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STUDI SULLEVANGELO DELLA VERITA E SULLA GNOSI VALENTINIANA

Introduzione: il problema della lingua


Gli autori citati sono elencati nella Bibliografia.

L'opera le cui prime parole ne hanno suggerito il titolo: L'Evangelo della Verit, una delle pi importanti tra i testi gnostici scoperti nel 1945 a Nag Hammadi, in Egitto: forse quella che, pi di ogni altra, ci permette di accedere al cuore dell'Insegnamento gnostico. Se, come stato suggerito, l'Autore ne fosse lo stesso Valentino, il mistico, il poeta, il fondatore della pi grande e pi pura corrente dello Gnosticismo antico, questa sarebbe l'unica opera sua giunta fino a noi forse completa. Essa ci d un'idea dei tesori che l'ignoranza ed il fanatismo hanno negato all'umanit. questa "un'opera bella e possente", come dice G. W. MacRae nell'Introduzione alla sua traduzione dell'Evangelo in The Nag Hammadi Library in English. Un'opera ricca e profonda, ogni riga della quale sembra ispirata dalla nostalgia di una Patria di Luce, ma che neppure per un istante distoglie lo sguardo dal mondo del dolore. Un messaggio di pura spiritualit, nel quale troviamo un sostegno non solo per ogni nobile aspirazione umana, ma anche per ogni sia pur umile ed insignificante momento di qualsivoglia vita; non solo per la gioia della scoperta della Verit, ma anche per ogni sconfitta, e per ogni sofferenza dell'anima o del corpo. Il Dio che l'Evangelo della Verit ci presenta un Dio che a tutti Padre, Madre, ed Fratello, poich anche Figlio. Il testo di Nag Hammadi la traduzione copta di un originale greco perduto. Ne esistono numerose traduzioni in lingue moderne, le quali concordano in generale, pur differendo in molti passi a causa della spesso difficile interpretazione del testo copto mentre, secondo l'Orlandi (p. 36), "occorre anche tener conto del fatto che lo scriba appare scorretto, almeno per quanto possiamo conoscere o presumere circa il suo ambiente, la sua cultura e le sue intenzioni". Ma anche ammettendone una buona cultura, ed una perfetta conoscenza del greco e della filosofia del perduto originale, rimane il fatto che il copto (in realt un gruppo di dialetti diversi) una lingua assai povera. Essa, per esempio, non distingue tra "egli" (persona) ed "esso" (cosa); manca della voce passiva e del participio passato; non possiede un congiuntivo, che sostituisce col futuro; evita il discorso indiretto; etc (si veda in proposito il Mnard, alle pp. 24-25). Il greco, al contrario, una lingua ricchissima, sofisticata e complessa, tanto che ogni traduzione dal greco al copto non pu non contenere equivoci o distorsioni. Tradurre dal greco al copto deve essere un'impresa simile al tentar di porre un'aquila nella gabbia di un canarino. Si ignora inoltre tutto del supposto originale greco: non si sa quali vicissitudini o quante redazioni esso abbia potuto subire; ugualmente si ignora per quali e quante mani sia passata la versione copta, n quanto essa sia fedele all'originale greco, specie riguardo a certi termini tecnici, la versione corretta dei quali di fondamentale importanza per l'interpretazione di un testo. Vi sono poi molti modi in cui un traduttore copto avrebbe potuto alterare il senso di un testo greco: ad esempio, conoscendo male questa lingua, potrebbe avere usato un sinonimo inappropriato, essersi sbagliato sul senso di una preposizione, e cos via. I nostri lontani giorni di traduzioni dal Latino o dal Greco potrebbero dirci qualcosa in proposito.

Perci la traduzione dell'Evangelo in una lingua moderna pone due problemi. (1) Il primo consiste nel tradurre il copto in modo tale da adeguarne la qualit a quella di una lingua colta e ricca come lo sono almeno le principali lingue europee. Questo problema ci pare risolto soddisfacentemente nelle traduzioni inglesi e francesi che abbiamo consultato. Certe traduzioni italiane sembrano invece averlo trascurato, sia per l'essersi attenute ad una traduzione pedissequamente aderente alla lettera del testo, sia per una certa negligenza nell'uso della nostra lingua. I risultati sono talvolta perfino esilaranti, come negli esempi seguenti: "La conoscenza del libro vivente che egli manifest agli eoni alla fine dei suoi scritti manifestandosi" (qui si parla di Dio, che ignoravamo fosse uno scrittore). "Conoscendo compie la volont di chi lo ha chiamato e desidera compiacerlo e riceve riposo e nasce per lui il nome di uno" (Il nome di chi?). "Ma allorch la sigillatura svanisce, (il vaso) si vuota; e il motivo per cui difettoso consiste nel luogo dal quale fuoriesce l'unzione. Poich in quel momento attratto da un soffio in forza di colui che con lui" (Chi sono questi due ultimi?). (Ges) "Penetrato nelle vuote regioni delle paure, pass attraverso gli ignudi a causa dell'oblio" (Pass attraverso gente che aveva dimenticato di vestirsi, oppure, dimenticata la strada da seguire, si ritrov in un campo di nudisti?). "Il luogo da cui ciascuno venuto parler per lui, ed egli si affretter a tornare nella benedizione da cui ha ricevuto la conferma, e ad uscire dal luogo in cui fu costretto, ricevendo gusto e nutrimento e ingrandimento in quel luogo" (Qui abbiamo un luogo che parla, ed un "ingrandimento" che sa di ingrassamento, viste le parole che lo precedono). "Per tale motivo l'incorruttibilit ha soffiato: ha inseguito colui...". Un altro traduttore scrive: "Perci l'immortalit spir e si accompagn a colui..." (Qui l'incorruttibilit diventa un mantice, e l'immortalit spira -- un concetto abbastanza contraddittorio, ci pare). Questi brani non sono gli unici che potremmo citare tra quelli, diciamo, bizzarri. Sono tratti da traduzioni elencate nella bibliografia, quindi opera di esperti, docenti universitari, il cui nome di proposito non facciamo per sottolineare che abbiamo per loro tutto il rispetto che si meritano. La colpa della strana apparenza di quelle frasi deve essere del copto; allora per dobbiamo chiederci: se una traduzione dal copto deve spingersi fino a produrre frasi che in lingua italica suonano ridicole od assurde, in che senso si pu parlare di "traduzione"? Senza contare che una traduzione cosiddetta letterale del testo copto cos com' non ha senso alcuno, salvo che uno voglia essere certo che anche gli errori del traduttore copto siano tradotti senza errore! (2) Il secondo problema posto dal fatto che, come gi segnalato, il testo copto di cui disponiamo una traduzione. Allora il compito principale si sdoppia: non si tratta pi soltanto di tradurre dal copto; si tratta anche di cercare di avvicinarsi quanto pi possibile a quello che sarebbe il risultato ideale e veramente interessante, e cio tradurre l'originale perduto. Dobbiamo infatti porci una domanda: a qual scopo scrisse questo Evangelo quell'antico Autore? Solo perch diciassette o diciotto secoli pi tardi qualcuno potesse disquisire sull'identificazione esatta del dialetto della traduzione copta (da quell'Autore certo mai vista n presa in considerazione), oppure per insegnare qualcosa a qualcuno? Ma siccome l'originale greco perduto, come fare? E' ovvio che la traduzione copta un punto di

partenza indispensabile, esattamente come lo sarebbe uno schizzo imperfetto del volto di una persona scomparsa che volessimo ritrovare. Se poi conoscessimo qualcosa dello scomparso, del suo ambiente, delle sue abitudini, etc, il compito sarebbe meno difficile. Nel caso presente, inoltre, disponiamo di molti "schizzi imperfetti" del volto ricercato, e questi sono le traduzioni dal copto. La funzione del linguaggio, infatti, quella di trasmettere idee, e le varie traduzioni disponibili ci forniscono un campionario sufficientemente ricco delle idee che il testo copto poteva comunicare. Se allora la traduzione dal copto il primo necessario passo, partire dalle idee di cui il copto poteva essere il veicolo il secondo passo che dobbiamo fare per avvicinarci alle idee di cui era veicolo l'originale greco perduto. Il primo passo stato fatto dai numerosi traduttori. Per il secondo la conoscenza del copto non pi necessaria, non essendoci alcun motivo di dubitare che il primo passo sia stato fatto correttamente. Perci, pur possedendo del copto una conoscenza minima, abbiamo tentato il secondo, spinti dal desiderio che l'Evangelo sia accessibile ad un pubblico possibilmente vasto, la cui intelligenza e cultura si situino tuttavia al di sopra di una soglia soddisfacente. Ritenendo che una buona traduzione moderna non possa decentemente prescindere dai problemi sopra discussi, crediamo che una metodologia appropriata allo scopo che ci siamo prefissi sia la seguente. (1) Per prima cosa occorre possedere una conoscenza adeguata dell'insegnamento valentiniano. Infatti, all'origine dell'Evangelo, deve trovarsi il pensiero di un Maestro di Gnosi, e deve dunque essere possibile, conoscendo quel pensiero, intuire -- attraverso al velo creato da traduzioni che l'abbiano via via interpretato, distorto od occultato -- in quali parole egli avrebbe potuto esprimerlo. (2) Perci, quando dottrine o concetti gnostici traspaiano attraverso il testo, verificare che vi siano adeguatamente espressi. (3) Vedere se un ovvio sinonimo greco, suggerito dal testo copto, non si adatti meglio al contesto. (4) Verificare che il traduttore copto non abbia preso una parola greca per un'altra simile che meglio si adatti al contesto (ad esempio phthnos, "invidia", invece di phthros, "rovina"), o che non si sia sbagliato sul senso di una preposizione (ad esempio di, che secondo il caso retto pu significare "attraverso" oppure "a causa di"). (5) Verificare se cambiando di poco l'ordine delle parole, o volgendo al passivo una frase attiva (il copto non ha il passivo), si ottenga una frase sensata da una priva di senso. (6) Tener conto di due esigenze: che ogni discorso deve avere un senso, cosa non sempre evidente nelle traduzioni disponibili, e che tutta l'opera deve possedere una sua coerenza globale. Questo il metodo che abbiamo usato, e questo giustifica l'apparire di questa nuova traduzione. Per facilitare la lettura del testo lo abbiamo diviso in sezioni, cui abbiamo dato un titolo, e ne abbiamo numerato i versetti come ci sembrato opportuno. Accanto al titolo di ogni sezione appaiono tuttavia i numeri delle corrispondenti pagine e righe del codice originale, per cui sar facile confrontare il nostro testo con quello di altri autori. Un esimio coptologo italiano, che di recente ha accettato con cortese pazienza di leggere sotto forma dattiloscritta il contenuto di questo sito, ci ha invitati a considerare la possibilit che la nostra "traduzione" non rifletta il contenuto del testo copto, bens quello della nostra testa. Sia pure. Noi crediamo di avere reso sufficientemente chiaro che quello che ci interessa non misurare la

distanza tra la nostra traduzione ed il testo copto, ma la corrispondenza della visione filosoficoreligiosa della nostra traduzione con la dottrina valentiniana, che doveva essere quella del perduto originale greco. L'impresa audace, e forse presuntuosa; ma questo che volevamo, non una traduzione dal copto come tante ce ne sono. Se poi si insistesse a dire che lo Evangelo della Verit presentato qui di seguito un parto della nostra testa, ringrazieremmo grati e commossi, ma declineremmo un onore per noi eccessivo. Chi si desse comunque la pena di confrontare il nostro testo con quello delle traduzioni segnalate nella Bibliografia, constaterebbe un notevole accordo generale, tenuto conto dei criteri da noi adottati e delle scelte che abbiamo fatto. Solo in un caso ci siamo permessi una libert che gli specialisti potranno giudicare eccessiva, ma che noi riteniamo giustificata da un bisogno di coerenza. Il Testo copto dello EV contiene un vocabolo, maeit, che troviamo variamente tradotto: "via" o "spazio", secondo il senso che esso presenta in altri testi. Ma nello EV n l'uno n l'altro termine sono sempre appropriati . Il problema consiste nel trovare una traduzione di maeit che si accordi ad ogni contesto dello EV, cosa di cui le traduzioni correnti non sembra si siano preoccupate. Diamo qui di seguito la lista dei brani in cui la parola appare. (a) III, 4-5: Ha illuminato quanti erano nel buio per via dell'Oblio; li ha illuminati dando loro un maeit, ed il maeit la Verit che Egli ha loro mostrato. V, 8: Disceso nei maeit vuoti, immersi nella paura, riemp di S quanti l'Oblio aveva svuotato. VIII, 4: Precedendoli come loro maeit , senza il quale erravano, soggiacendo all'Errore... X, 13: Nell'armonia del maeit pieno. XV, 15: Egli divenne un maeit per quelli che erravano. (b) V, 4: Il Padre da Cui ogni maeit procede. VIII, 5: Per via dell'Abisso di Colui Che abbraccia tutti i maeit senza che nulla vi sia che Lo abbracci. XI, 8: I maeit oscillavano ed erano in pericolo, poich non avevano posizione n luogo ove poggiare. XII, 2-3: Tutti i maeit procedono da Lui. XII, 6: Il Padre conosce perfettamente ogni maeit che in Lui. XIII, 5: Cos ogni maeit che nel Padre esiste in virt di Colui che . XXVII, 1: Onnisciente, Egli conosceva tutti i maeit prima che venissero all'esistenza. Audacia per audacia, noi abbiamo due suggerimenti da offrire. (1) Potrebbe trattarsi di un vocabolo usato in senso tecnico per significare qualcosa di simile al sanscrito DHARMA, praticamente intraducibile con un termine singolo per via del suo ricco contenuto semantico. Derivato dalla radice DHR- (esistere, continuare, tenere, sostenere, mantenere, portare su di s, contenere, etc) pu essere tradotto, secondo il contesto, "norma", "legge", "costume", "virt", "opere buone o giuste", "pratica", "corso seguito", "tradizione", "religione", "natura", "modo", "disposizione", "qualit essenziale", "propriet caratteristica", etc. Il suo senso generale dunque quello di "qualcosa capace di mantenersi come un'entit identificabile nonostante il suo eventuale continuo mutare od evolversi", come un flusso od una corrente. Perci potrebbe significare anche l'anima. (2) In base ai versetti del gruppo (a), maeit potrebbe anche essere tradotto con "lampada". Si osservi che questa traduzione praticamente imposta dal primo dei passi citati qui sopra. "Lampada" avrebbe il suo senso generale in VIII, 4-5 e XV, 15; ma sarebbe simbolo dell'anima altrove . Una

lampada serve ad illuminare una coscienza od una via, guidando chi erra in senso morale od in senso fisico, mentre la luce stessa simbolo della coscienza. Ma c' qualcosa di pi importante, in relazione al nostro Evangelo: una lampada (come quelle usate nell'antichit) pu essere vuota dell'olio che le serve da combustibile, o pu esserne riempita (si vedano appunto V,8 e X,13). Il Lettore vedr quanto importanti siano gli opposti concetti di "plenitudine" e di "vuoto", "completamento" e "deficienza", nel Testo dell'Evangelo, anche in relazione alle "Lampade". L'olio ha poi una grande importanza dal punto di vista simbolico, poich quale mezzo di "Unzione" (consacrazione) simbolo del Christs (parola che, come l'ebraico ma$yaH, significa "Unto"), mentre l'ulivo in vari testi gnostici identificato con l'Albero della Vita. Comunque, finch gli esperti non ci diranno quale sia il vero senso di maeit nell'Evangelo, noi lo tradurremo con "lampada", scrivendolo con la maiuscola ogniqualvolta ci sembri che debba essere inteso nel senso di "anima" o simili. I nostri lettori potranno verificare se, ogniqualvolta la parola "Lampada" o "lampada" apparir nella nostra traduzione, essa si adatti al contesto. Allo stesso tempo potranno verificare se vi si adatti anche qualcuno dei significati di Dharma sopra elencati. Un'osservazione riguardo al titolo. Scriviamo "Evangelo" e non "vangelo" non solo per uno scrupolo etimologico, ma anche per sottolineare il fatto che non si tratta di un vangelo nel senso comune della parola. Scriviamo "L'Evangelo della Verit" perch l'articolo si trova nell'originale. Riteniamo tuttavia che il titolo dovrebbe essere tradotto in altro modo. La parola evanglion (in realt scritta euagglion) significa "lieto annunzio", che nel nostro caso l'annunzio della salvezza universale. Poi la Verit di cui si parla non una verit "qualunque". Per uno Gnostico esiste una sola Verit, e questa il contenuto del Pensiero divino, la Compagna del Nos. Quindi (e si veda l'inizio dell'Evangelo) il titolo dovrebbe essere "L'Annunzio salvifico proveniente dalla Verit". Comunque continueremo ad usare il titolo comune per chiarezza di riferimento. Scriveremo con l'iniziale maiuscola i nomi degli Eoni ed ogni altro vocabolo che riteniamo abbia un senso tecnico. Quando sia opportuno, useremo vocaboli greci se tali appaiono nell'originale copto, o quando siano stati suggeriti dal Mnard nella sua traduzione greca. Trascrivendo i vocaboli greci useremo e per ta ed omga, rispettivamente. Se queste lettere portano un accento qualunque, le scriveremo e . Per concludere, diciamo che non ci illudiamo certo di aver prodotto un'opera utile al mondo accademico; ma abbiamo fatto del nostro meglio affinch fosse un'opera d'amore, che ci auguriamo possa ispirare chiunque cerchi qualcosa di valido per la propria vita spirituale. Con questo augurio la deponiamo ai piedi di Uno cui dobbiamo tutto quello che essa possa contenere di vero e di buono.

Sinossi dellinsegnamento valentiniano

Introduzione 1 Il Padre-Madre 2 Il Figlio ed il Pleroma 3 La creazione 4 Sophia, plane e lo schema 5 Il Cristo 6 Il Limite o Croce 7 Il seme o nazareno 8 Il Battesimo ed il Chrisma 9 Le tre nature 10 Il Ritorno 11 La sede dellErrore 12 La gnosi conoscenza del Padre 13 La gnosi oggi?

Introduzione
Non il battesimo soltanto liberatore, bens anche la Gnosi: Chi eravamo? Che cosa siamo divenuti? Dove eravamo? Dove siamo stati gettati? Verso quale meta ci affrettiamo? Da dove giunge la nostra liberazione? Che cosa la generazione? Che cosa la rigenerazione? (Excerpta ex Theodoto 78, 2)

Qual la causa dell'universo? Da che cosa siamo nati? Per che cosa viviamo? Dove si trova il nostro riposo finale? Chi dispone che siamo soggetti a felicit e sofferenza? (Shvetshvatara Upanishad, I, 1)

Allo studio dell'Evangelo della Verit sar utile il sommario di dottrine gnostiche che di seguito proponiamo, sia che esse vi appaiano in modo esplicito, sia che vi siano sottintese o presenti solo in embrione. Un tale sommario potr sembrare superfluo a chi ricordi quanto dice il Mnard (p. 201), cio che "L'Evangelo della Verit ci d l'essenza stessa della Gnosi". Ma questa "essenza" vi condensata a tal punto che sarebbe necessario apporre al testo dell'Evangelo note molto pi numerose di quelle che gi vi si trovano. Il sommario eviter dunque che il testo ne sia oltremodo appesantito. Ci siamo concentrati sulla Gnosi valentiniana, alla quale l'Evangelo appartiene, ne sia o meno Valentino l'Autore , escludendo intenzionalmente dalle nostre fonti tutte le ricostruzioni antiche (Ireneo, Ippolito, Tertulliano) o moderne, e ricorrendo quasi esclusivamente ai fondamentali Excerpta ex Theodoto, dai quali abbiamo cercato di estrarre un insegnamento coerente e razionale,

anche al costo di reinterpretarlo e riproporlo in termini nostri. La nostra sintesi, pur divergendo forse in certi dettagli da quanto si crede di conoscere del valentinianesimo, provveder tuttavia una guida sicura alla comprensione profonda dell'Evangelo della Verit per chi desideri trovare nella Gnosi la Luce che possa illuminare il sentiero dello Spirito. Lo studio dell'Evangelo mostrer che la Gnosi valentiniana una versione in linguaggio "cristiano" della Philosophia perennis secondo la Tradizione indoeuropea, tanto che notevoli ne sono i paralleli con la filosofia religiosa dell'India (soprattutto con la Bhagavadgt, le Upanishad, le dottrine filosofiche da esse nate ed il Buddhismo Mahyna) e col Neoplatonismo. Questo, certo attraverso l'Egitto, allora crocevia e crogiolo di culture dell'Oriente e dell'Occidente, ci conduce abbastanza lontano dalla Palestina, spiegando perch la Gnosi diverga nettamente dalla religione giudeocristiana, come reso evidente, tra l'altro, da quella che forse la pi antica raccolta che noi possediamo dei detti di Ges: l'Evangelo di Tommaso, un altro dei testi di Nag Hammadi. Se cos non fosse, perch Ges sarebbe stato ritenuto, proprio dai Giudei, un bestemmiatore degno di morte? Perch, altrimenti, la chiesa giudaico-cristiana avrebbe escluso gli Gnostici dal proprio seno, perseguitandoli poi con tanta violenza?

1. Il Padre-Madre
Il Divino, nel pensiero gnostico, un Abisso (Bthos) insondabile, l'Uno assoluto che trascende ogni concetto umano. La Sua ineffabilit e la Sua assolutezza non impediscono tuttavia alla Gnosi di affermarLo come un Dio capace di presentarsi all'uomo con un volto umano, e di scorgerVi la Radice ultima del pensiero e della coscienza. Nel nostro Evangelo il Divino quasi sempre chiamato "Padre", un termine maschile che Lo definisce quale Sorgente di ogni essere; ma EV VIII, 5 parla dell'Abisso paterno, usando per "Abisso" il medesimo termine greco (Bthos) di ExcTh 29, di genere neutro, poich il Divino naturalmente asessuato. Ma siccome il simbolismo gnostico considera "maschile" quanto coscienza, e "femminile" quanto energia, il Divino quale sede e radice di entrambe chiamato Padre-Madre, ed ognuno dei Suoi modi, che vedremo, descritto come una Coppia (Syzyga, Coniugium) di "Eoni" (Ain, "Eternit"). In ogni tale Coppia l'aspetto "maschile" e quello "femminile" si manifestano simultaneamente e sono inseparabili, cos come lo sono poi in ogni essere creato. All'Abisso stesso si attribuisce dunque una Compagna, detta "la Madre di tutti gli esseri emessi dall'Abisso" (ExcTh 29). Nello EV la Madre menzionata in modo esplicito in IX, 12 e, per allusione, in X, 1, ove detto del "Seno" del Padre, chiamato "Spirito Santo". Questo nome dato alla Madre in tutti i Suoi modi e quindi anche all'Eone Sopha, che vedremo tra breve. Il nostro Testo (XI, 14) chiama lo Spirito Santo "la Lingua del Padre", e la Lingua quella che proferisce il Verbo, che il Figlio. Gli Gnostici infatti, ed a ragione, ritenevano femminile lo Spirito Santo (come femminile in Ebraico rwaH, "spirito"). Nel cosiddetto Evangelo degli Ebrei, citato da Origene (Erbetta, p. 116) Ges parla di "mia Madre, lo Spirito Santo". Ora siccome Padre e Madre non sono due esseri diversi, bens funzioni di un Essere unico, il simbolo dice che la Madre genera per partenogenesi: la Madre vergine. La mitologia cristiana ha confuso tutto il simbolismo, ignorando l'aspetto femminile del Divino e facendo quindi dello Spirito Santo un essere maschile; di conseguenza ha dovuto poi cercarsi una madre vergine tra gli esseri umani. EvPh (NH II, 55, 23-26) segnala con parole di scherno l'errore consistente nel dire che Maria concep per opera dello Spirito Santo: "Quando mai una donna concep per opera di un'altra donna?". La natura della Madre sar chiara alla fine di questa discussione, che naturalmente comincia con i

vari nomi che Le vengono dati. Prima di tutto Essa detta nnoia, oppure Enthmsis. Questi due nomi, intercambiabili ed entrambi femminili, significano "Mente" (nello EV: "la Mente del Padre"), "Riflessione", "Pensiero interiorizzato (en-) ", "Introspezione", "Intenzione", "Meditazione": la "Madre" contemplazione della propria Infinit da parte del "Padre", cio l'Autocoscienza divina, il cui Oggetto necessariamente ineffabile, da cui il secondo nome della Madre: "Silenzio" (Sig - femminile). Il Silenzio prelude all'espressione della Parola, il Verbo o Logos creatore (vedasi la Sezione seguente), e questo ci dice che la Madre anche Volont: la "Intenzione" (Enthmsis) di produrre qualcosa da S, da cui il terzo dei Suoi nomi: Chris, che significa "Grazia", ossia Dono di S, la Radice ultima di ogni attivit creatrice che al tempo stesso Amore e Compassione. Quindi l'insondabile Bthos non una realt statica, assorta nella propria Coscienza assoluta e confinata nella propria unicit ed unit; la Sua natura, la Madre, al contrario una Volont od Energia la quale, erompendo dall'Abisso, deve tuttavia riversarsi nell'Abisso stesso, poich altro non vi . La Madre dunque l'Energia dell'Abisso veduto come eterna Attivit ed infinita Ricettivit, e come tale Radice dei due moti ideali dello Spirito, che il Respiro divino: un moto di processione, creativo, che ne l'espirazione, ed un moto di conversione, redentore, che ne l'inspirazione. Dire che l'Energia dell?Abisso, erompendo, deve riversarsi nell'Abisso stesso, un modo di dire che l'Abisso simultaneamente il soggetto e l'oggetto anche della propria Attivit, la quale la Madre. In altre parole, l'Abisso crea e determina Se stesso. Questo concetto, pur astruso, necessario per eliminare un'obiezione: l'Abisso, in quanto Assoluto, non determinato da nulla; ma se non fosse determinato neppure da Se stesso, sarebbe quello che solo accidentalmente. Non a caso dunque la Philosophia Perennis insiste su questo concetto. La Taittirya Upanishad (II, vii, 1) dice: "All'inizio tutto questo non era altro che l'Immanifesto (Brahman) Quel Brahman cre Se stesso mediante Se stesso. Perci Esso detto Autocreatore". Plotino (Enneade VI, 8, 13) ripete: "Il nostro ragionamento ha scoperto che Egli ha creato Se stesso: se dunque la volont deriva da Lui ed inoltre identica alla sua esistenza, vuol dire che Egli stesso si dato l'esistenza: Egli non dunque per caso ci che , ma quello che Egli stesso ha voluto" . Possiamo allora riassumere la nostra discussione come segue: la Madre , in tutti i Suoi modi, il Potere che l'Uno possiede di darsi una forma adatta a svolgere una certa funzione; la Madre quindi anche la Matrice e la Nutrice di ogni tale forma . Tenendo presente questa definizione comprenderemo nel giusto modo la funzione e la natura di tutti gli Eoni "femminili" che presto incontreremo, e risolveremo facilmente l'apparente contraddizione in cui ci imbatteremo quando leggeremo che una stessa Entit generata ora da un modo "maschile", ora da un modo "femminile" del Divino.

2. Il Figlio ed il Pleroma
Come spiegato, mediante la Madre e nella Madre il Padre contempla Se stesso, e questa contemplazione di S l'Autocoscienza divina, l'atto eterno mediante il quale si costituisce lo "Io" divino, che la Gnosi chiama "il Figlio". Leggiamo infatti in ExcTh 7 che il Padre, conoscendo Se stesso (heautn egnks), "emette" il Figlio (ivi detto Monogens: "Unigenito") per il tramite della Sua nnoia. Il paragone talvolta usato a questo proposito dalla Gnosi che la Madre come uno specchio nel quale il Padre contempla in eterno il Figlio quale Immagine di S. In termini altrettanto simbolici ExcTh 6, 2 (d'accordo con Giovanni 1, 18) dice che l'Unigenito rimane "nel Seno del Padre", cio nella Madre secondo EV X, 1, pur essendoNe stato generato o, come dice ExcTh 7, 3, "emanato dal Seno del Padre". Si pu allora dire che, come il Padre e la Madre sono inseparabili in quanto aspetti dell'Uno, tali rimangono anche nel Figlio, e quindi anche il Figlio androgino. La stessa cosa pu essere detta riprendendo l'immagine dei due moti dello Spirito: quello di conversione o centripeto fa del Figlio l'Immagine del Padre; quello di processione o centrifugo fa s che il Figlio sia a Sua volta una sorgente di Energia creatrice.

Quando si dice che il Padre "emette" il Figlio conoscendo Se stesso, si vuol dire che nel Figlio il Padre riconosce Se stesso, perci conferendo al Figlio la propria Identit. Il nostro Evangelo chiama "Nome" questa Identit: "Il Nome del Padre il Figlio, e fu il Padre a dare un Nome al Principio (Arch), a Colui che pur procedendo da Lui Lui stesso, bench generato come un Figlio" (XXIV, 1-2); "Il Figlio perci non ricevette il Suo Nome come cosa data ad altri, come si suole quando essi vengono generati. Egli bens il Nome di Se stesso, poich nessuno Glielo dette che fosse altro da Lui" (XXIV, 25-26) . Chiaramente, ogni tentativo della nostra logica finita di definire questa ubiquit dell'Identit divina destinato a fallire, ma pu aiutarci proprio il paragone dello specchio riferito alla Madre, il quale meno ingenuo di quanto possa apparire prima vista. L'Immagine del Padre necessariamente quella di Uno che contempla Se stesso; quindi nella stessa Immagine si riproduce l'atto di contemplarsi e perci, pur essendone l'Oggetto, l'Immagine ne diventa essa stessa il Soggetto. Ci potrebbe indurci a chiedere perch mai debba allora il Figlio distinguersi dal Padre. Ebbene, anche l'Identit di Soggetto ed Oggetto implica pur sempre una distinzione, poich solo due entit distinte (per la forma) possono essere dichiarate identiche (nella sostanza): da ci la necessit di un Uno la cui Unit assoluta precluda ogni predicato di identit. Il Padre perci deve precedere (ontologicamente, non temporalmente) il Figlio. Ci significa che vi sono due livelli nella Coscienza trascendentale: uno ineffabile ed incomunicabile ("Silenzio"), l?altro esprimibile e partecipabile ("Grazia"), come spiega ExcTh 29: "Il Silenzio, la Madre di tutti gli esseri emessi dall'Abisso, da un lato tacque riguardo all'Ineffabile, quanto (cio) non poteva dire; ma dall?altro, riguardo a quanto afferrava, lo dichiar Svelato (akataklypton - nostra congettura invece dello akatlpton del testo)". Lo "Svelato" il Figlio, e se allora il Padre, l'Abisso, il Dio ignoto (gnstos), il Figlio il Dio conoscibile, il Dio che Si rivela. Per questo il Figlio detto essere "il Volto del Padre" (ExcTh 10, 6) ed "il Principio (Arch) della Visione del Padre" (ExcTh 12, 1), Visione che ogni essere pu ottenere nel proprio S . Leggiamo infatti in ExcTh 7, 1 che "Colui che procede dalla Meditazione del Padre, cio il Figlio, Gnsis, poich il Padre conosciuto per mezzo del Figlio", il quale, "per mezzo della Conoscenza" (di ts Gnses), "spiega" (exgetai), e cio rende accessibile, agli "Eoni" la Enthmsis o nnoia paterna (ExcTh 7, 3). Egli dunque l'Autocoscienza divina cui altri esseri possono partecipare. Abbiamo infatti visto che Dio Grazia, Dono di S che si attua in tutte le creature. Ora, siccome il Dono lo stesso Essere di Dio, il Figlio anche il S (tman) di ogni creatura: il centro e la sorgente della sua coscienza, la quale passando per la coscienza di s si espander fino al riconoscimento della propria unit col S divino. Cos unico e molteplice ad un tempo, il Figlio il il S trascendentale (Paramtman) del Vedanta, "indiviso eppur presente in modo distributivo in tutti gli esseri" (Bhagavad Gt XIII, 16). Il Figlio Unigenito, in quanto identico al Padre, uno ed unico. Tuttavia, sondandone la natura, la Gnosi Ne percepisce tre modi di essere ognuno dei quali, in quanto modo androgino del Divino, una Syzyga. Si tratta, in altre parole, dei tre modi in cui il Padre si rivela attraverso la Madre: i tre Eoni "maschili" sono altrettanti aspetti del Padre; i tre "femminili" la stessa Madre che dei primi tre provvede la forma perci rimanendone inseparabile. Ma neppure le tre Syzygai del Figlio sono Entit diverse: sono bens tre aspetti di un'Unit. Per questa ragione il Figlio pu essere visto, indifferentemente, ora come l'una, ora come l'altra. Per sottolineare questo fatto chiamiamo "Volti" i tre aspetti (la Tri-mrti della Gnosi indiana), intendendo con questo che si tratta di tre modi simultanei di operare di un'unica Entit. Per comprendere la natura dei tre Volti conviene partire dal secondo, che la Gnosi valentiniana chiama "Logos". Ponendosi come Soggetto della visione di S, il Divino si traspone necessariamente in una molteplicit, poich tale Soggetto un punto di vista sull'Infinito, e l'Infinito pu essere contemplato soltanto da innumerevoli punti di vista, ognuno dei quali d luogo ad una visione particolare. Questa infinita molteplicit appunto quella del Logos, il quale in tal modo rende esplicite le innumerevoli potenzialit contenute nell'Abisso, oppure le innumerevoli implicazioni della Verit. Infatti il Divino possiede la Visione della dimensione universale di

ognuno dei Suoi punti di vista e, simultaneamente, quella della perfetta coerenza reciproca delle innumerevoli visioni particolari: questa perfetta coerenza appunto la Verit. Questa Visione appunto quella del primo Volto del Figlio, il Nos-Altheia ("Spirito-Verit"): lo Spirito in quanto Pensiero divino che, oggetto di se stesso, la Verit assoluta, cio la Realt unica . La Verit una ed indivisibile, poich dividerla significherebbe creare verit parziali, cio miste ad errore, cosa impossibile in Dio. L'indivisibilit della Verit significa allora che il Pensiero divino, conoscendola tutta simultaneamente ed ab aeterno quale propria forma, assolutamente coerente con se stesso, privo di lacune, errori, od intime contraddizioni. Attuare le infinite possibilit di espressione e di realizzazione della Verit il compito del secondo Volto del Figlio, il Lgos-Z (Verbo-Vita): la Parola che esprime il Pensiero divino e l'Archetipo dell'inesauribile fecondit ed automoltiplicabilit di tutti gli esseri viventi. Come leggiamo in Giovanni I, 1-4: "Nel Principio (Arch, il Nos) era il Logos Tutto venne all'esistenza per mezzo di Lui, e senza di Lui nulla mai nacque. Quanto venuto all'esistenza era Vita in Lui" . La Vita (Z) detta anche ainios Z: "Vita eonica" o "Vita eterna". Come si vedr, l'esecuzione dell'impulso creatore proprio del Logos-Vita passa per un altro Eone, ma il Logos ne pone le premesse traducendo in "Parole" definite il Pensiero del Nos. dunque il Logos l'Autore di ogni individualit, di cui la Vita l'energia vivificante; si deve perci al Logos-Vita la presenza "in modo distributivo" nelle singole creature del pur indiviso S del Nos. In ogni creatura, per quanto insignificante essa possa apparire all'occhio umano, il centro della coscienza uno di quegli innumerevoli "punti di vista" da cui Dio stesso guarda all'universo. Gli esseri viventi sono situati su livelli diversi di complessit e di autoespressione, ma ovvio che la presenza in essi del S divino debba culminare in una creatura - l'uomo - nella quale possa realizzarsi quella coscienza dell'Identit del S individuale e del S universale che propria del Figlio, il quale dunque anche l'Archetipo dell'Umano. Questo il Suo terzo Volto: lo AnthrposEkklsa (Uomo-Chiesa, oppure, meglio, Uomo-Comunione). Grazie all'Anthrpos ogni creatura tende allo stato umano e, raggiuntolo, ad uno stato di coscienza che sia sintesi perfetta di Individualit ed Universalit, e nel quale il S possa manifestarsi come "Nome", cos come il Figlio il "Nome" del Padre. L?Ekklsa l?unit di tutti gli esseri nel S divino, la loro Comunione spirituale e sostanza unica, l'attuazione dell'amore e della compassione divini, l'Archetipo ed energia unificante di ogni sistema organico (nel quale cio ogni parte dipenda dal tutto e questo dalle singole parti), e quindi di ogni organismo, gerarchia, gruppo, specie, societ e cultura. Sar spiegato nel seguito in quale modo il Figlio stabilisca la propria Presenza vivente in ogni essere; ma fin da ora possiamo vedere nel Nos-Verit Colui che d realt e coscienza; nel LogosVita il fattore di individualit, pensiero ed energia vivificante; nell'Anthropos-Comunione il fattore di sviluppo, realizzazione consapevole di s ed integrazione armonica in un mondo di relazioni. Vi una chiara dipendenza ontologica tra i tre Volti dello Spirito: l'Uomo-Comunione presuppone il Logos-Vita (cos come Persona e Societ presupongono l'Individualit e la Vita); il Logos-Vita a sua volta presuppone l'Autoidentit radicale e la Realt. Per questo l'Insegnamento tradizionale dice che l'Uomo-Comunione emana dal Logos-Vita, e questo dallo Spirito-Verit. In alternativa si pu dire che la Verit (Realt) la Madre del Logos-Vita, e la Vita la Madre dell'Uomo-Comunione. A questo punto la Madre pronta ad assumere la funzione di Sopha (si veda poco oltre). Tradizionalmente, le tre Syzygai del Figlio, insieme con il Padre-Madre, costituiscono la Ogdoade (otto "Eoni"). La Totalit degli aspetti o delle funzioni del Divino, ivi compreso l'Eone Sopha che conosceremo tra breve, detta Plrma ("Plenitudine"). Ma dobbiamo evitare l'errore di considerare il Plroma una "collettivit" di Eoni. La situazione reale ci data da ExcTh 32,1, ove leggiamo che "il Plroma Unit" e che ogni Siziga un Plroma. Ci significa che ogni Siziga non che il Plroma stesso considerato da un punto di vista particolare, un modo o funzione della medesima Unit. Ci spiegato talvolta dicendo che ogni Eone contiene tutti gli altri.

3. La Creazione
Qual lo stato degli esseri creati dal Lgos o, in altre parole, come risolve la Gnosi il problema dell'esistenza di esseri finiti accanto all'Essere assoluto? Se questo infatti l?unica realt, quale la realt degli esseri creati? Senza pretendere di affrontare una discussione anche solo elementare, accenniamo tuttavia sinteticamente a due "soluzioni" correnti: la prima, che dell'essere della creatura e di quello del Creatore afferma l'alterit; la seconda che invece ne afferma l'identit. La prima "soluzione" quella della "creazione dal nulla", la quale presuppone che l'Essere della creatura non possa essere quello del Creatore, poich in tal caso gli errori e le imperfezioni di quella ricadrebbero su di questo. Da ci la teoria secondo la quale il Creatore trarrebbe la creatura non da Se stesso, bens dal "nulla", come se del nulla, cio di quanto assolutamente non esiste, si potesse dire o fare alcunch. Si deve allora chiedere: rappresenta la creatura qualcosa di nuovo rispetto al Creatore? Se la risposta affermativa, allora il Creatore non infinito; se negativa, l'essere della creatura quello del Creatore. Questa soluzione corrisponde ad un modello dell'esistere che potremmo chiamare "dell'artigiano" e che riassumibile nella frase: "se qualcosa esiste, qualcuno deve averla fatta". Il difetto di questo modello che non vi ragione di non applicarlo allo "artigiano": se costui esiste, deve esistere qualcuno che l'ha creato, per cui si cade nella fallacia logica del regressus ad infinitum. La seconda soluzione tipica dei sistemi monistici, quelli cio che affermano che vi un solo Essere reale, il quale deve essere uno ed unico, poich due o pi Esseri sarebbero ognuno nonEssere rispetto agli altri, ed ognuno perci non solo la negazione di se stesso, ma anche finito e relativo. Inoltre, per distinguersi tra loro, ognuno dovrebbe possedere qualcosa che ad altri manca, o mancare di qualcosa che altri posseggono, per cui uno solo di loro al massimo potrebbe essere infinito. Tutti gli altri allora ne sarebbero parti, o partecipi. Per spiegare l'esistenza di esseri finiti questa soluzione ricorre al modello che potremmo chiamare "dell'essere vivente", riassumibile nella frase: "se esiste la foglia, deve esistere l'albero". Poco importa che si obietti che l'albero stesso deve la sua esistenza all'aria, al suolo, alla luce, etc. In tal modo non si fa che allargare i confini del sistema "albero" senza postularne un artefice; quindi la fallacia del regressus ad infinitum viene evitata. Questa anche la soluzione della Gnosi, ed in particolare del nostro Evangelo, la cui posizione sembra dettata dagli argomenti che seguono. Data l'esistenza di un Essere unico ed assoluto, quella di esseri innumerevoli, finiti e relativi, d'altra parte un dato di esperienza indubitabile. Il fatto che essi esistano e siano molti stabilisce la loro alterit dall'Uno assoluto; ma il fatto che l'Essere sia unico impone la conclusione che gli esseri finiti ne siano in qualche modo o misura partecipi, cos che la creatura sia simultaneamente identica al Creatore e diversa da esso. Come pu verificarsi questa coesistenza di Identit e di Alterit? Si detto che l'Essere unico in quanto Madre Volont di produrre qualcosa da S, e questa la Chris che Dono di S. Ma il Dono implica un moto centrifugo dal S all'Altro (e questa la Sopha di cui parleremo tra poco): ecco quindi nascere nella Madre stessa l'Alterit necessaria all'esistenza della creatura. La spiegazione dello EV solo superficialmente diversa: prima di essere creati, tutti gli esseri si trovano nel Creatore allo stato virtuale, in quanto da Lui conosciuti ab aeterno. Ma per crearli Egli deve separarli provvisoriamente da S, e questa separazione significa di necessit che "Egli trattiene in S la loro perfezione" (III, 11-14), poich Egli solo perfetto. Gli esseri creati sono dunque imperfetti, e cio diversi dal Pleroma, ed ecco allora di nuovo la loro Alterit. Questo tema sviluppato nel pi grande e famoso mito gnostico, quello di Sopha: il pi grande perch contiene tutti i segreti dell'anima umana, della sua genesi e del suo destino.

4. Sophia, Pln e lo Schma

Un Dono implica un Destinatario del Dono; ma non vi nessun destinatario pronto a ricevere il Dono prima che questo sia dato, poich nulla esiste al di fuori di Dio, che l'Essere uno ed unico. Di conseguenza, Dio pu dare solo Se stesso e pu darSi soltanto a Se stesso, facendosi Donatore, Dono e Destinatario del Dono ad un tempo. Il Donarsi, in quanto manifestazione di energia, ed il Destinatario, in quanto forma conferita da questa energia, devono essere entrambi "femminili", e perci modi o funzioni della Madre. Essi consistono nel fatto che ora la Madre (come Realt-VitaComunione) diviene il recipiente ed il veicolo dell'impulso creatore del Logos e di quello personalizzante dell'Anthrpos. Questo modo della Madre l'Eone che la Gnosi chiama Sopha ("Sapienza"), e leggiamo negli ExcTh che il Logos La feconda mediante dei "Semi", attorno ai quali si formano le anime di tutti gli esseri. In tal modo fecondata, la Madre diviene la Genitrice e la Nutrice di tutte le creature, l'Anima unica ed una, pur se articolata in anime individuali, le quali Ne sono infatti espressioni, non frammenti o suddivisioni. Per questo si pu ripetere di ogni anima individuale quanto si afferma dell'Anima unica. Sopha la Sapienza che riflette il Pensiero (Nos) di Dio, Ne riecheggia il Verbo (Logos) e Ne traduce la Personalit (Anthrpos) in esseri che Ne sono l'immagine. La sua genesi complicata nello schema classico da tutta una serie di emanazioni divine il cui senso non chiaro ed in fondo non ci interessa. Possiamo tuttavia cercare di meglio comprenderne a modo nostro tanto la necessit quanto la natura grazie alle considerazioni seguenti. Siccome il Pleroma divino l'unica Realt, quanto pu essere generato da Sophia non pu costituire nulla di nuovo rispetto ad esso, e perci nulla di veramente reale: pu essere soltanto qualcosa ottenibile per mezzo di ritagli, per cos dire, effettuati da Sopha nella propria sostanza, che quella del Pleroma stesso, dato che tutti gli Eoni non sono altro che modi di una sostanza unica. come se uno volesse creare delle immagini in una luce omogenea: l'unico modo di farlo sarebbe quello di produrvi dei contrasti, per i quali sarebbero necessarie delle lacune nella luce. Queste "lacune" non hanno sostanza alcuna: rispetto al Pleroma che la Plenitudine del Reale, al di fuori del quale nulla pu esistere, esse non sono che vuoto, il Vuoto (Knma, oppure Hystrma: "Deficienza", "Mancanza", "Difetto") appunto, che gli Gnostici ponevano "al di fuori" del Pleroma. perci necessario un modo della Madre che sia sede di una parziale negazione di s, s da produrre, mediante il Vuoto che ne risulta, le ombre ed i contrasti necessari a far apparire degli esseri i quali, di conseguenza, non possono essere che immagini ritagliate nella Luce, miscele di luce ed ombra, distinte tra loro per le proporzioni variabili delle due componenti . Vediamo allora che con Sopha l'Unit originale, che si era fatta Identit nel Figlio, d ora luogo all'Alterit, cio alla Dualit esplicita di S ed Altro, i quali tuttavia rimangono legati da una correlativit inscindibile. Questi tre modi (Unit, Identit, Alterit) esauricono la Totalit del Reale: non pu esservi nulla al di l dell'Uno, n altro pu esservi al di qua dell'Alterit, nella quale ogni molteplicit compresa. Perci Sopha l'ultimo Eone del Plroma. Il Vuoto sta alla Plenitudine nello stesso rapporto in cui il No sta al S, od in cui l'Altro sta al S o Medesimo. Sopha dunque la nnoia-Chris che per impulso del Logos diviene pensiero dell'Altro, il "Pensiero della Deficienza" (nnoia to Hystermatos: ExcTh 22,7). il Campo della Dualit creaturale, un'Entit dai due Volti che detta perci trovarsi sul "Limite" del Pleroma, a cavallo tra l'Unit divina e la Molteplicit del creato: uno stato anfibio, una medaglia a due facce, ad un tempo Identit ed Alterit, S ed Altro, Essere e Non-Essere, e cio anime individuali, relazioni e cambiamento. Questo dimostra la necessit di Sopha : occorreva spiegare la genesi del parziale e del relativo (le relazioni di tempo, spazio e causalit) di fronte alla Plenitudine divina. Bench si parli di due Volti di Sopha, questi non devono essere immaginati come due parti separate: essi sono i due modi in cui un'anima pu essere conscia di s, i due orientamenti che le sono possibili, le due direzioni in cui essa pu guardare, poich il Divino che vi presente vi conserva la propria libert. Tenuto conto di ci, i due Volti di Sopha possono essere descritti simbolicamente come il diritto ed il rovescio dello Specchio della Madre, il quale ora si rivela capace di riflettere da entrambi i lati. Il Volto "luminoso" Sopha nella Sua unit ed universalit , l'Anima conscia della propria unit con Dio. Il Volto "oscuro" guarda invece all'opposto del

Pleroma, cio al Knma, il quale altro non che l'Abisso divino cos come riflesso nel Volto oscuro di Sopha: il mondo delle innumerevoli apparenze individuali dell'Anima unica, l'universo della causalit, del tempo e dello spazio . Questo universo, come spiegato, interno a Sopha; allora, siccome tutto il Pleroma presente in ogni Eone, tutti gli Eoni sono immanenti negli esseri che nascono in Sopha, ed implicati in tutte le vicissitudini della loro esistenza. In altre parole, tutti gli Eoni presentano un aspetto fenomenico. Il nostro Evangelo perci giustificato nell'usare la parola "Eoni" per indicare tutti gli esseri viventi e coscienti. I grandi dissertatori di cose gnostiche non hanno capito che quando il Mito parla del "sommovimento" degli Eoni in seguito alla "caduta" di Sopha, e della successiva "restaurazione" del Pleroma, si riferisce all'aspetto fenomenico dello Spirito, non alla sua essenza eterna. I tre aspetti della Madre che danno forma al Figlio, e cio la Verit, la Vita e la Comunione, si trovano intatti nel Volto luminoso di Sopha. Nel Volto oscuro essi appaiono invece associati all'Alterit, la condizione necessaria all'esistenza di creature distinte: la Verit vi appare come la realt relativa di una molteplicit di esistenze; la Vita vi diviene il ritmo del respiro, cosmico od individuale, l'alternarsi della veglia e del sonno, delle vite e delle morti; la Comunione vi diviene relazione, ove l'Alterit si dimostra necessaria perfino all'unit realizzata nell'amore, affinch vi sia uno che ami ed un altro che ne sia amato . Lo EV non contiene l'elaborata descrizione di Sopha sopra data. Adotta invece un punto di vista pi semplice, attribuendo la creazione direttamente al Padre (ovviamente sotto la forma del Logos) e dicendo che di tutti gli esseri creati il Padre trattiene in S la Perfezione, cio la Pienezza o Pleroma, in attesa di darla loro quando essi Lo avranno conosciuto (Gnosi). Prima della Perfezione ogni creatura si trova perci immersa in uno stato di "Deficienza" o "Mancanza": l'Ignoranza esistenziale che genera l'Errore, chiamato nell'Evangelo Pln (appunto "errore" in greco), un'entit femminile che in un certo modo vi prende il posto di Sopha. L'Errore consiste in Oblio, Angoscia e Paura (II, 1), e l'Oblio alimenta l'Ignoranza, cosicch si forma una catena: Ignoranza -- Errore (Oblio, Angoscia, Paura) -- Ignoranza, etc, capace di perpetuarsi all'infinito. Questa catena nell'Evangelo chiamata Schma : la "figura" o "profilo" di questo mondo, di cui lo EV dice: "lo schma il mondo in cui Egli (il Figlio) venuto come Servitore". Esso ha perci sede in quello che abbiamo chiamato "il Volto oscuro di Sopha", ed sinonimo di "Mancanza" o "Deficienza". Il punto di vista dello EV sembra corrispondere a quello del Trattato Tripartito (NH I: 51,1 138,25), il quale postula tre Entit primarie: il Padre, il Logos e l'Ekklsa. La genesi di quest'ultima, secondo il Trattato, interessante: essa consisterebbe nell'amore che lega il Padre al Figlio, esprimentesi in un eterno "bacio" che "un'unit pur implicando la molteplicit" (58, 28-29), cio "baci" innumerevoli da cui nascerebbero tutti gli esseri dell'universo . Per questo la Ekklsa "consiste in molti uomini" (58, 30) ed chiamata "l'Eone degli Eoni" (58, 33). Tutto questo, mentre giustifica l'uso, da parte dello EV, della parola "Eoni" per indicare tutti gli esseri viventi, ci permette di comprendere il senso di un vocabolo copto dello EV, che nella nostra versione si trova in I, 5: ptrf, che significa "il tutto". Il Trattato Tripartito ci autorizza a vedere in questo "tutto" la Ekklsa o Comunione come da noi definita (qui sopra, sez. 2): l'unit collettiva dei S spirituali di tutti gli esseri viventi e coscienti. Noi perci, pur tentati di rendere ptrf con "l'Ekklsa", useremo invece l?espressione: "tutti gli esseri". Non vi traccia, n nella dottrina di Valentino, n nello EV, del Demiurgo malvagio di certe scuole deteriori dello gnosticismo. Tolomeo, discepolo di Valentino, condanna violentemente quella dottrina: "L'Apostolo (Giovanni) distruggendo in anticipo la sapienza inconsistente di quei mentitori, dichiara che la creazione del mondo Gli (al Logos) propria, che tutto stato fatto da Lui e nulla stato fatto senza di Lui, e che questa creazione l'opera non di un dio corruttore, bens di un Dio giusto che odia il male. Tali concezioni sono condivise solo da spiriti limitati, che perdono di vista la provvidenza del creatore e che sono ciechi " (Lettera a Flora 3,6). ExcTh 33,3 parla del "disgusto" che Sopha avrebbe provato alla vista della "natura grossolana" del Demiurgo; ma questo non che il simbolo di quanto ogni anima giunge prima o poi a provare nei confronti del mondo dell'illusione. ExcTh 47,3 dice poi che la prima creatura del Demiurgo fu il

Cristo psichico, che "siede alla destra (!) del Demiurgo" (62,1) e costituisce il veicolo del quale si riveste il Salvatore alla Sua discesa (59,2), veicolo che del Salvatore l'immagine (ibidem). Quanto alla generazione del Cristo psichico da parte del Demiurgo, interessante notare che di dmiourgs ("artigiano") sinonimo tktn, che in Matteo 13,55 ed in Marco 6,3 designa la professione di Giuseppe, il padre di Ges. Si veda EvPh 73,10, che dice come Giuseppe, da un albero che aveva piantato, avesse fabbricato una croce, sulla quale fu poi appeso il figlio. In ebraico dmiourgs si dice Hara$, il cui valore numerico 508, identico a quello di elab yeshwa ("la croce di Ges"). Per spiegazioni al riguardo si veda l?Appendice II. Estremamente importante quanto dice ExcTh 59,2, e cio che quando la Madre (Sophia) entrer nel Pleroma col Salvatore, allora il Demiurgo ne prender il posto. Questo significa che la creazione dell'universo ciclica: un universo succede ad un altro, ed ogni universo ha la sua Sopha ed il suo Demiurgo. Non a caso il Demiurgo lo Hiranyagarbha ("Matrice aurea" - l'Anima del Mondo) dell'Induismo.

5. Il Cristo
L'esistenza di creature che procedono dal Padre, ossia che in qualche modo se Ne separano, dipende dall'attivit del Logos, il quale in questo senso responsabile dell'Errore, della Morte e della Divisione. Ma mai concepibile far risalire il male a Dio? Certo la Gnosi non arretra di fronte a questa conclusione obbligata, anche se a prima vista sconvolgente. Ma subito aggiunge che il male fa parte di ci cui guarda il Volto oscuro di Sopha, ed dunque il prezzo che ogni creatura deve pagare per esistere in modo indipendente e per divenire alla fine un Pleroma essa stessa. Se in Sopha il Creatore non Si facesse creatura; se Dio si tenesse in disparte dal dolore lasciando la creatura sola ad esserne oppressa, la creazione sarebbe un orrore inaccettabile. Invece, facendosi creatura, il Creatore viene a condividerne ogni istante di vita, ogni gioia, ogni speranza, ogni tortura dell'animo e del corpo. Solo questo, oseremmo dire, Gli d il diritto di immergere nell'errore e nella sofferenza gli esseri che Egli trae da S, anche se la sofferenza un mezzo per richiamarli a S. Allora, come Sopha possiede due Volti, cos l'opera del Logos deve essere duplice: l'attivit creatrice deve essere accompagnata da quella di un divino Principio di Amore o Compassione il quale, sia come intima Presenza in ogni creatura (lo Antarym, "Guida Interiore" dell'Induismo), sia nella persona di esseri umani perfetti in comunione con Esso (Avatra), si faccia partecipe della sofferenza delle creature, le accompagni in ogni momento della loro vita tenendole unite a S s che mai si perdano, e ne assicuri la Redenzione finale. La Gnosi chiama "Salvatore" (Str) questo Principio di Compassione, ed ovvio che il Salvatore debba essere il Logos stesso il quale, in questa Sua funzione, chiamato Christs. Tuttavia, essendo il Logos inseparabile dal Nos e dall'Anthrpos, tutta l'indivisa unit del Figlio implicata nell'opera di salvezza, ed a tutto il Figlio si deve dunque dare il nome di Christs, tanto pi che solo grazie all'Anthrpos il Salvatore pu discendere nell'Umano, ove Egli perci chiamato Hyis to Anthrpou, cio "Figlio dell'Uomo". Altri nomi che Gli vengono dati sono Phs ("Luce" - ExcTh 34,1; 35,1; 41,2-3; 44,1) e "Ges" (Isos), dalla parola ebraica Ye$wa, che appunto significa "Salvatore". Pi precisamente, la parola Christs designa il Salvatore nella Sua trascendenza, mentre "Ges" il Salvatore immanente nell'Umano, sia come Presenza e Luce interiore (Anthrpos), sia come Incarnazione divina in mezzo agli uomini (Ekklsa). Secondo il Mito, riassunto in ExcTh 33, 3, il Cristo sarebbe stato generato da Sopha come una

"Impronta (tpos) del Padre di tutti gli esseri"; Egli per La avrebbe "abbandonata" per risalire al Pleroma, lasciando in Lei l?amaro rimpianto per la perdita subita. Mossa da questo rimpianto, Sopha avrebbe "prima" generato il "Demiurgo" (il "Creatore" della natura inferiore; l?Anima dell?universo ) quale "Impronta" (ancora tpos) del Cristo; "poi" avrebbe rivolto al Padre una preghiera per riottenere la Luce (Phs) perduta. Come risposta il Salvatore ("Ges") Le sarebbe stato inviato sotto forma di emanazione del Cristo, effettuatasi grazie all?accordo unanime (eudoka) di tutto il Pleroma (ExcTh 23, 2; 31, 1). Come ogni Mito, anche questo va interpretato. "Generato da Sopha" va inteso alla luce di quanto sopra spiegato riguardo alla Madre quale potere dell'Uno di darsi una forma adatta a svolgere una certa funzione: si riferisce quindi alla funzione di Salvatore del "Cristo", il quale si fa Salvatore nascendo nella sfera di Sophia per potervi assumere un'anima capace di abbracciarvi tutte le anime, ed infine anche un corpo nella Sua funzione di Incarnazione (Avatra). In questo senso si pu dire dunque che il Cristo in quanto Salvatore figlio di Sophia. Il Cristo "risalito al Pleroma" detto Christs holklros ("Cristo integrale") in ExcTh 39. Il termine "Integrale", sinonimo di "completo" o "pieno", e quindi "pleromatico", significa che la Sua natura incompatibile col Vuoto: inalienabile dal Volto luminoso di Sophia, la Sua Presenza non pu essere "integrale" in tutte le componenti delle anime individuali, le quali tuttavia ne conservano una traccia parziale, cio il "rimpianto". Qui siamo tuttavia in presenza del modo tipico della Gnosi di affermare la simultaneit della trascendenza e dell'immanenza di un'Entit divina. Dire che il Cristo generato da Sophia, ma risalito al Pleroma, vuol dire che Egli immanente nell'anima e al tempo stesso trascendente ad essa. Il "prima" ed il "poi" riferiti alla "preghiera per la Luce" rivolta da Sopha al Padre non implicano una successione temporale, dato che Sopha, come ogni Eone (Ain = "Eternit"), trascende il tempo. La "preghiera" un discriminante riguardo ai due Volti di Sophia: il Cristo ab aeterno presente nel Volto luminoso; il "Demiurgo" lo nel Volto oscuro. Ci vuol dire che le due "Impronte" che abbiamo veduto sono diverse tra loro: nel Volto luminoso presente il Cristo "integrale" quale tpos del Padre; nel Volto oscuro si trova la "Impronta" del Cristo, cio, come visto sopra, l'Impronta dell'Impronta, ossia un riflesso di questa. Ma se ci vale per l'Anima dell'universo, deve anche valere per tutte le anime individuali, nelle quali dunque rimane impressa, come su di una moneta, l'immagine del Cristo. Questa immagine equivale ad una Presenza, e ci non solo nell'essere umano: "(Il Signore), rivolgendomi la parola, mi disse: ?Io sono te e tu sei me; ovunque tu ti trovi, io mi trovo. Io sono seminato dappertutto? " (Evangelo di Eva; Erbetta, p. 537); "Ges disse: ?Io sono il tutto, il tutto uscito da Me, ed il tutto ritorna a Me. Spaccate del legno: Io vi sono; sollevate una pietra: l sotto Mi troverete? " (EvTm 77). Da notare, nella citazione dallo Evangelo di Eva, la parola "seminato": la Presenza del Cristo in ogni creatura infatti detta "Seme", oppure "Ges Nazareno", espressione derivata (questa una nostra congettura) dall'ebraico yeshwa nizra , cio "Ges disseminato" o "disperso", il cui luogo di nascita "Nazareth", cio nizrat ("dispersa"), la molteplicit delle anime individuali in Sopha. Il "Nazareno" , in ogni anima, un fattore di ascesa e di crescita, la sorgente della forza che ci richiama alla nostra Patria spirituale. In sintesi pu dirsi che il Divino, pur immanente nel mondo creato da Sophia, tuttavia ne rimane libero e sovrano, e proprio per questo pu farsene Salvatore; pur disceso nel mondo della Morte, tuttavia ne risorge (il Christs holklros che "abbandona" Sophia), ed appunto perci ogni anima, in cui Egli sempre dimora, e che nel suo centro profondo identica a Lui, pu risorgere con Lui. Questo l?eterno Pardeigma ("piano", "modello") della Salvezza universale che, presente ab aeterno nel Christs ed impresso dal Salvatore in tutte le anime, fa s che queste possano attuarlo, ognuna per la sua via, fino alla Meta sicura che le attende : "Oh, quale Modello sublime, che Egli tragga Se stesso in basso, alla Morte, bench la Vita Eterna Lo rivesta! (Ma,) caduti da Lui i logori stracci mortali, Lo riveste quella natura incorruttibile che nessuno ha il potere di toglierGli. Disceso nelle Lampade vuote, immerse nella paura, riempie di S quante l'Oblio aveva svuotato, divenendo Gnosi e Perfezione" (EV V, 6- 8).

Non si deve infatti dimenticare che "il Figlio Gnsis, poich il Padre conosciuto per mezzo del Figlio" (ExcTh 7, 1). La Gnosi risiede nel Salvatore e proviene da Lui, che nell'intimo nostro costituisce il nostro vero S. Stando cos le cose, la dibattuta questione di sapere se la salvezza dipenda dai nostri sforzi e dalla conoscenza da noi acquisita, o se invece sia dovuta alla grazia di un Salvatore, non si pone nemmeno: il Salvatore gnostico non un Salvatore esterno. Si veda nell'Appendice I, nel brano tradotto dagli Atti di Giovanni, la frase: "Io salvo, ed io vengo salvato. Io libero, ed io vengo liberato". Il concetto di "Salvatore" non propriet esclusiva dello Gnosticismo o del Cristianesimo. Col nome di Krishna permea tutta la Bhagavadgt, che lo chiama samuddhart: "Colui che trae definitivamente in alto" la creatura, sollevandola "dall?oceano della morte e del divenire" (XII,7). Nelle parole di A. K. Coomaraswamy (Hinduism and Buddhism): "Per l'atto stesso con cui Egli ci dota di coscienza, Si imprigiona Egli stesso e si sottopone al male ed alla Morte Perci Egli soffre per la nostra ignoranza e per le nostre colpe". Nel Vednta visishtdvaita ("Non-dualismo organico") Dio (Vishnu o Nryana) esplicitamente il compassionevole Salvatore di tutte le creature. E' presente in tutte le anime quale Antarym ("Guida interiore") ed in questa Sua funzione le segue perfino in stati infernali. Anche nel Mahyna il Buddha Salvatore (traka): Egli presente col Suo potere in ogni essere umano, e questo potere si esercita grazie ad uno "scambio tra s e l'altro" che alleggerisce il fardello del karma umano ("l'Agnello di Dio che porta i peccati del mondo").

6. Il Limite o Croce
L'azione mediante la quale Sopha opera la frammentazione fenomenica della Vita unica, il "Pensiero della Deficienza" (ExcTh 22,7), riceve anche il nome di "Limite" (Hros). Non ci risulta che questa equivalenza sia mai stata notata dagli esperti di gnosticismo; ma ci sentiamo giustificati nell'affermarla essendo ovvio che ogni deficienza debba implicare una limitazione. Tuttavia Hros non significa solo "Limite", ma anche "Termine", intendendo "termine" non solo nel senso di "confine" ma anche in quello di parola (lgos) appropriata alla definizione (finis: "limite") di un concetto. Ogni creatura esiste dunque grazie a Hros, il quale ne definisce la natura e ne costituisce il profilo nell'ambito dello schma. Il Limite misura e scandisce: numero, successione, estensione e relazione; tempo, spazio e causalit. Ogni essere perfettamente definito dai limiti delle sue propriet o qualit: da quanto esso sia pi o meno esteso, pesante, massiccio, luminoso, colorato, caldo, piacevole, utile, intelligente, etc. Tutto si riduce al Limite; ma nessun limite mai definitivo, poich nessun "termine" potr mai essere la traduzione completa del Verbo, o del Nome che il Figlio. Per questo il Mito dice che Sophia tende a superare continuamente il Limite nel vano tentativo di esprimere compiutamente il Nome, e questa l'eterna insoddisfazione dell?Anima, sempre alla ricerca della propria perfezione; questo il divenire universale, in virt del quale nulla resta mai confinato nei propri limiti, nulla rimane mai identico a se stesso, neppure per un istante. Il divenire universale una corrente impetuosa ed inarrestabile, senza inizio n fine, formata da miriadi di correnti minori ognuna delle quali scorre con la sua velocit propria. Noi percepiamo come "esseri" o "cose" le correnti pi lente; ma esseri e cose non sono che effimere apparenze create dal Limite, ed il nome che noi diamo loro un "termine", una definizione (nma-rpa, "nome-forma") arbitraria nell'ambito di ci che in realt non divisibile. Il Limite separa idealmente i due volti di Sopha e, sul volto oscuro di Lei, distingue ogni anima individuale da tutte le altre: cio, di ogni anima, il suo essere dal suo non-essere. Il Limite insito infatti in ogni coppia di contrari: luce ed ombra, vita e morte, bene e male, piacere e dolore, etc. Esso ha dunque due componenti, una orizzontale, che distingue i due Volti di Sopha, ed una

verticale che, nel Volto oscuro, determina tutti i contrari. Ci richiama la forma della lettera T, che la forma primitiva della Croce. Il Limite perci detto anche "Croce" (stavrs), e siccome il Salvatore deve porviSi per raggiungere ogni anima, la Gnosi dice che Egli vi crocifisso. Proprio per questo la Croce la Porta che permette all'anima di entrare nel Pleroma: "La Croce il Segno del Limite del Pleroma: essa infatti divide i fedeli (pisto, cio i dotati di Pstis - ndt) dagli infedeli, come il Limite separa il mondo dal Pleroma. Per questo Ges, avendo portato sulle spalle i Semi per mezzo di questo Segno, li introduce nel Pleroma; infatti Ges chiamato "spalle" del Seme, mentre il Cristo ne il Capo" (ExcTh 42, 1).

7. Il Seme o "Nazareno"
Il Volto luminoso di Sopha l'Anima unica in cui la Ekklsa si realizza come Comunione di tutte le Anime individuali. Nel Volto oscuro l'unit dell'Anima si rifrange o si frammenta invece in duplice modo: in anime individuali che appaiono separate le une dalle altre, e nelle molteplici esistenze, distribuite nel tempo, nello spazio e nella causalit, in cui ogni singola anima appare frammentata a sua volta. In questa sua duplice frammentazione l'Anima designata nella Gnosi dalla parola ebraica nizrat, cio "dispersa", da cui la "Nazareth" del Mito del Cristo (nostra congettura). Questo l'esatto parallelo del concetto di "Seme", o "Nazareno" (nizra); "Seme" infatti praticamente sinonimo di "anima", soprattutto quando con questa parola si intenda l'una o l'altra delle anime parziali che compongono l'anima globale di un essere vivente (qui sotto, sez. 9). Ma "Seme" significa pi specificamente il centro che assicura l'integrit e la continuit di un'anima data, e ci anche di morte in morte, dato che in esso si raccoglie la sintesi di una vita vissuta che si ripresenter quando il Seme germoglier di nuovo nella successiva. Si pu dire che "Seme" sta ad "anima" come centro a circonferenza, o come nucleo a cellula. Pi precisamente, il Seme deriva dal Figlio, ma pu manifestarsi e sussistere soltanto in un involucro - l'anima - provvisto da Sopha. A sua volta l'anima non avrebbe alcuna possibilit di costituirsi e continuare se priva del Seme. I due sono dunque inseparabili (syzyga). Il Seme infatti la presenza nell'Anima del Logos-Salvatore, che impedisce alla "Dispersa" di essere un puro caos privo di senso: grazie ad esso la sostanza universale viene organizzata in strutture dotate di vita, scopo, individualit e continuit, pur nell'incessante divenire. Mediante il Seme, il Logos-Salvatore d forma ad una materia altrimenti informe, ed in tale Sua funzione detto "Creatore primo universale" (ExcTh 47, 1). Questa la "formazione secondo la sostanza" (mrphsis kath' hln), cui dovr seguire quella "secondo la Gnosi" (mrphsis kat gnsin). Il Seme, bench uno, si presenta sotto tre forme. Per comprenderne la differenza occorre ricordare quanto gi detto della "impronta". Un'impronta un'immagine in rilievo, un insieme di volumi e di vuoti; ma il Vuoto pu sussistere solo nel Volto oscuro di Sopha, mentre sarebbe un'ovvia anomalia nel Volto luminoso. Ora ad ognuna delle tre "zone" di Sophia definite dalla Croce del Limite corrisponde una forma del Seme, cio una "impronta"; ma quella sul Volto luminoso non pu essere una semplice traccia ivi lasciata: non pu contenere vuoti, e perci il Prototipo che la imprime deve rimanerle unito. Sul Volto luminoso di Sopha, al di sopra della linea orizzontale della Croce , l'Impronta il "Seme pneumatico", detto anche "Seme diverso" (ExcTh, passim) appunto per la sua natura particolare: esso la Presenza integrale del Cristo (il Prototipo che rimane unito all?Impronta), eterna in quanto stabilitasi al di l del tempo ("prima che fossero gettate le fondamenta del mondo" - ExcTh 41:2). Cos presente e vivo ab aeterno nel Volto luminoso di Sopha, il Seme pneumatico sempre accessibile ad ogni anima individuale, nella quale stabilir la propria presenza non appena essa abbia rivolto al Divino la sua personale domanda di Luce. Il Seme pneumatico cos definito in ExcTh 2,1: "un Seme maschile deposto dal Logos nell'anima scelta, che era addormentata, e questo Seme un effluvio (aprrhoia) dell'Essere angelico, affinch non vi sia Difetto (hystrma)". "Essere angelico" o "Angelo" il nome dato al S individuale

(tman o jvtman) nell'ambito del S divino (Paramtman); in altre parole, gli "Angeli" sono membra del Logos: "L'Angelo un Lgos che ha ricevuto una missione da Colui che " (ExcTh 25, 1). La parola "effluvio" va notata: il Seme pneumatico una mera estensione o "parte" dell'Angelo, come precisato in ExcTh 22,1 e 35, 3, tanto che l'Angelo rimane legato al mondo della "Morte" fintantoch non abbia riassorbito in s il proprio "effluvio" (ExcTh 35, 3-4). Sul Volto oscuro di Sopha il braccio verticale della Croce del Limite fa s che l'Impronta appaia duplice: come "Seme psichico" o "femminile" da un lato ("destra") e come "Seme ilico" ("materiale") dall'altro ("sinistra") . Secondo la terminologia ormai stabilita, questi due Semi sono l'Impronta dell'Impronta pneumatica, cio l'immagine dello "effluvio" dell'Angelo . Il Seme psichico la "Lampada" del nostro Evangelo, la quale pu essere sia vuota che piena dell'Olio dell'Unzione cristica. Uno dei due sensi di "Cristo psichico" (ExcTh 47, 3; 59, 3; 62, 1-2) indica appunto l'insieme dei Semi psichici. Siccome dunque i Semi psichico ed ilico sono riflessi od immagini del Seme pneumatico, quest'ultimo, come gi detto, il vero ed unico Seme. E siccome questo una mera estensione o "parte" dell'Angelo, si pu dire in fondo che il vero Seme l'Angelo. E poich "Angelo" il nome dato al S individuale (tman o jvtman) nell'ambito del S divino (Paramtman), per cui gli "Angeli" sono membra del Logos, che soltanto un aspetto dell'indiviso Figlio (Arch, Principio), il Seme ultimo il Figlio stesso. Perci si comprende meglio anche il significato di Arch. Si confronti Bhagavadgt VII, 10: "Conoscimi, o Prtha, come l'eterno Seme di tutti gli esseri. Io sono la coscienza degli esseri consci, e l'energia degli esseri dotati di energia". Il Divino il Seme eterno di ogni essere poich ogni singolo essere costituisce una progressiva ed irripetibile manifestazione di S da parte del Divino. Perci ogni singolo essere, manifestazione dell'Infinito, capace di un'evoluzione infinita quale centro di coscienza dotato di energia, cio provvisto di un corpo (qualunque esso sia), essendo ormai noto anche alla scienza umana che la "materia" non che una forma d'energia. Qui si ripete anche quanto gi fu detto all'inizio, che coscienza ed energia si manifestano simultaneamente e sono inseparabili.

8. Il "Battesimo" ed il Chrsma
Secondo ExcTh 1, 1, il Salvatore discese avvolto nel Seme pneumatico. Come ci sia accaduto narrato nel Mito del "Battesimo di Ges", il quale significa appunto lo stabilirsi della Presenza del Salvatore nell'anima, della quale le acque sono un noto simbolo. ExcTh 36 spiega: "I nostri Angeli sono stati emanati nell'unit, poich essi sono uno, in quanto nati dall'Uno. Ma siccome noi ci trovavamo in uno stato di divisione, allora Ges fu battezzato dividendo l'Indiviso, fino a quando Egli ci unir agli Angeli, nel Pleroma, e ci affinch noi tutti, la moltitudine, divenuti uno veniamo tutti ricongiunti all'Uno che fu diviso per noi" . Insieme con Ges vengono battezzati gli Angeli, che Ne sono le membra; ExcTh 22 dice infatti: "Gli Angeli, di cui noi siamo parti, si fanno battezzare". Essi si fanno "battezzare per i morti poich noi siamo morti, noi che l'esistenza quaggi ha posto in uno stato di Morte". ExcTh 22, 6-7 aggiunge: " Gli Angeli furono battezzati nella Redenzione del Nome che discese su Ges sotto forma di Colomba e lo riscatt; infatti anche Ges aveva bisogno di Redenzione, per non essere trattenuto dal Pensiero del Difetto nel quale era stato posto ". Il "Nome" il Figlio, l'Identit suprema o S divino. La "Redenzione nel Nome" la manifestazione nell'anima del suo vero S (tman). Lo "Uno" della prima citazione, l'Indiviso che si divide per noi, il "Cristo integrale"; lo "stato di divisione" quello in cui si trova il "Ges disseminato"; la "divisione dell'Indiviso" l'emissione del Seme pneumatico; il "Ges" della prima citazione il Salvatore; quello dell'ultima, ovviamente diverso da quello della prima, il

"Nazareno" dei Semi psichico ed ilico; il "Pensiero del Difetto" o "Pensiero della Deficienza" (nnoia to hystermatos), sinonimo di Limite, quello mediante il quale Sophia si traspone in anime particolari. Abbiamo detto che il Seme pneumatico presente ab aeterno nel Volto luminoso di Sophia, ed ivi accessibile ad ogni anima individuale. Dobbiamo ora spiegare meglio questo fatto. Vi comunque un rapporto tra il Seme pneumatico e quello psichico per il semplice fatto che, come sappiamo, il secondo l'impronta del primo. Ma in attesa di un evento di cui ora diremo, questo rapporto equivale ad una presenza potenziale o virtuale, non attuale. Questo fatto descritto dal Mito in modo pittoresco (ExcTh 44, 1): "Quando Sophia Lo (il Salvatore) vide, uguale alla Luce che l'aveva abbandonata, fu piena di gioia e Lo ador (Seme pneumatico); ma contemplando gli Angeli maschi inviati con Lui prov vergogna, e si copr col suo velo (cos sottraendo alla Luce gli altri due Semi)". La Luce si propagher agli altri Semi quando la presenza del Seme pneumatico sar divenuta attuale nell'anima; quando cio il Salvatore, che era disceso "avvolto" dal Seme pneumatico (ExcTh 1, 1), si sar "rivestito" del "Cristo psichico" (59, 3). Questo accadr quando nell'anima che abbia raggiunto un grado di sviluppo sufficiente diverr conscia l'aspirazione al Divino (la preghiera per la Luce: Phs=Christs). Allora l'anima verr "scelta" e ricever il proprio Nome (si vedano Evangelo, I, 4 e le sezioni VI, VII e XII) . In tal modo verr rimosso il "velo" con cui Sopha si era coperta. Questo evento chiamato Chrsma ("Unzione"). Il "Battesimo" ne la premessa necessaria, e per questo i due concetti sono talvolta confusi . Il Chrisma pone un sigillo irremovibile (sphrags) sull'anima effettuando il "raddrizzamento" o "correzione" del Seme (dirthsis to sprmatos: ExcTh 35, 2), per cui il Seme psichico viene a trovarsi perfettamente uniformato al Seme pneumatico ed in piena comunione con esso (Sezione XV dell?Evangelo). In questo modo la Lampada viene riempita, cio l'anima viene cristificata (Sezione XXI) . La situazione di uno che sia stato oggetto di dirthsis detta in Greco anstasis, che vuol dire "risurrezione"; letteralmente per anstasis significa "stare in piedi" (stsis) "in su" (an), cos come orths (da cui di-ortho-sis) significa sia "diritto", sia "in piedi". Alla fine anche il Seme ilico, purificato da ogni fattore negativo, viene integrato nei primi due, e divengono quindi un tutto organico i vari elementi che compongono un essere umano : "Questo Seme (pneumatico) oper come un lievito, unificando quanto appariva diviso, cio la psyche e la carne" (ExcTh 2:2). Questo il frutto della "formazione secondo la Gnosi", la quale culmina nel riassorbimento del suo "effluvio" da parte dell'Angelo. Sono queste le "Nozze sacre" grazie alle quali si costituisce la Syzyga Christs-Sopha (vedasi X, 13-15) . ExcTh 64 le descrive come segue: "Allora le componenti pneumatiche (t pneumatik - neutro; intendere "dell'essere umano"), deposta la psyche, mentre la Madre si unisce allo Sposo si uniscono in nozze agli Angeli: entrano nella Camera Nuziale all'interno del Limite dove, divenute Eoni della natura del Nos, accedono alla visione del Padre e vanno all'unione spirituale ed eterna (ainios) della Syzyga". Questo il "Ricongiungimento" della Sezione X dell?Evangelo, il frutto del "Ritorno" (epistroph) che segue alla "Conversione" (metnoia). Prima di allora, fintantoch i due Semi inferiori saranno privi di Luce, finch saranno l'impronta di un'impronta, e perci privi della Presenza del divino Prototipo, essi saranno un mero riflesso, un prodotto della sola Sopha. Questa situazione cos descritta (ExcTh 68): "Fintantoch eravamo figli della sola Femmina, come fossimo nati da un legame vergognoso, imperfetti, privi di parola, privi di forza, informi, prodotti al di fuori come aborti (ektrmata), eravamo ?figli della Donna?. Ma non appena formati dal Salvatore siamo divenuti "Figli dell'Uomo e della Camera Nuziale". Nella Religione vishnuita le Nozze Sacre sono chiamate tmavivha, cio "matrimonio spirituale", definito come il matrimonio tra Dio e l'anima (vedasi Visishtadvaita Philosophy and Religion, Ramanuja Research Society, Madras, 1974, p. 166). Nella sua bella biografia di Shr Rmakrishna (The Face of Silence, Servire Publ. 1973), Dhan Gopal Mukerji riporta alcune parole del grande Svm Turiynanda, uno dei primissimi discepoli di

Shr Rmakrishna: "Vi sono dei Guru che hanno visto il Signore. Trovate uno di questi. Egli vi condurr fin dentro la camera nuziale dove le anime degli uomini si uniscono al Signore. Egli pu venire da qualsiasi casta o religione. Egli pu essere Ind, Maomettano o Cristiano, ma egli solo ha il potere ed il diritto di accettare discepoli. Se avete incontrato un tale Guru, andate a lui, ed egli vi dar la chiave della Camera dello Sposo". Con queste descrizioni di un evento puramente spirituale si pu confrontare quella concretamente insinuante di Ippolito (Adversus Haereses, I, 21, 3): "Certuni allestiscono una camera nuziale e vi compiono tutta una mistagoga accompagnata da invocazioni sugli iniziati, pretendendo di effettuare cos un matrimonio pneumatico ad immagine delle sizigie superne". Tertulliano (Adversus Valentinianos, I, 1) meno garbato: "I valentiniani - la pi numerosa associazione di eretici - non hanno preoccupazione maggiore che quella di dissimulare ci che insegnano, ammesso tuttavia che dissimulare sia insegnare. Ci che non viene detto l'ignominia Quella divinit ben nascosta in fondo ai santuari, oggetto di tutti i sospiri degli epopti si rivela non essere altro che un'immagine del membro virile (simulacrum membri virilis)". Non da meno un certo romanzo di recente pubblicazione, la cui superficialit e la cui indecenza, pari entrambe al grande successo che ha avuto, trasformano lo Hiers Gmos in un'orgia.

9. Le Tre Nature
Che dire, nel quadro che abbiamo dipinto, dei cosiddetti "Pneumatici salvati per natura" ed "Ilici perduti per natura"? Lo stato frammentario di quanto sopravvissuto dello Gnosticismo, ed i pregiudizi dei commentatori cristiani, hanno contribuito a generare un grande equivoco . Per chiarirlo, occorre dapprima precisare il significato di "perdita" e di "salvezza". "Perdita" non vuol dire "dannazione": significa bens rimanere nello stato di Morte, prigionieri dello schma, ove ogni forma animica pu peregrinare per un tempo indefinito; "salvezza" significa esserne liberati. Si deve poi comprendere che cosa significhi dire che un dato essere umano "pneumatico", o "psichico" od "ilico". In ogni anima umana, secondo l'Insegnamento gnostico, coesistono, associate ad un corpo fisico, tre "anime" parziali corrispondenti ai tre Semi: la "anima" pneumatica, quella psichica o razionale (logik), e quella ilica (hylik) od irrazionale (logos) detta "consustanziale a quella degli animali" (ExcTh 50-56). La natura di un dato individuo dipende da quale delle tre anime prevalga sulle altre. Come infatti i due volti di Sopha guardano l?uno verso il Pleroma e l'altro verso il Knma, cos l'anima umana trova sopra di s lo Spirito (pnema) e sotto di s il corpo (hl, "materia"). Ogni essere umano quindi soggetto a due forze, che lo chiamano da due opposte direzioni. Se egli dimostra di avere "fede" (Pstis), se cio ascolta e segue la Voce (Logos, Verbo) che gli parla all'interno richiamandolo alla sua vera Patria, egli pone nello Spirito il proprio centro di gravit, e prevale allora in lui l'anima pneumatica. In un essere umano il quale dimostri la propria "mancanza di fede" (apista) rimanendo sordo a quella Voce, affascinato dalle possibilit e dalle letali opportunit offertegli dalla materia, prevale invece l'anima lica. In uno che rimanga indeciso tra le due possibilit, pago dello splendore dell'intelligenza umana e di tutta la bellezza che la natura umana pu produrre e godere, ignaro tuttavia del fatto che questo splendore e questa bellezza sono l'espressione e la prova di uno stato ancora pi alto, prevale l'anima psichica, la quale tuttavia dovr prima o poi volgersi verso lo Spirito, poich ristagno significherebbe retrocessione. "Salvezza" e "perdita" si riferiscono allora propriamente alle componenti di un individuo, non all'individuo stesso. Ci che in lui pneumatico (t pneumatikn: neutro!) "salvo per natura" e

pu accedere alla Vita Eterna (Ainios Z: la Vita Eonica, la Divina Compagna del Logos). Ci che ilico (t hylikn) "perduto per natura". Ci che psichico (t psychikn) sede di libero arbitrio (autexosion) ed ha perci la facolt di salire alla pstis ed all'incorruttibilit, oppure di cadere nella apista andando alla rovina (ExcTh 50-56). Il ritenere che gli esseri umani siano raccolti in tre classi rigidamente separate ha indotto molti a parlare della loro predestinazione alla salvezza od alla perdita. A parte l'assurdo di un Dio d'Amore che predestinerebbe alla perdita esseri che sono un dono della Sua stessa Vita, una tale predestinazione renderebbe incomprensibile l'aspetto quantitativo della distribuzione delle anime sui tre livelli. E' infatti detto che "numerosi sono gli Ilici, non molti gli Psichici, rari gli Pneumatici" (ExcTh 56, 2). Questa precisamente la distribuzione che pu essere predetta per individui non certo "predestinati", bens, al contrario, liberi di agire di fronte ad una qualche difficolt, come ad esempio un gruppo di nuotatori che cerchino di risalire una corrente, od un gruppo di studenti posti di fronte ad una serie di esami difficili: molti rimarranno indietro; pochi giungeranno ad un livello intermedio; rari saranno quelli che giungeranno alla meta . Gli Pneumatici sono per natura candidati al Chrisma, e solo quando questo avr legato indissolubilmente tutta la loro anima al Seme pneumatico si potr dire che essi sono "salvi per natura". Alla fine per loro, grazie alla Gnosi, lo schma si dissolver, e si costituir allora un'Identit (la Syzyga Christs-Sophia) nella quale nulla sar andato perduto: ogni forma transitoria assunta dall'anima nel corso della sua evoluzione, ogni suo pur fugace momento, ogni gioia ed ogni dolore, ogni conquista ed ogni fallimento, tutto vi riveler il suo vero significato, trasfigurato nella coscienza dell'Angelo.

10. Il Ritorno
Se tutti gli esseri saranno salvati, tornando al Padre, perch mai debbono in primo luogo esserne allontanati? L'Evangelo ce lo dice chiaramente: il Padre vuole creare altri esseri dando loro il proprio Essere, la propria Vita, la propria Coscienza in una struttura corporea (non necessariamente "fisica") provvista dalla Madre. Per questo deve prima "crearli", cio provvisoriamente separarli da S, facendone individui grazie al Logos. Ma siccome in realt essi rimangono in Lui, e per via della presenza virtuale del Seme pneumatico, essi tutti non possono non provare, conscia od inconscia, la nostalgia della Comunione temporaneamente perduta, cosicch "lo vanno cercando" (I, 6). Ed il Padre li attende: "Egli trattiene in S la loro perfezione ... per darla loro come ritorno a Lui" (III, 11-14). Il Dono che il Logos fa della propria Vita all'Anima il moto centrifugo che stabilisce l'Altro, e questo un moto di allontanamento dal Pleroma, in direzione del Vuoto. Naturalmente dunque la coscienza che ogni anima ha di s avr sede, inizialmente, nel suo Volto oscuro, ivi soggetta all'Errore ed all'Oblio nello stato di Deficienza, lo stato di alienazione detto di "Morte". In questo stato l'Anima ovviamente incapace di darsi la perfezione che il Padre ha trattenuto in S. Per questo il Salvatore necessario, e quando l'Anima Ne ode l'appello incessante, e vi risponde, essa diviene consapevole dell'errore della propria autoidentificazione con elementi della fantasmagoria universale, e giunge a conoscere (Gnosi) la Verit, cio il Padre. Il "Ritorno" (epistroph) presuppone dunque la "conversione" (metnoia), grazie alla quale l'Anima cessa di guardare verso il Vuoto e si rivolge indietro, verso il S, il Pleroma che dell'Anima la Sorgente eterna.

11. La Sede dell'Errore

Abbiamo detto dell'Errore (Pln) e della catena infinita (schma) da esso generata. Ma qual la sede dell'Errore? Per comprenderlo, occorre discutere quell'entit che chiamiamo "Io". "Io" parola che riassume la coscienza che abbiamo di noi stessi in associazione con un corpo fisico, con una mente, con le altre esistenze con cui siamo in rapporto, con le nostre esperienze, etc. L'Io non esisterebbe se non avessimo memoria del nostro passato, se non potessimo associarlo alle nostre esperienze, e se non lo vedessimo sempre in rapporto con un Non-Io. un'immagine che formiamo di noi stessi, per di pi selettiva e quindi parziale, poich comprende solo quanto ricordiamo (o preferiamo ricordare) della vita che abbiamo finora vissuto. Sopravviene la morte, e tutto ci si dissolve, come un'increspatura effimera sulla superficie di una coscienza pi vasta. E non vale evocare la reincarnazione a questo proposito, poich non l'Io che si reincarna. Ogni Io nasce una volta, e poi scompare per sempre. Una prossima rinascita vedr un Io totalmente nuovo, che si costruir sulla base di nuove memorie, nuove esperienze e nuove relazioni, e costituir perci una nuova maschera sul volto della nostra vera ed eterna Identit, il S, il nostro vero Nome, frammento eterno del Nome Divino. Vediamo allora che quanto chiamiamo "Io" (lo "Io empirico") non soggetto, bens oggetto di coscienza, poich noi lo pensiamo. Il vero soggetto (il S) ci sfuggir sempre, poich non appena cercassimo di afferrarlo esso diverrebbe ipso facto un oggetto. L'Io empirico, chiaramente, non esiste al di fuori dello schma. Perci, identificandoci con esso, noi rimaniamo prigionieri dello schma, e ne viene eclissata la nostra pura coscienza di essere, sostituita dalla coscienza di essere questo o quello; in altre parole, per via di questo Io noi crediamo di essere elementi dello schma, vale a dire elementi limitati, perituri, fonte di frustrazione e di dolore. E' dunque l'Io empirico la sede dell'Errore. certo possibile, e desiderabile, che l'Io "evolva" divenendo pi puro, pi nobile, pi utile ed accettabile socialmente. Ma dobbiamo chiederci se ci sia veramente possibile per iniziativa dell'Io stesso, e se una tale iniziativa possa sottrarci allo schma. Un Io che voglia divenire migliore per s, nel proprio interesse, ancora un Io che cerca di perpetuare se stesso, e si tratta dunque ancora di un moto egocentrico, e quindi tutt'altro che virtuoso, che ci riporta nello schma. E' vera virt compiere il bene perch bene, non in vista di una ricompensa, ed evitare il male perch male, non per timore di un castigo. E' vera virt, puramente e semplicemente, "fare la volont" del "Padre nostro nei Cieli". perci chiaro che neppure il desiderio od il proposito di liberarci dallo schma pu veramente liberarcene qualora si tratti ancora di un moto dello stesso schma, pur se messo in atto per mezzo di questa o quella "pratica" o disciplina "spirituale". Questo l'errore descritto dal Mito di Sophia, la quale cercando di abbracciare il Padre lontano non fa che sprofondare vieppi nel Vuoto. Che fare allora? Occorre agire in modo totalmente disinteressato senza alcun desiderio di risultati personali, ed in tale spirito vegliare su noi stessi, osservare cio l'Io in modo spassionato, s da constatarne, per scoperta vera e diretta, la natura di oggetto, la sua natura composita, condizionata ed effimera, il suo appartenere al mondo delle apparenze, il suo costituire l'identit provvisoria di una singola vita, una proiezione limitata ed effimera del nostro vero essere, uno strumento a nostra disposizione. Non vi nulla che l'Io empirico possa fare per dissipare la propria oscurit, se non aprirsi ad una Luce che gi accesa da sempre, la Luce del Cristo cui dobbiamo sempre guardare, la Voce che dobbiamo sempre ascoltare. Allora l'illusione si dissolve non appena sia constatata, e subito la Gnosi subentra. La constatazione della vera natura dell'Io, ci dice l'Evangelo, ci mostrer che l'Io della veglia non diverso da quello che crediamo di avere nel corso di un sogno, cos che anche la vita non che un sogno, e spesso un incubo (EV XIV). Anche nel sogno ci sentiamo "Io"; ma questo ovviamente l'Io di qualcuno che noi non siamo, cio l'Io di un altro, che si dissolve al risveglio. Ed il Risveglio dall'Io empirico la constatazione: "Io (cio l'Io empirico) sono come le ombre e le fantasie della notte" (EV XIII, 11). Questa l'antica via che l'Evangelo (XVII, 7) riassume con le parole: "Vegliate su voi stessi, non date attenzione ad altro, a quanto avete escluso da voi". Quanto avremo "escluso da noi" quanto

via via avremo riconosciuto come parte dello schma, come estraneo al nostro vero S: "Ges disse: Quando vi sarete conosciuti, allora sarete conosciuti, e saprete che voi siete figli del Padre della Vita. Ma se non vi conoscete, allora rimanete nella Deficienza, e siete voi stessi la Deficienza" (EvTm 3).

12. La Gnosi Conoscenza del Padre


Pi di una volta appare nello EV un sillogismo che esprime in modo lapidario il concetto valentiniano di salvezza: "Siccome l'Oblio nacque poich il Padre era sconosciuto, allora, non appena il Padre sar conosciuto, l'Oblio non sar pi" (III, 1); "La Deficienza ebbe luogo poich il Padre era sconosciuto; ma quando il Padre sar conosciuto, allora, da quel preciso momento, la Deficienza non sar pi" (X, 6). Proprio questo sillogismo la Buona Novella : "Questa la Buona Novella riguardo a Colui che cercato, il Mistero della Compassione del Padre, celato in Ges il Cristo e reso manifesto nei Perfetti, col quale Egli ha illuminato quanti erano nel buio per via dell?Oblio" (III, 2-4); "Poich quanto proviene da Lui Gnsis, manifesta affinch l'Oblio sia da lei distrutto, ed il Padre sia conosciuto" (II, 11). Qual dunque questo "mistero celato" che il Salvatore rivela all'anima immersa nell'oblio del Padre? Perch un "mistero celato"? In che cosa consiste la conoscenza del Padre? L'Evangelo lo spiega estesamente in alcuni passaggi magistrali, ma lo riassume in un solo versetto: "Il Padre buono, ed il Bene l'oggetto della Sua volont" (XVII, 16). Questa la prima e l'ultima verit della Gnosi, una cosa da ben comprendere prima di lanciarsi in sogni su chi sa quali rivelazioni di misteri reconditi, o chi sa quali arcane "esperienze" con cui ulteriormente gonfiare il proprio ego. Ma vi "mistero celato" pi arcano dell'amore? Vi segreto pi grande, prova pi ardua, croce pi pesante da portare, gioia pi sublime? Per questo il mistero celato: perch, pur risplendente davanti agli occhi di tutti, appare s poca cosa a chi vaghi alla vana ricerca del Padre attraverso il Limite, inseguendo qualche meta che, parte dello schma, in realt conduce lontano da Lui. Poich l'amore non una meta, n la ricerca di una meta, bens la natura stessa dello Spirito. Per amore il Padre ha dato il suo essere a tutte le creature. Per amore il Figlio si fa Salvatore ed crocifisso in noi. Conoscere il Padre significa conoscerLo grazie al Figlio, Cui possiamo offrire la nostra adorazione ed in totale fiducia affidare la nostra vita. Significa conoscere quell'amore che effusione di pienezza, dono puro ed incondizionato; un amore che pu solo dare, e non ricevere; un amore che non chiede, non raccoglie, non capitalizza. Quando il mistero celato di questo amore sia scoperto, lo schma non pi una catena: diviene bens l'orizzonte infinito della divina gioia di dare. Ignorano questo fatto essenziale quanti vedono nel Ritorno solo un dissolvimento di s nell'Uno, seguito dall'oblio delle creature che soffrono. Un tale destino implicherebbe la negazione tanto dell'Atto creatore quanto del fatto che esso Dono di S. Nella vera Liberazione, n le creature liberate perdono la loro individualit, n quelle ancora irredente vengono dimenticate. Come allora il Mahyna insegna che i Bodhisattva "rinunziano al Nirvna" per divenire Salvatori di chi ancora vaga nel Samsra, cos il nostro Evangelo, che chiama "Sabato" (cio il Giorno del Riposo) la condizione di un'anima liberata, descrive la rinunzia ad esso da parte del Salvatore dicendo (XV, 710) che "perfino di sabato, per la pecora che Egli trov caduta nel burrone, Egli oper, ne salv la vita, la trasse dal burrone, affinch voi possiate comprendere nel vostro cuore che cosa sia il Sabato: il giorno cio in cui non si conviene alla Salvezza di rimanere oziosa". Che l'opera di salvezza non resti oziosa neppure di "sabato" significa che, pur avendo percorso in modo irreversibile la via del ritorno all'Unit, ogni Redento continua a percorrere anche quella che porta all'Alterit; ma il moto verso questa ora Compassione, s che egli rimane in comunione con tutte le creature irredente, solidale con esse, volontariamente partecipe del loro karma. Simboli di

questo sacrificio sono la "Croce" ed il "sangue versato": simboli tratti dal destino incorso da Colui che del Cristo fu un Avatra. Non dunque possibile che uno che stia percorrendo od abbia percorso a ritroso, fino all'Unit, il cammino che lo aveva portato all'Alterit, cessi di aiutare quanti si trovano ancora a vagare nello schma, nell'una o nell?altra direzione. Egli vive ora non solo nella sfera della sua Alterit individuale, ma anche in quella dell'Identit e dell'Universalit, ove tutti sono Uno. Questo spiega come sia possibile la rinunzia ad ogni merito karmico ed il fatto che ogni tale merito possa essere trasferito (parinmana) a tutti gli esseri viventi grazie, come gi detto, allo "scambio tra s e l?altro" (partmaparivartana). Questa la conoscenza del Padre, questa la Pstis ("Fede"), cio la consapevolezza e l'accettazione del fatto che la Comunione col Cristo implica l'assunzione della Sua natura di compassione e sacrificio di s. Allora ogni attivit che non sia egocentrica, ogni atto ed ogni pensiero che siano espressione dell'Amore universale del Cristo, hanno un effetto immediato e sicuro su tutte le creature indistintamente. Tuttavia, beninteso, a patto che l'ego si sia fatto da parte, poich l'unica Sorgente di ogni attivit salvifica il Salvatore: nessun vero Discepolo del Cristo permetter mai al suo piccolo ego di gonfiarsi dell'idea ridicola di essere lui un "salvatore del mondo".

13. La Gnosi oggi?


Lo gnosticismo quale forma religiosa collettiva ormai oggetto di ricerca storica o filosofica, e come tale deve rimanere per ogni mente sana. D'altronde, a giudicare dai documenti pervenutici, i credi gnostici erano numerosi e di varia natura. Tentativi di resuscitare qualche forma di "gnosi" per mezzo di organizzazioni di natura pi o meno ecclesiatica (oggi propagandate anche via internet) devono essere perci guardati con sospetto, tanto pi che alla loro origine pu trovarsi il solito "maestro", od "illuminato", o che altro: la solita tela di ragno con al centro l'acchiappacitrulli di turno da cui salutare tenersi alla larga. Altra cosa sarebbero ovviamente gruppi od associazioni, ove ne esistessero, ispirati da seri fini spirituali e culturali. La Gnosi ben altra cosa. La Gnosi unica ed immortale. La Gnosi ha radici profonde nella psiche umana, ed perci impossibile sradicarla. D'altra parte la ritroviamo, vivente, nella Mistica cristiana, nel Vednta, nei Tantra, nel Buddhismo, in Jacob Boehme, tra i Catari, negli scritti di C. G. Jung Si propaga per correnti invisibili e sempre riemerge, ora qua, ora l. Come abbiamo cercato di ben sottolineare, la Gnosi la conoscenza vivente e vissuta di quell'Aspetto del Divino che la Gnosi chiama "Cristo". Ma l'interiorit di questo Aspetto significa che la Gnosi non ammette intermediari tra il Divino e l?Umano, come affermato dal nostro Evangelo (VI, 2): "Ricevono l'Insegnamento dal Padre quanti si volgono a Lui, ognuno da s, per una via solitaria". Tenendo fermo questo principio, uno degli effetti positivi di un rinnovato interesse per la Gnosi potrebbe essere un salutare ripensamento del Cristianesimo da parte di quanti se ne fossero allontanati, o per insofferenza di forme esteriori, o rifiutando pretese gerarchiche di dominio sulle coscienze, o non potendo piegare la propria intelligenza davanti a credi incredibili. Un altro effetto positivo sarebbe la liberazione della mente da ogni settarismo dogmatico. Anche solo un poco di Gnosi farebbe comprendere come le varie religioni, che sembrano dividere l'umanit, siano in realt sentieri convergenti verso l'Uno se visti dal punto di vista dell'Umano, e raggi divergenti di un'unica Luce, o traduzioni in linguaggi diversi di un'unica Parola, dal punto di vista del Divino. Una delle interpretazioni possibili della storia della "torre di Babele" che un "Dio" geloso, ostile all'uomo che cercava di raggiungere il cielo, glielo abbia impedito frustrandone lo sforzo unitario mediante l'incomunicabilit generata dal parlare lingue differenti. Rappresentanti di questo "Dio" sono onnipresenti, e riconoscibili dalla loro ostilit verso linguaggi diversi da quello

che essi biascicano. Quando invece incontrassimo un Maestro di Gnosi, anche se lo udissimo parlare convinto un certo linguaggio, commetteremmo un errore se pensassimo che egli ne sia prigioniero: al contrario egli ne sarebbe padrone, poich sua sarebbe la Parola, che egli potrebbe tradurre in altri linguaggi, se a ci venisse chiamato. Ed egli ci insegnerebbe che la religione un rapporto personale tra Dio e l'uomo, sancito da Dio e da nessun altro, che Dio va incontro a chiunque si rivolga a Lui, e che Gli indifferente che uno si rivolga a Lui in Sanscrito, od in Greco, od in Latino.

I sette principi fondamentali della gnosi


(1) La realt di un Uno assoluto, infinito, eterno ed incausato, dal quale tutti gli esseri provengono come un Dono che Esso fa di S, al quale tutti aspirano e nel quale tutti ritornano; l'Uno la conoscenza del Quale vera Conoscenza (Gnosi), poich Esso Realt unica e perci unica Verit. (2) Il dispiegarsi dell'Uno nei due Aspetti di Spirito (in cui Dio conosce Se stesso) e di Anima (con cui Dio esprime Se stesso), ed in una Plenitudine di funzioni alle quali risalgono, come riflessi a Luci e come immagini ad Archetipi, l'esistenza, la complessit e la storia dell'Universo e dell'Uomo; da ci la dualit implicita in ogni esistenza particolare: luminosa in quanto riflesso della Luce divina, oscura in quanto riflesso e non Luce; da ci anche la natura del male quale difetto di Luce . (3) Il fatto che l'Universo e l'Uomo sono espressioni dell'Anima la quale, proiettando Se stessa nel divenire (molteplicit, spazio, tempo e causalit), rimane pur sempre un Aspetto di Dio e veicolo dello Spirito divino; l'immanenza perci del Divino in tutte le proiezioni di S dell'Anima. (4) Ne consegue la triplice natura dell'Uomo, composto di Spirito, Anima e Corpo. Nello Spirito (la Luce divina nell'Anima, il vero S di ogni creatura) Divino ed Umano coincidono: grazie ad esso l'uomo pu divinizzarsi, ed in esso Dio vive come una Presenza compassionevole e salvifica. L'Anima lo Specchio che accoglie e riflette la Luce. Il Corpo costituisce i confini di ogni singola esistenza nel tempo, nello spazio e nella causalit. (5) L'eternit dello Spirito individuale quale centro autocosciente nello Spirito che

l'Autocoscienza divina, Scintilla di Luce dapprima oscurata nel mondo della materia ed infine, dopo ripetute esistenze in forme di vita ascendenti, Luce piena in Unit col Divino. (6) L'impossibilit per l'anima umana di giungere alla Verit ed alla vera Vita se non per il tramite dello Spirito; perci la Conoscenza (Gnosi) della natura divina dello Spirito quale condizione e fattore di salvezza; il fatto allora che lo Spirito umano, che all'Io irretito nel divenire appare come un Salvatore esterno, l'Autore vero della liberazione finale: "il Salvatore che salva se stesso"; quindi anche la certezza, implicita nella natura divina della Scintilla, della sua liberazione dal presente esilio nel mondo dell'oscurit, della sofferenza e della morte. (7) L'indissociabilit dei destini individuali dovuta all'unit di tutti gli Spiriti nello Spirito Uno; perci la duplice natura della Gnosi: Conoscenza della Verit ed Amore o Compassione attiva per ogni essere vivente.

Nota: Abbiamo qui sopra cercato di riassumere quei Principii che riteniamo condivisibili da qualunque visione del Divino, dell'umano e del mondo possa essere considerata espressione della Philosophia Perennis. In particolare, questi Principii ci sembrano trovarsi alla base del nostro Evangelo, del Vedanta (specie della scuola Vishishtdvaita), del Buddhismo Mahyna, del Neoplatonismo. Qualora siano superate le divisioni apparenti suggerite dalla diversit dei linguaggi, l'unit (o per lo meno la convergenza) delle idee sar evidente. Lasciamo a certi gelosi custodi di piccionaie il grave compito di decidere in quale nicchia sistemare questo o quell'oggetto che essi abbiano ritenuto degno della loro attenzione. A noi interessano molto pi i punti di identit o convergenza che quelli di differenza, le idee pi del linguaggio in cui siano state espresse. Per questo, visti lo stato frammentario e la dubbia qualit di molti dei documenti che ci sono pervenuti dello gnosticismo antico, non esitiamo ad invitare i nostri lettori a rivolgersi con fiducia a quel ramo ancora vivo e vegeto della Philosophia Perennis che la Gnosi indiana. Una lettura indispensabile La Filosofia Perenne di A. Huxley, in Italia pubblicata da Adelphi. In particolare, noi troviamo notevoli affinit tra L'Evangelo della Verit e la Bhagavadgt, questo libro inimitabile, monumento della spiritualit universale. Per chi volesse prenderne conoscenza in italiano, le edizioni disponibili sono molte; ma noi ci sentiamo di consigliare solo le seguenti: (1) Lo Yoga della Bhagavadgita, col commento di Sri Aurobindo (Edizioni Mediterranee); (2) La Bhagavadgita, a cura di S. Radhakrishnan (Astrolabio-Ubaldini); (3) Bhagavadgita, a cura di S. Piano (San Paolo).

LEvangelo della Verit

I L'Annunzio della Salvezza Universale (16, 31 - 17, 9) II Pln, l'Errore (17, 10 - 18, 7) III L'Opera del Cristo (18, 8 - 19, 17) IV Il Libro di Vita (19, 17 - 20, 9) V Il Sacrificio del Salvatore (20, 10 - 21, 2) VI La Perfezione (21, 3 - 21, 25) VII Il Nome (21, 25 - 22, 13) VIII Il Ritorno (22, 13 - 22, 37) IX I Caratteri del Libro Vivente (22, 38 - 24, 9) X Il Ricongiungimento (24, 9 - 25, 24) XI La Similitudine delle Giare (25, 25 - 27, 8)

XII La Formazione secondo la Gnosi (27, 9 - 27, 33) XIII L'esistenza illusoria (27, 34 - 28, 28) XIV L'Incubo (28, 28 - 30, 12) XV La Dirthsis del Seme (30, 12 - 31, 35) XVI La Pecora smarrita (31, 35 - 32, 34) XVII L'Etica gnostica (32, 35 - 33, 35) XVIII Lo Spirito che salva (33, 35 - 34, 34) XIX La Conversione (34, 35 - 35, 23) XX Il Divino Medico (35, 24 - 36, 13) XXI Il Chrsma (36, 13 - 37, 3) XXII Il Logos l (37, 4 - 37, 20) XXIII La Volont (37, 21 - 38, 6) XXIV Il Nome che il Figlio (38, 6 - 40, 29) XXV Il Luogo di Riposo (40, 30 - 42, 8) XXVI La Salvezza universale (42, 8 - 42, 38) XXVII L'Opera di un Maestro (42, 39 - 43, 24)

I L'Annunzio della Salvezza Universale (16, 31 - 17, 9)


1 L'Annunzio della Salvezza, il quale proviene dalla Verit, gioia per coloro che per la Grazia del Padre della Verit hanno ottenuto di conoscerLo 2 in virt del Verbo disceso dal Pleroma, il Verbo che nel Nos e nella Ennoia del Padre, 3 il Verbo chiamato Str nella Sua funzione di Redentore di quanti ignorano il Padre fintantoch rimane celato il loro Nome. 4 "Evangelo" significa che sar ottenuto quanto sperato, che tutti quelli che Lo cercano Lo troveranno. 5 Tutti gli esseri infatti vanno cercando Colui da Cui procedettero, ed in Cui tuttavia rimangono: 6 l'Impensabile ed Inconcepibile, che trascende ogni pensiero.

In questi pochi versi, estremamente densi, vari importanti Eoni sono menzionati, precisamente quelli che compongono, per cos dire, la genealogia del Salvatore. Prima di tutto, com' ovvio, il Padre-Madre di tutto, e la Madre, ben a proposito, come Grazia (Chris) prima, e come Visione di S (Ennoia) poi. Il Padre naturalmente il Padre della Verit, la "Consorte" del Nos, che il Figlio Unigenito. Viene poi sottolineato che la Conoscenza (Gnosi) del Padre passa necessariamente per il Figlio, qui visto come Logos, poich come tale Egli assume la funzione di Salvatore (Str). Di questo, nel modo tipico dell'Evangelo, viene detto che simultaneamente trascendente ("nel Nos e nella Ennoia del Padre") ed immanente ("disceso dal Pleroma"). Rivedere la Introduzione qui opportuno. (3) "Fintantoch rimane celato il loro Nome": un suggerimento del Grobel.

(5) "Da Cui procedettero, ed in Cui tuttavia rimangono": la situazione anfibia degli esseri che si trovano nella sfera della Sophia dai due Volti.

II Pln , l'Errore (17, 10 - 18, 7)


1 Ora l'Ignorare il Padre divenne Oblio, ed Angoscia, e Paura, 2 e l'Angoscia si condens come una nebbia s che nessuno poteva vedere. 3 L'Errore ne trasse forza per creare la propria sostanza nel Vuoto che l'ignoranza della Verit, 4 con ci modellando un'immagine, e tale creandola, come meglio poteva, che fosse un simulacro della Verit. 5 Ma ci non un difetto di Colui, al di fuori del quale non vi spazio pensabile per alcunch. 6 Perci nulla sono questa Angoscia, e questo Oblio, e quell'immagine ingannevole, 7 mentre la Verit dimora immutabile, serena e perfetta. 8 Guarda perci con disprezzo all'Errore: esso non ha radici, immerso nella nebbia riguardo al Padre, 9 occupato in opere dettate da Oblio e Paura, cos da sedurre con essi quelli che vi sono immersi e tenerveli prigionieri. 10 L'Oblio che nasce dall?Errore non un'espressione del Padre, n fu dovuto a Lui. 11 L'Oblio non sorse per opera del Padre, bench sorto riguardo a Lui, 12 poich quanto proviene da Lui Conoscenza , manifesta affinch l'Oblio svanisca ed il Padre sia conosciuto.

(4) "Immagine" , nell'originale, plsma (in greco, qualcosa di modellato, imitato o falsificato). "Modellando un'immagine, e tale creandola ... che fosse un simulacro della Verit" descrive esattamente i due poteri che il Vednta attribuisce alla my: il potere di proiettare l'universo (vikshepashakti) e quello di velare la Verit (vrtishakti). E' qui implicito anche l'insegnamento vedantico secondo il quale la "materia" un prodotto della coscienza. (5) "Al di fuori del quale non vi spazio pensabile per alcunch": qui prediamo lo spunto dall'Orlandi, che traduce "l'incontenibile impensabile". "Incontenibile" significa che non vi spazio pi vasto che possa contenerlo. In altre parole, il Padre lo "Uno senza secondo" (advaya) del Vednta. (9) "... quelli che vi sono immersi": la traduzioni comuni hanno "quelli di/del mezzo", intendendo gli esseri umani "psichici". Ma come pu essere limitato ad una singola classe di esseri umani un processo dalle dimensioni cosmiche? Noi intendiamo perci "quelli che vi si trovano in mezzo". I tempi passati, nei versi precedenti e spesso altrove nell'Evangelo, hanno una funzione speciale. Il passato il tempo tipico del Mito il quale, narrando in apparenza eventi del passato, in realt descrive archetipi o modelli eterni. Il passato vi si presta perfettamente in quanto, proprio di eventi ormai immutabili, si applica a quanto eminentemente fisso: una legge, una verit, etc. Per questo non abbiamo esitato talvolta, quando ci sembrava del tutto ovvio, a tradurre al presente certi passati, senza segnalarlo.

III L'Opera del Cristo (18, 8 - 19, 17)


1 Siccome l'Oblio nacque dall'ignorare il Padre, allora, non appena il Padre sar conosciuto, l'Oblio pi non sar. 2 Questo l'Annunzio della Salvezza dovuta a Colui che cercato, 3 il Mistero della Compassione del Padre celato in Ges il Cristo e reso manifesto nei Perfetti, 4 col quale Egli ha illuminato quanti erano nel buio per via dell'Oblio; 5 li ha illuminati dando loro una lampada, e la lampada la Verit che Egli ha loro mostrato. 6 L'Errore ne fu adirato, e Lo perseguit sentendosi minacciato, vedendosi distrutto. 7 Ma Egli, inchiodato ad un Albero, vi divenne il Frutto della Conoscenza del Padre, 8 senza tuttavia esser causa di perdita per chi ne abbia mangiato; 9 anzi a quanti se ne cibino d la gioia della scoperta: che come Egli ha loro in Se stesso, cos essi trovino Lui in se stessi: Lui, l'Inafferrabile, l'Incomprensibile, il Padre, il Perfetto, 10 Lui che ha creato tutti gli esseri, ed in cui tutti gli esseri dimorano, ma che ad essi manca, 11 poich la Sua Perfezione Egli trattenne in S, e le Sue membra non sono in grado di darsela. 12 Non per perch il Padre ne fosse avaro: come potrebbe Egli, infatti, negarsi alle Sue membra? 13 Ma per la via di questo mondo

nessuno potrebbe tornare al Padre 14 Che ne trattiene in S la Perfezione per darla loro, quando tornino a Lui, come Gnosi che una sola cosa con la Perfezione, 15 a Lui, Che tutti gli esseri ha creato ed in Cui tutti gli esseri dimorano, ma Che ad essi manca. 16 Che altro infatti manca loro se non la Conoscenza del Padre? (9) "Come Egli ha loro in Se stesso, cos essi trovino Lui in se stessi". Cf. Bhgavadgt IX, 29: "Quelli che Mi adorano con devozione sono in Me, ed Io sono in loro". (9) "L'Inafferrabile, l'Incomprensibile": bench tale in Se stesso, ecco il "Mistero della Compassione del Padre, celato in Ges il Cristo", che Egli pu essere "afferrato" e compreso.

IV Il Libro di Vita (19, 17 - 20, 9)


1 Come uno che si trovi con altri che non lo conoscono, e vuole che essi lo conoscano, e perci lo amino, 2 cos il Salvatore Si fece Guida benevola e pacifica, Parola pronunziata che porta Conoscenza ai discepoli. 3 Si fecero s avanti quelli che ritenendosi sapienti Lo misero alla prova, 4 ma Egli li confuse, poi ch'erano vuoti, ed essi lo odiarono, i falsi sapienti. 5 Ma vennero anche i piccoli fanciulli, coloro di cui detto: "Loro la Conoscenza del Padre". 6 Fortificati dall'insegnamento loro impartito sulle Impronte del Volto del Padre, essi conobbero, e furono conosciuti; glorificarono, e furono glorificati. 7 Il vivente Libro della Vita fu rivelato nel loro cuore, il Libro scritto nel Nos e nella nnoia del Padre, 8 e che fin da prima della fondazione dell'universo era, a tutti inaccessibile, celato nell'Aspetto invisibile di Colui 9 che lo avrebbe fatto suo e ne sarebbe stato portato alla Morte . 10 Di quanti posseggono quella Pistis che salva nessuno l'avrebbe ottenuta se quel Libro fosse rimasto celato.

Il Libro di Vita il Piano o Modello eterno della Salvezza universale, incarnato nel Salvatore. In ebraico, "Libro di Vita" sper Hayyim = 408 = kbeS elohiym, "l'Agnello di Dio" che porta i peccati del mondo (Appendice III per le spiegazioni riguardo all'ebraico).

(1) "Che essi lo conoscano, e perci lo amino": la confluenza delle due vie classiche di approccio al Divino, che la Gnosi indiana chiama Jnnayoga (Comunione grazie alla Conoscenza -- Jnna essendo il sanscrito per Gnsis) e Bhaktiyoga (Comunione grazie all'amore). (5) Prima Lettera di Giovanni 2,13: "Scrivo a voi, piccoli fanciulli, poich vostra la Conoscenza del Padre". Ci mostra che i "piccoli fanciulli" sono la classe pi alta dei discepoli. (6) Le Impronte del Volto del padre sono i Semi pneumatici. Il Volto del Padre il Figlio. (8) "Nell'Aspetto invisibile". Cf. ExcTh 26,1: "L'Aspetto visibile di Ges Sophia e l'Ekklsa del Seme Diverso; il Suo Aspetto invisibile il Nome, cio il Figlio Unigenito". "Visibile" ed "invisibile" significano rispettivamente "immanente" e "trascendente".

V Il Sacrificio del Salvatore (20, 10 - 21, 2)


1 Per questo Ges, il compassionevole, il fedele, si sottopose ad ogni sofferenza prendendo quel Libro su di S , 2 poich Egli sa che la Sua Morte Vita per molti. 3 Come accade per un testamento non ancora aperto, ove rimane ignoto il lascito del padrone defunto, 4 cos di tutti gli esseri, che rimarrebbero nel buio se il Padre non si fosse rivelato, se Egli fosse rimasto in Se stesso, il Padre da Cui ogni Lampada procede. 5 Per questo Ges apparve: Si rivest di quel Libro, fu inchiodato ad un Albero, apr sulla Croce il Testamento del Padre. 6 Oh, quale Modello sublime che Egli tragga Se stesso in basso, alla Morte, bench la Vita Eterna Lo rivesta! 7 Ma una volta caduti da Lui i logori stracci mortali, Lo riveste quella natura incorruttibile che nessuno ha il potere di toglierGli . 8 Disceso nelle Lampade vuote, immerse nella paura, riempie di S quante l'Oblio aveva svuotato divenendo Gnosi e Perfezione, 9 mostrando quanto si trova nel Cuore (del Padre) con l'Insegnamento dato a coloro che lo accettano.

(8) Questo dimostra che non si tratta qui di un Salvatore umano esteriore, ma del Cristo interiore. L'Albero (o "legno", xylon, sinonimo di stavrs, "croce") la Croce del Limite interno a Sophia e perci ad ogni anima.

(9) L'Insegnamento ricevuto dall'anima quando questa si ponga all'ascolto della Voce (Verbo, Logos) che le parla all'interno (si veda, qui sotto, I Caratteri del Libro Vivente).

VI La Perfezione (21, 3 - 21, 25)


1 Infatti soltanto coloro che lo accettano vivono, e vengono inscritti nel Libro della Vita. 2 Ricevono l'Insegnamento dal Padre quanti si volgono a Lui, ognuno da s, per una via solitaria, 3 ed necessario che si volgano al Padre, poich in Lui la Perfezione di tutti gli esseri. 4 Quando uno possiede la Gnosi, allora egli riceve l'Essere suo vero che pu trarlo a s. 5 Ma uno che non ha la Gnosi in difetto, e di molto egli privo, poich gli manca quanto pu renderlo perfetto. 6 Siccome infatti la Perfezione di tutti gli esseri nel Padre, e poich necessario che essi a Lui risalgano affinch ognuno Ne riceva l'essere suo vero, 7 per questo Egli ne scrisse nel Principio il Nome perch fosse poi dato a quelli che erano usciti da Lui, 8 e quelli il cui Nome Egli gi conosceva sono stati chiamati alla loro Perfezione.

(2) "Ognuno da s, per una via solitaria": qui seguiamo il Grobel, che traduce "apart, alone". Il senso che il rapporto tra l'uomo ed il Padre non ha bisogno di intermediari o di strumenti rituali. Sri Rmakrishna diceva che se l'uomo fa un passo verso Dio, Dio ne fa dieci verso l'uomo. Naturalmente se uno preferisce avvicinarsi a Dio con l'ausilio di altri esseri umani che per questo abbiano la vocazione e la competenza, o di pratiche religiose etc, non vi nessuna obiezione a ci da parte di Dio. "In qualunque modo gli uomini ricorrano a Me, in quel preciso modo Io li abbraccio nel mio amore: comunque il Mio sentiero quello che gli uomini percorrono da ogni parte" (Bhagavadgta IV, 11). Un corollario di questo insegnamento che ogni religione, pubblica o privata, vera, e come tale degna di rispetto, nella misura in cui essa aiuti l'uomo ad avvicinarsi a Dio. Ma soltanto Dio pu giudicare se lo faccia o meno.

VII Il Nome (21, 25 - 22, 13)


1 E quelli il cui Nome Egli gi conosceva, furono chiamati alla loro Perfezione, 2 ed cos, che chiunque ha la Conoscenza uno il cui Nome il Padre ha pronunziato, 3 poich non pronunziato il Nome di chi non abbia la Conoscenza. 4 E come potrebbe uno udire se il suo Nome non viene chiamato? 5 Chi rifiuta la Conoscenza che pu renderlo perfetto immagine plasmata dall'Oblio, e perir nell'Oblio. 6 Se no, perch non vi sarebbe Nome per questi sventurati, n Voce che li chiami? 7 Perci, se uno possiede la Gnosi, egli viene dall?alto: 8 se chiamato, ode e risponde, si volge a Colui che chiama, risale a Lui, e comprende in che modo chiamato. 9 Possedendo la Gnosi, egli fa la volont di Colui che l'ha chiamato, vuole esserGli gradito, ed ottiene Riposo. 10 Cos riceve ognuno il Nome che il suo Nome.

(1) "Alla loro Perfezione". Le traduzioni comuni hanno "alla fine", che non sembra avere molto senso. Il Mnard d syntleia quale equivalente greco del vocabolo copto, ma traduce eis tlos, "alla fine". Ora tanto syntleia quanto tlos significano anche "fine raggiunto, compimento, completamento", mentre tleios significa "perfetto" ed la parola scelta proprio dal Mnard per quella che noi abbiamo tradotto appunto con "Perfetti" in III, 3. (3-4) Questi versi sono stati altrove intesi in senso deterministico, ma ci contraddice il tema fondamentale dell'Evangelo, che "tutti quelli che Lo cercano Lo troveranno. Tutti gli esseri infatti vanno cercando Colui da Cui procedettero, ed in Cui tuttavia rimangono" (I, 4-5). La Gnosi non assegna una singola vita agli esseri viventi: tutti, prima o poi, per rinascite successive, continuamente attratti ed assistiti dal Salvatore, torneranno al Padre. Che uno abbia la Conoscenza

(Gnosi) e che il suo Nome sia stato pronunziato sono la stessa cosa, o due fatti implicanti l'un l'altro. La dottrina qui sottintesa quella di III, 11-14. In altre parole, nulla che appartenga allo schma pu condurre alla Perfezione che attende tutti. Ma quando l'anima sia pronta, allora un intervento salvifico "verticale" interviene nel corso "orizzontale" dello spazio-tempo-causalit che lo schma. (5) "Chi rifiuta la Conoscenza che pu renderlo perfetto". Altri hanno "chi rifiuta ... fino alla fine"; ma lo stesso caso discusso qui sopra (1).

VIII Il Ritorno (22, 13 - 22, 37)


1 Chi in tal modo conosce, comprende donde egli venne, e dove egli va. 2 Egli lucido ora, come uno che, gi ubriaco, si sia ripreso dall'ebbrezza e sia tornato in s recuperando l'essere suo vero. 3 Questo fa s che molti possano liberarsi da Pln, 4 predisposto com' per tutte le Lampade piene d'Errore mentre esse vagano al di fuori 5 attraverso all'Abisso di Colui Che abbraccia tutte le Lampade senza che nulla vi sia che Lo abbracci. 6 Questa una grande meraviglia: che essi fossero nel Padre senza conoscerLo, e potessero allontanarsi dal proprio S, 7 incapaci di comprendere e conoscere Colui in Cui si trovavano se la Sua Volont non si fosse manifestata; 8 ma Egli la rese manifesta in vista di una Gnosi cui tutte le Sue membra possano partecipare. (3-5) Questo uno dei passi pi oscuri dell'Evangelo. "Questo fa s ...": invece di "questo" altri hanno "egli" e devono quindi far fronte al problema di chi si tratti. Per il Mnard si tratta di Ges, ma un nome cos importante non appare nell'originale. Siccome il copto non distingue tra "egli" (maschile) ed "esso" (neutro), noi intendiamo "esso" e lo riferiamo al ritorno in s dopo l'ebbrezza. "Attraverso all'Abisso" (Bthos nell'originale): altri hanno "a causa della profondit", di t bthos secondo il Mnard, che fa reggere l'accusativo alla preposizione greca di. Essa tuttavia pu reggere anche il genitivo (perci di to bthous), nel qual caso significa "attraverso", che ci sembra si adatti assai bene al contesto, al contrario di "a causa di". Le "Lampade" vagano infatti nel Vuoto "esterno" al Pleroma, cio nell'Abisso tale quale esso erroneamente percepito nel Volto oscuro di Sophia, cio in Pln. Notare che Pln significa "l'errare" anche nel senso di "vagare senza meta". Il punto che la Conoscenza del Padre possibile solo grazie al Figlio, altrimenti la Sua Plenitudine appare come Vuoto.

IX I Caratteri del Libro Vivente (22, 38 - 24, 9)


1 E questa Gnosi quella del Libro Vivente reso accessibile a tutti gli esseri per essere a sua volta da essi proclamato. 2 Ma sarebbe vano pensare che il Libro contenga vocali o consonanti leggibili: 3 Esso contiene caratteri impressi nella Verit, la pronunzia dei quali significa che sono conosciuti. 4 Ed ognuno di essi Verit totale, cos come il Libro completo, 5 poich sono caratteri tracciati nell'Unit, che il Padre stesso tracci per gli esseri viventi per esser poi conosciuto da essi. 6 La Sua Sophia contempla il Verbo che proferisce l'Insegnamento e la Gnosi Ne viene rivelata. 7 La Sua Presenza in noi ci accompagna al premio: la gioia dell'essere uniti a Lui. 8 La Sua gloria esalta l'Immagine di S che Egli ha rivelato, 9 e nella quale il Suo Amore ha preso corpo sostenendola con la Sua fedelt. 10 In questo modo il Verbo del Padre opera in tutti gli esseri, Frutto del Suo Cuore ed Impronta della Sua Volont. 11 Egli tutti li sostiene, tutti li purifica, abbracciando in S l'Impronta che in tutti loro, 12 e li santifica riportandoli al Padre, alla Madre, Ges dall'infinita bont.

(2) Forse ingenuo o superfluo, per dire che non un libro di carta o di papiro. (3) I "caratteri" sono quelli del Nome di ognuno, il quale "pronunziato" (Verbo, Logos) in quanto conosciuto ab aeterno (Nos, la Gnsis che il Figlio) dal Padre. Oppure i "caratteri" sono i S individuali, parti inscindibili del Nome che il Figlio. (6-12) L'opera del Salvatore, "Ges", nell'anima ("la Sua Sophia"). La "Immagine di S" e la "Impronta" sono il Seme pneumatico.

(6) "Contempla": qui seguiamo il MacRae (NH). Certe versioni hanno "medita", ma qui da notare che non si tratta di una meditazione su qualcosa, bens meditazione contemplativa, consistente nell'ascolto del Verbo che parla all'interno dell'anima. E' il Verbo interiore che insegna, e la Gnosi ne risulta. Questo vuol dire che la Gnosi non una dottrina, bens un'esperienza. Certe dottrine possono tentare di descriverla, o guidare ad essa; ma ne sono un'espressione, non l'essenza.

X Il Ricongiungimento (24, 9 - 25, 24)


1 Il Padre dischiude il proprio Seno -- il Suo Seno lo Spirito Santo -2 e rivela il Suo Segreto -- il Suo Segreto il Figlio -3 affinch tutti gli esseri, per la Compassione del Padre, possano conoscerLo, e cessino di soffrire cercandoLo, e trovino in Lui il Riposo. 4 (Per questo il Figlio,) colmando la Deficienza, ha distrutto lo schma , 5 e lo schma il mondo, in cui Egli venuto come Servitore. 6 Poich l dove perdizione e contrasto la Deficienza, mentre il Ricongiungimento Perfezione. 7 La Deficienza ebbe infatti luogo poich il Padre era sconosciuto; 8 ma quando il Padre sar conosciuto, allora, da quel preciso momento, la Deficienza non sar pi. 9 come nel caso dell'ignoranza di qualcuno: quando uno giunge a conoscere, allora la sua ignoranza si dissolve da s; 10 come nel caso dell'oscurit, che si dissipa non appena appare la luce. 11 Cos della Deficienza, che si dissolve nella Perfezione. 12 Perci lo schma allora non sar pi, ma si dissolver nell'unit del Ricongiungimento, 13 non essendovi pi nell'uomo due volont in contrasto, nell'armonia della Lampada piena. 14 Nel Ricongiungimento ognuno riotterr Se stesso; nella Conoscenza si render puro dal molteplice; 15 l'Unit consumer la Hl in lui come una fiamma, e dissolver l'oscurit con la Luce, la Morte con la Vita. 16 Se dunque tali cose sono state disposte per ognuno di noi, ecco quanto ci compete: 17 che di tutto questo noi siamo memori,

e che sia santa e quieta la Dimora in vista del Ricongiungimento.

(1) Il "Seno" o Spirito Santo la Madre.

XI La Similitudine delle Giare (25, 25 - 27, 8)


1 come nel caso di un padrone di casa, le cui giare qualcuno abbia rimosso dal loro posto per porle in altro luogo inadatto ove possano rompersi. 2 Egli tuttavia non ne avrebbe subito danno, anzi ne sarebbe stato lieto, 3 poich invece di giare putride ne avrebbe ottenute di piene, adatte ad essere conservate per sempre. 4 Fu questo infatti il giudizio che discese dall'alto, per giudicare tutti come spada a due tagli, sguainata per dividere in due, 5 quando discese in noi la Parola che dimora nel cuore di quanti La parlano, non mero suono (dunque), bens Presenza concreta. 6 Le giare furono separate tra loro: da una parte quelle che rimasero vuote, dall'altra quelle piene, 7 poich alcune si rovesciarono ed altre furono riempite, rottesi le prime, purificate le altre. 8 Le Lampade oscillavano in disordine, quando non avevano luogo ove poggiare. 9 L'Errore (Pln) era disperato, non vedendo che fare; in pena profonda si dibatteva lacerandosi, non comprendendo nulla, 10 poich la Conoscenza, che la sua distruzione, lo affrontava. 11 Ma l'Errore, in tutti i suoi modi, vuoto: non contiene nulla. 12 In mezzo (allo schma) si present la Verit, e tutti i suoi La riconobbero e salutarono in Lei il Padre, poich un potere perfetto La unisce al Padre. 13 Cos come chiunque ami la Verit si unisce alla Bocca del Padre 14 grazie alla Sua Lingua, ricevendo il Santo Pnema. 15 La Bocca del Padre significa la Verit, e la sua Lingua significa il Santo Pnema che ci unisce alla Verit.

16 E questa la rivelazione del Padre e la Sua manifestazione agli Eoni: rivelando il Suo Segreto Egli Lo ha manifestato in noi . (16) Come spiegato nell'introduzione, per "Eoni" si deve intendere il loro aspetto fenomenico, cio tutti gli esseri.

XII La Formazione secondo la Gnosi (27, 9 - 27, 33)


1 Chi mai pu infatti esistere se non grazie soltanto al Padre? 2 Tutte le Lampade sono un Suo Dono, 3 ed hanno appreso di essere provenute da Lui come fanciulli da un uomo adulto. 4 Hanno appreso questo: di non avere n Forma n Nome prima che il Padre li dia ad ognuno di quelli che ha generato. 5 Allora esse ricevono la Forma della Sua Gnosi dopo averLo ignorato, pur essendo in Lui, 6 mentre il Padre conosce perfettamente ogni Lampada che in Lui. 7 Se Egli vuole, Egli rende manifesto chiunque Egli voglia, dandogli Forma, e dandogli Nome. 8 E quando gli d il Nome, questo accade: che colui che l'ha ricevuto giunge ad esistere veramente. 9 Non esistono ancora veramente quelli che non conoscono Colui che li ha generati.

XIII L'esistenza illusoria (27, 34 - 28, 28)


1 Ma io non dico che siano nulla quanti ancora non abbiano vera esistenza: 2 essi sono in Lui, in attesa del momento in cui Egli voglia che l'abbiano, quando Egli vorr. 3 Prima che le cose siano manifeste Egli conosce quanto Egli far esistere; 4 ma il frutto non ancora maturo non sa nulla, n veramente alcunch. 5 Cos ogni Lampada che nel Padre esiste in virt di Colui che , 6 che la stabil sul suo piedistallo, distinguendola da ci che non . 7 Per quanto non ha radice non ha neppure frutto, 8 e se pensa di s: "Io sono giunto ad esistere, e perci continuer ad esistere" perir da s. 9 Infatti, chi non ha mai avuto vera esistenza mai neppure la otterr. 10 Che cosa dunque Egli intende che uno giunga a pensare di s? 11 "Io sono come le ombre e le fantasie della notte!". (8-11) Per "io" da intendersi qui l'io empirico, la falsa identificazione del S con elementi dello schma.

XIV L'Incubo (28, 28 - 30, 12)


1 All'albeggiare della Luce sulla Paura che l'aveva sopraffatto 2 lo Gnostico comprender che essa non era nulla. 3 Cos di quanti non conoscevano il Padre: Egli era Quello che essi non vedevano, 4 e ci era per loro paura e travaglio, impermanenza, incertezza e divisione. 5 Da molte illusioni erano affascinati, e da insane follie, come se, addormentatisi, fossero stati colti da sogni inquietanti: 6 fuggire da qualche parte, od incapaci di correre, od inseguendo altri, o coinvolti in risse selvagge, o percossi, o precipitati da luoghi elevati, o trascinati in aria senza ali. 7 Oppure, altre volte, (sognare) che qualcuno li uccida od anche solo li insegua, o che essi uccidano altri, macchiandosi del loro sangue, 8 fino al momento di risvegliarsi dopo avere attraversato tutto questo. 9 Ma non vedono nulla (di vero) quanti si trovano in tali tormenti, poich questi non sono nulla. 10 Questo il percorso di quanti si sono liberati dell'Ignoranza: 11 essa fu il sogno che essi (oramai) vedono come nulla: 12 vedono che quegli eventi non erano reali, li lasciano dietro di s come un incubo notturno: 13 ora per essi Luce la Conoscenza del Padre. 14 Cos stato di tutti, che dormivano quando non avevano la Conoscenza, e cos del loro alzarsi, al risveglio. (5-7) Non difficile riconoscere qui colpe e sventure in cui incorrono gli umani vittime di questo mondo illusorio (ad esempio la paura, la frustrazione, la gelosia, la violenza, il fallimento, la superbia, etc). (14) "Alzarsi" significa il raddrizzamento (dirthsis) del Seme. Orths significa "diritto" e "in piedi".

XV La Dirthsis del Seme (30, 12 - 31, 35)


1 Beato l?uomo che svegliatosi tornato a s, e benedetto quello che ha aperto gli occhi ai ciechi: lo Pnema ansioso di provocarne il risveglio. 2 Tesa la mano a quello caduto sul suolo, incapace di rialzarsi, 3 lo rimette in piedi e lo rende capace di conoscere la Gnosi del Padre e la Rivelazione del Figlio. 4 Infatti, quando Lo abbiano veduto ed udito, li mette in grado di gustarLo, odorarLo e toccarLo , il Figlio adorato. 5 Rivelata la propria Presenza, li ammaestra riguardo al Padre -- Colui che (altrimenti) incomprensibile -6 alitando in loro quanto si trova nel (Suo) Pensiero, (cos) facendo la Sua Volont. 7 (In questo modo) molti hanno ricevuto la Luce, e si sono volti a Lui. 8 Ma quelli della Hl (gli) sono estranei e non ne vedono il Volto, o non lo riconoscono, 9 per essi inafferrabile, bench, pur imperituro, sia disceso nell'immagine di carne , poich nulla pu essergli impervio. 10 Proferendo cose nuove, parlando di ci che nel Cuore del Padre 11 -- Che ha rivelato la Parola veritiera, Che dalla Sua Bocca ha espresso la Luce, Che con la Sua Parola ha donato la Vita -12 ha dato loro pensiero e saggezza, clemenza e salvezza, e dall'inesauribile bont del Padre lo Spirito che li ha resi forti. 13 Ha posto fine ai tormenti ed ai colpi cui erano soggetti, e col Suo potere li ha aboliti, vincendoli con la Conoscenza. 14 E poich di Compassione avevano bisogno quanti erano lontani dal Suo Volto, nell'Errore ed in catene, 15 si fatto lampada per quelli che erravano, Conoscenza per gli ignoranti, 16 un tesoro trovato per quelli che cercavano, fermezza per quanti vacillavano,

purezza per gli impuri. (2) Il "suolo" la terra, la Hl, l'esistenza nella materia. (4) Per i cinque sensi si veda l'Appendice III, ed ivi "L'Albero Umano". (6) "Alitando": lo Spirito. (7) "Luce" uno dei nomi del Cristo. (11) La Parola il Verbo o Logos. Per "Bocca" si veda XI, 15. La "Bocca" esprime la Luce poich la Luce il medesimo Verbo o Parola in funzione di Christs-Salvatore. La Vita l'aspetto "femminile" del Logos.

XVI La Pecora smarrita (31, 35 - 32, 34)


1 Egli il Pastore il quale, lasciate indietro le novantanove pecore che non si erano smarrite, 2 and a cercare quell?unica che si era perduta, e fu lieto quando la trov. 3 Infatti 99 un numero calcolato sulla mano sinistra, 4 ma quando lo 1 sia trovato la somma si sposta sulla destra. 5 Cos (il Pastore) prende dalla sinistra ci cui mancava lo 1 e lo trasferisce alla destra, 6 cos che la somma sia 100, che nella loro lingua attributo del Padre. 7 Perfino di sabato, per la pecora che Egli trov caduta nel burrone , 8 Egli oper, ne salv la vita, la trasse dal burrone, 9 affinch voi possiate comprendere nel vostro cuore -- voi siete figli della Gnosi del Cuore! -10 che cosa il Sabato: il giorno in cui non si conviene alla Salvezza di rimanere oziosa; 11 affinch voi possiate parlare del Giorno che in alto, che non conosce notte, 12 e della Luce che non tramonta, poich perfetta. 13 Ditevi dunque nel cuore che voi siete quel Giorno perfetto e che in voi dimora la Luce imperitura.

(3-5) Allusione ad un ingegnoso metodo usato nell'antichit per contare. Mediante opportune posizioni delle dita si potevano formare sulla sinistra i numeri da 1 a 99. Poi col 100 si passava alla destra. La sinistra simbolo di rigore e di giustizia (karma); la destra di grazia e di compassione. (6) "Nella loro lingua". La lingua di chi? Uno dei traduttori consultati dice perfino "delle pecore" (!). Ora in ebraico "mano destra" si dice yamiyn, dalla radice ymn il cui valore numerico appunto 100. Come verbo, ymn vuol dire "usare la destra", ad esempio per benedire o sancire un patto, ed anche "porsi alla destra" di qualcuno per assisterlo o proteggerlo, come nel Salmo 109,31: "Egli si terr alla destra del misero, per salvarlo da quelli che condannerebbero la sua anima". Si spiegano cos tanto il fatto che 100 sia "attributo del Padre", quanto tutto il discorso per arrivare a questo numero. Un riassunto di dotte quanto vane elucubrazioni si trova in Moraldi, p. 142.

(7) Il burrone simbolo del Vuoto. (12) La Luce che non tramonta quella che, "perfetta" e cio piena, non si alterna all'oscurit, come invece accade nel Volto oscuro di Sophia.

XVII L'Etica gnostica (32, 35 - 33, 35)


1 Annunziate la Verit a quelli che la cercano, la Gnosi a quanti vagano nell'Errore. 2 Rendete saldi i piedi di quelli che inciampano e porgete la mano a chi soffre. 3 Nutrite gli affamati, date riposo a chi stanco. 4 Sollevate quanti cercano di sollevarsi, risvegliate i dormienti. 5 Poich voi siete la Conoscenza che salva. 6 E se la (vostra) forza si esprime in tal modo essa crescer. 7 Date attenzione a voi stessi , non date attenzione ad altro, a quanto avete escluso da voi, a quanto avete lasciato dietro di voi . 8 Non riacquistatelo, non sottomettetevi ad esso di nuovo, non lasciate che vi corroda la tarma, o vi divori il verme, che avete gi espulso da voi. 9 Non lasciate in voi spazio ad un Avversario , di cui avete gi riconosciuto la nullit. 10 Non rafforzate i vostri ostacoli, che gi vacillano, dopo avervi messo alla prova. 11 Ci che ingiusto non nulla: il riconoscerne la vacuit, 12 il riconoscere che sussiste solo come assenza di bene, lo combatte meglio di una condanna. 13 (Lo Gnostico) non condanna, bens, da uomo giusto, opera per il bene degli altri. 14 Fate perci la volont del Padre, poich voi venite da Lui. 15 Infatti il Padre buono ed il Bene l'oggetto della Sua Volont.

XVIII Lo Spirito che salva (33, 35 - 34, 34)


1 Egli conosce da sempre le cose che vi sono dovute. 2 Siate dunque tranquilli riguardo ad esse, poich dai suoi frutti sar conosciuto quanto (ora) vostro. 3 Poich i figli del Padre Ne sono il profumo che emana dalla Grazia e dal Suo Volto. 4 Per questo il Padre ama il Suo profumo presente in ogni luogo. 5 E se il Suo profumo mescolato alla materia Egli lo porta alla Luce e nel Suo Riposo lo innalza sopra ogni cosa veduta od udita. 6 Non infatti l'orecchio percepisce il profumo, bens il Respiro, che pu odorarlo ed aspirarlo in S per immergerlo in quello del Padre. 7 Egli allora lo riporta indietro innalzandolo al Luogo donde esso provenne: 8 da quell'Aroma primo che poi divenne freddo: una forma psichica come acqua gelata assorbita dal suolo, 9 ma capace di scorrere di nuovo, se riscaldata da un Respiro. 10 Cos era degli aromi divenuti freddi a causa della Separazione, 11 e per questo Egli venuto: ha abolito la Separazione e portato il Pleroma che caldo d'amore, 12 affinch il freddo cessi per sempre nell'Unit del Pensiero perfetto. (6) Il Respiro od Alito lo Pneuma. (8) "Freddo" in greco psychrs, che richiama psyche. Il "suolo" la Hyl.

XIX La Conversione (34, 35 - 35, 23)


1 Questa la Parola dell'Evangelo della scoperta del Pleroma: 2 per quanti attendono la salvezza che giunge dall'alto, per quanti attendono che si realizzi la loro speranza, per quanti sono l'Immagine della Luce che priva di ombre, 3 per essi il Pleroma verr. 4 La Deficienza che Hl non sussiste di fronte all'infinit del Padre che ne fa scoccare l'ora finale. 5 L'incorruttibile non giunge per quella via, bens l'Abisso del Padre pervade (l'anima), 6 e da essa scompare il pensiero di Pln che era stato motivo di caduta. 7 Cos pu essere rimesso in piedi chi scopra Colui che venuto a lui 8 per riportarlo indietro. Ed il ritorno chiamato metnoia .

(5) L'Abisso Plenitudine (Pleroma). (8) Metnoia significa "conversione".

XX Il Divino Medico (35, 24 - 36, 13)


1 Per questo l'Incorruttibilit giunge sotto forma di Alito divino ad inseguire chi abbia peccato, per dargli Riposo. 2 Infatti Compassione significa che il Logos del Pleroma rimane presente nella Luce che pure sussiste nella Deficienza. 3 Come il medico suole affrettarsi al luogo dove uno giace ammalato -e questo volere proprio di lui, 4 che non ignora quanto manca al paziente, poich possiede ci che pu guarirlo -5 cos del Pleroma, che privo di Deficienza pu perci colmarla 6 grazie a Colui che d Se stesso per colmare il Vuoto di ogni sofferente, 7 affinch questo riceva Grazia, quella Grazia di cui era privo dacch si trovava nella Deficienza. 8 Ecco perch vi Deficienza l dove assente la Grazia. 9 E quando quello che manca ricevuto, esso dimostra che quanto mancava era la Pienezza stessa, 10 la scoperta cio della Luce della Verit che risplende inestinguibile. (2) "Nella Luce che pure sussiste nella Deficienza": il Cristo interiore, la Scintilla divina o Seme pneumatico, presente in tutti gli esseri. Questo lo Antarym ("Guida Interiore") della Gnosi orientale, quell'aspetto di Dio che mai abbandona gli esseri viventi, seguendoli perfino in stati infernali (Yatndramatadpik, IX, 36). E' "Colui che d Se stesso per colmare il Vuoto di ogni sofferente" del v. 7.

XXI Il Chrsma (36, 13 - 37, 3)


1 Per questo il Cristo fu pronunziato in loro: affinch quanti soffrivano potessero accedere al Ritorno ed Egli potesse consacrarli con l'Unzione. 2 L'Unzione la Compassione del Padre, il sigillo della Sua Compassione, 3 ed conferita a quanti sono Perfetti, poich solo giare piene possono essere sigillate con olio. 4 (Di una comune giara) il sigillo potrebbe andare distrutto e l'olio andrebbe perduto per un difetto del posto su cui il sigillo era stato messo; la giara si svuoterebbe: il contenuto ne evaporerebbe trascinato da un forte soffio che lo investisse. 5 Invece, da Colui in cui non vi Deficienza, di nessuno il Sigillo sar rimosso, 6 poi ch'Egli, il Padre che perfetto, assicurer per sempre la Pienezza di quanti erano in Difetto. 7 Egli buono, ed Egli conosce i Suoi Semi, Egli che li semin nel Suo Giardino, che il Luogo del Riposo. (1) "Pronunziato": il Cristo interiore una manifestazione del Verbo o Logos. "Egli" si riferisce appunto al Cristo interiore. "Unzione" (Chrsma) significa "Cristificazione", poich Christs (ma$yaH in ebraico) significa "consacrato con olio". E' chiaro da tutto il contesto che il Chrisma un evento interiore, non un rito. (4) Il paragone con una giara comune ne suggerisce un altro: quello tra il vero Chrisma ed un eventuale rito che lo rappresenti, e che pu essere esercitato su persone impreparate. Basta una qualche passione umana (un "forte soffio" -- un qualche riflesso demiurgico dello Pneuma) per rivelare la vanit di un evento fittizio.

XXII Il Logos (37, 4 - 37, 20)


1 La Perfezione procede dalla E'nnoia del Padre come Parole dalla Sua Meditazione. 2 Tutte le Sue Parole sono opera della Sua Volont, indivise pur se rivelate dal Suo Verbo. 3 Quando esse ancora si trovavano nell'Abisso della Sua Mente, 4 il Logos, procedendo dal Principio, le rivel, cos mostrando che lo Spirito esprime nel Verbo la Grazia Silente 5 detta E'nnoia, poich in Lei si trovavano prima di essere rivelate. 6 In questo modo appunto il Logos proced dal Principio quando ci piacque alla Volont di Colui che lo volle. 7 E questa Volont quella che soddisfa il Padre ed Egli in essa si compiace.

Si notino gli Eoni qui menzionati: l'Abisso paterno; la Madre (E'nnoia, Grazia, Silenzio e VolontEnthymsis); il Principio (Arch) o Spirito (Nos); il Logos. (1-2) "Parole": il vero S (Nome) di ognuno. "Meditazione": Enthymsis. (5) "Poich in lei si trovavano": spiegazione del senso della preposizione greca en- (en-noia), che significa "in".

XXIII La Volont (37, 21 - 38, 6)


1 Nulla accade se non grazie al Padre, e nulla accade se non per la Sua Volont. 2 Ma Essa imperscrutabile: se ne vedono le tracce, ma nessuno potr mai spiarla s da carpirne il segreto. 3 Ma quando Egli vuole, ci che Egli vuole, bench non a tutti sia gradito, dalla Volont che con Lui. 4 Solo il Padre conosce l'inizio di tutti e la loro fine, 5 e quando questa sia giunta Egli chieder loro conto di se stessi. 6 Ma la vera Fine la conquista della Conoscenza di Colui che celato, 7 da Cui procedette il Principio Cui torner tutto quello che ne provenne 8 e Che divenne manifesto nella gioia e nella gloria del Nome del Padre.

XXIV Il Nome che il Figlio (38, 6 - 40, 29)


1 Il Nome del Padre il Figlio, e fu il Padre a dare un Nome al Principio, 2 a Colui che pur procedendo da Lui Lui stesso, bench generato come un Figlio. 3 A Lui Egli dette il Suo Nome, il Nome che Gli apparteneva. 4 A Lui, al Padre, appartiene perci tutto quello che dal Principio proviene, 5 poich a Lui appartiene il Nome, a Lui appartiene il Figlio. 6 Quest'ultimo pu farsi visibile, ma il Nome invisibile 7 poich, Lui solo, il Mistero celato che giunge ad orecchie attente a Lui soltanto. 8 In verit il Nome del Padre, ineffabile, rivelato da un Figlio. 9 Questa la grandezza del Nome: chi avrebbe potuto pronunziare un Nome per Lui, questo grande Nome, 10 se non Egli soltanto, Colui cui appartengono il Nome ed i Figli del Nome 11 nei quali il Nome del Padre ha trovato dimora cos come essi dimorano nel Suo Nome? 12 Siccome il Padre non fu mai generato, Egli solo Lo gener per S come Nome prima di generare gli Eoni 13 affinch su di loro fosse Signore il Nome del Padre, il Nome vero, saldo in autorit e potenza perfetta. 14 Il Nome infatti non una mera parola, n un mero appellativo, bens realt trascendentale. 15 Il Padre Si dette un Nome vedendo Se stesso, ed Egli solo ha il potere di darSi un Nome. 16 Infatti chi non esiste non ha nome: che nome potrebbe essergli dato? 17 Ma Colui ch , col Suo Nome, nel quale riconosce Se stesso. 18 Perci darSi un Nome proprio del Padre ed il Suo Nome il Figlio 19 Che non rimase celato nel Suo mistero, ma fu, ed a Lui solo allora fu dato un Nome, 20 il Nome perci del Padre, ed il Nome del Padre il Figlio. 21 Dove infatti potrebbe la Compassione trovare un Nome se non nel Padre? 22 "Ma come - si potrebbe dire pu uno essere il nome di chi esisteva prima di lui? Non ricevono i figli il nome

da chi li ha generati?". 23 Dobbiamo allora comprendere che cosa sia il Nome: 24 Esso il Nome vero, non dunque un nome diverso da quello del Padre, ma quello Suo proprio. 25 Il Figlio perci non ricevette il Suo Nome come cosa data ad altri, come si suole quando essi vengono generati: 26 Egli bens il Nome di Se stesso, poich nessuno Glielo dette che fosse altro da Lui; 27 Nome ineffabile ed inesprimibile fino a quando Colui che perfetto Ne fece il proprio, 28 Colui che ha il potere di pronunziare il proprio Nome nell'atto di vederlo. 29 Cos, quando Egli vide nel Suo Cuore che era giusto pronunziare il Nome come Suo Figlio, dette un Nome a Lui che era emerso dall'Abisso, 30 ed Egli Ne rivel quanto (altrimenti) sarebbe rimasto celato: che il Padre Bont senza riserve. Discussione sulla ineffabile ubiquit dell'Identit divina, rappresentata da un Figlio che identico al Padre, pur essendoNe distinto. (6) Visibile-invisibile, cio immanente-trascendente. (15) "Vedendo Se stesso": nello "specchio" della Madre (si veda la Introduzione)

XXV Il Luogo del Riposo (40, 30 - 42, 8)


1 Proprio per questo il Padre Lo manifest: affinch procedendoNe Egli facesse conoscere il Luogo, il Luogo del Riposo, 2 e glorificasse il Pleroma e la grandezza del Nome e la bont del Padre. 3 Affinch parlasse del Luogo da cui tutti provengono e ne affrettasse i passi affinch essi tornino l dove essi hanno ricevuto il loro Essere vero, 4 fuggendo dal mondo in cui ora si trovano, dopo aver gustato qualcosa di quel Luogo ed essersene nutriti, ed esserne cresciuti. 5 Ed il loro Luogo del Riposo il Pleroma, ove divengono Plrmata 6 quanti, usciti da Lui, hanno la loro Radice in Colui che tutti fa crescere in S, avendone fissato il destino; 7 ognuno infatti fu emanato tale che la sua memoria (lo inducesse al Ritorno). 8 Infatti il Luogo cui rivolgono il loro pensiero la loro Radice, che li attrae in alto, verso il Padre. 9 Essi hanno un Capo Che il loro Riposo, e Che li abbraccia nella misura in cui essi Gli si avvicinano. 10 Allora si dice che fanno parte del Suo Volto grazie all'amore che a Lui li lega.

Il "Luogo del Riposo" il Sabato di XVI, 10, "il giorno in cui non si conviene alla Salvezza di rimanere oziosa". (5) Plrmata il plurale di Plrma. (6) "Destino": la salvezza universale. (7) "Memoria": il costante richiamo esercitato dal Salvatore interiore. (9) "Capo": il Cristo il Capo dei Semi (ExcTh 42,2).

XXVI La Salvezza universale (42, 8 - 42, 38)


1 Essi dunque non furono manifestati tali che non potessero superare la loro condizione, 2 n tali che fosse loro negata la gloria del Padre, del Quale impensabile che Egli sia meschino, o duro, od iroso. 3 Invece in Lui non si trova alcun male: Egli imparziale e compassionevole. 4 Onnisciente, Egli conosceva tutte le Lampade prima che venissero all'esistenza. 5 In tutti gli esseri si trova perci la Grandezza superna, 6 grazie alla quale essi anelano all'Uno, solo e perfetto, Che li attende. 7 Non vi per loro discesa all'Amente, n sono in serbo per loro perdizione , o grida di dolore, o morte, 8 bens riposo in Lui che Riposo, (ove) passati al di l del dolore 9 avranno cessato di vagare attorno alla Verit, poich saranno essi stessi Verit. 10 Ed il Padre sar in Loro, ed essi perfetti nel Padre, nell'indivisa Unit del vero Bene, 11 di nulla mancanti, ma in pace, ristorati nello Spirito. 12 Ma saranno fedeli alla loro Radice: si preoccuperanno di coloro 13 di cui Egli Radice, affinch l'anima ne sia libera da sofferenza. 14 Questo il Luogo dei beati, questo il loro Luogo. (7) Amente: parola egiziana che indica gli Inferi. Qui viene negato l'inferno eterno della "ortodossia" cristiana. (12) "Si preoccuperanno": si ricordi che Il "Luogo del Riposo" "il giorno in cui non si conviene alla Salvezza di rimanere oziosa".

XXVII L'Opera di un Maestro (42, 39 - 43, 24)


1 Quanto agli altri, comprendano da parte loro che essendo io giunto al Luogo del Riposo non mi possibile dire altro, 2 salvo che, dimorandovi, sempre mi dedicher al Padre di tutti gli esseri ed ai veri Fratelli, 3 sui quali si riversa l'amore del Padre, affinch esso abbondi anche in loro; 4 affinch si riveli in essi la Verit, ed essi vivano nella Vita vera ed eterna; 5 affinch la Parola della Luce perfetta riempia il Seme del Padre, 6 s che esso penetri nel Suo Cuore, nel Pleroma, ed in esso sia lieto il Suo Pneuma, glorificandolo 7 dopo avervi stabilito la propria Presenza, poich era un buon Seme. 8 Poich tali figli completi, degni del Suo Nome, sono quelli che il Padre desidera avere.

(1) "Io": l'unica volta in cui l'Autore, alla fine di questo Testo stupendo, fa riferimento a se stesso, dichiarandosi un "Liberato pur ancora vivente nel corpo" (Jvanmukta).

Appendice
Lettura parallela della sezione IX dellEvangelo
La versione che abbiamo dato della sezione IX dell'Evangelo, la pi ovvia, quella che potrebbe definirsi "filosofica". Pur rimanendo perfettamente valida, essa tuttavia potrebbe non essere l'unica. A chi conosca qualcosa di una tradizione che tra breve menzioneremo, alcuni dettagli suggeriscono una versione parallela, che potremmo definire "operativa". Oggetto possibile di dubbio, ci asteniamo dall'affermarne categoricamente la validit, ma dobbiamo tuttavia documentarne la possibilit. Per questo opportuno che come prima cosa riportiamo la traduzione del Grobel, quella che si presenta come la pi comprensibile tra quelle letterali consultate, e ci allo scopo di mostrare come tanto la traduzione "filosofica" quanto quella "operativa" possano derivarne quando si tenti di dare un senso ad un testo oscuro e talvolta ambiguo. Ecco dunque la traduzione italiana letterale della versione del Grobel (la nostra sezione IX, 2-12), della quale conserviamo ogni dettaglio, comprese le iniziali maiuscole o minuscole e la interpunzione. Si notino in particolare i punti d?interrogazione, le parentesi esplicative, e la prosa tormentata. Rendiamo con "esso", lo "it" del Grobel. Queste non sono infatti lettere-di-voci (vocali) n caratteri-privi-di-suono (consonanti) tali che uno possa leggerli e pensare vanit (vacuit). Ma sono caratteri appartenenti alla Verit; essi vengono parlati (letti ad alta voce?) solo in quanto conosciuti, ogni singolo carattere essendo perfettamente vero al modo di un libro perfetto, poich essi sono caratteri scritti dall'Unit, il Padre avendoli scritti per gli Eoni affinch per mezzo di essi, i caratteri di Esso, essi possano conoscere il Padre. La Sapienza (ricavata) da (from) Esso medita la Parola; l'istruzione (procedente) da Esso la proferisce; la Gnosi (che deriva) da Esso si erge rivelata. L'autocontrollo (?) di Esso una corona su di Esso, la gioia a proposito di Esso unendovisi. La gloria di Esso Egli ha esaltato, la forma di Esso Egli ha rivelato, la contentezza riguardo ad Esso Egli ha preso a S. L'amore per Esso divenuto un corpo su di Esso (?). La Fede (che nasce) da Esso si impadronita di Esso. Cos la Parola del Padre passa attraverso la Totalit, essendo il Frutto (del) Suo cuore e formadel-volto della Sua volont. Eppure egli sostiene la Totalit (delle creature), egli le sceglie, egli prende su di s, inoltre, la forma-del-volto della Totalit, purificandoli, facendoli tornare nel Padre, nella Madre (?), Ges dalla dolcezza infinita. Questo testo d una chiara idea di quale lingua sia il copto, e di che cosa significhi tradurre da essa. Ma ecco quale potrebbe esserne una traduzione alternativa (in corsivo le frasi notevoli): 2 Ma esso non contiene vocali o consonanti che uno possa leggere come prive di significato, 3 bens caratteri impressi dalla Verit , che pronunziare pu soltanto chi li conosca. 4 Ed ognuno di essi perfettamente vero al modo di un Libro perfetto, 5 poich sono caratteri tracciati per un unico fine: il Padre li scrisse per gli Eoni, per esser conosciuto grazie ad essi.

6 Si ottiene sapienza meditando sulla Parola e proferendola secondo l'insegnamento (ricevuto in proposito): (cos) si rivela la Gnosi ivi celata. 7 La perseveranza conduce al successo, cui si accompagna la gioia che si prova nell'essere uniti a Lui. 8 La Sua gloria esalta la forma di S che Egli ha rivelato, 9 e nella quale il Suo Amore ha preso corpo sostenendola con la Sua fedelt. 10 In questo modo il Verbo del Padre pervade la Comunione, il Frutto del Suo Cuore, l'Impronta della Sua Volont. 11 Egli tutti li sostiene, e li sceglie, assumendo il Volto della Comunione, 12 e purifica quanti ne fanno parte, riportando al Padre la Madre, "Ges" estremamente efficace . Per la spiegazione che dobbiamo opportuno partire dal v. 2 e confrontarlo con un testo ad esso geograficamente pi vicino di quello che in realt abbiamo in mente, e che spiegheremo tra poco. Ne I Misteri Egiziani del Neoplatonico Giamblico ("Lettera a Porfirio di Abammone") leggiamo (VII, 4): Tu domandi che cosa vogliono dire i nomi privi di significato (vedasi il v. 2 qui sopra). Ma essi non sono senza significato, come tu credi; ammesso che siano sconosciuti a noi o che alcuni soltanto siano conosciuti, quelli cio di cui ricevemmo la spiegazione da parte degli di, tutti certamente hanno un significato per gli di, non in un modo formale, n qual presso gli uomini il modo che significa e indica gli oggetti per mezzo della immaginazione, ma un modo unito agli di con l'intelletto o intellettivamente o anche in una maniera non pronunziabile, migliore, pi semplice. Bisogna, perci, eliminare dai nomi divini tutte le concezioni e le spiegazioni logiche, eliminare anche le espressioni fisiche della voce correlate alle cose della natura; quale sia il carattere simbolico, intellettuale e divino della rassomiglianza divina, si deve supporlo nei nomi. E anche se esso a noi sconosciuto, proprio questo lo rende pi santo: infatti troppo elevato per arrivare alla nostra conoscenza. Ma riguardo a quei nomi dei quali abbiamo ricevuto la scienza dell'analisi, noi abbiamo, per loro mezzo, la conoscenza di tutta l'essenza degli di, della loro potenza e del loro ordine. Inoltre, noi conserviamo intera nell'anima la copia mistica e ineffabile degli di e tramite i nomi eleviamo agli di l'anima nostra, e una volta elevatala l'uniamo, per quanto possibile, agli di. Ma per quale ragione preferiamo i segni barbari a quelli propri alla lingua di ciascuno? Anche di questo la ragione mistica. Infatti, poich gli di ci hanno insegnato che tutta la lingua dei popoli sacri, come gli Assiri e gli Egiziani, adatta ai sacri riti, per questa ragione noi crediamo di dover rivolgere agli di nella lingua a loro congenere le formule lasciate alla nostra scelta Se, infatti, c' qualcosa che s'addice agli di, evidentemente l'eterno e l'immutabile sono ad essi connaturali. Ma - tu dici - chi ascolta mira a ci che significato dal nome, sicch il concetto che rimane identico basta, in qualunque lingua il nome sia espresso. Ora, la cosa non tale quale tu hai pensato: ch se i nomi fossero posti secondo una convenzione, non avrebbe importanza prendere gli uni, al posto degli altri; ma se essi sono strettamente uniti con la natura degli esseri, quelli che sono pi vicini a questa natura sono certamente anche pi graditi agli di; da ci appar chiaro che l'espressione linguistica dei popoli sacri stata preferita a giusta ragione a quella degli altri uomini: perch, tradotti, i nomi non conservano interamente lo stesso senso e poi, anche se fosse possibile tradurli, i nomi non conservano mai la stessa potenza e questi non sono

artifici di ciurmatori: come, infatti, questi nomi che sono uniti intimamente con gli di, che uniscono noi con essi, che hanno quasi eguale la forza degli esseri superiori, sarebbero invenzioni fantastiche, essi senza i quali nessuna operazione teurgica pu compiersi?. Nella discussione che segue, GL significa The Garland of Letters (Varnaml), Studies in the Mantrashstra, di John Woodroffe, Ganesh & Co., Madras, 1955. Il lungo passo di Giamblico stato riportato per intero poich esso contiene elementi essenziali di quella che in India nota come "Scienza dei Mantra" (mantrashstra), tipica della tradizione tantrica, e che Giamblico chiamava "la scienza dell'analisi (dei nomi)". Mantra parola formata dalla radice man- ("pensare") e dal suffisso -tra che indica un mezzo o strumento. Un mantra dunque il Veicolo di un'Idea, e la "idea" di regola un aspetto di Dio. Perci un mantra contiene sempre uno o pi nomi divini. Ma in qual senso un mantra il veicolo di una divinit? Senza voler qui discutere l'attendibilit della teoria, che lo spazio disponibile ci impedisce di esporre come si converrebbe, diciamo in breve che secondo il mantrashstra il suono possiede quattro aspetti, che si manifestano su altrettanti livelli. Il suono prima di tutto Vk (latino vox), la Parola (Logos). Secondo il Rig Veda (e come molto tempo dopo ci ricorder il prologo del Vangelo di Giovanni) "Nel principio era Brahman e seconda a Lui era la Parola e la Parola era il supremo Brahman: Vg vai paramam Brahma" (GL, p. 4). Questo l?aspetto supremo (par) di Vk. Viene poi l?aspetto pashyant ("Colei che vede"), cos detto perch il primo atto creatore consiste in una Visione (kshana) di S dalla quale (Brihadarnyaka Upanishad I, 4) sorge il senso dell'Io divino (si confronti EV XXIV, 15). Viene poi l'aspetto "intermedio" (madhyam) ed infine quello della voce articolata ed udibile. I quattro livelli corrispondono rispettivamente ai quattro stati di coscienza: la coscienza trascendentale del S, il sonno profondo, il sogno e la veglia. Di tutto questo simbolo il pi sacro e possente dei bjamantra ("mantra seminali"): OM il quale, in quanto suono unico (la vocale o accompagnata da una mera risonanza nasale) rappresenta il Brahman (nel nostro Evangelo, il Padre, l'Abisso), ma in quanto scomponibile in tre suoni (A, U, M) rappresenta la Madre divina pregna del Figlio trinitario. Ad OM corrisponde la Par Vk; ai tre suoni ivi contenuti corrispondono gli altri tre dei suoi aspetti. Un mantra di solito composto da uno o pi mantra seminali e da uno o pi nomi divini, i quali sono la traduzione in suono articolato della loro forma pashyant percepita da un Veggente (rishi) nell?ksha (lo "etere" quale veicolo e sede del "suono", da intendere come fenomeno vibratorio in generale, ivi compresa la luce). Ci suggerisce un'ulteriore traduzione del v. 6: "La Sapienza contempla il Verbo, e l'insegnamento Lo traduce in parole articolate rivelandone la Gnosi ivi celata". In altre parole, i mantra sono suoni articolati che posseggono come delle ottave superiori sugli altri livelli, le quali possono allora vibrare in risonanza con essi. perci ovvio, come a modo suo diceva anche Giamblico, che "un mantra, se tradotto, cessa di essere un mantra" (GL, p. 259). Comporre un mantra spetta ad un Maestro che conosca il mantrashstra. perci bene togliersi dal capo l'illusione che certi cosiddetti "mantra", oggi viaggianti perfino per internet, possano avere altro risultato che "un mero movimento delle labbra" (GL, p. 262). Anche parole che potrebbero essere un mantra non lo sono se non sono rispettate certe condizioni, sulle quali non ci dilunghiamo; basti dire che un mantra non ha senso alcuno al di fuori del sacro rapporto che si stabilisce sacramentalmente tra un Maestro ed un discepolo, ed specifico del discepolo oltre a richiedere una previa consacrazione operata da un Maestro qualificato. Solo allora il mantra diviene il "veicolo di un'idea", "un corpo sonoro della coscienza" di una Divinit (GL, ibidem). In realt, "il mantra stesso la Devat ("divinit"), cio la Coscienza suprema che si manifesta in quella forma" (GL, p. 263). Crediamo che la stessa cosa sia detta da EV XI, 5: "quando discese in noi la Parola che

dimora nel cuore di quanti La parlano, non mero suono (dunque), bens sma (?corpo?)". L?efficacia del mantra massima quando esso sia "pronunziato" mentalmente ("in una maniera non pronunziabile" diceva Giamblico), e ci nel corso di una ripetizione continua (perci la "perseveranza" che "conduce al successo" del v. 7), accompagnata da certe condizioni. Questo il cosiddetto japam, tanto efficace ed apprezzato che Sr Krishna dice (Bhagavadgt X, 25): "Tra tutte le forme di adorazione Io sono il japam". La stessa tecnica vivente nella Chiesa Ortodossa, sotto forma di ripetizione del nome di Ges. Analogamente, lIslam conosce il dhikr, la ripetizione del nome di Allah, ed in un ramo giapponese del Buddhismo mahyna la frase "Namu Amida Butsu" serve allo stesso scopo. In EV III, 7 e V, 5 troviamo la frase: "Egli fu inchiodato ad un Albero". Uno dei significati di "Albero" la struttura sottile della colonna vertebrale con i suoi sette Centri o "Loti". Di questi, quello chiamato mldhra, perch situato alla radice (ml) dell'Albero, la sede della kundalin (l'Energia della Madre). Nel Bhgavata Purna (XI, 12, 17-18) detto che lo Spirito supremo penetra sotto forma di Suono (il Logos) i sette Centri, partendo dal mldhra, prima di manifestarsi come suono udibile, per cui mantra appropriati possono suscitarne l'energia, come quella di un fuoco latente nel legno. Chi trovasse forzata questa interpretazione dell'Albero del nostro Evangelo, consideri che il tronco della croce corre lungo la colonna vertebrale del Crocifisso, e veda, in NH, Il Testimonio di Verit (30, 20-31), ove detto che in seguito al battesimo di Ges le acque del "Giordano" presero a scorrere in senso inverso. Lo stesso testo precisa che "l'acqua del Giordano rappresenta la concupiscenza". Per comprenderne il significato basta la seguente citazione: "Fintantoch la Madre Kundalin scorre verso il basso, la mente umana corre verso le cose del mondo; ma non appena essa risale, anche la mente umana si dirige in alto, verso le cose dello Spirito" (The Eternal Companion - Life and Teachings of Swami Brahmananda, Sri Ramakrishna Math, 5a edizione, p. 309). Il japam appunto usato in una certa forma di disciplina tantrica per risvegliare la kundalin, la Madre. Risvegliata, Essa ascende lungo la colonna vertebrale e si riunisce alla fine con Shiva (il Padre) nel "loto" della sommit del cranio (il settimo, detto sahasrra "dai mille petali"). Possiamo a questo proposito ricordare anche EV XV, 4, che parla dei cinque sensi: ora questi, insieme con la mente quale sesto, sono appunto associati ai sei "loti" che vanno da quello della radice a quello situato tra le sopracciglia. Ci detto, tutta la traduzione "operativa" di EV IX diviene comprensibile. Rimane da suggerire che forse il "Ges" dell'ultimo versetto, in quanto nome divino, proprio il mantra, o parte del mantra, cui potrebbe riferirsi l'Autore. Altro esempio: in una certa forma di iniziazione vedantica, l'iniziando non solo riceve dal Guru un mantra che il "corpo sonoro" di una Divinit, ma gli viene anche imposto un nuovo nome, il nome di un Dio o di un aspetto divino, tale da orientare col suo significato i passi dell'iniziato. Potremmo leggere in questa chiave la sezione VII (forse anche XII, 6-9) tenendo presente che il "Padre" nell'iniziazione il Maestro (Guru) che fa "rinascere dall'alto" l'iniziando, il quale allora diviene un dvija, "due volte nato", da cui il nuovo nome impostogli. Perci la traduzione "operativa" potrebbe riferirsi ad una iniziazione del tipo descritto, quale replica rituale o simbolica dei fatti di natura trascendentale descritti nei passi in questione (EV VII e forse anche XII, 6-9). Chi trovasse arbitrario questo accostamento tra L'Evangelo della Verit e la Gnosi indiana, dovrebbe leggere un libretto pubblicato nel 1696, col titolo Theosophia Practica. L'autore ne fu J.

G. Gichtel, discepolo di Jakob Boehme. Questo libretto stato meritoriamente ristampato da Sebastani, Milano, nel 1973. Esso contiene varie tavole, due delle quali riproduciamo insieme con una figura tratta da The Serpent Power, dello stesso autore di The Garland of Letters citato sopra, e due immagini "parallele", il cui contenuto corrisponde alla nostra descrizione dei tre Semi sulla Croce del Limite (Introduzione). La prima figura di Theosophia Practica mostra tutti i chakra, nella loro posizione precisa. La dicitura in alto parla dell'uomo "oscuro", dell'uomo cio che ancora non ha ricevuto la Luce, come "terreno" e "naturale". "Terreno" significa ovviamente "Ilico"; "naturale" significa "Psichico", poich le Bibbie traducono il greco psychiks con "naturale". Ne un esempio importante il passo della Prima Lettera ai Corinzi, 2,14, che citiamo per intero per mostrare come il senso gnostico ne sia eclissato dalla traduzione: "L'uomo naturale (psychiks nthrpos nell'originale) per non comprende le cose dello spirito (pnema) di Dio; esse sono follia per lui, e non capace di intenderle, perch se ne pu giudicare solo per mezzo dello Spirito (pneumatiks, cio "in modo spirituale", o "per via pneumatica"). Questa la traduzione della Bibbia della CEI. La traduzione tedesca di Martin Lutero rende psychiks nthrpos con "Der natrliche Mensch", le parole esatte della figura del Gichtel. L'uomo ilico rappresentato dai tre centri inferiori, che sono appunto l'espressione trinitaria del Seme ilico; l'uomo psichico rappresentato dai tre centri del cuore (corrispondente all'Anthrpos), della gola (idem, Logos) e della fronte (idem, Nos), espressione trinitaria del Seme psichico. Al Seme pneumatico corrisponde il centro della sommit del cranio. Si noti, nel passaggio dalla prima alla seconda figura, la trasformazione del centro del cuore, che tradizionalmente sede dello Spirito (del Cristo, in Occidente): a sinistra vi un sole avvolto da un serpente; a destra nel sole appare un cuore con su scritto "Jesus", sul quale apre le ali la Colomba che simboleggia lo Spirito. Si confronti in XVI, 9, l'espressione "la Gnosi del Cuore". Nella figura che mostra l'uomo rigenerato, rimasto solo un rudimento dei centri ilici (cf. X,15: "l'Unit consumer la Hl in lui come una fiamma"), mentre quelli psichici sono ora pervasi dallo Spirito (non sappiamo spiegare l'assenza del centro della gola). Questa la dirthsis del Seme.

Lesegesi gnostica delle Scritture

"Allora apr loro la mente perch potessero intendere le Scritture E cominciando da Mos e da tutti i profeti spieg loro in tutte le Scritture le cose che Lo concernevano" (Luca 24:45 e 24:27).

La Chiave Il Pleroma Fatti e teorie e un commento sulla metodologia Il Luogo del Riposo ed il Numero 888 Sotto lalbero di fichi I primi quattro discepoli di Ges Giovanni il Battista Il Battesimo degli angeli La resurrezione di Lazzaro La Redenzione grazie alla Croce La Colomba ed il Segno di Giona La Donna e il dragone L'Albero ed il Cristo L'Albero Umano Il Pranzo di Nozze a Cana Le Nozze Sacre La Rosa e la Croce

La Chiave
Nel testo dell'Evangelo, cos come nel brano dagli Atti di Giovanni riportato nella Appendice I, appare l'espressione "Luogo del Riposo". Essa possiede un primo significato, quello ovvio e letterale; ma ne possiede altri, nascosti, alcuni dei quali utile mettere in luce. Lo stesso vale per lo "Albero" dell'Evangelo. Affinch la spiegazione di questi termini non rimanga isolata, apparendo di conseguenza puramente occasionale, opportuno che, per mezzo di alcuni esempi appropriati, venga illustrato il metodo che la rende possibile. Questo metodo comporta l'uso di una certa chiave la quale, sia che almeno certe parti delle Scritture siano state scritte in codice, oppure che semplicemente si prestino ad essere in tal modo lette, mette in luce un senso nascosto il quale poi orienta l'interpretazione di tutto il brano che lo contiene. E ci sembra di poter affermare che almeno certi Gnostici si servivano della stessa nostra chiave per estrarre dalle Scritture le loro dottrine, o per ivi trovarne la conferma. Anche se tutto si riducesse a questo, sarebbe comunque una scoperta interessante. La chiave che noi usiamo possiede tre forme. La prima familiare a tutti gli studiosi di "Qabbal" e si chiama "gematria" (storpiatura del greco grammatea): applicabile direttamente al testo ebraico dell'Antico Testamento, essa consiste nel computare, sommando i valori delle singole lettere, il valore numerico di una data parola o frase, e nel trovare un'altra parola o frase che possegga lo stesso valore. Allora alla prima parola o frase si attribuisce il significato della seconda. Le altre due forme della chiave sono proprie del nostro lavoro. La seconda concerne il Nuovo Testamento, il quale scritto in Greco, e consiste nella previa traduzione in Ebraico delle parole o frasi che interessano, cui allora la prima e la terza forma possono essere applicate. Perch il greco debba prima essere tradotto in ebraico pu essere dovuto al fatto che i testi in greco erano traduzioni da originali pi antichi in ebraico, oppure che, se fossero stati scritti in codice, la traduzione in ebraico era prevista dal codice stesso. L'importanza cos data all'ebraico pu essere spiegata come segue. Tolomeo, discepolo di Valentino, afferma nella sua Lettera a Flora che anche gli Gnostici valentiniani seguivano la tradizione apostolica "che anche noi abbiamo ricevuto per via di successione". Valentino era infatti discepolo di un certo Teuda, che era stato discepolo di San Paolo, per il quale l'ebraico era, anzi rimaneva, la lingua sacra. Ci tuttavia non deve indurci ad attribuire un'origine giudaica alla Gnosi valentiniana, n farci cadere nell'errore di confondere l'esegesi gnostica, che cristocentrica, con quella cabbalistica che , se ci permesso il neologismo, giudeocentrica. La terza forma della chiave, la pi importante, ci stata suggerita dal testo stesso della Bibbia. Ne troviamo un primo accenno in Genesi 2:10: "Ed un fiume usciva dall'Eden per adacquare il giardino, e di l si spartiva in quattro bracci". Ma il suggerimento pi preciso si trova in Giovanni 19:23, non a caso nel capitolo che narra la crocifissione di Ges: "I soldati dunque, quando ebbero crocifisso Ges, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti Ora la tunica era senza cuciture Dissero dunque tra loro: Non la stracciamo". Noi abbiamo compreso il suggerimento nel modo seguente: il numero di una data espressione viene prima scomposto in due parti principali, delle quali l'una viene lasciata intatta, mentre l'altra viene suddivisa in quattro parti minori, il pi delle volte uguali. La parte indivisa, significata dalla "tunica", viene posta al centro di una croce, mentre quelle risultanti dalla divisione vengono poste sui quattro bracci della medesima. Per questo abbiamo dato il nome di "chiave cruciforme" a questa terza forma della chiave . Lalfabeto ebraico consta di sole consonanti, delle quali abbiamo adottato una trascrizione la quale, bench molto semplificata rispetto alle esigenze scientifiche, tuttavia sufficiente per i nostri scopi,

permettendoci, tra l?altro, di indicare simultaneamente le consonanti e la pronunzia di ogni data parola. Ogni consonante possiede un valore numerico che risulta dalla tavola seguente: &=1b=2g=3d=4h=5w=6z=7H=8T=9 y = 10 k = 20 l = 30 m = 40 n = 50 s = 60 = 70 p = 80 = 90 q = 100 r = 200 $/S = 300 t = 400 Si faccia attenzione a non confondere h (=5) con H (=8), t (=400) con T (=9) e s (=60) con S (=300). Si noti che $ e S hanno lo stesso valore numerico. Quanto alla pronunzia , si noti che & e sono mute; g sempre dura come in ghiro; h una lieve aspirazione; w = v; z = s sonora di rosa; H = come ch nel tedesco bach; T = t; y come la prima i di ieri; la s sorda come in sasso; come la z in senza; q = k; $ come la sh Inglese; S come la s; le altre consonanti come in Italiano. Trascrivendo parole ebraiche, indicheremo accanto alle consonanti le vocali che le accompagnano, da pronunziare come in Italiano. Per indicare certi suoni vocalici, l'Ebraico si serve talvolta delle consonanti h, y e w (che in questo caso sono mute, pur conservando il loro valore numerico); in tali casi noi inseriremo nella trascrizione la vocale da leggere, per cui si potranno avere le combinazioni seguenti: ah, eh, oh, ey, iy, ow, uw, da pronunziare rispettivamente a, e, o, e, i, o, u. Indicheremo laccento tonico (, , , , ) quando cade sulla penultima sillaba; altrimenti cade sempre sull'ultima. Per il calcolo del valore numerico delle parole ebraiche si usano soltanto le consonanti. Si faccia attenzione per alle parole che cominciano con una vocale: siccome, per semplicit, ometteremo la & quando si trova in principio di parola, in tal caso la parola comincer con una vocale, alla quale dovr essere dato il valore di & = 1. Per effettuare il calcolo baster poi togliere tutte le altre vocali. Esempi: elohiym = &lhym = 86; adam = &dm = 45; owr = &wr = 207; eem = m = 200; ma$yaH = m$yH = 358; haHokmah = hHkmh = 78; pra = pr = 350; ye$wa = y$w = 386; Towb = Twb = 17; Simlat = Smlt = 770; etc.

Il Pleroma
LEpistola di Paolo agli Efesini contiene una frase che, oltre a contenere la parola Pleroma nelloriginale greco, reca i nomi degli Eoni dellOgdoade e quello di Sophia quando analizzato con il metodo spiegato. Se la nostra analisi significativa, due sono le spiegazioni possibili: o Paolo scrisse la frase nascondendoci quei nomi, oppure non lo fece, ma i valentiniani li derivarono da quel passaggio servendosi dello stesso metodo di analisi da noi utilizzato. Efesini 4:13: Fino a che tutti siamo giunti allunit della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di perfetta umanit (eis ndra tleion), allaltezza della statura (helikas) della pienezza (Pleroma) del Cristo (tou pleromatos tou Christou).

Notiamo che la parola ndra (accusativo di aner) significa uomo maschio, un sinonimo di pneumatico. Il primo punto da discutere il significato della parola greca helika, tempo di vita, et. Pu essere tradotto con statura con riguardo al corpo fisico, perch la statura aumenta con let, ma il significato primario di helika temporale, non spaziale. Ed eccoci: qualsiasi sia il contesto nel passaggio sopra citato, helika contiene una suggerimento che la traduzione statura oscura completamente: il corrispettivo latino saeculum, e questultimo la regolare traduzione dal greco del termine aion (Eone), nella Vulgata, e gli Eoni sono proprio le entit componenti il Pleroma! Ora, le parole helika e pleroma si traducono in ebraico, rispettivamente, con qowmah e melo& nella Bibbia dei Settanta. Dal momento che la parola qowmah diventa qowmat quando seguita da di, ritroviamo queste parole in una citazione da Paolo negli Ebrei: qowmat melo& hama$iyah. Il valore di questa frase 980. questo numero la somma di: (a) 506 + 474 (b) 507 + 473 (a) Il numero 506 quello di haro&$ (il Principio, in greco Arch, il Nous) e anche quello di beyt haben hayaHiyd (la dimora dellUnigenito Figlio). Ma 506 anche la somma di 451 + 55, tehown (Abisso) + duwmah (Silenzio). Il numero 474 la somma di 211 + 73 + 50 + 140, i numeri, rispettivamente, di hadabar (il Verbo, il Logos), haHayiym (la Vita), ha&adam (lUomo, lAnthropos), e haqahal (Ekklesia). Ed ecco le due sizigie Logos-Vita e Uomo-Comunione. (b) Il numero 507 la somma di 76 + 431, hamelo& (il Pleroma) + hamow$iya (il Salvatore, participio di how$iya, salvare, dalla radice y$, da cui anche ye$wa, Ges). Daltra parte 431 = 386 + 45, quella di ye$wa + adam (uomo): in altre parole, il Salvatore si fa uomo. Il numero 473 = 32 + 441, cio leb + emet. Nella Septuaginta, lusuale traduzione di leb (letteralmente cuore) Nous, mentre emet significa verit. Cos abbiamo trovato la sizigia mancante del Figlio: Nous-Aletheia. Lo stesso numero 473 = 311 + 162, che ha&i$ah (la donna) + haneqebah (la femmina), due comuni appellativi di Sophia. Ma 473 anche uguale a 78 + 140 + 255, cio haHokmah (la Saggezza, Sophia) + qahal (la Comunione, Ekklesa) + adam qadmowniy (Uomo primordiale, lAnthropos). Quindi, in una frase menzionante il Pleroma, lavorando con le somme esatte di parole traducenti le parole usate da Paolo, abbiamo trovato lintero Pleroma. Coincidenza?

rilevante, nel contesto presente, mostrare che anche la prima parola della Genesi, bere&$iyt (in principio) = 913, contiene gli stessi nomi. Infatti: (a) 913 = 473 + 440. Il numero 473 appena stato spiegato. 440 = tom che, significando interezza, completezza, un sinonimo di melo&, pienezza, Pleroma. (b) 913 = 516 + 397. Il numero 516 = 456 + 60, che hatehowm (lAbisso) + haduwmah (il Silenzio). Il numero 397 quello di yehowSwa (la forma estesa del nome di Ges), ma anche il numero di $em haben (nel nome del Figlio). Ora, Nome un appellativo del Figlio sia negli Excerpta ex Theodoto che nellEvangelo della Verit. (c) 913 = 206 + 68 + 45 +386 + 73, dabar (Verbo, Logos), + Hayiym (Vita) + adam (Uomo, lAnthropos), + qahal (Comunit, la Ekklesia) + ye$wa (Ges) + Hokmah (Saggezza, la Sophia).

Fatti e teorie e un commento sulla metodologia


Si deve distinguere tra fatti e teorie per apprezzare correttamente il valore di entrambi. Per esempio, nel capitolo Il Pleroma, abbiamo visto che il numero di frasi tratte da una Epistola di Paolo, contiene la somma esatta dei nomi degli Eoni del Pleroma valentiniano. Ora, questo cosa pu significare? Escludiamo reazioni irrazionali come E tutto ciarpame o Non accademicamente rispettabile, non metter a repentaglio la mia reputazione con questo, oppure Non si accorda con le nei credenze, devono essere un mucchio di bugie. Ci che rimane : - comunque straordinario, ma solo una coincidenza senza significato. - Paolo scrisse delle frasi codificate. - Paolo non pens nemmeno di scrivere frasi codificate, ma i valentiniani cercarono di dare senso a un testo che credevano codificato. Dato che abbiamo fornito molti esempi di tali frasi, la probabilit che si tratti di coincidenze si riduce notevolmente. Ma siamo cauti, e adottiamo lultima ipotesi. Due fatti sono palesi, impossibili a negarsi. (1) Il numero di frasi contenenti la parola Pleroma la somma esatta dei nomi di AbissoSilenzio, Pensiero-Verit, Logos-Vita, Uomo-Comunione, e Sophia. (2) I principali Eoni del Pleroma valentiniano sono esattamente gli stessi: Abisso-Silenzio, Pensiero-Verit, Logos-Vita, Uomo-Comunione, Sophia. Quindi la domanda che attende risposta : c una relazione tra questi due fatti? E a questa domanda dovr essere risposto come per tutti gli altri esempi citati. La risposta data sar una teoria. La sua plausibilit dipender da quanto soddisfacentemente si risponder ai fatti osservati. Nel corso dellintera opera daremo abbondanti quantit di tali fatti, ognuno accompagnato dalla nostra interpretazione di essi , o da quella degli antichi maestri gnostici.

Gli esempi che forniremo potranno essere verificati da chiunque, quindi citeremo libro, capitolo e verso di ogni citazione della quale daremo il testo esatto. Invitiamo anche il lettore a prestare attenzione a un fatto che consideriamo molto importante: tutti i nostri calcoli sono somme esatte. Non sar concessa alcuna approssimazione. Le obiezioni sono senza dubbio possibili: (1) Per scopi esegetici, si pu scegliere qualsiasi tipo di testo. (2) I numeri ottenuti possono corrispondere a qualsiasi cosa: perch allora solo alle parole che si adattano allo scopo? La replica alla prima obiezione che abbiamo adottato una chiara metodologia: (a) il senso generale del passaggio scelto deve avere qualche relazione concettuale con ci che da esso deriva. (b) Nessuna parola qualsiasi viene analizzata, ma solo le parole chiave nella frase (ad esempio, quelle contenenti citazioni da altre scritture), nomi propri, numeri forniti dal testo stesso, e via di seguito. La replica alla seconda obiezione che i numeri trovati nel testo devono essere tradotti solo in parole aventi relazione con il soggetto trattato, come gli Eoni o i nomi divini, le parole tecniche, e cos via. La rilevanza contestuale e di significato data dalle parole chiave.

Il Luogo del Riposo ed il Numero 888


Per comprendere il significato di "Luogo del Riposo" necessario calcolare il numero corrispondente alla sua traduzione ebraica: meqowm-$bet. Questo numero 888, il numero pi sacro della Gnosi, il simbolo dei tre Volti del Figlio e dei tre aspetti del Salvatore: il Christs holklros ed il "Ges" nei suoi due modi di Avatra e di "Nazareno"; oppure, come abbiamo letto negli Atti di Giovanni, "Vedi dunque in primo luogo il Logos: allora vedrai il Signore, ed in terzo luogo l'uomo, e quello che egli ha sofferto". A nostra conoscenza, il numero 888 era noto fino ad oggi solo come quello del nome greco del Salvatore, Isos . Infatti, sommando il valore numerico delle lettere greche che lo compongono (i=10; =8; s=200; o=70; u=400; s=200), otteniamo 888. Ma noi abbiamo scoperto che anche varie espressioni ebraiche corrispondono al medesimo numero. Accenniamo solo ad alcune di esse, quelle pi pertinenti all'Evangelo della Verit. In Giovanni 19, 19-20, leggiamo che Pilato fece mettere una scritta sulla Croce di Ges: "Ges il Nazraios (cos in Greco), il Re dei Giudei", e ci in tre lingue: Ebraico, Latino e Greco. Proprio il fatto che la scritta fosse anche in Ebraico ci indusse a cercarne il numero, ed a cercare in quella lingua altre conferme. Allora, tenendo conto della nostra ipotesi che Nazraos ("Nazareno") in realt nizra ("disseminato" - vedasi l'Introduzione), otteniamo ye$wa hanizra mlek hayehuwdiym, la cui somma ancora 888. Questo fatto d certamente peso alla nostra ipotesi riguardo a nizra. Prendiamo ora le espressioni ebraiche elab ye$wa ("la Croce di Ges") e zbaH hama$yaH ("il Sacrificio del Cristo"). Le sommiamo, ed otteniamo 888. Abbiamo spiegato come "Limite" e "Croce" siano la stessa cosa nel pensiero valentiniano. Ora la frase ebraica ye$wa hanizra bigbuwl haelab ("Il Ges disseminato sul Limite della Croce"), che riassume tutto quello che abbiamo detto del Salvatore e della Sua Crocifissione (Introduzione), vale esattamente 888. Non a caso allora anche l'espressione $re$ haHemlah ("la Radice della Compassione") vale 888. D?altra parte 888 = 400 + 4 volte 122, vale a dire una Croce che porta al centro la lettera t (che ha negli alfabeti latino e greco - ed aveva nel pi antico alfabeto semitico - la

forma di una croce) e sui quattro bracci la parola elab ("croce"). 888 la somma di 94 + 386 + 358 + 50, e questi numeri corrispondono rispettivamente alle parole: haben hayaHiyd ("il Figlio unico"), ye$wa ("Ges"), ma$yaH ("Christs") e ha&adam ("l?uomo"). 888 anche la somma di 211 + 73 + 386 + 140 + 78, cio hadabar ("la Parola" - il Logos), haHayiym ("la Vita"), ye$wa (Ges), haqahal ("la Chiesa" - la Ekklsa) e haHokmah ("la Sapienza" - Sopha). Abbiamo qui insomma le due Sizigie del Figlio pi direttamente connesse con Sopha (con Ges, per ovvie ragioni, al posto dell'Anthropos) e Sopha stessa. 888 anche haroeh haTowb wedlet hao&n ("il Buon Pastore e la Porta del gregge"), le parole esatte di Giovanni 10, 7-11. L?autore di Giovanni 20, 31, a mo' di firma , dice di aver scritto il suo vangelo "affinch voi crediate che Ges il Cristo, il Figlio di Dio". In Ebraico, "Ges, Cristo e Figlio di Dio" si dice ye$wa ma$yaH wuben-elohiym; il numero di questa espressione 888. Ed il medesimo autore aggiunge, come per essere certo che l?allusione venga compresa: "ed affinch credendo abbiate Vita nel Suo Nome". un caso che le consonanti di ma$yaH (m$yH )siano quelle di $em ($m, "Nome") e Hay (Hy, "vivente") ?

Sotto lalbero di fichi


Il racconto di Ges che incontra Natanaele (Giovani 1:47-49) contiene un dialogo che, se non contenesse un testo celato, sarebbe francamente ridicolo. Ges vide Natanaele che gli veniva incontro e disse di lui: Ecco un vero israelita in cui non c frode. Natanaele gli chiese: Da che cosa mi conosci? Ges gli rispose: Prima che Filippo ti chiamasse, quando eri sotto il fico, io ti ho visto. Natanaele gli rispose: Rabbi, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il Re di Israele! Ges gli rispose: Perch ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, tu credi? Quindi Natanaele crede solo perch stato visto sotto il fico. Qui non si discute sul fatto che Natanaele, conoscendo se stesso, comprese che Ges era chiaroveggente, dal momento che poteva vederlo ovunque. Ma perch cos speciale lalbero di fichi? La singolarit dellepisodio lascia intendere che probabilmente nasconde un messaggio nascosto. Israelita ben yiSra&el = 593, mentre in cui non c frode riecheggia una frase dei Salmi 32:2: eyn beruHow remiyah, non c frode nel suo spirito. Ora, frode remiyah = 255, e dal momento che non vi nulla di fraudolento nellisraelita Natanaele, sottraiamo 255 da 593, ottenendo 338 = ben haerwah, letteralemente figlio della nudit. Questo altamente significativo, come spiegheremo. Nel frattempo chiariamo il significato di Israele, che nel Vangelo di Giovanni non si riferisce alla gente che porta tale nome. Israele yiSra&el = 541= zra adan harwaH, il seme delluomo spirituale. Una conferma ci viene da ExTh 57:5 Israele rappresenta, allegoricamente, luomo pneumatico. La somma dei numeri dei primi quattro discepoli di Ges 1462. Aggiungiamoci il numero di Israelita senza frode = 338, ottenendo 1800, il numero esatto di netan&el tHat hate&enah, Natanaele sotto lalbero di fichi! Da dove allora il figlio della nudit? Supponiamo che vi sia un collegamento tra nudit e lalbero di fichi facente riferimento a Genesi 3:7: Essi videro che erano nudi, e cucirono insieme delle foglie di fico

Applichiamo ora la chiave cruciforme al numero dei quattro discepoli, sistemando 338 (ben haerwah) nel mezzo: 1462 338 = 1124. ora, 1124 quattro volte 281, e 281 = erwah, nudit: nudit nudit il figlio della nudit nudit il che dovrebbe dissolvere ogni dubbio circa la nudit di Natanaele, che ora spiegheremo. Nudo arowm in ebraico, ma se le sue consonanti (rwm) sono differentemente vocalizzate, si ottiene auwm, che significa intelligente. Questa la descrizione del serpente in Genesi 3:1: wehanaHa$ hayah aruwm mikol Hayat, e il serpente era il pi intelligente tra gli animali. Il punto qui che non si stanno semplicemente paragonando due parole molto simili di significato diverso; il punto che le due parole sono in qualche modo confuse. Il plurale regolare di arowm (nudo) eruwmiym (rwmym), ma in Genesi 3:7 (essi videro che erano nudi) appare come eyrumim (yrmm), dove la y e stata trasposta, mentre la w scomparsa. Il fatto che il plurale irregolare equivale a 360 = banana$, dove la preposizione ba- ha un ventaglio di significati che consentono diverse traduzioni come nel serpente, con il serpente, dal serpente, secondo il serpente. A questo punto nulla pu distoglierci dal capire che Adamo e la Donna si accorsero non di essere nudi, ma intelligenti, come lo era il serpente. Ora la cosa strana: Adamo e la donna si coprirono con grembiuli. La parola per grembiuli in Genesi 3:7 Hagorot = 611. Analizziamo questa parola e scopriamo che la somma di 50 + 561 = ha&adam (luomo); ma 561 = aleh te&enah, le esatte parole di Genesi 3:7 che significano foglie di fico! in un certo senso, la parola Hagorot dovrebbe essere sufficiente a indicare il materiale di cui erano fatti i grembiuli. Sembra quindi che la nudit di qualcuno che si trova sotto lalbero di fichi rappresenti la condizione di un uomo che acquista intelligenza, lacquisizione della natura pneumatica. nudit

I primi quattro discepoli di Ges


Secondo il primo capitolo dellEvangelo di Giovanni, i primi discepoli di Ges furono Andrea, Simone, Filippo, e Natanaele. Comunque lanalisi che segue mostra che questi quattro discepoli non erano solo quattro uomini della cerchia di Ges, ma i quattro componenti dellessere umano (le tre anime, pneumatica, ilica e psichica, pi il corpo fisico) in comunione con il Cristo interiore. Negli Excepta ex Theodoto (ExTh), frammento 53:5 si legge: Sophia emesse il seme spirituale (sperma pneumatikn) e cos losso, lanima intelligente e celeste, non rimase vuota, ma fu piena di midollo. Questo strano simbolismo dovuto allesegesi gnostica di Genesi 2:23 (Questa ora ossa delle mie ossa, e carne della mia carne) contenuta in ExTh 51:2, secondo cui la carne e le ossa rappresentano nelluomo rispettivamente lelemento ilico (materiale) e quello psichico.

Questi, a partire dalla creazione demiurgica, dovettero essere in seguito completati dal Cristo come Logos, che fece emettere a Sophia il seme pneumatico, rappresentato dal midollo. Altrove, nella Sinossi, abbiamo visto il Logos sistemare il seme spirituale nellanima. Qui troviamo Sophia ad emetterlo. La contraddizione solo apparente, per una sizigia (vedi la Sinossi) sempre necessario produrre qualcosa di valido. Senza la sostanza fornita da Sophia il seme sarebbe una mera astrazione; se emesso da Sophia sola sarebbe un aborto (ExTh 68). Vediamo anche ExTh 32:1: Tutto ci che procede dalla sizigia Pienezza (Pleroma); tutte quelle cose che provengono da uno solo sono solamente immagini (eiknes). Il frammento 53:5 sopra citato incluso in una pi generale discussione concernente la struttura dellessere umano che, secondo ExTh 50 e 55, include quattro componenti, il corpo e le tre anime: la pneumatica o spirituale, la psichica o razionale, la ilica o irrazionale. importante tenere a mente lidentit del seme spirituale con il midollo, e la somma dei numeri dei loro equivalenti ebraici: ossa zra = 277; spirito rwaH = 214; midollo myels negli ExTh, in ebraico Hleb = 40 (da Genesi 45:18). La somma 277 + 214 + 40 = 531. Oltre allesegesi di Genesi 2:23, quale pu essere la base scritturale di Teodoto? Sapendo che gli gnostici privilegiavano lEvangelo di Giovanni, abbiamo supposto che quella possa essere la onte, e abbiamo cercato un passaggio in cui il numero quattro fosse rilevante. In Giovanni 1:40-45 si narra lincontro di Ges con i primi quattro discepoli. Fra di loro si trova Natanaele, in ebraico netan&el, il cui numero 531, proprio quello ricavato dagli Excerpta. possibile che si tratti di una mera coincidenza, dobbiamo indagare ulteriormente. Il primo problema da risolvere identificare i nomi ebraici per i greci Andres e Phlippos. Qualche aiuto ci viene dal cosiddetto Nuovo Testamento in Ebraico. Qui Andrea andray e Filippo piylipows (con doppia p). Questultimo lungi dal convincerci, non essendo altro che un nome greco in lettere ebraiche. Una migliore supposizione questa: assumiamo che andrai sia corretto; abbiamo: andray = 265 e $imown = 466; la somma 731. Abbiamo quindi netan&el = 531 e quindi lo sconosciuto termine ebraico per Filippo. Ci deve essere una ragione per la quale le due coppie sono rese chiaramente distinguibili: Andrea incontra Simone, e Filippo incontra Natanaele. La ragione potrebbe essere che entrambe le coppie hanno lo stesso numero. Quindi, dal momento che 265 (andray) + 466 ($imown) = 731, allora il greco Phlippos deve corrispondere a una parola ebraica avente il valore 731 531 (netan&el) = 200. C una parola simile? S, ed phlph, che si pu trovare in 2 Re 10:21 e 21:16. La cosa straordinaria che il numero 200 lo stesso di em, osso, losso di ExTh 53:5! Inoltre, va notato che anche Giovanni associa il numero 200 a Filippo: vedi Giovanni 6:7. Ora possiamo vedere ci che Teodoto doveva avere in mente quando scriveva a proposito del seme pneumatico come di un midollo, del quale losso stato riempito. Ora, zra (seme) + rwaH (pneuma) + Hleb (midollo) = 531 = netan&el, mentre em = 200 = phlph.

In altre parole, nei quattro primi discepoli di Ges non dobbiamo vedere solo quattro seguaci, ma linterezza delluomo unificata dal Cristo interiore. Incidentalmente, Natanaele ben qualificato a rappresentare lelemento spirituale, dal momento che il suo nome significa Dono di Dio. Lespressione successiva trovata in Giovanni 4:10 (dove ovviamente Ges non sta parlando di un essere umano): Se tu conoscessi il dono di Dio, e chi che ti dice: dammi da bere, tu stessa gliene avresti chiesto, ed egli ti avrebbe dato dellacqua viva. Ricordiamo che il dono di Dio Natanaele = 531 = 363 + 168. Ora, 363 = hama$iyaH (il Cristo); 168 = hamyim haHayiym (lacqua viva). Coincidenza? Lordine dato da Ges a Filippo: Seguimi (Giovanni1:43), altres rilevante, per gli psichici che erano definiti come i chiamati (hoi kletoi). Una conferma delle nostre scoperte pu essere trovata in ExTh 50, dove, riferendosi a Genesi 1:26, lautore identifica lanima psichica con luomo fatto secondo somiglianza, e quello ilico con luomo fatto a immagine di Dio (in questo caso si tratta del Demiurgo). In Genesi 1:26 la parola ebraica per somiglianza demuwt = 450, e quella per immagine lem = 160. Il fatto straordinario che 731 (il valore posseduto da entrambe le coppie di discepoli) da un lato la somma esatta di 160 + 531 + 40, cio lem + netan&el + Hleb, e dallaltro la somma esatta di 450 + 281, cio demuwt + haowr (la pelle).

Giovanni il Battista
Come in altri casi, il Giovanni il Battista del Quarto Vangelo non sembra una persona, ma il simbolo di una realt spirituale. Dalla seguente analisi si dovrebbe concludere che rappresenti i tre aspetti del Salvatore: (1) il trascendentale Christos Holokleros, (2) il Salvatore incarnato o immanente e (3) il Nazareno o Ges Disseminato, ma specialmente questultimo. Giovanni il Battista una figura peculiare. Non solo egli non era la Luce (Giovanni 1:8), ma non era nemmeno degno di allacciare i sandali di Ges (1:27). Eppure gli viene tributato uno straordinario onore menzionandolo nel mezzo del grande poema del Quarto Vangelo, dove si dice che egli era mandato da Dio per portare testimonianza alla Luce, affinch tutti credessero attraverso di lui (1:6-7). Se tutti dovevano credere attraverso di lui, gli era ovviamente stata affidata una missione che, anche se subordinata a quella di Ges, aveva un carattere universale ed esclusivo.la contraddizione fra la sua missione e la sua indegnit , o almeno cos sembra a noi, evidente. Questo ci porta a chiederci: chi era veramente Giovanni il Battista? Questa domanda ebbe da lui risposta quando i sacerdoti e leviti di Gerusalemme furono mandata da lui dai Giudei (1:19) che gli chiesero chi fosse. Ed egli rispose (1:23): Sono la voce di uno che grida nel deserto: raddrizzate la via del Signore. Come abbiamo gi visto, le parole citate appaiono in Isaia 40:3 come qowl qowre& bamidbar pnuw drek yhwh. Il valore di questa frase 1077. La parola qowre& (di uno che grida) qui pronunciata (qwr&) secondo la scriptio plena (con w rappresentate la vocale o vedi il capitolo La Chiave); ma pu essere scritta qre& (scriptio defectiva, pronuncia identica), nel qual caso il valore della frase 1071. Abbiamo gi trovato questo numero nella analisi di Rivelazione 12, dove corrisponde a hayaraH mitHat , la Luna sotto (i piedi della Donna), nelloriginale greco: he selene hypokato. Ma l la

frase preceduta da e, kai in greco; il tutto si traduce in ebraico cos: wehayaraH mitHat = 1077. I numeri 1071 e 1077 appaiono quindi come intercambiabili. Quando il Battista vide Ges (1.36) disse Ecco, lAgnello di Dio!. LAgnello di Dio seh elohiym = 391. Sappiamo che il numero dei quattro discepoli di Ges 1462. Ora possiamo vedere che 1462 = 391 + 1071. Inoltre notiamo che 1071 = 358 + 713. Ora 358 = ma$iyah mentre 713 = ye$wa nizra (Ges Disseminato). Quindi 1071 = ma$iyah + ye$wa nizra, che Cristo + Ges Disseminato. Avendo usato il numero 1077, abbiamo trovato che ma$iyah weye$wa nizra, cio Cristo e Ges Disseminato. In conclusione, il numero dei quattro discepoli 1462 = 391 + 1071 = 391 + 358 + 713 = Seh elohiym + masiyaH + Ye$wa nizra, cio lAgnello di Dio + Cristo + Ges Disseminato. Qui troviamo, tutti insieme, i tre aspetti del Figlio come Salvatore: il Christos Holokleros trascendente, il Salvatore incarnato o immanente, e il Nazareno.I tre sono simboleggiati dal numero sacro della gnosi, 888, dove 8 significa salvezza, dal momento che il numero dellOgdoade, costituita dagli otto principali Eoni. Colui che la Madre genera condotto alla morte e al mondo; ma colui il quale Cristo rigenera trasferito alla Vita nellOgdoade (ExTh 80:1). Il luogo degli pneumatici si trova nel Giorno del Signore, che nellOgdoade, che (infatti) chiamata Kyriake (ExTh 63:1). Kyriake (giorno), inteso come giorno del Signore, il termine greco per Domenica. Questo il Luogo del Riposo cos importante nellEvangelo della Verit, che viene tradotto in ebraico come meqowm $bet = 888. Quindi appare che il numero della vera identit di Giovanni il Battista, 1077, descrive il triplice Cristo della gnosi, dal Suo aspetto superiore come Figlio (sia Dio che con Dio Giovanni 1:1) a quello universalmente immanente come Nazareno. Ma pensiamo che specialmente lultimo a essere significativo, per via di ci che lEvangelo dice: Non era la Luce, ma venne per portare testimonianza alla Luce (Giovanni 1:8); Bisogna che egli cresca, e che io diminuisca (3:30). La Luce significa il Cristo: vedi ExTh 34:1, 35:1, 41:2, 44:1. Il numero 1077 anche uguale a 386 + 691, dove 386 = ye$wa e 691 = gabriy&el babetuwlah (Gabriele con la Vergine), che ci rimanda a Luca 1:26-38. degno di nota che langelo era stato mandato da Dio in una citt della Galilea chiamata Nazareth (1:26). Galilea porta larticolo nellebraico hagaliyl (la Galilea- cos come nel testo greco di Luca: tes Galilaas). Questo importante, dal momento che hagaliyl = 78 = haHokmah, la Saggezza, Sophia. Daltra parte, abbiamo gi parlato dellipotesi secondo cui Nazareth deriva probabilmente da nizrat, la sparsa, ancora Sophia. Quindi Nazareth il luogo opportuno per ye$wa nizra, il Ges Disseminato, contenuto nel numero 1077.

Il Battesimo dellAngelo.
Nel paragrafo Sotto lalbero di fico abbiamo aggiunto il numero di Israele senza malizia = 338, a quello di i primi quattro discepoli, che 1462, dal momento che il primo attributo di uno dei quattro. La somma dei due numeri 1800, che, ricordiamo, significa netan&el tHat hate&nah, Natanaele sotto lalbero di fico. Pertanto aggiungendo lattributo di Natanaele ai quattro discepoli, giungiamo al punto in cui a Natanaele viene detto da Ges di essere stato visto da Lui. Prima di procedere ricordiamo quanto detto a proposito del Battesimo di Ges con gli angeli, e che il numero 1462 =

hayarden hayarden ye$wa hayarden con cui si intende il Battesimo di Ges. Ora possiamo mostrare che il collegamento tra 1462 e 1800 attraverso laggiunta di 338 ben lungi dallessere casuale, contenendo infatti lintero insegnamento del Battesimo di Ges con gli angeli, trasportanti il Seme Pneumatico nelle Acque della Psiche. Ecco alcuni importanti passaggi tratti dagli Excerpta ex Theodoto. I nostri angeli furono emanati nellUnit, perch essi sono uno, dal momento che hanno avuto origine dallUno. Ma dato che noi ci troviamo in una condizione di divisione, Ges fu battezzato dividendo lIndiviso, finch ci unir agli angeli, nel Pleroma, cos che tutti noi, la moltitudine, essendo diventati uno saremo riuniti con lUno che stato diviso per noi (ExTh 36). Gli angeli, di cui noi siamo parti, sono battezzati, per i morti, perch noi siamo morti, noi la cui esistenza qui stata messa in condizione di morte Essi sono stati battezzati in principio (en arche anche nel Nous), nella Redenzione del Nome disceso su Ges sotto forma di colomba persino Ges ebbe bisogno della Redenzione, per non essere tenuto prigioniero dal Pensiero della Deficienza (ennoia tou hysterematos) nel quale era stato messo (ExTh 22). Quando Sophia Lo vide (il Salvatore) similare alla Luce fu piena di gioia e Lo ador; ma vedendo gli angeli maschi mandati con Lui si vergogn e si copr con il proprio velo (ExTh 44:1). Un Seme maschile fu messo dal Logos nella Psiche (ExTh 2:1) (Per una spiegazione delle citazioni si consulti la Sinossi). Ora, il numero 1800 la somma esatta di 658 + 434 + 514 + 78 + 116: 658 = hamow$iya ka&owr (il Salvatore simile alla Luce). 434 = wehamal&akiym (e gli angeli maschili). 514 = hazra hazakar (il seme maschile). 78 = haHokmah (la Saggezza). 116 = hamasweh (il velo). Parlando a Natanaele, Ges termina con le parole: In verit, in verit vi dico che vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dellUomo (Giov. 1:51). Il cielo ha$amyim = 395. E gli angeli di Dio wemal&akey elohiym = 193. La somma di questi due numeri 588 = niptaHiym, aperto, detto di Ha$aamyim. Ma 588 significa anche hama$iyaH hayowred, il Cristo discendente. hayarden

Scendere e salire sul Figlio dellUomo liym weyorediym al ben ha&adam = 622 = 116 + 78 + 428 (yorediym scriptio defectiva, yowred scriptio plena). 116 = hamasweh (il velo). 78 = haHokmah (la Saggezza). 428 = hamal&akiym hazekariym (gli angeli maschi). Inoltre, 588 = zra ha&i$ah (il seme della Donna), il seme femminile (thelycon sprma) di ExTh 21:2. Questo rappresenta la progenie di Sohpia prima del Battesimo, la discesa degli angeli maschi. Ma dopo la richiesta della Luce di Sophia, gli angeli discesero, costituendo il Seme della Chiesa (ExTh 40). Il Seme della Chiesa zra haqahal = 417. C qualcosa di speciale in questo numero? La replica di Natanaele a Ges fu: Rabbi, tu sei il Figlio di Dio; tu sei il Re di Israele! (Giov. 1:49). Rabbi rabiy = 212. Il Figlio di Dio ben elohiym = 138. Il Re di Israele mlek yi$ra&el = 631. La somma, 981, contiene un riferimento diretto alla Battesimo nel Giordano, perch 981 = 417 + 300 + 264, che : 417 = zra haqahal (il Seme della Chiesa). 300 = rwaH elohiym (lo Spirito di Dio che discende su Ges durante il battesimo). 264 = yarden (Giordano). Da dove pu aver preso Teodoto la sua idea del Battesimo degli angeli? 300 + 264 = 564 = quattro volte mal&akiym (angeli = 141). Quindi la replica di Natanaele a Ges = 981 = mal&akiym mal&akiym zra haqahal mal&akiym mal&akiym cio il Seme della Chiesa stabilito dagli angeli. Quando Ges dice a Natanaele di conoscerlo dal momento in cui era sotto lalbero di fico, si deve intendere che il Salvatore lo conosce da sempre, essendo una parte di Lui stesso, il Seme spirituale (il significato di Natanaele, vedi I primi quattro discepoli di Ges) di ciascun uomo. Quindi ovvio che una tal conoscenza pu appartenere solo a un essere divino, il Figlio di Dio e Re di Israele, che la Testa del Seme Pneumatico ricordato in ExTh 42:2: Tou sprmatos kephale ho Christs. E ovviamente, un tale essere divino pu essere riconosciuto solo da un uomo pneumatico.

La resurrezione di Lazzaro

Negli Excerpta ex Theodoto 79 e 68 si legge: Fintanto che il seme amorfo figlio della Femmina; ma quando formato diventa un Uomo, diventando Figlio dello Sposo. Non pi ammalato (asthenes), ma essendo reso Uomo diviene un frutto maschile. Infatti, mentre noi eravamo figli della sola Donna, come provenienti da una unione colpevole, imperfetta, muta, ammalata e priva di forma, senza progetto, eravamo figli della Femmina; ma formati dal Salvatore siamo divenuti i figli dellUomo, dello Sposo. La Donna o Femmina qui Sophia, il Maschio o Sposo il Cristo. Supponendo che lEvangelo di Giovanni sia la fonte di Teodoto, dobbiamo cercare un passaggio dove una malattia e una guarigione conducano a una radicale metamorfosi. Siamo in questo guidati da un altro degli Excerpta (80:1): Colui il quale la Madre genera (gennai) condotto alla morte e al mondo; ma colui che Cristo rigenera (anagennai) trasferito alla Vita Il passaggio che stiamo cercando potrebbe essere Giovanni 11, dove si racconta di un certo Lzaros che era ammalato (asthenon corrispondente allasthenes di Teodoto) e mor, per essere poi resuscitato (trasferito alla Vita ) da Ges. Secondo il Lexicon di Abbott-Smith, Lazars una colloquiale abbreviazione di Elezar. I corrispondenti nomi in ebraico sarebbero lazar (lzr) ed elazar (&lzar), rispettivamente. Il corrispondente ebraico per ho Lazars ho asthenon (Lazzaro lammalato), lazar haHoleh = 355. Questo numero anche quello di: 1. yled ha&isah: il figlio della donna. 2. zra haHokmah: il seme (o progenie) della Saggezza. 3. zra haglem: il seme privo di forma. Per resuscitare Lazzaro, Ges grid Lzare, deuro xo (11:43), Lazzaro, vieni fuori, che in ebraico traducibile come: lazar e& laHuw = 532. Le seguenti espressioni hanno lo stesso valore: 1. Hay hazra hazakar: il seme maschile vive. 2. hazakar (il maschio) + due volte ben haHupah (il figlio della Camera Nuziale). 3. ha&adam hazakar (luomo maschio) + haHupah (la Camera Nuziale) + ha&adam ben ha&adam ( luomo figlio dellUomo). Nel commentario alla propria traduzione del testo di Nag Hammadi, The Gospel of Truth, J. E. Menard spiega che laggiunta di 1 a un numero significante perdita o imperfezione indica il passaggio a uno stato di salvezza o perfezione (per esempio nella parabola evangelica sulle 99 pecore a cui Ges aggiunge la centesima che si era persa). Nel nostro caso, dal momento che la differenza tra lzr e &lzr dovuta proprio alla lettera aleph = 1, la situazione analoga: chiaramente, se lzr = 307 luomo ammalato, &lzr = 308 il risorto. Potremmo chiederci cosa pu aver visto Teodoto nel grido di Ges: lazar e& laHuw = 532, una volta che luomo morto stato risuscitato.

Ci sono due possibilit: (a) Teodoto potrebbe aver applicato la chiave cruciforme al 532, mettendo &lzr = 308 nel mezzo. Il rimanente sarebbe 224, cio quattro volte 56, il numero di yowm, giorno. yowm yowm &lzr yowm yowm e Lazzaro, infatti, stato quattro giorni nella tomba. (b) Teodoto potrebbe aver riformulato il grido di Ges sostituendo &lzr = 308 con lzr = 307. In questo caso il numero di &lazar e& laHuw sarebbe 533, che anche il numero di Hay ben HaHatan il figlio dello Sposo vive. Quindi i passaggi tratti da Teodoto fanno riferimento a Giovanni 11. Ora possiamo comprendere il significato di Bethana, il villaggio in cui Lazzaro viveva. In ebraico beytaniyah, cio la casa dellafflizione. Ovviamente non si tratta solo di un villaggio in Palestina, ma del mondo in cui tutti viviamo, oppure ogni essere afflitto nella propria esistenza personale, dal momento che ovviamente le due sorelle di Lazzaro, Marta e Maria, rappresentano rispettivamente lanima ilica e quella psichica. Ci sembra perci che lintera storia di Lazzaro sia un simbolo del processo che va dalla diortosi del Seme al trionfo finale dello Hiers Gmos.

La Redenzione grazie alla Croce


Ed ecco come potrebbe essere letto Giovanni 19, 19-27, gi citato a proposito della Chiave cruciforme e del numero 888 della scritta fatta porre sulla Croce da Pilato. Giovanni dice: "Ora si trovavano presso la croce di Ges Sua madre, Maria moglie di Cleofa e Maria Maddalena. Quando allora Ges vide Sua Madre, e l accanto a lei il discepolo che Egli amava...". Quale discepolo, se nessuno menzionato, salvo le "tre" Marie? Tenendo presente il modo gnostico di parlare per simboli, e dato che l'amore del Salvatore per l'umano una dottrina gnostica fondamentale, non difficile dedurne che il famoso "discepolo amato" -- oppure "(pre)diletto" come talvolta si preferisce dire -- non sia Giovanni, come comunemente si crede, bens Maria di Magdala, che rappresenta la Sopha "caduta" e da redimere. Ce lo conferma uno dei testi miracolosamente sopravvissuti alle distruzioni cristiane, lo Evangelo di Filippo (63, 33-36): "La compagna del Salvatore Maria Maddalena, ed il Cristo la amava pi di tutti gli altri dicepoli...". "Maria" in Ebraico miryam = 290. Siccome le Marie erano tre, prendiamo 3 volte 290 = 870, ottenendo cos d'un sol colpo anche il numero di kutnet (la "tunica" che i soldati non divisero) e quello di talmiyd ye$wa ("il discepolo di Ges") ! Il numero delle "Marie" allude alle tre "zone" di Sophia determinate dalla Croce del Limite (Introduzione, 6 e 7), e quindi alle tre componenti dell'anima del "discepolo di Ges" (Introduzione, 6); la Madre di Ges la componente pneumatica, ovvero il Volto luminoso di Sopha; Maria di Magdala ne il Volto oscuro. Sottraendo 870 dal numero della scritta posta sulla Croce, 888, otteniamo 18, cio Hay ("vivente"): la Crocifissione ha dato Vita al discepolo, per cui la Madre del Cristo ora anche sua madre, ed egli

Ne ora figlio, tanto che "da quel momento il discepolo La prese presso di s". I soldati lasciarono intera la tunica, ma divisero le vesti di Ges in quattro parti. Occorre allora ricordare che in precedenza i soldati avevano posto su Ges (cio sulla tunica, che si portava sulla pelle) un abito purpureo (Giovanni 19, 2), Simlat argaman = 1064, che diviso in quattro parti uguali d 266. Questo il numero di ben elohiym aluwb ("il Figlio di Dio crocifisso"), ed anche la somma di 233 + 33, cio di e haHayiym ("l?Albero della Vita" -- in questo caso, ovviamente, la Croce, e si veda lo Hay di qui sopra) e di hayadiyd, che significa "amato", "prediletto": il discepolo "che Ges amava".

La Colomba ed il Segno di Giona


Contro una "generazione malvagia ed adultera" che chiedeva un "segno" Ges disse (Matteo 12:3839; Luca 11:29-32) che nessun segno le sarebbe dato salvo "quello di Giona" (in Luca) o "quello del profeta Giona" (in Matteo). Entrambi gli evangelisti hanno inteso per "Giona" il profeta dello stesso nome, e tutta l'esegesi cristiana, se non erriamo, d'accordo su questo punto, per cui quel detto di Ges rimane misterioso. Ora, si tratta veramente di quel profeta? "Giona" si dice yownah in Ebraico; ma questa parola significa anche "colomba". Possiamo allora immaginare che Ges abbia detto in realt "il segno della colomba", o che tali parole si trovassero, in ebraico, in qualche documento da cui Luca e Matteo avrebbero attinto? Secondo Ireneo (Adversus Haereses, I, 15, 1) il maestro gnostico Marco, detto "il Mago", affermava che la colomba rappresenta il Pleroma divino. Perch? Marco leggeva il suo Vangelo in Greco, nella quale lingua "colomba" si dice perister, il cui numero, secondo il valore delle lettere dell'alfabeto greco, 801. Ora, nello stesso alfabeto, alpha (la prima lettera) = 1 ed omga (l'ultima) = 800, per cui, secondo Marco, il numero 800 + 1 = 801, oltre a significare la Colomba, avrebbe rappresentato tutto l'alfabeto, e questa totalit sarebbe stata appunto il simbolo del Pleroma ("Plenitudine"). Di conseguenza, le parole del Battista: "Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui" (Giovanni 1:32) significano che col Cristo tutto il Pleroma si incarn nell'uomo Ges. Per questo Ges il Cristo chiamato "l'Alfa e l'Omega" . "Il segno di Giona", oppure "il segno della colomba", si dice in Ebraico owt yownah, e la cosa straordinaria che, in Ebraico, & la prima lettera dell'alfabeto e t l'ultima, mentre w la congiunzione "e", per cui le consonanti di owt (&wt) possono essere lette "& e t ", il parallelo esatto dello "alfa e omega" greco. Ma altrettanto straordinario che il numero di yownah = 71 anche quello di melo&, che significa "pienezza", cio il Pleroma! Forse Marco "il Mago" conosceva l?Ebraico? Se s, avrebbe potuto vedere che owt yownah = 478 = 214 + 264, la somma cio di rwaH ("Spirito") e yarden ("Giordano")!

La Donna e il Dragone
La prima grande visione di Rivelazione 12 avviene in cielo: una Donna, vestita di sole e incoronata da dodici stelle, grida per le doglie del parto e d alla luce un figlio maschio. Nel simbolismo gnostico maschio sinonimo di pneumatico o spirituale, mentre femmina sinonimo di psichico. Infatti, il figlio il Cristo, dal momento che il figlio della Donna ben ha&i$ah = 363 = hama$iyaH, il Cristo.

Stella kowkab = 48. Dal momento che le stelle sono dodici, moltiplichiamo 48 x 12 = 576. Questo lesatta somma di 358 + 318, dove 358 = ma$iyaH e 218 = yarH (luna), la luna su cui poggiano i piedi della donna. Ma il 576 ha anche unaltra corrispondenza importante: il valore di hao&$ wehazenab la testa e la coda. Molto presto incontreremo il dragone, il serpente antico (Riv. 12:9) e la sua coda. Bisogna anche ricordare Genesi 3:15, dove sono menzionati una donna, un serpente e una testa. Presto la il Figlio della Donna sar rapito presso a Dio e al Suo trono; questo il Christs Holkleros (integrale) di ExTh 39 che, generato da Sophia (nel senso che la funzione del Figlio come Cristo dovuta a Sophia), ascende al Pleroma, essendo incompatibile, nella Sua Interezza, con il mondo inferiore delle realt parziali., dove comunque rappresentato come Salvatore. Il rapimento presso Dio e il Suo trono intende laspetto trascendente del Cristo. Lespressione presso Dio e il Suo trono ci dice qualcosa daltro: in ebraico el ha&elohiym ve&el kise&ow = 246 = midbar, deserto, il deserto in cui la Donna trova rifugio (12:6). Un dragone appare di fronte alla Donna. Da dove viene? La somma di Ha$me$ (il Sole) + hayaraH (la Luna) 645 + 223 = 868, che la somma esatta di 358 (ma$aH, Cristo) + 510. 510 il numero di taniyn, il Drago! Perseguitata dal dragone, la Donna vola nel deserto (12:6), cio el hamidbar . la somma di el hamidbar + ha&i$ah (la Donna) 282 + 311 = 593. Questultimo anche il numero di hataniyn (il dragone) = 515 + 78. Lidentit della Donna ci viene cos rivelata, visto che 78 = haHokmah, la Saggezza, Sophia. La somma delle tre parole di Rivelazione 12:1, i$ah (Donna) + $me$ (Sole) + ba$amyim (nel cielo) 306 + 640 + 392 = 1338. Questa la somma esatta di 78 = haHokmah (la Saggezza) + 1260. Ora, 1260 precisamente il numero di giorni in cui la Donna trova riparo nel deserto. 1260 = 552 + 708 Analizzati, questi numeri danno: 552 = 306 + 246 = i$ah (Donna) + midbar (deserto); 708 = 101 + 359 + 248 = miyka&el (Michele) + SaTan (Satana) + bammidbar (nel Deserto). Michele e Satana sono coinvolti in una guerra nei cieli (mihamah ba$amyim) che comincia con lapparizione del dragone. Diremmo naturalmente, visto che mihamah ba$amyim = 515 = hataiyn (il dragone). Ora, mihamah ba$amyim equivale anche a 101 + 364 + 50, cio miyka&el + haSaTan (il Satana) + ha&adam (luomo), da cui deduciamo che il campo di battaglia lessere umano. Gli eserciti combattenti sono Michele e i suoi angeli ed il dragone e i suoi angeli (12:6), che, in ebraico miyaka&el wmal&akayw = 214, e hataniyn wmal&akayw = 628. Il numero 214 anche quello di rwaH (spirito). Il numero 628 = 578 + 50 cio rwaH haSaTan (lo spirito di

Satana) + ha&adam (luomo). Ma, pi importante, 578 anche il numero di hanaHa$ haqadmowniy (il serpente antico). Il Sole di cui la Donna vestita in ebraico $me$ = 640. questo numero la somma esatta di quello delle dodici stelle (576) pi 64 (la coda), la coda con cui il dragone trascina la terza parte delle stelle del cielo e le scaglia sulla terra (12:4). Quante sono le stelle del cielo? Lautore del libro della Rivelazione non era certo preoccupato di problemi cosmologici. Le stelle in cielo sono quelle della corona della Donna, ma non esattamente 12, ma piuttosto 12 x 48 = 576. prendiamo quindi una terza parte di 576, cio 192. La coda del Dragone zenab hataiyn = 574. Sulla terra ha&rah = 301. possiamo ora sommare i tre numeri: 192 + 574 + 301 = 1067. Questultimo anche la somma di 78 + 510 + 479, cio haHokmah (la Saggezza, Sophia) + taniyn (Dragone) + haHokmowt. Questo ultimo termine il plurale di haHokmah, ed la parola da cui deriva il termine barbarizzato Achamoth, il nome della forma caduta di Sophia. Essendo la Sophia (o meglio il suo lato luminoso) lAnima prima della caduta, Sophia Achamoth il suo lato oscuro, la donna che fugg nel deserto, dal momento che esso si trova sulla terra quindi la donna che vi trova rifugio caduta dal cielo dove aveva originariamente la propria sede. Anche sulla terra il dragone non desiste dal perseguitare la Donna, colei che, avendo dato alla luce un figlio maschio, il lato spirituale di Sophia. Ma a lei furono date le due ali della grande aquila (larticolo determinativo nelloriginale greco), in ebraico kanepey han$er hagadowl = 763, che anche il numero di hataiyn bamidbar (il dragon nel deserto). Il dragone si trova nel deserto a motivo della donna che sta perseguitando. La piena spiegazione viene dalla coda del dragone, semplicemente perch hazanab (la coda) = 64 45 + 19 = adam + Hawah (Eva). Daltra parte bamidbar (nel deserto) = 248 = belem elohiym (a immagine di Dio), come in Genesi 1:27: A immagine di Dio lo cre; maschio e femmina li cre. Quindi forse non si tratta di una caso se Rivelazione 12:1 dice: E la Luna sotto i Suoi piedi (ragley ha&i$ah = 554 = 358 + 177 + 19 = naha$ (serpente) + gan den (il giardino di Eden) + Hawah (Eva). In questo contesto, 12:5 interessante. Il Figlio nato dalla donna detto governare tutte le nazioni con uno scettro di ferro. E forse una specie di dittatore planetario? Vediamo. Lespressione presa da Salmi 2:8-9: Chiedimi, e io ti dar le nazioni (goyim) come tua eredit, e i confini della terra come tuo possedimento. Le spezzerai con uno scettro di ferro, e le frantumerai come il vaso di un vasaio. Ma il simbolismo gnostico guarda in unaltra direzione: nel Salmo quotato lespressione $beT barzel = 550 = 363 + 78 + 109, cio hama$aH (il Cristo) + haHokmah (la Sophia) + em kol-Hay (la Madre di tutti i viventi). Questa ultima espressione tratta da Genesi 3:20 dove designa Eva. Quindi Eva qui, come in altri insegnamenti gnostici, identificata con Sophia. Grazie alla due ali la Donna pu volare non in un posto, come nelledizione revisionata, ma al suo posto, come nelloriginale greco. Incidentalmente, ho topos (in greco il posto), in ebraico hamaqowm, il nome dato al Demiurgo in ExTh. Ma siamo interessati al valore del posto della Donna meqowm ha&i$ah = 497, al quale applichiamo la chiave cruciforme ottenendo 73 (= Hokmah, la Saggezza), + quattro volte 106, il valore di baHuw.

Questo corrisponde a una delle versioni del mito di Sophia, secondo cui la Sophia Achamoth esclusa (baHuw) dal Pleroma. Lo stesso mito dice che Sophia Achamoth diede alla luce un figlio deforme, il Demiurgo, a cui alcuni gnostici diedero il nome Jaldabaoth. Ora, se prendiamo il valore di haHokmowt = 479, vediamo che la somma esatta di 246 + 78/ + 155, che midbar (il deserto) + haHokmah (la Sophia) + hayled baHuw, il figlio al di fuori. Ci sentiamo per questo giustificati a esprimere la nostra congettura che yled baHuw sia lorigine di Jaldabaoth. Sul piano umano, il figlio al di fuori luomo in cui il seme pneumatico non ancora attivo, non ancora formato dal Salvatore. Il numero delle due ali della grande aquila 763, a cui aggiungiamo 306 (Donna). Il totale 1071, il numero di hayaraH mitHat (la Luna sotto) e somma esatta di 363 + 101 + 359 + 248 = hama$iyah (il Cristo) + miyaka&el + SaTan + bamidbar . Lo stesso numero 1071, la cui derivazione pu sembrare un po stiracchiata, dato precisamente da Rivelazione 12:14, dove si dice che al proprio posto la Donna rimarr kairn kai kairos kai hamisy kairo per un tempo, e tempi, e met di un tempo Ora, tempo et = 47; tempi etowt = 876; met di un tempo ovviamente 470/2 = 235. la somma 470 + 876 + 235 = 1581 = 1071 + 510 (il dragone). Chi non sia ancora convinto, noti che 1581 = 763 + 818. sappiamo che 763 il numero delle due ali. Per quanto riguarda 818, la somma esatta di 73 (Hokmah, Sophia) + 497 (meqowm ha&i$aH, il posto della Donna) + 248 (bamidbar, nel deserto). La somma di Hokmah (Sophia) = 73, midbar (deserto) = 246 e i$ah (Donna) = 306 625. sottraendo 628 da 1581 otteniamo 956, cio 311 + 645, ha&i$ah (la Donna) + haSme$ (il Sole) che ci rimanda a 12:1. Ma la cosa pi meravigliosa che 956 anche la somma di 605 + 351, che piy hataniym (la bocca del dragone) + wenhar-myim (e un fiume di acqua), che richiama 12:5: Il serpente vers acqua come un fiume dalla sua bocca. Ma la terra venne in aiuto alla Donna, e la terr apr la sua bocca ingoi il fiume (12:6). La terra re = 291 = zra david (il seme di Davide); la bocca della terra piy ha&re = 386 = ye$wa, Ges!

L'Albero ed il Cristo
Chi il Serpente, il protagonista di Genesi 3, quel Serpente che era "il pi intelligente tra tutti gli esseri viventi che yhwh Elohim aveva fatto" (3:1) ? Il numero di naHa$ ("Serpente") e di ma$yaH (in Greco Christs) sono uguali: 358, e questo ci basta a riconoscerne l'identit. Identificare il Cristo col Serpente pu sonare arduo, e perfino blasfemo, ad orecchie abituate alla mitologia corrente, che si basa su di una lettura errata del racconto della "tentazione" nel Giardino dell?Eden e della conseguente "caduta" dell'Uomo, ove gli Gnostici vedono invece la storia della genesi dell'uomo pensante. Si veda ad esempio lo Apocrifo di Giovanni (Nag Hammadi) 22: 3-9, che attribuisce al Cristo le parole seguenti: "L'albero che da loro chiamato ?della conoscenza del bene e del male? lo spirito della luce, riguardo al quale fu comandato loro di non gustarne, cio di non ascoltarlo.

Il comando fu rivolto ad Adamo affinch non fissasse lo sguardo in alto verso la sua perfezione . . . Ma io li indussi a cibarsene". Ricordiamo a questo proposito che l'Albero era "desiderabile per acquistare saggezza" (Genesi 3:6) e che per "Adamo" ed "Eva" l'effetto dell?essersi cibati dei suoi frutti fu che "gli occhi di entrambi si aprirono" (3:7). Viene allora a proposito la domanda che troviamo in Giovanni 10:21: "Pu forse un demonio aprire gli occhi dei ciechi?". Se possono aver scandalizzato lo Apocrifo di Giovanni e la sua, e nostra, identificazione del Serpente con il Cristo, per cui il Serpente viene veduto come un Essere di Luce, non mai stato motivo di scandalo il parallelo stabilito da Giovanni 3:14-15: "E come Mos innalz un Serpente nel deserto, cos deve essere innalzato il Figlio dell'Uomo, affinch chiunque abbia fede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna". Giovanni si riferisce a Numeri 21:6-9. Per punire gli Ebrei vaganti nel deserto che avevano "parlato contro Dio e contro Mos", il Signore invi tra loro dei "serpenti di fuoco" dal morso mortale. Il popolo and allora a Mos, chiedendo di esserne liberato. Mos preg per il popolo, "ed il Signore disse a Mos: ?Fatti un Serpente di Fuoco e mettilo sopra un palo; accadr allora che ognuno che sia stato morso e guardi al Serpente, costui vivr?. E Mos fece un Serpente di bronzo e lo pose su di un palo. Ed accadde che se un serpente aveva morso un uomo, quando costui guardava il Serpente di Bronzo viveva". chiaro dunque che al Serpente di Bronzo attribuita la funzione di Salvatore. Ricordiamo che il nome ebraico di Ges, ye$wa, vuol dire appunto "Salvatore" (in Greco Str) . Se ora prendiamo le parole chiave di Giovanni 3:14-15 (messe in evidenza nella citazione), otteniamo: "Serpente" = naHa$ = 358 "Nel deserto" = bamidbar = 248 "Il Figlio dell'Uomo" = ben ha&adam = 102 "Vita Eterna" = Hayey owlamiym = 224 La somma 932, il numero di e hadat Towb wara, cio "l'Albero della Conoscenza del Bene e del Male" appunto ricordato dallo Apocrifo di Giovanni. Tra i numeri sopra sommati troviamo poi che 102 + 224 = 326 = merowmam ("innalzato"), mentre 102 anche uguale a emuwnah ("fede")! L?uguaglianza emuwnah = 102 = ben ha&adam giustifica la frase "fede in Lui". Abbiamo cos ritrovato tutte le parole poste in grassetto nella citazione da Giovanni qui sopra. Lo "innalzamento" che Ges profetizza per s nel passo di Giovanni appena citato allude evidentemente alla crocifissione. Ma che relazione pu esservi tra la Croce e l'Albero della Conoscenza? Ora, ed un fatto straordinario, non solo questo Albero, bens anche l'altro, quello della Vita, parlano proprio della Croce del Cristo. Nell'Ebraico di Genesi 2:9 i due Alberi sono designati letteralmente: wee haHayiym betowk hagan ("e l?Albero della Vita nel mezzo del Giardino") e wee hadat Towb wara ("e l?Albero della Conoscenza del Bene e del Male"), i cui numeri sono rispettivamente 725 e 938. Se a questi numeri applichiamo la chiave cruciforme, sottraendo ad entrambi 4 volte 138 = ben elohiym ("Figlio di Dio"), otteniamo rispettivamente 173 = bedam haelab ("mediante il Sangue della Croce") e 386 = ye$wa ("Ges"). Per apprezzare tuttta la portata di questo risultato conviene disegnare le due croci ottenute:

"L?Albero della Conoscenza del Bene e del Male" = 938 = 386 + 4(138) =

ben elohiym ben elohiym ye$wa ben elohiym ben elohiym

"L?Albero della Vita" = 725 = 173 + 4(138) = ben elohiym ben elohiym bedam haelab ben elohiym ben elohiym

Qui lo Gnostico vede come l'Albero della Conoscenza, su cui appare crocifisso ye$wa (Ges) diventi l'Albero della Vita grazie al "Sangue della Croce" (bedam haelab). anche interessante notare che "L'Albero della Vita" e haHayiym = 233 e "l'Albero della Conoscenza del Bene e del Male" e hadat Towb wara = 932. Ora 932 = 4 volte 233, per cui i due Alberi equivalgono insieme a 5 volte il numero dell'Albero della Vita. Ci spiega una frase, altrimenti misteriosa, che troviamo nello Evangelo di Tommaso (Logion 19): "Ges disse: Avete in realt cinque alberi nel paradiso, che non mutano con l?estate e l?inverno, e le cui foglie non cadono. Chi li conoscer non prover la morte". L'Autore dell'Evangelo di Tommaso si serviva evidentemente del nostro medesimo metodo di esegesi.

L'Albero umano
Nella Appendice III spiegheremo come l' "Albero" si riferisca alla struttura sottile del corpo umano con i suoi centri o "loti", dei quali uno situato alla sommit del cranio, e gli altri sei distribuiti lungo la colonna vertebrale. Uno di essi situato presso il cuore. Al centro pi alto corrisponde una forma di coscienza transpersonale, e per questo considerato a parte dagli altri. I sei restanti sono connessi con i cinque sensi (e gli elementi che loro corrispondono: terra, acqua, aria, fuoco, etere) pi la mente (manas) quale sesto. I sei centri sono situati lungo un canale centrale detto in Sanscrito sushumn, ai lati del quale se ne trovano due altri, serpentiformi, detti rispettivamente id e pingal. L'energia che vi scorre, detta "sangue" nel simbolismo gnostico per analogia con la circolazione sanguigna, la kundalin, che si sprigiona dal loto posto alla base dell'Albero e perci detto "recipiente radice" (mldhra). Il caduceo di Mercurio un'ovvia rappresentazione di questa struttura. Che l'Albero le si riferisca mostrato dalla somma dei numeri dell'Albero della Conoscenza e della parola "uomo": e hadat Towb wara + ha&dam = 932 + 50 = 982, che analizziamo come segue: 982 = 160 + 716 + 106: (a) 160 il numero di e ("albero"), che si dice xlos in Greco; ma xlos sinonomo di staurs, che vuol dire "croce"; (b) 716 due volte 358 = naHa$ ("serpente"), cio le due correnti serpentiformi laterali, id e pingal;

(c) 106 il numero di halHem haHay, "il Pane vivente" di Giovanni 6, 51: "Io sono il Pane vivente disceso dal Cielo". In base a questi dati possiamo disegnare due serpenti avvolti attorno al tronco di una croce a forma di T, sulla sommit della quale scriveremo: "Il Pane Vivente". Questo disegno rappresenta l'Albero della Conoscenza divenuto l'Albero della Vita, poich "l'Albero della Conoscenza del Bene e del Male" = e hadat Towb wara = 982 = 749 + 233 = ye$wa hama$yaH ("Ges il Cristo") + e haHayiym ("l'Albero della Vita"). E qui si rivela in che cosa consiste la "Conoscenza": 982 = 474 + 122 + 386 = dat elab ye$wa: "la Conoscenza della Croce del Cristo".

Il Pranzo di Nozze a Cana


"Il pranzo di nozze a Cana in Galilea", per cui vedasi Giovanni 2, si dice in ebraico hami$teh beqanah bagaliyl = 982, il numero appena visto qui sopra. Accenniamo qui solo ad alcuni dei dettagli del simbolismo di questo pranzo, dopo di che sar chiaro che cosa intende l'Evangelista dicendo che quello fu lo "inizio dei Segni" (arch tn smen). Osserviamo dapprima che la trasformazione dell'acqua in vino richiama l'Albero, poich myim ("acqua") + yyin ("vino") = 90 + 70 = 160 = e ("albero"). Notiamo poi che, ancor prima di menzionare Ges, l'Evangelista precisa (2,1): "E la Madre di Ges era col". In Ebraico ci si dice: we&em ye$wa $am = 773 = 41 + 732, cio em ("madre) + hanizrat ("la Dispersa", cio Sophia). Il Pranzo ebbe luogo "nel terzo giorno" (2,1), in Ebraico bayowm ha$eliyshiy = 713 = ye$wa nizra ("Ges disseminato"). D'altra parte "Galilea" = galiyl = 73 = Hokmah, cio "Sapienza", ovvero Sopha. Notiamo poi che Ges (2,6) trasform in vino (lo Spirito, il Volto luminoso di Sophia) l'acqua (la natura psichica) contenuta in sei giare di pietra (la natura ilica), e ricordiamo allora i sei centri di cui si parlato. Abbiamo poi qui del vino, mentre sull'Albero avevamo il Pane. Allora yyin ("vino") + lHem ("pane") = 70 + 78 = 148 = psaH ("pasqua"), che ci ricorda un altro pasto in comune, la Cena nel corso della quale il Cristo distribu Pane e Vino. Christs, lo sappiamo, ma$yaH = 358 = 78 + 4 volte 70, per cui abbiamo un?altra Croce con al centro il Pane (lHem = 78) e sui quattro bracci il Vino (yyin = 70):

ma$yaH ("Cristo") = 358 = 70 70 78 70 78

Le Nozze Sacre
Giovanni 2 ci d "l'inizio dei Segni"; Giovanni 12 accenna alla loro culminazione. Il simbolismo si fa qui astronomico, poich il nome greco delle due fasi principali della Luna (novilunio e plenilunio) syzyga, un termine che conosciamo riferito al Pleroma. Syzyga significa anche "unione" (coniugium) e h szygos "la moglie". Il termine allude dunque a delle nozze. Giovanni

(12,3) ci dice che Maria cosparse d'olio prezioso i piedi di Ges, che poi asciug con la propria capigliatura. Accadde allora che "tutta la casa si riemp del profumo dell'unguento". "Profumo" in Ebraico ryaH, le cui consonanti (ryH) sono un anagramma di quelle (yrH) di yaraH, che significa "Luna". Che la casa si fosse riempita di questo profumo suggerisce che la Luna era piena, e questa una delle due syzygai cui accennavamo. Perch il plenilunio? Perch allora la Luna al massimo del suo splendore: l'anima totalmente illuminata dal Sole dello Spirito. Ma dove il Sole? "La capigliatura di Maria" in Ebraico pra miryam = 640, che il numero di $me$, cio "Sole"! Che non si tratti di una fantasia ce lo conferma il fatto che 640 = 223 + 417, cio haryaH ("il profumo") + habyit ("la casa"). Inoltre "profumo di unguento" ryaH-$men = 608, il numero di biregley hama$yaH ("sui piedi del Cristo") ed anche quello di haneqebah beHder hazakar ("la Femmina nella Camera Nuziale del Maschio"). Questo dovrebbe fugare ogni dubbio.

La Rosa e la Croce
Riguardo al numero 888, riteniamo utile parlare di un'ulteriore scoperta, bench essa si riferisca ad un soggetto che esula in una certa misura dal tema centrale del nostro lavoro. Essa pu tuttavia suggerire in che modo la Gnosi, e con essa un certo metodo esegetico, abbia potuto perpetuarsi per canali segreti, attraversando et oscure. Nel corso dei nostri studi ci imbattemmo una volta nel versetto 2,1 del Cantico dei Cantici, ove si legge: "Io sono il fiore di Sharon: la rosa delle valli". La parola tradotta con "fiore" (e questo fiore una rosa) in Ebraico Habalet, il cui valore 530. La cosa che ci colp fu che questa "rosa", le cui consonanti sono Hblt, contiene quelle di elab ("croce"). In altre parole, Habalet ci parve significare niente meno che "Rosacroce". Ritenendo tuttavia che si trattasse di una curiosit senza importanza, lasciammo perdere. Ma il caso teneva in serbo per noi un evento strano : non molto tempo dopo, rovistando in un negozio di libri usati, trovammo un'opera pubblicata nel 1974 da Steinerbooks, New York, dal titolo A Christian Rosenkreutz Anthology. Si tratta di una ricca collezione, curata da P. M. Allen, di scritti e di illustrazioni di carattere rosicruciano. Orbene, a partire dalla pagina 215 di questo libro, si trova riprodotta un'opera stampata ad Altona nel 1785 col titolo Die Lehren der Rosenkreutzer aus dem 16tem und 17tem Jahrhundert, oder Einfltig ABC Bchlein fr junge Schler ("Le Dottrine dei Rosacroce del 16 e 17 secolo, ossia semplice Abbecedario per giovani discepoli"). Sul frontespizio appare il disegno di un pendaglio cruciforme contenente una rosa. Al centro della croce si trova la figura di un Cristo luminoso in piedi, nell?atto di camminare con le braccia aperte come ad incontrare o rimettere in piedi qualcuno (la dirthsis del Seme -- vedasi EV XV, 2-3: "Tesa la mano a quello caduto sul suolo, incapace di rialzarsi, lo rimette in piedi"). Sulla parte orizzontale della croce si trova la scritta: IMMANUEL. Ed ecco la cosa straordinaria: sulla croce appare in tedesco, con l'indicazione esatta di capitolo e versetto, la citazione dal Cantico dei Cantici che abbiamo sopra menzionato. Riandammo allora al nostro Habalet e cercammo di analizzarlo. Era naturale che per prima cosa la parola fosse divisa in elab ("croce") + Ht. Per Ht supponemmo che un indizio potesse esserci fornito dalla figura del Cristo. Trovammo allora Ht = 408 = kbeS-elohiym ("l?Agnello di Dio"), per cui Habalet = 530 = elab kbeS-elohiym ("la Croce dell'Agnello di Dio"). Ma 408 anche il valore di sper Hayiym ("Libro di Vita"), espressione che ci riporta al nostro Evangelo (IV, 7-9). Rimaneva lo "Immanuel" ("Dio con noi"), che in Ebraico imanuw&el = 197. La somma 530 + 197 = 727 = nizrat ("Nazaret", la "Dispersa", cio Sopha). Coincidenza? Ebbene, Habalet = 530 significa anche imanuw&el wenizra, cio "Dio con noi e disseminato". Ora aggiungendo a 727 il valore (=6) della congiunzione w ("e", per ottenerne "530 e Immanuel"), si ottiene 733, il valore di hadabar hayah baSar ("Il Verbo divenne carne" -- e dove, se non in "Nazaret"?), e di drek + met + Hayiym, cio "Via, Verit, Vita" (*). Se invece il numero di

imanuw&el = 197 viene sottratto da 530, si ottiene 333 = elab hadabar, che significa "la Croce della Parola", cio del Logos. L'espressione "la Crocifissione del Logos" appare nel famoso passaggio sulla Croce di Luce contenuto negli Atti di Giovanni, la nostra Appendice I. (*) La "Via" la Ekklsa, poich solo per l'Ekklsa si pu accedere alla Vita ed alla Verit. Abbiamo qui dunque i tre Eoni femminili del Figlio. Nell'Induismo il secondo Volto della Trimurti (Vishnu, il Salvatore) possiede questi tre medesimi nomi: Mrga (Via), Tattva (Verit) e Prna (Vita). Si veda in proposito Jean Herbert, Spiritualit Hindoue , p. 319 (Albin Michel, 1972). Ma c' di pi: la figura del Cristo risplendente sulla Croce con la Rosa ci suggerisce di addizionare il valore di ma$yaH ("Cristo") = 358 a quello di Habalet ("Rosacroce") = 530. La somma 888 ! L'importanza di questo risultato non da sottovalutare. La Fraternitas Rosae Crucis sarebbe infatti stata fondata da un personaggio leggendario, "Christian Rosenkreutz", il quale sarebbe nato nel 1378. Ora il passaggio da Cristo+Rosacroce a Christian+Rosenkreutz talmente immediato da suggerire che il mitico fondatore sia un personaggio inventato, da cui varie speculazioni, come per esempio che il suo nome sia inteso a portare l'attenzione sul numero 888, cio su tutta la dottrina che questo contiene, oppure che il 1378 sia in realt la data della fondazione della Fraternitas (bench in primi documenti pubblici ne siano apparsi nel 1614-15). Anche la forma del pendaglio, che mostra tre lobi su ognuno dei quattro bracci della croce, significativa. Per capire che cosa ci significhi prendiamo i nomi delle quattro consonanti (m$yH) della parola ma$yaH ("Unto", "Christs"). Questi nomi sono: m = meym, $ = $iyn, y = yowd e H = Heyt. Le consonanti di questi nomi sono: mym = 90, $yn = 360, ywd = 20 e Hyt = 418. La somma di questi numeri 888 ! La parola ma$yaH da sola una "profezia", celata nei nomi delle lettere che la compongono, dell'avvento, della missione e della Crocifissione del Cristo. In quei quattro nomi, composto ognuno da tre lettere, possiamo forse vedere l?origine dei dodici Eoni del Libro Segreto di Giovanni (Nag Hammadi ): secondo questo trattato gnostico, dalla Luce che il Cristo derivano quattro Astri, ognuno dei quali comprende tre Eoni, tra i quali Sopha. Nella religione Vaishnava (un ramo del Vedanta) il Divino si manifesta in quattro aspetti, ognuno dei quali si presenta sotto tre forme. Ai "Dodici" corrispondono evidentemente i dodici "apostoli" di cui uno, Sophia, fu la causa della crocifissione. Anche "il Dodici, in alto" menzionato nell?estratto dagli Atti di Giovanni dell?Appendice I. Ma la croce potrebbe significare ancora un'altra cosa. Un pendaglio come quello della figura ovviamente un oggetto da essere appeso al collo e portato sul cuore. Ora il "centro" situato presso il cuore (vedasi qui sopra L'Albero Umano) rappresentato come un loto dai dodici petali. Esso considerato dalla tradizione la sede dello Spirito: Brahma, tm, Purusha, Krishna in Oriente, il Cristo in Occidente , e questo spiegherebbe sia la figura del Cristo in mezzo alla croce, sia la scritta "Immanuel". Un semplice pendaglio, dall'apparenza innocua ed abbastanza "ortodossa", contiene in nuce buona parte dell'Insegnamento.

Ulteriori esempi
Voi investigate le Scritture Ed esse sono quelle che rendono testimonianza di me. Se credeste a Mos, credereste anche a me, perch egli ha scritto di me. Giovanni 5:39-46. Daremo ora alcuni esempi di risultati ottenibili da passaggi della Bibbia applicando la Chiave. Quale sia il significato dei risultati (testi codificati? coincidenze?), essi sono certamente di una natura tale da invitare alla speculazione. In altre parole, fatti come quelli sotto esposti fanno ragionevolmente assumere che i maestri gnostici abbiano considerato la Bibbia come suscettibile di esegesi tramite la gematria. (1) In altro contesto abbiamo promesso di spiegare una frase tratta dallEvangelo di Filippo: E stato lui a fare la croce dagli alberi (notare il plurale) che aveva piantato. Ricordiamo il modo in cui i due alberi sono menzionati in ebraico in Genesi 2:9, cio wee haHayyim betowk hagan (e lalbero della vita nel mezzo del giardino) = 725, e wee hadat Towb wara (e lalbero della conoscenza del bene e del male). Supponiamo che anche i maestri gnostici applicassero la chiave cruciforme e che, dovendo dedicarsi a questi alberi, avessero considerato le quattro parole che circondano la parte centrale, come formanti quattro rami. Ramo maH = 138, che preso quattro volte d 552. Sottraendo 552 da 938, il risultato 386 = ye$wa, (Ges); sottraendolo da 725 d 173, il numero di bedam haelab, per mezzo del sangue della Croce. In altre parole, i due alberi del giardino dellEden producono due croci, le cui quattro braccia sono costituite dal numero 138, mentre nel mezzo rimandano a Ges e alla natura redentiva del suo sacrificio, come segue:

138 938 = 138 ye$wa 138 138

138 725 = 138 bedam haelab 138 138 Vale la pena notare nel presente contesto della parola maH, presente in Geremia 23:5, passaggio che viene considerato una profezia dellavvento di Cristo, probabilmente non senza buone ragioni, dal momento che le parole del verso, ledawid maH adiyq (per Davide un ramo giusto), equivalgono a 386 = ye$wa, Ges! La stessa espressione ricorre anche in un altro passaggio biblico, anchesso considerato profetico: Zaccaria 6:12. Il numero 138 non solo quello di maH. anche quello di:

(a) ben elohiym, Figlio di Dio (b) menaHem (consolatore), il parakletos di Giovanni 14:16, 15:26, 16:7. Inoltre, menaHem appare nellespressione (non biblica, ma interessante) ye$wa ma$iyaH uwmenaHem (Ges Cristo e Consolatore), il cui numero 888, gi trattato in precedenza. (2) Le prime parole dellEvangelo di Giovanni (en arche, in principio), sono la traduzione letterale delle prime vere parole della Genesi bere&$iyt = 913. Questo numero la somma esatta di: 211 = hadabar (il Verbo) 20 = hayah (divenne) 502 = baSar (carne) 180 = 4 x 45, dove 45 = adam (uomo) Quindi 913 = adam Hadabar adam hayah adam baSar adam Si tratta di Giovanni 1:14; infatti nelluomo che il Verbo si fatto carne.

La stessa parola bere&$iyt = 913 la somma esatta di 386 = ye$wah (Ges) 384 = ma$yaH yhwh (lUnto di Dio, il Cristo) 143 = ben ha&elohiym (il Figlio di Dio) Lespressione ma$iyah yhwh si trova in 1 Samuele 24:7, 1 Samuele 26:9, 2 Samuele 1:14, ecc. Ci chiediamo se qualche cristiano abbia mai notato questi fatti. Le stesse parole producono una quantit di altri risultati curiosi, di cui citiamo i seguenti. (4) 913 = 17 + 214 + 301 + 90 + 291 17 = Towb (buono) 214 = rwaH (respiro, aria) 301 = e$ (fuoco) 90 = myim (acqua) 291 = re ( terra) Ricordiamo che la luce detta essere buona in Genesi 1:4. Abbiamo quindi dato per assunto che buono sia in questo caso un sinonimo di luce. Si ottiene una croce: aria

fuoco luce terra

acqua

che porta al centro dei quattro elementi la Luce (la Quinta Essentia, lAkasha ind, lEtere luminoso). (5) In Genesi 2:8 si legge: wayTa yhwh gan beden miqdem (e il Signore Dio piant una giardino nelleden, a Oriente). Ora, le parole bere&$iyt = 913 = 177 + 4 x 184, dove 177 = gan den (il giardino dellEden) 184 = miqdem (a Oriente) Quindi: 913 = miqdem miqdem gan den miqdem miqdem Si tenga comunque conto che stata apportata una lieve variazione sostituendo gan den (il giardino dellEden) a gan beden (un giardino nellEden). (6) E un fiume usciva dallEden per irrigare il giardino, e da l si divideva, per formare quattro capi Genesi 2:10 Questo uno dei due testi che ci hanno suggerito luso della chiave cruciforme, essendo laltro quello relativo alla spartizione delle vesti di Ges durante la crocifissione (Giovanni 19:23-24). I nomi dei quattro fiumi, tratti da Genesi 2:11-14, sono piy$own = 446, giyHown = 77, Hidqel = 142, perat = 680. Per irrigare il giardino suggerisce lidea della vegetazione, della quale conosciamo i due alberi. Analizziamo la somma, 1345, come segue: 233 = e haHayyim (lAlbero della Vita) 932 = e hadat Towb wara (lAlbero della Conoscenza del Bene e del Male) 4 x 45, dove 45 = adam (uomo) adam e haHayyim e hadat Towb wara

adam

adam

adam

Miscellanea
L'errore di Nicodemo La Guarigione dell'Ammalato alla Piscina La Croce Il Segno della Croce L'Avatra Una sola Vita La Religione LUomo dei Dolori La danza mistica e la Croce di Luce Letica gnostica

L' errore di Nicodemo


"Ecco che vi era un fariseo, chiamato Nicodemo, un capo dei giudei. Costui and da Ges di notte, e gli disse: Rabbi, noi sappiamo che tu sei un maestro venuto da Dio, poich nessuno potrebbe dare i segni che tu dai se Dio non fosse con lui" (Giovanni 3, 1-2). "Un capo dei giudei": i "giudei", nel vangelo di Giovanni, rappresentano la classe ilica di esseri umani. "Capo" rchn nell'originale, e rchn il termine tecnico gnostico per indicare un potere od un agente del Demiurgo. Giovanni 12,31, con le parole ho rchn to ksmou totou ("il principe di questo mondo"), si riferisce appunto al Demiurgo, i cui agenti, nelle parole di Paolo (1 Corinzi 2, 6-8), sono hoi rchontes to ainos totou ("i prncipi di questo eone", cio del mondo quaggi). Perci anche il nome "Nicodemo" pu essere significativo, dato che in greco esso significa "vincitore del popolo", e la heimarmn (fato, karma) appunto quel potere del Demiurgo che "vince" il "popolo" tenendolo asservito. Il Demiurgo regna nel Volto oscuro di Sophia, e perci ogni suo agente o potere si muove nell'oscurit. Non a caso dunque Nicodemo si reca da Ges di notte. Ora come pu il Demiurgo, o qualunque suo agente od essere in suo potere, comprendere la natura di quanto risplende al di l della sua sfera? Prima di tutto, un tale essere non pu ragionare che in termini di causa ed effetto (heimarmn), e crede quindi di poter riconoscere un Avatra (Incarnazione divina) dai "segni" da esso dati. In altre parole, crede di poter misurare la dimensione divina al modo stesso in cui misurerebbe l'abilit di un prestidigitatore. Ges non perde tempo a spiegargli la differenza, ma mette subito a fuoco la cecit di Nicodemo e la condizione per guarirne: "In verit, in verit ti dico che salvo che uno sia nato nthen, non pu vedere il Regno di Dio" (3,3). Anthen significa tanto "di nuovo" quanto "dall'alto", e Nicodemo, naturalmente intendendo solo il primo dei due sensi, lo interpreta in termini di tempo e di "reincarnazione": "Come pu un uomo nascere di nuovo quando sia vecchio? Pu egli entrare una seconda volta nel grembo di sua madre, e nascere?". Nicodemo uno di quelli che credono che uno possa raggiungere l'infinito aggiungendo passo a passo, o che l'eternit sia una somma infinita di giorni. Egli crede che la heimarmn possa alla fine produrre ci che trascende causa ed effetto.

Allora Ges cerca di aprirgli gli occhi: "In verit, in verit ti dico che salvo che uno nasca (da acqua e) da Spirito (Pnema) non pu entrare nel Regno di Dio" (le parole tra parentesi sono assenti da un certo numero di antichi manscritti). Poi gli spiega come le nature ilica e pneumatica siano incompatibili, e quale sia la differenza tra il mondo asservito alla heimarmn e quello della libert propria dello Spirito: "Quel che nato dalla carne carne, e quel che nato dallo Spirito Spirito. Non meravigliarti ch'io t'abbia detto: Dovete rinascere dall'alto. Lo Spirito (pnema nell'originale; ma le edizioni "ortodosse" traducono "il vento") spira dove vuole, e tu ne odi la voce, ma non sai di dove venga n dove vada". Infine Ges chiarisce il senso di nthen: "Nessuno mai salito al cielo se non chi sia disceso dal cielo: il figlio dell'Anthrpos (ho hyis to anthrpou)". Qui il "figlio dell'Anthrpos" l'elemento pneumatico presente nell'uomo, mentre nthen significa un movimento verticale che interviene nella catena orizzontale di cause ed effetti nello spazio e nel tempo, cio nello schma (Introduzione).

La guarigione dellammalato alla piscina


"V' in Gerusalemme, presso la porta delle pecore, una piscina ... Si trovava l un uomo che era ammalato da 38 anni. Ges, vedutolo, e sapendo che stava cos da lungo tempo, gli disse: Vuoi essere guarito? E l'ammalato gli rispose: Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l'acqua si agita, e quando mi accingo ad andarci un altro vi discende rima di me. Ges gli disse: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina. E subito quell'uomo guar ... Ora quel giorno era un sabato" (Giovanni 5, 2-9). E' cos importante che quell'uomo fosse l da precisamente 38 anni? Avrebbe fatto differenza che gli ann fossero stati, putacaso, 35 o 41, se il numero dato non avesse un senso preciso? Ora il numero 38 quello di Hol (Appendice II), che significa "impuro" o "profano": siamo dunque in presenza di una malattia morale, o di una condizione che precede l'iniziazione nella Comunione pneumatica. Inoltre 38 il numero di ha&bel, che la bibbia dei LXX traduce con pthos ("passione, sofferenza"), uno dei termini tecnici gnostici che descrivono la condizione della Sophia "caduta". Si noti che l'ammalato sta invano tentando di guarire mediante l'acqua, cio di ottenere con mezzi psichici (in senso gnostico) quella guarigione che solo lo Pnema, il Salvatore interiore, pu dargli. La guarigione avvenne di sabato, fatto altamente significativo poich, ricordiamo, il "sabato" significa nella Gnosi la stessa cosa che il Nirvna del Buddhismo Mahyna: non il riposo, bens la rinunzia al riposo per l'opera di redenzione di tutte le creature, come spiegato nello Evangelo della Verit (XVI, 7-10): "Perfino di sabato, per la pecora che Egli trov caduta nel burrone, Egli oper, ne salv la vita, la trasse dal burrone, affinch voi possiate comprendere nel vostro cuore -- voi siete figli della Gnosi del Cuore! -- che cosa il Sabato: il giorno in cui non si conviene alla Salvezza di rimanere oziosa". Il nome della piscina problematico, poich nei testi pervenutici appare in tre versioni: Bethzatha, Betsaida e Bethesda.Noi propendiamo per Bethesda, che secondo la Grimm's Wilke's Clavis

l'aramaico beyt Hesda& ("la casa della compassione"), che ci sembra assai appropriato. Inoltre beyt Hesda& = 485 = elab hama$yaH ("la croce del Cristo"), l'unico mezzo di redenzione (gnosticamente inteso). La piscina ha 5 portici: se aggiungiamo 5 a 485 otteniamo 490 = beyt haHokmah, "la dimora di Sophia".

La Croce
Sarebbe un grave errore ritenere che il concetto gnostico di Croce (Limite) e della crocifissione superna del Salvatore su di essa costituiscano una svalutazione della "croce di legno" del Golgota, o la sua negazione per via di una "interpretazione simbolica". Al contrario, la Gnosi molto serie e sincera nell'affermare perfino la necessit della "croce di legno" o di qualche suo equivalente, una volta stabilitone il Modello pleromatico. Ci perch tempo ed eternit sono simultaneamente presenti in Sophia come le due facce di una medaglia. Per questo la Gnosi si spinge a dichiarare senza esitazioni che Dio non sarebbe Dio se Egli non fosse al tempo stesso il Crocifisso. L'Eternit che ha sede nel Volto luminoso di Sophia si rifrange nel tempo nel Suo Volto oscuro attraverso il prisma del Limite. Siccome allora tutto quello che avviene nella storia avviene in Sophia, non neppure possibile la visione dualistica di eventi che accadano "quaggi" mentre il Modello eterno se ne trova "lass", dato che tutto il "quaggi" non separato dal "lass", bens vi integralmente compreso. Tuttavia, da un punto di vista gnostico, la Croce del Golgota fu solo una delle possibili traduzioni temporali del Modello eterno, la Croce del Figlio, che sulla terra pu prendere forme diverse. E non la sofferenza in s, od i mezzi orribili che la crudelt umana pu escogitare per infliggerla, o la sua sorgente in cause naturali, ad essere significativi: la prontezza ad affrontarli, l'accettazione volontaria del dolore e della morte per il bene di tutte le creature, a costituire il segno della Divinit. Certamente vi un solo Christs, chi pu negarlo? Ma come possiamo imporre limiti alla Sua compassione, proibendoGli di visitare popoli o terre od ere o mondi che possano aver bisogno di quel sacrificio di S che la Sua presenza? "Altre pecore Io ho, che non sono di questo gregge; anch'esse Io devo condurre, anch'esse udranno la mia voce, finch vi sia un solo gregge, un solo Pastore" (Giovanni 10,16). Qui, per uno Gnostico, il "solo Pastore" il Cristo, non un qualsiasi essere umano, mentre il "solo gregge" la Comunione di tutte le anime nell'Ekklsa. Per ogni Cristiano, sia "ortodosso" che gnostico, la Croce ed il Crocifisso dovrebbero avere la massima importanza quali simboli della natura stessa di Dio, il cui Amore e la cui Compassione si esprimono nel Sacrificio di S senza condizioni, senza remore, senza limiti. Al tempo stesso la Croce descrive il sentiero che deve seguire chiunque voglia avvicinarsi a Dio. Compresa in tal modo, i simboli della Croce e del Crocifisso potrebbero essere accettati da tutti gli uomini, qualunque sia il loro credo, a meno che questo consista nella negazione di quei supremi valori, e nell'affermazione dell'odio e dell'egoismo. E' di moda in questi giorni, nella nostra infelice Italia, il togliere o voler togliere il Crocifisso dalle aule pubbliche. Se avesse prevalso il modo gnostico di intenderLo, simbolo universale spoglio di ogni connotazione confessionale, certe pretese non si sarebbero manifestate. A questo proposito da menzionare un'altra delle mode odierne, quella di parlare delle "tre grandi religioni monoteistiche", dimenticando purtroppo che l'idea dell'Incarnazione anatema per due di esse, ed ignorando che il monoteismo apparso per la prima volta nel Rig Veda millenni or sono, che esso proprio del Vedanta e della religione Vaishnava ("vishnuismo") in India, e che il Dio unico dei Veda non mai stato un dio tribale. Un raggruppamento pi consono sarebbe quello delle

religioni che, oltre ad essere monoteiste, accettano l'idea che Dio possa presentarsi a noi sotto forma di essere umano, che Egli possa essere non solo "lass", ma anche "quaggi", e non solo per gli esseri umani, ma per tutte le Sue creature.

Il Segno della Croce


ExcTh 80,3: "Chi stato sigillato per opera del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (cio, nel linguaggio gnostico, del Padre, del Figlio e della Madre -- si veda l'Introduzione) non pi soggetto agli assalti di tutti gli altri poteri, ed libero dalla triade di corruzione grazie ai tre Nomi; dopo aver portato l'immagine dell'uomo terrestre, ora rivestito dell'immagine dell'uomo celeste" (l'ultima frase un'eco di 1 Cor. 15,49). Letto fuori contesto, questo passo sembra riferirsi soltanto all'uso liturgico del Segno della Croce; ma il senso che esso ha nell'insegnamento valentiniano pi vasto e profondo: ExcTh 42,1 - 43,1: "La Croce il Segno del Limite nel Pleroma, poich separa quanti posseggono la Pistis da quelli che non la posseggono, proprio come il Limite separa il Pleroma dal ksmos. Ecco perch Ges, portando i Semi sulle Sue spalle per mezzo del Segno, li introduce nel Pleroma. Per questo Ges detto essere le spalle del Seme, mentre il Cristo ne il Capo. Perci detto: 'Chi non porta la sua croce e non mi segue non mio fratello'. (Il Cristo) ... si rivest del corpo di Ges, che consustanziale alla Ekklsa. Cos essi (i Valentiniani - ndt) dicono che quelli della Destra (gli Psichici - ndt) conoscono i nomi di Ges e del Cristo, anche prima della Parousa, ma non conoscono il potere del Segno (della Croce)". Non abbiamo tradotto Parousa per sottolinearne il vero senso (e quello in cui il vocabolo inteso dagli Gnostici), che quello di "Presenza" (nel NT talvolta proiettata nel futuro, col senso di "venuta del Cristo alla fine dei tempi"). Quindi il "potere del Segno", cio la sua efficacia, noto solo a coloro i quali riconoscano in s la Presenza cristica. Ma qual questo potere? Prendendo a prestito termini propri della Gnosi orientale, possiamo definire il Segno come costituente ad un tempo uno yantra (diagramma mistico), una mudr ("sigillo, segno, gesto rituale simbolico") ed un mantra (formula mistica contenente il Nome di Dio). In quanto yantra esso mostra, verticalmente, il Padre che Si manifesta nel Figlio attraverso l'orizzontale che indica la Madre (che, come sappiamo, la Gnosi chiama anche "Spirito Santo"). L'orizzontale richiama dunque uno specchio nel quale il Padre vede Se stesso nel Figlio (Introduzione ). La mudr porta la mano a toccare per primo il chakra ("ruota") frontale (Nos), poi quello cardiaco (Anthrpos) ed infine a traversare quello gutturale (Logos), ove la verticale e l'orizzontale si incrociano. Cos vengono segnati le tre "ruote" superiori. Queste "ruote" vengono pi comunemente chiamate "centri" o "loti". Ben note al Rjayoga indiano, non sono rimaste sconosciute all'esoterismo occidentale (vedansi le Appendici II e III).

L'orizzontale tracciata da destra a sinistra nella Chiesa Orientale, e da sinistra a destra in quella Romana. Da un punto di vista gnostico i due movimenti dovrebbero essere eseguiti entrambi. Se si comincia dalla destra, si vuol dire che la Compassione della Madre superna discende verso l'anima, la quale ne viene redenta e pu perci risalire (movimento da sinistra a destra) alla sua Sorgente. Se si comincia da sinistra, si vuol dire che l'anima invoca la Compassione divina la quale pronta discende (movimento da destra a sinistra) a soccorrerla. Entrambi i movimenti orizzontali implicano l'opera del Salvatore, significata dalla verticale che viene traversata due volte. Il mantra consiste nei Tre Nomi, accompagnati dalla consapevolezza del simbolismo qui sopra descritto.

L' Avatara
"L'Avatra sempre il medesimo: il Dio unico S'immerge nell'oceano della vita, Si incarna, e si chiama Krishna. Si immerge una volta ancora, riemerge altrove nell'umanit, e si chiama Ges". "Nessuno si immagina l'immensit del sacrificio cui Dio si sottopone quando Si incarna". Shr Rmakrishna

I termini sanscriti avatra e avatarana (dalla radice trr-, che significa "oltrepassare", col prefisso ava- che indica un moto discendente) significano pi o meno quello che i Cristiani intendono per "Incarnazione". Noi tuttavia li preferiamo per due ragioni: (1) la stessa loro radice si ritrova nel nome traka, che vuol dire "salvatore" e "traghettatore" (attraverso il Limite, "all'altra sponda", come intende la Gnosi); (2) nel termine "incarnazione" sembra essere la "carne" la meta finale, mentre essa costituisce se mai solo uno strumento. Secondo la dottrina vedantica, il Divino discende nell'Umano grazie ad una forma della Sua Energia detta anugrahashakti, cio "potere redentore" (la Grazia, Chris, della Gnosi occidentale), e ci conformemente a quanto dice la Bhagavadgt in quattro versetti chiave (IV, 7-8; XV, 7; X, 42): "Ogni qual volta la spiritualit declina e l'ingiustizia prevale, Io Mi manifesto. Per la protezione dei giusti, per la distruzione del male e per ristabilire la Norma, Io nasco di era in era". "Un frammento (amsha) eterno di Me stesso, divenuto uno Spirito vivente nella sfera della vita, attrae a s i sensi di cui la mente (manas) il sesto". "Sostenendo questo intero universo con un singolo frammento (amsha) di Me stesso, Io rimango". Comprendere la natura dell'Avatra ed il modus operandi della Sua discesa non facile, poich l'insondabilit dell'Incarnazione quella stessa di Dio. Ci potr tuttavia aiutare una famosa Domanda, ed un confronto tra due passi scritturali. Egli chiese loro: "E voi, chi dite che io sia?" E Simone Pietro rispose, dicendo: 'Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio Vivente". E Ges:"Beato te, Simone figlio di Giona, poich n la carne n il sangue te l'hanno rivelato, bens il Padre mio che nei cieli. Ed io ti dico: Tu sei Pietro, e su questa pietra edificher la mia chiesa..." (Matteo 16: 15-20). Questo, nella sua versione canonica, quanto chiese Ges ai suoi discepoli, a Cesarea di Filippo. In quella occasione Ges avrebbe dato conferma della Sua missione messianica ed al tempo stesso fondato la Chiesa mettendole a capo Pietro, il solo tra i discepoli che Lo avesse riconosciuto. E

sappiamo quanta importanza il contenuto della risposta e la sua attribuzione a Pietro abbiano avuto nella formazione di una tradizione basata sul dogma e sull'autorit di una gerarchia. Ma vi un'altra versione dell'episodio, che si trova nel logion 13 dell'Evangelo di Tommaso: Ges disse ai suoi discepoli: "Paragonatemi a qualcuno; ditemi a chi somiglio". E Pietro gli rispose: "Tu sei simile ad un angelo giusto". Matteo gli disse: "Tu sei come un saggio filosofo". Ma Tommaso gli rispose: "Signore, la mia bocca del tutto incapace di dire a chi tu possa essere paragonato". Allora Ges gli disse: "Io non sono pi il tuo maestro, poich tu hai bevuto a quella sorgente impetuosa che io ho misurato, e ne sei stato inebriato". Si notino, nel testo canonico ed in quello gnostico, i diversi contenuti delle domande e delle relative risposte. Il dogma e l'autorit hanno bisogno di identit sicure, di crismi ufficiali e di ruoli ben determinati. Ora per tutto quello che pu essere definito e classificato rimane necessariamente confinato alla sfera mondana, ove pu essere organizzato e gerarchizzato. La risposta di Pietro, come riportata da Matteo, non esce dai confini di questa sfera. Infatti, anche se l'Evangelista le attribuisce in fondo la stessa Sorgente che ispira quella di Tommaso, poich la dice dovuta ad una rivelazione del Padre, non ne vede altro risultato che la fondazione di una chiesa. Invece all'Ineffabile ci possiamo avvicinare solo per mezzo di paragoni e di simiglianze. L'Avatra trascende ogni forma e definizione, e perci anche ogni limite di spazio, tempo, razza, lingua e religione. un Mistero che rifiutandosi a comode etichette si sottrae ad ogni applicazione utilitaria. Incarnazione del divino Pardeigma della Salvezza, l'Avatra ha ben altro da fare che fondare una chiesa. La "sorgente impetuosa" s "misurata" (si veda la nota) dalla Persona dell'Incarnazione per renderla accessibile all'umano; ma la sua profondit Vi rimane integra ed intatta. A chi comprenda perci che non ci si pu accostare al Mistero con l'intenzione di ingabbiarlo, l'Avatra dona la Sua libert. Per chi rinunzi a farne un mezzo, Egli diventa una Via, la Via che permette l'accesso alla Sorgente d'acqua viva, quella stessa che scorre in ogni Incarnazione divina. Accedere a quella Sorgente Conoscenza (Gnosi), e questa Conoscenza la risposta che l'Avatra spera sia data alla Sua domanda. La vera risposta, ci dice l'Evangelo di Tommaso, non pu essere il frutto di elucubrazioni teologiche o filosofiche, e non quindi esprimibile in parole. Invece frutto di Grazia per chi, spogliatosi di s, si sia posto ai piedi del Divino. A lui diviene evidente che la Domanda in realt risuona da sempre e per sempre nelle intime profondit dell'anima umana, e che da queste deve venire la risposta. Tentarla altrimenti sarebbe come tendere invano uno scandaglio a cercare il fondo di un abisso insondabile. Invece in colui che si sia "inebriato" alla "sorgente impetuosa" la risposta sorge spontaneamente e porta con s la prova della sua verit e della sua genuinit. Non ha bisogno di conferme esterne; non richiede l'approvazione di autorit umane e quindi la sottomissione ad esse. una risposta di conoscenza e di libert interiore; ma non di anarchia, poich con essa l'unica vera Autorit, quella del Divino e della Sua volont che l'uomo sia integro, puro e compassionevole, si impone senza lasciare spazio a scelte che non Le siano conformi. La vera risposta richiede perci che si annulli ogni distanza tra Colui che chiede e quanti sono chiamati a rispondere. Per lo Gnostico questo l'invito alla scelta suprema tra l'effimero dicibile e l'indicibile Eterno. Per gli altri la Domanda avr valenze diverse: assurda per taluni, fin troppo facile per altri se la risposta sia prefabbricata e disponibile su richiesta, per altri ancora oggetto di ricerca storica o filosofica. Ma per tutti una sfida perenne:

"E voi - voi ! - chi dite che Io sia?".

Nota: Nel senso che deve attraversare il Limite, il quale definisce la "misura" di ogni essere presente in questo mondo. Si confronti EvPh 62,18: "Il Cristo stato misurato; il Nazareno e Ges sono quelli che Lo hanno misurato". Si noti la distinzione tra Ges ed il Nazareno, che viene incontro alla nostra tesi che "Nazareno" significhi il "Ges disseminato" (Introduzione ).

Una sola Vita


Tutti gli esseri sono soltanto il vostro s moltiplicato. Svm Viveknanda (Salvation and Service, Advaita Ashrama, p. 9)

E' stato spiegato nell'Introduzione che il modello gnostico della creazione non prospetta un artigiano cosmico che fabbrichi esseri ed oggetti "dal nulla", bens un essere vivente il quale, come una pianta, proietti da s rami, foglie, fiori e frutti, di modo che una sola vita scorre nel tutto, senza soluzioni di continuit. E' ovvio che questo concetto costituisce la base pi solida che mai possa essere immaginata per l'etica, senza bisogno alcuno di precetti addizionali che invitino alla carit, alla compassione, alla fratellanza, alla solidariet. Ma altrettanto ovvio che il medesimo concetto non ammette distinzione alcuna tra esseri che debbano essere l'oggetto di un comportamento etico ed altri che possano esserne esclusi. Per la Gnosi, l'orientale come l'occidentale, tutti gli esseri sono fatti ad Immagine di Dio, poich tutti sono partecipi della medesima Vita divina. Per cui sarebbe salutare che gli umani comprendessero che la virt non funzione dell'oggetto, bens una qualit del soggetto. Se si crudeli verso un animale, si crudeli, e basta. Se uno capace di essere crudele, questa una macchia sulla sua anima, indipendentemente dall'oggetto della sua crudelt. La Vita una, come quella che scorre in ognuno di noi. Se ci viene punto un dito, tutto il corpo ne soffre, e non diciamo: "Oh, solo un dito!". Invece sentiamo spesso dire: "Oh, solo un cane!" quando si parli di una creatura fedele, intelligente, capace d'amore come pochi esseri "umani" lo sono, abbandonata a morire di disperazione, poich un cane non riesce neppure a concepire una tale abbietta crudelt, n vi per lui una "religione" od una "filosofia di vita" che possa consolarlo. Amore, odio, compassione, crudelt, sono tante forme di energia, e l'energia n si crea n si distrugge: una volta liberata, prima o poi torna alla sorgente, poich solo chiudendo il cerchio in tal modo l'equilibrio pu essere ristabilito. Allora quando sventure e sofferenze si abbattono sull'umanit, proviamo a calcolare quale enorme massa di crudelt rappresentino i milioni di tonnellate di carne prodotte ogni giorno per stomaci che potrebbero benissimo farne a meno, gli inutili esperimenti "scientifici" che spesso hanno solo scopi di mercato, i pellami di buona qualit ottenuti scuoiando vivi i cani nella pagana Cina (http://www.nonlosapevo.com) od i cuccioli di foca nel cristiano Canad. Proviamo a capire tutto questo; proviamo a farlo capire. Chi vede Me in ogni esistenza, ed ogni esistenza vede in Me, costui non mai separato da Me, n Io

lo sono da lui. Colui che, consapevole dell'unit del tutto, Mi adora sapendoMi presente in ogni essere, questo vero uomo di religione dimora in Me, qualunque sia il suo modo di vita. E colui che misura il piacere ed il dolore di ogni essere con lo stesso metro che egli applica a se stesso, questo vero uomo di religione Io lo considero il migliore (Bhagavadgt VI, 30-32).

La religione
Quando si parla di religione si pensa a luoghi di culto, a preti, a pratiche varie implicanti mani giunte, occhi rivolti al cielo, genuflessioni, pii sospiri ed altro del genere. Ogni gestualit riflette uno stato interiore, e se in molti casi questo stato pu essere vera e sincera devozione, in altri pu essere mera simulazione ed ipocrisia. Ma anche vero che una vera e sincera devozione dovrebbe implicare un rispettoso riserbo nei confronti di quello che in ultima analisi un intimo rapporto tra Dio e l'uomo non solo, ma un rapporto nel quale Dio d e l'uomo non fa che ricevere. L'uomo veramente religioso si astiene perci dall'esibire la propria religiosit. D'altra parte, che bisogno c' di dare segni esteriori di un modo di vita che il pi ovvio e naturale che si possa immaginare? La religione non un'opzione, un qualcosa in pi da aggiungere alle nostre normali attivit e riservato a certi giorni della settimana. Se le nostre radici sono in Dio, da Dio che, come ogni pianta sana, dobbiamo trarre la nostra linfa vitale. Tutto qui, e perci non v' bisogno alcuno di pubblicizzare questo modo di vivere. Per questo l'uomo di vera religione un uomo del tutto normale, con abitudini normali, linguaggio normale, relazioni normali. Ma l'uomo veramente religioso si astiene anche dal giudicare la religiosit altrui, dal misurarne la sincerit, dall'approvare o disapprovare i modi nei quali essa viene manifestata. Semplicemente ci non affar suo. Il vero Soggetto di ogni vera religiosit Dio, ed a Lui solo compete ogni giudizio. Quale che sia il modo in cui gli uomini Mi adorano, in ogni modo Io li abbraccio nel Mio amore: comunque il Mio sentiero quello che essi percorrono (Bhagavadgt IV, 11). Perci l'uomo di vera religiosit non erige barriere tra s e gli altri, tra il proprio modo di avvicinarsi a Dio e quello altrui. Pu allora capitare perfino che egli accompagni per qualche tratto altri che salgono la montagna per una via diversa dalla sua, e che li accompagni secondo il loro modo di percorrerla, sapendo che la meta la medesima. L'uomo di vera religiosit cerca di comprendere e di partecipare, sapendo bene, al tempo stesso, che attaccamento ed avversione alle forme sono i due lati di una stessa medaglia.

L' Uomo dei Dolori


Nel Koninklijk Museum voor Schone Kunsten ("Museo Reale delle Belle Arti") di Anversa si pu ammirare un quadretto straordinario il quale, per il soggetto che rappresenta, noto come De Man van Smarten tussen de H. Maagd en de H. Katharina ("l'Uomo dei Dolori tra la Santa Vergine e Santa Caterina"). Non si conosce il nome del suo autore, che viene designato "Il Maestro della Santa Veronica di Monaco (Baviera)". Il permesso di riprodurre De Man van Smarten in questo sito ci stato generosamente concesso dai Responsabili del Museo, che ringraziamo di cuore. L'espressione "L'Uomo dei Dolori"" deriva da una frase del passo profetico di Isaia 53,3: "Uomo dei dolori, che ben conosce la sofferenza". A prima vista la pittura rappresenta la storia di Ges dalla Nativit (il bimbo tra le braccia della Vergine) alla Resurrezione, passando per la Passione. Ma si notano alcune incongruenze. (1) La prima di queste il sepolcro: i quattro vangeli sono concordi nel dire che era una tomba scavata nella roccia con una pietra che ne chiudeva l'apertura, mentre qui si ha una comune cassa (per di pi troppo piccola rispetto al corpo che avrebbe dovuto contenere). (2) La seconda incongruenza costituita dalle tre vesti sotto i piedi di Ges. Matteo 27,35 dice: "Si spartirono le sue vesti tirandole a sorte". Marco 15,24 : "Si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse". Luca 23,34 : "Dopo essersi poi divise le sue vesti, le tirarono a sorte". Nessuno dei tre sinottici parla di tre vesti. Giovanni 19,23-24 pi preciso: "... presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora quella tunica era senza cuciture ... Perci dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca ...". Quello che non torna nella pittura il coltello posto sopra le tre vesti, che potrebbe essere quello che serv a dividerle. Ma nessuno dei sinottici giustifica il coltello, poich delle vesti possono essere divise e distribuite senza essere tagliate. Se il pittore pensava a vesti stracciate mediante un coltello, aveva in mente Giovanni, che distingue tra quelle fatte a pezzi e quella lasciata intera. Ma allora le vesti non dovrebbero essere intere, e si dovrebbero vedere quattro pezzi (pi eventualmente la tunica). (3) La teoria che la pittura rappresenti solo la storia della vita di Ges non spiega neppure la presenza di Santa Caterina. Questa santa la Santa Caterina d'Alessandria, la quale, morta all'inizio del 4 secolo, non poteva far parte della storia di Ges . Questa Santa simboleggiata da una ruota, poich fu legata ad una ruota prima di essere martirizzata e poi decapitata (la spada). perci la santa patrona dei fabbricanti di ruote. nostra esperienza che tali incongruenze segnalano spesso un messaggio celato, destinato a chi pu riconoscerlo. Ed infatti, per chi abituato ad un certo simbolismo, saltano subito agli occhi la Vergine, le tre vesti, la spada con la ruota di Santa Caterina, e quella croce di cui non si vede l'asta

centrale, accompagnata invece da due aste laterali, una la lancia che fer il costato di Ges, l'altra la canna con la spugna della bevanda amara che Gli fu data da bere. Orbene: (a) la Vergine (Maagd in fiammingo, detta anche in tedesco Madonna), la Madre (Moeder in fiammingo, Mutter in tedesco) di Ges, richiama la lettera m, tanto pi che il nome di questa lettera, meym, significa "acqua", mentre il blu della veste della Vergine il colore dell'acqua; (b) le tre vesti in basso, stranamente erette, ricordano la forma della lettera ebraica $, che presenta appunto tre aste verticali; (c) la spada e la ruota di Santa Caterina formano il numero 10, che il valore numerico della lettera ebraica y; (d) il braccio orizzontale della Croce con le due aste verticali (la lancia e la canna) riproduce esattamente la forma della lettera ebraica H (per questo era necessario nascondere l'asse verticale della croce). Insomma abbiamo in tutto la parola m$yH (ma$yaH, Christs), che ben conosciamo. Per le lettere ebraiche ed il loro valore numerico si veda la Appendice II. chiaro che non pu trattarsi di quattro coincidenze simultanee, e perci dobbiamo chiederci perch mai il pittore abbia voluto scrivere "Messia", in ebraico, attorno alla figura del Risorto, escludendo ovviamente l'ipotesi che egli abbia inteso soltanto fare sfoggio di cultura. Intanto, visto che l'autore del quadretto conosceva il valore numerico delle lettere ebraiche (spada e ruota = 10), possiamo cercare altri numeri. Ve ne sono, come vedremo; ma per ora basti segnalare che il Pellicano in alto, in ebraico kows = 86, sommato al 300 della $ in basso d 386 = ye$wa ("Ges"). Questo produce una linea ideale verticale, mentre le due Vergini ne formano una orizzontale: ancora la Croce (ma, ora, non pi la croce di legno!), che, come sappiamo, nella Gnosi valentiniana rappresenta il "Limite" del Pleroma, sul quale si crocifigge volontariamente il Cristo. Ma la linea verticale simbolo del "maschio" (il Salvatore), come quella orizzontale lo della "femmina" (l'anima); quindi la Croce anche simbolo delle "Nozze sacre" che uniscono l'anima al Cristo. Vediamo poi che le quattro lettere tracciano un moto circolare, di discesa a sinistra e di risalita a destra, passando per il sepolcro in basso. Vediamo anche che il moto circolare ripetuto altrove. Il calice posto in basso a sinistra evidentemente destinato a raccogliere il sangue sgorgato dalla ferita, e qui si ha un moto discendente. Alla destra della Croce vi la canna con la spugna dell'aceto, o vino misto a mirra, che fu sollevata verso il Crocifisso. Anche qui il moto rotatorio antiorario, proprio come quello delle lettere m$yH. Che senso ha questo moto circolare? Il sangue che sgorgato viene raccolto dal Calice il Sangue di Ges, dam ye$wa = 430 = npe$, cio "anima". L'arco discendente significa allora la discesa del Seme pneumatico il quale, consustanziale al Cristo, giustamente rappresentato dal Ges bambino tra le braccia della Vergine, la quale rappresenta ovviamente la Madre divina nel Suo aspetto di Sophia. L'Acqua rappresentata dal blu della sua veste si riferisce perci al Battesimo (Introduzione 8), mentre acquista senso anche il sepolcro anomalo, che evidentemente significa lo stato di "morte" o di alienazione derivante dalla caduta dell'anima nel divenire. Ma anche S.ta Caterina rappresenta un aspetto della Madre, la quale, nella Gnosi occidentale come in quella indiana, descritta sotto due aspetti, che gli indiani chiamano "Avidy My" (My di ignoranza) e "Vidy My" (My di conoscenza, cio Gnosi o Jnna) rispettivamente. La prima (Maria) rappresenta una forza discendente che introduce la Scintilla divina nel mondo naturale; la seconda (S.ta Caterina) una forza ascendente che permette alla Scintilla di liberarsi dal divenire s

da poter infine salire al Divino. Per questo "Maria" situata a sinistra, sull'arco discendente, mentre "Santa Caterina" (kathar = "pura", per cui la veste bianca le posta vicina) situata a destra, sull'arco ascendente. La sua spada quella che taglia i legami che tengono la Scintilla avvinta al divenire, cio alla ruota (e secondo la leggenda Santa Caterina si liber dalla ruota cui era stata legata). La resurrezione , come sappiamo, la liberazione da questa catena. Insomma, alla caduta ed alla resurrezione, cio all'intero ciclo della storia dell'anima, allude l'ordine circolare che abbiamo osservato, prima discesa a sinistra, e poi risalita a destra. Il Sangue sacrificale discende dallo "Ecce Homo (Anthropos)" parallelamente al Seme pneumatico che si immerge nell'Acqua: Sangue ed Acqua, come dice Giovanni 19,34: dam uwmyim = 140 = haqahal = h Ekklsa. Ci significa che la Compassione divina accompagna la Scintilla nella sua discesa. Nella sezione 5 dell'Introduzione abbiamo parlato dell'eterno Pardeigma della Salvezza, e qui dobbiamo chiedere al lettore di rivedere quanto vi dicemmo. Riassumendo ripetiamo che proiettandosi nell'ordine temporale il Salvatore accompagna la Scintilla in tutte le sue vicissitudini, soffre con lei, muore e risorge con lei. la presenza vivente del Salvatore nell'anima umana che promette, permette ed assicura l'attuarsi in essa del disegno paradigmatico. questo il senso della ripetizione del moto circolare di m$yH nell'insieme lancia-sangue-sepolcrocanna-croce: il Sangue del Sacrificio divino discende a dar Vita eterna, mentre ogni amarezza, ogni sofferenza, viene assunta dal Crocifisso, ed ecco la spugna intrisa di bevanda amara, sulla canna che non a caso parte dalla ruota del samsra (lo schma) per giungere alla Croce. Ma la canna, parallela a Santa Caterina, significa pure che i salvati sono smphytoi al Cristo anche nell'opera di redenzione universale: anch'essi prendono su di s le sofferenze di quanti vagano ancora nello stato di morte. Questo ci riporta alla lettera H (nella sua forma ebraica: la lancia, l'asse orizzontale della croce e la canna). L'autore del quadro mostra il Cristo, al centro della H, nell'atto di esporre le proprie ferite. Il valore numerico della H 8. Secondo Giovanni 20,26, fu "dopo otto giorni" che il Risorto mostr le proprie ferite a Tomaso. Il numero 8 significa la Ogdoade (Introduzione, 2), ed allora vengono a proposito due citazioni da ExcTh: "Chi generato dalla Madre (il Bimbo in braccio a Maria) condotto alla Morte e nel mondo; ma chi rigenerato dal Cristo viene trasferito alla Vita nell'Ogdoade" (80, 1); "Il Riposo degli Pneumatici avviene nel Giorno del Signore, nella Ogdoade, appunto chiamata Giorno del Signore" (63, 1). Questo il "Luogo del Riposo" (888 -- si veda l'Appendice II). Popolarmente il giorno del riposo il settimo; ma l'ottavo (7+1) possiede un senso che il Mnard (p. 159-160), commentando il 99+1 = 100 dell'episodio della pecora smarrita (EV XVI), espone correttamente: "... si identifica l'unit al Sabbat per significare la vita nuova sia della rivelazione cristiana sia della nascita pneumatica". E molto a proposito il Mnard cita subito L'Epistola di Barnaba (XV, 7-8) ove si legge tra l?altro: "... l'inizio di un ottavo giorno, cio l'inizio di un altro mondo. Per questo noi celebriamo in letizia l'ottavo giorno nel quale anche Ges risorse dai morti ...". Quello che il Mnard non poteva sapere che l'aggiunta di un'unit per significare il passaggio dalla Morte alla Vita si trova anche nell'episodio della risurrezione di Lazzaro in Giovanni 11. "Lazzaro" Lzaros nell'originale greco, e sarebbe lazar (lzr = 307) in ebraico, invece della forma corretta elazar (&lzr = 308). Lo Abbott-Smith (vedasi la Bibliografia) spiega "Lzaros" come "una abbreviazione colloquiale di Elezaros", ma la verit un'altra. Per risuscitarlo, Ges grida: "Lazzaro, vieni fuori!". In ebraico questo : lazar e& laHuw = 532, che possiamo scomporre in 308 + 4 volte 56. Il risuscitato non si chiama pi lazar, bens 308 = elazar, mentre 56 (che appare quattro volte) il numero di yowm, che significa "giorno":

532 =

yowm yowm elazar yowm yowm

Giovanni 11, 39 ci dice infatti che Lazzaro era morto da quattro giorni. Questi quattro hanno certo la funzione di far risaltare il numero 308 = 307 + 1 mediante la chiave cruciforme; ma se leggiamo attentamente il racconto (Giovanni 11, 1-44) vediamo che i giorni ivi menzionati sono 8 in totale: i due giorni dell'attesa (11, 6), il giorno propizio per il cammino (11, 9), l'ultimo giorno della risurrezione finale (11, 24) ed i quattro della morte di Lazzaro. Ma perch questa digressione? Perch sommando la H alla $ rappresentata dalle tre vesti otteniamo 8 + 300 = 308 = elazar! L'accostamento non arbitrario, poich alle tre vesti corrispondono le tre "anime" della Gnosi valentiniana (Introduzione, 9): l'anima "ilica" o terrestre (il colore scuro), quella "psichica" (rosso) e quella "pneumatica" (bianco). Negli ExcTh leggiamo infatti che gli Pneumatici "portano le loro anime come vesti fino al Completamento" (63, 1) e che "dopo averle deposte ... entrano nella Camera Nuziale all'interno del Limite" (64). Ora, come nella pittura il Risorto raffigurato nella Ogdoade ha deposto le sue vesti (e si confronti EV V, 7), cos anche il risuscitato Lazzaro depose le sue, rappresentate, come imposto dalla situazione, dalle bende che ne avvolgevano il corpo (Giovanni 11, 44). Nel quadro di questa lettura acquistano senso altri simboli. Intanto pu darsi che il pittore abbia voluto sottolineare il numero 8. Infatti la forma delle tre vesti sembra quella di tre recipienti; poi vi sono i tre vasetti d?unguento sul sepolcro; infine vediamo il calice del sangue ed il secchio della bevanda amara: 8 in tutto. Le tre vesti in basso possono rappresentare anche le tre classi in cui la Gnosi raggruppa gli umani: gli Hyliko, gli Psychiko e gli Pneumatiko, secondo quale delle tre anime prevalga in essi, oppure anche i tre regni viventi attraverso i quali trasmigra la Scintilla: il vegetale, l'animale e l'umano. I tre colori potrebbero anche avere un'origine vedica: la Madre divina, quella che provvede i vari corpi della Scintilla, cos descritta nella Shvetshvatara Upanishad, IV, 5: "Vi un'unica Donna, dai tre colori: rosso, bianco e nero, eterna, da cui nasce una numerosa progenie della sua stessa natura". I tre colori rappresentano qui le tre componenti della "Donna" nelle sue manifestazioni: l'inerzia-materialit-ignoranza (tamas, nero), l'energia-azione-desiderio (rajas, rosso) e l'equilibrioarmonia-intelligenza (sattva, bianco). Si osservi che i tre colori sono disposti nell'ordine giusto: prima la materialit dal lato della discesa, infine la spiritualit quale preludio alla risalita. Non dobbiamo allora stupirci che la Gnosi indiana (ad esempio nella Bhagavadgt) sia perfettamente parallela a quella occidentale nel classificare gli esseri umani in Tamasici (Ilici), Rajasici (Psichici) e Sattvici (Pneumatici). Si noti pure che il rosso vivo della veste di Santa Caterina diverso dal rosso smorto della fase psichica: esso infatti significa il Battesimo di Fuoco (Chrsma - Introduzione, 8), che il pittore appropriatamente rappresenta di fronte a quello del Battesimo d'Acqua significato da Maria. Il rosso della veste di Santa Caterina richiama anche il Sangue versato dal Crocifisso, e rappresenta perci il sacrificio di s e l'amore universale dei "Perfetti". I dadi che si trovano, non a caso, sulla prima veste incontrata dal moto circolare discendente, stanno per la sorte che ad ognuno tocca nascendo, frutto per non del caso, bens del comportamente tenuto in vite passate (karma). Quanto al Pellicano, ricordiamo che esso un ben noto simbolo rosicruciano ed alchemico. Il

Pellicano nutre i suoi piccoli col proprio sangue, e ci significa che un'identica sostanza vitale scorre in tutti i membri di questa famiglia di uccelli divini. In questa pittura i piccoli del Pellicano sono tre, mentre di solito sono di pi. Allora vi vediamo una corrispondenza con lo OM dell'Induismo, il quale rappresenta il Padre in quanto suono unico, e la Madre divina, pregna del Figlio trinitario, in quanto scomponibile in tre suoni (AUM). Abbiamo appena visto che il numero del Pellicano sommato a quello delle tre vesti produce il nome di Ges. Aggiungiamo ora che i numeri del Pellicano (86) e delle tre vesti (300) sono anche, rispettivamente, quelli di elohiym ("Dio") e di rwaH elohiym ("lo Spirito di Dio"). Oltre ad indicare la proiezione del Salvatore nell'ordine temporale, ci stabilisce anche la corrispondenza che naturalmente ci attenderemmo tra i tre piccoli e le tre vesti. Ma chi era "il Maestro della Santa Veronica" ? I numeri sulla faccia superiore dei dadi (quella che conta quando li si gettano) sono 6, 5 e 4, come abbiamo verificato di persona. Sono sei le combinazioni possibili di queste cifre, e tutte, lette secondo i principii della gematria, danno significati strettamente pertinenti al soggetto del quadro. Ora tuttavia ci interessa soltanto il numero 654, il quale la somma di 124 + 530, cio yowHanan + Habalet, ossia "Giovanni" e "Rosacroce". Ha voluto l?autore servirsi dei dadi anche per apporre, celata, la propria firma? Si chiamava egli "Jan" o "Johannes", ed era egli membro della Fraternitas (*), come farebbe supporre il Pellicano? Proponiamo questo pi per curiosit che per convinzione; ma chi sa che un bel giorno non se ne abbia la conferma? (*) Il quadretto datato al 1395-1415; i primi documenti della Fraternitas sono apparsi circa due secoli pi tardi. Siamo consapevoli del possibile anacronismo. Ma la Fraternitas (o una associazione simile, od almeno il simbolismo del Pellicano e della Rosa con la Croce) avrebbe potuto esistere ben prima della pubblicazione di quei documenti. Si veda "La Rosa e la Croce" Abbiamo cos cercato di interpretare il contenuto di una straordinaria pittura, magnifico riassunto di tutta una dottrina. Essa forse non eccellente da un punto di vista meramente artistico; tuttavia, oramai, sono pi di venti anni che la contempliamo. E che dire di pi? Dopo tutto il nostro vagare, leggere, studiare, cercare, quello che noi vediamo in questa piccola immagine col tempo divenuto un punto fermo, un perno ideale attorno al quale tutto ruota. Vecchi, oramai, questa immagine anche una consolazione in vista di quella porta estrema che di giorno in giorno si fa sempre pi vicina. Essa ci mostra un Dio che la nostra mente ed il nostro cuore accettano come giusto e vero, un Dio che si impone a noi non per via di un credo o di un ragionamento, ma poich vi sentiamo l'unica risposta degna di un Dio al problema posto da questo spaventoso gorgo di follia, di dolore e di morte che ci ostiniamo a chiamare vita: la risposta di un Dio che Dio in quanto anche Crocifisso, e non solo per gli umani, ma anche per il povero cane vivisezionato. Altro Dio non sapremmo concepire.

La danza mistica e la Croce di Luce


Il brano che segue, di incomparabile bellezza e denso di dottrina, un degno complemento all'Evangelo della Verit. Esso tratto dagli Atti di Giovanni (M. R. James: The Apocryphal New Testament , Oxford 1983, pp. 253-256).

Ora, prima di essere preso dagli empi Giudei, quelli che sono governati dal serpente iniquo, Egli (il Cristo) ci raccolse tutti e disse: "Prima che io sia posto nelle loro mani, cantiamo un inno al Padre e procediamo cos verso quello che ci attende". Ci ordin poi di formare un circolo, tenendo l'uno la mano dell'altro mentre Egli stava nel centro. E disse: "Rispondete a me: Amen". Egli inton allora un inno, che diceva: Gloria a te, Padre. - E noi, movendoci in circolo, Gli rispondemmo: "Amen" (ripetuto poi dopo ogni verso) -

Gloria a te, Logos; Gloria a te, Grazia; Gloria a te, Spirito Santo. Gloria alla tua gloria. Ti lodiamo, Padre; ti rendiamo grazie, Luce dove non si trova tenebra. E rendendo grazie io dico: Io salvo, e vengo salvato. Io libero, e vengo liberato. Io vengo ferito, e ferisco. Io vengo generato, ed io genero. Io mangio, e vengo mangiato. Io odo, e vengo udito. Io vengo pensato, e sono pura Intelligenza. Io vengo purificato, ed io purifico. La Grazia danza. Io ne suono la melodia. Danzate tutti. Io soffro. Doletevi tutti. L'Una Ogdoade canta con noi un canto di lode. Il Dodici, in alto, danza. Il Pleroma, in alto, prende parte alla nostra danza. Chi non danza, non sa quello che sta accadendo. Io vado lontano, ed io rimango. Io ordino, e vengo ordinato. Io vengo unito, ed io unisco. Dimora non ho, ed ho dimore. Un luogo non ho, ed ho luoghi. Un tempio non ho, ed ho templi. Una lampada sono io per te che mi guardi. Uno specchio sono io per te che mi vedi. Una porta sono io per te che a me bussi. Una via sono io per te viandante. Ora rispondi tu alla mia danza. Contempla te stesso in me che parlo, e vedendo quello ch?io faccio mantieni il silenzio riguardo ai miei misteri. Tu che danzi, vedi e comprendi quanto io faccio, poich tua questa passione dell'Uomo, che io mi accingo a patire. Poich tu non avresti potuto affatto capire quello che tu soffri, se io non fossi stato mandato a te, come Parola del Padre. Tu che hai veduto quello che io soffro hai veduto me, il Sofferente, e vedutomi non sei rimasto impassibile, ma sei stato commosso, mosso ad essere savio. Tu hai me come letto: riposa su me. Chi io sono, tu saprai quando io partir. Quello che ora sembra ch'io sia, quello non sono. Tu vedrai quando tu verrai. Se tu avessi saputo come soffrire, avresti avuto potere di non soffrire. Impara a soffrire, e sarai capace di non soffrire. Quello che tu ignori, io stesso te lo insegner. Io sono il tuo Dio: non lo il Dio del traditore. Io rester in tono con le anime sante. Conosci in me la Parola di Sapienza.

Ancora di' con me: Gloria a te, Padre; gloria a te, Logos; gloria a te, Spirito Santo. E se vuoi sapere di me, quello ch' io ero, sappi che tutte le cose con una parola ho avvolto in illusione senza io stesso venirne avvolto. Io ho danzato. E tu, comprendi tutto questo e, compresolo, di': Gloria a te, Padre.

* ** Allora, diletti, dopo aver danzato con noi, il Signore se ne and. E noi come smarriti o storditi da un sonno profondo partimmo, chi da una parte, chi dall'altra. Io stesso, quando lo vidi soffrire, non potei rimanere presso quella sofferenza, ma fuggii al Monte degli Olivi, piangendo per quello che era accaduto. E mentre egli veniva crocifisso, il venerd, alla sesta ora del giorno, vi fu tenebra sulla terra. Ma il mio Signore, stando in piedi nel mezzo di una grotta, ed illuminandola, disse: Giovanni, per la moltitudine, laggi a Gerusalemme, io vengo crocifisso e trafitto con lance e frecce, e fiele ed aceto mi vengono dati da bere. Ma a te io parlo, e quello che io ti dico ascolta. Io ti ho suggerito nella mente di salire su questa montagna, s da poter udire quanto si conviene ad un discepolo di apprendere dal suo maestro, ad un uomo dal suo Dio. Ed avendo cos parlato mi mostr una Croce di Luce, eretta; ed intorno alla Croce una grande mo1titudine informe; ma sulla Croce vi era una Forma ed una Simiglianza, ed anche un'altra moltitudine informe. E vidi sulla Croce il Signore stesso, ma Egli non aveva apparenza alcuna, ma solo una voce, ed una voce non tale quale era a noi familiare, ma oltemodo dolce e gentile come quella di un Dio, che mi diceva: Giovanni, necessario che uno oda queste cose da me, poich io ho bisogno di uno che mi ascolti. Questa Croce di Luce talvolta da me per voi chiamata Parola (Logos), talvolta Mente, talvolta Ges, talvolta Cristo, talvolta Porta, talvolta Via, talvolta Pane, talvolta Seme, talvolta Risurrezione, talvolta Figlio, talvolta Padre, talvolta Spirito, talvolta Vita, talvolta Verit, talvolta Fede, talvolta Grazia. Con questi nomi chiamata per gli uomini; ma ci che essa in verit,nella sua vera natura, cos come dichiarata a voi, la Croce il suggello di ogni cosa, il sicuro innalzamento di ogni cosa dal perituro all'immortale, l'armonia della sapienza ed invero la sapienza nell'armonia. E queste sono le vie della destra. Invece quelle della sinistra: poteri, autorit, signorie, demoni, operazioni, minacce, ire, Satn e la radice inferiore da cui procedette la natura delle cose che nascono. Questa Croce unisce dunque tutto in se stessa per mezzo della Parola e separa ci che da ci che nasce e si trova al di sotto. E pur essendo una si irradiata in tutte le direzioni. Ma questa non la croce di legno che tu vedrai quando discenderai di qui, n io sono colui che sulla Croce, quello che tu non vedi mentre odi soltanto una voce. Si pensato che io sia quello che io non sono, e per molti non ero quello che invece ero; anzi essi diranno di me cose diverse e vili ed indegne di me. Come dunque il Luogo del Riposo invisibile ed ineffabile, tanto pi rester io, che ne sono il Signore, invisibile ed ineffabile. Ora la moltitudine informe che circonda la Croce la natura inferiore, mentre quelli che tu vedi sulla Croce privi di forma lo sono poich non ogni membro di Colui che venne dall'alto stato ancora riunito. Ma quando la natura umana, la razza che si accosta a me ed obbedisce alla mia voce, sar riunita in me, chi ora mi ode sar parte di quell'unit e non sar pi quello che ora,

bens superiore ad essi, come io lo sono gi. Ma fintantoch tu non chiamerai te stesso mio, io non sar quello che ero; mentre se tu mi odi, tu, ascoltando, sarai come io sono, ed io sar quello che ero, quando avr te con me stesso come io sono. Poich grazie a me tu sei quello che io sono. Non curarti perci dell'opinione dei molti; non dare peso a quanti sono estranei al Mistero. Sappi che piena la mia comunione col Padre e quella del Padre con me. Nulla dunque delle cose che essi diranno di me ho io sofferto; anzi, anche quella sofferenza che io ho mostrato a te ed agli altri danzando, voglio che sia chiamata un mistero. Poich quello che tu sei, tu lo vedi, poi ch' io te l'ho mostrato; ma quello ch' io sono io solo conosco e nessun altro. Lascia dunque che io tenga quello che mio, e quello che tuo contemplalo in me, e contemplami in modo veritiero: che io sono non quello che ho detto, ma quello che tu sei capace di vedere, poich tu sei della stessa mia natura. Tu senti dire che io ho sofferto, eppure non ho sofferto; che non ho sofferto, eppure ho sofferto; che sono stato trafitto, eppure non sono stato colpito; appeso, ed io non sono stato appeso;che sangue sgorgato da me, eppure non ne sgorgato. In breve, quello che essi dicono di me non mi accaduto; ma quello che essi non dicono, quello io ho sofferto. Ora io ti dico come sono in realt tali cose, poich so che tu comprenderai. Vedi dunque in me l'uccisione del Logos, le trafitture del Logos, il sangue del Logos, la ferita del Logos, la crocifissione del Logos, la sofferenza del Logos, l'inchiodamento del Logos, la morte del Logos. E questo io dico escludendo l'umano. Vedi dunque in primo luogo il Logos: allora vedrai il Signore, ed in terzo luogo l'uomo, e quello che egli ha sofferto. Quando egli mi ebbe detto tali cose, ed altre che non so come ripetere nel modo in cui egli vorrebbe che io le ripetessi, egli fu assunto in alto, senza che alcuno della moltitudine lo vedesse. E quando io discesi, guardai con derisione a tutti loro, poi ch' egli mi aveva parlato di quello che essi hanno detto riguardo a lui, convinto in me di questo, che il Signore ha fatto accadere ogni cosa in modo simbolico, come una dispensazione per gli uomini, per la loro conversione e la loro salvezza. Avendo perci contemplato, fratelli, la grazia del Signore ed il suo tenero affetto per noi, adoriamolo come si conviene a coloro cui egli ha mostrato compassione: non con le mani, non con la bocca, non con la lingua n con alcuna altra parte del nostro corpo, ma con la disposizione della nostra anima. Adoriamo colui che divenuto uomo, distinguendolo per dal corpo; scopriremo allora che egli per nostro amore veglia sulle prigioni e sulle tombe, in celle e catene, sotto accuse ed insulti, per mare e per terra, sotto percosse e condanne, complotti, inganni e punizioni. In breve, egli con tutti noi; anzi egli stesso soffre con noi quando noi soffriamo, fratelli. E quando noi lo invochiamo egli non chiude le orecchie per noi, ma essendo in tutto ed in tutti, ci ascolta tutti, poi ch'egli il Dio di quelli che sono imprigionati, dandoci l'aiuto della sua compassione.

Letica gnostica
1. Gli Gnostici antichi sono spesso stati accusati di non avere avuto una teoria della virt, o di essere stati indifferenti al problema morale, o addirittura di essere stati dediti a pratiche orgiastiche, pur essendo ben noto che varie correnti del movimento gnostico praticavano al contrario un rigido ascetismo. Il fatto che le accuse di immoralit vengono dalla parte degli eresiologi cattolici, i quali certo non hanno perduto l'occasione di usare anche questa arma contro coloro che si proclamavano "spirituali". I Lettori potranno trovare nelle opere dello Jonas e del Filoramo, citate nella Bibliografia, un'esauriente discussione di questo problema. Lo scopo di questa Appendice di spiegare brevemente in che cosa consiste in realt l'etica gnostica, come certi malintesi possono essere sorti, e da parte di chi certe accuse furono mosse. Per prima cosa, quale caso esemplare, citiamo quello del giovane Epifanio, futuro vescovo di Salamina, che racconta di essersi imbattuto in un gruppo di gnostici dediti a pratiche orribili: banchetti orgiastici nel corso dei quali accadeva che i partecipanti si cibassero di sperma e di sangue mestruale, all'occasione perfino divorando i feti derivanti da aborti procurati in caso di incidente. A quanto pare possibile immaginare certe cose; quanto al compierle veramente, vorremmo sfidare gli stomaci pi robusti e vedere di che cosa potrebbero essere veramente capaci. Il racconto di Epifanio tradisce la sua reale consistenza quando se ne tengano presenti certi dettagli.

Epifanio stesso ci dice di essersi recato dai vescovi della citt egiziana dove a suo dire certe cose avvenivano, di avere denunziato gli gnostici e di averne fatti scomunicare novanta. Da parte nostra possiamo chiederci: che faceva il giovane Epifanio durante il "rito"? Rimaneva in disparte, col rischio di tradirsi? Infatti egli stesso, descritto il segno di riconoscimento di quella setta, precisa: "Dopo essersi reciprocamente riconosciuti, si affrettano a banchettare" (Filoramo, p. 283 -Bibliografia). Perci Epifanio, testimonio oculare, si era fatto riconoscere. Abbiamo qui evidentemente il racconto di un pentito o di un infiltrato, che con accuse infamanti ha voluto mostrare se stesso candido e puro in vista della propria carriera ecclesiastica. 2. La verit ristabilita dal Filoramo stesso in poche righe significative: "Trovano realmente le critiche di questi osservatori esterni dello gnosticismo un riscontro nei testi originali? Per quanto sorprendente e paradossale (perch? - ndr), la risposta negativa. Nessun testo gnostico di Nag Hammadi tradisce una difesa del comportamento amorale o, ancor peggio, invita apertamente ad una condotta libertina. Non parrebbe esservi contrasto pi radicale tra fonti esterne e documentazione diretta" (p. 286-7). 3. Non vi Gnostico che non potrebbe adottare quale regola di vita quella dichiarata dal Maestro stesso (Matteo 19:17-19): "Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti... Non uccidere. Non commettere adulterio. Non rubare. Non testimoniare il falso. Onora il padre e la madre. Ama il prossimo tuo come te stesso". Ma mentre non potrebbe essere dichiarata gnostica un'etica che contravvenisse a tali comandamenti, l'etica gnostica non un'etica di comandamenti: ecco l'origine di ogni equivoco nella mente di quanti pensano che la virt sia l'esecuzione di un ordine. E' sulla base di questo tragico malinteso che hanno potuto sorgere la "santa" Inquisizione ed ogni altra forma di repressione violenta di idee sgradite al potere vigente. D'altra parte i comandamenti, anche se ritenuti di origine divina, possono essere manipolati a scopi di potere. Non un caso che Ges, dai dieci comandamenti del Decalogo, abbia fatto una scelta giudiziosa eliminando quelli che potevano servire di base a posizioni autoritarie: dov', nei comandamenti di Ges, il "Dio geloso" di Esodo 20: 5, quello che "punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza ed alla quarta generazione" per coloro che lo "odiano", ma che "dimostra il suo favore fino a mille generazioni" per quelli che lo amano ed osservano i suoi comandamenti? Dov' questo Dio il cui potere si arrogano i suoi "rappresentanti" e che gli Gnostici volentieri identificano col Demiurgo? E che cosa divenuto, nella versione cattolica del Decalogo, il comandamento "Non ti farai idolo n immagine alcuna di ci che lass nel cielo n di ci che quaggi sulla terra, n di ci che nelle acque sotto la terra" (Esodo 20:4) ? Quando la "chiesa" a fare e disfare i comandamenti, "virt" sinonimo di obbedienza ad una autorit umana. 4. La virt una espressione naturale dell'anima illuminata. La virt, come l'amore, non pu essere comandata. Si pu simulare l'amore, agire come se si amasse, come se si fosse virtuosi, ma non per questo si ama, non per questo si ha la vera virt. Non si ha vera virt quando si agisce virtuosamente sperando in un premio o temendo un castigo. La vera virt, come l'amore, disinteressata. Le regole descrivono la virt, non la creano. Le regole sono essenziali al vivere civile ed al buon funzionamento di una societ, ma se possono impedire al violento di manifestare la propria violenza, non lo rendono con ci pacifico ed amorevole. La Gnosi porta l'individuo a vedere ci che bene e ci che male, ed allora la virt vera e spontanea. Questa precisazione gnostica riguardo ai decaloghi non questa una buona ragione per accusare lo Gnostico di immoralit. 5. Vari autori hanno felicemente individuato e descritto il profondo concetto gnostico del "Salvatore salvato"; ma stranamente non sono riusciti a scorgerne le ovvie implicazioni morali. L'opera di salvezza pu essere compiuta solo quando il "salvato" riconosca la propria identit col "Salvatore" e quindi ne assuma e ne manifesti la natura: questo il senso di Pstis ("Fede"), che non

accettazione acritica di un dogma, bens Amore e Saggezza. Ecco la base assoluta, indiscutibile ed indefettibile, dell'Etica Gnostica (vedasi il cap. XVII dell'Evangelo). 6. La differenza tra l'etica gnostica e l'etica cattolica altro non che la differenza tra l'etica "umanistica" e quella "autoritaria", cos bene discusse da Erich Fromm in Man for Himself, opera la cui lettura consigliamo. Riguardo al concetto di autorit Fromm dice: "Esiste tanta confusione riguardo a questo concetto poich si crede di solito che l'alternativa sia quella di avere un'autorit irrazionale, dittatoriale, o di non avere affatto autorit. Questa alternativa, tuttavia, ingannevole. Il vero problema quale specie di autorit dobbiamo avere. Quando parliamo di autorit intendiamo un'autorit razionale od irrazionale? L'autorit razionale deriva dalla competenza. La persona la cui autorit rispettata quella che funziona in modo competente nel compito affidatogli e conserva la fiducia di quelli che glielo hanno affidato. Non ha bisogno di intimidirli n di suscitare la loro ammirazione con qualit magiche; fintantoch, e nella misura in cui, egli aiuta in modo competente invece di sfruttare, la sua autorit basata su fondamenta di competenza e non fa appello a timore o meraviglia irrazionali. L'autorit razionale non solo permette, ma anzi richiede l'esame e la critica costanti di quelli che le sono soggetti. E' sempre temporanea, dato che la sua accettazione dipende dal suo buon funzionamento. La sorgente dell'autorit irrazionale, invece, sempre il potere sulla gente... Potere da un lato, timore dall'altro, sono sempre i contrafforti su cui costruita l'autorit irrazionale... per la sua stessa natura basata sull'ineguaglianza, che implica una differenza di valore" (Il, 1). Su questi due opposti concetti di autorit sono basate l'etica umanistica da un lato e quella autoritaria dall'altro. Di entrambe Fromm descrive un aspetto formale ed uno materiale: "Formalmente, l'etica autoritaria nega all'uomo la capacit di sapere che cosa bene e che cosa male: chi stabilisce la norma sempre un'autorit che trascende l'individuo. ... Materialmente, cio secondo il contenuto, l'etica autoritaria risponde alla questione di che cosa sia bene o male soprattutto in termini di interesse per l'autorit, non quelli del soggetto: sfruttatrice, anche se il soggetto ne tragga benefici considerevoli, psichici o materiali" (ibidem). Si osservino con attenzione i termini usati da Fromm per descrivere i benefici dell'etica autoritaria: essi sono "psichici" e "materiali" o, in termini gnostici, psichici ed ilici, non certo spirituali, ch questi possono solo derivare da un'etica umanistica, quella dell'Anthropos! Nell'etica autoritaria "qualcosa detto buono se buono per chi lo usa" e lo stesso vale per gli esseri viventi. Possiamo cos avere un buon cane, una buona automobile ed un buon cristiano. E "siccome sono in palio i suoi stessi interessi, l'autorit stabilisce che l'obbedienza sia la massima virt e la disobbedienza il pi grave peccato" (ibidem). 7. Anche l'etica umanistica riconoscibile sulla base di due criteri: "Formalmente basata sul principio che solo l'uomo pu determinare il criterio della virt e del peccato, non un'autorit che trascenda l'uomo. Materialmente basata sul principio che "buono" quanto sia buono per l'uomo e "cattivo" quanto gli sia dannoso: il solo criterio del valore etico il benessere dell'uomo" (ibidem). Purch, aggiungiamo noi, per "benessere" non si intenda solo il benessere materiale o la soddisfazione di qualsiasi desiderio senza tener conto delle conseguenze che ci potrebbe avere sul benessere degli altri. Sarebbe oltremodo istruttiva a questo punto la lettura del secondo capitolo del libro di Elaine Pagels, I Vangeli Gnostici, (Bibliografia), al capitolo intitolato" 'Un solo Dio, un solo vescovo' - la politica del monoteismo". Il Lettore comprender che l'odio per lo gnosticismo e le calunnie da esso generate hanno avuto un solo scopo: quello di opporsi al peggiore dei peccati, il rifiuto dell'autorit clericale, e di inculcare la massima virt: la sottomissione obbediente alla gerarchia psichica ed ilica montata dalla "chiesa".

8. Quanto sia labile, strumentale ed ipocrita il concetto di virt nell'etica autoritaria mostrato da

certi fatti storici che citiamo come esempi. La storia concerne i Ctari ("puri"), movimento cristiano gnostico originatosi nell'Europa orientale e diffusosi poi in quella occidentale soprattutto in Provenza, dove la brillante civilt occitana, col suo spirito di libert, favor il diffondersi di questa religione. Per i fatti che seguono la nostra fonte il libro di F. Decret citato nella Bibliografia. I roghi dei nuovi gnostici cominciarono nel 1022 e si conclusero nel 1244, completato che fu il genocidio. Il nome di "Catari" sembra essere stato udito per la prima volta davanti ad un tribunale (altri nomi erano stati usati in precedenza) nel 1163 a Colonia. Nel 1157 un pericoloso focolaio d'infezione fu scoperto per caso dal vescovo di Reims: una giovane aveva respinto le proposte di un chierico troppo intraprendente, e tanta virt apparve sospetta. Sotto "interrogatorio" la ragazza "confess" di aver fatto voto di verginit in quanto ctara. L'inchiesta che ne segu rivel l'estensione del movimento e dette luogo ad altri roghi. Cos la virt dette adito a sospetti, e la tortura e l'assassinio furono di nuovo posti al servizio della "vera" croce di Cristo. La Chiesa ctara fu schiacciata con una repressione atroce caratterizzata da esecuzioni in massa nel corso delle quali i condannati venivano avviati ad infornate successive verso mostruosi autodaf. Tra i sinistri personaggi passati alla storia si trova il domenicano Robert le Bougre che dal 1233 al 1239 fece erigere roghi in tutta la Francia. A Mont-Aim nella Marna ordin che fossero raccolti tutti i sospetti della regione, centoottantatre, che dopo un giudizio sommario furono dati alle fiamme il 13 maggio 1239. I Crociati si dettero talvolta da fare, come il 22 luglio 1210, quando gli uomini di Simon de Montfort bruciarono circa duecentocinquanta Perfetti (il secondo e pi alto grado della Chiesa Ctara). Ma il pi grande rogo di tutta la Crociata fu quello organizzato cum ingenti gaudio, come narra la cronaca, Il 3 maggio 1211 per il supplizio di quattrocento Ctari. L'ultima resistenza ctara si spense il 16 marzo 1244 quando duecentodieci condannati, donne, uomini, giovani, vecchi, ammalati e soldati, dietro il loro vescovo Bertran d'en Marti, furono gettati nelle fiamme. Con F. Decret, concludiamo citando una bella preghiera ctara, cercando umilmente di pregare insieme con quei fratelli martirizzati: Padre santo, Dio giusto dei buoni spiriti, Tu che mai ti inganni, n menti, n dubiti, affinch noi non moriamo nel mondo del dio straniero -- poich noi non siamo del mondo, n il mondo di noi - dacci a conoscere quello che Tu conosci, ad amare quello che Tu ami. 9. Prima dei Ctari avevano conosciuto la stessa sorte quelli che per certi aspetti della loro dottrina sono considerati i loro antenati spirituali (senza poter escludere una filiazione diretta, anche se il dualismo radicale non era dottrina condivisa da tutti i Ctari): i Manichei. La religione fondata da Mani (nato il 14 aprile 216 a Babilonia) era una religione gnostica che si diffuse dall'Occidente all'Estremo Oriente e che "detiene il poco invidiabile primato d'essere stata la religione pi perseguitata di tutta la storia: in ogni paese, a parte rari intervalli di tolleranza o di favore, i Manichei sono stati vittime di una repressione feroce, di massacri metodici per mezzo del ferro e del fuoco" (Serge Hutin, p. 1.05 - Bibliografia). Vale la pena di ricordare che in Africa uno dei persecutori pi attivi fu Agostino ("Santo" Agostino secondo la chiesa cattolica), vescovo d'Ippona le cui "innumerevoli biografie, diciamo piuttosto agiografie, si sono mostrate assai discrete su certi aspetti del personaggio" (F. Decret, op. cit. p.151-2). "A Cartagine, dei Manichei arrestati nel corso di retate ed interrogati dai servizi di polizia fornivano delle 'confessioni' che Agostino registr con interesse... Il vescovo d'Ippona si lascia andare a considerazioni degne di tecnici della 'questione' capaci di apprezzare i mezzi ad hoc impiegati" (ibidem). Manicheo in giovent, Agostino aveva forse qualche ragione di far dimenticare il proprio passato. 10. Eppure la religione di Mani era una religione pacifica; ma, come la Chiesa Ctara, aveva avuto il torto di erigersi in chiesa organizzata presentandosi quin di come una rivale pericolosa della "catholica" non solo sul piano dottrinale, ma anche su quello organizzativo. Non che questa fosse la ragione principale: ve ne erano altre pi sottili, poich infatti anche lo gnosticismo classico, non

organizzato in chiesa, fu perseguitato. "Dal punto di vista cattolico la crisi gnostica rappresentava un pericolo mortale, tanto pi temibile in quanto la dogmatica non si era ancora costituita e non vi era perci mezzo alcuno di lottare efficacemente contro l'abile propaganda, scritta ed orale, dei settari, di cui alcuni potevano d'altra parte valersi di poteri spirituali regolari. Divenuto religione di stato, il cattolicesimo finir disgraziatamente con l'usare mezzi discutibili (delazione, appello al braccio secolare, distruzione metodica di libri...) contro gli gnostici; ma una tale condotta si spiegava (non potendo giustificarsi) con la paura retrospettiva dello gnosticismo, tentatore ed invadente" (S. Hutin, op. cit. p. 100). Quanto all'odioso mezzo della delazione, vale la pena ricordare che essa era imposta da Agostino, ed esatta nel corso degli "interrogatori", quale prova della abiura della fede manichea. 11. "Non uccidere... Non testimoniare il falso... Ama il prossimo tuo come te stesso": per lo Gnostico, per il Ctaro, per il Manicheo questi precetti hanno valore assoluto, poich definiscono la condotta di uno "che sa". Un uomo spirituale non potrebbe agire altrimenti, poich tale la sua natura. L'etica un modo di essere del soggetto, non un modo di comportarsi con un oggetto. "Non uccidere" vuol dire "non uccidere". Quando cominciano i distinguo si entra nell'ambito della etica autoritaria. Chi sia il nostro prossimo bene spiegato in Luca 10: 29-37, dove un Samaritano, cio per i Giudei un eretico straniero ed odiato, portato ad esempio di comportamento compassionevole. Matteo 4 e Luca 4 narrano l'episodio della tentazione di Ges nel deserto. Secondo l'esegesi cattolica si tratta di un episodio reale, storico, da prendere alla lettera e perci riferentesi alla persona di Ges e riguardante lui solo. Secondo l'esegesi gnostica un simbolo descrivente l'atteggiamento dello spirito umano, di cui il Cristo il Cuore, di fronte ai suggerimenti dell'Avversario che all'uomo giungono attraverso la sua natura psichica: ha perci un significato universale applicandosi ad ogni uomo o gruppo di uomini che vivano nello Spirito. Perci quando noi leggiamo: "Di nuovo il diavolo lo condusse con s sopra un monte altissimo e gli mostr tutti i regni della terra con la loro gloria, e gli disse: 'Tutte queste cose io ti dar se prostratoti mi adorerai'; ma Ges gli rispose: 'Vattene, Satana! E' scritto: 'Adora il signore Dio tuo e a lui solo rendi culto'; allora il diavolo lo lasci e gli angeli gli si accostarono e lo servivano" noi comprendiamo che venire a patti con l' Avversario a scopi di potere e di dominio significa sottomettersi a lui. In un altro contesto, che per all'occhio gnostico molto simile al presente, si fa dire a Ges: "Il mio regno non di questo mondo" (Giov. 18:36), mentre in Matteo 9:13 leggiamo: "Andate dunque ed imparate che cosa significhi: 'Misericordia voglio, non sacrificio' ". Non difficile dedurne che l'ispiratore delle stragi e delle persecuzioni sempre il princeps huius mundi.

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