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Risentimento, amore cristiano, morale borghese | p.

Corso di Antropologia Filosofica

RISENTIMENTO, AMORE CRISTANO, MORALE BORGHESE.


Il confronto tra Max Scheler e Friederich Nietzsche neIl Risentimento nella edificazione delle morali

Ren Mario Micallef, 2001


Istituto filosofico Aloisianum, Padova

RISENTIMENTO, AMORE CRISTANO, MORALE BORGHESE. Il confronto tra Max Scheler e Friederich Nietzsche

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neIl Risentimento nella edificazione delle morali


di Ren Mario Micallef Istituto Filosofico Aloisianum Padova
SOMMARIO

Dopo un capitolo introduttivo che espone le principali tesi del testo nietzschiano Genealogia della Morale viene delineata la risposta del primo Scheler a queste tesi e la sua interpretazione e genealogia del fenomeno della modernit. Si conclude con alcune osservazioni critiche, sottolineando alcune problematiche insite nelle due opere insieme ad alcuni punti tuttora di grande attualit.

Risentimento, morale, spirito borghese, amore cristiano, valori

PAROLE-CHIAVI

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1. INTRODUZIONE Non mi augurerei mai di ricevere il compito, da qualche casa editrice, di dare un sottotitolo al saggio giovanile di Max Scheler, Il Risentimento nella edificazione delle morali. Avido di mostrare la sua conoscenza enciclopedica e la sua ampia visuale filosofica, Scheler ci parla di tutto: psicologia, mistica, filosofia della religione, sistemi economici, filosofia politica, fisica, biologia, morale... e mentre scorre la penna, talora si scorge sul foglio lombra dellapologeta, talora dello psicologo, del fenomenologo, del filologo tedesco... Ma ci si pu chiedere cosa aveva in mente Scheler scrivendo questo libro? A questo proposito, il curatore delledizione italiana, Angelo Pupi, ci dice:
Ci mancano purtroppo elementi storiografici di fatto per potere stabilire geneticamente il senso del saggio che qui presentiamo: soltanto precisi dati biografici, testimonianze dirette, lettere, abbozzi manoscritti ecc. possono garantire positivamente la lettura di un testo che come ogni testo filosofico per il suo carattere generale pu essere ricondotto a troppe intezioni possibili. (Pupi in Scheler, 1975, pp. 8-9)

ista... per non essere frainteso). Perci, fondamentale avere una qualche conoscenza di questopera di Nietzsche prima di affrontare il saggio di Scheler, appunto per poter scorgere lo sfonde sul quale il testo scheleriano si imprime. 2. LA GENEALOGIA DELLA MORALE DI NIETZSCHE Nella Genealogia della Morale, Nietzsche lascia a parte le forme letterarie a lui care - la parabola, la metafora, laforisma - e si impegna ad esporre in modo pi accessible il suo pensiero in ci che riguarda la morale, la religione, la vita, il senso dellesistenza, la sofferenza. Lopera consta di una prefazione e tre saggi. 2.1. LA PREFAZIONE Nietzsche parte con una costatazione: ognuno a se stesso il pi lontano (Nietzsche, 1979, p 5) che ci ricorda lesigenza, sentita in modo particolare da Scheler, di unindagine sulluomo. Come punto di partenza, Nietzsche prende la morale, delineando brevemente la genealogia di codesta dento lui: gi dalla giovinezza si era chiesto sullorigine del male e avendo ripudiato la moralit, onor Dio come padre del male. Presto impar a distinguere tra teologia e morale, negando lesistenza di un al di l del mondo e si domand sullorigine e il valore dei giudizi morali. Con il tempo seppe applicare le sue conoscenze psicologiche e storiche al problema. In queste righe, con grande sincerit, Nietzsche svela i suoi presupposti, precomprensioni, dato che non esiste, giudicando rigorosamente, alcuna scienza priva di presupposti (Nietzsche, 1979, p 131). Per Nietzsche non si d un intuizione disinteressata, e lobiettivit e legata al numero di prospettive usate nella ricerca su una cosa:

Il saggio vide la luce nel 1912 in una rivista di psicologia (Zeitschrift fr Pathopsychologie), poi sub notevoli aggiunte nel 1915. Infine, il testo si stabil nel 1919 con lultima aggiunta di note. Il saggio prende lavvio con una serie di lunghe citazioni dalla Genealogia della Morale di Nietzsche. Il confronto con questautore attraversa tutto il saggio: Scheler presuppone e assume molto dallanalisi nietzschiana: impostazione, presupposti, risultati, metodo tuttavia rifiuta il presupposto e il risultato fondamentale (lateismo e la critica radicale al cristianesimo) spostando il bersaglio sul borghese (e sul social-

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Esiste soltanto un vedere prospettico; [...] quanto pi affetti lasciamo parlare sopra una determinata cosa, quanto pi occhi, differenti occhi, sappiamo impegnare in noi per questa cosa, tanto pi completo sar il nostro concetto di essa, la nostra obiettivit. (Nietzsche 1979, p 102)

Similmente, laristocrazia sacerdotale, i puri si distinguono dagli altri, gli impuri 1 . Cos nasce il concetto di buono per opposizione a quello di cattivo. Esiste, tuttavia, una altro concetto di buono: quello contrapposto a malvagio. La ribellione degli schiavi (cattivi, plebei, volgari, deboli...), pieni di risentimento contro gli aristocratici (buoni, nobili, forti...) iniziata quando il risentimento divenne creativo, producendo valori. Valori, per, che presuppongono un mondo estraneo e avversario contro il quale re-agire. Il mondo avversario si identifica nel nobile: questo diviene oggetto di odio e viene etichettato

Perci, questa piccola genealogia dello sviluppo, dentro di s, della problematica morale anche unesplicitazione del suo limite prospettico. A priori esclude lesistenza di Dio, pone questa illusione come fonte del male, assume i presupposti di unanalitica storico-psicologica. Il lettore sveglio avr gi indovinato alcune delle conclusioni! La necessit della domanda sul valore dei valori morali, che Nietzsche sente fortemente, indica il bisogno di una storia della morale che c realmente stata, che realmente vissuta (Nietzsche, 1979, p 10) in contapposizione alle indagini degli psicologi inglesi, quale Paul Re. proprio questo ci che intende fare in questi tre saggi. 2.2. IL PRIMO SAGGIO: BUONO E MALVAGIO, BUONO E CATTIVO. Per spiegare la genesi del concetto di buono gli psicologi inglesi si mettono nella prospettiva di costoro che, agli esordi della societ, godevano delle azioni non egoistiche di qualcunaltro, utili per loro, e che perci chiamavano lagente buono. Dimenticando questorigine, luomo ha preso labitudine di chiamare buone le cose che da sempre erano considerate tali: da qui lerronea credenza che ci siano cose buone in s. Nietzsche contesta questo: per lui buono un titolo che i nobili, gli spiritualmente aristocratici riservano a s e al proprio agire, distinguendosi dagli altri uomini: i plebei, i volgari, i cattivi giustificando questasserzione con unanalisi etimologica.

malvagio. Di conseguenza, diventa buono ci che non nobile - il volgare, le cose basse, la debolezza. Le persone nobili e il loro agire ha sempre un che di bestiale, barbaro che rivela la loro vitalit: essi dicono s alla vita. I valori del risentimento, invece, propongono laddomesticamento di questi tratti da animale di rapina: questo processo, chiamato civilizzazione, propriamente un contaggiare i forti con la malattia dei risentiti. Il risultato la stanchezza vitale che oggigiorno si pu costatare nelluomo contemporaneo e nel suo agire: ecco il nichilismo! Questo processo, cos come lo conosciamo noi "occidentali" odierni (e come lo conobbe l'Europa industrializzata a cavallo dei secoli XIX e XX), parte dal giudaismo - da un popolo sacerdotale di schiavi risentiti. Nel cristianesimo, per, questa ribellione ha trovato la forza sufficiente per affrontare laristocrazia di Roma e per prevalere lentamente su questa lungo il corso di due mila anni. Una rivoluzione cos
La distinzione tra laristocrazia cavalleresca e quella sacerdotale danno a Nietzsche loccasione di fare cenno a quel che sar sviluppato nei saggi seguenti.
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graduale che diventata invisibile alla coscienza dei pi. Citando passi di Tommaso dAcquino e di Tertulliano dove si descrive la beatitudine dei redenti nel vedere le pene dei dannati, Nietzsche cerca di dimostrare che il cristianesimo fondato sul risentimento (1979, p 3537). Egli nota, tuttavia, che laristocrazia romana si risvegliata pi volte tra le file cristiane lungo questi due mila anni, per essere poi di nuovo tarlata: laristocrazia rinascimentale dal protestantesimo, lassolutismo francese dalla rivoluzione francese. Ciononostante, tutto questo non significa che stata detta lultima parola: Nietzsche mostra speranza che lantico ideale si risveglier, scoppier di nuovo. Da parte nostra ci si chiede di cominciare a pensare in questa direzione. 2.3. IL SECONDO SAGGIO: COLPA, CATTIVA COSCIENZA E AFFINI Niezsche distingue nettamente tra coscienza e cattiva coscienza perch gli sta a cuore dimostrare che la cattiva coscienza non unulteriore foma di coscienza, come si tentati di credere. Per questo presenta una genealogia diversa delle due.
2.3.1. LA GENESI DELLA COSCIENZA

saria uneducazione che rendesse luomo un uguale tra uguali: Nietzsche la chiama eticit dei costumi. Questa sociale camicia di forza, per, non fu lo scopo del processo, bens solamente il mezzo: lo scopo fu la formazione di un individuo sovrano, uguale soltanto a s, autonomo, riscattato dalla stessa eticit dei costumi e dunque capace di promettere con fermezza e gravit, onorare le promesse a prescindere dagli eventuali imprevisti, insomma, in breve, responsabile, nobile. proprio questa capacit dell'uomo ci che Nietzsche designa come coscienza. La genesi della coscienza dunque rispecchia lo sviluppo della memoria in un intelletto dellattimo: lunica pedagogia plausibile al nostro autore, in questo stadio di minorit delluomo, quella del dolore, crudelt, sacrifici, quali sacrifici, appunto, si manifestano nei sanguinari culti religiosi. Peraltro, questo violento sradicamento di tante idee (dimenticanza attiva) allo scopo di fissare quelle poche nozioni fondamentali della convivenza sociale si rispecchia anche - ovviamente con altre finalit nellascetismo). Al paragrafo 4 della seconda dissertazione, Nietzsche si accinge ad affrontare la cattiva coscienza con un cenno polemico ai soliti genealogisti della morale che serve a completare la sua genealogia della coscienza. Codesti partono dal contesto commerciale: il debitore (colpevole), almeno dal punto di vista del creditore, merita la pena perch avrebbe potuto agire altrimenti. Questa concezione presuppone il concetto di libert del volere. certamente pi plausibile rintracciare la genesi del concetto di debito a partire dalla collera del creditore danneggiato (unulteriore forma di crudelt pedagogica?) la quale si riesce a mitigare e delimitare solo con una promessa... quella insita

Luomo, per Nietzsche, l animale cui sia consentito far delle promesse (1979, p 41). Per fare promesse, ci vogliono delle conoscenze, delle capacit le quali permettono di superare quel mondo di cose e di atti che costituisce il baratro tra l io voglio... io far della promessa e latto promesso. Per poter rispondere di s come avvenire, luomo dovette diventare calcolabile, regolare, necessario per se stesso. Inoltre, bisognava che egli acquisisse una dimenticanza attiva (inibizione) e una memoria attiva (sospensione delloblio). Per tutto questo fu neces-

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nel riconoscersi debitore da parte di chi compie il danno. Nasce qui il contratto con pegni, e come il Shylock shakespeareiano, il pensiero di Nietzsche cade subito sulle mutilazioni. Che senso ha per un creditore stabilire come garanzia una libbra di carne... n pi, n meno? Cosa ci guadagna? Un detterrente contro linsolvenza, forse? Nietzsche esclude questa giustifiacazione in favore di qualcosa di pi originario: il piacere di fare violenza. proprio questo istinto sadico a fondare il diritto signorile di maltrattare un inferiore dal quale scaturisconi i concetti morali di colpa, coscienza, dovere, strettamente legati, come abbiamo prima sottolineato alla sofferenza e alla gioia festiva di veder soffrire qualcuno in pubblico. Per Nietzsche, assistere ad un autodaf fa bene non si vergogna per niente dellumanit di fronte a questa espressione della sua vitalit. Il vero problema che pu susitare disagio in questo atto crudele non la sofferenza bens lassurdit del soffrire. Si tocca qui il punto nodale del saggio: luomo si chiede che senso possa avere la sofferenza? La risposta offertaci al parere di Nietzsche dal mondo classico rieccheggia gli studi filologici dellautore sulla tragedia: la sofferenza fa spettacolo e lo scopo del soffrire quello di dare spettacolo. E se mancano gli spettatori ecco pronto il pantheon: una schiera di spettatori onnipresenti fatti apposta per dar senso alla sofferenza umana. Cos anche la virt acquista senso: prima che sia venuto Socrate a mettere in discussione tutto questo, la rispota di Eutifrone esprimeva lopinione dellautentico mondo greco: giusto ci che piace agli dei. A questo punto, luomoattore si rendo conto di poter piacere o meno alludienza e scopre la libert del volere. Certo,

un mondo deterministico sarebbe uno spettacolo troppo noioso per gli dei! A questo punto, la Comunit appare sul palcoscenico nietzschiano, pure questa come le sue sorelle Coscienza, Colpa, e Morale, figlia del potente Commercio. Ad alcuni dei fra noi, pu sembrare che il drammaturgo abbia attinto troppo da quegli inglesi che intende confutare. Ma lo spettacolo continua: la comunit, in quanto creditore collettivo non si pu evitare ed ecco la Legge, il trasgressore rischia la guerra o lespulsione. Cos la comunit cresce e il singolo malfattore pu nuocere ben poco a questa immane collettivit. Nasce qui lesigenza di proteggere il delinquente dallira degli offesi pi diretti ed ecco la teoria che distingue il delinquente dalla sua azione (diritto penale). Si riscontra qui una relazione di proporzione tra il potere della comunit e la mitezza del diritto penale che Nietzsche giustifica con la sua genealogia della grazia: un lusso del forte lasciare impunito loffensore per mostrarsi sommamente potente. Cos il gran nobile e ancor pi, la comunit come ente, risulta al di l della giustizia!
2.3.2. LA GENESI DELLA CATTIVA COSCIENZA

Unulteriore teoria che cerca di spiegare la genesi del concetto di giustizia (e dunque del diritto) parte dagli impulsi di vendetta degli offesi in questo caso, la giustizia sarebbe frutto del risentimento (cf. Nietzche, 1979, p. 56). Nietzsche condanna subito questo consacrare la vendetta sotto il nome di giustizia ma prende le mosse da questa teoria per elaborare la genealogia della cattiva coscienza. Lanalisi parte da unosservazione metodologica: lorigine di un fenomeno come la pena non va ricercata nel senso che il fenomeno ha in questo momento storico. Il senso attribuito ad

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un tale atto fluido, a maggior ragione quello di unatto crudele come la pena. Perci, se oggi si usa mandare qualcuno in carcere per destare in lui il rimorso, il pentimento non significa per questo che la cattiva coscienza abbia origine nella pena. Il delinquente di oggi, e ancor pi quello dei tempi antichi, stenta a collegare il mi hanno beccato con lho torto; sar pi propenso a dire ho calcolato male, ero sfortunato, mi sono ingannato nel fidarmi di quello; morale della favola: pazienza... pi fortuna alla prossima... pi scaltrezza e diffidenza in futuro. Se dunque la dura pena blocca lo sviluppo del rimorso, la cattiva coscienza avr origine nella societ pacifica. In una societ tale si rifiuta lexternarsi degli antichi istinti di distruzione, crudelt: nasce da qui la frustrazione legata al mancato appagamento di queste espressioni della vita. Il sollievo si scopre dunque operando crudelt e distruzione sottobanco: quale miglior vittima di se stessi? Ecco nata lanima! In questo caso, il bisogno di uno spettatore divino si fa ancor pi urgente. A questo punto, per, Nietzsche fa una serie di passaggi poco chiari. Da una parte, la societ pacifica e lopera di una terribile tirannide e dunque la crudelt e la possibilit di infliggere una dura pena c. Essendo riservata al tiranno, per, sono gli istinti violenti dentro la popolazione a non trovare sbocco. Dallaltro lato la genesi della cattiva coscienza sembra derivare dalla domanda sul senso della sofferenza: questa spunta mentre si vive una continua paura di patire qualche nuovo atto di crudelt semplicemente per soddisfare il gusto del sadico del tiranno. Intanto Nietzsche aggiunge unuteriore complicazione: la cattiva coscienza pu nascere anche quando il rapporto contemporaneiprogenitori si informa dal rapporto debitore-

creditore. In questo caso, il debito verso gli avi non si estingue mai, anzi aumenta, frustrando tutta la societ. Pi la stirpe diventa potente pi cresce la coscienza del debito, tanto che il progenitore diventa Dio. La religione dei potenti passa ai popoli soggiogati. A questo punto Nietzsche identifica il culmine di questo processo nel cristianesimo: il Dio cristiano rappresenta unesasperazione della coscienza di colpa. Eccolo introdotto ex machina nella sceneggiatura nietzschiana! A noialtri rimane oscuro come questo culmine si verifica proprio in un popolo di schiavi, di perdenti, e ancor pi come succede quel mirabile prodigio che gli schiavi trasmettano la loro religione ai padroni. Nietzsche ci dar qualche indizio nel terzo atto; intanto si diverte ad esporre l assurdit del cristianesimo: lautolacerarsi per amore, che diventa atto divino per eccellenza nel Cristo. Mentre le divinit greche servivano a fare mitigare la responsabilit del colpevole (la disgrazia piuttosto dovuta ad un dio) il Dio cristiano serve ad aumentare sempre pi il senso di colpa delluomo. 2.4. IL TERZO SAGGIO: CHE COSA SIGNIFICANO GLI IDEALI ASCETICI? Si alza il sipario e vediamo sei personaggi: un artista, un dotto (o filosofo), una donna, un fisiologicamente malriuscito, un sacerdote, un santo (mistico). A ciascuno di essi, Nietzsche pone una domanda: che cosa significano gli ideali ascetici per te? Poi girato verso lassemblea fa la medesima domanda, e d egli stesso la risposta: lideale ascetico esprime il fondamentale dato di fatto dellumano volere, il suo horror vacui: quel volere ha bisogno di una meta e preferisce volere il nulla, piuttosto che non volere (1979, p. 80).

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Dopo questouverture, Nietzche ci introduce ai personaggi. Lartista si chiama Wagner, per lui, in fondo, lideale ascetico non significa niente: gli artisti in quanto spiriti staccati dal reale, adulatori dei potenti e cortiggiani degli ammiratori non vanno presi sul serio. Cos si spiega il carattere di Parsifal, elogio della castit nellartista che qualche anno prima elogiava la sensualit celebrando la nozze di Lutero. Il filosofo si chiama Schopenhauer. Gli ideali ascetici servono al filosofo per soddisfare la sua tendenza al proprio maximum: per poter contemplare in pace, il filosofo disposto a rinunciare a moglie e figli, e ancora, pronto persino a travestirsi da prete, mago. Cos la gente smette di considerarlo come fannullone, anzi, inizia a temerlo. Ma per rappresentare lideale ascetico (nella figura del prete) il filosofo finisce per credere in esso. Nietzsche passa subito ad intervistare il prete. Per costui, lideale ascetico costituisce niente

verit meno appariscenti, che pur non derivando da una miracolosa rivelazione sono dotate di pari legittimit (Umano, Troppo Umano I, a: 609). (Mazzola in Penzo, 1999, pp. 374-375)

Lideale ascetico scaturisce dallistinto di protezione e di salute di una vita degenerante (Nietzsche, 1979; p. 102) e in esso si fa palese il potente desiderio di essere-in-altro-modo. Il prete ascetico invece si inganna, cercando di creare condizioni pi favorevoli per il suo essere-qui-cos. La sua volont di potenza si esprime nel tenere insieme un gregge di malati. Per il nostro filosofo, questa una bella cosa... per evitare il contagio dei sani, ci vuole un malato che faccia da infermiere ai malati. Ma di quale malattia stiamo parlando? Nietzsche fa la diagnosi: mentre il sano prova paura dinnanzi alluomo, qui troviamo delle persone che provano nausea di fronte alluomo, compassione per luomo. Questi fanno scaturire il nichilismo (negattivo): la volont del nulla. Luomo cade nellautodisprezzo e diventa un rimprovero vivente per gli altri, i sani: solo io sono giusto perch mi riengo colpevole, peccatore. Il prete ascetico trova in questa situazione la propria ragion dessere: si preoccupa di difendere il gregge contro i sani e, impresa pi ardua, contro linvidia per i sani. Alla domanda del malato: di chi la colpa? il prete risponde tua!. Con questa brillante trovata, il prete muta la direzione del risentimento. Ci riagganciamo qui alla genealogia della cattiva coscienza della seconda dissertazione. evidente in tutto ci che questa diagnosi del prete risulta del tutto superficiale: dal punto di vista dei sani serve semplicemente a rendere innocui i malati. Tuttavia le cure prescritte dal prete-medico possono essere a loro volta dei placebo o addirittura nocivi. Le cure innocenti includono lattivita macchinale (santificazione del la-

meno del diritto allesistenza. In esso, la vita si ritorce contro se stessa, diventa unerrore da confutare. Errore? Qual la verit? Lasceta risponde con Kant: Esiste un regno della verit e dellessere, ma proprio la ragione ne esclusa! Spunta qui il desiderio di verit, che costituise il fulcro della dissertazione.

La verit [...] anche se non vera ma soltanto ritenuta tale, infonde nelluomo un senso di sicurezza (Aurora, a.26). Il desiderio di verit, intesa come giudizio universale, sembra, ad avviso di Nietzsche, essere connaturato alla stessa natura umana, e quindi imprescindibile dallesistenza [... . I]l mondo ha eternamente bisogno della verit anche se essa pu essere definita come lesaltata follia di un dio. [...] La verit un pensiero inaccettabile da parte di Nietzsche convinto che luniverso segue il ritmo del divernire in cui non c spazio per nulla di assoluto e quindi nemmeno per una verit assoluta. [...] Il filosofo tedesco invita ad apprezzare

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voro), le piccole gioie legati alla volont di potenza (carit) e la soddisfazione della tendenza gregaria dei deboli (incontri, liturgie pubbliche...). Colpevoli invece, sono quelle cure che non solo curano la sofferenza (effetto) invece della malattia (causa) ma che lo fanno in modo tale da peggiorare la malattia. Si cerca dunque di stordire il dolore con laffetto utilizzano le grandi passioni: ira, disperazione, crudelt... La cattiva coscienza diventa peccato, e subito appare il significato della sofferenza: si soffre perch si colpevoli. E dunque bisogna espiare: tormentare (ecco la volont di potenza) se stessi. Cos la sofferenza aumenta e ci ritrova in un circolo vizioso: pi soffro, maggiore la colpa, maggiore la colpo, pi devo espiare, pi soffro. Con queste tecniche colpevoli, la malattia si peggiora fino a diventare la vera fatalit nella storia sanitaria delluomo europeo (Nietzsche, 1979, 124). Con questo, Nietzsche mette in ribalta quello che lEuropa del suo tempo si rifiutava di accettare: la potenza del prete. Di frontre alla sua grande meta, gli altri interessi umani sembrano meschini! Il suo sistema di interpretazione pretende di dare senso a tutte le cose. E proprio qui, il filosofo tedesco si mette alla ricerca di possibili alternative. Lidealismo dei dotti, degli cosiddetti spriti liberi? unulteriore creden-

Gli unici reali nemici dellideale ascetico, Nietzsche li vede solo allinterno dellideale: sono i commedianti dellideale che suscitano diffidenza (1979, p. 138). Lo stesso ateismo incondizzionato, contiene ancora il nocciolo dellideale ascetico: la volont di verit. stata proprio leducazione alla verit, frutto dellascetismo, a proibirci la menzogna della fede in Dio! Cos si verifica il trionfo della moralit cristiana sul Dio cristiano portando lEuropa in un nichilismo negativo che fa ricordare il buddismo e Schopenhauer. Tuttavia, Nietzsche sente che siamo alla fine e spera che la morale cristiana perisca ad opera di se stessa, come tutte le cose grandi. Lautosuperamento risulterebbe dal confrontarsi con la domanda che cosa significa ogni volont di verit?. Una speranza dunque? Noi spettatori non ci fidiamo tanto... sono passati cento anni e siamo ancora nel nichilismo negativo. Sappiamo bene che non c tragedia a lieto fine. Eppure, chiss... neppure questo verit assoluta! 3. LA FENOMENOLOGIA DEL RISENTIMENTO Veniamo dunque al saggio di Scheler, il quale, come abbiamo accenato prima, parte con una lunga citazione tratta dalla prima dissertazione della Genealogia della Morale riprendendo la descrizione del risentimento fatta da Nietzsche. Scheler pone dunque una sua definizione di risentimento:
Il risentimento un autoavvalenamento dellanima con cause e conseguenze ben determinate. un atteggiamento psichico permanente, che nasce da uninibizione sistematica dello sfogo di certi moti dellanimo ed affetti, che in s sono normali e che appartengono alla struttura di fondo della natura umana. (Scheler, 1975, p. 31)

za, fondata sulla volont di verit (a tutti i costi)... alla fine dei conti si riduce ad unaltra forma dellideale ascetico. La scienza moderna? Non che un ulteriore mezzo di autostordimento della volont di verit, in quanto fondata sul presupposto che la verit non suscettibile di valutazione e di critica. La storiografia? Questa non vuol dimostrare nulla bens semplicemente descrivere, riducendosi cos ad un ulteriore forma di ascesi metodologica.

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Come esito principale del processo di risentimento, Scheler indica limpulso di vendetta (distinto dallimpulso al contrattacco) che si da in due momenti ben identificabili: il raffrenamento (almeno temporaneo) dellimpulso (di ira, collera...) e il differimento della ritorsione (ad altro tempo, pi favorevole). A sua volta, il trattenimento dellimpulso dettato da unanticipazione riflessa della disfatta nel caso di una immediata risposta alloffesa, e da un sentimento concomitante di impotenza. Scheler ci d una progressione di fenomeni psichici a partire dallimpulso di vendetta attraverso il rancore, linvidia, la malevolenza e la

3.1. I SENTIMENTI E I TIPI DEL RISENTIMENTO Lautore seguita a descrivere con grande arte i fenomeni psichici, i loro sintomi, il loro sviluppo. Sarebbe unesercizio interessante confrontare queste pagine con i risultati di alcuni studi psicologici fatti in questo campo nel corso dellultimo secolo, specialmente dalla scuola umanistica (Karl Rogers, Victor E. Frankl) (cfr., per es., con Cencini e Manenti, 1997). Scheler parla di meccanismi inconsci di vario genere: rimozione, fantasie schizoidi, uve amare, proiezione, mania di persecuzione nello sviluppo del sentimento di vendetta. Due fattori, in particolare, promuovono lulteriore deteriorarsi della condizione: (a) una parit di posizione tra loffensore e loffeso e (b) il sentire loffesa come destino da parte delloffeso 3. Dopo una descrizione della critica del risentimento, Scheler passa a parlare di invidia, gelosia e smania competitiva, mostrando come anche queste sono legate ai suddetti fattori:
Linvidia pi impotente la pi terribile. Linvidia, che produce la forma pi acuta di risentimento, perci linvidia che si volge contro la natura e lesistenza individuale di una persona estranea: linvidia esistenziale. (Scheler, 1975, pp. 41-42)

dovuta alla consapevolezza della propria impotenza. 2 Questo vuol dire che il risentimento una malattia propria degli schiavi e dei perennemente dominati altri tipi di persone possono diventare risentiti solo attraverso il contagio psichico.

perfidia verso il risentimento vero e proprio. Nella vendetta e nellinvidia si riscontra un oggetto determinato e cos la realizzazione della vendetta o lentrare in possesso delloggetto dellinvidia toglie il sentimento. Nella malevolenza, nella perfidia e nella compiacenza del danno altrui loggetto del sentimento va sempre pi offuscandosi e il risentito cerca oggetti e motivi su cui sfogarsi in uomini e cose (Scheler, 1975, p. 33). Il risentimento vero e proprio scaturisce da questi sentimenti solo se si danno due condizioni: (a) che il sentimento non venga moralmente superato (per es. con il perdono) e (b) che non sia seguito da unazione, in particolare quando la mancanza di tale azione sia

bene desiderato con il lavore, il crimine, la rapina non cade nel risentimento.

2Scheler ci tiene a sottolineare che colui che consegue il

schiavo si ribella quando si convince che la sua posizione sociale esteriore inadeguate. A questo proposito, si veda gli studi sociologici di de Tocqueville e di Brinton e Edwards sulle rivoluzioni (accennati nellEnciclopedia Garzanti di Filosofia, 1993, voce Rivoluzione). la chiama naturale coscienza di s (Scheler, 1975, nota 6).
4Scheler

Scheler giunge qui a considerare la comparazione di valore di s con altri e quella che chiameremmo stima di s 4. La comparazione contribuisce al risentimento se c bassa stima di s, cio se si scopre il proprio valore nello
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stessa comparazione, non quando si fa una tale comparazione gi consci del proprio valore. proprio una stima di s positiva che permette di cogliere i valori positivi nellaltro e nel mondo:
Proprio questo ingenuo senso del valore del suo io [...] ci che consente alle persone elevate di accettare dentro di s tranquillamente i valori positivi degli altri in tutta la ricchezza del loro contenuto [... .] Il fatto che anche luniverso contenga questi valori in misura ancora maggiore riempie di gioia lanima elevata e rende a lei il mondo pi amabile che mai. (Scheler, 1975, p. 43)

buono diventa il desiderato e se non si desidera pi un dato valore, questo sembra perdere del tutto il suo valore! Se dunque il servo percepisce il suo ruolo come una scalina sulla scala mobile socale ma si sente impotente di ambire lascesa, ecco giungere il deprezzamento dei valori invece di un sano atto di rassegnazione. Se non posso diventare re, allora il trono vale poco o niente. Qui, Scheler si riaggancia alla critica nietzschiana del travisamento dei valori operato dal risentimento.
[I] valori ci sono per [il risentito] come positivi ed alti ma nello stesso tempo sono velati dai valori travisanti, attraverso i quali, quasi fossero trasparenti, tralucono appena debolmente. Questa trasparenza dei valori oggettivi veri attraverso i valori apparenti loro opposti dallillusione del risentimento, questa oscura coscienza di vivere in un mondo di apparenze non genuino, senza la forza di penetrarlo e vedere ci che [...]. (Scheler, 1975, p. 49-50).

Dopo un cenno alla sua fenomenologia dei valori (cf. le prime edizioni de Il formalismo nelletica e letica materiale dei valori), lautore passa ad una critica della politica moderna come sistema di concorrenza che ha perso i valori dei ceti sociali. I gradini della scala sociale non hanno valore... c un intrinseca mancanza di limiti dellambire che rovescia la concezione antica per la quale ciascuno detiene nel suo agire la distinzione formale di essere insostituibile nel proprio posto (Scheler, 1975, p. 45). I risultati: si perviene (a) ad una riduzione dei beni concreti a merce e (b) ad una concezione del fluire del tempo (degli individui e delle comunit) come progresso. Scheler si confronta con la crematistica moderna (denaro-merce-denaro) a questo punto sembra di risentire la polemica di Aristotele contro il mercante (Pol., Eth. Nich.) e condanna quello che noi chiameremmo consumismo. Anche le fasi della vita vengono ridotti a punti su una riga uniforme e continua e la pedagogia considera fanciullezza e giovinezza esclusivamente come forme preparatorie della maturit (Scheler, 1975, p. 46). Aggiungendo limpotenza a questo atteggiamento relativistico nei confronti dei valori si giunge a gravi aberrazioni nel percepire: il

Cos Scheler ci presenta sommariamente la sua critica dellinautenticit innestandosi sulla tronco di pensiero etico che va da Rousseau attraverso Heidegger fino a Charles Taylor. A questo punto, Scheler ci presenta alcuni tipi del risentimento: la donna che travisa il vero valore del pudore (sia ella prude o prostituta); lanziano che detrae i valori della giovinezza (per esempio, il funzionario in pensione nei confronti della nuova gestione); la suocera; il teppista. Alcuni professioni poi vengono segnati ad alto rischio di risentimento: Il prete, loperaio, lapostata, il nostalgico. A proposito del prete, Scheler dice che il pericolo di risentimento alto siccome egli (a) non si poggia su mezzi terreni di potere ma anzi rappresenta per principio la debolezza dei medesimi e siccome (b) egli ministro di una istituzione storica, situato nel bel mezzo delle

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lotte di parte mondane, che deve tuttavia rappresentare il principio della pace. (Scheler, 1975, p. 57). Lautore precisa per che lautentico martirio di fede non contiene la pure minima traccia di risentimento. Alla fine di questo escursus, Scheler giunge a delineare la struttura formale dellespressione di risentimento:
si approva, si sostiene, si loda A non per le sue qualit intrinseche bens con lintenzione che rimane per non detta a parole, di negare, svalutare, riprovare B. A viene giocato contro B. (Scheler, 1975, p. 60)

proposito della seconda componente, lautore fa riferimento alla teoria nietzschiana della genesi della cattiva coscienza (cf. sopra, sez. 2.3.2). Secondo Scheler, Nietzsche ha ignorato la prima componente nella prima tesi (autolesione come risultato dellinibizione degli impulsi vitali nel caso di un piccolo popolo bellicoso inserito in una grande civilt pacifica). Ma, al di l di questa critica di metodo, Scheler muove in queste pagine una dura critica alla concezione nietzschiana di moralit.
La moralit autentica non si fonda affatto come opina Nietzsche sul risentimento. Essa poggia su una gerarchia di valori eterna e sulle leggi evidenti di precedenza corrispondenti a tale gerarchia che sono oggettive e rigorosamente intelligibili quanto la verit della matematica. Si da un ordre du coeur ed una logique du coeur come dice Pascal che il genio etico va scoprendo rapsodicamente nella storia e che non sono in s sessi storici: historica ne piuttosto la comprensione e la conquista (Scheler, 1975, p.66).

RIVOLGIMENTO CONTRO SE STESSI Per capire meglio il processo del risentimento, bisogna indagare circa la rimozione (Verdrngung) 5 la quale toglie loggetto al pi immediato sentimento psichico 6. Le componenti principali della rimozione sono (a) la rimozione della rappresentazione delloggetto a cui era rivolto laffetto (Scheler, 1975, p. 62) e (b) lazione verso linterno esercitata dallo stesso affetto, dal momento che gli viene inibito uno sfogo esterno (p. 64). Unesempio della prima componente lodio di classe in cui ogni manifestazione, gesto, abito, maniera di parlare, di muoversi, di comportarsi, che sia sintomo di appartenenza ad una classe basta gi a mettere in moto limpulso di vendetta e di odio oppure in altri casi a suscitare timore, ansia, rispetto (Scheler, 1975, p. 62). A
in proposto le ricerche freudiane contemporanee al saggio.
6Per 5Ricordiamo

3.2. RISENTIMENTO, RIMOZIONE,

In contapposizione a questo, Scheler aggiunge questa volta in sintonia con Nietzsche che il risentimento una delle cause del rovesciamento di quellordine eterno nellambito della coscienza umana. 4. LA MORALE CRISTIANA: LAGPE Da questo punto in poi, il saggio assume le veci di unelogio della morale cristiana e una critica della morale borghese. Perci, prima di proseguire, ci sembra giusto riportare la definizione di morale che Scheler d nel secondo capitolo del saggio.
Una morale un sistema di regole di preferenza tra i valori stessi, un sistema che si deve scoprire oltre le valutazioni concrete di unepoca e di un popolo quale sua costituzione morale che a sua

distinguere tra sentimento con e senza oggetto, Scheler fa lesempio della distingizone fenomenologica tra la paura e lansiosit/angoscia che ci fa ricordare lampio trattamento heideggeriano in Essere e Tempo.

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volta pu subire unevoluzione (Scheler, 1975, p. 74).

La tesi di fondo (a) che il risentimento realizza la sua massima prestazione quando diventa il determinante di tutta una morale al punto che le sue regole di precedenza si pervertono alla loro volta e appare buono ci che prima era un male (p.75), (b) che i valori cristiani sono esposti con straordinaria facilit a degenerare nel loro significato in risentimento [ma tuttavia] il nocciolo delletica cristiana non cresciuto sul suolo del risentimento, e (c) che invece il perno della moderna morale borghese abbia la sua radice nel risentimento (p. 76). 4.1. EROS E AGPE Per contrastare la tesi nietzschiana a proposito dellamore cristiano (che Scheler considera tanto profonda e degna di pi seria considerazione quanto altra mai formulata in questa direzione, bench completamente falsa (1975, p. 77)) il saggio ci offre un tuffo nellet classica. Per i Greci, lamore (eros, amor) rimane pur sempre un fatto della sfera sensibile, una forma di desiderio e di bisogno ecc., che non compete allessere perfettissimo (Scheler, 1975, p. 78). Leros concepito come una tendenza dell inferiore al superiore, e nasce proprio dalla scissione tra amante e amato nella quale questo figura come pi nobile di quello. Il Dio-pardeigma di Platone e il Dionous di Aristotele non si rivolgono verso il basso, verso gli altri enti. Non essendoci un grado pi alto a cui rivolgersi, il motore immobile aristotelico si rivolge verso se stesso, costituendosi cosi in pensiero di pensiero. In questa catena dellessere gerarchicamente proiettata verso lins, lamore risulta semplicemente

come un principio dinamico immanente allUniverso, che muove questo grande agone delle cose per la conquista della divinit (Scheler, 1975, p. 80). Al contrario, lamore cristiano e una intentio spirituale soprannaturale che spezza e dissolve ogni norma della vita naturale spontanea ad esempio odio per i nemici, vendetta e ritorsione e deve situare luomo ad un livello di vita affatto nuovo (p. 78). Inteso come moto di ritorno, lamore cristiano
si deve dimostrare proprio con il fatto che il nobile si china e discende verso il non nobile, [...] il buono e il santo verso il cattivo e il volgare, il Messia verso i pubblicani e i peccatori; e ci senza langoscia di perdersi e di svilirsi bens nella convinzione autenticamente religiosa di ottenere nel compimento attuale di questo piegarsi, lasciarsi andare, perdersi il massimo: la somiglianza con Dio (Scheler, 1975, p. 80 puntegg. leggermente ritoccata).

Laccento qui cade sullatto amoroso, non sul contenuto, sull amato il valore sta proprio nell amare. In questa prospettiva nasce la corresponsabilit di fronte alla malvagit: sarebbe stato malvagio questo malvagio se tu lo avessi abbastanza amato?; il non-amore prima ancora del torto vero e proprio gi colpa. La gerarchia classica dunque rovesciata: oni membro si volge indietro a chi pi distante da Dio e lo aiuta e lo serve e proprio cos facendo diventa simile alla Divinit, che appunto questo ha per essenza: un grande amare e servire e abbassarsi (Scheler, 1975, p. 82-83). La domada per rimane: come mai tutta questa differenza tra grecit e cristianesimo? Sar forse opera di quel tarlo chiamato risentimento? Scheler si muove a contastare questa possibile spiegazione contrapponendo al sano nietzschiano, che non vuol rischiare il contagio dal

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malato, la figura del nobile cristiano. Costui ha come forza motivante un forte senso di essere al sicuro, essere nellintimo salvato che fa scaturire la chiara consapevolezza di potere cedere il proprio essere ed avere. La vita non semplicemente sopravvivenza: al contrario la sua essenza proprio il dispiegamento, lo sviluppo, la crescita a pienezza. in questa prospettiva che si pu comprendere un sacrificio della vita stessa in vista di valori pi alti di quelli che la vita racchiude in s stessa (Scheler, 1975, p. 84). Scheler elogia qui unindifferenza nei confronti delle circostanze della vita, del destino che ha caratteri cavallereschi, audaci, quasi scherzosi. Il rivolgersi del cristiano verso il malato, il povero, il malvagio, il misero non un amore dellessere malato, misero, basso (in s) bens indirizzato a ci che sta al di l della vita agonizzante, a ci che c di sano, ci che rimasto dei valori positivi. Di fronte a questo, latteggiamento classico di stare lontano dalla forme inferiori di vita sembra provare continuamente angoscia di fronte alla vita (p. 88). A proposito dellutilit dellamore cristiano, Scheler dice che lagpe aiuta potentemente ma non consiste nel voler aiutare. Citando il racconto dellofferta della vedova (Marco 12, 41-44; Luca 21, 1-4), lautore sottolinea che lutilit di unazione pu essere piccola con un amore grande: lincremento del valore sta quindi originariamente sempre da parrte dellamante non da quella di chi viene aiutato (Scheler, 1975 p. 89). Il cristiano non cerca in primo luogo il massimo del benessere per tutti, ma il maximum damore: questo distingue nettamente tra il cristanesimo il socialismo o qualche ideologia altruista.

Linterpretazione che Scheler fornisce dellepisodio evangelico del giovane ricco (Luca 18, Matteo 19, Marco 10) emblematica del suo modo di intendere lagpe cristiana:
Se al giovane ricco viene comandato di fare a meno delle sue ricchezze e di donarle ai poveri ci viene fatto invero non perch i poveri acquistino qualcosa o perch si pensi cos ad una migliore distribuzione della propriet in vista del benessere generale, tanto meno poi perch la povert sia in s migliore della ricchezza, bens perch latto del dare via, la libert spirituale e la ricchezza damore che si manifesta in tale atto nobilita il giovane ricco e lo rende ancora pi ricco di quanto . (Scheler, 1975, p 90)

Lautore rifiuta la concezione dellamore verso Dio (e verso gli altri) come amore di riconoscenza (amo Dio perch mi ha dato questo e quellaltro) invece dalla propettiva dellagpe, la creazione risulta amabile proprio perch Dio che lha fatta. Scheler conclude che in tutta questa visione non troviamo traccia di risentimento (Scheler, 1975, p 92). 4.2. FILANTROPIA/ALTRUISMO E AGPE Laltruismo, un surrogato moderno dellamore, per Scheler una fuga da s, un ripudio di s, un distrarsi da s che solo in un secondo momento diventa un rifugiarsi in altro. Dunque, l originario fuggire via da se stesso [...] poi va cercando al di fuori allo scopo di potere, dietro lapparenza dellamore per gli altri, odiare il proprio soggetto stesso (Scheler, 1975, p 92). Laltruista si induga nel guardare con compiacenza le cose meschine, la miseria proprio per togliere lo sguardo dalle cose nobili che egli odia. Scheler si precipita subito a sottolineare che Ges non rientra in questa categoria: se nel vangelo Ges loda i poveri e biasima i ricchi

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perch egli sceglie di utilizzare questa formulazione paradossale per proclamare lindipendenza dei valori supremi ed ultimi della persona dalle contrapposizioni del tipo di: riccopovero, sano-malato (Scheler, 1975, p. 95). Rifacendosi dunque alla sua gerarchizzazione dei valori, Scheler spiega che queste parti del vangelo non si fondano sul risentimento perch di fronte allenorme elevatezza valori della persona che Ges intende comunicare, i valori del tipo ricco diventano marginali e quasi insignificanti. Non c risentimento negli insegnamenti come quello del porre laltra guancia a chi ti schi-

affeggia: non si cerca una perversione della reazione naturale bens un agire indipentente dalla condotta dell altro. Parimenti, nello stare tra i poveri di Cristo, Scheler non vede risentimento ma anzi coglie unamore violento, travolgente: Amore e senso di solidariet con lintera umanit ci fanno dun tratto apparire orribile e spaventoso il fatto che abbiamo ad essere buoni in tanta solitudine unicamente in compagnia dei buoni e ci produce una specie di nausea nei confronti di quei buoni che riescono ad essere tali da soli (Scheler, 1975, p 98). Lamore verso il peccatore, poi, non il turpe eros per ci che cattivo: esso svela ancor pi chiaramente il valore dellatto di agpe. In corrispondenza con i due modi di chinarsi verso il pi debole (agpe e altruismo) Scheler distingue due tipi di ascetismo. Lascetismo del risentimento si fonda su pseudovalori e gratificazioni vicarie: ad esempio, la castit pu essere elevata a valore da una persona sessualmente impotente. Scheler critica Nietzsche di identificare erroneamente lascetismo cristano con questo ascetismo del risentimento. Per Scheler, invece, c un ascetismo che non deriva dal risentimento e la vera ascetica cristiana si fonda

su questo tipo di ascesi. Oltre lascetica spartana (che educa a certi scopi nazionali) lautore parla di unascetica che sgorga da pienezza, vigore ed unit di vita (Scheler, 1975, p 102). Se la vita intesa come un fenomeno originario rispetto alla materia organica e i suoi meccanismi essa acquista valori suoi propri che non si riducono a quelli di utilit, quelli sensibili o quelli tecnici (si veda la gerarchia dei valori ne Il formalismo nelletica e letica materiale dei valori.) La vita pi vigorosa sar dunque quella che cresce e progredisce con un minimo di meccanismi finalisticamente adattati allambiente 7 . Lascetismo positivo di Scheler consisterebbe dunque in questa tendenza della vita vigorosa di minimizzare tali meccanismi. A questo punto, Scheler torna al confronto con Nietzsche, chiedendosi il perch del suo giudizio errato sulla morale cristiana. Ne trova due motivi: (a) un errore di valutazione da parte di Nietzsche, e (b) il fatto che la morale cristiana ha effettivamente subito uno sfiguramento nella storia a causa della reciprocit con valori di natura diversa.
4.2.1. LERRORE DI NIETZSCHE

chiaro qui il riferimento polemico allevoluzionismo di stampo finalistico (Herbert Spencer) che considera pi evolute le forme vitali pi complessi (aventi il maggior numero di meccanismi finalisticamente adattati allambiente).

Nietzsche ha sbagliato a causa del suo misconoscimento della natura morale cristiana e in particolare dellidea cristiana dellamore e perch ha usato nella sua valutazione un criterio di valore in s falso (Scheler, 1975, p 103). Scheler afferma che lethos cristiano inseparabile dalla concezione religiosa che il Cristiano ha di Dio e del mondo [... e] il punto minimo di collegamento della religione cristiana con la morale cristiana lammissione di un regno
7

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spirituale i cui oggetti, contenuti e valori oltrepassano non soltanto ogni sfera sensibile ma lintera sfera vitale 8. Perci, lo sbaglio di Nietzsche consiste nel rifiuto i valori spirituali (che Scheler mette al vertice della sua gerarchia di valori) e quindi nel giudicare lamore cristiano usando come metro i valori vitali (e dunque la promozione vitale massimale) 9. Tuttavia, la vita, per il cristiano, non maii un bene sommo: qualora il mantenimento e lincremento della vita contrasti con la realizzazione dei valori vigenti e consistenti nel regno di Dio, la vita non vale nulla (Scheler, 1975, p 104). Nietzsche, proprio perch parte dalla concezione del cristianesimo come una morale munita di una giustificazione religiosa (e dunque non come religione) costretto a interpretare come segno di una morale di declino gi lipotesi di un livello di essere e di valore estendendosi oltre la vita e non pi relativo ad essa (Scheler, 1975, p.105).
4.2.2. LO SFIGURAMENTO DELLA MORALE CRISTIANA

Partendo dalla sua descrizione dellamore cristiano, Scheler inzia gi da queste ultime pagine del terzo capitolo a denunciare i travisamenti in mostra sul mercato politico e sociale moderno. Il cristianesimo ammette tranquillamente le differenze di ceto tra signore e schiavo, ricco e povero: essendo lagpe un rapporto spirituale, non vitale o materiale, essa non ha la pretesa di
considera privo di senso e radicalmente fallito il tentativo di ritrovare [nella morale cristiana] i principii di una universale morale umana o di una morale aliena da presupposti religiosi (Scheler, 1975, p 103).
9Abbiamo 8Scheler

annullare le differenze vitali (per es. i fattori naturali spontanei che rendono gli uomini reciprocamente ostili) o materiali (per es. linequa distribuzione economica della propriet). La filantropia moderna, frutto del risentimento, promette utopie socio-politiche, un universale fratellanza degli uomini, la fine dellinimicizia; spesso i suoi propugnatori presentano questi come se fossero principi cardini del cristianesimo. Invece, secondo Scheler, nella predica dellamore per il nemico presupposto che c linimicizia, che ci sono nella natura umana forze costituzionali non trasformabili storicamente che in certe circostanze producono necessariamente linimicizia (Scheler, 1975, p 107). Ignorando questo, si giunti alle ideologie moderne che concepiscono luomo come una moderna bestia di gregge addomesticata (Nietzsche, cit. in Scheler, 1975, p 107). Il perdono cristiano non si prefigge di far cessare o di ridurre gli impulsi di vendetta e sopraffazione bens il libero sacrificio delle espressioni relative a questi impulsi in favore dellatto del perdono, in s pieno di valore. Scheler dice che le immagini di Cielo, Purgatorio, Inferno contraddicono la tesi che gli uomini allocchio di Dio debbano risultare tutti di eguale valore (Scheler, 1975, p.109). La comunione dei beni nella Chiesa primitiva e nelle

gi sottolineato come Nietzsche fa questo di proposito, esplicitandolo nella prefazione della Genealogia della Morale (cf. sopra, sez. 1.2). Per la giustificazione dei valori spirituali e della loro supremazia, Scheler rimanda a Il Formalismo nelletica e letica materiale dei valori.

comunit religiose non comunismo, espropriazione operata forzatamente dallo Stato; invece unespressione esteriore di quellunit del cuore e dellanima e quindi si fonda su donazioni volontarie, atti liberi di amore e sacrificio (cf. Scheler, 1975, pp. 110, 111). Inoltre, chiaro, da quanto precede, che lagpe e il sacrificio cristiano non sono quellamore e quel sacrificio che Herbert Spencer dice diventeranno sempre pi superflui man mano che vengano

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sostituiti da un crescente riconoscimento dei diritti da parte della legge. 5. LA MORALE BORGHESE 5.1. LA FILANTROPIA
5.1.1. LOGGETTO DELLA FILANTROPIA

alcuni di questi autori 10, essa diventa perfino il prodotto di unimpulso fissato dalla natura per lutilit della spece. Lamore si riduce perci in ultima istanza ad espressione soltanto pi raffinata [...] di un istinto animale (Scheler, 1975, p. 117).
5.1.3. IL VALORE DELLA FILANTROPIA

La filantropia universale moderna che Scheler chiama anche umanitarismo o amore per tutto ci che abbia il volto duomo non si rivolge al divino nelluomo ma alluomo in quanto uomo e perci risulta come frutto di una protesta contro lamore di Dio. Prescindendo dallamore di Dio, la filantropia si distanzia subito dallautentico amore del prossimo cristiano, il quale intimamente e armoniosamente legato allamore di Dio e al sano amore di s. Parimenti, lamore cristiano si estende ai morti, agli angeli, ai santi, allintera natura di tutti i tempi, mentre la filantropia concerne solo l umanit del presente, staccata dal regno di Dio. Inoltre, la filantropia esclude a priori amori preferenziali per qualche parte dellumanit, considerando questi come sottrazioni allintero: per essa ciascuno conta solo per uno e nessuno per pi di uno (Principio di Bentham, cit. in Scheler, 1975, p. 115).
5.1.2. LASPETTO SOGGETTIVO DELLA FILANTROPIA

La filantropia ha valore esclusivamente in quanto uno dei fattori causali capaci di aumentare il bene generale (Scheler, 1975, p. 118); essa mira al massimo del benessere, non al massimo dellamore. Questo vale a dire che la filantropia vale ben poco: basta ricordare le teorie economiche (e.g. Adam Smith) e i pamphlets di Mandeville per rendersi conto che gli impulsi pi egoistici sono pi efficaci a promuovere il benessere sociale. Per sottolineare ancora di pi la differenza tra agpe e filantropia, Scheler ci ricorda quanto poco le istituzioni e gli usi medievali erano tesi verso il bene generale, e tuttavia il Medioevo era un periodo altamente cristiano, nel quale lamore cristiano come forma di vita e come idea diede i fiori pi puri (Scheler, 1975, p. 119).
5.1.4. FILANTROPIA E RISENTIMENTO

Lautore chiama la filantropia un sentimento situazionale che sorge per trasmissione di contagio psichico: essa appartiene alla struttura psicho-fisica delluomo mentre lagpe si colloca al livello spirituale. Per questo, autori come Hutcheson, Adam Smith, Hume, Bain, Rousseau descrivono la filantropia come una forma di simpatia, compassione o gioia simpatetica fondata su una considerazione del tipo che cosi proveresti tu se fossi al suo posto?; in

Se la filantropia frutto del risentimento, contro chi protesta? Scheler risponde che essa (a) una reazione nei confronti di Dio; (b) un odio verso la propria comunit; (c) una dedizione allaltro in quanto altro e basta. Essa risentimento nei confronti di Dio siccome essa (i) prova rancore contro lidea di un Signore supremo e (ii) si china verso luomo in quanto essere di Natura). protesta contro la cerchia prossima della comunit siccome i suoi propugnatori sono per lo pi dei risentiti nei
cer.
10E

in modo particolare, anche in Darwin e in H. Spen-

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confronti della propria famiglia, del proprio ambiente prossimo; alcuni poi esprimono con questo amore una protesta contro lamor di patria. Finalmente, laltruismo frutto di un rivolgersi contro se stessi, una maldizione di s: mentre nellagpe ci richiesto di amare il prossimo come se stessi, nellaltruismo ci richiesto di amare il prossimo pi di se stessi, proprio in quanto altro. La filantropia, in quanto altruismo, nasce da un non poter guardare s medesimo a causa di un perforante sentimento della [propria] nullit (Scheler, 1975, p. 127). Da questo scaturisce una fuga da s che si esprime pi volte

in una morbosa smania di sacrificio, un ascetismo nichilista segno di una vita al tramonto.
5.1.5. AGPE E FILANTROPIA NELLA STORIA DEL CRISTIANESIMO

Per quanto radicalmente diverse per natura e origine, le idee dellamore cristiano e della filantropia moderna hanno intessuto nel concreto della realt fattuale storica legami multiformi e complessi, che, se non giustificano invero lequiparazione delle due idee compiuta da Nietzsche, la rendono tuttavia comprensibile: E lo stesso vale per le forme dellascesi (Scheler, 1975, pp. 128-129).

senziale nuovo assoluto (Scheler, 1975, p. 131). In altre parole, gli uomini si dividono in due, eletti e ripudiati; i ripudiati sono animali e basta. La distinzione ontologia uomoanimale nasce dalla prassi pedagogica di trattare ogni uomo come se fosse un eletto, dato che il prete/missionario non pu sapere chi sia eletto e chi non. Da ipotesi pedagogica-prammatica per la teoria della eguaglianza della natura umana si fa via via ipotesi che avanza rivendicazioni di verit metafisica (Scheler, 1975, p. 132). In questo testo, Scheler riconosce a Lutero il merito di aver saputo distinguere lelemento genuino dalle aggiunte eterogenee nella sua lotta contro la teologia razionale (cf. Scheler, 1975, p. 133) 11. Tuttavia lo critica di aver minato alla base il principio di solidariet, avendo subordinato lamore per gli altri allamore di s:
Come potrebbe infatti sorgere laspirazione alla consapevolezza di un Dio misericordioso, alla consapevolezza della giustificazione e del perdono [...] se non in quanto fondata su un atto di amore? sullatto damore verso se stesso, sulla conseguente cura per la salvezza dellanima propria? Dal momento dunque che Lutero fonda lamore per gli altri sulla giustificazione gi ottenuta esclusivamente mediante la fede guadagnata cio nel solitario rapporto dellanima con il suo Dio [...] lamore per gli altri viene subordinato completamente allamore di s (Scheler, 1975, pp. 133 134).

Scheler inizia questo percorso storico con laccostamento tra stoicismo e cristianismo: la Chiesa dei primi secoli accolse il diritto di natura e la morale naturale di stampo stoico perch erano facilmente impiegabili come armi contro la signoria degli stati (Scheler, 1975, p.129). Secondo Scheler, questo ha fatto si che la Chiesa ripudiasse il modo con cui si intendeva lo stato di grazia nella Chiesa primitiva. Luomo naturale e carnale, si distingue dallanimale, secondo la visione cristiana antica, solo per grado non per essenza: solo nel rinato viene alla luce un ordine nuovo, uno strato ontologico ed es-

Come risultato di questa dottrina sulla giustificazione, lamore per gli altri viene ridotto alla fine alla simpatia meramente impulsiva e sensuale, viene negata in linea di principio la comunit vivente di fede e di amore e lordinamento giuridico e morale della coave riputiato la ragione; cf. Leterno nelluomo (1920/22), La posizione delluomo nel cosmo (1929).
11In scritti pi tardivi Scheler critica Lutero proprio per

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munit deve competere totalmente ed esclusivamente allo Stato; infine [Lutero] prepara in tale modo proprio lidea positivistica moderna dellumanit e della filantropia nella forma pi pesante (Scheler, 1975, pp. 134-135). Il risultato: un amalgama di filantropia e amore cristiano, di utilitarismo e morale cristiana che sul piano politico ha preso le forme del socialismo cattolico e della democrazia cristiana.
5.1.6. GLI IDEALI ASCETICI

disponibili a piacere per qualsiasi scopo (Scheler, 1975, p. 137). Alcune di queste forme hanno le loro radici nel neo-platonismo e nellessenismo, segni del declino del mondo classico. Essendo contemporanei al cristianesimo nei suoi primi secoli di vita, queste forme ascetiche sono entrate nella prassi cristiana; tuttavia la Chiesa, in netto contrasto con le filosofie su cui si fondano tali pratiche, ha sempre rifiutato il dualismo anima-corpo e ha invece sostenuto la resurrezione della carne. Concludendo:
lascesi cristiana [... ha] come intento non il soffocamento degli istinti naturali o addirittura la loro eliminazione bens potere e signoria su di essi e la loro totale permeazione di anima e spirito. [... Essa] serena, lieta: cavalleresca consapevolezza di forza e di potenza sul corpo! (Scheler, 1975, p. 138-139).

Alla fine del quarto capitolo, Scheler ritorna al discorso sugli ideali ascetici. Quale ascetica pu nascere dalla morale evangelica? Dalla sua trattazione del cristianesimo, egli ne elenca due caratteristiche che ci aiuteranno a distinguere tra lautentica ascetica cristiana e le ascetiche tipiche di un mondo in decadenza. Lascesi cristiana mira (a) alla liberazione della personalit spirituale e in secondo luogo (b) a sviluppare ed esercitare in piena autonomia le funzioni vitali indipendentemente dai meccanismi ad esse asserviti e rendere in questo modo il vivente indipendente il pi possibile dalla parzialit propria delle combinazioni esterne degli stimoli (Scheler, 1975, p. 137). Dorna dunque il discorso sullascetismo iniziato nel terzo capitolo del saggio (cf. sopra, sez. 4.2. introduzione). Usando questi criteri, Scheler identifica una serie di forme ascetiche che non sono autenticamente cristiane: ascesi fondate sullodio e suo disprezzo del corpo, ascesi tese a superare la forma della vita personale e giungere ad un essere impersonale, ascesi che si estendono anche ai beni spirituali di cultura, ascesi in cui la psiche deve essere sottoposta ad una disciplina arbitraria in cui pensieri, sentimenti, sensazioni sono considerati alla stregua di soldati

5.2. IL VALORE DEL CONQUISTATO DA S Nel quinto capitolo del saggio, Scheler analizza tre altri elementi della morale moderna sui quali spendiamo una parola in questa sezione e nelle due seguenti. Una tesi di fondo della morale moderna la seguente:
Hanno valore morale soltanto qualit, azioni ecc. che luomo come individuo si conquistato con il suo lavoro e le sue forze (Scheler, 1975, p. 142).

Scheler critica questa tesi perch nega che le cose possano avere valore in s. Anche gli uomini diventano eguali quanto a valore morale; conta solo il lavoro con il quale si giunge ad una elevazione del livello morale, a prescindere dai valori di partenza e di arrivo. Per lautore, questa operazione appiattisce le differenze mettendo tutti al valore morale pi basso; tutto questo gioco al ribasso frutto del ris-

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entimento della natura pi volgare che non riesce a sopportare questo distacco originario dalla natura superiore (Scheler, 1975, p. 143). In contrasto con questo, il cristianesimo supera le differenze sul piano morale con limmagine della solidariet morale: siamo diversi sul piano morale (alcuni sono nobili, e consapevoli del loro valore, altri miseri) ma ci sentiamo corresponsabili riguardo ad ogni colpa altrui e anche partecipi della santit altrui. Questo va contro la concezione moderna che cerca di limitare al massimo la propria responsabilit e di non lasciarsi regalare nulla. Tale concezione si fonda su unatteggiamento di diffidenza per principio tra uomo e uomo, tipica del rapporto commerciante-concorrente 12. 5.3. LA SOGGETTIVAZIONE DEI VALORI Un altro pregiudizio delle teorie moderne che Scheler contesta e quello della soggettivazione dei valori:
I valori in generale e i valori morali in particolare siano soltanto manifestazioni soggettive relative alla coscienza umana e che non abbiano n esistenza n significato indipendentemente da essa (Scheler, 1975, p. 150).

tipica dellilluminismo ci indica valori morali accessibili a tutti e svaluta lazione di chi si innalza sopra questo universale. Parimenti nel campo religioso, viene sottovalutata la rivelazione per il motivo che non una forma di conoscenza a disposizione di tutti. In tutto questo inconfondibilmente allopera il risentimento. 5.4. IL VALORE DELLUTILE Le teorie moderne innalzano il valore dellutilit al di l del valore del vivere in generale. Rispetto alla gerarchia scheleriana dei valori, questo un chiaro rovesciamente nellordine dei valori. Per mostrare ci, lautore addita alcuni esiti paradossali di questo travisamento dei valori. A proposito del rapporto utile-piacevole, Scheler (1975, p. 160-161) sottolinea come nellascetismo moderno, il godimento del piacevole, a cui riferito ogni utile, subisce un costante differimento fino al punto che in conclusione il piacevole resta assoggettato allutile. [...] Viene messo in atto un meccanismo infinitamente complicato per la produzione di cosi piacevoli, che deve essere atteso da un lavoro senza posa, senza prospettiva alcuna di godimento finale di queste cose piacevoli. In contrasto, la vecchia ascetica si proponeva lideale di raggiungere il massimo di godimento con un minimo di cose gradevoli e di cose veramente utili. A proposito degli sfarzosi divertimenti delle grandi citt, Scheler osserva come a contemplare e a frequentare tali ambienti colorati, voluttuosi, rumorosi, eccitanti sono uomini estremamente tristi. Scheler passa ad elencare i valori borghesi (valori dellutile) e mostra come questi hanno sostituito quelli nobili (valori vitali). Infine, at-

dice che questa diffidenza ha avuto un forte influsso sul calvinismo, e rimanda agli studi di Max Weber.

Come risultato, si giustifica unanarchia totale in quel che concerne il giudizio morale, oppure si ammette un surrogato dellautentica oggettivit del valore: la coscienza generale. In questo modo il debole risentito evita una autentica ricerca di che cosa sia bene e si chiede: Tu che pensi? Che cosa pensano tutti? Lautore nota che persino il formalismo etico (Kant) si rifa a questo: la ricerca delluniversalmente umano
12Scheler

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traverso un lungo excursus biologico critica la concezione del vivente come somma di parti e quella del organo come utensile. A conclusione di tutto il perscorso lautore d una serie di consigli alla societ moderna che sembrano prevedere gli effetti dellindustrializzazione e la crisi ecologica.
Il mantenimento della salute della razza [...] un valore in s nei confronti delle sue prestazioni utili e merita il primato, anche se ci comporti un rallentamento dello sviluppo industriale. Lagricoltura una attivit in s pi valida che lindustria e il commercio e merit di essere protetta e incrementata non fosse altro che per il fatto che comporta una maniera di vivere pi sana [...] anche se il progresso dellindustrializzazione da un punto di vista meramente economico desse di fatto un reddito migliore. Lo stesso dicasi per la difesa contro le tendenze distruttrici dellindustrialismo nei confroni delle specie animali e vegetali, dei boschi, del paesaggio. (Scheler, 1975, p 185).

Dobbiamo molto a questi autori per la loro indagine intorno al risentimento e alle sue ricadute sulla nostra societ. Molte delle critiche restano notevolmente attuali oggi dopo quasi un secolo in molti campo sono stati dei veri profeti. Entrambi autori hanno mosso forti critiche ad alcuni aspetti della modernit e del cristianesimo, o almeno ad un certo modo di vivere e di intendere il cristianesimo. Ogniuno, a modo suo, ha lanciato ai cristiani un invito a riscoprire lessenza del messaggio di Ges di Nazaret 13 , rendendosi conto degli influssi platonici e neo-platonici che ha subito. Inoltre, molto interessante il tentativo di comprendere tutta una fetta di storia umana a partire da un fenomeno psicologico: il risentimento. Le pretese illumisitiche che tuttora fondano molti dei nostri atteggiamenti di sfruttamento smodato della natura sono cos minate alle loro basi. Le critiche alluomo moderno e alle pretese egemoniche della tecnica sono molto attuali. Corrosione dei valori vitali, antropocentrismo irresponsabile, filosofie politiche che cercano di appiattire con la forza le differenze, riduzione delluomo ad una bestia gregaria: le obiezioni di Nietzsche e Scheler nei confronti di questi fondamenti del nostro modo di essere e di vivere moderno scuotono fino in fondo la nostra comprensione dei fenomeni intorno a noi. Ci sfidano a pensare unattimo, prima di condannare la pena di morte o brindare alla

6.

ALCUNE CONSIDERAZIONI CRITICHE

6.1 ACUNI PREGI DELLE DUE OPERE In queste opere, Nietzsche e Scheler offrono una teoria della modernit che potrebbe essere qualificata come teoria culturale secondo la distinzione di Taylor (1999). Sono tentativi di superare quelle spiegazioni semplicistiche che prescindono dalla cultura e che tuttora sono in assoluto le pi stimate e considerate. chiaro che un tentativo di analisi culturale vuol dire evitare le soluzioni belle e facili ed affrontare con grande coraggio lenorme complessit della cultura umana, rischiando cos di inciamparsi in varie aporie.

democrazia, perch tutti fanno cos o perch ovvio che questa sia la cosa pi cristiana. Ci insegnano a non dare per scontato che i nostri
studiosi contemporanei ci hanno presentato un Nietzsche ammiratore di questa figura storica, per es. Massimo Cacciare (Universit di Venezia).
13Alcuni

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tempi siano i migliori sotto tutti i punti di vista e in tutti gli aspetti. Infine ci disincantano dal mito che le scienze moderne siano prive di presupposti e che la verit sia a portata di mano. 6.2. ALCUNI TRATTI PROBLEMATICI NELLANALISI NIETZSCHIANA Passiamo ora a sottolineare solo alcune delle aporie che saltano fuori da queste due opere. In primo luogo osserviamo che lautentico nietzschiano colui che sa prendere ogni affermazione di Nietzsche con le pinze: se non esiste una verit assoluta, oppure se pu darsi che non non ci sia, le qualsiasi tesi pu sempre essere vera, falsa, n vera n falsa o sia vera sia falsa. Se accettiamo la sua posizione circa la verit, il valore filosofico della Genealogia della Morale non sar tanto diverso da quello dell Odissea o del mito adamitico. Inoltre, questa impostazione espistemologica ci costringerebbe a troncare qui la discussione usando questa forma di espressione: un linguaggio tecnico (filosofico) con fondamenti logici rigorosi che pressuppongono il principio di non contraddizione (come verit assoluta). Ma se invece dobbiamo proseguire con lanalisi filosofica, il primo problema salta fuori dalla conclusione del saggio. Cosa significa ogni volont di verit? Che senso ha il voler un senso qualsiasi invece di nessun senso? Se dovessimo cercare a tutti costi una risposta vera a questa domanda saremmo ancora immersi completamente nel problema. Se dovessimo ignorarla rimarremmo nel nichilismo negativo. Non ci resta che fare ipotesi che non abbiano pretesa di verit. Ma veramente possibile questo? E se fosse possibile, quale pensatore avrebbe la faccia di pubblicare tali ipotesi? Chi mai avrebbe linteresse di prenderli in considerazione? A

questo punto non ci resta che sperare che qualche dio ci riveli la risposta alla domanda nietzschiana! Ovviamente, con un tale ragionamento non si confutata Nietzsche... sempre un discorso logico, che presuppone la volont di verit e il principio di non-contraddizione. Tuttavia, assumendo la sua impostazione epistemologica, pu darsi che lo si pu anche confutare cos... come si pu saperlo? Sicuramente (?) sarei pi a mio agio se dovessi trattare questo problema scrivendo una poesia o dipingendo un quadro: non sarei cos legato a queste regole logiche. Forse proprio per questo che le opere nietzchiane che fanno uso della parabola e dellaforisma (per es. Cos parl Zarathustra) sono le pi riuscite. quente dellanalogia della malattia psicologica nella sua trattazione del cristianesimo e della morale cristiana. Il matto non in grado di ammettere di essere matto, anche se il dottore glielo dicesse di esserlo, anche se tutti glielo dicessero. Se iniziare o no la cura, non pu essere il matto a deciderlo. Lo si costringe a farsi curare perch ci si fida dellesperto, o dellopinione dei pi. Pu sempre darsi che ad essere malati siano lesperto o i pi, e che quel tale non sia affatto matto... ma nella prassi medica, questa tesi viene esclusa a priori. Al di l di tutto questo, fa problema luso fre-

Quindi, quando salta fuori un personaggio come Nietzche che accusa tutta la societ di essere malata, come facciamo a crederlo? Se ci dicesse che la malattia sia cos grave da non permetterci di oggettivarla, allora lo ignoreremmo senzaltro: saremmo incapaci di renderci conto della malattia, e in primo luogo neppure lui po-

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trebbe esserne uscito 14. Quindi ci dir che ci possibile avere consapevolezza della nostra malattia e che ci possibile decidere se farsi curare o no 15. A questo punto chiederemmo delle prove che dimostrano che siamo noi ad essere malati, e non lui. Come ha fatto a giungere a questa conclusione? Partendo da endoxa? Non possibile i pi non ammettono ancora di essere malati16. Tramite intuizione o rivelazione? Sara difficile per noi crederlo, specialmente da un Nietzsche. Presentando dati empirici? Per questo ci vorrebbe un metro di misura, una definizione delluomo psicologicamente sano la quale definizione dovr pure fondarsi su qualche visione antropologica. Se ci propone come definizione di uomo lo Zarathustra, nel quale noialtri uomini non ci identifichiamo (a maggior ragione se siamo veramente malati), dovr pure giustificare questa visione delluomo... con un altro metro esterno, forse... e cos allinfinito. Potr forse cercare di mostrarci le nostre aporie, i nostri conflitti interni. Questo presuppone che luomo sano sia privo di conflitti interni, o quasi... ma non detto che sia cos! Forse un uomo tale non esiste! Tuttavia potremmo accettare in via di principio che sia una buona cosa conoscere i nostri conflitti interni e cercare di ridurli. Dunque, se di deve escludere un metro esterno di misura e fondare lanalisi solamente su conflitti interni, nel suo confronto con il cristianesimo, Nietzsche deve dare per buone i prestesso dichiara nei suoi scritti di essere stato malato e di essere guarito. non complicare eccessivamente, assumiamo che questo personaggio non abbia il potere di costringere tutti a farsi curare, e quindi ci sia il libero arbitrio. spesso fonda le sue tesi su etimologia (cf. GM I.5) ma altrove critica il linguaggio o le opinione che fonda alcuni espressioni/termini (cf. GM I.13).
16Nietzsche 15Per 14Nietzsche

supposti della fede cristiana (magari mostrando che si contraddicono tra loro) e fare tutta lanalisi allinterno del mondo concettuale cristiano. Ma abbiamo gia visto dalla prefazione del libro che i suoi presupposti non sono certo quelle di un credente. Perci risulta che con questa impostazione non riesce a dialogare con il cristianesimo specialmente se a sentire Nietzsche si impara che unindagine atea non per niente unindagine neutra. Oggi per troviamo tra la plebe una scia di appassionati di Nietzsche... e molte delle critiche rivolte al cristianesimo dopo il crollo del comunismo si attingono alle tesi nietzschiane. Purtroppo chi accusa il cristianesimo di essere una forma di malattia (e si arroga il diritto di farlo perch sano cio non-credente) non si rende conto che in s la sua non-credenza non lo rende meno malato del cristiano, secondo le ultime pagine del saggio di Nietzsche. Persino Nietzsche si disgusterebbe di fronte ad un nietzschianesimo per le masse. Non mi soffermo sulla genealogia. Basta indicare che tutto parte dal commercio tra individui: Nietzsche non considera affatto la famiglia estesa e il clan. Ignora le faide, i debiti di sangue e assume gi listituzione della propriet privata agli esordi della morale e della societ umana. In breve, per chi ha qualche familiarit

con le discipline antropologiche, tutta la genealogia fondata sullinverosimile mentre manca il pur minimo confronto con le tesi pi immediate e versosimili. chiaro che a Nietzsche importa poco fare unindagine investita di rigore scientifico: tutta la genealogia costruita su quelle conclusioni che ne vuole trarre e serve appunto come unimpalcatura letteraria per presentarci le sue idea a proposito della morale. Perci, se dal punto di vista scientifico lopera risulta molto discutibile, questo non vuol dire

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che essa sia senza valore filosofico, anzi, vi troviamo tante osservazioni e affermazioni che scaturiscono da unindagine psicologica e sociologica molto acuta circa luomo moderno. Forse non sono frutto dellindagine genealogica; certamente derivano dallesperienza vissuta di una persona dotata di gran fiuto per ci che pi profondo nelluomo. 17 6.3. IL CONFRONTO TRA SCHELER E NIETZSCHE Si capisce dunque come mai Scheler avesse grande rispetto verso la profondit psicologica (in senso lato) di Nietzsche e perch prendesse sul serio le dure critiche che questo aveva rivolto al cristianesimo. Per, la risposta scheleriana che cerca di operare una netta distinzione tra amore cristiano e filantropia, e dunque di deviare le freccie nietzschiane verso la borghesia non mi sembra tanto efficace come difesa del cristianesimo. Riportiamo qui la critica di Paul Valadier:
Quando Max Scheler, in Il risentimento nella edificazione delle morali, oppone allamore cristiano, quale Nietzsche lo analizza, lamore cristiano quale esso in s, ci si chiede se questo genere di astrazione che parla dellamore prescindendo dalla volont che lo vive abbia, da un lato, ben compreso laspetto principale della critica nietzschiana, e dallaltro, non aggravi a suo modo laccusa avanzata da Nietzsche a una religione che si vive essenzialmente secondo i modi dello sdoppiamento. (Valadier, 1991, p. 516).

6.4. SCHELER E IL RISENTIMENTO Certamente, ai tempi di Scheler, la Chiesa Cattolica era molto sospettosa di termini come dignit delluomo, diritti civili, moderno,
17Per

una studio approfondito sulle critiche nietzschiane al cristianesimo, la loro efficacia, la loro attualit, i loro nodi problematici, vedi Valadier (1991).

socialista, communista. Aveva poca simpatia per la democrazia. Per un cattolico, laccusa di essere modernista o communista era molto grave. Scheler, che si proponeva come campione della causa cattolica non pot trattenersi dalla polemica nei riguardi di queste correnti di pensiero. Leggendo oggi questo saggio, uno si chiede se tutte le affermazioni ivi contenuti provengono dalle convizioni profondi di Scheler, frutto di una rigorosa problematizzazione filosofica, o se lautore si fosse lasciato condizionare troppo dal clima religioso e dalle dottrine cattoliche del tempo. Ci sembra pi verosimile la seconda tesi, perch in opere successive, e particolarmente quando abbandona la fede cattolica, Scheler si allontana da alcune posizioni prese in questo saggio. In questo caso per, dobbiamo ammettere non senza un certo cordoglio che questa eccessiva preoccupazione di tener ferma nella sua indagine l ortodossia cattolica ha fatto si che oggi che la Chiesa si alquanto conciliata con la modernit il saggio stesso sembri inaccettabile da punto di vista della dottrina cattolica. Alcune pagine sembrano addirittura condannare talune affermazioni fondamentali degli ultimi documenti ufficiali di dottrina sociale della Chiesa. Nelle critiche contro il comunismo, il socialismo, il capitalismo, la democrazia, lo Stato moderno, letica del lavoro, lindustrializzazione, la scienza moderna, la tecnica, levoluzionismo, il formalismo, lumanesimo, il protestantesimo, lutilitarismo, e cos via, sembra mancare una certa distanza dallangoscia della Chiesa cattolica dellinizio 900 di fronte al fenomeno della modernit, tanto da turbare la calma e lobiettivit della ricerca filosofica dellautore. Laltro punto fermo da dove Scheler parte con la sua analisi lanalisi nietzschiana. Per alcuni

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versi, Scheler sembra sicuro di camminare su un terreno ben consolidato: si direbbe che Nietzsche non abbia sbagliato che il bersaglio. Basterebbe indirizzare le freccie nietzschiane sui nemici della Chiesa ed ecco guadagnato un nuovo apologeta cattolico, a fianco allo Stagirita 18. Nelle prime pagine del saggio, troviamo una squisita analisi psicologica del risentimento con delle distinzioni che mostrano una profonda consocenza dellanimo umano. Man mano che si va avanti nel testo, per, si scopre dove Scheler vuole arrivare con questa analisi. Il risentimento diventa la chiave di lettura di tutta una fetta di storia umana. Il mondo sembra dividersi in due: risentiti e non. Nonostante il riconoscimento della presenza nel mondo dello spirito, questo non sembra soltanto impotente ma addrittura incapace di influire sulla storia. Scheler si preoccupa di mostrare come lautentico cristianesimo cavalleresco, vitale, privo di risentimento, e non problematizza il presupposto della centralit assoluta di questo fattore nella sua analisi della modernit. Siamo proprio sicuri che fattori come lespansionismo turco, la scoperta di nuove terre, le innovazioni tecnologiche, la riforma protestante, il conflitto imperatore-nobilt, la nascita delle grandi nazioni, la invenzione della stampa, la scoperta del polvere da sparo, le riforme e innovazioni agrarie, la riscoperta del platonismo, lastronomia copernicana e tutti gli altri fattori finora ipotizzate per spiegare linizio della modernit si riducano ad un fenomeno psichico, oppure siano irrilevanti? 19
del 900, la metafisica aristotelica, da dottrina sospetta nel medioevo diventa larma apologetica cattolica per eccellenza.
19Sarei 18Allinizio

Osserviamo poi la plasticit del concetto di risentimento: si presta molto facilmente per lanciare critiche a tutto spiano. Ad esempio, il salmo 49 (luomo nella prosperit non comprende, come gli animali che periscono) sembra a prima vista un classico esempio di risentimento ebraico. Tuttavia, mi sembra che si pu anche interpretare questo testo come una riflessione profonda sulluomo: la soddisfazione immediata delle tendenze (senza esperire la resitenza e la sofferenza) riduce luomo ad un mero animale; si costata che la prosperit tende a ridurre troppo le resistenze e ad anestetizzare la sofferenza, soffocando cos lo spirito (mancanza di oggettivazione e di comprensione). A questo punto il discorso si fa molto vicino ad una tesi scheleriana ne La posizione delluomo nel cosmo (1929)... ma il nostro autore non ammetterebbe facilmente che le sue tesi scaturiscono dal risentimento ebraico! 6.5. SCHELER E LAMORE CRISTIANO Lindagine intorno allamore cristiano rivela chiaramente la profonda riflessione che lautore ha fatto su questo tema. Agpe, eros, simpatia sono temi che gli stanno molto a cuore, ad essi Scheler dedica diversi libri e conferenze. Le puntualizzazioni e il confronto con leros greco e la filantropia moderna ci aiutano ad avere chiaramente presente lautentico amore cristiano. Nei tempi di Scheler partono gli studi, fondati sullaccostamento alle Sacre Scritture con nuovi strumenti esegetici, che si confrontano con una

pi propenso ad accettare una visione della storia fatta da momenti di stasi (quando si verifica

unequilibrio tra vari fattori originari in gioco) intervallati da rivoluzioni (quando molti piccoli cambiamenti rimasti insignificanti perche non sintetizzabili con i fattori predominanti nella stasi trovano tra loro una nuova sintesi che rovescia quella in vigore). Questa tesi stata proposta in sede biologia per spiegare le grandi eoni paleontologici.

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visione del cristianesimo distorta dalletica umanistica di stampo borghese. Una famosa opera che sosteneva questa visione era quella di Adolf von Harnack, Lessenza del cristianesimo (1900), con la quale vari studiosi si sono confrontati fino alla celeberrima indagine sullamore cristiano di Anders Nygren (Eros e agpe, 1930/1936) 20. Uno studio approfondito del vangelo e della tradizione cristiana ci rivelano che lamore cristiano culmina nellagpe ma tuttavia non si esaurisce nelle manifestazioni pi nobili di questa. Troviamo nel vangelo altri sentimenti amorosi cristiani, per esempio la agathosyne (bonitas; benevolenza/bont benefica) che fa parte dei cosiddetti frutti di penitenza 21. Lagathosyne si esprime anche nell umanit del samaritano (cf. Ledrus, 1998, p. 194). Pi volte incontriamo un Ges turbato nel profondo, commosso, mosso da compassione (splanchnizo), piuttosto di un santuomo cavalleresco, sicuro di s di fronte alle folle impersonali, soffocanti, ma affamati, senza pastore. Perci pu darsi che alcune forme di amore meno nobili di quella delineata da Scheler siano autenticamente cristiani. Infine ci si deve anche confrontare con il crocefisso come fa Ges ad amare tante persone che non ha conosciuto in carne ed ossa? Come si configura lumanit sia pure lumanit degli eletti di fronte a questo Dio che si abbassa cos? Io, quando sar innalzato da terra, attirer tutti a me (Giovanni 12, 32). Va messo in risalto anche, in queste pagine, la posizione di Scheler riguardo al legame della morale cristiana e religione cristiana e le ricadute di questa tesi sugli sforzi della Chiesa di
20Uno

trasmettere i valori cristiani in una cultura laica. Ha senso dialogare con i non-credenti a proposito della morale cristiana se si accetta le affermazioni di Scheler (cf. sopra, sez. 4.2.1)? 6.6. SCHELER E LA FILANTROPIA Molte delle critiche di Scheler partono dalla gerarchia dei valori che presenta nella sua Ethik Il formalismo nelletica e letica materiale dei valori. Non oppurtuno confrontarsi qui con questa opera, tuttavia noto che concepire dei beni come la ricchezza, la salute, la nobilt come aventi valore in s non senza problemi. Ricordiamo il discorso di Socrate con Clinia nellEutidemo dove Platone ci insegna che questi beni non sono di per se stessi n beni, n mali: dipende dalluso. In un linguaggio pi aristotelico, si potrebbe parlare di beni in potenza. Al di l di questo, anche ammesso che alcuni beni abbiano valore in s (in termini assoluti), la modernit ci ha insegnato a misurare i cambiamenti di valore (in un modo o nellaltro dobbiamo sempre fare i conti con il mutamento se non vogliamo accettare un mondo parmenideo dove i valori non si distinguono). Tali cambiamenti possono avere uninflusso notevole sul valore assoluto o relativo di un bene... perci non vanno ignorati. In queste pagine cogliamo anche una forte critica rivolta al protestantesimo, in particolare nelle note. A proposito della teoria della giustificazione mi sembra che largomento scheleriano faccia troppo leva su una priorit temporale della fede rispetto alle opere. Al di l di questo, il recente accordo tra luterani e cattolici su questa dottrina mostra che le differenze non erano cos abissali come si pensava ai tempi di Scheler... fu piuttosto una tendenza di sottolineare ecessivamente alcuni aspetti della dottrina piuttosto che altri. Per ci che riguarda il

21Vedi Luca 3, 8-14; Atti 16, 30; Matteo 3, 8-11.

studio recente sul problema, con ampie riferimenti bibliografici, si trova in Coda (1994).

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legame protestantesimo-capitalismo, Scheler basa molte delle sue critiche sulle richerche di Weber, e in particolare, di Sombart. Oggi, queste teorie sulle origini del capitalismo e dello spirito borghese sono molto discussi, alcuni (per esempio Cafuen, 1999) sono propensi a ricollegare il liberalismo economico con i gesuiti. Forse questo non farebbe troppo problema a Scheler dato che per lui, il Gesuitismo si dimostra sul terreno della Chiesa cristiana figlio dellUmanesimo moderno (Scheler, 1975, p. 129, n. 21). Tuttavia, sostituire Ignazio di Loyola a Calvino, la Controriforma alla Riforma non certamente cosa da poco! 22 Non mi soffermo sullinteressante confronto con levoluzionismo (teleologico), in particolare nelle ultime pagine del saggio, e su come il neodarwinismo abbia risolto alcuni delle obiezioni sollevate da Scheler. Inoltre, il discorso sulla distinzione organo-utensile suscita molte interrogative. Cosa succede quando la concezione di utensile si espande cos tanto da includere il supercomputer, il DNA, lorganizzazione sociale, il linguaggio? Siamo ancora nella prospettiva dellutensile o si tratta di organo? Opera degna di un gran filosofo, Il Risentimento nella edificazione delle morali suscita tante domande, forse pi di quanto risolve. Laccattivante stile e le provocanti frasi di
le critiche rivolte ai gesuiti fanno poco onore a Scheler lo collocano tra i filosofi moderni i quali non potevano scrivere unopera moderna senza qualche critica al gesuitismo. Sulla fondatezza di queste critiche in Scheler, basta notare la fonte (le Lettre Provinciali di Pascal), una critica grottesca e di parte in intesa in origine come materiale per volantini polemici. Questo non toglie che il carisma di Ignazio di Loyola abbia subito un notevole sfiguramento nella Compagnia di Ges lungo i secoli e che solo a partire dalla met del XX secolo si cercato di ripristinare nellOrdine il carisma originario di Ignazio attraverso lo studio dei suoi testi.
22Purtroppo,

Scheler ci spronano a continuare la ricerca lungo i numerevoli solchi aperti da questo saggio. Ren Mario Micallef 27 febbraio 2001

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Opere citate
Cencini, Amedeo e Alessando Manenti. 1997. Psicologia e Formazione. Strutture e dinamismi. Edizioni Dehoniane Bologna. Bologna. 335 pp. Chafuen, Alejando A. 1999. Cristiani per la libert. Radici cattoliche delleconomia di mercato. Liberilibri. Macerata. Italia. Coda, Piero. 1994. Lagpe come grazia e libert alla radice della teologia e prassi dei cristiani. Citt Nuova Editrice. Roma. 191 pp. Ledrus, Michel. 1998. I Frutti dello Spirito. Saggi di Etica Evangelica. Edizioni San Paolo. Cinisello Balsamo, Milano. 271 pp. Nietzsche, Freidrich. 1979. Genealogia della morale. Scelta di Frammenti postumi (1889-1887). [versione italiana a cura di Colli, G. e Montinari, M.] Arnaldo Mondadori Editore. Milano. xxxviii+263 pp. Penzo, Giorgio (a.c.d.). 1999. Nietzsche. Atlante della sua vita e del suo pensiero. Rusconi Libri. Santarcangelo (RN), Italia. 476 pp. Redazioni Garzanti. 1993. Enciclopedia Garzanti di Filosofia. Garzanti Editore. Milano. iv + 1268 pp. Scheler, Max. 1975. Il risentimento nella edificazione delle morali. [versione italiana a cura di Puppi, A.].Vita e Pensiero. Milano. 188 pp. Taylor, Charles. 1999. Two Theories of Modernity. in Public Culture 11 (1). pp. 153-174. Valadier, Paul. 1991. Nietzsche e la critica radicale del cristianesimo. [versione italiana a cura di Alletti Petrucci, V.]. Edizioni Augustinus. Palermo. xvii+554 pp.

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