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Centro studi Walter Benjamin

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Remo Bodei Le malattie della tradizione. Dimensioni e paradossi del tempo in Walter Benjamin.
[in Walter Benjamin: tempo, storia, linguaggio, Roma, Editori Riuniti, 1982, pp. 211-234]

1. Tenter un esperimento, quello di far reagire nello spazio chiuso di questo scritto le principali categorie utilizzate da Benjamin negli anni pi fecondi della sua attivit. Stringer cos insieme quei concetti che mi appaiono caratterizzanti: dimensioni del tempo individuale e del tempo storico, complementariet, esperienza e tradizione. L'asse fondamentale della ricerca sar tuttavia costituito dall'analisi della tradizione e del suo interrompersi. necessario prepararsi a seguire il rigoroso filo logico dell'argomentazione di Benjamin attraverso la densit metaforica del suo linguaggio, (talvolta illuminante, spesso enigmatica e centrifuga) e gli inevitabili e salutari effetti contro-intuitivi. Il tema dei tempi incrociati e delle ibridazioni temporali pu introdurci direttamente nel luogo di diramazione dei problemi e delle aporie. Ha osservato con acume P. Szondi: Diversamente da Proust, Benjamin non fugge il futuro. Lo cerca piuttosto in quelle esperienze infantili nelle cui scosse [Erschtterungen, ossia choc] esso ha per cos dire svernato, mentre ha dovuto entrare nel presente come nella sua tomba. Il tempo perduto di Benjamin non il passato, ma il futuro 1. Non vi dunque soltanto come in Ernst Bloch una Nachreife, una maturazione tardiva, postuma, del futuro racchiuso nel passato, dei germi dispersi che nella loro epoca non trovarono il terreno adatto allo sviluppo, ma un incapsulamento del futuro nel passato. Negli choc dell'infanzia si rifugiato quel tempo dell'attesa e del desiderio a cui la pura crescita cronologica non sa rendere ancora piena giustizia. Sotto la cenere del passato, dell'arcaico, del mito, della fiaba, della memoria involontaria, tanto prossima all'oblio, si conserva e si nasconde la brace del futuro. Persino il weberiano mondo del disincanto non riesce a cancellare lo stupore, la rivelazione, l'illuminazione che si sprigiona dal contatto fra i due estremi del tempo. Quando passato e futuro si congiungono scocca la scintilla della Jetzt-Zeit, del tempo-ora,

dell'attimo in cui il passato carico di futuro transita attraverso il presente cronologico, balena all'improvviso. In cui, cio, il futuro rientra dal suo esilio nel passato, dal suo svernare, per insediarsi anche nel presente storico, per rivoluzionarlo. Sono questi i momenti nei quali gli estremi della lontananza si azzerano nella pienezza dell'esperienza, nei quali il tempo diventa, per cos dire, stereoscopico, si pu finalmente percepire nella compresenza di tutte le sue tre dimensioni congruenti. In genere per la percezione delle tre dimensioni dissociata, incongruente, spezzata, oppure costruita su mute corrispondenze o allusioni, su incolmabili allegorie. Il futuro non riesce a svincolarsi dal passato, che in questa lotta assume un aspetto ostile, temibile, pur senza cessare di attirarci. Ci sembra di riconoscere in esso qualcosa di familiare nella pi evidente estraneit. Alcune circostanze ci colpiscono come un'eco, il cui suono originario sembri essere stato emesso in qualche oscuro recesso della vita anteriore. Non siamo in grado tuttavia di afferrarne il senso. Rimane il presentimento che un giorno si dovr tornare a prendere qualcosa di dimenticato, che vi un futuro dimenticato presso di noi
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Proust aveva cercato di indagare su

queste lontananze, di sondare il passato per decifrarne il senso, ed aveva parlato della sua opera come di un telescopio puntato sul tempo 3. Ma il suo un passato raramente visitato dalle occasioni di futuro, un quartiere d'inverno vuoto, in cui il grande assente proprio il futuro perduto, dimenticato, che campeggia dovunque nel suo vuoto: L'eternit di cui Proust dischiude degli aspetti non il tempo illimitato, ma il tempo intrecciato. Ci che veramente gli importa il corso del tempo nella sua forma reale, e cio intrecciato con lo spazio, che in nessun altro luogo domina cos inalterato come nel ricordo, interiormente, e nella senescenza, esternamente. Seguire il contrappunto di senescenza e ricordo significa penetrare nel cuore del mondo di Proust, nell'universo dell'intreccio [...]. Egli dominato dalla verit che noi tutti non abbiamo tempo di vivere i veri drammi dell'esistenza che ci destinata. Per questo invecchiamo non per altro. Le rughe e le grinze del nostro

P. Szondi, Hoffnung im Vergangenen. Walter Benjamin und die Suche nach dem verlorenen Zeit, in Neue Zrcher Zeitung 8-X-1961; trad. it. di Ugo M. Ugazio, Speranza nel passato. Su Walter Benjamin, in Aut-Aut, 189-190, maggio-agosto 1982. 2 Cfr. W. Benjamin, Berliner Kindheit um Neunzehnhundert, in Gesammelte Schriften, Unter Mitwirkung von Th.W. Adorno und G. Scholem hrsg. v. R. Tiedemann und H. Schweppenhuser, Frankfurt a M. 1972 ss. (= G.S.), Bd. IV, 1, hrsg. v. T. Rexroth, pp. 251-252. 3 M. Proust, Lettere ai miei personaggi, ed. it. Milano, 1966, pp. 144-145.

volto sono i biglietti di visita delle grandi passioni, dei vizi, delle conoscenze che passarono da noi , ma noi, i padroni di casa, non c'eravamo 4. Benjamin stabilisce una parentela di passato remoto e di futuro messianico, di arcaico e di novissimum. L'arcaico, il dimenticato, imprigionato in noi. sempre presente immutato, irrigidito, nel singolo e nella collettivit. Uno choc o la rottura di una tradizione lo fanno risorgere, lo riportano alla luce. E ci avviene dapprima in forma orrorosa. In una notte di disperazione, racconta Benjamin, ho sognato compagni di scuola che non conosco pi da decenni e ho sognato di rinnovare l'amicizia con essi: Quel che al risveglio mi fu chiaro fu che quanto la disperazione aveva portato alla luce come con un'esplosione era il cadavere di quest'uomo che l era murato 5. Le allegorie, le forme espressive eminenti del barocco, hanno appunto per oggetto l'oblio che si illumina, senza per questo diventare interamente comprensibile, il passato allusivo, perturbante, pietrificato, murato, i cadaveri e le rovine. In tale immagine concettuale dell'arcaico confluiscono oltre agli elementi che vedremo in seguito sia le teorie di Bachofen e di Klages sulla preistoria e sul ctonismo, sia la concezione di Freud sull'apparato psichico nel quale il tempo si presenta come campo di forza di istanze contrastanti (l'una che non conosce il tempo, l'altra che lo esperisce), che ha come risultante un tempo quale coesistenza di coesistenza e di successione, conservarsi e ripetersi del passato pur nel trascorrere degli anni. e dei decenni 6. Il volto arcaico dell'epoca si svela oggi
W. Benjamin, Zum Bilde Prousts, G.S., cit., v. II, t. 1, a cura di R. Tiedemann und H. Schweppenhuser, pp. 320-321, ed. it. Per un ritratto di Proust, in Avanguardia e rivoluzione. Saggi sulla letteratura, Torino, Einaudi, 1973, p. 37. 5 W. Benjamin, Souterrain, in Einbahnstrasse, G.S., cit., v. IV, t. 1, p. 86. 6 Il nome di Bachofen appare in Benjamin spesso legato a quello di Klages, e talvolta a quello di Jung, cfr. Benjamin, Briefe, Frankfurt am Main, 1966, v. I, p. 409 (An Gerhard Scholem, 14-1-1926); v. II, p. 614 (An Gerhard Scholem, 20-VII-1934, ed. it. in W. Benjamin, Lettere 1913-1940, Torino, Einaudi, 1978, pp. 256-257); p. 640 (An Theodor W. Adorno, 7-1-1937, ed. it. in Lettere 1913-1940, cit., p. 277). Come noto, il saggio di Benjamin, Johann Jakob Bachofen, composto tra il 1934 e il 1935, in francese, per la Nouvelle Revue Franaise, venne respinto ed apparso solo nel 1954 in Les Lettres Nouvelles, 2, pp. 28-42 (dfr. ora la trad. ted. di B. Lindner in Aa.Vv., Materialien zu Bachofen Das Mutterrecht, a cura di H.-J. Heinrichs, Frankfurt am Main, 1975, pp. 57-71). In esso il riferimento al Klages di Vom kosmogonoschen Eros (Mnchen 1922) diretto. Del resto fu dapprima attraverso Klages e C.A. Bernoulli (Bachofen. Urreligion und antike Symbole, Leipzig, 1926) che Benjamin si accost a Bachofen. Uno studio ancora da compiere sarebbe quello che spiegasse a fondo i rapporti di Benjamin con questo tipo di cultura, con il tema della redenzione in Klages e con quello dei miti ctonii o tellurici in genere in Bachofen, Klages e Bumler. E che spiegasse inoltre la persistente presenza di Freud, di una concezione del tempo psichica in cui la successione comporta anche la coesistenza, in cui cio lo sviluppo non contrasta con la permanenza e i caratteri tradizionali del tempo (successione, mutamento) convivono con quelli normalmente attribuiti allo spazio (coesistenza, immobilit).
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come all'inizio dell'et moderna nel barocco pi velocemente: Con il rapido ritmo della tecnica, a cui corrisponde una caduta altrettanto rapida della tradizione, viene pi presto di prima alla luce la partecipazione dell'inconscio collettivo, il volto arcaico di un'epoca, anzi gi quello della prossima epoca 7. Lo sviluppo tecnico rende pi visibile il passato arcaico perch esso non pi sorretto dalla tradizione. Persino il mondo dei nostri genitori circonfuso del vecchio orrore preistorico, perch noi non siamo pi legati ad esso attraverso la tradizione 8. Ma oltre all'arcaico dell'epoca attuale e addirittura della prossima (si potrebbe dire: un futuro che gi passato), Benjamin rivendica una arcaicit come immagine di futuro messianico. L'eterismo bachofeniano della promiscuit sessuale, le gentes della societ senza classi engelsiana lasciano nellarcaico trasparire le figure del futuro, il progresso non come fuga in avanti ma come arresto, sempre tentato e mai ancora riuscito. Storicamente nell'Unione Sovietica (dove arcaico e futuro sono pi strettamente sviluppati) al futuro si giunge attraverso il riscatto del passato irredento e una frenetica opera di modernizzazione, di accelerazione del tempo storico, che conduce ad un veloce abbandono del presente: L'opera di Lenin ha talmente accelerato il corso degli avvenimenti della sua epoca, che la sua presenza diventa presto passato, la sua immagine rapidamente remota
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Nell'Unione Sovietica non soltanto la tecnica o l'esperienza traumatica della guerra mondiale . a provocare il distacco dalla tradizione e il risaltare dell'arcaico, ma un fattore politico, la rivoluzione, che ha luogo in un paese che ha negato nei fatti le teorie del progresso e dello sviluppo lineari. L'abbandono del presente non avviene del resto mediante un sorpasso puro e semplice del passato e della puntualit dell'istante vissuto. Il presente non si determina per Benjamin attraverso la finzione di un punto che scorre lungo una retta infinita, bens attraverso la sincronia, la simultaneit delle immagini, che si decifrano mediante rimandi reciproci, che formano un orizzonte di senso o una costellazione. Vi un indice storico delle immagini, che dice che esse giungono ad esser leggibili insieme solo in un periodo determinato: E proprio questo giungere a
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W. Benjamin, Materiale preparatorio a ber den Begriff des Gescbichte [Tesi di filosofia della storia], G.S., cit., v. I, t. 3, pp. 1235-1236. 8 W. Benjamin, Passage (inedito), cit. attraverso il Tiedemann, da H. Arendt, Walter Benjamin, in Merkur, XXII, 1968, pp. 50-65, 209-223; 305-316, ed. it. Walter Benjamin: L'omino gobbo e il pescatore di perle, in H. Arendt, II futuro alle spalle, Bologna, il Mulino, 1981, p. 122.

leggibilit un punto critico determinato nel loro interno. Ogni presente determinato attraverso quelle immagini che gli sono sincrone: ogni Jetzt lo Jetzt di determinate conoscibilit 10. Ci significa che il passato conserva se stesso come su una lastra fotografica impressa, che manifesta per la sua immagine solo in un determinato ora, che dipende dalle interrelazioni con altre immagini che si sono palesate: Il passato ha depositato in s immagini che possono paragonarsi a quelle che si fissano su una lastra sensibile. Solo il futuro pu svilupparle: quelle che sono abbastanza forti, perch possa apparire l'immagine in tutti i suoi dettagli
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. Ma

neppure la trasmissione del passato al sicuro, non vi passato che possa dirsi una volta per tutte al riparo nei granai del presente 12. Col passato se veramente lo si vuol salvare, sottrarre alla mummificazione del ricordo. (Eingedenken), al suo trasformarsi in reliquia laica si deve avere un rapporto libero e momentaneo come hanno con esso i bambini. Non lo si deve cio accumulare come un patrimonio, con una sorta di crematistica spirituale, non lo si deve far diventare un peso schiacciante (c' qui l'eco anche della seconda Inattuale di Nietzsche, del Sull'utilit e il danno della storia per la vita?), ma richiamarlo in maniera produttiva in quanto necessario al presente: Far agire l'esperienza della storia, che per ogni presente un'esperienza originaria questo il compito del materialista storico. Esso si rivolge ad una coscienza del presente che fa deflagrare la continuit della storia 13 In questo senso, il vero presente storico non che il passato di immagini impressionate che si sviluppano simultaneamente e si mantengono provvisoriamente immobili sulla soglia del tempo. La Jetzt-Zeit, l'attualit, , a sua volta, la percezione istantanea di questo rivelarsi simultaneo del passato, del suo concentrarsi in una grandiosa abbreviazione che epitoma, nei momenti pi alti, l'intera storia dell'umanit. Sono proprio quei momenti in cui, con involontaria potenza allegorica, il tempo si ferma, i rivoltosi sparano sugli orologi dei campanili.

W. Benjamin, Denkbilder, G.S., cita, v. IV, t. 1, p. 348, con le Immagini di citt, Torino, Einaudi, 1971, Mosca, p. 52. 10 W. Benjamin, Passagen (inedito), cit. da R. Tiedemann, Studien zur Philosophie Walter Benjamins, Frankfurt am Main, 1973, p. 158-159. 11 W. Benjamin, Materiale preparatorio a ber den Begriff des Gescbichte, cit., p. 1238. 12 W. Benjamin, Eduard Fuchs, der Sammler und Historiker, G.S., cit., v. II, t. 2, p. 476, ed. it. Eduard Fuchs, il collezionista e lo storico, in W. Benjamin, L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilit tecnica, Torino, Einaudi, 1966, p. 90. 13 Ivi, p. 467 (ed. it., cit., p.83).

2. Ma il tempo acquista ancora un altro senso se ci allontaniamo dall'intreccio dei modi e ci spostiamo verso il concetto benjaminiano di complementarit, in particolare di progresso e di eterno ritorno: La fede nel progresso in una infinita perfettibilit, un compito infinito della morale e l'idea dell'eterno ritorno sono complementari. Sono le irresolubili antinomie, di fronte alle quali va sviluppato il tempo storico 14.Complementari vuol dire, in questo caso, anche che l'una evoca irrimediabilmente l'altra, se si resta fermi a questa opposizione di linea e circolo, se si vuol costruire il concetto di storia solo con riga e compasso. Mentre sappiamo meglio quale sia stato l'apporto di Baudelaire o dell'ternit par les astres di Blanqui sul concetto di tempo storico, meno noto il fatto che Benjamin avesse cercato di risalire alle prime formulazioni dell'idea di progresso studiando Turgot e che si era imbattuto in una interessante critica di essa in Lotze
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. Eppure gi il progresso

lineare teorizzato nel settecento pone in evidenza il distacco dalla tradizione. Pi oltre, il romanticismo apparir a Benjamin, quale un movimento che ha salvato la tradizione al di l della rottura con il passato. Ma soltanto con Baudelaire, nella Parigi capitale del XIX secolo, il contrasto stridente, nella complementarit, di progresso e coazione a ripetere, di innovazione e di arcaico, di apparente modernit e di apparente barbarie si fa conclamato, macroscopico. L'arcaicit, l'immobilismo, la decrepitezza e l'orrore di una classe sono complementari allo sviluppo parossistico del progresso. Esso diventa perturbante a se stesso nella sua ombra. Il passato arcaico, privo del suo legame con il futuro, legato soltanto alla categoria ideologica del progresso, provoca orrore. La vita anteriore rivangata dal vomere della modernit, ma non riesce a congiungersi con essa: Baudelaire tiene in mano, nello spleen e nella vie antrieure, gli elementi dissociati della vera esperienza storica 16. La Parigi di Baudelaire una citt sommersa, in cui gli elementi ctonii si mostrano in trasparenza attraverso quelli moderni. Anzi, il moderno cita sempre appunto la preistoria 17. La loro conciliazione tuttavia impossibile: il moderno si trasforma in
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W. Benjamin, Passagen (inedito), cit. da R. Tiedemann, Studien zur Philosophie Walter Beniamins, cit., p. 138. 15 Cfr. W. Benjamin, An Marx Horkheimer, 24-1-1939 (inedita), parzialmente citata in G.S., cit., v. I, t. 3, p. 1225. E cfr. G.S., Bd. 1, 3, p. 1250. 16 W. Bejamin. ber einige Motive bei Baudelaire G.S., cit., v. I, t. 2, p. 643, ed. it. Di alcuni motivi in Baudelaire, in Angelus Novus, Torino, Einaudi, 1962, p. 118. 17 Cfr. W. Benjamin, Paris, die Hauptstadt des XIX. Jahrhunderts, in Schriften, hrsg. v. Th. W. Adorno und G. Adorno unter Mitwirkung v. F. Podszus, Frankfurt am Main, 1966, v. I, p. 417, ed. it. Parigi. La capitale del XIX secolo, in Angelus Novus, cit., p. 150: La Parigi delle sue poesie una citt sprofondata, pi ancora sottomarina che sotterranea. Gli elementi ctonii della citt la sua

spleen, in doloroso girare a vuoto, e la vie antrieure, l'aspetto ctonio, genera orrore. Di nuovo: l'arcaico non redento dal futuro solo perturbante. Ma se l'esperienza effettiva di Baudelaire vissuta all'interno di questa scissione, essa tuttavia espressa poeticamente nella deviazione della complementarit. Cos, le esperienze sociali di Baudelaire non sono acquisite in alcun modo dal processo di produzione tantomeno dalla sua forma avanzata, da quello industriale ma tutte quante attraverso lunghe deviazioni (auf weiten Umwegen). Queste per nelle sue poesie stanno alla luce del sole 18. Tale concetto di mondo complementare, di un'altra met del reale storico immediato, pu essere ulteriormente illustrato dall'esempio di Kafka, anche lui vissuto in un mondo complementare: percep il complemento senza percepire quel che lo circondava
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. L'opera d'arte procede in questi casi per absentiam, prende lunghe deviazioni

invece di seguire la via breve dell'esperienza pi comune. Per questo la teoria benjaminiana della complementarit si pu considerare in implicita opposizione alla successiva teoria lukcsiana del riflesso della realt, della via breve nella critica, sebbene temperata dalla categoria di particolarit o di tipico. Il mondo complementare scisso da quello reale, per quanto vi faccia indirettamente riferimento. Anche Bergson ha respinto ogni determinazione storica della propria esperienza concreta e si volto ad un'esperienza complementare: Con ci egli evita, anzitutto ed essenzialmente, di doversi avvicinare a quell'esperienza da cui sorta la sua filosofia, o contro la quale, piuttosto, essa stata mobilitata: che quella ostile, accecante, dell'epoca della grande industria. All'occhio che si chiude di fronte a questa esperienza si affaccia un'esperienza di tipo complementare, come sua imitazione per cos dire spontanea. La filosofia di Bergson il tentativo di specificare e fissare questa imitazione 20. L'esperienza del mondo complementare conserva l'impronta in negativo della realt da cui parte o che combatte, ma anche i germi di una liberazione, di una fuoruscita dal rimando reciproco, dal gioco di specchi fra realt e complementarit. Il

formazione topografica, il vecchio letto abbandonato della Senna hanno lasciato un'impronta nella sua poesia. Ma decisivo, in Baudelaire, nell idillio funebre" della citt il sostrato sociale, moderno. Cfr., per analogia, il mondo palustre in cui si svolgerebbero le storie di Kafka, in W. Benjamin, Franz Kafka, GS., cit., v. II, t. 2, pp. 428 ss., ed. it. Franz Kafka, in Angelus Novus, cit., pp 279 ss. 18 W. Benjamin, Materiale preparatorio a Charles Baudelaire. Ein Lyriker im Zeitalter des Hochkapitalismus, G.S., cit., v. I, t. 3, p. 1169. 19 W. Benjamin An Gerhard Scholem, 12-VI-1938, in Briefe, cit., v. II, p. 762 (ed. it., cit., p. 347). 20 W. Beniamin, ber einige Motive bei Baudelaire, cit., p. 609 (ed. it., cit., pp. 88-89).

ritorno dell'arcaico non riscattato dalla spinta al futuro, anzi separato ed opposto al progresso, perturbante, come si detto. Ma proprio nel perturbante, nell'implicazione e nello scambio di immemorabile e di familiare, di lontano e di desiderato, di passato dimenticato e di futuro atteso, si rivela per contrasto il significato della felicit. La felicit nasce dalla perdita / eterno resta solo ci che perduto: sono parole del Brand di Ibsen (finale del IV atto), citato da Benjamin in una lettera giovanile a Carla Seligson, del 5 giugno 1913. Solo il recupero, il riscatto, la redenzione (nel senso etimologico di ricomprare quel che era nostro, ci di cui abbiamo dovuto privarci, ci che abbiamo alienato, e nel senso teologico, legato al diritto e al costume antico, del Redentore, come colui che rimette a noi i nostri debiti, i nostri peccati, che li cancella come talvolta facevano i tiranni classici) permette la felicit. Occorre ritrovare il futuro nel passato, trasformare la distanza in vicinanza o, come nell'aura, in apparizione unica di una lontananza, per quanto possa essere vicina; riconoscere il nuovo au fond de l'inconnu o l'arcaico in ci a cui attualmente aspiriamo. Per questo la felicit non pu albergare n nel progresso lineare del tempo, che sopprime ed oblia le tappe precedenti, che senza memoria e disprezza il passato, n nell'eterno ritorno, sebbene questo sia un tentativo di saldare insieme i due principi antinomici della felicit: quello dell'eternit e quello dell' ancora una volta 21. L'idea dell'eterno ritorno pu creare per incanto solo la fantasmagoria della felicit, non la felicit stessa. Una. saldatura effettiva dei principi antinomici e dissociati della felicit si ha soltanto quando viene soppresso l'isolamento del progresso dall'eterno ritorno, dell'oblio dalla memoria come reliquiario. La felicit data cos dalla memoria involontaria: non la si pu conseguire senza averla intravista e perduta, ma non la si pu trovare in choc artificiali o nella forma della propriet inalienabile senza distruggerla. Come nel gioco infantile del rocchetto in Freud, o nel mito di Eros nel Simposio platonico, privazione ed acquisto sono complementari, Penia e Poros sono uniti nella stessa natura. Si desidera ci che si perduto e che non conosciamo se non oscuramente, ma verso cui non potremmo, seppur involontariamente, orientarci, se gi in qualche modo non lo avessimo esperito. Conosciamo e non conosciamo insieme, sappiamo e ignoriamo, vogliamo e desideriamo, sperimentiamo una presenza che fuggita e un'assenza che ci attrae,
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W. Beniamin, Zentralpark, G.S., cit., v. I, t. 2, pp. 682-683, ed. it. Parco centrale, in Angelus Novus, cit., p. 136. Sul problema dell'eterno ritorno in Nietzsche Benjamin aveva potuto utilizzare il volume di K. Lwith, Nietzsches Philosophie des ewigen Wiederkunft des Gleichen, Berlin, 1935.

ci volgiamo con anamnesi spontanea a quel futuro che era svernato nel passato e che allora ci era nel mistero diventato manifesto. Nel linguaggio di Franz Rosenzweig, filtrato attraverso Benjamin: la stella della redenzione orienta anche la felicit, ma segretamente, nascostamente, cos come il sole che sta salendo nel cielo della storia orienta mediante un eliotropismo spirituale tutto ci che stato
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. Le immagini, i fantasmi di desiderio, hanno perci questo carattere ambivalente,

bicipite, di passato remoto indistinto legato a un futuro indistinto. Esse non sono precisabili se non nel momento in cui passato e futuro entrano in congiunzione, nell'ora in cui scocca la loro scintilla. A questo proposito va notata la differenza tra la posizione classica, che ancora quella del senso comune ma che si ritrova in Aristotele, secondo cui l'istante un puro divisore, separatore, tra il prima e il poi, e quello di Benjamin per cui esso un epitomatore, riassume il tempo. Per questo, inoltre, la felicit ha il colore locale del tempo: l'idea di felicit che possiamo coltivare tinta del tempo a cui ci ha assegnato, una volta per tutte, il corso della nostra vita. Una gioia che potrebbe suscitare la nostra invidia solo nell'aria che abbiamo respirato, tra persone a cui avremmo potuto rivolgerci, con donne che avrebbero potuto farci dono di s. Nell'idea di felicit, in altre parole, vibra indissolubilmente l'idea di redenzione. Lo stesso vale per la rappresentazione del passato, che compito della storia. Il passato reca seco un indice segreto che lo rimanda alla redenzione all'umanit redenta spetta secondo Benjamin tutto il suo passato
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. Solo

, perch,

quando i tempi saranno compiuti, il futuro contenuto nel passato sar stato redento, riscattato. Ma, individualmente, giammai possiamo recuperare per intero ci che dimenticato. E questo forse un bene. Lo choc del recupero sarebbe cos sconvolgente che all'istante diventeremmo incapaci di capire la nostra nostalgia. Cos invece la capiamo, e forse meglio quanto pi profondamente il dimenticato giace in noi
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. Il recupero presuppone la nostalgia, cos come la redenzione la

perdita, il Redentore o il Messia la caduta e la sconfitta. D'altra parte, quanto si

W. Benjamin ber den Begriff des Geschichte, GS., cit., v. I, t. 2, pp. 694-695, ed. it. Tesi di filosofia della storia, in Angelus Novus, cit., pp. 73-74. 23 Ivi, pp. 693-694 (trad. it., cit., pp. 72-73). Ho modificato una svista di traduzione, che segnalo per la sua intrinseca importanza: einen heimlichen Index significa un indice segreto, nascosto o familiare (con tutta l'ambiguit semantica analizzata da Freud per il suo contrario, lo unheimlich) e non un indice temporale. 24 Ivi, p. 694 (ed. it., cit., p. 73). 25 W. Benjamin, Berliner Kindheit um Neunzehnhundert, cit., p. 267 (ed. it., cit., p. 65).

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perduto, proprio perch non sempre ritorna, proprio perch lascia la nostalgia, pu restare in noi come un rimpianto senza oggetto, senza oggetto immediatamente identificabile almeno. Quasi nel senso di Bloch, per cui l'oggetto non stato identificato: Ciascuno di noi conosce la sensazione, nella sua vita cosciente, di aver dimenticato qualcosa, di cui non si riusciti a venire a capo e che non diventato chiaro. Perci, anche, appare spesso tanto significativo quello che si voleva dire in un determinato momento e che ci sfuggito. E se si lascia una stanza, in cui si vissuto a lungo, ci si guarda stranamente attorno, prima di andar via. Anche qui rimasto indietro qualcosa, di cui non si riusciti a venire a capo. Lo si porta via ugualmente e si ricomincia altrove con esso 26. 3. Adorno ha detto di Benjamin: Sotto il suo sguardo di Medusa l'uomo si trasforma in ampia misura nel teatro di un processo obiettivo. Per questo la filosofia di Benjamin diffonde lo sgomento quasi nella stessa misura in cui promette la felicit [...] L'interiorit non per lui soltanto una dimora di opacit e di torbido autoappagamento, ma altres il fantasma che impedisce l'immagine possibile dell'uomo: dovunque egli le contrappone l'esteriorit corporea. Invano pertanto si cercheranno in lui concetti come autonomia, ma anche totalit, vita, sistema, tutti inerenti all'ambito della metafisica soggettiva 27. Felicit e sgomento insieme: una notazione penetrante, come quella relativa all'esteriorit corporea (rivelativo a questo proposito l'interesse di Benjamin per il behaviourismo, per Watson, che leggeva nel 1930)
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. Ma Adorno non coglie il nucleo del problema, il senso del

processo obiettivo e dello sguardo di Medusa. Il paradosso di Benjamin rispetto alla tradizione quello di una Dialektik in Stillstande, di una dialettica in quiete, di un movimento che si arresta e si cristallizza in una monade, di una universalit che si individualizza, di una filosofia che anche filologia, di una mediazione che sembra congelarsi nel deserto di ghiaccio dell'astrazione, che diventa apparentemente, secondo il rimprovero di Adorno,

E. Bloch, Eben jetzt, in Spuren, in Gesamtausgabe, Frankfurt am Main, 1978 v. I, p. 121. v Th. W. Adorno, Charakteristik Walter Benjamins, in Th. W. Adorno, ber Walter Benjamin, Frankfurt am Main, 1970. (il saggio, apparso sulla Neue Rundschau, n. 61, 1950, pp. 571-584, stato 3 ristampato anche in Th. W. Adorno, Prismen. Kulturkritik und Gesellschaft, Frankfurt am Main, 1969 , pp. 283-301), p. 21, ed. it. Profilo di Walter Benjamin, in prismi. Saggi sulla critica della cultura, Torino, Einaudi, 1972, p. 241. 28 W. Benjamin An Gerhard Scholem, 9, 25-IV 1930, in Briefe, cit., v. II, p. 514 (ed. it., cit., p. 185).
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rappresentazione stupita della fatticit

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. La dialettica, che hegelianamente

Inquietudine, viene dissolta dallo storicismo successivo in divenire e movimento amorfi, naturalizzata nell'immagine ricorrente del flusso di esperienza o dell'onda che succede all'onda. Si producono due posizioni complementari. Nel neo-kantismo di Natorp e di Cohen, che Benjamin ben conosceva, le forme, l'universale, sono separate dalla storia, dall'individuale, analogamente a quanto accade alle Wesenheiten husserliane o al platonismo dei numeri in matematica (espressioni tutte, adornianamente, di assolutismo logico, in cui la datit soltanto elevata al quadrato, trasferita nel mondo delle pure essenze, e dichiarata irresistibile nei confronti della coscienza) 30. Nello storicismo, invece, in Dilthey, l'individualit campeggia sullo sfumato di una universalit allusa, mai precisabile, che si perde nell'indistinto. Da una parte, dunque, universalit vuota, assoluta, dall'altra individualit troppo concreta, tendenzialmente irrelata, complemento di questa universalit. Per inciso: la dialettica si blocca o si diluisce perch la tradizione si interrotta? Lo sforzo di Benjamin , al contrario, volto a costruire una dialettica in cui il movimento si struttura in forme, diventa intelligibile, interrompe la mediazione infinita, in cui universalit e individualit coincidono immediatamente (con tutti i rischi teorici di Illuminationen estatiche che questa scelta comporta, ma anche con tutta la sua potenza dirompente, rispetto alla tradizione dello storicismo e del marxismo socialdemocratico). Benjamin chiama a raccolta un folto manipolo di autori e di tradizioni antagonistiche per evitare che la dialettica possa diventare quel che Sartre pi tardi e in un altro contesto chiamer un bagno di acido solforico in cui l'individualit e la particolarit si dissolvono: Leibniz, i metodi della filologia classica e germanica, Proust e Joyce, Rosenzweig, Focillon. L'idea leibniziana di monade permette di rinchiudere la ricchezza del mondo e del divenire in una struttura individualizzata, in un punto di vista singolo che non contrasta con l'universale, ma ne seleziona una angolatura. La scoperta di Leibniz e il suo nesso con Rosenzweig sono in Benjamin relativamente precoci: le idee sono le stelle, in contrasto con il sole della rivelazione. Non brillano nel giorno della storia, operano solo invisibilmente

Ivi, An Th.W. Adorno, 9-XII-1938, v. II, p. 793 ss. (ed. it., cit., pp. 371 ss.). Cfr. Th. W. Adorno, Husserl and the Problem of Idealism, in The Journal of Philosophy, a. XXXVII, n. 1, 1940, pp. 7 ss.; Id., Zur Metakritik der Erkenntnistheorie, Stuttgart 1956, ed. it. Sulla Metacritica della gnoseologia, Milano, 1964, pp. 220 ss.
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in esso [...]. La concezione complessiva di Leibniz di cui adotto, per la determinazione delle idee, .quel concetto di monade che tu stesso evochi, equiparando le idee ai numeri poich per Leibniz la discontinuit dei numeri interi stata un fenomeno decisivo per la dottrina delle monadi mi sembra rappresentare la sintesi di una dottrina delle idee: il compito dell'interpretazione delle opere d'arte di raccogliere la vita creaturale nell'idea 31. La monade, la contrazione della realt in uno, l'impoverimento che si rivela vera ricchezza, la fatticit che manifesta in forma intelligibile anche il movimento: L'idea monade ci significa in breve: ogni idea contiene l'immagine del mondo. Alla sua rappresentazione posto il compito, nientedimeno, che quello di disegnare in scorcio precisamente questa immagine del mondo 32. La storicit e la variet del mondo non vengono in tal modo cancellate, ma ordinate in una prospettiva, dal centro della monade stessa, senza la quale resterebbero molteplicit incoerente e movimento senza senso. La struttura monadica invece densa di storia fino a scoppiare, perch connette realmente l'universale con l'individualit del punto di vista nell'orizzonte di simultaneit delle immagini della Jetzt-Zeit: La struttura come il particolare sono sempre carichi di storicit
33

. Quel che Adorno non ha compreso che la fatticit, l'elemento

filologico, si conserva nella monade senza per mantenere alla fine la sua rigidit: L'apparenza della fatticit compatta che contrassegna l'indagine filologica e che incanta lo studioso, svanisce nella misura in cui l'oggetto viene costruito nella prospettiva storica. Le linee prospettiche di questa costruzione confluiscono nella nostra propria esperienza storica. Con ci l'oggetto si costituisce come monade. Nella monade prende vita tutto ci che come risultato dell'esame testuale era stato fissato in una mitica rigidezza 34. La rigidezza, come la Medusa, si rivela dunque mitica, anche se Benjamin insiste costantemente su di essa (almeno dallo, scritto su Il dramma barocco tedesco in poi) sia per salvare la fatticit dalle nebbie dell'universalit astratta, sia per produrre un salutare effetto di straneamento nei confronti dello storicismo morbido, pi attento al movimento che alle forme; agli arresti. Salvare il dettaglio, il particolare, il piccolo, e a partire da esso e con esso (e

W. Benjamin, An Florens Christian Rang, 9-XII-1923, in Briefe, cit., v. I, p. 323 (ed. it. cit., pp. 72, 73). 32 W. Benjamin, Ursprung des deutschen Trauerspiels, G.S., cit., v. I, t. 1 p. 228, ed. it. Il dramma barocco tedesco, Torino, Einaudi, 1971, p. 31. 33 Ivi, p. 358 (ed. it., cit., p. 193). 34 W. Benjamin, An Th.W. Adorno, 9-XII-1938, in Briefe, cit., v. II, p. 794 (ed. it., cit., pp. 371-372).

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senza il suo sacrificio) stare nella struttura complessiva delle forme, un insegnamento che Benjamin raccoglie da varie voci: dalla filologia da quella ger manica dei Grimm, con la loro devozione [...] per il piccolo alla quale Nietzsche si era recato
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a quella

classica della grande scuola del sospetto in Germania della fine del secolo scorso, ; dal Freud della Psicopatologia della vita quotidiana, che lavora sui residui, sui particolari, sugli scarti del mondo fenomenico ; dal romanzo di Proust e Joyce, che per la superfetazione dei dettagli tanto aveva colpito anche Bloch, e che Benjamin ovviamente ha conosciuto molto pi direttamente per i suoi compiti di traduttore e di critico; dalla difesa dell'individuo in Rosenzweig, nello Stern der Erlsung e altrove, in polemica contro lo storicismo nazionalista di Meinecke 38. E, infine, cosa che meno scontata, dall'opera di Henri Focillon, Vie des formes (Paris, 1934) e dall'eco in essa riflesso di Valry. Focillon aveva affermato (e Benjamin riporta le sue parole come definizione possibile della messianische Stillstehung des Geschehens, dell'immobilizzarsi o ridursi a calma dell'accadere) a proposito dello stile classico: Brve minute de pleine possession des formes, il se prsente ... comme un bonheur rapide, comme l' des Grecs: le flau de la balance n'oscille plus que faiblement. Ce que j'attends, ce n'est pas de la voir bientt de nouveau pencher, encore moins le moment de la fixit absolue, mais, dans le miracle de cette immobilit hsitante, le tremblement lger, imperceptible, qui m'indique qu'elle vit 39. Non di rigidezza, di medusizzazione, in effetti si tratta, ma di immobilit esitante, di vita al culmine della monade. Cos ne Le cimitire marin di Valry le Temps scintille nei diamanti di impercettibile schiuma che Midi le fuste compone e fissa nel mare. Movimento e immobilit si scontrano nel paradosso zenoniano: Znon! Cruel Znon! Znon d'le! / Mas-tu perc de cette flche aile / Qui vibre, vole, et qui ne vole pas! / Le son m'enfante et la flche
35 Ivi. Dopo aver gi steso questo saggio e mentre lavoravo su Usener ho avuto il piacere discutendo con Ezio Raimondi, di veder confermata la utilit di una ricerca su Benjamin e la tradizione filologica. Di 2 Usener stato importante per Benjamin il volume Gtternamen (1896), Frankfurt, 1948 , utilizzato sia nel giovanile saggio sulla lingua, sia, pi tardi, per il concetto di Augenblicksgtter, o divinit dell'attimo, che si colgono in modo estatico. 37 Cfr. W. Benjamin, Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkheit, G.S., cit., v. I, t. 2, p. 498, ed. it. L'opera d'arie nell'epoca della sua riproducibilit tecnica, cit., p. 40. 38 Cfr. la lettera di F. Rosenzweig An Friedrich Meinecke, 30-VIII-1920, in N.N. Glatzer, Franz Rosenzweig: His Life and Tought, New York 1953, pp. 94-97 (lettera non compresa nei Briefe di Rosenzweig); Id., Stern der Erlsung, Frankfurt am Main, 1921, passim.
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me tue! / Ah! le soleil... Quelle ombre de tortue / Pour l'me, Achille immobile grands pas! // Non, non! [...] Debout! Dans l're successive! / Brisez, mon corps, cette forme pensive! / Buvez, mon sein, la naissance du vent! / Une fracheur, de la mer exhale, / Me rend mon me... O puissance sale! / Courons londe en rejaillir vivant! (Strofe XXI-XXII). L'immobilit vibra nel tremolo dell'era successiva. 4. Di fronte al reale immiserirsi dell'esperienza, dovuto anche alla rottura della tradizione, al dissociarsi di progresso e arcaicit, Dilthey al pari di Bergson ha elaborato una strategia complementare di arricchimento dell'esperienza e di connesso occultamento della frattura della tradizione. La miniera con cui pensava di finanziare l'arricchimento dell'esperienza soggettiva, di salvarla dalla sua incombente bancarotta, era lo spirito oggettivo. Egli voleva cio trasformare la ricchezza di significati, depositatisi in strati lungo la storia dell'umanit, in combustibile per ravvivare la fiamma della soggettivit e dell'individualit. Intendeva fluidificare, disoggettivizzare lo spirito oggettivo, convertire se cos ci si pu esprimere i suoi beni immobili in liquidit spendibile dai singoli soggetti. L'orrore per il passato incompreso, per l'arcaico, per l'immobilit senza vita dello spirito oggettivo, poteva cambiar segno nella magica operazione del Verstehen. A condizione di ridurre il futuro a semplice al di l del presente, diventava possibile riconciliare il passato con il presente. .Il comprendere e la storia eliminavano la miseria, toglievano le limitazioni soggettive: Il corso della vita produce in ogni uomo una costante determinazione, in cui vengono limitate le possibilit che vi sono contenute. La formazione del suo essere determina sempre ogni suo sviluppo ulteriore [...]. L'intendere gli apre un ampio campo di possibilit, le quali non esistevano nella determinazione della sua vita reale [...]. L'uomo determinato dall'interno pu quindi vivere nell'immaginazione varie altre esistenze: dinanzi ai confini imposti dalle circostanze si aprono a lui altre bellezze e contrade della vita, che egli non pu raggiungere mai 40. Nel comprendere ci che gli altri uomini hanno prodotto nel tempo e che attualmente si oggettivato (dall'ordine di un filare di alberi
H. Focillon, Vie des formes, Paris, 1981 , p. 19. Cfr. W. Benjamin, Materiale preparatorio a ber den Begriff der Geschichte cit., pp. 1229-1230. Notevole, anche per la comprensione dell'opera di Benjamin il capitolo V, Les formes dans le temps, della Vie des formes. 40 W. Dilthey, Der Aufbau der geschichtlichen Welt in den Geisteswissenschaften, Plan der Fortsetzung, in W. Dilthey, Gesammelte Schriften, Leipzig und Berlin, poi Stuttgart und Gttingen
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in un giardino alla sentenza di un giudice, ai testi di Lutero) la mia limitata esperienza si allarga, vengo inserito in pi vaste connessioni di senso. Del resto l'atto di disoggettivizzare ci che si oggettiva non un puro esercizio di intellettuali. proprio di ciascuno sin dall'infanzia: Da questo mondo dello spirito oggettivo il nostro io trae il suo nutrimento sin dalla prima infanzia [...]. Infatti, tutto ci in cui lo spirito si oggettivato contiene un elemento comune all'io e al tu. Prima di imparare a parlare, egli [il fanciullo] gi immerso completamente nell'ambiente della comunit, ed egli impara a intendere i segni e le espressioni del volto, i movimenti e le esclamazioni, le parole e le frasi, solo in quanto se li trova sempre identici e dotati della stessa relazione con ci che essi significano ed esprimono 41. Benjamin respinge l'implicito assunto che essendosi l'esperienza soggettiva impoverita sia possibile arricchirla facendole vivere nel Verstehen generalizzato a metodo una vita per procura. Egli accetta e sottolinea pertanto lo choc voluto di una apparente medusizzazione. Contro lo storicismo che fa muovere quel che immobile e irrigidito, tende ad arrestare ci che in movimento, a mostrare la facies hippocratica della storia, le sue macerie. Contro le possibili interpretazioni storicistiche o essenzialistiche della dialettica e del marxismo, fa cos vedere come in Marx la storia del capitale si possa produrre solo nell'estesa struttura d'acciaio di una teoria 42. Da tale punto di vista, lo storicismo si presenta come una formazione reattiva all'orrore dell'arcaico, come risposta continuistica al suo riemergere per effetto della rottura della tradizione. La classe che ha promosso tale rottura credeva di essere moderna, giovane, e si accorge della vecchiaia che in essa, della sclerosi (andrebbero indagati pi a fondo, a questo proposito, i legami tra l'elemento ctonio, arcaico, preistorico, la vie antrieure, e la problematica marxiana e lukcsiana della reificazione). Allora, complementariamente, l'attenzione si focalizza sull'opposto, sul rimedio che anche una denuncia: sulla vita, l'esperienza piena delle Erlebnisse, la ricchezza, la ripresa della tradizione. Lo storicismo vuole resuscitare la tradizione, metterla cumulativamente al servizio di' quelle forze che appaiono inceppate, irrigidite in un mitico orrore. Per questo, anche, fra i modi del tempo storico il presente, e non il

1914, ss., v. VII, pp. 215-216, ed. it. Nuovi studi sulle scienze dello spirito, in Critica della ragione storica, Torino, 1954, pp. 324, 325-326. 41 Ivi, pp. 208-209 (ed. it., cit., pp. 315-316). 42 W. Benjamin, Materiale preparatorio a ber den Begriff der Geschichte, cit., p. 1241.

passato, ad essere oggetto di privilegiamento. Leggiamo cos in Dilthey: Il presente la pienezza reale di un momento del tempo, l'Erlebnis in antitesi al ricordo o alle rappresentazioni del futuro che sorgono dal desiderio, nell'attesa, nella speranza, nel timore, nel volere. Questa pienezza reale, che costituisce il presente, sussiste sempre, mentre di continuo muta ci che forma il contenuto dell'Erleben [...]. La navicella della nostra vita trascinata da una continua corrente che la spinge, e il presente sempre e ovunque l dove noi siamo su queste onde, dove noi soffriamo, ricordiamo e speriamo, cio dove noi viviamo nella pienezza della nostra realt 43. Il flusso di coscienza al quale l'io e l'Erleben sono sempre presenti l'analogo della tradizione, alla quale la coscienza storica deve sempre aderire, compiendo la sua opera di disoggettivizzazione. Per Hegel la tradizione era come un fiume impetuoso: La tradizione non soltanto una massaia che si limita a custodire fedelmente quel che ha ricevuto e a conservarlo e a trasmetterlo immutato ai posteri [...]. La tradizione non una statua immobile, ma vive e rampolla come un fiume impetuoso che tanto pi s'ingrossa quanto pi si allontana dalla sua origine. Il contenuto di essa costituito da ci che il mondo spirituale ha prodotto; e lo spirito universale non riposa mai 44. Malgrado l'impetuosit e la dialettica, l'inquietudine e la rielaborazione, predomina ancora in Hegel in confronto a Benjamin da un lato un concetto continuistico di tradizione, dall'altro (ed la stessa cosa da diversa angolazione) un movimento in avanti, un progresso, senza sosta, senza interruzione, senza freno di arresto. Per Benjamin, invece, la tradizione discontinuit: Aporia fondamentale: la tradizione come il discontinuum di ci che stato in contrapposizione alla Histoire come continuum degli avvenimenti Occorrono le rivoluzioni e i caratteri distruttivi per spezzare la tradizione, per passare a contrappelo. la storia. Che valore ha, allora, il grande patrimonio storico e culturale, se la discontinuit ci rende poveri e ci impedisce di congiungerci a pieno con esso? Cosa ereditare in tempo di povert? Erano domande attuali, soprattutto negli anni
45

W. Dilthey, Der Aufbau der geschichtlichen Welt in den Geisteswissenschaften, Plan der Fortsetzung, cit., p. 193 (ed. it., cit., pp. 295-296). Sul confronto di Benjamin con Dilthey, cfr. W. Benjamin, Briefe, cit., An Ernst Schoen, 8-XI-1918, v. I, p. 203 e ivi, An Ernst Schoen, 24-VII-1919, p. 216. 44 F. Hegel, Vorlesungen ber die Geschichte der Philosophie, in Werke, Vollstndige Ausgabe durch einen Verein von Freunden Verewigten, Berlin 1882 ss., v. XIII, pp. 13-14, ed. it. Lezioni sulla storia della filosofia, Firenze, 1967, rist., v, I, pp. 10-12. 45 W. Benjamin, Materiale preparatorio a ber den Begriff der Geschichte, cit., p. 1236.

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trenta, basti pensare a Eredit di questo tempo di Ernst Bloch, che del 1935, o alle riflessioni di Brecht o di Lukcs su ci che il proletariato, come nuova classe, dovr riscuotere e redimere dalla vecchia, o, in tutt'altro contesto, al senso delle ricerche di Heidegger su Hlderlin. Ma il patrimonio culturale ha per Benjamin un'origine a cui non si pu pensare senza orrore. Esso deve la propria esistenza non solo alla fatica dei grandi geni che lo hanno creato, ma anche alla schiavit senza nome dei loro contemporanei. Non mai documento di cultura senza essere, nello stesso tempo, documento di barbarie. E come, in s; non immune dalla barbarie, non lo nemmeno il processo della tradizione per cui passato dall'uno all'altro 46. Ma se la tradizione non al riparo dalla barbarie, non lo neppure dal conformismo che in procinto di sopraffarla 47. Tempo di povert: Siamo diventati poveri. Abbiamo ceduto un pezzo dopo l'altro dell'eredit umana, spesso abbiamo dovuto depositarla al Monte di Piet, ad un centesimo del valore, per riceverne in anticipo la monetina dell'attuale
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. Lo

storicista ha creduto di accumulare la ricchezza della storia e dell'esperienza, ma poi ci si accorge che anch'egli ha riscosso soltanto la monetina dell' attuale. Il materialista storico rinuncia invece al passato come tutto e all'eredit in senso passivo e patrimoniale per scegliere la povert dell'esperienza odierna come punto di inizio; rinuncia alle Erlebnisse per una felicit povera, priva di cornucopia; rinuncia al saldo orizzonte del presente storicistico e alla norma per quello stato di eccezione in cui vivono permanentemente gli oppressi. Dal passato gli giunge, con libero e momentaneo rapporto, solo il ricordo carico di futuro, la citazione, che balena nell'attimo del pericolo. Unicamente in tal modo c' speranza di far fruttare il magro tesoro dell'esperienza attuale, di farcela con poco. Si potrebbe dire, in termini goethiani: Was du ererbt von deinen Vtern hast, / Erwirb es, um es zu besitzen! / Was man nicht ntzt, ist eine schwere Last; / Nur was der Augenblick erschafft, das kann er ntzen (Ci che hai ereditato dai padri / Acquistalo per possederlo! / Ci che non serve un carico pesante; / Solo ci che l'attimo crea, esso pu utilizzare) (Faust, I, 682-685).

W. Benjamin, ber den Begriff der Geschichte, cit., p. 696 (ed. it., cit., pp. 75-76). Ivi, p. 695 (ed. it., cit., p. 74). 48 W. Benjamin, Erfahrung und Armut, G.S., cit., v. II, t. 1, p. 219, ed. it. (gi apparsa in Metaphorein, 1978, n. 3), Esperienza e povert, in Aa.Vv., Critica e storia, a cura di F. Rella, Venezia, 1980, p. 208.
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5. Ma come possibile parlare di tradizione in presenza di una asserita discontinuit? concepibile una tradizione della o nella discontinuit? Benjamin risponde richiamandosi al concetto di realt dell'apparenza, ossia al presentarsi di un fenomeno in forma inevitabilmente distorta e rovesciata, fino a quando non viene capovolta, almeno teoricamente, la situazione che lo produce. Allora anche il suo apparire rovesciato pu essere giustificato e spiegato all'interno della struttura d'acciaio della teoria: Pu darsi che la continuit della tradizione sia un'apparenza. Ma allora proprio la permanenza di questa apparenza di permanenza fonda in essa la continuit 49. La continuit non pu non apparire sinch i vincitori di ieri non smettono di vincere e sinch i vinti di sempre non sono in grado di capovolgere lo stato di cose esistente, di ritrovare la memoria involontaria della propria storia, di opporre la propria tradizione continuamente interrotta, soffocata e ctonia a quella trionfante e consolidata degli avversari. L'Erinnerung, il ricordo non trasformato in reliquia, li connette all'indietro, lungo la catena delle generazioni, alla storia della redenzione, del riscatto collettivo, in un messianesimo secolarizzato che peculiare in Benjamin. Del resto, ogni esperienza un fatto di tradizione: Essa non consiste tanto di singoli eventi esattamente fissati nel ricordo quanto di dati accumulati, spesso inconsapevoli; che confluiscono nella memoria
50

. Per questo sono

significativi in Benjamin i momenti e gli autori in cui si manifesta, attraverso l'oblio o il riemergere della preistoria, la rottura della tradizione; in cui l'apparenza della continuit viene scardinata dall'interno, a partire dalla memoria involontaria; in cui saltano i parametri del tempo cumulativo, dell'eredit culturale che si accresce soltanto; in cui la discontinuit non un mero accidente nel percorso della continuit. Da qui l'importanza, oltre che di Baudelaire, di Kafka: L'opera di Kafka una malattia della tradizione 51. Dove si rendono visibili le malattie della tradizione, la malta della continuit che teneva, seppur apparentemente, in piedi l'edificio del tempo storico si sgretola e accanto alle fondamenta arcaiche si intravede la possibilit di un nuovo inizio. Per questo, infine, l'immagine dialettica recupero discontinuo dell'oblio, riappropriazione di un futuro dimenticato, ricordo involontario dell'umanit redenta 52.

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W. Benjamin, Materiale preparatorio a ber den Begriff der Geschichte, cit., p. 1236. W. Benjamin, ber einige Motive bei Baudelaire, cit., p. 608 (ed. it., cit., p. 88). 51 W. Benjamin, An Gerhard Scholem, 12-VI-1938, in Briefe, cit., v. II, p. 763 (ed. it., cit., p. 347). 52 W. Benjamin, Materiale preparatorio a ber den Begriff der Geschichte, p. 1239.

Ancora pi radicalmente procedono i caratteri distruttivi. In essi l'oblio pi completo del passato condizione di possibilit del futuro: Il carattere distruttivo non vede niente di durevole. Ma proprio per questo vede dappertutto delle vie. Ma poich vede dappertutto una via, deve anche dappertutto sgombrare la strada [...]. L'esistente lui lo manda in rovina non per amore delle rovine, ma per la via che vi passa attraverso 53. Del resto, i caratteri distruttivi non fanno altro che portare a compimento un processo gi avanzato di distruzione, di cui per ci si rifiuta in genere di prendere coscienza. Da circa cento anni, infatti, si assiste per Benjamin ad una perdita della coscienza storica e a una caduta dell'esperienza
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Paradossalmente, pi si parla di storia e di esperienza vissuta, meno le si possiede. La filosofia ha cercato un surrogato all'esperienza: Dalla fine del secolo scorso, ha compiuto una serie di tentativi per impossessarsi della "vera" esperienza, in contrasto con quella che si deposita nella vita regolata e denaturata delle masse civilizzate. Si usa raccogliere questi tentativi sotto il concetto di filosofia della vita 55. A loro volta, le masse civilizzate sono guidate da meccanismi anonimi e oscuri. Sempre pi rischiano in esse di prevalere istinti gregari, che sostituiscono e pervertono la continuit della tradizione, ne fondano una nuova forma di apparenza: Uno strano paradosso: la gente tende all'interesse privato pi angusto, quando agisce, ma nel suo comportamento, nello stesso tempo, viene pi di prima determinata dall'istinto della massa. E l'istinto della massa sbaglia pi di prima ed diventato estraneo alla vita [...]. Si completa cos l'immagine della stupidit: insicurezza, anzi perversione degli istinti vitali, e impotenza, anzi caduta dell'intelletto 56. La vita cosciente arricchita, predicata dallo storicismo vitalistico, diventa istinto cieco. L'Erlebnis non capace di generare l'Erfahrung, l'esperienza. Essa una falsa esperienza, la ricerca affannosa (e perci indice di un vuoto) di un qualche senso in una serie di choc artificiali. L'Erfahrung, invece, come nella Recherche proustiana, esperienza di ci che non stato vissuto espressamente, consapevolmente, di ci che non stato, insomma, un'Erlebnis 57. ben vero che l'esperienza fondamentale, quella del rapporto con le forze cosmiche, non

W. Benjamin, Der destruktiver Charakter, G.S., cit., v. IV, t. 1, p. 398, ed. it. Il carattere distruttivo (gi apparso in Metaphorein, 1978, n. 3), in Aa.Vv., Critica e storia, cit., p. 202. 54 W. Benjamin, ber den Begriff der Geschichte, cit., p. 702 (ed. it., cit., pp. 80-81). 55 W. Benjamin, ber einige Motive bei Baudelaire, cit., p. 608 (ed. it., cit., p. 88). 56 W. Benjamin, Reise durch die deutsche Inflation, in Einbahnstrasse, pp 95-96. 57 W. Benjamin, ber einige Motive bei Baudelaire, cit., p. 613 (ed. it., cit., p. 92).

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scomparsa, ma essa tende a diventare sempre pi inesprimibile, non comunicabile. L'ebbrezza (che come l'aura rappresenta il congiungersi del pi. vicino e del pi lontano) possibile anche nel tempo della povert, per quanto le civilt moderne cerchino di rimuoverla nel disincanto. Invece, proprio dalla tecnica e dalla sua Entzauberung, essa capace di risorgere. Tale esperienza cosmica si manifestata nella maniera pi tremenda nell'ultima guerra, che stata il tentativo di un nuovo inaudito connubio con le potenze cosmiche. Masse d'uomini, gas, forze elettriche vennero gettate in campo aperto, correnti ad alta frequenza attraversarono la terra, nuove stelle salirono al cielo, gli spazi aerei e le profondit marine ribollirono d'eliche ed ovunque vennero scavate fosse sacrificali nella madre terra
58

. Ma

queste tempeste d'acciaio come le defin Ernst Jnger , queste estasi cosmiche della tecnica non si trasmettono, non costruiscono una tradizione, non sono cio comunicabili. Troppo profonda la discontinuit storica; il fossato che si produce fra le generazioni. Una volta gli anziani trasmettevano ai giovani la fiaccola dell'esperienza. Allorch l'esperienza della vita era cos ristretta da poter essere tesaurizzata con l'et, i vecchi, i sapienti per eccellenza, potevano weberianamente morire sazi della vita. Ma oggi chi vorr anche solo tentare di cavarsela con la giovent, rimandando alla propria esperienza? Una cosa chiara: le quotazioni dell'esperienza sono cadute e questo in una generazione che, nel 1914-1918, aveva fatto una delle pi mostruose esperienze della storia mondiale. Forse questo non cos strano come sembra. Non si poteva gi allora constatare che la gente s ne tornava muta dai campi di battaglia? Non pi ricca, ma pi povera di esperienza comunicabile [...]. No, non era strano. Poich mai esperienze sono state smentite pi a fondo di quelle strategiche attraverso la guerra di posizione, di quelle economiche attraverso l'inflazione, di quelle corporali attraverso la fame, di quelle morali attraverso i potenti. Una generazione, che era andata a scuola ancora con il tram a cavalli, stava, sotto il cielo aperto, in un paesaggio in cui niente era rimasto immutato tranne le nuvole, e nel centro in un campo di forza di esplosioni e di correnti distruttrici il minuto e fragile corpo umano 59. In tale situazione perfettamente inutile sognare armonie perdute, ricchezze da ereditare, continuit da prolungare o turgide forme di vitalismo. Gi molti non le desiderano pi, si sono di fatto abituati

58 59

W. Benjamin, Zum Planetarium, in Einbahnstrasse, cit., p. 147. W. Benjamin, Erfahrung und Armut, cit., pp. 213-214 (ed. it., pp. 203-204).

alla povert. Gli uomini vogliono essere esonerati dalle esperienze stanchi delle complicazioni.

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, sono

Eppure l'ebbrezza, le illuminazioni, si insinuano anche nell'universo della povert, nel mondo del disincanto. Diversamente dalle Erlebnisse, dalla ricerca volontaria di choc, anche le illuminazioni e l'ebbrezza appartengono al regno dell'involontario e possono diventare le vere sorgenti di una nuova esperienza. L'ebbrezza non infatti in contrasto con la ragione, anzi certe forme dell'ebbrezza possono sostenere profondamente la ragione e la sua lotta per la libert
61

. Essa

sembra avere in Benjamin una funzione analoga a quella che il mito in Eredit di questo tempo, e pi tardi il principio speranza, hanno in Ernst Bloch. Pi precisamente, si tratta in Benjamin di rafforzare forme di razionalit che non hanno radici prossime, che non hanno tradizione, mediante l'energia propulsiva del mito e dell'ebbrezza, utilizzando queste molle compresse per far scattare il futuro. Per Bloch si tratta invece, negli anni trenta, di cambiare segno, anche politicamente, a quelle potenze del mito e dell'ebbrezza che i nazionalsocialisti sapevano sfruttare efficacemente con il mito del XX secolo, e con le immagini del Blut und Boden. All'interno di questa grande dicotomia ragione/mito (che accompagna peraltro tutta la storia della scuola di Francoforte) il programma di Benjamin si presenta come lo sforzo di congiungere le potenze arcaiche del mito e dell'ebbrezza alla ragione. Non bisogna d'altronde intendere l'ebbrezza come invasamento bacchico e scomposto, in maniera adialettica. Essa piuttosto legata a uno degli elementi dionisiaci secondo Nietzsche, alla distruzione creatrice. Distruzione e redenzione procedono insieme. Nei luoghi in cui la tradizione si interrompe, in cui la via trionfale dei vincitori appare sbarrata, l'ebbrezza, aiuta a tracciare altre strade, a distruggere non per amore di distruzione ma per il nuovo che da essa sorge. Per questo i surrealisti, questi caratteri distruttivi nell'arte, sono importanti: Conquistare le forze dell'ebbrezza per la rivoluzione: intorno a questo motivo ruota il surrealismo in tutti i suoi libri e le sue iniziative 62. Le fonti dell'ebbrezza e delle illuminazioni non sono inoltre cos lontane da noi che non si possano raggiungere se non in casi eccezionali. Il mistero vicino. Con parole che ricordano le teorie di Novalis sulla
Ivi, p. 218 (ed. it., cit., p. 207). W. Benjamin, An Max Horkheimer, 7-II-1938 (inedita), cit. In G. Schiavoni, Walter Benjamin. Sopravvivere alla cultura, Palermo, Sellerio, 1980, p. 35.
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romantizzazione del mondo, Benjamin dice: noi riusciamo a penetrare il mistero solo nella misura in cui lo ritroviamo nella vita quotidiana, grazie ad un'ottica dialettica che riconosce il quotidiano come impenetrabile, l'impenetrabile come quotidiano 63. Vi sono illuminazioni profane che non hanno nulla di eccezionale, come leggere, pensare, attendere, passeggiare 64, modi del rivelarsi del senso. Lesperienza si costituisce, anche nel tempo della povert, quando lesperienza individuale riesce a destarsi a contatto con queste sorgenti a getto intermittente; quando riesce ad avvertire limpenetrabile come quotidiano e il quotidiano come impenetrabile; quando capace di sottrarre la quotidianit alla irrimediabile e tragica miseria del mondo heideggeriano della chiacchiera e del Man; quando cio passato individuale e passato collettivo entrano in congiunzione. Giacch, appunto, nel principio speranza di Benjamin, ogni secondo pu diventare la piccola porta attraverso cui passa il Messia.

W. Benjamin, Der Surrealismus, G.S., cit., v. II, t. 1, p. 307, ed. it., Il surrealismo, in Avanguardia e rivoluzione. Saggi sulla letteratura, cit., p. 23. 63 Ivi. 64 Cfr. W. Beniamin, ber einige Motive bei Baudelaire, cit., p. 611 (ed. it., cit., p. 91). Il problema della memoria collettiva e delle immagini archetipiche appassion Benjamin non solo in riferimento a Jung, ma anche, verosimilmente a Maurice Halbwachs. Benjamin si era messo a studiare intensamente Jung nell'estate del 1937, con tre scopi: consolidare metodologicamente certi aspetti teorici dei Passagen, distinguendo la propria posizione da quella di Jung a proposito delle immagini arcaiche e dell'inconscio collettivo; polemizzare con Jung, allorch questi si messo a correre in aiuto dell'anima ariana, accostandosi al nazionalsocialismo; approfondire il ruolo del nichilismo medico in letteratura: Benn, Cline, Jung (cfr. W. Benjamin, An Gerhard Scholem, 2-VII-1957, in Briefe, cit., v. II, p. 731, ed. it., cit., p. 326). Successivamente, l'opera di Jung definita una vera e propria opera demoniaca, da affrontare con gli strumenti della magia bianca (W. Benjamin, An Gerhard Scholem, 5-VIII-1937, ivi, p. 736, ed. it., cit., p. 330). Il rapporto con Halbwachs congetturale ma assai probabile. Halbwachs che aveva collaborato alla Zeitschrift fr Sozialforschung con il saggio La psychologie collective du raisonnement (VIII, 1939, pp. 357-375) aveva gi pubblicato sull'argomento Les cadres sociaux de la mmoire, Paris, 1925 e i saggi Le rve et les imagessouvenirs, contribution une thorie sociologique de la mmoire (in Revue Philosophique, marzo 1923, pp. 57-97) e La mmoire collective chez les musiciens (in Revue Philosophique, 1939, pp. 136-165). Postumo apparir il grosso articolo Mmoire et Socit (in L'Anne Sociologique, S. 3, vol. 1940-1948, Paris, 1949, pp. 3-177). probabile che Benjamin abbia potuto ascoltare Halbwachs, come Focillon, al Collge de France. Horkheimer, che conosceva Halbwachs, lo aveva pregato di intervenire a favore di Benjamin, allorch questi era stato internato come straniero dalle autorit francesi in un campo di concentramento, allinizio della guerra. Non si sa se Halbwachs sia intervenuto o no, cfr. W . Benjamin, An Max Horkheimer, 30-XI-1939, in Briefe, cit., v. II, p.834; An Max Horkheimer, 15-XII-1939, ivi, p. 840.

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