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Lidealismo di Hegel come radicalizzazione di Kant

John McDowell

1. Robert Pippin ha sostenuto che per capire lidealismo di Hegel bisogna rendersi conto di come il pensiero di Hegel sia, allo stesso tempo, ispirato da Kant e critico nei suoi confronti1. Lapproccio a Hegel che intendo abbozzare si fonda su queste basi. Comincer appropriandomi semplicemente dellesecuzione di tale progetto da parte di Pippin, ma mi differenzier da lui per alcuni aspetti sostanziali che richiamer a tempo debito. 2. Secondo Hegel, Kant esprime unintuizione fondamentale quando incentra la sua spiegazione del valore oggettivo dellesperienza sullunit trascendentale dellappercezione. Nella Scienza della Logica, Hegel scrive: Appartiene alle vedute pi profonde e giuste che si trovino nella Critica della Ragion Pura, che quellunit, la quale costituisce lessenza del Concetto, sia stata conosciuta come lunit originariamente sintetica dellappercezione, come unit dellIo penso, ossia della coscienza di s2. Hegel si riferisce alla Deduzione Trascendentale della prima Critica3. L, in particolare nella versione della seconda edizione (la Deduzione
1 Si veda in particolare R. Pippin, Hegels Idealism: The Satisfactions of Self-Consciousness, Cambridge, Cambridge University Press, 1989. Seguir Pippin nel concentrarmi sulla risposta di Hegel alla filosofia teoretica di Kant. Credo che questo non impedisca di riconoscere la verit dellidea secondo cui la risposta di Hegel a Kant non pu essere pienamente compresa senza considerare la sua risposta a tutte e tre le Critiche kantiane, e in particolare, forse, alla seconda; ma qui non cercher di provare questa convinzione. 2 G.W.F. Hegel, Scienza della logica, trad. it. di A. Moni, rivista da C. Cesa, RomaBari, Laterza, 19743, II, p. 659. [McDowell cita dalla seguente edizione: G.W.F. Hegel, Hegels Science of Logic, trans. A.V. Miller, New York, Humanities Press, 1976, p. 584, N.d.T.]. La lettura hegeliana di Pippin si impernia su questo passo che egli cita a p. 18 di Hegels Idealism, cit., e a cui frequentemente ritorna [Si noti che McDowell usa sempre concept per indicare il concetto in senso kantiano e Notion per indicare il Concetto in senso hegeliano, N.d.T.]. 3 La comprensione di Kant e, in particolare, della Deduzione B, che esprimer in questa sezione e nella prossima non di mia esclusiva propriet. il risultato del lavoro svolto sulla prima Critica con James Conant e John Haugeland.
Iride, a. XIV, n. 34, settembre-dicembre 2001

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B), Kant quasi perviene a un idealismo che autentico agli occhi di Hegel4. Kant spiega il possesso di significato oggettivo da parte dellesperienza il suo essere costituita di (almeno pretese) intuizioni che hanno per lo meno la pretesa di essere immediatamente di oggetti sulla base del suo ricevere forma dalle categorie, i concetti puri dellintelletto5. Nella cosiddetta Deduzione Metafisica, Della Guida per Scoprire Tutti i Concetti Puri dellIntelletto, Kant dice (A 79/B104-5):
La medesima funzione, che fornisce unit in un solo giudizio alle differenti rappresentazioni, fornisce altres unit in una sola intuizione alla semplice sintesi di diverse rappresentazioni: tale unit, con espressione generale, si chiama il concetto puro dellintelletto6.

Si pu allora descrivere in altro modo la Deduzione dicendo che Kant giustifica il significato oggettivo dellesperienza sulla base del suo esemplificare unit logiche che sono caratteristiche del giudicare. Riguardo al giudicare, Kant dice (B 141): Trovo allora che un giudizio non altro se non il modo di portare conoscenze date allunit oggettiva dellappercezione. Nei giudizi la copula tende a questo, per distinguere lunit oggettiva di rappresentazioni date da quella soggettiva. attraverso questo legame tra giudicare, appercezione e intuizione che possiamo comprendere la sua affermazione, un paio di pagine prima (B 139), nella sezione intitolata Che cosa sia lunit oggettiva dellautocoscienza: Lunit trascendentale dellappercezione quella che riunisce in un concetto delloggetto tutto il molteplice dato in unintuizione. Essa si

4 Hegel vede la Deduzione sotto questa luce in Fede e sapere, in Id., Primi scritti critici, a cura di R. Bodei, Milano, Mursia, 1971, pp. 121-261. [McDowell usa la seguente edizione: G.W.F. Hegel, Faith and Knowledge, trad. ing. W. Cerf and H.S. Harris, Albany, SUNY Press, 1977, N.d.T.]. 5 Le intuizioni, nel senso in cui se ne parla qui, non possono essere opposte ai concetti. Pippin (Hegels Idealism, cit., p. 30) dice che Kant, in B 160 (verso la fine della Deduzione), ritratta, in un certo senso, la sua rigida distinzione tra intuizione e intelletto, ma questa formulazione rischia di essere fuorviante. Nel senso di intuizione che pertinente a unosservazione come quella nel mio testo, non dovrebbe neppure essere mai sembrato che vi sia una tale rigida distinzione. Cfr. W. Sellars, Science and Metaphysics: Variations on Kantian Themes, London, Routledge and Kegan Paul, 1967, pp. 2-8, e la mia rielaborazione di Sellars in J. McDowell, Having the World in View: Sellars, Kant, and Intentionality (The Woodbridge Lectures 1997), in Journal of Philosophy, XCV (1998), in particolare pp. 451-70). Ma, come vedremo, la questione di Pippin diversa. 6 I. Kant, Critica della Ragion Pura , a cura di G. Colli, Milano, Bompiani, 1976 [McDowell utilizza la seguente versione: I. Kant, Critique of Pure Reason, trans. Norman Kemp Smith, London, Macmillan, 1929, N.d.T.].

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chiama perci oggettiva []7. Al posto di concetto, penso che qui si potrebbe dire consapevolezza concettualmente formata. Da quanto ho detto prima potrebbe sembrare che Kant simpegni a giustificare il significato oggettivo delle (pretese) intuizioni la loro pretesa di essere direttamente di oggetti sulla base di una precedente, presunta comprensione del significato oggettivo del giudizio la sua rispondenza al suo contenuto. Ci lascerebbe aperta la domanda su come intendere il presunto punto di partenza della spiegazione, il significato oggettivo del giudizio. Ma io penso che lidea sia piuttosto quella che, appellandoci allunit dellappercezione, noi possiamo capire insieme il senso sia del significato oggettivo delle intuizioni sia del significato oggettivo dei giudizi. La Deduzione ci rende agevole lidea di una soggettivit che allo stesso tempo in contatto intuitivamente con la realt oggettiva e in grado di formulare giudizi su di essa. Siamo aiutati a dar senso allidea che tale soggettivit abbia ognuna di quelle capacit se vediamo che ha anche laltra8. Perch a Hegel questo dovrebbe sembrare promettente? Al giudicare attribuito un posto centrale nella trattazione del significato oggettivo in generale. E giudicare vuol dire decidere su qualcosa. Come si decide affare personale, qualcosa di cui ciascuno responsabile. Giudicare vuol dire impegnarsi in una libera attivit cognitiva, la quale lopposto della situazione in cui, nella vita, ci capita semplicemente qualcosa su cui non possiamo esercitare alcun controllo. Questo il punto essenziale di Kant laddove egli descrive lintelletto che la facolt dellappercezione (B 134 n.) in termini di spontaneit. Si confronti, per esempio, A 50/B 74; e la spontaneit il tema principale della sezione dapertura della Deduzione B9. Pippin, a quanto pare, considera il carattere appercettivo del giudicare come un caso della verit generale che intendersi come essenti -nti (per una serie di sostituzioni di j che implicano la mente) in parte costitutivo di ci che essere -nti10. Penso che questaffermazione generale sia corretta per il tipo di attivit mentali a cui Kant si riferisce. Si
7 Into al posto dellin di Kemp Smith: il tedesco in einen Begriff (accusativo), non in einem Begriff (dativo). Cfr. R.E. Aquila, Matter in Mind: A Study of Kants Transcendental Deduction, Bloomington and Indianapolis, Indiana University Press, 1989, p. 136. 8 Per uno sviluppo di questo punto, si vedano le mie Woodbridge Lectures. 9 Per un esame dei brani pertinenti si veda R. Pippin, Kant on the Spontaneity of Mind, ristampato in Id., Idealism as Modernism: Hegelian Variations, Cambridge, Cambridge University Press, 1997, pp. 29-55. 10 Cfr. R. Pippin, Hegels Idealism, cit., p. 21: il mio cogliermi implicitamente come percipiente, immaginante, ricordante e cos via una componente inseparabile di quel che percepire, immaginare, ricordare, e cos via.

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comprende tuttavia meglio tale affermazione se la si intende come qualcosa che vale in generale piuttosto che come qualcosa di cui lapplicazione al giudicare costituisce un caso particolare: e ci proprio perch la capacit di giudicare, in particolare, essenziale per la capacit della mente di indirizzarsi verso loggettivo. Kant spesso scrive come se ogni occorrenza del tipo di unit che rende intelligibile lindirizzarsi della mente agli oggetti riflettesse un esercizio di spontaneit appercettiva (Vedi, per esempio, B 129-30). Ma questa unaffermazione esagerata. Essa lo obbliga, in modo imbarazzante, a prevedere esercizi inconsci di spontaneit (Si veda B 130: ogni congiunzione sia che possiamo divenirne coscienti sia che non lo possiamo [] un atto dellintelletto. Si confronti A 78/ B 103: La sintesi in generale [...] il semplice risultato della capacit di immaginazione, di una cieca ma indispensabile funzione dellanima, senza la quale non avremmo assolutamente mai una conoscenza, ma della quale siamo coscienti solo di rado). A Kant serve unicamente che il tipo di unit in discussione sia il tipo dunit caratteristico del giudizio. Un esempio di quel tipo di unit deve essere considerato come realmente prodotto dalla spontaneit, dalla libera attivit cognitiva, solo quando unifica le diverse rappresentazioni in un giudizio. Questo ci permette di dire che le intuizioni (empiriche) semplicemente accadono, fuori del controllo dei loro soggetti. Ma dal momento che esse esemplificano tipi di unit la cui sede naturale, per cos dire, nel giudizio, non potrebbero accadere se non nelle vite di soggetti capaci di quella libera attivit intellettuale che il giudicare11. Il relativo tipo di unit non pu essere compreso che in termini di libera attivit intellettuale. Ed questo, anzich lidea misteriosa che la libert si eserciti nelle intuizioni, ci che rende corretto dire che le intuizioni sono almeno implicitamente autocoscienti12.

11 Per esempio in Hegels Idealism, cit., p. 26, Pippin si esprime come se il contenuto dellesperienza di un soggetto fosse effettivamente giudicato da quel soggetto (Anche un soggetto la cui esperienza limitata al flusso interiore dei suoi stati mentali sta giudicando che tali stati stanno fluendo in quellordine). In questo modo il giudicare diventa cos fondamentale che va persa la possibilit di usare giudizio e intuizione per gettar luce luno sullaltro. Il vero punto essenziale che un soggetto desperienza ha intuizioni la cui unit quella di possibili giudizi. 12 Vale a dire, possono essere accompagnate dallIo penso dellappercezione, anche se non sono necessariamente accompagnate da esso (cfr. B 131). Si noti che, perch qualcosa sia implicitamente auto-cosciente nel senso pertinente, lIo penso deve far parte del repertorio del soggetto; il punto di implicitamente proprio che lIo penso non ha bisogno di accompagnare effettivamente ciascuna delle mie rappresentazioni. Non si coglie il punto essenziale di Kant se la stessa possibilit di accompagnare esplicitamente una rappresentazione con lIo penso deve ancora essere procurata, mediante una esplicitazione come quella che nel libro di Brandom viene affrontata solo nel capito-

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Secondo Kant, quindi, noi possiamo comprendere il valore oggettivo concentrando lattenzione sulla libera attivit intellettuale autocosciente. evidente che potrebbe sembrare che questo vada in direzione di un idealismo hegeliano, secondo cui lidea stessa di oggettivit si deve comprendere nei termini delle operazioni liberamente determinanti di unintelligenza autocosciente. 3. Non solo per la centralit attribuita al giudizio che la Deduzione di Kant si avvicina a un idealismo autentico secondo la prospettiva hegeliana. La Deduzione B strutturata in modo da evitare unobiezione sicura. Ci che Kant vuol sostenere che il significato oggettivo dellesperienza pu essere spiegato sulla base del suo ricevere forma dai puri concetti dellintelletto. Lobiezione che questa solo una condizione di pensabilit, di conformit ai requisiti dellintelletto. Ma una condizione di pensabilit degli oggetti non perci una condizione perch sia possibile che essi siano dati ai nostri sensi. In effetti, una condizione distinta e indipendente di tale possibilit gi stata data, nellEstetica Trascendentale: per poter essere dati ai nostri sensi gli oggetti devono essere organizzati spazio-temporalmente. Nonostante tutto quello che Kant pu dire, gli oggetti potrebbero essere presenti ai nostri sensi anche se non fossero pensabili13. E ora, se rifiutiamo di considerare come caso in cui si ha un oggetto disponibile per la conoscenza ogni stato di un soggetto, a meno che tale stato non abbia ununit categoriale, noi rendiamo il requisito dellunit categoriale simile a una semplice imposizione soggettiva, che non ha nulla a che fare con le cose stesse. Le cose stesse significa qui le cose in quanto date ai nostri sensi. Loggettivit che minaccia di mancare allidea di un mondo ordinato categorialmente loggettivit

lo 8 (Cfr. R.B. Brandom, Making It Explicit: Reasoning, Representing and Discursive Commitment, Cambridge, Mass., Harvard University Press, 1994). Qualsiasi cosa sia ci che si ha nei primi stadi della progressione del libro di Brandom, non si tratta nemmeno di qualcosa di implicitamente auto-cosciente nel senso pertinente non appercettivo. Brandom rivendica unaffiliazione kantiana e unispirazione hegeliana: tuttavia, sotto questo aspetto per cui egli descrive la possibilit di unauto-coscienza esplicita la quale, piuttosto che essere in assoluto la condizione stessa della presenza della concettualit, emerge invece dopo che la razionalit presumibilmente sulla scena gi da lungo tempo il pensiero di Brandom differisce radicalmente da quello di Kant, e precisamente su un punto per cui Kant fu una fonte di ispirazione per Hegel, come dimostra il brano della Scienza della logica che ho citato allinizio. 13 Cfr. A 89-91/B 122-3 (nel preambolo alla Deduzione Trascendentale, comune a entrambe le edizioni). Questo passo offre una versione di questo stadio della potenziale obiezione, spiegando perch il compito della Deduzione Trascendentale (mostrare come condizioni soggettive di pensiero possano avere validit oggettiva) sia cos difficile.

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a cui Kant mira, non quella che egli intende denunciare come un miraggio, lidea che possiamo comprendere le cose del tutto indipendentemente dalle condizioni del nostro comprendere cose. Su questa base, la situazione si mette male per laffermazione che Kant ha di mira, vale a dire laffermazione che i puri concetti dellintelletto abbiano una validit genuinamente oggettiva. Kant organizza la Deduzione B in modo da prevenire questa obiezione. La mossa essenziale quella di negare che lEstetica Trascendentale offra una condizione distinta e indipendente perch gli oggetti siano dati ai nostri sensi. Possiamo collegare la forma della nostra sensibilit, che largomento dellEstetica, con lunit degli stessi spazio e tempo come intuizioni formali (B 160 n). Ora ciascuna di queste essa stessa un caso della congiunzione di una molteplicit in ununica intuizione e come tale cade entro il raggio dazione del principio guida che Kant fissa allinizio della Deduzione (B 129-130). Ci che in realt egli l dice che ogni congiunzione, ogni rappresentazione di qualcosa come complesso, opera della spontaneit appercettiva. E cos com, questa ci che ho definito una esagerazione; non necessario che le intuizioni siano opera esse stesse della spontaneit. Ma una versione corretta dellaffermazione converr ugualmente allintenzione di Kant: nessuna congiunzione comprensibile al di fuori di un contesto che includa la possibilit per il lavoro della spontaneit appercettiva. Ci funziona in particolare per la congiunzione che costituisce le intuizioni degli stessi tempo e spazio. Cos la forma della nostra sensibilit, argomento dellEstetica, non pu dopo tutto essere considerata indipendentemente dalla spontaneit appercettiva. Lunit che deriva dalla conformit ai requisiti della nostra sensibilit non ununit separata, che ha luogo indipendentemente dallunit che deriva dal dar forma da parte delle categorie14. Su queste basi sembra, per lo meno, che lobiezione non sorga e Kant ritiene di aver diritto di affermare che le categorie si applicano a qualunque oggetto possa presentarsi ai nostri sensi (B 159). Egli crede di aver sventato il rischio che compariva nellobiezione: il rischio che i requisiti categoriali assumano laspetto di una semplice imposizione soggettiva15.
14 Cfr. B 144-5, dove Kant spiega quel che far nella seconda parte della Deduzione: Nel seguito [] in base al modo in cui lintuizione empirica viene data nella sensibilit, si mostrer che lunit di tale intuizione [quella del modo in cui lintuizione empirica data nella sensibilit] non altro se non lunit prescritta dalla categoria [] al molteplice di una data intuizione in generale. Vi solo ununit, comune allEstetica e allAnalitica; non due unit separate e indipendenti. 15 Cfr. R. Pippin, Hegels Idealism, cit., pp. 27-31. questo il contesto in cui Pippin fa losservazione, da me citata in una precedente nota, che Kant qui ritratta, in un certo senso, la sua rigida distinzione tra intuizione e intelletto (p. 30). Ci che sostenevo nella nota precedente era che le intuizioni di oggetti empirici coinvolgono

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La minaccia che i requisiti categoriali si rivelino unimposizione soggettiva la minaccia che la posizione di Kant sia meramente un idealismo soggettivo. Per allontanare questa minaccia Kant si impegna a mostrare che i requisiti dellintelletto non sono solo requisiti soggettivi ma requisiti che riguardano genuinamente gli oggetti stessi. Per dirla con le parole che Kant usa nella Deduzione (B 138), ancora prima di aver finito di esibire il diritto di fare unaffermazione di tal genere:
Lunit sintetica della coscienza [...] una condizione oggettiva di ogni conoscenza: non si tratta di una condizione necessaria soltanto per me, al fine di conoscere un oggetto, ma della condizione cui ogni intuizione deve sottostare, per diventare oggetto per me.

Oppure, nellargomento introduttivo ai Principi del Puro Intelletto (A 158/B 197): le condizioni della possibilit dellesperienza in generale sono anche condizioni della possibilit degli oggetti dellesperienza [...]. I requisiti dellintelletto si mostrano dapprima come condizioni soggettive. in questa maniera che appaiono quando li pensiamo come requisiti dellintelletto. Ma, riflettendo, si presume che risulti che siano contemporaneamente e ugualmente condizioni degli oggetti stessi. Questa concezione, con il suo equilibrio tra soggettivo e oggettivo, tra il pensiero e il suo contenuto, per lo meno nelle sue aspirazioni ci che Hegel riconoscerebbe come idealismo autentico16.

lintelletto in un modo che la Deduzione mira a chiarire; in quel senso non sarebbe sembrata una rigida distinzione. Ma la rigida distinzione che Pippin intende quella tra gli argomenti dellEstetica e dellAnalitica tra condizioni richieste poich la nostra conoscenza sensibile e condizioni richieste poich la nostra conoscenza discorsiva. E lorganizzazione che Kant d al suo libro prima lEstetica, poi lAnalitica pu sicuramente dar limpressione (come egli riconosce nella nota in B 1601) che vi siano due serie indipendenti di condizioni, che le intuizioni pure di spazio e tempo siano indipendenti dai poteri sintetici dellintelletto. Questo ci che Pippin intende quando dice che Kant ritratta. Ma invece di dire che Kant qui ritratta qualcosa, sarebbe stato pi caritatevole affermare che egli ci dice di non aver mai inteso dare tale impressione. 16 Si potrebbe essere tentati di definirlo come un idealismo oggettivo. Ma questa locuzione ben si adatta a caratterizzare qualcosa di complementare allidealismo soggettivo, che perde lequilibrio hegeliano concependo le sue condizioni trascendentali come primariamente oggettive, mentre lidealismo soggettivo le concepisce come primariamente soggettive. In questo ruolo la locuzione compare nella risposta critica di Hegel a Schelling, e in generale al tipo di idealismo in cui il mondo reale visto come unemanazione da unanima del mondo; cfr. R. Pippin, Hegels Idealism, cit., p. 61. Lidealismo di cui la Deduzione di Kant lascia intravedere la possibilit, perviene a una autentica oggettivit, ma non n soggettivo n oggettivo.

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4. Allora, perch questa resta solo unaspirazione? Perch la concezione di Kant non riesce ad essere lidealismo non meramente soggettivo cui aspira? Nella seconda parte della Deduzione B, Kant estende al terreno dellEstetica Trascendentale condizioni che allinizio appaiono come costitutive del pensiero spontaneo autocosciente. Il suo obiettivo di mostrare per questa via che quello solo il modo in cui tali condizioni appaiono allinizio; vale a dire, di mostrare che le condizioni non appartengono fondamentalmente al pensiero e tuttal pi in modo derivato agli oggetti, la qual cosa farebbe sembrare la loro applicazione agli oggetti unimposizione soggettiva17. Ma data la concezione della sensibilit di Kant, lestensione al terreno dellEstetica pu giungere solo fino al fatto che la nostra sensibilit formata, ma non fino ai modi specifici in cui formata, ossia la sua spazialit e temporalit. Il massimo che Kant sarebbe in grado di affermare universalmente riguardo alla sensibilit in quanto tale, che ogni sensibilit in ogni caso ogni sensibilit che si associa ad un intelletto discorsivo nel produrre conoscenza empirica deve essere formata in modo da generare unintuizione formale o delle intuizioni formali, che riflettano la forma specifica della sensibilit come spazio e tempo riflettono la specifica forma della nostra. Ma rimane una specie di fatto bruto che riguarda noi dato dallesterno ai poteri unificanti della spontaneit appercettiva e non determinato dal loro esercizio (neanche nel senso pi ampio di essere comprensibile solo in un contesto che include il loro esercizio) che ci che unito nelle intuizioni formali riflettenti la forma specifica della nostra sensibilit siano, in modo specifico, lo spazio e il tempo. NellEstetica Kant cerca di fondare una conoscenza a priori sui modi specifici in cui formata la nostra sensibilit. Ma di fronte al carattere di fatto bruto, come egli lo dipinge, della spazialit e della temporalit richieste dalla nostra sensibilit carattere che permane anche dopo che egli ha fatto il possibile per includere la forma della sensibilit entro la sfera della spontaneit appercettiva sembra che gli risulti impossibile concepire questa conoscenza sia come a priori sia come genuinamente oggettiva. Quando Kant rappresenta il requisito della spazialit e della temporalit in particolare, in quanto opposto alla forma sensibile in generale, come dato dallesterno ai poteri unificanti della nostra spontaneit appercettiva, egli fa apparire come una specie di contingenza il fatto che qualsiasi mondo noi possiamo accogliere attraverso i nostri sensi debba essere organizzato spazialmente e temporalmente sebbene si possa dire
17 Cfr. R. Pippin, Hegels Idealism, cit., p. 31, dove si afferma che Kant estende, o cerca di estendere, la sua descrizione delle condizioni concettuali alla molteplicit dellintuizione stessa.

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che non una contingenza che ogni mondo sperimentabile debba essere organizzato in modo da adattarsi ai requisiti di questa o quella sensibilit. Il modo pi severo di formulare questa critica di dire che sebbene lEstetica miri a fondare una conoscenza a priori che sia oggettiva, nellunico senso che possiamo renderci comprensibile, ci che realizza, invece, indistinguibile da uno psicologismo soggettivistico18. Comunque stiano le cose con i requisiti che riflettono la discorsivit del nostro intelletto (e sar necessario che li riconsideriamo), il requisito che rispecchia la forma della nostra sensibilit il requisito dellorganizzazione spaziale e temporale appare unimposizione soggettiva. Lidealismo trascendentale in senso stretto, che proprio questa insistenza sul fatto che lapparente spazialit e temporalit del nostro mondo derivano dalla forma specifica della nostra sensibilit, si rivela come idealismo soggettivo. E il marcio si diffonde. Prima di aver considerato lidealismo trascendentale sotto questa luce, lestensione da parte di Kant dellunit appercettiva al territorio dellEstetica sembrava prevenire lobiezione che i requisiti dellintelletto fossero una semplice imposizione soggettiva. Ma quella che sembrava essere una dimostrazione che i puri concetti dellintelletto hanno validit oggettiva dipende essenzialmente dalla struttura formale specifica della nostra sensibilit. Kant lo chiarisce in B 148-9:
I puri concetti dellintelletto [...] si estendono a oggetti dellintuizione, in generale, non importa che questa risulti simile alla nostra o no, purch sia sensibile e non intellettuale. Questestensione ulteriore dei concetti, al di l della nostra intuizione sensibile, non ci serve tuttavia a nulla. In effetti, si tratta allora di concetti privi di oggetti: mediante quei concetti non possiamo giudicare, riguardo a tali oggetti, se siano mai possibili, oppure no. Si tratta di semplici forme di pensiero, senza realt oggettiva, poich non abbiamo a disposizione alcuna intuizione cui lunit sintetica dellappercezione la quale costituisce lintero contenuto di quelle forme possa essere applicata e, nellessere cos applicata, possa determinare un oggetto. Solo la nostra intuizione sensibile e empirica pu procurare a tali concetti [senso e significato (Sinn und Bedeutung)].

Se ci lasciamo andare secondo lincoraggiamento di Kant a considerare lidea di sensibilit formate in modo diverso dalla nostra, possiamo supporre che tali sensibilit produrrebbero intuizioni formali che rispecchierebbero i loro modi specifici di essere formate cos come spazio e tempo rispecchiano il nostro. E possiamo forse immaginare che esseri provvisti di tali sensibilit potrebbero costruire proprie deduzioni trascendentali della validit oggettiva del pensiero categoriale, ciascuno uti18 Questo , come ben noto, ci che Hegel dice dellidealismo di Kant, in una parte molto diffamata delle sue Lezioni sulla storia della filosofia. Cfr. R. Pippin, Hegels Idealism, cit., p. 264, n. 5, e la parziale difesa di Hegel che Pippin cita nel suo capitolo 5.

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lizzando lidea come fa la Deduzione di Kant che lunit della maniera in cui lintuizione empirica data nella loro sensibilit non nientaltro che lunit imposta dalla categoria alla molteplicit di una data intuizione in generale (cfr. B 144-5). Ma questa fantasia non di alcuna utilit al compito che abbiamo di rivendicare la validit oggettiva del pensiero categoriale per noi. Tale compito ci richiede di allontanare la minaccia che i requisiti categoriali siano solo imposti soggettivamente ad oggetti in quanto dati ai nostri sensi. Si tratta della stessa minaccia che sembrava sventata dallosservazione di Kant che lunit delle intuizioni formali, spazio e tempo, essa stessa un caso dellunit oggettiva dellappercezione. Ma ora risulta che nel contesto dellidealismo trascendentale proprio lidea di oggetti in quanto dati ai nostri sensi deve essere vista come il riflesso di unimposizione soggettiva. E cos il massimo che Kant pu pretendere di aver stabilito, costruendo la Deduzione B in modo da allontanare la minaccia che i requisiti dellintelletto sembrino unimposizione soggettiva, che non vi nessuna imposizione soggettiva ulteriore implicata nella richiesta che un mondo empiricamente conoscibile da noi si conformi ai requisiti dellintelletto. Ma lintero complesso dei requisiti risulta contagiato dallimposizione soggettiva alla quale, come Kant ha mostrato in quel modo, noi non aggiungiamo nulla quando passiamo dalla considerazione dei requisiti della sensibilit alla considerazione dei requisiti dellintelletto limposizione soggettiva implicata nella richiesta che un mondo conoscibile da noi sia organizzato spazialmente e temporalmente, come lidealismo trascendentale ci spinge a concepire quel requisito. Lapparenza che quelli che Kant presenta in prima istanza come requisiti dellintelletto, e quindi come condizioni soggettive, si rivelino invece essere parimenti anche condizioni oggettive, condizioni degli oggetti stessi, dipende essenzialmente dallaccettabilit dellinterpretazione degli oggetti stessi come oggetti in quanto dati ai nostri sensi. Ma se la caratteristica relativa degli oggetti in quanto dati ai nostri sensi il loro essere organizzati spazialmente e temporalmente rispecchia unimposizione soggettiva, la promessa di un equilibrio proto-hegeliano tra soggettivo e genuinamente oggettivo era illusoria. Lintera costruzione di Kant, a causa dellidealismo trascendentale su spazio e tempo che ne sta alla base, ridotta ad essere un idealismo soggettivo. Ci rende urgente riconsiderare lidea che il riferirsi a cose in quanto date ai nostri sensi sia tutta loggettivit che possiamo comprensibilmente volere in requisiti dellintelletto che ogni concezione pi ambiziosa di oggettivit un miraggio. Se esistono delle condizioni perch sia conoscibile da noi come sono le cose, allora dovrebbe essere un truismo dire che le cose sono conoscibili da noi solo nella misura in cui esse si conformano a quelle condizioni. E Kant vuole che ogni aspirazione a unog-

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gettivit che va al di l del riferirsi alle cose in quanto date ai nostri sensi sembri unaspirazione a ci che potrebbe essere solo un miraggio, una violazione di quel truismo. Ma ugualmente truistico che la condizione perch le cose siano conoscibili da noi debba essere una condizione della possibilit del nostro conoscere come le cose sono. E se una presunta forma generale dei casi di come sono le cose viene rappresentata come il semplice riflesso di un fatto che riguarda noi cos come lidealismo trascendentale si rappresenta lorganizzazione spaziale e temporale del mondo di cui facciamo esperienza allora ci rende impossibile vedere il relativo fatto che riguarda noi come ci su cui si basa una condizione del nostro conoscere che le cose (realmente) sono in un modo o in un altro entro quella forma. Lidealismo trascendentale assicura che Kant non pu riuscire a rappresentare la forma della nostra sensibilit come la fonte di una condizione perch le cose siano conoscibili da noi. Di conseguenza la supposta validit oggettiva che Kant attribuisce ai requisiti dellintelletto, sulla base dellargomentazione che quei requisiti si riferiscono alle cose in quanto date ai nostri sensi, non riconoscibile come autentica validit oggettiva: e ci proprio perch i requisiti attribuiti alla nostra sensibilit non sono riconoscibili come condizioni perch sia conoscibile che le cose sono organizzate spazialmente e temporalmente in questo e quel modo. Dire che i requisiti dellintelletto si riferiscono alle cose in quanto date ai nostri sensi non , come a Kant serve che sia, un altro modo di dire che i requisiti dellintelletto si riferiscono alle cose stesse, nellunica interpretazione comprensibile che possiamo dare di tale affermazione. Volere una concezione diversa di oggettivit non quel che Kant vuole che sembri essere irritati per la limitazione che si assume sia posta dal truismo che le cose sono conoscibili da noi solo nella misura in cui si adeguano alle condizioni del nostro conoscerle. Naturalmente trovare una pesante limitazione imposta da un truismo potrebbe essere solo unillusione. Ma Kant tratta quel che, per gli scopi della sua argomentazione, vuole che sia quel truismo, in modo da farlo apparire come qualcosa che ponga una restrizione. Secondo lidealismo trascendentale le nostre capacit di conoscere le cose arrivano solo fino a un certo punto e al di l di quel limite vi qualcosa che non possiamo conoscere se le cose stesse sono realmente organizzate spazialmente e temporalmente. E lidea che noi non possiamo sapere se le cose stesse sono realmente organizzate spazialmente e temporalmente mina la possibilit di riconoscere come conoscenza la presunta conoscenza fenomenica che le cose sono organizzate spazialmente e temporalmente, conoscenza che si presume noi possiamo raggiungere allinterno di quel limite19.
19 Dovrebbe essere evidente che questa obiezione non pu essere respinta come se si basasse su di una ingiustificata lettura dualistica di Kant (dualismo che sussisterebbe tra

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5. Posso aver dato limpressione, almeno inizialmente, di assumere semplicemente che per Kant sarebbe stata una buona cosa raggiungere un idealismo che incorporasse lequilibrio hegeliano tra soggettivo e oggettivo. La mia descrizione delle conseguenze debilitanti del suo fallimento nel far ci dovrebbe aver dissolto ogni impressione di tal genere. Guardare a Kant in questo modo suggerisce che un idealismo critico riuscito sarebbe stato speculativo in senso hegeliano. Il tentativo di Kant di assicurare ai requisiti dellintelletto validit oggettiva il riferimento a qualcosa che possiamo genuinamente concepire come gli oggetti stessi viene meno perch, sebbene egli riesca a portare la pura forma della sensibilit entro il raggio dazione di ununit che si pu comprendere solo sulla base del suo ruolo nella libera attivit intellettuale, tuttavia qualcosaltro resta fuori la pura materia della sensibilit nella forma caratteristica in cui ci propria20. questo un modo di esprimere la tesi che spazio e tempo sono trascendentalmente ideali, il che ci che mina la possibilit di considerare come validit genuinamente oggettiva ci che Kant garantisce ai requisiti categoriali21. Il vero problema che la pura materia della sensibilit si oppone ad essere incorporata dentro la sfera del tipo di unit che realizzata dalla spontaneit appercettiva. Lovvia conclusione che nulla di quanto rientra nella nostra capacit di metterci cognitivamente in relazione con gli oggetti deve essere trascurato. Se dobbiamo accogliere la fondamentale intuizione critica che le condizioni della possibilit del nostro conoscere cose non possono essere viste come derivate da indipendenti condizioni delle cose stesse, pensando nello stesso tempo le condizioni in modo che siano genuinamente riconoscibili come condizioni del nostro conoscere cose, allora non c alcun punto darresto, a meno di non

i due mondi dei fenomeni e delle cose in s). Ho formulato lobiezione in un modo che non contraddice lidentificazione kantiana delle cose come oggetti desperienza con quelle stesse cose come cose in s (B XXVII). Lidentificazione non fa nulla per rimuovere il fatto che Kant rende lorganizzazione spaziale e temporale delle cose come oggetti desperienza un semplice riflesso di un fatto che ci riguarda. 20 caratteristico di Kant che lidea della sensibilit in quanto formata dovrebbe essere essa stessa suscettibile di articolazione in forma e materia, cosicch il contrasto forma-materia si ripete a un altro livello. La forma della nostra sensibilit, il suo essere spaziale e temporale, un esempio essa stessa di una forma lunit che costituisce le intuizioni formali e di una materia gli stessi spazio e tempo, che sono ci che lunit unifica. 21 Che si possa esprimere, come ho fatto io, la ragione per cui Kant fallisce egli comprende entro la sfera della spontaneit appercettiva la forma ma non la materia della nostra sensibilit pura mette in evidenza come questa obiezione sia un caso del diffuso lamento di Hegel contro il formalismo kantiano.

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portare la totalit di tali condizioni entro la sfera di una libera attivit intellettuale22. Da questo punto di vista, possiamo vedere come Kant meriti la lode che riceve da Hegel per esempio nel passo che ho citato dalla Scienza della Logica per il suo tendere a un idealismo in equilibrio tra soggettivo e oggettivo. Questo ci che anima il suo tentativo di mettere lunit oggettiva dellautocoscienza al centro del suo quadro. Ma lo si deve rimproverare sebbene certo non cos severamente come fa Hegel per non aver capito che ci a cui mira non pu essere ottenuto a meno di portare entro la sfera dellunit dellautocoscienza spontanea tutto ci che attinente alla nostra capacit di dirigere le nostre menti agli oggetti. Spero che il modo in cui ho fatto emergere questa concezione dallesame di Kant sia servito a rendere concepibile lidea che Hegel potrebbe aver ragione: solo la concezione propria di Hegel salvaguarda lintuizione kantiana fondamentale. Ma perch lidea sia credibile, essenziale sottolineare che ci che a Kant si obbietta di aver lasciato fuori della sfera della spontaneit appercettiva esattamente, e unicamente, ci che nel suo pensiero figura come la materia delle pure intuizioni di spazio e tempo. Il problema non ha a che fare tanto con la concezione kantiana delle intuizioni empiriche, ma piuttosto con il fatto che egli inquadra tale concezione entro laffermazione che spazio e tempo sono trascendentalmente ideali, il che appare nella Deduzione B come il fatto bruto dellesteriorit della materia delle nostre intuizioni pure. Una concezione kantiana delle intuizioni empiriche comprensibilmente di oggetti, perch essi esemplificano unit del tipo che caratteristico del giudizio
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Henry Allison caratterizza utilmente lidealismo trascendentale nei termini di una distinzione tra condizioni della possibilit della conoscenza di cose e condizioni della possibilit delle cose stesse. Cfr. H. Allison, Kants Trascendental Idealism: An Interpretation and Defense, New Haven, Yale University Press, 1983, p. 13. Il realismo trascendentale, o pre-critico, respinge la distinzione considerando le condizioni della possibilit della conoscenza come meramente derivate da autonome condizioni della possibilit delle cose. Allison asserisce che ogni tentativo di respingere la distinzione, mantenendo il basilare pensiero critico che la conoscenza non si pu comprendere nei termini di una pura passivit, degenera inevitabilmente in un fenomenismo soggettivistico. Ma questo rispecchia lassunto di Allison in base al quale ogni tentativo di respingere la distinzione restando critici potrebbe essere solo una controparte simmetrica del realismo trascendentale: una controparte per la quale ad essere autonome in quanto tali sono le condizioni soggettive, mentre per il realismo trascendentale sono le condizioni oggettive ad essere in quanto tali autonome. Ad andare persa lalternativa hegeliana, la quale si ispira al modo in cui Kant vuole pensare i requisiti dellintelletto: le condizioni rilevanti sono inseparabilmente sia condizioni del pensiero sia condizioni degli oggetti, non primariamente o luno o laltro. Si vedano le mie osservazioni su Allison in J. McDowell, Mind and World, Cambridge, Mass., Harvard University Press, 1994, p. 43, n. 18 (trad. it. di C. Nizzo, Torino, Einaudi, 1999).

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riesce quasi a mostrare in modo soddisfacente come lidea stessa di valore oggettivo si possa intendere in termini di libera attivit intellettuale (ci pi facile da capire se correggiamo quanto ho descritto come una tendenza da parte di Kant ad esagerare la portata delleffettiva attivit spontanea). Quel che rovina le cose proprio che, quando allarghiamo il quadro per inserirvi anche lidealismo trascendentale, ne risulta che gli oggetti definiti da noi in modo tale da intendere le intuizioni come intuizioni immediate di essi avendo un tipo di unit che deve essere intesa in termini di spontaneit appercettiva, sono in fin dei conti, sotto il punto di vista decisivo la loro spazialit e temporalit semplici riflessi di un altro aspetto della nostra soggettivit, aspetto che indipendente dalla spontaneit appercettiva. Se possiamo fare in modo che lidealismo trascendentale non strutturi il quadro, non siamo soggetti a questa delusione. Sbarazzarci della cornice proprio quel che ci serve per arrivare, per lo meno da questangolazione, alla radicalizzazione di Kant fatta da Hegel. Nel quadro che ne risulta, gli oggetti di intuizioni empiriche appaiono, da un lato, genuinamente oggettivi, dallaltro tali che la stessa idea del nostro poterli vedere esige il ricorso alla spontaneit appercettiva. Vi una tendenza ad accusare Hegel di ricostruire la realt oggettiva come il precipitato di movimenti totalmente spontanei della mente, e a supporre che Kant, vedendo la materia delle nostre pure intuizioni come esterna alla spontaneit dellintelletto, si immunizzi contro ogni simile svalutazione dellindipendenza del mondo23. Ma questo esattamente il contrario della verit. Il fatto che Kant incardini allinterno di un idealismo trascendentale di spazio e tempo il suo tentativo di rivendicare validit oggettiva per le categorie proprio ci che, lungi dallassicurare un realismo del senso comune riguardo alla realt oggettiva, assicura invece che non realmente validit oggettiva quanto si mostrato essere proprio delle categorie. E il modo per salvaguardare la concezione del senso comune di una realt empiricamente accessibile in quanto indipendente da noi, mantenendo nello stesso tempo il fondamentale pensiero critico, precisamente capire il nostro modo di sbarazzarci di quella cornice. Ci importante per una caratteristica del rapporto di Hegel con Kant cui finora non ho fatto cenno: il suo rifiuto della netta distinzione kantiana tra intelletto e ragione. In Kant lintelletto condizionato dalla sensibilit, mentre la ragione incondizionata. Ora la condizionatezza in questione proprio ci che rovina lo sforzo di Kant verso un idealismo non soggettivo. In questo contesto, dire che lintelletto condizionato dalla sensibilit significa esattamente che la sfera della spontaneit apper23 Si veda, per esempio, M. Friedman, Exorcising the Philosophical Tradition: Comments on John McDowells Mind and World, in Philosophical Review, CV (1996), pp. 427-67, in particolare pp. 439-44.

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cettiva non include la pura materia dello spazio e del tempo. La questione non riguarda lobbligazione del pensiero empirico verso la realt dischiusa nellesperienza. Quella non , semplicemente in quanto tale, una violazione della libert di appercezione. Essa costituisce quel che potremmo considerare, piuttosto, come il mezzo in cui si esercita quella libert. Il discorso hegeliano circa il perseguimento della conoscenza come attivit incondizionata della ragione rifiuta il quadro in cui Kant inserisce il suo tentativo in direzione di tale concezione, non la concezione stessa. Tale discorso hegeliano non manifesta una tendenza ad allontanare il pensiero razionale dallesperienza sensibile e a minimizzare gli elementi empiristici della concezione di Kant24. 6. Ho seguito Pippin nel considerare la Deduzione B, e in particolare la sua seconda parte, come una fonte kantiana dispirazione per Hegel. Per quanto riguarda i dettagli, mi sono per allontanato dalla trattazione di Pippin. Spero che dire qualcosa su questo render pi preciso il quadro. Prender in considerazione due questioni fondamentali. In primo luogo, Pippin non individua il modo in cui la Deduzione non riesce a essere hegeliana ossia il fatto che allinterno di una prospettiva fondamentalmente kantiana la pura materia della nostra sensibilit non pu essere inclusa entro la sfera della spontaneit appercettiva. Allo stesso modo, egli non puntualizza come la Deduzione pervenga quasi alla riuscita. Giustamente egli sceglie il tentativo di estendere il campo dazione dellappercezione nella sfera dellEstetica come misura dellavvicinamento di Kant a una posizione hegeliana. Non richiama, tuttavia, lattenzione sul punto decisivo che lestensione non pu che riguardare solo la forma delle nostre intuizioni pure. Piuttosto egli considera lestensione dellappercezione alla sfera della pura intuizione, caratterizzata in modo meno preciso di quanto non si sia fatto sopra (egli non fa osservazioni sulla sua restrizione a forma come opposta a materia), come una caduta proto-hegeliana di Kant dalla sua posizione pi caratteristica25. Ed egli vede gli esiti di questa presunta caduta, presi tutti inM. Friedman, Exorcising the Philosophical Tradition, cit., p. 440. Naturalmente io non nego che rifiutare la cornice, e di conseguenza far posto per vedere il perseguimento della conoscenza come lattivit incondizionata della ragione, abbia conseguenze sostanziali per la prospettiva di Kant. In modo significativo, la validit oggettiva di requisiti ideali pu diffondersi sul terreno della Dialettica Trascendentale della prima Critica. Requisiti che Kant pu considerare solo come regolativi come rispondenti ai nostri bisogni soggettivi piuttosto che caratterizzanti la stessa realt oggettiva si possono considerare come oggettivamente validi. Cfr. R. Pippin, Hegels Idealism, cit., p. 68. 25 Si veda il passo discusso nelle note precedenti di R. Pippin, Hegels Idealism, cit., p. 30. Cfr. p. 37: Se [] Hegel ha ragione circa il fatto che la stessa questione kantiana
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sieme, come se esemplificassero un idealismo che dovrebbe essere, in quanto tale, congeniale a Hegel. Cos, quando difende laffermazione che la tendenza della Deduzione idealistica, ci su cui dirige lattenzione il fatto che, come la intendeva lo stesso Kant, la Deduzione mostra la validit oggettiva delle categorie solo in relazione agli oggetti dellesperienza umana26. Ma, in primo luogo, lestensione dellappercezione tanto quanto la forma della pura intuizione non una caduta. Tale estensione , agli occhi di Kant, cruciale per il successo cui pu mirare la Deduzione. Non incompatibile con lEstetica ma, al massimo, corregge unimpressione fuorviante che potrebbe essere data dal fatto che Kant parte dallEstetica (Da qualche parte deve iniziare). E, in secondo luogo, lidealismo implicato nel registrare che la Deduzione mostra una validit oggettiva delle categorie solo in relazione agli oggetti dellesperienza umana lidealismo considerato come un unico blocco: tale idealismo, come ho sottolineato, ridotto ad essere idealismo soggettivo dallidealismo trascendentale riguardo alla materia delle nostre forme dellintuizione pura, idealismo trascendentale che persiste anche quando Kant corregge lapparenza che la forma di quelle forme sia indipendente dallappercezione. Questo non esattamente un idealismo che Hegel avrebbe approvato. Per trovare traccia nella Deduzione di un idealismo che Hegel avrebbe approvato dobbiamo rilevare cosa che Pippin non fa i limiti dellestensione da parte di Kant dellappercezione alla sfera della pura intuizione. Questo ci che spalanca la prospettiva di un autentico idealismo che sarebbe raggiunto oltrepassando quei limiti. Hegel in Fede e sapere sostiene che lunit interna dellattivit dellimmaginazione trascendentale in Kant non altro che lunit dellintelletto [Verstand] stesso27. Pippin afferma che questo sarebbe energicamente rifiutato da Kant; nonostante il passo della Deduzione B cui Hegel d tanta importanza, la posizione prevalente di Kant chiaramente che lintelletto non pu produrre unit entro lesperienza da solo, che sono necessarie la forma e la materia dellintuizione28. Ci coerente con il suggerimento di Pippin che la
della condizione appercettiva di ogni possibile esperienza mina la sua rigida distinzione tra concetto e intuizione []. 26 Cfr. R. Pippin, Hegels Idealism, cit., p. 32; e (particolarmente inquietante) p. 267, n. 23, dove (sotto il titolo (2)) Pippin argomenta circa il fatto che la fiducia della Deduzione Trascendentale nelle intuizioni pure idealizza necessariamente largomento. Il tema essenziale di quella annotazione che la Deduzione implica un impegno a favore dellidealismo trascendentale. Ma, se ho ragione, in tal modo non si identifica laspetto della deduzione che deve aver colpito Hegel come indicante nella giusta direzione: piuttosto quello proprio il motivo per cui agli occhi di Hegel la Deduzione non funziona. 27 G.W.F. Hegel, Fede e sapere, cit., p. 157. 28 R. Pippin, Hegels Idealism, cit., p. 77.

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quasi riuscita della Deduzione dipende da qualcosa di estraneo al pensiero fondamentale di Kant. Ma, come ho insistito, lestensione alla forma delle pure intuizioni coerente con il pensiero fondamentale di Kant. E visto come limmaginazione appare nella seconda parte della Deduzione B, in un modo che portato al culmine dal rilievo che lunit delle intuizioni formali, spazio e tempo, un caso dellunit appercettiva che caratterizza le intuizioni in generale, laffermazione di Hegel, lungi dallessere qualcosa che Kant avrebbe negato con forza, una stretta parafrasi di come Kant stesso annuncia ci che mostrer nella seconda parte della Deduzione: lunit del modo in cui lintuizione empirica data nella sensibilit non altro che quella che la categoria [...] prescrive alla molteplicit di una data intuizione in generale (B144-5). Naturalmente la materia necessaria in ogni esempio di tale unit: ma lottimistico pensiero di Kant che lunit stessa appartiene alla forma dove questa include la pura unit dello spaziale e del temporale come tale, che esattamente la forma generale delle unit prodotte dallimmaginazione trascendentale. Questa la vera ragione per cui la Deduzione si avvicina effettivamente alla riuscita. Qui Hegel legge Kant con pi sensibilit di Pippin. Linfelice concentrarsi di Pippin sullintera teoria, invece di isolare lidealismo trascendentale come ingrediente che la rovina, si riflette nel suo descrivere lo scetticismo trascendentale a cui Kant vulnerabile e che Hegel deve evitare, in termini come questi: dal momento che il mondo fenomenico era condizionato dal nostro schema concettuale, se avessimo uno schema diverso vi sarebbe un diverso mondo (fenomenico); di qui il problema della cosa-in-s29. Ma lidealismo di Kant degenera in idealismo soggettivo non a causa della relativit al nostro schema concettuale, ma perch contiene un idealismo soggettivo su spazialit e temporalit in quanto tali, idealismo soggettivo che riflette il loro essere concepiti precisamente come esterne allunit appercettiva e quindi esterne a qualunque cosa che si potrebbe definire schema concettuale. In B 145 Kant definisce il bisogno di unit categoriale una particolarit del nostro intelletto. Pippin cita questo punto come se esso mettesse i requisiti dellintelletto, nel quadro di Kant, sullo stesso piano di quelli che derivano dalla forma della nostra sensibilit30. Ma il contesto chiarisce che la particolarit aderisce al nostro intelletto in quanto discorsivo, finito, dipendente dalla sensibilit e non in quanto, specificamente, umano. La questione qui si pu forse esprimere mediante un controfattuale per ammissione difficile: secondo la prospettiva di Hegel, la Deduzione di Kant avrebbe funzionato se Kant non avesse attribuito il bru29 30

Ibidem, p. 277, n. 1. Ibidem, p. 33.

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to fatto dellesteriorit alla materia della pura forma della nostra sensibilit. Questo avrebbe mostrato come ci che dapprima si mostra nella forma della capacit di un intelletto finito pu essere ripensato come lillimitata libert della ragione. 7. Per introdurre il secondo punto di divergenza da Pippin, ritorno su qualcosa che ho suggerito in precedenza: la Deduzione di Kant mira alla possibilit di raggiungere un autentico idealismo, superando i limiti che impediscono allo stesso Kant di includere la materia delle pure forme della nostra intuizione entro la sfera della spontaneit appercettiva. Su questa base, la modifica a Kant di cui abbiamo bisogno in un certo senso abbastanza semplice, anche se, ovviamente, molto lontana da raggiungere. Non credo che la concezione di Pippin dei debiti di Hegel, come beneficiario di una eredit kantiana, si adatti bene a questo quadro. Pippin osserva che una comprensione hegeliana delloggettivit delle determinazioni concettuali, raggiunta mediante la valutazione di come lavvicinamento di Kant sia quasi, ma non completamente, riuscito, non pu aver spazio per qualcosa di analogo allo Schematismo kantiano o alla seconda parte della Deduzione B31. Ma egli pensa che il discendente delle categorie kantiane, in questa nuova prospettiva, siano i Concetti hegeliani (al plurale), che stanno ai concetti empirici ordinari in un modo che deriva dalla relazione in cui le categorie kantiane stanno ai concetti empirici ordinari32. Ci fa parte del suo interpretare ripetutamente il discorso di Hegel sullautodeterminazione del Concetto nei termini di uno sviluppo non determinato dallesperienza33. Questo filo nella lettura di Pippin culmina nellosservazione che, anche dopo la Logica, Hegel ha il problema irrisolto di precisare la distinzione tra Concetti e concetti ordinari:
Cos tanti [...] concetti sono chiaramente come sono perch il mondo com, e non possono essere assolutamente considerati risultati categoriali della pura autodeterminazione del pensiero, che il progetto di Hegel richiede con forza una spiegazione pi esplicita e chiara di quando e perch dovremmo considerare i nostri modi fondamentali di cogliere le cose come dovuti interamente a noi, nel pertinente senso hegeliano34.
Ibidem, p. 38. Ibidem, p. 258 e 305, n. 6. 33 Ibidem, p. 93, p. 100, p. 145, p. 146, p. 250. 34 Ibidem, p. 258. Pippin osserva che una tavola dei Concetti (dedotti trascendentalmente anzich semplicemente derivati dallo stato esistente della logica, come Hegel lamenta che sia la tavola delle categorie di Kant) soddisferebbe questo bisogno.
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Coerente con ci anche lidea di Pippin che Hegel abbia il problema di ritornare al mondo empirico, riapparizione del famigerato problema kantiano dellbergang35. Il suggerimento di Pippin che Hegel non tenga fede a degli impegni presi si rivela, io credo, ingiustificato, se vediamo lidealismo di Hegel come ci che risulta quando la prospettiva manifestata nella Deduzione di Kant viene corretta solo di quel tanto che basta a garantire che non venga lasciato fuori ci che Kant invece lascia fuori dalla sfera della spontaneit appercettiva. Il quadro si delinea piuttosto nel modo seguente. Il Concetto (al singolare) concettualit in quanto tale, propriamente intesa. La concettualit come tale categoriale, in un senso pi o meno kantiano che possiamo interpretare in termini di appartenenza alla sfera della spontaneit appercettiva. Le capacit concettuali sono per essenza tali da essere esercitate nel giudizio. Il discorso hegeliano sul Concetto non allude a speciali caratteri non-empirici riguardo ai quali sorgerebbe il problema di come siano correlati ai concetti empirici ordinari. Questo proprio quel che non funziona nel modo in cui Kant tratta lidea del categoriale; perch Kant vede cos le cose che egli ha bisogno di far appello a qualcosa di esterno allappercezione nella seconda parte della Deduzione B e nello Schematismo36. Parlare del libero movimento del Concetto descrivere per esempio lo sviluppo della ricerca empirica (Questo lesempio giusto con cui iniziare quando ci avviciniamo al pensiero hegeliano dalla Deduzione di Kant). E naturalmente una ricerca empirica guidata dallesperienza. Kant gi quasi intravede il modo di incorporare lesperienza, come guida per la ricerca empirica, allinterno della libert della spontaneit appercettiva. Riutilizzando unimmagine gi da me usata: se Kant non avesse trattato la materia delle nostre intuizioni pure come una bruta esteriorit, sarebbe stato in grado di provare che lordinamento indipendente del mondo di cui abbiamo esperienza non una violazione della libert dellappercezione, ma piuttosto il mezzo entro cui viene esercitata. Con la modifica che ci porta da Kant a Hegel, possiamo dire che la spazialit e la temporalit, come tali, della nostra esperienza, non sono una violazio-

Ibidem, p. 259. Ibidem, p. 211, Pippin parla, in relazione al Libro II della Logica, di una fusione di una argomentazione per la necessit della mediazione in generale (attivit concettuale, berhaupt) con un esempio di mediazione essenziale le determinate condizioni categoriali richieste perch vi siano determinati oggetti di pensiero. Nellinterpretazione che io propongo, questa non una fusione ma un modo di fare la modifica di cui Kant ha bisogno. Lidea che vi siano due temi separati qui un residuo della concezione kantiana del categoriale.
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ne della libert dellappercezione pi di quanto siano gli aspetti specifici dellordinamento spaziale e temporale del mondo come noi lo sperimentiamo, nella concezione che Kant quasi riesce a raggiungere. Ed ora tale concezione kantiana veramente a nostra disposizione37. Qui di nuovo la retorica hegeliana pu dare limpressione che la realt venga rappresentata come il precipitato di movimenti della mente totalmente liberi. Ho provato a smentire quellimpressione per come essa minaccia di sorgere in questo contesto con limmagine di un mezzo allinterno del quale la libert della ragione viene esercitata. Ci che appare in Kant come la recettivit della sensibilit non scompare dalla scena ma ripensato come un momento della libera autodeterminazione della ragione38. Se noi vediamo le cose in questo modo non dovrebbe sembrare che vi sia un problema dellbergang. Non si dovrebbe sentire il bisogno di ritornare al mondo empirico dalla posizione del Sapere Assoluto. La posizione del Sapere Assoluto una posizione in cui riconosciamo che il perseguimento delloggettivit il libero dispiegarsi del Concetto. Non una posizione in cui ci siamo in qualche modo trasferiti dal mondo empirico. Se il caso del perseguimento delloggettivit che in discussione ricerca empirica, noi siamo gi impegnati con il mondo empirico mentre godiamo del Sapere Assoluto39.
37 In Hegels Idealism, cit., p. 105, Pippin scrive, in relazione alla Fenomenologia: Chiaramente non possibile che [Hegel] stia parlando di alcun concetto usato in affermazioni conoscitive quando si riferisce alla necessaria inerenza del Concetto alla coscienza. Lo scopo della Fenomenologia dello Spirito non pu essere di mostrare che i nostri dubbi sulloggettivit di ogni concetto possono essere superati. Questultima affermazione ovviamente vera. Ma non ne segue che il discorso sul Concetto non possa essere discorso sulla concettualit come tale. Dubbi sulloggettivit di questo o quel concetto vengono avanzati allinterno di ci che la coscienza, nella Fenomenologia, indotta a concepire come il libero svolgimento del Concetto. Lo scopo della Fenomenologia educare la coscienza a pensare il perseguimento delloggettivit in quei termini, non di anticipare i risultati dellattivit che dobbiamo pensare in quei termini (Eccetto forse nellapplicazione di secondo livello che considero in seguito). 38 Pippin esprime questa concezione in almeno due luoghi. In Hegels Idealism, cit., p. 68, egli descrive il ripensamento hegeliano della distinzione kantiana tra ragione e intelletto dicendo: [] lautolegislazione della ragione, come la chiama Kant, pu essere vista come costitutiva della possibilit di oggetti se [] si pu mostrare che ci che Kant ha ritenuto essere una condizione intuitiva indipendente, era essa stessa un momento dellautodeterminazione della Ragione. Di nuovo, a p. 87, egli parla dellaffermazione di Hegel secondo cui la ricettivit si deve considerare in qualche modo un momento della progressiva autocomprensione del soggetto. Ho limpressione che questi passi siano fondamentalmente esatti. Non capisco come Pippin li accordi con lidea che lo sviluppo del Concetto non guidato dallesperienza. Questidea sembra un resto del dualismo riflessivo kantiano che rovina la Deduzione Trascendentale. 39 In Hegels Idealism, cit., p. 246, Pippin sostiene che lautocoscienza riguardo alla spontaneit della determinazione Concettuale [] sembra essere il limite della soluzione

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importante essere consapevoli a differenza, forse, dello stesso Hegel che lesperienza di cui si parla in questo contesto contesto in cui lidea del libero dispiegarsi del Concetto nella ricerca empirica incorpora una concezione hegeliana dellessere guidati dallesperienza non lesperienza di cui si parla nella Fenomenologia. L abbiamo una serie di concezioni provvisorie del perseguimento delloggettivit, attraverso la cui progressione si presume che si riveli alla fine che ci di cui sono concezioni provvisorie propriamente inteso come il libero movimento del Concetto. Si definisce esperienza ci che accade a queste concezioni provvisorie, successivamente trovate inaccettabili, in base a se stesse, in un modo che spinge la coscienza, il destinatario delleducazione della Fenomenologia, a progredire. Se questo un caso del libero movimento del Concetto, lo a un secondo livello: il libero movimento del Concetto del Concetto. La Fenomenologia educa la coscienza a vedere il suo ordinario perseguimento delloggettivit come il libero movimento del Concetto, elencando una serie di sforzi, potremmo dire, da parte del Concetto per giungere alla chiarezza, come ci il cui libero movimento costituisce il perseguimento delloggettivit. Forse, a un secondo livello, possiamo vedere questo stesso viaggio filosofico come un caso del perseguimento delloggettivit e cos applicare i suoi risultati a lui stesso. Ma bene non mescolare i livelli40.
[di Hegel]. Penso che questo sia del tutto esatto. Quel che non condivido il pensiero di Pippin che tale soluzione lasci del lavoro da fare, tipo la stesura di una tavola dei Concetti. Io dico che non dovrebbe sembrare che vi sia un problema dellbergang, o un problema di ritornare al mondo empirico, poich non evidente che Hegel renda la sua direzione sufficientemente chiara da essere definitivamente immune da tali problemi. Ma la mia tesi che, se guardiamo limpresa di Hegel nella luce che io raccomando, allora chiaro che egli non ha bisogno di avere problemi del genere. E ci sufficiente a scalzare limmagine usata da Pippin circa gli impegni non soddisfatti da Hegel. 40 Lesperienza mostra ciascuna delle successive concezioni, prive di Sapere Assoluto, come inadeguate alla luce dei loro stessi criteri. Pippin registra, a p. 106 di Hegels Idealism, cit., il punto qui essenziale: ciascuno di questi tentativi di concezioni delloggettivit include il proprio criterio di oggettivit. Questo rende oscuro, almeno per me, il procedimento di Pippin nella pagina successiva (uno dei luoghi in cui egli introduce nel quadro Concetti, al plurale), dove egli argomenta che il problema delladeguatezza di ogni potenziale Concetto [] si pu comprendere solo in relazione ad altri possibili Concetti. Per quanto posso capire, la questione delladeguatezza sorge sempre, nellesperienza della coscienza, a un dato stadio, allinterno di una candidata concezione di oggettivit, che si rivela come inadeguata in base al suo stesso criterio. Non c bisogno di questa invocazione della relativit ad altre concezioni di oggettivit. Pippin continua (p. 107): Tale Concetto necessario perch vi sia esperienza; vi esperienza e cos la questione di legittimit pu sorgere solo relativamente ad altri possibili Concetti. Ma questuso di esperienza (che significa esperienza di oggetti ordinari) ci che sostengo essere estraneo alla Fenomenologia. Non vi bisogno di assumere che ci sia lesperienza che riguarda la Fenomenologia: accade nel corso della riflessione filosofica.

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8. Come ho detto, vedere il pensiero di Hegel da questa angolatura mostra un modo di arrivarvi che , in un certo senso, molto facile: basta semplicemente eliminare lesteriorit che vizia la Deduzione di Kant. Naturalmente, vista la strada che ho dovuto fare per indicarlo, un tale movimento non pu essere eseguito in un tempo cos breve come quello che basta per descriverlo. In ogni caso, qualsiasi siano le ragioni, le presentazioni dello stesso Hegel nella Fenomenologia e nella Logica non seguono questa strada. In primo luogo, esse non iniziano con Kant ma da prima di lui. Ma vi motivo di pensare che questa sia per lo meno una strada attraverso la quale Hegel stesso arriva alla sua concezione globale; qui seguo Pippin anche se dissento da lui circa cosa esattamente sia questa strada verso la meta finale di Hegel. Questo ci consiglia di tenere a mente la via semplice a ci che Hegel ricerca, mentre tentiamo di capire le progressioni pi complesse che lo stesso Hegel propone41.
(Traduzione di Tiziana Fracassi)

41 La destinazione cui la via semplice indirizzata assomiglia molto a ci che ho esposto nel mio Mind and World (migliorato e corretto dalle mie Woodbridge Lectures). Wolfgang Carl ha sostenuto (in una conversazione) che la lettura che io ho presentato in Mind and World era ci cui una lettura strawsoniana della Deduzione Trascendentale avrebbe dovuto assomigliare, mentre ci che Strawson propone come lettura della Deduzione pi adatto, come scopo e orientamento, alla Confutazione dellIdealismo (Cfr. P.F. Strawson, The Bounds of Sense, London, Methuen, 1966, trad. it. di M. Palumbo, Roma-Bari, Laterza, 1974). Ho gi suggerito che il Kant di Strawson, che era il mio Kant in quellopera, era pi vicino a Hegel che a Kant. R.B. Brandom, in Some Pragmatist Themes in Hegels Idealism: Negotiation and Administration in Hegels Account of the Structure and Content of Conceptual Norms, in European Journal of Philosophy, VII, (1999), pp. 164-89, offre unimmagine molto diversa del pensiero hegeliano. Egli cita il passo della Scienza della Logica da cui io ho iniziato (p. 168), sostenendo, come me, di seguire la guida di Pippin (p. 183, n. 9). Ma il pensiero di Brandom lontano da quello di Kant proprio in relazione a ci di cui la via semplice si serve. Egli si impegna a rimaneggiare il pensiero di Kant su spontaneit e ricettivit in un modo che mette da parte lidea stessa di intuizioni, intese come episodi della coscienza sensoriale che sono direttamente di oggetti. Cfr. R.B. Brandom, Making It Explicit, cit., pp. 712-3, n. 10, e si veda il capitolo 4 sul tentativo di Brandom di fare a meno delle intuizioni. Non sorprende, quindi, che la lettura che Brandom fa di Hegel non entri nei dettagli di quel che accade nella Deduzione B. Nonostante laffermazione di Brandom di staccarsi da Pippin, egli non segue la raccomandazione metodologica che io offro nel testo.

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