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Nicola Sguera

Marginalia (al corso abilitante)

Benevento 1999-2000

Auguri di natale
Mai grav una quotidianit altrettanto priva di luce (Ernst Bloch)

Nn ci dato il dono di poter scendere dalle nuvole. Il nostro problema salirci. Generazione mal nata. Come sognare tra lultima rata del mutuo e la nuova bolletta del gas? Brandite larma degli alti ideali, ma sapete - voi - lansia della precariet? Vi fu consentito sognare, vivere tra cirri imporporati. La mia generazione: castrata dello spirito, dellutopia. Noi, figli di tante sconfitte, ci educammo dallinfanzia ferita a tacere. Non silenzio raccolto che prepara lavvento, non preghiera ma stanco trasmigrare di canale in canale, a registrare minimi spostamenti, conquiste lente ed inutili. Ma, almeno per questo Natale, prima di Marziale, di Giovenale, uomini e donne che gi combatterono a prova coi Numi, saliamo alle nubi, in attesa dellagone finale. 21 dicembre 1999

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Giustificazione
Nil sine magno vita labore dedit mortalibus Orazio

Questa esperienza risulter decisiva nella vita di molti di noi. Per quanto mi riguarda stato labbastanza inatteso sbocco di otto anni di strani giorni passati a cercare di mettere a frutto una laurea con lunica ambizione di insegnare. Sono riuscito a farlo nei modi pi inusuali: dal 1991 ho fatto lezioni private (in ogni disciplina umanistica), ho insegnato in strampalati istituti privati, in una scuola confessionale. Ora lo faccio in una struttura che funziona come unazienda, dove il sapere deve produrre ricchezza e deve ottimizzare le risorse degli utenti. Tutto questo non per fedelt ad un ideale ( sempre pericoloso parlarne, dopo la Genealogia di Nietzsche), ma semplicemente perch credo di non saper fare altro. Decisi che avrei insegnato quando frequentavo il liceo. Lo ricordo chiaramente. Ebbi la fortuna di avere un eccellente professore di greco e latino che stimol certe curiosit che si intrecciavano al tipico malessere esistenziale di quellet. Inizi un tumultuoso percorso di ricerca, favorito dal clima familiare. Ora sono qui, con molti coetanei. Ho imparato molto, anche dalle esperienze pi negative. Fondamentalmente, credo di essere rimasto fedele a ci che mi spinse, a sedici anni, a voler essere un insegnante. Non sono pi quello di allora. Molti fragili sogni sono morti, la realt ha mostrato il suo volto spesso doloroso o crudele. Ma io sono qui, ora, dopo sedici anni. Ho timore di non riuscire nelle verifiche finali ad esprimere le tumultuose considerazioni che sono sorte nello studio di questi giorni. Provo ad appuntarle qui per voci ordinate alfabeticamente, senza alcuna pretesa esaustiva o scientifica. So che molte delle mie affermazioni sembreranno azzardate. Non importa: lonest intellettuale una premessa indispensabile per lattivit che mi accingo a svolgere.

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Autonomia Non fidarti del rinnovamento quando ne parlano le curie e le corti.1 Flessibilit Non son capace pi di dire un solo no.2 Oppure Alla fine divennero pi flessibili di Mr. Fantastic.3 Moravia Vai via!4 Vassalli Si nasce incendiari e si muore pompieri.5
Il poema tende allAltro, esso ne ha bisogno, esso ha Sono le parole che Guglielmo dice ad Adso ne Il nome della rosa, a proposito della querelle tra spirituali e conventuali e delle prese di posizione interessate da parte dellimpero. 2 Roberto Vecchioni, Luci a San Siro. 3 luomo di gomma dei Fantastici Quattro, gruppo di super-eroi della Marvel creato da Lee e Kirby. 4 Mi ispiro al mio maestro Franco Fortini, che nel suo Ospite ingrato scriveva fulminanti aforismi del tipo Carlo Bo: no. 5 Il percorso letterario di Vassalli un caso emblematico di come ci si integri nel sistema criticandolo (sistematicamente!). Non dimentico per lappassionata lettura de La notte della cometa, biografia romanzata di Dino Campana. Il qualunquismo e lapprossimazione documentaria, nonch la sciattezza lingustica e la smisurata ambizione delluomo me lo hanno reso insopportabile nel corso degli anni.
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bisogno di un interlocutore. Lo va cercando; e vi si dedica. Ogni oggetto, ogni essere umano, per il poema che proteso verso lAltro, figura di questo Altro [...]. A un certo momento, partendo dallattenzione rivolta alle cose e alla creatura, siamo giunti anche in prossimit di qualcosa di aperto e di libero. E infine in prossimit dellUtopia

Paul Celan

Un metodo di educazione non vale molto se non si ispira allidea di una certa perfezione umana. Quando si tratta delleducazione di un popolo, questidea deve essere lidea dio una civilt []. Quattro sono soprattutto gli ostacoli che ci separano da una forma di civilt che valga qualcosa. La nostra falsa idea di grandezza; la degradazione del senso della giustizia; la nostra idolatria per il denaro; e lassenza di ispirazioni religiosa

Simone Weil

Del resto mi odioso tutto ci che mi istruisce soltanto, senza accrescere o vivificare immediatamente la mia attivit

Goethe

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Analisi testuale

Mi ha colpito che per la preparazione del concorso si siano utilizzati testi scritti quindici, venti anni fa. Dieci anni fa, quando ero alla facolt di Lettere della Sapienza, circolavano per gli esami di letteratura contemporanea i testi di Paul de Man, capofila del decostruzionismo americano. Oggi, nel nuovo millennio, devo ritrovarmi il ciarpame prodotto da menti sterili? Come direbbe il professor Keating, facendo strappare lorrida introduzione allantologia letteraria dei suoi alunni in Dead poets society (Lattimo fuggente di Peter Weir), Strutturalisti e semiologi, andate con Dio. In ogni caso ho lavorato (ho dovuto lavorare!) per acquisire tali strumenti, sapendo per che sono strumenti, utili come altri, ma che se diventano fine (questo ci che accade) degenerano. Lanalisi o diventa uno sterile esercizio di abilit o un divertente gioco. In ogni caso viene eluso lincontro reale (nel senso steineriano), che presuppone un mettersi in gioco radicale: Sono il poeta, il compositore, il pittore, sono il pensatore religioso e metafisico, quando danno ai loro riscontri la persuasivit della forma, a insegnarci che siamo monadi perseguitate dal desiderio di comunione. Ci parlano del peso irriducibile dellalterit e della clausura inerenti alla materia e alla fenomenalit del mondo fisico (G. Steiner, Vere presenze, p. 137). I poeti (e gli scrittori in genere, quelli veri, non, dico, un Umberto Eco), vogliono essere presi sul serio, perch hanno investito la vita nella propria opera. casuale che alcuni grandissimi scrittori siano impazziti? Non vero che hanno messo in moto forze psichiche che normalmente restano assopite? Allora, via anche dalle scuole lidea della letteratura come lusus, senza spirito totalitario. La poesia un luogo rivelativo della verit, ma della verit non come dato di cui potersi impadronire (a questo si avvicina invece lidea di unanalisi rigorosa, scientifica), bens della verit come evento, che presuppone un rapporto vivo nel gruppo-classe tra il maestro e gli allievi. E prima

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di tutto, mi sia consentito, la verit della poesia (la promessa della verit) nella rottura del ritmo ordinario, prosaico. Ho conosciuto pochissimi professori che sapessero leggere poesia. Io credo (e questo, per fortuna, lho visto sottolineato nel documento sui Saperi di base) che la poesia debba essere prima di tutto eseguita come una partitura musicale. In questo prima il docente deve essere bravo e poi deve saper spingere il suo gruppo a seguirlo. Solo in questo modo il significante (!!!) diventa significativo. Gli antichi ben conoscevano limportanza di quello che Dante chiama nel De vulgari legame musaico. La dissoluzione novecentesca del verso non ci autorizza a trascurare questaspetto (cos come la dodecafonia non la fine della musica o lastrattismo della pittura). Dischiude un altro mondo. Ma a questo dobbiamo educare: ad essere buoni lettori in un mondo in cui non esiste pi un canone (malgrado leroico tentativo di Harold Bloom). Tutto questo presuppone un amore vitale per la letteratura (continuo a chiamarla cos per comodit) che spesso manca in chi dovrebbe trasmettere. La mia unica ambizione creare liberi lettori, persone che fanno della lettura uno strumento di orientamento nelle proprie vite, non eruditi o bibliofili. Anche una certa anarchia nella lettura, dunque, come quella prospettata da Daniel Pennac in Come un romanzo, pu essere strumento inizialmente utile. Sicuramente una didattica democratica deve educare alla pluralit delle possibili interpretazioni senza cadere nella deriva ermeneutica (Derrida e i decostruzionisti). Marco Guzzi un poeta tra i maggiori di questi anni (anche se immagino, come tutti i poeti italiani al di sotto dei settantanni, conosciuto da pochissimi). Nel mio percorso lincontro con lui stato senzaltro decisivo: ha avviato una riflessione tuttora in atto. In particolare mi ha educato ad una nuova capacit di ascolto di un pensiero poetante che abbia come fine la vita antropocosmica, in una prospettiva davvero olistica (daltronde Olis si chiamava la rivista da lui diretta per un anno). Credo che in esperienze intellettuali e spirituali come le sue stia nascendo

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qualcosa di nuovo in una cultura per lo pi putrescente. Concludo questa voce con le sue parole: Il nostro pensare, dunque, il nostro conoscere creativo, e la gioia, come mistero spesso velato della nostra vita, suo interiorissimo segreto, si manifesta in noi proprio come creativit libera, come poeticit, se lasciamo risuonare questa parola come non risuona da millenni, o forse, pi precisamente, come mai ha potuto risuonare finora. Luomo lessere che crea. Lessenza delluomo poetica. Luomo lessere che canta la fioritura sempre nuova del creato. Luomo il cantore che cantando crea, procrea, e che conoscendo produce ci che conosce, come il musicista conosce la propria musica solo creandola, e la pu creare solo se la conosce, secondo una modalit per intuitivo-auditiva della conoscenza, che essenzialmente ascolto poetico. Conoscere creare, ma questa conoscenza produttiva (Char) in realt un filtrare luce-vita-verit nel pi perfetto e puro ascolto, e cio in un atteggiamento di ricezione. Non c una libert darbitrio nella conoscenza creatrice; ma una libert damore, che si realizza in un rapporto stringente, ma non costringente, con la sorgente dei doni. La creativit di cui parlo non arbitraria, la modernit che a volte si illusa che luomo potesse creare dal nulla o a proprio piacimento. Luomo al contrario pu creare soltanto in una grande fedelt di ascolto, proprio come latto poetico ci insegna.
Alighieri

Dante

Quello che scrivo va messo in relazione alla nota sul romanzo di Eco. Dante nel nostro corso stato evocato trasversalmente, in particolare come esempio di intellettuale che paga sulla propria pelle la coerenza e il rigore e non esita a denunziare i potenti. La lettura di autori tradizionali, dopo un solido studio di tipo classico (la biografia di Petrocchi, la lettura integrale del Dante minore, i saggi

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di Asor Rosa e della Corti, ecc.) mi ha permesso di cambiare paradigma, scoprendo tra laltro che un poeta come Eliot aveva dato saggi di lettura penetrantissimi di Dante in una prospettica che sento molto vicina. Dante integralmente uomo del Medioevo. Non solo non lo si pu attualizzare ma addirittura, io credo, che oggi siano pochissimi quelli che possono capirlo. Non si tratta delle infinite mediazioni colte (lingua, citazioni, riferimenti filosofici, ecc.) ma dello spirito del Medioevo che oggi non siamo pi in grado di cogliere (vedi infra). Per questo motivo io credo che Dante non andrebbe letto a scuola ma scelto liberamente. A scuola bisogna leggere autori s complessi ma il cui spirito di fondo i ragazzi possono condividere. Dante un autore cui alcuni possono giungere in et matura, trovandovi sintesi e guida. Se non se condivide lo spirito diventa una cadavere da sezionare. E lo spirito di Dante non politico bens spirituale: nella sua visione tutto il cosmo un progetto divino in cui la storia individuale e quella del genere umano si tengono insieme, in cui il fine dei sovrani garantire la serenit materiale e quello della Chiesa la salvezza delle anime. Il libro di Dante non unopera letteraria ma unopera scritta per la salvezza degli uomini. Petrarca, molto pi moderno, la legge gi come unopera darte e come tale la valuta. Ma con Petrarca inizia quella degenerazione egoica della civilt medievale che porta allindividuo monadico e schizofrenico (quale Petrarca gi sostanzialmente ). Dante fu poeta e pensatore: non si limit a rivestire con immagini belle una verit, ma pens in maniera originale, coniugando ad esempio suggestioni aristoteliche e platoniche. Il linguaggio poetico inoltre permette di vedere dentro attraverso lalta fantasia e dire dunque cose precluse al linguaggio quotidiano. Lesperienza dantesca infatti quella straordinaria di un intelletto che arriva a contatto con il Creatore. Perci si pu dire che lo stile di Dante sia profetico: le immagini profetiche indicano una direzione di senso. Egli non si espresso in

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poesia per caso: la misura del verso infatti costringe chi scrive a cercare in altezza e profondit. Il limite non solo negativit, ma fa sviluppare una nuova libert. Qual il senso dellessere per Dante? detto nel primo canto del Paradiso: La gloria di colui che tutto move / per luniverso penetra e risplende. La gloria il senso dellessere. Agli uomini invece data la pace. Luomo destinato alla pienezza del senso, che conosce solo negativamente. Come si conclude il viaggio di Dante? Egli entra nel raggio divino, apre gli occhi alla luce palpitante e gli appare il simbolo trinitario con dentro il volto delluomo: il Padre comprende la sua creazione entrando tra gli ultimi del creato, cio gli uomini. Il volto umano quello infimo, entrando nel quale Dio abbraccia tutto il creato. Dante allora costretto a distogliere lo sguardo. Credo che lequivoco didattico inizi gi con il Dante giovanile. Rapportare lesperienza amorosa descritta nella Vita nuova a schemi moderni (comunque di tipo romantico) assolutamente fuorviante. Ci che Dante descrive unesperienza spirituale. Gi Denis de Rougemont nel suo affascinante Lamore e lOccidente (ora nella Rizzoli, Bur) d una lettura della lirica amorosa occidentale (in particolare di quella trovatorica) rapportandola alleresia catara, e ricollegandovi le successive mitologie amorose, dagli stilnovisti fino al Tristano e Isotta di Wagner. Credo che la questione vada sfumata, fermo restando che Dante descrive unesperienza di ascesi spirituale (daltronde la simbologia del salute/salus/salute/salvezza evidente). A me sembra che tale esperienza, costeggiando zone pericolose della spiritualit, ai confini con leresia (Cavalcanti non era un averrroista?) si sia evoluta nel tempo, in particolare grazie allesperienza filosofica (la donna gentile del Convivio e un approfondito studio della teologia che coniuga il razionalismo domenicano e tomistico con la mistica francescana). Dante non rinnega niente di quellesperienza: vero, per, che sviene alla fine del racconto di Francesca, exemplum di un amore sradicato

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dallesperienza di elevazione spirituale. Ma anche su questa questione credo che la sensibilit moderna, che ha appiattito lamore alla sua sola dimensione sentimentale, sia incapace di cogliere la profondit di altre esperienze. Motivo in pi per eliminare del tutto Dante dalla programmazione, privilegiando esperienze pi comprensibili6.
Cinema

e letteratura

La mia generazione cresciuta col cinema e con la televisione. Molte opere letterarie sono state mediate dallimmagine prima di essere scoperte sulla carta. Non credo che, per, questo sia il punto decisivo. Do per scontato che nella scuola dovrebbe inserirsi sistematicamente leducazione allimmagine (e dare ai ragazzi strumenti critici di decifrazione del cinema darte come della pubblicit). Ma lottica in cui mi muovo mi spinge a cogliere del cinema, ancora una volta, non laspetto pi appariscente. Certo, si dice che esso pu essere un eccellente strumento didattico. Non lo metto in dubbio. Credo, ad esempio, che Schindlers list possa insegnare molto ai ragazzi sul significato dello Shoa. Allora il problema si sposta: non importante cogliere il cinema in connessione alla letteratura (rarissimi, infatti, i casi di scambio proficui fra le due dimensioni: citerei i film di Straub e Huillet da Kafka, Pavese, Hlderlin, visti da pochissimi). Il problema invece mirare al grande cinema. Io credo che esistano libri commerciali e film commerciali. Sicuramente il cinema ha caratteristiche commerciali e industriali in qualche modo originarie e pi marcate. Ci non ha impedito che nel suo secolo di vita si producessero alcune grandi opere darte. Poche ma degne di stare accanto ai grandi capolavori della letteratura, della filosofia, della spiritualit. Per quanto
Navigando in Internet ho trovato un eccellente sito curato da Vito Evola (vito@cyberworld.it) che legge la Vita nuova come opera di ascesi spirituale, collegandola giustamente ai provenzali, ad Andrea Cappellano, ecc.
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mi riguarda, ad esempio, considero Andrej Tarkovskij uno dei pi grandi artisti di questo secolo: non regista ma artista in senso assoluto. Non caso questo regista russo dimenticato oramai da tutti, era figlio di un poeta di grande talento. Tutta la sua opera nutrita di echi letterari, intessuta di poesia (Solaris e Stalker sono tratti da libri, anche se di fantascienza). Io credo che la scuola dovrebbe appropriarsi di questi patrimoni. Non limitarsi cio a rendere ancillare il cinema alla letteratura ma far vedere come con quello strumento sia possibile creare esprimere potenti visioni del mondo. Credo limitativo ragionare solo sul piano della divulgazione. Oggi non abbiamo pi bisogno di questo ma di rigore. La scuola, a breve, sar lunico posto in cui sar possibile proiettare Lo specchio o Sacrificio, oltre a qualche pay-tv per appassionati. Un grande artista della cinepresa ci insegna a guardare il mondo con occhi diversi, oltre che comunicarci significati, spesso profondissimi.
Democrazia

La razionalizzazione totale e la modernizzazione in cui si incarna, esige, in particolare, una nuova collocazione delle masse: una permanente mobilitazione che operi uno sradicamento assoluto. Ogni individuo deve essere strappato a ogni tradizione, a ogni consuetudine, a ogni forma di vita consolidata e deve mettersi a disposizione del meccanismo della generale permutabilit. La razionalizzazione deve essere integrale, deve neutralizzare ogni significato che non sia la crescita della produzione e la competizione per laccesso a una quota di ricchezza [...]. La vita trasformata in corsa, lenergia vitale in carburante per conseguire il possesso e il consumo di oggetti nella maggior quantit possibile. La meta sempre oltre, il desiderio non pu mai essere saziato, il processo della razionalizzazione deve strutturarsi come pura processualit sciolta da vincoli e da

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condizionamenti passati o futuri: ci che conta che le aspettative crescano, che non si fermi mai la corsa. Lindividuo trascinato come da un fiume in piena, dalla potenza della ratio produttiva. Perci debbono essere strappate le radici della individualit e della socialit tradizionali: la tradizione, il passato debbono essere distrutti. Ma anche il futuro non pu essere oggetto di rappresentazione, di progetto. La ratio produttiva non ha tempo, o meglio ha il tempo astratto dellattualit permanente, della precariet della moda. Cos scriveva alcuni anni fa Pietro Barcellona in Lo spazio della politica (Editori Riuniti). Come pu, mi dico la scuola, essere palestra di democrazia, stante lassolutezza di questo valore, che pure oggi potrebbe essere messo in discussione (e penso alla dichiarazioni di Soros sul totalitarismo del capitale)? Da questo punto di vista credo che solo luso consapevole di una didattica democratica possa essere utile come responsabilizzazione allimpegno politico7. Intendiamoci: non mi faccio illusioni. La societ odierna non ha bisogno di spiriti critici ma solo di cervelli brillanti, non di tafani ma di brillanti sofisti, imbonitori politici e televisivi. Non credo che ci saranno molti spazi operativi (anche perch il micropotere d alla testa anche alle persone apparentemente pi sobrie: potrei ritrovarmi tra ventanni ad essere un docente autoritario!). Oltre ad attuare una forma di cooperative learning, vorrei educare i ragazzi ad acquisire il punto di vista della Arendt, la cui proposta consiste in una riabilitazione del politico, inteso come spazio pubblico di azione e di libert. La politica non da lei intesa pi come lotta per il potere, ma come modo di espressione di s e della propria
Roberto Maragliano in Consapevolezza dei saperi e ruolo delle competenze (Laboratorio della riforma) parla della necessit di elaborare il lutto del programma. Mai funerale, per quanto mi riguarda, fu pi felice. Certo, il programma era una rassicurante coperta di Linus ma anche la scusa pronta per lappiattimento progressivo degli insegnanti, con ripercussioni estremamente negative sugli alunni. La morte del programma (nel senso classico) costringe ad attivare risorse creative e a coinvolgere, gioco forza, il gruppo classe nel processo decisionale. Considero questo un elemento molto positivo della riforma, in assoluto quello che crea degli spazi di reale libert e in cui si possono incuneare elementi di critica.
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libert. E che cos la libert? Il miracolo della libert insito in questo saper cominciare, che a sua volta insito nel dato di fatto che ogni uomo, in quanto per nascita venuto al mondo che esisteva prima di lui, e che continuer dopo di lui, a sua volta un nuovo inizio. Questo vorrei insegnare ai miei allievi: a non credere nellimmutabilit del mondo (come la mia generazione credeva nelleternit dellURSS). Ciascuno di loro dovr sapere - proprio perch neonato - che ha la potenzialit di dare nuova nascita al mondo: Come vivere senza ignoto dinanzi? Gli uomini doggi vogliono che il poema sia a immagine della loro vita, fatta di cos poco rispetto, di cos poco spazio, e bruciata dintolleranza. Perch non loro pi lecito agire supremamente, nella preoccupazione fatale di distruggersi distruggendo il prossimo, perch la loro inerte ricchezza li frena e li incatena, gli uomini doggi, affievolitosi listinto, perdono pur conservandosi vivi, persino la polvere del proprio nome. Nato dal richiamo del divenire e dallangoscia della ritenzione, il poema, sorgendo dal suo pozzo di fango e di stelle, testimonier, pressoch in silenzio, che nulla era in lui che gi non fosse esistito realmente altrove, in questo ribelle e solitario mondo delle contraddizioni (Ren Char). Attraverso la bellezza (che verit) scopriranno di poter trasformare il mondo, temprando qualunque tentazione demiurgica nella scoperta della vera presenza dellaltro in una dimensione politica vissuta come libera scelta: Il suggerimento indistinto di una libert smarrita o da riconquistare - lArcadia dietro di noi, lUtopia davanti a noi - bussa alla soglia pi remota della psiche umana. Questo pulsare fantomatico sta al cuore delle nostre mitologie e concezioni politiche. Siamo creature frustrate e consolate a un tempo dal richiamo di una libert appena fuori della nostra portata. C un campo in cui questa esperienza di libert si dispiega. C una sfera della condizione umana in cui essere significa essere liberi. la sfera del nostro incontro con la musica, con larte e la letteratura (Steiner).

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Simone Weil probabilmente la pensatrice cui pi mi sento vicino in questi ultimi anni, per il suo percorso sempre aperto, per il suo sforzo di coniugare un impegno politico mai dogmatico, scaturente dalla compassione per la sofferenza degli esseri, con una tensione spirituale altissima, anchessa non dogmatica ma aperta ad ogni linfa vitale delle tradizioni religiose. Per questo mi piace concludere la voce Democrazia con una sua citazione, che afferma la necessit di un impegno individuale nel passaggio di millennio che stiamo attraversando: Viviamo in unepoca che non ha precedenti, e nella situazione presente luniversalit, che un tempo poteva essere implicita, deve ora essere totalmente esplicita. Il linguaggio e tutto il modo dessere ne devono essere impregnati. Oggi non sufficiente esser santo: necessaria la santit che il momento presente esige, una santit nuova, anchessa senza precedenti []. Un nuovo tipo di santit qualcosa che scaturisce dimprovviso, una invenzione. Fatte le debite proporzioni, mantenendo ogni cosa al proprio posto, quasi un fatto analogo a una nuova rivelazione delluniverso e del destino umano. Significa mettere a nudo una larga porzione di verit e di bellezza sino ad ora nascosta sotto uno spesso strato di polvere. Esige pi genio di quanto sia occorso ad Archimede per inventare la meccanica e la fisica: una santit nuova uninvenzione pi prodigiosa.
Educare

nella scuola del Duemila

Che la riforma portata avanti da Berlinguer sia organica nel suo principio ispiratore mi sembra indubbio, anche se si sta realizzando a spezzoni. Ed questo spirito che non mi sento di condividere, che anzi respingo con forza, anche se ne debbo riconoscere il fascino. Per la prima volta, infatti, la scuola sembra adeguarsi alle esigenze dei tempi. Ma su questo che mi trovo dissenziente. Il nostro tempo

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apparentemente decentrato, lepoca in cui il sole si spento, per dirla con lo Zarathustra nicciano, in cui luomo catapultato dal centro alla x. In realt, il nostro mondo occidentalizzato ha un centro invisibile: leconomia come produzione e consumo di beni senza alcun rapporto con esigenze reali delluomo. La scuola potrebbe essere un luogo di resistenza attiva? No, certamente. Essa deve diventare snodo nevralgico di un sistema produttivo sempre pi fondato sulle competenze, deve educare alla flessibilit (in tutti i sensi). un caso che due mesi fa Il Sole 24 ore abbia avviato la pubblicazione di un (eccellente) giornale dedicato alla scuola? La Confindustria non si muove per nulla. La scuola ritorna al centro dellattenzione non solo per il merito individuale di un caparbio ministro (che per negli anni Settanta, con la Rossanda, professava idee alquanto diverse) ma per lesigenza dei tempi e del princeps huius mundi. Daltronde, lo stesso Dante non condannava lavarizia quale causa di tutti i mali del suo tempo e non faceva profetizzare a Virgilio lavvento di un veltro che avrebbe ricacciato la lupa negli Inferi, da dove linvia di Lucifero la fece uscire? Questo il momento in cui luomo maggiormente vive nelloblio (del S nel senso orientale, dellEssere direbbe Heidegger). Nietzsche laveva detto che il nostro sarebbe stato il secolo del nichilismo. Noi siamo tutti malati di nichilismo. La scuola compresa nel male perch una civilt che accetta luomo come appendice di un meccanismo produttivo (di cui oramai si perso il controllo) una civilt radicalmente antiumana. Non un caso che un autore violentemente antimoderno come Pasolini parlasse provocatoriamente di abolizione della televisione e della scuola. La domanda che sorge a queste riflessioni : perch allora insegnare? Io credo che, malgrado tutto, sia possibile, dallinterno e dallesterno, indicare delle uscite di sicurezza. Vivere inconciliati con il proprio tempo: senza fughe allindietro (anche se ci attrae irresistibilmente, come lAngelus Novus di Klee di cui parla

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Benjamin). Viviamo in questepoca oscura senza sottrarci al dovere, sapendo che questo mondo destinato a finire. Creare oasi di senso, di ben-essere reale che solo pu nascere dalla pienezza del senso e dalla ricerca della verit, oltre che dallonest nei rapporti e dalla carit. Diceva Fortini che il comunismo la strada che percorriamo per arrivarci. Credo che si possa dire lo stesso di quello che vuole essere il mio impegno educativo. Avere una meta sapendo che non la raggiunger mai (perch essa presupporrebbe un cambiamento veramente rivoluzionario dellintero nostro mondo), nella consapevolezza che per quel percorso gi in qualche modo la meta. La comunit che si crea in unaula pu diventare la promessa di un modo diverso di vivere i rapporti umani. Gli strumenti che utilizzer sono molteplici. In una delle nostre lezioni polemizzai sulla questione dellunificazione delle cattedre umanistiche. Ribadisco quella posizione: non solo non si devono unificare le cattedre di italiano e filosofia ma bisogna scindere tutti gli insegnamenti (la storia dallitaliano, la filosofia dalla storia), perch ciascuno presuppone una formazione del docente e una prassi didattica diversa. Ci nonostante, ritengo che il docente debba avere una formazione quanto pi ampia possibile (il modello potrebbe essere loratore descritto da Cicerone), poich, ad esempio, la letteratura e la filosofia sono una delle forme (tipiche in verit della civilt occidentale) in cui luomo ha cercato di rispondere alle sue esigenze di senso. La lingua batte dove il niente duole Per questo ritorno sempre sulla questione del senso. I ragazzi e gli uomini di questo tempo hanno bisogno di urgenti risposte sul senso delle loro esistenze, il resto accademia e, meglio sarebbe, silenzio. Dunque, il criterio ispiratore sia sempre la vita vissuta, lurgenza del domandare, soprattutto in unet nevralgica come i 1617 anni, quando si definisce una visione del mondo. Una cosa certa: non sar lagente solerte della riproduzione di quello che un tempo si sarebbe chiamato capitale ma che preferisco chiamare, heideggerianamente, Ge-stell. In quello

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che sar il cuore dellapparato produttivo, io cercher di educare uomini e donne liberi, additandogli la gioiosa anarchia degli F.P. di Elsa Morante (ne Il mondo salvato dai ragazzini), la disobbedienza di Pasolini, la veggenza di Rimbaud, la follia profetica di Hlderlin, il silenzio in attesa della grazia di Celan.

Il

nome della rosa

La rosa mi cara per molti motivi. E poesie sulla rosa le custodisco nel cuore. In particolare un distico di Angelus Silesius (La rosa senza perch fiorisce perch fiorisce). Alla lettura del romanzo di Eco ero riuscito a scampare per tutti questi anni. Come un asinello, dunque, ho dovuto abbassare le orecchie e leggere, sperimentando la verit di una massima di Voltaire, e cio che i libri pi utili per noi sono quelli che non ci piacciono. Prover a spiegare il perch. Cattolico per estrazione, ho avuto una crisi religiosa che mi ha portato ad una sorta di ateismo militante, arricchitosi di problematiche politiche, soprattutto durante luniversit a Roma, a contatto con un corpo docente proveniente dallesperienza sessantottina o femminista. In questi ultimi anni ho compiuto il giro del mondo, tornando alla pratica religiosa. In questo percorso peso non secondario ha avuto, oltre lincontro con il poeta-filosofo Marco Guzzi, la lettura di alcuni classici del pensiero tradizionale, nei confronti dei quali avevo nutrito sempre diffidenze politiche. Ora, anche se pu sembrare strano, pur essendo un militante comunista, credo che da quel pensiero possano giungere stimoli rivoluzionari (in un senso peculiare) e anche strumenti di lettura molto pi adatti a decifrare civilt come quella medievale. Chi Umberto Eco? Malgrado quello che ha scritto in un suo saggio (recentemente raccolto in Un altro Novecento, La Nuova Italia) il mio professore di italiano Alberto Asor Rosa, e che cio Eco un medievale nato per sbaglio nel nostro tempo, io credo che sia proprio lopposto. Eco un moderno (anzi un novissimo) che applica al Medioevo categorie moderne. Non voglio dire che lunica possibilit di comprendere unepoca sia quellimmedesimazione di cui

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parlava la scuola storicista tedesca, ma mi sembra che la vulgata sul Medioevo che esca dal romanzo dimostri un incomprensione radicale di ci che il Medioevo volle essere. Loperazione di Eco, a livello contenutistico, quella di vedere in quel mondo ci che ha anticipato il nostro, quello attuale, considerando il resto retaggio da superare. La premessa non esplicitata che il nostro sia, comunque, il mondo migliore della storia dellumanit, cosa ribadita in vari scritti dal professore. In una prospettiva evoluzionistica il Medioevo appare pieno di promesse mantenute dallepoca successiva, in particolare da una scienza libera da superstizione e al servizio delluomo. La posizione di Eco quella di Francesco Bacone e della sua utopia tecnologica. Se qualcosa, invece, il secolo appena finito ci ha insegnato che il sogno della ragione genera mostri. Non credo di dover giustificare questa affermazione. luomo prometeico che ha reso la terra invivibile, minaccia di distruggerla, vive nella totale alienazione. Svevo nella straordinaria conclusione del suo capolavoro parla di occhialuto animale per sottolineare che il destino delluomo si deciso nel momento in cui ha smesso di adattare il suo organismo allambiente e ad agire tecnicamente (sar un caso poi che Guglielmo usa gli occhiali e li vanta come grande progresso delluomo?). Credo, dunque, che il punto di vista, la prospettiva, sia decisiva nella lettura del Nome, come di ogni altro romanzo che abbia unambizione enciclopedica e totalizzante (pur camuffandosi da raffinato gioco letterario). E io rifiuto in toto quella prospettiva neoilluministica, erede di quella cultura che ha occidentalizzato il mondo, sottomettendo tutto ad un centro invisibile, la produzione, leconomia sganciata da qualunque reale esigenza umana. Il destino dellumanesimo e dellilluminismo (la sua dialettica, adornianamente) quella non solo della strage delle illusioni ma di una ben pi concreta distruzione, delle terre, degli uomini, dei rapporti, della psiche: la terra illuminata splende allinsegna di trionfale sventura (Horkheimer-Adorno). Il centro della civilt medievale e di altre civilt tradizionali era di tipo spirituale. Non a caso Guglielmo si sente esonerato, per svolgere le sue ricerche, dalla pratica rigorosa della preghiera comune.

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Mi chiedo come un uomo che non sappia pregare possa scrivere del Medioevo capendone qualcosa8!
Magia

Mi riallaccio al discorso fatto sul Nome della rosa. La magia, la tradizione ermetica, lalchimia vengono completamente stravolte dalla mentalit moderna per cui diventa incomprensibile, soprattutto nelle vulgate scolastiche. Sganciandole dalla dimensione rituale, spirituale e sacrale da cui provengono tutte queste cose risultano preistoria di sviluppi successivi, prodotti di civilt bambine, quando invece, presenti in tutto il mondo per secoli e secoli, da Oriente a Occidente, mostrano come la protezione di segreti necessariamente destinati a pochi abbia funzionato. Chiariamo: la destinazione ai pochi non ha nulla di aristocratico nel senso della classe. Esistono iniziati che vivono come mendicanti, per esempio nella spiritualit islamica. Il punto di fondo un altro: esiste, evidentemente, un filo rosso che collega tra loro tutte le grandi tradizioni spirituali dellumanit, quella religio (o philosophia) perennis che Pico della Mirandola riteneva di poter mostrare a tutti. Essa soggiace ai culti misterici e alla religione egizia, al cristianesimo allinduismo, allislamismo e al confucianesimo. Questa dimensione dello Spirito necessariamente appannaggio di pochi, perch essa richiede un arduo
Un altro aspetto rivelatore della personalit di Eco la sua feticizzazione del libro: non casuale che il suo romanzo maggiore sia ambientato in un luogo in cui vive tra libri, con libri, per libri. In unintervista Eco ebbe a dire che la sua biblioteca personale era una sorta di coperta di Linus da guardare in maniera rassicurante nei momenti di smarrimento (in un passo rivelatore del libro Eco parla della biblioteca dellabbazia come di un ventre: ne possiamo dedurre una sorta di regressione uterina!). Ben altra potenza troviamo, rispetto alla stessa questione, nellopera di Borges, a torto banalizzato nella figura di Jorge nel Nome. Basti leggere, oltre alla Biblioteca di Babele, una testo meraviglioso come Poesia dei doni. In ogni caso tanto Borges quanto Eco appartengono interamente a questepoca, che, proprio perch non riesce pi ad esperire il libro come vita, lo fa diventare un feticcio da adorare. Si rilegga, al contrario, la lettera di Dante a Cangrande: l presente la consapevolezza che la vera arte sempre al servizio di qualcosa che la trascende. Nel Paradiso non si leggono libri, per quanto posso immaginare che Eco lo pensi e Borges labbia sognato.
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cammino, al cui culmine c una conoscenza assoluta che eleva luomo a Dio. Questa lesperienza fatta da personaggi molto lontani tra loro e a livelli diversi, da Plotino a Meister Eckart, da Al-Hallaj a Giovanni della Croce. lesperienza dellassoluta unit della Creazione. In maniera distorta la si ritrova anche in filosofia idealiste come quella di Schopenhauer.9 Torno alla questione. La magia una scienza tradizionale che presuppone la corrispondenza tra microcosmo e macrocosmo. una scienza inferiore non di tipo metafisico, ma comunque il suo fine originario di tipo spirituale. Uscendo fuori dallOccidente si pu leggere la meravigliosa Vita di Milarepa (tra laltra ridotta a film dalla Cavani) per cogliere il senso reale della magia. Certo, Milarepa utilizza i poteri acquisiti a fin di male, ma subito egli scopre che la vera dimensione dellesistenza di tipo spirituale ed inizia un faticoso cammino che lo conduce alla santit e a poteri magici di gran lunga superiore di quelli sperimentati fino ad allora (poteri che ritroviamo in molte esperienza di santit occidentale). Proprio la lettura del De magia di Apuleio pu essere un buon viatico, se si depone la spocchia dei moderni e si comprende come la magia teurgica sia una delle strade che conducono al Divino. Sottolineo: una delle strade. Ne esistono molteplici. Esse vanno conosciute non per spirito erudito (da viaggiatori disillusi) ma per trovare quale sia la propria strada e per far s che le varie tradizioni si illuminino a vicenda10.

Di fatto, i mistici di quasi tutte le tradizioni religiose convergono fin quasi allidentit. Essi costituiscono la verit di ciascuna. La contemplazione praticata in India, Grecia, Cina, ecc. soprannaturale quanto quella dei mistici cristiani. In particolare c una grandissima affinit tra Platone e, per esempio, san Giovanni della Croce. Cos come tra le Upanishad ind e san Giovanni della Croce. Anche il taoismo molto vicino alla mistica cristiana. Lorfismo e il pitagorismo erano autentiche tradizioni mistiche. Cos pure Eleusi (S. Weil, Lettera a un religioso, p. 49). 10 La lettura della preghiera a Iside contenuta nella Metamorfosi pu essere unesperienza spirituale. Daltro canto, intento di Apuleio non era certo quello di divertire con il suo libro bens di offrire a molti una illuminazione per avviare il proprio cammino di salvezza.

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Ci che abbiamo detto della magia deve dirsi dellalchimia, esposta mirabilmente nella sua essenza da Titus Burckardt. La vulgata libresca e scolastica false e denota una ignoranza non disinteressata. Lalchimista non ambisce a trasformare i metalli in oro e argento. Loggetto della trasformazione lui stesso, cosa evidente se si pensa che prima caratteristica dellalchimista deve essere il disinteressa rispetto alle ricchezze mondane: Lalchimia potrebbe essere definita come larte delle trasfigurazioni dellanima (Burkhardt, Lalchimia, Guanda, 1986, p. 25). Devo dire che questo aspetto sembra sfuggire (ed tutto!) anche alla Yourcenar nellOpera al nero, la cui cultura troppo intrisa di razionalismo cartesiano per non affrontare la vita di un alchimista senza coglierne laltissima tensione spirituale, di una conoscenza s ma non naturalistica bens metafisica. vero che sono esistiti alchimisti come quello sbeffeggiato da Ben Johnson, ma i veri alchimisti ne parlavano come bruciacarboni. Lo stesso Apuleio partecipa, dunque, di questa vigorosa tensione, come testimonia il saggio di Furio Jesi dedicato alle Metamorfosi (Lesperienza religiosa di Apuleio, in Letteratura e mito, Einaudi, 1968). Jesi, tra laltro, lesempio di come un intellettuale di sinistra possa affrontare queste tematiche con lucidit, pur rifiutando un metodo di tipo antropologico (che presuppone sempre la superiorit dellosservatore sulloggetto osservato). Questo approccio nasce dalla volont di leggere i libri non come reperti ma come vere presenze (e il libro di George Steiner tradotto in Italia dalla Garzanti la mia guida alla lettura dei testi, per cui lo presuppongo in ogni cosa che dico). Questo ha a che fare anche con linsegnamento. Se per ognuno di noi la lettura non unesperienza vitale cosa potremo mai insegnare? Ma cosa significa esperienza vitale? Significa, per me, unesperienza di trasformazione, di metanoia, per dirla in linguaggio cristiano. Se il libro non strumento di questa trasformazione, allora un orpello inutile: Nel momento in cui incontriamo latto del poeta, nel momento in cui esso penetra

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i recinti, spaziali e temporali, mentali e fisici, del nostro essere, essi ci invita perentoriamente a cambiare (Steiner, Vere presenze). Siamo ottusi da erudizione e conoscenza. Abbiamo memorie al silicio che conservano lintero scibile umano, ma a che giova poter sapere tutto? A che giova girare il mondo da turisti? Il museo, il viaggio culturale: due invenzioni che la dicono lunga sulla miseria del nostro tempo. Non mi importa nulla di conoscere nuove cose, e non credo che questo sia il compito degli educatori: ci stiamo destinando ad essere dilettanti per tutta la durata della vita. Dobbiamo dimagrire, anche culturalmente. I cd che contengono migliaia di opere, al di l della loro utilit, le edizioni super-economiche sono il segno di un sapere che si autonomizza da chi solo pu renderlo vivo: luomo che legge con attenzione. Il nostro un tempo distratto perch caleidoscopico. Noi viviamo in un immenso caleidoscopio. Credo che per disintossicarci passeranno secoli, ma ci sono buoni segni di inversioni, di rigetto rispetto al regno della quantit di cui parlava Guenon.
Multimedialit

Spero che la scuola esca dalla cattiva pedagogia e dal degrado nel quale caduta, e dunque spero in una scuola atta a contrastare quel post-pensiero che sta invece aiutando. Spero anche in giornali migliori, e alla fin fine in una televisione migliore. E poi, anche se la mia fosse una battaglia perduta in partenza, non mi importa. Come diceva Guglielmo dOrange, point nest besoin desprer pour entreprendre, ni de russir pour persvrer, non occorre sperare per intraprendere, n riuscire per perseverare. Questa una frase di Giovanni Sartori ( in un libro dal titolo felice: Homo videns, di recente ristampato dalla Rizzoli). Non mi caro come pensatore. Lontanissimo come politologo. un buon conservatore. Ma sulla questione scuola

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sottoscrivo quanto da lui affermato. Multimedialit il nuovo abracadabra (insieme a novecento, ecc.). Lo dico da fruitore quotidiano di informatica. Ma giustamente Sartori afferma che utilizzer bene i ritrovati della tecnica chi avr una solida formazione culturale, per gli altri sar un nuovo gioco, dissipativo di energie mentali e fisiche. Anche in questo caso, la scuola, anzich essere un luogo di resistenza (ma come era possibile?) diventa il centro della nuova civilt tecnologica. Quale, a mio parere, la questione che si cela nel profondo? Lesperienza del pensiero, lesperienza della lettura, lesperienza della bellezza (tutte cose inscindibili per me) non sono compatibili con il mondo virtuale, pieno di infinite (quasi letteralmente) lusinghe, il quale favorisce lacquisizione nozionistica di un sapere superficiale. Il processo iniziato, dunque, con i giornali e proseguito (lo dico da comunista) con edizioni sempre pi economiche dei libri e la televisione, trionfa nel mondo multimediale. La nostra sar una civilt caratterizzata da neo-oralit (il trionfo del cellulare, il boom della telefonia e delle chat-line), dallaccumulazione di enormi quantit di dati (in ogni caso ci saranno virtuali biblioteche su cd-rom che non dico Petrarca ma neanche la biblioteca di Alessandria poteva vantare). E saranno perle regalate a porci che non sapranno che farsene, presi dalle ultime trasmissioni da vedere sullultimo canale satellitare o sulla pay-tv. Se si legger, lo si far senza alcuna possibilit di cogliere lo spirito di quellopera, al limiti utilizzando le tecniche di analisi del racconto che si apprenderanno a scuola. Lultimo Calvino (o Eco: sono quasi intercambiabili) lautore del nuovo millennio, con la sua vacua leggerezza, il suo offrirsi gioioso ad ogni sorta di analisi strutturale. Cultura deriva da colere. La vita dei campi, come sanno i contadini (io ho avuto la fortuna di crescere in campagna) richiede pazienza. Virgilio ce lo insegna nelle Georgiche. Luomo contemporaneo fa unesperienza del tempo difficilmente compatibile con la vera cultura, poich, per prima cosa, egli non

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sa coltivarsi e non sa coltivare, non conosce lattesa n la riconoscenza: non ha uno spazio e un tempo sacro (santo, inviolabile nel senso delle XII tavole romane). La cultura vera si sta rifugiando nei luoghi oscuri, nei cenacoli, nelle catacombe. Illusorio credere che la ricerca della verit sia compatibile con questa civilt. Sono un conservatore? No, tuttaltro. Bisogna utilizzare, come dice Cassano, la tradizione in funzione rivoluzionaria. Io guardo ad un mondo trans-figurato nel momento dellestrema sfigurazione delluomo (i quadri di Bacon!). In quel mondo la tecnica e la scienza (che ab origine ha un cuore tecnico) sar realmente asservita ad un nuovo che avr riconquistato il suo centro (che non pu essere solo integralmente umano e dunque spirituale). Penso a un film che mi caro: Fino alla fine del mondo (Until the end of the world) di Wim Wenders. L, dopo lubriacatura tecnologica, i protagonisti che si salvano riscoprono una dimensione umana. Film ingiustamente sottovalutato, metafora potente del nostro destino.

Pirandello

e Svevo

Autori che mi sono cari e che considero importanti per capire la modernit. Del primo per credo vada rimarcata la grossa influenza dellambiente e delle esperienze biografiche sulla visione pessimistica. Eppure lui stesso in alcuni momenti della sua opera poco indagati dalla critica (Lazzaro, ad esempio, ma soprattutto la conclusione di Uno, nessuno e centomila) prospetta delle vie di superamento dellalienazione. Come i grandi artisti del nostro secolo, comunque, va acquisito integralmente nella sua capacit diagnostica (come Kafka). Ci aiuta a riconoscere il male, da cui c una possibilit di salvezza che lui vede solo per baluginii. Pirandello anche uno dei primi autori che hanno tematizzato la fine dellego. In verit gi Rimbaud, con ben altra potenza, aveva scritto Io un altro, aprendo

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una strada di ricerca per la poesia battuta da pochi (contro il soggettivismo e il narcisismo tardoromantici). In Pirandello la fine dellego cartesiano, centro di saperi e delle arti, delle scienze e della politica, a partire dal tardo Rinascimento, esibisce la sua crisi tragicomica. Noi viviamo ancora lestenuata coda di quella storia, e per questo continuiamo a riconoscerci in quei personaggi. Ben venga la crisi dellio cartesiano. Alla malora Cartesio nella sua interezza. Come Nietzsche aveva avvertito, questa crisi vista solo nel suo elemento negativo. Ma lalchimia ci insegna che gli elementi si devono dissolversi per ricomporsi in nuovi aggregati (composita solvantur). La dissoluzione un momento necessario. Ma ci non deve condurre allindividuo schizofrenico del nostro presente: Lumilt consiste nel sapere che in ci che si chiama io non c alcuna fonte denergia che permetta di elevarsi. Allora non ci si stupisce pi delle bassezze umane, comprese le proprie, pi di quanto non ci si stupisca di non vedere gli uomini camminare sui laghi; e tuttavia si sa che la vocazione propria delluomo camminare sui laghi. Tutto ci che in me prezioso, senza eccezione, viene da altro luogo che da me, non come dono, ma come prestito che deve essere continuamente rinnovato. Tutto ci che in me, senza eccezione, assolutamente senza valore. Tra i doni venuti da altro luogo, tutto ci di cui mi approprio immediatamente senza valore (S. Weil, Quaderni, p. 80). Dunque, Pirandello, come buona parte della letteratura novecentesca, va preso perch ci sa indicare il male (anche se solo nelle sue manifestazioni, non nelle sue scaturigini) senza indicarci una via duscita (fatto salvo quanto detto prima). Per quanto riguarda Svevo, malgrado lammirazione che suscita e nella mia ottica, c un pericolo da cui mettere in guardia. Da una parte la scelta di unironia che rende accettabile una degenerazione della societ (di cui Svevo peraltro estremamente consapevole: si legga il racconto La trib, ad esempio). Dallaltra la prospettiva apocalittica che laltra faccia della medaglia. Gli apocalittici sono i veri nichilisti. Svevo, malgrado lapparente sorriso bonario, era uno di quelli che si auguravano che il genere umano finisse in malora per la sua corruzione. La

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conclusione della Coscienza di Zeno potente11. Il Novecento soprattutto questo: il Titanic che va ballando e scherzando a schiantarsi contro liceberg, come dice Enzensberger. Come si sar capito, sono lontanissimo da una lettura estetica di questi autori. Credo che uno dei maggiori danni dellestetica moderna (a partire da Kant, come mirabilmente mostra Gadamer in Verit e metodo) sia di aver relegato larte in un ambito che non a niente a che fare con la verit. Io sono convinto, invece, che larte sia un momento rivelativo della verit, di una verit intesa non come possesso stabile ma come svelamento, aletheia, nel senso originario dei Greci risuscitato da Martin Heidegger. Non mi interessa la dimensione estetica dellarte in se e per s: verit bellezza, bellezza verit. Nientaltro.
Poesia

La poesia la grande assente del nostro corso. Intendo la poesia del nostro secolo. Confesso che mi sarebbe piaciuto poterla affrontare. Ho avuto la fortuna di laurearmi con una poetessa brava (Biancamaria Frabotta), lavorando sullopera poetica di un grande della nostra letteratura (Franco Fortini). Ho continuato ad occuparmi di poesia dopo luniversit. Ritengo che, complessivamente (ma includendovi lItalia), la poesia abbia prodotto risultati straordinari, molto pi del romanzo (con alcune eccezioni, in particolare Kafka). Eppure la poesia sembra essere morta. La poesia in Italia un genere di scrittura postumo, ha scritto Giulio Ferroni. Se la vitalit di unarte si valuta anche in base alla sua circolazione, la poesia non esiste pi. A fronte del milione di scrittori (occasionali e non) di poesia, ci sono solo mille lettori abituali di libri di poesia. Quali sono le cause di questa situazione? Prima di tutto levolversi del mondo della comunicazione, con nuove esigenze di consumo culturale che possono
Non a caso ricorda il terrificante Cantico del gallo silvestre, di ispirazione, non si dimentichi, ebraica, come la famiglia di Svevo.
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essere soddisfatte facilmente da altre forme darte che vanno a soddisfare esigenze diverse: il piacere dellaffabulazione, la gioia di ascoltare storie, il desiderio di assimilare nozioni (storiche, filosofiche, ecc.). La narrativa e il cinema si prestano molto meglio a soddisfare queste attese, dato che sono potenzialmente contenitori onnicomprensivi (in particolare la forma romanzo novecentesca totalizzante). Personalmente ho creduto per molti anni che la poesia dovesse sanare questa frattura fonda, strada indicata in Italia da critici come Alfonso Berardinelli e poeti come Gianni DElia, i quali indicano una linea novecentesca, per quanto riguarda lItalia, antisimbolista: parliamo di poeti come Clemente Rebora, Umberto Saba, Sandro Penna, Giorgio Caproni, Pier Paolo Pasolini, Franco Fortini, e altri ancora, con tutta la diversit delle loro proposte. Oggi la mia posizione radicalmente mutata: Ci che a noi si impone come compito non soltanto di stabilire un confronto adeguato e accettabile tra i domini della poesia, del pensiero e della prassi, bens di prendere sul serio la loro nascosta riunificazione al vertice e quindi sperimentare il mistero della loro originaria coappartenenza, tanto da prospettare originariamente una nuova e fin qui inaudita articolazione dellessere (Martin Heidegger). Quello che Heidegger ci invita a fare allora prendere sul serio la poesia. Ovviamente, questo porter a ridurre drasticamente il numero dei poeti che vale la pena dinterrogare, di ascoltare. Non a casa il filosofo si limitato a commentare poche poesie di pochi poeti (Hlderlin, Trakl, Rilke, invano cercando di dialogare con Paul Celan). Credo, dunque, che in alcune esperienze poetiche lOccidente abbia conservato la possibilit di un altro sentiero da percorrere, fondato sullaccordo tra luomo e stesso, tra luomo e il mondo, tra luomo e Dio. Nel mondo antico era dato per scontato un rapporto privilegiato del poeta con unaltra realt: Inoltre, ed questo un concetto che ci viene da uomini di grandissimo prestigio e cultura, lo studio

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delle altre discipline fatto di dottrina generale, precettistica e abilit tecnica, mentre il poeta si vale di un talento del tutto naturale, mosso dalla potenza della sua mente ed pervaso come da un afflato divino (et mentis viribus excitari et quasi divino quondam spiritu inflari). Per questo ben a ragione il nostro celebre Ennio chiama sacri i poeti, perch sembrano esserci stati affidati quasi per un dono benevolo degli dei [...]. Le rupi e i deserti rispondono al suono di una voce, spesso bestie feroci si arrestano placate dal canto: e noi, educati dai migliori insegnamenti, non dovremmo sentirci toccati dalla voce dei poeti? (Cicerone, Pro Archia, VIII) Poeti come Char o Celan insegnano il tramonto necessario dellOccidente e il suo rinascere, se vero che questa civilt malata e infelice non pu essere lultima parola. E questa lanalisi che va compiendo da alcuni anni della poesia moderna Marco Guzzi, il cui recente libro, Luomo nascente. La trasformazione personale alle soglie del nuovo millennio (Red Edizioni) legge la parabola della nostra civilt e il suo necessario punto di svolta attraverso una linea poetica che annuncia, nella terra del tramonto (lOccidente) la nascita di un nuovo uomo: In quanto profezia apocalittica della nascita di un uomo nuovo in questa specifica fase terminale del ciclo storico occidentale, questa poesia un linguaggio del tutto inedito e inaudito. Non appartiene pi alla storia della letteratura []. E che cosa diventa? Diventa appunto profezia apocalittica []. Ma la parola di questi poeti non ancora presa veramente sul serio. Pochissimi studi sono dedicati a interpretare questi versi come reali profezie del nostro presente, e quindi del nostro futuro. La poesia ancora un territorio ambiguo in cui confluiscono esperienze appartenenti addirittura a cicli storici diversi, per cui anche lautentica poesia apocalittica (rivelativa) risulta ancora di pertinenza di valutazioni letterarie o linguistiche, del tutto inadeguate non solo a interpretare, ma perfino a concepire ci di cui questa poesia realmente parla: E se luomo Nascente in questa notte occidentale volesse insegnarci

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proprio a pensare in modo nuovo? ad ascoltarlo pi profondamente? a dare voce a un pensiero creativo che scaturisca da un ascolto che finora solo la mistica aveva raggiunto? a creare cio una poetica spirituale della storia? Voci, voci. Ascolta, cuore mio, / come soltanto i santi ascoltarono un giorno (Rilke) (Marco Guzzi, Passaggi di millennio, Paoline, 1998, pp.136-137). La poesia nello stesso tempo custode di una tradizione e annunzio di unepoca nuova: essa intimamente rivoluzionaria (rivoluzione: movimento di un corpo intorno ad un centro o un asse). Questa poesia nasce dal silenzio e si avvia al silenzio, e per questo chiede silenzio intorno a s, scandalo radicale in un epoca che non sopporta il vuoto e che ossessionata dallansia di riempirlo. Questa poesia nasce dal silenzio e si avvia al silenzio, e per questo chiede silenzio intorno a s, scandalo radicale in un epoca che non sopporta il vuoto e che ossessionata dallansia di riempirlo: Ad essa, alla notte, la parola / che gli astri accompagnano e i mari inondano, / ad essa la parola avvinta dal silenzio, / cui il sangue non gel, quando trafisse / le sillabe quel dente avvelenato. // Alla notte la parola guadagnata al silenzio. / Contro quelle altre che presto / - sedotte e violentate da orecchie prostituite - / anche sul tempo e i tempi sergeranno, / essa infine sar testimone, / infine, quando solo catene risuonano, / testimone della notte, che l giace / tra oro e oblio, / sorella di entrambi, da sempre (Paul Celan, Argumentum e silentio). Questa, tra laltro, lunica vera educazione allascolto: atto meritorio che potrebbe svolgere la scuola per orecchie affogate nella chiacchiera, nel rumore. Educare allascolto prima di tutto degli spazi bianchi, dei silenzi. Programmi leggeri: lutopia di una scuola come oasi dove vige un altro tempo, quello del verso, come la musica di cui parla Borges misteriosa forma del tempo. Concludendo: la scarsa fortuna della poesia oggi pu essere il segno che essa, quando vera, non mercificabile al pari di qualunque altro prodotto letterario.

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Forse la poesia sta scegliendo i suoi custodi, come se fosse lunica possibilit rimasta al Sacro di manifestarsi. Chi accetta la fatica dellascolto, deve prendere su di s anche la croce di unintima realizzazione della parola e della sua incarnazione nel mondo. Non so quanto di questa concezione della poesia possa essere esperienza educativa. Da qui, comunque, nasce la mia assoluta repulsione nei confronti della prassi analitica (vedi supra) oramai esplosa nelle scuole (a ventanni dalla morte dello strutturalismo!). Siamo fedeli alla parola del poeta: Vero canto un altro alito, un alito che tende / a nulla. Uno spirare nel Dio. Un vento (Rilke).
Roma

Un giorno insegner italiano e latino. Forse nel 2010. Spero prima, sinceramente. Comunque, a me spetter il compito non solo e non prioritariamente di insegnare la lingua latina12, bens quella di far scoprire una civilt in stretto rapporto con la nostra. Noi abitiamo spazi creati per lo pi dai romani e moltissime citt italiane conservano monumenti e tracce di quella Roma. Benevento tra quelle citt. La lingua sar il tramite necessario per questo rapporto, ma il fine ben pi complesso. Mi scontro, dunque, oggi con un limite grande della mia formazione: che cos per me la civilt romana ancora non lo so. Certo, ho avuto la fortuna di ascoltare le lezioni (le ultime) di Santo Mazzarino e con lui di fare lesame di storia romana. Ci nonostante continuo a nutrire fortissime resistenze nei confronti di questa civilt. Per la mia educazione cristiana? Per lodio istintivo
Lesperienza linguistica pu essere vertiginosa: ogni lingua un modo diverso non solo di nominare ma di percepire il mondo. Per questo credo che le lingue, dialetti compresi, vadano tutelate e sono radicalmente contrario alluso di una lingua franca o ad un esperanto di qualunque tipo. Bisogna tutelare le differenze. Scendere in una lingua come Heidegger, ad esempio insegna a fare, significa tornare a cogliere lorigine del nostro stesso sguardo sulle cose, perch il mondo non esiste, per luomo, che nel linguaggio che incessantemente lo nomina: il linguaggio ad un tempo la casa dellessere e la dimora dellessere umano (Heidegger, Lettera sullumanismo).
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nei confronti dei potenti? Non lo so, anche perch Roma, ad uno sguardo ravvicinato si frastaglia nelle sue vicende e nei suoi usi. Continuo a credere che complessivamente la cultura romana sia di gran lunga inferiore a quella greca. Anche quello che a mio parere il maggior autore latino, cio Lucrezio, debitore di Epicuro. Al di l di questo, ci che mi respinge della civilt romana il culto della forza che diventa imperialismo. Certo, ho letto le Memorie di Adriano della Yourcenar: grande libro che apre molti squarci su quel mondo. Ma, ad esempio nella vicenda degli Ebrei, non cogliamo quello spirito di conquista, pure magnanimo, ma comunque di conquista che non tollera alcuna autonomia? Probabilmente un mio limite, da superare con studi approfonditi: forse se riuscissi a leggere quella romana come una civilt tradizionale, a coglierne prioritariamente la pietas che ne domina i comportamenti, il senso del sacro che la pervade, potrei smettere di credere, come Simone Weil, che quasi tutto sia spregevole in quella civilt13. Fino ad ora non ci sono riuscito. La mia impressione complessiva comunque di una distorsione, di cui io stesso sono stato vittima, dei valori di quella civilt. So, per, nei confronti di quale retaggio romano sarei critico: sicuramente la centralit dellorganizzazione militare (giustificata inizialmente da guerre difensive ma poi divenuta strumento di una politica imperialistica). Cosa valorizzare? Sicuramente la percezione del romano antico di vivere in una citt abitata dagli dei, poi la tolleranza nei confronti delle altre civilt e il rigore nel codificare i rapporti, i valori tradizionali come la pietas esemplificata dallEnea di Virgilio che in spalla / un passato che crolla tenta invano / di porre in salvo, e al rullo dun tamburo / ch uno schianto di mura, per la mano / ha ancora cos gracile un futuro da non reggersi ritto (Giorgio Caproni, Il passaggio di Enea). Ancora e sempre, comunque, cercare ci che pu tornare a
I romani erano un manipolo di fuggiaschi conglomerato artificialmente in una citt; ed essi hanno strappato alle popolazioni mediterranee la loro vita, la loro patria, la loro tradizione (La prima radice, p. 52).
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vivere, abbandonando una prospettiva archeologica e antiquaria, la stessa che colp negativamente il giovane Leopardi nel suo soggiorno a Roma: vi cercava gli antichi valori e la virtus degli eroi e vi trov discussioni di vecchi ammuffiti.
Romanzo

Il nostro il secolo del romanzo? Esiterei a rispondere positivamente. Senzaltro, secondo le celebri analisi hegeliane, tale forma si diffonde in concomitanza con lascesa della borghesia. naturale che essa abbia trovato il suo apogeo nellOttocento, secolo di una borghesia che adegua alla sua dinamicit economica (rivoluzionaria, come Marx scrive nel Manifesto) la rappresentanza politica (con il ciclo rivoluzionario che va dal 1789 al 1848). Nel Novecento, dunque, il romanzo entra in crisi nella forma codificata tra Sette e Ottocento, si contamina, si frange. Joyce, Proust, Musil, Kafka segnano i vertici - diversi - di questa trasformazione. Cosa si agita sotto questa crisi, che poi la stessa delle arti figurative e della musica? Non si tratta in verit del precipitare di unintera configurazione delluomo? Io credo che, ad esempio, una lettura non letteraria di Kafka (scrittore che sfugge, daltronde, a qualunque tentativo di lettura strutturalista: il contatto con la sua scrittura ustorio anche per lanalisi sequenziale!), mostri un senso di crisi metafisica la cui ultima parola non pu essere il tronfio materialismo positivista. Credo che Kafka sia lesempio pi alto nel nostro secolo di come la letteratura, ai suoi vertici, smetta di essere tale e diventi domanda, inchiesta sulle cose ultime. evidente che nei romanzi e nei racconti dello scrittore praghese si rifletta anche un preciso momento storico caratterizzato da un lavoro alienante, o le sue condizioni biografiche (il rapporto con un padre castrante), ma lessenza dellarte kafkiana teologica. Egli un grande teologo ebreo, teologo della crisi, di un Dio enigmatico, ma teologo.

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Questa, per quanto mi riguarda, la linea da privilegiare anche nella scuola. Pochi sono i grandi narratori di questo secolo e dei passati. da l che bisogna partire: da una grandezza che si deve avere il coraggio di affermare, eludendo le insidie della moda e della chiacchiera culturale14. Negli ultimi due anni ho preparato, per il premio Strega, schede relative a due romanzi: la Camera di Baltus di Melania Mazzucco (mia collega allUniversit) e Q del gruppo Luther Blisset. Indubbiamente entrambi questi romanzi rientrano nel filone post-moderno inaugurato in qualche modo da Eco. Sono complessi giochi linguistici ed eruditi. In entrambi per c una passione (sentimentale nel primo, politica nel secondo) che li rende molto pi accattivanti del prototipo. Credo che questa, per, sia una ricerca che presto si esaurir. Erri De Luca (che ho avuto il privilegio di conoscere) lesempio, a mio parere, di come si potr evolvere la letteratura nei prossimi anni: raccontare storie che affondano in unesperienza illuminata dalla ricerca di senso (nel caso di De Luca una lettura quotidiana delle Scritture, amorevolmente tradotte). Siamo stanchi di giocattoli da scomporre, di giochi linguistici, di esibizioni erudite. Apuleio scrisse un romanzo che aveva una finalit che andava ben al di l del diletto. Torneremo a questo, e alla sintesi, alle parole ustionanti come quelle di Franz Kafka.
Territorio

Uno dei libri decisivi degli ultimi anni per me stato senzaltro Il pensiero meridiano (Laterza). Alcuni anni fa organizzammo anche un incontro con lautore,
Per fare ci bisognerebbe prima di tutto (lo ha detto Rita Villani durante il corso) smettere di ragionare in termini di letteratura italiana. Si pu imparare ad usare la lingua in maniera corretta e funzionale anche su scrittori mediocri. La grande arte non deve servirci ad imparare luso corretto della nostra lingua. un modo per svilire quegli sforzi. Allora, perch non scindere lingua e letteratura? perch non studiare non pi letteratura italiana (con ridicole integrazioni) ma spaziare liberamente nelle culture del mondo? Che senso ha leggere Carducci o Parini e non conoscere Rumi o Puskin o Goethe?
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Franco Cassano, che insegna sociologia a Bari, ed ebbi modo di discutere a lungo con lui dellargomento. Pensiero meridiano vuol dire fondamentalmente questo: restituire al sud lantica dignit di soggetto del pensiero, interrompere una lunga sequenza in cui esso stato pensato da altri. Cassano riprendendo la nota tesi di Weber, afferma che il modello occidentale di sviluppo, fondato sul lavoro inesausto e il mito della produttivit, il frutto di una particolare religione (il cristianesimo nella sua variante calvinista) e addirittura di una luogo geografico (lOlanda, con le sue notti lunghe, i freddi e il mare ostile cui strappare terre). Imporre questo modello di sviluppo fondato sulla competizione ad altre realt le ha private dei loro ritmi diversi, le ha deculturate. Il Sud del mondo viene pensato a partire da parametri nuovi, valorizzandone prima di tutto losmosi con il mare e i ritmi diversi che nascono dal rapporto terramare. La prima sezione del libro si intitola, infatti, Mediterraneo ed unesaltazione dellandar lenti, contro il mito moderno dellhomo currens. Egli individua in Camus e Pasolini gli antesignani del pensiero meridiano (titolo daltronde dellultima parte dellUomo in rivolta). Quello di Cassano potrebbe essere il punto di partenza per una riflessione nuova sulle nostre terre, libera finalmente dai vizi di certo meridionalismo. lontanissima da me lidea di rivendicare unappartenenza culturale etnica, ma, dopo lubriacatura modernista che tante vittime ha fatto e il rifiuto sprezzante delle nostre culture, pu essere il momento giusto per una riappropriazione, che sia anche politica: di una sinistra che, finalmente, come scrive Cassano, sa fare propri valori finora rivendicati dalla destra, usando il sacro in chiave eretica, la tradizione in funzione rivoluzionaria. Polemicamente, contro unidentit europea, io rivendico, allora, prima di tutto la mia identit mediterranea o, meglio, meridiana: rivendico losmosi tra la terra

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e il mare, landar lenti, lincontro tra le culture dei popoli che su questo mare si affacciano (da quella greca a quella andalusa, da quella provenzale a quella maghrebina, da quella italiana a quella slava). Io credo che tutto ci possa avere anche una ricaduta educativa sul nostro territorio. Prima di tutto imparando a vivere non secondo la categoria del ritardo rispetto al Nord (Italia-Europa) sviluppato. Daltronde, anche nella prassi, mi sembra che si stiano affermando logiche ecocompatibili, soprattutto nel settore agricolo, centrale nelle nostre zone, un diffuso bisogno di qualit (e dunque buone possibilit per lagricoltura biologica), la riscoperta di tradizioni artigianali (penso in particolare alla ceramica di Cerreto). Dunque, malgrado lapparente astrattezza, la proposta di Cassano, che faccio integralmente mia, percorribile in termini pratici, educando ad una lettura positiva del territorio, deturpato e sfigurato negli ultimi trenta/quaranta anni, ma recuperabile nella sua dimensione non semplicemente naturale ma storica (penso, ad esempio, alla riscoperta del percorso del tratturo del Cerro e della via della transumanza). Lo stesso discorso legato allagriturismo ha bisogno di una cultura del territorio e delle sue tradizioni recuperata in pieno. Credo che la scuola su questo abbia effettivamente qualcosa da dire, ma sempre partendo da un principio, da una visione di fondo. Se tutto ricondotto alla dimensione economica, allavarizia, allora ci saranno piccoli, inutili aggiustamenti. In ogni caso, la scuola deve essere il luogo in cui, quotidianamente, si pone il problema del radicamento. Troppo a lungo la sinistra a considerato questo un valore di destra. Eppure la Weil nel 1942 scriveva Lenracinement (amorevolmente tradotto da Fortini col un conio dantesco, La prima radice, ma in realt radicamento). Vi scriveva: Il radicamento forse il bisogno pi importante e pi misconosciuto dellanima umana. tra i pi difficili da definire. Mediante la sua partecipazione reale, attiva e naturale allesistenza di una

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collettivit che conservi vivi certi tesori del passato e certi presentimenti del futuro, lessere umano ha una sua radice. Io credo che solo in questa direzione sia possibile recuperare un rapporto col territorio. Gi la scuola dovrebbe essere luogo di radicamento (conservatrice, nel senso di custode, di tesori del passato dati in eredit, anche se, come dice Char, la nostra eredit non preceduta da nessun testamento, deve essere conquista). La scuola, infine, deve educare a creare le radici multiple di cui parla la Weil: imparare a conoscere la propria terra in ci che di essa vive, anche se noi non lo sappiamo, in noi.
Unit

dei saperi

Limpianto di fondo del corso di base presuppone questa idea, che io condivido in pieno. Il problema, per, di questo corso e della scuola in generale il rapporto di osmosi che sempre c con il contesto, cio con la societ nel suo insieme. La percezione stridente che avevo in certi momenti era quella di vivere in un mondo a parte, in una castalia (Hesse, Il gioco delle perle di vetro). solo unimpressione. In realt la scuola si sta adeguando rapidamente alle richieste di una societ che ha ben chiare le sue parole dordine. Lunit dei saperi rischia di ridursi a al possesso di una grande capacit di adattamento, quellimparare ad imparare che risulta fondamentale in un mondo che conosce repentine trasformazioni produttive, e i cui presupposti di competenze e conoscenze i produttori non vogliono accollarsi. Esistono esempi di sistemi formativi fondati sullunit dei saperi: penso allAccademia platonica ma anche alle prime universit. In entrambi i casi si serviva la verit (nessuno risponda: quid est veritas? perch senza la tensione verso di essa crolla lidea stessa di sapere, di cultura). Lunica verit del nostro mondo, lo ripeto fino alla nausea, la produzione, fondamento caduco il cui portato sotto gli occhi di tutti. So che

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vicino il tempo del tramonto della terra del tramonto, lOccidente mondializzato. Nel tramonto anche le ombre dei nani sembrano quelle di giganti. Ma noi non vogliamo essere nani, neanche sulle spalle dei giganti (immagine ricorrente nel Nome della rosa). Perch non essere giganti sulle spalle dei giganti? Dare risposte forti ad un mondo che si accontenta di pensiero debole, pensiero sfinito Il mio compito non pu che essere quello di additare i segni del tramonto necessario dellOccidente e di ci che nasce di nuovo: Porre fine a quelleterno conflitto fra il nostro s e il mondo, ristabilire la pace delle paci che pi alta di ogni ragione, congiungerci con la natura, con lunit di un unico, infinito Tutto (Hlderlin). Il Nascente solo pu costituire lunit dei saperi, poich la vita, nella sua potenza generatrice, olistica, organica. Contro il fango delle cifre, il rapporto meccanico tra materie morte al servizio della produzione della morte (psichica e fisica). Perch il mondo non sia pi la terra desolata di questo secolo:
Ci che chiamiamo il principio spesso la fine E finire cominciare. La fine l donde partiamo. E ogni frase Ogni proposizione che sia giusta (quando ogni parola al suo posto, E fa la sua parte per sostenere le altre, La parola n diffidente n sgargiante, Partecipe del vecchio e del nuovo senza sforzo, La parola comune esatta senza esser volgare, La parola formale precisa ma non pedante, In armonia perfetta, come compagni di danza) Ogni frase o proposizione una fine e un principio, Ogni poema un epitaffio. Ed ogni azione un passo verso il patibolo, il fuoco, la gola del mare O verso una pietra illeggibile: e di l incominciamo. Noi moriamo con quelli che muoiono: Ecco, essi partono, e noi andiamo con loro.

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Noi nasciamo con i morti: Ecco, essi tornano, e ci portano con loro.

T. S. Eliot Quattro quartetti


Virgilio

Perch nel Medioevo Virgilio diventa un mago, come testimoniato dalla ricerche preziose del Comparetti?15 Perch il poeta antico, riletto con locchio del medievale un sapiente prima di tutto. Ferma restando la necessit della tecnica (daltronde la grammatica era una delle arti del trivio), che Dante nel primo incontro con Virgilio sottolinea, rivendicando il suo apprendistato poetico sul volumen del maestro, ci che conta il possesso di una prisca philosophia. Noi sappiamo che Virgilio ebbe un apprendistato napoletano con Orazio di tipo epicureo. Eco di questa formazione soprattutto nelle Bucoliche, dove emerge una visione dellamore estremamente negativa, dolorosa. Lamore - per Epicuro - una passione insana da cui liberarsi per raggiungere latarassia. Virgilio, per, poi modifica radicalmente la sua visione del mondo: ad un materialismo meccanicistico si sostituisce una visione sacrale, gi presente nelle Georgiche. A questo impianto si aggiunge una concezione provvidenziale che si dispiega pienamente nellEneide, dove pure persiste lantica diffidenza epicurea nei confronti dellamore/passione, se vero che quella di Didone (sebbene causata da Venere) una vera propria insania. Anche qui sarebbe rischioso sovrapporre schemi moderni (come accade, ad esempio, nel libretto del Metastasio). Ci che conta la pietas di Enea (Paratore), la sua obbedienza agli ordini divini, rispetto a cui ha avuto un attimo di sbandamento. Non c alcuna differenza tra Enea ed Abramo, se li leggiamo con le categorie di Kierkegaard. Entrambi obbediscono ad
15

Che non ho potuto consultare perch la biblioteca di Benevento chiusa da oltre un anno

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un ordine che nega il piano etico-morale. Entrambi sono disposti a sacrificare ci che hanno di pi caro. Enea, come Abramo, simbolo delluomo religioso (pietoso), malgrado ci possa apparire paradossale alla nostra sensibilit moderna, che si impietosisce (ironie della lingua!) per Didone e per lo scampato Isacco. Ma il piano divino non decifrabile dalluomo: S che Tu sei terribile!, come dice Manzoni in una delle sue cose pi belle e poco frequentate, Mentre a stornar la folgore / trepido il prego ascende / sorda la folgor scende / dove tu vuoi ferir. Luomo pietoso chi si adegua al volere divino. Pu luomo prometeico (Anders in Luomo antiquato), lulisside che ha varcato tutte le colonne dErcole, violato ogni segreto, ben illustrato nel suo spirito dal Guglielmo di Eco, pu questuomo capire realmente la pietas di Enea? Ancora una volta ci troviamo, con lEneide, di fronte ad unopera incomprensibile nel suo spirito. Lunica soluzione, quella che tutti adottiamo, modernizzare o limitarci al piacere dellaffabulazione. Ben altro voleva Virgilio, non a caso mago nel Medioevo, guida di Dante nel regno infero e in parte del Purgatorio, quindi maestro di una via salvifica se benedetta dalla grazia.

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(A mo di conclusione, premessa/promessa) Mi metto in cima al baratro e ci danzo su, pi squilibrato del daino; ma meno del maiale.

Non corro alcun pericolo, mappoggio al vuoto delle masse celesti che si plasmano sulla mia figura.

Il vento mi trapassa tra le gambe, sul collo, sotto i piedi: imparo la ginnastica del mondo i passi della faccia successiva.

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