s(t) E
(t)
(equivalentemente: (s(t) = (t)), `e denita un elemento

()(s) A
1
(

(E)
che essendo una 1forma a valori in E sullintervallo [[a, b] ove `e ssata la coor-
dinata t si scriver`a (in modo unico) come prodotto di una sezione s

di E lungo
per dt: tale s

viene detta derivata covariante di s lungo e viene indicata


con la notazione:
s

=
Ds
dt
Si ottiene cos` un operatore D/dt sullo spazio delle sezioni di E lungo il cammino
tale che se s
1
, s
2
sono due tali sezioni ed f : [a, b] R `e dierenziabile si ha:
1. D(fs
1
)/dt = (df/dt)s
1
+f(Ds
1
/dt)
2. D(s
1
+s
2
)/dt = (Ds
1
/dt) + (Ds
2
/dt)
Una sezione che abbia derivata identicamente nulla viene detta parallela.
Nel caso che E sia il brato tangente ad una variet`a M R
N
e che la connessione
su esso sia quella indotta dalla dierenzazione in R
N
, la derivata covariante
59
lungo un cammino `e ottenuta proiettando la derivata ordinaria di tali campi
(considerati come aventi valori in R
N
) sugli spazi tangenti ad M.
Banalizazzione di una connessione lungo un cammino
Sia : E [a, b] un brato vettoriale di rango r su un intervallo compatto
della retta reale. E facile dimostrare che esso `e globalmente banalizzabile, ossia
che esistono r sezioni s
1
, ..., s
r
di esso su tutto [a, b] che siano linearmente in-
dipendenti in ogni punto t [a, b] (basta dimostrare che ogni tale brato ha una
sezione mai nulla, concludendo per induzione col considerere il brato ortogo-
nale al graco di tale sezione. Che una sezioni mai nulla esiste si f`a se r 2 per
connessione di R
2
0 componendo cammini dierenziabili che siano costanti
allintorno dei punti di bordo dellintervalo di denizione; per r = 1 dimostrando
che il brato `e orientabile).
Fissata una tale banalizzazione, ogni altra sar`a determinata univocamente da
una applicazione dierenziabile G : [a, b] O(r) ove O(r) `e il gruppo delle
matrici ortogonali di ordine r. Mostreremo adesso come ssata una connessione
di E su [a, b], per ogni banalizzazione della bra di E sul punto a, ossia la
scelta di una base di E
a
, possa essere estesa in uno ed un solo modo ad una
banalizzazione di E su [a, b] per la quale la connessione diviene la dierenzazione
ordinaria, ossia per la quale la matrice di 1forme che caratterizza la connes-
sione `e identicamente nulla; ci`o equivale al fatto che gli elementi della base siano
campi a derivata covariante nulla, ossia paralleli.
Proposizione 55 Siano una connessione su un brato vettoriale : E M
e un cammino dierenziabile in M che va da un punto x ad un punto y.
Per ogni v E
x
esiste una ed una sola sezione s di E lungo che sia parallela
e tale che s(a) = v: lapplicazione che al vettore v E
x
associa s(b) E
y
`e un
isomorsmo di spazi vettoriali
Dim. Si scelga una base (e
1
, ..., e
r
) delle sezioni di E lungo (ossia un isomor-
smo di

(E) con [a, b] R


r
) e sia (
ij
) la matrice di 1forme dierenziali che
determinano la connessione

(E). Ogni
ij
si scrive nella forma a
ij
(t) dt ove
a
ij
`e una funzione dierenziabile su [a, b]. La generica sezione di E lungo si
scrive nella forma s(t) = x
1
(t)e
1
(t) +... +x
r
(t)e
r
(t) con derivata covariante:
Ds/dt = x
1
(t)e
1
(t) +... + x
r
(t)e
r
(t) +
r

ij=1
x
i
(t)a
ij
(t)e
j
(t)
Ci`o mostra che il parallelismo per una sezione di E lungo equivale al fatto
che i suoi coecienti rispetto ad una base ssata siano soluzioni di un sistema
dierenziale lineare del primo ordine; lenunciato segue quindi dai risultati di
base nello studio di tali sistemi.
Lisomorsmo di E
x
in E
y
che nella proposizione precedente viene associato al
cammino `e detto trasporto parallelo lungo il cammino od anche olonomia. In
generale esso non `e indipendente dal cammino che collega x ad y: una misura
della curvatura della connesione su E `e data proprio da tale dipendenza.
Moltiplicazione tra forme a valori in brati
Siano E, F, G tre brati vettoriali sulla variet`a M e sia ssata una applicazione
60
bilineare (su c):
: A
0
(E) A
0
(F) A
0
(G)
Con formule identiche a quelle usate per dedurre dall applicazione bilineare
c c (f, g) f g c la moltiplicazione tra forme dierenziali usuali, si
introducono prodotti A
p
(E) A
q
(F) A
p+q
(G) ponendo per A
p
(E) ,
A
q
(F) e X
1
, . . . , X
p+q
T:
(X
1
, .., X
p+q
) =

S
p,q
(1)
||
(X

1
, .., X

p
) (X

p+1
, .., X

p+q
)
ove S
p,q
`e linsieme delle permutazioni di 1, . . . , p + q tali che (i) < (j)
se 1 i < j p o se p + 1 i < j p + q. In particolare la somma
diretta della forme ordinarie A =
p0
A
p
`e un anello graduato (anticommu-
tativo ossia con = (1)
pq
) e ogni A(E) =
p0
A
p
(E) `e un Amodulo.
Esempio: sia < , >: A
0
(E) A
0
(E) c bilineare (sullanello c) (come un
prodotto scalare denito positivo sulle bre di E). Allora per A
p
(E) e
A
q
(E) il prodotto < , > `e una (p +q)forma ordinaria.
Dierenzazione delle forme a valori in un brato
Sia : A
0
(E) A
1
(E) una connessione su un brato E della variet`a M.
Deniamo operatori di dierenzazione : A
p
(E) A
p+1
(E) per p intero
naturale in modo formalmente identico a quello utilizzato per introdurre (in
modo intrinseco) la dierenzazione tra forme dierenziali ordinarie, ponendo
per A
p
(E) e X
0
, . . . , X
p
T :
d()(X
0
, .., X
p
) =
p

0
(1)
i
X
i
((X
0
, ..,

X
i
, .., X
p
))+
+

i<j
(1)
i+j
([X
i
, X
j
], X
0
, ..,

X
i
, ..,

X
j
, .., X
p
)
Diversamente da quanto succede per la dierenzazione di forme ordinarie, in
generale loperatore ! = : A
0
(E) A
2
(E) `e in generale non nullo: esso
misura la eventuale impossibilit`a di banalizzare (localmente) E in modo che
la la dierenzazione divenga quella standard (ossia la possibilit`a di trovare
localmente una base delle sezioni fatta di sezioni parallele) ed `e detto la curvatura
della connessione. Si pu`o vericare che esso `e lineare (sullanello c) e quindi che
pu`o essere pensato come un elemento di A
2
(End(E)).
Misura degli angoli
Chiameremo angolo un elemento del gruppo S
1
= z C : [z[ = 1.
Consideriamo il rivestimento R e
i
S
1
che identica il gruppo degli
angoli con il quoziente di R per il sottogruppo 2Z: un R sar`a detto misura
dellangolo e
i
; questa `e determinata solo a meno di costanti additive in 2Z.
Con notazione un p`o impropria, si indica con d la 1forma su S
1
ottenuta dif-
ferenziando le inverse locali della misura degli angoli; unaltra notazione (nello
stesso modo impropria) per d `e dlog(z) mentre una pi` u corretta sarebbe dz/z
(che sono entrambi forme denite su C

e poi ristrette ad S
1
).
61
La forma d `e chiusa (anche perche in dimensione 1 tutte le forme sono chiuse)
ma, diversamente da quanto indicherebbe la notazione, non `e esatta: essa pu`o
anche essere denita come la forma di volume su S
1
considerata come variet`a
riemanniana orientata e comunque si ha
_
S
1
d = 2.
Per ogni applicazione dierenziabile f : P S
1
ove P `e una variet`a, consi-
dereremo su P la 1forma chiusa f

(d); pensando f come applicazione a valori


complessi, tale forma pu`o anche essere indicata con df/f.
Proposizione 56 Siano f : P S
1
dierenziabile e : S
1
P un cammino
chiuso. Allora
_

df/f = 2 d ove d Z `e il grado della applicazione f


Dim. Integrare df/f su signica integrare su S
1
la forma

(df/f) e siccome
df/f = f

(d), signica integrare su S


1
la forma

(f

(d)) = (f )

(d).
Quindi lenunciato `e essenzialmente la denizione che abbiamo dato del grado.
Sia ora M una supercie riemanniana orientata; quindi per ogni x M sullo
spazio tangente T
x
(M) `e denita una struttura di spazio vettoriale complesso
(di dimensione 1) ottenuta denendo la moltiplicazione per i =

1 dei vettori
in T
x
(M) come la rotazione di angolo /2. Sia P la parte di T(M) costituita
dai vettori aventi modulo 1: essa `e una variet`a di dimensione 3 sulla quale la
restrizione della proiezione : T(M) M `e una applicazione dierenziabile
: P M le cui bre hanno una identicazione con S
1
determinata a meno
di rotazioni. Sia ora T un campo di vettori unitario su M; per ogni (x, v) P
esiste un unico w S
1
tale che v = w T(x): si ha cos` una applicazione dieren-
ziabile w : P S
1
cui `e associata come descritto avanti una 1forma chiusa
che indicheremo con
T
. Ad ogni cammino dierenziabile : [a, b] M che
sia regolare (ossia mai nullo) associamo il cammino : [a, b] P ottenuto
sollevando col normalizzato n(t) di (t): ossia (t) = ((t), n(t)). Lintegrale
di
T
sulla curva sar`a detto variazione dellangolo tra ed il campo T.
Siccome
T
`e chiusa, tale integrale dipende solo dalla classe di omotopia (a
estremi ssi) di : [a, b] P e quindi solo dalla classe di omotopia dieren-
ziabile di in quanto curva regolare a estremi ssi per lei e le sue derivate
prime: ossia per deformazioni (
s
) del cammino per cui in ogni
s
la derivata
rimane sempre non nulla e rimangono ssi i valori e le derivate prime in a e in
b. Consideriamo adesso un cammino chiuso : S
1
M (se si preferisce una
: R M che sia Lperiodica per un L R
+
); allora
_


T
`e un multiplo
intero di 2: precisamente vale 2 d ove d `e il grado della composizione di
con la funzione angolo da P ad S
1
; tale d verr`a detto grdo di rispetto al
campo T. Deformando T, tale integrale (o se si preferisce il grado che calcola)
varia con continuit`a e dovendo essere un intero `e costante. Stessa conclusione
se deformiamo la metrica riemanniana con continuit`a (normalizzando via via il
campo T dividendolo per la norma che assume).
Nota. Dora in poi se T `e un campo di vettori non nulli su M (non necessaria-
mente unitario) parleremo di variazioni di angolo con esso intendendo quelle
relative al suo normalizzato

T = T/[[T[[.
Il grado di una curva chiusa regolare rispetto ad un campo non nullo T
non dipende dalla particolare metrica riemanniana utilizzata e quindi deve es-
sere denibile topologicamente; ed infatti esso pu`o essere denito parlando di
62
molteplicit`a di intersezione su M tra e la sua deformata di poco nella direzione
del campo T.
Dalla dicussione fatta deduciamo il seguente:
Corollario 57 Siano M una supercie orientata dieomorfa ad un disco aperto
e una sua sottovariet`a dieomorfa ad S
1
. Qualunque metrica riemanniana
e qualunque campo di vettori tangenti unitario T si considerino su M, la vari-
azione di angolo tra e T sar`a 2. Precisamente sar`a +2 se `e orientata
come bordo della componente relativamente compatta del suo complementare
Dim. Essendo M dieomorfa ad un disco aperto `e anche dieomorfa ad R
2
;
sappiamo quindi che il suo complementare ha due componenti connesse, una
delle quali compatta. Orientando come il bordo della componente compatta
e scegliendo su R
2
la metrica euclidea e come campo T uno costante, sappiamo
che ha grado 1. Ogni altra metrica riemanniana m `e deformabile in quella
euclidea e con m+(1)e, quindi la variazione di angolo tra e T non dipende
dalla metrica. Non dipende neppure da T perche essendo R
2
contrattile, tutti i
campi di vettori tangenti sono deformabili luno nellaltro.
Vediamo ora una generalizzazione del precedente corollario. Siano M una su-
percie riemanniana orientata e M un compatto a frontiera =
dierenziabile. Sia anche T un campo di vettori tangenti su M che non abbia
zeri su ed i cui zeri allinterno di siano tutti semplici.
Proposizione 58 La caratteristica di Eulero-Poincare di `e data `e data dalla
somma algebrica degli zeri di T sommata al grado di rispetto a T
La dimostrazione utilizza lesistenza di superci con campi di vettori tangenti
che servono a modicare il campo di vettori tangenti T con uno rispetto al
quale le componenti del bordo di M hanno grado nullo, ci`o al costo di cambiare
il numero degli zeri di T.
Sia C la supercie compatta a bordo S
1
[0, 1] orientata col prodotto delle
orientazioni canoniche sui fattori e siano
0
= S
1
0 e
1
= S
1
1 orientate
in quanto bordi di C.
Lemma 59 Per d Z esiste un campo di vettori tangenti T
d
su C vericante
le seguenti propriet`a:
1. T
d
ha esattamente [d[ zeri, tutti semplici, interni a C e tutti dello stesso
segno di d
2. i gradi di
0
e
1
rispetto a T
d
sono rispettivamente 0 e d
Dim. Per d = 0 si pu`o prendere per T
0
un campo unitario parallelo alle bre
s [0, 1] di C. Costruiremo ora dei modelli per d = 1 e per d = 1: per
[d[ > 1 baster`a poi passare ai rivestimenti di grado [d[ di essi.
Consideriamo su D = z C : [z[ 1 i campi V
1
(z) = (z 1/2)(z + 1/2) e
V
1
(z) = (z 1/2)( z +1/2). Essi hanno ciascuno due soli zeri, questi sono sem-
plici ed interni a D e sono entrambi positivi per V
1
e uno positivo e laltro nega-
tivo per V
1
. Togliendo a D linterno di un piccolo disco contenuto allinterno di
D, avente centro in uno zero positivo ed avendo laltro zero allesterno, si ottiene
una supercie dieomorfa a C sulla quale i campi V
1
e V
1
si leggono come due
63
campi T
1
e T
1
con le propriet`a richieste. Infatti la propriet`a 1. `e vericata per
costruzione. Per la 2. che il grado su
0
sia nullo deriva dal fatto che il piccolo
disco tolto `e uno zero semplice positivo per entrambi i campi considerati su D;
per il grado di
1
basta osservare che i due campi V
1
e V
1
sono omotopi (in un
intorno di D)) rispettivamente ai campi z z
2
e z 1 per i quali il calcolo
diretto `e facile.
Dimostrazione della proposizione precedente
Sia una componente connessa del bordo di M e sia d il suo grado rispetto al
campo T. Utilizzando un dieomorsmo tra S
1
[0, 1] ed un intorno U chiuso
di in M (tale U essendo un intorno tubolare detto anche collare per ) si
pu`o incollare ad M un S
1
[0, 1] ottenendo unaltra supercie

M che rimane
dieomorfa ad M. Modicando eventualmente con continuit`a il campo T in
un intorno di , si pu`o fare in modo che T possa essere esteso a

M mettendo
sulla nuova porzione di supercie il campo T
d
del precedente lemma, in modo
che sulla nuova componente di bordo il grado sia nullo ed il numero (algebrico)
totale degli zeri di

T su

M si quello di T pi` u d. Facendo questa operazione
su tutte le componenti connesse del bordo di M si ottiene inne una supercie
dieomorfa ad M sulla quale esiste un campo di vettori tangenti trasversale al
bordo e che ha un numero algebrico di zeri eguale alla somma tra quello che
aveva T su M sommato al grado totale del bordo di M rispetto al campo T;
questo numero `e (per denizione) la caratteristica di Eulero-Poincar`e di

M che
`e la stessa di quella di M che le `e dieomorfa.
Gauss-Bonnet per superci non immerse
Siano M una supercie riemanniana orientata e T un campo di vettori aventi
norma 1 denito su un aperto M. Sia : [a, b] un cammino unitario
ossia tale che

abbia modulo costante 1. Per ogni t [a, b] esiste quindi un
numero complesso w(t) avente modulo 1 tale che

(t) = w(t) T((t)). Siccome
[a, b] `e semplicemente connesso, esiste : [a, b] R dierenziabile e tale che

(t) = e
i(t)
T((t)). La derivata covariante di tale relazione d`a:
D

(t)
dt
=

ie
i(t)
T((t)) +e
i(t)

DT((t))
dt
ove il membro a sinistra `e il vettore di curvatura geodetica; esso concide col
prodotto k
g
i

(t) essendo k
g
la curvatura geodetica scalare di in t; in partico-
lare lo scalare k
g
`e dato dal prodotto scalare tra il vettore di curvatura geodetica
e il vettore normale i

(t) al cammino e quindi dalla relazione precedente si
ottiene:
k
g
=<

(t) ie
i(t)
T((t)), ie
i(t)
T((t) > +
+ < e
i(t)
DT((t)
dt
, ie
i(t)
T((t) =

+ <
DT
dt
, iT >
Integrando tra a e b si ottiene:
_
b
a
k
g
dt = (b) (a) +
_
b
a
< T, iT >
64
Osserviamo che lintegrando nel membro a sinistra `e denito solo lungo il cam-
mino ; nel membro a destra vi `e la somma tra la variazione di angolo tra il
cammino (o meglio la sua tangente) ed il campo T (anche questo denito solo
lungo il cammino ) e lintegrale di < T, iT > che `e una 1forma ordinaria
su tutto (ricordiamo che il prodotto < , >: A
0
(T)
2
c si estende a prodotti
A
p
(T) A
q
(T) A
p+q
(c) = (p +q) forme ordinarie).
Supponiamo ora che sia un dominio compatto a frontiera dierenziabile.
Si ha allora:
_

< T, iT >=
_

d < T, iT >
e quindi, parametrizzando per lunghezza darco si ottiene:
_

k
g
dt =
_

d +
_

d < T, iT >
Il membro a sinistra `e la curvatura totale geodetica di e non dipende dalla
scelta del campo T. Nel membro a destra, il primo addendo `e la variazione di
angolo di rispetto al campo T: abbiamo visto in precedenza che esso `e 2
volte la caratteristica () di Eulero-Poincare di (perche non vi sono zeri
del campo T). Quindi anche il secondo addendo
_

d < T, iT > non deve


dipendere da T; infatti vedremo tra poco che il suo integrando non dipende da
T ed `e quindi una quantit`a intrinseca della supercie riemanniana.
Intanto possiamo dedurre il seguente importante teorema di Gauss.
Diremo poligono geodetico in M una curva chiusa semplice (di Jordan, ossia
omeomorfa ad S
1
) i cui lati siano geodetiche; ossia supponiamo dati cammini
dierenziabili (
i
: [0, 1] M ordinati ciclicamente ognuno dei quali sia una
geodetica iniettiva che parte ove arriva la precedente e che per il resto siano
disgiunti. Nel punto di arrivo di ognuno di tali cammini, diremo angolo esterno
quello di cui deve essere ruotata la sua derivata per ottenere quella con cui parte
il successivo mentre il complemento di questo a sar`a detto angolo interno.
Teorema 60 (Gauss) Sia un poligono geodetico contenuto in un aperto di
M che sia dieomorfo ad un disco. Orientiamo come bordo della componente
relativamente compatta del suo complementare in e sia T un campo di
vettori tangenti unitari su . Allora la somma degli angoli esterni di `e data
da 2
_

d < T, iT >
Dim. Si modichi il poligono in una curva dierenziabile spianando gli angoli
nei punti in cui una geodetica termina ed inizia la successiva: ci`o pu`o essere fatto
modicando ogni
i
solo su [0, ] e 1, 1]. La curva ottenuta avr`a una variazione
di angolo con T di 2 perche coincide con quella ottenuta considerando la curva
in R
2
con la metrica euclidea. Dal calcolo fatto sopra sappiamo che su ogni tale
piccolo arco modicato lintegrale di d d`a la dierenza tra angolo che
i
(1 )
forma con T(
i
(1 ) e lanalogo formato da
i+1
() con T(
i+1
(); per che
tende a zero, tale dierenza tende allangolo esterno. Siccome per che tende
a zero, linterno della curva modicata tende allinterno di , lenunciato segue
dalla formula scritta avanti.
Nota. Nel caso che M sia il piano euclideo, la somma degli angoli esterni di
un poligono vale esattamente 2; questo fatto `e elementarmente equivalente al
65
fatto che in un triangolo, la somma degli angoli interni `e . Gauss osserv`o che
sulla sfera la somma degli angoli interni di un triangolo geodetico `e maggiore di
mentre su una supercie del tipo z = xy, viene minore: dimostr`o anzi che su
superci in R
3
, la dierenza tra tale somma e `e data dallintegrale sullinterno
del triangolo di quella che noi oggi chiamiamo curvatura gaussiana. Mostreremo
adesso che per superci in R
3
la curvatura gaussiana, denita tramite la seconda
forma fondamentale o come determinante della mappa di Gauss, coincide con
d < T, iT >, il che completer`a il risultato come Gauss laveva dato. Per
superci non immerse la curvatura gaussiana sar`a denita tramite la formula
che la d`a nel caso sia contenuta in R
3
(o se si preferisce, come quella che rende
vero il teorema di Gauss).
Sia M una supercie riemanniana orientata e siano dati su un aperto M due
campi di vettori unitari S e T; se `e semplicemente connesso (o sucientemente
piccolo), esiste una funzione : R tale che S(x) = e
i(x)
T(x).
Dierenziando (con la connessione di Levi-Civita) si ottiene:
S = ie
i
Td +e
i
T
Ricordando che il prodotto scalare `e invariante per rotazioni (ossia moltipli-
cazioni per numeri complessi unitari) si ottiene che:
< S, iS >= d+ < T, iT >
in particolare le due 1forme dieriscono per il dierenziale di una funzione e
quindi la 2forma d < T, iT > non dipende dal particolare campo unitario
scelto: tale 2forma `e intrinsecamente denita su tutta M : essa, cambiata di
segno, verr`a indicata con
K
e detta forma di curvatura gaussiana.
Proposizione 61 Sia T un campo di vettori tangenti unitari su un aperto
di una supercie orientata M R
3
. Allora d < T, (iT) > coincide sullaperto
con la curvatura gaussiana di M
Dim. Siano T
1
= T , T
2
= iT e T
3
= T
1
T
2
; abbiamo che T
1
e T
2
sono in ogni
punto x una base ortonormale di T
x
(M) mentre T
3
`e la mappa di Gauss.
Dierenziando (dierenzazione ordinaria) le relazioni < T
i
, T
j
>=cost si hanno
le seguenti formule:
dT
1
=
3
T
2

2
T
3
dT
2
=
3
T
1
+
1
T
3
dT
3
=
2
T
1

1
T
2
Da cui, annullando le componenti ortogonali:
T
1
=
3
T
2
T
2
=
3
T
1
e dierenziando nuovamente, siccome d d = 0 si ha:

1

2
= d
3

3

1
= d
2

2

3
= d
1
Si ha quindi < T
1
, T
2
>=< T
1
,
3
T
1
>=
3
da cui
d < T
1
, T
2
>= d
3
=
1

2
66
che calcolata su vettori u, v T
x
(M) per x da:
()
1

2
[u, v] =
1
[u]
2
[v] +
1
[v]
2
[u]
Dobbiamo vericare che questa coincide con il sollevamento della forma di vol-
ume di S
2
tramite la mappa di Gauss: si deve fare attenzione che la sfera S
2
`e orientata scegliendo la normale interna; ci`o comporta che anche se lo spazio
tangente in un punto x M coincide con lo spazio tangente in T
3
(x) (la sua
immagine per la mappa di Gauss), lorientazione `e quella opposta; quindi una
base positiva per lo spazio tangente di S
2
`e (T
2
, T
1
).
Calcolando ancora sui vettori u, v T
x
(M) si ha:
< dT
3
[u], T
2
>< dT
3
[v], T
1
> < dT
3
[u], T
1
>< dT
3
[v], T
2
> =
= <
2
[u]T
1

1
[u]T
2
, T
2
><
2
[v]T
1

1
[v], T
1
>
<
2
[u]T
1

1
[u]T
2
, T
1
><
2
[v]T
1

1
[v]T
2
, T
2
> =
=
1
[u]
2
[v] +
2
[u]
1
[v]
che coincide con quanto dato in ().
Proposizione 62 (teorema di Gauss-Bonnett prima formulazione)
Sia un dominio compatto a frontiera dierenziabile in una supercie rieman-
niana orientata M. Allora:
_

k
g
dt +
_

K
= 2(D)
Dim. Se su esiste un campo di vettori privo di zeri, ne esiste anche uno uni-
tario (il suo normalizzato) ed allora questo risultato `e gi`a stato ottenuto allinizio
di questo paragrafo, mancando solo linterpretazione data ora della curvatura
gaussiana. Si pu`o dimostrare in modo abbastanza facile (utilizzando collari al
bordo ed il fatto che variet`a connesse sono omogenee per dieomorsmi) che se
`e connessa ed ha bordo non vuoto, allora esistono campi di vettori tangenti
privi di zeri. Ci`o lascia quindi da dimostrare la proposizione solo per una su-
percie compatta senza bordo (e che non sia dieomorfa ad un toro).
Possiamo comunque dimostrare direttamente il teorema per ogni supercie con
o senza bordo senza utilizzare la sua omogeneit`a per dieomorsmi ragionando
nel modo seguente.
Sia M una supercie riemanniana compatta orientata (con o senza bordo) e sia
M un compatto a frontiera dierenziable contenuto nella parte interna di
M. Allora e la chiusura

del suo complementare in M sono due superci


compatte sulle quali M induce strutture riemanniane orientate e

`e una
variet`a di dimensione 1 sulla quale le orientazioni indotte da e da

(come
parte del loro bordo) sono tra loro opposte. Si ha:
Lemma 63 Se il teorema di Gauss-Bonnet vale per e per

allora vale
anche per M
67
Dim. E suciente utilizzare le tre seguenti eguaglianze:
1. (M) = () +(

) 2.
_
M

K
=
_

K
+
_

K
3.
_
M
k
g
dt =
_

k
g
+
_

k
g
La 1. segue dallesistenza di un campo di vettori tangenti ad M avente solo zeri
semplici di cui nessuno su . La 2. `e semplicemente ladditivit`a delintegrale.
La 3. segue dal fatto che gli integrali che compaiono a destra ma non a sinistra
sono fatti due volte lungo con orientazioni opposte e quindi si cancellano.
Per dimostrare il teorema di Gauss-Bonnet basta quindi scegliere un campo
di vettori tangenti T su M che abbia solo zeri semplici ed applicare il lemma
precedente prendendo per lunione di dischi coordinati interni ad M e disgiunti
tra loro aventi centri negli zeri di T. Per la supercie

vale il teorema di
Gauss-Bonnet perche possiede un campo di vettori tangenti privo di zeri e vale
ovviamente anche per che `e unione disgiunta di dischi.
In una supercie riemanniana orientata M sia un dominio compatto a fron-
tiera dierenziabile a tratti (denizione analoga a quella dei poligoni geodetici,
eliminando lipotesi che le curve che compongono il bordo siano delle geodetiche)
e siano
1
, ...,
r
gli angoli esterni.
Teorema 64 (teorema di Gauss-Bonnet seconda formulazione)
_

k
g
dt +
r

i
+
_

K
= 2()
Metodi combinatori
Descriviamo ora un esempio di linguaggio di tipo combinatorio, che pu`o es-
sere usato per descrivere oggetti geometrici in alternativa e talvolta in aiuto a
quello topologico-dierenziale sinora usato; esempi di questo in dimensione 1
(sicuramente conosciuti) sono formalizzati sotto lappellativo di gra.
Schemi simpliciali
Sia I un insieme. Diremo simplesso di dimensione p in I ogni suo sottoinsieme
di cardinalit`a p + 1; in particolare il sottoinsieme vuoto `e lunico simplesso di
dimensione 1. I sottoinsiemi di un simplesso sono detti le sue facce ; due
simplessi sono incidenti se uno `e faccia dellaltro.
Uno schema simpliciale su I `e una famiglia K di simplessi di I vericante le
condizioni seguenti:
- ogni 0simplesso di I appartiene a K
- ogni faccia di un simplesso di K appartiene a K
Esso sar`a indicato con (I, K) o semplicemente K quando `e chiaro chi sia I. I
suoi simplessi di dimensione 0 , 1 , 2 , 3... saranno detti vertici, spigoli, triangoli
(o facce), tetraedri ....
Ad esempio sia I = Z/nZ e consideriamo lo schema che ha gli elementi di I
come insieme dei vertici e gli insiemi i, i +1 per i I come spigoli: esso sar`a
indicato come il poligono chiuso (standard) di n lati; se si aggiungono ad esso
68
come faccie i simplessi 0, i, i + 1 per i = 1, ..., n 2, si ha uno schema che
chiameremo disco poligonale chiuso (standard) di n lati.
La dimensione di uno schema `e lestremo superiore delle dimensioni dei suoi sim-
plessi. Un morsmo tra schemi (I, K) e (I

, K

) `e una applicazione : I I

tale che (s) K

se s K. Se `e una inclusione, diremo che (I, K) `e un


sottoschema di (I

, K

). Ad esempio sia K uno schema simpliciale; linsieme


K
n
dei suoi simplessi di dimensione al pi` u n `e un sottoschema che viene detto il
suo nscheletro. Fissato un simplesso t, linsieme S(t) costituito dai simplessi
s tali che s t `e ancora un simplesso di K `e un sottoschema detto lo star di t in
K; i simplessi di S(t) che non intersecano t costituiscono pure un sottoschema
L(t) che viene detto il link di t in K. Lesterno di t in K `e il sottoschema E(t)
formato dai simplessi che non hanno vertici comuni con t. Inne linsieme U(t)
dei simplessi che hanno qualche vertice in comune con t `e detto lintorno aperto
di t in K; si noti che questo non `e pi` u, in generale un sottoschema di K ma solo
un insieme di simplessi. Se s K `e un simplesso, esso verr`a spesso identicato
al sottoschema di K formato da tutte le sue facce; il sottoschema s formato
dalle sue facce proprie verr`a detto il suo bordo.
Uno schema sar`a detto sconnesso se `e possibile ripartire i suoi vertici in due sot-
toinsiemi non vuoti di modo che ogni simplesso dello schema sia sottoinsieme di
uno solo di essi; altrimenti diremo che `e connesso. Evidentemente ogni schema
simpliciale `e decomponibile in un solo modo nellunione disgiunta di sottoschemi
connessi; essi verranno detti le componenti connesse dello schema dato.
Uno schema simpliciale K `e nito se lo `e in quanto insieme; in tal caso `e
possibile introdurre la sua caratteristica di Eulero-Poincare come la somma
(K) = 1 + (v1 +v
0
v
1
+v
2
+...) = 1 +

pZ
(1)
p
v
p
ove v
i
indica la car-
dinalit`a dellinsieme dei suoi simplessi di dimensione i; in particolare () = 0.
Uno schema K `e localmente nito se S(s) `e nito per ogni suo simplesso s;
equivalentemente se il link di ogni suo vertice `e nito.
Spazio topologico associato ad uno schema localmente nito
Dato un insieme I considereremo sullo spazio vettoriale R
(I)
delle applicazioni
x : I R aventi supporto nito, la norma [[x[[ = (

iI
x(i)
2
)
1/2
. Per i I sia
e
i
: I R lapplicazione denita da e
i
(j) =
ij
(ossia 0 se i ,= j e 1 se i = j).
Gli (e
i
)
iI
costituiscono una base di R
(I)
e verranno identicati agli elementi
di I. Se K `e uno schema simpliciale localmente nito su I, il suo supporto ge-
ometrico o poliedro (simpliciale) associato `e il sottoinsieme [K[ di R
(I)
unione
di tutti gli inviluppi convessi di elementi di K. Si verica facilmente che [K[
`e linsieme delle x : I R che non sono negative,

iI
x(i) = 1 e tali che
i I : x(i) ,= 0 `e un simplesso di K. Doteremo [K[ della topologia indotta
dalla norma denita sopra su R
(I)
. Questa costruzione permette di collegare
considerazioni di carattere puramente combinatorio, ossia ottenute in soli ter-
mini di schemi simpliciali, con altre di carattere topologico.
Infatti non solo ad ogni schema K si pu`o associare lo spazio topologico [K[ ma
anche ad ogni morsmo di schemi simpliciali : (I, K) (I

, K

) si pu`o as-
sociare una applicazione continua [[ : [K[ [K

[ prolungando in modo ane


su ogni simplesso di K lapplicazione denita inizialmente sui vertici e otte-
nendo cos` un funtore dalla categoria degli schemi simpliciali in quella degli spazi
topologici. In questo modo si pu`o tentare di studiare uno spazio topologico X
sul quale sia dato un omeomorsmo con un poliedro [K[ (si parler`a di triango-
69
lazione di X) mediante considerazioni combinatorie sullo schema K. Quasi tutti
gli spazi decenti di dimensione nita ammettono una triangolazione (nita se
compatti altrimenti si devono usare schemi localmente niti..); ad esempio
ogni luogo di zeri di funzioni analitiche `e rappresentabile in tal modo.
Schema associato ad un ricoprimento
Sia X un insieme ed | = (U
i
)i I un suo ricoprimento costituito da sottoinsiemi
non vuoti (saremo interessati al caso in cui X `e uno spazio topologico ed | un suo
ricoprimento aperto). Si costruisce uno schema simpliciale N(|) su I scegliendo
i
0
, ..., i
p
come vertici di un simplesso se e solo se U
i
0
... U
i
p
,= ; questo `e
detto il nerbo di | ed `e utile in molte situazioni. Esso `e nito se e solo se anche
| lo `e. Se poi | `e un ricoprimento localmente nito di uno spazio topologico X
costituito da aperti relativamente compatti, allora il suo nerbo sar`a localmente
nito. In questo caso, un collegamento tra X ed il suo nerbo si trova cos` : sia
(
i
)
iI
una partizione dellunit`a subordinata ad | ossia una famiglia di funzioni
continue
i
: X R , tali che per ogni i I,
i
sia non negativa con supporto
contenuto in U
i
e si abbia inoltre che per ogni x X la somma dei
i
(x) (tutti
nulli salvo un numero nito) faccia 1. Allora per ogni x X la succesione
(
i
(x))
iI
`e un elemento di N(|); si ha quindi una applicazione : X N(|)
ed `e facile vericare che essa `e continua. Se
0
,
1
sono due tali applicazioni,
ottenute a partire da due diverse partizioni dellunit`a, entrambi per`o subordinate
al ricoprimento |, esse saranno distinte ma sono omotope tra loro: esiste cio`e
una applicazione continua : X[0, 1] N(|) tale che per x X ed i 0, 1
si abbia (x, i) =
i
(x). Sono cio`e deformabili con continuit`a luna nellaltra.
Basta infatti denire (x, ) = (1 )
0
(x) +
1
(x).
Gra e superci
Chiamiamo grafo uno schema simpliciale ogni cui componente connessa abbia
dimensione uno. Un albero `e un grafo connesso che non possiede sottoschemi
del tipo poligono chiuso.
Lemma 65 Un grafo connesso nito `e un albero se e solo se () = 1
Dim. Si parta da uno spigolo, aggiungendo successivamente spigoli che hanno
un solo vertice nel sottoschema precedentemente costruito; ognuno di questi `e un
albero ed ha caratteristica 1. Essendo il grafo connesso, tutti i vertici dovranno
essere inclusi nellultimo schema ottenuto. Quindi la caratteristica del grafo vale
1 meno il numero di spigoli lasciati fuori.
Chiamiamo supercie (poliedrale) ogni schema simpliciale di dimensione due
vericante le seguenti condizioni:
1. ogni spigolo appartiene esattamente a due facce
2. il link di ogni vertice `e connesso e non vuoto
E facile dimostrare che in tal caso il link di ogni vertice `e un poligono chiuso.
Se invece della 1. supponiamo:
1. ogni spigolo appartiene ad una o due facce
lo schema sar`a chiamato supercie a bordo. In tal caso linsieme degli spigoli
70
che appartengono ad una sola faccia, assieme ai loro vertici, costituiscono un
sottoschema che `e un grafo; esso viene detto bordo della supercie ed `e facile
dimostrare che ogni sua componente connessa `e del tipo poligono chiuso.
Orientazioni
Diremo che un simplesso `e orientato se `e ssata una classe di parit`a (i cui
elementi saranno detti positivi ) per gli ordinamenti dellinsieme dei suoi vertici.
Se (i
0
, ..., i
n
) `e un ordinamento positivo per i vertici di un nsimplesso orientato,
allora la faccia ottenuta eliminando i
h
sar`a orientata dallordinamento indotto
se h `e pari altrimenti in modo opposto. Due nsimplessi distinti sono contigui
se hanno una faccia di dimensione n-1 in comune; in tal caso orientazioni di
essi saranno dette concordi se inducono orientazioni opposte su tale faccia. Una
supercie `e orientabile se `e possibile orientare i suoi simplessi di dimensione 2 (le
sue facce) in modo che quelli contigui siano concordi. Nel seguito, supporremo,
salvo mensione esplicita, che ogni supercie sia connessa.
Classicazione delle superci poliedrali
Sia X una supercie poliedrale orientata. Data una curva poligonale semplice
C di n lati in X (brevemente: C un npoligono in X) si costruisce un nuovo
schema simpliciale chiamato X tagliata lungo C : si raddoppiano tutti i simp-
lessi di C e si rideniscono in modo ovvio le relazioni di appartenenza. Si hanno
due possibilit`a: lo schema ottenuto `e connesso ed `e una supercie a bordo col
bordo fatto di due componenti connesse; oppure `e sconnessa ed allora ogni com-
ponente connessa `e una supercie a bordo con bordo connesso. Nel primo caso
diremo che C non divide X. Se ci`o accade, si pu`o costruire una nuova super-
cie

X senza bordo attaccando alla supercie tagliata due dischi poligonali di n
lati con una triangolazione standard od altra che si voglia usare. In ogni caso
la caratteristica di Eulero-Poincare aumenta di due ossia (

X) = (X) + 2.
Questa `e detta ottenuta da X per chirurgia lungo la poligonale C.
Costruzione di una caverna massimale. Data una supercie X si scelga una
faccia F
1
di partenza; la seconda faccia che scegliamo `e una qualsiasi faccia F
2
adiacente ad F
1
. In generale la faccia scelta sar`a una non ancora selezionata
e nella quale si possa entrare passando da uno spigolo non ancora attraver-
sato. Incollando tra loro successivamente le facce selezionate si ottiene alla ne
uno schema D isomorfo ad una triangolazione (in generale non standard) del
poligono regolare ed una applicazione : D X surgettiva col bordo di D che
si applica due volte su un grafo in X detto grafo residuo della caverna. Tale
grafo `e necessariamente connesso e quindi ha caratteristica al pi` u 1; ne segue
che X ha caratteristica al pi` u 2. Per quanto visto sopra quindi, dopo un numero
nito di tagli si avr`a una supercie priva di curve che non la dividono. Ripe-
tendo la costruzione precedente per una tale supercie, siccome il grafo residuo
non sconnette X, esso non pu`o contenere poligoni chiusi ed `e quindi un albero.
Ne segue che una tale supercie ha precisamente caratteristica 2.
si `e quindi dimostrata la seguente:
Proposizione 66 Ogni supercie nita orientabile dopo un numero nito di
chirurgie lungo curve poligonali che non la sconnettono, diviene una supercie
di caratteristica 2 che viene sconnessa da ogni sua poligonale chiusa.
In particolare la caratteristica della supercie data `e pari e non superiore a 2
Corollario 67 Ogni supercie con bordo non vuoto che sia nita orientabile,
71
ha caratteristica non superiore ad 1. Se ha caratteristica 1, viene sconnessa da
ogni poligonale aperta che congiunga due suoi punti del bordo.
Dim. Aggiungendo dischi poligonali lungo le componenti del bordo, la caratteri-
stica aumenta esattamente del numero di queste. Per la proposizione precedente
la supercie ottenuta ha caratteristica non superiore a 2 e questo dimostra
la prima parte dellenunciato. Per la seconda parte si ragiona come per la
proposizione precedente: data una poligonale che unisce due punti del bordo,
si tagli lungo essa; la supercie ottenuta ha caratteristica 2 e quindi, avendo
bordo non vuoto, deve essere sconnessa.
A questo punto si pu`o gi`a capire che una tale supercie `e topologicamente S
2
;
ad esempio perche `e unione di un intorno dellalbero residuo (che `e un disco)
e di una piccola contrazione della caverna costruita (anchessa un disco).
Ma `e pi` u preciso ed anche interessante ottenere tale risultato attraverso il
seguente tipo di argomentazioni. Sia Y una supercie a bordo; un vertice del
bordo `e detto collassabile se appartiene ad una unica faccia di Y . Uno spigolo
del bordo `e detto collassabile se laltro vertice della faccia cui appartiene non
st`a sul bordo di Y . Due simplessi di uno schema sono detti incidenti se uno di
essi `e faccia dellaltro.
Proposizione 68 Ogni supercie a bordo non vuoto avente caratteristica 1
possiede almeno due elementi collassabili e non incidenti
Dim. Fissiamo uno spigolo di bordo. Se esso `e collassabile, eliminandolo assieme
alla faccia che lo contiene si ha una supercie a bordo ancora di caratteristica
1 e con meno simplessi; per ipotesi di induzione questa ha almeno un elemento
collassabile non incidente col vertice opposto allo spigolo di partenza; esso sar`a
allora anche collassabile nella supercie originaria. Se invece tale spigolo non
`e collassabile ma `e collassabile uno dei suoi estremi, eliminiamolo assieme alla
faccia ed a i due spigoli cui appartiene; lo schema che ne risulta `e una super-
cie a bordo (a meno che la supercie originaria non fosse un triangolo, ma
allora lenunciato `e banale); ragionando come sopra su essa si dimostra nuova-
mente lesistenza di un altro elemento collassabile della supercie di partenza.
Esaminiamo inne il caso che ne lui ne i suoi estremi siano collassabili. Si elimini
esso con la faccia cui appartiene e si raddoppi il vertice opposto, costruendo una
nuova supercie analogamente a quanto fatto con le chirurgie; per il precedente
corollario questa `e sconnessa ed il solito tipo di calcolo per le caratteristiche
dice che `e costituita da due componenti connesse ognuna di caratteristica 1.
Per ipotesi di induzione ognuna di esse verica lenunciato e fornisce quindi al-
meno un elemento collassabile non incidente con quello di taglio che `e quindi
anche collassabile per la supercie di origine.
Chiamiamo espansione di tipo 0 per una supercie a bordo, laggiunzione di
una 2faccia con base uno spigolo del bordo ed un nuovo vertice; si ha cos`
una nuova supercie a bordo con un vertice una faccia e due spigoli in pi` u.
Chiameremo espansione di tipo 1 laggiunta di una faccia con due lati sul bordo
ed un nuovo lato: la supercie ottenuta avr`a gli stessi vertici mentre facce e
spigoli saranno uno di pi` u.
Corollario 69 Ogni supercie a bordo non vuoto di caratteristica 1 `e ottenibile
da un triangolo per successive operazioni di espansione di tipo 0 ed 1
72
Siano X una supercie poliedrale e T = a, b, c , S = b, c, d due suoi
simplessi distinti di dimensione due tali che a, d non sia un simplesso di X.
Eliminando da X i simplessi T , S ed il loro lato comune b, c ed introducendo
i simplessi a, b, d , a, c, d e a, d si ottiene una supercie

X che sar`a detta
ottenuta per commutazione elementare da X. Diremo quasi-isomorfe due super-
cie ottenibili luna dallaltra con una successione di commutazioni elementari.
Una supercie ottenuta dal triangolo con un numero nito di espanzioni di tipo
0 sar`a chiamata disco elementare. Ad esempio il disco poligonale standard `e
elementare.
Lemma 70 Ogni n-disco elementare `e quasi-isomorfo all n-disco standard
Dim. Per induzione: ogni espansione di tipo 0 dell n-disco standard o `e gi`a
l (n+1)-disco standard o lo diviene dopo una commutazione.
Supponiamo ora che una supercie a bordo Y sia ottenibile da una X con una
espansione di tipo 1 seguita da una di tipo 0. Se la seconda espansione non
ha per base lo spigolo introdotto dalla prima, lordine in cui sono eseguite le
espansioni pu`o essere invertito. Altrimenti, con una commutazione elementare
su Y si ha una

Y ottenibile con una espansione di tipo 0 seguita da un altra di
tipo 1. Si ha la seguente:
Proposizione 71 Ogni supercie X di caratteristica due avente n vertici `e
quasi-isomorfa ad una supercie ottenuta per identicazione tra i bordi di due
n-dischi elementari
Dim. Si tolga ad X una faccia; la supercie che resta pu`o essere costruita a
partire da un triangolo con n 3 espansioni di tipo 0 e ottenendo cos` un disco
elementare con n vertici, seguite da espansioni di tipo 1; questultime possono
essere considerate espansioni di tipo 0 a partire dal triangolo tolto inizialmente
dando luogo cos` ad un altro disco elementare con n vertici.
Commento nale alla classicazione
Sia X una supercie nita orientata e sia g denito da (X) = 2 2g; tale g
`e detto il genere della supercie. Abbiamo visto che la supercie `e costruibile
dallo schema ottenuto incollando per il bordo due n-dischi standard, operando
alcune commutazioni, poi togliendo 2g punti assieme ai loro intorni aperti (che
devono essere disgiunti) ed incollando quindi a coppie i bordi che si sono formati.
E chiaro che se per ogni tale punto si toglie solo un triangolo di cui `e faccia e
poi si identicano a coppie i bordi rimasti, si ottiene una supercie che d`a un
poliedro omeomorfo a quello dato da X. Anche si possono spostare i triangoli
in adiacenti ... . Insomma si dimostra ora facilmente che se due tali super-
cie hanno la stessa caratteristica di Eulero-Poincare, allora sono omeomorfe
luna allaltra. Si possono anche dare, se interessa, enunciati di equivalenza
combinatoria direttamente per gli schemi ma credo che sia stato descritto gi`a
sucientemente il quadro generale dei problemi e delle tecniche poliedrali in
questo settore e passeremo ad altro.
Teorema di Gauss-Bonnet poliedrale
Sia X una supercie poliedrale con bordo che sia nita. Diremo distanza su
X ogni funzione d : 1simplessi di X ]0, + tale che per ogni 2simplesso
73
i
0
, i
1
,
p
di X esista un triangolo di vertici P
0
, P
1
, P
2
in R
2
non degenere (ossia
con vertici non allineati) ogni cui lato P
h
P
k
abbia lunghezza f(i
h
, i
k
). Tale
triangolo `e univocamente determinato a meno di isometrie di R
2
ed i suoi angoli
ai vertici saranno detti angoli della faccia .
Diremo esterni i vertici e gli spigoli di X che stanno in e esterne le facce che
hanno uno spigolo in comune con ; tutti gli altri simplessi di X saranno detti
interni. Indichiamo con v
e
, s
e
, f
e
rispettivamente il numero dei vertici, spigoli
e facce esterni ad X e v
i
, s
i
, f
i
quelli interni. Chiamiamo curvatura geodetica
del bordo in un suo vertice esterno P la dierenza k
P
tra e la somma degli
angoli che li hanno i triangoli (interni od esterni) che lo hanno come vertice.
Chiameremo curvatura gaussiana di X in un suo vertice interno p la dierenza
K
p
tra 2 e la somma degli angoli che li hanno i triangoli che lo hanno come
vertice. La somma k
X
dei k
P
per P vertice esterno sar`a detta curvatura al bordo
di X; la somma K
X
dei K
P
per P vertice interno sar`a detta curvatura interna
di X. Indichiamo poi con (X) la sua caratteristica di Eulero-Poincare.
Teorema 72 (Gauss-Bonnet poliedrale) La somma tra la curvatura esterna
e quella interna `e eguale alla caretteristica di Eulero-Poincare. Ossia:
k
X
+K
X
= 2(X)
Dim. Consideriamo la somma di tutti gli angoli di tutti i triangoli di X. Siccome
ogni triangolo contribuisce ad essa di essa vale (f
i
+ f
e
) . Calcoliamo ora
tale somma raggruppando i contributi per ogni vertice di X: un P esterno
contribuisce per k
P
, quindi tutti assieme per v
e
P k
X
; un P interno
contribuisce per v
i
K
P
, quindi tutti assieme per v
i
2 K
X
. Si ha quindi:
(f
i
+f
e
) = v
e
k
X
+v
i
2 K
X
Utilizzando le (evidenti) relezioni: 2s
i
= 2f
e
+ 3f
i
e v
e
= s
e
= f
e
si ottiene
lenunciato.
Uso di metodi combinatori in geometria dierenziale
La denizione lunghezza di un cammino in R
n
`e stata data utilizzando ap-
prossimazioni poligonali del cammino, quindi con metodo combinatori; dopo
ci`o abbiamo dimostrato che tale lunghezza, nel caso di cammini dierenziabili
poteva essere calcolata tramite un integrale. Nel caso di superci abbiamo invece
denito larea direttamente tramite un integrale; infatti dare una denizione ge-
ometrica di area, e far vedere poi che coincide con quella data tramite la data
formula integrale `e abbastanza laborioso per il motivo che ora indichiamo. Sia
pi` u in generale M una variet`a compatta in un R
N
; chiamiamo approssimazione
poliedrale di M il dato di uno schema simpliciale (nito) (I, K) e di una appli-
cazione f : vertici di K M tali che lestenzione (ane sui ogni simplesso)
di f ad una applicazione continua

f : [K[ R
N
sia contenuta in un intorno
tubolare U di M e composta con la proiezione : U M dia un omeomor-
smo tra [K[ ed M (quindi quella che si chiama una triangolazione di M); in
particolare ache [f[ sar`a un omeomorsmo tra [K[ ed un concreto poliedro K

in R
N
. Chiamiamo norma di una tale approssimazione il massimo diametro dei
simplessi di K

. Se dim(M) = 1 larea di K

ha limite per la norma che tende


a zero e questo limite coicide con larea (la lunghezza) di M denita tramite
lintegrale. Ci`o `e falso se dim(M) > 1: si consideri su M = S
1
[0, 1] la
74
approssimazione ottenuta dividendo [0, 1] nei punti x
0
, ..., x
2n
in 2m intervalli
uguali ed ogni S
1
x
i
nei punti y
1
, ..., y
m
in m archi eguali se i `e dispari e nei
punti medi tra gli y
h
se i `e pari. Se n >> m larea del poliedro tende allinnto
anche la sua norma tende a zero. Ci`o accade perche i triangoli del poliedro
che approssima hanno piani tangenti che non tendono a divenire paralleli ad M
(o meglio ai suoi spazi tangenti). Si pu`o evitare ci`o se si utilizzano successioni
di poliedri i cui triangoli (con vertici in M) non solo hanno lati che divengono
sempre pi` u piccoli (la norma tende a zero) ma essi non tendono a degenerare,
nel senso che nessun angolo di essi tende a zero (non divengono liformi). Si
dovrebbe partire da uno di tali poliedri, scelto comunque, e poi suddividere il
poliedro col punto medio di uno dei suoi lati di massima lughezza proiettato su
M ortogonalmente (ossia con la proiezione dellintorno tubolare). Iterando
questa procedura si dovrebbe avere lapprossimazione dellarea. Dovrebbe an-
che essere vero che la curvatura al bordo di tali poliedri tende (nel senso delle
distribuzioni) alla curvatura geodetica del bordo di M e lo stesso per la cur-
vatura gaussiana, cos` da dedurre il teorema di Gauss-Bonnet su M da quello
poliedrale per i poliedri approssimanti. Non mi sembra che in questo modo si
arrivi a semplicare la dimostrazione del teorema; ma potrebbe servire per con-
vincersi che in molte circostanze pu`o essere preferibile trattare tutto in modo
combinatorio visto che:
1. si ottengono risultati intercambiabili
2. nelle applicazioni quasi sempre gli oggetti concreti con cui si opera, le loro
misure e le prescrizioni operative sono tutti dati attraverso dati discreti, quindi
combinatori.
Metodi combinatori per la diseguaglianza isoperimetrica
Siano
0
= (x, y) : R R
2
un camino dierenziabile di periodo L (un cammino
chiuso) con x
2
+ y
2
= 1 e : R R dierenziabile di periodo L. allora:

: (x y, y + x)
`e una (generica) deformazione di
0
e
L

=
_
L
0
(( x

y u)
2
+ y + x + x)
2
)
1/2
dt
A

=
_
L
0
(x y)( y + x + x)dt
sono rispettivamente la lunghezza e larea di essa.
La derivata di L

rispetto ad calcolata in zero vale:


dL

d
[
=0
=
_
L
0
1
2
( x
2
+ y
2
)2[ x( y y) + y( x + x)]dt =
=
_
L
0
( x y + y x)dt =
_
L
0
K dt
ove K `e la curvatura di
0
.
La derivata di A

rispetto ad calcolata in zero vale:


dA

d
[
=0
=
_
L
0
( y y +x x)dt +
_
L
0
x xdt
75
Inoltre :
0 =
_
L
0
d
dt
(x x)dt =
_
L
0
( x
2
+x x +x x )dt
quindi:
dA

d
[
=0
=
_
L
0
( y
2
x
2
)dt =
_
L
0
dt
Se
0
racchiude area massima tra le curve (chiuse) di data lunghezza, allora
si deve accadere che
_
L
0
Kdt = 0 comporta
_
L
0
= 0 (altrimenti nella de-
formazione data da tale si troverebbero curve in cui il rapporto tra area e
lunghezza al quadrato sarebbe superiore ed allora operando con una omote-
tia...) e ci`o accade solo se si ha K =cost. e quindi
0
`e un cerchio. Si `e cos`
dimostrato che se un minimo o un massimo esiste per A vincolato ad L =cost.
esso deve essere un cerchio. Ma nessuno assicura che un tale estremo esista.
Questa normalmente `e la parte pi` u dicile delle disuguaglianze isoperimetriche:
assicurare che lestremo esista.
Mostreremo adesso che se riformuliamo il problema in termini combinatori, ove
il massimo per larea a perimetro costante non solo esiste ma lo si lo si pu`o
anche caratterizzare, se ne pu`o dedurre che il cerchio racchiude, nel caso dif-
ferenziabile, area massima per lunghezza costante.
Consideriamo poligonali con N 4 lati in R
2
tutti di ssate lunghezze.
Lemma 73 I poligoni con area massima sono quelli inscritti in un cerchio
Dim. Basta considerare il caso n = 4.
Siano quindi a, b le lunghezze dei lati uscenti da un vertice in cui langolo sia
e c, d quelle del vertice opposto ove langolo sia . Allora:
a
2
+b
2
2ab cos = c
2
+d
2
2dc cos
(entrami misure al quadrato di una delle diagonali del quadrilatero) che dif-
ferenziata d`a:
(1) ab sin d = cd sin d
Due volte larea del quadrilatero `e:
ab sin +cd sin
se il quadrilatero ha area massima tale espressione deve avere dierenziale nullo,
ossia:
(2) ab cos d = cd cos d
Dividendo i membri delle (1) per quelli della (2) si ottiene tg() = tg() ossia
+ = che equivale allessere il quadrilatero inscritto in un cerchio (angoli
opposti sullo stesso arco).
Il fatto che il cerchio racchiuda area massima tra curve di dato perimetro si
dimostra ora per assurdo: se ve ne fosse una che racchiude unarea maggiore
approssimando si troverebe una una poligonale non inscrivibile in un cerchio
che ha area maggiore di quella inscritta in un cerchio.
76
Appendice: alcuni dieomorsmi standard
(A)
R
n
0 x (x) = (
x
[[x[[
, [[x[[) S
n1
]0, +[
`e dierenziabile ed ha inversa (s, r) = r s. Quindi `e un dieomorsmo.
(B)
Per 0 < a
1
ssato sia :]0, +[]0, 1[ dierenziabile e tale che (t) = t per
0 < t < 1 , (t) > 0 per ogni t e lim
t+
(t) = 1. Tale `e un dieomorsmo.
Quindi:
R
n
0 S
n1
]0, +[ (s, r) (s, (r)) S
n1
]0, 1[
`e un dieomorsmo; esso `e lidentit`a per 0 < r < a e quindi si estende ad un
dieomorsmo tra R
n
e B
n
= x R
n
: [[x[[ < 1.
(C)
Sia E un brato vettoriale di rango n su una variet`a dierenziabile M e sia
< , > un prodotto scalare (dierenziabile) su E.
Allora se il dieomorsmo di R
n
su B
n
indicato nel punto (B) `e invariante per
rotazioni, esso induce un dieomorsmo tra E e E(1) = (x, v) E : [[v[[ < 1.
77

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